Caccia alle streghe di wawaring (/viewuser.php?uid=202023)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Il concilio ***
Capitolo 3: *** Il primo testimone ***
Capitolo 4: *** La casa del viandante ***
Capitolo 5: *** Visite dalle tenebre ***
Capitolo 6: *** Il giorno della svolta ***
Capitolo 7: *** Arrivano i rinforzi ***
Capitolo 8: *** Benvenuti in casa Inverse ***
Capitolo 9: *** Falco ***
Capitolo 10: *** Segnali ***
Capitolo 11: *** Cominciano i guai ***
Capitolo 12: *** In trappola ***
Capitolo 13: *** l'occhio del Falco ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Giovedì. Giorno di mercato a Saillune.
I mercanti erano giunti di buon’ora, alle cinque del mattino, per issare le proprie bancarelle, come consuetudine.
Erano quarant’anni che Ismac smerciava pelli per tutte le città del Regno di Saillune, ma senz’altro il giorno che preferiva era quello in cui si appostava nella capitale. Saillune aveva un odore particolare. Quando il ponte levatoio veniva abbassato, e lui guidava il cavallo entro le mura della città, lo percepiva appena, poi subito svaniva. Come l’odore di casa. Così familiare, così buono, così effimero. E così magico.
Sarebbe stata una calda e soffocante giornata estiva; ma non in quel momento. Il sole era appena sorto, e l’aria fresca della notte doveva ancora riscaldarsi, ed un debole venticello rinfrescava la sua fronte, già imperlata da gocce di sudore.
Ismac ormai era il più anziano tra i suoi colleghi. Anzi, a dirla tutta, era più anziano di chiunque altro conoscesse. Erano tempi in cui invecchiare era un lusso destinato a pochi eletti. Le guerre, le carestie, le epidemie... i Demoni Superiori che in quegli anni si erano risvegliati… e gli influssi malefici della loro magia oscura.
Il vecchio mercante montò la bancarella meglio che poté. Il mattino, appena sveglio, le sue mani erano ancora intorpidite e doloranti, e ci voleva un po’ perché cominciassero a rendere al meglio. E questo lasso di tempo si allungava ogni settimana di più. Sorrise, assorto nelle sue meditazioni. Quando si è giovani si è nel pieno delle proprie capacità fisiche, ma la mente è irrequieta, turbolenta, incapace di convogliare quelle prodigiose energie in qualcosa di costruttivo. Ma poi arriva l’età adulta, e le onde di quel maremoto si smussano, si fanno via via più ordinate. E nella terza età sono più basse, più lente, più dolci nell’infrangersi sulla spiaggia. Esiste un momento nella vita di un uomo, nell’età adulta, in cui le forse fisiche e mentali sono in perfetta sintonia. Ismac non sapeva quando fosse cominciato. Ma si era avveduto quando le forze fisiche avevano cominciato ad abbandonarlo, e lui aveva cominciato a logorarsi. Se sfili un filo da un tappeto, inizialmente la trama resta intatta. Ma il tempo è inesorabile, e molto determinato, e molti fili erano stati sottratti alla vita del vecchio mercante.
Ma Ismac era in pace con sé stesso. Ismac era felice. Presto si sarebbe ritirato. In quegli anni aveva messo da parte una piccola fortuna. C’era una piccola capanna ad attenderlo, lungo la costa Orientale, lungo l’Oceano. Così, quella mattina, quando lui ed il suo vecchio ronzino, come tutte le settimane, avevano varcato quel ponte levatoio, lui aveva chiuso gli occhi, e aveva inspirato lentamente, ma profondamente, assaporando fino in fondo quell’odore, ben sapendo che sarebbe stata l’ultima volta.
Quello era il suo ultimo giorno di lavoro. E che gli Dei lo perdonassero… avrebbe rimpianto amaramente di non essersi preso il meritato congedo un giorno prima. Solo un giorno. E avrebbe potuto portare con sé, al momento del trapasso, il ricordo di una città di Saillune gloriosa ed illuminata. Ma il destino volle che si trovasse lì in quel giorno, in seguito al quale nulla sarebbe più stato lo stesso.
Alle 7 del mattino, una timida folla cominciò a radunarsi, come consueto. Eppure c’era qualcosa di diverso. Lo sentiva, così come un marito percepisce il malumore nella sua compagna di vita prima ancora che lei apra bocca per esprimerlo. E quando le strade cominciarono a brulicare di folla, quella strana frenesia si fece ancora più evidente.
Si accorse che sulla piazza, di fronte a lui, degli uomini che non riconosceva erano impegnati in una costruzione di legno. Inizialmente aveva pensato stessero costruendo la propria bancarella. Ma poco dopo apparve chiaro che stavano costruendo qualcosa di ben più complesso. Ma cosa?
“Ehi, Sadish…” chiese, chiamando l’uomo nella bancarella accanto alla sua, intento a vendere ad una signora una delle collane più pacchiane e volgari mai viste nella storia dell’umanità “… chi diavolo sono quelli? Che stanno combinando?”
Sadish alzò le spalle “Non ne ho idea, vecchio mio. Ho provato ad avvicinarmi, prima. Ma quelli hanno la bocca cucita. Non ci resta che restare a vedere.”
Le ore passavano, e gli operai continuavano a lavorare nonostante mezzogiorno si avvicinasse, ed il caldo si facesse sempre più soffocante.
“Ma che fretta hanno? Pare che qualcuno gli stia puntando una lama affilata alle parti basse.” Osservò pragmaticamente Sadish.
E quando si fecero le due del pomeriggio… la natura di quella costruzione era ormai chiara a tutti.
Un patibolo.
“Un’esecuzione. Forse già domani.” mormorò Dalila, la cliente più fedele di Ismac – praticamente un’amica- da ormai vent’anni.
“Un’esecuzione? A Saillune?” Ripetè Ismac incredulo “La pena capitale è stata abolita da un decreto regio dal principe Philionel diversi anni fa. E prima di allora, erano decenni che non veniva più messa in atto, ragion per cui il decreto è stato una pura formalità. Questo è semplicemente ridicolo!”
Dalila scosse la testa, e aggiunse “A quel che ho sentito è stata ripristinata alla luce di un fatto molto grave. Ed è stato lo stesso principe a richiedere la pena di morte.”
La notizia colse Ismac come una pugnalata. Nel frattempo una Guardia Reale si avvicinò alla bancarella interessata ai pellami, per poi venire, suo malgrado, intrappolato nella conversazione.
“Ehi giovanotto, ma io ti conosco!” lo richiamò Dalila “Tu sei il ragazzo di Elsa. Quando eri piccolo come una pulce tua madre ti accompagnava a casa mia, e tu giocavi con il mio Dario.”
La giovane Guardia non diede segno di ricordare, ma ormai era solo un minuscolo insetto intrappolato nella ragnatela verbale della vecchia megera.
“Avanti ragazzo, dicci qualcosa di più. Chi è il condannato? E che crimine ha commesso?”
Il giovane scosse la testa “Mi dispiace signora… non posso diffondere questa notizia… Ma verso sera nella pubblica piazza sarà affisso un manifesto con delle informazioni più precise. Di più non posso dire.”
“Suvvia, ragazzo, non farti pregare.” Protestò Dalila “Chi è il povero diavolo? È qualcuno che conosciamo? Qualche nostro concittadino? Abbiamo il diritto di saperlo!”
La Guardia fece cenno di diniego “Oh no, non è di qui. Lei è…”
“LEI???” esclamò Ismac con gli occhi sgranati. Non solo ripristinavano la pena capitale dopo decenni, ma il condannato era una donna. Ma che diavolo stava succedendo a Saillune? Lo pervase un senso di inquietudine, di irrealtà.
Attese impaziente che giungesse sera, per saperne di più. Le ombre progressivamente si allungarono, il sole calava verso ovest, quando un uomo a cavallo bardato di tutto punto giunse al centro della piazza, dove si era radunata un’enorme folla, in attesa di spiegazioni.
Affisse un manifesto in carta di pergamena nella pubblica bacheca, che portava il Sigillo Reale. Era autentico, dunque. Quando se ne andò, la folla, impaziente si accalcò per leggere. In molti si allontanarono scuri in volto, allarmati, perplessi. Era ormai buio quando la folla finalmente si rarefece, consentendo ad Ismac di avvicinarsi all’avviso con un lumino, e svelare finalmente l’arcano.
“Decreto Regio numero 833 dell’anno in corso
Philionel El Di Seillune, per grazia degli Dei Principe di Saillune
Con la presente annuncia che domani a mezzogiorno sarà posta in essere la sentenza di condanna a morte per alto tradimento di Lina Inverse; nemica di Seillune.” |
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Capitolo 2 *** Il concilio ***
“Colleghi.
Vi prego, silenzio.
Chiunque vorrà sarà libero di esprimere la
propria opinione in merito a questa
spinosa questione. Ma vi imploro di non interrompervi a vicenda, e di
moderare
i toni.”
Alla
richiesta del Presidente
seguirono pochi attimi di silenzio. Ma subito dopo le voci si fecero
stridule,
e i toni fecero ben più che accendersi: si infuocarono.
Ronstand
sospirò. Si supponeva
che i soci dell’Ordine dei Maghi radunati a quella riunione
straordinaria, la
crème de la crème di tutti i maghi del Vecchio
Continente, fossero persone di
una certa cultura e disciplina. Ma ciò a cui stava
assistendo non somigliava
per niente ad un Concilio di illuminati; sembrava più che
altro una rissa da
osteria.
Lina
Inverse era sempre stato un
argomento controverso. Chi la riteneva una dei più potenti
maghi contemporanei,
una luminare, una visionaria; chi era propenso a considerarla una pazza
scriteriata, che fino a quel momento era stata solo maledettamente
fortunata.
Ronstand era propenso a credere che non ci sarebbero state tante
controversie,
tanti pareri inconciliabili e radicamente opposti, se
l’oggetto della
discussione fosse stato chiunque altro.
Lina
Inverse non figurava tra gli
iscritti all’Ordine, in quanto le donne che vi appartenevano
erano una rarissima
eccezione. Non che le maghe che erano state accettate in passato
fossero più
potenti, o più famigerate. Si caratterizzavano
più che altro per un’indole
mite, per una maggiore umiltà, il che aveva favorevolmente
impressionato l’Ordine.
Ma la giovane maga dai capelli rossi aveva sempre rifiutato di
sottoporsi al
vaglio della loro Commissione. Con una retorica spigliata e pungente,
aveva
puntato il dito contro l’Associazione, accusandola
pubblicamente di tutelare
maggiormente propri privilegi che il bene comune. E questo le aveva
procurato
innumerevoli detrattori. Ma le era valso il silenzioso consenso di
pochi
illuminati.
Ronstand,
all’epoca, non era
ancora Presidente, ma lo ambiva con tutte le proprie forze. Aveva
trovato i
modi della maga volgari e discutibili, era stato irritato dalla sua
indole
impulsiva. Ma aveva condiviso i contenuti di quel discorso, anche se
non aveva
potuto permettersi appoggiarli pubblicamente. Ma Ronstand non era un
pavido,
almeno non era quello che amava pensare. Riteneva che il vento di
cambiamento
non dovesse trasformarsi in un uragano, che avrebbe portato la nave
alla
deriva; piuttosto che dovesse deviare dolcemente e con discrezione la
sua
direzione. Non credeva nelle rivoluzioni, sanguinarie per definizione,
che
facevano una tabula rasa indiscriminata. Credeva nei cambiamenti
piccoli e
modesti, che non richiamavano manifesti ostracismi, ma che consentivano
di
ottenere i risultati desiderati in modo meno efficiente, certo, ma
più
costruttivo.
Ricordava
ancora la prima volta
che aveva incontrato Lina Inverse. Prima di allora aveva sentito
parlare di
questa maga itinerante, che dapprima viaggiava in coppia con un
personaggio
ancor più controverso, Naga del Serpente Bianco.
Nell’Ordine serpeggiava una
profonda inquietudine verso queste maghe così potenti,
capaci di maneggiare dei
poteri tanto oscuri, la cui fonte erano i Demoni Superiori. E a rendere
il
tutto ancora più inaccettabile, si univa il fatto che erano
mercenarie
dichiarate, pronte a mettere i propri poteri a disposizione del miglior
offerente. Questo rischiava dimettere a soqquadro gli equilibri
politici ed
economici del Vecchio Continente.
Ma
allora vi fu un mago molto
stimato e apprezzato che spezzò una lancia in suo favore, e
che placò
l’inquietudine del Consiglio: Rezo, il Monaco Rosso. Per
questo non fu
convocata, né furono presi provvedimenti disciplinari, che
avrebbero incluso,
tra gli altri, la tortura e la morte.
Poi
era accaduto l’impensabile:
Rezo li aveva raggirati, si era servito risorse materiali ed economiche
dell’Ordine per risvegliare il Demone dagli Occhi di Rubino
Shabranigdo,
gettando ombre sull’onorabilità
dell’Associazione, che rischiò di essere
sciolta.
Si
tenne un lungo processo,
richiesto praticamente all’unanimità da tutti i
Regni del Continente, per
accertare le responsabilità dell’Ordine. Molti dei
suoi poteri decisionali
furono sospesi; il Presidente in carica fu deposto, e il Regno di
Saillune,
rappresentato dal Principe di Saillune, istituì un uomo di
sua fiducia come
Presidente pro tempore, ed istituì una Commissione che
ricostruisse i fatti e
ed accertasse le responsabilità dell’accaduto. Il
che venne considerata
un’ingerenza – ed un’umiliazione
– intollerabile.
La
Commissione istituita, della
quale Ronstand faceva parte, convocò Lina Inverse a
testimoniare. La giovane
maga però rifiutò di presentarsi, obbligandoli a
raggiungerla presso la città
di Atlas, indisponendoli non poco nei suoi confronti.
Ronstand
ripensò a quei momenti.
Loro, seduti al tavolo di una locanda, luogo inappropriato alla propria
mansione, che la giovane aveva loro imposto; e poi lei, in piedi
davanti a
loro, con gli indomabili capelli rossi che le ricadevano sul viso, con
la
sfacciataggine e il coraggio che raccoglievano tanti detrattori quanto
consensi.
Lei, ad accusare uno dei più apprezzati maghi di tutti i
tempi di aver risvegliato
il frammento di un Demone Superiore al solo scopo di recuperare la
vista. Lei,
con il viso illuminato dalla passione e dall’impudenza
dettati dalla sua
giovane età; in quel momento agli occhi di Ronstand
sembrò ben più che una
mercenaria. Un’idealista. Un’eroina.
Ma
la posizione che il mago prese
in quella circostanza fu di rimprovero verso
l’impulsività di Lina, che
incurante delle conseguenze aveva invocato uno dei più
potenti incantesimi
conosciuti, per il quale un minimo errore avrebbe avuto conseguenze
inimmaginabili per l’intera umanità.
Ma
al suo rimprovero, Lina aveva
risposto con un sorriso spavaldo “E se Shabranigdo ci avesse
sopraffatti
credete davvero che ve ne stareste qui, con i vostri parrucchini e i
vostri
anelli da 28 carati, a sventolarmi in faccia le vostre barbose
prediche?”
“Lina!
Vacci piano, non
strapazzarli troppo!” L’aveva richiamata
scherzosamente una persona alle sue
spalle. Ronstand l’aveva riconosciuto. Era Gourry Gabriev,
successore di una
delle più facoltose famiglie di Sailarg. E nella fodera
saldamente fissata alla
cintura, doveva esserci la famosa Spada di Luce.
Ronstand
riemerse dal ricordo, e
si ritrovò nel bel mezzo dell’Assemblea di cui
aveva perso il controllo.
Davanti a lui c’era ancora, però, Gourry Gabriev.
Era stato convocato come
persona informata sui fatti. Ma sul suo volto rimaneva bel poco del
sorriso
pieno di vita che in quel giorno, che pareva lontano mille secoli,
aveva indirizzato
alla sua compagna.
“Signori!
Recuperate il contegno
o sarete espulsi dall’Ordine con effetto immediato. E ora
SILENZIO!” urlò.
Il
richiamo ebbe l’effetto
sperato. Era raro che il Presidente perdesse la pazienza.
“Ricapitoliamo.
