Polly

di martinazerozero
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il cielo grigio ***
Capitolo 2: *** la panchina davanti al neglozio di liquori ***
Capitolo 3: *** cosa ti ha fatto? ***
Capitolo 4: *** lo specchio ***
Capitolo 5: *** Seattle ***



Capitolo 1
*** Il cielo grigio ***


Il cielo sopra Aberdeen era scuro. Agli occhi di Kurt era tutto grigio. Il grigio non lo comprendeva...era un misto tra l'assenza del colore e il miscuglio di colori. Per Polly invece era tutto nero... Lei non parlava con nessuno, era considerata da tutti una squilibrata.. Nessuno sapeva cosa le fosse successo. I due si conoscevano di vista...Kurt la vedeva ogni mattina nella piazza vicino alla scuola. Lei non entrava mai in classe... andava nel boschetto dietro la scuola e passava li tutto il giorno. Kurt invece passava tutto il giorno in giro.... amava drogarsi e stare con i suoi amici ... odiava essere lucido. La vita da drogato era meno dura, era meno vera per lui... le persone non potevano fargli del male quando era fatto... secondo lui la realtà era il motivo per cui la gente soffre. A volte lui la seguiva. In due anni vide cambiare Polly, vide cambiare i suoi occhi. Ora Il volto della ragazza era vuoto, come i suoi occhi. Aveva i capelli cortissimi, quasi rasati. Portava sempre gli stessi vestiti... un maglione bianco con righe nere e dei pantaloni stracciati. La trattavano tutti come una stracciona, ma Kurt no. La ricordava com'era prima, prima del cambiamento. Kurt si chiedeva sempre cosa le fosse successo. Erano i primi di Gennaio. Kurt vide Polly che si dirigeva verso il centro della città. Andava verso il negozio di liquori. Il ragazzo era seduto su una panchina davanti al negozio. Aspettava che la ragazza uscisse. Quando incontrò il suo sguardo gli parve grigio, vuoto. Polly aveva un graffio profondo sulla guancia sinistra. Si sedette sulla stessa panchina di Kurt, ma dal lato opposto, con la busta del negozio di liquori in mano. Kurt si accese una sigaretta buttando lo sguardo sulla ragazza che si fissava le scarpe. - Hai una sigaretta?- chiese Polly non smettendo di fissare le sue scarpe. -Mi dispiace, era l'ultima- Si tolse la sigaretta dalla bocca e la passò alla ragazza. Lei la prese tra le dita tremanti e se la mise in bocca. Chiuse gli occhi. -Grazie- sospirò. Riaprì gli occhi e si girò verso il ragazzo. Gli sorrise lievemente. Dopo due minuti di silenzio la ragazza disse: -A volte passo sotto casa tua, sento la tua musica. Mi nascondo sotto la tua finestra e resto li per ore.- Buttò la sigaretta e aprì una bottiglia di birra offrendola a Kurt. Lui annuì e prese un sorso di birra: - E cosa ne pensi?- Si girò verso di lei per catturare il suo sguardo... le parole possono mentire, gli occhi no. -Penso che sia fantastica... rappresenta tutto ciò che sento e probabilmente anche quello che senti tu!- Ne le sue parole, ne i suoi occhi mentivano.

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Capitolo 2
*** la panchina davanti al neglozio di liquori ***


