Caccia alle streghe

di wawaring
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Il concilio ***
Capitolo 3: *** Il primo testimone ***
Capitolo 4: *** La casa del viandante ***
Capitolo 5: *** Visite dalle tenebre ***
Capitolo 6: *** Il giorno della svolta ***
Capitolo 7: *** Arrivano i rinforzi ***
Capitolo 8: *** Benvenuti in casa Inverse ***
Capitolo 9: *** Falco ***
Capitolo 10: *** Segnali ***
Capitolo 11: *** Cominciano i guai ***
Capitolo 12: *** In trappola ***
Capitolo 13: *** l'occhio del Falco ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Giovedì. Giorno di mercato a Saillune.

I mercanti erano giunti di buon’ora, alle cinque del mattino, per issare le proprie bancarelle, come consuetudine.
Erano quarant’anni che Ismac smerciava pelli per tutte le città del Regno di Saillune, ma senz’altro il giorno che preferiva era quello in cui si appostava nella capitale. Saillune aveva un odore particolare. Quando il ponte levatoio veniva abbassato, e lui guidava il cavallo entro le mura della città, lo percepiva appena, poi subito svaniva. Come l’odore di casa. Così familiare, così buono, così effimero. E così magico.

Sarebbe stata una calda e soffocante giornata estiva; ma non in quel momento. Il sole era appena sorto, e l’aria fresca della notte doveva ancora riscaldarsi, ed un debole venticello rinfrescava la sua fronte, già imperlata da gocce di sudore.

Ismac ormai era il più anziano tra i suoi colleghi. Anzi, a dirla tutta, era più anziano di chiunque altro conoscesse. Erano tempi in cui invecchiare era un lusso destinato a pochi eletti. Le guerre, le carestie, le epidemie... i Demoni Superiori che in quegli anni si erano risvegliati… e gli influssi malefici della loro magia oscura.
Il vecchio mercante montò la bancarella meglio che poté. Il mattino, appena sveglio, le sue mani erano ancora intorpidite e doloranti, e ci voleva un po’ perché cominciassero a rendere al meglio. E questo lasso di tempo si allungava ogni settimana di più. Sorrise, assorto nelle sue meditazioni. Quando si è giovani si è nel pieno delle proprie capacità fisiche, ma la mente è irrequieta, turbolenta, incapace di convogliare quelle prodigiose energie in qualcosa di costruttivo. Ma poi arriva l’età adulta, e le onde di quel maremoto si smussano, si fanno via via più ordinate. E nella terza età sono più basse, più lente, più dolci nell’infrangersi sulla spiaggia. Esiste un momento nella vita di un uomo, nell’età adulta, in cui le forse fisiche e mentali sono in perfetta sintonia. Ismac non sapeva quando fosse cominciato. Ma si era avveduto quando le forze fisiche avevano cominciato ad abbandonarlo, e lui aveva cominciato a logorarsi. Se sfili un filo da un tappeto, inizialmente la trama resta intatta. Ma il tempo è inesorabile, e molto determinato, e molti fili erano stati sottratti alla vita del vecchio mercante.

Ma Ismac era in pace con sé stesso. Ismac era felice. Presto si sarebbe ritirato. In quegli anni aveva messo da parte una piccola fortuna. C’era una piccola capanna ad attenderlo, lungo la costa Orientale, lungo l’Oceano. Così, quella mattina, quando lui ed il suo vecchio ronzino, come tutte le settimane, avevano varcato quel ponte levatoio, lui aveva chiuso gli occhi, e aveva inspirato lentamente, ma profondamente, assaporando fino in fondo quell’odore, ben sapendo che sarebbe stata l’ultima volta.

Quello era il suo ultimo giorno di lavoro. E che gli Dei lo perdonassero… avrebbe rimpianto amaramente di non essersi preso il meritato congedo un giorno prima. Solo un giorno. E avrebbe potuto portare con sé, al momento del trapasso, il ricordo di una città di Saillune gloriosa ed illuminata. Ma il destino volle che si trovasse lì in quel giorno, in seguito al quale nulla sarebbe più stato lo stesso.

Alle 7 del mattino, una timida folla cominciò a radunarsi, come consueto. Eppure c’era qualcosa di diverso. Lo sentiva, così come un marito percepisce il malumore nella sua compagna di vita prima ancora che lei apra bocca per esprimerlo. E quando le strade cominciarono a brulicare di folla, quella strana frenesia si fece ancora più evidente.
Si accorse che sulla piazza, di fronte a lui, degli uomini che non riconosceva erano impegnati in una costruzione di legno. Inizialmente aveva pensato stessero costruendo la propria bancarella. Ma poco dopo apparve chiaro che stavano costruendo qualcosa di ben più complesso. Ma cosa?

“Ehi, Sadish…” chiese, chiamando l’uomo nella bancarella accanto alla sua, intento a vendere ad una signora una delle collane più pacchiane e volgari mai viste nella storia dell’umanità “… chi diavolo sono quelli? Che stanno combinando?”
Sadish alzò le spalle “Non ne ho idea, vecchio mio. Ho provato ad avvicinarmi, prima. Ma quelli hanno la bocca cucita. Non ci resta che restare a vedere.”

Le ore passavano, e gli operai continuavano a lavorare nonostante mezzogiorno si avvicinasse, ed il caldo si facesse sempre più soffocante.
“Ma che fretta hanno? Pare che qualcuno gli stia puntando una lama affilata alle parti basse.” Osservò pragmaticamente Sadish.
E quando si fecero le due del pomeriggio… la natura di quella costruzione era ormai chiara a tutti.
Un patibolo.

“Un’esecuzione. Forse già domani.” mormorò Dalila, la cliente più fedele di Ismac – praticamente un’amica- da ormai vent’anni.
“Un’esecuzione? A Saillune?” Ripetè Ismac incredulo “La pena capitale è stata abolita da un decreto regio dal principe Philionel diversi anni fa. E prima di allora, erano decenni che non veniva più messa in atto, ragion per cui il decreto è stato una pura formalità. Questo è semplicemente ridicolo!”
Dalila scosse la testa, e aggiunse “A quel che ho sentito è stata ripristinata alla luce di un fatto molto grave. Ed è stato lo stesso principe a richiedere la pena di morte.”
La notizia colse Ismac come una pugnalata. Nel frattempo una Guardia Reale si avvicinò alla bancarella interessata ai pellami, per poi venire, suo malgrado, intrappolato nella conversazione.
“Ehi giovanotto, ma io ti conosco!” lo richiamò Dalila “Tu sei il ragazzo di Elsa. Quando eri piccolo come una pulce tua madre ti accompagnava a casa mia, e tu giocavi con il mio Dario.”
La giovane Guardia non diede segno di ricordare, ma ormai era solo un minuscolo insetto intrappolato nella ragnatela verbale della vecchia megera.
“Avanti ragazzo, dicci qualcosa di più. Chi è il condannato? E che crimine ha commesso?”
Il giovane scosse la testa “Mi dispiace signora… non posso diffondere questa notizia… Ma verso sera nella pubblica piazza sarà affisso un manifesto con delle informazioni più precise. Di più non posso dire.”
“Suvvia, ragazzo, non farti pregare.” Protestò Dalila “Chi è il povero diavolo? È qualcuno che conosciamo? Qualche nostro concittadino? Abbiamo il diritto di saperlo!”
La Guardia fece cenno di diniego “Oh no, non è di qui. Lei è…”
“LEI???” esclamò Ismac con gli occhi sgranati. Non solo ripristinavano la pena capitale dopo decenni, ma il condannato era una donna. Ma che diavolo stava succedendo a Saillune? Lo pervase un senso di inquietudine, di irrealtà.

Attese impaziente che giungesse sera, per saperne di più. Le ombre progressivamente si allungarono, il sole calava verso ovest, quando un uomo a cavallo bardato di tutto punto giunse al centro della piazza, dove si era radunata un’enorme folla, in attesa di spiegazioni.
Affisse un manifesto in carta di pergamena nella pubblica bacheca, che portava il Sigillo Reale. Era autentico, dunque. Quando se ne andò, la folla, impaziente si accalcò per leggere. In molti si allontanarono scuri in volto, allarmati, perplessi. Era ormai buio quando la folla finalmente si rarefece, consentendo ad Ismac di avvicinarsi all’avviso con un lumino, e svelare finalmente l’arcano.

“Decreto Regio numero 833 dell’anno in corso
Philionel El Di Seillune, per grazia degli Dei Principe di Saillune
Con la presente annuncia che domani a mezzogiorno sarà posta in essere la sentenza di condanna a morte per alto tradimento di Lina Inverse; nemica di Seillune.”

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Capitolo 2
*** Il concilio ***


“Colleghi. Vi prego, silenzio. Chiunque vorrà sarà libero di esprimere la propria opinione in merito a questa spinosa questione. Ma vi imploro di non interrompervi a vicenda, e di moderare i toni.”

Alla richiesta del Presidente seguirono pochi attimi di silenzio. Ma subito dopo le voci si fecero stridule, e i toni fecero ben più che accendersi: si infuocarono.

Ronstand sospirò. Si supponeva che i soci dell’Ordine dei Maghi radunati a quella riunione straordinaria, la crème de la crème di tutti i maghi del Vecchio Continente, fossero persone di una certa cultura e disciplina. Ma ciò a cui stava assistendo non somigliava per niente ad un Concilio di illuminati; sembrava più che altro una rissa da osteria.

Lina Inverse era sempre stato un argomento controverso. Chi la riteneva una dei più potenti maghi contemporanei, una luminare, una visionaria; chi era propenso a considerarla una pazza scriteriata, che fino a quel momento era stata solo maledettamente fortunata. Ronstand era propenso a credere che non ci sarebbero state tante controversie, tanti pareri inconciliabili e radicamente opposti, se l’oggetto della discussione fosse stato chiunque altro.

Lina Inverse non figurava tra gli iscritti all’Ordine, in quanto le donne che vi appartenevano erano una rarissima eccezione. Non che le maghe che erano state accettate in passato fossero più potenti, o più famigerate. Si caratterizzavano più che altro per un’indole mite, per una maggiore umiltà, il che aveva favorevolmente impressionato l’Ordine. Ma la giovane maga dai capelli rossi aveva sempre rifiutato di sottoporsi al vaglio della loro Commissione. Con una retorica spigliata e pungente, aveva puntato il dito contro l’Associazione, accusandola pubblicamente di tutelare maggiormente propri privilegi che il bene comune. E questo le aveva procurato innumerevoli detrattori. Ma le era valso il silenzioso consenso di pochi illuminati.

Ronstand, all’epoca, non era ancora Presidente, ma lo ambiva con tutte le proprie forze. Aveva trovato i modi della maga volgari e discutibili, era stato irritato dalla sua indole impulsiva. Ma aveva condiviso i contenuti di quel discorso, anche se non aveva potuto permettersi appoggiarli pubblicamente. Ma Ronstand non era un pavido, almeno non era quello che amava pensare. Riteneva che il vento di cambiamento non dovesse trasformarsi in un uragano, che avrebbe portato la nave alla deriva; piuttosto che dovesse deviare dolcemente e con discrezione la sua direzione. Non credeva nelle rivoluzioni, sanguinarie per definizione, che facevano una tabula rasa indiscriminata. Credeva nei cambiamenti piccoli e modesti, che non richiamavano manifesti ostracismi, ma che consentivano di ottenere i risultati desiderati in modo meno efficiente, certo, ma più costruttivo.

Ricordava ancora la prima volta che aveva incontrato Lina Inverse. Prima di allora aveva sentito parlare di questa maga itinerante, che dapprima viaggiava in coppia con un personaggio ancor più controverso, Naga del Serpente Bianco. Nell’Ordine serpeggiava una profonda inquietudine verso queste maghe così potenti, capaci di maneggiare dei poteri tanto oscuri, la cui fonte erano i Demoni Superiori. E a rendere il tutto ancora più inaccettabile, si univa il fatto che erano mercenarie dichiarate, pronte a mettere i propri poteri a disposizione del miglior offerente. Questo rischiava dimettere a soqquadro gli equilibri politici ed economici del Vecchio Continente.

Ma allora vi fu un mago molto stimato e apprezzato che spezzò una lancia in suo favore, e che placò l’inquietudine del Consiglio: Rezo, il Monaco Rosso. Per questo non fu convocata, né furono presi provvedimenti disciplinari, che avrebbero incluso, tra gli altri, la tortura e la morte.

Poi era accaduto l’impensabile: Rezo li aveva raggirati, si era servito risorse materiali ed economiche dell’Ordine per risvegliare il Demone dagli Occhi di Rubino Shabranigdo, gettando ombre sull’onorabilità dell’Associazione, che rischiò di essere sciolta.

Si tenne un lungo processo, richiesto praticamente all’unanimità da tutti i Regni del Continente, per accertare le responsabilità dell’Ordine. Molti dei suoi poteri decisionali furono sospesi; il Presidente in carica fu deposto, e il Regno di Saillune, rappresentato dal Principe di Saillune, istituì un uomo di sua fiducia come Presidente pro tempore, ed istituì una Commissione che ricostruisse i fatti e ed accertasse le responsabilità dell’accaduto. Il che venne considerata un’ingerenza – ed un’umiliazione – intollerabile.

La Commissione istituita, della quale Ronstand faceva parte, convocò Lina Inverse a testimoniare. La giovane maga però rifiutò di presentarsi, obbligandoli a raggiungerla presso la città di Atlas, indisponendoli non poco nei suoi confronti.

Ronstand ripensò a quei momenti. Loro, seduti al tavolo di una locanda, luogo inappropriato alla propria mansione, che la giovane aveva loro imposto; e poi lei, in piedi davanti a loro, con gli indomabili capelli rossi che le ricadevano sul viso, con la sfacciataggine e il coraggio che raccoglievano tanti detrattori quanto consensi. Lei, ad accusare uno dei più apprezzati maghi di tutti i tempi di aver risvegliato il frammento di un Demone Superiore al solo scopo di recuperare la vista. Lei, con il viso illuminato dalla passione e dall’impudenza dettati dalla sua giovane età; in quel momento agli occhi di Ronstand sembrò ben più che una mercenaria. Un’idealista. Un’eroina.

Ma la posizione che il mago prese in quella circostanza fu di rimprovero verso l’impulsività di Lina, che incurante delle conseguenze aveva invocato uno dei più potenti incantesimi conosciuti, per il quale un minimo errore avrebbe avuto conseguenze inimmaginabili per l’intera umanità.

Ma al suo rimprovero, Lina aveva risposto con un sorriso spavaldo “E se Shabranigdo ci avesse sopraffatti credete davvero che ve ne stareste qui, con i vostri parrucchini e i vostri anelli da 28 carati, a sventolarmi in faccia le vostre barbose prediche?”

“Lina! Vacci piano, non strapazzarli troppo!” L’aveva richiamata scherzosamente una persona alle sue spalle. Ronstand l’aveva riconosciuto. Era Gourry Gabriev, successore di una delle più facoltose famiglie di Sailarg. E nella fodera saldamente fissata alla cintura, doveva esserci la famosa Spada di Luce.

 

Ronstand riemerse dal ricordo, e si ritrovò nel bel mezzo dell’Assemblea di cui aveva perso il controllo. Davanti a lui c’era ancora, però, Gourry Gabriev. Era stato convocato come persona informata sui fatti. Ma sul suo volto rimaneva bel poco del sorriso pieno di vita che in quel giorno, che pareva lontano mille secoli, aveva indirizzato alla sua compagna.

“Signori! Recuperate il contegno o sarete espulsi dall’Ordine con effetto immediato. E ora SILENZIO!” urlò.

Il richiamo ebbe l’effetto sperato. Era raro che il Presidente perdesse la pazienza.

“Ricapitoliamo. Siete stati convocati in questa sede per esprimere il vostro voto perché Lina Inverse, una collega -una di noi-, è stata condannata a morte in merito al proprio agire in veste di maga. Il Consiglio è stato radunato per formulare una dichiarazione ufficiale dell’Ordine dei Maghi in merito a questa vicenda, che per legge deve essere reperita al Principe Philionel entro domani, in sede dell’esecuzione. In poche parole,” Guardò dritto davanti a sé “stiamo per fornire il nostro parere in merito alla sentenza. Chiaramente, ciò che decideremo non sarà vincolante, ma può influenzare o meno la decisione del Principe Philionel di concedere la grazia. Pertanto, siamo chiamati a decidere in merito alla vita o alla morte di una giovane donna, e voglio che ricordiate questo quando esprimerete il vostro voto. Dal momento che, per ovvi motivi, Lina Inverse non può presenziare al nostro Concilio, è qui presente un suo amico, lo spadaccino Gourry Gabriev di Sailarg, che con la sua testimonianza ci aiuterà a farci un’idea più chiara dei fatti. Lo invito a prendere posto al mio fianco e a prendere la parola.”