Siete stati
convocati in questa sede per esprimere il vostro voto perché
Lina Inverse, una
collega -una di noi-, è stata condannata a morte in merito
al proprio agire in
veste di maga. Il Consiglio è stato radunato per formulare
una dichiarazione
ufficiale dell’Ordine dei Maghi in merito a questa vicenda,
che per legge deve
essere reperita al Principe Philionel entro domani, in sede
dell’esecuzione. In
poche parole,” Guardò dritto davanti a
sé “stiamo per fornire il nostro parere
in merito alla sentenza. Chiaramente, ciò che decideremo non
sarà vincolante,
ma può influenzare o meno la decisione del Principe
Philionel di concedere la
grazia. Pertanto, siamo chiamati a decidere in merito alla vita o alla
morte di
una giovane donna, e voglio che ricordiate questo quando esprimerete il
vostro
voto. Dal momento che, per ovvi motivi, Lina Inverse non può
presenziare al
nostro Concilio, è qui presente un suo amico, lo spadaccino
Gourry Gabriev di
Sailarg, che con la sua testimonianza ci aiuterà a farci
un’idea più chiara dei
fatti. Lo invito a prendere posto al mio fianco e a prendere la
parola.”
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Capitolo 3 *** Il primo testimone ***
“…Lo
invito a prendere posto al mio fianco e a prendere la parola.”
Gourry
Gabriev impallidì quando
gli fu chiesto di parlare. Restò immobile ed in silenzio,
come se l’invito gli
fosse stato rivolto in una lingua incomprensibile.
La
stanza era piombata nel
silenzio più assoluto; gli occhi di tutti erano sul giovane
spadaccino, che
guardava davanti a sé con lo sguardo stralunato, come se non
riuscisse a capire
dove fosse o perché, se stesse sognando o fosse
sveglio… se fosse vivo o morto.
“Avanti
Gourry!” lo incitò
sottovoce la persona che sedeva al suo fianco, sospingendolo in avanti.
Ma
niente, lo spadaccino non reagiva. Era come catatonico.
Era
quello che aveva previsto.
Quello che temeva. Odiava avere ragione, e lo odiava ancora di
più in quel frangente.
“Ricordi
quello che ti ho detto?”
disse, azzardando un altro tentativo per scuoterlo “Tu sei il
compagno di
viaggio di Lina da più di sei anni. Se adesso non dici una
parola, tutti trarranno
le proprie conclusioni di conseguenza. Il che equivale a condannarla a
morte
una seconda volta. Coraggio, alzati!”
Niente,
nessuna reazione, Gourry
era altrove. Il Presidente dell’Ordine lo stava fissando, e
con una mano gli
fece nuovamente cenno di raggiungerlo, di sedersi alla sua destra, e di
testimoniare.
“Per
gli Dei Gourry, riprenditi!”
ribadì il mago “Tu avevi giurato di proteggerla!
Che diavolo stai combinando?”
Gourry
sembrò riaversi, e
finalmente si voltò, e fissò il suo interlocutore
negli occhi, e dopo un
silenzio che sembrò interminabile rispose “Mi
dispiace… Non ce la faccio…” e si
nascose il volto tra le mani.
L’uomo
accanto a lui,
spazientito, si alzò in piedi “Presidente, il mio
amico in questo momento è
sconvolto. Se permette, mentre si ricompone”
scoccò un’occhiataccia all’amico
in questione “vorrei poter dire due parole.”
Ronstand
annuì, e gli fece cenno
di raggiungerlo. Egli prese il suo posto, fissò la folla, e
dopo un sospiro si scoprì
il volto. Seguì un sommesso mormorio.
“Il
mio nome è Zelgadiss
Greywords. E sono diretto discendente di Rezo il Monaco
Rosso.” Il mormorio
dalla folla si amplificò. Si rivolse a Ronstand
“Anche se posso capire che
questa per voi non sia esattamente un’ottima
credenziale.”
Zel
sospirò, mentre lo pervadeva
un senso di irrealtà. Ma cosa stava facendo? Stava parlando
ad una folla?
Proprio lui, che per la maggior parte della vita si era espresso a
monosillabi?
E proprio in un momento simile? Non era sicuro di farcela. Gli girava
la testa.
Era giorni che non mangiava. Che non dormiva. Che non pensava. E adesso
si
trovava in piedi davanti ad una folla, e doveva improvvisare un
discorso che
non spettava a lui. Maledizione a Gourry.
Lina, si disse. La rivide, dopo aver
vinto la battaglia contro
Shabranigdo, lasciarsi scivolare a terra, con i capelli bianchi ed un
sorriso
trionfante. Ricordò di aver pensato, dopo averla vista
sorridere, che per tutto
quel tempo si era dimenticato che la maga straordinaria che aveva di
fronte era
solo poco più che una bambina. Lina aveva fatto tanto, per
ognuno di loro. In
molteplici occasioni aveva combattuto per il bene di tutti, mettendo a
repentaglio la propria vita. Non poteva essere mandata al patibolo
senza che
nessuno lottasse per lei. Non poteva permetterlo. Doveva riprendersi, e
subito.
“Ho
l’onore di essere amico di
Lina Inverse da molti anni,” esordì “e
ho combattuto con lei alcune delle
battaglie più significative dei nostri tempi, contro
Shabranigdo, Zanaffer, Garv
e Fibrizio, la Dark Star. È vero, Lina è
impulsiva e permalosa; ma ha sempre
avuto pieno controllo dei suoi poteri. Li ha usati a favore dei
più deboli, e
ha sempre anteposto il bene degli altri al proprio. Sul suo conto
girano voci
di tutti tipi, le hanno affibbiato gli appellativi più vari
–più o meno
lusinghieri-; ma la verità è che lei è
una ragazza semplice, con un dono
straordinario. Con dei poteri che ha gestito con saggezza, nonostante i
modi
apparentemente rozzi. Io penso che, con la diplomazia o
–qualora si rivelasse
necessario- con la forza, l’Ordine dei Maghi debba impedire
questa ingiustizia.”
Aveva
detto “con la forza”. Aveva
invocato il dissenso eversivo contro Saillune. E
bravo Zel, si autocongratulò, domani
Philionel si trastullerà con il gioco
dell’impiccato non una, bensì due volte.
Come
prevedibile, l’affermazione
della chimera scatenò il pandemonio, con sommo sconforto del
povero Ronstand.
“Lina
Inverse è una strega, e le
streghe non meritano altro che la morte!” intervenne un mago.
Era alto, con i
capelli neri, con un isolato ciuffo bianco che gli ricadeva sugli
occhi; le
spesse sopracciglia nere. Fu applaudito da un buon numero di presenti,
mentre i
restanti, un’esigua minoranza, osservavano Zel con lo sguardo
indeciso e le
braccia incrociate.
“Baldon,
ci hai già fatto
presente il tuo punto di vista in ripetute occasioni”
sospirà Ronstand “Quello
che ci interessa adesso, è conoscere i fatti. Sapere come
sono andate veramente
le cose. Signor Greywords, lei era presente nel momento in cui Lina
Inverse commise
il fatto che le viene imputato?”
Zelgadiss
chiuse gli occhi…
… E quando li riaprì si
ritrovò ancora lì, sul campo di battaglia.
Giaceva
a terra, supino, in una pozza di sangue. Per quanto tempo aveva perso
conoscenza? Dove erano finiti Lina e Gourry? Che esiti aveva avuto la
battaglia?
Lentamente, si mise a sedere. La testa gli
girò prepotentemente. L’emorragia
doveva essere stata notevole.
Abbassò lo sguardo, esaminando lo
squarcio che gli era stato aperto
nell’addome. Afferrò il pugnale maledetto, che era
stato affondato fino all’elsa,
e lo estrasse. Dalla ferita sgorgò un flusso di sangue rosso
vivo. Invocò un Recovery,
e la ferità lentamente si rimarginò.
Restò a lungo a fissare l’arma che
l’aveva
ferito.
Sull’impugnatura era inciso il simbolo
della casata reale di Saillune.
Lentamente si alzò in piedi, lottando
con il campo visivo che si offuscava,
e contro un dolore sordo alla tempia, unito ad una specie di ronzio.
Sì guardò intorno. Mentre
giaceva a terra incosciente, era calata la
notte. Il campo di battaglia era stato ingoiato
dall’oscurità, contrastata
soltanto da un tenue bagliore lunare, che illuminava la foschia, che
serpeggiava tra massi di pietra e detriti, mossa da un vento freddo.
Tese le proprie orecchie, nel tentativo di captare
qualche rumore. Niente.
Il silenzio era assoluto. Non una voce. Non un grillo che cantava. Solo
il
suono dei propri passi sulla pietra arida.
“Lina? Gourry? Dove siete?”
Zelgadiss ricordava di aver vagato a lungo
nell’oscurità, senza una
vera meta, seguendo solo il proprio istinto .Finché un vento
freddo, impetuoso,
impregnato di tenebre, lo aveva travolto. Ricordava di aver stentato a
stare in
piedi. E poi l’aveva vista, dritto davanti a sé,
ad invocare l’incantesimo
proibito.
“Lina!” l’aveva
chiamata, con un filo di voce “Non farlo!”
“Non ho altra scelta, Zel.”
aveva risposto Lina, rivolgendogli uno sguardo
addolorato
“Perdonami.”
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Capitolo 4 *** La casa del viandante ***
“La
casa del viandante” non era
solo un gioco di parole; era un nome nato da una storia. E questa
storia narrava
di un uomo, e, come in ogni storia che si rispetti, di un grande amore
perduto.
Ma, nonostante tutto, anche di vita e di speranze.
Klaus
doveva la sua vita all’amore.
Non
che nessuno avesse mai attribuito
un significato tanto poetico al proprietario di una bettola che puzzava
di birra,
di fumo, di sudore; e di vissuto.
Klaus
era un orfano che era stato
rigurgitato dall’utero materno, abbandonato lungo la strada
ancora bagnato di
liquido amniotico, con il cordone ombelicale avvolto due volte attorno
al
collo. Con il volto pallido, le labbra bluastre, la bocca aperta nel
tentativo
di avvisare il mondo del suo arrivo.
I
passanti perlopiù lo ignoravano,
e il destino di quel bambino appariva segnato. Avrebbe lasciato questo
mondo in
pochi istanti, senza nemmeno inalare il suo primo respiro, nel suo muto
tentativo
di piangere, di gridare, di vivere.
Ma
poi era successo qualcosa. Una
bambina di nome Claris si era accorta di lui, si era avvicinata, lo
aveva stretto
tra le braccia.
“Papà!”
aveva urlato “Fa
qualcosa, sta morendo!”
Ovviamente
Klaus non poteva
ricordare quel momento. Non era possibile, non era logico; non aveva
senso. Ma nella
vita succedono molte cose, e non tutte sono supportate da una logica
ferrea.
Per
prima cosa successe che Klaus
sopravvisse. Il padre di quella bambina non era un uomo di scienza,
né tantomeno
di buon cuore. Ma in quella circostanza prevalse l’istinto.
Lo
liberò dal cappio che lo
attanagliava, lo sollevò per una gamba, e gli
assestò un violento colpo alla
schiena, che gli fracassò qualche costola, ma gli valse la
vita.
Klaus
visse la sua infanzia in un
orfanotrofio, patì la fame, la sete, il freddo ed il bastone
dei suoi superiori.
Quando fu abbastanza grande da capire che non avrebbe voluto
trascorrere un
giorno di più in quella miseria, era fuggito, e aveva
cominciato a vivere di espedienti
e furtarelli.
Finché
non si era verificato il
secondo miracolo. Lui aveva visto lei, e lei aveva visto lui per la
seconda
volta; anche questa volta lui era invisibile, miserabile, reietto. Ma
Claris l’aveva
visto comunque.
Si
erano abbandonati l’uno all’altra
in riva al mare, si erano sussurrati parole d’amore e mille
promesse, ed infine
mano nella mano erano fuggiti. E Klaus aveva deciso che era il momento
di
smettere di fare il viandante e di trovarsi un lavoro onesto ed una
dimora in
cui vivere.
E
così era nata “La casa del
viandante”.
Ma
il destino è beffardo. Tanto
prima si raggiunge la vetta, tanto presto si è destinati a
cadere. E Claris aveva
dato alla luce il frutto del loro amore, che purtroppo non era
sopravvissuto. E
lei, a propria volta, stremata ed esangue, aveva abbandonato questo
mondo. Così
a Klaus era rimasta solo una cosa a cui aggrapparsi.
Ed
era proprio nel suo locale, quando
apprese la ferale notizia a proposito di Lina Inverse. E la notizia lo
colpì
particolarmente, perché lei era stata lì, non
molto tempo prima.
Alzò
gli occhi, e gli sembrò di
rivivere il momento in cui l’aveva vista varcare la porta.
Quella sera il
locale non era particolarmente affollato; i soliti ubriaconi e qualche
viandante solitario. Ma quando lei era entrata, non era certo passata
inosservata. In primo luogo perché le donne che entravano
là dentro erano tutte
di un certo tipo; e questa decisamente non somigliava a nessuna di loro.
Una
cascata di splendidi capelli
rossi ricadevano sul suo lungo abito bianco, in pura seta; quando
sentì tutti
quegli sguardi su di sé portò spazientita al
fianco la mano che impugnava il bouquet.
“Che
c’è? Mai visto una donna in
abito da sposa entrare in un bar da quattro soldi?”
sbottò spazientita.
“Mai
una così piatta…” mormorò
sommesso un malcapitato ubriacone, che cui spettò un
cazzotto che lo fece
sbalzare dall’altro lato della stanza.
“Qualcun
altro ha qualche
commento da fare?” chiese lei, calma. Ma nessuno aveva nulla
da eccepire,
quindi si avvicinò al bancone, dove si accomodò,
sprofondando in un mare di
seta e pizzi.
“Una
birra.” Richiese all’attonito
oste.
Klaus
poteva vantare di aver
assistito ad una nutrita lista di eventi che nessuno avrebbe esitato a
definire
“fuori dal comune” o quantomeno
“bizzarri”. Ma una donna vestita da sposa che
faceva irruzione nel suo locale, prendeva a scazzottate i suoi clienti,
e si
accomodava al bancone come se nulla fosse, faceva impallidire qualunque
evento
insolito a cui avesse mai assistito in questa vita ed in tutte le
precedenti.
“E’
buffo” esordì lei, con un
sorriso, impugnando il boccale di birra, senza che lui avesse aperto
bocca “E’
la seconda volta in vita mia che indosso un abito da sposa”.
Klaus
asciugò i boccali appena
lavati senza aprire bocca, incerto su cosa rispondere… e se
quel tipo di
affermazione richiedesse, in effetti, una risposta. Lei
proseguì.
“Oh,
ma non sono certo una che
sbava dietro questo genere di cose. Non so se mi spiego.”
Klaus annuì in
silenzio, sebbene non avesse affatto afferrato cosa quella misteriosa
ragazza
stesse cercando di dire. Ma senza che lui ponesse alcuna domanda, lei
continuò.
“Quello
che intendo è che… la maggior
parte delle ragazze smaniano per questo tipo di cose. Non io. Mai. Io
avevo un
altro sogno. Qualcosa di più grande. Qualcosa di importante.
Badare a me
stessa. Essere artefice del mio destino. Cambiare il mondo. Lo capisci
questo?”
chiese.
Klaus
annuì, sebbene continuasse
a non capire. Riteneva che assecondare quella strana ragazza fosse la
cosa più
intelligente da fare.
“La
prima volta che mi sono
sposata l’ho fatto per denaro” spiegò,
svuotando il boccale in un solo fiato, e
facendo cenno di riempirglielo “Ma non era un vero
matrimonio. Un tale che mi
aveva assoldata per far fuori la sua matrigna… una lunga
storia.”
Klaus,
sempre più perplesso,
riempì il boccale come gli era stato richiesto.
Lei
si incupì “A me non fregava
niente di questo genere di cose, capisci? Io ero felice. Bastavo a me
stessa. E
poi sbuca da nulla questo tale…”
L’oste
annuì con vigore. Finalmente,
ai suoi occhi, il discorso cominciava ad acquisire un senso.
“Io
non sono il tipo che si fa
confondere, capito?” ribadì, con fare minaccioso
“Ma questo cervello-di-medusa
compare dal nulla.
Nessuno gli chiede di aiutarmi, ma lui accorre sempre in mio soccorso.
Si
autoproclama mia guardia del corpo. Mi segue ovunque.” Il
tono della sua voce
si addolcì “La sua ingenuità
è disarmante. In certi momenti mi chiedo se abbia
realmente capito con chi ha a che fare. In altri mi convinco che sia
l’unica
persona che sia mai stata in grado di capirmi.” Prese a
fissare il bancone, in
silenzio, come ipnotizzata.
“Disarmati”
intervenne per la
prima volta Klaus “E’ così che ci si
sente. Ma non sempre riporre le armi è
segno di debolezza.”
“Lui…
avrebbe dato la vita per
me. Si è gettato nel Mare del Chaos incurante delle
conseguenze.” Una lacrima
scese lungo la guancia “Come ha potuto abbandonarmi in questo
modo?”
A
questo Klaus proprio non sapeva
rispondere.
