Heavy love

di JeffMG
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Heavy - Chapter I ***
Capitolo 2: *** Oh my friend! - Chapter II ***
Capitolo 3: *** The party - Chapter III ***
Capitolo 4: *** The morning after - Chapter IV. ***



Capitolo 1
*** Heavy - Chapter I ***


Spero che nessuno mi odi per aver scritto che il protagonista odia profondamente gli Aerosmith,ahah. 
Buona lettura, a te che leggerai. 
Ps. Qui non c'è trippa per gatti che cercano storie a lieto fine e tantomeno con sviluppi gioiosi. 




                         Heavy.

Era notte fonda e solo la luna illuminava la stanza,
Chris la stringeva come se fosse potuta scivolare improvvisamente dalle sue braccia.  
Si era calmata, ma non abbastanza da poter affermare di non volersene andare,
non abbastanza da dire che lo amava ancora.
Dalla solitudine più sordida era passato all'amore
e niente al mondo l'aveva nauseato più di quello.
Si era abituato a lei, e non sapeva più se era una cattiva abitudine come la nicotina
o qualcosa di più semplice e benigno, ma era certo che dentro di lui ribolliva un forte
sentimento e non poteva assopirlo, ogni volta che la guardava si sentiva in apnea. 
Il suo corpo si era frantumato e da qualche parte
l' anima aveva preso a vagare in cerca di conforto,quando lei innondata
da i suoi riccioli rossi si era chinata per poggiare a terra due pesanti valigie.

"Ti aiuto?" le aveva detto.

Ma non ebbe risposta, solo un accenno di tristezza in una lacrima
che le cadeva sul volto, tra quella pelle diafana tempestata di lentiggini. 
In quella lacrima aveva sperato che ci fossero mille parole o un sorriso, 
qualsiasi cosa che non glie l'avrebbe fatta perdere.
 
Per anni Chris aveva lasciato da parte l'angoscia o il senso di essere
inadeguato e irrimediabilmente legato alla solitudine, solo per bruciare e vivere per lei. 
Aveva cambiato ciò che era, a volte fingendo avvolto dalla gioia di starle accanto, 
solo per vederla sorridere e compiacerla. 
Si era sentito legato all'amore come un prigioniero e poi come un bellissimo
uccello fuori dalla gabbia.
Aveva tutte le carte in regola per definirsi un solitario sprezzante delle persone,
eppure arrivò lei per ciò che si dice "destino" e inziò quello che ora sembrava
avere un punto, una fine dannatamente drammatica. 

 
Gli aveva promesso che non sarebbe sparita nel nulla e che si sarebbero visti ogni tanto,
ma non  era più come prima, non c'era quella che tutti chiamano la scintilla anche se lui la scintilla non l'aveva mai avuta, solo un fuoco che piano si accendeva ad ogni giorno passato insieme, ed un fuoco così potente raramente si spegne.

Allora i suoi sentimenti erano effimeri,
era stata solo una storia per tappare qualche buco insignificante? 

 
Si sentiva come un bambino perso e tendeva la mano nel vuoto sentendosi spaventato. 
Aveva solo lei e ci si aggrappava disperatamente, come se fosse stata l'ultima speranza di vita.
Morto dentro, incapace di percepire il battito del cuore e di sentirsi di nuovo caldo,
afferrava il calore dal corpo della sua giovane amante, che ignara del dolore che cresceva in lui, dormiva sonni tranquilli.  

Avrebbe smesso di respirare a momenti, ne era sicuro, l'ultima cosa che avrebbe visto sarebbe
stata lei e se la sarebbe portata via con i più bei ricordi, senza litigi o disprezzo. 
Aveva voglia di alzarsi, di andare a fumare una sigaretta 
e viziarsi con le luci delle centrali in lontananza.  
Guardò l'orologio sul comodino, le quattro della mattina e ancora era sveglio a pensare. 
Aprì la finestra scorrevole e porse una mano al vento, tirando la sigaretta così tanto
da sentire il fumo scendere allo stomaco.
Gli girava la testa e più pensava e più si sentiva scottare. 
Era un bambino che aveva finito la corsa agli auto scontri e non aveva più gettoni per far ripartire la macchina.
Impotente, quando si voltava e la vedeva distesa nel letto voleva correre da lei ma la vedeva svanire tra le lenzuola. 

 
"Sei ancora sveglio?" Finì la sigaretta fino a sentire l'odore del filtro bruciato.
"Stavo pensando..."
La raggiunse e si infilò sotto le coperte, sfiorando le sue gambe e
ritrovando quel contatto che da giorni sembrava perso nei litigi.

 
"Domani parto,Chris..." Non gli aveva nemmeno detto dove sarebbe andata.
"Non mi lasciare, resta con me"

Implorava come uno stolto, si commiserava e si odiava
allo stesso tempo per supplicarla e lasciarsi l'orgoglio alle spalle. 

 
"Non posso, è finita..." 
 
Le sfiorò il collo e un desiderio folle di ucciderla si impossessò di lui. 
Si alzò come se gli avessero fatto un salasso e barcollò incosciente fino alla porta.
 
"Chris, dove vai?" 

 
Prese le chiavi e sparì dietro la porta d'ingresso. 
La strada sfrecciava dal finestrino e alla radio davano una vecchia canzone degli Aerosmith,
li aveva sempre odiati e ora più che mai avrebbe voluto buttare via quella maledetta radio.
Imprecava come un ubriaco e aveva il volto rosso per il pianto. 
Non avrebbe dovuto guidare in quelle condizioni, aveva la patente da soli tre mesi 
e ancora aveva attaccato il cartello di principiante, ma si sentiva di andare a 100 all'ora e schiantarsi contro un albero, così quel dolore che sentiva al petto sarebbe terminato. 
La rivedeva negli occhi e gli sembrava che fosse morta
e invece sapeva che era viva e felice di lasciarlo.
Doveva essere gradevole scaricarsi di un peso e continuare
per la propria strada, seminando dolore.

Vide un fanale abbagliare l'interno della macchina e tutto quello
che sentì fu il frantumarsi di un vetro.

