Laryon Tales - verso Punta Nord, alla ricerca degli Dei.

di Violet Tyrell
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Atto I ***
Capitolo 2: *** Atto II ***



Capitolo 1
*** Atto I ***


laryon efp

Una piccola premessa prima della lettura: si tratta di un esperimento personale che porterò avanti sia che piaccia oppure no, lo sto pubblicando qui soltanto perchè ci tengo a condividerlo con voi al fine di avere delle opinioni - positive o negative non ha importanza - che mi aiutino a capire cosa può essere migliorato :=)
Nei limiti del possibile ho cercato di inventare tutto io, anche se di sicuro ci saranno degli elementi comuni ai fantasy: purtroppo ci sono degli enigmi che risolverò molto più avanti perciò vi avviso di questi già da ora^^ Ringrazio sentitamente chi vorrà spendere un po' del suo tempo per farmi avere un'opinione; mille grazie anche ai miei amici di FB che hanno contribuito ad aiutarmi coi loro consigli/incoraggiamenti e tutto quanto. Questa storia è dedicata anche a loro. Posterò dei disegni più avanti che mi sono stati fatti da Ikumi e che ringrazio di cuore


Copyright - l'autrice è la sola detentrice di tutto ciò che leggerete, dalla storia ai personaggi, alle varie invenzioni e tutto. Non copiare in alcun modo: morde, e molto forte.


Laryon, il Regno delle Tre Punte

Laryon Tales
  Libro primo: verso Punta Nord, alla ricerca degli antichi Dei.



Capitolo Primo.

Prologo. Anno 5555 dell'epoca degli Dei.

Castello delle Divinità, penisola degli Dei.


Esiste un posto dove le divinità possono essere uomini: la penisola degli Dei, dove l'umanità finisce e in cui incontra la conoscenza superiore e la assorbe per farla diventare parte di sè. Ed è in quel posto che siamo diretti, nello stesso luogo in cui la nostra natura ci sarà finalmente chiara: il Ponte dell'Inferno è l'unico spazio in cui gli uomini possono proteggere ciò che li ha resi tanto forti da affrontare tutti i pericoli per raggiungerlo. L'ultimo baluardo che permette agli Dei di capirci e sostenerci: non più Dio e umano ma una mente sola, con un cuore e un obiettivo unico. Cosa ci sia oltre non ci è dato saperlo, ma il giorno in cui lo raggiungeremo tu sarai al mio fianco e finalmente mi capirai.

- Kyosuke, leader of Crystal Forest and Mind Master -


"Ho detto no! Non possiamo ucciderlo, mi rifiuto di appoggiare questa proposta!"


La donna si alzò in piedi, brandendo il suo scettro d'alabastro nero, la furia che l'avvolgeva: indossava una lunga veste d'argento impreziosita da decorazioni nere che simboleggiavano la Morte. Era alta, biondissima, con occhi neri e pelle diafana: il corpo era perfetto, e sulla testa portava un diadema nero che brillava di luce propria. Natasha, la Dea della Morte e della magia nera, era irresistibile agli occhi di chiunque: del resto la Morte doveva apparire come un premio agognato, un desiderio impossibile da soddisfare. Il riposo eterno, oppure una continua dannazione. Agli umani Natasha piaceva molto, e anche lei li adorava dal momento che erano loro che chiamava a sè. Un sospiro si levò dall'altro lato della sala.

"Sorella, Sabino ha già abusato della nostra pazienza: la tua richiesta è stata accolta in precedenza e forse non avremmo dovuto farlo. Ora non possiamo chiudere nuovamente gli occhi e lasciare che Laryon venga distrutto per la sua follia vendicativa, non dobbiamo renderci complici di un massacro e lasciare che gli umani ci credano ipocriti e si sentano traditi e abbandonati da noi. Non li senti, vero, i loro appelli disperati? Permettere a Sabino di vivere è come sacrificare tutti loro. Preferisco uccidere lui, non chi è privo di colpe. Molti miei valorosi Arcieri sono già periti a causa sua, non sopporterò altri affronti. Io dico di ucciderlo, il  più presto possibile."

La voce di Umildur era profonda e radicata: il Dio della Natura sedeva sul suo trono fatto di tronchi d'albero e piante rampicanti di un verde splendente, e non aveva esitato a rispondere alla sorella furiosa. Era vestito come uno dei suoi amati Arcieri – con un'armatura fatta di muschio e legno di quercia lavorato, e un arco di antica forgia nella mano destra -, e tutti lo guardavano male per questo. A Umildur non interessava presentarsi in maniera formale, lui viveva in mezzo a ciò che proteggeva, ne aveva persino una vaga somiglianza: alto, robusto, aveva lunghi capelli rossi in disordine, con la fronte lasciata libera grazie a una fascia verde che teneva i ciuffi ribelli a bada. I suoi occhi erano neri e profondi, e sul mento aveva una barba poco folta, molto simile a un pizzetto.
Dei fratelli era quello con l'aspetto più selvaggio: in questo gareggiava con lui Thormund, costantemente armato di spada ed egida, mentre Balanthar era fin troppo etereo per sembrare reale con l'aspetto da eterno ragazzino, esattamente come i suoi amati spiriti. E poi c'erano le sorelle: Natasha, la maggiore, era la più bella, ma anche Dorota e Seala avevano il loro fascino. Una volta lui e Dorota avevano avuto una relazione incestuosa, e di tanto in tanto si incontravano per uno o più motivi innocenti, ma non l'avevano mai resa pubblica. Per loro che erano Dei, l'incesto non era reato, tuttavia dovevano dare l'esempio agli uomini.
Seala, la maga che dominava gli elementi e la magia arcana della mente, era relativamente bassa e vestita di un'armatura color arcobaleno: i capelli erano raccolti in tre trecce ed erano di un azzurro intenso, proprio come i suoi occhi. Per quanto molti la potessero credere simile a una principessina viziata, la Dea era tutt'altro che legata alle convinzioni e aveva l'aspetto di una donna saggia ed esperta. Ora sedeva tranquilla sul suo trono di ghiaccio – l'elemento che più la rappresentava tra tutti – mentre loro dibattevano, lo sguardo acuto e l'espressione attenta sul volto. L'attenzione di Umildur si spostò sull'altra sorella e ammirò l'aggraziato profilo di Dorota, che si era appena alzata a sua volta per parlare: sapeva già cosa avrebbe detto, tra loro non c'erano segreti.

"Sono d'accordo, siamo stati fin troppo clementi. Anche i miei Cerusici hanno perso la vita, oppure sono stati resi schiavi: Sabino ci ha già traditi e catturarlo non è stato facile: io e Umildur forse abbiamo commesso un errore nel non riferirvi che lo stavamo controllando, ma alla luce di ciò che è accaduto stanotte sono sicura che abbiamo preso la decisione giusta. Thormund, Seala e Balanthar, voi che cosa pensate?"


Dorota, la Dea della Guarigione che aveva serici capelli neri e una veste dorata lunga fino ai piedi, si appellò agli altri fratelli: era importante avere un'idea delle loro opinioni e temeva che Natasha sarebbe rimasta delusa. Dopotutto era consapevole di avere agito scorrettamente rivolgendosi al fratello, ma se c'era qualcuno di cui si poteva fidare senza riserve, quello era proprio Umildur: di solito il protettore degli Arcieri tendeva a prendere le distanze e si manteneva neutrale, lasciando che le lotte per il potere interno avvenissero tra Natasha, Thormund e lei. Invece per una volta tutto era andato diversamente, tanto che si era sorpresa quando Umildur aveva accettato di aiutarla, controllando Sabino e ciò che combinava nel mondo degli umani.

"Proprio tu, sorellina, vuoi graziarlo? Non vedi come ti ha usato?"


La voce delicata di Balanthar era una frecciata diretta al cuore di Natasha: lei, che era la più grande tra loro – e che aveva ottenuto quindi il diritto di regnare sulla Morte – era da sempre stata molto legata a Sabino, molto più che a tutti loro. Lo aveva cresciuto come una madre e tutti sapevano che il tradimento le dava molto fastidio; Balanthar pareva uno spirito a sua volta, tuttavia in quel momento era più pratico che mai. La sua veste nera era quasi spettrale ed era privo di capelli.
Sabino aveva sfruttato l'affetto che la sorella maggiore aveva per lui, e aveva quasi ucciso tutti loro. Lui era stato tra coloro che avevano insistito per dare una seconda chance al fratello minore, reo di avere tentato di impadronirsi delle loro anime per distruggerli. E non avrebbe più commesso lo stesso errore.

"Sabino non merita più la nostra fiducia: pensavamo che togliergli lo status divino e renderlo umano fosse sufficiente, invece ha schiavizzato Laryon e ridotto a terra morta il regno che avrebbe dovuto proteggere. Un re fa questo... Propongo di ucciderlo e relegarlo nei meandri più oscuri del regno degli Spiriti, così Balanthar lo terrà d'occhio facilmente."

Seala aveva una voce dolce e armoniosa persino quando parlava di spargere sangue: gli sguardi di tutti si spostarono su Balanthar, che annuì annoiato. Umildur sapeva che Seala era estremamente saggia, infatti lo stava mostrando nuovamente: limitarsi a uccidere il fratello sarebbe stato inutile, probabilmente Natasha si sarebbe lasciata intenerire nuovamente, liberandolo e portandolo in vita. Balanthar era più distaccato, e ciò lo rendeva adatto.

"D'accordo. Ma lo ucciderò io: non dimenticherà mai questo giorno, ve lo giuro! Credevo che Laryon significasse qualcosa per lui, invece... fratelli e sorelle, incontriamoci alla sua prigione tra due ore esatte!"


Natasha, vistasi sconfitta, accettò la decisione pur ponendo i propri veti: si separarono tutti, dandosi appuntamento nei sotterranei del loro palazzo, dove Umildur e Dorota avevano incatenato il traditore in attesa del loro giudizio.

Rimasta sola nella propria principesca stanza, la Dea della Morte si sentì inutile: sapeva quanto i fratelli avessero ragione e non dubitava della saggezza di quella decisione, eppure non poteva evitare di odiarli. Tutti. Aveva sperato che Umildur, dichiaratosi neutrale nella loro prima decisione avvenuta alcuni anni prima, lasciasse anche questa volta la decisione agli altri... invece no. Non riusciva a capirlo, non gli era mai importato nulla dei suoi stupidi Arcieri, ed ecco che di colpo decideva di prendere una posizione bellicosa; Natasha si sedette sul letto, chiedendosi se non avesse fatto meglio a colpire a tradimento i fratelli, liberare Sabino e dominare sul mondo assieme a lui senza ulteriori spargimenti di sangue.
'Chi voglio prendere in giro? Hanno ragione, se si fosse trattato di un altro di loro – chiunque – lo avrei già giustiziato.'

Le seccava dover ammettere quelle parole, ma si era veramente lasciata irretire dal suo fratellino; lei, la prima dell'era degli Dei, aveva sempre voluto bene al più piccolo, complice il fatto che la madre era morta subito dopo. Sabino era stato un bambino adorabile, che si era trasformato in un affascinante giovane Dio: quando era giunto il momento di spartire i domini ai fratelli e alle sorelle, Natasha aveva lasciato per lui la parte migliore. Il Cielo. La volta celeste che dava poteri praticamente illimitati, che dominava sul giorno e sulla notte, e che poteva spazzare via tutto se fosse crollato; per sè aveva preso la Morte, da sempre affascinata dal potere di poter spezzare la vita a chi non la meritava, oppure offrendola come compenso agli eroi. Le piacevano i guerrieri, di qualunque genere, e spesso li premiava con una notte d'amore indimenticabiliìe, uomini o donne che fossero: li lasciava nell'illusione di poterla domare, senza sapere che in realtà la mattina successiva non avrebbero respirato mai più. Poi resuscitava i loro corpi, tenendoli come suoi schiavi eterni, tutto perchè li adorava. Natasha non si sarebbe mai privata del piacere che le davano, né avrebbe smesso di cercare la compagnia dei loro ultimi momenti; era qualcosa che andava al di la di qualunque appagamento fisico, era la certezza di aver compiuto fino a fondo il suo dovere. Li amava come se fossero anche loro suoi fratelli, e tutti sapevano quanto Natasha fosse legata alla famiglia.
Ma più di tutti sapeva che era Sabino il suo preferito, che un tempo aveva persino allattato personalmente perchè era la sola a poterlo fare; un tempo aveva anche accarezzato l'idea di lasciare che si prendesse anche il suo corpo, ma l'idea di infangare un rapporto tanto puro l'aveva sempre spaventata.
Eppure – come avevano detto gli altri – si era lasciata usare: Sabino era cambiato senza che nessuno se ne accorgesse, indossando una maschera mentre complottava di assassinarli, lei compresa. Aveva i brividi. Ricordava ancora la notte in cui Dorota era venuta da lei, accompagnata da Seala, implorandola di fare qualcosa: il Dio del Cielo era stato scoperto dalle due sorelle mentre metteva a punto alcuni esperimenti oscuri ed era fuggito.
Temporaneamente: Sabino, per quanto intelligente e scaltro, era stato trattenuto da Balanthar, incontrato casualmente durante la fuga e il ritardo gli era costato tutto. Natasha ricordava le lacrime amare versate quando, dopo aver privato il fratello del suo potere divino rendendolo umano, si era trovata sola: adesso era solo una conferma, il vero colpo lo aveva ricevuto tanto tempo prima.

