madness

di heather16
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** il cugino Jack ***
Capitolo 2: *** a casa di Jack ***
Capitolo 3: *** si scoprono i giochi ***



Capitolo 1
*** il cugino Jack ***


Era il giugno dell'anno dopo la fine di ''A tutto reality il tour'' quando i genitori di Heather si stufarono di vederla in quello stato: ostinata, permanentemente arrabbiata e bella come al solito, ma al contrario degli anni precedenti non andava più ad esempio al centro commerciale fregandosene del fatto di essere da sola, ma rimaneva a casa. Non perchè si vergognasse di non avere amici, no, c'era qualcos'altro che le impediva di uscire e nessuno sapeva cosa potesse essere.

Fatto sta che una mattina la mora calcolatrice si ritrovò su un treno diretto allo stupido paese dove abitava il cugino Jack.

Erano anni che nessuno lo vedeva, ma tutta la famiglia parlava lo stesso della sua laurea anticipata e del suo famoso studio dove praticava l'affascinante mestiere di psicologo.

Essendo Heather stata costretta a frequentare il liceo delle scienze umane, i genitori ebbero la ridicola idea che si sarebbe divertita moltissimo ad imparare ''l'arte del mestiere'' dal vivo, così la spedirono dal presunto ''ragazzo prodigio''.

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Heather scese dal treno intontita per il lungo viaggio. Lo scompartimento aveva quell'odore di fumo che le faceva girare la testa e si sentiva le gambe come due rami secchi da quanto erano indolenzite.

Jack teoricamente avrebbe dovuto essere lì a prenderla, ma la stazione era semivuota e del cartello ''Heather Wilson'' non c'era traccia. Dopo una mezz'ora la giovane si arrese e chiamò un taxi che arrivò ovviamente solo dopo venti strazianti minuti in cui la mora pensò a come uccidere il cugino.

Il problema giunse solo alla fatidica domanda del taxista: ''Dove la porto?''

In effetti Heather non aveva la minima idea di dove abitasse Jack o di dove fosse il suo studio, così sperando che l'uomo lo conoscesse essendo il paese (Hangville) molto piccolo e probabilmente suo cugino molto noto, domandò: ''Mi può portare allo studio del signor Jack Wilson?''

''Studio? -domandò ironico il taxista soffocando una risata- facciamo che la porto a casa di Jack!''

Heather immaginò che l'ambulatorio non fosse in paese e che ogni giorno il ragazzo si facesse portare lì da un taxi. Soddisfatta, pensò che la sua interpretazione spiegava tutto.Dopo un po', si ritrovò davanti ad una casa: era bianca immacolata, con le finestre splendenti e un tetto di un rosso molto scuro. La porta era verde e il pomello dorato luccicava. La calcolatrice pagò il taxista, che dal canto suo continuava a ridere, prese le valigie dal bagagliaio e suonò il campanello. Dopo qualche minuto qualcuno aprì la porta. Era un uomo sui venticinque anni, dai capelli di un biondo scuro che cadevano disordinatamente sul collo, gli occhi azzurri e un sorriso distratto.

Heather spalancò gli occhi inorridita. L'altro parlò: ''Ciao...Heather giusto? Sono Jack, piacere! Ma cosa ci fai qu... giusto ti dovevo venire a prendere alla stazione, scusa, mi sono dimenticato!''

Quella lo guardò poi gridò: ''Tu non puoi essere uno psicologo, sembri un tossicomane!''

Lui rise: ''Abbassa la voce! E poi non mi puoi definire un tossicomane solo per qualche... sigaretta fatta in casa un po' illegale, no?''

''Non è possibile, tutti dicevano che eri uno psicologo, che ti eri laureato in anticipo e invece...''

''In effetti mi sono laureato in anticipo, così in anticipo che non ho nemmeno fatto l'università né dato esami!-il biondo sorrise imbarazzato- comunque sul fatto che sono uno psicologo non ho proprio mentito, infatti dirigo uno di quei centri sociali in un paesino vicino ad Hangville!''

