Pimpf

di Sylvia Ruth
(/viewuser.php?uid=220881)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo Capitolo ***
Capitolo 2: *** Secondo capitolo ***
Capitolo 3: *** Terzo capitolo ***
Capitolo 4: *** Quarto capitolo ***
Capitolo 5: *** Quinto capitolo ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***



Capitolo 1
*** Primo Capitolo ***


PIMPF


NORMANDIA 1943

Periferia di Mosles, un piccolo villaggio sulla costa.


Da una finestra di una tipica casa a graticcio due occhi fissano la strada, pieni di paura.
Due occhi che si illuminano di gioia quando vedono un uomo, anziano ma ancora vigoroso, scendere da un auto nera, guidata da un militare tedesco.

"Papa! Pensavo di non rivederti!" Corre ad abbracciarlo.
"Tutto bene, ma petite. Per questa volta è andata." Tira un sospiro di sollievo.
"Cosa...volevano?"
"Avremo L'ONORE di ospitare un ufficiale tedesco in casa nostra. Non ti preoccupare. L'ho visto...E' ferito, in convalescenza...Io, come medico e...come sindaco, devo essere d'esempio..." Dice senza trattenere una smorfia.
"Come faremo?"
"In qualche modo ce la caveremo...Adesso corri dagli altri...Che si tengano lontani. Non voglio che corrano pericoli inutili. Torna a casa più presto che puoi...Dobbiamo decidere dove farlo dormire."
La ragazza obbedisce e si precipita fuori.


Due ore dopo, con il tramonto che indora la facciata, la stessa macchina, guidata dallo stesso autista, si ferma davanti alla casa. Ne scende per primo un ufficiale. Giovane, non molto alto, biondo, il viso pallido e stanco. Indossa un cappotto appoggiato alle spalle. L'altro, un graduato in divisa, è più anziano. Mentre il sottuficiale scarica i bagagli, l'altro rimane a guardare a lungo la facciata prima di entrare.

"Capitano Goerhe, lieto di ospitarla nella mia casa." Lo accoglie il dottore in un pessimo tedesco.
"Non credo, Dott. Pommard, non credo proprio...Mi dispiace arrecarle questo disturbo..." Ha parlato in un perfetto francese, anche se con un lieve accento. "Avrei preferito essere alloggiato in un albergo...Ma, come lei, ho ricevuto degli ordini..."
Si guardano negli occhi, studiandosi reciprocamente. Il primo a cedere è il francese.

"Venga, si accomodi...Intanto mi lasci esaminare la sua ferita...Susanne, mi puoi dare una mano? Susanne è mia figlia. Mi assiste, come può, nel mio lavoro."
I due si accomodano nello studio medico. Il tedesco lascia scivolare il cappotto. Sotto si vede che ha infilato una mano nello spazio tra un bottone e l'altro della giacca dell'uniforme. Con cautela e un certo sforzo, la sfila. Grocce gocce di sudore brillano sul volto ora terreo. Gli occhi si chiudono e la bocca si piega in una smorfia di dolore.

"Aspetti...L'aiuto..." Si offre.
"Grazie...Ma devo fare...da...solo." Mormora l'altro.
"Sciocchezze. Mi devo rendere conto delle sue reali condizioni." Lentamente l'aiuta a spogliarsi. La giacca, la camicia. Una vistosa fasciatura copre buona parte del torace e della spalla. Alcune gocce di sangue macchiano le bende.

"Si è riaperta...Susanne...Sbrigati!"
"Arrivo papà..." Trattiene un grido. "Per la miseria..."
"Prepara subito una fiala di morfina."
"No. Niente morfina o altri calmanti." Le parole escono a stento dalla bocca contratta.

"Ma le farà un male cane." Susanne guarda alternativamente i due. Suo padre le risponde sollevando le spalle.
"Andate...Avanti." Questa volta non ci sono dubbi. E' un ordine preciso.
I due lavorano in silenzio e il più veloce possibile.

"Da quanto è..." Gli chiedono mentre la ragazza deterge il sudore dalla sua fronte.
"Due mesi." La ringrazia con un cenno. " Ora il peggio è passato."
"Per oggi ho finito. Susanne, prendi il calvados. Ne abbiamo bisogno." Dice con voce tremante il dottore. "Chi l'ha conciato così?"
"Una nostra sentinella."

"Un tedesco??"
L'altro annuisce. "Un ragazzino appena arrivato al fronte. Non conosceva tutti i suoi ufficiali. Io ero di ritorno da una missione. Cose che capitano."
"Qui in Francia?"

"In Nord-Africa." Dice una voce dalla porta. " Sta bene Signor Capitano?"
"Sì Hans...Tutto bene. Un tempo era il mio sergente, ora è il mio attendente." Lo presenta.
"Dove devo mettere il bagaglio?" Susanne li invita a seguirlo, ma solo il sergente l'accompagna portando due valige.

"Era con Rommel?" Intanto gli versa un bicchierino di liquore.
"Sì...Perlomeno fino a quando sono stato ferito. Poco per me, grazie." Ascolta i rumori sopra la sua testa. Si sentono dei passi pesanti lungo le scale.

"L'accompagno in camera. E' stanco e deve riposare."
"Non fare la chioccia..." Ma lo segue.

Padre e figlia si guardano in faccia. "Sarà sempre in casa. Dove può andare in quello stato?"
"Mmm...E' più coriaceo di quanto tu creda. Non ha emesso un lamento...e non sono stato di mano leggera."
"Ascoltiamo quanto dicono?" Si avvicinano alla grande stufa di ceramica situata in un angolo e aprono piano lo sportellino di ghisa.

"Adesso scendo a prendere il resto...MARTIN!!"
"Calma...Adesso passa...E' solo un capogiro..." Dice con un gemito.
"Non riesco a capire perchè ti infliggi questa tortura...Perchè non vuoi la morfina?"
"Ho le mie buone ragioni."
"Sei caldo. Stanotte avrai di nuovo la febbre..."
"Sai che novità! Ci sono abituato." Si sente un altro lamento.
"Il pigiama?"
"Solo i pantaloni...Ora sbrigati a tornare...Se scatta il coprifuoco..."
"Bah...Io resto qui...Con te..."
"TU VAI IN LICENZA...E QUESTO E' UN ORDINE!"
"Ma..."
"Niente ma. Hai UNA possibilità di vedere la tua famiglia e la vuoi sprecare? Lascia il resto del bagaglio giù. Ci penserò io...domani..."
"Signor Capitano." Lo si sente battere i tacchi.

Lo guardano uscire e scaricare altri bagagli, tra cui una custodia di chitarra.
"Diamogli una mano."
"Ma...Papà..."
"Prima ce lo togliamo dai piedi..."

Il sergente li ringrazia, leggermente meravigliato, e li saluta. Lancia un' ultima occhiata ad una finestra e risale im macchina.
"Capitano...Dove preferisce che le mettiamo quste cose?"
Uno sguardo stanco in due occhi verdi, lucidi dalla febbre.
"Dove volete." Mormora ricadendo sui cuscini.


I giorni passano lenti e monotoni. Susanne si sta abituando alla presenza discreta del tedesco nella sua casa. Le occasioni in cui lo incontra sono poche. Alla mattina, quando aiuta il padre nella medicazione della sua ferita e ai pasti che si svolgono nel più completo silenzio.L'uomo si congeda sempre con un cenno di ringraziamento e di saluto. Passa la maggior parte del suo tempo in camera, intento a leggere o assorto nella contemplazione del paesaggio. Se il tempo lo permette esce per una lunga, solitaria, camminata. La ferita migliora e le passeggiate diventano sempre più lunghe. Anche gli abitanti si stanno abituando a vedere la sua figura camminare per le stradine e lungo la spiaggia. Sempre solo, sempre in silenzio.

"Mademoiselle Pommard...Sa dove potrei trovare del caffè-caffè?" Le chiede all'improvviso una mattina.
"Cosa?" La ragazza trasale. E' la prima volta che le rivolge una domanda.
"Sì...Borsanera...Contrabbando..." Continua con un sorriso che lei, istintivamente, ricambia.

"Ma...ecco...io...."Balbetta confusa.
"Non mi dirà che non sa a chi rivolgersi... Sono stufo di questa brodaglia." Susanne arrossisce. Che si sia accorto che fa apposta a servirgli un pessimo surrogato?
"Non lo dirò certo a un..."

"Crucco? Mangiacrauti? Mangiapatate?" La guarda ironico e lei non sa come replicare. "Non mi interessa nè CHI nè COME. Vorrei solo bere del vero caffè e, se possibile, fumare qualche sigaretta decente."
"Chiederò in giro."

"Potrebbe privare con quei cosiddetti pescatori spagnoli." Suggerisce lui.
"LO SA!! " Esclama in tono d'accusa.
"Ho buoni occhi e...buone orecchie. Non intendo denunciare nessuno. Diciamo che...mi aggiungerò alla lista dei clienti."
"Non prometto niente."


"Ho un ufficiale tedesco alloggiato in casa. Mi ha chiesto di procurargli caffè e sigarette." Susanne parla esitante con un uomo bruno che indossa solo un paio di pantaloni neri e un gilet, sempre nero, sbottonato.
"Cheri...che problema c'è? Rifornisco metà degli ufficiali stanziati in Normandia." Risponde il capitano del peschereccio con un ampio sorriso. "Basta che paghi."
Aggiunge con un lampo divertito nello sguardo. "Prima, però, vorrei sapere di che pasta è fatto."

"Dovrebbe passare tre qualche minuto."
"Il biondino? E' arrivato." Con la mano lo invita ad avvicinarsi.

"Capitano..." Si presenta.
"Niente cognomi. E' meglio...per lei...e per me."
Lui non si scompone. "Martin."
"Diego." Si stringono la mano.

"Il tuo nome mi suona strano. Non è comune per un...basco?"
"Sei il primo che lo capisce."
"Sono stato in Spagna. Il tuo accento...La croce tatuata sul tuo braccio...E' un disegno celtico."
Susanne li guarda stupita. Percepisce tra i due una strana corrente. E' come se dialogassero usando gli occhi.

"La tua ferita..." Accenna con la testa.
"Uno stupido contrattempo. In guerra succede. "Replica con una scrollata di spalle."
"La piccola...." Guardano entrambi verso di lei. "...dice che vuoi del caffè e delle sigarette...Inglesi o americane?"
"Preferirei inglesi...ma mi accontento anche delle americane."

"Pedro?" Al richiamo del capitano spunta una testa arruffata. " Cafè y cigarillos...Rapido..."
Aspettano in silenzio. "Ecco qua...Caffè e sigarette."

Martin li passa a Susanne. "In camera mia, per favore." Paga l'uomo." Suppongo che mi convenga stare attento a dove metterò i piedi. Specialmente lungo le scogliere."
"Solo se ci fermano." Sorride mostrando i canini appuntiti.
L'altro lo saluta portando due dita alla visiera. " Auf Wiedersehn."
"Hasta luego!"

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Secondo capitolo ***



Lo guardano andare via.
"Hai...minacciato un ufficiale...tedesco?" Susanne guarda sconvolta Diego. "TU SEI PAZZO!!"
L'uomo si accende con calma un sottile sigaro e, prima di risponderle, ne prende una lunga boccata. " Minacciare...Che parola grossa! Gli ho dato un avvertimento...Che lui ha capito. Tutto qui."

Da quel giorno Susanne sente che qualcosa è cambiato. Fra di loro è scoccata una scintilla, di cosa non sa. Si chiamano per nome e, quando sono soli, si danno del tu.

Un paio di volte la solita auto è venuta a prelevare Martin per controllare la sua salute. Lui ne ha persino scherzato con suo padre. E' sempre tornato con un acquisto. Ora nella sua stanza si trovano un fonografo, una radio ed alcuni dischi.

Parlando con alcune compaesane che hanno ospitato altri ufficiali tedeschi la ragazza comprende quanto Martin si comporti diversamente. Non le da ordini; è sempre gentile con lei e suo padre; mangia, seduto alla loro tavola, gli stessi cibi. Non impone la sua presenza ma, alla sera, si ritira discretamente nella sua camera. Non chiude mai la porta a chiave e lei ne ha approfittato per perquisire i suoi cassetti. La sua unica richiesta è stata quella di poter disporre della loro libreria ed ascoltare i loro dischi. Si è interessato particolarmente ad una vecchia Guida Michelin ed ai testi di storia locale di suo fratello Yves.

"Dove si trova?" Le ha chiesto.
"In uno dei VOSTRI campi di prigionia." Gli ha risposto secca.
"In guerra è questione di...fortuna. Dopo che mi hanno ferito sono stato portato in un ospedale da campo..."Sogghigna sollevando appena un angolo della bocca."...che era stato appena occupato dagli alleati. Se i miei non avessero contrattaccato...mi troverei in un campo inglese." Le rivela accommiatandosi.

Un giorno un'auto scoperta attraversa il villaggio. L'autista chiede delle indicazioni e poi si dirige lentamente verso la casa del sindaco.
Ne scende un ufficiale che indossa un lungo soprabito di pelle. "Aspettatemi qui." Ordina.

Un passante lo riconosce e lo indica agli altri. "Sapete chi è? QUELLO E' ROMMEL! Che ci fa qui?"
Lo vedono bussare alla porta. Saluta Susanne che gli ha aperto e le chiede: "E' in casa il Capitano Goerhe, mademoiselle?"
"Sì signore. Chi devo annunciare?"

