giovane vendicatore una volta, giovane vendicatore per sempre.

di Hawkette97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Premessa ***
Capitolo 2: *** Kate prende una sbandata. ***
Capitolo 3: *** ''Corri Tommy corri!'' ***
Capitolo 4: *** ''Billy torna a casa'' ***



Capitolo 1
*** Premessa ***


°Premessa. 


Il sole stava ormai tramontando su di una New York autunnale. I raggi di un profondo color arancione sfumavano nel giallo , creando squarci di luce intensa fra i grattacieli e i negozi. Gli uccellini cinguettavano fra le fronde degli alberi ormai che a loro volta avevano assunto dei bei colori caldi in perfetto constrasto con i passerotti. Il caldo fuori stagione aveva concesso qualche giorno di libertà in più a tutti i cittadini che potevano ancora permettersi di andare a correre o fare una bella passeggiata senza essere colti da un freddo troppo avventato che avrebbe congelato loro le ossa. La città era in continuo movimento, anche dai piani più alti dei palazzi si sarebbe udito il rumore assordante dei clackson durante l'ora di punta e solo a quel chiassoso rumore potevi dire di trovarti finalmente nella grande Mela. I bambini aveva ancora la libertà di poter uscire a giocare nella caotica tranquillità delle strade , cosa che implicava anche le madri di suddetti poveri bambini che erano costretti a tornare a casa per svolgere i compiti. 
Per quanto potesse essere ingiusto , così andava avanti il mondo. Gli adulti comandavano e i bambini ubbidivano senza neanche opporre resistenza. Se solo avessero provato a ribellarsi ne avrebbero pagato le conseguenze piuttosto dolorosamente. 
Però cosa c'era di male in un gioco? I bambini correvano per le strade in una fila disordinata, uno dietro l'altro sparpagliati per il marciapiede affollato. Un bimbetto spigliato teneva i pollici e gli indici in fuori in una perfetta finzione di sparatoria mentre un suo amico tentava di ripararsi da quei piombini con il coperchio di un secchio della spaazatura che teneva ben saldo ad un braccio. Le loro risate innocenti riecheggiavano in tutti i quartieri circostanti tanto che chiunque vi si fosse avvicinato avrebbe potuto godere di quella tenerezza. 
Visto, che male c'è se un bimbo gioca ad imitiare un supereroe? Cosa potrebbe succedere, è solo un gioco in fondo. 


''Credo che possa bastare, Ted.'' avvisò un ragazzo con i capelli castani che gli ricadevano sul viso tali da poter coprire quel visetto tanto avvilito. Per quanto si sforzasse di mantenere i nervi saldi, non aveva potuto fare a meno di asciugare qualche lacrima di troppo mentre fissava invano l'erba incolta sotto i suoi piedi. 
''Già, due ore di lavoro e sento che potrei ancora continuare!'' gli rispose Teddy mentre con il dorso della mano scostava via qualche ciocca di capelli dalla fronte per evitare che si inzuppasse di sudore. Nonostante la fatica sia fisica che mentale, Teddy riusciva a sorridere, consapevole di cosa significasse tutto quello per loro. Rivolse lo sguardo verso l'alto, verso il sole che tramontava su Melrose Boulevard. Caspita, era davvero uno spettacolo indimenticabile. ''Ok, basta Kaplan. Stasera ti prelevo e trascorriamo del tempo di qualità. Pizza , gelato e cinema. Tocca a te scegliere tutto e vedi di non deludermi.'' Ammonì il ragazzo con i capelli castani che ancora fissava il prato sotto i suoi piedi. Non ce la faceva proprio a sorridere. Eppure Teddy non si diede per vinto. Lasciò cadere la pala a terra in un mucchio di brecciolino e di erbetta verde che circondava i piedi di entrambi, in meno di un secondo portò le dita a sollevare il mento di quel ragazzo tanto avvilito perincontrare il suo sguardo. Eh sì, il suo sguardo era unico. I grandi occhi castani di Billy spiccavano all'interno di quell'incarnato delicato e bianco come una nuvola. Non una di quelle nuvole fastidiose, una di quelle estive e piacevoli che ti alleggeriscono le afose giornate estive. Teddy avrebbe compiuto chissà quali pazzie per quei grandi occhi castani tanto espressivi che avevano in se' l'innocenza di un bambino e che esprimevano le esperienze dell'avvio verso una vita adulta. Il biondo non demorse e rivolse al povero moretto un sorriso raggiante. Dentro si sentiva morire, certo, ma in un momento di tale crisi non avrebbe voluto peggiorare la situazione. E Billy finalmente gli sorrise teneramente per la prima volta in quella giornata triste.