Heather sospirò. Sembrava stranamente calma. Poi urlò a squarciagola: ''Dammi un telefono! Devo andarmene da qui!''

Jack rise: ''Ma sei sempre così arrabbiata? Vieni, ti divertirai!''

Ma non la smetteva mai di ridere?! Poi si accese una sigaretta.

La ragazza infuriata gliela strappò di mano, fece un tiro (chissà perchè, visto che non fumava) e la buttò per terra. Tutto ad un tratto le iniziò a girare la testa, sentì le parole del cugino: ''Dai mi hai rovinato la sigaretta! Era un concentrato di nicotina e camomill...'' poi più nulla.

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Quando Heather si svegliò si trovava in un'utilitaria gialla che girava per le vie di un paesino. Una volta che iniziò a ragionare più lucidamente si voltò verso il rapitore, che non era altri che Jack. Stava ascoltando la musica in un paio di cuffie nere e sorrideva beato. Lei lo chiamò, ma lui non rispose. Neanche si voltò dopo essere stato spinto dalla povera Heather che ormai non sapeva più cosa fare per attirare l'attenzione del ragazzo che, o era troppo perso nella melodia di una canzone, oppure (più semplicemente) la ignorava. Arresasi, la mora lo osservò meglio: non era brutto, anzi, aveva fascino ma anche un'aria simpatica. Il naso era dritto con una impercettibile “gobbetta”, i capelli erano sì lunghi e disordinati, ma lo rendevano misterioso e, anche se sembra una contraddizione, buffo. Aveva delle labbra bellissime, di un colore scuro ma tutt'altro che rosso. Ma guardandolo meglio, Heather si accorse che i suoi occhi non erano azzuri, ma blu come l'oceano, così intensi da caderci dentro. Era molto alto e magro, ma si vedeva bene che era forte guardando le braccia e le gambe. Insomma, nel complesso non le assomigliava neanche un po'.

Dopo l'ennesima curva in una via strettissima l'auto si fermò e Jack finalmente si degnò di girarsi verso di lei. Non fece alcun riferimento alla sigaretta, allo svenimento, al fatto che per tutto il tragitto non l'aveva ascoltata, disse solo: ''Eccoci!''

Si trovavano davanti ad una chiesa di pietra rossa. Dietro c'era un grande magazzino interamente di ferro che faceva a pugni con l'architettura dell'altro edificio. Vicinissimo alla struttura inquietante c'era un meraviglioso cimitero, con le croci di pietra ricoperte dal muschio e, in mezzo, la statua di un angelo corrosa dalla pioggia.

''È quello il posto del centro sociale!'' Le disse tutto allegro il biondo indicando quel...coso di ferro vicino alla chiesa. Heather sospirò e lo seguì all'interno.

°°°°°°°°°°°°°°°

Il ''magazzino'' consisteva in realtà in un unico stanzone piuttosto deprimente, allestito con un mucchio di sedie pieghevoli in mezzo disposte a cerchio. Quel giorno erano ovviamente tutte occupate tranne due. Dimenticavo di dire che le sedie erano solamente sei. Una ragazza che era tra di loro si alzò e venne verso Jack e Heather. Era alta e slanciata, portava un vestito blu notte molto semplice, molto raffinato e anche molto corto (non esageratamente, ma arrivava fino a metà coscia).Aveva gli occhi verdi e una massa di capelli scuri, mossi ed incredibilmente lunghi le incorniciava un viso dai tratti raffinati, con però una spruzzata di lentiggini vicino al naso. Sorrise sarcasticamente a Jack e guardando l'orologio disse: ''Sai, dovrebbero darti la medaglia: sei riuscito ad arrivare solo con un'ora di ritardo... -poi si rivolse a Heather-...tu devi essere sua cugina Heather, credo, giusto?''

La mora annuì svogliata e seguì gli altri due (che avevano incominciato una maliziosa gara di botta e risposta completa però di risate e sorrisi divertiti) al cerchio di sedie. Una volta accomodati, Jack disse alla cugina: ''La qui presente rompiscatole -e indicò la bruna- è la mia aiutante Cecily e...''