Non la vedeva da molti giorni. L' aspettava sempre sulla stessa panchina, ma lei non arrivava. Kurt la mattina arrivava presto e si sedeva sulla gelida panchina di legno scivolosa a causa del ghiaccio. L'aspettava per circa un oretta, poi si alzava e andava in giro per la cittadina a cercare i suoi amici. Non era un cattivo ragazzo come molti credevano... drogarsi per lui era fondamentale. La lucidità lo spaventava, come accadeva a Polly. Un giorno l'aspettò sulla panchina davanti al negozio di liquori più a lungo del solito. Nevicava e faceva freddissimo. Kurt era avvolto da una coperta verde, aveva i piedi e le mani congelate e gli zigomi arrossati. Non so cosa lo spingesse ad aspettare la ragazza così a lungo. Dopo tre ore circa si alzò e si diresse in un vicoletto vicino alla piazza. Era tutto deserto e silenzioso, metteva quasi paura. Kurt si voltò verso la piazza quando era ormai lontano e vide una sagoma familiare avvicinarsi alla panchina. Doveva essere lei, o almeno sperava che lo fosse. Si diresse verso la panchina con passo veloce. Le sue ossa erano congelate. Quando fu abbastanza vicino da poter vedere il volto della ragazza si mise quasi paura... Aveva un livido sotto lo zigomo e una profonda cicatrice sulla fronte. Tremava tutta. Le sue mani erano quasi scheletriche . Aveva solo un maglione e un paio di pantaloni per proteggersi da quel freddo. I suoi occhi gli parvero così spaventati. Non faceva che guardare a destra e a sinistra, come se cercasse qualcuno. Kurt si tolse la coperta dalle spalle per metterla alla ragazza, ma appena lui si avvicinò lei lo guardò spaventata. Kurt non sapeva cosa le fosse successo. Era veramente ridotta male. La ragazza senza smettere di tremare prese dalla tasca dei pantaloni una sigaretta e l'accese. Kurt si sedette accanto a lei. - Stai bene?- le chiese pur sapendo la risposta. - Certo-. Mentiva , lo dicevano i suoi occhi che stava male! -Allora cos'hai fatto sul viso? fammi vedere- Disse nel modo più dolce possibile. Lei si girò lievemente e quando la mano esile del ragazzo si posò delicatamente sul livido nero, la ragazza chiuse gli occhi e sospirò. Il suo respiro si condensava a causa del freddo. -Andiamo- le disse lui. Si aspettava che Polly gli chiedesse dove, ma non lo fece. Si alzò barcollando. Non riusciva quasi a reggersi in piedi. La neve le arrivava alle caviglie e le entrava facilmente nelle scarpe di tela. Dopo circa 100 metri cadde. Si sentiva una stupida.Le girava la testa, sentiva il suo cuore dal battito accelerato. Non riusciva ad alzarsi. Non mangiava da troppo tempo e non aveva energie. Kurt le si avvicinò e si chinò alla sua altezza. La guardò nei suoi occhi grigi fino a che lei non abbassò lo sguardo. Cercava di trattenersi, ma non ci riuscì. Odiava piangere, odiava le persone deboli e odiava ancora di più il fatto che lei fosse una di loro. La prima lacrima che le rigò il volto precipitò nella neve. Lei piangeva per tutto quello che le era successo in quei giorni, per la sua vita, per il fatto di non essere mai compresa,per la sua famiglia, per i lividi, per la morte, per la vita, per il freddo, per la fame e per il fatto che non riusciva ad alzarsi. Sentiva il suo cervello lento, come addormentato e ad un tratto niente. Non sentiva più niente... solo il suo respiro. Era tutto nero.

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Capitolo 3
*** cosa ti ha fatto? ***