''Kat non te ne puoi andare.. Riflettici!'' quella voce acuta da ragazzo sedicenne riecheggiò per tutto il cortile. Thomas stava tentando in tutti i modi di persuadere quella ragazza dai capelli scuri che seguivano la direzione del vento, morbidi nell'aria. Kate non osò rispondere, anche lei aveva perso ogni speranza di un progetto a cui aveva dedicato gran parte del suo tempo e tutto il suo cuore. Mantenne lo sguardo basso mentre percorreva gli stessi passi e la scia nella terra che lasciava il baule antico, portato avanti da quel ragazzo dalla pelle scura che li precedeva di qualche passo. Anche lui sembrava piuttosto avvilito, manteneva lo sguardo verso il prato come a pianificare ogni prossimo passo mentre trascinava dietro se' quel gran tesoro che racchiudeva gran parte delle loro povere vite. 
''Dopo tutto quello che è successo.. Che è successo tra di noi, Kat...'' Sussurrò con un fil di voce Thomas tanto impercettibile che solo la ragazza fu capace di poter controbattere.
''Ho detto di no Thomas!'' Le sue parole tuonarono come nel pieno di una tempesta mentre finalmente sollevava lo sguardo da quella scia lasciata a terra. I suoi occhi color del ghiaccio erano decorati di piccole lacrime cristalline quasi piacevoli alla vista se non fosse stato per la tristezza tanto evidente del momento. Rimase a fissare lo sguardo del ragazzo con i capelli bianchi e lui ricambiò ogni singolo secondo durante quel tragitto tanto che per poco non gli sembrò che fossero entrambi troppo vicini.
Kate, Eli e Thomas raggiunsero l'enorme buca al centro del giardino malconcio e , per quanto intrisititi , non poterono fare a meno che sorridere a quello sguardo soddisfatto di Teddy che sembrava accoglierli a casa durante la viglia di Natale.
''Allora, c'è tutto?'' sorrise Teddy ai quattro ragazzi, facendo un cenno col capo verso quel baule marrone. Quell'enorme bagaglio aveva un colorito particolare, un marroncino mogano difficile da trovare. Il colore scuro era impreziosito dalle rifiniture in oro splendente, quel colore del sole che quasi abbagliava la vista dei ragazzi. Alla vista, chiunque avrebbe giurato che quel baule fosse davvero pesante per qualunque persona sulla Terra, ma non per un super-soldato. Ed Eli l'aveva rigorosamente trascinato con fierezza. 
'' Sì, il foulard bianco di lino di Occhio di Falco, la cuffietta di Wiccan, gli occhiali di Speed, il giubbino smanicato di Hulkling , gli shuriken di Patriot... proprio tutto.'' ammise Eli, se per tutto intendesse la parte migliore della sua vita. In quei pochi mesi in cui erano stati veramente tutti amici, avevano imparato il valore del sacrificio, l'onestà, il coraggio di potersi ribellare di fronte ad un'ingiustizia. Quei ragazzi avevano imparato molto l'un l'altro in quel periodo in cui sapevano di essere cressciuti un po'. 
Patr--Eli afferrò con entrmabe le mani un manico del baule e dopo aver fatto una profonda pressione sulle ginocchia, riuscì a scaraventare quel bagaglio dentro la buca con quanta più forza gli scorresse ancora nelle vene e la osservò lì, inerme in quel buco marroncino e verde di fili di erba mentre pian piano veniva ricoperta da ulteriori strati di granella scura e polverosa. Teddy terminò il lavoro in pochi secondi e quando fu sicuro che vi fosse abbastanza terra da sorreggerlo , piantò la pala dritta nel terreno e vi poggiò un piede in stile vecchio West.
''Quando la dissotterriamo?'' Sorrise raggiante nella speranza che tutti potessero rispondere o sorridere, ma nessuno ebbe il coraggio di sollevare lo sguardo da quella poltiglia sotto i loro piedi, e si rattristarono all'unisono.
''Forse dovremmo aspettare le soglie della vecchiaia.. tipo i 30 anni.'' ridacchiò Kate mentre scostava i capelli scuri da una spalla. Aveva afferrato la dolcezza di Teddy e aveva rilanciato di un sorriso raggiante. Del resto non aveva senso piangersi addosso, non in quel momento. Era tutto passato. I maschietti -così come li chiamava lei- sorrisero divertiti da quell'umorismo infantile e per un attimo sollevarono lo sguardo verso le stelle splendenti su New York. Per un attimo tutti smisero di pensare ai problemi e sorrisero.
''Fino ad allora però, non saremo più i giovani vendicatori.''

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Capitolo 2
*** Kate prende una sbandata. ***


Kate prende una sbandata.
 