 

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Capitolo 3
*** Il primo testimone ***


“…Lo invito a prendere posto al mio fianco e a prendere la parola.”

Gourry Gabriev impallidì quando gli fu chiesto di parlare. Restò immobile ed in silenzio, come se l’invito gli fosse stato rivolto in una lingua incomprensibile.

La stanza era piombata nel silenzio più assoluto; gli occhi di tutti erano sul giovane spadaccino, che guardava davanti a sé con lo sguardo stralunato, come se non riuscisse a capire dove fosse o perché, se stesse sognando o fosse sveglio… se fosse vivo o morto.

“Avanti Gourry!” lo incitò sottovoce la persona che sedeva al suo fianco, sospingendolo in avanti. Ma niente, lo spadaccino non reagiva. Era come catatonico.

Era quello che aveva previsto. Quello che temeva. Odiava avere ragione, e lo odiava ancora di più in quel frangente.

“Ricordi quello che ti ho detto?” disse, azzardando un altro tentativo per scuoterlo “Tu sei il compagno di viaggio di Lina da più di sei anni. Se adesso non dici una parola, tutti trarranno le proprie conclusioni di conseguenza. Il che equivale a condannarla a morte una seconda volta. Coraggio, alzati!”

Niente, nessuna reazione, Gourry era altrove. Il Presidente dell’Ordine lo stava fissando, e con una mano gli fece nuovamente cenno di raggiungerlo, di sedersi alla sua destra, e di testimoniare.

“Per gli Dei Gourry, riprenditi!” ribadì il mago “Tu avevi giurato di proteggerla! Che diavolo stai combinando?”

Gourry sembrò riaversi, e finalmente si voltò, e fissò il suo interlocutore negli occhi, e dopo un silenzio che sembrò interminabile rispose “Mi dispiace… Non ce la faccio…” e si nascose il volto tra le mani.

L’uomo accanto a lui, spazientito, si alzò in piedi “Presidente, il mio amico in questo momento è sconvolto. Se permette, mentre si ricompone” scoccò un’occhiataccia all’amico in questione “vorrei poter dire due parole.”

Ronstand annuì, e gli fece cenno di raggiungerlo. Egli prese il suo posto, fissò la folla, e dopo un sospiro si scoprì il volto. Seguì un sommesso mormorio.

“Il mio nome è Zelgadiss Greywords. E sono diretto discendente di Rezo il Monaco Rosso.” Il mormorio dalla folla si amplificò. Si rivolse a Ronstand “Anche se posso capire che questa per voi non sia esattamente un’ottima credenziale.”

Zel sospirò, mentre lo pervadeva un senso di irrealtà. Ma cosa stava facendo? Stava parlando ad una folla? Proprio lui, che per la maggior parte della vita si era espresso a monosillabi? E proprio in un momento simile? Non era sicuro di farcela. Gli girava la testa. Era giorni che non mangiava. Che non dormiva. Che non pensava. E adesso si trovava in piedi davanti ad una folla, e doveva improvvisare un discorso che non spettava a lui. Maledizione a Gourry.

Lina, si disse. La rivide, dopo aver vinto la battaglia contro Shabranigdo, lasciarsi scivolare a terra, con i capelli bianchi ed un sorriso trionfante. Ricordò di aver pensato, dopo averla vista sorridere, che per tutto quel tempo si era dimenticato che la maga straordinaria che aveva di fronte era solo poco più che una bambina. Lina aveva fatto tanto, per ognuno di loro. In molteplici occasioni aveva combattuto per il bene di tutti, mettendo a repentaglio la propria vita. Non poteva essere mandata al patibolo senza che nessuno lottasse per lei. Non poteva permetterlo. Doveva riprendersi, e subito.

“Ho l’onore di essere amico di Lina Inverse da molti anni,” esordì “e ho combattuto con lei alcune delle battaglie più significative dei nostri tempi, contro Shabranigdo, Zanaffer, Garv e Fibrizio, la Dark Star. È vero, Lina è impulsiva e permalosa; ma ha sempre avuto pieno controllo dei suoi poteri. Li ha usati a favore dei più deboli, e ha sempre anteposto il bene degli altri al proprio. Sul suo conto girano voci di tutti tipi, le hanno affibbiato gli appellativi più vari –più o meno lusinghieri-; ma la verità è che lei è una ragazza semplice, con un dono straordinario. Con dei poteri che ha gestito con saggezza, nonostante i modi apparentemente rozzi. Io penso che, con la diplomazia o –qualora si rivelasse necessario- con la forza, l’Ordine dei Maghi debba impedire questa ingiustizia.”

Aveva detto “con la forza”. Aveva invocato il dissenso eversivo contro Saillune. E bravo Zel, si autocongratulò, domani Philionel si trastullerà con il gioco dell’impiccato non una, bensì due volte.

Come prevedibile, l’affermazione della chimera scatenò il pandemonio, con sommo sconforto del povero Ronstand.

“Lina Inverse è una strega, e le streghe non meritano altro che la morte!” intervenne un mago. Era alto, con i capelli neri, con un isolato ciuffo bianco che gli ricadeva sugli occhi; le spesse sopracciglia nere. Fu applaudito da un buon numero di presenti, mentre i restanti, un’esigua minoranza, osservavano Zel con lo sguardo indeciso e le braccia incrociate.

“Baldon, ci hai già fatto presente il tuo punto di vista in ripetute occasioni” sospirà Ronstand “Quello che ci interessa adesso, è conoscere i fatti. Sapere come sono andate veramente le cose. Signor Greywords, lei era presente nel momento in cui Lina Inverse commise il fatto che le viene imputato?”

Zelgadiss chiuse gli occhi…

 

… E quando li riaprì si ritrovò ancora lì, sul campo di battaglia. Giaceva a terra, supino, in una pozza di sangue. Per quanto tempo aveva perso conoscenza? Dove erano finiti Lina e Gourry? Che esiti aveva avuto la battaglia?

Lentamente, si mise a sedere. La testa gli girò prepotentemente. L’emorragia doveva essere stata notevole.

Abbassò lo sguardo, esaminando lo squarcio che gli era stato aperto nell’addome. Afferrò il pugnale maledetto, che era stato affondato fino all’elsa, e lo estrasse. Dalla ferita sgorgò un flusso di sangue rosso vivo. Invocò un Recovery, e la ferità lentamente si rimarginò. Restò a lungo a fissare l’arma che l’aveva ferito.

Sull’impugnatura era inciso il simbolo della casata reale di Saillune.

 

Lentamente si alzò in piedi, lottando con il campo visivo che si offuscava, e contro un dolore sordo alla tempia, unito ad una specie di ronzio.

Sì guardò intorno. Mentre giaceva a terra incosciente, era calata la notte. Il campo di battaglia era stato ingoiato dall’oscurità, contrastata soltanto da un tenue bagliore lunare, che illuminava la foschia, che serpeggiava tra massi di pietra e detriti, mossa da un vento freddo.

Tese le proprie orecchie, nel tentativo di captare qualche rumore. Niente. Il silenzio era assoluto. Non una voce. Non un grillo che cantava. Solo il suono dei propri passi sulla pietra arida.

“Lina? Gourry? Dove siete?”

 

Zelgadiss ricordava di aver vagato a lungo nell’oscurità, senza una vera meta, seguendo solo il proprio istinto .Finché un vento freddo, impetuoso, impregnato di tenebre, lo aveva travolto. Ricordava di aver stentato a stare in piedi. E poi l’aveva vista, dritto davanti a sé, ad invocare l’incantesimo proibito.

“Lina!” l’aveva chiamata, con un filo di voce “Non farlo!”

“Non ho altra scelta, Zel.” aveva risposto Lina, rivolgendogli uno sguardo addolorato

“Perdonami.”

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Capitolo 4
*** La casa del viandante ***


“La casa del viandante” non era solo un gioco di parole; era un nome nato da una storia. E questa storia narrava di un uomo, e, come in ogni storia che si rispetti, di un grande amore perduto. Ma, nonostante tutto, anche di vita e di speranze.

Klaus doveva la sua vita all’amore.

Non che nessuno avesse mai attribuito un significato tanto poetico al proprietario di una bettola che puzzava di birra, di fumo, di sudore; e di vissuto.

Klaus era un orfano che era stato rigurgitato dall’utero materno, abbandonato lungo la strada ancora bagnato di liquido amniotico, con il cordone ombelicale avvolto due volte attorno al collo. Con il volto pallido, le labbra bluastre, la bocca aperta nel tentativo di avvisare il mondo del suo arrivo.

I passanti perlopiù lo ignoravano, e il destino di quel bambino appariva segnato. Avrebbe lasciato questo mondo in pochi istanti, senza nemmeno inalare il suo primo respiro, nel suo muto tentativo di piangere, di gridare, di vivere.

Ma poi era successo qualcosa. Una bambina di nome Claris si era accorta di lui, si era avvicinata, lo aveva stretto tra le braccia.

“Papà!” aveva urlato “Fa qualcosa, sta morendo!”

Ovviamente Klaus non poteva ricordare quel momento. Non era possibile, non era logico; non aveva senso. Ma nella vita succedono molte cose, e non tutte sono supportate da una logica ferrea.

Per prima cosa successe che Klaus sopravvisse. Il padre di quella bambina non era un uomo di scienza, né tantomeno di buon cuore. Ma in quella circostanza prevalse l’istinto.

Lo liberò dal cappio che lo attanagliava, lo sollevò per una gamba, e gli assestò un violento colpo alla schiena, che gli fracassò qualche costola, ma gli valse la vita.

Klaus visse la sua infanzia in un orfanotrofio, patì la fame, la sete, il freddo ed il bastone dei suoi superiori. Quando fu abbastanza grande da capire che non avrebbe voluto trascorrere un giorno di più in quella miseria, era fuggito, e aveva cominciato a vivere di espedienti e furtarelli.

Finché non si era verificato il secondo miracolo. Lui aveva visto lei, e lei aveva visto lui per la seconda volta; anche questa volta lui era invisibile, miserabile, reietto. Ma Claris l’aveva visto comunque.

Si erano abbandonati l’uno all’altra in riva al mare, si erano sussurrati parole d’amore e mille promesse, ed infine mano nella mano erano fuggiti. E Klaus aveva deciso che era il momento di smettere di fare il viandante e di trovarsi un lavoro onesto ed una dimora in cui vivere.

E così era nata “La casa del viandante”.

Ma il destino è beffardo. Tanto prima si raggiunge la vetta, tanto presto si è destinati a cadere. E Claris aveva dato alla luce il frutto del loro amore, che purtroppo non era sopravvissuto. E lei, a propria volta, stremata ed esangue, aveva abbandonato questo mondo. Così a Klaus era rimasta solo una cosa a cui aggrapparsi.

Ed era proprio nel suo locale, quando apprese la ferale notizia a proposito di Lina Inverse. E la notizia lo colpì particolarmente, perché lei era stata lì, non molto tempo prima.

 

Alzò gli occhi, e gli sembrò di rivivere il momento in cui l’aveva vista varcare la porta. Quella sera il locale non era particolarmente affollato; i soliti ubriaconi e qualche viandante solitario. Ma quando lei era entrata, non era certo passata inosservata. In primo luogo perché le donne che entravano là dentro erano tutte di un certo tipo; e questa decisamente non somigliava a nessuna di loro.

Una cascata di splendidi capelli rossi ricadevano sul suo lungo abito bianco, in pura seta; quando sentì tutti quegli sguardi su di sé portò spazientita al fianco la mano che impugnava il bouquet.

“Che c’è? Mai visto una donna in abito da sposa entrare in un bar da quattro soldi?” sbottò spazientita.

“Mai una così piatta…” mormorò sommesso un malcapitato ubriacone, che cui spettò un cazzotto che lo fece sbalzare dall’altro lato della stanza.

“Qualcun altro ha qualche commento da fare?” chiese lei, calma. Ma nessuno aveva nulla da eccepire, quindi si avvicinò al bancone, dove si accomodò, sprofondando in un mare di seta e pizzi.

“Una birra.” Richiese all’attonito oste.

Klaus poteva vantare di aver assistito ad una nutrita lista di eventi che nessuno avrebbe esitato a definire “fuori dal comune” o quantomeno “bizzarri”. Ma una donna vestita da sposa che faceva irruzione nel suo locale, prendeva a scazzottate i suoi clienti, e si accomodava al bancone come se nulla fosse, faceva impallidire qualunque evento insolito a cui avesse mai assistito in questa vita ed in tutte le precedenti.

“E’ buffo” esordì lei, con un sorriso, impugnando il boccale di birra, senza che lui avesse aperto bocca “E’ la seconda volta in vita mia che indosso un abito da sposa”.

Klaus asciugò i boccali appena lavati senza aprire bocca, incerto su cosa rispondere… e se quel tipo di affermazione richiedesse, in effetti, una risposta. Lei proseguì.

“Oh, ma non sono certo una che sbava dietro questo genere di cose. Non so se mi spiego.” Klaus annuì in silenzio, sebbene non avesse affatto afferrato cosa quella misteriosa ragazza stesse cercando di dire. Ma senza che lui ponesse alcuna domanda, lei continuò.

“Quello che intendo è che… la maggior parte delle ragazze smaniano per questo tipo di cose. Non io. Mai. Io avevo un altro sogno. Qualcosa di più grande. Qualcosa di importante. Badare a me stessa. Essere artefice del mio destino. Cambiare il mondo. Lo capisci questo?” chiese.

Klaus annuì, sebbene continuasse a non capire. Riteneva che assecondare quella strana ragazza fosse la cosa più intelligente da fare.

“La prima volta che mi sono sposata l’ho fatto per denaro” spiegò, svuotando il boccale in un solo fiato, e facendo cenno di riempirglielo “Ma non era un vero matrimonio. Un tale che mi aveva assoldata per far fuori la sua matrigna… una lunga storia.”

Klaus, sempre più perplesso, riempì il boccale come gli era stato richiesto.

Lei si incupì “A me non fregava niente di questo genere di cose, capisci? Io ero felice. Bastavo a me stessa. E poi sbuca da nulla questo tale…”

L’oste annuì con vigore. Finalmente, ai suoi occhi, il discorso cominciava ad acquisire un senso.

“Io non sono il tipo che si fa confondere, capito?” ribadì, con fare minaccioso “Ma questo cervello-di-medusa compare dal nulla. Nessuno gli chiede di aiutarmi, ma lui accorre sempre in mio soccorso. Si autoproclama mia guardia del corpo. Mi segue ovunque.” Il tono della sua voce si addolcì “La sua ingenuità è disarmante. In certi momenti mi chiedo se abbia realmente capito con chi ha a che fare. In altri mi convinco che sia l’unica persona che sia mai stata in grado di capirmi.” Prese a fissare il bancone, in silenzio, come ipnotizzata.

“Disarmati” intervenne per la prima volta Klaus “E’ così che ci si sente. Ma non sempre riporre le armi è segno di debolezza.”

“Lui… avrebbe dato la vita per me. Si è gettato nel Mare del Chaos incurante delle conseguenze.” Una lacrima scese lungo la guancia “Come ha potuto abbandonarmi in questo modo?”

A questo Klaus proprio non sapeva rispondere.

“Come ha potuto farmi questo? Come ha potuto cambiarmi così nel profondo… come ha potuto arrivare al mio cuore… e poi comportarsi così?”

L’oste scosse la testa, e le afferrò la mano “Credimi, ragazza… io di queste cose ho una certa esperienza. Se è destino che voi stiate insieme, lui tornerà da te.”

Fu Lina a scuotere la testa “Destino… io mi rifiuto di chiedere che le nostre vite siano predeterminate. Ma se questo significa che tornerà…” cominciò a fissare il portone di ingresso.

Klaus la imitò “Tornerà.”

 

Gourry Gabriev non tornò.

