Il rovescio della medaglia

di kike919
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Traditore ***
Capitolo 2: *** Guardone ***
Capitolo 3: *** La rivelazione ***



Capitolo 1
*** Traditore ***


Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, né offenderle in alcun modo


Steve era giunto alla buon ora armato del solito entusiasmo, sovraccarico di un ottimismo che presto sarebbe senza dubbio servito. Proprio mentre stava per bussare incrociò Stef sulla soglia, che salutò rapido per poi defilarsi sparendo nel nulla.
S' irrigidì quei cinque secondi, poi decise di farsi coraggio ed entrare, si aspettava il peggio: a casa Molko c'era un annuncio da fare e se Stef se l'era svignata in modo così rapido, la faccenda doveva proprio essersi fatta grave. Brian era già su tutte le furie.
Steve si abbassò appena in tempo per schivare un posacenere scagliato con violenza contro il muro, ovviamente mancato. Era già ridotto in frantumi. Sembrava fosse arrivata un'orda di barbari che, più che per saccheggiare, era passata con il solo scopo di distruggere.
Percorse ancora il corridoio e trovò la chitarra di Brian smembrata a terra, neanche ci fosse venuto Saw: una volta gli avevano fatto vedere un video in cui ne gettava una contro l'amplificatore e poi tra i fischi ringraziava con l'inchino.
Altri tempi non vissuti con loro, altre storie.
Ragazzate. Stavolta invece era grave davvero.
Non fece nemmeno in tempo a chiamare Cody, che la furia di Brian lo investì come un'esplosione, si sentiva già le ustioni addosso
- Tu! Traditore, confessa! Tu lo sapevi!
- Sapere cosa?
Si discolpò cercando di spostare l'indice accusatore puntatogli contro. Senza troppi complimenti, con cristallino sguardo di sfida che avrebbe messo in soggezione chiunque, l'altro rispose sbattendogli in faccia una lettera. Lettera di cui aveva una certa idea dell'esistenza, ma non il coraggio di parlarne. Magari gliel' avrebbe detto sghignazzando parecchi anni dopo, in un momento non così drammatico. Si, quando anche lui l'avrebbe presa come andava presa. Tanto si sa, cambia idea in fretta.
Scostò il foglio incollatogli addosso, quel tanto che bastava per leggerlo decentemente.



Caro papà
Ho pensato attentamente all'ingaggio che mi hai procurato con quella band... beh, non ci vado, li ho chiamati per rifiutare.
Non è la vita che voglio per me; desidero solo un'esistenza tranquilla, fatta di routine. Amo le scienze, la logica. La musica non fa per me. Non prenderla troppo male, ma sto pensando di laurearmi in medicina, o magari in qualcos'altro, chi lo sa.

