L'amore senza sofferenza si riduce all'amore per noi stessi.

di Kyurem
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Amore onorato, né vergogna né peccato. ***
Capitolo 2: *** Ma in premio d'amore amor si rende. ***
Capitolo 3: *** L'amore non è il toccasana dei mali. ***
Capitolo 4: *** Se vuoi che t'ami, fa' che ti brami. ***



Capitolo 1
*** Amore onorato, né vergogna né peccato. ***


Primo prompt.

Foglie secche.

 





Un classico tramonto autunnale sta per entrare nell'orizzonte mentre gli occhi di famiglie e romantici lo osservano, in attesa della notte.
Siamo in Germania, in un parco di Berlino. Le strade sono quasi vuote, il vento freddo comincia ad innalzarsi, più di prima. 
La grande palla di fuoco scompare dietro la torre del campanile della chiesa di fronte al parco ed il cielo si colora di azzurrino con un 
pizzico di arancione, per poi passare al lilla con sfumature color indaco fino a diventare sempre più scuro attendendo con impazienza il
classico "blu notte".
Già si vede una stella nell'imbrunire, Venere.
Gli adulti richiamano i propri cuccioli per tornarsene al caldo nelle loro case, dove spetta loro una bella cena preparata con cura dalle
madri mentre gli anziani si salutano con il loro cenno ai cancelli grigio metallizzato d'entrata.
Mentre un fiumiciattolo di individui si reca all'esterno dello spazio verde, due ragazzi si introducono all'interno.
Il sentiero è costeggiato da alberi spogli con una distanza precisa tra uno e l'altro, ma ormai l'erba fresca e profumata dell'estate è stata
duramente rimpiazzata da un enorme tappeto di foglie secche dai colori caldi, varianti dal marroncino, al giallo e alcune anche al rosso.
Anche la stradina sta per essere ricoperta, difatti il biondo e l'albino formano quasi una musica ad ogni passo mosso.
 
- Sta arrivando l'inverno, eh Ludwig?-
 
Mormora il ragazzo più grande dagli occhi scarlatti e la carnagione pallidissima.
 
-Direi proprio di sì, bruder. Presto la Germania sarà pervasa dal candido color bianco e le strade saranno tristemente sole.-
 
Risponde l'altro con i capelli biondi come il grano, tirati all'indietro, e gli occhi azzurri come il cielo terso d'estate.
 
L'albino, Gilbert, si avvicina al fratello e poi si ferma d'un tratto, mentre il biondo fa qualche passetto avanti. Una lacrima sta per 
rigare il suo volto, ma riesce a prenderla in tempo passando il proprio indice sulla fessra di chiusura dell'occhio.
 
-Ehy, Gilbert.-
 
Ludwig si volta notando il fratello indietro, poco meno di un metro e si avvicina velocemente vedendolo con il capo abbassato.
 
-Non è niente, ksesese! Andiamo, ho voglia di birra.
 
Appena il pallido ragazzo alza la testa, una foglia secca e rossa si poggia delicatamente sulla sua chioma bianca e morbida, come la panna.
 
-Uh, guarda guarda.
 
L'altro, appena intercetta la lamella, si precipita sul fratello prendendola lentamente con due dita. Dopo di che, la porge al prussiano.
 
-To', la avevi sul capo. Che bella, è rossa rubino proprio come i tuoi occhi. Che strano il fato.-
 
Gilbert la prende facendo attenzione a non romperla e la racchiude nelle sue mani.
In quell'attimo di distrazione, il tedesco schiocca un bacio pieno di dolcezza sulla guancia del fratello e si volta subito, giusto un po' imbarazzato.
 
Del rossore appena accennato colora le guance di Gilbert, lasciandolo un po' perplesso, ma felice rispetto alla tristezza che portava nel suo cuore qualche minuto
prima.
 
Per Ludwig quello è un semplice gesto fraterno, ma per Gilbert tutt'altro.