 
‘’Come ci sono finita qui?’’ pensava Kate nella luce fioca di quella stanza.
‘’Cosa diamine ci faccio io qui?’’ chiese a se stessa sempre più incredula di ciò che stava succedendo. Per la verità, non era perfettamente cosciente da poter descrivere ciò che stava vivendo in quel momento.
La stanza in cui si trovava in quel momento pullulava di cartacce disposte disordinatamente su ogni singolo pezzo di mobilio; cartacce dall’aspetto piuttosto antiquato a mal ridotto. Evidentemente erano passate sotto le mani di molte persone prima di poter giungere in un luogo tranquillo dove poter finalmente riposare. La luce era soffusa e rendeva ogni singolo oggetto quasi invisibile e impercettibile ai sensi anche se la ragazza avrebbe giurato di aver visto una scrivania sotto quella moltitudine di vecchia carta straccia , magari anche una sedia. Aveva giurato di aver percepito perfino il pavimento quando più e più volte aveva affondato i piedi a circa 10 centimetri dentro quella specie di mare giallognolo.
Al muro poteva facilmente distinguere il poster di qualche cantante rock vecchio stampo di cui aveva sentito certamente il nome per la notorietà ma che non avrebbe mai riconosciuto se non fosse stato per il nome scritto a caratteri cubitali nel centro di quel pezzo di carta. Il cantante non aveva l’aria molto socievole, piuttosto emanava una sensazione di poco gradimento che ispirava violenza e rudezza in chiunque lo fissasse a lungo. Con una leggera scrollata di capo , distolse lo sguardo da quella visione, il solo pensiero di poter scatenare quella parte remota e feroce di lei, la fece rabbrividire.
Spostò lo sguardo nuovamente a terra, verso quello che sembrava essere il pavimento, e scorse una lattina vuota gettata ai piedi della sedia, leggermente ammaccata e senza valore. Un oggetto del genere non poteva assolutamente appartenere a lei. La ragazza che teneva perfettamente in ordine la propria camera dal primo all’ultimo angolo.
Allungò gli occhi verso la fonte di luce più evidente, una finestra dai contorni gialli leggermente provati dal tempo e da cui si poteva scorgere il mondo all’esterno. Assottigliò lo sguardo da quella posizione scomoda in cui si trovava e scorse una grande costruzione nera totalmente abbellita da mille e mille lucine che avrebbero fatto invidia al cielo più stellato.
Un sussulto e riconobbe la costruzione.
Era a la Tour Eiffel e lei si trovava a Parigi .
Ci volle un secondo perché anche nella sua mente potesse accendersi una lucina , il lume della ragione.
‘’ Che diamine ci faccio a Parigi?’’ pensò mentre cercava di scorgere altri oggetti in quella camera ce potessero aiutarla a capire come mai si trovasse lì in quel momento e dove fosse di preciso. A Parigi, questo era sicuro. Il problema era con chi. Perché ricordava perfettamente che vi fosse un ‘’chi’’.
Mosse gli occhi a vuoto nella stanza e poté scorgere qualcosa in più. Eccolo, l’indizio! O meglio, erano più indizi. Riconobbe quei pennacchi ovunque e dopo quelli, delle frecce.
Frecce conficcate a caso in alcune zone delle pareti che davano l’impressione di essere state scoccate a caso.
Allora doveva trovarsi per forza in camera sua , essendo lei stessa l’unica persona che conoscesse con quella passione del tiro con l’arco. Aveva un senso anche se ancora non riusciva a capire perché proprio Parigi. E i suoi pensieri non riuscirono a terminarsi perché interrotti da un rumore improvviso, e quel rumore proveniva proprio dalla bocca della ragazza. Socchiuse gli occhi nel tentativo di potersi calmare e di poter incanalare tutte quelle forti emozioni in un flusso logico di pensieri. Quei rumori erano particolari, diversi dai soliti, e quando riacquistò piena lucidità riconobbe ciò che le bloccava la visuale sulla grande torre.
’’ Fortuna che te la cavi con diversi tipi di frecce,’’ sorrise teneramente quella figura mentre le porgeva sul piatto d’argento una battutina a doppio senso. Il suo non era un sorriso malvagio, piuttosto sembrava divertito e sincero ; Kate lo avrebbe riconosciuto ovunque, era Clint Barton e quella stanza doveva essere di sua proprietà.
‘’M-mi avevi detto tu di centrare il bersaglio.’’ Sorrise maliziosa la ragazza a quella battutina mentre l’uomo continuava a muoversi sopra di lei con aria effettivamente esausta.
Cosa ci faceva a letto con Occhio di Falco?
Era iniziato tutto qualche mese prima, probabilmente a Febbraio. Lo ricordava perché fu il primo san Valentino che trascorse da sola , rinchiusa in una piscina di palline colorate per bambini.
Ricordava perfettamente il proprio passato tanto che ogni singola memoria rimaneva perfettamente lucida e vivida davanti ai propri occhi ogni volta che la sognava. Ricordava dei nomi, nomi in codice il cui solo pensiero scatenava in lei una piacevole sensazione di torpore familiare,  quel genere di sensazione che provi quando d’inverno ti rifugi a casa di amici a bere cioccolata per evitare che la bufera vi sorprenda.
In un secondo momento le fu tutto più chiaro.
Captain America e Iron man , consapevoli dello scioglimento dei giovani vendicatori, avevano inviato ognuno dei membri restanti in qualche parte del mondo possibilmente lontana dagli altri ad affrontare allenamenti intensi finché non sarebbero tornati utili come supereroi dichiarati. Avevano concesso loro un addestramento e una casa in cui vivere ma improvvisamente tutto ciò per cui avevano lottato non era altro che una sorta di delusione. Era pur sempre un addestramento, certo, ma che senso ha continuare a giocare da soli?
Un gemito roco si fece spazio tra le labbra dell’uomo e dalla sua espressione soddisfatta , con un lieve tono di malizia in quel sorriso, Kate capì a che punto fossero arrivati e non esitò un secondo a spingere l’uomo nel letto accanto a se’.
‘’W-wow.. dovremmo concederci una pausa prima di continuare..t-tiro con l’arco intendo.’’ Si affrettò a precisare Clint mentre ansimava e grondava di sudore come se fosse reduce di uno sforzo sovrumano .
Clint era probabilmente uno dei pochissimi adulti sulla faccia della Terra che a Kate non dispiacevano. Ed erano così pochi da poterli contare sulle dita di una mano.
Clint era speciale : il suo modo di essere tanto ribelle era a dir poco irresistibile, la sua spavalderia, la poca modestia, rendevano di lui un tipo davvero accattivante. E poi tirava con l’arco, il che sarebbe bastato a fargli guadagnare almeno cento punti. Un maestro con i fiocchi, severo al punto giusto ma sempre con un sorriso smagliante in viso. Non era da tutti saper sorridere anche nei brutti momenti.