Ci sentiamo papà
Cody




-Vedi? Si ostina, si ostina!
“Senti chi parla”, pensò Steve, che guidato dall'istinto di sopravvivenza, se lo tenne per sé. Dopotutto, Brian era già entrato nella fase in cui non era più importante trovare il colpevole, ma avere qualcuno a portata di mano su cui rovesciare le frustrazioni. Sapeva che sarebbe stato meglio se al suo posto ci fosse stato Stef, ma c'era solo lui e senza possibilità di fuga. La furia continuò.
-Possibile che non capisca! Non ha imparato nulla! Gli ho dato tutto e non ha capito un cazzo!
Inveì ancora; in realtà avrebbe voluto il coraggio per esternare ciò che realmente credeva: “potevo fare di più, essere uno di quei tanti padri che c'è sempre. Potevo fargli conoscere meglio il mio mondo!”
Cazzo, sentirsi traditi da un genitore può capitare, ma da un figlio no. Ha fatto di tutto per trasmettergli la passione, l'elettricità, la magia di quando prendi uno strumento in mano e crei, di quando tutti i sentimenti degli uomini passano attraverso un microfono e ci si sente intoccabili. Immortali. Gli aveva fatto conoscere il Paradiso, l'unico modo di sedare i tormenti dell'anima.
Tutto questo per tornare al banchiere. Al dottorino che fa firme pietose su certificati, poi la gente con quelli ci si pulisce in bagno. “Nemmeno mio figlio ha capito, lui che era diverso. Lui che era speciale”. Si sentiva profondamente sconfitto. Solo.
Lo detestava. Cody, colui che amava di più in assoluto, sangue del suo sangue, lo aveva fatto sentire davvero un fallito. Come se le sue orme non fossero abbastanza per essere seguite. “Certo, che lavoro è il musicista... neanche facessi il menestrello. Una vergogna di papà sbandato che arriva ai colloqui in ritardo. Ma che dico; che non c'è andato mai.”
Gli aveva fatto tastare con mano l'amore dei fans: quand'era piccolo lo prendeva sulle gambe e gli mostrava disegni, stampe, lettere d'approvazione. Gente che della sua musica aveva fatto una questione di vita. Tutto quello era solo per lui. Quante donne si sarebbero spogliate a comando per un suo capriccio di una notte. Quanta gente lo amava davvero.
Lui gli stava offrendo l'immortalità, la libertà, l'avventura, il mondo intero ai suoi piedi... e lui non cercava una simile eredità; voleva solo un'insulsa vita normale. Un lavoro senza passione, né calore in cui i giorni diventano incubi uguali tra loro. In cui sgomiti per farti apprezzare dai colleghi. Per tiepidi sorrisi.
Si rifiutava categoricamente di accettare che il suo mondo gli facesse così schifo. Rigettava totalmente l'idea che suo figlio fosse disgustato dalla sua persona e dal modo in cui l'aveva cresciuto. Era come se avesse accettato il demonio, come se un ciclo karmico si fosse compiuto solo per fargli del male. La vita voleva ferirlo ancora e lo faceva tramite l'unico essere a cui era stato capace di concedersi pienamente.
Si sentiva terribilmente vecchio. Lui che non sentiva mai i danni del tempo, Brian l'eterno giovane, il vampiro, aveva preso in un minuto tutte le ombre di suo padre. Le stesse sue preoccupazioni per la posizione presa dal figlio lo compenetravano, lo sgretolavano dall'interno. Avrebbe voluto sciogliersi in un urlo senza fine.