Cecily gridò infuriata: ''Io non sono affatto la tua aiutante! Comunque Heather, ti presento in nostri pazienti -poi le sussurrò- anche se in realtà non è proprio legale quello che stiamo facendo...Comunque quella -infine indicò una ragazza- è Lizzie.''

Heather la guardò: era molto bella, con i capelli ramati e gli occhi di un azzurro intenso. A sentire il suo nome guardò la brunetta: ''Cos'ho fatto? Perchè ce l'hanno tutti con me?''

Jack bisbigliò alla calcolatrice: ''Come puoi ben notare..'' E Cecily continuò nell'altro orecchio: ''...Soffre di manie di persecuzione..'' I due psicologi fasulli si sorrisero, poi la ragazza continuò: ''Lei invece è Grace.''

La ragazza in questione indossava un paio di decolté che avevano tutta l'aria di costare un patrimonio, una gonnellina firmata, una polo e una big bag (ma proprio ''big'') di Armani. Sorrise: ''Piacere, Grace.''

Heather non riusciva a capire che problema poteva avere quella bionda dagli occhi grigi, finchè non starnutì. A quel punto Grace gridò: ''O.m.g., hai starnutito! Vuoi un fazzoletto? Quale preferisci?''

E tirò fuori ventitrè pacchetti di fazzoletti, ognuno di marca diversa, scusandosi con un semplice: ''Non sapevo che marca prendere, così...li ho comprati tutti!'' iniziando a ridere istericamente.

Sbalordita Heather prese un fazzoletto a caso, ringraziò e sussurrò all'orecchio di Cecily: ''Shopping compulsivo, vero?''

L'altra annuì, poi la nostra cara manipolatrice notò che c'era anche un ragazzino che se ne stava a pensare guardandosi i piedi e chiese a Jack chi fosse.

''Si chiama Howard: è molto timido, non parla quasi mai... Comunque iniziamo il nostro ottavo incontro del... come si chiama... Va bè, il nostro ottavo incontro degli incontri! Di cosa mi parlate?''

La mora sospirò tragicamente e si preparò a una giornata che presumeva sarebbe stata mooolto lunga...

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Capitolo 2
*** a casa di Jack ***


Ora provate ad immaginarvi la cosa più strana che abbiate mai visto. Fatto? Ecco, questo non era nulla rispetto alla casa di Jack. Appena entrata in casa Heather si sentì come in un quadro di Picasso.

E credetemi, non era certo per via della casa ma perchè sin dall'entrata si sentiva un penetrante odore di marijuana che stordì la povera ragazza da farla rimanere lì, ferma e impalata come un soldatino.

Cecily invece, che era venuta con loro, aggrottò gli occhi in un'espressione tra il contrariato e il deluso.

Jack, cosa ti avevo detto riguardo a quella roba?! - poi avanzò in salotto, seguita da Heather che si era ripresa - e poi guarda questa casa, sembra un porcile! Spero almeno che tu abbia ripulito la stanza degli ospiti per la ragazzina!”

Piantala! Se ci tieni così tanto pulisci tu!!!”

Bene!”

Bene!!”

Bene!!!”

La bruna corse decisa verso la cucina, mentre Jack invitò la mora a sedersi con lui sul divano.

Quella lo guardò stupita e disse acida: “Tu non lavori?”

L'altro si rilassò appoggiando la gambe sul tavolino che era lì davanti, poi rispose sorridendo: “Non credere di essere l'unica stratega in questa famiglia!”

D'un tratto si sentì un rumore di piatti che cadevano. Jack balzò in piedi e corse a perdifiato verso la cucina: “Cos'è successo? Tutto ben... Guarda la tua mano, sanguina! Lascia stare, pulisco tutto io!”

Dalla stanza uscì Cecily che si stravaccò docilemente sul divano: “1 a 0 per me!”

Heather spalancò gli occhi: “Io pensavo che almeno tu qualcosa di normale ce l'avessi, invece ti sei fatta un taglio alla mano da sola per farlo lavorare! É persino troppo per una come me!”