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Capitolo 5
*** Visite dalle tenebre ***


Shabranigdo, dritto davanti a me.

La spada di luce intrisa di tenebre.

Gli occhi di rubino mi rispecchiano mille volte.

Qual é dei tanti il mio riflesso?

 

Voglio essere più forte.

Cambiare la storia, essere la migliore,

Andare lontano, raggiungere la vetta.

 

Oh fonte di tutti i poteri,

Dammi la forza per affrontare i miei nemici

E coloro che saranno tanto sciocchi da osare affrontarmi,

credendosi invincibili.

 

Se urlassi, mi sentiresti?

Se mi smarrissi nelle tenebre, mi ritroveresti?

 

Cos'è più oscuro del crepuscolo?

Cosa si annida nel nero della notte più profonda?

 

Un bambino. Solo un bambino innocente.

Muoviti, oh mia marionetta!

 

Più forte. Voglio diventare più forte.

Perché i maghi più potenti perdono il controllo?

Perché finiscono per essere dominati

dai loro stessi poteri?

 

Mi risolleverai, mi sosterrai?

Mi porterai in posti che non ho mai conosciuto?

Non sarò mai più sola?

 

Ti seguirò ovunque tu andrai, non ti libererai di me.

Sono il tuo paladino; ho bisogno che tu mi protegga.

Io ho bisogno di te.

 

Guarda quello che potrebbe succedere.

 

Freddo.

Tenebre.

Nulla.

Pace.

Oblio.

 

Ascendo.

 

Ma dove sono? Questo posto... io l'ho già visto.

 

L'hai voluto tu. Ora ti perderai per sempre negli Abissi del Chaos.

 

Rezo volge il suo primo e ultimo sguardo al mondo,

consapevole che il Gran Demone ha già vinto.

Perché non accontentarsi?

Cos’è questa frenesia che ci spinge a superare il limite?

 

Vorrei reagire, ma non riesco. Non ho più la forza di combattere.

 

Smettetela di guardarmi

Smettetela di sperare

Smettetela di rivolgere a me

I vostri mille occhi terrorizzati

 

Non posso essere sempre all’altezza

Non posso essere il vostro eroe

Sono solo un’ombra, una brezza effimera

Un sogno, un ideale, un’irraggiungibile utopia

 

Io sono la creatura più nera di una notte di tempesta

Sono la creatura che tutti temono

Sono Lord Of Nightmare

 

No! Sono Lina Inverse!

 

Dopo tanti viaggi, dopo tante battaglie, non può finire così.

Non può essere che il male abbia vinto sul bene. No, non é giusto.

Credevo che la Giustizia vincesse sempre.

 

Più in alto arriverai, tanto prima cadrai.

 

 

Sono prigioniera del mio destino.

 

 

Lina Inverse aprì gli occhi.

Si mise a sedere, madida di sudore, portando le mani alla bocca per soffocare un urlo di terrore.

Dove sono?

“Sei in una cella sotterranea del carcere del regno di Saillune. Per la precisione in una sezione chiusa da più di cento anni. Quella destinata ai morti che camminano. Da quanto hai questi incubi?”

Lina si asciugò furtivamente le lacrime agli angoli degli occhi.

“Da quanto leggi il pensiero?” chiese con sarcasmo.

Il suo visitatore increspò le labbra in un abbozzo di sorriso “Voi umani non siete così complessi da interpretare, contrariamente a quanto vi piace credere.” Ironizzò “Anche se…”

“… Non capisci perché me ne resti qui buona buona ad attendere la fine.” Concluse per lui Lina “E vuoi sapere come lo so? Amico, mi dispiace dover essere proprio io a darti questa notizia, ma anche voi Mazoku siete piuttosto prevedibili.”

Il sorriso di Xelloss si ampliò “Vedo che non hai perso il tuo scadente senso dell’umorismo.”

Lina sospirò, passando sovrappensiero il dito sul metallo levigato delle sbarre della sua cella “Occorre molto senso dell’umorismo per fronteggiare una situazione simile senza impazzire.” Disse amaramente “Sempre ammesso che io non sia già pazza, e che tutto questo non sia che il prodotto della mia mente malata.”

Il Mazoku si avvicinò “Senso dell’umorismo… oppure un Fireball… seguito da cieli stellati e orizzonti sterminati… insomma, un nuovo inizio.”

La maga continuò a fissare con un’espressione vacua un punto imprecisato della sua cella.

“Perché sei qui?”Chiese infine, con freddezza.

“Voglio impedire che questa follia abbia luogo.”

“E chi vuole impedirmelo? Tu o la Tua Padrona?” chiese bruscamente, fissando i suoi occhi rosa dritto negli occhi semisocchiusi di lui.

Xelloss non parlò, nemmeno per elargire una delle sue tipiche risposte criptiche; ma non abbassò lo sguardo, mantenendo inalterata la sua espressione.

“Sì, certo… è un segreto.” Proseguì lei “Beh, nemmeno io smanio dalla voglia di metterti al corrente di tutti i miei pensieri.”

“Non molto lontano da qui, qualcuno che non ti aspetteresti, sta lottando per te. Per la tua vita.” Interloquì il Mazoku, dopo un lungo silenzio.

L’espressione di Lina, per un breve attimo, si animò di trepidante attesa e di speranza.

“No, non lui.” Sbottò il Mazoku, tradendo un’espressione di disgusto “Lui è rimasto a fissare il pavimento, come l’idiota smidollato che è.”

Lina con uno scatto lo afferrò per il bavero “Tu non vali un millesimo di quello che vale lui.”

Xelloss le concesse uno dei suoi sorrisetti enigmatici “Forse… ma in fondo lui non c’è, mentre io sono qui, giusto?” e sfiorò leggermente le labbra di lei con le sue.

Lina, dopo un istante di esitazione dovuto alla sorpresa, lo respinse “Vattene.”

Il Mazoku non nascose la sua delusione “Ma perché? Di certo non sono queste barre a trattenerti, come quel ridicolo aggeggio che ti hanno messo sulla fronte non è in grado di frenare i tuoi poteri. Ma allora perché sei qui? Perché non fuggi?”

La maga lo fissò negli occhi “Per pareggiare i conti… per affrontare il mio Destino… o, come direbbe la nostra piccola Amelia… perché è giusto.”

Xelloss sospirò “A quanto pare non c’è niente che possa fare per farti cambiare idea.”

“Ma come?” protestò Lina”Già ti arrendi? Sei il peggior negoziatore che si sia mai visto.”

Lui rispose con un amabile sorriso ed un’alzata di spalle.

“Toglimi una curiosità Xelloss, prima che io ti veda dissolvere nel nulla per l’ultima volta. Almeno questo me lo devi. Qual è il vero motivo per cui sei qui? E prima che tu porti il dito alla bocca e mugugni quella pantomima del segreto, meglio che ti metta al corrente che so che sei qui di tua iniziativa. *Lei* avrebbe sicuramente offerto degli argomenti di persuasione più efficaci. Contratti. Ricatti. Le solite cose.”

“Una piccola parte di me si… accorgerebbe… della tua assenza.” Confessò il Mazoku, dopo un periodo indefinito di esitazione.

“Tutto qui?” protestò la maga, con un sorriso “Una consistente parte di me ti sta mandando al diavolo.”

“Allora la accontento subito” le concesse il Mazoku con un sorriso, e dopo un inchino aggraziato sparì nelle tenebre da cui era venuto.

 

Lasciando Lina sola a perdersi nelle proprie.

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Capitolo 6
*** Il giorno della svolta ***


Capitolo 6: Il giorno della svolta

 

Il giorno in cui tutto cambiò non era iniziato come un giorno diverso, né sembrava destinato ad evolvere in qualcosa di significativo. In apparenza, la giornata era trascorsa nella monotona serenità della routine; eppure, ad un’occhiata più attenta, qualcosa di piccolo e straordinario era accaduto.

 

Quella notte Lina Inverse aveva fatto un sogno. La sua attività onirica si era resa più intensa in quegli ultimi tempi.

Aveva sognato l'oscurità e la solitudine del Mare del Chaos. Si era ritrovata immersa nelle tenebre, posseduta da un essere dai mille nomi, dai mille volti, dagli infiniti poteri.

Si era sentita debole, prostrata, sola; in trappola.

Ed in quel sogno, il suo Io era disperso nel Mare del Chaos. Aveva perso la sua identità, la sua forma, la sua essenza.

 

Ma poi un fascio di luce aveva squarciato le tenebre. Una voce aveva parlato alla sua mente, e al suo cuore.

I suoi ricordi non andavano oltre a quel momento. Ma era certa che qualcosa di bello e straordinario avesse fatto seguito a quei momenti di buio.

 

Forse sei testarda ed anche un po’ perversa...

Forse inganni le persone con il tuo fascino...

E guardi dall'alto in basso chiunque sia più debole di te... ma...

Ma io... io ho bisogno di te.

 

E nella luce aveva preso forma un viso.

 

 

"Lina, tutto bene?"

La maga riemerse dalle sue riflessioni, e si trovò a pochi centimetri dal viso l'espressione accigliata dello spadaccino, visibilmente in apprensione.

"Sì. Tutto bene." rassicurò, arrossendo leggermente "Ero solo sovrappensiero."

"Sicura? Non ti sei nemmeno accorta che il pesce ha abboccato. Non è da te."

Lina realizzò solo in quel momento di essere seduta sulla sponda di un fiume e di avere tra le mani una canna da pesca improvvisata nel tentativo di procacciare il pranzo.

"Beh..." Ribatté "La verità è che oggi non ho molta fame"

"Non hai fame?? Ora sì che mi fai preoccupare! Hai la febbre?" Posò la sua mano sulla fronte di lei, e i loro volti si trovarono ad una distanza ravvicinata. Lina Inverse arrossì vistosamente, e la sua frequenza respiratoria subì una decisa accelerazione.

"In effetti sei un po' calda" osservò lo spadaccino "Vuoi che ti porti in braccio al villaggio più vicino?"

"In... In bracc...?!" Borbottò Lina, rossa in viso "No, senti, sto benissimo. Perché piuttosto non ti siedi? Ci sono delle cose di cui dovremmo parlare."

Lo spadaccino le scoccò uno sguardo interrogativo. Ma la assecondò.

"Ok, Lina..." E si sedette a gambe incrociate davanti a lei.

 

E Lina lo guardò in modo diverso. Guardò i suoi occhi azzurri, la sua espressione allegra ed apparentemente ingenua, i lunghi capelli biondi, la pelle abbronzata, il profilo imponente delle sue spalle, le sue braccia muscolose.

In quel momento nella sua mente si succedettero una serie di immagini, risalenti ai momenti trascorsi insieme nel Mare del Chaos. Il gesto eroico di lui, che si era lanciato nelle tenebre incurante della propria stessa vita. Le sue parole. E... qualcos’altro.

 

"Senti Gourry... Ti ricordi quella volta che siamo andati nel deserto, tra i monoliti del Sacro Testo di Magia?"

Gourry diede segno di fare del suo meglio per andare incontro alla richiesta della sua compagna, con un’espressione concentrata che riuscì a strapparle un sorriso. Dopodiché tornò a guardarla, con un’alzata di spalle, ed un irresistibile sorriso da smemorato inveterato e rassegnato.

Ma Lina non aveva intenzione di demordere "Su, cervello di medusa... Fai girare un po’ di ingranaggi... Ti ricordi la sera, nel deserto, quando abbiamo cominciato a parlare... Beh sì insomma... Delle nostre prospettive circa il viaggiare insieme...?

Lo spadaccino alzò nuovamente le spalle "Cosa intendi dire?"

"Beh... Adesso siamo qui... Senza una meta precisa, senza uno scopo... Quindi mi stavo chiedendo... Cosa di andasse di fare." Spiegò, seria. Mentre nella sua mente risuonavano le parole che le aveva detto mentre erano nel deserto.

 

Fino a quando pensi che continueremo a viaggiare insieme?

Non lo so... Magari per tutta la vita.

 

Si rese conto che il ricordo di quanto era accaduto nel Mare del Chaos era sempre stato sepolto dentro di lei. Era stato qualcosa che aveva sempre saputo, ma che per qualche motivo aveva inconsapevolmente scelto di ignorare. Forse perché non era pronta; forse perché semplicemente non si era mai presentato un momento di relativa tranquillità che le avesse concesso di soffermarvisi.

 

In fondo la vita è fatta di attimi. Non era capitato molto spesso che si fosse interrogata sulla natura del legame che la univa allo spadaccino smemorato.

Ma era successo, in passato. Ed il caso (perché Lina escludeva il termine “destino” dal proprio vocabolario) aveva voluto che fossero stati interrotti.

 

Ma in quel momento era lei stessa a non capire dove volesse andare a parare con esattezza. Cosa voleva dire allo spadaccino? Cosa voleva che accadesse? Cosa voleva che cambiasse?

Semplicemente, in momenti di calma come quello, nel quale la loro stessa sopravvivenza o il destino dell’umanità non erano in bilico… in quel momenti, in cui la mente si trovava a vagare, indagare, scavare… sentiva bisogno di trovare una definizione a quel legame.

 

Voleva sentirsi dire che le loro strade non si sarebbero mai separate. Che lui sarebbe sempre stato al suo fianco. In quel momento prese consapevolezza del fatto che la presenza di Gourry era un bisogno essenziale, come bere, come respirare.

Aveva bisogno di lui.

Non perché non fosse in grado di difendersi da sola… qualunque banda di manigoldi nel mondo conosciuto sapeva che non aveva assolutamente bisogno di una guardia del corpo.

 

Ma nonostante questo… nonostante i suoi poteri… sentiva di essere vulnerabile senza di lui. E non si trattava del fatto che senza di lui non sarebbe riuscita a sopravvivere.

Si trattava del fatto che senza di lui non avrebbe avuto alcun senso farlo.

 

Non era sicura di essere pronta ad affrontare le conseguenze che sarebbero seguite a quella rivelazione. Non era sicura di essere pronta ad avere un legame di quel tipo.

Ma voleva che lui lo sapesse. Che non si sentisse autorizzato ad offrire i propri servigi alla prima fanciulla indifesa che trovava per strada. Che si considerasse “impegnato”. Con lei.

Non che volesse smancerie, o niente del genere.

 

“Senti, biondino…” esordì, con il cuore che batteva a mille, ancora prima che nella sua mente avessero preso forma le parole che voleva pronunciare “C’è una cosa importante che vorrei mettere in chiaro.”

Gourry continuò a fissarla con un’espressione disorientata, ma allo stesso tempo incuriosito dallo strano comportamento della sua compagna di viaggio.

“Se per caso ti venisse la brillante idea di piantarmi in asso… Lo sai che il mio Dragon Slave ti raggiungerebbe ovunque, giusto?”

Gourry la fissò ancora più confuso, incerto su cosa la maga volesse sentirsi dire.

 

Lina si rimproverò in silenzio. Non era capace di esprimere un semplice concetto senza estorsioni o minacce di morte? Anche se era molto difficile non minacciarlo… era molto infastidita dal fatto che Gourry-cervello-di-medusa facesse sentire lei, maga-genio-Lina-Inverse, una perfetta idiota.

Si impose di riflettere. Che cosa avrebbe detto una fanciulla PERFETTAMENTE NORMALE in quelle circostanze? Come poteva spiegare che la sua non presenza sarebbe stata ai suoi occhi non apprezzabile? Qual’era il termine esatto per esprimere quel sentimento?

 

E quando il termine balenò, quando improvvisamente seppe cosa dire…

 

… successe qualcosa che avrebbe cambiato per sempre le loro vite.

 

Un messaggero arrivò, a cavallo, puntando verso di lei.

“Signorina Inverse!” esclamò, scendendo trafelato dal proprio destriero “E’ giorni che vi cerco per consegnarvi questo messaggio.”

Lina lo fissò con sguardo torvo, estremamente seccata dell’interruzione. Non sospettò nemmeno per un istante che potesse trattarsi di notizie importanti. Pensò che fosse l’ennesimo cliente che volesse assoldarli per incarichi di dubbia moralità.

Quindi, quando ruppe il sigillo della pergamena che il messaggero le pose, e lesse quel messaggio di poche righe, non realizzò subito di cosa si trattasse.