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Capitolo 2
*** Guardone ***


-Brian cerca di stare calmo, sono convinto che ci sia una spiegazione.
-Fanculo Steve! Dov'è Stef quando lo cerco... Stef!
-E' uscito un attimo fa.
-Fantastico, bastardo...
Brian si lasciò cadere sul divanetto in salotto, con una mano sulla faccia. Steve se ne stava in piedi con le mani sui fianchi, i gomiti in fuori, quasi fosse preparato a quel genere di attacchi, come se fosse in grado di prevedere cosa sarebbe accaduto.
-E' da tanto che lo sai?
Chiese con fare da inquisitore, esasperato.
-No, cazzo, no...
Si difese il biondo.
-Si, lo sai da tanto.... posso ancora fidarmi di te, Steve?...
Pronunciò la frase come se il “no” di rimando fosse scontato. Lo sapeva, che sarebbe diventato un pessimo intermediario tra padre e figlio: crescendo, quel ragazzino si era attaccato molto al “giovane” della band, tanto da considerarlo un fratello maggiore, una guida. Da qualche anno si ritrovava a discutere col “boss” per ogni comportamento storto di Cody. Per ogni incomprensione si giungeva allo scontro feroce con Brian, una tigre, fino a che non arrivava Stef a sedare la lite. Perché Brian è testardo e quando si mette in testa qualcosa, non lo smuovi. E il figlio è pressappoco della stessa pasta; mai visto tanto di Brian in una persona.
Proprio in quell'istante gli balenò in testa la fuga di Stef: dove diamine se n'era andato ora che c'era bisogno di lui? Nemmeno il giorno prima si era sfogato con lui della sua frustrazione per quell'ostilità a priori. Come se il boss lo pensasse intenzionato a fregargli l'affetto del ragazzo e fosse geloso. Lo feriva anche solo che dopo tutti quegli anni passati sempre insieme, potesse crederlo capace di cose così infime.
Fu proprio mentre cercava il bandolo della matassa, uno spiraglio per comunicare laddove il canale era chiuso, che gli venne in mente una frase di Stef: “è un uomo troppo sensibile per fare il duro davvero.”
Dopotutto era ora di prendere in mano la situazione; non poteva esserci sempre qualcun altro a risolvere guai in cui si cacciava egli stesso immolandosi come difensore del giovane.
Stef era un collega, non la loro baby-sitter.
Brian aveva smesso di parlare, rimuginava sul tradimento fissando insistentemente la finestra. Si sentiva in torto, ma non l'avrebbe ammesso mai. Risolse per l'ipotesi di un complotto ai suoi danni.
-Seguimi, ho una cosa per te.
Improvvisò, sperando che stuzzicare la sua curiosità l'avrebbe tirato fuori dal mutismo punitivo. L'altro ricambiò con occhio torvo, augurandosi per Steve che avesse un buon motivo per disturbare il suo dolore. Tuttavia, seppur con diffidenza, si alzò. Si lasciò condurre nel suo “antro oscuro”; luogo dov'era solito abbassare le difese e scrivere canzoni e perché no, a volte provarle persino col suo bambino. Pensò che portarlo lì per ammorbidirlo fosse un colpo basso; una mossa tremendamente sleale.
-Sai Brian, non dovresti essere così duro con lui. Ieri sera ero in vena di scherzi, passeggiavo con la fotocamera in mano e mi sono imbattuto in Cody. Mi sono fermato con lui e per sbaglio l'ho lasciata accesa.


Steve fa partire la registrazione.
Dapprima la ripresa barcolla, neanche fosse un festino di ubriachi. Poi i passi incrociano la porta, violano le prove di Cody. Con la chitarra in mano suona e canta Peeping Tom.


I'm careful not to fall
I have to climb your wall
'Cause you're the one
Who makes me feel much taller than you are”


Gli strugge il cuore quella voce fragile, flebile come la sua da ragazzino. Le parole che escono come un gemito di dolore. Come un fiotto di sangue.
Le sentì dirette a lui. Loro parlavano sempre tramite musica.
Perché proprio quella canzone?! Perché quel punto di strofa lo pungeva? Forse perché ieri sera avevano litigato e Cody si era rintanato in quella stanza all'improvviso e c'era rimasto per ore.
La sua bravura mette spavento, pianta i brividi. “Quanto talento sprecato”, pensò.
Vide in un attimo tutta la sua infanzia, la sua vita. I salti mortali che aveva dovuto fare per trovare la sua strada, per garantire al suo bimbo una vita normale. Ora eccolo lì: un uomo, col suo talento e anche più. Una forza della natura.
Non era stato facile crescere come persona, e poi far crescere un figlio. E se lui avesse le sue stesse difficoltà a farsi capire?!

Il ragazzo sobbalza neanche fosse entrata una spogliarellista, poi saluta.
-Ehi Steve! Mi hai spaventato! Pensavo fossi...
-Cody! Pensavi fossi chi? E comunque non ti fermare, stavi andando alla grande.
Poggia a terra lo strumento, scosso agita la testa e sorride.
Brian vede il suo sorriso. La sua voce.
-Fa niente, avevo quasi finito...
-Ma no! Avrei giurato che fossi a metà canzone.
Il ragazzo non risponde, si sposta e ricci gli ballano davanti al viso. Pesanti tentacoli che bloccano il respiro.
L'altro abbandona la fotocamera su un pianoforte senza ricordarsi di spegnerla, prende uno sgabello e gli si siede di fronte.
-Giornata storta?!
-Se ti racconto un segreto lo dirai a mio padre?
-Certo che no...