Martin appare in cima alle scale, sorpreso e sorridente. "ERWIN?" Scatta sull'attenti." Mi scusi signore. Mi ha colto di sorpresa."
"Sentirtelo dire mi ricompensa di questo viaggio. E' la prima volta che lo ammetti...COGLIONE!! Dove possiamo parlare con calma?"
"Posso ospitarti nella mia camera." Lo precede.

Susanne si affretta ad infilarsi, non vista, nello studio del padre per ascoltare.

"Ti ringrazio per l'encomio! A cosa devo l'onore?" Ironizza.
Dai rumori intuisce che ha preso la bottiglia e i bicchieri che tiene nell'armadio.

"Martin...te lo ripeto...SEI UN COGLIONE! Mi spieghi che cazzo hai combinato per FARTI RICATTARE DALLA GESTAPO??"
" Meno male che doveva restare segreto! Quanti altri lo sanno?"
"Solo io...credo. Quando a Berlino ho proposto il tuo nome come mio aiutante mi sono sentito rispondere che ERI ENTRATO NELLE SS."
"Hanno già deciso? CAZZO!!"
" Non lo sapevi?"
" La prima linea e l'ospedale mi hanno fatto scordare come agiscono a Berlino. MALEDIZIONE! Mi illudevo di poter scegliere come crepare..."
"COSA??"
"Avrei preferito il fronte russo. Avere la possibilità di morire come un soldato...Non come..." Un breve silenzio e poi il tonfo di un bicchiere.

"E' per tua sorella?" Chiede con esitazione Rommel.
"Anche se fosse ancora viva...li avrei mandati al diavolo."
"Allora per chi...ti sacrifichi?"
"Chi mi rimane? Mio padre marcisce in fondo all'Atlantico...Le ossa di mia madre sono rimaste sotto le macerie della casa di Amburgo...Credevo di essere rimasto solo, invece...Erwin...Ho un figlio!"

"Lo dici con quel tono? I miei ragazzi sono la parte migliore della mia vita."
"Ma sono TUOI! Portano il tuo nome...Il mio non sa nemmeno che esisto..."
"Fatti conoscere."
" COME? Vive in Spagna...con sua madre."
"Vuoi che chieda a Canaris di...Perchè no?"
"Siediti e ascolta. Quando mi hanno trasferito a Berlino...mi sono innamorato di una donna stupenda..."
"Bruna, profondi occhi scuri, lunghi capelli..."
"Conosci i miei gusti...Abbiamo avuto una lunga relazione...Era sposata..."
"L'avevo capito."
"Suo marito lavorava presso la loro ambasciata...Allo scoppio della guerra gli è stato consigliato di farla rimpatriare..."
"Perchè? La Spagna è neutrale."
"Non era gradita. E'...ebrea. "
"Oh!" Esclama Rommel.

"Non ci siamo lasciati esattamente da...amici. Non ne ho più saputo niente...fino ad un mese fa. Ero in ospedale e ho ricevuto una sua lettera e...una foto. Lei insieme ad un bambino di pochi anni. Un bambino biondo e con gli occhi verdi...Che è tutto il mio ritratto. Mio figlio. L'ha chiamato Leon perchè sono del segno del...leone. Non so perchè ha sentito la necessita di scrivermelo... d'informarmi...La lettera è stata intercettata dalla Gestapo. Mi hanno convocato, interrogato e...ricattato. O entravo nelle loro file o avrebbero fatto scoppiare uno scandalo in Spagna. Riesci ad immaginarlo? La figlia di una ricca ed influente famiglia ebrea...La moglie di un noto esponente politico.. che ha avuto un BASTARDO da un NAZISTA..."
"Degno di quelle carogne...e ti sei piegato...Per un moccioso che non hai mai visto? Per una donna..."

"Che mi odia? Sì. Hai davanti a te il perfetto esemplare di razza ariana; un nazista di provata fede...Degno di indossare l'uniforme delle SS."
"Che cazzo dici? Tu non sei mai stato iscritto al partito! Sei un MILITARE e sei austriaco." Protesta con vigore.
"Austriaco...Come quello che sbraita a Berlino."
"Quindi hai deciso di mandare a puttane la tua carriera."
"Che...carriera? Lo sappiamo entrambi...STIAMO PERDENDO QUESTA DANNATA GUERRA...e lo faremo nel modo peggiore! CHI CI COMANDA E' UN PAZZO ASSETATO DI SANGUE che non si fermerà davanti a niente. Devo...VOGLIO...salvare quel bambino...ad ogni costo...Come faresti tu. Pensa ai tuoi figli Erwin."

Rommel esce di corsa, pallido in viso. Prima di salire in auto si volta e si irrigidisce nel saluto militare. "Addio...amico mio."

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Terzo capitolo ***


Capitolo 3


Susanne è impietrita. Appena possibile mette al corrente il padre della sua scoperta.

"Capitano Goehre...In quale zona della Germania è nato?" chiede il dottore quella sera a cena.
Martin non solleva lo sguardo dal piatto. "Sono nato vicino a Salisburgo.

"Salisburgo. Mozart...Quanti ricordi! Ho assistito ad una rappresentazione del Flauto Magico, durante il mio viaggio di nozze...La sua famiglia?"
" Morti...Uccisi dai VOSTRI alleati. Dott. Pommard non cerco nè simpatia...nè...amicizia. Per me siete soltanto gli abitanti di un paese occupato...conquistato...dall'esercito tedesco. Esercito di cui io faccio parte. Non confonda la buona educazione per...solidarietà. Non aspettatevi indulgenza da parte mia. NOI SIAMO E RESTEREMO...NEMICI. Buonanotte."
"DANNATO CRUCCO!!" Inveisce il dottore.
"Papà! Cosa ti aspettavi?"
"Speravo...Non so...Che conoscendoci meglio...."

"Per ieri sera..." Susanne evita il suo sguardo freddo. " Scusami...Non dovevo riferirgli della tua visita..."
"Rommel non sa cosa sia la...discrezione. Una volta o l'altra pagherà cara questa sua debolezza. Debolezza che io spero di non avere...Se incontri Diego digli che la prossima volta vorrei della cioccolata." Torna a distendersi sul letto e a fissare il soffitto.

Martin rimane chiuso nella sua stanza per l'intera giornata. La mattina dopo riprende le sue abitudini come se niente fosse. Da quel momento però al suo passaggio non avverte più mormorii ostili.
L'unica persona con cui lo vedono scambiare due parole è Diego.

La solita auto e il solito autista arrivano, Martin vi sale e ritorna nel pomeriggio. Questo succede spesso dopo quella visita.

"In casa avete un dizionario francese?" Chiede una volta a colazione.
"Ho quello che usavo a scuola, ma..." Risponde Susanne dopo aver scambiato un'occhiata con suo padre.
"Posso prenderlo in prestito? Ho dei dubbi sull'ortografia di alcune parole." Sembra non notare la loro sorpresa e beve con calma il suo caffè.
"A cosa le serve?"
"Mi rendo utile come traduttore e interprete. Al momento non posso fare altro."
"Quante lingue conosce?"
"Francese, inglese, un po' di spagnolo e poche frasi in arabo. Quel tanto che basta per salvare la pelle dei miei uomini." Poco dopo sale in auto con il volume sotto il braccio.

"Dott.Pommard...puo ringraziare per me il suo tedesco?" Una paziente sussurra questo al medico.
"Il MIO tedesco?
"Sì. Gli dica che ho finalmente ricevuto notizie di mio figlio...Lui capirà."

Quando gli riferisce il messaggio Martin abbozza un sorriso. " Non era necessario. Ho solo compilato qualche modulo. Avrebbe potuto farlo benissimo anche lei."

Rimasti soli il padre si lascia cadere nella sua poltrona. " Non riesco a capire quell'uomo. Ci dice in faccia che siamo nemici e poi... Impiega un'intera mattinata del suo tempo per aiutare una donna...francese...a ritrovare suo figlio...prigioniero...in Germania."
"Forse l'ha fatto perchè anche lui poteva essere in un campo di prigionia." Susanne guarda in alto. Si sentono dei passi. Martin cammina avanti e indietro...avanti e indietro...avanti e indietro...per il resto della serata.

Durante una delle solite passeggiate, passando davanti alla chiesa, viene attirato dalla musica dell'organo. Un giovane frate suona concentrato.
Martin si siede ad ascoltare.

"E' bravo, vero?" Chiede il parroco uscendo da uno dei confessionali.
"Sì, molto. E' la prima volta da quando sono qui che sento uscire della musica da questo luogo."
"Ero senza organista. Colpa vostra. La diocesi mi ha mandato lui come sostituto...Peccato..."Sospira.
"Perchè?"
"E' muto...Ferita di guerra." Vedendo la sua occhiata al giovane spiega. " Il suo convento si trovava vicino a Dunkerque...Non è di molta compagnia."
"Capisco. Gli darò...fastidio...se vengo a sentirlo suonare?"
"Perchè non glielo chiede? Fratello Alain..." La musica si interrompe." Posso presentarle il Capitano Goehre...Ospite del nostro sindaco?"
L'altro annuisce e poi indica la sua bocca. " Mi dispiace per la sua menomazione. Posso tornare?" Un solo cenno. "Grazie Fratello. Allora ci rivedremo presto. Grazie anche a lei Padre."

"Che interesse hai nell' aiutare i parenti dei prigionieri?" Susanne lo accoglie con queste parole al suo rientro.

"Ottengo due risultati. Primo: sento meno insulti quando passo per strada. Secondo: il prigioniero che riceve notizie della sua famiglia crea meno problemi." Risponde impassibile. "Hai bisogno del mio aiuto? Devo cercare una persona che ti interessa? Marito... Fidanzato..." I suoi occhi sono fissi sul viso di lei.

"Non sono sposata e nemmeno fidanzata. Non più. L'unico che non è qui è Yves, ma so dove si trova."
"Chissa quanti pacchi gli hai spedito. Mai tornati indietro?" Sogghigna con aria pericolosa. " Chi credi di prendere in giro? TUO FRATELLO E' EVASO UN ANNO FA...e non è mai stato catturato. Spera di non sentirlo bussare un giorno. Mi dispiacerebbe sparargli sulla porta di casa." Risale le scale dopo averle lanciata un' ultima occhiata.

Susanne si appoggia al muro, scossa da un violento tremito.
Da dietro i vetri della sua finestra Martin la vede allontanarsi di corsa. Scuote la testa lentamente. " Niente da fare..." Mormora.
Indietreggia fino ad un piccolo tavolo messo in un angolo e ricomincia a scrivere canticchiando sottovoce.

Il rumore pesante di due stivali fa voltare il giovane frate. Il Capitano Goehre sta percorrendo la navata della chiesa. "Fratello Alain ho notato che suona a memoria..." L'altro annuisce. " Questi spartiti le potrebbero essere d'aiuto?" Gli consegna del fogli arrotolati.
Il frate li prende, li apre e li guarda stupito, poi alza gli occhi su di lui. La sua bocca si piega in un sorriso. Con la mano lo invita ad accomodarsi con lui sul sedile dell'organo.
Le prime note richiamano il parroco ed alcuni passanti che assistono alla scena dei due che suonano affiancati. Scena che si ripete spesso, fino a non destare più curiosità.

"Capitano Goerhe la sua ferita è quasi completamente cicatrizzata. Fra poco la dichiarerò...guarito." Osserva Martin che si infila la camicia con fatica. " Le insegnerò alcuni esercizi che le ridaranno la piena funzionalità della spalla."
"Grazie dottore."
"Mio dovere. Capitano...Martin...Dove...andrà? Dove la destineranno?"
" A Berlino qualcuno ha già deciso. Lo saprò al momento apportuno." Si infila la giacca.

"Sembra non importarle..."
"Vado dove mi mandano."
"Ubbidirà ad ogni ordine?"

"E' uno dei miei doveri. " Lo fissa con quei suoi occhi chiari. " Sono un professionista. Mi sono preparato per anni. Al contrario di altri. Le guerre non dovrebbero essere combattute da patetici dilettanti. Fate già abbastanza danni." Piega le labbra in una smorfia di disprezzo.
"NOI??"
"La gente come lei. I... civili...Siete VOI a scatenare i presupposti per un...conflitto e poi venite da NOI a piangere e pregare quando l'altra parte, esasperata, perde la pazienza e vi accontenta."
"COSA INTENDE DIRE??"

"Proprio niente." Ha la mano sulla maniglia.
"Io non ho dato il mio voto a gente come Hitler." Lo provoca.
"Nemmeno io...ma chi ha scelto Pétain e quelli che c'erano prima di lui?" Non aspetta la sua risposta. "Stia tranquillo. Presto toglierò il disturbo e lei sarà libero di tornare alle sue attività ludiche. Spero però che non si aspetti che le auguri Buon divertimento." Richiude la porta lasciando il medico senza parole.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Quarto capitolo ***


Capitolo 4


Il Dott. Pommard apre un cassetto, vi guarda dentro e poi lo richiude di scatto. "No. Calma. Susanne, esco per il mio giro di visite." Prende la valigetta, la lega alla sua bicicletta e si allontana pedalando.