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Capitolo 2
*** Ma in premio d'amore amor si rende. ***


Secondo prompt.
Polvere.




Era una giornata di primavera, piuttosto tranquilla, a casa Bondevik.
Mathias , come al solito, era sdraiato sul divano a vadere la tv con il busto rivolto verso essa. Ogni tanto lanciava un urlo da tifoso per quello che accadeva.
Patatine sparse su tutto il tappeto; alcune pozzette di birra rovesciata sul tavolino in vetro; delle gocce di gelato sul pavimento di marmo rosa antico.
Lukas aveva appena finito le faccende domestiche al piano superiore e stava scendendo le scale. Nel mentre si toglieva i guanti di gomma, convinto di aver finito.
Nemmeno il tempo di voltarsi che il disordine e la sporcizia vennero intercettati dallo sguardo del ragazzo.
Si tirò su le maniche della maglietta fino a tre quarti e si avvicinò con determinazione all'altro individuo , il quale era saltato in piedi per esultare la vittoria della sua squadra del cuore.
Lukas portò le mano destra alla fronte in segno di stanchezza e strizzò gli occhi. Qualche secondo dopo diede dei colpetti di tosse, giusto per farsi notare.
Bé, riuscì nel suo intento e Mathias si voltò con un ebete sorriso in volto e un interrogativo sulla testa.
 
-Mathias, guarda cos'hai combinato. Per la miseria, ho finito ora al piano di sopra. Sono stanco del tuo poltrire giorno e notte e per lo più mi chiedo da quanto tempo non 
vedi la tua casa. Saranno due settimane o forse un mese che non torni alla tua dimora.-
 
Puntualizzò Norvegia.
 
-B-Bé, effettivamente...A quest'ora ci saranno ragni e polvere ovunque, è inutilizzabile quella baracca. Posso rimanere un altro po', per favooore?-
 
Disse dolcemente il biondo con i capelli sparati verso destra.
 
-No, Mathias. Ed ora sistema qua. Se entro dieci minuti non è tutto lindo e pinto, ti faccio plire a suon di bastonate. Sbrigati.-
 
Lukas schiaffò con un gesto secco i guanti di gomma celestini in faccia a Mathias. 
 
Nel frattempo il norvegese uscì nel cortile di casa per tagliare l'erba e curare le sue amate piantagioni. 
Passarono più di dieci minuti, circa venticinque, così decise di entrare di nuovo per vedere se la situazione era migliorata o meno.
Bé, come dire... La situazione era la stessa. Lukas stava per esplodere; i suoi nervi, ma soprattutto la sua pazienza, non reggevano più.
Prese per mano Mathias e lo trascinò verso sé per alzarlo, ma il tentativo fallì vista la differenza di musculatura e di forza.
 
-Alzati. Ora.
 
Ordinò determinato il norvegese, con nonchalance.
Al danese volò una risatina ed un sorriso accennato gli rimase sul volto. Diede ascolto alle parole dell'altro, per cui si mise in piedi.
 
- Che c'è?
 
Mormorò Mathias.
 
-Andiamo. Metti le scarpe ed usciamo.-
 
-Ok.. -
 
I due uscirono di casa e si recarono alla stazione ferroviaria nella città più grande. 
 
- Perché il treno? E dove stiamo andando? Ehy mi ascolti Lukas?-
 
-Sempre a lamentarti. Dammi almeno il tempo di fare i biglietti senza fare il ragazzino.-

Il biondino minuto si diresse verso i binari, il loro treno era in arrivo.
Mathias si guardò un attimo intorno e appena si voltò stava per chiedere una cosa a Lukas che però stava entrando nel vagone. 
Così il danese salì di corsa e lo raggiunse, sedendosi di fianco a lui.
 
-Zitto e non fare domande per tutta la durata del viaggio. Risparmi le energie per dopo.-
 
Lo anticipò Lukas, così l'altro stette zitto fino all'arrivo. Seguì il norvegese e si ritrovò davanti la sua abitazione.
 