Raggiunse i sotterranei: Sabino era controllato personalmente da Dorota, Balanthar e Thormund mentre Umildur, nella sua forma animale di possente tigre nera, sembrava del tutto indifferente alla scena anche se i suoi occhi dorati non si perdevano nessun movimento. Sabino era rannicchiato in posizione fetale e Natasha notò come fosse invecchiato da quando l'aura divina lo aveva abbandonato: il bel giovane dai lunghi capelli biondi, gli occhi neri e lo sguardo etereo di un Angelo non c'era più, l'uomo che era stato catturato era vecchio e dall'aspetto repellente. Molte cicatrici ricoprivano il corpo nudo e perdeva molte ciocche di capelli ormai bianchi.

In cinquantacinque anni era davvero diverso da loro: gli Dei dimostravano svariate età, ma durante gli anni umani il processo di invecchiamento era così lento che dopo ben 5555 anni, solo Thormund ne dimostrava circa quaranta. Anche Umildur, per quanto di aspetto selvatico, poteva essere scambiato per un aitante trentenne... poi loro sorelle ne dimostravano a malapena venticinque. Balanthar era talmente etereo che pareva fatto d'aria e più che vecchio, sembrava antico.
Ma Sabino era davvero diverso e Natasha lo riconobbe solo dagli occhi: era il solito sguardo che le rivolgeva, quello da cucciolo che era in grado di piegarla in ogni modo. Di quella notte gli Dei ricordarono solo la promessa del loro fratello ormai definitivamente rinnegato: pagherete.
Soprattutto tu, sorella!

L'alba seguente fu rossa. La morte di Sabino fu annunciata agli umani da Dorota, apparsa in un'illuminazione angelica agli occhi di tutti gli abitanti di Laryon: quella notte vennero sollevati molti calici di vino e succo d'uva, un potente concentrato alcolico particolarmente apprezzato durante le feste e dai Cerusici per via dei suoi poteri curativi. La leggenda racconta che nessuno degli Dei scese nel mondo degli umani, troppo sconvolti da ciò che erano stati costretti a fare.

Altri, invece, sostenevano che si fossero dati ai festeggiamenti a loro volta e che avessero coronato il tutto accoppiandosi con molti umani; voci differente, più vaghe e incerte, davano per certo che l'uccisione di Sabino li avesse spiritualmente resi vulnerabili.

Due fatti concreti sono giunti ai giorni più recenti, avallati da molte testimonianze: il primo fu che Sahila, la celebre donna guerriera che Sabino si era scelto come guardia del corpo e compagna di letto, era stata benedetta dagli Dei. Fonti precise e accurate raccontano come Natasha, per quanto distrutta dal dolore di aver dovuto punire un fratello, abbia impedito che la Morte si appropriasse di una guerriera tanto fedele quanto coraggiosa da rivoltarsi contro il re a cui aveva giurato fedeltà e ucciderlo in nome della pace di Laryon. Il contraccolpo – dovuto al latente potere divino rimasto in Sabino – aveva fatto a brandelli il giovane corpo della temeraria guerriera, tuttavia il suo spirito era stato salvato da Balanthar e sottoposto alla benedizione di tutti gli Dei. Numerosi templi sorsero nel corso dei millenni in onore di una guerriera giusta e coraggiosa, ma il più importante era stato costruito nei giardini interni del palazzo reale, nell'esatto punto in cui la spada di Sahila aveva trafitto il corpo mortale del re traditore. Gli Dei avevano voluto che esistesse una prova vivente del vero spirito di un guerriero di Laryon da tramandare alle future generazioni di umani.

La seconda certezza fu la nomina, da parte del Consiglio del Re, di Thomas – il fedele consigliere – a re: l'uomo, già sposato e padre di molti figli, generò quindi una successione duratura a Laryon e rendendo giustizia al regno. La storia racconta delle sue numerose opere per iniziare a tracciare la via della pace: nei millenni successivi, infatti, Laryon si fece conoscere come terra non amante della belligeranza e adatta a chi desiderava la pace. Non somigliava per nulla a luoghi lontani come l'isola della Bellezza – la cui stessa esistenza si basava su un fiorente commercio dell'oro e dell'argento, e dove i poveri più disagiati potevano possedere alcune minuscole pepite -, oppure come posti inospitali come il Deserto Rosso e Punta Nord – in cui vivere era impossibile -, oppure a Punta Est e Ovest che divideva ben due regni perennemente in lotta.

C'era un'altra voce non confermata: prima dell'uccisione di Sabino, Laryon era un regno almeno mille volte più vasto. Si vociferava che la sua furia, esplosa al momento della morte, avesse raso al suolo parecchi chilometri, facendo estinguere la natura, le popolazioni e riducendo il reame a un cumulo di terre ben inferiore rispetto all'opera originale degli Dei. Ora aveva una curiosa forma a triangolo, ed era diventato molto meno ospitale: definito ormai Regno delle Tre Punte, si dice che a Punta Nord si trovi il più pericoloso dei luoghi di Laryon, in cui ghiacciai oscuri hanno condotto la popolazione alla morte o all'isolamento, mentre Punta Est e Punta Ovest, per quanto cambiate dopo il cataclisma, si facevano la guerra da millenni e le due razze di umani tendevano a evitarsi pur di non versare continuamente sangue. La sola cartina in grado di confermare o smentire questa voce pareva trovarsi a palazzo, custodita in un luogo chiuso a chiave da secoli a cui neppure i re avevano accesso.

Nel corso dei millenni gli Dei cominciarono a mostrarsi sempre meno, convincendo inavvertitamente gli umani della loro morte: di tanto in tanto spuntavano alcuni eroi che giuravano di averli visti, oppure di avvertire la loro presenza. Le voci sostenevano che, deboli e ormai sconfitti, la loro era fosse giunta al termine e si fossero ritirati nella penisola degli Dei, un luogo mai visitato dagli uomini e che si poteva raggiungere attraversando i territori nefasti di Punta Nord, legato a Laryon dal terribile Ponte dell'Inferno che si diceva essere l'antro stesso della morte A memoria d'uomo nessuno era riuscito a compiere tale impresa: nel corso dei millenni molti furono i temerari guerrieri che avevano cercato di aprirsi un varco, facendo perdere le loro tracce: i più non riuscivano ad arrivare neanche nelle vicinanze dei ghiacciai, smarrendo la via e vagando per anni sino a morire. Girano voci secondo cui re Wallace, un potente e rispettato Arciere, si fosse avviato in quella direzione, anche se nel corso dei secoli ci furono molte smentite: dopo aver lasciato il trono al figlio, venne visto addentrarsi nella Foresta di Cristallo, sparendo definitivamente.

In tempi più recenti fu il padre dell'attuale re Edmund a tentare, ma i suoi resti furono trovati da alcuni perlustratori avventurosi che dichiararono come l'uomo fosse stato sbaranato da terribili animali mai visti prima.
In verità re Edmund era riuscito ad arrivare a Punta Nord ben due volte, portando con sé un cerusico esperto come conferma, ma le voci sostenevano che si fosse semplicemente addentrato e dunque non l'aveva attraversato completamente.
Anche grazie a tutte queste voci, gli uomini considerarono defunti gli Dei: non era possibile, secondo il loro pensiero, che potessero soggiornare ancora oltre quel luogo nefasto e li avessero abbandonati, costringendoli a patire mille inferni nel tentativo di raggiungerli.


Cuore della Stella. Capitale di Laryon, sede del potere di re Edmund.

Anno 11110 dell'era degli Dei.


"Vostra Maestà, devo ringraziarvi sentitamente per aver accettato di ricevermi: non mi sarei mai sognato di disturbarvi se non si fosse trattato di unavquestione seria. Come promesso, vi ho portato la mia Kirsi, la mia figlia femmina, sperando che possa essere degna della vostra attenzione. Quest'inverno è stato il suo sedicesimo ed è pronta per una relazione importante avendo raggiunto la maggiore età."

La sala delle udienze era la meno sfarzosa di tutto il castello: nonostante la presenza del trono di re Edmund – in oro con intarsi argentati -, la stanza era molto simile a quella del tribunale diretto da mastro Santos, l'ambiguo giudice che agiva per conto del sovrano in persona. Vi era uno scranno poco distante dal re, su cui sedeva il famoso magistrato ricoperto da una lunga veste nera con cappuccio, da cui uscivano alcuni filamenti grigi, parte della chioma che l'uomo possedeva. I suoi occhi scrutavano avidamente la giovane fanciulla, senza lasciarsi sfuggire un dettaglio.

Re Edmund era salito al potere quasi quarantacinque anni prima, quando correva l'anno 11065 del calendario dell'era degli Dei, ormai scomparsi da tempo secondo le credenze popolari: a dodici anni era succeduto a re Connor, il suo valente padre, morto durante il viaggio verso Punta Nord, la patria dei feroci e inospitali ghiacci. Connor era stato un Mago molto stimato, eppure era morto ad appena venticinque anni, lasciando un figlio giovane e una moglie i cui resti erano stati sepolti assieme a lui. Edmund avrebbe voluto opporsi, tuttavia la regina Savannah si era lasciata incenerire senza alcun problema, anche se si era premurata di scegliere una sposa per il suo bambino prima di raggiungere il suo sposo nell'ultimo viaggio che la vita riservava a tutti loro.
Così a diciannove anni Edmund aveva sposato la regale e misteriosa lady Astrea, una potente Visionaria della Foresta di Cristallo: la sposa scelta da sua madre, infatti, era stata troppo giovane per potersi legare a lui in matrimonio sin da subito, tuttavia Edmund aveva atteso paziente, sinceramente innamorato della sua bella fidanzata e colpito dalla sua fragile dolcezza. A dodici anni era ancora una bambina, dall'aspetto squisito ed etereo allo stesso tempo; sembrava troppo delicata per qualunque cosa, eppure aveva sempre presenziato al fianco del suo sposo quando era opportuno farlo. Edmund sorrise sotto i baffi, ricordando i bei tempi andati. Era davvero trascorso troppo tempo.

"Maestà, se mi posso permettere... La beltà di questa leggiadra fanciulla è innegabile, ma avete già lady Midori al vostro fianco."

La voce di Santos somigliava a quella di un felino, un tono ringhioso senza essere offensivo: si limitava a constatare la realtà. La bella Midori era restia ad accettare nuove minacce, e una fanciulla tanto giovane e comparsa d'improvviso non l'avrebbe resa felice. Inoltre le casse del tesoro non avevano bisogno di un'altra arpia desiderosa di svuotarle, questo era certo.

Per un momento Edmund avrebbe voluto rimproverare il suo magistrato, tuttavia sapeva che era vero: non era mai stata sua intenzione prendere una seconda moglie, tuttavia con il tempo la sua amata Astrea era diventata sempre più fragile, fino a spezzarsi nello spirito. Sdraiata in quel letto da ormai trent'anni, c'erano ben poche possibilità che potesse un giorno tornare a essere la regina di tutti; dopo alcuni anni in cui la moglie aveva tentato di dargli un erede al trono e perdendo cinque bambini, la sua forza di volontà era venuta improvvisamente meno. Edmund non avrebbe mai dimenticato il fulmine nero che, caduto dal cielo, aveva colpito in pieno Astrea: tutti i Cerusici più saggi e dotati di Laryon avevano decretato la sua morte, invece la regina era diventata muta e insensibile alla realtà. Alcuni Visionari avevano ipotizzato che potesse essere stata sconvolta da una potente arte illusoria nel tentativo di difendersi dalla forza del fulmine: Edmund trascorreva ore nella stanza a parlarle, nel tentativo di riportarla alla vita, ma dalla sua regina non c'era alcun segno incoraggiante. Si spegneva sempre di più nel letto e tutti, compreso lui, cominciavano a chiedersi quando sarebbe perita definitivamente: la morte sarebbe stata un sollievo, molto più umana di quel gramo destino che l'aveva resa un vegetale.
Edmund aveva atteso prima di sposare Midori, una bella nobildonna figlia di un magistrato e l'aveva fatto solo perchè a Laryon era indispensabile avere un erede. Era molto legato alla sua seconda moglie - che, essendo viziata e indolente, era molto diversa dal mistico fascino spezzato di Astrea -, tuttavia non l'aveva mai resa regina: la sua prima moglie aveva ancora un forte ascendente su di lui, e non gli importava nulla che non potesse parlare o vivere come gli altri. Si rivolse a Santos con un cenno cordiale, anche se formale.

"Grazie, Santos, sono consapevole di ciò che dici, ma hai dimenticato di dire che è la mia prima moglie, la regina Astrea, ad avere la precedenza su Midori. Giovane Kirsi, alzati e vieni avanti: voglio guardarti più da vicino, se me lo consenti."