Per quanto potesse sentirsi stanca e sudata, a Kate non andava di fermarsi proprio quando aveva ripreso coscienza e in meno di un secondo si ritrovò con il petto contro quello dell’uomo mentre copriva i corpi di entrambi con il lenzuolo. Iniziò a muoversi freneticamente su quel fisico scolpito e dopo aver avvicinato il viso al suo, gli lasciò qualche bacio intenso sulle labbra.
’’ti va di—‘’ Non riuscì a terminare la frase che l’uomo la cinse per i fianchi e con delicatezza la pose al proprio fianco, accarezzandole poi una guancia con gli occhi che incontravano quelli della ragazza. La ragazza che immediatamente abbassò lo sguardo verso un punto non definito delle lenzuola con un rossore poco piacevole in viso, e poche persone sapevano quanto detestasse imbarazzarsi.
’’Katie, no. Con tutto il bene che ti voglio, non posso farti un simile danno.’’ Ammise con franchezza l’uomo mentre le accarezzava dolcemente una guancia nel tentativo di farle sollevare lo sguardo.
‘’Non hai neanche 18 anni e per questo non posso fare a meno di pensare che questa situazione sia totalmente sbagliata. Mi spiace per ciò che è successo, piccoletta.’’
Quel soprannome la fece rabbrividire , così come ogni volta che l’uomo lo pronunciasse anche se non capiva l’effettivo motivo di tanta vergogna.  Affondò il viso tra le braccia prima ancora che l’uomo dai capelli biondi potesse continuare a giustificarsi. Aveva ragione, tutta quella situazione che avevano creato era davvero troppo inverosimile e se la ragazza tenne lo sguardo sempre più basso su quel letto era perché non aveva il coraggio di ammettere quanto l’uomo avesse ragione, non a voce alta in modo che lei stessa potesse ascoltare le proprie parole.
‘’Hai ragione Clint, sono solo una ragazzina.’’ Rispose lei frettolosamente con un lieve tono di freddezza nella voce dovuto a tanto imbarazzo. Non esitò un istante a scendere dal letto, cercando di coprire il proprio corpo il più possibile in quella situazione tremendamente imbarazzante mentre cercava i vestiti sparsi per la camera. Fu velocemente in intimo .
’’Piccoletta, sai che non mi sbaglio. In ogni caso sei speciale, voglio che tu lo sappia.’’ Le sorrise l’uomo mentre lei infilava una gamba nei pantaloncini di jeans e poco dopo aveva addosso anche la canottiera viola. Ciò che la sorprese fu che l’uomo non tentò in alcun modo di fermarla se non verbalmente , evidentemente sapeva che avrebbe peggiorato la situazione e in un certo senso Kate apprezzò quel gesto.
Infilate le ballerine nere ai piedi, afferrò la borsa a terra e la felpa accanto a quella mentre faceva per andarsene.
’’Ehm.. ciao Clint.. Fammi sapere tu per il prossimo allenamento, ok?’’ Il suo cervello era riuscito a macchinare solo poche parole importanti mentre rivolgeva un ultimo sguardo all’uomo ancora steso sul letto che le sorrideva come segno di approvazione.
La ragazza girò a gran velocità sui tacchi , affrettando sempre più il passo finché non divenne corsa verso la prima uscita disponibile, o meglio, una corsa per sfuggire a quella situazione che proprio non voleva saperne di uscire dalla sua mente. Che diamine le era passato per la testa? Per cominciare la differenza d’età di entrambi era piuttosto notevole tanto che l’uomo sarebbe potuto passare benissimo per suo fratello maggiore o addirittura per suo padre. E il solo pensiero la fece trasalire. Inoltre Clint era impegnato e , chiunque fosse la donna con cui aveva una relazione, non aveva voglia di ritrovarsi con una pallottola o un’asta nel petto. Infine quell’uomo era anche suo maestro , una persona da cui ti aspetti un minimo di contegno e che consideri superiore a te. E allora perché lo aveva fatto? Probabilmente perché in 4 mesi era stato l’unica persona che conoscesse il suo nome e che le volesse un minimo di bene , una persona che si prendesse cura di una ragazzina che aveva solo bisogno di un po’ d’affetto e di un volto amico. Questo era ciò che desiderasse di più al momento. E poi senza Clint non aveva neanche una casa, dato che negli ultimi tempi aveva vissuto sotto il suo tetto. Mosse qualche passo prima di ritrovarsi al di fuori del portone con i contorni dorati, di prima mattina. Dovevano essere le 2:00 circa vista la fresca brezza che scuoteva i suoi capelli scuri nel vuoto. Si sedette su di un rialzo di una gelateria in quel momento chiusa e dopo aver indossato la felpa lilla , prese a frugare nella borsa alla ricerca di qualcosa che anche lei doveva ancora riconoscere. Uno sbuffo piuttosto seccato e distese la testa contro il vetro della gelateria. Socchiuse gli occhi e respirò più volte affannosamente prima che qualche lacrima scendesse a rigarle il viso. Non aveva più una casa, o quel volto amico che era contento di accoglierla . Non aveva più neanche uno dei suoi amici, non sentiva nessuno di loro da più di quattro mesi ormai. Affondò il viso tra le ginocchia e improvvisamente si sentì sola al mondo.
Una piccola scossa la fece sobbalzare, qualcosa che proveniva dalla tasca posteriore dei suoi jeans. Si fece scivolare una mano su un fianco a prendere il cellulare . La copertina di Captain America lo rivestiva ancora mentre una K viola scendeva a penzoloni su di essa. Un bel ricordo di quei tempi con Eli che ormai sembrava scomparso in un altro emisfero. Inserito il codice pin, tastò la nuvoletta rossa sulla casella ‘’messaggi’’ e finalmente quel cielo uggioso si schiarì.
‘’Ehy dolcezza, che fai di bello?’’ era Thomas. Il ragazzo atletico che qualche mese prima aveva baciato. Il solo pensiero di lui le fece tornare un sorriso sereno sul volto mentre interpretava il messaggio come era solito parlare al ragazzo.
‘’ Scappo, tu? Come va con tuo zio?’’ Sapeva che Thomas era stato confinato in Inghilterra con suo zio Pietro , il che la sorprese molto nel sentirlo così divertito visto l’evidente fastidio che gli recava lo zietto dai capelli bianchi, simile a lui. Si sorprese di come non le fosse arrivata notizia che avesse fatto esplodere qualche sede del governo.
‘’ Va tutto stranamente bene, Kat. Allora vieni a trovarmi?’’ il ragazzo rispose in una frazione di secondo, giusto il tempo di far viaggiare il messaggio da Londra a Parigi che subito se lo ritrovò davanti agli occhi. Non poteva darlo per certo ma poteva benissimo immaginare che il ragazzo stesse celando un sorrisetto soddisfatto dall’altra parte del cavo. Quel suo sorriso candido che evidenziava i suoi occhi chiari e magnetici . Improvvisamente immaginò Thomas nel suo fisico atletico , con i capelli scompigliati al vento e un sorriso beffardo sul volto. I suoi occhi erano rivolti a quella ragazza intenta a scrivere messaggi e ,per quanto irreale, non poté non crederlo vivo lì di fronte ai suoi occhi. Ed era una bellissima visione.
‘’Certo, ho tutto il tempo per visitare l’Europa, sono giovane.’’