“Come
ha potuto farmi questo?
Come ha potuto cambiarmi così nel profondo… come
ha potuto arrivare al mio
cuore… e poi comportarsi così?”
L’oste
scosse la testa, e le
afferrò la mano “Credimi, ragazza… io
di queste cose ho una certa esperienza.
Se è destino che voi stiate insieme, lui tornerà
da te.”
Fu
Lina a scuotere la testa “Destino…
io mi rifiuto di chiedere che le nostre vite siano predeterminate. Ma
se questo
significa che tornerà…”
cominciò a fissare il portone di ingresso.
Klaus
la imitò “Tornerà.”
Gourry
Gabriev non tornò.
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Capitolo 5 *** Visite dalle tenebre ***
Shabranigdo,
dritto davanti a me.
La
spada di luce intrisa di tenebre.
Gli
occhi di rubino mi rispecchiano mille
volte.
Qual
é dei tanti il mio riflesso?
Voglio
essere più forte.
Cambiare
la storia, essere la migliore,
Andare
lontano, raggiungere la vetta.
Oh
fonte di tutti i poteri,
Dammi
la forza per affrontare i miei nemici
E
coloro che saranno tanto sciocchi da osare
affrontarmi,
credendosi
invincibili.
Se
urlassi, mi sentiresti?
Se
mi smarrissi nelle tenebre, mi ritroveresti?
Cos'è
più oscuro del crepuscolo?
Cosa
si annida nel nero della notte più
profonda?
Un
bambino. Solo un bambino innocente.
Muoviti,
oh mia marionetta!
Più
forte. Voglio diventare più forte.
Perché
i maghi più potenti perdono il
controllo?
Perché
finiscono per essere dominati
dai
loro stessi poteri?
Mi
risolleverai, mi sosterrai?
Mi
porterai in posti che non ho mai
conosciuto?
Non
sarò mai più sola?
Ti
seguirò ovunque tu andrai, non ti libererai di me.
Sono
il tuo paladino; ho bisogno che tu mi protegga.
Io
ho bisogno di te.
Guarda
quello che potrebbe succedere.
Freddo.
Tenebre.
Nulla.
Pace.
Oblio.
Ascendo.
Ma
dove sono? Questo posto... io l'ho già
visto.
L'hai
voluto tu. Ora ti perderai per sempre negli Abissi del Chaos.
Rezo
volge il suo primo e ultimo sguardo al
mondo,
consapevole
che il Gran Demone ha già vinto.
Perché
non accontentarsi?
Cos’è
questa frenesia che ci spinge a
superare il limite?
Vorrei
reagire, ma non riesco. Non ho più la forza di combattere.
Smettetela
di guardarmi
Smettetela
di sperare
Smettetela
di rivolgere a me
I
vostri mille occhi terrorizzati
Non
posso essere sempre all’altezza
Non
posso essere il vostro eroe
Sono
solo un’ombra, una brezza effimera
Un
sogno, un ideale, un’irraggiungibile utopia
Io
sono la creatura più nera di una notte
di tempesta
Sono
la creatura che tutti temono
Sono Lord Of
Nightmare
No! Sono
Lina Inverse!
Dopo
tanti viaggi, dopo tante battaglie, non può finire
così.
Non
può essere che il male abbia vinto sul bene. No, non
é giusto.
Credevo
che la Giustizia vincesse sempre.
Più
in alto arriverai, tanto prima cadrai.
Sono
prigioniera del mio destino.
Lina Inverse aprì gli
occhi.
Si mise a sedere, madida di sudore,
portando le mani alla
bocca per soffocare un urlo di terrore.
Dove sono?
“Sei in una cella
sotterranea del carcere del regno di
Saillune. Per la precisione in una sezione chiusa da più di
cento anni. Quella
destinata ai morti che camminano. Da quanto hai questi
incubi?”
Lina si asciugò
furtivamente le lacrime agli angoli degli
occhi.
“Da quanto leggi il
pensiero?” chiese con sarcasmo.
Il suo visitatore increspò
le labbra in un abbozzo di
sorriso “Voi umani non siete così complessi da
interpretare, contrariamente a
quanto vi piace credere.” Ironizzò
“Anche se…”
“… Non capisci
perché me ne resti qui buona buona ad
attendere la fine.” Concluse per lui Lina “E vuoi
sapere come lo so? Amico, mi
dispiace dover essere proprio io a darti questa notizia, ma anche voi
Mazoku
siete piuttosto prevedibili.”
Il sorriso di Xelloss si
ampliò “Vedo che non hai perso il
tuo scadente senso dell’umorismo.”
Lina sospirò, passando
sovrappensiero il dito sul metallo
levigato delle sbarre della sua cella “Occorre molto senso
dell’umorismo per
fronteggiare una situazione simile senza impazzire.” Disse
amaramente “Sempre
ammesso che io non sia già pazza, e che tutto questo non sia
che il prodotto
della mia mente malata.”
Il Mazoku si avvicinò
“Senso dell’umorismo… oppure un Fireball… seguito da cieli
stellati e
orizzonti sterminati… insomma, un nuovo inizio.”
La maga continuò a fissare
con un’espressione vacua un punto
imprecisato della sua cella.
“Perché sei
qui?”Chiese infine, con freddezza.
“Voglio impedire che questa
follia abbia luogo.”
“E chi vuole impedirmelo?
Tu o la Tua Padrona?” chiese
bruscamente, fissando i suoi occhi rosa dritto negli occhi
semisocchiusi di
lui.
Xelloss non parlò, nemmeno
per elargire una delle sue
tipiche risposte criptiche; ma non abbassò lo sguardo,
mantenendo inalterata la
sua espressione.
“Sì,
certo… è un segreto.”
Proseguì lei “Beh, nemmeno io
smanio dalla voglia di metterti al corrente di tutti i miei
pensieri.”
“Non molto lontano da qui,
qualcuno che non ti aspetteresti,
sta lottando per te. Per la tua vita.” Interloquì
il Mazoku, dopo un lungo
silenzio.
L’espressione di Lina, per
un breve attimo, si animò di trepidante
attesa e di speranza.
“No, non lui.”
Sbottò il Mazoku, tradendo un’espressione di
disgusto “Lui è rimasto a fissare il pavimento,
come l’idiota smidollato che è.”
Lina con uno scatto lo
afferrò per il bavero “Tu non vali un
millesimo di quello che vale lui.”
Xelloss le concesse uno dei suoi
sorrisetti enigmatici
“Forse… ma in fondo lui non
c’è, mentre io sono qui, giusto?” e
sfiorò
leggermente le labbra di lei con le sue.
Lina, dopo un istante di esitazione
dovuto alla sorpresa, lo
respinse “Vattene.”
Il Mazoku non nascose la sua
delusione “Ma perché? Di certo
non sono queste barre a trattenerti, come quel ridicolo aggeggio che ti
hanno
messo sulla fronte non è in grado di frenare i tuoi poteri.
Ma allora perché
sei qui? Perché non fuggi?”
La maga lo fissò negli
occhi “Per pareggiare i conti… per
affrontare il mio Destino… o, come direbbe la nostra piccola
Amelia… perché è giusto.”
Xelloss sospirò
“A quanto pare non c’è niente che possa
fare
per farti cambiare idea.”
“Ma come?”
protestò Lina”Già ti arrendi? Sei il
peggior
negoziatore che si sia mai visto.”
Lui rispose con un amabile sorriso ed
un’alzata di spalle.
“Toglimi una
curiosità Xelloss, prima che io ti veda dissolvere
nel nulla per l’ultima volta. Almeno questo me lo devi. Qual
è il vero motivo
per cui sei qui? E prima che tu porti il dito alla bocca e mugugni
quella
pantomima del segreto, meglio che ti metta al corrente che so che sei
qui di
tua iniziativa. *Lei* avrebbe sicuramente offerto degli argomenti di
persuasione
più efficaci. Contratti. Ricatti. Le solite cose.”
“Una piccola parte di me
si… accorgerebbe…
della tua assenza.” Confessò il Mazoku, dopo un
periodo indefinito di esitazione.
“Tutto qui?”
protestò la maga, con un sorriso “Una consistente
parte di me ti sta mandando al diavolo.”
“Allora la accontento
subito” le concesse il Mazoku con un
sorriso, e dopo un inchino aggraziato sparì nelle tenebre da
cui era venuto.
Lasciando Lina sola a perdersi nelle
proprie.
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Capitolo 6 *** Il giorno della svolta ***
Capitolo
6: Il giorno della svolta
Il
giorno in cui tutto cambiò non era iniziato come un giorno
diverso, né sembrava
destinato ad evolvere in qualcosa di significativo. In apparenza, la
giornata
era trascorsa nella monotona serenità della routine; eppure,
ad un’occhiata più
attenta, qualcosa di piccolo e straordinario era accaduto.
Quella
notte Lina Inverse aveva fatto un sogno. La sua attività
onirica si era resa
più intensa in quegli ultimi tempi.
Aveva
sognato l'oscurità e la solitudine del Mare del Chaos. Si
era ritrovata immersa
nelle tenebre, posseduta da un essere dai mille nomi, dai mille volti,
dagli
infiniti poteri.
Si
era sentita debole, prostrata, sola; in trappola.
Ed
in quel sogno, il suo Io era disperso nel Mare del Chaos. Aveva perso
la sua
identità, la sua forma, la sua essenza.
Ma
poi un fascio di luce aveva squarciato le tenebre. Una voce aveva
parlato alla
sua mente, e al suo cuore.
I
suoi ricordi non andavano oltre a quel momento. Ma era certa che
qualcosa di
bello e straordinario avesse fatto seguito a quei momenti di buio.
Forse
sei testarda ed anche un po’
perversa...
Forse
inganni le persone con il tuo
fascino...
E
guardi dall'alto in basso chiunque sia
più debole di te... ma...
Ma
io... io ho bisogno di te.
E
nella luce aveva preso forma un viso.
"Lina,
tutto bene?"
La
maga riemerse dalle sue riflessioni, e si trovò a pochi
centimetri dal viso
l'espressione accigliata dello spadaccino, visibilmente in apprensione.
"Sì.
Tutto bene." rassicurò, arrossendo leggermente "Ero solo
sovrappensiero."
"Sicura?
Non ti sei nemmeno accorta che il pesce ha abboccato. Non è
da te."
Lina
realizzò solo in quel momento di essere seduta sulla sponda
di un fiume e di
avere tra le mani una canna da pesca improvvisata nel tentativo di
procacciare
il pranzo.
"Beh..."
Ribatté "La verità è che oggi non ho
molta fame"
"Non
hai fame?? Ora sì che mi fai preoccupare! Hai la febbre?"
Posò la sua mano
sulla fronte di lei, e i loro volti si trovarono ad una distanza
ravvicinata.
Lina Inverse arrossì vistosamente, e la sua frequenza
respiratoria subì una
decisa accelerazione.
"In
effetti sei un po' calda" osservò lo spadaccino "Vuoi che ti
porti in
braccio al villaggio più vicino?"
"In...
In bracc...?!" Borbottò Lina, rossa in viso "No, senti, sto
benissimo.
Perché piuttosto non ti siedi? Ci sono delle cose di cui
dovremmo
parlare."
Lo
spadaccino le scoccò uno sguardo interrogativo. Ma la
assecondò.
"Ok,
Lina..." E si sedette a gambe incrociate davanti a lei.
E
Lina lo guardò in modo diverso. Guardò i suoi
occhi azzurri, la sua espressione
allegra ed apparentemente ingenua, i lunghi capelli biondi, la pelle
abbronzata, il profilo imponente delle sue spalle, le sue braccia
muscolose.
In
quel momento nella sua mente si succedettero una serie di immagini,
risalenti
ai momenti trascorsi insieme nel Mare del Chaos. Il gesto eroico di
lui, che si
era lanciato nelle tenebre incurante della propria stessa vita. Le sue
parole.
E... qualcos’altro.
"Senti
Gourry... Ti ricordi quella volta che siamo andati nel deserto, tra i
monoliti
del Sacro Testo di Magia?"
Gourry
diede segno di fare del suo meglio per andare incontro alla richiesta
della sua
compagna, con un’espressione concentrata che
riuscì a strapparle un sorriso.
Dopodiché tornò a guardarla, con
un’alzata di spalle, ed un irresistibile sorriso
da smemorato inveterato e rassegnato.
Ma
Lina non aveva intenzione di demordere "Su, cervello di medusa... Fai
girare un po’ di ingranaggi... Ti ricordi la sera, nel
deserto, quando abbiamo
cominciato a parlare... Beh sì insomma... Delle nostre
prospettive circa il
viaggiare insieme...?
Lo
spadaccino alzò nuovamente le spalle "Cosa intendi dire?"
"Beh...
Adesso siamo qui... Senza una meta precisa, senza uno scopo... Quindi
mi stavo
chiedendo... Cosa di andasse di fare." Spiegò, seria. Mentre
nella sua
mente risuonavano le parole che le aveva detto mentre erano nel deserto.
Fino a
quando pensi che continueremo a
viaggiare insieme?
Non lo
so... Magari per tutta la vita.
Si
rese conto che il ricordo di quanto era accaduto nel Mare del Chaos era
sempre
stato sepolto dentro di lei. Era stato qualcosa che aveva sempre
saputo, ma che
per qualche motivo aveva inconsapevolmente scelto di ignorare. Forse
perché non
era pronta; forse perché semplicemente non si era mai
presentato un momento di
relativa tranquillità che le avesse concesso di
soffermarvisi.
In
fondo la vita è fatta di attimi. Non era capitato molto
spesso che si fosse
interrogata sulla natura del legame che la univa allo spadaccino
smemorato.
Ma
era successo, in passato. Ed il caso (perché Lina escludeva
il termine “destino”
dal proprio vocabolario) aveva voluto che fossero stati interrotti.
Ma
in quel momento era lei stessa a non capire dove volesse andare a
parare con
esattezza. Cosa voleva dire allo spadaccino? Cosa voleva che accadesse?
Cosa
voleva che cambiasse?
Semplicemente,
in momenti di calma come quello, nel quale la loro stessa sopravvivenza
o il
destino dell’umanità non erano in
bilico… in quel momenti, in cui la mente si
trovava a vagare, indagare, scavare… sentiva bisogno di
trovare una definizione
a quel legame.
Voleva
sentirsi dire che le loro strade non si sarebbero mai separate. Che lui
sarebbe
sempre stato al suo fianco. In quel momento prese consapevolezza del
fatto che
la presenza di Gourry era un bisogno essenziale, come bere, come
respirare.
Aveva
bisogno di lui.
Non
perché non fosse in grado di difendersi da sola…
qualunque banda di manigoldi
nel mondo conosciuto sapeva che non aveva assolutamente bisogno di una
guardia
del corpo.
Ma
nonostante questo… nonostante i suoi poteri…
sentiva di essere vulnerabile
senza di lui. E non si trattava del fatto che senza di lui non sarebbe
riuscita
a sopravvivere.
Si
trattava del fatto che senza di lui non avrebbe avuto alcun senso farlo.
Non
era sicura di essere pronta ad affrontare le conseguenze che sarebbero
seguite
a quella rivelazione. Non era sicura di essere pronta ad avere un
legame di
quel tipo.
Ma
voleva che lui lo sapesse. Che non si sentisse autorizzato ad offrire i
propri
servigi alla prima fanciulla indifesa che trovava per strada. Che si
considerasse “impegnato”. Con lei.
Non
che volesse smancerie, o niente del genere.
“Senti,
biondino…” esordì, con il cuore che
batteva a mille, ancora prima che nella sua
mente avessero preso forma le parole che voleva pronunciare
“C’è una cosa
importante che vorrei mettere in chiaro.”
Gourry
continuò a fissarla con un’espressione
disorientata, ma allo stesso tempo
incuriosito dallo strano comportamento della sua compagna di viaggio.
“Se
per caso ti venisse la brillante idea di piantarmi in asso…
Lo sai che il mio
Dragon Slave ti raggiungerebbe ovunque, giusto?”
Gourry
la fissò ancora più confuso, incerto su cosa la
maga volesse sentirsi dire.
Lina
si rimproverò in silenzio. Non era capace di esprimere un
semplice concetto
senza estorsioni o minacce di morte? Anche se era molto difficile non
minacciarlo… era molto infastidita dal fatto che
Gourry-cervello-di-medusa facesse
sentire lei, maga-genio-Lina-Inverse, una perfetta idiota.
Si
impose di riflettere. Che cosa avrebbe detto una fanciulla
PERFETTAMENTE
NORMALE in quelle circostanze? Come poteva spiegare che la sua non
presenza
sarebbe stata ai suoi occhi non apprezzabile? Qual’era il
termine esatto per
esprimere quel sentimento?