"Yves!! Sei impazzito??" Susanne si guarda attorno, mentre suo fratello sguscia in casa.
"Chi vuoi che mi riconosca? Con questa barba e questo ricordino dei tedeschi." Sfiora la cicatrice che gli deturpa il viso. " Ho le informazioni che papà ha chiesto. Lui dov'è?" Guarda in alto. " Gli hai dato la tua camera?"
"Preverivi saperlo nel tuo letto? E' al comando tedesco. Vieni in cucina."

"Yves, non potevi mandare un vecchio o una donna?"
"E continuare a vegetare in quel buco sottoterra?" Sbotta furibondo. " Susette, hai del caffè? Vero caffè intendo."
"Usero il SUO...Ma solo per te." Gli agita l'indice sotto il naso. " Non voglio che si accorga che ne manca."
"Quante premure per un maledetto crucco." Sibila.
"Poteva capitarci di peggio. Ho visto come agiscono gli altri. Lui, per lo meno, si comporta come...un ospite." Mescola il liquido che ha davanti.
"E' UN TEDESCO!! E' UNO DI QUEI BASTARDI CHE MI HANNO FATTO QUESTO ." Picchia i pugni sul tavolo.

Il padre sospira. "Allora...Cosa dovevi dirmi?"
"Londra ci ha risposto di interessarci alle manovre dei tedeschi, non ad uno in particolare. Ma, per fortuna, le ragazze mi hanno riportato le chiacchiere che girano su di lui. E' austriaco..."
"Questo lo so già."
"Suo padre è stato uno dei primi sommergibilisti della Marina Imperiale...In questa guerra comandava un U-Boot che non ha fatto ritorno...Sua madre lavorava come infermiera in un ospedale di Amburgo che è stato..."
"Bombardato." Bisbiglia in modo udibile Susanne. " Sua sorella?"
"Smettono di parlare di colpo e bevono."
"Ha fatto una brutta fine...Altro?"

"Sono arrivati da poco dei soldati che erano con Rommel. In Nord Africa. Non sono stati ai suoi ordini...Ma raccontano che girava la voce che con lui avevi la probabilità di tornare indietro...nove volte su dieci."
"Niente di più...intimo?" Sussurra il padre.
" Non è cliente di nessuna di loro. Ha partecipato ad un paio di feste...ma si è limitato a bere." Risponde a bassa voce.

" A lui piacciono brune, con grandi occhi scuri e capelli lunghi. " Suggerisce Susanne. La guardano stupefatti." L'ho sentito dire da Rommel." Si giustifica.
"Chi conosciamo che potrebbe andargli bene?"
"Ce ne sono un paio...ma non le ha degnate nemmeno di uno sguardo." Accetta con un sorriso la tazzina di caffè che la sorella gli porge. " Buono...Ancora di più sapendo che non sarà lui a goderselo."

"Yves..." Lo rimprovera sottovoce il padre.
"D'accordo. La smetto. Perchè ti interessa quell'uomo?" Si scalda le mani con il calore della tazza.

"E' quasi guarito...e mi ha fatto uno strano discorso... Credo sospetti che faccia parte della resistenza."
"Che intuito!" Ironizza. " Ci vuole poco per capire che i tedeschi non sono graditi in questa zona...Basterebbe l'attentato alla centrale elettrica dell'altro mese...Peccato che Londra ci ordini solo missioni di disturbo. Ti sospetta o ne è sicuro?"
"Non lo so."
"La soluzione è semplice. Facciamolo fuori. La questione è risolta e ne abbiamo uno di meno tra i piedi."

Susanne stringe con forza la spalla di suo padre. "Yves, sei il solito coglione. Non vedi più in là del tuo naso...Il Capitano Goerhe vive in casa MIA. Mangia alla MIA tavola. Se gli succede qualcosa, qualsiasi cosa...Chi credi che verranno a prelevare? NOI! Finora non ci ha creato problemi. Al contrario. Ha aiutato delle famiglie a rintracciare mariti o figli dispersi." Interviene il padre.
"Ma che bello!! Abbiamo trovato un tedesco..."
"Austriaco..." Mormora Susanne.
"Fa lo stesso....Un nazista BUONO!?!" Li deride il figlio.
"Non è nazista!" Protestano.
"Non è nazista...ma diventerà una SS." Gli ricorda. " E quelli sono buoni solo da MORTI!"

"Yves..." Cerca di farlo ragionare il padre. " Ricordati le istruzioni di Londra...Piccole azioni di disturbo...Non dobbiamo attirare l'interesse della Gestapo, ma procurarle informazioni...sicure ed attendibili. Il nostro compito è rafforzare la presenza dei maquis in questa zona della Normandia. Al momento giusto ci forniranno armi ed ordini precisi. Vuoi metterti in testa che NON SIAMO ANCORA PRONTI? Non ti è bastato il fallimento dell'azione di Dieppe?"
"Tu ordini, io obbedisco...ma non ti fidare di quel tipo."

"C'è chi non lo perde di vista...Non si comporta in modo ambiguo. Al comando tedesco viene impiegato per tradurre dei documenti ed interviene se ci sono difficoltà tra il personale militare ed i civili."
"Nient'altro?"
"Risulta ancora in convalescenza. Sai bene come impiega il suo tempo libero. Non ne fa mistero. Passeggia...da solo. A volte si siede al sole e legge uno dei tuoi vecchi libri. Quando è in casa ascolta musica o suona la chitarra. Non da confidenza ad anima viva. Parla solo con quel contrabbandiere spagnolo...quel Diego..."

"Diego è basco, non spagnolo." Puntualizza Susanne.
"Davvero? L'ignoravo. Ma da lui compra caffè, sigarette e cioccolato. Abbiamo scoperto che ne è goloso."
"E chi altro?"
"Fratello Alain...L'organista muto. Gli ha procurato degli spartiti e si diverte a suonare in sua compagnia...Davanti al parroco e a mezzo paese...Se incrocia un altro tedesco si scambiano appena un saluto."

"Potremmo interrogarli."
"Un borsanerista che combina affari con mezza Normandia e che traffica con mezzo esercito tedesco?...e un frate...MUTO? Bella conversazione! Chissà quante risposte otterresti."

"A Diego ha affidato anche delle lettere...Gli ha chiesto di spedile quando arriverà nel primo porto spagnolo." Annuncia timidamente Susanne.
"Per quella donna?"
"Sì. Mi dipiace per lei e per il suo bambino."

"Doveva pensarci prima di farsi scopare da lui!" Sibila con odio.
"Perchè parli così? Quei due si sono amati. Sì Yves...Tra loro c'è stato AMORE e l'esistenza di quel bambino ne è la prova. Lei lo ha VOLUTO e lui? Li sta proteggendo...a costo di rinunciare a quello in cui crede." Dice Susanne inferforata.
"Tua sorella ha ragione. Ho rispetto per il Capitano Goerhe..."

"Ripetimelo quando saremo su un convoglio diretto in Germania...o davanti ad un plotone d'esecuzione."
"So che rischio corriamo ma prima scopriamo che intenzioni ha. Se, e dico SE...ci vedremo costretti...ci penserò io a lui."
"PAPA'!"

"Susanne...O lui o noi. Non ho scelta. Tu torna al rifugio...E' scomodo, ma sei al sicuro." Si scambiano un abbraccio e poi lo accompagnano alla porta.

Il padre si avvicina all'apparecchio radio e traffica al suo interno. " Vediamo se...Prepara qualcosa di buono per cena."
La figlia annuisce e comincia a cercare tra le poche provviste.

"Capitano, non gradisce il paté?" Il dottore addenta con gusto una tartina.
Martin fissa il piatto con disgusto. " Una volta mi piaceva, ma ho passato più di una settimana chiuso in cantina...Sotto i proiettili dei cannoni inglesi...Io e i miei uomini non avevamo altro da mangiare che le provviste che vi erano conservate. Patè di fegato d'oca, champagne e pesche sciroppate per la vostra mensa ufficiali...Il loro odore adesso mi dà il voltastomaco."
Susanne sostituisce rapidamente il suo piatto. "Preferisce delle verdure?"

"Si, grazie. Dott. Pommard a che debbo questa cena?" Congiunge le mani sulla vivanda e aspetta.
"Avrei un favore da chiederle." Esordisce.
"Mi dica. Se posso..."
"La nostra radio non funziona e questa sera trasmettono un concerto che..."

"Vuole la mia radio in prestito per ascoltare Radio Londra?" Replica con un sorriso divertito. "Faccia pure...Tanto domani dovrò tradurre quello che trasmetterà questa sera." Torna a mangiare.
Padre e figlia si scambiano uno sguardo complice.

"Perchè non ci fa compagnia? Prima il concerto...poi le cose serie."
Martin rimane sovrappensiero. " Perchè no? Se mi offre un bicchiere del suo Cognac..."
"Più che volentieri."

Dopo cena si siedono vicino alla stufa. Susanne lavora a maglia, il padre fuma assorto e Martin ascolta la musica ad occhi chiusi, muovendo una mano a seguirne il ritmo.
"Capitano, mi toglie una curiosità? Come ha scelto di diventare..."
"Un soldato?" Si passa una mano tra i capelli, scompigliandoli. "Volevo continuare i miei studi, ma la mia famiglia non ne aveva i mezzi. L'accademia militare garantiva un certo numero di posti gratuiti ai figli degli ex combattenti...Non avevamo più un esercito, ma potevamo preparare degli ufficiali..."

"Com'era la sua vita...prima?" Susanne smette di sferruzzare.
"Prima? Mi divertivo con un amico d'infanzia...Poi se ne aggiunto un secondo...e, più tardi, un terzo...Ci avevano sorannominati I Moschettieri."Ricorda con nostalgia. " Sempre insieme a combinare disastri...a fare musica...a corteggiare le prime ragazze..."

"Ora dove sono?"
"Questa guerra ci ha separato. Io con Rommel...chi in Marina...Chi in un reparto d'assalto...il quarto...chissà dove." Fa roteare il liquore.
"Non vi siete più rivisti?"
"Ne ho incontrato uno...Per pochi secondi...Quando mi hanno ferito..." Beve un sorso.
"Non vorrei essere stato nei panni di quel soldato..."

"Perchè dottore? Ha fatto il suo dovere. Era di sentinella...La colpa è stata mia. Ero stanco e ho aspettato un momento di troppo. Ha visto il risultato. Mi dispiace per i miei uomini. Non è facile cambiare di colpo comandante." Nota la loro perplessita e spiega." Quando vai in missione devi fidarti ciecamente dei tuoi compagni. Non hai il tempo di voltarti indietro e controllare che si siano. DEVONO esserci."
"Lei avrà una trentina d'anni..."
"Esatto. Sono nato nel 1912."
"Come mio fratello." Bisbiglia Susanne.

"Non è giovane per il suo grado?"
"Ne esistono anche di più giovani...Purtroppo ho un brutto difetto..." Sorride scherzando. " Ho la tendenza ad ignorare gli ordini...stupidi...e a fare di testa mia. A Rommel questo piaceva. Non so se dove andrò l'apprezzeranno."

"Ordini...stupidi?"
"Sì. Come combattere per qualche metro di terreno senza importanza. Solo perchè una testa fina ha deciso consultando una mappa. Ordinare ai miei camerati di rischiare la pelle...per cosa? Se fosse stato un deposito di benzina, o una fonte d'acqua, o del cibo...sarei stato il primo...Ma quell'obiettivo non ci serviva. L'ho fatto presente in modo...chiaro e comprensibile...E il mio nome è stato...dimenticato. Niente promozione."

"Poteva avere un valore strategico."
"Dieci o cento metri in più o in meno di un deserto sconfinato che valore poteva avere? Nessuno. La vita di venti uomini per me ne ha molto di più." Dalla radio ora proviene il segnale ben conosciuto dai presenti. " Volete che me ne vada?"
"Resti con noi. Non è curioso di sentire la voce del nemico?"

"Mi toccherà sentirla domani mattina e tradurne le parole...Compresi quei messaggi enigmatici alla fine...Mi sembra di essere tornato a scuola...La plume de ma tante...Le crayon jaune est..."
"Lei deve...solo tradurre? Non...interpretare?"
"Probabilmente lo farò...in futuro." Si alza in piedi e posa il bicchiere ormai vuoto.

"Capitano Goerhe...Come...SS...quale sarà il suo...compito?"

" Mi useranno come...manifesto di propaganda. Giustamente avranno poca fiducia in me. Gli servirò negli interrogatori."
"Vuoi dire che...torturerai...della povera gente?" Susanne lo guarda con terrore.
Martin ride. " Al livello in cui agirò...Niente torture...Solo qualche endovena. Ci sono sostanze che fanno parlare chiunque. Con meno fatica e più rapidamente."

"Lei...Sta parlando di...SPIE??"
"Esistono, sa dott. Pommard? E causano danni più ingenti dei vostri maquis. E' questo il nome che si sono dati...Vero?" Si chiude piano la porta dietro le spalle, dopo avergli lanciato un'occhiata eloquente.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Quinto capitolo ***


Capitolo 5


"Susanne...SA DI NOI. Quello che non capisco è perchè non ci ha denunciato. Cosa vorrà da noi?" Si passa una mano sul viso.
"Lo...ucciderai??" Lo fissa impaurita.
"Non posso, non ancora. Prima devo scoprire se sa chi sono gli altri...e dove si nascondono...Quell'uomo è intelligente...Mi ha avvisato...Come mai? Avrà preso le sue precauzioni...MA QUALI??" Guarda la figlia con affetto. " Vai in camera tua e...cerca di dormire. Al momento non corriamo pericoli."
Susanne gli obbedisce meccanicamente. Prima di entrare si gira verso la porta di fronte da cui non trapela nè un filo di luce nè un rumore.