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Capitolo 3
*** ''Corri Tommy corri!'' ***


’ Corri Tommy corri!’’



-Sudore. Ecco cosa si percepisce. Il sudore inonda la sua fronte e raggiunge ogni singola parte del suo corpo.
Solleva lo sguardo dritto avanti a se’ ed eccola. Dio, è splendida e perfetta in tutto . E’ rossa, slanciata e la luce dei lampioni e delle stelle le illumina ogni curva. E’ bellissima.
Fa pressione sulle ginocchia e solleva il bacino.
Ripone l’attenzione verso altro, sul proprio corpo che freme dal muoversi e dal trattenersi al contempo. Deglutisce per l’ennesima volta nella speranza di poter conciliare il tutto.
Solleva lo sguardo avanti a se’ ed eccolo con gli occhi rivolti nuovamente verso di lei. Diventa più ammaliante ogni secondo che passa.
Poi un rumore. Qualcosa di violento e scattante che infrange la barriera del suono e che lo riporta alla realtà. Non esita un secondo che il suo corpo ha già macchinato ogni singolo movimento. Cosce che si sfregano e mani chiuse salde in due pugni mentre aumenta la velocità. La frequenza cardiaca sale di gran lunga rispetto a quella normale ma poco importa, l’importante è terminare. Terminare con determinazione perché senza quella non sarebbe riuscito a combinare granché. Devi solo terminare e poi sarà tutto finito, questa volta sul serio.
Il sudore continua imperterrito a pervadere quel fisico atletico da ogni parte mentre aumenta anche la frequenza dei passi fino a mischiarsi con lo stesso aleggiare del vento. -
Cosa gli aveva suggerito? Ah, giusto! Doveva sollevare le ginocchia e muoversi con  passi più lunghi possibile per diminuire la distanza e al contempo per risparmiare ossigeno.
Ma poco importava.
Ed eccolo che nel giro di pochi secondi aveva già tagliato la linea del traguardo con un distacco dagli altri concorrenti di tre secondi netti. Un tempo minimo quanto fatale che gli era costato la vita e la vittoria. Certo, perché non c’era nessuno davanti ai suoi occhi, o almeno nessuno che indossasse una tutina aderente che lasciasse poco spazio all’immaginazione, perché in men  che non si dica si ritrovò a stringere la mano di un uomo alto e slanciato con i capelli neri e gli occhi di ghiaccio che gli stava porgendo le sue più sincere congratulazioni. Quell’uomo stringeva tra le mani un trofeo. Una coppa alta circa mezzo metro, fatta interamente d’oro bianco e difficile da sollevare. Il vincitore però era fin troppo esausto per sollevare il premio  così si limitò a staccarsi la pettorina e a sventolarla davanti alla folla che lo acclamava e che lo bramava sempre di più. Quell’11 gli aveva davvero portato fortuna. Eh sì. Perché fu ad undici anni  che vinse le gare di atletica della Roosvelt Middle School di Springfield. Ad undici anni aveva fatto esplodere la prima bomboletta di verde smeraldo sul viso della professoressa, cosa che causò una risata generale. Undici erano state le lettere che aveva scritto alla sua vera mamma, quella biologica, prima che potesse avere un colloquio con lei. Undici i riformatori in cui era stato rinchiuso prima di trovarne uno che lo tenesse veramente in gabbia. Undici le ragazze che lì lo corteggiavano e undici i regali di quel San Valentino. Caspita, era davvero un rubacuori.
Per quanto avesse potuto distogliere l’attenzione dalla realtà, poteva benissimo notare che la folla sugli spalti della curva nord, quella dritta avanti a se’ , lo applaudiva con immenso orgoglio. Il ragazzo tentò di mostrarsi il più disinvolto possibile mentre cercava di incontrare lo sguardo di ognuno di loro. Anche se non li conosceva si sentiva in debito con loro per quelle attenzioni e per quegli applausi immeritati. Perché aveva barato spudoratamente ma quegli insulsi umani non avevano neanche avuto la capacità o l’accortezza di notare che aveva raggiunto il traguardo in tempo record.
’’Come diamine ci sono finito qui?’’ Pensò tra se’ e se’ mentre imitava un gemito di fatica e ansimava forzatamente per rendere il tutto più verosimile. Poi abbassò lo sguardo che dalla folla si rivolse verso una figura dritta davanti alla pista rossa e accattivante. Ed ecco che tutta la felicità e la gloria di quel momento svanirono nel vedere che l’uomo dai capelli bianchi come i suoi stava a braccia conserte, le scapole che sfioravano il muro così come il piede sinistro del ginocchio piegato.
In quel momento si sentì come la persona più comune del mondo e non potè fare a meno di abbassare lo sguardo con un cenno di imbarazzo prima di poter udire una voce. Qualcosa di familiare e di spudoratamente simile a se’. Sollevò lo sguardo sugli spalti ed eccolo lì. Un ragazzo con i capelli castani aveva attirato la sua attenzione per far sì che si accorgesse della macchina fotografica che stava riprendendo quel momento di gloria.Sarebbe stato come guardarsi allo specchio se non fosse stato per i colori troppo scuri di occhi e capelli di lui, o semplicemente per il suo entusiasmo perché davvero pensava che non ci fosse persona al mondo che credesse in lui, Ma la folla lo acclamava e così Billy. Lui aveva decisamente migliorato quella situazione.