Ma quando rilesse per la seconda volta, un senso di irrealtà e di panico prese rapidamente il sopravvento. Il respiro le mancò. Impallidì. Sentì le forze mancare. Il campo visivo cominciò ad offuscarsi.

Lo spadaccino corse subito in suo soccorso, prendendola tra le braccia. Capì subito che doveva essere successo qualcosa di grave, perché in tutti gli anni in cui conosceva Lina, non aveva mai assistito ad una simile reazione.

Una volta che la maga si riebbe, lesse il messaggio nella pergamena.

 

 

Luna è morta.

Torna a casa.

Papà

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Capitolo 7
*** Arrivano i rinforzi ***


Capitolo 7: Arrivano i rinforzi

“E di primo impatto come reagì Lina Inverse alla morte di Luna, il Cavaliere di Cepheid, sua sorella?”

Zelgadiss guardò Ronstand, e rispose pacatamente “Ad essere onesti non lo so. Non ero in sua compagnia quando apprese la notizia. L’ho raggiunta solo in un secondo momento. Tutto quello che posso dirvi è che quando la incontrai era profondamente turbata.” Mentì, mentre nella sua testa gli sembrò di sentire la voce di Lina, mente diceva:

Che vuoi che me ne freghi se quella strega è finalmente trapassata? Tanto meglio, una rompiscatole in meno con cui avere a che fare!

“Questo è comprensibile” concesse Ronstand “E tu in quel momento dove ti trovavi?”

La chimera sospirò, restia a rivelare un dettaglio che il Consiglio avrebbe potuto interpretare come compromettente.

“Sarebbe corretto affermare che ti trovavi entro i confini del regno di Saillune?”

Al solo sentire pronunciare il nome Saillune, Zel si trovò a lottare contro un destabilizzante senso di vertigini. Ecco, si disse, ecco perché non volevo parlare al Consiglio. Maledizione a te, Gourry.

Inspirò profondamente, e ritrovata la calma asserì “Non capisco come il luogo in cui mi trovassi in quel momento abbia attinenza con i fatti.”

Baldon si alzò in piedi, puntando il dito grassoccio contro di lui “Ha attinenza perché se è come penso, tu –caro amico- hai un notevole conflitto di interessi. E di conseguenza non saresti un testimone attendibile.”

La presa sul legno del leggio davanti a sé si fece più serrata “Giusto, sono l’unico testimone oculare, come potrei non essere considerato attendibile, emerita testa di…?” si trovò quasi a ringhiare.

“Calmi! Moderiamo i toni!” intervenne Ronstand “Baldon, siediti e non ti azzardare mai più a prendere la parola senza essere stato interpellato, o ti sbatterò fuori di qui seduta stante. E non scherzo.”

Nel frattempo, Zel lanciò un’occhiata eloquente all’amico spadaccino.

Non vedi che sono in difficoltà? Quando ti deciderai a togliermi d’impaccio?

Gourry ricambiò lo sguardo, e allo sciamano parve di cogliere per la prima volta in quei giorni qualcosa di diverso nei suoi occhi.

Forse sta lentamente tornando in sé, considerò il mago, Forse ha bisogno di altro tempo. Sempre che non mi facciano a pezzi prima.

Baldon alzò la mano allo scopo di chiedere la parola. Zel si abbandonò per un istante ad immaginare quanta soddisfazione gli avrebbe dato spezzare quel braccio.

“Sì, Baldon, che c’è?” lo interpellò Ronstand.

“Volevo chiedere conferma di quanto mi è stato riferito dalle mie fonti, ovvero che il qui presente Zelgadiss Greywords, quando Lina Inverse ricevette la ferale notizia, si trovava nel Regno di Saillune, ospite della Famiglia Reale.”

Zelgadiss era stato più volte pugnalato al petto, da armi magiche di tutti i tipi. Ma quel fendente invisibile era stato senza dubbio il più doloroso che avesse mai sperimentato. Guardò Gourry con fare supplichevole, e lo spadaccino non sembrò del tutto indifferente al suo richiamo.

“Signor Greywords, è vero?” domandò Ronstand.

Pallido in volto, Zelgadiss annuì.

Avevi promesso che saresti tornato! Come hai potuto sparire per due anni; e come puoi tornare a farti vivo solo ora, come se nulla fosse?

Troppi ricordi, ancora troppo vividi. Troppo dolore. Troppo pervasivo il senso di perdita. La chimera arrancò sul leggio, sempre più pallido.

“Ho un’altra cosa da aggiungere, Ronstand” aggiunse Baldon “Sempre in accordo alle mie fonti, il qui presente Zelgadiss Greywords avrebbe avuto un intreccio amoroso con la compianta principessa di Saillune.”

 

Non era stato facile decidere di tornare. E, anche se gli era costato ammetterlo, non era stato facile nemmeno stare lontano da lei per tutto quel tempo. E non era stato facile sostenere i suoi occhi gelidi come il ghiaccio, mentre si avvicinava.

“Non erano questi i patti, Zel.” Aveva sussurrato con un tono di voce piatto, come se fosse passato troppo tempo per provare ancora dispiacere… o rabbia.

“Amelia, non posso stare qui. Non posso trascorrere tutta la mia vita nello stesso posto. Ho bisogno di essere libero.”

“Libertà.” Aveva ripetuto la principessa, e mentre batteva le palpebre, aveva mantenuto gli occhi chiusi per una frazione di secondo di più del necessario. “Io ho dei doveri verso il mio popolo. E devo mantenerli, anche a costo di fare dei sacrifici. Non ottemperare agli impegni non significa essere liberi. Significa essere dei vigliacchi.”

 

Zelgadiss si trovò di nuovo intrappolato in quel vortice di ricordi dal quale gli era apparentemente impossibile divincolarsi. Rivisse quel momento, durante il combattimento con la Dark Star, durante il quale lui ed Amelia si erano trovati fianco a fianco a dare energia alla stessa Arma Magica.

Poi lui si era voltato verso di lei, e l’aveva vista con quell’espressione impegnata eppure allo stesso tempo serena e fiduciosa, le guance rosse, le labbra dischiuse, i capelli corvini, le lacrime a lato degli occhi a causa del vento impetuoso. Quando poi lei l’aveva guardato con quegli enormi occhi blu da bambina, ed era arrossita mentre gli chiedeva se sarebbe andato a trovarla a Saillune una volta usciti vittoriosi da quella battaglia, era stato preso da un impulso che gli era stato impossibile governare. Si era chinato su di lei, e l’aveva baciata. E dopo quel momento aveva creduto che non sarebbe mai più stato in grado di smettere di farlo.

Ma man mano che il loro rapporto si concretizzava, la vita che lui desiderava sfumava. Si prospettava una vita in cui non avrebbe più visto gli accesi tramonti sull’oceano, o gli immensi cieli stellati sdraiato sulla sabbia del deserto.

Ma dopo la partenza, si era spesso chiesto, quando scendeva la notte, e l’aria si raffreddava, ed il silenzio calava, se la solitudine fosse un prezzo accettabile. Ma la risposta non era definita, ne definitiva.

 

“Ora basta.” Esclamò una voce, irrompendo nel caos che si era creato, portando tutti a tacere.

Gourry Gabriev si alzò in piedi, e camminò fino a portarsi a fianco alla chimera, ponendogli una mano sulla spalla.

“Scusa se ci ho messo tanto, amico.” Sussurrò.

Zel annuì, il volto pallido ed emaciato dalla deprivazione di cibo e di sonno.

“Il mio nome è Gourry Gabriev.” Spiegò “Io non ero presente… o meglio, non ero cosciente, nel momento in cui Lina…” si interruppe, incerto su come continuare. E semplicemente non continuò quella frase.

“Ma posso raccontarvi come sono andate le cose all’inizio. Posso raccontarvi cosa successe quando accompagnai Lina a casa.”

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Capitolo 8
*** Benvenuti in casa Inverse ***


Capitolo 8: Benvenuti in casa Inverse

“Il Regno di Zefielia. Credevo -o meglio, speravo- non l’avrei mai più rivisto.” Rivelò Lina.

Gourry fissò incerto la sua compagna di viaggio. Fino a quel momento non avevano mai parlato delle rispettive famiglie, e non sapeva se e come rompere l’indugio.

Sapeva che quella di Lina non doveva essere una famiglia come tutte le altre. Da quando aveva conosciuto la maga con i capelli rossi, non si erano mai separati. Ora, lui non sapeva con certezza da quanti anni viaggiassero insieme; non era mai stato forte con i numeri. Ma era piuttosto sicuro che fossero più di cinque e meno di dieci. In poche parole, un sacco di tempo. E in quel periodo nessuno di loro aveva mai minimamente accennato alla rispettiva famiglia, né espresso la volontà di farle visita.

Gourry Gabriev conosceva molto bene la propria storia, ma non sapeva granché di quella di Lina. Certo, sapeva che se ne era andata di casa in giovane età. Non ricordava a quale età precisa, ma, in considerazione del fatto che quando l’aveva conosciuta era poco più di una bambina, doveva essere stata molto giovane.

Altra cosa che sapeva era che lei provava allo stesso tempo un terrore cieco ed un complesso di inferiorità per la sorella, che sembrava fosse stata una specie di prodigio. Ricordava che al solo sentirla nominare dalla draghessa bionda, con la coda che sporgeva da sotto la gonna ed il martello borchiato (Fisia? Forse Furia?) era arrivata a scavarsi una specie di ecatombe nel tentativo di seppellirsi. Lui pensava che fosse semplicemente impossibile che esistesse una maga più potente di Lina, o almeno, lui fino a quel momento non ne aveva mai incontrata una. L’unica spiegazione possibile era che fosse un’esagerazione, o che questa Luna dovesse essere di una potenza sovrannaturale. Più di quanto non lo fosse già Lina, si intende.

Luna e Lina. Che fantasia, ironizzò.

Lo spadaccino venne bruscamente strappato alle sue riflessioni da una gomitata della maga “… Gourry? Terra chiama Gourry! Cervello-di-medusa, mi ascolti quando ti parlo?”

Si grattò la testa “Scusa, Lina. Stavo pensando che quando ti è arrivato quel messaggio hai reagito proprio male. Ma non ho mai avuto l’impressione che tu fossi tanto legata a tua sorella.”

Lina batté le palpebre, sorpresa dalla sensibilità che lo zuccone aveva per le sue reazioni “Vedi… il fatto è che io non ho reagito in quel modo per la prima parte del messaggio, bensì per la seconda.”

Lo spadaccino si eclissò nelle sue riflessioni per un bel po’ “Intendi il ‘torna a casa’?” arguì.

La maga annuì, visibilmente turbata.

“Non mi hai mai raccontato nulla della tua famiglia.” Esordì lo spadaccino, decidendosi infine ad addentrarsi in quel campo minato.

“Se non l’ho mai fatto, c’erano delle ragioni ben precise.” Spiegò la maga.

“Vale a dire?”

Lina esitò, infine rispose “Credo che avrai modo di scoprirlo molto presto.”

 

Il resto del viaggio proseguì per la maggior parte del tempo nel silenzio.

Le terre dove Lina era nata e cresciuta erano tempestate di montagne dalle cime irte ed innevate. Dalla vallata che stavano percorrendo si intravvedevano sparuti e solitari villaggi montani. L’aria era fredda, il cielo terso lasciava intravedere un’innumerevole schiera di montagne all’orizzonte.

Per due giorni e due notti brancolarono nell’oscurità, avvolte nelle loro pellicce, travolti da una tempesta di neve. Il giorno dopo, mentre Gourry e Lina riuscivano finalmente a riposare per riaversi dalla spossatezza fisica causata dal freddo, dalla fame e dallo sforzo strenuo, furono svegliati da un potente terremoto. Lina indicò una delle tante montagne all’orizzonte.

Lo spadaccino osservò affascinato la lava luccicante e la nube di fumo nero che ne lambiva la sommità.

“Quel vulcano era inattivo da secoli.” Commentò la maga, con uno sguardo ed un tono di voce allarmati che allo spadaccino non piacquero neanche un po’.

“Beh, può capitare, giusto? Che un vulcano inattivo riprenda vita, intendo. Non deve necessariamente avere un significato.”

Lina annuì, ma a giudicare dallo sguardo quell’eruzione sembrava impensierirla.

Dopo altri due giorni di cammino giunsero finalmente in casa Inverse.

 

Arrivarono tardi, i funerali solenni avevano già avuto luogo la settimana prima. Quando entrarono in casa ricevettero un tiepido benvenuto, e furono subito scortati alla lapide di quello che era stato il Cavaliere di Cepheid, tappezzata di fiori e di lettere di addio; perfino delle poesie.

La famiglia Inverse stette raccolta davanti alla tomba; Lina con un’espressione disorientata, dando l’idea di non capire se si trovasse nella realtà o in un incubo. I due genitori le stavano alle spalle, in silenzio, con uno sguardo profondamente addolorato.

Non erano come li aveva immaginati. Gourry, nella sua testa, si era sempre figurato la madre di Lina come una copia leggermente più attempata della figlia. Invece doveva essere molto in là con gli anni; o, se così non era, doveva portarseli davvero male. Portava dei capelli lunghi e bianchi, e aveva un fisico decisamente robusto, che non ricordava affatto quello esile della figlia. E non aveva forse avvertito un odore estremamente sospetto, nel suo alito, quando si erano stretti la mano, nonostante fossero giunti ben prima di mezzogiorno?

Eppure i due coniugi esprimevano un dolore stranamente composto, e silenzioso. C’era qualcosa di strano, e di profondamente sbagliato, perfino surreale, nella scena a cui stava assistendo.

Jaris Inverse, invece, era un uomo dai corti capelli brizzolati, con degli enormi baffoni di colore grigio. Gli occhi castani semisocchiusi sembravano estremamente severi, quelli di un padre duro ed intransigente. Somigliavano molto agli occhi di suo padre.

 

Per mezzogiorno il pranzo era servito. Vera Inverse servì un brodo caldo sul quale lo spadaccino si fiondò con il solito entusiasmo, ansioso di riscaldarsi dopo aver trascorso la mattinata esposto all’aria gelida di montagna. Notò invece che Lina non si avventava sul cibo con la solita lena, ma si serviva con bocconi piccoli e con estrema lentezza.

Jaris fissò in silenzio il suo modo di mangiare. Lo spadaccino non riuscì ad interpretare quello sguardo. Rallentò il ritmo e raffinò il modo di servirsi, adeguandosi a quello che faceva Lina. Evidentemente in quella casa l’ingordigia per il cibo non era vista di buon occhio.

Vera ruppe il silenzio “Vedo che hai molto appetito, Gourry!” osservò con un sorriso, servendosi un bicchiere di vino “Devo dedurre che hai gradito il mio stufato?”

Lo spadaccino fu ben lieto che gli fosse stata offerta una via d’uscita da quel silenzio imbarazzante “Eccome, signora Inverse, è lo stufato migliore che abbia mai mangiato!” affermò con genuino entusiasmo.

Vera arricciò le labbra in un sorriso, soddisfatta del complimento ricevuto. Jaris nel frattempo continuò ad osservare molto attentamente la figlia, che non alzava lo sguardo dal piatto e giocherellava con il cucchiaio.

“Siete sposati?” chiese infine, a bruciapelo, rivolgendosi a lei.

Lina sbiancò, con un’espressione terrorizzata che preoccupò molto Gourry, che accorse subito in suo soccorso.

“Nossignore. Io sono la sua guardia del corpo.”

Jaris lo guardò freddamente “Giovanotto, non mi sembra di averti rivolto alcuna domani. Quando mi rivolgerò a te lo capirai perché ti chiamerò per nome e ti guarderò fisso negli occhi. Lina, gradirei una risposta. Costui è davvero la tua guardia dei corpo?”

La maga, sempre più pallida in viso, annuì. L’uomo continuò a fissarla con intensità, mentre lei evitava accuratamente il suo sguardo. Gourry era rimasto sorpreso dai modi del padre di Lina. Aveva sempre pensato che il carattere espansivo ed egocentrico della giovane maga fosse dovuto alle attenzioni ricevute in famiglia, non aveva mai considerato che potesse essere una reazione a quel clima freddo e di indifferenza. Ma quello che lo stupiva ancora di più era che Lina, invece di rispondere con la sfacciataggine di cui solo lei era capace, sembrava sopraffatta dalla situazione.