La bruna rispose: “ Ma no, sciocchina! Questo - disse indicando il taglio che aveva sulla mano che perdeva sangue - me lo sono fatta sbattendo per sbaglio contro il muro di casa prima di entrare, solo che me ne sono accorta solo in cucina, così ho pensato di appprofittarne...

Non credere di essere l'unica stratega di questo sesso!”

La mora infastidita sbuffò ed iniziò: “Non dirmi mai più sciocchin...”

Ma l'altra non l'ascoltò neanche, invece con voce piangente mugolò: “Jack, mi fa così male la mano! Forse avrei bisogno di bere un bicchiere d'acqua per riprendermi dalla vista di tutto quel sangue! Anzi, visto che sei così bravo nel fare i cocktail, perchè non mi, anzi, non ci porti due bei mojito ghiacciati?”

Si sentì un lungo sospiro e dopo pochi minuti Jack appoggiò sul tavolino di compensato vicino alle gambe di Cecily due bicchieri ghiacciati contenenti una sostanza che si fingeva acqua, ma non lo era affatto, menta e lime.

Delizioso, come sempre.” Mormorò Cecily dopo averne bevuta una lunga sorsata.

Poi, dopo un attimo infinito, la bruna disse: “Bene, testiamo la mia bravura nell'affascinante mestiere della strizza-cervelli...Dimmi la prima parola che ti viene in mente.”

L'altra rispose acida: “Non mi piace questo genere di giochi.”

E girò la faccia dall'altra parte.

Cecily la osservò risentita: “Non ti ho proposto di giocare con me allo psicologo, ti ho im-posto di giocare con me allo psicologo! - poi continuò mutando il suo tono da offeso a supplichevole - Avanti, dimmi una parola.”

Sbuffando, l'altra borbottò: “Non so... Acqua?”

Non ci sono risposte giuste o sbagliate, devi solo rispondere nel modo che meglio credi - poi, assumendo sempre di più un'aria e un tono professionale continuò - Ora completa la frase: 'nella mia famiglia siamo...'.”

Dopo qualche secondo, Heather concluse: “...Siamo in 22!”

Cecily chiuse gli occhi: “Usa tre aggettivi per descriverti.”

L'altra fece un smorfia: “ Questa è fin troppo facile: alta,bella, mora.”

La bruna rise trionfate: “Ora ho capito! Stai nascondendo qualcosa di molto personale, come un tuo segreto amoroso o un'azione che ti sei resa conto che non dovevi fare!

Prima che tu spalanchi gli occhi stupita, ti dico come sono arrivata a questa conclusione. Hai...”

Jack uscì dalla cucina asciugandosi le lunghe mani nervose in uno strofinaccio mentre la luce del sole del tardo pomeriggio che filtrava da una finestra rendeva dorati alcuni capelli ribelli che non stavano al loro posto. Disse: “... Hai evitato di parlare della tua famiglia dal punto di vista emotivo e hai descritto te stessa solo dal punto di vista estetico. Ma per la parola da dire a caso, non ho capito.”

L'“amica” rispose: “Ah, quella l'ho detta solo perchè faceva molto chiromante!”

I due scoppiarono in una calda risata finendo col guardarsi intensamente.

La nostra cara Heather interruppe il loro momento magico: “Questa cosa è assurda e soprattutto infantile!”

Cecily sorrise seducente: “Però ho ragione. Non è vero?”

Jack domandò indicando ill mojito della cugina che era rimasto sul tavolo: “Quello lo bevi?”

...Ma io stavo dic..”

Allora, lo bevi o no?”

No, però...”

Il ragazzo afferrò il bicchiere e bevve avidamente. “Avanti,- mormorò poi - ti porto in camera tua così puoi... sistemare le tue cose. Se ci riesci.”

Mentre i due attraversavano un corto e stretto corridoio Heather realizzò cosa aveva appena detto il cugino e domandò quasi intimorita : “Che....cosa intendi con 'se ci riesci'?”