Polly sentiva un rumore provenire dall'esterno. Aprii gli occhi. Era tutto sfocato. I suoni le rimbombavano nella testa. Dove si trovava? Aveva la bocca secca. Si alzò. La stanza dove si trovava era buia, c'era solo una lampadina in fondo alla stanza che funzionava a scatti. In lontananza cominciò a sentire un suono ripetitivo. Era musica. Era perfetta, era perfetta la sua melodia. Doveva essere a casa di Kurt o in un sotterraneo.Il pavimento era bagnato. Si diresse verso la porta della camera. Quando la aprii cigolò. Kurt si voltò appena sentì il rumore. I suoi capelli bagnati gli arrivavano alle spalle. Una ciocca gli cadeva su i suoi bei occhi blu. La porta conduceva ad un salotto abbastanza spoglio. Fuori non era notte, era soltanto molto buio. Le nuvole nascondevano sempre il sole.Nevicava moltissimo. - Come stai?- le chiese Kurt facendo cenno di sedersi. Lei si mise seduta - Sto bene...- -Non si direbbe. Hai due occhiaie scurissime- Lei rimase impassibile e ad un tratto chiese : -Cosa suonavi?- -Non so ancora... be.. diciamo che è solo una bozza della canzone finale. Quando sarà finita te le farò sentire!- lei gli sorrise e sussurrò :-grazie...- -Sai Polly.... hai un nome buffo!- Si misero a ridere - Mia madre aveva un pappagallino che si chiamava così...probabilmente era strafatta quando scelse il mio nome-. Risero di nuovo. - Vuoi che ti accompagni a casa? Dovresti mangiare, ma io non ho un cazzo!- -Non ci ritornerò mai in quella casa.- - Ti va di raccontarmi il motivo ?- -Magari dopo, andiamo a cercare qualcosa da mangiare!- Kurt annuì. Entrarono in un supermercato. Lei fece finta di stare male, mentre Kurt metteva il tonno e i fagioli in scatola sotto l'enorme giaccone invernale. Quando fu finita la falsa, Kurt e Polly rientrarono a casa passando per il viale alberato pieno di ghiaccio. La cittadina era deserta. Sembrava di stare in un film sull'apocalisse. Entrammo in casa. -Non ci sono i tuoi?- chiese Polly. -Mia madre e mia sorella... saranno fuori città per un po- Lei non gli chiese del padre. Si vedeva dai suoi occhi che parlando della sua famiglia si era incupito. Lei non era come lui. Era simile, ma non era come lui. Lei nascondeva i suoi sentimenti dietro una maschera spessa di indifferenza, lui soffriva e, nonostante tentasse di nasconderlo non ci riusciva. Per Polly lui era un'anima pura e sofferente. La casa era gelata. Accesero il fuoco del camino e ci si misero davanti. kurt andò in cucina e prese una bottiglia di vodka. Aprirono le scatolette e le mangiarono. Polly aveva moltissima fame, ma non essendo abituata a mangiare molto vomitò quasi tutto. Aveva le lacrime agli occhi. La gola le bruciava come non mai. Prese la vodka e ne bevve un sorso.Kurt la si avvicinò. Ora lei sentiva caldo. Una bella sensazione, mai provata. Lui l'abbracciò. Nessuno l'aveva mai abbracciata, nemmeno sua madre. Era quello, quella sensazione. Era la prima volta che non doveva proteggersi da sola, era la prima volta che poteva abbassare la guardia.Le braccia di kurt erano ossee. Lei si girò per guardarlo in faccia. Le piaceva osservare i suoi occhi, perchè mutavano in ogni momento. - Cosa ti è successo Polly?-. Non sapeva come rispondere. Cosa poteva dire? Non si era mai aperta con nessuno. Forse doveva dirlo a qualcuno o il segreto l'avrebbe distrutta dall'interno facendola diventare una specie di Zombie. Lei si girò di scatto, non voleva più guardare il suo viso. -Cosa dovrei dirti, Kurt? Tutto quello che mi è successo è stata colpa mia. La mia stessa madre mi odia. Dice che seduco il suo uomo. Io non faccio niente, ma rovino tutto comunque. Sono io il problema. Sono io. io. io. io. io. Non mi sono difesa da lui. Sono debole-. Iniziò a tremare e lui la teneva ancora più stretta. - Non è colpa tua... cosa ti ha fatto Polly? che ti ha fatto?

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Capitolo 4
*** lo specchio ***


