Neve e fiamme

di Anna Wanderer Love
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Neve e fiamme ***
Capitolo 2: *** Capitolo Uno: Incontri ***
Capitolo 3: *** Capitolo Due: Di questo passo mi farai impazzire ***
Capitolo 4: *** Capitolo Tre: Me ne pentirò... ma più tardi ***
Capitolo 5: *** Capitolo Cinque: Un'ospite inaspettato ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sei: Maledetto elfo ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sette: Sera ***
Capitolo 8: *** Capitolo Otto: Litigi ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nove: Athma ***
Capitolo 10: *** Capitolo Dieci: Sospetti ***
Capitolo 11: *** Capitolo Undici: Tigre ***
Capitolo 12: *** Capitolo Dodici: Paura ***
Capitolo 13: *** Capitolo Tredici: Ferite e verità ***
Capitolo 14: *** Capitolo Quattordici: L'Assassino ***
Capitolo 15: *** Capitolo Quindici: Problemi ***
Capitolo 16: *** Capitolo Sedici: Sarà terrificante. ***
Capitolo 17: *** Capitolo Diciassette: Gimli ***
Capitolo 18: *** Capitolo Diciotto: Te lo giuro. ***
Capitolo 19: *** Capitolo Diciannove: Blodgharm ***
Capitolo 20: *** Capitolo Venti: Drego ***
Capitolo 21: *** Capitolo Ventuno ***
Capitolo 22: *** Capitolo Ventidue: Cambiamenti in grande stile. ***
Capitolo 23: *** Capitolo Venitré: Occhi rossi. ***
Capitolo 24: *** Capitolo Ventiquattro: Thranduil, ***
Capitolo 25: *** Capitolo Venticinque: E' vero. ***
Capitolo 26: *** Capitolo Ventisei: Vai a farti fottere. ***
Capitolo 27: *** Capitolo Venisette: Figlia di... ***
Capitolo 28: *** Capitolo Ventotto: Nascite. ***



Capitolo 1
*** Neve e fiamme ***


Il mio respiro si confonde nell’aria gelida della montagna. Sono acquattata dietro ad un masso, inginocchiata sulla neve. Stringo con più forza il pugnale che tengo in mano.  La pietra fredda sull’elsa mi punge il palmo sudato. Il freddo penetra attraverso i vestiti e il pesante mantello che indosso, ma sto in silenzio. Non posso muovermi o sarebbe la fine. Socchiudo gli occhi e una nuvoletta si condensa nell’aria. La figura che sto osservando sotto di me dopo qualche secondo si volta verso le montagne innevate dietro di lui, dove sta sorgendo il sole. Trattengo il fiato, e tutto si ferma, diventa immobile. I suoni, i rumori.

E poi salto.

Faccio un lieve rumore quando atterro, ma lui si volta lo stesso, ad una velocità impossibile per un umano. Incrocio due occhi del color del cielo, e il mio cuore perde un battito. Un secondo dopo, riprendo a ragionare. Mi lancio su di lui, alzando il pugnale verso il suo cuore, ma mi blocca. Il suo movimento è così veloce che non riesco neanche a vederlo.  Gli sferro rapidamente un pugno al volto per liberare il mio braccio dalla sua presa e barcolla leggermente all’indietro. La sua mano scivola e io vedo la possibilità di affondargli il pugnale nel petto, ma esito. Non l’avessi mai fatto. Approfittando del mio mezzo secondo di esitazione lui -è un uomo, è troppo alto e massiccio per essere una donna, e i suoi occhi sono maschili-  mi è addosso. Senza che me ne renda conto la sua mano è attorno alla mia gola e sono a terra, con lui sopra. Sgrano gli occhi. Come cavolo ha fatto a sbattermi a terra come se fossi una bambola?! Si china lentamente e inizio a sentire una morsa che si stringe sempre di più nel mio petto. La riconosco, anche se non l’ho mai provata in vita mia. E’ paura, forse?

Si ferma a pochi centimetri dal mio volto, e un brivido percorre la mia schiena.  Mi ostino a credere che sia per il gelo della neve che entra dal mantello, ma non è così.

Una ciocca bionda sfugge dal cappuccio che cela il suo volto e mi sfiora lo zigomo. I miei occhi guardano quei lisci capelli d’oro pallido, poi risalgono lentamente e per la seconda volta il mio sguardo si incatena a quello celeste, duro e inflessibile  di lui.

-Chi sei?

Le sue dita si stringono con forza attorno ai miei polsi, con tanta forza che riesco a sentire il loro profilo segnare la mia pelle, con tanta forza che penso che me li spezzerà, i miei maledetti polsi. Mi esce una risatina dalla bocca, nonostante tutto, e i suoi occhi ne sembrano sorpresi.

-Se te lo dicessi non farebbe differenza.

-Ah sì?- Ribatte lui, scrollandomi con violenza. La mia testa batte per terra.

Trattengo il respiro quando la vista mi si annebbia per un’istante.

-Sì- sibilo fissandolo con astio. Ancora, i suoi occhi blu sembrarono stupiti, e finalmente  le sue dita allentano la presa. Socchiudo gli occhi, e rallento il respiro. Devo fargli credere che stia per svenire... anche se in effetti è vero, ma lui ci casca, perché una delle sue mani abbandona il mio braccio. Subito scatto e lo spingo via con forza, rotolando sopra di lui. Non oppone resistenza, sorpreso, e gli punto il pugnale alla gola. Poi mi accorgo di una cosa. Oh... il cappuccio che lo copriva è scivolato via. Adesso riesco a vederlo... il suo volto dai lineamenti forti e marcati mi osserva, osserva ogni mio minimo movimento. E' un elfo...

-Merda- mi lascio sfuggire, e a quella parola le sue labbra rosa si arricciano in un sorriso.

-Che parole...- stringo i denti e premo un po' di più il pugnale contro la sua gola.

Lui si irrigidisce ma continua a fissarmi, e intravedo qualcosa nel suo sguardo... una lieve sfumatura di passione, voglia di combattere. Mi rendo conto che sto iniziando a respirare più velocemente e mi sforzo di darmi una calmata. I miei sforzi però sono resi vani dalla sua mano che mi afferra la coscia. Sussulto su di lui e senza volerlo lo graffio, lo ferisco alla gola, da dove esce una goccia di sangue. Fisso col cuore a mille quella piccola goccia di sangue. Cremisi, si fa strada sulla gola dell'elfo macchiando la pelle rosata, che sembra di ceramica. Piano, mi chino, fino a che, sotto al suo sguardo vigile, il mio respiro non raggiunge il graffio. Sempre tenendolo buono con il pugnale allungo la mano e un fiotto di calda energia dorata invisibile esce dalla mia mano, posandosi sulla sua gola, rigida. Il taglio si richiude e all'improvviso ricordo che mi sta toccando.

Il mio cuore si immobilizza per qualche secondo, poi riprende a battere furioso quando mi alzo di scatto in piedi, mentre la sua mano lascia un scia bollente sulla mia gamba. Mi volto, ignorando i suoi richiami, e sparisco nell'ombra, alzando di nuovo il cappuccio sul viso per coprirmi.

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Capitolo 2
*** Capitolo Uno: Incontri ***


Tre anni dopo


Appena entro in casa mi immobilizzo. Tre figure sono al centro della stanza, oltre a Ronim, il mio maestro. Tre figure alte, slanciate e al tempo stesso minacciose. Capelli biondi, lunghi e lisci. I tre si voltano verso di me. Sono cosciente di non avere un aspetto adatto ad accogliere ospiti, ma mi preoccupo solo di una cosa. Occhi celesti. Il primo elfo a destra è il primo a ricevere la mia attenzione. No, decisamente no. Ha dei lineamenti marcati e occhi grigi che incutono timore. Indossa un'armatura e un'ampio mantello copre le sue spalle larghe. Rivolgo il mio sguardo a quello in mezzo. No, non è un elfo. E'... umano. Decisamente. Occhi color nocciola, barba e capelli marrone scuro. Poi guardo il terzo, e il mio cuore si ferma. Oddio. Oddio. No. Non può essere. Quegli occhi blu sono gli stessi... anche lui mi ha riconosciuta, anche se sono cresciuta, cambiata.

-Savanna.

Con uno sforzo immane distolgo lo sguardo da lui e guardo Ronim. E' seduto sulla poltrona rossa davanti al camino, e le fiamme che ardono cospargono il suo volto bruciato dal sole e segnato da cicatrici profonde di ombre. Non mi guarda, ma sento gli sguardi degli altri tre su di me.

-Chiudi la porta.

Obbedisco e mi ci appoggio, senza forze. Resto in silenzio, loro restano in silenzio... lui resta in silenzio.

-Vai a riposare.

Mi muovo leggera e avanzo silenziosa in mezzo alla stanza, diretta alle scale che portano di sopra, alle camere. Per farlo sono costretta  passare accanto a lui, e il suo sguardo blu mi segue, mi punge la schiena finché non lo sorpasso e sparisco alla sua vista.

La notte non dormo. Resto distesa a rotolarmi da un fianco all'altro in attesa di sentire Ronim salire e andare a riposare. Nascosto dentro la manica della mia veste da notte leggera tengo il pugnale, lo stesso pugnale che ho usato contro di lui per ucciderlo. Fisso il soffitto, tenendo a bada il battito forsennato del mio cuore. Poi, in piena notte, sento dei passi e le assi di legno levigato del pavimento scricchiolare. Ma sono troppi passi perché sia solo Ronim a salire. Infatti sento quattro porte aprirsi e chiudersi. Quattro porte... quindi questo vuol dire che dormirò nella stanza accanto all'elfo. Sento il sangue ribollire di uno strano miscuglio di sentimenti, fra cui l'odio. Non gli ho ancora perdonato il fatto che mi abbia battuta così in fretta e con tanta facilità... sussulto quando sento un ticchettio di nocche contro il legno. Sorrido rassicurata dal saluto di Ronim e finalmente riesco a rilassarmi. Mi addormento guardando fuori dalla finestra spalancata la luna argentata.


La mattina dopo mi alzo tardi, esausta per l'escursione della sera prima e per l'essermi addormentata così tardi. Mi alzo dal letto e mi lavo rapidamente, poi mi vesto come al solito: stivali di pelle scura e morbida, pantaloni, una camicia bianca coperta da una casacca che mi ha regalato Ronim qualche mese fa. Non mi prendo neanche la briga di mettere a posto i capelli, non ci riuscirei mai. Apro la porta e scendo giù. Il mio maestro è seduto sulla poltrona a leggere un libro. Appena sente i miei passi soffici alza lo sguardo e sorride, mettendo in mostra i denti bianchissimi.

-Savanna, vieni qui- dice allargando le braccia. Scendo del tutto le scale ma mi blocco. Non mi ero accorta che sul divano sono seduti l'uomo e i due elfi, che mi fissano con una vaga espressione stupita in volto. Probabilmente non hanno mai visto una donna vestirsi da uomo. Incurante dei loro occhi puntati sulla schiena in un paio di passi arrivo vicino a Ronim e mi chino per salutarlo. Mi abbraccia forte, come al solito, ed è bello sapere che nonostante abbia degli ospiti non cambi le sue abitudini e continui a trattarmi come una figlia. Poi, sciolta dall'abbraccio, resto in piedi accanto a lui, che sospira.

-Savanna, loro saranno nostri ospiti per un paio di settimane o, se sarà necessario, anche di più- mi dice il mio mentore fissandomi negli occhi. Le sue iridi azzurre osservano la mia reazione, e quando resto impassibile vedo che si rattrista, perché sa che quando faccio così mi sento a disagio. A quel punto mi volto verso i tre e serro la mascella, ignorando lo sguardo dell'elfo dagli occhi blu che mi perfora. Ronim si alza e svetta sopra di me, appoggiando una mano sulla mia spalla esile.

-Loro sono Aragorn- l'umano dai capelli castani fa un cenno con la testa e si alza, con un accenno di sorriso sul volto. Ricambio il sorriso. Già mi piace. -Haldir, capitano delle guardie del Bosco Atro- l'elfo con il mantello si alza e mi rivolge un piccolo inchino, ma resta con un'espressione neutra. Faccio scomparire il sorriso. Poi Ronim stringe un po' di più la mia spalla, mentre presenta l'ultimo elfo, il mio elfo. -E lui è Legolas Verdefoglia, principe del Bosco Atro.

Il mio cuore perde un battito e credo di essere impallidita, perché Aragorn e Haldir puntano gli occhi sul mio viso. Merda. Ho attaccato un principe!! Lui però non sembra scomporsi, ma anzi, si alza e mi rivolge un piccolo inchino, osservandomi con un sorriso.

-Incantato di vedervi, Savanna- mi viene la pelle d'oca al suono della sua voce musicale e istintivamente mi stringo a Ronim, ma lo faccio passare per un gesto affettuoso posando la testa sulla sua spalla. Haldir e Aragorn ci cascano, ma il principe no, e continua a guardarmi con quei suoi bellissimi occhi profondi.

-Piacere mio, principe... capitano... e re- aggiungo con un piccolo sorriso per Aragorn.

Il re mi sorride nuovamente, un sorriso caldo che illumina i suoi caldi occhi marroni. Mi volto verso Ronim, che intanto ha preso a parlare a me, indebolendo la presa sulla mia spalla.

-Savanna, cara, ti dispiacerebbe andare a prenderti cura dei cavalli dei nostri ospiti?

Sorrido ai suoi occhi luminosi.

-Certo che no! Vado!

Saluto chinando il capo ed esco rapidamente dalla casa, diretta alle stalle qualche passo lontano dalla casa, dove sento già la mia cara giumenta nitrire affamata.


Legolas:


Dopo che la rag... Savanna esce dalla casa Ronim ci guarda, puntando gli occhi prima in quelli di Aragorn, Haldir e infine me. Mi guarda, e improvvisamente ogni sorriso cordiale dal suo volto è scomparso. Continua a fissarmi, mentre parla a tutti noi.

-Sia chiaro, signori- esordisce con tono inflessibile ma al tempo stesso affabile -chi le farà del male, o anche si limiterà a sfiorarla con un dito senza che lei lo voglia, ringrazierà ampiamente i Valar se si troverà solo con braccia e gambe spezzate.

Trattengo un sorriso. E' evidente che le vuole un gran bene. Rispondo per tutti.

-Non abbiamo nessuna intenzione di farle del male, signore.

Lui non sembra particolarmente rassicurato, ma mi guarda ancora negli occhi per qualche istante e poi annuisce lentamente. Torna a sedersi sulla poltrona, tranquillo, ma noto che i muscoli delle braccia abbronzate sono contratti.

-Ovviamente, ciò di cui avrete bisogno vi sarà dato, mentre saremo qui. Ad una condizione: oltre a non sfiorare Savanna- e a queste parole mi guarda male -non dovete chiederle niente.

-In che senso?- Interviene Haldir con la sua voce calma.

Ronim punta gli occhi su di lui e accenna un sorriso affabile.

-Nel senso che sarà via per gran parte del giorno, e gradirei se non le chiedeste dove è stata, cosa ha fatto, con chi era, e anche che non la seguiste.

-Non ne abbiamo la minima intenzione- lo rassicura Aragorn. -Vi siamo grati per la vostra ospitalità, soprattutto quando Legolas è stato ferito e ha bisogno di riposo.

Sussulto. Non mi piace che mi definiscano debole, ma Ronim non sembra curarsi del mio disagio e mi sorride davvero, questa volta. Ha la sua età, ma è ancora molto bello, mi stupisco a pensare. Chissà se Savanna è sua figlia... ma non mi sembra, dall'aspetto. Anche i capelli sono diversi, lui li ha neri mentre quelli di lei sono di un castano scuro tendente al rosso.

-E magari, se posso permettermi, la presenza di una donna riuscirà a distendere i vostri volti stanchi.

Ridiamo assieme, poi Ronim si alza e va nello studio a leggere, nella parte della casa che non ho ancora visto. Haldir e Aragorn iniziano a curare le loro spade e io, non avendone voglia, esco all'aria aperta. Ripenso alle parole del nostro ospite, e con un brivido mi accorgo che sembra sapere esattamente cos'è successo tre anni fa... un battito di ciglia, per me, ma per loro, umani... ne è passato di tempo. Sembra sapere ogni singolo particolare di quel mattino innevato, compreso il mio gesto istintivo nei confronti di quella ragazza. Alle mie orecchie giunge nel vento un nitrito e una risatina da una voce dolce, e mi volto verso le stalle. Questa casa sembra piccola dall'esterno, ma dentro è enorme. Sembra intrisa di magia... è posta sopra ad un passo, nascosta da una fitta foresta di alberi, in una radura rigogliosa, durante la primavera. Mi dirigo verso le stalle e scosto la porta. La luce di una lampada a olio in fondo al corridoio illumina l'ambiente, e da lì davanti vedo delle dita appoggiate alla porticina in legno che chiude il cavallo nella sua stalla. Mi avvicino e finalmente riesco a vederla. I morbidi capelli marroni le scendono lungo le spalle e la schiena esile, inarcata in quel momento per raggiungere il muso del cavallo. Savanna è piccola ed esile, ma ha un corpo scattante e al tempo stesso pieno di curve, ma non in modo esagerato. Ride abbracciando il... la giumenta, mi accorgo sfiorando i suoi pensieri, color della notte senza luna, e posa la testa sul suo collo morbido.

-Oddio, ho paura, Mitya- sussurra, e la cavalla sbuffa dolcemente sul capo della sua padrona, che continua a restare girata, non accorgendosi della mia presenza nell'ombra.

-Non capisco perché Ronim abbia accettato... quell'elfo mi fa venire i brividi- e, come conferma, rabbrividisce. Socchiudo gli occhi, ma resto in silenzio. Si fa interessante...

-Non capisco che intenzioni abbiano, e come hanno fatto a trovarci! Se me la vuole far pagare per... per...- le trema la voce e non riesce a continuare. Mi viene la pelle d'oca, sentendo la sua voce disperata.

-Meglio che mi dia una calmata- sospira, scostandosi dalla giumenta. -Tanto se ha intenzione di farci del male scoprirà che  sono migliorata rispetto a tre anni fa- intuisco che sorride, ma sono sorpreso. Sta parlando di me. Le faccio paura?

Indietreggio di qualche passo e riprendo a camminare verso di lei, facendo rumore questa volta. Appena sbuco da dietro alla parete lei si gira e mi guarda. La guardo anche io, e vedo che impallidisce lentamente. I suoi occhi celesti, però, non mostrano nemmeno l'ombra di un cedimento mentre mi fissa. Mi avvicino a lei, che è uscita dal box e ormai non può sfuggirmi, dato che con un solo passo indietro è addosso alla piccola porta. Io cammino con calma, senza fretta, e mi fermo a pochi centimetri da lei. Senza smettere di fissare i suoi occhi cristallini allungo una mano e afferro un morbido ricciolo dei suoi capelli, attorcigliandolo attorno al dito. Vedo con piacevole sorpresa che trattiene il fiato per qualche istante.

-Sei cambiata dall'ultima volta che ti ho vista- mormoro, osservando i suoi lineamenti gentili che stonano con l'espressione decisa del volto. Le sue palpebre tremano appena prima che risponda.

-E prima- sussurra. Un sorriso nasce spontaneo sulle mie labbra.

-Giusto... Savanna- a sentirmi pronunciare il suo nome lei trasalisce.

Oh, santo cielo... ha un'aria da bambina adorabile mentre mi guarda sgranando gli occhi.

-Che vuoi, Legolas?- Ribatte bruscamente, allontanando la mia mano dai suoi capelli con uno schiaffo al braccio. Sorrido per niente intimidito, e ho l'impressione che si senta a disagio.

-Ti ricordo che mi devi delle spiegazioni- incassa il colpo senza fiatare, ma alza gli occhi al cielo.

-Ti ricordo che mi devi delle scuse- sbuffo sorpreso, incrociando piano le braccia quando lei si volta senza tanti complimenti, verso la sua cavalla. Mi muovo con cautela. Non voglio rischiare di avere fitte alla spalla, dopo che sono stato ferito. O meglio... non voglio averne davanti a lei.

-E per cosa, sentiamo?

-Mi hai sbattuta a terra.

-Mi hai aggredito.

-Mi hai quasi fatta svenire!

-Mi hai puntato un pugnale alla gola.

-Mi hai messo la mano sulla gamba!

-E tu mi hai graffiato- dico trattenendo un sorriso. Ricordo bene la faccia che fece in quel momento, e credo che anche lei se lo ricordi, quel momento. E pensare che l'avevo solo sfiorata...

Sento che respira profondamente e vedo le sue spalle alzarsi e abbassarsi notevolmente. Mi avvicino ancora di più, finché non c'è solo un sottile velo d'aria che ci separa. Vedo dalle nocche bianche delle sue mani strette sul legno che se n'è accorta, ma mi piace troppo provocarla.