"Si sente bene?" Aprì gli occhi lentamente e avanti a se vide un uomo che gli toccava la spalla.
"Si, sto bene. Che cosa è successo?"
"Non ti ho visto! Andavi così veloce che non ho potuto evitarti!
Sai come sono queste stradine di campagna, troppo strette! Gesù, mi dispiace!"

Chris si toccò il volto e le dita raccolsero del sangue.
Il sangue, l'aveva sempre trovato affascinante, ti fa vivere e fluisce in te e
nelle tue generazioni da secoli.
Si guardò nello specchietto, la ferita era alla fronte, probabilmente aveva sbatutto sul volante.

"Vuole che chiami un'ambulanza?"
"No, ho detto che sto bene."

Accese il motore e se ne andò, lasciandosi alle spalle l'uomo urlante.
Il sangue continuava a scendergli sul volto,
sarebbe dovuto andare in un ospedale ma poi avrebbe
dovuto aspettare le ore in sala d'attesa e il silenzio avrebbe peggiorato le cose,
perchè i ricordi sarebbero affiorati e non voleva pensare. 
Doveva cercare un posto rumoroso, affollato, dove le voci degli altri
avrebbero potuto soffocare i pensieri.
Dopo mezz'ora di viaggio trovò un locale sulla destra, sembrava un country club
e lui odiava tutto ciò che era country, ma in quel momento persino il peggio poteva aiutarlo.
Parcheggiò tra una serie di jeep e  si avviò su di una stradina imbrecciata.


Aperta la porta del locale, una musica country gli perforò le orecchie. 
Colpa di un vecchio juke-box all'angolo, così vecchio che la musica andava a scatti. 
Dei tavoli rotondi e delle sedie di legno occupavano l'intero locale, disordinati e caotici. 
Le cinque della mattina, segnava l'orologio a cucù sopra la testa della cameriera.
Niente di più pacchiano  e di cattivo gusto, d'altronde erano gli anni 00.
Si mise seduto al bancone e cominciò a giocare con degli spiccioli che aveva in tasca.
Sentiva lo sguardo inquisitore della cameriera su di se e il rumore delle sue unghie
battere un tempo impreciso sul bancone. 
La guardò perplesso e quando si accorse che era ancora più nervosa dopo quella gara di sguardi,
decise di ordinare

"Una birra, grazie"
"Alle cinque della mattina?"
"Una birra, grazie" 

 
Marcò il grazie e deglutì un blocco di saliva.
In cinque secondi la bevanda era avanti a lui,stretta tra le sue mani, con troppa schiuma e rossa.

"Pensavo che se uno ordina una birra gli viene data bionda, non rossa" protestò il cliente.
"Quella bionda è finita"
"A me non piace la birra rossa"

La cameriera gli strappò il bicchiere di mano con tanta furia da far schizzar fuori mezza birra.
Si voltò isterica e riempì un bicchiere.

"Ecco a lei"
"Coca-cola? Io non ho chiesto una coca-cola! Non ho chiesto una dannata coca-cola!
Voglio una birra bionda, mi dia una birra bionda!"

Si era alzato, era al centro del locale, gli occhi coperti da ciuffi di capelli,
i pugni chiusi e le vene gonfie.
Gli unici clienti rimasti lo guardarono stupiti, incerti se prenderlo e sbatterlo fuori o se andare a tranquillizzarlo.
Il juke-box aveva cessato di vivere e il silenzio regnava senza
che nessuno si preoccupasse di riempirlo.
Il bicchiere della coca-cola era caduto a terra, sporcando il pavimento.

"Mi dispiace, é stata una brutta nottata" lasciò dieci dollari sul banco per il disturbo,
tutto ciò che aveva in carta.
Si liberò il volto dai capelli e scoprì degli occhi piangenti.
Alzò le mani in segno di resa e raccattò la giacca, uscendo piano dal locale.
Una volta fuori si sentì una vecchia ballata degli anni '60 e le persone cominciare a parlare di ciò che era appena successo.
Qualcuno l'aveva definito un pazzo e forse non era poi così lontano dallla verità.
Diede un calcio ad un albero e urlò in preda ad una crisi di nervi.
Niente nella sua vita era mai andato come doveva andare e ora tutto sembrava vuoto e senza speranza.
Si sentiva rotto come quel juke-box all'angolo. 

Il sole stava sorgendo e quella che una volta avrebbe potuto considerare una piacevole
mattinata d'inverno, si stava trasformando in un incubo freddo. 
Il grigio del cielo sembrava avvolgerlo in una grande angoscia, e le mani del freddo lo stringevano in una presa infernale.
Si era dimenticato il cappotto a casa.
"Maledizione..." urlò a pieni polmoni.

Quando salì in macchina si accese una sigaretta e cominciò a tirare
come se non ne uscisse il fumo e poi la riaccese e la riaccese, anche se già ardeva.
Provò a far partire il motore, ma non ci riusciva e poi si ricordò di aver lasciato
la radio accesa con quei dannati Aerosmith che continuavano a suonare le loro lagne melense.

"Parti,parti! Avanti..."

Si addormentò in macchina, con ancora la sigaretta tra le dita e una canzone
dei Cure che andava a tutto volume.
A svegliarlo fu la cameriera del locale, battè incessantemente le mani cariche di gioielli sul vetro.
Abbassò il finestrino e la guardò con gli occhi gonfi e stanchi. 

"Non so che problemi hai bello, ma vedi di levare il culo da qui.
Dobbiamo chiudere il cancello e non vogliamo estranei in mezzo ai piedi. Chiaro?"

Prese un'altra sigaretta, la infilò in bocca e l'accese con la lentezza di una casaligna sotto valium.

"Limpido"

Fece volare in direzione della donna una nuvola di fumo e provò a riaccendere la macchina.
Dopo centinaia di tentativi ore prima, la vecchia vettura partì a tutto gas.
Quando tornò a casa erano le otto della mattina e lei se n'era già andata. 
Il letto rifatto, le chiavi sul tavolo e la colazione pronta.
Pensava che dopo tutto quello che aveva fatto poteva lasciare la colazione pronta
e un biglietto con scritto "Addio,mi dispiace"? 
Si addormentò sul divano, con la tazza dei cereali tra le gambe e un cartone per bambini proiettato sul volto.  