- Mia madre non mi credeva, quando le dicevo cosa mi faceva... pensava fossi una puttana, ma era lui che mi costringeva e se mi rifiutavo mi menava. Era diventata un'abitudine- Una lacrima le solcò il volto- una volta mi tenne rinchiusa nello scantinato per giorni, dicendo a mia madre che ero scappata. A lei non è mai importato di me, lei pensa solo a drogarsi o a bere finchè non si sente male e io me ne devo prendere cura. Non riesco mai a difendermi- Kurt la guardò negli occhi. Si chiedeva come la ragazza facesse a non crollare. -Tu sei la persona più forte che io abbia mai conosciuto- lei rispose : -Il mio cervello è così incasinato, forse non capivo bene cosa mi stesse accadendo. Prima che tornasse a casa prendevo dei sonniferi, per non capire. Non volevo vedere, non volevo!- A quel punto scoppiò. Era una bomba pronta ad esplodere. Non smetteva di piangere. Kurt la abbracciò forte, il più forte possibile. Sussurrava: - Mi dispiace che tu abbia dovuto subire tutto questo, mi dispiace tanto-. Restarono abbracciati davanti al camino per tutta la notte. La mattina Kurt si svegliò presto. Guardò Polly. Era così indifesa. Si alzò e si preparò una canna. Voleva rilassarsi un po. Guardò fuori dalla finestra. fottutissima neve. si sedette per terra. Il fumo usciva dalla sua bocca mentre i suoi occhi si arrossavano lievemente. Guardò Polly. Sudava. Kurt gli si avvicinò e gli toccò la fronte. Bruciava. Doveva prendere delle medicine. Quali? quante? Lasciò un biglietto alla ragazza nel caso lei si fosse svegliata. Andò per la strada principale della cittadina. Vediamo... farmacia, farmacia... Eccola!. Entrò guardandosi intorno. Non era mai stato in una farmacia. La signora della farmacia (Caterine come c'era scritto sulla targhetta) era una signora vecchia e rugosa con degli occhi spettrali e dei grandi occhiali. -Cosa desidera signore?- -Ecco, qualcosa per la febbre, si la febbre.- La signora si voltò e andò a cercare le medicine. -Ha la tessera sanitaria?- -No, mi dispiace- -Sono quindici dollari.- Kurt cercò nelle tasche profonde dei suoi pantaloni scoloriti. Mise i soldi sul tavolo e disse sarcasticamente : -Costa molto stare male in questo paese- La signora non gli diede importanza e Kurt uscì. Faceva molto freddo e il cielo era dipinto di grigio. Il grigio, il suo grigio. Enigmatico e speciale, non era solo un colore, era un enigma da risolvere. Si diresse verso il campetto dietro la scuola. C'erano sempre le stesse persone, quelle che gli altri giudicavano drogati-buoni a nulla. -Kurt,Kurt!- Bob agitò la mano per chiamare l'amico. Veramente Kurt non lo sopportava ... Non sapeva bene il perchè. K. si avvicinò a Bob che stava in un gruppetto a fumare erba. -Cosa ti posso dare K.?- -Qualcosa di più forte dell'ultima volta...- -Funghetti?- Gli diede venti dollari e tornò a casa. Trovò Polly con la chitarra in mano, era sudata e bianca. Era così fragile, eppure ne aveva passate tante. Kurt ammirava la sua forza mentale. L'ammirava come l'aveva sempre ammirata da lontano. La prima volta che la vide, non la dimenticherà mai. Era diversa, migliore delle altre . Sembrava così triste e Kurt non voleva fare altro che avvicinarsi a lei e dirle che non era sola, che sarebbero potuti stare insieme, uniti contro il mondo che non li capiva. Ma non lo fece. Per anni la seguì solamente , come un angelo custode. La vìide mutare; ed ora che stava a pochi centimetri di distanza da lei si sentiva felice ed era strano perchè non lo era mai stato.-Tieni- le lanciò il contenitore con le pillole per la febbre. Lei non sapeva cosa dire. Nessuno si era mai preso cura di lei. Lei era sola, o forse non più. Forse aveva trovato qualcuno che finalmente la comprendesse, forse non doveva più vivere in una casa dai vetri oscurati, forse il nero si sarebbe trasformato... ma resta un dubbio. solo un FORSE. Una parola stupida. Non sapeva cosa dire così disse solo: -Grazie-. Non era solo uno stupido grazie, era qualcosa di più perchè quella parola l'aveva sentita tante volte, ma non l'aveva mai detto a nessuno. Kurt tirò fuori la bustina con i funghetti allucinogeni. Iniziarono a ridere. Quando la vide ridere il tempo si fermò. L'aveva resa felice anche solo per un momento. Lei non si meritava quello che le avevano fatto, ma almeno per un po poteva essere felice. -Canta per me,Kurt.- Prese la chitarra e iniziò a suonare. -Come as you are, as you were, As I want you to be As a friend, as a friend, as an old enemy. Take your time, hurry up The choice is yours, don't be late. Take a rest, as a friend, as an old memoria Memoria.......- Polly appoggiò il suo viso sulla spalla di Kurt. No, lei l'avrebbe trasformato. Lui no, non se lo meritava, era buono, non doveva diventare come lei, non doveva. Lei si alzò di scatto, andò in bagno e i chiuse dentro. Kurt la seguì. -Polly, cos' hai?- era preoccupato. Cosa aveva fatto? -Polly rispondi.- Le lacrime le solcavano il volto. Si guardava allo specchio. Il suo volto, sembrava uno Zombie e se fosse rimasta l'avrebbe reso come lui. Diede un pugno allo specchio che si frantumò. La mano le sanguinava. Doveva andarsene. Prese un asciugamano e si avvolse la mano. Non doveva distruggere un'altra vita oltre la sua. Kurt l'avrebbe lasciato fuori dalla sua vita. Polly aprì la porta. Kurt la guardò negli occhi. Anche lui aveva gli occhi lucidi. Soffriva per lei. Non riuscivano a parlare. I secondi sembravano infiniti. L'uno si era perso negli occhi dell'altro. -Kurt- disse con la voce spezzata dal pianto- Non devi diventare come me, io ... io non voglio rovinarti, perchè sei una brava persona e io.... mi merito il peggio. Fai tutto per me perchè mi capisci. Promettimi di non cambiare. Ci ritroveremo, magari non in questa vita, ma ci ritroveremo.- Kurt fece per parlare, ma Polly le mise un dito sulla bocca. -Ti prego K. , non dire niente o potrei convincermi che merito tutto questo, non mi cercare. Può sembrare stupido, ma tu sei la persone più importante che ho, sei l'unico che si sia mai preoccupato per me e per questo ti ringrazio. Ho capito cos'è l'amore e prima che tu ti rovini la vita a causa mia....- non finì la frase e scappo. Kurt si sedette a terra. Piangeva per lei. Ora soffriva e lui odiava soffrire, non potè fare altro che drogarsi. Almeno per un po sarebbe stato felice, o almeno avrebbe dimenticato.