-Mmm... Legolas, se non vuoi un pugno in faccia ti conviene tenere le distanze- dice la sua voce fredda. Scoppio a ridere. Non riesco ad evitarlo. E' così strana, questa situazione... lei si volta di scatto e i suoi capelli mi sfiorano.

-Perché stai ridendo di me?- Chiede seccata.

Scuoto la testa sorridendo.

-Non sto ridendo di te...

Alza un sopracciglio e ricambio con un sorriso malizioso. Arrossisce appena, e noto che sulle guance ha piccole, quasi invisibili lentiggini.

-Comunque... lasciando perdere il nostro assurdo battibecco, mi piacerebbe davvero sapere per quale motivo mi stavi attaccando.

Esita solo un secondo prima di rispondere.

-Eri nel mio territorio. Non sapevo chi eri né se avevi cattive intenzioni. Meglio non rischiare- dice laconica. La guardo sorpreso.

-Nel tuo territoio?

Sbuffa visibilmente incazzata e dentro di me gioisco. La sto facendo arrabbiare!

-Di Ronim, è uguale.

-Mmm. Certo. Scusami, davvero non capisco. Attacchi uno sconosciuto anche se non sei sicura delle sue intenzioni? E poi che ne sai se è più forte di te? Infatti ti ho stesa subito.

-Ero piccola- ribatte fissandomi con astio, le sopracciglia inarcate.

-Lo sei anche adesso. Quanti anni hai? Sedici? Diciassette?

-Diciotto- sibila avvampando di frustrazione.

-Non fa differenza.

-Invece sì.

La guardo serio.

-Per me, no. Sei una neonata al mio confronto.

-Perché scusa? Quanti anni hai?

-Diciamo... verso i tremila.

Sgrana gli occhi celesti, esterrefatta.

-Cosa?

Non rispondo ma mi volto e inizio ad allontanarmi. Lei non mi ferma, forse è meglio così, dato che ho l'impressione che stia per esplodere. A causa mia, penso con un sorrisetto. Esco dalla stalla e il sorriso scompare, sostituito da una smorfia di incredulità. Come mai mi sto comportando così? Non lo so... di solito non mi diverto a stuzzicare la gente, ma con lei è un'altra cosa. Così testarda, orgogliosa, fedele... facile da far innervosire. Forse voglio vedere fino a che punto riuscirà a reggermi...


Savanna:


Sì, mi ha letteralmente fatta uscire di testa, perciò tutti tranne lui si stupiscono quando, di primo pomeriggio, quando finalmente Ronim è uscito dal suo maledettissimo studio ed è apparso sulla soglia del salotto mi alzo, lo afferro per un braccio, e sotto gli occhi attoniti e divertiti dei tre lo trascino di nuovo via. Attraverso la cucina comunicante col salotto e dall'altra parte col corridoio dove ci sono le porta dello studio, della piccola armeria, della sala di esercitazione con le armi e un piccolo ripostiglio. Mi chiudo con forza la porta alle spalle e fisso imbronciata il mio maestro. Si passa una mano tra i folti capelli neri con qualche striatura argentata, sospirando.

-Savanna, quando fai così hai qualcosa che non va, cosa è successo?

-Io. Non. Sopporto. Quel. Maledetto. Elfo!-Alzo la voce, e lui mi fa segno di abbassarla.

-Lo so che non ti sta simpatico, ma non possiamo mandarlo via, in fondo è un principe, non ti ha uccisa quando poteva, tre anni fa, e poi, be', è ferito- conclude infine.

Lo fisso senza capire. -Come, ferito?

Ronim mi guarda sorpreso.

-Vanny, è ferito, non te l'ha detto?

-No!- Mi schiarisco la gola, imbarazzata, visto che la mia voce è diventata più acuta... il mio mentore mi fissa prima sconcertato, poi sospettoso e infine divertito.

-Vanny, mica ti starai prendendo una cotta per lui, spero...

Sento il volto diventare di fuoco e Ronim ridacchia soddisfatto.

-No!!

-Bene allora... porta pazienza mia cara...

Sospiro e annuisco, poi mi volto e sovrappensiero vado in camera mia a prendere il pugnale. Sempre lo stesso fedele amico che ho sempre avuto. Mi ci sono affezionata. Comincio a pulirlo con cura.


AnGoLo DeLl'AuTrIcE:
Allora! Buongiorno a tutti! Per prima cosa ringrazio chi leggerà e magari lascerà una recensione per farmi sapere che ne pensa di questa storia. :) Secondo... be', ditemi se devo continuare a scrivere questa ff oppure no, secondo voi. Confesso che è un po' un esperimento perché non ho mai scritto niente sul Signore degli Anelli e mi sembra un po' difficile rappresentare i personaggi come hafatto Tolkien... quindi scusatemi se modifico un po' i caratteri.
Poi... be', qui siamo a Valinor, e be' Haldir è sopravvissuto alla guerra. Non mi è piaciuta la sua morte...
Fatemi sapere che ne pensate!
Baci,
Anna

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Capitolo 3
*** Capitolo Due: Di questo passo mi farai impazzire ***


Il giorno dopo mi sveglio all'alba. Mi alzo, mi lavo e mi vesto e scendo al piano di sotto. Prendo il mantello e lo indosso, ma proprio mentre faccio un passo verso la porta sento una mano calda e delicata afferrarmi il polso. Oh dio mio. Il cuore prende a battere più forte, mentre mi volto e incrocio i suoi bellissimi occhi color del cielo. La prima cosa che esce dalla mia bocca è una domanda tanto idiota da farmi desiderare di sprofondare sotto terra.

-Non dormi?

Legolas ridacchia a quella mia uscita, ma non sembra scomporsi più di tanto.

-Gli elfi non dormono, Savanna.

-Oh... ma allora non riposate mai?- Chiedo curiosa, scacciando in un angolo della mente una vocina che mi incita ad uscire e controllare i confini della montagna.

-Be'... qualche volta sprofondiamo in uno stato di dormiveglia, ma non ci addormentiamo mai del tutto...- mi spiega con un sorriso dolce.

-Quindi non sognate?- Chiedo, rattristata al pensiero. Un'ombra di malinconia scende sul suo sguardo blu.

-No... non conosco i sogni.

Resto in silenzio, sentendomi dispiaciuta per lui, ma cambia discorso, dopo qualche istante in cui ci guardiamo negli occhi.

-Dove vai, così presto?- Mi chiede curioso.

Mi irrigidisco appena, ma i suoi occhi sono sinceri... curiosi.

-A controllare.

-Il tuo territorio?- Mi punzecchia, mentre esco dalla casa, seguita dal suo passo leggero.

Sorrido, invece di arrabbiarmi. Ho deciso che non me la prenderò oggi, ieri stavo per staccare la testa a qualcuno e non voglio essere così nervosa solo perché lui mi provoca.

-Mmm, sì, il mio territorio- confermo con voce affabile, entrando nella stalla. Vado da Mitya e la sello velocemente, mentre lui mi guarda appoggiato alla parete, in silenzio.

-Posso venire con te?

Lascio perdere la sella e lo guardo da sopra la groppa di Mitya, a bocca aperta.

-Stai scherzando?

Scuote la testa, le labbra rosee arricciate in un sorriso a malapena trattenuto. Guardo i suoi profondi occhi blu e vengo scossa da un brivido.

-Ma non sei ferito?

Fa una smorfia di disappunto alla mia domanda e sbuffa.

-Sì. Ma non importa, ho sopportato ben peggio.

Resto zitta, senza sapere cosa dire. Non voglio portarlo con me, se è ferito (anche se non so che cos'ha) potrebbe stare male dato che cavalcheremmo tutto il giorno... e poi è insopportabile! Però è forte ed è un elfo, comunque conoscerebbe alcuni incantesimi di guarigione se la ferita peggiorasse. E... dai... devo ammetterlo, oggi non ha ancora iniziato a farmi impazzire. Mentre rifletto rapidamente non mi accorgo che fa il giro di Mitya e mi arriva accanto. Sussulto sorpresa quando sento la sua mano afferrare con dolcezza una ciocca dei miei capelli. Lo guardo e il mio cuore perde uno, due battiti, mentre mi perdo in quel blu meraviglioso dei suoi occhi...

-Per favore- mormora chinandosi in modo da potermi vedere meglio. E' più alto di me, e molto. Respiro piano, con la sensazione di avere qualcosa che non va. Perché quando mi sta così vicino mi sento intimidita? Non mi fa paura. Sospiro profondamente. Non l’avessi mai fatto! Inspiro il suo profumo dolce e rabbrividisco, appoggiandomi alla cavalla.

-Oh, Legolas, no...

-Perché?- Mi chiede corrucciato, e incrocia le braccia fissandomi imbronciato.

Per poco non gli scoppio a ridere in faccia, sembra un bambino che fa i capricci.

-Ti ricordo che qui sei a casa mia, quindi io faccio quello che voglio, tu no- lo rimbecco, e vedo un lieve rossore spargersi sulle sue guance. Sta arrossendo? Nooo! Davvero? Va bene, la pianto. Mi volto e con un salto faccio leva sulle braccia e in men che non si dica sono in groppa a Mitya. Prendo in mano le redini, ma prima che possa far muovere la mia cavalla una mano mi afferra la caviglia. Mi trattengo dal ficcare nella sua non adorabile testolina efica il mio pugnale e mi volto a scoccargli un’occhiataccia fulminante.

-Legolas, lasciami andare, non avrei la forza di sopportarti per tutto il giorno dato che già adesso mi sto innervosendo e non siamo insieme neanche da dieci minuti!- Sbotto.

Lui ci pensa su un attimo, poi annuisce e mi lascia andare. Lo fisso confusa.

-Che hai, adesso?- Gli chiedo aggrottando le sopracciglia. Lui mi rivolge un sorrisino freddo, ma i suoi occhi sembrano quasi offesi.

-Ti capisco. In effetti non sei neanche tu di tanta gradevole compagnia quando sei così acida.

Resto a bocca aperta, infuriata. Senza pensarci neanche lascio le redini, passo la gamba destra sopra la groppa di Mitya e salto giù, furente. Lui alza un sopracciglio, ma quando mi avvicino a lui indietreggia, continuando a fissarmi. Gli punto un dito contro.

-Senti un po’, principino dei miei stivali! Qui sei a casa mia, non hai il diritto di parlarmi in questo modo!- Sbotto infuriata. In quel momento la sua schiena sbatte contro la parete di pietra alle sue spalle. Legolas continua a fissarmi senza dire niente. Io lo fisso, lui mi fissa, io arrabbiata da morire, lui quasi dispiaciuto ma pure divertito.

-Savanna, sinceramente stavo solo scherzando- dice tranquillo.

Incrocia le braccia e mi fissa dall’alto della sua altezza. Di nuovo rischio di affogare nel blu dei suoi occhi. Mi metto le mani suoi fianchi, ancora indispettita, ma con quelle semplici parole mi ha calmata quasi del tutto.

-Meglio per te- ribatto con una voce che persino alle mie orecchie risuona infantile.

Mi volto e, mentre sto per salire di nuovo su Mitya, sento ancora la sua voce raggiungere le mie orecchie. Sto per sbuffare quando mi accorgo che la sua voce adesso è quasi dolce.

-Posso aiutarti?

Oddio, mi verrà mal di testa a furia di girarmi di qua e di là, ma non posso fare a meno di guardarlo.

-Credo di farcela anche da sola- rifiuto. -Grazie- aggiungo qualche istante dopo.

Vedo che sorride timidamente, e mi appare diverso dallo sbruffone che ho sempre pensato che sia. Forse è una parte del suo carattere che non conosco. Peccato, perché mi piace molto di più dell’altro Legolas...

-Tutto bene?

Mi riscuoto rendendomi conto che lo stavo fissando imbambolata. Arrossisco imbarazzata.

-Ehm... sì, grazie.

Adesso basta, devo andarmene prima di fare o dire qualche sciocchezza! Monto in sella e Legolas mi precede lungo il corridoio della stalla. I cavalli dei miei ospiti sono svegli, e l’elfo accarezza velocemente il muso di uno di loro, un cavallo candido, prima di uscire dalla stalla. Nel prato, mi volto a guardarlo e mi accorgo che i suoi lisci capelli biondi sembrano quasi risplendere alla luce del sole mattutino.

-Ci vediamo più tardi?- Domando inutilmente. Tanto starà qui per due settimane! Certo che lo rivedrò quando torno!

Ma lui non la prende come una domanda scontata e mi sorride.

-Sì. Buon controllo allora- gli sorrido in risposta e sprono Mitya. Controllo? Se sapesse che razza di bugia gli sto dicendo...

 

Legolas:

 

Verso sera sono in compagnia di Aragorn, ad annoiarmi, quando il mio amico ha un’idea.

-Senti, Legolas, è chiaro che ti stai annoiando e sei nervoso. Perché non vai ad allenarti col tuo arco? Non ce la faccio più a vederti con quell’espressione!

Alzo lo sguardo, sorpreso, e guardo Aragorn negli occhi. Lui ricambia il mio sguardo con fermezza.

-Che espressione?

Mi guarda contrariato, mentre giocherella con il pugnale.

-Ecco, vedi! Non ti rendi neanche conto di che faccia hai! Sembra che ti abbiano ficcato una spada nel braccio- dice. Sorrido.

-Cosa che in effetti è vera- gli faccio notare. Alza gli occhi al cielo ma non demorde.

-Lo sai cosa intendo!

Torno a guardare accigliato il prato davanti ai miei occhi. Siamo seduti davanti alla casa di Ronim, a guardare la vallata sotto di noi. Osservo il nastro scintillante e argentato di un fiume che scompare sinuosamente nel bosco lontano giorni e giorni da questo posto.

-Gimli non sarebbe felice di vederti in queste condizioni- rincara Aragorn. Mi trattengo dall’alzare gli occhi al cielo. Ha deciso di tormentarmi all’infinito?

-Gimli non sarebbe felice di vedermi neanche se gli portassi litri di quelle birre deliziose che fanno nel villaggio vicino al porto- scherzo, e finalmente riesco a strappargli una risata.

-Su quello ho qualche dubbio, amico mio- sorrido e guardo le vette delle montagne alla mia destra, oltre le spalle di Aragorn.

Chi pensava che Valinor fosse così bella... completamente diversa dalla Terra di Mezzo, senza alcun dubbio. Qui non ci sono guerre e distruzioni, solo pace e amicizia. Tranne per qualche scaramuccia ogni tanto fra briganti. Ricordo la mia sorpresa e la mia gioia nel scoprire anche Aragorn e Arwen, quando raggiunsi Valmar, la città più importante del Reame Beato. Mi sforzo di ascoltare di nuovo il mio amico, riemergendo dai ricordi.

-Non hai notato qualcosa di strano in quella ragazza?

-Io sì- interviene Haldir, raggiungendoci. Si siede sull’erba con grazia, formando un triangolo.

Li guardo senza capire.

-Che state dicendo?

Haldir mi fissa con i suoi occhi penetranti.

-Secondo me vi siete già incontrati. Hai visto come è impallidita quando ti ha visto?

Faccio cenno di no con la testa anche se l’ho notato eccome. Poi prosegue Aragorn.

-E sembra che nascondano qualcosa, lei e Ronim.

Scrollo le spalle e continuo a guardare il paesaggio davanti ai miei occhi.

-Comunque sia, non credo che c’interessi. Siamo loro ospiti, non possiamo iniziare a infastidirli, soprattutto quando potrebbero cacciarci mentre sta per arrivare l’inverno- dico tranquillamente, ma dentro sto iniziando a preoccuparmi.

Intuisco che i due si lanciano un’occhiata rassegnata, sapendo che è impossibile convincermi del contrario, e sorrido.

-Come vuoi- sospira Haldir. Poi sento che sogghigna. -Oh, ecco che arriva la tua bella. Ti lasciamo solo- mi prende in giro, e con Aragorn si volta e se ne vanno lasciandomi solo e con una rispostaccia incastrata in gola.

Sospiro profondamente e vedo che Savanna sta galoppando velocemente verso la casa. Penso che stia andando verso le stalle, ma poi mi accorgo che sta venendo verso di me. Riesco a vedere un sorriso raggiante che le illumina il viso grazioso. Fa rallentare Mitya finché, a pochi metri da me, si ferma. Mi alzo in piedi e mi avvicino, mentre lei mi osserva.

-Buonasera- la saluto facendo un piccolo inchino nella sua direzione.

Scoppia a ridere e alza la gamba per scendere dalla cavalla.

-Buonasera, principe. Come state?- Ricambia con un sorriso. Salta giù e atterra con leggerezza al suolo, ma allungo istintivamente un braccio per sostenerla, anche se non ne ha bisogno. Mi guarda stupita, ma non allontana la mia mano dal suo braccio.

-Legolas?

Le indirizzo un sorriso che nasconde il mio imbarazzo.

-Scusami, è che sono abituato con Gimli, che appena sale su un cavallo casca a terra.

Accetta di buon grado le mie spiegazione mentre posa una mano sul collo caldo di Mitya e cammina lentamente verso le stalle.

-Gimli?

-Sì, è un mio amico... è un nano- aggiungo. Inclina la testa verso l’alto per riuscire a guardarmi in faccia. E’ scettica, non mi crede.

-Un nano? Ma scusa, gli elfi e i nani mica si odiano?

-Be’... diciamo che i rapporti si sono un po’ distesi negli ultimi secoli...

Annuisce, ma non mi crede. Le rifilo un buffetto sul braccio e mi guarda, fingendosi offesa.

-Ehi! Non si picchiano le donne!- Scherza.

Mi paro davanti a lei, impedendole di continuare a camminare. Mi chino fino ad arrivare a un centimetro dal suo volto, e lei arrossisce, ma sostiene il mio sguardo con quei suoi occhi celesti che mi catturano ogni volta che li incrocio.

-Mi par di capire che ti ho già picchiata tre anni fa.

Avvampa e mi rifila una botta al petto, che però non mi fa neanche indietreggiare.

-Ma bastaa! La finisci con questa storia?!

Rido e mi rialzo, togliendomi da davanti a lei, che torna a camminare.

-Comunque, prima o poi ti farò conoscere Gimli.

-Com’è?

A quel punto inizio a raccontarle un paio di anneddoti divertenti. Come, per esempio, la gara delle birre... scoppia a ridere quando le racconto tutte le scemenze che si è lasciato scappare mentre era ubriaco, mentre toglie i finimenti a Mitya. Quando finisco di parlare restiamo un po’ in silenzio, mentre lei accarezza lentamente il pelo morbido della sua amica.

Aggiro la cavalla e vado dall’altra parte ad accarezzarla. Savanna mi guarda di sfuggita per poi tornare a guardare le sue mani che percorrono la groppa calda della giumenta.

Mi piace guardarla. Non ho la minima idea del perché, ma mi sento tranquillo con lei. Penso a qualcosa per stuzzicarla un po’, ma in questo momento non mi viene in mente niente. Mentre penso non mi sono accorta che lei ha notato che la sto guardando. Mi fissa a lungo, ma io sono così assorto che in realtà neanche vedo il suo viso arrossato. Sussulto e mi riprendo solamente quando sento delle dita piccole sfiorare la mia mano. Sbatto le palpebre e torno alla realtà. Savanna evita di guardarmi, e mi lascio scappare di bocca la prima cosa che mi passa per la testa.

-Sai che sei adorabile quando arrossisci?

Alza lo sguardo di scatto, trafiggendomi con i suoi occhi arrabbiati. Trattengo un sorriso.

-Scusa?!

Alzo un sopracciglio, mentre lei probabilmente pensa a quanto sarebbe bello infilzarmi con il suo pugnale.

-Ho detto che sei carina quando arrossisci.

Sbuffa e si gira, uscendo dalla stanza estremamente seccata. Forse spera di liberarsi di me, ma io la seguo e continuo a guardarla divertito.

-Non sono carina.

Tocca a me guardarla scettico mentre usciamo all’aria aperta.

-Sì, invece.

Si ferma di botto e per poco non le vado addosso, ma mi fermo in tempo. Incrocia le braccia.

-Aspetta, ma stiamo parlando del mio aspetto o del fatto che sono adorabile?- Lo dice come se fosse una brutta cosa. Alzo le spalle.

-Probabilmente di tutte e due. Non lo so.

Alza gli occhi al cielo, ma intravedo un sorriso nascere sulle sue labbra piene.

-Legolas, di questo passo mi farai impazzire, lo sai?

Sorrido, e lei sbatte le palpebre.

-Lo so, ma mi piace troppo.

Sbuffa e rientra in casa, e, ovviamente, la seguo.


AnGoLo DeLl'Autrice:
Buongiooorno problemi risolti! Allora... che ne pensate di questo capitolo? 

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Capitolo 4
*** Capitolo Tre: Me ne pentirò... ma più tardi ***


Quella sera ci raccogliamo nella sala, dopo la cena che ha preparato Savanna. Ronim ha disposto varie poltrone in semicerchio davanti al camino, così da poter parlare tranquillamente e poter vederci in faccia grazie alla luce del fuoco. Io prendo posto sulla poltrona verde davanti a quella rossa di Ronim, mentre Haldir è accanto a me. Ad Aragorn spetta quella di fronte al camino. Ronim prende in mano una pipa e comincia a fumarla.