Continua...

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Capitolo 2
*** Oh my friend! - Chapter II ***


                                                                             Chapter II.



"E tu stai lì, con i tuoi capelli acconciati e le guance rosee,
i vestiti in una mano e il peccato in un' altra.
Cosa ne vuoi capire tu dell'amore?
Come puoi concepire un essere come te tale sentimento?"...




Quando Chris si svegliò erano le cinque del pomeriggio,
le persiane chiuse e l'odore di fumo riempiva la casa.
Si era segregato tra le mura della sua dimora quando aveva concepito al suo risveglio
di essere solo e di non aver alcun desiderio di vedere nessuno.
Si aggirava in ogni angolo della casa come un cacciatore di ricordi e annusava l'aria
come se tra essa ci fosse intrappolata qualche parola per far ritornare il suo amore perduto. Teneva stretto tra le mani un bicchiere di gin e ondeggiava come un ubriaco,
reggendosi alla speranza di dimenticare ciò che aveva vissuto nelle ultime ore.

Ora era un giovane single che cercava di non cadere nel baratro della depressione.
Si sentiva un schizzo di una grande tela a cui neanche era stato dato un nome.
Avrebbe potuto ritrovarsi nel mezzo di un deserto e urlare ciò che sentiva
senza neanche rendersi conto di assomigliare ad un pazzo.
Era il controllo che più gli premeva di perdere, avrebbe potuto fare una strage,
esternare tutto il suo odio e invece era rinchiuso in casa a compatirsi
e a sperare che qualcuno lo raccogliesse da terra e gli facesse affrontare la vita.
Solo, come uno dei tanti perduti in questo mondo. 

 
Il telefono squillò ripetutamente e Chris perlustrò tutta la casa per trovarlo,
quando lo scovò tra i cuscini del divano.

"Pronto?"
"Chris? Che fine avete fatto tu e Kate?"

Si passò una mano sulla faccia stirata dai nervi e contò con le dita i secondi
che lo separavano da urlare al telefono e piangere come un bambino.
Rivide avanti ai suoi occhi i momenti passati insieme, solo quel nome che non osava pronunciare da ore, risvegliava in lui odori e immagini strazianti.
La sua pelle che scorre sotto le dita, l'odore di lavanda, ciuffi di capelli rossi tra le mani,
labbra scarlatte macchiate di peccati e occhi persi nelle cavità della passione.

"Chris?" Ritornò alla realtà con la velocità di un secondo.
"Ti sento strano, che succede?"
"Ti devo vedere, vengo da te".

Chiuse il telefono e respirò profondamente credendo di perdere la capacità di farlo.
Non aveva mai avuto il coraggio di autoinvetarsi dagli amici che in principio
erano solo quelli della sua amante.
Si era sempre sentito di troppo, sempre quello che era arrivato dopo l'inizio di grandi feste. L'emarginato che aveva trovato la strada per la società.
Ma ora aveva perso ogni timore, ora tutto gli sembrava un assurdo niente
che si disperdeva nel vuoto.  
Si guardò allo specchio e invece dell'immagine di un ventenne,
gli fu rimandata l'immagine di un giovane almeno di dieci anni in più.
Accenni di barba cominciavano a prendere posto sul volto e delle occhiaia contornavano gli occhi arrossati per il troppo piangere.
Poggiò il gin sul lavandino e prese lo spazzolino,
passandoselo violentemente sui denti, fino a farsi uscire sangue dalle gengive. 
Raccattò dall'armadio un maglione che mandava un forte odore di canfora e uscì di casa con la testa bassa, aspettando che qualcuno lo fermasse e gli dicesse che era tutto un sogno. 

 
Quando si ritrovò nel viale di casa di Molly, vide tra i fiori e tra le erbacce vide una bottiglia di liquore e un pacco di sigarette.
La conosceva da tre anni e mai aveva dato prova di essere una casta anima in cerca
di eterno amore, ma di qualche assurda nottata con uno sconosciuto.
Aveva imparato a volerle bene come si fa con una sorella,
ma mai l'aveva considerata una cara amica, eppure in quel momento di assurdo disagio 
si trovava sotto casa sua quasi a chiederle aiuto in un sussurro.

Il cancello si aprì e Chris varcò la soglia di casa come un condannato al pantibolo.
Salì le scale che conducevano alla stanza della sua giovane amica e
quando aprì lentamente la porta, la vide in biancheria intima, coperta da un solo foular bianco. Si stava mettendo lo smalto alle unghie e sembrava uscita da un grottesco spettacolo di cabaret, da un vecchia pellicola degli anni 50. 
Lei alzò lo sguardo, gli occhi azzurri e contornati di matita nera, coperti da due grandi boccoli biondi tenuti giù con delle forcine.

"Chris! Hai un aspetto orrendo! Siediti o cadrai per terra e finirai con lo spaccarmi il pavimento!"

Obbedì come si usa fare con una madre troppo apprensiva e lo fece solo per non farla parlare, solo per galleggiare in quel silenzio che sembrava contenere cose diverse da quelle di casa sua. L'invitato cominciò a giocherellare con un porta chiavi sul tavolo,
martellando a terra con il piede.

"Chris..." gli poggiò una mano sulla gamba e glie la massaggiò con fare incerto,
quando vide che si girò e la guardò con degli occhi velati di lacrime.

"Che ti succede? Non ti ho mai visto così, mi fai paura" 
"Ed è questa che dobbiamo avere, paura di perdere tutto quello che abbiamo.
Sempre, tieniti in guardia Molly. Persino questa stanza potrebbe esserti portata via da un momento all'altro e non ti accorgeresti nemmeno di quanto ci hai tenuto"
"Avanti, smettila" disse con un finto sorriso.

Si accessero una sigaretta, entrambi con le mani tremanti.