Sollevò il braccio e scosse la mano con un bel sorriso soddisfatto in volto mentre si avvicinava alle panchine , prima di salutare definitivamente la tifoseria e di rinchiudersi nello spogliatoio a lavarsi. Non passarono quindici minuti che un Billy Kaplan fece irruzione nella doccia con un entusiasmo quasi irreale.
’’ Ti rendi conto di quello che hai fatto!? Sei il campione del mondo, Tommy! Hai vinto, hai vinto contro tutti i migliori corridori sulla faccia della Terra!’’
E qui lo abbracciò, ignorando l’acqua che scorreva calda dalla cipolla della doccia e ignorando lo stesso ragazzo che si ritraeva imbarazzato. Non che fosse contrario ad un abbraccio, semplicemente non era il momento adatto.
’’ Anche nella doccia mi devi rompere?’’ Disse facendo cenno al proprio corpo nudo e bagnato. Billy sgranò gli occhi e subito si ritrasse mentre con uno schiocco di dita fece comparire un asciugamano attorno ai fianchi di Thomas.
‘’Hai vinto e spudoratamente, anche se hai utilizzato la tua mutazione e purtroppo non posso approvare.’’ Disse Billy mentre , con un braccio che cingeva amichevolmente la spalla di Thomas, lo accompagnava verso gli armadietti e i suoi vestiti belli che in ordine su di una panchina.
’’perché, tu non fai lo stesso?’’ Osservò scettico Thomas nell’indicare l’asciugamano attorno alla sua vita.
’’Hai svolto solo il tuo dovere Thomas Shepherd. Dopo lo sforzo che abbiamo compiuto e quell’imbroglio, mi sembra il minimo.’’ Ammise freddo e distaccato l’uomo con i capelli bianchi che era velocemente entrato negli spogliatoi e si era seduto accanto al maglioncino verde del ragazzo. Ginocchia e gomiti incrociati. Un’espressione insensibile in viso che rispecchiava il gelido animo di lui. Quanto odiava stare con Pietro! Era a dir poco cinico e severo. Una sua versione formato 1x85 con tanto di capelli e occhi identici. Erano troppo uguali perché riuscissero a sopportarsi ma , del resto, lui era ciò che gli restasse della sua famiglia. Ciò che gli era stato assegnato. E per quanto potesse essere fastidioso, Billy era la sua unica ancora di salvezza. Sia chiaro, non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce.
Abbassò lo sguardo come a vergognarsi di aver appena vinto le Olimpiadi di Londra , anche se aiutato dalla sua mutazione . Il tutto era stato ben programmato. Giunti a Londra con le valigie piene e le tasche vuote, Pietro aveva iscritto Thomas alle gare di atletica , fingendosi ambasciatore e allenatore della squadra russa. Dove erano finiti l’ambasciatore , l’allenatore e il campione Ivan Kaninzski? Probabilmente stavano ancora dormendo in uno stanzino del padiglione 9 –dove nessuno andava mai- perché sotto l'effetto di un incantesimo pronunciato da un certo mago. Era andato tutto secondo i piani.
‘’Certo Pietro, e adesso grazie a me avete i soldi per mangiare qualcosa che non provenga da un bidone della spazzatura.’’ Ringhiò Thomas contro lo zio mentre entrambi si fissavano negli stessi identici occhi verdi. Sarebbe stato come guardarsi allo specchio ma proiettato 20 anni nel futuro. Poi un lampo li interruppe e Billy aveva scattato una nuova foto.
‘’ Questa va dritta nell’album dei ricordi!’’ li interruppe il moro con un sorriso convinto, abbozzato in volto. I due si squadrarono un’ultima volta prima che Thomas si infilasse il maglione verde e rivolgesse loro le spalle.
‘’al diavolo, voglio stare da solo!’’ ringhiò stizzito mentre prendeva il cellulare tra le mani e lo portava fuori dagli spogliatoi, in bagno. Dove nessuno potesse interrompere la sua concentrazione nel leggere i messaggi. Lui era rinomato per la sua velocità ma anche Kate non scherzava perché gli aveva concesso giusto il tempo di far viaggiare il messaggio da Parigi a Londra. Quasi gli dispiaceva di averla fatta attendere tanto a lungo.
‘’ E Londra sia! Ti aspetto per una cena solo tu ed io allo Swan , gentilmente invitata dal campione mondiale di corsa sui 400 metri. Però paghi tu. :) ‘’ e poi premette sul tastino dell’invio. Adorava Kate, era la ragazza più incredibile che avesse conosciuto , lo sorprendeva di giorno in giorno e da quando era entrato a far parte dei giovani vendicatori non aveva avuto occhi che per lei. Quando aveva intrapreso una relazione con una  ragazza dai capelli rossi, una certa Liz, si era sentito terribilmente in colpa per Kate. Nonostante l’amore per l’altra, il suo cuore batteva solo per l’arciera.
Giusto. Undici erano i baci che aveva scambiato con Kate prima che si unissero l’un l’altro. Kate era stata la sua prima volta, e lo stesso valeva per lei. Quella notte a casa sua era stata a dir poco memorabile. Ogni giorno rimpiangeva di non averle rivelato i suoi veri sentimenti perché lei stava  con Patriot e probabilmente lo amava anche. Ma i loro corpi nudi  si erano scontrati per la prima volta nelle loro vite e si erano scambiati baci indimenticabili. Quelle emozioni ardevano ancora calde nel suo cuore come se le stesse vivendo per la prima volta.
’’Sbrigati a venire , mi raccomando. Ho una sorpresa per te.’’
Era sempre come la prima volta.
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Capitolo 4
*** ''Billy torna a casa'' ***