In quel momento notò il ritratto di famiglia sopra il caminetto acceso. Rappresentava dei Vera e Jaris decisamente più giovani, che stringevano in braccio una ragazzina dai capelli castani e con una frangetta monto pesante che le ricadeva sugli occhi, vestita con una toga da sacerdotessa. Perché Lina non c’era? Anche ammesso che fosse nata dopo che il ritratto fosse realizzato, non sarebbe stato più di buon gusto realizzarne un altro che raffigurasse anche la secondogenita, o toglierlo, piuttosto che escluderla in quel modo?

Jaris nel frattempo, parve decidere di riversare la sua attenzione sullo spadaccino.

“Raccontaci di te, Gourry. Cosa fai nella vita?”

“Beh, io me la cavo discretamente con la spada.”

“Discretamente?” Ripeté Jaris, accigliato “Figliolo, una cosa ha senso farla solo quando si eccelle. Se discretamente è il meglio che sai fare, forse sarebbe meglio che cambiassi mestiere.”

“Papà, Gourry fa solo il modesto.” Intervenne Lina per la prima volta, con la voce tremante “In realtà è uno dei migliori spadaccini che si conoscano.”

L’uomo ignorò completamente il commento della figlia, senza staccare gli occhi da Gourry. Che, sebbene confuso, sostenne quello sguardo indagatore meglio che poté.

“Gourry, desideri vedere la tua stanza?” intervenne Vera, che non dette segno di fare caso al comportamento del marito “Sarete stanchi dopo questo lungo viaggio, avrete voglia di distendervi per un’oretta dopo pranzo.”

Lo spadaccino colse l’invito con estrema gratitudine. Ma allo stesso tempo con terrore. Si dava per scontato che trascorressero la notte in quella casa? Avrebbe preferito mille volte tornare nella tormenta di neve. E poi, aldilà del suo disagio, era chiaro che a Lina non faceva bene restare in quella casa. Con quell’uomo orribile che le faceva il terzo grado.

 

Vera gli mostrò una piccola stanza con un focolare.

“Il fuoco è spento” spiegò “perché non aspettavamo visite. Più tardi passerò ad accenderlo”

“Non c’è bisogno, Signora, ci penserò io.” La rassicurò Gourry “Piuttosto, vorrei rinnovarle le condoglianze per la sua perdita.”

Vera si incupì “Oh sì… quella figlia… era tutto per noi… tutto…”

Lo spadaccino le pose una mano sulla spalla “Ma c’è ancora Lina.” Aggiunse, spiazzato da quell’affermazione.

La donna lo guardò confusa, e con scarsa convinzione disse “Oh, sì… naturalmente...”

“Posso chiedere com’è successo?”

“Ancora non si sa molto, purtroppo. Tutto quello che sappiamo è che è morta in combattimento. Il Regno di Saillune ha promesso di mettere in gioco delle risorse per scoprire l’accaduto. Domani sarà qui una loro ambasciata. Nostra figlia Luna era molto amata. Senz’altro è questo il motivo di questa generosa offerta.”

Gourry si astenne dal dire che se c’era in gioco il Regno di Saillune, difficilmente si trattava di un favore personale a Luna. Più probabile che Amelia e Phil fossero preoccupati per Lina. E quindi sarebbero giunti l’indomani. Non poteva ribellarsi all’idea di passare un altro giorno in quel clima da storia horror.

Quando Vera finalmente se ne andò, chiudendo la porta dietro di sé, si abbandono stremato sul letto.

Un breve pisolino, si ripromise, poi passerò al setaccio la casa per vedere se riesco a scoprire qualcosa di più. E per non lasciare Lina da sola in questo covo di matti.

Ma non si svegliò fino al giorno dopo.

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Capitolo 9
*** Falco ***


Capitolo 9: Falco

Il terzo giorno in casa Inverse, Gourry si era svegliato di buon’ora, rattrappito ed infreddolito. Era sceso in cucina, e aveva sorpreso Vera nell’intento di travasare il contenuto di una damigiana in una raffinata tazza in porcellana. Non che la visione avesse aggiunto qualcosa a quello che aveva già intuito dal suo alito alla prima stretta di mano. Non si sentiva di biasimarla: anche lui da quando aveva messo piede in quella casa aveva un fottuta voglia di bere. Poteva immaginare che viverci amplificasse esponenzialmente quella voglia.
Quindi era uscito di casa, gustandosi l’aria fresca e pungente del mattino, assaporando il panorama mozzafiato offertogli delle montagne innevate. Nel corso della sua passeggiata esplorativa aveva sostato in una locanda per la colazione.
Una cameriera si era avvicinata, consigliandogli la torta del giorno, una torta di mele, che a Gourry fu più che gradita. Era ancora calda quando gli fu messo davanti il piatto, e la mangiò avidamente senza avanzare nemmeno una briciola.
Un signore pelato e con un bel paio di baffi si avvicinò. Era grassoccio, ed indossava un grembiule sporco di farina “Hai gradito la torta, figliolo? Il piatto ripulito è il più grande complimento che si possa fare ad un cuoco, oh sì.” Esitò “Da dove vieni? È molti anni che non si vedono stranieri da queste parte, eccetto i poveri diavoli che vengono fin quassù per rifornirci ed acquistare i nostri prodotti caseari e le nostre pellicce.”
Gourry si presentò “Vengo dalla città di Sailarg.”
Il cuoco sembrò colpito. Fece un fischio “E’ un bel viaggio fin qui. Cosa ti porta da queste parti, straniero? E dove alloggi?”
“Ho accompagnato un’amica che ha di recente subito un lutto familiare. Mi ospita la sua famiglia, l’ultima casa lungo questo sentiero.”
L’uomo annuì “Oh sì, questo è un paese piccolo, e tutti noi volevamo bene a Luna Inverse. Lavorava proprio in questa locanda. Nonostante fosse una sacerdotessa nel tempo libero amava fare la cameriera.” Sospirò, facendo spallucce “Come ha preso la notizia, la piccola Lina?”
Gourry balbettò, incerto sulla risposta “Beh… di certo è molto sconvolta.” E ripensò alla maga ed al suo sguardo fisso davanti a sé mentre mangiava con lentezza, completamente inerte, mentre il padre lanciava continue frecciate.
Il cuoco annuì con vigore “Erano molto legate. Vera ebbe Lina in tarda età, quando nessuno credeva fosse ancora in grado di dare alla luce dei figli. Jaris non ha mai fatto un mistero del fatto che la piccola non fosse desiderata né attesa.” Aggiunse, con uno sguardo cupo “Luna era già quindicenne, e serviva ai tavoli di questa locanda, e la piccola Lina la seguiva ovunque, con quello sguardo di amore incondizionato e di adorazione che si riserva ai fratelli più grandi.” Sorrise.
“Davvero?” si stupì Gourry, stentando ad immaginare Lina che ronzava intorno alla sorella con sguardo adorante. Con la coda dell’occhio notò che la cameriera che l’aveva servito stava ascoltando con attenzione la loro conversazione, tentando di non dare nell’occhio.
“Oh sì, così dico, e non dubitare.” Si rattristò nuovamente “Sentiremo tutti la mancanza della cara Luna, anche se era molto tempo che non si faceva viva. Sembra che avesse una missione. Qualcosa di estremamente importante, ma pericoloso. Come dimostra quello che è successo.”
 
Pochi minuti dopo Gourry proseguiva la sua passeggiata nel villaggio dove Lina era nata e cresciuta. Quel penoso viaggio stava svelando dei risvolti inaspettati della vita di Lina. Lui aveva sempre immaginato che fosse vissuta in una grande città, in una famiglia armoniosa e numerosa. Invece tutte le sue aspettative erano puntualmente state disattese.
Ad un certo punto lo pervase una certezza. Il suono di passi che avvertiva distintamente dietro di se gli fece arguire che non era solo, qualcuno lo stava seguendo. Con rapidità e destrezza, avvinghiò la mano al manico della Spada di Luce, la estrasse, e prima che il suo inseguitore avesse modo di accorgersene, l’elsa era premuta sul suo collo.
“Che diavolo combini, cervello-di-medusa?” esclamò Lina, divincolandosi “Se hai i nervi a fior di pelle, fatti una camomilla!”
Lo spadaccino ripose la spada, con aria sorpresa “Scusami Lina, ero convinto che qualcuno mi seguisse.”
La maga non trattenne una risata “Seguirti? Quaggiù, nel paese del freddo e della noia mortale dove perfino le cattive intenzioni si congelano?” ironizzò “Ora seguimi, ci attende una giornata fitta di impegni.”
Gourry la fissò perplesso “Impegni?”
Lina lo guardò fisso negli occhi “Credo che tu abbia già intuito che il rapporto con mia sorella non fosse idilliaco. Questo non significa che non sia ansiosa di fare luce su quanto le sia successo. E anche se a giorni arriverà Amelia ad aiutarci, non me la sento di aspettare.”
Lo spadaccino annuì ed abbozzò un sorriso. Gli sembrava una necessità perfettamente legittima.
“Dove siamo diretti, capitano?” ironizzò, portando la mano alla tempia, in una interpretazione più che convincente del saluto militare.
“Questo è lo spirito giusto, Gabriev. Questo è lo spirito giusto.”
 
Camminarono a lungo nel sentiero che portava dal villaggio entro un bosco di abeti così fitto che Gourry nell’addentrarvisi provò un senso di claustrofobia. Lo spadaccino non seppe giudicare per quanto tempo avessero camminato, dal momento che gli alberi impedivano del tutto la vista del sole; ed in assenza totale di punti di riferimento non avrebbe nemmeno saputo tornare al villaggio. Lina tuttavia si muoveva con notevoli agilità e sicurezza, come se avesse percorso quella strada almeno un milione di volte.
Arrivarono infine in una valle percorsa da un ruscello di acqua gelida e cristallina, con la quale Gourry si dissetò. All’estremità opposta della vallata vi era una minuscola casetta con un comignolo fumante.
“E’ lì che siamo diretti?” chiese, e Lina annuì in risposta “E chi abita sperduto in mezzo ai boschi?”
“Qualcuno talmente saggio da preferire la solitudine” ribatté una voce alle loro spalle. Nello stesso momento in cui aveva iniziato a parlare, Gourry era trasalito, aveva sguainato con estrema rapidità la spada, e l’aveva puntata contro il nuovo arrivato. Squadrò con diffidenza quella persona che era stata capace di avvicinarsi talmente in silenzio da prenderli (quasi) alla sprovvista. Ma quando vide Lina ridacchiare, si rilassò.
“Il fatto di averti sorpresa con tanta facilità non mi riempie d’orgoglio. Specie se si tiene conto del fatto che sono un povero vecchio ormai praticamente cieco.”
“Vecchio e cieco, ma pieno di risorse come sempre, caro Falco.”
 
“E quindi questo nonnetto sarebbe il tuo Maestro?” sussurrò Gourry alla sua amica, davanti ad una tazza di tè fumante.
“Non ti conviene sussurrare, spadaccino. Ho l’udito più fine di quanto possa sembrare osservando questa vecchia carcassa.” Ribatté Falco, in una smorfia di dolore mentre le sue articolazioni doloranti scricchiolavano dolorosamente del tentativo non particolarmente fluido di accomodarsi  sulla sedia.
“Più che udito fine, la definizione esatta è telepatia.” Spiegò Lina, poi, all’espressione perplessa di Gourry aggiunse “Significa saper leggere nel pensiero.”
“Viaggiatore, rilevo che non hai una mente svelta e pronta quanto le tue mani con la spada. Ma ho davvero ammirato la tua rapidità. Ed in fin dei conti, gli Dei, nella loro immensa saggezza, hanno scelto di centellinare le virtù negli uomini perché nessuno diventasse abbastanza forte da sopraffarli… o forse semplicemente per il crudele divertimento nel vedere il saggio arrancare nell’ovvio, o l’uomo possente soccombere al veleno di minuscoli esserini, quali gli insetti o i serpenti.”
“Tranne te, Falco. Tu sai fare tutto.” Puntualizzò Lina, guardando con affetto il suo vecchio maestro.
“Ad oggi il mio più grosso limite è la mia veneranda età, e se sarai meno avventate nello scaricarti addosso le ire dei Demoni Superiori forse ci arriverai anche tu, e avrai modo di rendertene conto.” Guardò lo spadaccino “La ragazza ha potenziale, ma ha un enorme limite.”
“La sua linguaccia.” Continuò lo spadaccino, ottenendo una gomitata dalla maga ed una risata dal suo vecchio precettore.
“Vedo che l’ha inquadrata correttamente. E questo è essenziale quando si lavora in squadra, o quando si costruisce un legame.” Alluse, provocando un istantaneo rossore sul volto della maga. Anche se Lina non avrebbe saputo dire se la sua affermazione fosse in virtù di qualche segnale captato dalla sua mente telepatica, dal suo intuito affilato… o alla luce di qualcosa che poteva essere evidente anche ad un osservatore meno attento.
Ma non era più il momento dei convenevoli. Era il momento dei discorsi seri.
“Sai perché siamo qui?” Chiese Lina al suo vecchio Maestro.
“Luna è sempre stato il tuo motore, il cavallo da battere. Ti ha portata a cercare il mio aiuto per diventare una vera maga. Ti ha spinta ad andartene di casa quand’eri ancora giovanissima, contro il mio parere e la mia volontà. Sono certo abbia condizionato il tuo agire nei tempi che sono seguiti. Ed è ancora una volta per lei che sei giunta al mio cospetto.” Svelò Falco, intento a confezionarsi una sigaretta con le vecchie mani tremanti deformate dall’artrite. Lina, nel vederlo così lento ed impacciato, non poté fare a meno di pensare a quei tempi in cui lo stesso gesto gli richiedeva meno di un secondo.
“Puoi aiutarmi a ricostruire quello che è successo?”
Il vecchio puntò su di lei i suoi occhi opachi “Non posso aiutarti come vorrei, perché non so molto. Ti consiglio senz’altro di recarti al Tempio di Cepheid, dove ha sede l’Ordine di sacerdotesse a cui tua sorella apparteneva.”
Lina arricciò il naso “Non sono mai state molto disponibili nei miei confronti.”
“Tuo il problema, tuo l’onere.” Sancì Falco, pragmatico “Tutto quello che posso dirti è pochi mesi fa, al risveglio da un sonno tormentato, sono stato assalito da una certezza. Un’oscura presenza ha visto la luce. E forse più d’una. E so per certo che ne hai avuto il sentore,” Disse, rivolto alla sua allieva “quanto il Monte Skefh si è risvegliato, dopo tanti secoli di inattività.”
La maga lo fissò sorpresa “Non pensavo che i tuoi poteri telepatici avessero un raggio d’azione così ampio.”
Falco la guardò, esitante, dopo aver aspirato dalla sua sigaretta “Ho sentito anche Luna.”
Lina sbalzò in piedi, irrequieta “Perché non l’hai detto subito? Cos’hai sentito, vecchio?”
Si sentì afferrare il polso da una presa delicata ma allo stesso tempo ferma. Era Gourry.
“Lina, calmati, e torna a sederti. Sono certo che Falco ci racconterà cos’ha visto… o sentito. Non so come funzionino, questi poteri tecatici.”
“Telepatici” lo corresse Falco con un abbozzo di sorriso “Ad ogni modo i miei poteri a volte prendono la forma di voci, altre di vere e proprie visioni. È come avere un quinto organo di senso proprio qui,” indicò il centro della sua fronte “che include le caratteristiche degli altri quattro; ed in più comprende un’altra dimensione: quella spirituale.”
“Sì, sì, tutto questo è molto interessante.” Ribattè Lina, seccata “Adesso vuota il sacco e dicci che hai visto.”
Il vecchio mago le rivolse un’occhiata di muto rimprovero per quell’atteggiamento curioso ed impaziente che aveva da sempre tentato di correggere, e che rappresentava a suo avviso il suo unico punto debole. Anche se, a giudicare dagli sguardi che intercorrevano tra lei ed il suo compagno di viaggio, era chiaro che in quegli anni la sua allieva aveva maturato un’ulteriore debolezza. E se da un lato la cosa lo amareggiava, dall’altro aveva raggiunto un’età più che veneranda per capire che la vita è così lunga e fredda, se trascorsa nella solitudine.
E gli Dei sapevano che Lina aveva vissuto più tempo del necessario nella solitudine, in un’età in cui a nessuno dovrebbe essere negati amore ed accudimento.
Inoltre, in taluni casi, le leggende narrano che nel corso delle battaglie contro il Male sono proprio quelle piccole debolezze, quelli imperfezioni… quella quota di imprevedibilità, a portarci verso la vittoria.
“E’ mia convinzione che la missione di Luna avesse attinenza con la (o le) entità di cui ho avvertito il risveglio. Ma la mente della sacerdotessa è difficilmente penetrabile dalle mie facoltà telepatiche. È mia convinzione che ciò che ho avvertito non fosse altro che un messaggio intenzionalmente inviatomi da lei...” Fissò il suo sguardo in quello di Lina “Per te.”
“E cosa… cosa dice, quel messaggio?” balbettò Lina, che in apparenza sembrava non rendersi conto del fatto di avere la mano intracciata in quella dello spadaccino.
“Una semplice parola.
Fasiah.”