"Che cosa stai insinuando Chris?"
"Lei ha deciso di andarsene, dopo tutti questi anni...
Ha preso le valigie, le ha fatte con distacco mentre io la guardavo da un angolo della stanza, mentre la scongiuravo di non partire"
"Kate è partita?"

Molly andò alla finestra, tirando dalla sigaretta e riflettendo.

Mi dispiace, Chris. Ti rifarai una vita, vedrai.
Troverai un'altra e tutto sarà finito nel giro di pochi mesi"
"Come puoi dire questo? Come puoi pensare che una persona che ti ha cambiato,
che ti ha amato e ti ha sussurrato la vita, possa andarsene così facilmente dalla tua vita?
Non è concepibile, non è possibile!
Lei rimarrà in me come una cicatrice e non posso farci niente,
per quanto disperato possa essere il mio pianto, per quanto crudele il mio dolore.
E tu stai lì, con i tuoi capelli acconciati e le guance rosee,
i vestiti in una mano e il peccato in un' altra, e mi vieni a dire che tuttò finirà?
Cosa ne vuoi capire tu dell'amore?
Come puoi concepire un essere come te tale sentimento?" 
Lei lasciò cadere la sigaretta a terra e lo guardò sprezzante.
Si riparò dietro le tende e nascose un volto adirato.

"Pensi che io non abbia mai amato, Chris?
Come puoi essere così crudele da accusarmi di questo?
Ogni umano è capace di amore, per quanto lo esprima nel modo sbagliato.
Che sia l'amore per una guerra, per la vittoria, per il denaro, per una persona...
Ma tutti noi ne siamo in grado, ma in pochi sono in grado di capirlo e tu hai fallito, Chris...
Ti sei dimostrato estremamente superficiale"

A guardarla sembrava una donna di poche parole, una donna vuota intellettualmente,
eppure quando apriva quelle labbra da esse uscivano le parole inaspettate.

"Ora ti aggrappi alle parole, Molly? Vogliamo dibattere sui tuoi amanti,
sulle tue nottate in bianco e sugli sconosciuti che entrano in questa stanza?" 
"E non lo chiami amore? Amore per la passione, per tutto ciò che è effimero e futile come un attimo passato nel piacere, nel peccato più sublime e nell'arte del donare il proprio corpo" 
"Tu non doni, tu costringi il tuo corpo! Ti rifugi in questo e pensi di vincere la solitudine che si protrae in te con gli anni, con i tarli che ti corrodono il cuore ad ogni morso"

"Ti improvvisi psicanalista, Chris? Un piccolo Jung dei nostri tempi.
Vuoi un lettino e una pipa per sentirti a tuo agio, o preferisci le tue vesti da disperato?"
"Mi deridi? Io cercavo aiuto da te e ho ottenuto solo rammarico!"
"Nessuno ti ha detto che ti avrei dato aiuto o che avrei ascoltato le tue lamentele,
piccolo saccente!"

Si guardarono in preda alla collera, Chris prese il cappotto e se ne andò sbattendo la porta.
Non c'era più niente da dire, quelle parole ferivano e laceravano un anima che era già provata. Crollò sulle scale e affondò il volto tra le gambe,
soffocando un pianto che voleva uscire disperatamente.

"Chris!" Molly corse per le scale e lo strinse.
"Non volevo... Perdonami"

Il giovane si divincolò dalla presa, urlando e sapendo che c'era qualcuno ad ascoltarlo.

"Mi dispiace, Chris... " 
"Non serve a niente il tuo dispiacere!" 
"No, ma ti aiuterò ad affrontare tutto questo" 

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Capitolo 3
*** The party - Chapter III ***



                                                                               Chapter III.


"Se non vuoi dimenticare, allora cosa intendi fare?" 

 
Chris e Molly erano seduti a un tavolo di un caffè del centro, sorseggiavano le loro bevande calde con cautela, accuratamente di guardarsi, ma di concentrarsi su ciò che avevano avanti agli occhi ed era in un qualunque caso un partofoglio o una tazza di caffè,
o il passaggio al di fuori della vetrata del negozio. 

 
"Non lo so ...
E' successo tutto nel giro di due giorni  e di certo non avevo programmato cosa fare ." 

 
Passò una cameriera e Molly per chiamarla si sporse fino a cadere dalla sedia.
 
"Si può fumare qui?" 
"L'area fumatori è in fondo"
 
Quando la cameriera se ne fu andata con un sorriso cortese sul volto, Molly raccolse le sue cose tenendo stretta fra i denti una sigaretta.

 "Andiamo, Chris. Emigriamo" 

 
Il giovane si trascinò di mala voglia all'area fumatori.
Era un fumatore, ma non accanito quanto Molly anche se ora che era immerso
dal dolore della sua perdita si gettava anima e corpo su alcool e sigarette,
conscio che non era un modo per fermare la ferita, ma che comunque serviva a non fare uscire più sangue. 
Una volta seduti nell'aerea fumatori, che odorava tremendamente di sigaretta lasciata a marcire da giorni, Molly cominciò a giocherellare con la sua lucky strike e ne assaporò l'odore.
 
"Così piccola e così micidiale. Riesci a crederci?" gli chiese.
"Molly, mi hai fatto spostare da un tavolo dove stavo meditando il mio probabile suicidio,
perchè dovevi fumare questa maledetta sigaretta e ora non la fumi?" 

 
Ripresa dal suo giovane amico, Molly infilò la sigaretta tra le labbra e l'accese,
facendo partite una nuvola di fumi nevrotici che si aggiravano sulle loro teste.

 
"Hai pensato che potrebbe ritornare da te?" 
"Si e la speranza vive in me in ogni attimo, ma non ne sono sicuro.
E' sempre stata così certa delle sue scelte, non è mai tornata in dietro da ciò che aveva deciso
e non penso che lo farà questa volta, non ha ceduto nemmeno quando l'ho scongiurata e mi sono messo persino in ginocchio." 
"L'amavi così tanto? Eppure quando ti guardavo pensavo che non le volessi nemmeno bene."
"Non esprimo apertamente il mio affetto, ma nell'intimo ero molto espansivo"
 
Molly lo guardò attentamente per cercare di immaginarsi quel corpo immerso in effusioni e quella labbra sputare parole d'amore,
ma no, non ci riusciva, continuava a vederlo come un pezzo di ghiaccio incastrato in una sedia di un caffè del centro. 