-Allora- chiede dopo pochi istanti. -Come state?

Prende la parola Haldir.

-Bene, grazie, Ronim. La ringraziamo ancora di averci ospitati.

-Ah, sciocchezze- fa quello, sventolando una mano. -E’ un piacere! E ormai eravamo soli da così tanto tempo che perfino io mi annoiavo, figuratevi mia figlia.
Sorridiamo, e la diretta interessata spunta dalla cucina, marciando minacciosa verso la poltrona rossa che le dà le spalle. Si appoggia e sporge la testa in avanti, mentre i suoi lunghi capelli scuri ricadono sulla testa di Ronim, che alza lo sguardo sorpreso.

-Cos’hai detto alle mie spalle? Non è educato parlare male di qualcuno se non davanti a lei- soffoco una risata, mentre Ronim si prende la sua rivincita soffiandole il fumo della pipa in faccia. Lei si allontana di scatto con un’espressione disgustata dipinta sul volto.

-Ma che schifo, Ronim! Sai che non lo sopporto!- Protesta, e lui ride, per poi attirarla a se posandole un braccio attorno alla vita e facendola sedere sulle sue gambe.

-Zitta e non interrompere, adesso.

-Bau- replica lei, facendo finta di essere un cane, e Aragorn scoppia a ridere. Lei lo guarda divertita mentre suo padre alza gli occhi al cielo. Con una specie di morsa al petto noto che le brillano gli occhi mentre guarda il mio amico. Stringo i denti, mentre mi sento assalire da una specie di sentimento acido che non riconosco. Lentamente inspiro e ancora più lentamente butto fuori l’aria, senza fare nessun rumore. Savanna continua a guardare Aragorn, rifugiata tra le braccia di Ronim, che ha appena fatto una battuta divertente alla quale ridono tutti. Abbozzo un sorriso, giusto per salvare l’apparenza, ma sento una mano afferrarmi con forza e discrezione il braccio. Getto un’occhiata a destra e vedo il volto impassibile di Haldir avvertirmi con un’occhiata. E’ sempre stato bravo a captare le minime reazioni altrui, e credo che da quando siamo qui e ho iniziato ad avvicinarmi a Savanna abbia iniziato a concentrarsi in particolare su di me. Gli rivolgo un sorriso forzato che capisce al volo, poi torno a guardare davanti a me. Il mio sguardo viene attirato nuovamente dalla ragazza. Ma è possibile che agisca su di me in questo modo?! E’ come se fosse una calamita...

E’ rilassata e la sua testa è appoggiata contro il petto di Ronim. Mi accorgo che lui mi sta guardando con gli occhi socchiusi, e faccio del mio meglio per non cedere al suo sguardo e tornare a guardare sua figlia. Mi sta studiando, e non si preoccupa di nasconderlo, mentre Savanna chiacchiera con Aragorn. Dopo un po’ faccio caso alle loro parole.

-... e avresti dovuto vedere la faccia che ha fatto Gimli quando l’ha visto saltare giù dall’Olifante- sta raccontando il re, e in quel momento la sua ascoltatrice mi getta un’occhiata interessata e un sorriso luminoso, reso ancora più bello dalla debole luce delle fiamme che le illuminano il volto. -Non aveva neanche un capello fuori posto, mentre Gimli aveva abbattuto qualche orco e aveva già il fiatone. Alla fine ha urlato: “Comunque vale per uno!”- Continua Aragorn, imitando la voce del mio amico nano.

Savanna scoppia a ridere e mi guarda sorridendo.

-Legolas, il tuo amico sembra davvero simpatico. Sappi che attenderò con ansia il momento in cui me lo presenterai- dice con un sorriso, e a quelle parole vedo Ronim gettarle un’occhiata basita, sbuffando una nuvola di fumo verso l’alto. Le batte dolcemente una mano sulla spalla.

-Vanny, per favore, accompagni il principe, il re e il comandante a fare una passeggiata? Mi sembrano un po’ tesi, magari quel posto che sai- dice alludendo a qualche posto e sorridendo con complicità alla figlia, -riuscirà a farli rilassare un po’.

Lei lo guarda per un secondo, poi annuisce e si alza, guardando verso Aragorn. Di nuovo stringo i pugni per trattenermi.

-Ronim, grazie per la generosa offerta, ma sono un po’ stanco e preferisco andare a riposare- dice Aragorn. Sto fissando il volto di Savanna e mi accorgo benissimo del lampo di delusione che illumina i suoi occhi limpidi e celesti alle parole del mio amico.

Ronim tuttavia annuisce comprensivo.

-Certo, Aragorn, hai passato tutto il pomeriggio ad allenarti con la spada. Haldir, tu cosa preferisci fare?

-Declino anche io l’offerta, ma grazie mille. Devo discutere di una questione piuttosto importante con Aragorn- dice alzandosi. Aragorn gli si affianca ed entrambi mi salutano.

-Ci vediamo più tardi, Legolas- annuisco alzandomi a mia volta, e prima di sparire sulle scale Haldir ammicca nella mia direzione. Trattengo un sorriso e guardo Savanna, che mi si avvicina.

-Andiamo- dice, e si avvia verso la porta con passo rapido.

La seguo e ci ritroviamo fuori all’aria aperta. Il calore della casa ci lascia, rimpiazzato da una brezza fresca che agita i suoi lunghi capelli scuri che si confondono nella notte. Il cielo blu è trapuntato di numerose stelle luminose, e guardandole mi accorgo della loro somiglianza con i suoi vivaci occhi. Hanno la stessa luce rassicurante.

-Legolas? Vieni?

Mi riscuoto e chino la testa. Savanna è sulla porta delle stalle e mi guarda curiosa. Mi avvicino a lei, che sorprendentemente non si sposta, neanche quando siamo decisamente troppo vicini. Continua a guardarmi e io guardo il suo volto rosso d’imbarazzo.

-A chi stavi pensando?- Sussurra, la voce così lieve che solo grazie al mio udito elfico riesco a sentirla. Accenno un sorriso, incrociando le braccia.

-Chi ti dice che stavo pensando a qualcuno?

Alza gli occhi al cielo e indietreggia, voltandosi. La seguo mentre arriva davanti a Mitya.

-E’ ovvio.

-Davvero? E come fai a dirlo?- Sento che sbuffa piano, ma decide di rispondermi.

-Quando si guardano le stelle con lo sguardo che avevi... che hai... di solito si pensa a qualcuno a cui si vuole bene- la sua voce è afflitta, ma per capire bene dovrei vederla in faccia, cosa che non posso fare, visto che è girata di spalle mentre si avvicina alla cavalla e la accarezza un paio di volte prima di dirigersi verso la sella.

-Ti dispiace se andiamo solo con lei? In due sarebbe più lungo sellarli- mi chiede.

Con un passo le sono alle spalle e la intercetto passandole un braccio attorno alla vita. Sussulta, e la faccio voltare verso di me, chinandomi all’altezza del suo volto viola dall’imbarazzo. Le sorrido dolcemente.

-Invece facciamo una cosa.

-Cosa?- Mormora con voce strozzata.

-Fidati di me.

 

Qualche minuto dopo stiamo cavalcando nella foresta silenziosa e buia. Lei è seduta davanti a me, ma la tengo stretta con un braccio attorno alla vita per impedirle di cadere. Mi ha detto che non ha mai cavalcato senza sella, ed è la prima volta per lei. Per me, invece, è tutto naturale. E’ rigida e nervosa, ma ha deciso di fidarsi di me, lasciandomi il controllo della cavalla. Quella consapevolezza mi fa sorridere. Mentre procediamo con lentezza lungo un sentiero, per darle la possibilità di adattarsi, sentiamo i rumori del bosco diminuire e aumentare mentre passiamo. Dopo vari minuti, mi accorgo che Savanna si sta rilassando. Mentre il rumore degli zoccoli di Mitya risuona attutito dalla terra battuta del sentiero, sento stupito che la ragazza appoggia con cautela la schiena control di me. Abbasso lo sguardo e lei piega la testa verso l’alto, guardandomi. Restiamo così per qualche secondo, mentre un vago sorriso si fa strada sulle mie labbra.

-Buonasera- mi esce dalla bocca, e lei mi sorride ridacchiando.

-Buonasera, signor principe.

-Come sta andando il vostro viaggio, dolce signorina?- Continuo a scherzare.

Increspa le labbra in una smorfia.

-Devo proprio ammettere che voi siete davvero comodo. Molto meglio di Ronim, se posso dirlo- la guardo sorpreso. Sta scherzando o no?

Mi sorride e torna a guardare davanti a se. Anche io faccio più attenzione alla strada, e in quel momento lei mi indica di prendere un sentierino sommerso e nascosto da erbacce e piante. Schivo un ramo chinandomi e facendo piegare in avanti Savanna, che per un attimo entra nel panico, aggrappandosi al mio braccio attorno a lei.

-Ehi, ehi, calma, non ti lascio andare- mormoro sorpreso dalla sua reazione. Annuisce rapidamente e si rifugia di nuovo contro di me.

Dopo vari minuti di silenzio Mitya sbuca alla fine del sentierino e io resto a bocca aperta.

davanti a noi c’è un’ampio lago di montagna. Noi siamo sulla riva più in alto, coperta di erba e qualche passo di distanza dall’acqua anche da alberi. L’acqua placida e tranquilla scende lungo il pendio formando delle dolci cascatelle gorgoglianti a pochi metri dalla riva. E, inoltre, davanti noi, oltre al lago, gli alberi del pendio e il resto della montagna, si riesce a vedere in lontananza varie luci. Di un villaggio. Savanna scende da Mitya, e io non me ne sarei neanche accorto se non fosse che sento la mancanza del suo corpo esile contro di me. Mi volto a guardarla stupito e mi accorgo che sta sorridendo.

-Allora?- Mi canzona. -Vi piace, sommo principe degli Elfi?

Scendo dalla cavalla con un salto e in un paio di passi le sono addosso. La prendo tra le braccia e la sollevo mentre lei strilla, aggrappandosi alle mie spalle. Mi avvicino velocemente all’acqua, mentre lei si dimena inutilmente tra le mie braccia.

-Legolas, che diam...

-Chiedimi scusa- la interrompo. Assumo un’espressione sadica, ma tuttavia non è quello che provo. Sento un dolce divertimento scaldarmi il petto.

-Che?! E perché?!- Chiede con gli occhi sgranati, aggrappandosi ancora più forte alle mie spalle. Accidenti... dico la prima cosa che mi viene per la testa.

-Per aver guardato Aragorn in quel modo- la vedo trattenere il respiro e mi blocco. Che diamine sto dicendo?!

Savanna:

 

Oddiooddio... ma l’ha detto davvero?! Lui continua a fissarmi impassibile, mentre trattengo bruscamente il respiro e il mio cuore prende a battere a mille. Sento le guance andare a fuoco, ma non credo che se ne accorga con questo buio.

-Cosa?- Mormoro mentre, insieme al battito del cuore, sento aumentare anche la speranza.

Mi rivolge un sorrisino malizioso.

-Aragorn è sposato e ha figli, non credo che a sua moglie farebbe piacere sapere come lo stavi guardando.

Bum. Stavolta quella maledetta speranza e il maledetto battito del mio cuore muoiono assieme. Cerco di trattenere la delusione, ma è così tanta, così grande, che non ci riesco. La sento percorrermi e penetrare nelle vene, prendendo il posto del sangue, dell’aria che respiro, risalire in una massa calda lungo la gola. Sto per mettermi a piangere... no, non davanti a lui.

-Io non guardavo Aragorn in nessun modo- dico stizzita, e mi agito per tornare a terra, ma le sue braccia sono d’acciaio, non ci riesco.

-Come no- replica sarcastico, ma si china e mi lascia. Mi siedo sull’erba di fianco a lui, portando le gambe al petto e circondandole con le braccia. Poso il mento sulle ginocchia mentre lui si siede accanto a me con le gambe incrociate.

-E poi perché dovrebbe importarti?- Replico cercando di trattenere le lacrime. Mi sto arrabbiando, perché mi viene da piangere?!

Lo sento sospirare.

-Te l’ho appena detto. Voglio bene ad Aragorn e ad Arwen.

Altra coltellata nel cuore. Voglio bene ad Arwen. Ma vai, va’... stupido elfo del cavolo. Stupida Arwen. Una vocina mi dice che le sue parole non significano nulla, che vuole bene a questa Arwen perché è la moglie di un amico, ma la caccio via. Poi, perché dovrebbe importarmi? E’ antipatico, Legolas. No, non è vero che è antipatico.

Sbuffo e sento che mi guarda ma continuo a fissare le luci del villaggio ai piedi della montagna. In quel villaggio sono cresciuta ed è successa la tragedia... mi riscuoto dai ricordi prima che possano trascinarmi via in un vortice di dolore sentendo la voce di Legolas parlare.

-Savanna, hai freddo?

Il cuore mi balza in gola a sentirlo pronunciare il mio nome con la sua voce musicale e dolce. Mi rendo conto che mi ha fatto una domanda dopo qualche secondo. Ah. Si è levato un venticello leggero, ma basta per iniziare a farmi tremare di freddo. Rimpiango di non aver preso il mantello.

-Savanna, mi rispondi? Stai bene?

-Mm... sì, sì sto bene- dico, ma lui continua a fissarmi. Sento che sospira.

-Ma hai freddo?

-Un po’.

Oh merda... mi rendo conto delle conseguenze della mia risposta un istante dopo, quando sento che lui si avvicina e mi cinge la vita con un braccio, costringendomi con dolcezza a posare la testa sul suo petto. Respiro piano ma non serve a nulla, il suo odore dolce mi fa girare la testa. Quasi non mi accorgo che mi sta sollevando per farmi mettere in braccio a lui, proprio come ho fatto prima con Ronim. Chiudo gli occhi, cullata dal suo abbraccio caldo, e poso la mano sul suo addome. Ah, lo so che me ne pentirò, lo so benissimo... ma più tardi. Adesso voglio solo stare zitta e lasciarmi riscaldare da lui.


AnGoLo DeLl'AuTrIcE:
Gionborno a tutti! Che ve ne pare di questo capitolo? Vi avviso, mentre lo scrivevo ascoltavo canzoni dolci quindi è venuto fuori così! Vi piace? Aspetto qualche recensione! Baci! Anna

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Capitolo 5
*** Capitolo Cinque: Un'ospite inaspettato ***


Chiudo la porta della casa e guardo Legolas, fulminandolo con un’occhiataccia. Gli indico le scale mentre lui mi guarda con un sorriso strafottente sulle labbra e le braccia incrociate sul petto. Il petto dove ho passato due ore a dormire... aaah, non devo pensarci!

-Fila a dormire, ora!- Sibilo. Lui inclina la testa e mi guarda come un bambino guarda una mamma che non si impegna a sgridarlo.

-Io non dormo- mi fa notare. Oddio, quanto vorrei fargli sparire quel sorriso dalla faccia... -Al contrario di qualcuno che si è addormentata tra le mie braccia- rincara allegramente.

-Dovevi svegliarmi, idiota!

Sbuffa divertito, avvicinandosi di un paio di passi.

-Ti stai innervosendo, Vanny?

Sono calma... sono calma... no non lo sono affatto!!!

-Non mi chiamare così! E poi non sono nervosa!- Dico raddrizzando la schiena, ma niente da fare. E’ una ventina di centimetri più alto di me, uffa!

-No, appena.

Perdo definitivamente la pazienza e mi avvicino, andandogli quasi addosso. Lo guardo seria.

-Legolas, finiscila. Vai in camera tua, ora. Non mi importa se dormi, se stai sveglio, ma muoviti!- Così dicendo poso le mani sul suo petto e gli do una spintarella. Non si muove di un centimetro. A quel punto provo a pregarlo, sperando che Ronim non sia ancora sveglio.

-Ti prego, Legolas, vai! Per favore!- Lo imploro, e lui, riluttante, fa un passo indietro.

-E va bene- dice dopo qualche secondo. Poi gli torna il sorrisino.

-Ci vediamo domani, Vanny! Cioé, più tardi!

E sparisce, prima che gli tiri addosso un libro che ho a portata di mano.

Sospiro profondamente, accasciandomi sulla poltrona, e mi prendo la faccia tra le mani. E’ piena notte, e io ho passato ore a dormire abbracciata a lui, nella radura. Ma come ho fatto?! Sento un rossore poco familiare spargersi sulle mie guance.

-Savanna?

Sobbalzo a quella voce e alzo la testa. Oh no! Ronim mi sta fissando dalla porta della cucina, appoggiato allo stipite della porta. I suoi occhi di ghiaccio, stranamente intensi, mi fissano, e le sue labbra sorridono appena, anche se è serio. In pochi passi si appoggia allo schienale della sua poltrona rossa.

-Perché avete fatto così tardi?

Avvampo, intuendo subito cosa gli passa per la testa.

-Papà, mi sono addormentata...

Mi guarda scettico, mentre raggira la poltrona e viene verso di me. Si siede sul tappeto rosso, scolorito, a gambe incrociate.

-Davvero?

Sto diventando ancora più rossa, devo piantarla!

-Sì! Eravamo al lago, poi mi sono sdraiata- piccola bugia -e mi sono addormentata. Legolas non mi ha svegliata.

Trattengo il respiro mentre Ronim mi osserva serio. Dopo qualche breve secondo, durato un’eternità, per me, vedo con sollievo che un sorriso si forma sulle sue labbra. I suoi occhi azzurri scintillano.

-Va bene, adesso vai a dormire. Senza deviazioni da qualche principino- aggiunge strafottente. Avvampo e lo supero senza dire niente, viola dall’imbarazzo. Perché anche mio padre ce l’ha con me adesso?

Mentre salgo le scale sento la sua voce dolce augurarmi la buonanotte e sorrido. Anche se riuscissi ad arrabbiarmi con Ronim dopo un secondo lo perdonerei. E’ impossibile tenergli il muso. Le assi di legno scricchiolano sotto ai miei piedi. Procedo lungo il corridoio, disseminato di porte bianche. Sento i miei piedi rallentare in prossimità di quella porta, quella della stanza accanto alla mia.


Legolas:


Sono disteso sul letto a fissare fuori dalla finestra, mentre ascolto Savanna e suo padre parlare al piano di sotto. Un sorriso mi compare involontariamente sulle labbra quando Ronim sfotte sua figlia, ma lo faccio scomparire subito. Con un sospiro mi metto seduto sul letto, guardando fuori dalla finestra spalancata. Mi perdo nei miei pensieri, osservando la grande e pallida luna brillare nel cielo notturno, circondata dai fiochi bagliori delle stelle. Fuori, nel corridoio, sento i passi leggeri della ragazza esitare davanti alla mia camera. Stavolta non faccio nulla per nascondere il sorriso, sapendo che se lei mi vedesse probabilmente riceverei in risposta una frase acida. Ma lei non è qui. Purtroppo... sussulto, rendendomi conto di cosa ho pensato. Ma che mi prende?!

Intanto, mentre farnetico, Savanna è entrata nella sua camera. Sento il fruscio della stoffa dei suoi vestiti, probabilmente si starà cambiando. Poi avverto il suono del materasso che sprofonda sotto il peso di un corpo. Con un sospiro torno sul letto, sdraiandomi. Chiudo gli occhi, ma mentre inizio a sprofondare nel dormiveglia sento la voce fioca della ragazza.

-Buonanotte- sussurra.

Sorrido.

-Buonanotte- mormoro, anche se so che non può sentirmi. Un istante dopo, si addormenta.


La mattina dopo sento bussare ripetutamente alla porta mentre sto ancora riposando. Apro gli occhi e, mentre mi metto a sedere sul letto, Aragorn ed Haldir si precipitano nella mia stanza. O meglio: Aragorn si precipita nella stanza, mentre Haldir lo segue guardandolo rassegnato ed esasperato. Chiude la porta, e intanto il re si è già appollaiato sulla sedia con un portamento ben poco regale.

-Dimmi tutto- esclama.
Lo guardo stupito, mentre Haldir si avvicina, fermandosi al mio fianco e rimanendo in piedi. Il suo sguardo grigio scintilla. Non è un buon segno.

-Che cosa dovrei dirti?

Aragorn sbuffa alzando gli occhi al cielo, mentre Haldir trattiene una risata. Per ripicca gli do una botta sul fianco, senza neanche degnarlo di un’occhiata, ma intuisco che lui mi guarda male.

-Oh, avanti, Legolas! Non far finta di non capire!- Mi rimbrotta Aragorn.

Alzo gli occhi al cielo, alzandomi dal letto. Mi dirigo verso la scrivania di legno, dove c’è una camicia pulita. L’afferro e comincio a infilarmela.

-Seriamente Aragorn, non capisco.

O magari non voglio capire. Fisso attentamente i bottoni mentre lui parla, seccato.