Edmund parlò con voce incoraggiante, ben sapendo che la ragazza non avrebbe potuto rifiutare: anche se non gli piaceva dare ordini, sapeva che nessuno avrebbe mai osato contraddirlo, specialmente da chi otteneva udienza. In guerra le cose erano differenti, ma tra le mura sicure della città capitale di Laryon la sua parola era la legge stessa; osservò Kirsi muovere qualche passo verso di lui. Solo uno stupido avrebbe potuto non accorgersi dei delicati lineamenti della ragazza: gli occhi a mandorla e la carnagione chiara erano il segno inequivocabile che si trovava di fronte a una straniera, inoltre era più alta di quello che si aspettava da una figlia dell'Oriente. Con la coda dell'occhio guardò Saggio Spenctur, il potente Spiritista che gli stava offendo la figlia proprio come avrebbe venduto un oggetto: i due non si somigliavano perchè l'uomo doveva aver perso il suo fascino molto tempo prima, di certo doveva essere stata la madre di Kirsi a darle un volto tanto magnifico.

Sarebbe stata una bella concubina, non aveva dubbi, ed era anche certo che non si fosse mai coricata con un uomo: di solito le fanciulle venivano date in moglie entro i tredici anni, ma Edmund vedeva il velo virginale negli occhi di Kirsi. Non aveva vissuto quasi sessant'anni senza imparare nulla dalla vita: pensò a Harriet, l'unica sua concubina e a come avesse compreso sin dal primo sguardo che non era una novizia nell'arte dell'amore carnale. Allo stesso modo era certo che la giovane fanciulla di fronte a lui fosse del tutto ignara delle gioie che si potevano trovare in un letto.
Ma quei pensieri non erano per lui importanti; voleva osservare attentamente la giovane per essere certo che potesse essere ciò che cercava. Tutti a Laryon sapevano che lui aveva bisogno di un erede – maschio o femmina poco importava – ed era inondato di richieste simili a quella a cui stava presenziando e fino a quel momento nessuna era stata ritenuta idonea; osservò la lunga treccia scura nascosta da un sottile velo, e la veste rossa che indossava. Strana scelta, quella. Era raro che qualcuno gli presentasse una figlia che ostentava un colore tanto violento: di solito le ragazze erano vestite di bianco, di rosa, oppure di oro! Rosso non si era mai sentito, era il colore della passione che mal si sposava con l'innocenza della giovane.

"Non ti ho mai vista prima d'ora a Laryon... Vieni dalle terre d'Oriente, Kirsi? Quelle benedette dall'oro e dall'argento?

Terre che avrebbe voluto visitare, senza successo: per raggiungere l'Isola della Bellezza – il punto di unione tra occidente e oriente – occorrevano settimane di viaggio in nave, ammesso che si riuscisse a giungere nel porto giusto; la gente di quel luogo era considerata la più bella e affascinante, come se fosse stata benedetta. Del resto quella era la dimora favorita da Gratzianyo, un dio minore edonista che proteggeva la bellezza e che si vociferava fosse ancora vivo; Kirsi pareva proprio provenire da quei luoghi, non sembrava una nativa di Laryon, non con una bellezza tanto squisita. Però potevano esserci molte ragioni per cui non si erano mai incontrati: la ragazza non era di certo mai stata su un campo di battaglia, non aveva proprio l'aria di una guerriera, oppure era semplicemente una di quelle persone che adoravano la casa paterna. Non aveva mai incontrato il potente Spiritista prima di allora, anche se la sua fama parlava per lui. Suo cugino Baldric, che dirigeva l'Accademia sull'isola degli Eletti, gliene aveva parlato bene essendo il mentore degli Spiritisti.


"
Maestà, se mi è concesso... Io e mia figlia ci siamo ricongiunti dopo molti anni di lontananza: la mia defunta moglie era stata rapita e portata molto lontano. Naturalmente negli anni ho cercato invano le sue tracce, finchè non ho scoperto che era stata uccisa durante il viaggio in mare verso l'Isola della Bellezza. Dopo molti sacrifici sono riuscito a trovare Kirsi nel Deserto Rosso e l'ho riportata a casa: ora siamo finalmente una famiglia felice."

Santos fu scosso da un improvviso colpo di tosse: come lui, re Edmund stava pensando che i due potevano sembrare tutto, tranne una famiglia ritrovata, solo che si limitò a fissare la fanciulla che continuava a restare in silenzio. Per un momento, ma proprio soltando uno, il magistrato aveva avuto l'impressione che negli occhi scuri di Kirsi fosse passata una scia di furore, e che volesse aggredire il Saggio padre. Santos registrò mentalmente il buon autocontrollo della giovane, e lo mise da parte; continuava a scrivere, anche se si trattava più di suoi appunti personali.
Edmund, invece, pareva parzialmente colpito e guardava Kirsi con occhi compassionevoli e in parte ammirati.

"
Il Deserto Rosso? Immagino che avrai incontrato altri umani, nessuno sopravvive alle intemperie del luogo: ricordo che Harriet, la mia concubina, mi disse che i suoi fratelli maggiori non tornarono mai da quel luogo... Sono felice che vi siate ritrovati, ma siete sicuro di volermi cedere la vostra bambina, Saggio Spenctur? Al vostro posto mi guarderei bene dal separamene... vorrei conoscerne le ragioni, se non è un problema."

Il re tamburellò le dita sul bracciolo del suo trono, in attesa di una risposta che giunse subito.

"Vedete, Maestà, niente mi farebbe più piacere di avere la mia piccina, tuttavia non è possibile: gli Spiriti sono irrequieti, in questi anni si sono risvegliati persino quelli di cui non avevo mai sentito parlare, e Kirsi li teme. Volevo che diventasse la mia assistente, ma una volta uno degli spiriti – interpretando erroneamente la sua paura – l'ha ferita, e potrebbe essere rischioso. Inoltre suo fratello maggiore è meno tollerante di me e non desidero alcuno scontro tra i miei adorati figli; di recente ho iniziato a pensare a un marito per lei, ma sembra che i gentiluomini siano tutti impegnati, poi ho saputo che siete deciso ad avere un erede al trono, Maestà, ed eccomi qui. Kirsi forse è un po' giovane per voi, ma è ben educata e ha ereditato la bellezza di sua madre: era una donna eccezionale e sento che sarebbe stata contenta di sapere che la piccola è affidata alle cure di chi può proteggerla."

Santos avrebbe voluto scoppiare a ridere, tuttavia il suo ghigno storto restò impassibile, osservando di sottecchi il re per vedere cosa avrebbe fatto: non era difficile da prevedere, il suo cuore si sarebbe intenerito e non avrebbe mai pensato male di un padre tanto amorevole da morire dalla voglia di sganciare la figlia vergine come concubina per un po' di gloria e parecchi denari in oro. Se fosse stato per lui, li avrebbe presi entrambi a calci e li avrebbe rispediti a casa loro.
Edmund rimase in silenzio, limitandosi ad annuire.

"Posso capire. Tuttavia devo decidere se accettarla oppure no... in fondo non siete certo gli unici, sembra che l'intera Laryon abbia figlie da darrmi come concubine. Io non amo per niente questo genere di relazioni, ma vi risponderò quanto prima. Tra tre giorni a partire da domani mattina vi informerò della mia decisione, nel frattempo sarete miei graditi ospiti: Santos, per il nostro Saggio fai preparare un'ala del Tempio degli Spiriti, si sentirà come a casa sua, mentre per la ragazza... Assegna l'incarico a Harriet, sarà felice di avere un'ospite. Potete andare."

Il magistrato sbuffò: non aveva forse detto che si sarebbe intenerito? Di certo a Harriet, la concubina di Edmund, avrebbe fatto piacere conoscere una possibile compagna, tuttavia Santos già immaginava l'espressione sconvolta di lady Midori. Avrebbe potuto scommettere tutti i denari di Laryon che avrebbe trovato un modo per allontanarla da Cuore della Stella il più presto possibile.

Erano trascorsi due giorni ed Edmund si stava allenando in arena: nonostante Laryon fosse un regno pacifico, non mancavano mai gli agguati da piccoli banditi e criminali che cercavano in ogni modo di arricchirsi. A lui piaceva tenersi in allenamento, erano ben pochi i guerrieri della sua età in grado di tenergli testa: ogni giorno di buon'ora si alzava e dopo aver cavallerescamente salutato le sue belle signore – l'etichetta prevedeva da secoli che il re iniziasse la sua giornata rendendo omaggio alle mogli, in ordine di importanza, ed eventualmente anche alle concubine. Si diceva che fosse sinonimo di buon augurio per tutti -, si recava in arena. Di solito era deserta, ma quel giorno il re vide i guerrieri marciare in gruppo, seguendo l'uomo sul cavallo nero.
Edmund aggrottò le sopracciglia: non ricordava che Algar fosse tornato dalla sua missione, ed era interessato a sapere da lui ciò che aveva scoperto, tuttavia era consapevole che se gli altri avessero notato la sua presenza, avrebbero immediatamente interrotto l'esercitazione per rendergli i dovuti onori. A Edmund non piaceva essere sempre riverito, perciò decise che per quel giorno avrebbe evitato di continuare ad allenarsi, raggiungendo la sala dei banchetti dove sicuramente la moglie, la concubina e i suoi graditi ospiti stavano facendo colazione. Con la coda dell'occhio vide, mentre si allontanava, un gruppo di giovani donne sui vent'anni che ochieggiavano con evidente apprezzamente Algar: Edmund sorrise ascoltando le loro parole, ovvero che quando il suo Araldo era presente a palazzo, le donne – di qualunque età o rango – facevano a gara per infilarsi tra le sue lenzuola. E di solito lui non disdegnava le loro offerte da quello che la sua fama raccontava, anche se Edmund non ricordava di averlo mai visto intraprendere una relazione seria con nessuna di loro. E dubitava che sarebbe mai accaduto: l'uomo, ormai superati i trent'anni, ero uno spirito libero che per molti anni era stato un pirata, solcando gli oceani e uscendo vincitore da ogni sfida. Non che fosse obbligatorio, però lui non riusciva a comprendere come poter vivere senza qualcuno da amare veramente a fianco.
Immaginava quindi che quelle donne invidiassero non poco lo splendido stallone nero cavalcato da Algar - dopotutto era un uomo affascinante, con lunghi capelli scuri sempre disordinati, alcune cicatrici sparsrse sulle braccia e sul volto e gli occhi blu. Proprio blu, non azzurri come sostenevano quelle donne: non era neanche elegante – la sue vesti erano spesso strappate – eppure non esisteva uomo più desiderato quando era a corte, molti lo sostenevano in continuazione. A controbilanciare tanta perfezione, c'era un carattere difficile, sempre pronto al comando e particolarmente istintivo che a volte scoraggiava: il re scrollò la testa allontanandosi dal gruppetto di donne prima che potessero accorgersi di lui.

Edmund giunse nella sala elegante notando ben due posti vuoti, ma prima che potesse sedersi si fece avanti Lorcan, suo ottimo amico che si occupava della difesa del palazzo e di pianificare le strategie. Gli consegnò la spada, l'egida e l'armatura che aveva provveduto a levarsi, tenendo però il mantello azzurro sopra gli abiti; vide lo sguardo freddo di Midori che lo squadrava e riuscì a immaginare che fosse a causa dell'abbigliamento spartano.

"Buongiorno tesoro, dove sono Harriet e la nostra ospite Kirsi? Buongiorno anche a lei, Saggio, spero si stia trovando bene qui da noi."

Edmund aveva infatti notato l'assenza della concubina e della figlia di Spenctur, invece presente al tavolo: lui prese posto di fianco a Midori, chiusa in un continuo silenzio mentre sorseggiava il the con aria altera. Per ottenere risposta fu costretto ad attendere che la moglie posasse la tazza sul tavolo e terminasse di deglutire.

"Buongiorno, mio re. Harriet si sta occupando di controllare che il lavoro della servitù proceda senza intoppi, quanto all'altra... non ne ho la minima idea. Suo padre non l'ha vista oggi."

Edmund scambiò uno sguardo perplesso con il Saggio, chiedendosi cosa fosse accaduto: di solito Midori era meno formale, invece quel giorno sembrava più glaciale che mai e non riusciva a comprenderne la ragione. Era però sicuro di esserne la causa, anche se non ne afferrava il motivo: forse la sua signora non era più soddisfatta delle prelibate pietanze preparate dal cuoco? Oppure il clima era troppo caldo per i suoi gusti?

"Siete molto gentile, Maestà, ma mia figlia è sempre stata incuriosita dalle novità e credo volesse visitare nuovamente il vostro palazzo visto che le avete concesso il permesso di farlo. Se me lo consentite mi recherò al Tempio, sento di dover entrare in profonda meditazione o gli spiriti saranno inquieti."