 
"Penso che abbia avuto un'altro. Sennò come ti spieghi che sia andata via di punto in bianco?"
"Dico che Kate è molto riflessiva, è potrebbe aver meditato molto sul fatto di lasciarti. 
D'altronde la passione finisce Chris, l'amore può finire o diventare una cazzo di abitudine. 
Prendi i miei, stanno insieme da 40 anni e dicono di amarsi, ma secondo me è solo abitudine, perché quando cercano di darsi la mano una smorfia pervade i loro volti. Allora come te lo spieghi? Chiamami cinica, ma non credo nell'amore eterno"
"Io ci ho creduto ed ecco il premio per essere stato un ingenuo"
 
Chris giocherellò con l'accendino che aveva in tasca, in bilico nella decisione di fumarsi
o no una sigaretta e vinse la voglia di fumare.
Si lasciò andare sulla sedia, abbandonando quella posa rigida che aveva assunto da più di un'ora
e cominciò a guardare un quadro dietro le spalle di Molly.
Raffigurava una strada sotto la pioggia, dove un uomo con l'ombrello osservava una vetrina di un negozio all'angolo. 
Il desiderio di viaggiare ardeva in lui, di lasciare quel posto pieno di ricordi e persino
quel caffè dove era stato centinaia di volte con la sua amante. 
Avrebbe voluto essere quell'uomo, forse trent'anni più vecchio e pieno di rughe che segnavano una mente logora e saggia.
E tutti quegli anni sicuramente avrebbero cancellato il ricordo del suo primo amore, finito nella totale disperazione,
soffocato da gin e lucky strike.

 
"Voglio portarti fuori stasera, c'è una festa a casa di un mio amico."
"No, non vengo. Voglio stare a casa..."
"A compiangerti? Cominci a diventare patetico.
Hai vent'anni! Vivi e lasciati alle spalle quello che è successo, dimenticati il passato per quanto possa ferirti e distruggerti.
Devi distrarti e vedere gente, non stare a casa da solo indeciso se usare il gas o la lametta per ucciderti"
"Davvero spiritosa, ma c'è una cosa che non hai capito...Io sto male!
Non voglio vedere gente, il pensiero mi distrugge e poi tutti mi chiederanno di Kate!"
"Ancora con questa lagna?" tirò dalla sigaretta
"Ti porto dove nessuno conosce te o Kate, dove puoi rilassarti, bere e fumare fino a cadere a terra.
Male che vada ti ucciderai in altri modi. E' inutile che mi guardi così, perché ti ci porterò con la forza" 
"Hai una pistola nel reggiseno? Ecco perché il tutto mi sembrava più prosperoso, c'era il trucco..." 
"Chris, se davvero avessi una pistola ti avrei già sparato un colpo in testa."
 
Si alzarono ridendo e Chris pensò che davvero l'avrebbe ucciso se avesse potuto,
d'altronde riconosceva di essere diventato ripetitivo e ossessivo, ma non poteva farci niente era diventata la sua natura da più di 24 ore. 
Alla cassa pagò Molly e la commessa guardò male il giovane, che finse di allacciarsi una scarpa, scomparendo dietro il bancone. 
 
"Che vergogna, un uomo che fa pagare una donna..." disse la signora alla cassa.
 
Molly alzò le sopracciglia e posò le sigarette nella borsa, come se si stesse preparando ad una battiglia in arena.

"Lei è una maleducata e retrograda! Tra l'altro lui è mio fratello!" urlò, così che tutti la potessero sentire.  
Afferrò il braccio dell'amico e corse fuori dal locale ridendo per la faccia adirata della signora,
che si avvicinava ad un viola con punte di rosso sulle guance. 

 
"Tuo fratello, dici?" 
"Esatto, sai no? Stesso sangue, stessi genitori..."
"Meno male che la signora era retrograda, non hai neanche avuto il coraggio di dirle
che non sono davvero tuo fratello ma un amico acquisito!" 
"Cosa intendi dire, Chris?" 
"Lo sai bene che siamo amici solo perché stavo con Kate. Niente di più, niente di meno.
Non mi offendo se lo ammetti, è solo la verità e non te ne devi vergognare."
"Ora ho la prova che sei davvero patetico. Ma ascolta, sei così patetico che mi stai simpatico.
Quindi, sappi  che sto sopportando le tue lamentele e le tue crisi contro il mondo,
solo perché sono una tua amica e se in principio e lo ammetto, non avrei mai voluto essere amica di un tizio che ascolta
ancora Frank Sinatra e si mette i pantaloni a sigaretta, ora devo ammettere che sono affezionata a te e che non ti lascerò in balia della tua anomala disperazione"

Molly tacque, soddisfatta delle sue parole e per festeggiare il suo gran cervello,
si accese un'altra sigaretta.

 
"Questo è il momento in cui dovrei ringraziarti o posso anche stare zitto?"
"Credo che secondo il tuo personaggio lunatico e taciturno, per stare nel ruolo a pennello, dovresti stare zitto e accenderti una lucky strike, poi guardare l'orizzonte con fare sprezzante e poi guardare me, con fare sprezzante" 
 
Quando salirono in macchina Molly tirò fuori un CD e per tutto il viaggio Chris dovette sopportare l'ansia di non sapere dove si stavano dirigendo e l'ansia di una musica asiatica che risuonava per tutta la macchina, con volume al massimo e tanto di sbalzi sul sedile quando prendevano delle enormi buche per strada. 
"Ma dimmi...
Prima ascoltavi i Pink Floyd e adesso arresti il tuo percorso musicale a questa roba asiatica? Sento già odore di fritto..." esplose all'improvvisò Chris, dopo aver sentito l'ennesima vocina asiatica irrompere in melodie che gli ricordavano le montagne e il bambù.ù

 
Molly non gli rispose, cercando di imitare una di quelle vocine e steccando di brutto in un terribile suono di testa.