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Capitolo 10
*** Segnali ***


Capitolo 10: Segnali
 
Tre lampi luminosi, in rapida successione.
Gourry si svegliò da un sonno tormentato.
Non realizzò immediatamente dove si trovasse. Poi, purtroppo, il ricordo sovvenne. Com’era possibile che gli fosse sfuggito di mente? La quarta notte in casa Inverse.
I tre lampi si ripeterono, senza dare seguito ad alcun tuono.
Perfino le tempeste, in quel triste villaggio di montagna, esplodevano in un rancore muto e gelido.
Tirò la tendina della finestrella nella sua camera. Avrebbe preferito di gran lunga l’eterna dannazione del Mare del Chaos. O magari finire ingoiato da una balena e morire lentamente disciogliendosi alle progressive ondate di succhi gastrici. Oppure cercare di tagliarsi le vene con il lato tagliente di un foglio di carta.
Che gli Dei avessero pietà di lui, e lo traessero in salvo da quel fottutissimo manicomio a dieci gradi sottozero!!!
Le braci nel focolare erano quasi spente, con qualche sprazzo luminoso rossastro. Saltò giù dal letto, passando dal caldo tepore del suo giaciglio al freddo mortale. Riattizzò il fuoco nervosamente, con i capelli arruffati, tentando di coprirsi il più possibile con quelle coperte minuscole che sembravano calibrate più per un folletto che per un omone grande e grosso come lui. E come se non fosse stato punito abbastanza, urtò il treppiedi di uno sgabello in legno con l’alluce, e non trattenne una colorita imprecazione per il dolore, che tirò in ballo ogni divinità di ogni mitologia conosciuta, attribuendo loro epitopi decisamente poco lusinghieri.
Ancora quei maledetti tre lampi, a cadenza costante.
C’erano concrete possibilità che impazzisse, se fosse rimasto un minuto in più in quella casa. E la sua soglia di sopportazione non poteva certo definirsi bassa. Come se tutte le stramberie passate in rassegna in quella manciata di giorni non fossero già abbastanza, si aggiungeva quello che era capitato quel pomeriggio.
Era stato interrotto nel momento in cui lui stava per dire a Lina qualcosa. Qualcosa di estremamente importante.
Gourry era perfettamente consapevole del fatto che spesso e volentieri la sua memoria facesse cilecca. Era un aspetto della propria persona con il quale aveva già avuto modo di fare i conti, ed in un certo senso se ne era fatto una ragione. Non era mai stato il più intelligente o il più perspicace tra i suoi amici. Ma questo non significava che fosse uno stupido.
Sicuramente non era acuto come Lina; non aveva il suo spirito di osservazione, non aveva un repertorio di anneddoti e racconti sugli Antichi pari al suo, e non sapeva nulla dei complessi equilibri che governavano il loro mondo. Non riusciva a ricordare i nomi o i volti delle persone che non vedeva da troppo (o poco) tempo, né aveva attenzione per i dettagli. Molte persone lo avevano etichettato come uno scimmione senza cervello, lo avevano definito l’uomo dalla forza di un drago, l’aspetto di un angelo, e l’intelligenza di un troll.
La sua soglia di attenzione non era alta; spesso e volentieri si addormentava prima che Lina terminasse uno dei suoi discorsi cervellotici sulla magia, che tipicamente ingaggiava con Zel, senza che lui avesse la benché minima idea di cosa stessero parlando.
Ma quando serrava tra le mani la sua Spada di Luce, la sua mente non aveva più incertezze. Sapeva esattamente cosa fare. Sapeva osservare il nemico alla caccia di punti deboli, e nulla sfuggiva alla sua attenzione. Sapeva ideare la strategia più efficiente; sapeva uccidere, ma allo stesso tempo era un uomo di buon cuore. Ma chiunque osasse anche solo sfiorare quanto aveva di più caro, non avrebbe conosciuto nessuna pietà.
Quando aveva conosciuto Lina, si era sorpreso di quanto si fosse sentito, fin dal primo momento, a proprio agio in sua presenza. Certo, la maga aveva subito intuito di non avere al proprio fianco il luminare del secolo; e non aveva mancato di esprimere questa intuizione con battutine più o meno mordaci, ma mai offensive. E anche se in modo completamente diverso, di fronte alla situazioni più disparate erano sempre stati d’accordo sulla modalità di azione.
 
Il fatto era che, nonostante fosse uno smemorato senza speranze, quello che era successo quel pomeriggio, dopo la visita a Falco, l’anziano precettore di Lina, non voleva saperne di uscirgli dalla mente.
E non avrebbe mai voluto che accadesse.
 
Lina e Gourry si erano trovati ancora una volta in un bosco, come era accaduto un indefinito numero di volte prima di quel giorno. Ancora una volta lei lo precedeva, con fare deciso, con lo sguardo accigliato, e l’espressione imbronciata per la frustrazione di non aver trovato la risposta che cercava. Lui la seguiva, inconsapevole della destinazione, intento a schivare rami e vari ostacoli che gli si ponevano davanti in virtù della sua maggiore statura.
Quello che era atipico era quel silenzio surreale.
“Ehi Lina!” la richiamò “Non potresti rallentare?”
“Vorresti dire che un omone grande e grosso come te non riesce a tenere il passo di una fanciulla debole ed indifesa quale la sottoscritta?” lo apostrofò scherzosamente la maga.
“Debole ed indifesa?” obiettò; ed infine, con un tono esageratamente melodrammatico “Fanciulla?” e fece il gesto allusivo di saggiarsi i pettorali e subito dopo di osservare sconsolato le mani a coppa desolatamente vuote.
“Gourry Gabriev, hai ufficialmente sottoscritto la tua condanna a morte!” disse la maga con un tono offeso, puntando minacciosamente il dito contro lo spadaccino. Non riuscì però a trattenere una risata.
“Almeno morirò felice per essere riuscito a farti sorridere.” Ribatté con un tono scherzoso, che in realtà risultò più serio di quanto potesse voler lasciar trasparire.
Quando alzò lo sguardo, sorpreso dal fatto che Lina non avesse trovato ancora nulla da ribattere, lei lo stava osservando con un’espressione indecifrabile, che quasi lo spaventò.
“Lina? Ho detto qualcosa che non va?” chiese, con apprensione. Certo, aveva fatto quella allusione sul seno piatto, l’equivalente del linesco “cervello-di-medusa”, uno scambio di battute consolidato ormai da anni. Possibile che l’avesse presa così male?
“N… no.” Balbettò lei, rossa in volto “E’… l’altra cosa che hai detto.”
Lui si sforzò di ricordare quale altra frase potesse averla portata ad avere una simile reazione. Cosa aveva detto che l’aveva fatta impallidire e poi immediatamente arrossire? Rimase diversi minuti senza una risposta. Come aveva detto Falco, era più rapido con la spada che con l’intelletto. Ma quando il ragionamento riguardava Lina, alla fine capiva sempre.
“Non avrei dovuto farti sorridere? E’ stato inopportuno per via di tua sorella? Mi dispiace.” Si scusò, visibilmente in apprensione per l’insolito comportamento della compagna.
“No… non è questo, Gourry.” Spiegò lei, con un tono di voce insolitamente dolce, iniziando a compiere qualche passo di avvicinamento.
Lui sussultò. Niente cervello-di-medusa, niente biondino, né tantomeno Gabriev. Solo Gourry. Gli piacque sentirla pronunciare il suo nome.
“Il fatto è che ultimamente ho pensato molto al nostro… aem… rapporto strettamente professionale tra guardia del corpo e protetta...” Esordì lei.
Quella frase gli strappò un sorriso “Non sono sicuro su chi dei due sia l’uno e chi sia l’altra, ma vai avanti.”
Lei sorrise, visibilmente in imbarazzo “Il fatto è che fin da subito non è sembrata una definizione molto credibile. Non hai mai considerato..” iniziò, arricciando nervosamente con le dita un ciuffo di capelli “… che la definizione non calza perché non esiste un modo convenzionale di definire il nostro rapporto?”
Lui sembrò confuso. Ripensò alla prima volta che l’aveva incontrata. Erano trascorsi sei anni, ma ricordava ancora quella giovanissima ragazza alle prese con una banda di banditi. Così impulsiva, coraggiosa, e sola. E così bella, con i capelli rossi che le ricadevano sul viso.
“Io non credo che sia così, Lina. Il fatto è che dal primo momento che ti ho vista ho avvertito l’impulso di proteggerti.” Confessò, alzando le spalle e rivolgendole un sorriso quasi per scusarsi della semplicità della sua rielaborazione. Provocando l’istantaneo imporporimento del viso della maga.
“D… davvero?” balbettò, portandosi una mano al petto come per impedire a qualcosa di scoppiare “Ed era un istinto di protezione più di tipo fraterno… o…?”
E lui finalmente capì che cosa la maga stesse cercando di dirgli. Ci aveva messo un po’, è vero. Ma quando si trattava di Lina, alla fine capiva sempre.
“Io potrei essere innamorato di te, Lina.” confessò, guardandola dritta negli occhi “E potrei esserlo da sempre.” Aggiunse “E se dico potrei, è solo perché, visto il tuo caratterino, e in considerazione del fatto che sono pericolosamente a portata di Dragon Slave, ritengo che toglierlo dalla frase metterebbe a serio rischio la mia incolumità.” Prese dolcemente la sua mano, e la baciò sul palmo.
E quando gli occhi di lui tornarono a fissarsi in quelli di lei… quando lei sospirò, e parve pronta a dare la sua risposta… furono interrotti per l’ennesima volta.
“Dove eravate finiti? È tutto il giorno che vi cerco.” Aveva sbottato una voce, con tono seccato.
“Papà!” aveva esclamato Lina, sbiancando brutalmente in viso.
 
 
Quella stessa sera, mentre Gourry ripercorreva l’accaduto, maledicendo quell’imbecille di Jaris, Lina fece irruzione in camera sua vestita di tutto punto, ansimante, pallida come un lenzuolo.
“Gourry… Sei ancora in pigiama? Vestiti, che aspetti?”
Lui la fissò disorientato, ed allo stesso tempo preoccupato dalla sua espressione “Lina… Che succede? È successo qualcosa? Sembra che tu abbia visto un fantasma.”
“Non hai visto quei segnali di luce?”
Lo spadaccino annuì “Intendi i lampi?”
“No, Gourry… quelli non sono lampi… sono dei segnali! E ti ricordi chi, tra le persone che conosciamo, lancia segnali di quel tipo quando si trova in pericolo?”
Lui esitò un attimo… poi ricordò l’ambasciata di Saillune, in ritardo da giorni. E quell’incantesimo, che gli pareva si chiamasse Lighting.
“Zel!!” esclamarono entrambi, in contemporanea.
“Zel e Amelia sono nei guai!”

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Capitolo 11
*** Cominciano i guai ***


Capitolo 11: Cominciano i guai
 
“Amelia! Zel! Dove siete?” urlò esasperato lo spadaccino per l’ennesima volta, sfregandosi le braccia. Nonostante fosse avvolto in due pellicce, portasse i guanti ed un cappello, continuava ad avere freddo.
I segnali luminosi che li avevano allertati erano cessati da ormai due ore, e i loro amici non avevano lasciato tracce da seguire; la tormenta aveva seppellito qualunque segno del loro passaggio sotto una spessa coltre di neve. Il vento incessante sovrastava e disperdeva la sua voce lungo la vallata. Sospirò. Non c’era molto che potessero fare per loro. Potevano solo sperare che avessero trovato un rifugio.
“Lina, prova a lanciare di nuovo quei segnali di luce!”
Una Lina insolitamente silenziosa lanciò un Lighting nell’aria, riproducendo gli stessi segnali che Zel aveva inviato loro. Era tutta la notte che li cercavano tra le montagne, ma era come cercare un ago in un pagliaio.
Al vento incessante della tormenta si aggiunse aggiungersi una scossa destabilizzante.
“Ma è terremoto??” Chiese Gourry, incredulo.
“Sì.” Urlò la maga, per contrastare il vento impetuoso “e non è la prima scossa che avverto. Guarda laggiù!”
Indicò il Monte Skefh, che riluceva in uno spettacolo infernale di lapilli e lava, in piena attività.
‘Ci mancava solo il vulcano’ rifletté Gourry, sconcertato dagli scenari apocalittici che offriva l’inospitale terra natale di Lina.
Vide la maga che scuoteva il suo braccio, reso insensibile dal freddo; gli stava indicando una grotta in cui rifugiarsi. Si affrettò a seguirla; trovare un rifugio  era un’opzione valida per non soccombere alla neve.
La maga lasciò scivolare i basso il cappuccio, rivelando dei capelli completamente bagnati.
“Ci conviene ripararci qui per un po’, almeno finché la tempesta non si attenua.” Spiegò “in queste condizioni è impossibile proseguire le ricerche.”
Si sedette, accigliata e taciturna. Dopo un periodo indeterminato di silenzio, Gourry parlò.
“Lina… Sei sicura che vada tutto bene?”
“Sono preoccupata per i nostri amici.”
 “Sanno cavarsela, non preoccuparti. Scommetto che hanno trovato un rifugio, così come abbiamo fatto noi.” La rassicurò. Si sedette al suo fianco, e circondò le spalle di lei con il suo braccio, e lei si irrigidì.
“Sicura che sia solo per questo che sei così..?”
“Senti, Gourry, dammi  tregua. Ho perso mia sorella, e adesso anche i miei amici sono dispersi nella tormenta. Non mi sembra il momento di assillarmi con queste richieste di conferma per il tuo ego maschile.” Ribatté bruscamente.
Lo spadaccino rimase di stucco per il tono acido della risposta della maga, e dopo aver ponderato una risposta, decise che ritirare il braccio e restare in silenzio sarebbe stato molto più saggio.
Trascorsero l’ora successiva nel silenzio, nel corso della quale la terrà tremò per altre due volte. Gourry pregò che la grotta non crollasse, o che Lina fosse in grado di invocare uno scudo protettivo sufficientemente potente.
Rabbrividì, e non solo per il freddo, che pure era insopportabile.
“Provo ad esplorare la caverna, magari riesco a trovare qualcosa per accendere un fuoco.”
“Buona fortuna.” Rispose Lina, con un tono apatico, seduta con le braccia attorno le ginocchia, senza degnarlo di uno sguardo.
‘ Ma che diavolo le prende adesso?’ Pensò spazientito, per l’ennesima volta. Non l’aveva mai vista in quello stato. Era un momento oggettivamente difficile per lei, ma l’atteggiamento della maga lasciava trapelare un malumore rivolto specificamente nei suoi confronti, anche se non riusciva ad afferrarne i motivi. In quegli ultimi tempi gli era parso che anche lei avesse cominciato a riconsiderare il loro rapporto come qualcosa di più di una semplice amicizia, e quando si era fatto avanti la sua reazione non gli era sembrata così negativa, nonostante fossero stati interrotti, e non avessero più potuto riprendere il discorso. Conosceva Lina troppo bene. Era successo qualcosa. Qualcosa che aveva rimescolato le carte in tavola.
Esitò. Da quanto stava camminando, immerso nelle sue riflessioni? Quale distanza aveva percorso, da quando aveva annunciato alla sua compagna che si sarebbe allontanato per qualche momento? Davanti a lui si stagliava uno spazio indefinito di pura oscurità.
Avrebbe di gran lunga preferito che la maga l’avesse accompagnato, e avesse contrastato il buio con uno dei suoi incantesimi.
“Ma in mancanza di altro…” mormorò, tra sé e sé, afferrando tra le mani l’impugnatura della sua spada “LUCE!”
E la Spada di Luce non si fece pregare; un fascio di luce si stagliò nelle tenebre, vibrò e riverberò, e Gourry poté interpretare nel ronzio vivace che emetteva la sua soddisfazione per essere stata finalmente invocata, dopo tanto tempo.
Sarebbe stato inesatto affermare che Spada di Luce fosse un banale oggetto inanimato; aveva vita propria, possedeva una propria volontà, e poteva perfino comunicare in modo rudimentale, se l’empatia con il cavaliere che la impugnava era particolarmente sviluppata. Gourry sapeva ascoltarla, in virtù del simbiotico ed esclusivo legame che li legava da ormai una decina d’anni. Se era vero che Lei serviva lui in quanto arma, era anche vero il contrario, ovvero che lui si prendeva cura di lei con rispetto, quasi con riverenza.
La Spada di Luce era ben più di una semplice spada. Era un’Arma Magica, e non poteva essere impugnata o gestita da chiunque. Il suo funzionamento era lo specchio della personalità che la possedeva, di cui lei in parte assumeva la forma, che era espressione della sua forza interiore e del suo senso morale.
In quel momento, percepiva che la Spada di Luce era irrequieta. E quel nervosismo non dipendeva (del tutto) dallo sdegno di essere utilizzata come semplice torcia (la Gor Nova si era sempre caratterizzata per una suscettibilità, a parere di Gourry, tipicamente femminile). Del resto, lui stesso avvertiva qualcosa di profondamente sbagliato in quella grotta, scavata nella spessa roccia alcalina per uno spazio che sembrava non avere fine. Ad ulteriore conferma di quel senso di inquietudine, la terra tremò nuovamente, questa volta più a lungo. Gourry non respirò, colto dal panico all’idea che il soffitto potesse crollare.
Iiiiiiiiiiiiiiiiiiaaaaaaaaa……iiiiiiiiiiiiiiiiiiiaaaaaaaaaaa……..viiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiaaaaaaaaaaa, sembrava cercasse di dire la Spada, ad una frequenza appena al di sotto al sordo ronzio che emetteva.
“Hai ragione” concesse Gourry “Questo posto ha qualcosa di…. Sbagliato….”
Un rumore di sottofondo che inizialmente non aveva colto si intensificò, seppur ancora in lontananza. Sembrava il rumore di passi di un gruppo estremamente numeroso. A giudicare dal modo in cui era cadenzato poteva supporre che si trattasse di un gruppo ben strutturato… un esercito… di umani… o chissà che altro…
Iiiiiiiiiiiiiiiiiiaaaaaaaaa……iiiiiiiii………..uiiiiiiiiiiiiiiiiii, ribadì la Gor Nova.
Via di qui, interpretò lo spadaccino. Decise di tornare sui suoi passi e raggiungere Lina, e decidere il da farsi insieme a lei. Girò su se stesso, percorrendo a ritroso il percorso da cui era venuto.
Salvo ritrovare, dopo pochi passi, uno spesso muro di pietra.
“E questo da dove sbuca?” commentò, e senza farsi troppe illusioni, tentò di aprirsi un varco con la spada. Il muro era troppo spesso “LINA!” tentò di chiamarla. Appoggiò l’orecchio sulla parete, ma non gli riuscì di sentire nulla. Non che nutrisse molte speranze, in merito.
Si voltò di nuovo, e guardò davanti a sé con aria di sfida “E va bene… a noi due, impervia grotta labirintica!”
Avvertì ancora una scossa, come se la caverna avesse in qualche modo colto la sfida.
La  Gor Nova, con un bagliore ed un ronzio, riverberò minacciosa nell’oscurità la sfida lanciata dal suo Cavaliere.
 