Edmund concesse a Spenctur di congedarsi e la stanza si svuotò: l'arredamento era lo stesso da almeno mille anni, ovvero mobili in legno di Laryon – che aveva un colore molto scuro -, tende chiare cucite a mano dalle migliori sarte e il simbolo di Laryon – l'aquila bianca dai contorni dorati su uno sfondo blu – su una parete, dipinto da un artista di talento. Vi erano anche molti trofei di caccia sui mobili a lato mentre il lungo tavolo era proprio al centro esatto della stanza: aveva una forma a triangolo anche se le tre punte erano state lievemente arrotondate per permettere ai commensali di mangiare senza problemi. Lui e Midori, che sostituiva formalmente la sua prima moglie durante i banchetti, sedevano assieme sul lato nord, mentre agli altri estremi di solito prendevano posto gli ospiti più importanti.
Midori scelse il momento in cui restarono soli per parlare.

"Così presto ci sarà un'altra concubina a palazzo. Avresti potuto almeno avvertirmi, ci sono rimasta molto male quando il vostro Saggio mi ha spiegato il motivo della presenza sua e di sua figlia a palazzo!"

Edmund sospirò: la ragione per cui ancora non aveva riferito nulla a Midori era che voleva decidere cosa fare prima di parlarne con lei. Non si sarebbe comportato diversamente neppure con Astrea, dopotutto era solo lui a poter stabilire la cosa giusta.

"L'avrei fatto certamente, ma non ero sicuro; in ogni caso non devi sentirti minacciata, tesoro mio, Kirsi non è che una giovane fanciulla e prenderà esempio da te su come si comporta la moglie di un re. Sono certo che sarà un compito che eseguirai con successo..."

La donna rimase sbigottita per alcuni istanti; voltò lo sguardo verso il suo re, convinta di non avere capito bene. Era difficile capire ciò che pensava Edmund quando assumeva un tono tanto formale: lui annuì, sapendo di frantumare le delusioni della bella moglie.

"Non intendo avere un'altra concubina, tu sai quanto io detesti questa pratica incivile; no, ho deciso di prendere Kirsi come mia terza moglie, e come ti ho appena detto, sarai tu a occuparti della sua formazione come moglie visto che non ha la minima idea degli obblighi che comporta questo rango."

Per un momento Edmund pensò che Midori gli avrebbe lanciato qualcosa addosso, anche solo la tazza vuota da cui aveva finito di bere: la vide alzarsi, sempre splendida anche quand'era infuriata.

"Moglie?! Non sai niente di quella piccola vagabonda... e la vuoi sposare?!! Poi è così giovane che probabilmente ha appena finito di succhiare il latte dal seno materno, non sarà in grado di..."

La donna tacque, incapace di pronunciare il pensiero che l'aveva attraversata, consapevole che esistevano dei limiti da non abbattere; avrebbe voluto dire che uno scricciolo simile, per quanto bello, non avrebbe mai potuto dargli il giusto piacere a letto, ma era un argomento di cui non si parlava. Tutti sapevano cosa accadeva tra due coniugi, o semplicemente tra amanti, tuttavia non se ne discuteva mai apertamente; avrebbe dovuto controllarsi, ma l'inattesa notizia non le era piaciuta affatto. Chinò lievemente il capo in segno di scusa.


"Perdona la mia impulsività, ma mi chiedo la ragione di tutto questo: hai già me come moglie, per non parlare della cara regina Astrea che se potesse capire, ti sarebbe riconoscente per tutte le attenzioni che le dai. Avete anche Harriet, una bella donna ancora giovane per darti un figlio, con un po' di allenamento... perchè introdurre un'altra persona? Puoi dirmelo, mio re?"

Edmund considerò l'ipotesi di non rispondere, dopotutto come re poteva fare ciò che desiderava, ma negli anni si era abituato a fare molto affidamento alla famiglia: quando Astrea era ancora giovane e in grado di vivere serenamente, avevano condiviso ogni singola cosa. Dai consigli di guerra ai continui dolori che provocavano gli aborti di lei, non c'era cosa che non le avrebbe raccontato.

Midori era diversa, in un certo senso più distante, ma anche con lei parlava molto: a parte le faccende belliche, alla donna piaceva ascoltarlo parlare, specialmente se si presentava con notizie di nobili o pettegolezzi di corte. A Edmund a volte ricordava Astrea, almeno fisicamente: entrambe belle, di aspetto regale e compiacenti, solo che Midori era più forte spiritualmente.

Poi c'era Harriet, e con lei poteva veramente discutere di ogni singola cosa. Si schiarì la voce, cercando di essere fermo e comprensivo.

"Gli Dei sanno quanto io abbia atteso la gioia di veder un erede per il regno, mia cara..."

Si interruppe, consapevole di addentrarsi in un territorio pericoloso: lo sguardo di Midori era più vulnerabile che mai, come ogni volta che l'argomento veniva sollevato. Quando Midori aveva scoperto di aspettare un bambino, se ne era parlato in tutto il regno ed erano giunti anche da molto lontano per rendere omaggio a lui e a sua moglie; poi era nata lady Mindy, che aveva conquistato i cuori di tutti i suoi futuri sudditi e della famiglia che la viziava. Infatti a Laryon anche le donne potevano regnare, purchè coniugate: Edmund ricordava ancora quanto Midori avesse insistito per far fidanzare la piccola già a otto anni, scegliendo un duca ricco e solo di pochi anni più grande di Mindy.

Tutto era parso andare per il meglio perchè la piccina si era presa una seria cotta per il suo futuro sposo, e lui era gentile e cortese; poi il fato avverso aveva agito, poco prima del matrimonio e dei tredici anni della bambina. Era stata inspiegabilmente rapita da palazzo e fu trovata solo alcuni giorni dopo, il corpo gettato in mare e ormai privo di vita. I cerusici avevano detto che era stata selvaggiamente picchiata, ma Edmund non aveva voluto sentire altro, temendo che le avessero portato via brutalmente l'innocenza della sua età.

Sapeva che l'argomento era penoso, eppure era costretto a pensarci perchè se fosse morto senza un erede, si sarebbe scatenata una guerra civile.

"Ma non è solo per questo; Harriet sta ormai superando l'età fertile, per questo sono costretto a volgere lo sguardo verso ragazze più giovani. Inoltre voglio anche lanciare un messaggio al mio regno: ho scoperto che Kirsi è in grado di leggere e scrivere, potrebbe essere sufficente a convincere tutte le donne che l'istruzione è importante."

Combatteva contro quel pregiudizio da tutta una vita: sua madre era stata l'ostacolo più grande, accanita sostenitrice delle donne utili solo come mogli invisibili, ma lui voleva ben di più. Avendo sempre sperimentato l'intelligenza delle sue compagne – Astrea non sapeva scrivere, ma leggeva anche lingue a lui ignote, mentre Midori conosceva gli infarinamenti principali grazie a suo padre; a Harriet aveva insegnato lui qualcosa anche se la concubina gli era parsa un po' negata per quel genere di attività – non poteva certo lasciare che altri uomini sottovalutassero i loro tesori più preziosi. Del resto la loro lingua era complicata, composta di ideogrammi, e difficile da pronunciare correttamente: era un tesoro che andava preservato.

A farlo decidere era stato proprio quel punto: inizialmente si era detto che la ragazza era troppo giovane, però poi Santos lo aveva informato di averla vista leggere intensamente alcuni tomi riguardanti la storia di Laryon, e lui le aveva fatto qualche innocente domanda in proposito fino a farla scrivere su una pergamena cosa ne pensasse. Saggio Spenctur gli suscitava emozioni inquietanti, ma la ragazzina era molto diversa anche se parlava poco e non c'erano pecche: scriveva in modo articolato e corretto.

"Non dovrai temere nulla, se è ciò che ti preoccupa: ti chiedo solo di istruirla sull'etichetta di corte e su ciò che una moglie di un re deve fare. Ci riesci così bene che non lo chiederei a nessun'altra. "

L'uomo notò un muscolo sulla guancia di Midori vibrare, consapevole che la donna era sul punto di esplodere, ma nessuno dei due parlò. Un grido acuto e prolungato spezzò il silenzio del palazzo, raggelando entrambi; Midori si portò le mani alle orecchie, infastidita e impaurita, mentre Edmund riprese spada ed egida da Lorcan – rimasto fuori dalla porta – deciso a scovare il pericolo.

"Proveniva dalla stanza della regina Astrea, Maestà."

Edmund avrebbe pregato affinchè Lorcan avesse commesso un errore; imbracciò bene le armi e gli affidò il compito di vegliare sulla moglie mentre lui avrebbe risolto il problema.


Angolo Autrice:


Bene, spero che come intro vi sia piaciuta :=) Le frasi iniziali sono estrapolate da un dialogo futuro, ho preso la decisione di iniziare ogni capitolo a questo modo, con citazioni provenienti dalla storia e che potranno aiutare a farvi capire qualcosa sui luoghi/pg che verranno accennati^^
Come avrete potuto vedere ho unito poteri "magici", differenti per ciascuna divinità e il suo seguito di guerrieri: la prima parte è dedicata a ciò che accadrà poi in seguito, con tanto di voci confermate e non. Vi lascio per ora e vi attendo al prossimo capitolo; qui sotto metto i pg citati/trattati nel capitolo :=)


Personaggi -

Natasha: dea della morte

Balanthar: dio degli spiriti

Umildur: dio della natura

Seala: dea della mente e degli elementi

Dorota: dea della guarigione

Thormund: dio della guerra

Sabino: ex-dio del cielo e primo re di Laryon

Thomas: secondo re di Laryon designato dagli Dei.

Sahila: donna guerriera, fedele di re Sabino e sua assassina. Il suo spirito è stato reso immortale dagli Dei.

Gratzianyo: dio minore della bellezza, la sua dimora è l'Isola della Bellezza.

Saggio Spenctur: anche mastro Spenctur, lo Spiritista più potente al mondo.

Re Edmund: attuale re di Laryon, 57 anni

Regina Astrea: prima moglie di Edmund e regina di Laryon. Visionaria. Colpita da una maledizione in giovane età, diventata un vegetale da quasi trent'anni non si alza dal letto e attende la morte. 48 anni


Lady Midori: seconda moglie di Edmund, 43 anni 

Lady Harriet: unica con cubina di Edmund, 32 anni.

Kirsi: figlia di Saggio Spenctur. 16 anni

Algar: capo degli Araldi Vagabondi, un gruppo particolare di guerrieri fedeli al re. 31 anni

Mastro Santos: il magistrato più importante di Laryon. 45 anni

Baldric: capo dell'Accademia degli Eletti, cugino di re Edmund. 65 anni.

Lorcan: guardia del re, 37 anni.

Mindi: unica figlia di Edmund e Midori, assassinata prima di diventare regina.



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Capitolo 2
*** Atto II ***


laryon efp

Davvero grazie per il seguito avuto: ho letto con piacere le recensioni e risponderò sperando di mettervi ancora più dubbi muhahahah vi lascio a questo capitolo, sperando possa piacervi. All'improvviso il correttore è andato a farsi friggere quindi se è scappato qualche erroraccio vedrò di setacciare di nuovo il file >_<


Copyright - l'autrice è la sola detentrice di tutto ciò che leggerete, dalla storia ai personaggi, alle varie invenzioni e tutto. Non copiare in alcun modo: morde, e molto forte.


Laryon, il Regno delle Tre Punte

Laryon Tales
  Libro primo: verso Punta Nord, alla ricerca degli antichi Dei.



Capitolo Secondo.

Anno 11110 dell'era degli Dei. Cuore della Stella, regno di Laryon.


Quasi tutti i re di Laryon erano guerrieri: in origine si diceva che Thormund, il dio della guerra, avesse creato le loro armi e armature perciò chi saliva al potere era un abile guerriero ed essendo un diritto ereditario di padre in figlio la scelta era scontata. Invece con il tempo diventò chiaro che non era così: a spezzare la tradizione ci pensò William il Basso, sedicesimo re a sedere sul trono a stella. Gracile e mingherlino, nessuno nel regno lo stimava veramente a causa del suo aspetto deforme e poco gradevole oltre all'assenza di carisma di cui - così si diceva - aveva dato prova. Quando i Sanguinari decisero di ordire un colpo di stato, molti guerrieri finora al servizio del re cambiarono schieramento lasciando William circondato dalla famiglia che ne rimaneva e semplici servitori.
Il re si presentò solo sul ponte levatoio che conduceva all'ingresso delle mura di Laryon, privo di armatura: i nemici lo sbeffeggiarono senza pietà, ma la battaglia durò appena un minuto. William il Basso aveva eretto una potente barriera mentale non visibile a occhio nudo che fulminò le menti di tutti i nemici non appena tentarono di superarla per entrare nel cuore della città, senza neppure preoccuparsi di abbatterlo. Invocando quindi la forza di Seala il re schiacciò l'esercito avversario senza bisogno di armi o sangue versato, passando alla storia per aver condotto la lotta più rapida ed efficente mai vista sino a quel momento e riuscì a regnare per ben otto decenni senza che altre minacce si presentassero, finalmente circondato da guerrieri pronti a difenderlo che lo stimavano.

«...»