Martin sta finendo di vestirsi quanto sente bussare alla porta.
"Posso...Posso parlarti?" Lui si limita ad accettare retrocedendo di un passo." Che intenzioni hai?" Chiede titubante.

"Finire di indossare la mia uniforme, scendere, fare colazione e aspettare il mio autista." Risponde con le mani in tasca.
" CON NOI."
"Nessuna...Perchè?" La guarda ironico.
"SAI che apparteniamo alla resistenza..."
"Facile da capire. Siete talmente...ingenui."
"Cosa vuoi per restartene zitto?"

"E' tuo padre che ti manda?" I suoi occhi hanno una strana luce.
Susanne nega. "Sono IO che te lo chiedo."

"Vediamo...Che mi potresti offrire?" Le gira attorno. " Sono un uomo...e tu una donna...Secondo te...Cosa mai potrei volere?" Le sorride. " Cosa voglio? Semplice. VOGLIO TE."
"ME??" Susanne si porta le mani al petto. Spera che quello sia un incubo da cui presto si sveglierà.

" Ti voglio nel mio letto." Le ripete scandendo le parole.
"MAI!"
"Hai fatto la tua scelta. Peccato. Preferivo averti consenziente...ed essere il solo a godere dei tuoi favori. Aspetterò il mio turno." La minaccia è chiara.

Susanne chiude gli occhi e deglutisce. " Se io...acconsento...tu...non dirai niente?" La voce le trema e il suo viso è cereo.
" Di cosa dovrei parlare e con chi?" Si appoggia al tavolino ed allunga le gambe.

"Io...io...accetto." E' scossa da un brivido.
"Accetti...di...?" Si avvicina.
"Venire...con te." Balbetta.
"Non ho capito bene. Sii più chiara...Con me?" Corruga la fronte.
"VERRO' A LETTO CON TE!!"
Lui sogghigna e annuisce. " Allora andiamo."

"A...ADESSO??"
"Perchè aspettare? Tuo padre è fuori...Siamo soli...In camera tua. Il letto è più grande." Si avviano. " Cos'è quel atteggiamento di vergine al martirio? Vedrai che ti divertirai anche tu. Nessuna si è mai lamentata."
"SEI UN MALEDETTO BASTARDO!"

"Insulta pure quanto ti pare." Le afferra i capelli e la schiaccia contro il muro. " Mettiti BENE in mente che chi comanda qui SONO IO. Prima lo capisci e meglio è per te."

Susanne è sconvolta. Dov'è finito il Martin gentile ed educato? E' questo il suo vero essere? Sono sue le mani che scorrono rapaci sul suo corpo? Con un ginocchio l'obbliga ad allargare le gambe. Le sue mani frugano sotto la gonna, sollevandola fino alla vita e poi uno strappo deciso. Chiude gli occhi. Non gli darà la soddisfazione di leggervi la paura.

"GUARDAMI." Le ordina. Con una mano si sbottona i pantaloni e la penetra con un unica spinta.
Susanne vorrebbe urlare, ma lui soffoca il suo grido coprendole la bocca con la sua. Serra i denti, ma Martin la costringe a succhiuderla stringendole la gola. La sua lingua si fa strada in lei.

"Brava...Continua così..." Mormora roco. Di chi sono quei gemiti che sente? Non POSSONO essere i suoi...Eppure escono dalla sua gola...E' la sua bocca che risponde al quel bacio. Sono sue le cosce avvinghiate ai suoi fianchi. E' suo il bacino che asseconda il ritmo di quelle spinte. Martin con un mugolio soddisfatto esce dal suo corpo.
"Come sveltina non è stata niente male." Un colpo di clacson lo avverte che la macchina è arrivata. " Questa sera mi prenderò con calma il resto." Con pochi gesti si è sistemato gli abiti.     "Non fare quella faccia. Ho sentito i tuoi gemiti. TE LA SEI GODUTA QUANTO ME. Piccola...Sei una miniera di sorprese." Le sfiora il viso con una carezza e se ne va.
Susanne si copre il viso con le mani e scoppia in lacrime. Si è cacciata in una trappola e non vede vie di uscita.


"Susanne. SUSANNE. Dove sei?" E' il Dott. Pommard che la chiama.
"In...Bagno..." Si schiarisce la voce. "Sto facendo il bagno." Ora la voce esce sicura.
"A quest'ora? Sbrigati." Si allontana brontolando. " Le donne..."

Susanne scoppia di nuovo a piangere. Deve uscire dalla vasca; l'acqua ormai è fredda. Con che coraggio guarderà in faccia suo padre e suo fratello? Si asciuga e si riveste. Studia il suo viso nello specchio. E' sempre uguale, ma lei si sente...Come? Non sa spiegarlo...Più...vecchia. Molto più vecchia.

Quella sera sbircia Martin. Niente in lui è mutato. Mangia in silenzio. Il suo sguardo le scivola addosso con indifferenza. Eppure lei risente il calore del suo corpo...La morbidezza delle sue labbra...La forchetta le sfugge e cade sul pavimento. Si chinano entrambi allo stesso tempo. Le loro mani si sfiorano; i loro occhi si incrociano. Lui le sorride sarcastico.

"Susanne...Stai bene? Hai gli occhi lucidi, le guance rosse..." Il padre le sente il polso. " E' agitato."
"Sono raffreddata. Forse un po' di febbre." La sua voce si è fatta rauca.

"Mademoiselle Susanne...Dovrebbe mettersi a letto." Suggerisce Martin con voce insinuante. "Penseremo noi a riordinare."
"Il Capitano ha ragione. Vai a riposare."

Gli occhi di Susanne passano da uno all'altro confusi. Come può essere cieco fino a tal punto?
L'accompagna e aspetta per rimboccarle le coperte. "Pretendo troppo dalle tue forze."
"Oh...Papà..." Gli butta le braccia al collo. " Mi vuoi bene?"
"Ma certo! Come puoi dubitarne? " Le accarezza i capelli. " Sarai sempre la mia bambina."
"Sempre sempre?" Come puo dirglielo?

"Cos'hai questa sera?"
"Sono stanca. Una notte di sonno mi farà bene." Non può. Gli sfiora la guancia con un bacio. " Torna giu. Te lo vedi a lavare i piatti?" Riesce a ricambiare il suo sorriso.

Eppure è proprio quello che è successo. La tavola è stata sparecchiata e i piatti sono disposti in ordine sul lavandino.
Martin si sta abbottonando i polsini della camicia. Prende la giacca e l'appoggia sulla spalla. " Buonanotte Dott. Pommard."
"Buonanotte Capitano...Se lo racconto nessuno ci crederà." Mormora.

Susanne è in ascolto con il batticuore. Martin...Riconosce il rumore degli stivali...Sale, un gradino alla volta, lentamente. Due passi sul corridoio...Si è fermato davanti alla sua porta? Si siede di scatto sul letto e fissa la maniglia con occhi sbarrati. I passi proseguono...E' andato in camera sua.
Con un sospiro di sollievo si lascia andare sui cuscini.

Altri passi sulle scale...Suo padre. Il modo in cui sale le rivela la sua stanchezza. Lui cerca di mascherarlo me lei non si è mai lasciata ingannare. Troppi incarichi. Troppe preoccupazioni. Medico, sindaco, i Maquis ed infine suo fratello. Yves, con il suo odio feroce...Una volta o l'altra...Scuote la testa. Non vuole pensare a cosa potrebbe essere capace di fare...Il leggero russare che proviene dalla camera accanto la conforta. Quel rumore non cambierà mai.

Ad un tratto si ritrova pressata contro quel muro. Risente quelle mani su di sè. Quella bocca. Quella lingua. Si sfiora le labbra. Il cuore accellera i battiti...Perchè non è venuto? Cosa aspetta? E se non fosse servito? Se lui avesse...Corre a piedi nudi e spalanca la sua porta.

Martin è seduto alla finestra. La testa appoggiata allo stipite; il piede sinistro sul davanzale, il destro sul pavimento.
"La piccola Susanne nella tana del lupo cattivo." Le mostra una bottiglia. "Tienimi compagnia. Toh...E' vuota!"
"Credevo di...che tu...Perchè non...?"
"Mi aspettavi?" Guarda il cielo stellato. "Ho questa. Non mi serve altro."

"Che ti è successo?"
Si alza e viene verso di lei. " Ti interessa? DAVVERO? A te cosa importa se un'intera famiglia è stata DISTRUTTA? Se un amico è morto...Se Hans non esiste più...." La incalza. "Per te sono solo dei MALEDETTI TEDESCHI IN MENO." Sputa queste parole con rancore.
"Sei ubriaco."
"FOSSE VERO!! Cosa vuoi?"

Susanne retrocede. "Niente...dovevo sapere..."
"Se vi ho denunciato? Se domani mattina verranno a prelevarvi? No...Non l'ho fatto." Si lascia cadere sul letto spossato. "Ho rispettato il nostro patto. E questo è quello che conta per te..." Mormora cadendo all'indietro addormentato.

Susanne gli solleva le gambe e lo copre. Prima di uscire bisbiglia. "Mi dispiace per il tuo amico...ma QUESTA E' LA MIA FAMIGLIA."

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6


Quella mattina il Dott. Pommard fa colazione da solo. Prima di uscire sale a controllare che la figlia dorma tranquilla. Anche Martin è ancora chiuso in camera.

Susanne si rigira nel dormiveglia. Le sembra che qualcuno sia seduto accanto a lei. Apre gli occhi e cerca di allontanarsi. Martin la trattiene posandole una mano sulla spalla. Non è un sogno. E' lì., fuma una sigaretta con calma ed è a torso nudo. Il resto è nascosto dalle coperte.

"Pronta a pagare la seconda rata?" Spegne la sigaretta schiacciandola sul ripiano di marmo del comodino.
"Cosa devo fare?" Sospira rassegnata.
"Alzati in piedi davanti a me." Lei ubbidisce remissiva. "Che razza di camicione! Ti sta malissimo. Toglilo...piano...piano. Mostrami la mercanzia..."

Susanne si avvicina e comincia a sollevare la camicia da notte. I suoi occhi non abbandonano un punto nel muro davanti a lei. Avverte il rossore crescente delle sue guance.
"Sembra che non ti sei mai spogliata per il piacere di farti ammirare da un uomo. Non dirmelo...Gli piaceva farlo al buio! Tu sotto e lui sopra? Che mancanza di fantasia!" La deride.
"STAI ZITTO... Non sei degno nemmeno di nominarlo."

Martin l'afferra per le ginocchia e se la fa cadere in grembo. "Ho tutti i diritti; me li hai dati TU. Scommetto che il tuo fidanzato è stato il primo. No...L'UNICO? Quante volte l'avete fatto?...Una...due?" La prende per la vita. " Ti ha fatto godere quanto me? "La guarda con occhi pieni di desiderio. "Anche con lui ti sei lasciata sfuggire quei gemiti?"
"Ieri? Fingevo." Risponde sollevando con orgoglio il mento.

Martin scoppia a ridere. "Ti piacerebbe crederlo. Sei troppo inesperta. Rimedieremo in breve tempo." Con uno strattone deciso solleva la camicia da notte facendola passare sopra la sua testa. " Dimmi...Quando ti baciava il seno...rabbrividivi come fai adesso?" Sussurra rauco. " Avevi la pelle d'oca quando succhiava i tuoi capezzoli?" Susanne si morde le labbra e non gli risponde. " Oh...Direi di no. "Ride sarcastico. L'adaglia sul letto e scivola sopra di lei. " Ripensa a come hai fatto l'amore la prima volta...mentre sono io a darti quel piacere che con lui non hai avuto."

Martin si stiracchia con voluttà ed un sospiro soddisfatto. Si accende una sigaretta. "Dovrai procurati un portacenere. Beh, che ti prende adesso?" Susanne si stringe le gambe, rannicchiata su sè stessa. "Sei stata brava. " Le accarezza la schiena nuda. " Meglio di quanto mi aspettassi."
"Sei...Sei...un bastardo depravato!" Mormora con voce soffocata.

"Perchè sprechi la tua bella bocca in sciocchi insulti? Ti ho dimostrato che puoi usarla in maniera più...appagante...E la tua lingua sa compiere autentiche meraviglie."
"PERVERTITO!"

Martin si sta divertendo del suo imbarazzo. " Mi hai restituito il...favore. Quando sono state le mie labbra, la mia lingua a darti piacere...non ti sei lamentata. Dovrei imparare a moderare il tuo entusiasmo. Non vorrai che i vicini ti sentano. Che scandalo per la figlia del sindaco...Avere il primo orgasmo tra le braccia di un tedesco!" Si riveste con calma.
"Ti detesto. Ti odio."