Brian rise: mai fidarsi di una promessa che Steve ti fa sogghignando. Poi tornò serio, appena suo figlio sbuffò ed aprì bocca.


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Capitolo 3
*** La rivelazione ***


-Non mi hanno preso. Mi sono fatto prendere dal panico proprio all'inizio. La mia carriera da musicista è finita ancor prima d'iniziare.
-Dai, non prenderla così male, ci saranno di certo altre occasioni.
Gli occhi di Cody si fanno lucidi.
-Non ne voglio di altre. Non è la mia strada, capisci? Non sono io. E vorrei che non fosse così; vorrei solo che fosse il mio cammino per vedere mio padre fiero di me. Ho provato perché non volevo dargli un dispiacere.
Steve alza gli occhi al cielo. Si batte le mani sulle cosce. Sa già che il concetto sarà difficile da spiegare e spetterà a lui farlo.
-Capisco l'emozione, ma sappi che il mondo della musica è fantastico: tu sei lì su un palco e c'è la gente che ti ama. Vogliono tutto di te, accettano il tuo schifo, i tuoi difetti. Tu sei lì ed urlano per te e aspettano solo che tu li ami, che gli dica qualcosa di loro che nemmeno sanno. Li guardi uno ad uno negli occhi e ti senti vivo.
-E' proprio quello il punto. Io ero lì che li osservavo e loro osservavano me... e non avevo niente da dire a nessuno. Volevo solo andarmene. Ho provato solo stress, il vuoto più assoluto e totale.
-Sai cosa penserà Brian?! Si sentirà rifiutato, crederà di aver sbagliato qualcosa. Voleva che ti crescesse la passione, ti ha mostrato tante cose e sarà convinto che l'hai fatto apposta perché lo disprezzi.
Cody cessa di tormentarsi le mani, gli brillano gli occhi.
-Steve, ma scherzi?! Non ho nemmeno il coraggio di dirgli che ho fatto una figuraccia. Io, il figlio di Brian Molko.
Mio padre è il mio eroe, è fantastico. Tornava dai concerti e mi faceva vedere l'affetto della gente. Pendono tutti dalle sue labbra, li incanta. Ha carisma, lo amano, capisci?! Lui è un drago, fa un mestiere meraviglioso; sale sul palco, ha il coraggio di guardare tutti negli occhi e sbattergli in faccia le sue emozioni, le cose più intime di sé. Io sono timido, ho paura di ciò che penso, di farlo sapere, di dirlo. Io non ho tutto quel coraggio, avrei tanto nascere drago come lui.
Vorrei tanto riuscire a spiegargli che di Brian Molko ne nasce uno su un milione, che non sono capace di brillare come lui... e solo chi brilla può percorrere questa strada. Non voglio essere semplicemente il caro figlio della star che fa musica e brilla di luce riflessa.
Lui cura le anime; i fans quando sale su un palco e canta si aspettano qualcosa che gli faccia tremare le gambe. Io non sono così tosto da far nascere le emozioni dal nulla. Ho solo la sua voce, ma non luccico come il mio eroe.
Invece quando trovo le regole, soluzioni per curare i mali dall'interno, quando riesco a mettere in ordine il mondo azione per azione, quello sono io. Io posso curare solo i corpi; per le anime non tutti hanno la scintilla.