-Legolas Verdefoglia, adesso tu ci racconti quello che è successo ieri sera. Non siamo imbecilli, sappiamo benissimo che sei tornato, anzi siete tornati alle tre di notte.

Ascolto distrattamente Haldir protestare perché Aragorn l’ha tirato in mezzo.

Le loro parole si confondono in una nebbia grigiastra, priva di significato nella mia mente. Il loro battibecco è un ronzare che non interferisce con i miei pensieri, mentre mi rinchiudo in me stesso. Per cercare di assimilare i fatti della sera prima. Nella testa affiorano i dettagli: il suo profumo di bosco, la morbidezza dei suoi capelli e il respiro lento e pesante del sonno. Era così bello stringerla tra le braccia... sembrava così piccola e indifesa, mentre sognava. Chissà cosa, poi. Peccato che non mi sia venuto in mente di leggere i suoi pensieri, i suoi sogni.

-Legolas? Legolas?

Sussulto, riprendendomi. batto le palpebre e vedo Aragorn e Haldir che mi fissano. Distolgo gli occhi dallo sguardo limpido e azzurro del re e guardo la porta, a disagio. Non voglio rispondere alle loro domande, vorrei che quei momenti restassero soltanto nostri...

-Che ne dici se andiamo a fare colazione?

Ringrazio Haldir con un’occhiata e lui ricambia sorridendomi.

Sbuffando, Aragorn si alza e ci precede. Scendiamo di sotto, e troviamo Ronim intento a fissare assorto il camino. Si riscuote quando ci sente arrivare e ci sorride.

-Ben svegliati! Facciamo colazione?

Ci segue in cucina, dove prendiamo posto. Sul tavolo c’è di tutto e di più, ma io mi limito a bere un po’ d’acqua. Ho lo stomaco chiuso. Rassicuro Ronim che non ho fame, che appare un po’ preoccupato. Dopo qualche minuto capisco il perché grazie a una domanda di Haldir, delicato e gentile.

-Ronim, ma vostra... scusami, tua figlia?

Mi metto subito in ascolto, istintivamente, e quando guardo il nostro ospite mi accorgo che è impallidito.

-Ma come? Non era in camera?

-No, non c’era- rispondo io, iniziando a preoccuparmi. Benedetto udito elfico...

Ronim si alza di scatto.

-Nelle stalle non c’è! Le avevo detto di restare a casa!

Ormai anche Aragorn ha smesso di mangiare e si alza, lo sguardo fermo e deciso. Io sento il cuore battere a mille e una sensazione opprimente stringermi lo stomaco. Incrocio lo sguardo di Haldir, che con lo sguardo mi tranquillizza e cerca di rassicurarmi.

-Non è possibile che sia andata a fare un giro? Con il suo cavallo magari- azzarda Aragorn. Ronim ha preso a camminare nervosamente avanti e indietro. Sbuffa, prima di rispondere.

-No, Mitya è ancora nella stalla.

-A piedi?- Prova Haldir.

-No, mi avvisa sempre quando esce.

Mi alzo e senza dire una parola vado in salotto. Loro mi seguono confusi. In silenzio, mi siedo sul tappeto a gambe incrociate.

-Legolas...

Haldir posa una mano sul braccio di Aragorn.

-State calmi. Lasciatelo fare.

Sorrido grato al mio migliore amico e lui mi guarda spronandomi ad agire. Ritrovo in pochi secondi la concentrazione. Respiro profondamente e con cautela allargo i miei pensieri, espandendoli lentamente attorno a me. Sfioro le menti dei tre, completamente diverse: inaccessibile e gelida (all’esterno) quella di Haldir, calda e forte quella di Aragorn, potente e intimidatoria quella di Ronim. Non mi lascio distrarre, e continuo la mia ricerca, allargando la mia influenza. Lungo la montagna, nel bosco, percorro i sentieri. E’ una cosa che ho imparato a fare con l’aiuto di Gandalf dopo le avventure della Compagnia dell’Anello. Visualizzo istintivamente il volto di Frodo.

Non lasciarti distrarre, sento dire da Aragorn. Stringo i denti e riprendo il controllo. Passa qualche minuto, e io inizio a sentirmi più stanco. Poi, avverto una presenza e il mio cuore sobbalza, speranzoso. Cerco di riconoscere la persona che cammina solitaria lungo il sentiero sassoso, ma vengo bloccato, scontrandomi con delle barriere mentali familiari.

Gandalf?!

Mi ha riconosciuto, e sento che in un certo senso risucchia i miei pensieri nella sua mente per parlarmi con più facilità.

“Ohilà, principe! Che bello risentirti! Come stai?” Mi lascio distrarre per qualche secondo, sebbene in un angolo della mia testa continui a pensare a Savanna.

Bene, grazie Gandalf. Anche tu, immagino.

“Oh, puoi dirlo! Comunque... non credo cercassi me, vero?”

A quelle parole l’immagine del volto della ragazza affiora nella mia mente. E lo vede anche Gandalf.

“Ohiohi, Legolas! Ti sei innamorato, finalmente?”

Non riesco a non arrossire a quelle parole, mentre lo stregone ridacchia divertito.

Gandalf, è scomparsa!

Torna subito serio.

“Allora permettimi di arrivare e poi vi aiuterò... non dovrei metterci molto, un paio d’ore. Tu intanto continua a cercare...” la sua voce burbera esita “come si chiama?”

Savanna.

“Continua a cercare Savanna, allora.”
E con quelle ultime parole mi spinge di colpo fuori dalla sua mente arcaica. Riprendo a scandagliare la montagna, un po’ stordito dall’improvvisa mossa dello stregone. E proprio per questo rischio di non notare la figura minuta che si sta arrampicando su un albero.

Irrompo con forza nella sua mente, e per poco lei non lascia la presa sul ramo e cade a terra.

Savanna, che diamine ti è salato in mente?!

-Legolas?!- Dice, sistemandosi su un ramo e appoggiandosi al tronco dell’abete.

Ma va’! Ora, mi spieghi che ti è preso? A Ronim quasi veniva un infarto!

A quelle parole una fitta di senso di colpa la attraversa, mozzandole quasi il respiro.

-Ronim...

Addolcisco la mia voce mentale, rassicurandola. Non ho bisogno che scoppi a piangere a otto metri da terra.

Ehi, tranquilla, sta bene. Ma, ehm, che ne dici di scendere?

-Hai paura che cada?

A quel pensiero sento che un sentimento caldo le invade il petto e non riesco a rispondere, confuso.

-Legolas, ci... oddio, ma no! Così mi senti tutte le sensazioni e i pensieri! Fila via dalla mia mente!

Sento che sta andando nel panico e cerco di rassicurarla come posso.

No, no, stai calma! Se no cadi!

Si sporge in avanti e trattengo la paura. Osserva per un po’ il terreno duro e pieno di rocce prima di ritrarsi di nuovo.

-Mmm, hai ragione. Forse. Ma si sta così bene qua sopra!- Si lamenta mentre inizia a scendere con cautela.

Forse?

-Ehi, adesso non fare lo sbruffone! Sei nella mia testa, limita le battutine sarcastiche- mi sgrida. Sorrido.

Allora, torni a casa? Sta arrivando qualcuno... no, non Gimli, la anticipo.

-E va bene.

Brava Vanny.

-Non chiamarmi così, elfetto!

Rido e mi ritiro dalla sua mente. Vedo Haldir, Aragorn e Ronim inginocchiati davanti a me che mi fissano impazienti e curiosi.

-Allora?- Chiede il padre di Savanna.

Rivolgo loro un sorriso smagliante.

-Stanno arrivando.

I tre si scambiano delle occhiate perplesse, poi prende voce Aragorn.

-Stanno? Chi è che sta arrivando?

-Gandalf.

AnGoLo DeLl'AuTrIcE:
Gionno ragazzi! E ragazze ovvio! Come state? Che ve ne pare di questo capitolo? Lo so che è piccolo e mi scuso!
Bacioni!
Anna

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Capitolo 6
*** Capitolo Sei: Maledetto elfo ***


Savanna:

Quando rientro in casa mi chiudo piano la porta alle spalle. E’ tutto silenzioso, il salotto è vuoto. Come mai non c’è nessuno?

-Vanny.

Mi giro e vedo Ronim sulla porta della cucina, che mi guarda serio. Mi si riempiono gli occhi di lacrime. L’ho deluso, ma non non volevo... guardando i suoi occhi azzurri capisco che non è arrabbiato, solo preoccupato.

Con un cenno mi indica di seguirlo in cucina. Si siede su una sedi, ma io resto in piedi.

Mi guarda intensamente. Quando parla, la sua voce è stanca.

-Potevi scrivere due righe.

Sospiro, sentendomi davvero in colpa.

-Lo so, ma... avevo bisogno di...

-Stare da sola- completa lui, annuendo. Lo guardo in silenzio, e mi sorride dolcemente.

-Non preoccuparti, non sono arrabbiato. Solo... ci sono animali feroci su queste montagne. So benissimo che sai cavartela da sola- mi anticipa con un sorriso -ma capisci quant’è brutto non sapere neanche dove qualcuno a cui vuoi bene sia andato, se ci sono pericoli?

Abbasso la testa, fissando le venature del tavolo di legno.

-Sì- mormoro.

-Bene. Allora adesso vai da Legolas. E’ in camera sua a riposare. Ringrazialo. Credo che con lui troverai anche qualcun altro.

Guardo mio padre interrogativa, ma lui si alza e scompare nel suo studio. Sospiro e mi dirigo verso le scale. Chi sarà mai questo ospite?

Arrivo davanti alla porta bianca della camera di Legolas, e alzo la mano. Busso piano, prima che mi scompaia tutto il coraggio che ho. Un debole “avanti” mi da il permesso di entrare. Spingo piano la porta. La prima cosa che vedo è un vecchio seduto sulla sedia a dondolo . Ha una folta barba bianca e indossa un mantello e una veste bianca che sembrano farlo splendere di luce propria. Da sotto le sopracciglia forte mi guardano due vispi e allegri occhi azzurri e un sorriso gentile. Mi rilasso all’istante.

-Savanna- dice soltanto, e mi guarda. La sua voce è profonda, saggia, carica di molti anni di esperienza. Mi sorride, ma io lo guardo stupita.

-Ma... ma come fa a conoscere il mio nome?

Scocca un’occhiata complice a qualcuno sul letto, e allora io mi volto a guardarlo. E resto senza fiato. Merda. Legolas è senza la camicia. Con uno sforzo incredibile riesco a non fissargli il petto muscoloso, perfetto, e lo guardo in faccia. Vengo catturata dai suoi occhi cristallini, allegri, azzurri come il mare poco profondo. Ci guardiamo per qualche istante, ma quell’istante basta a farmi arrossire. E in quell’istante il vecchio si alza ridacchiando.

-Bene bene, allora io vi lascio! Ho la sensazione di essere più che superfluo, qui! Ci vediamo dopo, e riprenderemo la conversazione in un momento più adeguato. A dopo!

-A dopo, Gandalf- lo saluta Legolas senza staccare gli occhi dai miei.

Mi sposto per lasciar passare Gandalf, e lui mi strizza l’occhio prima di chiudersi la porta alle spalle. Torno a guardare Legolas, sentendomi un po’  in gabbia, nervosa. Adesso siamo soli...

Ma’ va? Che intuizione che hai avuto, Savanna, penso sarcastica.

Mi dirigo verso il dondolo dove qualche manciata di secondi prima c’era Gandalf, e mi siedo evitando di guardare l’elfo. Guardo fuori dalla finestra.

-Hai paura di guardarmi?- Fa la voce divertita di Legolas. Volto la testa di scatto e lo guardo linciandolo con lo sguardo.

-Certo che no!- Però continuo a tenere lo sguardo inchiodato al suo volto sorridente. Cavolo, quanto è bello...

-E allora perché adesso stai arrossendo?

Mi alzo senza perdere un secondo di più e mi dirigo verso la porta, borbottando quant’è insopportabile. Proprio mentre sto allungando la mano verso la porta per uscire, sento delle dita stringermi il braccio in una presa d’acciaio. Mi fermo stupita e imbarazzata, ma mezzo secondo dopo mi sento tirare indietro. Non riesco a oppormi e cado sul letto, mentre le braccia forti di Legolas mi afferrano, depositandomi delicatamente sulle coperte. Inutile dire che divento viola dal’imbarazzo e non riesco neanche a guardarlo in faccia. Legolas mi lascia andare dopo qualche secondo, ma una mano si insinua sotto al mio mento e con dolcezza mi obbliga ad alzare la testa e guardarlo negli occhi. Respiro piano, ma respiro il suo odore di bosco. Il cuore va a mille, ma la cosa che mi rapisce è la dolcezza nelle sue iridi azzurre, intense. Serro i denti per non lasciarmi sfuggire nessuna idiozia.

-Scusami- dice, e la sua voce è dolce e sincera. Arrosisco e balbetto velocemente un “non fa niente” che gli strappa un sorriso.

-Allora- dice, allontanandosi da me (con mio grande dispiacere) e sedendosi contro il legno del letto, appoggiato alla parete. -Come stai? Ronim ti ha sgridata?

Lo guardo, e non vedo nessuna vena sarcastica nel suo sorriso o nei suoi occhi. Rispondo scrollando le spalle e guardando di nuovo la finestra.

-No- mormoro. -Se c’è una cosa che si possa dire di Ronim, è che non si arrabbia mai. Almeno, con me- aggiungo a bassa voce.

Segue il silenzio. Sono nervosa, mi sento a disagio con lui. Non capisco se sta zitto perché sta cercando di trovare qualche argomento di cui parlare o perché non vede l’ora che me ne vada. No, lui non sarebbe così maleducato. Proprio mentre sono assorta in queste considerazioni, lui parla. Lo ascolto distrattamente, ma appena mi rendo conto del significato delle sue parole sussulto.

-Sembri triste.

Mi giro verso di lui e lo guardo negli occhi, ma non abbasso lo sguardo. Piano piano, il mio sguardo scivola sui suoi lunghi capelli biondi, sparsi sulle spalle. Sono bellissimi. li guardo splendere alla luce del tardo pomeriggio.

-Sembri stanca- aggiunge dopo qualche momento. Mi sta osservando, e io mi sento infastidita dal suo commento.

-Non sono stanca- ribatto piccata, guardandolo torva. Non so perché mi abbiano dato così tanto fastidio quelle due parole, ma dentro la mia testa si insinua il pensiero che non mi piaccia che lui mi consideri debole. Legolas sospira piano, come se stesse discutendo con una bambina capricciosa, e inclina la testa in avanti, sporgendosi di più verso di me. I suoi occhi mi inchiodano lì, a pochi centimetri da lui, dal suo volto fiero e delicato e deciso al tempo stesso.

-Guarda che non devi arrabbiarti con me solo perché non ti piace che ti si dica che sei stanca- mi rimprovera. Lo guardo a bocca aperta.

-Non sono stanca- mi ostino a dire. Lui mi fissa per qualche secondo, poi scoppia improvvisamente a ridere. Lo guardo confusa. Mi sta facendo impazzire! Com’è possibile che riesca a cambiare umore così velocemente? Abbasso lo sguardo ma mi accorgo troppo tardi che sto fissando il suo petto. Un’altra ondata di risate lo scuote quando si accorge che sto arrossendo, inevitabilmente.

-Sì, sì- mi sfotte ridacchiando. -Comunque insisto: stai arrossendo.

Lo guardo esasperata ma non riesco a trattenere un sorriso. Anche se è davvero... esasperante non ci si può non sciogliersi davanti a un sorriso di un elfo. Soprattutto se quell'elfo è bellissimo e, oltre che strafottente, anche dolce.

Torna serio e curva le spalle, incrociando le gambe.

-Allora- dice, e mi guarda curioso. -Tu non conosci Gandalf?

Faccio segno di no con la testa, e lui annuisce soprappensiero.

-Perché?

Si stringe nelle spalle, con aria dubbiosa, ma sono sicura che non sta mettendo in discussione le mie parole. Non so perché, ma lo so.

-Di solito vagabonda dappertutto, mi sembra improbabile che non sia capitato da queste parti.

Guardo il suo volto illuminato dalla luce, e mi perdo per qualche istante. La pelle candida e liscia del suo volto sembra quasi risplendere, così come i suoi capelli biondi. Improvvisamente mi viene una voglia matta di toccarli, sfiorarli, accarezzarli. Freno la mano, che si stava già sollevando, e mi mordo il labbro. Legolas mi guarda aggrottando le sopracciglia, confuso, e sento una massa calda scaldarmi il petto. E’ come se avessi bevuto del té bollente. Oddio, che mi prende?

Il principe si esibisce in un sorriso, poi si tende in avanti, verso di me. Trattengo il respiro, con il battito del cuore che mi rimbomba in tutto il corpo, mi scuote ad ogni secondo. Lentamente allunga le braccia e mi afferra i fianchi, e poi, sempre con cautela, probabilmente per non beccarsi un pugno in faccia, mi sposta verso di lui come se non pesassi niente. Sono sorpresa dal suo tocco: mi aspettavo che fosse rude e poco gentile, invece è tutto il contrario. Per questo lascio che faccia quello che vuole, e ben presto mi ritrovo seduta al suo fianco. Sto in silenzio, mentre lui mi circonda con un braccio e mi costringe ad abbassare la testa e posarla sulla sua spalla, appoggiandomi al suo petto. Sento le guance in fiamme, ma non importa. Non importa niente, se non il suo braccio che mi stringe e il suo sguardo azzurro, limpido, cristallino che mi osserva, cercando di catturare ogni mio minimo segno di disagio. Abbasso lo sguardo, fissando incantata i suoi lunghi capelli. Allungo la mano e prendo una ciocca, intrappolandola tra le dita. Sono davvero morbidi e belli come avevo pensato... ritiro di botto la mano, e lui ride. Arrossisco, ma non riesco a impedirmi di sorridere al suono della sua risata gioiosa. Chiudo gli occhi, e sento le sue labbra calde sfiorarmi la fronte.

-Vanny, cerca di riposare, adesso.

Alle sue parole sento il mio corpo rilassarsi, ma non l’ho voluto io. E’ lui che mi è entrato nella testa.

Maledetto elfo, penso, e mi addormento sentendo la sua risata vibrare nel suo petto, sotto di me.

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Capitolo 7
*** Capitolo Sette: Sera ***


Legolas:

E’ interessante spiare nella mente della ragazza mentre dorme. I sogni... non ho mai avuto un’idea precisa di cosa fossero, prima di adesso. Illusioni, verità nascoste, celate dalla mente. Aragorn ha tentato un paio di volte di spiegarmi, ma non è mai riuscito a catturare, a farmi immaginare l’intensità e la dolcezza dei sogni che adesso si animano in questo piccolo corpo.

Nel sonno Savanna è rilassata, non rigida come è da sveglia. Probabilmente non dovrei esserne così felice, ma non riesco a frenare la gioia che mi provoca il sentirla respirare piano, abbracciata a me. Non riesco a fermare le mie mani, che continuano ad accarezzarle i capelli, ma anche se ci riuscissi non lo farei. E’ bello sentire il suo peso gravare sul petto.

Chiudo gli occhi, appoggiando la testa al cuscino. Non penso a niente per lunghi minuti, densi di silenzio, e inevitabilmente mi perdo nei ricordi. Vedo il volto sereno di mio padre, mentre mi guardava partire, poche settimane fa. Vengo catturato da un filo sconnesso di pensieri, tanto che non mi accorgo che qualcuno ha aperto la porta. Soltanto quando sento un sospiro mi accorgo che non siamo più soli. Giro la testa, senza scuotere Savanna. Gandalf ci fissa con un sorriso bonario, e non riesco ad impedirmi di arrossire. Si porta un dito alle labbra, ammiccando, per non farmi parlare, mentre entra nella stanza e si chiude la porta alle spalle. Incrocia le braccia con un ghigno.

-Legolas...

-Gandalf, ti prego, non dire niente!

Lo stregone ride sommessamente alla mia faccia, godendosi il mio imbarazzo. Si avvicina, palesemente soddisfatto, e sposta il suo sguardo acuto su Savanna, che ha il viso rivolto verso di lui. Qualcosa nei suoi tratti si smuove e si addolcisce. Sono stupito. Non ho mai visto una tale tenerezza in Gandalf.

-E’ davvero bella. Perfetta per te- annuisce convinto.

Avvampo e sbuffo, ma in realtà le sue parole mi hanno agitato. Come può dire che lei sia perfetta per me se non le piaccio nemmeno? E’ chiaro dal suo sguardo, mi sopporta soltanto perché è costretta a farlo. Questa prospettiva mi deprime un po’, ma non faccio in tempo a rispondere al mio amico perché Savanna si muove. La sua gamba preme contro la mia e mi immobilizzo, mentre si acciambella sul mio petto, muovendo la mano fino ad afferrarmi il fianco. Sospira qualcosa, poi torna immobile. Chiudo gli occhi, mentre lentamente poso la mano sulla sua schiena. Ma perché Gandalf arriva sempre nel momento più inopportuno?!