E
quando il termine balenò, quando improvvisamente seppe cosa
dire…
…
successe qualcosa che avrebbe cambiato per sempre le loro vite.
Un
messaggero arrivò, a cavallo, puntando verso di lei.
“Signorina
Inverse!” esclamò, scendendo trafelato dal proprio
destriero “E’ giorni che vi
cerco per consegnarvi questo messaggio.”
Lina
lo fissò con sguardo torvo, estremamente seccata
dell’interruzione. Non sospettò
nemmeno per un istante che potesse trattarsi di notizie importanti.
Pensò che
fosse l’ennesimo cliente che volesse assoldarli per incarichi
di dubbia
moralità.
Quindi,
quando ruppe il sigillo della pergamena che il messaggero le pose, e
lesse quel
messaggio di poche righe, non realizzò subito di cosa si
trattasse.
Ma
quando rilesse per la seconda volta, un senso di irrealtà e
di panico prese rapidamente
il sopravvento. Il respiro le mancò. Impallidì.
Sentì le forze mancare. Il campo
visivo cominciò ad offuscarsi.
Lo
spadaccino corse subito in suo soccorso, prendendola tra le braccia.
Capì
subito che doveva essere successo qualcosa di grave, perché
in tutti gli anni
in cui conosceva Lina, non aveva mai assistito ad una simile reazione.
Una
volta che la maga si riebbe, lesse il messaggio nella pergamena.
Luna
è morta.
Torna a
casa.
Papà
|
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Capitolo 7 *** Arrivano i rinforzi ***
Capitolo 7: Arrivano i rinforzi
“E
di primo impatto come reagì
Lina Inverse alla morte di Luna, il Cavaliere di Cepheid, sua
sorella?”
Zelgadiss
guardò Ronstand, e
rispose pacatamente “Ad essere onesti non lo so. Non ero in
sua compagnia
quando apprese la notizia. L’ho raggiunta solo in un secondo
momento. Tutto
quello che posso dirvi è che quando la incontrai era
profondamente turbata.” Mentì,
mentre nella sua testa gli sembrò di sentire la voce di
Lina, mente diceva:
Che vuoi che me ne freghi se quella strega
è finalmente trapassata?
Tanto meglio, una rompiscatole in meno con cui avere a che fare!
“Questo
è comprensibile” concesse
Ronstand “E tu in quel momento dove ti trovavi?”
La
chimera sospirò, restia a
rivelare un dettaglio che il Consiglio avrebbe potuto interpretare come
compromettente.
“Sarebbe
corretto affermare che
ti trovavi entro i confini del regno di Saillune?”
Al
solo sentire pronunciare il
nome Saillune, Zel si
trovò a lottare
contro un destabilizzante senso di vertigini. Ecco,
si disse, ecco perché
non volevo parlare al Consiglio. Maledizione a te, Gourry.
Inspirò
profondamente, e
ritrovata la calma asserì “Non capisco come il
luogo in cui mi trovassi in quel
momento abbia attinenza con i fatti.”
Baldon
si alzò in piedi, puntando
il dito grassoccio contro di lui “Ha attinenza
perché se è come penso, tu –caro
amico- hai un notevole conflitto di interessi. E di conseguenza non
saresti un
testimone attendibile.”
La
presa sul legno del leggio
davanti a sé si fece più serrata
“Giusto, sono l’unico testimone oculare, come
potrei non essere considerato attendibile,
emerita testa di…?” si trovò quasi a
ringhiare.
“Calmi!
Moderiamo i toni!”
intervenne Ronstand “Baldon, siediti e non ti azzardare mai
più a prendere la
parola senza essere stato interpellato, o ti sbatterò fuori
di qui seduta
stante. E non scherzo.”
Nel
frattempo, Zel lanciò un’occhiata
eloquente all’amico spadaccino.
Non vedi che sono in difficoltà? Quando
ti deciderai a togliermi
d’impaccio?
Gourry
ricambiò lo sguardo, e
allo sciamano parve di cogliere per la prima volta in quei giorni
qualcosa di
diverso nei suoi occhi.
Forse sta lentamente tornando in sé,
considerò il mago, Forse ha
bisogno di altro tempo. Sempre che non
mi facciano a pezzi prima.
Baldon
alzò la mano allo scopo di
chiedere la parola. Zel si abbandonò per un istante ad
immaginare quanta
soddisfazione gli avrebbe dato spezzare
quel braccio.
“Sì,
Baldon, che c’è?” lo
interpellò Ronstand.
“Volevo
chiedere conferma di
quanto mi è stato riferito dalle mie fonti, ovvero che il
qui presente Zelgadiss
Greywords, quando Lina Inverse ricevette la ferale notizia, si trovava
nel
Regno di Saillune, ospite della Famiglia Reale.”
Zelgadiss
era stato più volte
pugnalato al petto, da armi magiche di tutti i tipi. Ma quel fendente
invisibile era stato senza dubbio il più doloroso che avesse
mai sperimentato.
Guardò Gourry con fare supplichevole, e lo spadaccino non
sembrò del tutto indifferente
al suo richiamo.
“Signor
Greywords, è vero?”
domandò Ronstand.
Pallido
in volto, Zelgadiss
annuì.
Avevi promesso che saresti tornato! Come hai potuto
sparire per due
anni; e come puoi tornare a farti vivo solo ora, come se nulla fosse?
Troppi
ricordi, ancora troppo
vividi. Troppo dolore. Troppo pervasivo il senso di perdita. La chimera
arrancò
sul leggio, sempre più pallido.
“Ho
un’altra cosa da aggiungere,
Ronstand” aggiunse Baldon “Sempre in accordo alle
mie fonti, il qui presente
Zelgadiss Greywords avrebbe avuto un intreccio amoroso con la compianta
principessa di Saillune.”
Non era stato facile decidere di tornare. E, anche
se gli era costato
ammetterlo, non era stato facile nemmeno stare lontano da lei per tutto
quel
tempo. E non era stato facile sostenere i suoi occhi gelidi come il
ghiaccio,
mentre si avvicinava.
“Non erano questi i patti,
Zel.” Aveva sussurrato con un tono di voce
piatto, come se fosse passato troppo tempo per provare ancora
dispiacere… o
rabbia.
“Amelia, non posso stare qui. Non posso
trascorrere tutta la mia vita nello
stesso posto. Ho bisogno di essere libero.”
“Libertà.” Aveva
ripetuto la principessa, e mentre batteva le palpebre,
aveva mantenuto gli occhi chiusi per una frazione di secondo di
più del
necessario. “Io ho dei doveri verso il mio popolo. E devo
mantenerli, anche a
costo di fare dei sacrifici. Non ottemperare agli impegni non significa
essere
liberi. Significa essere dei vigliacchi.”
Zelgadiss
si trovò di nuovo
intrappolato in quel vortice di ricordi dal quale gli era
apparentemente
impossibile divincolarsi. Rivisse quel momento, durante il
combattimento con la
Dark Star, durante il quale lui ed Amelia si erano trovati fianco a
fianco a
dare energia alla stessa Arma Magica.
Poi
lui si era voltato verso di
lei, e l’aveva vista con quell’espressione
impegnata eppure allo stesso tempo
serena e fiduciosa, le guance rosse, le labbra dischiuse, i capelli
corvini, le
lacrime a lato degli occhi a causa del vento impetuoso. Quando poi lei
l’aveva
guardato con quegli enormi occhi blu da bambina, ed era arrossita
mentre gli
chiedeva se sarebbe andato a trovarla a Saillune una volta usciti
vittoriosi da
quella battaglia, era stato preso da un impulso che gli era stato
impossibile
governare. Si era chinato su di lei, e l’aveva baciata. E
dopo quel momento aveva
creduto che non sarebbe mai più stato in grado di smettere
di farlo.
Ma
man mano che il loro rapporto
si concretizzava, la vita che lui desiderava sfumava. Si prospettava
una vita
in cui non avrebbe più visto gli accesi tramonti
sull’oceano, o gli immensi cieli
stellati sdraiato sulla sabbia del deserto.
Ma
dopo la partenza, si era
spesso chiesto, quando scendeva la notte, e l’aria si
raffreddava, ed il
silenzio calava, se la solitudine fosse un prezzo accettabile. Ma la
risposta
non era definita, ne definitiva.
“Ora
basta.” Esclamò una voce,
irrompendo nel caos che si era creato, portando tutti a tacere.
Gourry
Gabriev si alzò in piedi,
e camminò fino a portarsi a fianco alla chimera, ponendogli
una mano sulla
spalla.
“Scusa
se ci ho messo tanto,
amico.” Sussurrò.
Zel
annuì, il volto pallido ed
emaciato dalla deprivazione di cibo e di sonno.
“Il
mio nome è Gourry Gabriev.” Spiegò
“Io non ero presente… o meglio, non ero cosciente,
nel momento in cui Lina…” si
interruppe, incerto su come continuare. E semplicemente non
continuò quella
frase.
“Ma
posso raccontarvi come sono
andate le cose all’inizio. Posso raccontarvi cosa successe
quando accompagnai
Lina a casa.”
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Capitolo 8 *** Benvenuti in casa Inverse ***
Capitolo 8:
Benvenuti
in casa Inverse
“Il
Regno di Zefielia. Credevo -o
meglio, speravo- non l’avrei mai più
rivisto.” Rivelò Lina.
Gourry
fissò incerto la sua
compagna di viaggio. Fino a quel momento non avevano mai parlato delle
rispettive famiglie, e non sapeva se e come rompere
l’indugio.
Sapeva
che quella di Lina non doveva
essere una famiglia come tutte le altre. Da quando aveva conosciuto la
maga con
i capelli rossi, non si erano mai separati. Ora, lui non sapeva con
certezza da
quanti anni viaggiassero insieme; non era mai stato forte con i numeri.
Ma era
piuttosto sicuro che fossero più di cinque e meno di dieci.
In poche parole, un
sacco di tempo. E in quel periodo nessuno di loro aveva mai minimamente
accennato alla rispettiva famiglia, né espresso la
volontà di farle visita.
Gourry
Gabriev conosceva molto
bene la propria storia, ma non sapeva granché di quella di
Lina. Certo, sapeva che
se ne era andata di casa in giovane età. Non ricordava a
quale età precisa, ma,
in considerazione del fatto che quando l’aveva conosciuta era
poco più di una
bambina, doveva essere stata molto giovane.
Altra
cosa che sapeva era che lei
provava allo stesso tempo un terrore cieco ed un complesso di
inferiorità per
la sorella, che sembrava fosse stata una specie di prodigio. Ricordava
che al
solo sentirla nominare dalla draghessa bionda, con la coda che sporgeva
da
sotto la gonna ed il martello borchiato (Fisia? Forse Furia?) era
arrivata a
scavarsi una specie di ecatombe nel tentativo di seppellirsi. Lui
pensava che fosse
semplicemente impossibile che esistesse una maga più potente
di Lina, o almeno,
lui fino a quel momento non ne aveva mai incontrata una.
L’unica spiegazione
possibile era che fosse un’esagerazione, o che questa Luna
dovesse essere di una
potenza sovrannaturale. Più di quanto non lo fosse
già Lina, si intende.
Luna e Lina. Che fantasia,
ironizzò.
Lo
spadaccino venne bruscamente
strappato alle sue riflessioni da una gomitata della maga
“… Gourry? Terra
chiama Gourry! Cervello-di-medusa, mi ascolti quando ti
parlo?”
Si
grattò la testa “Scusa, Lina.
Stavo pensando che quando ti è arrivato quel messaggio hai
reagito proprio male.
Ma non ho mai avuto l’impressione che tu fossi tanto legata a
tua sorella.”
Lina
batté le palpebre, sorpresa
dalla sensibilità che lo zuccone aveva per le sue reazioni
“Vedi… il fatto è
che io non ho reagito in quel modo per la prima parte del messaggio,
bensì per
la seconda.”
Lo
spadaccino si eclissò nelle
sue riflessioni per un bel po’ “Intendi il
‘torna a casa’?” arguì.
La
maga annuì, visibilmente
turbata.
“Non
mi hai mai raccontato nulla
della tua famiglia.” Esordì lo spadaccino,
decidendosi infine ad addentrarsi in
quel campo minato.
“Se
non l’ho mai fatto, c’erano
delle ragioni ben precise.” Spiegò la maga.
“Vale
a dire?”
Lina
esitò, infine rispose “Credo
che avrai modo di scoprirlo molto presto.”
Il
resto del viaggio proseguì per
la maggior parte del tempo nel silenzio.
Le
terre dove Lina era nata e
cresciuta erano tempestate di montagne dalle cime irte ed innevate.
Dalla
vallata che stavano percorrendo si intravvedevano sparuti e solitari
villaggi
montani. L’aria era fredda, il cielo terso lasciava
intravedere un’innumerevole
schiera di montagne all’orizzonte.
Per
due giorni e due notti
brancolarono nell’oscurità, avvolte nelle loro
pellicce, travolti da una
tempesta di neve. Il giorno dopo, mentre Gourry e Lina riuscivano
finalmente a
riposare per riaversi dalla spossatezza fisica causata dal freddo,
dalla fame e
dallo sforzo strenuo, furono svegliati da un potente terremoto. Lina
indicò una
delle tante montagne all’orizzonte.
Lo
spadaccino osservò affascinato
la lava luccicante e la nube di fumo nero che ne lambiva la
sommità.
“Quel
vulcano era inattivo da
secoli.” Commentò la maga, con uno sguardo ed un
tono di voce allarmati che
allo spadaccino non piacquero neanche un po’.
“Beh,
può capitare, giusto? Che
un vulcano inattivo riprenda vita, intendo. Non deve necessariamente
avere un
significato.”
Lina
annuì, ma a giudicare dallo
sguardo quell’eruzione sembrava impensierirla.
Dopo
altri due giorni di cammino
giunsero finalmente in casa Inverse.
Arrivarono
tardi, i funerali
solenni avevano già avuto luogo la settimana prima. Quando
entrarono in casa
ricevettero un tiepido benvenuto, e furono subito scortati alla lapide
di
quello che era stato il Cavaliere di Cepheid, tappezzata di fiori e di
lettere
di addio; perfino delle poesie.
La
famiglia Inverse stette
raccolta davanti alla tomba; Lina con un’espressione
disorientata, dando l’idea
di non capire se si trovasse nella realtà o in un incubo. I
due genitori le
stavano alle spalle, in silenzio, con uno sguardo profondamente
addolorato.
Non
erano come li aveva
immaginati. Gourry, nella sua testa, si era sempre figurato la madre di
Lina
come una copia leggermente più attempata della figlia.
Invece doveva essere
molto in là con gli anni; o, se così non era,
doveva portarseli davvero male.
Portava dei capelli lunghi e bianchi, e aveva un fisico decisamente
robusto,
che non ricordava affatto quello esile della figlia. E non aveva forse
avvertito un odore estremamente sospetto, nel suo alito, quando si
erano
stretti la mano, nonostante fossero giunti ben prima di mezzogiorno?
Eppure
i due coniugi esprimevano
un dolore stranamente composto, e silenzioso. C’era qualcosa
di strano, e di
profondamente sbagliato, perfino surreale, nella scena a cui stava
assistendo.
Jaris
Inverse, invece, era un
uomo dai corti capelli brizzolati, con degli enormi baffoni di colore
grigio.
Gli occhi castani semisocchiusi sembravano estremamente severi, quelli
di un
padre duro ed intransigente. Somigliavano molto agli occhi di suo padre.
Per
mezzogiorno il pranzo era
servito. Vera Inverse servì un brodo caldo sul quale lo
spadaccino si fiondò
con il solito entusiasmo, ansioso di riscaldarsi dopo aver trascorso la
mattinata esposto all’aria gelida di montagna.
Notò invece che Lina non si
avventava sul cibo con la solita lena, ma si serviva con bocconi
piccoli e con
estrema lentezza.
Jaris
fissò in silenzio il suo
modo di mangiare. Lo spadaccino non riuscì ad interpretare
quello sguardo.
Rallentò il ritmo e raffinò il modo di servirsi,
adeguandosi a quello che
faceva Lina. Evidentemente in quella casa l’ingordigia per il
cibo non era
vista di buon occhio.
Vera
ruppe il silenzio “Vedo che
hai molto appetito, Gourry!” osservò con un
sorriso, servendosi un bicchiere di
vino “Devo dedurre che hai gradito il mio stufato?”
Lo
spadaccino fu ben lieto che
gli fosse stata offerta una via d’uscita da quel silenzio
imbarazzante “Eccome,
signora Inverse, è lo stufato migliore che abbia mai
mangiato!” affermò con
genuino entusiasmo.