Tra i vari re spicca Wallace, valente e inquieto Arciere: il dio della natura non era solito benedire i regnanti, persone che stimava, ma con una visione della vita che si discostava molto dalla sua. Forse per questo Wallace non fu mai amante della vita di corte, preferendo i continui viaggi alla ricerca dei luoghi più selvaggi al di fuori dei confini di Laryon che per lui erano troppo stretti. Generò un solo erede e lo incoronò molto giovane, per poi sparire nei meandri misteriosi della Foresta di Cristallo.
Il solo dio a non benedire mai un re o i suoi parenti fu Balanthar: la mente dei suoi devoti a volte rischiava di essere soggiogata dal continuo contatto con gli Spiriti, soprattutto con quelli dei nemici antichi, e non volle mai mettere in pericolo la solidità del regno.


- Archivi Storici, Libro Quarto sulla dinastia dei re di Laryon. Conservato sotto chiave detenuta da mastro Santos. -


Perchè mai si era avvicinata a quella stanza? Camminava tranquilla per il palazzo, con la briosa compagnia di Harriet – intenta a raccontarle tutte le novità di corte – finchè non l'aveva sentita. Una presenza tanto oscura da paralizzarla: si era resa conto che qualcosa non andava solo quando aveva visto la chioma castana della concubina del re sopra il suo volto, comprendendo di essere distesa a terra.
Aveva detto qualcosa – forse un invito a non preoccuparsi – ma Kirsi non era riuscita a distinguere le parole; un dolore di ferita viva l'attanagliava all'altezza della coscia sinistra, impedendole di reggersi in piedi. Senza pensare a cosa avrebbero pensato di lei se qualcuno l'avesse vista, si appoggiò faticosamente alla parete di pietra con la schiena e si alzò la veste: detestava quel colore, ma suo padre aveva insistito per farglielo indossare, sostenendo che il rosso avrebbe acceso l'interesse del re convincendolo a desiderarla. Kirsi aveva il vomito solo al pensiero, ma non era il momento adatto; sapeva già dove cercare e difatti vide la cicatrice sanguinare, evento mai accaduto prima.
Conviveva con quel dolore da quasi due anni, dopo essere stata aggredita da uno degli spiriti di suo padre, e non si era mai rimarginato: di tanto in tanto il dolore la sconvolgeva come se mille lame affilate le lacerassero corpo e anima, ma fino a quel momento non c'erano mai state tracce evidenti. Poi si era alzata, credendo di captare precisamente la fonte di quel potere: camminando piano – o per meglio dire, strisciando contro le pareti – era giunta alla sola ala del castello che non aveva ancora visto. Lì tutto era luce e ombra alternato: le ampie finestre erano coperte da pesanti tendaggi porpora fatti di seta – si era in estate – e la luce del sole filtrava a fatica, gettando un'aria sinistra sulle statue che costeggiavano il corridoio.
Kirsi era in mezzo a nomi illustri: tutte le regine di Laryon erano allineate sulla parte destra del corridoio, mentre i re su quella sinistra. Ma non riuscì a leggere neppure un nome, attirata dalla porta in pesante legno che si avvicinava sempre più – o era lei che procedeva seppur a fatica?
La ragazza sentiva il respire diventare più affannoso e si appoggiò alla parete quando la porta fu aperta: per un momento Kirsi pensò di veder apparire un enorme demone, invece la donna che si mostrò era alta, delicata e allo stesso tempo terrificante. Indossava una lunga veste bianca, molto simile a una sontuosa camicia da notte, e aveva i capelli chiari: un tempo quelle chiome dovevano essere state rosse come il fuoco, mentre ora erano striate da ciocche grigie. Era una donna bella, senza tempo, ma antica. La pelle era diafana, le palpebre apparivano pesanti e gli occhi blu erano pozzi di un dolore infinito: Kirsi sentì un brivido percorrerle la schiena, senza saperne la ragione.

"Era da tempo che ti aspettavo, mia dolce Kirsi. Devi liberarmi: avvicinati, o prode."

Le parole vennero pronunciate in tono stanco, ma risultatono persuasive perchè la ragazza, dimenticato il dolore e la paura, mosse alcuni passi in avanti: si sentiva attratta da quella mistica figura che aveva allungato le braccia come a chiamarla a sé. Non si chiese neppure chi fosse, né come potesse conoscere il suo nome. Sentiva solo che la doveva raggiungere, il più in fretta possibile; trascinò la gamba che continuava a sanguinare, lasciando tracce evidenti del suo passaggio, senza riuscire a staccare gli occhi da lei.
L'aveva appena raggiunta quando desiderò non averlo mai fatto: la sconosciuta la sfiorò con le mani, muovendole come se faticasse a compiere un gesto tanto semplice. Kirsi sentiva le sue dita sfiorarle la fronte, il naso e le labbra come se la stesse studiando, per poi toccarle la lunga treccia: a ogni movimento della donna, la ragazza si sentiva sempre più debole e fu costretta suo malgrado ad appoggiarsi alla spalla di quella figura tanto esile. Brividi gelidi le percorrevano la schiena come se le dita della donna fossero composti dai tremendi ghiacci di Punta Nord.

"Sei venuta da me, finalmente. Ora sei mia: togliti la veste e inchinati al tuo nuovo padrone."

Gli indumenti erano già ai suoi piedi quando Kirsi capì che qualcosa non andava: la ferita sanguinava più che mai e nel vedere le dita macchiate di rosso, la sua mente ebbe un sussulto, facendola rinsavire. Nonostante fosse caldo, sentiva il gelo attanagliare il suo corpo nudo, ma non riuscì a raccogliere la tanto odiata veste che aveva gettato a terra: una morsa si chiuse attorno al suo collo, lasciandola senza fiato. Le sottili dita della donna, che lei aveva giudicato talmente fragile da spezzarsi al minimo movimento, erano pregne di forza e lei si sentiva soffocare ogni momento di più.

"La tua morte mi libererà!"

L'aria cominciò a mancare, risvegliandola bruscamente dallo stato passivo che l'aveva colta all'improvviso; Kirsi mosse aggressivamente le gambe colpendo la Lo ripetè almeno un centinaio di volte prima che un'alta donna bionda, vestita di nero, comparisse d'improvviso tra loro: Kirsi la vide di spalle, percependo un'aura nera potente circondare i suoi movimenti, ma non ne udì le parole. Era troppo impegnata nel tentativo di liberarsi. Venne distratta da due mani sulle spalle: di fianco a lei erano apparse due persone, senza alcun preavviso: potè vedere un uomo vestito con una lunga tunica rossa che la guardava dalla sua destra, mentre da sinistra una donna in blu le sorrideva con aria gentile, come a volerla incoraggiare.
La figura bionda mosse lo scettro verso la sua aguzzina, per poi voltarsi verso di lei: aveva lo sguardo triste, infuriato e deciso. Era splendida e terrificante al momento stesso: sparì in un lampo, come se non fosse mai esistita, proprio come i due che le avevano appoggiato le mani sulle spalle, e in quel momento ritornò il dolore.
La paura si decuplicò: ormai doveva essere paonazza in volto, anche se riuscì ad aprire un varco tra le dita della donna per respirare meglio. Un grido prolungato le uscì dalle labbra, così forte da risuonare in tutto il castello e all'esterno, allarmando tutti.

Dimitri e Algar arrivarono poco dopo il re: il grido li aveva allertati ed erano stati velocissimi a lasciare le loro occupazioni per precipitarsi lì. Dimitri conosceva il castello molto bene e grazie alle numerose scorciatoie, lui e il guerriero erano stati più rapidi del previsto. Qualcosa di grave stava accadendo, lo percepiva sulla pelle.
La parte più terribile di ciò che vedevano era il re che guardava le due donne, la spada tra le mani molli e l'espressione sconvolta di chi non crede ai propri occhi; il Cerusico si irrigidì nel riconoscere la regina. Astrea,
la Regina Morta – come ormai era conosciuta - era in piedi come se lo facesse ogni giorno, e cercava di uccidere qualcuno. Uno sguardo con Algar gli confermò che anche il guerriero non aveva idea di chi fosse la giovane vittima della regina, ma quella era la cosa meno preoccupante. Rimasto imbambolato per alcuni secondi, venne riportato alla realtà da un rumore al suo fianco: il capo degli Araldi Vagabondi aveva estratto la spada dalla gemma bianca sulla cintura e non c'erano dubbi su ciò che intendeva fare.

"Metti via la spada, sciocco! Cosa vuoi fare, ucciderle entrambe?"

La mano decisa di Dimitri fermò Algar, già pronto a dividere a modo suo le due donne; il guerriero lo osservò con occhi azzurri scintillanti di rabbia.

"Aspettiamo che ci sia un omicidio? Non manca molto, se questo è il tuo desiderio."

La voce rude di Algar spezzò l'apatia di Dimitri, che inconsapevolmente si volse verso il re per cercare una risposta; Edmund sapeva sempre cosa fare e lui aveva seguito i suoi ordini in ogni situazione, ma in quel momento era più vulnerabile e incerto che mai. Non avrebbe certo dato alcun ordine, e tuttavia non potevano permettere che accadesse una tragedia.
Tutto sommato Algar aveva ragione, nonostante la pessima idea di intervenire a quel modo; non poteva vederla, ma percepiva un'aura terribile avvolgere il luogo ed era spaventato all'idea di dover appellarsi alla magia. Sulla regina! Gli Dei erano sempre stati protettivi coi regnanti di Laryon, soprattutto con Astrea, che aveva patito una sorte più terribile della morte; eppure dovevano fare qualcosa, forse sarebbe bastata una magia difensiva per proteggere la sconosciuta.

"Qualcosa di superiore sta accadendo, non ho mai visto la regina avvolta da un'aura tanto oscura... che sia Seala?"

Ma Dimitri lo dubitava, pur essendo stato lui a pronunciare quelle parole: la divina Seala aveva dalla sua un arsenale quasi sconfinato di colori, ma mai scuri e corrotti, non a quel modo. In quel momento era come se tutta la corruzione del mondo si fosse impossessata della regina ed era sbalorditivo che potesse muoversi quando non si alzava dal letto da decenni. I due si accorsero che alcuni curiosi erano giunti anche loro in quel luogo: riconobbero mastro Santos, Lorcan tallonato da lady Midori e Harriet, la più spaventata tra tutti. Anche se per un istante Dimitri vide il sorriso vittorioso deformarle i bei lineamenti di Astrea.
Aveva già deciso di permettere ad Algar di intervenire con la spada quando la regina Astrea lasciò improvvisamente la presa, facendo cadere a terra la donna più giovane e accasciandosi a sua volta al suolo, il sangue che le usciva da una tempia.


Edmund era in piedi, a fianco del sontuoso letto a baldacchino, osservando l'esile figura della sua amata regina: di solito Astrea era immobile, con gli occhi spalancati vitrei sul soffitto, in preda a uno stato vegetativo senza fine. Ora, invece, si agitava nel letto, rigirandosi qua e là a intervalli irregolari.
Suoni a lui ignoti le uscivano dalle labbra: lamenti forse, in lingue che non aveva mai imparato. Oppure deliri privi di senso.
E lui poteva soltanto restare a guardare: i suoi migliori Cerusici non avevano potuto fare nulla, neppure con pozioni o canti magici. Qualunque loro sforzo era stato vano perchè la donna continuava a muoversi, preda di violenti e arcani spasimi.

"Dovreste convocare mastro Fruki, sire. Oppure Kyosuke, sono entrambi molto ferrati sulle magie arcane, inoltre la cosa riguarda anche loro. Noi abbiamo le mani legate, mi rincresce."

Il tono basso e preoccupato di Dimitri era rivolto al re, che pareva distante anni luce dalla grandiosa stanza; il Cerusico poteva quasi indovinare quello che pensava il re, consapevole che in quello che era accaduto poco prima aveva visto riaccendersi una speranza.
Vedere di nuovo in piedi la regina Astrea doveva aver risvegliato in lui segrete aspettative, nonostante l'evidente negatività di quanto successo: lui non aveva mai avuto il piacere di vedere la regina da giovane, quando era – così diceva spesso re Edmund – una ragazza affascinante, dolce e deliziosamente spiritosa, ma quello che aveva fatto non aveva nulla di piacevole.
Edmund sospirò.

"Nessuno dei due lascerà Punta Ovest, un messaggero impiegherebbe troppo tempo per raggiungerli. Inoltre non vedo perchè interpellarli: mi sembra chiaro che la mia regina sta tornando alla vita, è solo questione di tempo e desidero che tu convochi i tuoi più promettenti apprendisti, Dimitri, per cercare una cura che l'aiuti."

Il Cerusico scoccò uno sguardo a mastro Santos, seduto nella penombra, intento a guardare compassionevolmente la schiena del re: era molto difficile che il magistrato osservasse qualcuno a quel modo a meno che non fosse per prenderlo in gio pubblicamente. Quello gli dava il senso della misura e la pensava come lui: il re si stava lasciando trarre in inganno dalle proprie sensazioni.

"Se mi è concesso, Maestà, non credo che strangolare qualcuno o provare a farlo, sia proprio ciò che la regina desidererebbe fare come prima cosa se davvero il senno fosse sul punto di tornare. Siamo vicini alla fine e potrebbe essere un bene, soprattutto per lei."