Gourry camminò per un tempo indefinito. Sarebbero potuto essere una manciata di ore, come pure alcuni giorni. Sospettava di essere finito in un’altra dimensione, dove il tempo scorreva diversamente. Aveva conosciuto quella sensazione a Saillune, nella trappola di Kanzel e Mazenda insieme ad Amelia e Zel. In quell’occasione aveva creduto di non farcela, finché Lina era giunta in loro soccorso.
Lina… dove sei? Chissà se sei al sicuro…
Il rumore di passi andava sempre più intensificandosi. Ormai da tempo aveva avuto la conferma al suo sospetto, cioè che non si trattasse di umani. I membri di quel gruppo in avvicinamento emettevano suoni molto diversi dallo spettro di frequenze della specie umana. Era questione di pochi minuti, ormai, prima che lo raggiungessero. Era sicuro che fossero a decine. Forse più di un centinaio.
Stagliò la spada davanti a sé, e chiuse gli occhi per aumentare il livello di concentrazione.
“Io non combatto per uccidere. Chi combatte per uccidere non è più nobile di un lombrico che si contorce in una duna di sabbia nel Deserto della Disperazione. Io combatto per la mia gente, per la mia famiglia; per sopravvivere. Combatto per portare la Luce nell’Oscurità.”
La Spada fremette, come se quelle parole non le fossero del tutto indifferenti. E non lo erano.
Gourry si stupì. Era anni che non pronunciava più il giuramento del suo antenato, il nobile Cavaliere di Luce che sconfisse il demone Zanaffar nella città di Sailarg. Aveva chiuso con quella vita. Non era nobile. Era solo un ladro, un mercenario.
Eppure la Spada era dalla sua parte. Perché, anche se l’aveva sottratta indebitamente alla sua famiglia? Perché, anche se il suo cuore non era puro, e le imprese in cui si cimentava non erano sempre delle più nobili?
I passi erano sempre più vicini. I suoi avversari erano ormai dietro l’angolo.
“Coraggio piccola.” Sussurrò con dolcezza alla sua Spada “Fammi vedere di cosa sei capace.”
E con un urlo si stagliò contro i suoi avversari.
 
Dall’oscurità prese vita un barlume di consapevolezza.
Sono ancora vivo?
Ricordava di essersi battuto come un leone, ma che alla fine quegli esseri mostruosi, in virtù della schiacciante superiorità numerica, l’avevano lambito, sopraffatto. Ricordava un dolore atroce. E poi più nulla.
Cosa poteva essere successo?
Aprì gli occhi. Con la visuale ancora appannata, percepì una presenza di fronte a lui.
Lina?
Quando riuscì a mettere a fuoco, intravvide un uomo seduto a gambe incrociate, che contemplava lo spazio davanti a sé, ma che dava l’impressione di non vederlo veramente, immerso nelle sue riflessioni. Il volto era avvolto nel mantello color fango, alla cinta portava una spada dall’impugnatura dorata, con incastonato una pietra color rubino, che aveva tutta l’aria di essere un cimelio con proprietà magiche.
Gourry cercò di rialzarsi, ma la testa prese a girare vorticosamente.
“Fossi in te eviterei movimenti bruschi per un po’, Gourry” interloquì la misteriosa presenza “Ho medicato le tue ferite con un Recovery, ma dovremo aspettare un altro po’ prima che tu ti riprenda completamente.”
“Zel!”
La chimera portò due dita alla fronte, in segno di saluto “In pietra e ossa. E tu devi essere quello che resta di Gourry Gabriev dopo la carica di Troll.”
Lo spadaccino ridacchiò “Sei stato tu a mettere in salvo la mia pellaccia?”
L’angolo della bocca della chimera si arricciò di uno spazio micro-infinitesimale. Gourry lo conosceva da abbastanza tempo per sapere che era il suo modo di sorridere.
“Te la stavi cavando in modo ammirevole, considerato che eri solo, e armato di spada; ma duecento contro uno è decisamente un impari combattimento. Sono intervenuto con l’Astral Vein.” Spiegò “Dopodiché sei arrancato a terra, più morto che vivo.”
Gourry trovò la forza di mettersi a sedere, appoggiando la schiena alla parete della grotta.
“Devo cercare Lina.” Confidò “Sono molto preoccupato per lei. È sconvolta. Non l’ho mai vista così.”
Zel annuì “E’ comprensibile, considerando gli ultimi avvenimenti. Anch’io ho perso Amelia.” Confessò “Ammetto che è stato stupido separarsi in questo maledetto labirinto, ma avevamo …” si interruppe, incerto su come continuare la frase “… discusso.” Sembrò riassumere in una sola parola uno stato d’animo che ne richiedeva molto di più.
“Questa caverna è scavata per chilometri e chilometri nella roccia.” Continuò Zel, decisamente più a suo agio nelle dissertazioni geologiche “Impossibile stabilire per quanto. Cambia la sua conformazione continuamente.”
“Me ne sono accorto.” Confermò lo spadaccino.
“Non riesco ad utilizzare la magia per rintracciare Amelia.” Confessò, e la sua mano ebbe un leggero tremore “Né per trovare l’uscita da questo posto infernale.”
Come per sottolineare con un certo compiacimento il modo in cui era stato definito, la terra tremò di nuovo.
Gourry si alzò in piedi, e appoggiò la mano sulla sua spalla “Coraggio, amico mio, è ora di rimetterci in marcia.” Disse.
La chimera si alzò a propria volta, aiutandosi con la mano che lo spadaccino gli porgeva. Osservò nelle quattro direzioni, tre delle quali erano sbarrate. Non restava che un lungo e oscuro tunnel che si stagliava davanti a loro.
“Andiamo, e che gli Dei ci assistano.”

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Capitolo 12
*** In trappola ***


Capitolo 12: in trappola
Strano a dirsi, ma mentre Gourry e Zelgadiss brancolavano nelle tenebre, inabissandosi sempre di più nelle labirintiche viscere della trappola che li aveva ingoiati, nel freddo della tormenta, riparata dall’imbocco di una caverna, Lina Inverse stava dormendo. E, più precisamente, sognando.
Si trovò a rivivere per l’ennesima volta un momento del suo passato che si era impresso in modo indelebile nel suo subconscio. Il momento in cui, da ragazzina capricciosa con un giocattolo troppo pericoloso –dei poteri immensi, nelle mani di quella che era poco più di una bambina-, era diventata una vera maga. O, per chi preferisce, una strega.
Stringeva tra le mani la Spada di Luce, al culmine del suo splendore. Lina ne percepiva chiaramente l’incommensurabile energia. Davanti a sé, il Mostro dagli Occhi di Rubino era immobile, circondato da una spirale di tenebre. Non sferrava il suo attacco, non tentava di difendersi; attendeva, come se in qualche modo percepisse l’ineluttabilità del suo destino.
Fonte di tutti i poteri…
Sebbene nella realtà non avesse esitato, in quel sogno ricorrente, giunta a quel punto, la sua sicurezza vacillava, e veniva posseduta da un terrore paralizzante; il timore di perdere il controllo.
“Lina! Non farlo!” una giovane sacerdotessa si materializzò davanti a lei “Perderai il controllo dei tuoi poteri, e l’intero universo cadrà per sempre nelle Tenebre!”.
“Silphiel!” rispose Lina, con voce tremante “Non ho scelta, non lo capisci? Se non agirò in questo modo Shabranigdo l’avrà vinta, e il nostro mondo finirebbe comunque. Tutto questo è già accaduto. Devo compiere il mio destino.”
Ma la sacerdotessa non la stava più ascoltando: era svanita, inghiottita dall’oscurità imperante.
“Compiere il tuo destino? Ma a che prezzo?” commentò il Monaco Rosso, con il volto in ombra, e agitò il bastone, e la campana appesa alla sua sommità risuonò tetramente. Cominciò ad avanzare a brevi passi verso di lei, accompagnati da altrettanti scampanii.
“Zelgadiss lo sa…” proseguì Rezo “Il potere ha un prezzo.”
Avanzando di un ulteriore passo, il suo volto fu visibile agli occhi della maga. Aprì gli occhi, sfoggiando delle iridi simili a quelle dei rettili.
“Ti sei sempre chiesta se fosse possibile detenere enormi poteri senza che questi ti conducano alla rovina, ti portino ad essere un mostro.” Interloquì Vargarv, gesticolando con il suo abnorme braccio di drago perduto “Credi ancora di avere il controllo?”
“Io… penso di sì.” Sussurrò Lina, e il Monaco si fece avanti per sferrarle uno schiaffo che la destabilizzò, portandola a rovinare al suolo.
“Piccola arrogantella. Ancora una volta sei riuscita a deludermi. Dove ho sbagliato con te, dove?” urlò il Monaco Rosso, mentre sul suo volto si aprivano delle piaghe da cui uscivano sangue e pus “Hai ricevuto ogni comodità, hai vissuto nel benessere, nella ricchezza. Hai ricevuto una buona istruzione.” Ma la voce che riprendeva Lina non era più quella di Rezo, ormai “Come osi presentarti in casa MIA con quel… bifolco… quel… tributo ambulante alla stupidità? Cosa significa? E’ per questo che ti ho cresciuta con tanti sacrifici?”
“Papà, io…” tentò di obiettare la maga, ma la sua rinomata parlantina era impotente di fronte ad un tale attacco.
“Sapevo che eri una ragazza difficile. Era evidente che da te non avrei mai avuto le stesse soddisfazioni che mi ha dato Luna. Ma adesso che tua sorella non c’è più vuoi CRESCERE? Vuoi…?”
“BASTA!” urlò la maga, e ripiombò nel buio. Credette che sarebbe precipitata nell’oblio del sonno senza sogni, o in alternativa di risvegliarsi, anche se in quel momento non ricordava dove si sarebbe risvegliata.
Perché soggiornava in quello spazio, ancora cosciente nell’oblio dell’incoscienza? Qualcuno… o qualcosa… la stava trattenendo in quella sezione della sua mente. Era quieta, spoglia, spartana… ma allo stesso tempo estremamente inospitale. Voleva andarsene. Voleva svegliarsi.
“Andiamo Lina, sei sempre la solita piagnucolona” lamentò una voce che riconobbe all’istante. Era una voce che non sentiva più da molti anni. Una voce direttamente dal suo passato.
“Tu!” la chiamà “sei….”
“Morta?” ghignò la presenza. Una luce illuminò le tenebre. Il tenue bagliore svelò il volto della nuova arrivata.
“Ogni cosa a suo tempo, mia cara sorellina.” Rispose, senza smettere mai di sorridere “Ora che finalmente sei accorsa a questa piacevole riunioncina di famiglia, sono molte cose di cui dobbiamo discutere.”
 
“Lina? LINA?” continuò a chiamare Gourry “oh… Lina, dove sei finita?” sospirò sconsolato lo spadaccino.
La mano della Chimera si appoggiò prontamente sulla sua spalla “Sono più che sicuro che ovunque sia se la sta cavando benissimo” tagliò corto “pensiamo prima ad uscire di qui, che ne dici?”
“Ah, già” convenne, continuando a camminare.
“Non hai anche tu una strana sensazione?” proseguì la chimera.
“Come se ci mancasse il fiato e lo spazio attorno a noi diventasse sempre più stretto?”
“Claustrofobia.” Commentò lo sciamano “Ma non credo sia tutto qui. Credo che le pareti si stiano VERAMENTE stringendo attorno a noi.”
Gourry sgranò gli occhi “Lo pensi davvero?”
Zel annuì “Molto lentamente, certo… ma… ho la sensazione che la grotta continuerà a restringersi finchè…” esitò a proseguire.
“Finchè?” lo esortò Gourry, con il cuore in gola.
 
“Tutti ti credono morta.” Sussurrò Lina con il poco fiato che le rimaneva in gola “il villaggio, la mamma… nostro padre.”
Luna Inverse sogghignò “Cos’è, non ti piace l’idea di essere figlia unica?”
“Smettila di prendere tempo. Che ti è successo? Perché mi hai fatta venire fin qui?” si guardò intorno, come risvegliandosi da una sorta di trance “Dov’è Gourry?”
“Lo spadaccino imbranato? Temo che ormai sia troppo tardi per lui… e per gli altri tuoi amici…” ridacchiò
Lina scattò in avanti, e serrò le spalle della sorella tra le mani. Era insolitamente solida per essere un sogno.
“Che diavolo hai fatto ai miei amici?”
“Fatto? Io? Non c’entro assolutamente niente, mia cara sorellina. Sono stati quei due idioti a ficcarsi in questo pasticcio. Così impegnati a bisticciare su questioni totalmente irrilevanti da non essersi accorti se non quando era troppo tardi di essersi infilati in una trappola mortale.”
“Devo trovarli!” esclamò, e si allontanò da Luna, quando dei tentacoli di tenebra lambirono le sue braccia.
“Dove vai così di fretta, sorellina? Prima terremo la nostra riunione di famiglia. Oh sì. E ciò che sto per dirti non ti piacerà.”
 