‘’Billy torna a casa’’
 
 
 
 
-Mantieni la calma. Nervi saldi e sangue freddo. Non avere paura, nessuno lo ha notato.
E se.. No. E’ impossibile. Nessuno potrebbe mai notare una sciocchezza del genere, specialmente se parliamo di umani patetici e inutili.
No. Che diamine sto dicendo? Gli umani non sono patetici né inutili. Cassie è coraggiosa, o almeno lo era. Il ricordo di lei che si ingigantisce fino a diventare alta come un palazzo per poi crollare a terra inerme come una farfalla a cui sono state bagnate le ali è costantemente presente nella mia mente. E per quanto desideri dimenticare tutto quello che è successo, le sue urla di rabbia e dolore incompreso riecheggiano nella mia testa.
Nate non era patetico e inutile. Forse un po’ troppo istintivo ma non era una cattiva persona. L’amore lo ha accecato e lo ha spinto a fare quanto ritenesse giusto e il tentativo di diventare una persona migliore è svanito miseramente.
Eli non è patetico o inutile. Eli è probabilmente una delle persone più audaci e pure di cuore che abbia mia conosciuto. Il suo spirito patriottico lo spinge ad essere la persona fantastica che è sempre stato. Quasi mi riesce impossibile credere che abbia abbandonato con tanta facilità un progetto a cui aveva dedicato gran parte del suo tempo, anima e corpo. Probabilmente è stato accecato anche lui dall’amore perché non ha esitato ad appendere lo scudo al chiodo. Probabilmente sospettava che ci fosse qualcosa tra mio fratello e Kate e l’idea di convivere con lei tra le braccia di un altro lo avrebbe distrutto. Anche Eli deve avere una modesta considerazione di se stesso perché ha preferito che l’arciera continuasse a guidarci piuttosto che andare avanti lui stesso. Un po’ mi dispiace, Eli era davvero uno dei migliori leader che potessimo desiderare, e Patriot era  una delle quattro colonne portanti della squadra.
Patriot.
Iron Lad.
Hulkling.
Asgaridan.
E’ bello pensare che ci sia ancora qualcuno che mi chiami con quel nomignolo. Per quanto antiquato, lo trovo innovativo e speciale. Kate è la mia migliore amica e quando mi chiama in quel modo la sua voce ricorda quella di una bimba innocente. E quando mi chiama così, sorride. Non so di preciso se sia per il nomignolo in sé o perché è felice di vedermi. Qualunque sia la risposta, adoro il suo sorriso. Mi ricorda che al mondo non esistono solo problemi e sofferenza e che possiamo vivere ogni giorno intensamente se solo lo desideriamo permanente. Mi piace Kate, è così libera.-
Erano le quattro e mezzo del mattino quando il treno fischiò e iniziò a muoversi sui binari. Lentamente il paesaggio iniziava a farsi meno definito ad ogni chilometro che si percorreva e la nebbia mattutina offuscava la vista di quei pochi che erano rimasti svegli. Il sole sarebbe sorto con notevole ritardo visto che si avvicinava Halloween. Era il 29 ottobre e dalle fessure dei vetri penetrava una brezza piacevole e al contempo malinconica. Il clima era decisamente troppo umido e freddo. Ma a Billy non importava. Non in quel giorno. Sperava di potersi godere almeno le ultime ore di libertà prima di essere incastrato a casa definitivamente, con sua madre.
’’Come diamine ci sono finito qui?’’ pensò mentre si rendeva effettivamente conto di trovarsi su di un treno diretto a Boston.
Aveva cercato diverso materiale riguardo quella città e l’aveva etichettata come carina. Era accogliente e il tasso di criminalità era diminuito del 9% negli ultimi tre mesi. Quello era importante . Nonostante tutto ciò, gli sarebbe piaciuto poter indossare nuovamente cuffietta nera e mantello rosso per poter combattere i cattivi, semplicemente lo faceva stare bene e si sentiva in pace con se stesso. Oltre allo smog, ai centri commerciali, ai bimbi che giocavano a fare i supereroi o al caos in generale, pensava che Wiccan gli sarebbe mancato più di tutto e tutti. Aveva lasciato quel giovane vendicatore lì a New York , seppellito in un forziere con il resto della squadra. Almeno in quel momento sperava che tutti sarebbero potuti rimanere uniti e con ogni forza aveva sperato vivamente che non servisse deporre le armi una volta per tutte per quell’intento. Probabilmente doveva andare così.
Il freddo penetrava incessantemente da quel vetrino che proprio non ne voleva sapere di chiudersi così, dopo svariati tentativi inutili, Billy Kaplan estrasse un giubbotto di pelle nera dalla borsa ai suoi piedi e lo stese sul proprio corpo a mo’ di coperta. Si voltò più e più volte su un fianco e sull’altro finché non riuscì a trovare una posizione ideale. E quando lo fece, capì da un’imprecazione di aver colpito il ginocchio del ragazzo che gli sedeva accanto.
’’ scusa scusa scusa non volevo mi dispiace!’’ sputò tutto d’un fiato mentre ispezionava con lo sguardo il ginocchio illeso.
’’N-non preoccuparti, poi passa. In ogni caso piacere di conoscerti, mi chiamo Mitch.’’
Il ragazzo tese la mano destra a Billy mentre la sinistra era occupata a massaggiare il ginocchio dolorante. L’Asgardiano esitò qualche istante prima di stringere la mano di lui, e gli fece una veloce scansione.