Dimitri vide il volto di Edmund irrigidirsi, era naturale che non trovasse di suo gradimento le graffianti parole del magistrato, ma secondo lui aveva ragione; Santos non aveva parlato propriamente di morte, ma tutti avevano percepito la parola aleggiare nell'aria, ora scandita dal ritmo regolare della piuma che il magistrato usava per riempire i fogli. Il Cerusico osservò di nuovo il re e capì che doveva fare qualcosa per lui in un modo o nell'altro; da una tasca interna della veste estrasse una piccola fiala colma di liquido rosato, e la porse a Edmund.

"Prendete questa, sire, e concedetevi alcune ore di riposo: io devo accertarmi delle condizioni della signorina Kirsi, lady Harriet mi ha fatto recapitare un biglietto per dirmi che si è ridestata."

Appoggiò tra le mani del re una fiala dicendosi che poteva anche permettersi di lasciarlo in quella stanza, dopotutto altri Cerusici si occupavano della regina; le sue condizioni al momento erano inspiegabili perchè non era ancora riuscito a stabilire dove avesse trovato la forza e la capacità di alzarsi senza un aiuto. Nella stanza non c'era nessuno, ma anche questa non era una novità dal momento che non si poteva chiedere a qualcuno di sorvegliare la donna senza mai concedersi una pausa. Lo aveva affermato lo stesso re, ma a lui dava fastidio ugualmente perchè in tal modo non vi era nessun testimone dell'accaduto.

"Che cos'ha la bambina?"

Dimitri percepì il disprezzo nella voce di Santos: il magistrato lo aveva seguito al pari di un'ombra quando era uscito e sembrava avviarsi nella sua stessa destinazione. L'uomo dispiegò il breve biglietto in cui Lorcan aveva scritto sotto dettatura della concubina: nulla di particolare, era solo una richiesta di raggiungere l'ala del palazzo dove la ragazza era stata portata. Dimitri l'aveva lasciata alle cure di altri Cerusici una volta appurato che non aveva nulla di  grave, ma ci teneva a vederla di persona.
Non l'aveva esternato, ma una forte aura aveva circondato la giovane e desiderava ottenere qualche risposta; non era stata una sensazione negativa, tutto il contrario, però non riusciva a dargli un nome preciso.

"Non lo so, sembrava posseduta..."

Santos sbuffò.

"A me sembrava la regina quella indemoniata, ma senza dubbio in quella poppante c'è qualcosa di strano; sto cercando di convincere Sua Maestà a non sposarla, spero che mi dia ascolto almeno una volta. Era già grave sapere che la voleva come concubina, l'idea di una terza moglie invece è del tutto raccappricciante. Midori quand'è arrivata ha messo le mani sui gioielli più preziosi della regina Astrea, non abbiamo bisogno di un'altra sanguisuga."

Dimitri quasi rise mentre procedevano a passo spedito; il magistrato non era del tutto in fallo anche se lui per primo non aveva sentito dire nulla sui piani del re. Midori si era sempre dimostrata molto ambiziosa e attratta dai tesori di corte - e sì, era riuscita a impossessarsi di quasi di tutti i gioielli, all'infuori della corona sul capo di Astrea -
e l'idea di un'altra donna simile non faceva bene alle finanze del regno, tuttavia non intendeva giudicare la fanciulla prima di averle almeno parlato.

"È vero, ma il mio istinto mi dice che anche milady Kirsi era circondata da qualcosa: Lorcan ha detto che l'ha sentita vaneggiare nel sonno, parlava di una donna in nero..."

Dimitri era pensieroso; la guardia del re era rimasta accanto al letto di Kirsi mentre veniva curata, anche per assicurarsi che non le accadesse nulla. Assieme a lui c'era anche Harriet, visibilmente inquieta: l'uomo sospirò, preoccupato per gli improvvisi enigmi che erano caduti su Laryon. Una donna in nero poteva significare tante cose, tra cui la morte certa in breve tempo, oppure la perdita del senno. Rabbrividì ricordando l'espressione degli occhi della regina: rancore, terrore e potere oscuro. Forse la storia stava per ripetersi? Possibile che in qualche modo la regina si sentisse minacciata da quella nuova figura che poteva dare un erede a Laryon - e toglierle quindi il rango - e fosse riuscita a tornare parzialmente alla vita?
Ma in che modo? Astrea era nata con poteri straordinari - gli stessi del più giovane Kyosuke, forse persino più forti - e li aveva sviluppati, ma mai messi davvero in pratica, al contrario del cugino più giovane. Sì, un Visionario gli sarebbe stato utile: avrebbe dato disposizioni immediati di inviare un messaggio urgente a mastro Fruki, dopotutto Sua Maestà la regina era anche sua nipote, era giusto che ne venisse informato. A lui sarebbe spettata la decisione se giungere a Cuore della Stella, mandare un rappresentante o accontentarsi di scambiare una corrispondenza con loro. E a Dimitri serviva il suo parere nel più breve tempo possibile. L'uomo era privo di poteri, ma la sua saggezza era nota a tutti.
Fu Santos ad aprire la porta, anche questa in pesante legno: al suo interno c'era una vera folla tra cui, oltre le tre persone già citate, almeno cinque Cerusici alle sue dipendenze e quattro apprendisti. Il magistrato inarcò beffardo un sopracciglio nel vedere tanta gente stipata nella stanza.

"Vedo che disponi di molto personale, Dimitri; dovesse restartene qualcuno mandamelo in tribunale, nessuno si offre mai per rassettare le aule."

Il Cerusico ignorò il commento del magistrato e fece allontanare tutti, mandandoli di nuovo nelle sale del sanatorio che ora era vuoto; riconobbe il mantello di Lorcan sulla sedia, lo stesso che l'uomo aveva usato per coprire la ragazza a cui era stato fatto indossare una lunga veste bianca. C'erano tracce di sangue e Dimitri le vide chiaramente anche sul mantello; eppure non gli sembrava che ci fossero ferite finchè Harriet non si alzò in punta di piedi per sussurrargli alcune parole all'orecchio. Il suo interesse si destò immediatamente e gli occhi corsero alla parte superiore della gamba di Kirsi, la coscia destra. Poi vide che la ragazza era sveglia, ma cercava di non guardarlo in alcun modo e pensò che forse si vergognava di qualcosa. Si rivolse a Santos e Lorcan.

"Vi chiedo di uscire, lady Harriet potrà restare per aiutarmi, ma non desidero imbarazzare in alcun modo la nostra ospite mentre mi accerto delle sue condizioni."

Era abituato a dare ordini, inoltre Harriet spesso lo affiancava per aiutarlo quando c'era da cambiare le fasciature o tranquillizzare i pazienti: non aveva comunque mentito, non intendeva mettere Kirsi a disagio. Stesa in quel letto e coperta da un lenzuolo bianco sembrava persino più giovane, quasi una bambina; si assicurò che tutti uscissero - Santos protestò come sempre, dichiarando che i giovani non avevano più rispetto per il suo duro lavoro - prima di occuparsi della ragazza.
Proprio come aveva pensato la giovane era restia a mostrargli la ferita: percepiva distintamente la rigidità innaturale del corpo nonostante cercasse di non mostrarlo. Dal momento che era solito occuparsi anche delle donne sapeva come muoversi senza causar loro troppo imbarazzo.

"Come ti sei procurata questa ferita, milady?"

A Dimitri non piacevano le formalità nonostante fosse costretto a servirsene in più occasioni, però era comunque solito rivolgersi ai suoi pazienti con familiarità, proprio come aveva scelto di fare in quel momento; le sue dita avevano sfiorato la cicatrice sulla coscia di Kirsi, ma era stato costretto a ritrarre immediatamente la mano con un sussulto. La ferita non sembrava fresca nonostante il sangue appena sgorgato, ma a turbarlo era stato altro: qualcosa di maligno era entrato in contatto con il suo dito, sentiva un gelo innaturale attorno alla mano ma non proveniva dalla ragazza. Era qualcosa di estraneo; un Visionario gli sarebbe stato veramente utile, ma a Cuore della Stella attualmente non ne era presento nessuno - o meglio nessuno di veramente preparato da poterlo aiutare a capire. Se fosse però arrivato Fruki avrebbe potuto consultarsi con lui: l'uomo era molto dotto e conosceva cose che pochi potevano vantarsi di sapere oppure suo nipote Kyosuke, di cui si diceva che fosse il più studioso e intelligente di tutto il suo regno e dotato di poteri illimitati; sospirò cercando di arrivare a una decisione. Avrebbe dovuto fare delle ricerche approfondite negli archivi: era certo di avere già studiato qualche caso antico in passato e voleva scoprire eventuali somiglianze per poi capire e trovare un rimedio. Per quanto esperto di magie curative, non era comune imbattersi in qualcosa di tanto arcano e si chiese - avviandosi verso la porta - in che modo la ragazza ne fosse venuta a contatto.

"Perchè nessuno crede che sia stata quella donna ad aggredirmi?"

Dimitri si voltò verso Kirsi: la giovane lo aveva appena sorpreso con quella domanda improvvisa dopo averle applicato un unguento lenitivo sulla ferita e averle ricoperto la gamba. Il Cerusico le aveva solo chiesto cosa fosse accaduto di preciso, ma prima di lui era stata sicuramente interrogata da tutti gli apprendisti e da Lorcan: considerando il profondo legame che Laryon aveva con la sua regina, Dimitri non si sarebbe stupito se le avessero fatto un interrogatorio. Nelle iridi grigie dell'uomo non passò neanche un'inflessione mentre consegnava a Harriet alcuni asciugamani da riporre; di solito non aveva problemi a occuparsene di persona, ma in quel caso l'incombenza era dovuta al fatto che la donna non aveva fatto praticamente nulla e lui sapeva quanto si sarebbe sentita inutile.

"Il fatto è che la regina non si alza dal letto da tantissimi anni, mia cara, e tutti preferiscono pensare che sia stata tu a farglielo fare."

Ma lui non ci credeva, era solo una scusa comoda: Astrea si era alzata da sola anche se ancora non riusciva a capirne la ragione, ma di certo non era stata quella ragazzina. Era troppo debole per sollevare qualunque cosa, lo vedeva dalla sua struttura, e anche se Astrea era relativamente una persona leggera, dubitava che potesse fare molto: inoltre quando lui era arrivato aveva visto distintamente la regina afferrare Kirsi quindi era escluso che fosse colpa della ragazza. Anche in possesso di poteri arcani dubitava che ci sarebbe riuscita, inoltre non percepiva alcuna aura attorno alla ragazza, nulla che potesse lasciargli pensare che era in grado di utilizzare i poteri magici.
Vide che Kirsi indicava la ferita e abbassò a sua volta lo sguardo sulla sua gamba.

"Una volta sono stata aggredita da uno spirito durante una meditazione di mio padre e da allora non sono più guarita..."

Dimitri ascoltò la risposta tardiva chiedendosi perchè uno spirito - che lui sapeva fossero esseri ultraterreni notoriamente tranquilli, che non agivano di loro volontà salvo provocazioni - avrebbe dovuto ferire una ragazzina, soprattutto figlia di un mastro spirituale; per un momento pensò di approfondire la questione con altre domande, ma trattenne la curiosità. Voleva studiare qualche antico libro prima di emettere qualunque sentenza, la magia spirituale era qualcosa che esulava dal suo campo di conoscenze e preferiva essere informato prima di agire in qualunque modo; le sorrise rassicurante mentre le porgeva un piccolo bicchiere in terracotta che conteneva un liquido violaceo al suo interno. Succo d'uva puro.

"Parleremo di tutto questo nei prossimi giorni, vuoi? Per il momento bevi questo succo, ti aiuterà a dormire meglio e a lenire il dolore alla gamba: ti consiglio di berlo tutto d'un fiato, è estremamente potente... e non particolarmente gradevole."

Pochi erano in grado di reggere il succo d'uva in quello stato, di solito veniva diluito con l'acqua o il miele per renderlo più sopportabile se lo si voleva bere. Infatti era una bevada estremamente alcolica e potente, così tanto da risultare molto utile per aiutare a guarire le ferite più gravi. Ma senza essere diluito aveva un sapore disgustoso e si aveva la tendenza a sputarlo fuori immediatamente; si accertò che Kirsi seguisse il suo consiglio e quando lasciò la stanza la ragazza era già in uno stato tale che il sonno l'avrebbe colta prima ancora di aver avuto il tempo di pensare a qualunque cosa.


"Che cosa stai facendo qui?"

Kirsi si guardò attorno e vide suo padre avvicinarsi: avvolto in quella tunica scura aveva un'aria più misteriosa che mai, soprattutto con
lo sguardo immobile come in quel momento. Gli occhi neri di Saggio Spenctur vedevano tutto, era una cosa risaputa ovunque; lei però aveva imparato a sfuggirli, nascondendo i propri segreti e aspirazioni la dove lui non poteva arrivare.

"Guardavo i guerrieri allenarsi, il re ha detto che posso andare dove voglio."