In questo momento sta cercando di trattenersi e non piegarsi in due dalle risate, e io mi sento estremamente... non a disagio, no, ma qualcosa di simile. Che fine ha fatto il Legolas della Compagnia dell’Anello? Me lo chiedo, ma non so dare una risposta. E, sinceramente, non vorrei neanche tornare quello di prima, senza Savanna. Sarebbe così monotono, noioso... la vita perfetta eppure incompleta di una creatura immortale alla quale è stato concesso un dono, che, eppure, è anche la sua disgrazia più grande. Con un brivido mi rendo conto che al tempo della Compagnia lei non esisteva, né lei, né Ronim, né il padre di Ronim... per un istante provo un brivido di disgusto per me stesso. Poi una voce dolce e burbera si fa strada nella mia mente, strappandomi dai miei tristi pensieri.

-Principe, non fare così. Adesso c’è lei, lei c’è, non sei più solo. Pensa soltanto a curarti di lei, è il tuo bene più prezioso, il dono sacro che ti ha regalato la vita- dice Gandalf, improvvisamente serio. Non lo guardo, ma annuisco. Non gli chiedo come ha fatto ad intuire i miei pensieri: lui sa sempre.

-Ronim, Haldir e Aragorn vi aspettano per la cena.

-Va bene- sussurro. Gandalf borbotta qualcosa divertito, poi esce dalla stanza. Con un leggero sospiro mi decido a svegliare Savanna. Poso una mano sulla sua spalla e per un attimo godo della sensazione della sua guancia premuta contro la mia pelle, poi la scuoto dolcemente. Lei mugola qualcosa, infastidita, e stringe più forte la presa sul mio fianco. Mi viene da ridere, si sta comportando come una bambina. Come una dolce, bellissima e tenera bambina. La scuoto ancora, con più forza, e lei sbuffa infastidita, premendo la testa sul mio petto. A questo punto non ho altra scelta che chinarmi, e sussurro al suo orecchio: -Savanna, sveglia. E’ ora di cena. Non hai fame?

Lei sembra infastidita dai miei tentativi di farla alzare, e sventola debolmente in aria una mano, come per scacciare un insetto fastidioso.

-Lasciami in pace, voglio dormire!

Trattengo le risate a malapena, ormai. Però adesso è mezza sveglia, è già un progresso. Cerco di farla muovere.

-Ma io ho fame!

-E allora vai a mangiare!- Borbotta scocciata.

-E come faccio se mi usi come cuscino?

Alle mie parole si immobilizza, letteralmente. Diventa una statua. Sto a guardare, finché non alza la testa e mi guarda con i suoi occhioni dolci sgranati. Scuote piano la testa, mentre i capelli mossi le rimbalzano sulle guance.

-No, no, no, no- fa con aria confusa.

-Sì, sì, sì, sì- le faccio il verso io. Lei sbuffa gonfiando le guance, e sposta rapidamente le mani ai miei fianchi, facendo leva sul letto per alzarsi dal mio petto. Però resta lì, a qualche centimetro da me, a guardarmi con aria seccata.

-Ma ci provi così tanto gusto a farmi addormentare su di te?- Protesta. Trattengo una risata. Il tono voleva essere di rimprovero, ma con quell’aria arruffata di chi si è appena svegliato le sue parole non mi scalfiscono neanche.

-Piuttosto sarebbe il contrario- dico sorridendo, e lei mi guarda esasperata. Prima che possa dire qualcosa, però, la afferro per le spalle e la scosto, ignorando il brivido che provo nel toccarla. Mi alzo, dirigendomi verso la scrivania intarsiata d’oro, e prendo la camicia. La infilo velocemente, mentre restiamo in silenzio. Quando ho finito afferro un pugnale posato sul legno chiaro e mi volto verso la ragazza, ancora seduta sul letto, che mi guarda seguendo ogni mio movimento. Cerco di non rallegrarmi troppo della cosa, ma è inutile, devo trattenermi per non sorridere.

-Andiamo? Siamo in ritardo.

Lei annuisce e si alza. Barcolla un po’, e istintivamente mi avvicino e le sfioro la schiena con la mano, per sostenerla. Lei trasalisce, e i suoi occhi saettano nei miei. Mi fermo, cercando di controllare inutilmente il battito del mio cuore. I suoi occhi sono così ingenui... sorrido e le sfioro delicatamente la guancia con le dita. La sua pelle è arrossata e scotta. Alza impercettibilmente la testa verso di me, e mi trattengo, per l’ennesima volta. Invece di prenderla tra le braccia come vorrei scivolo via, oltre la sua spalla, verso la porta.

-Andiamo.

Non ho bisogno di voltarmi e guardarla in viso per sentire il suo sospiro. Sorrido con dolcezza, mentre apro la porta, e mi torna alla mente quell’azzurro ghiaccio delle sue iridi, sincero, innocente. Non posso, non voglio, portarle via quell’innocenza che tanto mi attira. Ma, presto, sarà il momento. Presto.

 

Savanna:

Appena ci affacciamo in cucina sento una frase pronunciata da mio padre che mi fa storcere il naso.

-...ndo me, l’avrà picchiato, poveretto- alle sue parole seguono le risate.

Legolas entra nella stanza e si siede sorridendo leggermente, come se la battuta fatta da Ronim non lo riguardasse; anzi, pare pure divertito. Eh sì, ormai in questa casa sono la vittima ufficiale. Scivolo verso il mio posto, e mi siedo tra i “buonasera” e “ben svegliata!” di Aragorn, Haldir e Gandalf. Mi siedo ricambiando i saluti, poi mi preoccupo di tirare un calcio nello stinco a mio padre, seduto a capotavola di fianco a me. Lui per poco non si strozza con l’acqua che sta bevendo e mi scocca un’occhiataccia, ma la cosa non mi sfiora minimamente. Ci vuole ben altro per farmi passare il buonumore, dopo che sono rimasta abbracciata a Legolas per ore!

Sorrido affabile mentre accetto delle patate da Gandalf, sedutomi davanti, che sta servendo me, ridendo, ascoltando Haldir parlare di qualche re di cui non riesco a capire il nome e fumando la pipa contemporaneamente.

Inizio a mangiare dopo essermi servita, ma la conversazione prosegue tra vari argomenti. Legolas rimane in silenzio, esprimendo con dei cenni della testa le sue opinioni quando viene interpellato, ma un paio di volte lo becco a guardarmi, e inevitabilmente arrossisco leggermente. Dopo un bel po’ prende parola, discutendo con Aragorn di una battaglia che non conosco. Mentre parlano, però, vedo il volto di Haldir adombrarsi leggermente e i suoi occhi grigi farsi tempestosi. Nessuno lo nota, attorno a me sento le risate e le chiacchiere degli altri, ma non riesco a concentrarmi e a prestar loro attenzione. Sono rimasta colpita dalla tristezza nello sguardo dell’elfo, e lui, dopo qualche minuto, si accorge che lo sto fissando. Mi guarda per qualche istante, poi il suo volto severo si apre in un sorriso cauto. Gli sorrido a mia volta, cercando di domandargli se stia bene, e lui annuisce una volta con la testa.

-... eh, Vanny?

Sussulto, sentendomi chiamata in causa da mio padre. Sposto lo sguardo su di lui, guardandolo confusa. Mi ripete pazientemente la domanda e avvampo. Come può essersi permesso di raccontare che da bambina sognavo di avere un elfo immaginario per amico??

-Che brutto...- inizio a dire, ma Gandalf mi frena ridendo.

-Vanny, vacci piano! E’ pur sempre capace di tenerti appesa a testa in giù dall’albero! Come quella volta da piccola...- aggiunge ammiccando. Per poco non mi strozzo con l’acqua che sto bevendo.

-Ma allora eri tu quello che mi ha tirata giù da quell’albero!- Esclamo stupita. Lui annuisce sorridendo e sorrido anche io, spontaneamente.

-Ehi, di cosa state parlando?- Si intromette Aragorn, curioso. Mi volto verso di lui, imbronciata.

-Quando ero piccola avevo... preso in prestito...- Ronim sbuffa.

-Avevi rubato!

-Preso in prestito!

-Rubato!

-Preso in prestito!

-Rub...

-La finite?!- Esclamano Gandalf e Aragorn insieme. Ci guardiamo tutti per un istante prima di scoppiare a ridere. Una volta calmati, continuo a raccontare.

-Avevo preso il pugnale di Ronim, e quando se n’è accorto mi ha presa in braccio e appesa a testa in giù sul pino dietro le stalle- dico con una smorfia. Gli occhi azzurri del re scintillano divertiti, mentre mio padre replica.

-Ti ho fatto imparare a non ruba... prendere le cose senza chiedere- si corregge, vedendo la mia occhiata assassina. Lo guardo scettica.

-Un modo molto maturo per farmi imparare- è una mia impressione o mio padre sta arrossendo??

-Ero sicuro che non avresti ripetuto la cosa, almeno!

-Ma se avevo otto anni, papà!- Protesto, e la situazione si scioglie alle risate degli altri. Sorrido e lascio perdere, scoccando un’occhiata complice a quel vecchio bisbetico di Ronim.

Dopo cena il gruppo si disperde un po’. Gandalf e Ronim rimangono a chiacchierare seduti comodamente nel salotto. Dopo un po’ li raggiungono anche Legolas e Aragorn. Io invece esco fuori, seguendo Haldir. Lo vedo seduto su una roccia poco distante, intento a guardare il prato sotto di se. A piccoli passi lo raggiungo, stringendomi tra le braccia. Non ho voglia di tornare dentro a prendere il mantello, anche se questo significa sopportare un po’ di freddo. Un venticello fresco spira verso la valle davanti a noi. Le chiome scure degli alberi, scosse lievemente dal vento, si stagliano contro i profili del fiume e dei villaggi, e del cielo scuro, illuminato da piccole, luccicanti stelle. La luna è alle mie spalle mentre cammino verso l’elfo, e la sua luce argentea fa brillare debolmente i lunghi capelli biondi di Haldir. Non si volta quando inizio a salire sulla roccia grigia, fino a sedermi al suo fianco. Resta in silenzio, con il mento posato sulle mani chiuse a pugno, sorrette dalle braccia appoggiate sulle ginocchia. Fissa pensoso davanti a se, e io non oso interrompere i suoi pensieri. E’ lui a parlare, dopo qualche minuto.

-Sei preoccupata?

Sorrido piano. Haldir ha già capito tutto. Abbasso lo sguardo sulle mie gambe, fasciate dai soliti pantaloni scuri.

-Non lo so...- sono sorpresa dalla mia risposta, ma lo sono ancora di più quando Haldir si volta e mi abbraccia, passandomi il braccio attorno alla vita. Non oppongo nessuna resistenza mentre mi tira a se, e sfiora la mia fronte con le labbra. Poso piano la testa sulla sua spalla, respirando a fondo il suo odore di bosco e di pino. Non è buono come quello di Legolas, ma è piacevole.

-Legolas è il mio migliore amico. E’ stato solo a lungo- mormora, e io mi sento invadere dal dispiacere. Chissà com’è passare così tanto tempo da soli...

-Haldir- risuona una voce fredda dietro di noi. Ci voltiamo in sincronia e vediamo Legolas dritto davanti a noi, con una fredda maschera impassibile in volto. Guarda Haldir negli occhi, evitando il mio sguardo. Le sue iridi blu sono cupe e tempestose.

-Gandalf vuole parlarti.

Haldir annuisce e in un istante scivola via. Sento la mancanza del suo calore, e rabbrividisco stringendomi tra le braccia, osservado il capitano fermarsi davanti a Legolas. Fa per posargli una mano sulla spalla, ma il principe si scosta, con un'espressione arrabbiata. Haldir a quel punto sussurra qualcosa in una lingua strana, melodiosa, e suppongo sia elfico. Legolas pare sorpreso e lo guarda stupito, ma Haldir si dilegua velocemente.

Rimane immobile a fissare il vuoto per qualche minuto, mentre i suoi sottili capelli biondi vengono scossi dal venticello e si intrecciano debolmente nell'aria formando complicati disegni, che si sfaldano dopo pochi istanti.

-Legolas?- Sussurro incerta. Lui si riscuote e mi guarda. Rabbrividisco mentre il suo sguardo penetrante mi studia.

-Che c'è?- La sua voce è stanca, ma al tempo stesso piena di vigore. Cosa...

-Ehm... niente- balbetto arrossendo sotto ai suoi occhi celesti. Mi volto di nuovo verso il bosco e mi maledico nella mente. Ogni volta che mi guarda mi metto in agitazione. Perché?

Legolas in un secondo è al mio fianco, proprio dove prima c'era Haldir. Mi mordo il labbro per non iniziare a dire stupidaggini e mi tormento le dita, posate in grembo. Adesso avverto ogni cosa più chiaramente: il battito accelerato del mio cuore, il mio respiro tremante, la sua figura a pochi millimetri da me, il suo respiro calmo e regolare. Non dice niente, ma anche quel silenzio tra noi mi sembra assurdamente prezioso. La sua mano sfiora la mia, e mi immobilizzo. Le sue dita si insinuano dolcemente tra le mie, stringendomi la mano sinistra per impedirmi di torturare ancora le mie povere mani. Senza pensarci ricambio la stretta, e lui mi massaggia dolcemente il dorso della mano con un dito. Dopo qualche minuto pongo una domanda.

-Cosa ti ha detto?

Con mio grande rammarico la voce mi esce debole e tremante. Ho paura della sua reazione? Sì. Anche lui se ne accorge, visto che mi tira dolcemente più vicina a lui, sfruttando le nostre mani intrecciate.

-Non preoccuparti- mormora con voce dolce, mentre la sua mano lascia la presa.

Per un attimo sento un tuffo al cuore ma con un brivido mi accorgo che mi circonda le spalle con un braccio. Poso la testa sulla sua spalla, sorridendo timidamente.

-Se quello che ti ha detto ti ha fatto rimanere così allora devo preoccuparmi per forza- scherzo, e lui ride allegramente.

-Va bene, lo ammetto. Hai ragione.

Aspetto che mi risponda ma Legolas resta in silenzio, mentre gioca distrattamente con una ciocca dei miei capelli.

-Allora?- Insisto. Lui sbuffa gettando la testa all'indietro. Resta così per un po', mentre io fisso il suo profilo illuminato dalla luce delle stelle.

-Mi ha dato un... un consiglio- risponde alla fine. Alzo gli occhi al cielo.

-Ma cosa ti ha detto?

Abbassa la testa di lato e mi guarda. Guardando quel blu meraviglioso capisco che non ha la minima intenzione di dirmi cosa gli ha detto Haldir.

Allora libero il braccio sinistro, schiacciato contro di lui, e gli allungo uno schiaffetto su una guancia. Lui mi guarda sorpreso e non riesco a non sorridere alla sua faccia. Scoppio a ridere affondando il viso contro la sua spalla, mentre lui mi stringe a se sorridendo. Mi abbraccia forte, e io respiro profondamente il suo profumo. Alzo la testa e... il viso di Legolas è a pochi centimetri dal mio. I suoi occhi blu mi osservano profondamente, e le sue labbra rosa si curvano verso l'alto.


AnGoLo DeLl'AuTrIcE:
Ehillà come state? Spero bene :) ecco qui il nostro Legolas mentre parla con Haldir...


 

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Capitolo 8
*** Capitolo Otto: Litigi ***


Sento le guance in fiamme, ma quando Legolas mi accarezza piano il viso, be', credo proprio di stare andando a fuoco. Di certo è così che mi sento. Non sento più il venticello fresco che spira attorno a noi, le mani gelide. So soltanto che, all'improvviso, mentre mi sfiora con dolcezza, la mia temperatura corporea è schizzata al massimo, come se avessi la febbre. Appoggia lentamente la fronte alla mia, sorridendo, e mi immergo nei suoi profondi occhi blu, illuminati dalla luce delle stelle, che sembrano danzare gioiose nel cielo scuro. Le sue dita districano i miei capelli senza farmi male, e a quel tocco tutta la mia ansia svanisce e mi rilasso. I miei pensieri sono un groviglio confuso di emozioni e parole senza senso, mentre aspetto, facendo scivolare la mano lungo il suo braccio, fino alla spalla. Credo che si stia avvicinando quando si blocca, irrigidendosi. Chiude gli occhi per un secondo mentre io lo guardo confusa, col cuore in gola. Siamo così vicini, eppure...

Lentamente sospira e le sue dita lasciano la presa. Si tira indietro, riacquistando il controllo ed evitando il mio sguardo. Mi volto verso la foresta, di nuovo, con gli occhi pieni di lacrime. Perché non mi ha baciata? Non capisco...

Proprio mentre ho racimolato tutto il coraggio che ho e sto per chiedergli il perché, una voce allegra e ridacchiante ci raggiunge, spezzando in un secondo la nostra bolla di solitudine.

-Ehi, ragazzi! Venite dentro!

Mi volto, mentre Legolas pare non aver sentito il richiamo di Aragorn, fermo davanti alla porta. Sospiro.

-Arriviamo!- Urlo nella sua direzione, per farmi sentire nonostante il vento abbia iniziato a soffiare più forte. Mi sembra che annuisca, e rientra in casa.

Mi volto verso l'elfo, e sibilo in un tono più acido di quanto avessi voluto: -Sei sordo? Dobbiamo andare.

Lui si volta verso di me, sorpreso dalla mia freddezza, ma mi volto prima di poter scorgere il suo volto, altrimenti scoppierei a piangere. Poggio le mani sulla pietra liscia e faccio leva per scendere dalla piccola roccia, ma è umido e scivolo. Mi scappa uno strillo mentre cado in avanti, e istintivamente porto le braccia davanti a me, pensando a quanto sono stupida.

Invece del terreno duro, invece, le mie mani incontrano qualcosa di morbido e duro assieme. Mi rendo conto di essere sospesa a mezz’aria, con le mani di Legolas strette ai miei fianchi. E’ davanti a me e mi sostiene. Come ha fatto a muoversi così veloce? E soprattutto come fa a tenermi sollevata in questo modo?

Ma certo, è un elfo, stupida, mi rimbrotto mentalmente.

Inevitabilmente arrossisco, non so se per l’imbarazzo o l’irritazione. Lentamente Legolas mi cala a terra, e i miei piedi toccano il terreno. Invece di lasciarmi andare come mi aspetto, però, continua a tenermi. Le sue dita premute sulla carne dei miei fianchi bruciano, come quella volta di tre anni fa. Non ho mai dimenticato questa sensazione...

Cerco di indietreggiare, ma lui non me lo permette, restando immobile e continuando a stringermi. Anzi, mi spinge un po’ più verso di se, e io non oppongo resistenza. Mezzo secondo dopo distolgo lo sguardo dalle sue iridi di ghiaccio.

-Legolas, puoi anche lasciarmi andare ora...- mormoro imbarazzata, con il cuore che mi martella in petto.

-No- ribatte lui, cogliendomi di sorpresa. La sua voce è bassa e roca, e continua a fissarmi con fastidiosa intensità. Rabbrividisco e lui se ne accorge, perché un sorriso soddisfatto fa capolino sul suo volto. Con lentezza la sua mano scivola sulla mia schiena, e ormai mi rendo conto che è lui ad avere in mano la situazione. Mi fa avvicinare di più, facendo pressione sulla mia schiena, finché non gli sono addosso e sento il suo corpo contro il mio. Avvampo, e lui mi sfiora lo zigomo in una carezza appena accennata, prima di chinarsi. Chiudo d’istinto gli occhi e un secondo dopo sento le sue labbra morbide e calde sfiorare le mie, e in quel momento il mio cuore smette di battere per un lunghissimo istante.

-Savanna, Legolas, dai, su! Muovetevi!

Una voce ci fa sussultare e d’istinto mi stacco di botto dall’elfo, che mi guarda stupito. Poi gira la testa, mentre io non riesco a far altro che guardarlo imbambolata. Che... che... che diamine...

Con un grande sforzo mi volto e vedo la figura di Haldir, stavolta, venire rapidamente verso di noi. Mi appoggio contro la pietra con la schiena, improvvisamente esausta. Legolas riporta la sua attenzione su di me, che sto tremando. Si avvicina e m sfiora un braccio. Sussulto e mi ritiro senza pensarci, e dal suo sguardo capisco che c’è rimasto male. In quel momento Haldir ci raggiunge e ci guarda a turno, prima lui, che ha una maschera impassibile e fredda dipinta sul volto, poi me, tremante e con le guance rosse. Probabilmente capisce qualcosa, perché sospira e si sfila il mantello dalle spalle, porgendomelo. Lo afferro e lo metto sulle spalle senza guardare Legolas. Haldir si avvicina e mi circonda affettuosamente le spalle con un braccio, prima di spingermi dolcemente verso casa.

 

Sono passati due giorni da quando Legolas mi ha baciata, e ci siamo detti in tutto una decina di parole. Ci evitiamo reciprocamente. Io, per paura di quello che potrebbe dirmi: che non era niente, che quel bacio non significava niente per lui, che l’ha fatto solo per impulso. Lui... non ne ho idea.