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Capitolo 5
*** Seattle ***


Kurt era vicino alla porta. La vedeva correre via, scappare via da lui. Lei non si voltò. Scappava, correva velocemente lungo in viale ghiacciato. l'asciugamano le era caduto, ma lei non si era fermata a raccoglierlo. Le macchie di sangue cadevano sulla neve candida. Polly voleva voltarsi, tornare da lui...ma non poteva, no. Se ci teneva veramente a lui non doveva farlo. La ragazza voltò l'angolo per arrivare sulla statale. Kurt uscì di casa e si diresse da Bob. -Si fermi la prego.- Polly era sul ciglio della strada. Doveva andarsene al più presto. Una macchina rossa accostò.Era una donna di media età. -Dove devi andare? - chiese la donna Polly le sorrise lievemente: -Via di quì- Polly salì in macchina. Dopo qualche minuto la donna accese la radio. Si sentiva malissimo. -Sono diretta a Seattle!- disse la signora- ti va bene?- -Benissimo grazie- Kurt prese dalla camera della madre la sua catenina d'oro. Ora voleva solo rilassarsi, voleva dimenticare per un po. Si diresse da bob con gli occhi gonfi per il pianto. Appena Bob lo vide capì. Ogni volta che Kurt si presentava in quello stato voleva l'eroina, una delle droghe più pesanti al mondo. Kurt senza neanche alzare gli occhi dalle sue scarpe scolorite gli porse la catenina. Bob chiamò un suo amico con un cenno - Hai l'eroina? chiese Bob al suo amico -Certo- La tirò fuori dalla tasca e la porse a Kurt. Lui si girò facendo un cenno a Bob senza dargli troppa importanza. Sentì Bob ridere con i suoi amici: -Quello ci si ammazzerà prima o poi-. Polly era appena scesa dalla macchina. C'erano palazzi altissimi, grigi come il cielo. La cosa strana di quel posto e che era tutto colorato di grigio, anche la macchina rossa sembrava grigia. -Signora, grazie per il passaggio- -Di niente, stai attenta è una grande città- Polly fece un cenno di ringraziamento e attraversò la strada. Ora doveva trovare un posto in cui vivere e un modo per guadagnare dei soldi. Si sedette su una panchina di un parchetto. -Signore ha una sigaretta ?- il signore gliela porse. -grazie.- Kurt era steso a terra, non riusciva ad alzarsi. La droga cominciava a fare effetto. La siringa spingeva il liquido nelle sue vene. Il suo braccio era diventato grigio. Eccolo, stava arrivando il flash. Ora stava meglio. La droga non lo abbandonava come facevano le persone.Stava come volando, era come un orgasmo che attraversa tutto il corpo. Respira Kurt, è facile. Ora stai meglio, starai meglio. I pensieri diventano leggeri, il corpo si rilassa ... le ore sembrano minuti e i minuti sembrano secondi. Per un po Kurt non penserai a lei, tutta sola e indifesa. Non pensare a lei K, ti fai solo del male. Quando l'effetto finirà il tormento ricomincerà. La fregatura della droga è che l'effetto finisce e ti ritrovi in un tunnel da cui non riuscirai a uscire. Doveva trovarla. Polly camminava lungo la strada che le sembrava infinita. Aveva Le braccia conserte e un lungo maglione. La mano non le faceva più male e il sangue si era seccato. Un passo, un altro. Le persone le passavano davanti squadrandola. Ci era abituata. Le persone giudicano SEMPRE. Notò che alla sua destra c'era un locale. Le persone fuori dal locale stavano fumando e pippando. Gente che scopava dietro i cassonetti, odore di erba nei polmoni. Dall'interno del locale si sentiva della musica. Ora si sentiva a casa. Si diresse da un gruppetto di ragazzi che stavano fumando il crack . -Avete qualcosa anche per me?