Vera
arricciò le labbra in un
sorriso, soddisfatta del complimento ricevuto. Jaris nel frattempo
continuò ad
osservare molto attentamente la figlia, che non alzava lo sguardo dal
piatto e
giocherellava con il cucchiaio.
“Siete
sposati?” chiese infine, a
bruciapelo, rivolgendosi a lei.
Lina
sbiancò, con un’espressione
terrorizzata che preoccupò molto Gourry, che accorse subito
in suo soccorso.
“Nossignore.
Io sono la sua
guardia del corpo.”
Jaris
lo guardò freddamente
“Giovanotto, non mi sembra di averti rivolto alcuna domani.
Quando mi rivolgerò
a te lo capirai perché ti chiamerò per nome e ti
guarderò fisso negli occhi. Lina,
gradirei una risposta. Costui è davvero la tua guardia dei
corpo?”
La
maga, sempre più pallida in
viso, annuì. L’uomo continuò a fissarla
con intensità, mentre lei evitava
accuratamente il suo sguardo. Gourry era rimasto sorpreso dai modi del
padre di
Lina. Aveva sempre pensato che il carattere espansivo ed egocentrico
della
giovane maga fosse dovuto alle attenzioni ricevute in famiglia, non
aveva mai
considerato che potesse essere una reazione a quel clima freddo e di
indifferenza. Ma quello che lo stupiva ancora di più era che
Lina, invece di
rispondere con la sfacciataggine di cui solo lei era capace, sembrava
sopraffatta
dalla situazione.
In
quel momento notò il ritratto
di famiglia sopra il caminetto acceso. Rappresentava dei Vera e Jaris
decisamente più giovani, che stringevano in braccio una
ragazzina dai capelli
castani e con una frangetta monto pesante che le ricadeva sugli occhi,
vestita
con una toga da sacerdotessa. Perché Lina non
c’era? Anche ammesso che fosse
nata dopo che il ritratto fosse realizzato, non sarebbe stato
più di buon gusto
realizzarne un altro che raffigurasse anche la secondogenita, o
toglierlo,
piuttosto che escluderla in quel modo?
Jaris
nel frattempo, parve
decidere di riversare la sua attenzione sullo spadaccino.
“Raccontaci
di te, Gourry. Cosa
fai nella vita?”
“Beh,
io me la cavo discretamente
con la spada.”
“Discretamente?”
Ripeté Jaris,
accigliato “Figliolo, una cosa ha senso farla solo quando si
eccelle. Se discretamente
è il meglio che sai fare,
forse sarebbe meglio che cambiassi mestiere.”
“Papà,
Gourry fa solo il
modesto.” Intervenne Lina per la prima volta, con la voce
tremante “In realtà è
uno dei migliori spadaccini che si conoscano.”
L’uomo
ignorò completamente il
commento della figlia, senza staccare gli occhi da Gourry. Che, sebbene
confuso, sostenne quello sguardo indagatore meglio che poté.
“Gourry,
desideri vedere la tua
stanza?” intervenne Vera, che non dette segno di fare caso al
comportamento del
marito “Sarete stanchi dopo questo lungo viaggio, avrete
voglia di distendervi per
un’oretta dopo pranzo.”
Lo
spadaccino colse l’invito con
estrema gratitudine. Ma allo stesso tempo con terrore. Si dava per
scontato che
trascorressero la notte in quella casa? Avrebbe preferito mille volte
tornare nella
tormenta di neve. E poi, aldilà del suo disagio, era chiaro
che a Lina non
faceva bene restare in quella casa. Con quell’uomo orribile
che le faceva il terzo
grado.
Vera
gli mostrò una piccola
stanza con un focolare.
“Il
fuoco è spento” spiegò
“perché
non aspettavamo visite. Più tardi passerò ad
accenderlo”
“Non
c’è bisogno, Signora, ci
penserò io.” La rassicurò Gourry
“Piuttosto, vorrei rinnovarle le condoglianze per
la sua perdita.”
Vera
si incupì “Oh sì… quella
figlia… era tutto per noi…
tutto…”
Lo
spadaccino le pose una mano
sulla spalla “Ma c’è ancora
Lina.” Aggiunse, spiazzato da quell’affermazione.
La
donna lo guardò confusa, e con
scarsa convinzione disse “Oh, sì…
naturalmente...”
“Posso
chiedere com’è successo?”
“Ancora
non si sa molto,
purtroppo. Tutto quello che sappiamo è che è
morta in combattimento. Il Regno
di Saillune ha promesso di mettere in gioco delle risorse per scoprire
l’accaduto.
Domani sarà qui una loro ambasciata. Nostra figlia Luna era
molto amata. Senz’altro
è questo il motivo di questa generosa offerta.”
Gourry
si astenne dal dire che se
c’era in gioco il Regno di Saillune, difficilmente si
trattava di un favore
personale a Luna. Più probabile che Amelia e Phil fossero
preoccupati per Lina.
E quindi sarebbero giunti l’indomani. Non poteva ribellarsi
all’idea di passare
un altro giorno in quel clima da storia horror.
Quando
Vera finalmente se ne andò,
chiudendo la porta dietro di sé, si abbandono stremato sul
letto.
Un breve pisolino, si ripromise, poi passerò al setaccio la casa per
vedere se riesco a scoprire
qualcosa di più. E per non lasciare Lina da sola in questo
covo di matti.
Ma
non si svegliò fino al giorno
dopo.
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Capitolo 9 *** Falco ***
Capitolo 9: Falco
Il terzo giorno in casa Inverse, Gourry si era svegliato di buon’ora, rattrappito ed infreddolito. Era sceso in cucina, e aveva sorpreso Vera nell’intento di travasare il contenuto di una damigiana in una raffinata tazza in porcellana. Non che la visione avesse aggiunto qualcosa a quello che aveva già intuito dal suo alito alla prima stretta di mano. Non si sentiva di biasimarla: anche lui da quando aveva messo piede in quella casa aveva un fottuta voglia di bere. Poteva immaginare che viverci amplificasse esponenzialmente quella voglia.
Quindi era uscito di casa, gustandosi l’aria fresca e pungente del mattino, assaporando il panorama mozzafiato offertogli delle montagne innevate. Nel corso della sua passeggiata esplorativa aveva sostato in una locanda per la colazione.
Una cameriera si era avvicinata, consigliandogli la torta del giorno, una torta di mele, che a Gourry fu più che gradita. Era ancora calda quando gli fu messo davanti il piatto, e la mangiò avidamente senza avanzare nemmeno una briciola.
Un signore pelato e con un bel paio di baffi si avvicinò. Era grassoccio, ed indossava un grembiule sporco di farina “Hai gradito la torta, figliolo? Il piatto ripulito è il più grande complimento che si possa fare ad un cuoco, oh sì.” Esitò “Da dove vieni? È molti anni che non si vedono stranieri da queste parte, eccetto i poveri diavoli che vengono fin quassù per rifornirci ed acquistare i nostri prodotti caseari e le nostre pellicce.”
Gourry si presentò “Vengo dalla città di Sailarg.”
Il cuoco sembrò colpito. Fece un fischio “E’ un bel viaggio fin qui. Cosa ti porta da queste parti, straniero? E dove alloggi?”
“Ho accompagnato un’amica che ha di recente subito un lutto familiare. Mi ospita la sua famiglia, l’ultima casa lungo questo sentiero.”
L’uomo annuì “Oh sì, questo è un paese piccolo, e tutti noi volevamo bene a Luna Inverse. Lavorava proprio in questa locanda. Nonostante fosse una sacerdotessa nel tempo libero amava fare la cameriera.” Sospirò, facendo spallucce “Come ha preso la notizia, la piccola Lina?”
Gourry balbettò, incerto sulla risposta “Beh… di certo è molto sconvolta.” E ripensò alla maga ed al suo sguardo fisso davanti a sé mentre mangiava con lentezza, completamente inerte, mentre il padre lanciava continue frecciate.
Il cuoco annuì con vigore “Erano molto legate. Vera ebbe Lina in tarda età, quando nessuno credeva fosse ancora in grado di dare alla luce dei figli. Jaris non ha mai fatto un mistero del fatto che la piccola non fosse desiderata né attesa.” Aggiunse, con uno sguardo cupo “Luna era già quindicenne, e serviva ai tavoli di questa locanda, e la piccola Lina la seguiva ovunque, con quello sguardo di amore incondizionato e di adorazione che si riserva ai fratelli più grandi.” Sorrise.
“Davvero?” si stupì Gourry, stentando ad immaginare Lina che ronzava intorno alla sorella con sguardo adorante. Con la coda dell’occhio notò che la cameriera che l’aveva servito stava ascoltando con attenzione la loro conversazione, tentando di non dare nell’occhio.
“Oh sì, così dico, e non dubitare.” Si rattristò nuovamente “Sentiremo tutti la mancanza della cara Luna, anche se era molto tempo che non si faceva viva. Sembra che avesse una missione. Qualcosa di estremamente importante, ma pericoloso. Come dimostra quello che è successo.”
Pochi minuti dopo Gourry proseguiva la sua passeggiata nel villaggio dove Lina era nata e cresciuta. Quel penoso viaggio stava svelando dei risvolti inaspettati della vita di Lina. Lui aveva sempre immaginato che fosse vissuta in una grande città, in una famiglia armoniosa e numerosa. Invece tutte le sue aspettative erano puntualmente state disattese.
Ad un certo punto lo pervase una certezza. Il suono di passi che avvertiva distintamente dietro di se gli fece arguire che non era solo, qualcuno lo stava seguendo. Con rapidità e destrezza, avvinghiò la mano al manico della Spada di Luce, la estrasse, e prima che il suo inseguitore avesse modo di accorgersene, l’elsa era premuta sul suo collo.
“Che diavolo combini, cervello-di-medusa?” esclamò Lina, divincolandosi “Se hai i nervi a fior di pelle, fatti una camomilla!”
Lo spadaccino ripose la spada, con aria sorpresa “Scusami Lina, ero convinto che qualcuno mi seguisse.”
La maga non trattenne una risata “Seguirti? Quaggiù, nel paese del freddo e della noia mortale dove perfino le cattive intenzioni si congelano?” ironizzò “Ora seguimi, ci attende una giornata fitta di impegni.”
Gourry la fissò perplesso “Impegni?”
Lina lo guardò fisso negli occhi “Credo che tu abbia già intuito che il rapporto con mia sorella non fosse idilliaco. Questo non significa che non sia ansiosa di fare luce su quanto le sia successo. E anche se a giorni arriverà Amelia ad aiutarci, non me la sento di aspettare.”
Lo spadaccino annuì ed abbozzò un sorriso. Gli sembrava una necessità perfettamente legittima.
“Dove siamo diretti, capitano?” ironizzò, portando la mano alla tempia, in una interpretazione più che convincente del saluto militare.
“Questo è lo spirito giusto, Gabriev. Questo è lo spirito giusto.”
Camminarono a lungo nel sentiero che portava dal villaggio entro un bosco di abeti così fitto che Gourry nell’addentrarvisi provò un senso di claustrofobia. Lo spadaccino non seppe giudicare per quanto tempo avessero camminato, dal momento che gli alberi impedivano del tutto la vista del sole; ed in assenza totale di punti di riferimento non avrebbe nemmeno saputo tornare al villaggio. Lina tuttavia si muoveva con notevoli agilità e sicurezza, come se avesse percorso quella strada almeno un milione di volte.
Arrivarono infine in una valle percorsa da un ruscello di acqua gelida e cristallina, con la quale Gourry si dissetò. All’estremità opposta della vallata vi era una minuscola casetta con un comignolo fumante.
“E’ lì che siamo diretti?” chiese, e Lina annuì in risposta “E chi abita sperduto in mezzo ai boschi?”
“Qualcuno talmente saggio da preferire la solitudine” ribatté una voce alle loro spalle. Nello stesso momento in cui aveva iniziato a parlare, Gourry era trasalito, aveva sguainato con estrema rapidità la spada, e l’aveva puntata contro il nuovo arrivato. Squadrò con diffidenza quella persona che era stata capace di avvicinarsi talmente in silenzio da prenderli (quasi) alla sprovvista. Ma quando vide Lina ridacchiare, si rilassò.
“Il fatto di averti sorpresa con tanta facilità non mi riempie d’orgoglio. Specie se si tiene conto del fatto che sono un povero vecchio ormai praticamente cieco.”
“Vecchio e cieco, ma pieno di risorse come sempre, caro Falco.”
“E quindi questo nonnetto sarebbe il tuo Maestro?” sussurrò Gourry alla sua amica, davanti ad una tazza di tè fumante.
“Non ti conviene sussurrare, spadaccino. Ho l’udito più fine di quanto possa sembrare osservando questa vecchia carcassa.” Ribatté Falco, in una smorfia di dolore mentre le sue articolazioni doloranti scricchiolavano dolorosamente del tentativo non particolarmente fluido di accomodarsi sulla sedia.
“Più che udito fine, la definizione esatta è telepatia.” Spiegò Lina, poi, all’espressione perplessa di Gourry aggiunse “Significa saper leggere nel pensiero.”
“Viaggiatore, rilevo che non hai una mente svelta e pronta quanto le tue mani con la spada. Ma ho davvero ammirato la tua rapidità. Ed in fin dei conti, gli Dei, nella loro immensa saggezza, hanno scelto di centellinare le virtù negli uomini perché nessuno diventasse abbastanza forte da sopraffarli… o forse semplicemente per il crudele divertimento nel vedere il saggio arrancare nell’ovvio, o l’uomo possente soccombere al veleno di minuscoli esserini, quali gli insetti o i serpenti.”
“Tranne te, Falco. Tu sai fare tutto.” Puntualizzò Lina, guardando con affetto il suo vecchio maestro.
“Ad oggi il mio più grosso limite è la mia veneranda età, e se sarai meno avventate nello scaricarti addosso le ire dei Demoni Superiori forse ci arriverai anche tu, e avrai modo di rendertene conto.” Guardò lo spadaccino “La ragazza ha potenziale, ma ha un enorme limite.”
“La sua linguaccia.” Continuò lo spadaccino, ottenendo una gomitata dalla maga ed una risata dal suo vecchio precettore.
“Vedo che l’ha inquadrata correttamente. E questo è essenziale quando si lavora in squadra, o quando si costruisce un legame.” Alluse, provocando un istantaneo rossore sul volto della maga. Anche se Lina non avrebbe saputo dire se la sua affermazione fosse in virtù di qualche segnale captato dalla sua mente telepatica, dal suo intuito affilato… o alla luce di qualcosa che poteva essere evidente anche ad un osservatore meno attento.
Ma non era più il momento dei convenevoli. Era il momento dei discorsi seri.
“Sai perché siamo qui?” Chiese Lina al suo vecchio Maestro.
“Luna è sempre stato il tuo motore, il cavallo da battere. Ti ha portata a cercare il mio aiuto per diventare una vera maga. Ti ha spinta ad andartene di casa quand’eri ancora giovanissima, contro il mio parere e la mia volontà. Sono certo abbia condizionato il tuo agire nei tempi che sono seguiti. Ed è ancora una volta per lei che sei giunta al mio cospetto.” Svelò Falco, intento a confezionarsi una sigaretta con le vecchie mani tremanti deformate dall’artrite. Lina, nel vederlo così lento ed impacciato, non poté fare a meno di pensare a quei tempi in cui lo stesso gesto gli richiedeva meno di un secondo.
“Puoi aiutarmi a ricostruire quello che è successo?”
Il vecchio puntò su di lei i suoi occhi opachi “Non posso aiutarti come vorrei, perché non so molto. Ti consiglio senz’altro di recarti al Tempio di Cepheid, dove ha sede l’Ordine di sacerdotesse a cui tua sorella apparteneva.”
Lina arricciò il naso “Non sono mai state molto disponibili nei miei confronti.”
“Tuo il problema, tuo l’onere.” Sancì Falco, pragmatico “Tutto quello che posso dirti è pochi mesi fa, al risveglio da un sonno tormentato, sono stato assalito da una certezza. Un’oscura presenza ha visto la luce. E forse più d’una. E so per certo che ne hai avuto il sentore,” Disse, rivolto alla sua allieva “quanto il Monte Skefh si è risvegliato, dopo tanti secoli di inattività.”
La maga lo fissò sorpresa “Non pensavo che i tuoi poteri telepatici avessero un raggio d’azione così ampio.”
Falco la guardò, esitante, dopo aver aspirato dalla sua sigaretta “Ho sentito anche Luna.”
Lina sbalzò in piedi, irrequieta “Perché non l’hai detto subito? Cos’hai sentito, vecchio?”
Si sentì afferrare il polso da una presa delicata ma allo stesso tempo ferma. Era Gourry.
“Lina, calmati, e torna a sederti. Sono certo che Falco ci racconterà cos’ha visto… o sentito. Non so come funzionino, questi poteri tecatici.”