A riempire le mie giornate, oltre a Mitya, ci pensano Haldir e Gandalf. Visto che Ronim mi ha intimato senza troppi giri di parole di rimanere a casa come una specie di punizione per la mia piccola fuga, l’elfo mi ha proposto di allenarmi con lui con la spada e io ho accettato. Ci alleniamo di pomeriggio, con Gandalf che ci guarda fumando la pipa e chiacchierando ad alta voce con Ronim o Aragorn, dipende dalle volte. Questo pomeriggio sto faticando meno del solito contro Haldir, mentre lo stregone è da solo, seduto su una sedia a dondolo sotto il portico della casa. Ci osserva con i suoi occhi acuti, un angolo delle labbra sollevate in un sorriso mentre mi vede soccombere lentamente sotto i colpi esperti del capitano. Una ciocca di capelli mi finisce davanti agli occhi, e basta solo questo per far sì che Haldir si lanci in avanti e mi metta al tappeto con un colpo col piatto della lama al ventre. Finisco a terra dolorante e guardo male l’elfo, che mi sorride. Le risate di Gandalf riempiono l’aria, e non riesco a tenere il muso al mio compagno. Ricambio il sorriso e accetto la sua mano tesa, un invito di pace. Però, invece di alzarmi, lo tiro a me con tutte le mie forze e lui, colto di sorpresa, mi cade addosso. O meglio, non proprio addosso: riesce a cadermi di fianco, ma comunque ci ritroviamo con le braccia intricate. Scoppio a ridere alla sua espressione esterrefatta, e lui mi sorride, districando con calma le nostre braccia.

-Certo che sei proprio furba. Comunque, ho vinto io lo stesso- precisa con un sorrisetto. Sbuffo e mi metto seduta, così come lui. Guardo Gandalf, dietro alle sue spalle ampie, e mi immobilizzo. Lo stregone mi fissa fumando amabilmente la sua vecchia pipa, dondolandosi avanti e indietro con un’espressione che potrebbe voler dire da “Aiuto, qui scoppierà una rissa” a “Uffa, hanno finito di combattere, che noia”. Però credo che la giusta interpretazione sia la prima. Ma la cosa a cui faccio caso non è la sua espressione... piuttosto a Legolas, in piedi di fianco a lui, che ci guarda gelido. Oddio... non l’ho mai visto così freddo e distaccato. I suoi occhi azzurri sembrano davvero fatti di ghiaccio e non esprimono il solito calore.

Anche Haldir si gira e resta per un attimo in silenzio. Poi si volta verso di me e mi squadra per lunghi istanti. Sono consapevole di essere rossa in viso e avere tutti i capelli in disordine e uno sguardo colpevole. Con un sospiro Haldir si alza in piedi e si dirige verso l’elfo, che rapidamente ci dà le spalle e cerca di rientrare, ma Haldir lo richiama parlandogli in elfico.

Non ci capisco niente di quello che dice, ma Legolas si ferma di botto e si gira, un’espressione omicida in volto. Gandalf trattiene a stento un ghigno, mentre i due iniziano a parlare animatamente in quella lingua strana e melodiosa. Mi alzo e lentamente vado verso di loro, confusa. Guardo Gandalf e lui mi fa allegramente cenno di andargli accanto, e obbedisco. Resto in piedi, guardandoli discutere. Haldir ha le sopracciglia aggrottate e i suoi tratti severi sono distorti in una smorfia di rabbia. I suoi occhi grigi sono cupi e tempestosi. Lui e Legolas sono a pochi centimetri di distanza, ma ho paura che questa conversazione li farà allontanare ben più di così. Il principe scuote vigorosamente la testa, e ad un certo punto alza perfino la voce. Caspita, sono davvero incazzati. Resto lì a fissarli persa, finché non sentiamo la porta spalancarsi ed Aragorn irrompe nella scena.  Torreggia sui due, allontanandoli posando loro le mani su una spalla ciascuno e facendoli indietreggiare con forza. I due si girano verso di lui, con varie emozioni che passano sui loro volti. Su quello di Legolas la sorpresa e il rimorso, su quello di Haldir il dispiacere e l’irritazione.

-Basta!- Esclama con forza l’uomo, e li fissa negli occhi. Loro sembrano vergognarsi. Quella singola parola era carica di autorità e decisione, degna di un re. Ho considerato Aragorn un uomo bravo, simpatico, capace di combattere ma un po’... più o meno infantile, immaturo. Adesso mi rendo conto che non è affatto vero. Ha assunto le sembianze di re, ora: la schiena e le spalle sono dritte, gli occhi scintillano di decisione, la bocca sottile è stretta in una linea di biasimo, e il tono di voce è autoritario. Insomma... un vero re.

-Abbiate almeno la decenza di andare a litigare in un posto dove siete soli, non sotto gli occhi di una donna, non come due bambini.

A quelle parole vedo i due elfi abbassare il capo e rivolgermi delle occhiate di scuse. Sorrido a denti stretti, è una situazione paradossale. Sto sudando freddo, mentre Aragorn riprende la sua ramanzina.

-E’ possibile che dobbiate azzuffarvi come due ragazzini? Che fine hanno fatto i due migliori amici che si sono salvati la vita a vicenda? Credevo che foste maturi, non due bambini che giocano a farsi i dispetti a vicenda.

Il silenzio che segue alle parole del re è totale, sconcertato, per quel che mi riguarda. Aragorn mi fissa negli occhi prima di proseguire.

-E tutto questo per una ragazza. Almeno litigate in una lingua che lei possa comprendere, così che possa sgridarvi a dovere.

Sgrano gli occhi a quell’affermazione. Per me?? Ma di che sta parlando Aragorn? Non faccio in tempo a fiatare che lui riprende a parlare con un tono di voce più dolce, tranquillo.

-Non lasciate che sciocchezze come queste vi separino. Legolas, lo sai che Haldir ti è sempre stato fedele e sempre lo sarà. Non hai motivo di prendertela con lui, sai che non avrebbe mai osato tradirti.

Legolas abbassa lo sguardo a terra e rivolge una breve occhiata all’elfo al suo fianco, che fissa un punto oltre le spalle del principe.

-Lo so... scusami, Haldir. Non...- non fa in tempo a finire la frase che Haldir si fa avanti e lo abbraccia. Aragorn li guarda ancora severamente, ma un sorriso gli illumina il volto.

-Lo so, Legolas, non ti preoccupare. Ci sono passato anche io- dice Haldir, e a quelle parole un sorriso luminoso illumina il volto del principe. Poi Gandalf prende la parola. Sussulto; mi ero quasi dimenticata che fosse qui, di fianco a me.

-E ora, che ne dite di scusarvi con la diretta interessata?- Chiede inflessibile. I due sospirano e si girano verso di me, che continuo a sentirmi ancora più confusa di prima.

-Savanna, scusaci- dice Legolas, fissandomi negli occhi. Di nuovo, rischio di affogare in quel blu meraviglioso dei suoi occhi, e sento il cuore battere forte a quelle parole, le più dolci e lunghe che abbia mai pronunciato in questi giorni.

-Siamo stati davvero maleducati- ammette Haldir. Li guardo restando in silenzio, dietro di loro Aragorn mi fissa aspettando una mia risposta. Gli alberi del bosco dietro di loro accompagnano le loro figure slanciate e sorridenti, e un sorriso prende posto sulle mie labbra.

-Non importa- sussurro.

Mi guardano sorridendo ma io non riesco a fare a meno di guardare Legolas, che mi fissa a sua volta, con una vaga espressione sorpresa sul volto. Poi, pian piano, mi sorride.

AnGoLo DeLl'AuTrIcE:
Giorno a tutti, spero che questo capitolo vi piaccia... spero che recensiate, anche chi legge solo in silenzio, mi farebbe davvero piacere avere sapere altri pareri, oltre alle mie affezionate fan, ormai ;D comunque... ecco qui un'immagine dei nostri tre ragazzi dopo la litigata, mentre guardano la nostra Vanny e aspettano la sua risposta.... 

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Capitolo 9
*** Capitolo Nove: Athma ***


Immagino che si possa dire che ho fatto pace con Legolas, dopo la litigata. Però continuiamo a non parlarci molto... ieri dopo avermi sorriso è andato a fare un giro su per il sentiero dietro alla casa, ed è tornato di sera. Stamattina sono seduta sulla riva del lago, all’ombra degli alberi. Dopo il temporale di stanotte il bosco è umido e gli odori sono più forti. Mi piace passeggiare dopo la pioggia, mi fa sentire più viva sentire l’aria fresca della foresta sulla pelle. Dondolo le gambe nell’acqua fredda, osservando pensosamente le cime bianche e azzurre delle montagne davanti a me, poi abbasso lo sguardo sull’acqua limpida. Il riflesso delle montagne e dei pini tremola, mentre la superficie del lago si increspa creando piccole onde attorno alle mie caviglie.

Sospiro, appoggiando i gomiti sulle gambe e il mento sulle mani chiuse a pugno.

-Savanna- mi volto di scatto, trasalendo a quella voce melodiosa, e sgrano gli occhi vedendo una figura procedere con grazia verso di me. Sorrido, alzandomi in piedi, mentre l’elfa tende le braccia verso di me. Mi stringe piano, poi mi lascia andare. Merida non è cambiata per niente. E’ sempre bellissima ed eterea. I suoi lunghi capelli neri sono raccolti in una treccia che le scende lungo la schiena. I suoi luminosi occhi verdi come il muschio scintillano di gioia, e le sue guance pallide sono rosse. Mi accarezza con dolcezza i capelli, sorridendo con le sue labbra piene.

-Che bello rivederti! Ormai è da due anni che non ti vengo a trovare... sei cresciuta tantissimo, e sei ancora più bella di come mi immaginassi- dice, e arrossisco.

-Dai, non scherzare.

Ride e la sua risata familiare mi avvolge in un caldo abbraccio.

-Non sto scherzando. Siamo cresciute insieme, sai che non mentirei mai su quello che penso!- Sorrido felice, mentre infilo gli stivali. Insieme cominciamo a camminare verso casa.

Merida è la mia migliore amica, è come una sorella per me. Siamo cresciute insieme al villaggio ai piedi della montagna, ma  tredici anni Ronim mi ha presa con se e mi ha cresciuta ed addestrata tra i boschi, che adesso sono la mia casa. Nonostante questo Merida non si è scoraggiata: continuava a venire a trovarmi, mi asciugava le lacrime le sere in cui ero depressa a causa dell’iniziale inflessibilità di Ronim e mi trascinava alcune volte al villaggio, di solito in occasione di qualche festa cittadina. Negli ultimi mesi ha cominciato a venire meno spesso perché sua madre è malata, ma siamo lo stesso sorelle.

E adesso, mentre mi racconta quant’è cresciuto suo fratello, mi sembra quasi impossibile riaverla qui, al mio fianco. Dio, quanto mi è mancata! Mentre parla le getto le braccia al collo e lei per poco non cade sotto al mio improvviso peso. Ma, invece di prendersela, scoppia a ridere e ricambia l’abbraccio, dondolando avanti e indietro come se fosse una culla.

La lascio andare dopo qualche manciata di secondi, e continuiamo il nostro percorso, lentamente. La luce intensa e limpida del mattino disegna le ombre degli alberi sul sentiero di terra e piccoli sassi. Come sempre, resto incantata alla vista della natura così viva, ma i miei occhi continuano a controllare che l’elfa sia lì, affianco a me, e non sia un sogno.

Quando arriviamo alla casa, vedo Aragorn e Haldir volteggiare nel prato in un combattimento. Sono entrambi senza la maglia, e devo dire che la visione non è niente male. Legolas è qualche passo più in là davanti ad un albero ad allenarsi con l’arco, e purtroppo lui è vestito. Subito arrossisco per quel pensiero. Usa come bersaglio una mela con una freccia che, trafiggendola, la tiene ancorata all’albero. Non c’è nemmeno l’ombra di Gandalf o di mio padre. Merida si ferma al limite della piccola radura, con un’espressione dubbiosa. I suoi occhi corrono prima ai due che si allenano con le spade, poi a Legolas e infine a me. Le sorrido e la tiro, prendendola per mano, verso Aragorn e Haldir. Mi segue titubante, e non mollo la presa. Ci fermiamo a un paio di passi di distanza. I due ci gettano un’occhiata, e Haldir sembra voler fermarsi, ma il re, con un affondo, gli fa cambiare idea.

-Aragorn- tenta lui a denti stretti, ma il re lo zittisce con un sorrisetto.

-Prima finiamo, prima ti liberi- dice schivando un colpo alla spalla. Sorrido e prendo a parlare, mentre l’elfo tempesta l’uomo di colpi, per ripicca.

-Ragazzi, lei è Merida, una mia amica. Merida, loro sono Haldir, capitano delle guardie degli elfi, e Aragorn, il re della Terra al di là del mare- presento, facendo cenno ai due. Aragorn riesce a incastrare Haldir tra la spada e un pugnale che ha prontamente afferrato e che tiene nell’altra mano, e sorride a Merida, mentre l’elfo si dibatte.

-Piacere, Merid...- non riesce a finire la frase che Haldir gli tira una gomitata nello stomaco e si piega in due, perdendo la presa sul pugnale. Rapidamente Haldir ne approfitta e lo disarma.

Aragorn sbuffa e Haldir sorride trionfante, poi abbassa la spada e si volta verso di noi, osservando con curiosità Merida, che arrossisce e abbassa lo sguardo. E’ sempre stata un po’ timida, ma lui si inchina profondamente e un sorriso appare sulle labbra di lei.

-Sono molto lieto di conoscervi, Merida.

-Lo stesso vale per me, Haldir- replica lei, con gli occhi che scintillano e un sorriso raggiante sulle labbra rosse. La guardo stupita. Non si è mai comportata così apertamente con uno sconosciuto... soffoco un sorrisino, mentre Haldir si raddrizza e sorride, porgendole la mano, che lei accetta. Insieme vanno a sedersi sotto la veranda e iniziano a chiacchierare. Guardo Aragorn, stupita, che si sta trattenendo a malapena dal ridere. Ammicca, poi si dirige a grandi passi verso la sua maglia, posata su una delle piccole rocce che spuntano nel prato, poco distante. A quel punto mi volto e osservo Legolas. E’ in silenzio, e proprio in quell’istante scocca una freccia, l’ennesima, che taglia a metà un’altra freccia conficcata nella mela.

-Però- mormoro, un po’ impressionata.

Mi avvio verso di lui. Anche quando sono vicina, non si muove e continua a esercitarsi, ignorandomi. Mi siedo sull’erba fresca a gambe incrociate, di lato. In quel momento alza di nuovo l’arco e incocca una freccia, ma noto che nel tendere il braccio fa una smorfia. Lascia andare la corda. Non guardo nemmeno dove finisce la freccia, tanto so che è un altro centro.

Mi alzo e mi avvicino a lui, che sta prendendo di nuovo una freccia. Posandogli una mano sulla spalla lo fermo, e lui gira la testa e mi fissa. Guardo con fermezza i suoi occhi blu.

-Credo che basti, per ora.

Scuote la testa e si gira ancora, testardamente.

-No, devo continuare.

-Facciamo così: se fai centro ti lascio continuare, altrimenti smetti.

Rivolge la sua attenzione a me, abbassando l’arco al fianco. Mi sorride, sicuro di se.

-E come potrei sbagliare?

Sorrido e inclino la testa.

-Proviamo.

Sospira, annuendo, e si prepara. Mentre ritrova la concentrazione mi porto dietro di lui e appoggio la testa sulla sua spalla. Sussulta, ma non parla. Osservo i movimenti fluidi della sua mano e appena prima che lasci andare la corda gli sfioro la guancia con le labbra. Trasalisce, e sorrido. Non può più fare niente: la freccia si è conficcata una spanna più in alto della mela. Legolas si volta per protestare, imbronciato, ma gli tappo la bocca con la mano. Mi guarda sorpreso mentre gli strappo di mano l’arco.

-Ma non vale, Savanna!
-Oh, sì che vale, tesoro di un elfo! Chi aveva detto che non potevo farti deconcentrare? Hai perso miseramente, caro arciere, adesso devi rispettare il patto.

L’elfo sbuffa alzando gli occhi al cielo, corrucciato, ma desiste. Mi siedo di nuovo, e lui mi segue. Poso l’arco al mio fianco, poi appoggio le mani sulla terra. I fili d’erba mi solleticano i palmi, e sorrido d’istinto. Legolas mi osserva, ma io non lo guardo. Osservo gli alberi dietro di lui, la terra, il cielo, le nuvole, le montagne, ma non lui. E’ più forte di me. Mentre il mio sguardo saetta verso un ramo sopra le nostre testa, mi blocco. Perché la sua camicia verde sempre più scura sulla spalla? Aggrotto le sopracciglia, poi impallidisco quando capisco cos’è quella chiazza scura. Mi alzo sulle ginocchia e mi tendo verso l’elfo, che mi afferra le braccia sorpreso.

-Che stai facendo?

-Sta’ fermo- sussurro, e allungo le dita verso i lacci sul petto che tengono chiuso l’indumento. Li allento, arrossendo sotto il suo sguardo penetrante. Poi lascio scivolare la stoffa sulla spalla, fino a scoprire la pelle rosata. Mi sento morire.

La ferita è lunga circa una spanna, probabilmente era profonda, ma ora sta guarendo. Non è questo il problema, però: i margini del taglio, che prima erano chiusi, si sono riaperti, e riesco a intravedere il colore rosa scuro della carne, oltre al rosso del sangue. Legolas segue il mio sguardo e anche lui sembra restare senza parole. Mi riprendo velocemente, iniziando ad arrabbiarmi.

-Sei uno sciocco! Perché non ti sei fermato, accidenti?! Stupido, cocciuto di un elfo! Adesso, oltre a farti male, ci vorrà ancora più tempo per farla guarire! Ma perché diamine i maschi sono tutti così stupidi, decerebrati, ebeti...

-Va bene, va bene, ho capito, grazie- mi interrompe lui, seccato. Non vuole che gli dia dello stupido? Ma se lo è non ci posso fare niente, io!

Sospira e cerca di farmi lasciare la presa sulla stoffa, ma lo fulmino con un’occhiataccia e si arrende rapidamente. Sospiro io, stavolta, e mi alzo, afferrandolo per il braccio e costringendolo a seguirmi. Lo trascino verso casa, cupa, borbottando tra me e me tutte le ragioni per cui le donne sono più intelligenti degli uomini, e a un paio di uscite sento Legolas ridere. Il che non dovrebbe affatto farlo ridere, visto che il gruppo uomini comprende anche lui.

Haldir e Merida sono ancora seduti sui gradini della veranda, e ci fissano con delle espressioni a metà tra lo stupito e lo sconcertato. Sventolo una mano in aria per far loro segno di spostarsi, e saggiamente l’elfa si toglie dalla mia traettoria.

-Ma dove lo porti questo poveretto?- Mi chiede Merida, mentre mi guarda trascinare l’elfo in casa.

-A curarsi! Ed è tutto fuorché un poveretto!- Ribatto seccata.

Faccio finta di non sentire il sussurro di Haldir e sbatto poco elegantemente la porta dietro a Legolas. Lo fulmino con un’occhiataccia che sembra divertirlo, più che altro. Sospiro scuotendo la testa e torno a posargli la mano sull’avambraccio, ma senza stringere, stavolta. Mi limito a condurlo in cucina e lo faccio sedere sulla sedia morbidosa, quella dove ci si sprofonda letteralmente dentro, la mia preferita.

Sospira profondamente, mentre cerca inutilmente di convincermi a lasciar perdere. Non lo ascolto neppure, mentre mi arrotolo fino ai gomiti le maniche della maglia e lego i capelli in una coda alta e disordinata. Prendo uno straccio candido e lo bagno nell’acqua per poi strizzarlo. Mi volto verso l’elfo, che mi guarda con un’espressione mogia. Mi avvicino e mi chino sulla sua spalla. Poso con più delicatezza possibile la stoffa sulla ferita, ma nonostante tutto lui sussulta lo stesso. Alzo subito gli occhi e incrocio il suo sorriso luminoso ma tirato.

-Vai avanti- dice a bassa voce, guardandomi negli occhi per qualche istante prima di tornare a fissare i miei capelli. Sospiro e continuo a togliere il sangue dalla sua spalla, che sta diventando rapidamente secco. Il lavoro è un po’ scomodo visto che sono in piedi e lui è momentaneamente più basso di me. Nonostante sia sicura che gli sto facendo male Legolas non emette un suono e continua a sfoggiare una maschera neutra. Quando finisco di pulire la ferita mi mordo il labbro, cercando di decidere se devo mettergli dei punti o no. Opto per la seconda opzione, e mi dirigo verso l’armadio per prendere le bende.