Brian spense la registrazione.
-Basta così.
Steve lo fissò interrogativo, indeciso sul come decifrare una tale reazione.
“Sono un drago, il suo eroe”. Gli si dipinse sulla bocca uno stupido sorriso soddisfatto. Non era stato rinnegato da suo figlio; era il suo eroe. Era bastata una semplice frase gettata lì in modo sincero, per sciogliere quell'iceberg di spine che cela a tutti per sentirsi più forte: il suo cuore.
D'altronde, cosa gli aveva messo in testa che avrebbe potuto decidere per lui la sua vita?! Dov'era finito il mai fuori moda “l'importante è vederlo contento”, le promesse che si era fatto tempo fa, quando avrebbe preferito prendersi a coltellate, piuttosto che rendere infelice il suo bambino?!
Steve osservò il respiro altrui farsi calmo, regolare come un oceano piatto. Missione compiuta. Sono così bravo che stavolta l'ho spuntata da solo!
-Beh, forse sono stato un tantino impulsivo...
Replicò la star.
“Forse?! Un tantino?!” Pensò il biondo, con le pupille limpide di soddisfazione. Rispose con una perplessa alzata di sopracciglio. Dopotutto, i suoi “forse” sono una quasi ammissione di colpa. Cercò di dimenticare la burrasca appena passata dirigendosi verso il frigo. Molko lo fermò con una pacca sulla spalla e piegò gli angoli delle labbra in un sorriso. Ora ne aveva la certezza: “posso fidarmi di Steve”, ma quei pensieri non presero mai forma di parole.
Proprio in quel momento fece ritorno quel fantasma di Stef, seguito da una sagoma incerta, una massa di vermicelli ispidi e bruni e due occhi dispiaciuti, in cerca di conferme.
Brian si fece indecifrabile: fissò Stef quasi volesse entrargli dentro l'anima e lui capì all'istante.
Col boss si doveva parlare la lingua di sguardi che parlano le donne; molte cose le diceva solo così. Comunicarci senza guardarlo negli occhi era come leggere un libro a metà.
Spinse Cody verso il padre che lo trascinò in una stanza
-Dobbiamo parlare.
Si chiusero alle spalle
L'adolescente tremava, intimorito dalle parole che solo un padre/amico/eroe avrebbe potuto pronunciare distruggendo il suo mondo. Del resto dei pareri non gli importava; a lui interessava soltanto di quella dannatissima approvazione. Quegli immensi punti azzurri puntati addosso, lo mettevano in soggezione.
Brian vide quel sé stesso così trasgressivo e bambino allo stesso tempo. Un giovane uomo che sgomita per esistere. Aprì le braccia e lo strinse, concluse con una pacca.
Prima di staccarsi gli sussurrò all'orecchio con quella voce calda e metallica allo stesso tempo, roco e sensuale sibilo di vento, parole che il ragazzo non avrebbe mai dimenticato.
-Scusa, ho sbagliato. Sono fiero di te, qualsiasi cosa vorrai fare.
Persino le mura avrebbero voluto parlare, rendere pubblico quel segreto. Ma Cody non disse mai nulla: non avrebbe mai confessato che il suo papà così testardo, così ribelle, così trasgressivo, così stralunato, così prima donna, aveva ammesso di aver sbagliato.
Che l'uno era l'eroe dell'altro, era una rivelazione che entrambi si sarebbero sempre tenuti per loro.




-Ce l'hai fatta eh?! Sapevo che ce l'avresti fatta, Cody conta su di te.
Disse Stef beffardo, mollando un occhiolino all'amico.
Steve non aggiunse altro, se non uno dei suoi soliti sorrisi carichi di enfasi. Sapeva che non era necessario ringraziarlo per avergli dato modo di risolvere le cose. Era da tempo che doveva far capire la verità a Brian, senza intermediari.


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Peeping Tom, come avrete capito, è una canzone dei Placebo. Per essere più precisi, si trova nel loro terzo album: Black Market Music. Sapevate che l'ingranaggio sulla copertina del cd è quello di un carillon?! Quando l'ho saputo mi sono strutta dall'emozione.
Li ringrazio per questo brano stupendo e per il modo in cui mi fanno volare. Quando scrivo di loro lo faccio sempre col cuore.

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