"Devi girare a sinistra e siamo arrivati"
affermò la giovane in una sorta di trance da musica asiatica. 

 
"Stai scherzando..." sussurrò Chris guardando con fare curioso fuori dal finestrino.
In una casa di campagna si stava scatenando l'inferno e aveva persino visto volare da una finestra una bottiglia e un rotolo di cartigienica. 
 
"Andiamo..." disse Molly scendendo dalla macchina nella sua pioggia di orecchini e collane. 
 
Appariva perfettamente nel suo ambiente, come un animale dei ghiacciai che viene lentamente lasciato morire nel tropico del capricorno e poi viene restituito alla sua nutura e sguazza felice nell'oceano e tra i pezzi di ghiaccio.

"Aspettami!" urlò Chris in preda una crisi di nervi.
Non aveva mai sopportato certe feste, troppo casino e troppa superficialità ma tutta quella confusione avrebbe sicuramente soffocato i pensieri che in quel lungo viaggio in macchina avevano preso forma nella sua giovane mente.
Raggiunta Molly, camminarono per un lungo corridoio.
Dai residui di quadri e lampade rotte, Chris poteva intuire che la casa apparteneva ad una famiglia londinese di ceto medio e che quando sarebbero tornati a casa da delle presunte vacanze o da un weekend a teatro, avrebbero trovato la casa fatta a pezzi e niente gli avrebbe negato due infarti a testa, moglie e marito.
Li aveva intravvisti da una foto, mentre si erano fermati nei pressi della cucina,
per via di un ingorgo. Lui era smilzo e aveva i capelli brizolati, occhiali appesi al collo e una polo bianca per restare comodi ma eleganti, aveva un'aria da banchiere o da dottore in pensione.
A che età si va in pensione?
Non se lo ricordava, ma sicuramente l'uomo aveva 65 anni o giù di lì.
Lei era molto in carne, i capelli a caschetto tinti di un marrone castagna per restare giovane ed un vestito a fiori per non dimenticare la natura.
Tra le mani stringevano le braccia di una bambina dai lunghi capelli biondi e dagli occhi verdi. Tipico ritratto di una famiglia per bene, e Chris si chiedeva perché lui fosse nato con i capelli e occhi scuri, un padre grassoccio e con l'odore di tabacco appiccicato addosso, una madre costantemente sotto valium e somigliante ad un malato cigno nero.  
Lui in compenso non era un brutto ragazzo, glie lo avevano detto in tanti che era di bell'aspetto, ma notava in quei ragazzi dai capelli biondi e gli occhi chiari, una marcia in più, un'apertura verso il mondo che sprigionava luce e bagliori solari, in confronto al tetro aspetto che Chris si portava dietro come una valigia.
Persino Tim Burton l'avrebbe voluto per un ruolo in uno dei suoi film pieni di personaggi
dalla pelle slavata e gli occhi scuri come piccoli insetti neri. 
Guardando bene la bambina nella foto, vedeva un neo sopra la bocca e un naso alla francese che solo una persona di sua conoscenza aveva: Rachel.

"Molly!" urlò Chris adirato.

 
La giovane si girò sorridente, dopo una lunga chiacchierata con un ragazzo biondo e atletico.
 
"Ti avevo detto di non portarmi dove qualcuno avrebbe potuto riconoscermi!"
"Che stai insinuando, Chris?"
"Che questa è casa di Rachel e tu lo sapevi!"
"Questa dici?" rise e gli diede un bacio sulla guancia,
sprigionando un alito che sapeva di cocktail alla fragola.
Aveva già approfittato dell'ingorgo nei pressi della cucina, per farsi allungare qualche drink, che arrivò dritto nelle mani di Chris, uno strano liquido nero dove galleggiava un ombrellino. 
 
Continua... 

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Capitolo 4
*** The morning after - Chapter IV. ***


               
                    Chapter IV - The morning after.




Si guardò attorno, erano tutti fatti o ubriachi o ubriachi e fatti. 
Decise di buttare giù quell'amaro intruglio nero, era davvero disgustoso e lo sentiva tornare su,
ma tappò la bocca e strizzò gli occhi cercando di farlo restare nello stomaco.

 
"Ti senti bene?" gli chiese Molly.
"Si, il drink faceva schifo... Ma passamene un altro" 
 
L'ingorgo nel corridoio si era stappato e Chris non fece in tempo a prendere il drink. 
Furono trascinati dalla massa in quella che una volta doveva essere stata una sala.
I cuscini di poltrone e divani erano stati squartati da futuri assassini,
le lampade e un orologio di legno erano stati buttati a terra, alcuni sopravvissuti all'impatto e altri no.
Ma quello che più colpiva Chris erano le scritte alle pareti, pensò ancora una volta di non voler essere nei panni dei proprietari di casa, anche se i suoi recentemente non erano dei migliori.
"Avanti, Chris!" Molly lo trascinò nella folla di adolescenti urlanti.

 
"Allora, ti diverti?"
"Non ti sento!" disse Chris, cercando di sovrastare le frequenze di altre voci.
"Ti diverti?" ribattè ancora più forte Molly, superando le capacità delle sue corde vocali.
"Da morire" rispose sarcastico con una smorfia in volto.
"Ti ci vuole altro alcool, vado a prenderlo"

Molly scomparve, risucchiata da mille corpi e Chris smise di ballare, sentendosi di troppo in quel luogo
di gente apparentemente superficiale.
Decise di sparire, di andare in macchina e filarsela con dietro tutti i sensi di colpa per aver lasciato
Molly senza un passaggio per il ritorno a casa.
Non sopportava più quel posto, era troppo sobrio per quel casino e quella felicità compressa in una pillola di casa.
In mezzo alla folla di teste anonime ne comparì una color platino.
Chris deglutì un blocco di saliva e cercò di restare calmo.
Era lei, la proprietaria di casa: Rachel.
Cercava di non pensare alle conseguenze di quell'immediato incontro, una collisione tra pianeti,
ma si stava già preparando alle mille domande che di lì a poco gli sarebbero state fatte
"Dov'è Kate? Come state tu e Kate? Davvero vi siete lasciati?"
Doveva fuggire ed evitare un imbarazzante scena di commiserazione. 