-Non ti metto dei punti, ma per una settimana dovrai stare fermo senza allenarti, né con l’arco né con la spada o pugnale che sia- dico mentre mi allungo per afferrare il rotolo di strisce bianche, ma non ci arrivo. Sbuffo seccata, ma con mia grande sorpresa una mano arriva in mio soccorso. Trattengo il respiro mentre sento dei capelli sottili solleticarmi la nuca, e mi scappa un sorrisino nervoso mentre deglutisco, improvvisamente agitata. Legolas afferra le bende senza problemi e me le porge, circondandomi con un braccio ma senza sfiorarmi neppure. Le afferro, col cuore a mille, e mi volto. Siamo davvero davvero vicini, e la mia piccola statura si fa ben vedere, tanto che sono costretta ad alzare la testa per guardarlo in faccia. E’ serio, ora.

-Penso che faresti meglio a toglierti la camicia- dico, e ringrazio il cielo perché la mia voce non ha tremato più di tanto. Lui annuisce senza dire niente e rapidamente se la sfila. Volevo che restasse mezzo nudo? Bene, eccomi accontentata, accidenti. Che imbarazzo...

I suoi occhi blu non mi perdono di vista un’istante, mentre allungo le mani e gli fascio la spalla. Sono davvero imbarazzata, sì... ma non ho tempo di pensarci, perché appena finisco il lavoro, prima che posso inspirare, la porta si spalanca e ci voltiamo di scatto verso Ronim. Sgrano gli occhi.

Ha in mano la sua spada, sporca di sangue, e i suoi occhi di ghiaccio scintillano di furore. Ha un taglio sulla guancia, ma non faccio in tempo a chiedere niente, perché mi lancia una spada che afferro prontamente al volo, e mi fa cenno di seguirlo. Non esito, ignorando i richiami di Legolas, e corro verso le stalle, col cuore che batte a mille. Mitya e Grey, il cavallo di Ronim, sono già pronti. Aragorn e Haldir stanno litigando con Merida per sapere cosa succede. Mi basta un’occhiata per capire che l’elfa sa già tutto. Corro verso la mia cavalla, mentre Ronim tuona, zittendo tutti: -Silenzio!!

Salgo in sella con un salto, e sprono Mitya al galoppo, verso il sentiero dietro la casa. Il cuore batte a un ritmo assurdo, ma non ho paura, sono completamente calma. Ho già vissuto questa situazione, so già cosa fare. Mi abbasso sul collo della cavalla mentre corriamo tra gli alberi, schivando massi e rami. I capelli mi frustano il collo, e ringrazio mentalmente qualche dio a caso per essermeli già legati e non aver perso ulteriormente tempo.

Dopo qualche minuto Mitya sbuca nello spiazzo erboso davanti alla grotta. Sfilo dallo stivale un pugnale da lancio e seguendo l’istinto lo tiro. Centro. Il Viandante cade a terra, ma tutti gli altri, una ventina circa, si voltano verso di me. Buona notizia: ho distolto l’attenzione dall’entrata della grotta. Cattiva notizia: i mercenari adesso mi si stanno precipitando addosso. Senza scendere da Mitya mi allungo e stacco la testa ad uno di loro. Il sangue schizza  in aria, tracciando un arco, e mi schizza i vestiti e il braccio, ma non me ne curo. Mozzo la testa ad un altro, ma mi sento afferrare per la caviglia e piombo a terra. Mi rialzo subito, sebbene abbia quei giganti addosso. Volteggio e infilzo la gola di uno, mentre col pugnale nell’altra mano faccio fuori un altro dietro di me. Poi però ricevo un calcio nello stomaco che mi fa volare qualche passo più indietro. Non mi lascio scoraggiare e rotolo su me stessa, imprecando mentalmente per non aver preso la frusta. Torno in piedi e guardo senza battere ciglio il Viandante che mi sta venendo incontro, con un ghigno in faccia a dir poco disgustoso. E’ l’unica cosa che riesco a capire, perché il suo volto è coperto da una maschera di legno intagliata. E’ grande almeno il triplo di me, e non ho molte speranze di uscirne viva, stavolta. Scatto in avanti e affondo la spada nella sua gamba, e lui urla, assestandomi un pugno in piena faccia. Mollo la presa prima che mi tranci la testa e roteando la spada taglio un braccio ad un altro dei mercenari, che urla di dolore, accasciandosi su se stesso. Mi hanno circondata, e con la coda dell’occhio vedo uno di loro che sta per lanciarmi un pugnale dritto nella testa, quando con un urlo di rabbia Ronim si avventa su di lui e lo uccide. Prende a parare colpi, attaccare, tagliare braccia, gambe, tutto quello che ha portata di mano, e alla mia sinistra vedo Merida che con la ma frusta ammazza un Viandante grosso il doppio di lei. Sorrido e mi concentro su quello che ho davanti, piegandomi in avanti. Ha una vaga espressione sconcertata, per quel che mi sembra di capire. Poi però ghigna e si avventa su di me. Balzo di lato e mi chino, schivando un colpo che mi avrebbe aperta due, e approfitto dell’improvvisa mancanza di equilibrio del mio avversario per affondargli fulmineamente la spada nel fianco. Urla con tutta la voce che ha e mi si getta addosso. Stavolta non riesco ad evitare che mi cada addosso. Cento chili di muscoli mi schiacciano a terra mozzandomi il respiro e facendomi perdere la presa sulle mie armi. Ho la vista annebbiata e non riesco a respirare, e sento la risata selvaggia del Viandante risuonarmi nelle orecchie, insieme alle urla di disperazione di Ronim e Merida.

Poi... il suono più inaspettato e gradito di tutto il mondo. Un ruggito potente, che mi entra nelle ossa e mi fa tremare i denti, scuotendo il terreno e gli alberi. Scoppio a ridere, mentre il mercenario viene sollevato in aria e carbonizzato da una vampata di fuoco che mi resta impressa negli occhi contro il cielo azzurro. Altre risate si uniscono alle mie, e una mano forte e premurosa mi afferra e mi stritola in un abbraccio. Poso la testa sulla spalla di mio padre mentre guardo i due occhi viola, degli occhi grandi, con le pupille come quelle dei serpenti, emergere dal buio della grotta. Le scaglie azzurre del collo sinuoso e affusolato di lei brillano e riflettono la luce del sole, mentre esce lentamente dalla sua caverna. Il muso appuntito, triangolare, si alza in alto, al cielo, e le ali si spalancano per sentire il soffio del vento. Il corpo massiccio e slanciato allo stesso tempo di Athma emerge dal buio, e la guardo sorridendo. Davanti ai miei occhi si staglia una creatura leggendaria, temuta, odiata dai più e amata da noi pochi. Rido felice, stringendomi tra le braccia del mio mentore, mentre guardo la mia protetta sbuffare e ridurre in fiamme il corpo dei Viandanti con il suo fuoco.

E’ lei, la ragione per cui Ronim mi ha adottata.

E’ lei, la mia ragione per vivere e combattere.

E’ lei.

La mia dragonessa.


AnGoLo DeLl'AuTrIcE:
Allora, buona sera!
In realtà, devo ringraziare una persona che mi ha spronata ad accelerare le cose: Hareth.
Ora, spero vivamente di non essere risultata banale inserendo nella storia un drago... anzi una dragonessa. Anticipo che non è affatto come Smaug, non custodisce tesori, ma ha tutt'altro scopo. Quale? Vedremo nel prossimo capitolo! 
Che ne dite? Recensite per favore, rinnovo l'invito a chi legge silenziosamente! Mi farebbe piacere avere un vostro parere! Non mordo mica! Voglio tutto: impressioni, critiche e suggerimenti sono bene accetti. Ultima cosa
: ecco un'immagine del lago di Vanny... avete presente, dove si è addormentata in braccio a Legolas!


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Capitolo 10
*** Capitolo Dieci: Sospetti ***


Senza perdere tempo Ronim, tra le mie proteste, mi prende in braccio e mi porta nella grotta, seguito da Merida. Athma resta fuori a finire il suo lavoro, bruciando i corpi dei mercenari.

Sbuffo, ma so bene che mio padre non mi lascerà andare finché non si sarà accertato che io stia bene. Dentro, la caverna è buia e si riesce a malapena a vedere le pareti rocciose; nonostante questo Ronim procede sicuro lungo il sentiero di pietra che costeggia le mura della grotta. Poggio la testa sulla spalla di mio padre mentre finalmente scendiamo sul pavimento. La grotta è divisa a metà: da una parte c’è lo spazio di Athma, dall’altro il nostro. Una luce improvvisa colpisce i miei occhi, accecandomi per qualche momento: Merida sta accendendo le torce ancorate alle pareti, illuminando l’ambiente. Mi guardo attorno, non è cambiato niente. La roccia è sempre ricoperta di graffi e artigliate e alcune bruciature.In fondo, un cerchio più scuro di pietra liscia delimita lo spazio dove Athma è solita dormire. Nell’angolo opposto, invece, ci sono un letto e delle coperte, dove Ronim mi deposita con delicatezza. Si dirige alla fontanella d’acqua naturale distante da noi pochi passi e immerge le mani sotto il flusso, pulendole da sangue e terra. Poi posa la spada lì accanto e va alle mensole nell’angolo, dove prende delle bende e un paio di stracci che inumidisce. Torna da me e comincia pazientemente a pulirmi un paio di tagli sul braccio e sulla gamba. Brucia, ma non dico niente e guardo la figura slanciata della mia amica, in alto, che salta da un sasso all’altro per evitare il sentiero e raggiungerci velocemente. Atterra con grazia e mi corre accanto. Si siede di fianco a noi e mi prende la mano, scrutandomi con occhi malinconici. Lei sa tutto, fin da quando l’ho saputo io. Nonostante abbia avuto a che fare con la dragonessa non è mai scappata via come una persona normale avrebbe fatto. Anzi, ha tenuto il segreto.

Sospiro e trattengo un gemito mentre Ronim stringe le bende sull’avambraccio. Una figura oscura l’ingresso della caverna e con un singolo salto Athma è davanti a noi, quando io ci avrei messo cinquanta passi per arrivare qui. Si acciambella davanti a noi tre e posa la testa sulle zampe, guardandoci con i suoi occhioni viola. La coda si agita avanti e indietro, come quella di un gatto. Le sorrido, e in quel momento Ronim sfrega con troppa forza il taglio sulla gamba e gemo. Lei alza subito il lungo collo e si allunga verso di me.

-Scusa, Vanny- dice Ronim, e gli sorrido per fargli capire che è tutto a posto. Apre la bocca per dire qualcosa, ma Athma gli sfiora la spalla con il muso, grande quanto il busto di mio padre. Lui si scosta e le lascia campo libero, con una faccia rassegnata, e Merida scoppia a ridere. E’ bellissimo vedere come una dragonessa riesca a sottomettere mio padre. Comunque, Athma abbassa la testa e sbuffa sulla mia coscia. Il suo fiato caldo mi fa rabbrividire, ma è una sensazione piacevole, e intravedo una nuvoletta dorata avvolgersi sul taglio e richiuderlo lentamente, per poi far svanire la cicatrice senza provocarmi del dolore. Sorrido alla mia piccola e le accarezzo le squame tra le narici.

-Grazie- sussurro sorridendole con dolcezza.

Lei mugula, e per sbaglio la sua coda va a sbattere contro la parete. Un po’ di roccia crolla, e trattengo una risata.

Athma è ancora piccola, un cucciolo. Ha pochi anni, ma sta crescendo più rapidamente del normale, forse perché è più portata alla magia degli altri draghi prima di lei.

Ronim ridacchia e si alza, grattandola sotto al muso. Lei lo ricompensa con uno sbuffo in piena faccia.

-Grazie, piccola. Anche per essere intervenuta e aver salvato Savanna- aggiunge serio.

Athma rialza la testa e lo guarda con i suoi limpidi occhi viola, che nella poca luce della caverna brillano come diamanti.

Savanna è la mia Custode e mia sorella, come avrei potuto non intervenire? dice la sua voce nelle nostre menti. Il suono della sua voce è giovane, cristallino, come quella di un bambino troppo cresciuto, e al tempo stesso riflette la saggezza della sua razza.

Ronim sorride senza dire nulla, e mi guarda con occhi severi.

-Né Legolas, né Haldir, né Aragorn dovranno sapere di lei.

Annuisco, e lui si volta ed esce dalla grotta, probabilmente a cercare i cavalli. Ronim ha ragione, Legolas mi ha accennato che in passato ha vissuto un’avventura con un drago avido. Ma Athma non è come quel drago, lei non custodisce tesori, non è avida, e soprattutto è piccola. Se scopriranno della sua esistenza cercheranno di ucciderla, e allora sarà una catastrofe. Perché, oltre a minacciare l’unico essere che protegge questa Terra dai mercenari assassini impedendo loro di oltrepassare le montagne minacceranno la mia famiglia. E io mi ritroverei a dover combattere control Legolas, Haldir e Aragorn. E come potrei, ora che siamo amici? Sospiro, affranta, e Merida mi abbraccia, capendo al volo cosa non va.

Dopo qualche minuto mi sciolgo dall’abbraccio e dò un bacio sul muso alla dragonessa.

-Torno presto- le prometto prima di avviarmi verso l’uscita, preceduta dall’elfa.

Lei ringhia giocosamente alle mie spalle, come per avvertirmi che farò meglio a rispettare la promessa, e mi scappa un sorriso. Mi arrampico sulle rocce senza scivolare e un paio di metri più un alto sono all’uscita. Esco dalla grotta, e socchiudo gli occhi per far sì che si abituino all’improvvisa luce del sole. Ronim è davanti  me, con le braccia alzate al cielo e la testa rovesciata all’indietro. Sta rinnovando l’incantesimo che nasconde agli occhi di tutti la caverna. Mi volto, e concentrandomi riesco a vedere dei tentacoli dorati avvolgersi e intrecciarsi, formando una specie di tappeto di magia che nasconde l’entrata.

Un nitrito mi distoglie dallo spettacolo e vedo Mitya corrermi incontro. E’ sana e salva, e mi sento invadere dal sollievo. Si ferma bruscamente e mi dà una spinta col muso. Sorrido e la accarezzo piano, per poi montare in sella.

Legolas:

Sto impazzendo dal nervoso. Cammino avanti e indietro davanti alla casa, mentre Haldir e Aragorn mi guardano rassegnati. Non capisco come facciano a rimanere così calmi, mentre io sto per esplodere. E’ la prima volta che mi sento in questo modo. Sono preoccupato, molto preoccupato, ma non per la situazione, non per il fatto che Ronim era sporco di sangue o che avesse un profondo taglio sulla spalla, no. Sono preoccupato per Savanna. Sono ansioso, e non capisco il perché. Di certo voglio sapere cosa diamine sta succedendo, ma se mi fermo un attimo e penso che magari potrebbe essere ferita, mi sento come se qualcuno stesse cercando di strapparmi il cuore. Stringo convulsamente le mani dietro la schiena, serrando i denti. Non sopporto di non poter fare niente! Ah, come vorrei che Gimli fosse qui, ora. Lui saprebbe cosa fare, o almeno riuscirebbe a tirarmi su di morale.

Haldir si alza e mi si avvicina, posandomi la mano sulla spalla. Quella sana, ovvio. Lo guardo, fermandomi di botto. So cosa vuole. Guardo i suoi occhi grigi e scuoto la testa.

-Non ci riesco, Haldir. Non posso stare calmo. Sono...- esitai.

-Preoccupato- finì lui.

-Sì- soffio, e mi volto, scrollandomi di nuovo la sua mano di dosso. In un paio di passi raggiungo Aragorn e gli prendo la spada. Lui mi getta un’occhiataccia ma lo ignoro e mi volto verso l’elfo, che fa un cenno affermativo con la testa, rassegnato. Sfila la spada dal fodero e iniziamo a combattere. Ben presto il dolore alla spalla si fa sentire, ma stringo i denti e non mi fermo. Sento il sangue bagnarmi di nuovo la pelle e la stoffa della maglia, e sono quasi felice di sapere che sanguino. Perché così posso sperare che Savanna mi rimbrotti un’altra volta, che mi aiuti a curarmi una volta tornata, e magari stavolta potrei baciarla davvero.

Qualcosa mi penetra nella pelle della guancia e trasalisco. Sbatto le palpebre e vedo Haldir che mi guarda a bocca aperta, costernato. Lentamente, abbasso la spada al fianco e mi porto la mano alla guancia. Le mie dita sfiorano qualcosa di umido e caldo. Sento un bruciore inconsistente che mi attraversa lo zigomo. Ritiro la mano e guardo le dita, macchiate di rosso. Haldir mi ha ferito. Questa constatazione mi rimbomba nella mente, stranamente vuota. Haldir non è mai riuscito a ferirmi. Mai.

-Legolas- mi volto e vedo Aragorn davanti a me. Lo fisso, incapace di capire. Haldir mi ha ferito. Perché stavo pensando e mi sono distratto. Perché stavo pensando a Savanna.

Il re mi guarda dolcemente e mi sorride, abbracciandomi. Non lo scosto, appoggio la testa sulla sua spalla. Dovrei essere arrabbiato perché in teoria ho perso, ma perché allora mi sento invadere da un sentimento caldo, così simile all’affetto, ma molto più forte? Perché sto sorridendo?

Non capisco.

-Credo che sia ora di andare a riposarti- dice a bassa voce il mio amico, staccandosi dall’abbraccio. Annuisco e gli porgo la sua spada, che afferra. Poi vado nella mia camera. La casa è silenziosa, troppo. In camera, mi lavo la faccia, eliminando il sangue. Mi tolgo la maglia e guardo con una smorfia la ferita che mi attraversa la pelle come una crepa improvvisa nel terreno. Con un sospiro, tolgo le bende e lavo anche quella, poi mi sdraio sul letto senza rifare la fasciatura. Brucia, ma i tagli guariranno presto. Chiudo gli occhi, e allora un presentimento mi colpisce con violenza, stordendomi, come un fulmine a ciel sereno.

Sta per succedere qualcosa.

Poi sprofondo nel dormiveglia.

 

Mi risveglio di soprassalto, e mi tiro su di scatto. Sbatto le palpebre, confuso. Me lo sono sognato o quello che ho sentito era un ruggito? Sbuffo fino a svuotare i polmoni completamete e inspiro lentamente. Incrocio le gambe e raddrizzo la schiena, tranquillizzando il battito del cuore. Ho bisogno di riprendere il controllo. Pian piano mi calmo, e tutti i pensieri negativi e superflui che mi rimbalzano in testa svaniscono. Resto così per qualche minuto, rilassandomi, poi apro lentamente gli occhi. E sussulto sorpreso. Poi mi sforzo di non arrabbiarmi.

-Gandalf, accidenti! Mi hai fatto prendere un colpo, credevo di essere solo!- Mi lamento, curvando le spalle. Lo stregone sorride senza dire niente. E’ seduto sulla solita sedia a dondolo e mi guarda con i suoi luminosi occhi azzurri.

-Principe, non è colpa mia se sei enormemente distratto dai tuoi leggiadri pensieri. Cosa ti turba tanto nel mio arrivo?

Lo guardo sorridendo.

-Di solito dove vai tu prima o poi arrivano anche i guai, perciò se stai con me non è un buon segno.

Gandalf storce il naso, indispettito.

-Semmai dove vado io avvengono cose interessanti, non guai.

-Dipende dai punti di vista.

Annuisce sorridendo.

-Esatto. Quindi, Legolas figlio di Thranduil, non osare mai più darmi dello stregone portaguai- dice serenamente, alzandosi e avvicinandosi per colpirmi sulla nuca col suo bastone. Faccio una smorfia, portandomi la mano al punto dove mi ha colpito, ma non mi lamento, ben sapendo che potrebbe darmi un altro scappellotto senza problemi. Guardo rassegnato il vecchio mentre prende a camminare pensosamente avanti e indietro, dalla sedia alla finestra. Si appoggia al bastone, segno tipico che sta architettando qualcosa.

-Sai che sono amico di Ronim, no?- Mi chiede di punto in bianco, trafiggendomi con i suoi occhi azzurri.

Annuisco in silenzio.

-Be’, siamo amici da molto tempo. Tanto tempo. Eppure, non so tutto di lui. Anzi, credo di non sapere neanche un decimo di cosa sia lui, e questo mi preoccupa- rimungina aggrottando le folte sopracciglia. Lo guardo. Se lui è preoccupato devo per forza esserlo anche io.

-Ma non sempre si conoscono bene le persone. Ci sono segreti che si custodiscono come tesori e che non vengono mai fuori.

Gandalf si ferma di botto e mi punta il bastone contro, gli occhi tempestosi.

-Stai insinuando che io non conosca Ronim? Ti ricordo, figlio di re, che io sono Gandalf il Bianco. E dovrei sapere se non tutto, molto. Vuoi contraddire?- Faccio segno di no e lui si rilassa.