“Telepatici” lo corresse Falco con un abbozzo di sorriso “Ad ogni modo i miei poteri a volte prendono la forma di voci, altre di vere e proprie visioni. È come avere un quinto organo di senso proprio qui,” indicò il centro della sua fronte “che include le caratteristiche degli altri quattro; ed in più comprende un’altra dimensione: quella spirituale.”
“Sì, sì, tutto questo è molto interessante.” Ribattè Lina, seccata “Adesso vuota il sacco e dicci che hai visto.”
Il vecchio mago le rivolse un’occhiata di muto rimprovero per quell’atteggiamento curioso ed impaziente che aveva da sempre tentato di correggere, e che rappresentava a suo avviso il suo unico punto debole. Anche se, a giudicare dagli sguardi che intercorrevano tra lei ed il suo compagno di viaggio, era chiaro che in quegli anni la sua allieva aveva maturato un’ulteriore debolezza. E se da un lato la cosa lo amareggiava, dall’altro aveva raggiunto un’età più che veneranda per capire che la vita è così lunga e fredda, se trascorsa nella solitudine.
E gli Dei sapevano che Lina aveva vissuto più tempo del necessario nella solitudine, in un’età in cui a nessuno dovrebbe essere negati amore ed accudimento.
Inoltre, in taluni casi, le leggende narrano che nel corso delle battaglie contro il Male sono proprio quelle piccole debolezze, quelli imperfezioni… quella quota di imprevedibilità, a portarci verso la vittoria.
“E’ mia convinzione che la missione di Luna avesse attinenza con la (o le) entità di cui ho avvertito il risveglio. Ma la mente della sacerdotessa è difficilmente penetrabile dalle mie facoltà telepatiche. È mia convinzione che ciò che ho avvertito non fosse altro che un messaggio intenzionalmente inviatomi da lei...” Fissò il suo sguardo in quello di Lina “Per te.”
“E cosa… cosa dice, quel messaggio?” balbettò Lina, che in apparenza sembrava non rendersi conto del fatto di avere la mano intracciata in quella dello spadaccino.
“Una semplice parola.
Fasiah.” |
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Capitolo 10 *** Segnali ***
Capitolo 10: Segnali
Tre lampi luminosi, in rapida successione.
Gourry si svegliò da un sonno tormentato.
Non realizzò immediatamente dove si trovasse. Poi, purtroppo, il ricordo sovvenne. Com’era possibile che gli fosse sfuggito di mente? La quarta notte in casa Inverse.
I tre lampi si ripeterono, senza dare seguito ad alcun tuono.
Perfino le tempeste, in quel triste villaggio di montagna, esplodevano in un rancore muto e gelido.
Tirò la tendina della finestrella nella sua camera. Avrebbe preferito di gran lunga l’eterna dannazione del Mare del Chaos. O magari finire ingoiato da una balena e morire lentamente disciogliendosi alle progressive ondate di succhi gastrici. Oppure cercare di tagliarsi le vene con il lato tagliente di un foglio di carta.
Che gli Dei avessero pietà di lui, e lo traessero in salvo da quel fottutissimo manicomio a dieci gradi sottozero!!!
Le braci nel focolare erano quasi spente, con qualche sprazzo luminoso rossastro. Saltò giù dal letto, passando dal caldo tepore del suo giaciglio al freddo mortale. Riattizzò il fuoco nervosamente, con i capelli arruffati, tentando di coprirsi il più possibile con quelle coperte minuscole che sembravano calibrate più per un folletto che per un omone grande e grosso come lui. E come se non fosse stato punito abbastanza, urtò il treppiedi di uno sgabello in legno con l’alluce, e non trattenne una colorita imprecazione per il dolore, che tirò in ballo ogni divinità di ogni mitologia conosciuta, attribuendo loro epitopi decisamente poco lusinghieri.
Ancora quei maledetti tre lampi, a cadenza costante.
C’erano concrete possibilità che impazzisse, se fosse rimasto un minuto in più in quella casa. E la sua soglia di sopportazione non poteva certo definirsi bassa. Come se tutte le stramberie passate in rassegna in quella manciata di giorni non fossero già abbastanza, si aggiungeva quello che era capitato quel pomeriggio.
Era stato interrotto nel momento in cui lui stava per dire a Lina qualcosa. Qualcosa di estremamente importante.
Gourry era perfettamente consapevole del fatto che spesso e volentieri la sua memoria facesse cilecca. Era un aspetto della propria persona con il quale aveva già avuto modo di fare i conti, ed in un certo senso se ne era fatto una ragione. Non era mai stato il più intelligente o il più perspicace tra i suoi amici. Ma questo non significava che fosse uno stupido.
Sicuramente non era acuto come Lina; non aveva il suo spirito di osservazione, non aveva un repertorio di anneddoti e racconti sugli Antichi pari al suo, e non sapeva nulla dei complessi equilibri che governavano il loro mondo. Non riusciva a ricordare i nomi o i volti delle persone che non vedeva da troppo (o poco) tempo, né aveva attenzione per i dettagli. Molte persone lo avevano etichettato come uno scimmione senza cervello, lo avevano definito l’uomo dalla forza di un drago, l’aspetto di un angelo, e l’intelligenza di un troll.
La sua soglia di attenzione non era alta; spesso e volentieri si addormentava prima che Lina terminasse uno dei suoi discorsi cervellotici sulla magia, che tipicamente ingaggiava con Zel, senza che lui avesse la benché minima idea di cosa stessero parlando.
Ma quando serrava tra le mani la sua Spada di Luce, la sua mente non aveva più incertezze. Sapeva esattamente cosa fare. Sapeva osservare il nemico alla caccia di punti deboli, e nulla sfuggiva alla sua attenzione. Sapeva ideare la strategia più efficiente; sapeva uccidere, ma allo stesso tempo era un uomo di buon cuore. Ma chiunque osasse anche solo sfiorare quanto aveva di più caro, non avrebbe conosciuto nessuna pietà.
Quando aveva conosciuto Lina, si era sorpreso di quanto si fosse sentito, fin dal primo momento, a proprio agio in sua presenza. Certo, la maga aveva subito intuito di non avere al proprio fianco il luminare del secolo; e non aveva mancato di esprimere questa intuizione con battutine più o meno mordaci, ma mai offensive. E anche se in modo completamente diverso, di fronte alla situazioni più disparate erano sempre stati d’accordo sulla modalità di azione.
Il fatto era che, nonostante fosse uno smemorato senza speranze, quello che era successo quel pomeriggio, dopo la visita a Falco, l’anziano precettore di Lina, non voleva saperne di uscirgli dalla mente.
E non avrebbe mai voluto che accadesse.
Lina e Gourry si erano trovati ancora una volta in un bosco, come era accaduto un indefinito numero di volte prima di quel giorno. Ancora una volta lei lo precedeva, con fare deciso, con lo sguardo accigliato, e l’espressione imbronciata per la frustrazione di non aver trovato la risposta che cercava. Lui la seguiva, inconsapevole della destinazione, intento a schivare rami e vari ostacoli che gli si ponevano davanti in virtù della sua maggiore statura.
Quello che era atipico era quel silenzio surreale.
“Ehi Lina!” la richiamò “Non potresti rallentare?”
“Vorresti dire che un omone grande e grosso come te non riesce a tenere il passo di una fanciulla debole ed indifesa quale la sottoscritta?” lo apostrofò scherzosamente la maga.
“Debole ed indifesa?” obiettò; ed infine, con un tono esageratamente melodrammatico “Fanciulla?” e fece il gesto allusivo di saggiarsi i pettorali e subito dopo di osservare sconsolato le mani a coppa desolatamente vuote.
“Gourry Gabriev, hai ufficialmente sottoscritto la tua condanna a morte!” disse la maga con un tono offeso, puntando minacciosamente il dito contro lo spadaccino. Non riuscì però a trattenere una risata.
“Almeno morirò felice per essere riuscito a farti sorridere.” Ribatté con un tono scherzoso, che in realtà risultò più serio di quanto potesse voler lasciar trasparire.
Quando alzò lo sguardo, sorpreso dal fatto che Lina non avesse trovato ancora nulla da ribattere, lei lo stava osservando con un’espressione indecifrabile, che quasi lo spaventò.
“Lina? Ho detto qualcosa che non va?” chiese, con apprensione. Certo, aveva fatto quella allusione sul seno piatto, l’equivalente del linesco “cervello-di-medusa”, uno scambio di battute consolidato ormai da anni. Possibile che l’avesse presa così male?
“N… no.” Balbettò lei, rossa in volto “E’… l’altra cosa che hai detto.”
Lui si sforzò di ricordare quale altra frase potesse averla portata ad avere una simile reazione. Cosa aveva detto che l’aveva fatta impallidire e poi immediatamente arrossire? Rimase diversi minuti senza una risposta. Come aveva detto Falco, era più rapido con la spada che con l’intelletto. Ma quando il ragionamento riguardava Lina, alla fine capiva sempre.
“Non avrei dovuto farti sorridere? E’ stato inopportuno per via di tua sorella? Mi dispiace.” Si scusò, visibilmente in apprensione per l’insolito comportamento della compagna.
“No… non è questo, Gourry.” Spiegò lei, con un tono di voce insolitamente dolce, iniziando a compiere qualche passo di avvicinamento.
Lui sussultò. Niente cervello-di-medusa, niente biondino, né tantomeno Gabriev. Solo Gourry. Gli piacque sentirla pronunciare il suo nome.
“Il fatto è che ultimamente ho pensato molto al nostro… aem… rapporto strettamente professionale tra guardia del corpo e protetta...” Esordì lei.
Quella frase gli strappò un sorriso “Non sono sicuro su chi dei due sia l’uno e chi sia l’altra, ma vai avanti.”
Lei sorrise, visibilmente in imbarazzo “Il fatto è che fin da subito non è sembrata una definizione molto credibile. Non hai mai considerato..” iniziò, arricciando nervosamente con le dita un ciuffo di capelli “… che la definizione non calza perché non esiste un modo convenzionale di definire il nostro rapporto?”
Lui sembrò confuso. Ripensò alla prima volta che l’aveva incontrata. Erano trascorsi sei anni, ma ricordava ancora quella giovanissima ragazza alle prese con una banda di banditi. Così impulsiva, coraggiosa, e sola. E così bella, con i capelli rossi che le ricadevano sul viso.
“Io non credo che sia così, Lina. Il fatto è che dal primo momento che ti ho vista ho avvertito l’impulso di proteggerti.” Confessò, alzando le spalle e rivolgendole un sorriso quasi per scusarsi della semplicità della sua rielaborazione. Provocando l’istantaneo imporporimento del viso della maga.
“D… davvero?” balbettò, portandosi una mano al petto come per impedire a qualcosa di scoppiare “Ed era un istinto di protezione più di tipo fraterno… o…?”
E lui finalmente capì che cosa la maga stesse cercando di dirgli. Ci aveva messo un po’, è vero. Ma quando si trattava di Lina, alla fine capiva sempre.
“Io potrei essere innamorato di te, Lina.” confessò, guardandola dritta negli occhi “E potrei esserlo da sempre.” Aggiunse “E se dico potrei, è solo perché, visto il tuo caratterino, e in considerazione del fatto che sono pericolosamente a portata di Dragon Slave, ritengo che toglierlo dalla frase metterebbe a serio rischio la mia incolumità.” Prese dolcemente la sua mano, e la baciò sul palmo.
E quando gli occhi di lui tornarono a fissarsi in quelli di lei… quando lei sospirò, e parve pronta a dare la sua risposta… furono interrotti per l’ennesima volta.
“Dove eravate finiti? È tutto il giorno che vi cerco.” Aveva sbottato una voce, con tono seccato.
“Papà!” aveva esclamato Lina, sbiancando brutalmente in viso.
Quella stessa sera, mentre Gourry ripercorreva l’accaduto, maledicendo quell’imbecille di Jaris, Lina fece irruzione in camera sua vestita di tutto punto, ansimante, pallida come un lenzuolo.
“Gourry… Sei ancora in pigiama? Vestiti, che aspetti?”
Lui la fissò disorientato, ed allo stesso tempo preoccupato dalla sua espressione “Lina… Che succede? È successo qualcosa? Sembra che tu abbia visto un fantasma.”
“Non hai visto quei segnali di luce?”
Lo spadaccino annuì “Intendi i lampi?”
“No, Gourry… quelli non sono lampi… sono dei segnali! E ti ricordi chi, tra le persone che conosciamo, lancia segnali di quel tipo quando si trova in pericolo?”
Lui esitò un attimo… poi ricordò l’ambasciata di Saillune, in ritardo da giorni. E quell’incantesimo, che gli pareva si chiamasse Lighting.
“Zel!!” esclamarono entrambi, in contemporanea.
“Zel e Amelia sono nei guai!” |
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Capitolo 11 *** Cominciano i guai ***
Capitolo 11: Cominciano i guai
“Amelia! Zel! Dove siete?” urlò esasperato lo spadaccino per l’ennesima volta, sfregandosi le braccia. Nonostante fosse avvolto in due pellicce, portasse i guanti ed un cappello, continuava ad avere freddo.
I segnali luminosi che li avevano allertati erano cessati da ormai due ore, e i loro amici non avevano lasciato tracce da seguire; la tormenta aveva seppellito qualunque segno del loro passaggio sotto una spessa coltre di neve. Il vento incessante sovrastava e disperdeva la sua voce lungo la vallata. Sospirò. Non c’era molto che potessero fare per loro. Potevano solo sperare che avessero trovato un rifugio.
“Lina, prova a lanciare di nuovo quei segnali di luce!”
Una Lina insolitamente silenziosa lanciò un Lighting nell’aria, riproducendo gli stessi segnali che Zel aveva inviato loro. Era tutta la notte che li cercavano tra le montagne, ma era come cercare un ago in un pagliaio.
Al vento incessante della tormenta si aggiunse aggiungersi una scossa destabilizzante.
“Ma è terremoto??” Chiese Gourry, incredulo.
“Sì.” Urlò la maga, per contrastare il vento impetuoso “e non è la prima scossa che avverto. Guarda laggiù!”
Indicò il Monte Skefh, che riluceva in uno spettacolo infernale di lapilli e lava, in piena attività.
‘Ci mancava solo il vulcano’ rifletté Gourry, sconcertato dagli scenari apocalittici che offriva l’inospitale terra natale di Lina.
Vide la maga che scuoteva il suo braccio, reso insensibile dal freddo; gli stava indicando una grotta in cui rifugiarsi. Si affrettò a seguirla; trovare un rifugio era un’opzione valida per non soccombere alla neve.
La maga lasciò scivolare i basso il cappuccio, rivelando dei capelli completamente bagnati.
“Ci conviene ripararci qui per un po’, almeno finché la tempesta non si attenua.” Spiegò “in queste condizioni è impossibile proseguire le ricerche.”
Si sedette, accigliata e taciturna. Dopo un periodo indeterminato di silenzio, Gourry parlò.
“Lina… Sei sicura che vada tutto bene?”
“Sono preoccupata per i nostri amici.”
“Sanno cavarsela, non preoccuparti. Scommetto che hanno trovato un rifugio, così come abbiamo fatto noi.” La rassicurò. Si sedette al suo fianco, e circondò le spalle di lei con il suo braccio, e lei si irrigidì.
“Sicura che sia solo per questo che sei così..?”
“Senti, Gourry, dammi tregua. Ho perso mia sorella, e adesso anche i miei amici sono dispersi nella tormenta. Non mi sembra il momento di assillarmi con queste richieste di conferma per il tuo ego maschile.” Ribatté bruscamente.
Lo spadaccino rimase di stucco per il tono acido della risposta della maga, e dopo aver ponderato una risposta, decise che ritirare il braccio e restare in silenzio sarebbe stato molto più saggio.
Trascorsero l’ora successiva nel silenzio, nel corso della quale la terrà tremò per altre due volte. Gourry pregò che la grotta non crollasse, o che Lina fosse in grado di invocare uno scudo protettivo sufficientemente potente.
Rabbrividì, e non solo per il freddo, che pure era insopportabile.
“Provo ad esplorare la caverna, magari riesco a trovare qualcosa per accendere un fuoco.”
“Buona fortuna.” Rispose Lina, con un tono apatico, seduta con le braccia attorno le ginocchia, senza degnarlo di uno sguardo.