-E-ehy, non avrai intenzione di..
 
Disse con tono spaventato Mathias. Odiava pulire , specialmente per la polvere.
 
- E invece sì. Sbrigati ed apri.-
 
Danimarca prese il suo mazzo di chiavi e appena trovata la chiave, aprì.
 
Dinnanzi a loro regnava il buio pesto. Nemmeno i pochi raggi solari fecero capire cosa si nascondeva dentro quella casa.
Norvegia entrò e accese la luce premendo l'interruttore a destra, appena all' ingresso.
Si avvicinò al tavolo di legno di ciliegio in salotto e passò su di esso l'indice. La sua pelle biancastra e pallida si macchiò di nero e nel frattempo Danimarca era 
rimasto impalato a guardare con gli occhi spalancati il disordine e la polvere ovunque. Non ricordava affatto di aver lasciato così la sua residenza. Si passò
le dita tra i capelli nel loro verso e si fece il segno della croce.
 
-Porta qui tutto l'occorrente che hai per pulire, c'è del da farsi e anche troppo. -
 
Il tono secco di Lukas rimbombò nella stanza e l'altro fece come stato chiesto.
Insieme cominciarono a pulire il grande salotto. Prima spazzarono, poi passarono l'aspirapolevere ed invine lavarono per terra.
Danimarca guardò sotto il divano e vide un oggetto anche se non lo identificò per bene. Dall'altro lato del divano anche Norvegia venne colpito da esso. Entrambi allungarono le mani
fino a toccarsele. Il tocco fu come una scossa , tant'é che indietreggiarono appena la mano al contatto. 
Alla fine l'oggetto lo prese Lukas. Era di forma circolare ricoperto dal color argento e sopra c'era un frammentino di zaffiro. Lo osservò e studiò bene, nei minimi particolari.
 
- Di chi è questo anello?
 
Mathias tacque e saltò in piedi, battendo sui vestiti per mandar via la polvere. 
 
-Bé vedi, era per te.. E avrei dovuto dartelo tra qualche giorno, ma a quanto pare.. -
 
Lukas arrossì appena in volto e si mise gelosamente l'anello d'argento al dito anulare. 
 
- G-Grazie, mhpf....-
 
- Lukas, io.. -
 
- ..Ti amo, Mathias. -
 
I due sorrisero e Danimarca scavalcò il sofà, saltando addosso al suo innamorato e stringendolo più che poteva.
Le lacrime colme di gioia gli scendevano calde sul viso.

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Capitolo 3
*** L'amore non è il toccasana dei mali. ***


Terzo prompt.
Grido.

  
 

Caldo. Afa. Sole costante. Ecco cos'è il Sud Italia durante l'estate. L'aria è pesante, tant'é che si fa fatica a respirare.
Pochi passi e già l'affanno. Gli unici posti in cui si può stare da essere umani sono sotto le fronde degli alberi o in casa,
in una cantina o semplicemente con condizionatori e/o ventilatori puntati addosso senza sosta.
Ci troviamo in Calabria, precisamente nella periferia di Reggio, in una vasta pianura ricca di piantagioni di pomodori e una casa piuttosto
piccola, ma ottima per due persone.
 
-Ehy, Romanito, perché non esci fuori ad aiutarmi con i pomodori? Non riesco da solo con questo caldo. -
 
Antonio si ferma davanti la porta aperta, completamente pieno zeppo di sudore e con una grande cesta ricca di pomodori tra le braccia. 
Prova a farsi aiutare da Lovino, ma va a finire sempre allo stesso modo, in fondo stiamo parlando di Lovino , ragazzi.
 