 
"Chris!"

Si voltò verso la soave voce che l'aveva chiamato.
Rachel era una bella ragazza e bastava metà del suo volto per illuminare la stanza di quelle giovani anonime.
Aveva lunghi capelli biondi che le incorniciavano un volto roseo e in salute.
Sotto i grandi occhi verdi vi era un piccolo naso alla francese, che sembrava essere stato creato su misura per la sua persona. 
L'aveva sempre trovata affascinante e perfetta nel suo essere una piccola barbie, ma il suo carattere era irritante e fastidioso.
Osava sparlare di tutti per riempire la sua vita di capricci e ansie da prestazione in locali troppo affollati e caldi.
Chris sapeva a cosa stava andando incontro e non gli piaceva affatto,
nel giro di qualche ora tutto il paese avrebbe sabuto che un tale era stato lasciato da Kate Smith.

"Hey, Rachel! Come va?"

Cercò di restare impassaibile, di non mostrarsi assolutamente triste o imbarazzato.
Era lì per divertirsi, non c'era niente di sospetto.

 
"Dov'è Kate? Non la vedo..."

La bionda si guardò attorno in cerca della vecchia amica e non trovò nessuna testa rossa e tanto meno un muso
lentigginoso immerso in qualche whisky.

"Allora, dov'è?"

Chris aveva perso l'uso della parola e nella sua mente mille rotelle stavano creando una fabbrica di scuse e balle galattiche.
Si sentì toccare la spalla, Molly.

 
"Rachel!"
"Molly, che piacere" disse con una smorfia.
Competizione tra bionde, persino i grandi film hanno insegnato questa regola al cervello di Chris, mai far incontrare due super bionde.

"Dov'è Kate?" ribadì Rachel, questa volta alla sua acerrima nemica. 
"Sta male, non l'hai saputo? Febbre... E' a casa, proprio non se la sentiva di venire"
"Immagino, beh salutatela da parte mia." 
 
Girò le spalle e sparì tra la folla, facendo cessare il battito acellerato di Chris. 
 
"Grazie" riuscì a dire a Molly, riprendendo la calma che aveva perso dopo quell'incontro.
 
La giovane gli passò un drink, giusto in tempo per farlo affogare nella consolazione di un alcolico potente e devastante.

"Sai che non potrai tenerlo nascosto a lungo, vero? Voglio dire e se Kate tornasse?
Lei lo andrebbe a dire in giro oppure potrebbe aver trovato qualcun'altro da sfoggiare come una borsetta..."
"Mi sfoggiava come una borsetta?"  

 
Si sentì offeso.
Anche se quello era solo un pensiero di Molly in parte lo percepiva come vero e uscì di corsa da quella confusione,
desideroso di cambiare aria.
Aprì una porta e si trovò in un'altra sala. Sembrava più uno studio ma non c'era alcuna scrivania, solo delle pareti coperte di librerie  
piene di classici della letteratura e manuali medici.
Sentiva un forte odore di citronella e una finestra a piano terra lo separava dal giardino,
dove continuavano ad approdare macchine e giovani in attesa di divertimento.
Accostò le tende e si appoggiò all'unico pezzo nudo di muro.
Diede un pugno alla parete e scivolò a terra, corroso dal pianto.
Teneva in mano un amore che forse l'aveva solo che oppresso e lentamente riusciva a vedere come la sua amata l'avesse solamente tenuto stretto in pugno, mentre lui crollava in un amore sempre più folle e lei in un comportamento che le faceva vedere Chris come una macchinetta usa e getta.

"Sei qui?" la voce di Molly interruppe i pensieri del giovane.

 
Non rispose, non voleva farsi trovare.
Doveva pensare al suo rapporto e a come liberarsi da quel laccio emostatico che era diventato il ricordo della sua amante.

"Eccoti! Non sai che fatica cercarti tra tutta quella gente." 
"Meglio se non mi trovavi, giusto?" 
 
Molly si avvicinò piena di grandi speranze nel far rivivere di piena gioia il suo amico.
 
"Non volevo dire che ti sfoggiava come una borsetta, eravate davvero una bella coppia.
Ma dico che bisogna essere stronzi per lasciare un ometto come te, dopo tutti questi anni."
"Hai detto ciò che pensavi, niente scuse."
"Sai che io e Kate non andavamo molto d'accordo a volte, ma so di certo che non ti stava usando e che se ti ha lasciato ci siano dei motivi molto più seri che un altro con cui uscire"
 
Chris restò in silenzio, facendo scorrere sulla tenda le dita gelide e bagnate di lacrime.
 
"Credo che...Sto per vomitare"

Molly prese il primo oggetto a portata di mano, un vaso in stile giapponese
e il suo amico esplulse l'anima proprio in un quel pezzo d'antiquariato.

 
"Grazie, Chris"
"Di cosa?" la guardò incredulo, non aveva fatto niente, tranne che vomitare persino i polmoni.
"Di aver vomitato nel vaso del padre di Rachel. Spero che se ne accorga e che la sbatta fuori di casa.
Il karma, spero che glie la faccia pagare per la sua lingua lunga"

 
Risero entrambi e Chris si accese una sigaretta, strappando dalle mani di Kate un drink pieno di ghiaccio.

"Vacci piano, bello!" lo riprese.
"Hey, sono maggiorenne! Lasciami morire come Poe e fammi dimenticare quello che sto passando"

Molly si inginocchiò e si mise faccia a faccia con il suo folle compagno di avventure notturne.

"Sei proprio idiota, Chris"
"Lasciami dimenticare..."

 
Cadde a terra, con la faccia spalmata sul tappeto persiano e il drink versato sui capelli. 
Molly si sdraiò accanto a lui, osservando quel volto provato dal dolore e quell'innocenza nascosta tra ciuffi di capelli e accenni di barba. Chris si svegliò acceccato e con l'alito che sapeva di vodka, fece scivolare la mano nella tasca dei pantaloni e afferrò il telefono.
Guardò l'ora, le cinque della mattina e tutto era immerso nel silenzio e nell'ultima ora di buio.
Il cielo si stava già rischiarando e la porta dello studio socchiusa, gli faceva vedere la mano
di una ragazza che si era addormentata sul pavimento.