La replica di Kirsi giunse atona mentre il suo sguardo non si staccava dalle figure dei combattenti nell'arena: si era accontentata di restare seduta sulle gradinate più alte, invidiando quelle persone. Si facevano male, ma avevano uno scopo reale che rendeva la vita più piena. Lei, che non aveva molto da fare, riusciva solo ad annoiarsi soprattutto da quando era giunta a Cuore della Stella, alla dimora di re Edmund.
Non le piaceva il castello. In realtà non erano di suo gradimento le quattro mura di un qualunque edificio, al di fuori dei vari templi che solitamente erano tutti privi di tetto, proprio come se gli dei fossero più vicini a chi li pregava; per più di un decennio il clima ostile del Deserto Rosso le aveva tenuto compagnia, ponendole sfide. Quando gli altri parlavano di casa, lei pensava alle sabbie rosse: sentiva la mancanza della continua lotta per la sopravvivenza, del duro allenamento che era stata costretta a imporsi per potersi destreggiare in quell'inferno in terra.
Quella era casa sua, il rifugio della sua anima: a volte Kirsi annusava gli stracci - cioè gli abiti che lei indossava un tempo, così chiamati dal padre - per sentire più vividamente il profumo della sua lontana terra e sognare di poterci tornare il prima possibile.
L'idea di trascorrere la vita chiusa in un castello, in attesa che il re tentasse di ingravidarla, non le piaceva neanche un po' e se non fosse stato per le insistenze di suo padre, di certo non l'avrebbe mai fatto: strano come i legami di sangue fossero forti, più volte si era chiesta che cosa effettivamente la legasse a quell'uomo ambiguo e dall'aspetto repellente. Quando era comparso nel bel mezzo del Deserto Rosso rivelandosi come suo genitore, la ragazza era stata grata: l'aveva salvata dalla morte e aveva percepito un'inespresso e inspiegabile desiderio di essere amata. Ora tutto questo era solo un miraggio, i pochi mesi utili per tornare a Laryon e conoscere il fratello maggiore avevano rivelato quanto profonde fossero le distanze che li separavano: erano misteriosi tanto quanto lei era selvatica, più adatta a una vita isolata che con loro. L'Isola degli Eletti era un posto carino e sicuramente pieno di sfide, ma per chi - come lei - non aveva accesso all'Accademia, non c'era molto da scoprire: nonostante suo padre fosse uno dei mastri, a Kirsi non era stato concesso entrarci, al contrario di Gomar, il fratello maggiore.
Non sapeva come questo fosse stato deciso proprio dal padre.

"Allora dovresti essere con il re, consolarlo... Maledizione, sembra che tu non capisca ciò che perderesti se decidesse di non sposarti!"

La voce dell'anziano uomo tuonò e Kirsi involontariamente rabbrividì: non voleva essere sposata da Edmund così come non desiderava essere costretta a fare ciò che voleva lui per il resto della sua vita. Se fosse dipeso da lei sarebbe andata via, ma dove? Non conosceva la strada per tornare al Deserto: l'aveva cercata persino nella biblioteca personale del re, con la scusa di voler studiare la storia del regno, ma non aveva trovato nulla di davvero utile: il tragitto passava oltre l'Isola della Bellezza, una cosa di cui era già a conoscenza, ma quanto ai dettagli sembrava che nessuno li avesse mai rivelati e durante il viaggio... beh non se lo ricordava, era stata male tutto il tempo gli aveva detto suo padre. Cercò di non perdere la calma mentre rispondeva.

"Non credo che re Edmund abbia occhi per me, non da quando la sua prima moglie ha... dato segni di vita. Ma non me ne importa nulla anzi, spero che cambi idea così potrò tornare a casa."

Casa. Le infinite distese del Deserto e le continue sfide che proponeva giorno dopo giorno. Solo il pensiero la fece sentire meno sola, come se potesse essere ancora là e non all'interno di mura che la soffocavano. Non aveva fatto cenno all'incidente avvenuto poche settimane prima e di cui aveva ancora ricordi terrificanti: di notte faticava a dormire per timore che la regina arrivasse di soppiatto nella stanza per strangolarla. Era una cosa che non aveva rivelato a nessuno, anche se era quasi sicura che il Cerusico sospettasse qualcosa dei suoi timori. Quell'uomo aveva occhi dappertutto e la cosa non le piaceva troppo, anche se mai come mastro Santos: il magistrato era di rado presente, però lei aveva la brutta sensazione che riuscisse a spiarla a distanza. Era inquietante.

"Non lo dire neppure per scherzo, non dopo la fatica fatta per farti arrivare qui!"

A quella parole Kirsi sentì qualcosa spezzarsi dentro di lei, come ogni altra volta in cui suo padre le ripeteva lo stesso concetto. E a volte si chiedeva che genere di fatica fosse stata fatta per arrivare a palazzo: in fondo il viaggio era stato tranquillo e non si erano presentati problemi dal momento che i comuni ladruncoli si erano tenuti a distanza a causa della presenza proprio del padre, che tutti temevano e rispettavano. Certo c'era voluta una settimana abbondante per arrivare, ma non ricordava difficoltà... forse a causa di quella malattia che l'aveva vinta.
Forse era stato complicato ottenere udienza con il re in persona... Ecco, doveva essere così, anche se alla partenza le era parso di capire che Edmund e suo cugino Baldric - rettore dell'Accademia e diretto superiore di Spenctur - si fossero già accordati per il viaggio e l'ospitalità a palazzo. Kirsi avrebbe voluto chiedere qualche dettaglio, ma sapeva che non avrebbe ricevuto risposta.

"Quanto è disposto a pagarti il re? O sei tu che hai sacrificato dell'oro?"

Gli occhi scuri di Kirsi lampeggiarono di furia: aveva il sospetto che alla base di quell'accordo ci fosse un vero e proprio capitale. Dubitava però che venisse da suo padre: a Laryon i ricchi abitavano per lo più a Cuore della Stella o in fortezze protette, e loro non facevano parte di quella schiera. Suo padre era tenuto in alta considerazione e tutti lo rispettavano, ma era solo questione di fama e gloria, che poco aveva a che fare con i soldi. Non erano proprio poveri, avevano l'indispensabile come Kirsi amava spesso dire.
Però le risultava anche difficile credere che fosse stato re Edmund a pagare suo padre: perchè mai offrire i denari di Laryon a qualcuno per sposare una ragazza se poteva permettersi di farlo senza spendere una sola moneta? C'era la fila per donargli una sposa, lo aveva detto proprio durante il loro incontro, lei era solo una tra le tante anche se aveva un padre rispettato e questo forse...

"Non essere sciocca, Kirsi, a cosa vuoi che servano i banali soldi. Se la mia unica figlia femmina diventasse una moglie del re e donasse l'erede di Laryon, il nostro nome sarebbe venerato ovunque e la nostra fama non avrebbe confini."

Ne parla come se fosse già accaduto, si disse la ragazza con rabbia pur non replicando: il suo sguardo era ancora puntato sui guerrieri, pensando che le sarebbe piaciuto avere una spada a sua volta per combattere e sfogare tutta la tensione che l'avvolgeva. Avrebbe preferito un arco, ma in quel momento si sarebbe accontentata anche di una comune spada: non espresse il pensiero ad alta voce chiedendosi se avrebbe potuto allontanarsi senza offenderlo. Suo padre non aveva mai gradito essere ignorato, interrotto o comunque non considerato come credeva: avendo trascorso tutta la vita a tenere discorsi al suo unico allievo nonchè figlio - oppure anche alla presenza di altre menti dotte in cerca della sua Conoscenza -, di rado aveva apprezzato essere tenuto in disparte, ma Kirsi non riusciva a evitare di comportarsi a quel modo. Lui sapeva sempre quando lo ascoltava oppure no, quindi preferiva cercare una distrazione e qualunque cosa andava bene; più volte si era detta che avrebbe potuto cambiare atteggiamento, ma da quando suo padre si era messo in testa di trasformarla nella Sposa Perfetta non era riuscita a comportarsi diversamente.
In quel momento un'ancella di Edmund si avvicinò a loro, mostrando la sua prorompente scollatura soprattutto a lei, come se potesse rimanerne in qualche modo impressionata.

Fantastico, non sarò costretta a rendere conto del resto della mia giornata.

La ragazza fu tutt'altro che dispiaciuta quando l'ancella spiegò mielata che Lorcan in persona desiderava
conferire con suo padre e li lasciò andare con un inchino e un sorriso falso. Si voltò verso l'arena, ma aveva perso quasi tutto il suo interesse; si disse che poteva approfittare dell'imprevisto colloquio tra il padre e la guardia personale del re per fare un giro tra le strade acciottolate di Cuore della Stella, per vedere di persona in che modo vivessero gli abitanti oltre il palazzo. Fino a quel momento ne aveva abbastanza di cortesie e di sguardi sospettosi ed era anche vestita in modo comodo per una camminata: non c'erano foreste all'interno del palazzo reale, ma la serie di cortili aveva un'ampia e ricca vegetazione che conduceva fino alle mura e oltre e che poteva essere di suo gradimento.
Il suo sguardo ammirò le alte torri di vedetta e le mura - di circa una ventina di metri in altezza secondo la targa d'ottone che lesse, e composte di dura pietra - mentre varcava la soglia del cancello: si era messa un mantello scuro che le coprisse anche la testa, di modo da essere sicura di sembrare una banale commerciante. Non desiderava essere riconosciuta perchè era quasi sicura che le avrebbero assegnato una scorta, e non ci teneva affatto.
Le bastò camminare per alcuni chilometri per ritrovare il buonumore e abbassare il capuccio: la piazza di Cuore della Stella era un allegro luogo pieno di bancarelle di vari oggetti - dal cibo ai vasi, ai monili e oggetti di comune utilizzo in una casa -, botteghe di artigiani e tanto altro. Kirsi notò anche alcuni aruspici alle prese con le previsioni del futuro e persino dei cartomanti, per non parlare del piccolo teatrino delle marionette: rimase per parecchi minuti a osservare lo spettacolo da lontano, senza avvicinarsi troppo consapevole di non avere alcuna moneta per pagare.
Era un insieme di vita, commerci e gioia: la maggior parte delle persone che camminavano erano sicuramente comuni, i nobili si differenziavano per essere piuttosto trasportati a bordo di alcuni risciò e a volte in carrozze dall'aria più o meno lussuosa - questi ultimi quasi tutti diretti verso il castello -, mentre chi comprava erano quasi sempre servitori. Kirsi aveva sentito parlare di una delle leggi di re Edmund che aboliva la schiavitù, ma sapeva - come tutti - che difficilmente i ricchi avrebbero cominciato a servirsi da soli. Così li chiamavano servi, come se questo servisse a cambiare effettivamente la loro condizione.
Ne aveva visti anche alcuni nel tribunale di Santos, l'unica differenza era forse che lui li chiamava apprendisti, gli faceva indossare una lunga veste grigia ed evitava di pagarli, almeno stando alle chiacchiere che aveva sentito in giro.

Nessuno urlava, ma la piazza risuonava di chiacchiere e rendeva l'atmosfera gradevole: Kirsi cominciò a sentirsi a proprio agio tra la gente, cosa che di rado le era accaduta, forse perchè era sempre costretta a fingere sorrisi e cortesie. Invece lì poteva guardare tutto ciò che voleva, scambiare alcune parole coi commercianti che cercavano di attirare la sua attenzione sui loro prodotti e camminare dove desiderava; la ragazza si fermò quando vide un arco su una bancarella e si accorse - guardandola più attentamente - che c'erano molti tipi di armi. Per lo più erano spade e fucili, ma non mancavano alcuni archi, molte lance e anche fruste in cuoio.
Sentì il cuore palpitare più velocemente per l'emozione.

"Per quell'arco sono settecento denari, signorina, è fatto col legno più pregiato del Paradiso Giallo!"

Kirsi  non si era accorta di aver fissato tanto attentamente l'arco: per un momento si chiese a che luogo si riferisse, poi ricordò di aver letto che era uno dei nomi per definire Punta Est, la dimora dei viandanti e dei nomadi. In effetti le sembrava un prezzo spropositato, l'arco era esteticamente banale ed era anche sicura che non fosse di pregiata fattura, ma lei lo stava fissando perchè le ricordava il suo, perso nel Deserto Rosso.
La sua mano bramava un arco, fosse anche quello che stava guardando ed era un bene non possedere del denaro: sarebbe stata tentata e l'avrebbe comprato, pur sapendo che non se ne sarebbe fatta nulla se i piani del padre fossero andati a buon fine. Con un dito saggiò l'affilatezza di due pugnali chiusi a chackra

"Ottima scelta, quell'arma risale ai tempi di re Thomas, il successore di S..."

"Sabino... ma quando imparerai a pronunciare quel nome, Gerardius? In ogni caso se non mi sbaglio quel pugnale è solo una copia dell'arma originale: attento ai truffatori, amico, ci rimetterai un sacco di denari che poi non guadagnerai dato che nessuno compra robaccia finta."