- Ehy, brutto stronzo! Sto giocando! E non devi rompermi le palle mentre lo faccio, bastardo di uno spagnolo. -
 
Romano ormai è entrato nel mondo dei videogames calcistici. E chi lo tira più fuori?
Antonio lancia un sospiro, seppur soffocato. Una linea curva verso il basso appare tra le sue labbra, dispiaciuto.
Si reca in cucina a posare la cesta, successivamente passa in salotto. Poggia una spalla sullo stipite della porta e, stando a braccia
conserte, si limita a fissare Romano che lancia parolacce e si impegna per uno stupido gioco. 
Lo spagnolo buffa e il ragazzo , istintivamente, si volta verso l'uomo, ma il fischio di un cartellino rosso richiama la sua attenzione.
 
- Porca puttana, ora ne ho uno in meno. Sempre tra i coglioni stai, come è possibile?! E' sempre colpa tua se non riesco a combinare nulla di buono.
Spero che gli spagnoli non siano tutti deficienti come te, tch.-
 
Il ragazzo torna a giocare, ignorando completamente la presenza del suo coinquilino che ormai ha passato più di cinque minuti lì, fisso ad osservarlo, mentre la pazienza
diventa inversamente proporzionale alla rabbia. 
 
Silenziosamente e con i nervi saldi, lo spagnolo si avvicina alla ciabatta con le varie prese collegate, tra cui quella della console e del televisore. Preme il bottone rosso fuoco
e tutto si spegne. Nessun rumore, nessun fischio, nessun falso tifo.
A Romano si rimpiccioliscono le pupille, non crede ai suoi occhi. 
 
- Pezzo di merda accendi di nuovo! Proprio quando stavo per segnare nell'ultimo istante, testa di minchia.-
 
-Romano, ora basta. - 
 
Anche se Antonio ha avvertito il povero ragazzo, Lovino continua a farneticare e a tirare offese random allo spagnolo, senza dargli un minimo di ascolto.
Un grido spezzò tutto. Le cicale che cantano, smettono; gli uccelli che cinguettano mettono fine alla loro melodia; Romano si ammutolisce, spalanca gli occhi ed osserva incredulo
Antonio. 
 
-BASTA, HAI ROTTO IL CAZZO, PER DIO.- 
 
Antonio scoppia: Romano ha consumato lentamente ogni suo neurone e si è nutrito di ogni goccia della sua pazienza.
 
-NON FAI UN'EMERITA MINCHIA DALLA MATTINA ALLA SERA. ORA ALZA IL CULO E AIUTAMI.- 
 
A Romano cominciano a tremare gli occhi, fino a luccicare. Sembrano di vetro. 
Antoio pare sia tornato in sé. Infatti si siede stando in equilibrio sulle gambe e poi prende la testa di Lovino, portandosela al petto. Gli accarezza i capelli, dolcemente e poi le guance
con la stessa delicatezza che si usa con i bambini. 
 
-S-scusami , Spain... N-Non volevo.. -
 
-Tranquillo Romanito, ora raccogliamo qualche pomodoro e poi giochiamo insieme se vuoi. D'accordo? -
 
-Mhmh..-
 
Lovino si limita a fare un lieve gesto con la testa, per dir di sì. Un sorriso, anche se piccolo, si apre sul volto di 'Tonio.
Subito dopo il piccolo avvenimento, i due si recano nell'orto a raccogliere i vegetali, anche se Romano rimane sempre con quel piccolo broncio sul viso racchiuso in una dolce smorfia .
 

 

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Capitolo 4
*** Se vuoi che t'ami, fa' che ti brami. ***


Quarto prompt.
Velo.