L'altro alzò le forti spalle: “Ma, lo dicevo solo così, tanto per parlare... Eccoci!”

Vedendo la camera Heather si rese conto che Jack non lo diceva 'tanto per parlare': un mucchio di poster, scatole piene di fogli e disegni, una batteria rossa fiammante, un tavolino di cui si scorgevano a malapena le gambe da quanto era colmo di cartacce e un piccolo letto con la testiera appena sotto la finestra. Insomma, nel complesso un vero casino.

La mora non fece in tempo a protestare che il cugino era sparito dicendo: “Buona permanenza...!”

Rendendosi conto che con uno così era impossibile discutere, Heather si arrese e iniziò a disfare i bagagli. Il punto era però: dove mettere I vestiti?

Alla fine optò per disporre le magliette sulla batteria e il resto su una seggiola di paglia stranamente libera. Poi aprì la finestra per far entrare aria fresca ma restò paralizzata dallo stupore quando vide ciò che c'era su un ramo a quasi un solo metro da lei: una mamma merlo che stava immobile a covare le sue uova nel nido. Anche per una come Heather, lo spettacolo era sbalorditivo e meraviglioso. La ragazza sorrise, poi si rese conto che avrebbe dovuto vivere in compagnia di una chiassosa famiglia di merli, e questo non era proprio per lei. Così iniziò a sventolare le braccia e ad urlare, sperando di farla scappare terrorizzata. Invece 'l'uccellina' non si mosse.

Questo addolcì Heather che mormorò: “In questo ci assomigliamo..Sei molto testarda.”

Intanto in salotto Jack e Cecily stavano parlando. E continuavano a parlare.

Cecily non si era nemmeno accorta di star parlando tanto con Jack fino a che le dita di lui si attorcigliarono a quelle di lei. Per un attimo quella rimase bloccata dallo stupore, poi continuò a discutere su chi fosse stato il ragazzo più sfigato delle ormai per loro lontane superiori.

Dopo un'altra mezz'ora rimasta a chiacchierare lei se ne andò. Appena fuori dalla casa lanciò un urlo di gioia e dopo aver camminato un pò in avanti cantando e ballando gridò: “Mi ha preso la mano! Mi ha preso la mano!!!!”

Ed è così che si conclude la nostra prima giornata, o meglio, la prima giornata di Heather nell'affascinante e strano paese di Hangville.

 

 

Spazio Autrice

Allora, innanzitutto chiedo scusa per il terribile ritardo.

E poi... piaciuto???????

Poi ringrazio il mio primo recensore (e unico, per il primo capitolo), la cara move your body!!!

Bacissimi

La vostra

 

Heather16

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Capitolo 3
*** si scoprono i giochi ***


Erano circa le sette e mezza quando il suono del campanello fece svegliare di colpo la povera Heather che aveva passato una notte di inferno.

Per cena, Jack aveva comprato le alette di pollo surgelate, ma le aveva cotte male e così le avevano dovute mangiare con un lato tutto bruciacchiato, mentre dall'altro avevano ancora un sottile strato di brina.

Poi avevano guardato insieme un po' di televisione e verso mezzanotte erano andati a letto.

Mezz'ora dopo Heather era stata svegliata da un inquietante cd dei Tangerine Dreams. Si era alzata e seguendo la musica aveva scoperto lo “studio” di Jack.

Si trattava di una stanza dalle pareti tappezzate di poster. C'erano tre scrivanie: sulla prima c'erano alambicchi, fornelletti a gas, un tagliere con sopra una potente alogena che serviva da essicatore e nove scatoline che avevano sopra ordinate etichette di erbe e fiori come camomilla, abete bianco,ecc.

Sulla seconda c'era ogni sorta di materiale da giardinaggio: annaffiatoi, palette, rastrelli, contagocce, fertilizzante...

Sull'ultima incombeva un enorme vaso da fiori dove crescevano enormi rose: alcune erano già all'essicatore.

Infine sdraiato su uno strano cuscino gigante c'era Jack che con la bocca socchiusa dagli angoli leggermante all'insù, ascoltava beato la musica che gli arrivava da quattro enormi casse poste dietro di lui.