‘ Ma che diavolo le prende adesso?’ Pensò spazientito, per l’ennesima volta. Non l’aveva mai vista in quello stato. Era un momento oggettivamente difficile per lei, ma l’atteggiamento della maga lasciava trapelare un malumore rivolto specificamente nei suoi confronti, anche se non riusciva ad afferrarne i motivi. In quegli ultimi tempi gli era parso che anche lei avesse cominciato a riconsiderare il loro rapporto come qualcosa di più di una semplice amicizia, e quando si era fatto avanti la sua reazione non gli era sembrata così negativa, nonostante fossero stati interrotti, e non avessero più potuto riprendere il discorso. Conosceva Lina troppo bene. Era successo qualcosa. Qualcosa che aveva rimescolato le carte in tavola.
Esitò. Da quanto stava camminando, immerso nelle sue riflessioni? Quale distanza aveva percorso, da quando aveva annunciato alla sua compagna che si sarebbe allontanato per qualche momento? Davanti a lui si stagliava uno spazio indefinito di pura oscurità.
Avrebbe di gran lunga preferito che la maga l’avesse accompagnato, e avesse contrastato il buio con uno dei suoi incantesimi.
“Ma in mancanza di altro…” mormorò, tra sé e sé, afferrando tra le mani l’impugnatura della sua spada “LUCE!”
E la Spada di Luce non si fece pregare; un fascio di luce si stagliò nelle tenebre, vibrò e riverberò, e Gourry poté interpretare nel ronzio vivace che emetteva la sua soddisfazione per essere stata finalmente invocata, dopo tanto tempo.
Sarebbe stato inesatto affermare che Spada di Luce fosse un banale oggetto inanimato; aveva vita propria, possedeva una propria volontà, e poteva perfino comunicare in modo rudimentale, se l’empatia con il cavaliere che la impugnava era particolarmente sviluppata. Gourry sapeva ascoltarla, in virtù del simbiotico ed esclusivo legame che li legava da ormai una decina d’anni. Se era vero che Lei serviva lui in quanto arma, era anche vero il contrario, ovvero che lui si prendeva cura di lei con rispetto, quasi con riverenza.
La Spada di Luce era ben più di una semplice spada. Era un’Arma Magica, e non poteva essere impugnata o gestita da chiunque. Il suo funzionamento era lo specchio della personalità che la possedeva, di cui lei in parte assumeva la forma, che era espressione della sua forza interiore e del suo senso morale.
In quel momento, percepiva che la Spada di Luce era irrequieta. E quel nervosismo non dipendeva (del tutto) dallo sdegno di essere utilizzata come semplice torcia (la Gor Nova si era sempre caratterizzata per una suscettibilità, a parere di Gourry, tipicamente femminile). Del resto, lui stesso avvertiva qualcosa di profondamente sbagliato in quella grotta, scavata nella spessa roccia alcalina per uno spazio che sembrava non avere fine. Ad ulteriore conferma di quel senso di inquietudine, la terra tremò nuovamente, questa volta più a lungo. Gourry non respirò, colto dal panico all’idea che il soffitto potesse crollare.
Iiiiiiiiiiiiiiiiiiaaaaaaaaa……iiiiiiiiiiiiiiiiiiiaaaaaaaaaaa……..viiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiaaaaaaaaaaa, sembrava cercasse di dire la Spada, ad una frequenza appena al di sotto al sordo ronzio che emetteva.
“Hai ragione” concesse Gourry “Questo posto ha qualcosa di…. Sbagliato….”
Un rumore di sottofondo che inizialmente non aveva colto si intensificò, seppur ancora in lontananza. Sembrava il rumore di passi di un gruppo estremamente numeroso. A giudicare dal modo in cui era cadenzato poteva supporre che si trattasse di un gruppo ben strutturato… un esercito… di umani… o chissà che altro…
Iiiiiiiiiiiiiiiiiiaaaaaaaaa……iiiiiiiii………..uiiiiiiiiiiiiiiiiii, ribadì la Gor Nova.
Via di qui, interpretò lo spadaccino. Decise di tornare sui suoi passi e raggiungere Lina, e decidere il da farsi insieme a lei. Girò su se stesso, percorrendo a ritroso il percorso da cui era venuto.
Salvo ritrovare, dopo pochi passi, uno spesso muro di pietra.
“E questo da dove sbuca?” commentò, e senza farsi troppe illusioni, tentò di aprirsi un varco con la spada. Il muro era troppo spesso “LINA!” tentò di chiamarla. Appoggiò l’orecchio sulla parete, ma non gli riuscì di sentire nulla. Non che nutrisse molte speranze, in merito.
Si voltò di nuovo, e guardò davanti a sé con aria di sfida “E va bene… a noi due, impervia grotta labirintica!”
Avvertì ancora una scossa, come se la caverna avesse in qualche modo colto la sfida.
La Gor Nova, con un bagliore ed un ronzio, riverberò minacciosa nell’oscurità la sfida lanciata dal suo Cavaliere.
Gourry camminò per un tempo indefinito. Sarebbero potuto essere una manciata di ore, come pure alcuni giorni. Sospettava di essere finito in un’altra dimensione, dove il tempo scorreva diversamente. Aveva conosciuto quella sensazione a Saillune, nella trappola di Kanzel e Mazenda insieme ad Amelia e Zel. In quell’occasione aveva creduto di non farcela, finché Lina era giunta in loro soccorso.
Lina… dove sei? Chissà se sei al sicuro…
Il rumore di passi andava sempre più intensificandosi. Ormai da tempo aveva avuto la conferma al suo sospetto, cioè che non si trattasse di umani. I membri di quel gruppo in avvicinamento emettevano suoni molto diversi dallo spettro di frequenze della specie umana. Era questione di pochi minuti, ormai, prima che lo raggiungessero. Era sicuro che fossero a decine. Forse più di un centinaio.
Stagliò la spada davanti a sé, e chiuse gli occhi per aumentare il livello di concentrazione.
“Io non combatto per uccidere. Chi combatte per uccidere non è più nobile di un lombrico che si contorce in una duna di sabbia nel Deserto della Disperazione. Io combatto per la mia gente, per la mia famiglia; per sopravvivere. Combatto per portare la Luce nell’Oscurità.”
La Spada fremette, come se quelle parole non le fossero del tutto indifferenti. E non lo erano.
Gourry si stupì. Era anni che non pronunciava più il giuramento del suo antenato, il nobile Cavaliere di Luce che sconfisse il demone Zanaffar nella città di Sailarg. Aveva chiuso con quella vita. Non era nobile. Era solo un ladro, un mercenario.
Eppure la Spada era dalla sua parte. Perché, anche se l’aveva sottratta indebitamente alla sua famiglia? Perché, anche se il suo cuore non era puro, e le imprese in cui si cimentava non erano sempre delle più nobili?
I passi erano sempre più vicini. I suoi avversari erano ormai dietro l’angolo.
“Coraggio piccola.” Sussurrò con dolcezza alla sua Spada “Fammi vedere di cosa sei capace.”
E con un urlo si stagliò contro i suoi avversari.
Dall’oscurità prese vita un barlume di consapevolezza.
Sono ancora vivo?
Ricordava di essersi battuto come un leone, ma che alla fine quegli esseri mostruosi, in virtù della schiacciante superiorità numerica, l’avevano lambito, sopraffatto. Ricordava un dolore atroce. E poi più nulla.
Cosa poteva essere successo?
Aprì gli occhi. Con la visuale ancora appannata, percepì una presenza di fronte a lui.
Lina?
Quando riuscì a mettere a fuoco, intravvide un uomo seduto a gambe incrociate, che contemplava lo spazio davanti a sé, ma che dava l’impressione di non vederlo veramente, immerso nelle sue riflessioni. Il volto era avvolto nel mantello color fango, alla cinta portava una spada dall’impugnatura dorata, con incastonato una pietra color rubino, che aveva tutta l’aria di essere un cimelio con proprietà magiche.
Gourry cercò di rialzarsi, ma la testa prese a girare vorticosamente.
“Fossi in te eviterei movimenti bruschi per un po’, Gourry” interloquì la misteriosa presenza “Ho medicato le tue ferite con un Recovery, ma dovremo aspettare un altro po’ prima che tu ti riprenda completamente.”
“Zel!”
La chimera portò due dita alla fronte, in segno di saluto “In pietra e ossa. E tu devi essere quello che resta di Gourry Gabriev dopo la carica di Troll.”
Lo spadaccino ridacchiò “Sei stato tu a mettere in salvo la mia pellaccia?”
L’angolo della bocca della chimera si arricciò di uno spazio micro-infinitesimale. Gourry lo conosceva da abbastanza tempo per sapere che era il suo modo di sorridere.
“Te la stavi cavando in modo ammirevole, considerato che eri solo, e armato di spada; ma duecento contro uno è decisamente un impari combattimento. Sono intervenuto con l’Astral Vein.” Spiegò “Dopodiché sei arrancato a terra, più morto che vivo.”
Gourry trovò la forza di mettersi a sedere, appoggiando la schiena alla parete della grotta.
“Devo cercare Lina.” Confidò “Sono molto preoccupato per lei. È sconvolta. Non l’ho mai vista così.”
Zel annuì “E’ comprensibile, considerando gli ultimi avvenimenti. Anch’io ho perso Amelia.” Confessò “Ammetto che è stato stupido separarsi in questo maledetto labirinto, ma avevamo …” si interruppe, incerto su come continuare la frase “… discusso.” Sembrò riassumere in una sola parola uno stato d’animo che ne richiedeva molto di più.
“Questa caverna è scavata per chilometri e chilometri nella roccia.” Continuò Zel, decisamente più a suo agio nelle dissertazioni geologiche “Impossibile stabilire per quanto. Cambia la sua conformazione continuamente.”
“Me ne sono accorto.” Confermò lo spadaccino.
“Non riesco ad utilizzare la magia per rintracciare Amelia.” Confessò, e la sua mano ebbe un leggero tremore “Né per trovare l’uscita da questo posto infernale.”
Come per sottolineare con un certo compiacimento il modo in cui era stato definito, la terra tremò di nuovo.
Gourry si alzò in piedi, e appoggiò la mano sulla sua spalla “Coraggio, amico mio, è ora di rimetterci in marcia.” Disse.
La chimera si alzò a propria volta, aiutandosi con la mano che lo spadaccino gli porgeva. Osservò nelle quattro direzioni, tre delle quali erano sbarrate. Non restava che un lungo e oscuro tunnel che si stagliava davanti a loro.
“Andiamo, e che gli Dei ci assistano.” |
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Capitolo 12 *** In trappola ***
Capitolo 12: in trappola
Strano a dirsi, ma mentre Gourry e Zelgadiss brancolavano nelle tenebre, inabissandosi sempre di più nelle labirintiche viscere della trappola che li aveva ingoiati, nel freddo della tormenta, riparata dall’imbocco di una caverna, Lina Inverse stava dormendo. E, più precisamente, sognando.
Si trovò a rivivere per l’ennesima volta un momento del suo passato che si era impresso in modo indelebile nel suo subconscio. Il momento in cui, da ragazzina capricciosa con un giocattolo troppo pericoloso –dei poteri immensi, nelle mani di quella che era poco più di una bambina-, era diventata una vera maga. O, per chi preferisce, una strega.
Stringeva tra le mani la Spada di Luce, al culmine del suo splendore. Lina ne percepiva chiaramente l’incommensurabile energia. Davanti a sé, il Mostro dagli Occhi di Rubino era immobile, circondato da una spirale di tenebre. Non sferrava il suo attacco, non tentava di difendersi; attendeva, come se in qualche modo percepisse l’ineluttabilità del suo destino.
Fonte di tutti i poteri…
Sebbene nella realtà non avesse esitato, in quel sogno ricorrente, giunta a quel punto, la sua sicurezza vacillava, e veniva posseduta da un terrore paralizzante; il timore di perdere il controllo.
“Lina! Non farlo!” una giovane sacerdotessa si materializzò davanti a lei “Perderai il controllo dei tuoi poteri, e l’intero universo cadrà per sempre nelle Tenebre!”.
“Silphiel!” rispose Lina, con voce tremante “Non ho scelta, non lo capisci? Se non agirò in questo modo Shabranigdo l’avrà vinta, e il nostro mondo finirebbe comunque. Tutto questo è già accaduto. Devo compiere il mio destino.”
Ma la sacerdotessa non la stava più ascoltando: era svanita, inghiottita dall’oscurità imperante.
“Compiere il tuo destino? Ma a che prezzo?” commentò il Monaco Rosso, con il volto in ombra, e agitò il bastone, e la campana appesa alla sua sommità risuonò tetramente. Cominciò ad avanzare a brevi passi verso di lei, accompagnati da altrettanti scampanii.
“Zelgadiss lo sa…” proseguì Rezo “Il potere ha un prezzo.”
Avanzando di un ulteriore passo, il suo volto fu visibile agli occhi della maga. Aprì gli occhi, sfoggiando delle iridi simili a quelle dei rettili.
“Ti sei sempre chiesta se fosse possibile detenere enormi poteri senza che questi ti conducano alla rovina, ti portino ad essere un mostro.” Interloquì Vargarv, gesticolando con il suo abnorme braccio di drago perduto “Credi ancora di avere il controllo?”
“Io… penso di sì.” Sussurrò Lina, e il Monaco si fece avanti per sferrarle uno schiaffo che la destabilizzò, portandola a rovinare al suolo.
“Piccola arrogantella. Ancora una volta sei riuscita a deludermi. Dove ho sbagliato con te, dove?” urlò il Monaco Rosso, mentre sul suo volto si aprivano delle piaghe da cui uscivano sangue e pus “Hai ricevuto ogni comodità, hai vissuto nel benessere, nella ricchezza. Hai ricevuto una buona istruzione.” Ma la voce che riprendeva Lina non era più quella di Rezo, ormai “Come osi presentarti in casa MIA con quel… bifolco… quel… tributo ambulante alla stupidità? Cosa significa? E’ per questo che ti ho cresciuta con tanti sacrifici?”
“Papà, io…” tentò di obiettare la maga, ma la sua rinomata parlantina era impotente di fronte ad un tale attacco.
“Sapevo che eri una ragazza difficile. Era evidente che da te non avrei mai avuto le stesse soddisfazioni che mi ha dato Luna. Ma adesso che tua sorella non c’è più vuoi CRESCERE? Vuoi…?”
“BASTA!” urlò la maga, e ripiombò nel buio. Credette che sarebbe precipitata nell’oblio del sonno senza sogni, o in alternativa di risvegliarsi, anche se in quel momento non ricordava dove si sarebbe risvegliata.
Perché soggiornava in quello spazio, ancora cosciente nell’oblio dell’incoscienza? Qualcuno… o qualcosa… la stava trattenendo in quella sezione della sua mente. Era quieta, spoglia, spartana… ma allo stesso tempo estremamente inospitale. Voleva andarsene. Voleva svegliarsi.
“Andiamo Lina, sei sempre la solita piagnucolona” lamentò una voce che riconobbe all’istante. Era una voce che non sentiva più da molti anni. Una voce direttamente dal suo passato.
“Tu!” la chiamà “sei….”
“Morta?” ghignò la presenza. Una luce illuminò le tenebre. Il tenue bagliore svelò il volto della nuova arrivata.
“Ogni cosa a suo tempo, mia cara sorellina.” Rispose, senza smettere mai di sorridere “Ora che finalmente sei accorsa a questa piacevole riunioncina di famiglia, sono molte cose di cui dobbiamo discutere.”
“Lina? LINA?” continuò a chiamare Gourry “oh… Lina, dove sei finita?” sospirò sconsolato lo spadaccino.
La mano della Chimera si appoggiò prontamente sulla sua spalla “Sono più che sicuro che ovunque sia se la sta cavando benissimo” tagliò corto “pensiamo prima ad uscire di qui, che ne dici?”
“Ah, già” convenne, continuando a camminare.
“Non hai anche tu una strana sensazione?” proseguì la chimera.
“Come se ci mancasse il fiato e lo spazio attorno a noi diventasse sempre più stretto?”
“Claustrofobia.” Commentò lo sciamano “Ma non credo sia tutto qui. Credo che le pareti si stiano VERAMENTE stringendo attorno a noi.”
Gourry sgranò gli occhi “Lo pensi davvero?”
Zel annuì “Molto lentamente, certo… ma… ho la sensazione che la grotta continuerà a restringersi finchè…” esitò a proseguire.
“Finchè?” lo esortò Gourry, con il cuore in gola.
“Tutti ti credono morta.” Sussurrò Lina con il poco fiato che le rimaneva in gola “il villaggio, la mamma… nostro padre.”
Luna Inverse sogghignò “Cos’è, non ti piace l’idea di essere figlia unica?”
“Smettila di prendere tempo. Che ti è successo? Perché mi hai fatta venire fin qui?” si guardò intorno, come risvegliandosi da una sorta di trance “Dov’è Gourry?”