Inverno.
Era una giornata alquanto strana e particolare per un evento così unico e speciale.
Una giornata troppo tranquilla. Cielo abbracciato da simpatiche nuvolette grigiastre/bianche che lasciavano penetrare qualche raggio di
sole un po' curioso e birichino.
C'era una chiesa, anzi più simile ad una cattedrale. Sperduta tra la natura, ma pur sempre un luogo sacro.
Una cerimonia veniva celebrata. Strano che per una tale occasione e una grande struttura c'erano solo le prime tre panche di destra e
sinistra piene. Forse era una cosa privata o.. segreta.
Bé, all'altare si trovava una figura alta e albina. Indossava uno smoking nero, una camicia bianca che richiamava il colore della chioma e
una cravatta nera perfettamente sistemata.
Aveva gli occhi rossi come il sangue delle persone che aveva ucciso.
Al suo fianco, la giovane "fortunata", portava i capelli legati in uno chignon decorato da trecce lungo la base. Due ciuffi ai lati le
incorniciavano il volto ed indossava una graziosa coroncina di roselline bianche dalla quale partiva un lungo velo color della neve semi-
trasparente. Il boquet era piccolo e di rose bianche vere.
Portava un abito con la scollatura "a cuore" formata da un'intreccio di stoffa. Una cintura ricca di perline si trovava sotto al seno e cadeva
dietro con un fiocco abbastanza grande.
Da lì in poi il vestito era come una tunica. Così semplice che di particolare aveva giusto qualche velo all'interno, ma era adatto per mettere
in risalto il fisico perfetto della donna. Nessuno strascico. Le scarpe erano di pelle bianca con pochi centimetri di tacco, come due o tre.
C'era un accessorio che dava un tocco di movimento e gioia in quel noioso colore uniforme. Si trattava di un fiorellino color pesca, posto
sull'orecchio destro della ragazza. Era solito portarlo e anche in quel giorno che non era come gli altri.
Gli invitati, seppur pochi, vestivano eleganti. C'erano le famiglie degli invitati e qualche amico d'infanzia.


- Vuoi tu Gilbert Beilschmidt, prendere come tua legittima sposa la qui presente Erszebet Héderváry, per amarla,
onorarla e rispettarla, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà finché morte non vi separi? -


La voce del sacerdote echeggiò con tono solenne in tutto l'edificio.

-Sì, lo voglio. -

L'albino guardò con la coda dell'occhio la persona che aveva di fianco e le mandò un dolce sorriso.

- E tu Erszebet Héderváry, vuoi prendere come tuo legittimo sposo il qui presente Gilbert Beilschmidt, per amarlo,
onorarlo e rispettarlo, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà finché morte non vi separi ?-


-Sì, lo voglio!-

La ragazza pronunciò quella frase con tutto l'amore possibile e ricambiò il sorriso all'amato che, imbarazzato, si voltò di nuovo verso il
prete.


-Per il potere conferitomi dalla Chiesa vi dichiaro marito e moglie! Puoi baciare la sposa! -

Gilbert non vedeva l'ora di racchiudere tra le sue braccia l'amata e di baciarla fino a che il mondo non cascasse.
Le prese i fianchi con delicatezza e le stampò amorevolmente un bacio sulle labbra. La ragazza pianse e si portò la mano destra sulla
bocca, incredula.
L'uomo le poggiò un braccio dietro la schiena e con l'altro prese la ragazza dalle gambe, compreso il vesito.


- M-Ma che fai..?! -

Lei si ritrovò tra le braccia del prussiano e per paura di cadere, ma più per stringersi a lui, avvinghiò le braccia dietro il collo dell'uomo con
delicatezza.

Si avviarono verso l'uscita della cattedrale, mentre tutti i loro cari si trovavano già fuori dopo l'enorme applauso che diedero alla giovane
coppia. Pareva piena quella chiesa,  per l'intensità di applausi.
Una sorpresa li attese, fuori l'enorme portone.
Non c'era del riso ad aspettarli, ma dolci fiocchi di neve che stavano scendendo lentamente e leggiadri, poggiandosi sulle pelli delicate dei
presenti.
Erszebet lanciò il suo boquet, come per ricambiare il dono che le aveva fatto e si perse tra le labbra del suo dolce e amato marito, Gilbert.

 

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