"Fai pure. Rende la cosa ancora più eccitante. Ricordati soltanto che io non parlo finchè mi darai quello che voglio. Ogni volta che vorrò. Dove vorrò. "Rimane un attimo pensieroso. " La prossima volta in camera mia...Quando tuo padre visita i suoi pazienti. Che ne dici? Lasciamo lo sportello della stufa aperto?"
"L'HAI SEMPRE SAPUTO...MALEDETTO!!"

"Sono austriaco, mia cara. L'hai dimenticato? " Le stampa un bacio. " Quel giochetto è stato uno dei miei passatempi preferito quando ero bambino." Scende le scale fischiettando un'allegra marcetta lasciandosi alle spalle una frastornata Susanne.


"Sei in ritardo."
Susanna è infastidita dallo sguardo gelido di Martin. "Non ho potuto prima. Ho dovuto..."
"Incontrare gli amici di tuo padre? Male! Hai dimenticato chi è che comanda. Dovrò punirti."
"Te lo sogni." Replica digrignando i denti.

Lui le sorride sfrontato. "Mi piacciono le ragazze come te, tutte innocenza e pudore fuori, piene di fuoco e passione dentro. SPOGLIATI!"
"Vai all'inferno." Sibila. Non crede di averla umiliata abbastanza?
"Sto perdendo la pazienza." La voce impaziente di Martin la riscuote.

Comincia a spogliarsi mentre lui la guarda. La camicetta finisce sulla sedia, poi si sfila la gonna, agitando i fianchi per farla scendere a terra. Alla fine porta le mani dietro la schiena per slacciarsi il reggiseno.
"TUTTO!" la incalza.
Susanna serra gli occhi e obbedisce.

Un attimo dopo Martin le da una sonora pacca sul sedere.
Sorpresa dal suo gesto, lei emette un grido. "Ahia, smettila!" Protesta.
Come risposta riceve un'altra pacca, ancora più forte; poi la circonda con le braccia e la costringe a voltarsi verso di lui.

"Lasciami. " Lo implora, senza voglia di lottare.
"No, mai." Sposta una mano e le circonda la nuca, delicatamente, per tenerla ferma e farsi guardare, tenendola sempre saldamente contro il suo petto. "Voglio solo baciarti. Mi sei mancata." Le sussurra sfiorandole la bocca con le labbra.

Susanne trasale ma non si scosta e non tenta di sottrarsi, mentre lui l'accarezza un seno e i fianchi.
"Siediti sulla poltrona."

Lo guarda interdetta e Martin, con un gesto repentino, le allunga una sonora sculacciata. Lei va a sedersi come lui le ha ordinato.
"Apri le gambe."
"Ma...è indecente!" Protesta debolmente, alzandosi.
"Non discutere, fai come ti dico." Le intima perentorio. "Non ti succederà niente di male. Ora...Apri le gambe."

Susanne si siede e spalanca le gambe. Martin sistema le ginocchia sopra i braccioli della poltrona e la contempla con un sorriso soddisfatto.
" Ora toccati."
"Cosa?"

"Ti ho sentito quando facevi il bagno. Toccati. Chiudi gli occhi e immagina che sia la mia mano ad accarezzarti...La mia bocca a sfiorarti...Toccati per me..." Insiste lui.
Susanne si passa le mani lentamente sul seno, si pizzica delicatamente i capezzoli.
Martin la vede trasalire e socchiudere le labbra, appoggiando la testa allo schienale e chiudendo gli occhi. Infine lascia scivolare una mano dal seno lungo il ventre e, mentre con l'altra continua a pizzicarsi un capezzolo, si accarezza intimamente sempre più velocemente, tesa come una corda di violino. Si passa la punta della lingua sulle labbra e infine le serra forte mentre tutto il suo corpo s'inarca in uno spasimo.
"Piaciuto lo spettacolo?" Lo apostrofa aspra, non appena si è ripresa.

"Non devi vergognarti. Eri bellissima. Vediamo se io riesco a fare di meglio." Si inginocchia davanti a lei e le bacia l'interno della coscia, sentendola irrigidirsi e fremere di desiderio.

Susanne si abbandona all' eccitazione provocata dai suoi baci accompagnata da carezze intense con l'animo pieno di stupore. Ha il cuore in gola e la testa leggera, il suo corpo è scosso da brividi. Grida ed emette gemiti voluttuosi. Non si è mai sentita tanto vulnerabile in vita sua. La ragione le impone di alzarsi, ma il corpo la tradisce e lei si piega al volere di Martin. Non ha mai provato niente di simile.
Martin le accarezza le gambe tremanti mentre lei arriva al culmine.
"Martin..." Sussurra senza fiato.

"Si, piccola?" Risponde lui sorridendo compiaciuto. "Cosa vuoi?"
Mentre parla stende una mano e le accarezza il seno. Ma non può trattenersi dal piegarsi sui suoi seni e baciarli uno dopo l'altro, continuando con delicati morsetti e lente carezze con la punta della lingua. Susanna chiude gli occhi e non dice niente, mentre lui abbassa una mano e riprende ad accarezzarla. Bilanciando accuratamente la pressione, l'intensità e il ritmo delle carezze la fa tremare d'eccitazione.
"Cosa vuoi?" La provoca, incalzante. "Dimmelo!"

"Ti...prego...Ho bisogno..." Sussurra, il respiro affannoso. "Ora...Voglio..."
"Vuoi che smetta?"
"NO!" Esclama. "No...Ti prego..."
"Mi vuoi?" Mormora lui suadente.
"SI'!! Per...favore..."

"Se lo chiedi gentilmente...Non vedo l'ora di essere dentro di te." Le cerca la bocca e la bacia con trasporto. Susanne si abbandona al suo bacio ed emette un gemito soffocato quando lui l'afferra per i fianchi.
Martin affonda in lei con uno slancio deciso, poi comincia a muoversi, mandandola in estasi.
Susanne cerca di resistere ma non può evitare di perdere completamente il controllo. Aggrappandosi alle sue spalle muove i fianchi per assecondare il ritmo dei suoi colpi, sprofondando con lui in un mare di piacere.

Martin si ritrae e Susanne lo guarda con stupore e stordimento. "Questa...per te...è una punizione?"
Lui ride. "Guardati attorno." La finestra è spalancata! "Eri in bella mostra...e a portata delle orecchie dei tuoi vicini. Se qualcuno è passato qui sotto...se la sarà spassata ascoltando il tuo...concerto."

Susanne avvampa.
"Inoltre...Ogni volta che guarderai questa poltrona ti ricorderai di me e di come tu mi hai implorato." Lei alza la testa di scatto. " Si piccola...TU MI HAI IMPLORATO...PREGATO e quando ti ho accontentato hai GRIDATO il mio nome...Non puoi più dire che ti ho costretto. La prossima volta non ti nasconderai dietro puerili scuse."
"Prossima...volta??" Stringe i suoi vestiti come per cercare protezione.
"Questo per te è l'inizio del tuo corso di apprendimento. Gradevole, non credi?"

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7


"La primavera ti dona, cheri. Se non sapessi chi è tuo padre ti inviterei ad uscire." Il sorriso ammirato di Diego fa arrossire Susanne.
"Diego! Non prendermi in giro!"
"Non scherzo MAI con una bella donna." L'occhiata che le lancia vale più di tante parole.

" Sorellina hai fatto colpo! Diego ha fama di avere gusti difficili." Yves le si affianca pedalando. "Quelle che ci hanno provato inutilmente saranno gelose."
"Tu sei pazzo. Se ti vedono..."Si guarda intorno ansiosa. "In quanto a Diego...Aveva voglia di burlarsi di me."
"Susanne, da quanto non ti guardi allo specchio? Hai gli occhi lucidi, la pelle luminosa, le guance rosee e sorridi molto di più. Hai avuto notizie di Jean Paul?"
"Quelle che hai tu." Risponde secca.
"Eppure hai l'aspetto di una ragazzina innamorata. Ti vedi con qualcuno?" La scruta con attenzione e la obbliga a fermarsi.

"Vivo in un Paese in guerra, occupato dall'esercito tedesco. Mio padre si crede un secondo De Gaulle. In casa ospito una futura SS...e mio fratello mi sottopone ad un interrogatorio per...sapere se ho un uomo?? SONO SOLO FATTI MIEI!" Riprende a pedalare con forza.
"Sei fidanzata." Protesta.
"ERO. Con un uomo che non mi da sue notizie da TRE ANNI. Yves...il tempo passa...Io sono diversa." Replica accorata.
"Hai ragione ma...io vorrei che tutto tornasse come era prima."
" Non si può tornare indietro." Sussurra lei.

"MALEDETTI CANI ROGNOSI !" Yves urla e mostra il pugno verso una motovedetta che sta entrando in porto. "Si credono i padroni."
"Sono loro che comandano."
"Non per molto. Divertitevi pure con le vostre puttane. Regoleremo i conti anche con loro."
"YVES! Cosa intendi dire?" Chiedi spaventata.
Lui non le da retta. " La pagheranno quelle sgualdrine...Aspetta che metta le mani su una di loro...Vedrai che bel lavoretto le faccio. Si ricorderà di me finchè campa." Sibila minaccioso.

"Guardami!" Lo affronta. "Sono ragazze, donne FRANCESI. Che ne sai se vanno con i tedeschi per amore o per forza? Ci sono cento, mille motivi per cui una donna..."
"Non devono...SONO FRANCESI! MEGLIO MORTE CHE CON UNO DI QUEI BASTARDI!!"
"Ragiona. Se una di quelle donne l'avesse fatto per salvare una persona cara? Suo padre, suo fratello, suo figlio. Non sarebbe giustificata?"
"Beh...Per me quel padre, quel fratello, quel figlio...dovrebbero darle una sonora lezione."
"MA LEI GLI HA SALVATO LA VITA!!" Urla disperata.
"Resta sempre una puttana." Yves scaraventa la bicicletta in un prato e corre via.

Susanne rientra in lacrime. "Ma petite...Che ti succede?"
"Ho...litigato con...Yves...Papà, è talmente pieno di rancore, che mi spaventa."
Il padre tenta di consolarla. "Che ti ha detto?"
"Che...Che le donne che sono...state con i tedeschi...la pagheranno cara."
"Ma...Ecco...Vedi..." E' a disagio.
"O Dio...ANCHE TU lo pensi. E se una di quelle donne l'avessero costretta...Ricattata..."
"Poteva confidarsi...Dirlo a qualcuno..."
" A CHI?? A suo marito, a suo padre, a suo fratello? E poi? Avrebbero ammazzato il tedesco. QUANTI ALTRI MORTI CI SAREBBERO STATI?" Corre a rifugiarsi nella sua camera.

" Susanne..." Suo padre bussa alla porta.
"Papà...vai via...ti prego...." Lo ascolta scendere e si volta verso lo specchio.
*Puttana...Per loro sono...una puttana...*

Martin si sta rivestendo. Accanto a lui Susanne avvolta nel lenzuolo. "Capitano..."
La guarda con un sorrisetto. " Niente più Martin...Oh sììì...Maartiin ?"
"Seriamente. Cosa pensi di me?"

Smette di abbottonarsi la camicia e china su di lei. "Chi sono per permettermi di giudicarti?"
Susanne gli prende la mano. "Per te...Sono una sgualdrina?"

"Per me sei una donna coraggiosa...che si sacrifica per la sua famiglia." Le prende il viso tra le mani. "NESSUNO ha il diritto di insultarti. Chi si è permesso di chiamarti così?" Chiede livido.
"Ho ascoltato delle voci...Discussioni in giro." Mormora stringendo tra le braccia il cuscino.
"Gente stupida se ne trova sempre." Le accarezza le spalle. " Susanne...Non te la prendere. Tu sai perchè lo fai."
"Perchè mi piace?"

Si infila la camicia nei pantaloni. "Il piacere fisico è un fattore secondario. La motivazione principale rimane la stessa." La bacia sui capelli. "Alla prossima."
Susanne si riveste e rimette in ordine la camera, pensierosa. Martin non pronuncia parole di odio o rancore per chi gli è nemico, nemmeno per chi lo ha ferito.

Quanta differenza con suo fratello e, sì, anche con suo padre. In che situazione assurda si ritrova. Lei, francese, ha conosciuto il piacere con un uomo che...No...Non sa più cosa prova per lui. Gli ha gridato di odiarlo, di detestarlo. Lo ha insultato...Ma quando si ritrova tra le sue braccia...Quando ricambia i suoi baci...vorrebbe che non smettesse mai. Quando lo ha sentito gemere e chiamare il suo nome per la prima volta...il suo cuore per un attimo si è fermato...Per la gioia?

"Susanne?...A che stai pensando? Hai cambiato colore un paio di volte...Hai sorriso e sei diventata seria in pochi secondi."
Guarda stupita suo padre. Non si è accorta che è rientrato. " A cosa...? Non...lo so."

"Ripensi al tuo litigio con Yves? Non è cattivo. E' la rabbia che lo fa parlare a sproposito. Si calmerà. Sei preoccupate per il Capitano Goerhe?"
Vorrebbe gridargli SI'...SI'...ma si limita a scrollare le spalle.
"Mi devo essere sbagliato. Non è successo niente e lui non ha più fatto accenni o insinuazioni."