“Lo spadaccino imbranato? Temo che ormai sia troppo tardi per lui… e per gli altri tuoi amici…” ridacchiò
Lina scattò in avanti, e serrò le spalle della sorella tra le mani. Era insolitamente solida per essere un sogno.
“Che diavolo hai fatto ai miei amici?”
“Fatto? Io? Non c’entro assolutamente niente, mia cara sorellina. Sono stati quei due idioti a ficcarsi in questo pasticcio. Così impegnati a bisticciare su questioni totalmente irrilevanti da non essersi accorti se non quando era troppo tardi di essersi infilati in una trappola mortale.”
“Devo trovarli!” esclamò, e si allontanò da Luna, quando dei tentacoli di tenebra lambirono le sue braccia.
“Dove vai così di fretta, sorellina? Prima terremo la nostra riunione di famiglia. Oh sì. E ciò che sto per dirti non ti piacerà.”
“Zel?” lo sollecitò Gourry “Cosa stavi dicendo a proposito della caverna?”
La chimera sembrava non ascoltarlo, paralizzato a fissare qualcosa alle spalle dello spadaccino. Ad un certo punto emise un suono strozzato, indefinito.
“Come?”
“Gourry… sono felice di… vederti…” bisbigliò una voce alle sue spalle. Lo spadaccino si voltò di scatto, e istintivamente si protese a sorreggere la principessa di Saillune, che si sosteneva a stento in piedi.
“Amelia! Come sta?” la salutò affettuosamente, scambiandosi un’occhiata preoccupata con l’amico.
“Faccio… fatica… a respirare. Credo sia….” Non continuò la frase. Non ce n’era bisogno.
“Se non troviamo presto una via d’uscita siamo spacciati.” Disse la chimera, dando voce al pensiero di tutti.
“Questa grotta è viva… e ha FAME.” Spiegò Luna “Non esiste una via di uscita. Una volta dentro, si genera un labirinto che ti spinge sempre più entro le sue viscere. E poi…” lasciò la frase in sospeso, ritenendo che il destino dei malcapitati avventori fosse sufficientemente chiaro.
Lina fece appello a tutte le sue energie per tornare alla realtà. Ma la preoccupazione delle sorti dei suoi amici non riusciva a spezzare l’incantesimo che la manteneva intrappolata in quel posto. Luna sembrava piuttosto vitale per essere morta. Doveva raggiungerli. Doveva salvarli. Se non avesse più rivisto Gourry dopo averlo trattato in quel modo… O peggio, se gli fosse successo qualcosa… Non sarebbe mai riuscita a perdonarselo. Doveva trovare un modo per raggiungerlo.
“E va bene.” Sospirò “Smettiamola di perdere tempo. Dì quello che devi dire, e poi lasciami raggiungere i miei amici.”
Luna sogghignò “Finalmente un atteggiamento collaborativo.”
“Allora, che accidenti vuoi?”
“Quello che vogliono tutti,” svelò, facendo spallucce “Portare a casa la pellaccia.”
“La tua pellaccia, due metri sottoterra, è mangime per vermi.”
“Quanta delicatezza. La mia pellaccia è sottoterra, ma i miei poteri, come vedi, mi tengono ancora in vita.”
La presa dei tentacoli si fece più serrata, ma Lina quasi non ci fece caso.
“Chi è stato ad ucciderti?” chiese.
Il Cavaliere di Cephied scosse la testa “Non è questo l’aspetto rilevante, mia cara sorellina. Il punto è che, per tornare in vita, ho bisogno di un corpo.”
Lina rabbrividì, e mentre si impadroniva di lei una strana sensazione, si accorse di essere totalmente immobilizzata.
“No!” urlò, in preda al panico, mentre la vista cominciava ad offuscarsi “Come puoi farmi questo? Noi siamo… sorelle!”
“E’ proprio questo il punto” spiegò Luna “Sei perfettamente compatibile.”
Gli occhi di Lina si spensero. |
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Capitolo 13 *** l'occhio del Falco ***
Capitolo 13: L'occhio del Falco
La consapevolezza lo colse in un lampo quasi fulminandolo. Era successo qualcosa a Lina. Qualcosa di brutto.
Non poteva spiegare come facesse ad averne la certezza. Molte cose, nel suo rapporto con Lina, restavano inspiegabili.
Come il fatto che lui, mercenario giramondo senza meta, avesse avvertito immediatamente l'istinto di proteggerla. Quando l'aveva vista la prima volta, poco più che una bambina, con quegli occhi così pieni di vita, non era più stato in grado di separarsene. Con il senno del poi non sapeva spiegarsi il perché. Non la conosceva, ma si era immediatamente sentito legato a quella bizzarra ragazzina come a nessun altro. Sentiva l'istinto di proteggerla, come se tra loro si fosse creato al'istante un legame simbiotico.
Lina era in pericolo, e lui doveva proteggerla. Lui era la sua guardia del corpo.
"Ragazzi, credo che Lina sia nei guai."
Zel lo guardò, serio. Non fece domande o osservazioni, semplicemente annuí, come se fosse perfettamente consapevole della natura del loro legame.
"Allora abbiamo un problema." osservò "E poi, comincio ad essere stufo di questa gita nelle viscere della terra" abbozzò un sorriso "Troviamo un modo per uscire."
"Ma come?" chiese Amelia in un sussurro, pallida come un cencio.
Zel nemmeno notò che la principessa gli rivolgeva la parola in un tono non ostile per la prima volta da quando si erano reincontrati, dopo due anni di separazione. Si sentiva ispirato, in pieno impulso creativo. E quando succedeva, il resto del mondo cessava di esistere.
"Cerchiamo di analizzare con calma la situazione." disse, sedendosi a gambe incrociate e a braccia conserte, come ogni volta che sviscerava un problema.
"Non con troppo calma" gemette Gourry. Il cattivo presentimento sulle sorti di Lina andava intensificandosi.
La chimera sembrava del tutto refrattaria a quanto avveniva attorno a lui, totalmente assorbito dal suo ragionamento.
"Ci troviamo in una caverna, e su questo non ci piove." esordì "una caverna 'viva', capace di mutare in modo dinamico la propria morfologia. Ed è refrattaria ad ogni nostro incantesimo o tentativo di fuga."
"Ma questo lo sapevamo già!" esclamò Gourry, esasperato.
La principessa lo zittí con un cenno spazientito e una scintilla di speranza negli occhi "Lascialo andare avanti."
"Ma qual è il suo scopo?" proseguì Zel imperturbabile "È una sorta di 'vampiro': si ciba della nostra energia. Se non troviamo un modo di liberarci, staremo qui finché non avrá assorbito tutta la nostra energia."
Smise di parlare, appoggiando il mento sulla mano, in atteggiamento pensoso.
"E quindi? Cosa dobbiamo fare per uscire di qui?" chiese Gourry, tentando di dominare l'apprensione per le sorti di Lina.
Zel esitò "Io fin'ora ho elencato tutto ciò che sappiamo con certezza di questa situazione."
"E quindi...?" chiese lo spadaccino.
"...Quindi non possiamo che affidare il nostro destino all'ipotesi più probabile. In poche parole, giocare d'azzardo." concluse la principessa.
Zel incrociò i suoi occhi con quelli di lei, e annuí "Esattamente."
"Qual è la tua ipotesi?" lo esortò Amelia.
"Io credo che non possiamo uscire di qui se non da morti. Solo allora c'è la speranza che la caverna torni della sua 'configurazione iniziale', pensata per attirare le prede al suo interno. E solo in quel caso troveremmo l'uscita."
"Da morti?!" chiede Gourry "Ma quindi non c'è via di scampo!"
"Questo non è esatto." disse Amelia, ricambiando lo sguardo della chimera.
"Se l'ipotesi che ho formulato è vera -e non abbiamo modo di stabilirlo- esiste una possibilità: darle quello che vuole. Privarci della maggior parte delle nostre energie. E sperare che la caverna ritorni nella configurazione iniziale." spiegò Zel.
I tre rimasero in silenzio per diversi minuti.
"Ma se noi ci priviamo della maggior parte della nostre energie, come faremo a soccorrere Lina?" chiese Gourry.
Zel alzò le spalle "Se la tua sensazione è esatta e Lina è realmente in pericolo, di certo non potremmo soccorrerla se restiamo intrappolati qui dentro."
"Quindi non esiste altro modo." stabilì lo spadaccino, scoraggiato.
"In realtà potrebbe non funzionare, è solo un'ipotesi, ma è tutto quello che abbiamo. Se mi sbagliassi, l'unico effetto di questa contromossa sarebbe accorciare la nostra agonia." allungò le sue mani verso i suoi compagni, perché le afferrassero.
Gourry la afferrò dopo pochi istanti "Farei qualsiasi cosa per proteggere Lina, non mi importa quanto sia rischioso. Se è l'unica speranza allora tanto vale tentare."
La principessa esitò, ma tese infine la sua mano alla chimera, che la strinse con dolcezza.
"Se non dovesse funzionare..." Sussurró Zelgadiss con un filo di voce, fissando i suoi occhi in quelli di lei.
"Funzionerà. Non aggiungere altro." rispose, distogliendo lo sguardo.
La chimera, con un'espressione amara sul viso, cominciò a invocare l'incantesimo.
Aprì gli occhi. Quanto tempo era trascorso da quando aveva perso conoscenza? Pochi minuti? Ore? Giorni?
Tutto quello che sapeva era che la sua protetta era in pericolo, e che rimaneva poco tempo prima che accadesse l'irrimediabile.
Volse le sue pupille opache al fuoco che ardeva nel camino, e arrancò fino alla porta di casa. Il fitto vento era gelido, ma la tormenta del Monte Skefh non era ancora giunta nella foresta.
Assaporò l'aria notturna inspirando profondamente.
"Il destino di Lina sta per compiersi, come avevi previsto." osservò una voce alle sue spalle.
Falco annuí, senza commentare. Ciò di cui l'oscura presenza non era a conoscenza era che il destino non è inciso sulla pietra, come i monoliti del Sacro Testo di Magia. Poteva rivelarsi estremamente dinamico, ed imprevedibile.
"Il cavaliere di Cephied sta per tornare, più potente che mai. Perché mai la cosa dovrebbe andare a genio alla vostra razza ripugnante?" chiese.
Il visitatore increspò le labbra in un sorriso "Ti ringrazio per il complimento, vecchio. Quanto alla domanda che mi hai posto, sono piuttosto riluttante a rispondere, visto che si tratta di un... Segreto!"
"Addio, demone." lo salutó Falco, anticipando la sua scomparsa. Sapeva che il Mazoku sarebbe andato ad accertarsi di persona del buon esito del rituale prima ancora che comparisse nelle tenebre della sua casa, e che lo accoltellasse mortalmente per impedirgli di accorrere in soccorso della sua allieva. Ma aveva commesso un terribile errore. Non capiva per quale motivo non lo avesse finito immediatamente, invece di lasciarlo in vita, seppur agonizzante. Si accasciò al suolo, tremante.
Gli restava poco tempo. Poco tempo per tentare di cambiare il destino.
Chiuse gli occhi per l'ultima volta in questo mondo...
... e Gourry aprì i propri. Si sentiva forte, pieno di energie. Balzò in piedi, impugnando la Spada di Luce.
Vide Zel e Amelia riversi a terra. Il respiro era molto debole, ma presente.
Presto Gourry... Ti resta poco tempo.
Lo spadaccino non perse tempo a chiedersi perché sentiva la voce del precettore di Lina nella sua mente. Una sola cosa aveva importanza per lui in quel momento.
"Lina! Lina, dove sei?" chiamò, e l'eco risuonò della grotta.
La mente di Falco lo guidò verso l'uscita della grotta, mentre correva freneticamente, urtando gli speroni rocciosi. Intuì che il maestro di Lina, dotato di poteri telepatici, doveva essere entrato nella sua mente per permettergli di riacquisire le forze necessarie per salvare Lina. Per questo la vista andava e veniva, mente gli altri sensi erano estremamente affilati. Inoltre, era come se un occhio si fosse aperto nella sua mente, tutt'altro che cieco.
Ritrovò l'imboccatura della caverna, e li trovò il corpo gelato di Lina a terra, annaspante, come se stesse facendo un brutto sogno. Da cui, intuì, le era impossibile svegliarsi.
"Lina! Coraggio, svegliati!" urlò lo spadaccino prendendola tra le braccia.
Non può sentirti, spiegò Falco, Luna la tiene intrappolata in un'altra dimensione, per impadronirsi del suo corpo.
"Cosa devo fare? Dimmi cosa devo fare!"
Lina! Coraggio, svegliati!
Gourry!
In quella dimensione in sospeso tra sogno e realtá, Lina Inverse riprese coscienza.
"Tu...! Maledetto... Traditore!" ringhiò, non appena vide davanti a sè una vecchia conoscenza.
Lui fece spallucce "Andiamo Lina, non prenderla così! In fondo, è nella mia natura!"
"Solo un'ingenua come te poteva credere di essere amica di un Mazoku!" infierì Luna.
Lacrime amare solcarono le guance della maga dai capelli rossi. Tutte le persone che avrebbero dovuto amarla, le avevano voltato le spalle. Sua madre. Suo padre. Luna.
In fondo Luna era sempre stata la migliore. Chi avrebbe sofferto dell'assenza della secondogenita buona a nulla? Una parte della sua mente cedette al cavaliere di Cephied... Che, con un ghigno, avanzò di un ulteriore passo dentro di lei.
Non è stato certo il tuo vecchio maestro ad insegnarti ad arrenderti così facilmente.
"Falco!" esclamò Lina con un sorriso, obbligando Luna ad un passo indietro.
"Non avevi detto di esserti liberato del vecchio?" strillò Luna verso Xelloss "Non erani questi i patti!"
Il Mazoku fece nuovamente spallucce "Devo essermi sbagliato... solo un'ingenua poteva fare affidamento su un Mazoku" sogghignò, e poi svanì.
Luna si irritò ulteriormente, e attaccò nuovamente la sorella.
"Falco... Non ce la faccio... È troppo... forte!" gemette Lina.
La presenza del vecchio precettore le accarezzò con dolcezza la guancia.
Figlia mia, le sussurrò dolcemente, eri solo una bambina quando venisti a cercarmi. Nessuno fino in quel momento aveva mai creduto in te, ma tu non avevi mai dubitato del tuo valore. Venisti da me perché volevi diventare una maga. Non furono solo i tuoi poteri, per quanto forti, a convincermi a prenderti sotto la mia egida. Furono la tua determinazione, ed il tuo cuore. Addio, Lina!
Aspettare, era quello che aveva risposto Falco a Gourry, prima di trasferirsi nella coscienza di Lina.
E lo spadaccino aspettò. Aspettò ore con il corpo di Lina stretto saldamente tra le braccia, come se il suo abbraccio potesse impedire a Luna di portarla via da lui.
Aspettò, respirando piano, con i sensi tesi a catturare dal corpicino di Lina qualsiasi indizio sull'andamento della battaglia.
Durante l'attesa non sentí la fame, nè la sete. Non pensò a niente altro che a Lina. Non desideró altro che vederla aprire i suoi grandi occhi rosa, dispiegare le labbra in un sorriso, e rimproverarlo per essersi preoccupato, stupido 'cervello-di-medusa', e rassicurarlo sul fatto che stava bene.
Rivide Lina dopo la battaglia contro i banditi che aveva portato i loro destini ad incrociarsi; rivide il sorriso spavaldo sul suo viso, e l'espressione corrucciata e buffa che aveva assunto quando lui l'aveva chiamata 'ragazzina'. Rivide il suo sguardo malizioso e pieno di vita quando al ristorante lottavano furiosamente per l'ultima portata in una delle mille e più locande cui avevano fatto visita. Rivide il suo sorriso dolce, che riservava a pochissime occasioni, ma che avrebbe potuto farlo impazzire d'amore.
Odiò la propria impotenza in quel frangente. Si detestò perchè non poteva essere al suo fianco nella battaglia decisiva. Se Lina non fosse tornata, nulla avrebbe avuto più senso, nella sua vita.
Il corpo di Lina improvvisamente si rilassò, e le labbra si distesero un sorriso. Gourry la guardò esitante, con il cuore in gola. Era finita? Che esiti aveva avuto la battaglia? Che ne era di Falco? ... Che ne era stato di Lina?
Una gioia indescrivibile le pervase, quando Lina aprì gli occhi, e sorridendo portò la mano sulla sua guancia. Gourry la strinse nella sua, troppo emozionato per parlare.
'Gourry... Come hai fatto a trovarmi?" chiese Lina, con un filo di voce, con un sorriso stremato ma allo stesso tempo trionfante stampato in volto.
"Ti troverei anche in capo al mondo. Ti amo, Lina." rispose, e con la mano dietro la nuca di lei la attirò a sè in un bacio. |
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