A finire il discorso del mercante armaiolo era stato un uomo a cavallo. Kirsi fu costretta ad alzare lo sguardo per avere una visuale completa: non aveva idea della sua età, ma lo sconosciuto si presentava bene. Decisamente molto alto - e seduto com'era a cavallo sembrava quasi non finire più -, fisico possente e allenato, aspetto rude e selvaggio e pelle più scura di quella che aveva visto tra le altre persone a Cuore della Stella. Forse per merito del sole; notò anche le molte cicatrici che aveva sulle braccia e il cavallo che montava era nero come la pece.
Indossava quella che apparentemente Kirsi aveva giudicato come tenuta da cavaliere, ma era molto diversa da quelle che aveva visto a palazzo: intanto erano tutte verde bottiglia con rifinimenti argentati e non grigio scuro, inoltre copriva quasi tutto il corpo mentre l'uomo esibiva semplicemente un gilet aperto, una fascia nera attorno alla vita e pantaloni che arrivavano alle caviglie. Portava anche dei calzari scuri. In quel momento, prima che Kirsi potesse dire o fare qualunque cosa, l'aria sibilò e l'uomo afferrò una freccia a mani nude.

"Algar! Scendi da quel dannato cavallo!

A parlare era stato chi aveva tirato la freccia: l'uomo era vestito proprio come quei cavalieri visti a palazzo e in aggiunta alla divisa verde bottiglia, aveva sul capo un cappello con una piuma, tutto rigorosamente bianco e l'emblema del regno di Laryon, l'Aquila Bianca dai contorni dorati su sfondo azzurro. Indossava anche stivali bianchi e teneva un arco in mano; a quella vista, Kirsi notò che l'uomo chiamato Algar non solo non era sceso da cavallo, ma sembrava anche divertito e per nulla preoccupato. Il nuovo arrivato aveva anche dei riccioli biondo scuro che gli arrivavano fino alle spalle e baffi e pizzetto della stessa tonalità: non poteva avere più di diciotto anni, anche se ostentava un'aria che lo faceva sembrare più anziano.

"Selenio, ma che peccato ved... scusa, intendevo dire che sono davvero felicissimo di trovarmi in tua compagnia: vorrei tanto scendere dal mio amato Tuono e baciarti la punta degli stivali, ma le mie chiappe stanno troppo comode qui e non so proprio come convincerle a obbedirmi. Quindi ti prego, dal più profondo del tuo cuore e nella tua immensa bontà, perdonami per cotanto affronto! Ma del resto sono sicuro che comprendi, andarmene in giro senza il mio amato culo sarebbe quantomeno imbarazzante, sono certo che mi capisci."

Kirsi scoppiò a ridere, incapace di trattenersi: non aveva mai sentito qualcuno parlare a quel modo, ma le sembrava evidente che il volto irato di Selenio non l'aveva scalfito più di quanto avessero fatto le parole.

"Algar! Non azzardarti a prendermi ancora in giro, ti ho detto smonta da cavallo e ciò vuol dire che te lo sto ordinando! Solo le guardie reali possono stare su un cavallo, per proteggere le persone, e la tua lurida divisa non ne fa parte! Il re verrà a sapere di questa tua insubordinazione e non ne sarà felice, quindi sii saggio e non resistere alla legge."

A ridere questa volta fu Algar e Kirsi notò il graffiante sarcasmo della risata; Selenio sembrava essere pomposo e bellicoso, ma la ragazza era sicura che l'altro si stesse solo divertendo un sacco, il che non doveva essere esattamente l'obiettivo della guardia reale.

"La legge? Indossi quello stupido travestimento di sete e velluti... e ti credi un rappresentante della legge? Forse lavori per Santos per arrotondare i denari che ricevi a fine mese? Forse un simile discorso sarebbe più accettabile per bocca di Lorcan... sai, io sono un capo e non tratto con i pennuti insulsi come te. Neppure - e soprattutto - se sbandierano il loro eroico valore ai quattro venti quando neanche impediscono al loro quadrupede di fare la cacca in pubblico. Tuono, per la tua educazione oggi avrai una mela in più."

Selenio mosse le braccia rapidamente per impugnare l'arco, ma altrettanto in fretta un sibilo infranse l'aria e la spada di Algar fece cadere a terra l'arma, spezzando di netto la freccia; Kirsi - impegnata nel tentativo di dileguarsi prima di finire in mezzo a quella tempesta in procinto di scoppiare - si bloccò  osservando la spada apparsa improvvisamente nelle mani del guerriero. Un'elsa incastonata di preziosi che disegnavano una lama e un'egida incrociati, e sul retro il simbolo di Laryon, mentre la lama... La ragazza era colpita: non era comune acciaio, per un momento aveva avuto l'impressione che quella spada fosse viva! Come se avesse risposto più alla mente del suo proprietario che ai suoi gesti; inoltre il movimento era stato talmente rapido da fendere l'aria, tagliandola di netto. Non riusciva a capire come Selenio potesse avere ancora quell'espressione arrogante e baldanzosa sul volto con una lama come quella puntata alla gola. Si accorse solo dopo che erano scesi da cavallo entrambi.

"Visto che spettacolo? Se Algar volesse, ridurrebbe quel buffone in deliziose porzioni di spiedino... mettersi contro il Pupillo di Thormund è da folli, non sei d'accordo con me?"

Ad attirare l'attenzione di Kirsi fu Gerardius e la sua risata gutturale che accompagnava quella frase; era sicura di avere già sentito il nome di Thormund da qualche parte, ma in quel momento non le riusciva di collegarlo. Forse un re? No, impossibile, si chiamava Edmund, doveva essere... ah sì, era una divinità di cui aveva visto un ritratto in un libro: fu sul punto di domandare una cosa all'armaiolo quando il mondo esplose.
Il cielo si aprì, generando il panico completo: la luce del sole parve sparire per lasciare il posto alle tenebre, puntellate da minuscoli puntini che brillavano in modo fievole. Spettri fluorescenti toccarono terra, avvolti in mantelli impalpabili e uccidevano le persone silenziosamente, solo alzando lo sguardo vitreo e immobile su di loro: Kirsi vide dozzine di uomini e donne cadere goffamente a terra senza più muoversi.

"Tu vieni con noi."

La ragazza sentì una morsa d'acciaio stringerle i polsi: due creature della Notte l'avevano afferrata e la stavano trasportando come se non avesse alcun peso. Cercò di lottare, ma con orrose si rese conto di avere perso il controllo del proprio corpo, le gambe sembravano rispondere più a quegli estranei che a lei: anche se li guardò in faccia non era in grado di percepire il loro aspetto, era differente di momento in momento. La mente stessa era confusa, si sentiva completamente estranea.
Fatta di materia impalpabile. Persino ciò che succedeva attorno a lei era diventato ovattato: vedeva questi esseri sempre più numerosi superare le persone, che continuavano a morire senza sosta, eppure non percepiva le urla, il dolore. Niente. Si accorse soltanto che i due che la portavano non camminavano, si limitavano a sfiorare il suolo col loro ipnotico e agghiacciante candore.
Prima di toccare terra venne rudemente afferrata per la vita e in quel momento il mondo tornò a farsi sentire in tutto il suo terrore: Kirsi percepì la solita gamba farsi più pesante e si rese conto che era in preda al dolore. Alzò lo sguardo e vide che a liberarla da quello strano incatenamento era stato Algar, la spada che riluceva di un liquido scuro che penetrò nella lama, facendola vibrare per alcuni istanti. Accanto a lui, ferito sul volto, c'era Selenio e altri vestiti come lui.

"Se avessi tempo indagherei sulla sostanza di cui quegli esseri sono fatti; Selenio, detesti i miei ordini, ma al momento non hai altra scelta. Porta la donzella dal re, viva... se dovesse morire o essere ferita gravemente tanto vale sgozzarci da soli prima che lo faccia lui. Fai anche rapporto, anche se credo si sia accorto che c'è qualcosa che non va... forse vorrà recarsi alla Torre di Astrea, che decida lui... Dì ai tuoi compari di radunare più gente possibile e scortarla al castello: le mura hanno difese magiche, forse riusciamo ad arginare questa stranezza. Ed evitate di combattere con questi esseri, inutile spargere sangue contro qualcosa che non ha consistenza umana..."

Kirsi era sicura che Selenio si sarebbe ribellato, dopo tutto fino a poco prima non aveva fatto altro che provocarlo: invece rimase sorpresa quando lo sentì radunare i suoi e dare loro gli stessi ordini che si era appena sentito impartire. Cercò di mettersi in piedi, ma si sentì mettere di peso su un cavallo e vide che era Selenio di ritorno e in preda alla fretta: in ogni caso la sua presa era sicuramente stata più delicata di quella di Algar.

"Ma come ha fatto a liberarmi di quei cosi?"

Non sapeva come chiamarli e non era riuscita a trattenere la domanda, nonostante il cavallo fosse stato spronato a partire: e correva così velocemente che sembrava difficile credere che fosse in grado sul serio di vedere dove andava. Videro un mucchio di persone correre verso il castello e superarono anche tanti cadaveri e persino le creature che cadevano dal cielo: com'era possibile riuscire ad attraversarli? Erano forse incorporei?
Il bianco cavallo si fermò bruscamente dopo essere atterrato all'interno delle mura, dove l'atmosfera era persino più tetra e lugubre che all'esterno. Kirsi rabbrividì e mettere i piedi a terra non fu poi il gran sollievo che si era aspettata.

"La spada di Algar è particolare, è un'arma forgiata dalle divinità stesse che ne hanno fatto dono al re di Laryon tanti secoli fa. La sua lama non è comune, può ferire in più modi... ma non è il caso di perderci in chiacchiere, milady! Vieni!"

E se la tirò dietro con ben poca gentilezza; Kirsi stava per rimproverarlo e dirgli che al suo confronto Algar sembrava quasi delicato, quando il suo sguardo si posò sulla Torre di Astrea. Era completamente avvolta da nuvole nere e circondata dalle stesse spettrali creature che si erano riversate. Era quello il Sacro Terrore?







Angolo Autrice:


Voglio scusarmi per il ritardo: la stesura di questo capitolo l'ho dovuta curare più volte e non ero mai contenta! INoltree rispetto all'idea iniziale, ho anche accorciato u.u
bene, più spazio ai protagonisti: Astrea è la mia croce e delizia. La adoro, e renderla così... beh, spero che vi piaccia e che il suo mistero renda tutto più intrigante.
E qui viene fuori quello che ho sottolineato anche all'inizio, ovvero il legame tra lei e Edmund: il re non è mica uno sciocco, però davanti alla manifestazione di "vita" di Astrea... spera, che poi è ciò che fanno tutti gli innamorati, vero? Quindi avete anche la certezza assoluta che ci sia l'amore u.u
Perchè è successo questo? Dovrete aspettare il prossimo capitolo per saperlo u.u nel frattempo vi presento altri elementi importanti, come la ferita sulla gamba di Kirsi, che non è casuale.
Vi piace, lei? Sto cercando di darle più spazio, ma paradossalmente è difficile! Perchè... beh mica vi spoilero xd
E poi ho dato spazio al nostro Dimitri u.u e un po' all'entourage della vita di corte, tanto per definire i ruoli. E anche perchè Dimitri è un personaggio principale e i suoi punti di vista sono sempre, spero, interessanti.
Relazione Kirsi-padre: c'è parecchio da scavare, vero?xd però vi getta le basi di com'era la vita di lei prima e adesso zizi e per toglierle un velo di mistero che direi che è anche ora u.u
Vi presento un po' Cuore della Stella e la sua routine! La piazza con le persone, i commerci... e le guardie xd rivalià tra Guardie Reali e Algar, che per paradosso è più forte di loro: occasione anche per mostrare le armi e soprattutto la sua, la fantastica Lama del Re u.u
Infine: che accade?!
Alla prossima puntata muahahahahaha


Personaggi -

Dimitri: Cerusico di corte, 32 anni.

Saggio Spenctur: anche mastro Spenctur, lo Spiritista più potente al mondo, e padre di Kirsi.

Re Edmund: attuale re di Laryon, 57 anni

Regina Astrea: prima moglie di Edmund e regina di Laryon. Visionaria. Colpita da una maledizione in giovane età, diventata un vegetale da quasi trent'anni non si alza dal letto e attende la morte. 48 anni Disegno by Virginia Fumagalli

Lady Harriet: unica con cubina di Edmund, 32 anni.

Kirsi: figlia di Saggio Spenctur. 16 anni

Algar: capo degli Araldi Vagabondi, un gruppo particolare di guerrieri fedeli al re. 31 anni

Mastro Santos: il magistrato più importante di Laryon. 45 anni

Baldric: capo dell'Accademia degli Eletti, cugino di re Edmund. 65 anni.

Lorcan: guardia del re, 37 anni.

mastro Fruki: saggio della Foresta di Cristallo

Kyosuke: leader della Foresta di Cristallo, nipote di Fruki e potente Visionario. Al contraio dello zio, lui possiede i poteri della mente che si narrano essere più forti e sviluppati di quelli di Astrea, sua parente.

Gerardius: armaiolo-mercante

Selenio: membro della Guardia Reale, Arciere. 18 anni.



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