A Susanne viene da ridere. Un ufficiale tedesco gli ha fatto una minaccia, nemmeno tanto velata, in seguito non ne parla più e lui si chiede il perchè? NO.
Martin ha ragione a chiamarli ingenui. Lei, suo padre e persino Yves, gli hanno reso le cose più facili. Ha ottenuto quello che voleva senza muovere un dito. Come un ragno ha intessuto la sua tela e ha aspettato, con pazienza, le sue prede. Lei ci è cascata e ora non può fare a meno di lui.

"Susette è innamorata." Canticchia Yves dalla porta. " Ma non vuole dirmi di chi. Ti sei dimenticata della promessa che ti lega a Jean Paul? " Sembra accusarla.
"Intendi l'uomo che é SCAPPATO a una settimana dalle nozze? Il tempo passa e io ho capito che non ci amavamo abbastanza. Se fosse rimasto..."

"Lui è in Inghilterra e combatte per noi." Protesta suo padre. "E' tuo DOVERE..."
" DOVERE?? Ho aspettato per tre anni una sua lettera, un messaggio...Sapere se è vivo o morto...Si è mai interessato a quello che mi succede? NO!! Sono giovane...Voglio sentirmi dire Ti amo...Avere chi me lo dimostra..." Ricaccia indietro le lacrime. " Ne ho...bisogno...Voglio sentirmi...viva."
"Deve essere uno del paese...L'unico estraneo che incontra è Diego." Insinua suo fratello.
"Dimentichi il Capitano Goerhe. " Sbotta lei. " Chi ti dice che non sia proprio lui il mio amante? Dai...Coraggio Yves...Dammi una lezione." Lo sfida.
Yves ride. "Sei troppo orgogliosa per buttarti via con lui...E poi, quando ne avresti il tempo? Papà è quasi sempre in casa."
"QUASI. Bastano CINQUE minuti. Com'è che si chiamano...SVELTINE?Come quelle che ti concedi con le ragazze che ti passano le informazioni. "Gli butta in faccia. "Forza! Rispondetemi con le solite frasi fatte...Tu sei una donna...Per un uomo è diverso...L'uomo ha delle esigenze..." Si slaccia il grembiule. "IPOCRITI! Quando vi servo come staffetta vi viene bene che io sia una donna." Sale le scale di corsa. Il tonfo della porta sbattuta li fa sobbalzare.

"Ma che le prende? Io scherzavo."
"I tuoi scherzi non fanno ridere nessuno. E' arrivata in lacrime e io non ho saputo consolarla. Anche adesso...Tirare in ballo Jean Paul...Siamo in guerra e nessuno di noi può sapere cosa gli riserva il futuro. Se ha trovato qualcuno che le permette di...tirare avanti...Sono fatti suoi e non ci devono interessare." Gli rivolge un'occhiata ammonitrice.
"A ME SI'! Non voglio voci su mia sorella. Già il fatto che si veda con quel Diego...Le donne di mezzo paese gli sbavano dietro." Brontola.

"A lui o alle merci che vende? Diego è a posto. E' stato tenuto d'occhio per mesi...Pensa al suo fiorente commercio...Sì, ogni tanto si concede qualche scappatella...ma senza impegno per nessuno dei due. Che altro hai sentito?" Chiede curioso.
"L'altra metà è incerta tra il Capitano e...l'organista..." Ammette divertito.

"Fratello Alain? MA E' UN FRATE!!" Esclama scandalizzato.

"Sentissi le battute...Guardano le sue mani scorrere sulla tastiera e...Discorsi piuttosto...piccanti..."
Il padre si lascia sfuggire un lamento. " E sul Capitano?"
"Scommettono che tra le lenzuola non è per niente..freddo..."
"Ma che succede alle donne di questo paese?" Borbotta. " Sembrano non vedere un uomo da anni."

"Per me possono sparlare quanto vogliono...basta che non sia su mia sorella." Replica deciso.
"Yves, tua sorella incontra Diego solo per acquisti...Fratello Alain lo vede alla domenica, a messa...e il Capitano è stato chiaro. Per lui siamo e resteremo dei nemici."

"Ti fidi di lui?" Chiede sospettoso.
"Quel tanto che basta. Quando gira per il paese ci sono occhi che lo seguono. Quando è nella sua camera sentiamo quello che fa. Hai davvero creduto alle parole di tua sorella? Pensi che le basti. per innamorarsi. mangiare alla stessa tavola o dormire sotto lo stesso tetto?"
"Spero non nello stesso letto." Bofonchia cupo.
Susanne rientra in punta di piedi e si richiude furtivamente la porte dietro le spalle.

La cena quella sera si svolge più in silenzio delle altre volte. Il dott. Pommard osserva Susanne, che mangia svogliata. Da quando è scesa non ha detto una parola. Persino il Capitano Goerhe un paio di volte le ha lanciato una breve occhiata curiosa. Poco dopo si congeda mormorando "Buonanotte." Le note della sua chitarra sembrano essere l'unico rumore della casa.

"Susanne..." Lei si ferma sul primo gradino.
"Sono stanca. Posso continuare a chiudere la porta come al solito o vuoi venire a controllarmi quando dormo? Per vedere se ho...ospiti?" Chiede senza voltarsi.
"Susanne!!" Esclama indignato.
"YVES LO FAREBBE!! Voi potete fare i vostri porci comodi, ma se una di noi sbaglia UNA SOLA VOLTA diventa subito una poco di buono. Sarà per questo che Jean Paul non mi ha mai scritto. Si era già preso quello che gli premeva." Lo sguardo stravolto e addolorato di suo padre l'accompagna nella salita.


Martin sta leggendo quando sente un colpo leggero alla porta. Scende dal letto e apre uno spiraglio.
"E' ancora valida la proposta di bere in tua compagnia?" Prima di risponderle lancia uno sguardo verso una porta. "Dorme."

Lui retrocede, gli occhi pieni di rabbia. " Non erano solo...voci...quelle che hai sentito. Tuo padre si è permesso...?"
"Sstt...Baciami..." Gli risponde sporgendosi verso la sua bocca.
Martin richiude la porta con un giro di chiave e l'attira verso di sè. "Tutto quello che desideri."

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8


"Continuerei ad accarezzarti per ore." Le sussurra all' orecchio. Lascia scivolare le mani lungo le sue braccia e se la stringe al petto. "Perchè sei venuta da me?"
"Volevo..." Abbassa la testa.
"Volevi sentirti vicino qualcuno."
"Sì. Che magia hai impiegato?"
"Se avessi un simile potere lo userei in altro modo." Ride. " Ho solo fatto uscire la donna che era in te."

"Martin?" Chiama in un sussurro.
"Mmm...Sono sempre qui." Scherza.
"Mi lasci dormire nel tuo letto?"

Martin la scavalca e la guarda in viso. " Non puoi immaginarti che piacere sarebbe per me risponderti di sì...ma non è assolutamente il caso. Tuo padre protrebbe scoprirci."
Susanne resta silenziosa per qualche secondo. "Non è per te che hai paura...SEI PREOCCUPATO PER ME!!" Esclama commossa e incredula.
"IO so difendermi...tu no." Risponde brevemente.

"Quel giorno...la prima volta..." Ricorda lei.
"Me ne hai dato la prova. Volevo...spaventarti e...ho esagerato...Ti desideravo...da giorni..." Confessa a bassa voce.
"Il bagno ha la parete comunicante con..."

"Stando sul mio letto ti sentivo...e non riuscivo a capire. Sei una donna giovane, bella. Non aspettavi nessuno e in paese gli uomini validi non mancano. Perchè eri costretta a...darti piacere in quella maniera?"
"Mi...HAI SPIATO? Tu sei rimasto qui a..." Chiede mortificata.

"Senza volere. E' successo i primi giorni...e sì, lo ammetto, mi...sono...eccitato."
"TU...BRUTTO!!" Cerca di colpirlo infuriata.

Martin le blocca i polsi. "Credevo fosse un trucco...per interessarmi a te."
"Come hai potuto pensare che io..." Chiede oltraggiata.

"Mi è già capitato. Quando poi sei venuta a...difendere tuo padre..."
"Mi hai chiesto se era lui che mi mandava."
"Ho avuto a che fare con uomini disposti a vendere al migliore offerente le mogli, le sorelle...le figlie."
"Mio padre non lo farebbe mai." Dentro di lei si insinua una perplessità.

"Se io fossi un pezzo grosso...e Londra gli chiedesse delle informazioni riservate...cosa farebbe per ottenerle?" Martin da voce ai suoi dubbi. "Mi piace bere, ma non mi ubriaco. MAI. Non gioco nè ho altri vizi. Rimangono le donne. A letto si parla, ci si confida. Non vado nei...in quelle case... Chi meglio di te? Lui si assenta ogni giorno per le visite...e ci lascia da soli. Sono un uomo ferito. Da due mesi giro per ospedali. Chi saprebbe resistere alla tentazione?"
"Non accetterei."

"Nemmeno per patriottismo?" Insinua con una smorfietta. "Ti saresti sacrificata per il bene del tuo paese. Potrebbero decorarti alla fine della guerra."
"Se lo faccio per me...sono una donnaccia. Se lo faccio per la Patria...sono un'eroina." Mormora sottovoce.

"Così va il mondo. Torneresti a testa alta tra le braccia del tuo...come si chiama?"
"Jean Paul...Tu sei riuscito a farmelo scordare...Per sempre..."
"Non dirlo. Quando me ne andrò ti mi dimenticherai e...sarà la cosa migliore per tutti. Sbrigati a tornare nella tua camera. Potrei... ripensarci." Le apre la porta.

"Mi stai mandando via?" Chiede con voce addolorata.
"Ti restituisco alla tua famiglia...Alla tua vita...Fingerò che tu sia stata un...sogno. Un bel sogno." Martin richiude piano e si appoggia alla porta con un sospiro stanco.

"Piccola, chi ti fa soffrire?" Diego appare alle sue spalle. "Dimmelo e gli spacco la faccia."
" La guerra...E' solo questa sporca guerra..." Gli risponde.
"Per quello non tengo rimedio...Tieni. Dicono che la cioccolata faccia miracoli per l'umore..."

"E' come quella che di solito vendi a Martin."
"Beh...E' da un po' che si limita...In compenso fuma il doppio. Un vantaggio per i miei affari. Hasta luego querida."

Dopo quella notte lei e Martin si parlamo pochissimo. Ormai lui lavora a tempo pieno presso il Comando e si incontrano solo a colazione e a cena. Ha provato a farsi trovare sola ma lui l'ha evitata con un pallido sorriso. Ogni volta che entra nella sua stanza per le pulizie non può non guardare la poltrona vicino alla finestra e ricordare.

Un giorno tornando a casa nota una macchina sconosciuta posteggiata. Non vede il solito autista che ormai conosce bene. Sale le scale. La porta di Martin è aperta. Lui sta controllando il suo aspetto nello specchio dell'armadio. Indossa un'uniforme nera, un bracciale con il simbolo nazista decora una delle maniche. Il suo viso è cupo, il suo sguardo duro e gelido.
" Ti piaccio ancora, Susanne?" Solo la voce è rimasta identica.

Lei si avvicina a passi lenti. "Mi hai fatto paura...ma la voce è la stessa. Sono sicura che sei uguale a prima."
"Ah sì? Allora...Fai l'amore con me..." Sussurra rauco. Quando lui allunga una mano, lei instintivamente si ritrae. "Sono uguale a prima, non c'è dubbio." La spinge fuori dalla camera. Quando ne esce indossa la solita divisa.
"Martin...mi dispiace." Mormora Susanne al suo passaggio.
"A me no." Replica lui impassibile.

In seguito corre voce nella zona che presto la Gestapo avrà un nuovo comandante e questo ha fatto salire la tensione in casa sua. Susanne trema ogni volta che le riportano novità. Le ricerche e le perquisizioni sono all'ordine del giorno; anche Yves ha dovuto cambiare nascondiglio e questo lo rende più nervoso ed irritabile del solito.

Martin si vede pochissimo, praticamente torna solo per dormire e a rifornirsi di sigarette da Diego. L'unico momento di svago che sembra concedersi è suonare insieme a Fratello Alain. Suo padre ha provato ad invitarlo ma na ha ricavato solo un secco rifiuto.
"Qualcosa bolle in pentola. Londra deve esserne informata al più presto." Ha ordinato suo padre e Yves, per una volta, non ha discusso.

"Dott. Pommard, potrei parlare con il Capitano Goerhe?" Il parroco è pallido e si tormenta le mani.
"Come al solito è ancora al Comando. Posso esserle utile io?" Gli chiede ansioso.

"Hanno preso Fratello Alain in una retata. L'ho saputo solo oggi. Speravo che lui...potesse...mettere una parola buona. Aiutarlo." Si guardano in faccia spaventati.
Susanne lo fa accomodare. "Rimanga. Non dovrebbe tardare."

Invece di Martin si presenta Yves agitato ed emozionato. "Padre. Papà...Londra ha chiesto il NOSTRO intervento. Finalmente entreremo in azione."
"Spiegati." Gli chiedono.
"Abbiamo ricevuto un messaggio. PER NOI. Ci ordinano di andare questa notte alla spiaggia della caletta piccola. Qualcuno arriverà e ci darà istruzioni più precise."