Heather mormorò: “Jack...” poi,rendendosi conto che lui non poteva sentirla, insipirò e gli gridò più forte che poteva nelle orecchie: “JACK!!!!!!!”

Quello si scosse e si alzò di colpo, spense la musica e le gridò: “Via, sciò, qusta è la stanza dei grandi!”

E mentre diceva così spinse fuori la cugina dalla stanza e chiuse la porta.

Lei gridò: “Avremo al massimo sette anni di differenza!”

In tutta risposta sentì la chiave che girava nella toppa: l'aveva chiusa fuori.

Dopo qualche secondo la musica ripartì a un volume quasi più alto di prima.

Heather iniziò a picchiare contro la porta.

Continuò così per circa un'ora, poi il sonno l'ebbe vinta e quella si accasciò per terra con il collo appoggiato al muro. Fece dei sogni terribili e si svegliò alle sei, accorgendosi che la musica era spenta: immaginatevi il male che aveva al collo avendo dormito in quella posizione.

Come uno zombie, si trascinò a letto ma dopo appunto un'ora e mezza suonò il campanello.

Per qualche minuto ci fu il silenzio poi entrò nella sua stanza Cecily, che venne verso il suo letto e le disse: “Jack mi ha chiamato alle tre di notte e mi ha detto che aveva raggiunto per la prima volta il livello di massima armonia con l'universo e che in lui si ricongiungevano le reazioni alle azioni. Da come parlava, ho capito subito che aveva messo la sua musica folle e sapevo che l'aveva sicuramente messa a palla, così ho pensato che ti avrebbe fatto piacere una tazza di caffè bollente dopo quella che credo sia stata per te una notte terribile.”

Hether si appoggiò sui gomiti, sbattè un paio di volte le palpebre e mormorò: “Che cos'è quello studio?”

L'altra sorrise: “vedi, Jack non si....ecco, non consuma spessissimo droghe leggere, preferisce creare da sè degli aromi con varie proprietà da fumare insieme con il tabacco.”

La mora sbattè nuovamente gli occhi e disse: “Uahu, ti sei innamorata di un vero folle.”

La occhismeraldina arrossì violentemente e rise quasi in tono di sfida: “Che, sciocchina, ma figuriamoci!”

Heather ridacchiò: “Cosa figuriamoci? Se non gli sbavi dietro? Questo la devo assolutamente dire a Jack!”

Cecily rise ancora, ma sta volta era una risata tesa: “Che immatura che sei cara Heather! Jack è simpatico,sì, ma alla fine è solo un tipo molto strano che detto fra noi mi fa anche un po' pena! ”

Per un attimo si sentì solo la sua risatina da 'sono cose da grandi, Heather, e tu non le puoi capire', poi una voce fredda e tagliente: “Grazie Cecily.”

Quella si girò: Jack era lì, in piedi sulla porta. Heather lo guardò e quasi si spaventò perchè i suoi begli occhi allegri erano diventati gelidi ed inespressivi.

La bruna cercò di dire qualcosa ma la sua voce era solo un sommesso farfuglio.

Quello la guardò: “Fuori di qua.”

La ragazza si alzò dal letto a testa bassa, poi si diede un tono ed alzò il mento più che potè, infine uscì prima dalla camera e poi si sentì la porta d'entrata che sbatteva.

Il biondo guardò Heather: “Vestiti. Dobbiamo andare al centro sociale.”

La ragazza non osò obbiettare e cinque minuti dopo era in macchina. Vedeva però che Jack era stranissimamente calmo e aveva la netta impressione che nei suoi occhi da qualche parte in quell'arrabbiato blu, c'era una nota divertita, ma non capiva proprio il perchè.

Arrivata nel salone del giorno prima Heather si appoggiò ad una parete e guardò la scena: Cecily quando vide Jack diventò rossa come un pomodoro e face finta di niente continuando ad osservare con aria professionale il lavoro che stavano facendo i tre pazienti, mentre lui schiacciava con un piede la cicca di una sigaretta e con foga se ne riaccendeva un'altra.