Capelli ricci e castani, occhi cangianti che con la luce erano diventati verde smeraldo. Fisico atletico. Braccia con muscolatura evidente nascoste sotto un doppio strato di felpa e t-shirt. La prima impressione fu che potesse essere un membro della squadra di football del liceo. Uno di quei tipi aitanti con mille ragazze ai piedi e che prendeva di mira le matricole.
Passato qualche secondo, Billy notò con dispiacere che il ginocchio di Mitch doleva ancora così allungò un dito sotto il bracciolo del sedile e pronunciò un incantesimo che potesse farlo guarire.
E Mitch lo scrutò incuriosito.
‘’ Non dirmi che sei un mutante anche tu!’’ Pronunciata da una persona qualunque, un umano ad esempio, quella frase sarebbe potuta risultare dispregiativa ma nel ragazzo balenava una strana luce serena, quasi sorpresa.
‘’Io.. io.. ‘’
‘’ Io sono un telepate. E tu devi essere un mago. Ce ne sono davvero pochi in giro, che fortuna! Anzi, che onore!’’ Mitch non esitò a stringere calorosamente la mano di Billy.
‘’In verità ero un mago. O meglio, ho ancora la mia mutazione ma ho lasciato lo spirito di voler essere una persona diversa a New York.’’
E qui Mitch lo guardò con occhi pieni di curiosità e stupore, quasi ad incitarlo a voler continuare. Dal canto suo, Billy non capì come mai si fidasse tanto di uno sconosciuto. Semplicemente lo trovava carino e gentile. Il che bastava . Aveva sempre pensato che sfogarsi dai propri problemi con un estraneo fosse terapeutico perché prima o poi si sarebbero lasciati e quei segreti sarebbero state solo parole al vento che non ferivano nessuno.
Così prese un profondo respiro e iniziò a spiegare  la storia degli YA dagli inizi alla fine definitiva. La loro ultima uscita insieme e i loro ricordi racchiusi in un forziere sotterrato al centro di New York e ancora una lacrima gli rigò il viso al solo pensiero.
Mitch ascoltò quella storia con estrema attenzione e pose anche delle domande al ragazzo con fare interessato. I suoi occhi erano interessati e Billy non poté fare a meno di distogliere lo sguardo diverse volte per evitare incontri spiacevoli. E in uno di quei momenti desiderò con tutto il cuore che  Teddy fosse lì accanto a ricordargli che esisteva e che lo amava con tutto il suo cuore.
Il treno fischiò nuovamente e il cartellone bianco della fermata portava il nome di Boston. Billy si affrettò a raccogliere il borsone nero e i vari oggetti che aveva sparpagliato sui sedili durante il tragitto. Sfilò veloce tra i corridoi prima che potesse trovarne uno libero da quei patetici umani. No, patetici no.
‘’E’ stato un piacere conoscerti Billy Kaplan, figlio di Scarlet Witch e giovane vendicatore’’
Lo salutò calorosamente Mitch con un abbraccio stretto e saldo che quasi tolse il fiato all’Asgardiano. Quest’ultimo si limitò ad un cenno con la mano e ad un sorriso imbarazzato . Non aveva mai avuto dei fan.
Con il borsone tra le mani, scivolò a fatica attraverso quella portiera formato mini , oltrepassò la linea gialla e si avvicinò al binario 9. Aveva accordato con la madre di incontrarsi lì e , nonostante fossero appena le 6 del mattino, la gente compariva come dal nulla, sempre aumentando. E nonostante la folla, riuscì a scorgere una chioma riccia e castana che circondava un viso candido e sorridente. Gli occhi di quella donna erano altrettanto castani e le labbra rosso fuoco tanto accattivanti pronunciarono il suo nome come un grido di vittoria e gioia.
Billy , con il borsone pesante in spalla che gli impediva di muoversi correttamente, corse a stringere la madre fra le proprie braccia con un sorriso in volto commosso che preferì nascondere sulla sua spalla. Gli sembrò di vivere una delle emozioni più piacevoli al mondo ma appena la madre si scostò dolcemente da lui , tutto svanì. Il ragazzo la scrutò incuriosito. Come mai lo aveva lasciato con tanta fretta e tanta facilità?
Infine Wanda compì un gesto che, a parere del ragazzo, era totalmente strano e avventato. Prese la mano di un uomo nella propria. Un uomo che era stato lì a fissarli tutto il tempo, alto, castano con occhi verdi. Gli ricordò vagamente Mitch ma non sembrava tanto eccitato nel vederlo. Semplicemente nascondeva l’entusiasmo dietro un sorriso genuino. L’uomo tese la mano a Billy mentre Wanda si aggrappava all’altro suo braccio con evidente imbarazzo. Scrutò il figlio come se indecisa se parlare o no. Oppure indecisa sul momento in cui avrebbe esordito. Così, senza troppi problemi, scostò il viso di Billy in modo che i loro sguardi potessero incontrarsi.
‘’Billy, voglio presentarti Alan. Lui è il tuo nuovo papà.’’
 
 
 
 
 
 
 
 
*NOTE*
Grazie per il supporto di tutti i lettori che stanno seguendo la storia, grazie davvero. Il capitolo precedente era dedicato al mio velocista preferito e questo al migliore amico di sempre, Asgardiano.
Se state leggendo, vi voglio bene testine calde! <3

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