"Molly..." sussurrò, scuotendo l'amica.

Si svegliò aprendo lentamente gli occhi arrossati e parlò con voce impastata.

"Che vuoi?"
"Andiamocene, potrebbero arrivare i genitori di Rachel."

La giovane sorrise, al pensiero che la sua acerrima nemica avrebbe avuto la peggio sulla sua famiglia perfetta.

"Non sarebbe male assistere alla scena..."
"Io avevo altri piani"
"Quali piani? Avanti, confessa" 
"Volevo andare a vedere le prime luci della mattina" 
 
Molly si alzò, facendo tintinnare gli orecchini  e la collana.
Gli porse la mano e lo fece alzare con tutte le sue forze.

"I tuoi capelli sanno di vodka, Chris. Sei messo peggio di un barbone ubriaco"
"Pensa alla chiazza di alcool che hai sul tuo bel vestito di pizzo"
 
Molly abbassò lo sguardo a livello dei fianchi e vide un enorme macchia rossa ricoprire i complicati intrecci
di pizzo bianco del suo vestito costoso. "No!" urlò.
La mano della ragazza fuori dallo studio si mosse, si sentì un mormorio e di nuovo il silenzio.

"Vuoi svegliare mezza casa?" 

 
Chris la prese per mano ed uscirono fuori come due ladri alle prime armi. 
Il pavimento non era più un pavimento, ma un tappeto di corpi umani e abbellimenti di cicche e bottiglie di alcolici.
La proprietaria di casa era appoggiata al muro vicino alla porta e stringeva una bottiglia di liquore che per metà si era versata addosso. Portava un cappello da giullare e sulla fronte aveva scritta una moderna parolaccia con rossetto. 
Molly le diede un calcio per vendetta e il sangue di Chris si congelò nelle vene,
sperando che non si svegliasse e che non incominciassero a litigare.

"Ma che fai? Sei impazzita? Se si sveglia?"
"Quante domande! E' andata, è completamente ubriaca, non si sveglierà.
Era solo un innocente calcio per sfogare la tensione nervosa che ho addosso contro di lei"

Prima di uscire Molly si concesse un altro calcio dritto alle cosce di Rachel e una scompigliata a quei perfetti capelli biondi.
Salirono in macchina e Molly rimise quell'insopportabile musica asiatica.
 
"No! Questa musica no!" disse deciso Chris.
"Sei uscito dal letargo, Chris? Stai facendo valere il tuo carattere da vichingo represso?"
"Niente vichingo represso,  ma basta con questa roba!"

Mise una vecchia cassetta di Jimi Hendrix, che suo padre gli regalò al compleanno e le note di quel mago della chitarra,
fluirono per tutta la vettura.

 
"Dove stiamo andando?"
"Al mare, vedremo l'alba lì" 
"Scherzi? E' inverno, al mare farà un freddo orrendo" 
"Se vuoi scendi dalla macchina e fai l'autostop fino in città. E' un problema?"
"Preferisco il gelo a questi punti, metti che mi capita un maniaco"
 
Molly abbassò lo sguardo e frugò nella borsetta, ne estrasse un pacchetto di sigarette e da quello estrasse una sigaretta smilza e bruciacchiata.
 
"Uno spinello?" rise Chris. 
 
La giovane sorrise e lo accese, passandolo nelle mani del guidatore.
 
"Sono tre anni che non ne accendo uno, sai?
Io e Kate eravamo fin troppo seri per lasciarci andare a queste cose,
li avevamo vietati in casa e nella nostra vita. Ma a quanto pare non si finisce mai con qualcosa di buono. Dove l'hai trovato?". 
"La sigaretta che aveva tra la mani Rachel, non era una sigaretta!" esplose in una risata e si coprì il volto arrossato.

Il paesaggio scorreva dal finestrino, una campagna oscurata dagli ultimi minuti di oscurità e i primi versi di un gallo che si accinge a compiere il suo mestiere.
Quando arrivarono al mare erano fatti, si tenevano per mano per non perdersi in quella ilarità che li trascinava in risate poco mature.
Le prime luci della mattina presero posto nel cielo e Chris restò a bocca aperta.

"Ecco il bello della vita, il sapore puro della terra.
Un mare calmo, una sottile linea che ricopre l'orizzonte, la sabbia sotto i piedi nudi" si tolse le scarpe e le gettò lontane
"il profumo dell'aria mattutina e l'intreccio dei miei desideri incastrato nel sole nascente.
Tutto è ancora possibile, tutto deve ancora nascere e tutto tace nelle prime luci della mattina"

 
Il sole stava prendendo posto nel cielo e una gradevole luce rossastra ricopriva i loro volti.
 
"In questo momento, qual'è il tuo più grande desiderio, Chris?"
 
Lui tacque, si accese una sigaretta e deglutì il fumo, facendolo uscire dalle narici.
Si girò con il volto pallido per il freddo e le labbra che componevano un sorriso. 
 
"Sparire dietro il mare, dietro quella linea che non ha apparentemente fine"
 
Intrecciò le dita con quelle di Molly e si avvicinò cauto, togliendole i capelli dal volto e sfiorando la pelle cerulea del suo volto. 
Osservò quegli occhi spaventati e posò le labbra sulle sue, con fare incerto. 
Molly abbandonò una posa rigida e si lasciò andare sul corpo di Chris, sentendo il calore del suo cappotto di cotone,
affondò il volto nell'incavo del suo collo e guardò il sole ormai sorto.
Chris si sentì girare la testa e crollò nella sabbia ridendo e tenendo stretta la mano di Molly, che era stata colpita dalla stessa ilarità.
"Siamo persone nuove" disse Chris, squarciando il silenzio "questo mattino ci ha battezzato e ci ha ridato la vita, quando tutto sarà perfettamente illuminato non saremo più gli stessi" 
 
Continua...

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