Lui le chiese gelido: “Cosa fanno?”

Disegno libero dell'umore di oggi.”rispose lei cercando di sembrare quasi annoiata.

'L'elettricità in questa stanza può illuminare una metropoli', pensava Heather cinica, ma quando guardò la povera e triste Cecily si rese conto che tutto quel casino era nato solo per colpa sua.

In quel momento decise che quel giorno non sarebbe stata più se stessa ma una ragazza qualunque, che in quanto ragazza qualunque avrebbe fatto una buona azione.

Con nonchalance si avvicinò ai tre ragazzi.

Mormorò a Lizzie che lei doveva andare al cimitero immediatamente dopo Grace se non voleva che tutti le dessero la colpa.

Per far smuovere la shopping compulsiva le bastò dire che se lei correva fino al camposanto lei, Heather, l'avrebbe portata al centro commerciale. Mentre le due correvano fuori bisbigliò a Howard: “Avanti idiota, seguile!”

E così anche lui corse via.

Poi la mora, fingendosi sorpresa disse: “O mio Dio, sono scappati! Vado a recuperarli io!” e corse fuori ridacchiando felice.

Quando rimasero soli Cecily mormorò: “Jack...” lui si girò dall'altra parte e in quel momento la bruna non ce la fece più e gridò: “Non è vero che ti trovo pazzo, mi dispiace, mi dispiace! E non è vero che mi fai pena, io ripongo in te una fiducia incredibile, ti trovo un ragazzo geniale e divertente ed è per questo che non voglio perdere questa amicizia! Ma tanto tu non mi vuoi ascoltare!” e fece per andarsene arrabbiata e dispiaciuto al tempo stesso.

A Jack nel sentire quelle ultime parole era caduta la sigaretta dalla bocca. Sospirò, poi si girò e prese in braccio la ragazza che chiuse gli occhi e, un po' ridendo di gusto e un po' urlando, inziò a tirare pugni alla cieca ma lui la ignorò, uscì fuori e andò al parcheggio, dove c'era un'enorme e profonda pozzanghera. Una volta arrivato lì si fermò e guardò divertito Cecily strabuzzare gli occhi ancora lucidi quando si ritrovò seduta nell'acqua sporca e gelida. Il ragazzo ridendo le tese la mano e le disse: “La sai la cosa più divertente? Lo sapevo fin dall'inizio che non dicevi sul serio!”

In quel momento lei gli afferrò la mano e lo trascinò nella pozzanghera con lei. I due risero di gusto, poi si alzarono.

Lei lo guardò: “Quindi hai finto per tutto il tempo?”

No, all'inizio ero veramente arrabbiato ma poi mi sono calmato e ho deciso di prenderti un po' in giro!”

Sei uno stronzo.”

Anche tu.”

Grazie.”

Prego.”

Dai-disse lei-perchè non mi offri da bere?”

Andiamo a casa che ti preparo qualcosa.”

E i due si avviarono cerso la macchina ridendo.

Due ore dopo Jack ritornò a prendere Heather perchè si era completamente dimenticato di lei.

La povera mora intanto era dovuta riuscire a calmare Lizzie e Grace che erano in preda a un attacco di rabbia contro di lei perchè erano sì pazze, ma non stupide. Howard invece se ne stava zitto e buono su una panchina. La nostra cara calcolatrice si ripromise di non compiere mai più una buona azione, ma quando vide l'espressione felice oltremisura di Jack, si dovette ricredere.

Tornarono a casa e lei entrò in camera. Quando si girò dopo aver chiuso a chiave la porta rimase a bocca aperta: la batteria era sparita e al suo posto c'era un armadio di legno bianco.

L'ordine regnava e vicino alla finestra c'era un quadernino di cuoio con l'etichetta :'osservazione della cova delle uova'.

Heather non si domandò chi fosse stato, perchè lo sapeva già: sul nuovo copriletto grigio a pois un biglietto dalla scrittura femminile diceva solamente: “Grazie.

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