- Chiese Polly sorridendo. -Cosa ci dai in cambio?- Fece uno sguardo malizioso -Dipende dalla qualità di quello che mi darai.- Polly non voleva fare sesso, ma aveva bisogno di estranearsi dal mondo per un po... e non aveva soldi per comprarla. Il ragazzo le porse una siringa. -Cosa c'è dentro?- -Non preoccuparti- -Non prendo robaccia che potrebbe farmi fuori- Il ragazzo fece un cenno ai suoi amici che le bloccarono le braccia. -Ormai l'avevi detto ragazzina- Polly non oppose resistenza. Sapeva quello che volevano, era lo sguardo che c'era nel suo patrigno prima che abusasse di lei. Ma questa volta era colpa di Polly, era stata lei a sbagliare. Il liquido sconosciuto dentro la siringa era ormai finito nel suo corpo. Tutto rallentava. Era cosciente, ma immobile. Non riusciva a muoversi. I ragazzi ( almeno cinque) la portarono in una vietta dietro al locale. Iniziarono a spogliarla. Non poteva fare niente, non poteva muoversi. Era orribile. -Stai guardando puttana, ti piace? - Il suo volto iniziò a bagnarsi delle sue lacrime. Il ragazzo continuava.Lei vedeva il suo viso. Voleva urlare. Non ci riusciva. Vedeva i ragazzi dietro che facevano finta di niente. C'era nella comitiva un ragazzo che la guardava. Provava pena per lei? Nel suo sguardo si leggeva la frase "mi dispiace". P. non sapeva quanto tempo fosse passato.Il ragazzo terminò. Appena finì si girò verso i suoi amici: -Questa puttana è brava anche quando non fa un cazzo!- Si misero tutti a ridere, tranne il ragazzo dallo sguardo compassionevole. I ragazzi se ne andarono lasciandola semi-nuda. Faceva freddo. Si sentiva a pezzi. Chiuse gli occhi. Il ragazzo dallo sguardo compassionevole tornò indietro dopo una ventina di minuti.Portò una coperta. Polly si era quasi addormentata. Lui le si avvicinò toccando la sua spalla. Lei aprì gli occhi. Lui le sorrise: -Mi dispiace per quello che ti è successo. Non ti addormentare. Con questa merda potresti non risvegliarti. Tra poco l'effetto svanirà.- il ragazzo cominciò a rivestirla. -Tra poco la paralisi finirà, l'hanno fatto già molte volte- Le mise la coperta sulle spalle. -Io sono Max.- Polly ora stava meglio.Riusciva a muovere la punta delle dita e tra poco avrebbe potuto parlare, così avrebbe potuto mandare a farsi fottere quel Max. Era un codardo, come tutti, ma almeno non l'aveva lasciata semi-nuda in una strada dall'asfalto bagnato. Dopo circa un'ora Polly si rimise in piedi. Max si era addormentato appoggiato al muro pieno di scritte. La ragazza barcollava, ma diede comunque un calcio a Max e iniziò a urlare: -Codardo cane bastardo, tu sei peggio di loro.Non hai fatto un cazzo- Il ragazzo mise le mani davanti al volto per evitare i calci. Polly smise per farlo alzare. -Mi dispiace, Ok, sono un fottutissimo bastardo.Sono fatto così.- Polly scappò. Trovò un ponte, accogliente. C'era un fiume, lei amava i fiumi. Era un posto abbastanza appartato. Polly trovò un' angoletto in cui mettersi a dormire. Iniziò a piovere. Era riparata dalla pioggia. Chiuse gli occhi. Kurt si era ripreso. Uscì di casa. Dove stava Polly? Erano ancora sotto lo stesso cielo, guardavano lo stesso cielo. La pensava sola, per strada, impaurita. Andò nella stazione degli autobus. Era notte. Il primo diretto a Seattle sarebbe partito qualche ora dopo, alle 4:00 di mattina. Non sapeva se l'avrebbe trovata li...ma era la grande città più vicina.

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