Nel posto e all'ora convenuta una decina di francesi sono nascosti e in attesa.
Vedono emergere un sottomarino che dopo aver scaricato due battelli gonfiabili torna ad immergersi velocemente.
Un gruppo di commandos, efficienti e bene armati, corre a sparpagliarsi fra le rocce.
Solo un uomo rimane in piedi e in bella vista. Con un fischietto emette il segnale convenuto.

"Il Dott. Pommard? Maggiore Andrew Fletcher." Si presenta.
"Commandos? Perchè?" Si stupisce.
"Missione di soccorso. Abbiamo due uomini in pricolo. Dobbiamo riportarli a Londra il più presto. E' vitale e della massima importanza. Casa sua sarà il nostro punto d'appoggio." Gli comunica brevemente.
"Ma in casa mia vive un tedesco!" Obietta.
"Non credo sarà un problema per noi." Risponde con un sorriso.
"Così si parla!!" Gioisce Yves.

Un fischio acuto si ripete per tre volte.
Uno dei commando replica in maniera simile. Il Maggiore Fletcher si infila una sigaretta tra le labbra. " Voi francesi non fate scherzi." Sibila.
"Mi fai accendere?" Chiede a voce alta.

"Sicuro che quei pivelli non hanno il grilletto facile? Non vorrei rovinarmi la pelle a causa loro." Gli risponde una voce dal buio. Queste parole vengono accolte da una risata da parte degli inglesi.

Un uomo vestito completamente di nero si fa avanti.
"DIEGO??" Esclamano stupiti i francesi.
"DAVE!!" Il maggiore gli stringe la mano. " Pensavo fossi già in alto mare."
"E perdermi lo spettacolo del vostro incontro? E' da ieri che ti aspetto. Quando li ho visti passare ho capito che stavi arrivando."

Uno dei commandos gli consegna una giacca simile alla loro. "Capitano..."
Dave l'indossa.
"Sei tu che hai trasmesso il segnale d'allarme? Al comando sono quasi impazziti quando l'hanno ricevuto."

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** capitolo 9 ***


Capitolo 9



"Hanno beccato Alan. Ho visto quando gli sono piombati addosso." Risponde serio.
Il maggiore esplode in una serie di pittoresche invettive. "Lui lo sa?"

"Naturale. Mi ha ordinato di salpare e sparire...Prima di dare l'allarme." Si lascia andare ad un breve sorriso. "Io gli ho ubbidito alla mia maniera. Prima vi ho chiamato, poi mi sono nascosto. Peter e gli altri a quest'ora saranno al sicuro in un porto inglese."
"Nascosto? Tu gli sei corso dietro! Dov'è quel dannato figlio di puttana?" Gli chiede a muso duro.

"Mi ha detto che ci avrebbe pensato lui. Se lo conosco bene...ci starà aspettando."
"Jean Paul? Tu conosci il posto. A casa Pommard." Uno dei commandos fa segno ad alcuni di seguirlo. "Dottore, ci accompagna? Lei e suo figlio. Gli altri ci aspetteranno qui." Dice lanciando un'occhiata a Dave che annuisce.

Yves e il dottore li seguono sconcertati. Vicino alla chiesa sono raggiunti da Susanne.
"Diego?"
"Buona sera cheri...Il mio vero nome è David." Le risponde con un sorriso. " E tu non dovresti essere fuori durante il coprifuoco. E' pericoloso." Dice guardando storto i due Pommard.

"Andy." Indica un punto vicino alla casa.
Un'auto è ferma con gli sportelli spalancati. "Non è la sua..." Appoggia una mano sul motore. "E' ancora caldo...e ci sono delle macchie di sangue. Io entro."
"Fermo Dave!! Inutile. Come al solito parlo al muro."

Intravedono solo un'ombra scura che corre lungo i muri. Un fischio, una pausa, due fischi.
"Possiamo andare. Non faremo incontri sgraditi."

Una luce proviene da sotto la porta semiaperta dello studio. Si sentono due voci litigare.
"SEI UN CRETINO PATENTATO! TI HO CHIESTO IO DI VENIRMI A SALVARE? NO. LUI DEVE FARE L'EROE!!"
"CHIUDI IL BECCO ! SE SALTI TU, SALTO ANCHE IO. E STAI FERMO! COME DIAVOLO FACCIO A FASCIARTI? E NON GOCCIOLARE IN GIRO...NON HO TEMPO PER PULIRE."

"Sono loro. Li riconoscerei dovunque." Si lascia sfuggire una risatina.
"Quei due non cambieranno mai."
Dave fischietta poche note. Un altro gli risponde.

"Non provate a spararmi, pezzi di... imbecilli!" Dice il maggiore entrando.
"ANDY!"
Il Dott. Pommard quasi cade a terra.
Yves sbarra gli occhi e diventa cereo.
Susanne non crede ai suoi occhi.

Il Maggiore Fletcher sta abbracciando dandogli delle vigorose pacche sulle spalle il...Capitano Goerhe!
Capitano che indossa la sua uniforme nera delle SS ma con i gradi di maggiore.

"Martin...Stai bene! L'ultima volta..."
"Andrew...Dimentichi la buona educazione." Gli risponde con un ampio sorriso.

"Dott. Pommard. Posso presentarle i nostri migliori agenti in questa zona?"
"Agenti...Vuole dire...SPIE?" Chiede lui al colmo dello stupore.

"Il Capitano David Gahan, alias Diego. Il Capitano Alan Wilder, cioè Fratello Alain e il più importante...il Maggiore Martin Lee Gore...che voi ben conoscete."
"Inglesi? Sono tutti e tre INGLESI?" Squittisce Yves.

"Tutti e tre." Conferma il Maggiore Gore con un'allegra risata. "Dott. Pommard, può visitare Alan? Credo che abbia un paio di costole rotte...oltre al naso."
"Naso che mi hai rotto tu! Grandissimo pezzo di..."
"Ricordati che c'è una donna. Scusa... ma dovevo essere convincente."

"Convincente? Un paio di..." Emette un lamento quando il dottore comincia a tastarlo. "Ti sei divertito."
"Se voi due la fate finita con questa manfrina...Devo sapere a che punto eri arrivato."
Andy ha intravisto la bottiglia del Cognac e ora ne serve un bicchiere a tutti.

"Qualche settimana ancora e avrei avuto la mappa di tutti i campi minati...Pazienza." Risponde Martin buttando giù il contenuto del suo in un solo lungo sorso..
" Pazienza un corno! Due anni alle costole di Rommel...Hai rischiato non so quante volte la pelle...e adesso che potevamo ricavarci qualcosa... E' SALTATO TUTTO?"

"Perchè guardi me? Io non c'entro." Bofonchia Alan.
"Nessuna costola rotta e il naso...è quasi a posto. Qualche brutta contusione e parecchi graffi." E' la diagnosi del dottore che ha finito la medicazione assistito da Susanne.
"Le spiegazioni a dopo. Con calma. Prima vado a togliermi questo schifo." Solleva un lembo della giacca con due dita.

Andy esce e con un segnale convenuto richiama uno dei suoi uomini: Jean Paul, che ha con se una sacca da cui estrae due divise inglesi.
"Sai quanto ci servono se ci beccano? Niente." Borbotta Dave.
Alan annuisce in silenzio.

"Signor maggiore?" Chiede a bassa voce il commando.
"Dopo." E' la secca risposta che riceve.

"Susanne può prepararci del caffè? Usi pure il mio...tanto non mi servirà più." Martin è sceso ed ora è vestito di nero come gli altri.
"Sistemo il Capitano Goerhe per benino e arrivo...Alan? Come organista fai davvero pena."
Alan reagisce a questa provocazione tirandogli un violento ceffone." Questo ti basta?"
"VOI DUE...PIANTATELA!!" Urla il Maggiore Fletcher.
"Calma Andy...Direi di sì." Si asciuga il sangue che gli esce dal labbro spaccato sulla giacca della sua vecchia uniforme.

"Dave...Mi serve una mano." L'altro si alza senza discutere.
"Dove andate con quell'uniforme macchiata dal tuo sangue?"
" Vuoi proprio saperlo?"

Il maggiore osserva i volti improvvisamente cupi dei due e scuote il capo. "Miss Pommard...Aspetti a preparare il caffè."
Susanne in silenzio incomincia a preparare dei panini. La notte sarà lunga.

"Alan, come ha fatto a tirarti fuori?" Lo interroga il Maggiore.
"La mia fortuna è stata di non essere beccato dalla Gestapo. Sono riuscito a convincerli che ero davvero muto. Ad ogni loro domanda rispondevo a gesti o scrivendo...poi è arrivato uno delle SS...il Maggiore Muller...E lì me la sono vista brutta. Quando ho capito chi si nascondeva sotto quel trucco e quell'uniforme...stavo per scoppiare a ridere. E' stato allora che mi ha quasi spaccato il naso. Ha chiesto di essere lasciato solo con me e gli hanno obbedito. Mezz'ora dopo eravamo fuori." Risponde con una smorfia.

"Quanti?"
Alan alza una mano con le dita aperte. "Uno io...gli altri lui."
"Dobbiamo aspettarci delle rappresaglie?" Chiede pallido il Dott. Pommard.
Susanne inizia a tremare.

"Non credo. Ha messo su una bella sceneggiata. Penseranno ad una lite tra ubriachi. Lo erano già per metà quando hanno incominciato a pestarmi...E quando trovi uno con la testa spappolata non controlli se prima è stato strangolato."
Susanne corre via, trattenendo i conati di vomito con la mano.
Quando torna, pallida e frastornata, in cucina trova solo suo padre e suo fratello, seduti a testa bassa.

"Susette!" Due braccia la stringono.
"Jean Paul! Sei davvero tu?" Quanto è cambiato. Si è irrobustito e il suo viso è diventato quello di un uomo deciso e determinato.

Suo padre e suo fratello lo festeggiano, ma lei continua ad essere...lontana...Indifferente è la parola giusta. Per lei è un estraneo e quando l'ha abbracciata ha avuto voglia di respingerlo.
"Basta domande! Non posso rispondere...Susanne....quante volte ho immaginato questa scena." Torna a stringerla fra le braccia e la bacia, ma lei si scioglie dal suo abbraccio.

"Perchè non mi hai scritto?"
"Saresti stata in pericolo. Potevano usarti come arma di ricatto...Per costringermi a rientrare..." Scatta sull'attenti e si fa indietro.
Martin lo sta osservando da pochi minuti.
Gli altri sono alle sue spalle.

"Resti pure...Volevate una spiegazione? Cominciamo dall'inizio...Sono sì inglese, ma parlo perfettamente il tedesco e con la mia famiglia trascorrevo molto spesso le mie vacanze nella zona attorno a Salisburgo. Allo scoppio della guerra ho ricevuto l'ordine di infiltrarmi del Comando tedesco. Avevo l'aspetto e le conoscenze giuste.

Ho ricoperto numerosi incarichi. L'ultimo è stato in Nord-Africa...Rommel ha apprezzato alcune mie qualità e mi ha proposto per una promozione. Potevo entrare nel suo Stato Maggiore...ma...un malaugurato incidente e mi ritrovai a terra, gravemente ferito. Se fossi finito sotto i ferri dei chirurghi tedeschi sarei stato spacciato...Nel delirio chissà cosa avrei potuto dire...

Fletcher aveva assistito alla scena ed è partito in direzione dell'ospedale più vicino. Quando giunsi i medici erano stati sostituiti con altri inglesi. Per il momento ero salvo..."
"Ecco perchè non voleva la morfina."

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10


Martin annuisce brevemente.
"Mi spedirono in Italia e poi in Francia. Ero tagliato fuori dai miei. Non potevo avere contatti con altri agenti. Un giorno ricevetti una strana lettera dalla Spagna. Apparentemente scritta da una donna con cui avrei avuto una lunga ed intensa relazione... Che non ricordavo assolutamente... Le date, i luoghi coincidevano, ma...Mi parlava di un figlio... LEON... Ricordi Andy, la nostra ultima parola d'ordine? Leone di Castiglia. Controllai attentamente sia la lettera che la foto allegata e trovai le prime istruzioni. Guarire e cercare di farmi trasferire in Normandia. Rommel doveva occuparsi delle sue difese e Londra ne voleva sapere di più. Purtroppo la lettera è finita tra le mani della Gestapo...Si sono bevuti la storiella e mi hanno ricattato. Era un'occasione da non perdere. Finsi di cedere e informai Londra. Avevo la possibilità di infiltrarmi nelle SS. Come potevamo lasciarcela scappare?"

"BUGIARDO!" Si lascia sfuggire Susanne.

"Speravo di essere alloggiato in uno dei tanti alberghi requisiti. Se ricevevo regolarmente visite femminili, nessuno si sarebbe meravigliato...Invece sono finito a casa Pommard. Il dottore si era sempre rifiutato si ospitare degli ufficiali tedeschi accampando varie scuse. Sospetto che Londra le avesse invece vivamente consigliato di accettare."

Il vechio Pommard annuisce, imbarazzato.

"Hanno dovuto ricorrere alla forza e hanno scelto me come castigo. Invece di un ufficiale presente per poche ore...ve ne hanno affibiato uno che sarebbe rimasto la maggior parte del tempo in casa. Ferito. Da curare. Ma che bella scelta!
Il giorno dopo ho perquisito la casa. A proposito... Butti via la pistola che nasconde nella scrivania...Le scoppierebbe nelle mani. C'erano tre camere da letto; la più grande, quella del padre, e due piu piccole. Una, dai colori chiari, femminile...con una grande stufa di ceramica mi era stata assegnata. Primo errore: qualunque bambino tedesco sa come usarle per ascoltare i discorsi dei grandi. Se voi ascoltavate me, io sentivo voi."