“Zel?” lo sollecitò Gourry “Cosa stavi dicendo a proposito della caverna?”
La chimera sembrava non ascoltarlo, paralizzato a fissare qualcosa alle spalle dello spadaccino. Ad un certo punto emise un suono strozzato, indefinito.
“Come?”
“Gourry… sono felice di… vederti…” bisbigliò una voce alle sue spalle. Lo spadaccino si voltò di scatto, e istintivamente si protese a sorreggere la principessa di Saillune, che si sosteneva a stento in piedi.
“Amelia! Come sta?” la salutò affettuosamente, scambiandosi un’occhiata preoccupata con l’amico.
“Faccio… fatica… a respirare. Credo sia….” Non continuò la frase. Non ce n’era bisogno.
“Se non troviamo presto una via d’uscita siamo spacciati.” Disse la chimera, dando voce al pensiero di tutti.
 
“Questa grotta è viva… e ha FAME.” Spiegò Luna “Non esiste una via di uscita. Una volta dentro, si genera un labirinto che ti spinge sempre più entro le sue viscere. E poi…” lasciò la frase in sospeso, ritenendo che il destino dei malcapitati avventori fosse sufficientemente chiaro.
Lina fece appello a tutte le sue energie per tornare alla realtà. Ma la preoccupazione delle sorti dei suoi amici non riusciva a spezzare l’incantesimo che la manteneva intrappolata in quel posto. Luna sembrava piuttosto vitale per essere morta. Doveva raggiungerli. Doveva salvarli. Se non avesse più rivisto Gourry dopo averlo trattato in quel modo… O peggio, se gli fosse successo qualcosa… Non sarebbe mai riuscita a perdonarselo. Doveva trovare un modo per raggiungerlo.
“E va bene.” Sospirò “Smettiamola di perdere tempo. Dì quello che devi dire, e poi lasciami raggiungere i miei amici.”
Luna sogghignò “Finalmente un atteggiamento collaborativo.”
“Allora, che accidenti vuoi?”
“Quello che vogliono tutti,” svelò, facendo spallucce “Portare a casa la pellaccia.”
“La tua pellaccia, due metri sottoterra, è mangime per vermi.”
“Quanta delicatezza. La mia pellaccia è sottoterra, ma i miei poteri, come vedi, mi tengono ancora in vita.”
La presa dei tentacoli si fece più serrata, ma Lina quasi non ci fece caso.
“Chi è stato ad ucciderti?” chiese.
Il Cavaliere di Cephied scosse la testa “Non è questo l’aspetto rilevante, mia cara sorellina. Il punto è che, per tornare in vita, ho bisogno di un corpo.”
Lina rabbrividì, e mentre si impadroniva di lei una strana sensazione, si accorse di essere totalmente immobilizzata.
“No!” urlò, in preda al panico, mentre la vista cominciava ad offuscarsi “Come puoi farmi questo? Noi siamo… sorelle!”
“E’ proprio questo il punto” spiegò Luna “Sei perfettamente compatibile.”
Gli occhi di Lina si spensero.

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Capitolo 13
*** l'occhio del Falco ***


Capitolo 13: L'occhio del Falco
 
La consapevolezza lo colse in un lampo quasi fulminandolo. Era successo qualcosa a Lina. Qualcosa di brutto.
Non poteva spiegare come facesse ad averne la certezza. Molte cose, nel suo rapporto con Lina, restavano inspiegabili.
Come il fatto che lui, mercenario giramondo senza meta, avesse avvertito immediatamente l'istinto di proteggerla. Quando l'aveva vista la prima volta, poco più che una bambina, con quegli occhi così pieni di vita, non era più stato in grado di separarsene. Con il senno del poi non sapeva spiegarsi il perché. Non la conosceva, ma si era immediatamente sentito legato a quella bizzarra ragazzina come a nessun altro. Sentiva l'istinto di proteggerla, come se tra loro si fosse creato al'istante un legame simbiotico.
Lina era in pericolo, e lui doveva proteggerla. Lui era la sua guardia del corpo.
"Ragazzi, credo che Lina sia nei guai."
Zel lo guardò, serio. Non fece domande o osservazioni, semplicemente annuí, come se fosse perfettamente consapevole della natura del loro legame.
"Allora abbiamo un problema." osservò "E poi, comincio ad essere stufo di questa gita nelle viscere della terra" abbozzò un sorriso "Troviamo un modo per uscire."
"Ma come?" chiese Amelia in un sussurro, pallida come un cencio.
Zel nemmeno notò che la principessa gli rivolgeva la parola in un tono non ostile per la prima volta da quando si erano reincontrati, dopo due anni di separazione. Si sentiva ispirato, in pieno impulso creativo. E quando succedeva, il resto del mondo cessava di esistere.
"Cerchiamo di analizzare con calma la situazione." disse, sedendosi a gambe incrociate e a braccia conserte, come ogni volta che sviscerava un problema.
"Non con troppo calma" gemette Gourry. Il cattivo presentimento sulle sorti di Lina andava intensificandosi.
La chimera sembrava del tutto refrattaria a quanto avveniva attorno a lui, totalmente assorbito dal suo ragionamento.
"Ci troviamo in una caverna, e su questo non ci piove." esordì "una caverna 'viva', capace di mutare in modo dinamico la propria morfologia. Ed è refrattaria ad ogni nostro incantesimo o tentativo di fuga."
"Ma questo lo sapevamo già!" esclamò Gourry, esasperato.
La principessa lo zittí con un cenno spazientito e una scintilla di speranza negli occhi "Lascialo andare avanti."
"Ma qual è il suo scopo?" proseguì Zel imperturbabile "È una sorta di 'vampiro': si ciba della nostra energia. Se non troviamo un modo di liberarci, staremo qui finché non avrá assorbito tutta la nostra energia."
Smise di parlare, appoggiando il mento sulla mano, in atteggiamento pensoso.
"E quindi? Cosa dobbiamo fare per uscire di qui?" chiese Gourry, tentando di dominare l'apprensione per le sorti di Lina.
Zel esitò "Io fin'ora ho elencato tutto ciò che sappiamo con certezza di questa situazione."
"E quindi...?" chiese lo spadaccino.
"...Quindi non possiamo che affidare il nostro destino all'ipotesi più probabile. In poche parole, giocare d'azzardo." concluse la principessa.
Zel incrociò i suoi occhi con quelli di lei, e annuí "Esattamente."
"Qual è la tua ipotesi?" lo esortò Amelia.
"Io credo che non possiamo uscire di qui se non da morti. Solo allora c'è la speranza che la caverna torni della sua 'configurazione iniziale', pensata per attirare le prede al suo interno. E solo in quel caso troveremmo l'uscita."
"Da morti?!" chiede Gourry "Ma quindi non c'è via di scampo!"
"Questo non è esatto." disse Amelia, ricambiando lo sguardo della chimera.
"Se l'ipotesi che ho formulato è vera -e non abbiamo modo di stabilirlo- esiste una possibilità: darle quello che vuole. Privarci della maggior parte delle nostre energie. E sperare che la caverna ritorni nella configurazione iniziale." spiegò Zel.
I tre rimasero in silenzio per diversi minuti.
"Ma se noi ci priviamo della maggior parte della nostre energie, come faremo a soccorrere Lina?" chiese Gourry.
Zel alzò le spalle "Se la tua sensazione è esatta e Lina è realmente in pericolo, di certo non potremmo soccorrerla se restiamo intrappolati qui dentro."
"Quindi non esiste altro modo." stabilì lo spadaccino, scoraggiato.
"In realtà potrebbe non funzionare, è solo un'ipotesi, ma è tutto quello che abbiamo. Se mi sbagliassi, l'unico effetto di questa contromossa sarebbe accorciare  la nostra agonia." allungò le sue mani verso i suoi compagni, perché le afferrassero.
Gourry la afferrò dopo pochi istanti "Farei qualsiasi cosa per proteggere Lina, non mi importa quanto sia rischioso. Se è l'unica speranza allora tanto vale tentare."
La principessa esitò, ma tese infine la sua mano alla chimera, che la strinse con dolcezza.
"Se non dovesse funzionare..." Sussurró Zelgadiss con un filo di voce, fissando i suoi occhi in quelli di lei.
"Funzionerà. Non aggiungere altro." rispose, distogliendo lo sguardo.
La chimera, con un'espressione amara sul viso, cominciò a invocare l'incantesimo.
 
Aprì gli occhi. Quanto tempo era trascorso da quando aveva perso conoscenza? Pochi minuti? Ore? Giorni?
Tutto quello che sapeva era che la sua protetta era in pericolo, e che rimaneva poco tempo prima che accadesse l'irrimediabile.
Volse le sue pupille opache al fuoco che ardeva nel camino, e arrancò fino alla porta di casa. Il fitto vento era gelido, ma la tormenta del Monte Skefh non era ancora giunta nella foresta.
Assaporò l'aria notturna inspirando profondamente.
"Il destino di Lina sta per compiersi, come avevi previsto." osservò una voce alle sue spalle.
Falco annuí, senza commentare. Ciò di cui l'oscura presenza non era a conoscenza era che il destino non è inciso sulla pietra, come i monoliti del Sacro Testo di Magia. Poteva rivelarsi estremamente dinamico, ed imprevedibile.
"Il cavaliere di Cephied sta per tornare, più potente che mai. Perché mai la cosa dovrebbe andare a genio alla vostra razza ripugnante?" chiese.
Il visitatore increspò le labbra in un sorriso "Ti ringrazio per il complimento, vecchio. Quanto alla domanda che mi hai posto, sono piuttosto riluttante a rispondere, visto che si tratta di un... Segreto!"
 "Addio, demone." lo salutó Falco, anticipando la sua scomparsa. Sapeva che il Mazoku sarebbe andato ad accertarsi di persona del buon esito del rituale prima ancora che comparisse nelle tenebre della sua casa, e che lo accoltellasse mortalmente per impedirgli di accorrere in soccorso della sua allieva. Ma aveva commesso un terribile errore. Non capiva per quale motivo non lo avesse finito immediatamente, invece di lasciarlo in vita, seppur agonizzante. Si accasciò al suolo, tremante.
Gli restava poco tempo. Poco tempo per tentare di cambiare il destino.
Chiuse gli occhi per l'ultima volta in questo mondo...
 
... e Gourry aprì i propri. Si sentiva forte, pieno di energie. Balzò in piedi, impugnando la Spada di Luce.
Vide Zel e Amelia riversi a terra. Il respiro era molto debole, ma presente.
Presto Gourry... Ti resta poco tempo.
Lo spadaccino non perse tempo a chiedersi perché sentiva la voce del precettore di Lina nella sua mente. Una sola cosa aveva importanza per lui in quel momento.
"Lina! Lina, dove sei?" chiamò, e l'eco risuonò della grotta.
La mente di Falco lo guidò verso l'uscita della grotta, mentre correva freneticamente, urtando gli speroni rocciosi. Intuì che il maestro di Lina, dotato di poteri telepatici, doveva essere entrato nella sua mente per permettergli di riacquisire le forze necessarie per salvare Lina. Per questo la vista andava e veniva, mente gli altri sensi erano estremamente affilati. Inoltre, era come se un occhio si fosse aperto nella sua mente, tutt'altro che cieco.
Ritrovò l'imboccatura della caverna, e li trovò il corpo gelato di Lina a terra, annaspante, come se stesse facendo un brutto sogno. Da cui, intuì, le era impossibile svegliarsi.
"Lina! Coraggio, svegliati!" urlò lo spadaccino prendendola tra le braccia.
Non può sentirti, spiegò Falco, Luna la tiene intrappolata in un'altra dimensione, per impadronirsi del suo corpo.
"Cosa devo fare? Dimmi cosa devo fare!"
 
Lina! Coraggio, svegliati!
Gourry!
In quella dimensione in sospeso tra sogno e realtá, Lina Inverse riprese coscienza.
"Tu...! Maledetto... Traditore!" ringhiò, non appena vide davanti a sè una vecchia conoscenza.
Lui fece spallucce "Andiamo Lina, non prenderla così! In fondo, è nella mia natura!"
"Solo un'ingenua come te poteva credere di essere amica di un Mazoku!" infierì Luna.
Lacrime amare solcarono le guance della maga dai capelli rossi. Tutte le persone che avrebbero dovuto amarla, le avevano voltato le spalle. Sua madre. Suo padre. Luna.
In fondo Luna era sempre stata la migliore. Chi avrebbe sofferto dell'assenza della secondogenita buona a nulla? Una parte della sua mente cedette al cavaliere di Cephied... Che, con un ghigno, avanzò di un ulteriore passo dentro di lei.
Non è stato certo il tuo vecchio maestro ad insegnarti ad arrenderti così facilmente.
"Falco!" esclamò Lina con un sorriso, obbligando Luna ad un passo indietro.
"Non avevi detto di esserti liberato del vecchio?" strillò Luna verso Xelloss "Non erani questi i patti!"
Il Mazoku fece nuovamente spallucce "Devo essermi sbagliato... solo un'ingenua poteva fare affidamento su un Mazoku" sogghignò, e poi svanì.
Luna si irritò ulteriormente, e attaccò nuovamente la sorella.
"Falco... Non ce la faccio... È troppo... forte!" gemette Lina.
La presenza del vecchio precettore le accarezzò con dolcezza la guancia.
Figlia mia, le sussurrò dolcemente, eri solo una bambina quando venisti a cercarmi. Nessuno fino in quel momento aveva mai creduto in te, ma tu non avevi mai dubitato del tuo valore. Venisti da me perché volevi diventare una maga. Non furono solo i tuoi poteri, per quanto forti, a convincermi a prenderti sotto la mia egida. Furono la tua determinazione, ed il tuo cuore. Addio, Lina!
 
Aspettare, era quello che aveva risposto Falco a Gourry, prima di trasferirsi nella coscienza di Lina.
E lo spadaccino aspettò. Aspettò ore con il corpo di Lina stretto saldamente tra le braccia, come se il suo abbraccio potesse impedire a Luna di portarla via da lui.
Aspettò, respirando piano, con i sensi tesi a catturare dal corpicino di Lina qualsiasi indizio sull'andamento della battaglia.
Durante l'attesa non sentí la fame, nè la sete. Non pensò a niente altro che a Lina. Non desideró altro che vederla aprire i suoi grandi occhi rosa, dispiegare le labbra in un sorriso, e rimproverarlo per essersi preoccupato, stupido 'cervello-di-medusa', e rassicurarlo sul fatto che stava bene.
Rivide Lina dopo la battaglia contro i banditi che aveva portato i loro destini ad incrociarsi; rivide il sorriso spavaldo sul suo viso, e l'espressione corrucciata e buffa che aveva assunto quando lui l'aveva chiamata 'ragazzina'. Rivide il suo sguardo malizioso e pieno di vita quando al ristorante lottavano furiosamente per l'ultima portata in una delle mille e più locande cui avevano fatto visita. Rivide il suo sorriso dolce, che riservava a pochissime occasioni, ma che avrebbe potuto farlo impazzire d'amore.
Odiò la propria impotenza in quel frangente. Si detestò perchè non poteva essere al suo fianco nella battaglia decisiva. Se Lina non fosse tornata, nulla avrebbe avuto più senso, nella sua vita.
Il corpo di Lina improvvisamente si rilassò, e le labbra si distesero un sorriso. Gourry la guardò esitante, con il cuore in gola. Era finita? Che esiti aveva avuto la battaglia? Che ne era di Falco? ... Che ne era stato di Lina?
Una gioia indescrivibile le pervase, quando Lina aprì gli occhi, e sorridendo portò la mano sulla sua guancia. Gourry la strinse nella sua, troppo emozionato per parlare.
'Gourry... Come hai fatto a trovarmi?" chiese Lina, con un filo di voce, con un sorriso stremato ma allo stesso tempo trionfante stampato in volto.
"Ti troverei anche in capo al mondo. Ti amo, Lina." rispose,  e con la mano  dietro la nuca di lei la attirò a sè in un bacio.

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