Con un certo piacere li vede arrossire.

"Ho controllato l'altra. Vestiti, libri ed altri effetti personali erano buttati alla rinfusa. Si era spostata in fretta e furia e aveva tralasciato di...guardare sotto il letto. Secondo errore. Ho trovato un calzino. Uno di Yves...che, ogni tanto, dormiva in casa.
Sì, sapevo della sua esistenza. Al Comando tedesco esiste un dossier su ogni famiglia di Mosles. Componenti, età, eventuali legami esterni...E poi... Usare lo studio medico per dare istruzioni ai suoi uomini! Venivano da sinistra e andavano a destra... Ridicolo!
Non vi è sembrato strano che non chiudessi la mia porta a chiave o che non mi comportassi come la maggior parte degli altri ufficiali alloggiati? Ho usato dei trucchetti e ho scoperto che qualcuno frugava nei miei cassetti. Potevo capire la curiosità ma voi esageravate. La conclusione era una sola: eravate componenti della resistenza."

I presenti lo ascoltano nel più assoluto silenzio.

" Eravate un pericolo per me. Ho incominciato a...lasciar cadere degli accenni...delle insinuazioni...Che nessuno di voi ha raccolto. Persino quando ho ricevuto la visita di Rommel... Sono io che ho aperto lo sportello in camera mia. Speravo che scoprire che sarei entrato nelle SS vi avrebbe spinto a usare più cautele. E' servito? NO. Ve l'ho detto in faccia: VOI PER ME SIETE IL NEMICO. Niente da fare. Nemmeno dirvi che sapevo dei Maquis. Chi mi pedinava era un dilettante. Quante volte mi sono incontrato con Dave sotto il loro naso."

Dave ride. " Se ripenso al nostro primo incontro. Mi è quasi preso un colpo. Ti davano per morto...e tu mi arrivi calmo calmo a chiedermi caffè e sigarette. Il povero Peter si è dannato per nascondere i messaggi negli astucci e nella tua cioccolata."

"Dovevo escogitare un modo sicuro per trasmettere le informazioni a Londra. La scusa delle lettere alla mia...amante...poteva valere una o due volte. Mi serviva una radio...ma non potevo introdurla in casa. Eravate TROPPO IMPRUDENTI. Londra ha deciso di paracadutare Alan con dei documenti falsi. Sarebbe diventato il nuovo organista. Nascondevo le informazioni negli spartiti che gli portavo. Lui le trasmetteva e distruggeva la copia. Non temete. La sua radio è finita, a pezzi,in un pozzo."

" E il parroco? E' un brav'uomo." Chiede Alan.

"Domani riceverà comunicazione che...Fratello Alain è in viaggio su un treno merci. Destinazione Germania."
"Un pensiero in meno. Vorrei solo avere tra le mani per cinque minuti il bastardo che mi ha fatto scoprire."

"Ci sto arrivando. Visto che il Dott. Pommard non capiva o non voleva capire...Ho dovuto ricorrere ad un ultimo tentativo. Estremo. "

Susanne chiude e gli occhi e aspetta con il cuore in gola.

"Mi è pesato...ma è stato INUTILE. Non c'è peggior cieco di chi non vuole vedere...e lei, dott. Pommard, oltre che cieco è pure sordo."
L'altro cerca di protestare.
"Alan, vuoi sapere chi ha attirato l'attenzione su di te? Chi qui dentro odia profondamente i tedeschi? Chi è stato visto agitarsi e insultarli? Chi detesta quei francesi che collaborano con il nemico? Per chi ero un tormento? Un maledetto crucco...che dormiva in casa sua, mangiava alla sua tavola...Che passeggiava per le strade del suo paese mentre lui doveva nascondersi..."

Gli occhi di tutti si puntano su Yves, che abbassa gli occhi con aria colpevole.

"Per lui tu eri semplicemente un altro amico dei tedeschi. Ti teneva d'occhio, ma si è fatto notare da un vero collaborazionista che è corso a denunciare il fatto."

Il dott. Pommard si avvicina al figlio e lo colpisce. "CRETINO!! STUPIDO!!"

"Domani...Oggi, vista l'ora, si saprà che sei prigioniero in qualche campo in Germania...Diego..."
"Ho fatto un bel mucchio di grana e mi ritiro. Dovranno cercarsi un altro contrabbandiere." Dice Dave accendendosi un sigaro.

"Rimango io. Per il comando sono a Parigi. Quando non mi vedranno tornare verranno qui. Scopriranno che ho distrutto gli oggetti a cui ero affezionato...Dischi, libri, fotografie, la mia chitarra... Frugando, troveranno il mio diario e la lettera che vi ho nascosto."
Sorride a Dave. "Grazie per l'aiuto...eri veramente ispirato quando l'hai scritta. "

L'altro si inchina.

"Un'amica della mia...amante. Della madre di mio...figlio...mi comunica il loro decesso in un tragico incidente d'auto...Questa notizia mi ha fatto piombare nella disperazione. Per loro due ho sacrificato la mia carriera...ho rinunciato al mio futuro. La Gestapo non ci farà una bella figura con l'esercito. Nessuno si meraviglierà quando scopriranno il mio cadavere in fondo ad una delle scogliere più alte. Per lo meno quello che ne resta."
"Chi hai buttato al tuo posto?
"Uno che per altezza e caratteristiche era quasi uguale a lui." Risponde Dave. "Aveva nascosto il cadavere nel portabagagli della macchina con cui sino arrivati."
"Hai...ammazzato uno perchè ti assomigliava?" E' Yves a chiederlo. "Tedesco o francese?"

Susanne si lascia sfuggire un gridolino.
Suo padre si picchia una mano in fronte esasperato.
Jean Paul lo guarda schifato.
"Ha importanza? Era un semplice viaggiatore. "Risponde Martin. " Ho ucciso cinque uomini a mani nude e a sangue freddo.
CREDI CHE MI SIA PIACIUTO?? Ognuno di loro poteva avere un padre, una moglie, una sorella che lo aspetta...come te.
Può esserci un bambino che aspetta il suo papà...come per Fletch. Hai mai pensato questo? Ho DOVUTO farlo per colpa tua. "

Yves prova ad obiettare.

"SI'. COLPA TUA!! Se Alan parlava, e l'avrebbe fatto. Prima o poi tutti cedono... Mi avrebbero preso. Io non sarei stato pestato da semplici soldati...ma dagli specialisti della Gestapo. Anche se fossi riuscito a resistere...con una semplice iniezione avrei rivelato ogni più piccolo segreto. Date, posti, parole d'ordine, NOMI di decine di uomini e donne. AGENTI che servono il loro paese in una maniera che nemmeno immagini. Mi potresti rispondere Usa una certa capsula. La mia morte servirebbe a poco. Ogni persona che ha avuto contatti, che ha conosciuto il Capitano Martin Goerhe verrebbe interrogata, probabilmente torturata e forse uccisa. Gente...amici...che non voglio sulla coscienza. Grazie a quel poveretto salverò le loro vite e chissà quante altre. Ma tu non puoi, o non vuoi, capire quanto mi è costato farlo." Conclude sfinito.

Il dott. Pommard gli si avvicina con la mano tesa. "Noi sì. Avevo rispetto per il capitano Goerhe...Ne ho di più per il Maggiore Gore. Mi scusi per quanto ha dovuto fare per colpa mia e di mio figlio." Martin la stringe.
Yves borbotta qualcosa a bassa voce.
Jean Paul gli si pianta davanti. "SMETTILA!! Non hai visto gli occhi di un uomo che muore perchè TU lo stai pugnalando o lo stai strozzando...IO SI'...e lo ricorderò finchè campo."
"Bravo Jean Paul! Dott. Pommard ha niente in contrario se le porto via questo stupido bamboccio?" Fletch indica con la testa un allibito Yves. "Vedremo di farne un uomo."
"Per niente. E' tutto suo. Buon lavoro." Risponde il dottore voltando le spalle al figlio.

"Possiamo passare nello studio? Mademoiselle Susanne vorrà restare, per i pochi minuti che ci rimangono, sola con il suo fidanzato." Martin indica la porta invitando gli altri a seguirlo.
Solo Susanne nota un muscolo guizzare sulla sua guancia.
"Non ho intenzione di restare sola con Jean Paul. Non è il mio fidanzato. "Afferma decisa.
Si volta verso di lui e suo padre. "Ti ho aspettato per tre anni, ma adesso so che sei stato un'infatuazione, una cotta giovanile."
"Susanne..."
"Mi dispiace. Amo un altro. L'ho capito, prima, quando mi hai baciato. Con te non ho provato niente...mentre, tra le sue braccia...quando mi sfiora...ho i brividi."
A Martin sfugge un sorriso.
Jean Paul incassa la notizia con classe. " Non devi dispiacerti. Nemmeno io sono più quello di un tempo. Ti auguro di essere felice. " Le sfiora la fronte con le labbra. "Digli che lo invidio."
Yves si ribella. "Che razza di uomo sei? Non le chiedi altro? Non vuoi sapere chi ti ha rubato la ragazza? Chi è questo imboscato?"
Jean Paul scuote la testa. "Yves...deciditi a crescere."

"Yves? Sono stufa di sopportarti. Questa guerra è dura per tutti. NON ESISTI SOLO TU!" Susanne si gira infuriata. "Vuoi sapere chi è il mio amante? SI'...AMANTE."
Sbircia Martin che acconsente con un battito di ciglia.
"Papà, Yves, Jean Paul...Io, Susanne Pommard...sono innamorata di un ufficiale TEDESCO!"
Il Dott. Pommard si siede.
Jean Paul è impallidito.
Yves si lancia su di lei ma viene fermato da un diretto bene assestato.
"Mi prudevano le mani da quando mi hai detto che è stato lui." Ghigna un soddisfatto Alan, scrollando la mano con cui lo ha colpito.

"Figlia mia...sei sicura?" Chiede il dott. Pommard.
"Sì papà. Sicurissima. L'ho nascosto anche a me stessa per troppo tempo. Non voglio più tacere. " Si avvicina a Martin.

"Capitano Goerhe...ti amo...e non posso fare a meno di te."
Lui apre le braccia e Susanne vi si rifugia felice.
"Anche se sei un maggiore inglese e un dannato bugiardo che mi ha preso in giro."
"Le mie non erano bugie...Solo camuffare la verità. Quello che ho raccontato sui miei genitori...basta cambiare la nazionalità...Mia sorella guidava un'ambulanza l'ultima volta che l'ho incontrata. I Moschettieri sono in questa stanza e ti sorridono."

Dave bacia Susanne sulla guancia. "Martin è un uomo fortunato...e se è intelligente, e so che lo è, non ti mollerà tanto facilmente. Ti porta via con noi."
"Dave! Come ti vengono in mente certe idee?" Gli chiede.
"Amico mio...per noi la guerra è finita. FINITA! Ma per loro continua...e non hanno ancora visto il peggio. Lo so io e lo sai tu." Con la testa lo incoraggia. "Come potresti lasciarla qui?"

Martin si convince. "Dott. Pommard posso avere l'onore di chiederla la mano della signorina Susanne, vostra figlia?"
"Maggiore Gore, sarei lieto di risponderle di sì. Ma mi spiega come potrei giustificare la sua sparizione? Per Yves dirò che scappato a combattere in Inghilterra, ma lei..."
"Susanne si è innamorata follemente, ricambiata, di...Diego." Annuncia con un sorriso malizioso Dave. " E' scappata con lui. Lei è addolorato per lo scandalo. Tutto qui. Niente interrogatori. Niente ricerche. Poche domande. Alla fine della guerra si saprà la verita."

Susanne guarda dubbiosa Martin. "Davvero vuoi sposarmi?"
"In questo momento ho solo voglia di baciarti e dirti che ti amo, meine liebe. Sposarti sarà la prima...no, la seconda cosa che farò appena arrivati in Inghilterra." Risponde deciso.
"La seconda? E qual'è la prima?" Chiede stupita lei.
"Comprare una poltrona...bella comoda." Replica abbracciando una Susanne al colmo dell'imbarazzo.

Sulla spiaggia Susanne saluta suo padre con un abbraccio. "Arrivederci papà. Sii prudente...Mi mancherai." Mormora tra le lacrime.
"Anche tu, ma petite...Cerca, se puoi, di restare vicino a quel disgraziato." Osserva il figlio che passeggia tra due commando e che non gli rivolge nemmeno un'occhiata.
"Ci proverò. Te lo prometto."
Fletch, con poche parole, fa salire i suoi uomini. Dave, Alan e Martin aspettano Susanne.
"Coraggio, vai. Ti auguro tanta felicità nella tua nuova vita."
"Ti voglio bene papà...In bocca al lupo."
"Crepi...Ci ritroveremo alla fine di questa guerra, ma petite."
La guarda svanire nel buio, agitando la mano. "Speriamo che quel giorno arrivi presto...Maggiore Gore...Martin, grazie per quello che ha fatto e continuerà a fare per la felicità di mia figlia."




FINE

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1860640