-Bene, bravo. Ora, stavo dicendo? Ah, sì. Ho il vago sospetto che lui e sua figlia, che poi non è neanche sua figlia, stiano nascondendo qualcosa. Qualcosa di potente e misterioso. Qualcosa di pericoloso. Qualcosa...- aggiunge, ma io non ho neanche ascoltato le ultime cose che ha detto. La mia mente è ferma lì, alla sua terza frase. In che senso sua figlia non è sua figlia? Gandalf deve aver intuito che non lo sto ascoltando e mi fulmina con lo sguardo.

-Oh, uh, Legolas, svegliati...

-In che senso non è sua figlia, Gandalf? Lo interrompo. Lui mi guarda sorpreso, spostando i suoi lunghi capelli bianchi dietro le spalle.

-Pensavo lo sapessi. Savanna non è figlia di Ronim. E’ stata adottata da lui quando aveva tredici anni, e già da prima lui l’aveva scelta come figlia, aspettando che crescesse abbastanza da poterla portare qui. E’ cresciuta con l’elfa, Merida. E’ orfana, in realtà.

Un lungo silenzio seguì le parole dello stregone, mentre io assorbivo quella verità. Era orfana... nella mia mente si formò l’immagine di una bambina dal volto scuro e dai lunghi capelli castano scuro, con riflessi ramati, che sedeva imbronciata su un muro di pietra davanti a un cimitero, sotto ad un temporale. Rabbrividisco, scacciando quell’immagine. Gandalf sospira e mi viene vicino, corrucciato.

-Ma non è questo il punto. Stai attento. State attenti tutti. Non so cosa nascondono, ma se si preoccupano così tanto dev’essere qualcosa di grave, e ho tutta l’intenzione di scoprirlo.

Pronunciate queste ultime, secche parole, se ne va e resto di nuovo solo. Mi prendo la testa tra le mani, e sento proprio in questo momento qualcuno entrare in casa. Qualcuno con un passo troppo leggero per essere un uomo, e di sicuro quel qualcuno non ha l’equilibrio di un elfo, visto che sento un gemito e un’imprecazione piuttosto pesante. Trattengo una risata, e mi alzo, andando alla porta. la apro e aspetto, finché non vedo la ragazza spuntare dalle scale. Cammina tranquilla, ma appena arriva più vicina esco dall’ombra e le afferro il polso. Lei trasalisce e si volta di scatto a guardarmi, ma la tiro a me e la faccio entrare nella mia stanza, chiudendomi la porta alle spalle. Lei mi guarda stupita, ma non è il suo sguardo che attira i miei occhi. Il mio cuore manca un battito. Il viso è sporco di sangue, ormai secco. Ha un labbro spaccato e una macchia viola sullo zigomo, un piccolo livido. Abbasso lo sguardo e vedo che neanche i suoi vestiti sono messi bene. Sono strappati in alcuni punti, sporchi di terra e sangue, e la manica destra della maglia è completamente lacerata. Una fasciatura le avvolge l’avambraccio, il candore delle bende in forte contrasto con il colore un po’ più scuro della pelle. I pantaloni hanno un lungo taglio sulla coscia sinistra, ma non sembra ferita.

La guardo negli occhi e sostengo il suo sguardo, incrociando le braccia, ma al piano di sotto sento tutti uscire e mi distraggo per un attimo.

-Stanno andando tutti al villaggio a prendere cibo e medicine. Gandalf ha detto che dormivi- mi spiega Savanna in poche parole. Annuisco.

-Che cos’è successo?

Rimane in silenzio, le labbra carnose strette in una linea sottile. Mi avvicino a lei, e d’istinto arretra.

-Savanna, cos’è successo?- Ripeto con voce gelida. Un tremito la percorre, ma resta zitta. Oh, avanti... scatto in avanti e le afferro il braccio. Lei sgrana gli occhi, e cerca di scappare via dalla mia presa, ma sono troppo forte. Accidenti, sono preoccupato per lei! Mi rendo conto che così probabilmente peggioro le cose, ma ho davvero paura.

-Savanna, dimmi cosa diamine è successo- ripeto, scuotendola piano. Lei si irrigidisce e nei suoi occhi vedo il dolore, mentre le lacrime le offuscano lo sguardo. Resto basito e mi immobilizzo, mentre lei si trattiene e mi fissa. Lentamente la lascio andare e le appoggio una mano sulla guancia. Mi chino e la prego con lo sguardo.

-Cos’è successo, per favore? Devo saperlo!

Lei abbassa gli occhi, prendendo un sospiro, ma ho il sospetto che stia guardando le mie labbra. Poi fa una cosa che stupisce entrambi. Si alza in punta di piedi e mi getta le braccia al collo, e mi bacia.


AnGoLo DeLl'AuTrIcE:
Ehilà! Volete ammazzarmi? Fate pure! Personalmente trovo che questo capitolo sia davvero orribile. Voi che ne pensate?
Comunque, be', ringrazio tutti quelli che leggono e recensiscono anche. Però devo dire che sono rimasta un po' delusa dalle poche recensioni del capitolo scorso. 
Va be', basta lamentarmi, ed ecco qui un'immagine della nostra Athma sputafuoco:


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Capitolo 11
*** Capitolo Undici: Tigre ***


Guardo passivamente Legolas camminare avanti e indietro. Non l’ho mai visto perdere il controllo così e non avrei mai pensato che potesse succedere sotto ai miei occhi. Sono seduta sul letto, la schiena appoggiata al cuscino, e lo fisso paziente. So bene che se non lo lascio sfogare esploderà. Vari lampi di diversi sentimenti attraversano il suo viso: rabbia, preoccupazione, confusione, mi sembra persino di scorgere una scintilla di gioia, ma viene sostituita subito dalla rabbia. Si volta verso di me e mi guarda con le sopracciglia corrugate.

-Perché l’hai fatto?- Ringhia.

Sospiro, senza prendermela troppo. Come fa a non capire?

-Secondo te perché si bacia qualcuno?

Alza gli occhi al cielo, spiazzato dalla mia risposta, ma l’irritazione evapora dal suo volto, mentre si avvicina a me. Si ferma solo quando siamo distanti pochi millimetri, e io sono costretta ad alzare la testa per guardarlo. Legolas mi prende il volto tra le mani e non riesco a non arrossire. Non sono ancora abituata al tocco morbido e gentile delle sue mani, tutto il contrario delle sue parole taglienti.

Si china e mi guarda negli occhi. Quando parla il suo respiro raggiunge la mia guancia.

-Perché l’hai fatto?- Ripete sorridendo, in un sussurro.

So dove vuole andare a parare e mi arrendo subito.

-Perché mi piaci- ammetto senza vergognarmi, per una volta.

Il suo sorriso si fa più luminoso e si siede sul bordo del letto di fianco a me, accarezzandomi la guancia con uno sguardo improvvisamente intenerito.

-Ti piaccio?

Alzo gli occhi al cielo e lui ride.

-Sì, principino, mi piaci.

Arriccia le labbra in un sorrisetto soddisfatto.

-Bene. Anche tu mi piaci.

E detto questo si china in avanti e mi bacia con dolcezza. Trattengo un sorriso e mi lascio docilmente circondare dalle sue braccia, che si allacciano attorno alla mia vita. Si scosta solo dopo qualche secondo, ma il mio cuore sta già rischiando di esplodere dalla gioia, e guardando i suoi meravigliosi occhi azzurri come il mare poco profondo capisco che è così anche per lui. Mi prende una ciocca di capelli e comincia a giocarci, mentre io mi abbasso e mi rannicchio sul suo petto, chiudendo gli occhi soddisfatta. Appoggia la guancia sulla mia testa e mi abbraccia stretta, mentre le sue dita si immergono nei miei capelli e li districano.

-Sai che hai dei capelli bellissimi?- Mormora con voce pensierosa.

-Mmm. Sì, ora che me l’hai detto.

Ridacchia.

-Leggy...

-Leggy?!- Mi interrompe scostandomi dal suo petto e guardandomi storto. Scoppio a ridere, ha un’espressione a metà tra il disgustato e il divertito che è adorabile.

-Sì! Legolas è un nome troppo lungo, davvero! Perdo cinque secondi soltanto a pronunciarlo- mi lamento. Vedo che l’elfo trattiene un ghigno.

-E mio padre, allora? Thranduil è ben più lungo di Legolas, come nome.

Arriccio il naso, indispettita. Ha ragione, e lo sa. Si morde il labbro per non ridermi in faccia, e allora gli tiro uno scappellotto alla nuca. Fa una smorfia, portandosi la mano al punto dove l’ho colpito.

-Anche tu, ora? Sempre a picchiarmi. Anche Gandalf, prima!

Trattengo un ghigno e gli poso la mano sulla guancia. La sua pelle è fresca, mentre la mia mano sembra bollente.

-Oh, ma davvero? Povero piccolo...- e così dicendo gli tiro un pugno sul petto. Lui incassa il colpo senza fiatare e mi trattiene la mano senza sforzo, afferrandomi per il polso.

-Ehi, lasciami!

-No- risponde sorridendo rilassato. Sbuffo e gli faccio la linguaccia, cercando di colpirlo con l’altra mano, ma mi afferra anche quella. Ride, mentre si alza sulle ginocchia e mi spinge sul letto, facendomi sdraiare. Mi blocca il polsi, tenendoli schiacciati sul letto con il braccio, mentre mi rivolge un ghigno. Mi dimeno, ma sotto il suo peso non posso fare niente, per di più senza le mani.

-Pronta a soffrire- declama l’elfo, e inizia a farmi il solletico.

Dopo mezzo secondo ho già il mal di pancia a furia di ridere e trattengo a malapena le risate.

-Legolas, basta!- Riesco a soffiare mentre mi concede una breve pausa.

Si ferma per qualche minuto, osservandomi pensieroso, giusto il tempo che mi serve per riuscire a calmare il respiro e a rendermi effettivamente conto che lui è sopra di me e che mi guarda con quei suoi occhioni blu...

-Va bene- dice all’improvviso. Sbatto le palpebre, sorpresa, riemergendo dai miei pensieri. Legolas si china e mi bacia rapidamente, per poi rotolare di fianco a me. Lo guardo sorpresa, non pensavo che si sarebbe arreso così facilmente. Ma, del resto, da lui posso aspettarmi di tutto...

Mi rendo conto che si è alzato solo quando sento il materasso sollevarsi e ritorno rapidamente con i piedi per terra.

-Savanna, vieni qui. Devo vedere quel taglio che hai sul braccio- mi metto seduta. La testa gira un po’ ma dopo qualche istante la stanza mette di vorticarmi intorno.

-Ronim...

-Ronim ha fatto un buon lavoro, ma di fretta- mi interrompe lui, afferrando la pezza asciutta sull’angolo della scrivania e immergendola in una bacinella piena d’acqua.

Sospiro e mi avvicino. L’elfo si volta e mi scruta negli occhi per qualche istante, poi un lieve sorriso si fa strada sulle sue labbra e invece di rivolgere le sue attenzioni al mio braccio mi posa la mano sulla guancia e passa lo straccio sul mio viso. Resto ferma, ma non capisco.

-Che fai?

-Forse non te ne sei accorta, ma sei sporca di sangue, che, spero per il bene di Ronim, non è il tuo- mi spiega. Sussulto e lui si ferma un secondo, allontanando la stoffa dalla mia guancia con uno sguardo interrogativo. Sbuffo contrariata. Mi ha baciata mentre sono tutta sporca, che schifo! Io non l’avrei fatto al posto suo. Cioé, non mi sarei baciata in queste condizioni, lui l’avrei baciato eccome. Sto delirando?

Ti bacerei anche se fossi completamente coperta di fango, e sì, stai delirando. Dice la sua voce nella mia mente. Lo guardo male.

-Di nuovo nella mia testa? Sei insopportabile!- Protesto incrociando le braccia, e lui ridacchia, finendo di pulirmi la fronte. Si china e mi bacia la punta del naso umida, mentre i suoi capelli mi solleticano le labbra.

-Lo so- sussurra.

Fa per prendermi il braccio, ma scuoto la testa.

-Che c’è?- Mi chiede preoccupato.

-Credo di essere un tantino sporca, quindi, prima di fare le tue miracolose magie sul mio braccio, preferirei lavarmi.

Sospira e posa lo straccio.

-D’accordo. Ti aspetto qui- dice, e mi bacia un’ultima volta, trattenendo le sue labbra sulle mie per qualche secondo in più del necessario. Poso le mani sul suo petto nudo, rabbrividendo al contatto della sua pelle morbida e tesa, e lo allontano.

-Guarda che se continui così non vado più!

Scoppia a ridere.

 

Il mio adorato quartetto ritorna dal villaggio carico di borse strapiene di cose. Guardo seccata Ronim, che evita di proposito il mio sguardo, cercando inutilmente di evitare una sgridata.

-Ma quante cose avete preso?

Ronim sbuffa, ma in realtà so che ha paura. La cucina è il mio campo di battaglia. Come per lui lo è il suo studio. Aragorn mi sorpassa posando la sacca che trasporta sul tavolo, mentre Gandalf fischietta allegramente, indirizzando un paio di borse volanti addosso al povero Haldir.

-Ops, scusa- ghigna lo stregone, mentre l’elfo gli scocca un’occhiataccia.

Vedendo che hanno già preso a far danni li caccio rapidamente via, sbraitando in modo davvero poco elegante, ed è gratificante vedere come si affrettano ad uscire dalla cucina. Sorrido, mentre prendo a sistemare i cibi e le varie cose che hanno comprato.

Gandalf non si è mosso dalla sua postazione sulla sedia, ma è così silenzioso che non mi sembra quasi che ci sia.

Solo quando comincio a tagliare le verdure comincia a parlare, fumando al contempo la sua pipa.

-Com’è andata la tua giornata, cara?- Domanda affabile. Continuo ad affettare la carota, ma gli scocco un’occhiata per capire cosa vuole realmente sapere. Dal suo volto, sembra niente.

-Bene, direi. Niente di che- dico semplicemente, versando le carote in una ciotola.

-Mmm.

Gandalf sbuffa un po’ di fumo e mi fissa pensoso.

-Sai- riprende dopo un po’ -non sei cambiata poi molto, da quando eri piccola.

Mi irrigidisco. La mia infanzia non è certo una cosa di cui ho voglia di parlare.

-Sì?- Chiedo disinteressata, giusto per educazione.

Lo stregone annuisce convinto.

-Sì. Sempre a darti da fare per tuo padre, a lavorare, ansiosa di imparare. Sempre lo stesso carattere...- mi sorride, e conclude la frase con un sorriso dolce -e sempre incapace di mentire.

Non riesco a non arrossire a queste ultime parole, ma Gandalf continua a sorridere con tenerezza.

-Sono davvero felice.

Resto muta, so che si sta riferendo a me e a Legolas. Lo capirebbe anche uno sciocco.

-Be’- dice all’improvviso -io vado fuori a chiacchierare con Arag...

Non fa in tempo a concludere la frase che Ronim spalanca la porta e irrompe nella stanza, lo sguardo tempestoso. Gandalf si affretta ad uscire dalla stanza dopo un’occhiata con mio padre, che chiude la porta alle sue spalle. Asciugo le mani con uno strofinaccio, guardandolo stupita, mentre posa le mani sul tavolo e abbassa la testa, fissandomi.

-Savanna, stavano quasi per scoprirla.

A quelle parole mi gelo.

-Come?!

-Haldir è andato a curiosare lungo il sentiero. Ha sentito un ruggito di Athma.

Lascio perdere le verdure e mollo il coltello sul tavolo, correndo alla porta. Un braccio si avvolge attorno alla mia vita e Ronim mi trattiene, tirandomi in un abbraccio forzato. Ma io sono in panico, devo vedere se la mia cucciola sta bene! Cerco di liberarmi ma mio padre non fa nessuno sforzo a tenermi buona, con le sue braccia muscolose avvinghiate alla mia vita. Batto con impazienza una mano aperta sul petto di Ronim, con forza.

-Devo andare! Devo vedere se sta bene, Ronim, lasciami andare, e se stesse male?!

-No, ferma. Se vai ora...- si interrompe, bloccandomi contro di lui prima di proseguire, -se vai ora ti seguiranno e la scopriranno di certo. Athma non ha pochi mesi, sa cavarsela.

-Ma è una cucciola!- Esclamo, quasi isterica. Il cuore sembra scoppiarmi dalla preoccupazione. Ronim scuote vigorosamente la testa, accarezzandomi piano una guancia.

-E' un drago- mi corregge lui, inflessibile, gli occhi azzurri che scintillano di sicurezza. -E' un drago e una combattente. La sua giovane età non basterà a farla ammazzare. Loro per ora non rappresentano un pericolo- aggiunge indicando con un cenno del capo il salotto, -e anche se ci fossero altri Viandanti se la caverebbe egregiamente. Non per niente la sua Custode sei tu- dice sorridendo.

Abbasso gli occhi non riuscendo a reggere il suo sguardo. Stringo con forza una mano attorno alla stoffa morbida della sua camicia rossa, e Ronim mi tira a se, abbracciandomi e avvolgendomi nelle sue braccia calde e familiari. Mi bacia i capelli, mentre una sola lacrima scivola sulla mia guancia, assorbita subito dal tessuto che ricopre il petto ampio e forte di mio padre.

-Aspetta. Nella notte potrai correre da lei, ma devi aspettare finché Aragorn e Gandalf non si addormenteranno.

Sospiro, impaziente, ma mi arrendo. Non posso mettere in pericolo ancora di più Athma. Se devo aspettare per accertarmi che stia bene, aspetterò. Farò qualsiasi cosa per lei.

 

Il cuore mi batte forte, all'impazzata, mentre lentamente mi lascio cadere dal balcone. Fendo l'aria, con i capelli che si sollevano attorno a me, e i miei piedi toccano terra con violenza. Piego le ginocchia per attutire il colpo ma una fitta di dolore attraversa la gamba. Impreco mentalmente, raddrizzandomi. Maledico mentalmente il fatto che i due uomini si siano addormentati in salotto, mentre gli elfi sono sulla veranda a chiacchierare con Ronim, che li distrae egregiamente in modo che possa correre da Athma.

Mi volto e senza esitare prendo a correre.

Sorrido, grazie a un incantesimo i miei passi non si sentono. Mentre procedo veloce verso il sentiero dietro alla casa sposto la mano destra sul fodero del pugnale, agganciato ai pantaloni. Salto un masso, ma un secondo dopo mi ritrovo a terra. Soffoco l’impulso di urlare e chiudo gli occhi, portando un braccio davanti al volto, istintivamente. Passano i secondi, e non succede niente. La terra è dura sotto alla mia testa, le foglie sono umide e profumate, il loro odore dolciastro mi riempie le narici. Faccio fatica a respirare, mi è addosso e mi schiaccia a terra. Sposto l braccio e giro lentamente la testa, con il battito del cuore che mi rimbomba nelle orecchie. Sto tremando, anche se non dovrei avere paura. Sento degli artigli affilati penetrarmi nel fianco e trattengo il fiato, mentre qualcosa di duro e peloso preme sul mio ventre e mi fa uscire tutta l’aria dai polmoni. Qualcosa di estremamente pesante. Incrocio i suoi grandi occhi color ocra, con la pupilla blu elettrico come quella dei serpenti. Vedendo che nei suoi occhi non c’è segno di minaccia, mi rilasso, sollevata. La tigre alpina china la testa, grande quando metà del mio busto, e il suo naso rosa mi sfiora la fronte. A quel contatto umido e caldo vedo delle immagini, una serie di parole mute.

Due Viandanti nel bosco, uno ferito al braccio, che brancolano nel buio.

Gli stessi Viandanti a terra, con le gole squarciate, i vestiti intrisi di sangue e gli occhi spalancati dietro alle maschere.

L’entrata della caverna.

Sbatto le palpebre e sorrido alla tigre, che nel frattempo mi ha tolto la zampa di dosso. Mi metto a sedere.

-Grazie- mormoro con voce roca. Ha ucciso i mercenari ancora in vita.

Lei si acquatta e posa la testa sulle zampe enormi e bianche, percorse da striature nere come fulmini. Un ringhio sordo proviene dalla sua gola, mentre la sua coda si alza in aria, dondolando come quella di un gatto. Mi alzo, e con un salto sono sulla sua groppa. Mi chino e stringo la pelliccia folta, mentre si alza.

Le tigri alpine hanno un patto con i draghi e i Custodi, un patto di sangue, lealtà e silenzio. Entrambi, in caso di pericolo, correranno a soccorrere l’altro: sono creature mitologiche che insieme combattono il più potente degli eserciti con poco sforzo. Questo l’hanno imparato entrambe le parti centinaia di anni fa, quando le razze, dapprima nemiche e poi alleate, furono costrette a unirsi per la sopravvivenza contro gli uomini della Valle Grigia, i Viandanti, appunto. Che non hanno mai dimenticato la sconfitta subita e i fiumi di sangue umano versati.

Sento che la tigre si ferma e riemergo dai miei pensieri. Mi ha portata alla caverna di Athma, dove, sulle rocce soprastanti, vedo una macchia chiara e due paia di occhi dorati brillare nel buio della notte, prima di scomparire con un fruscio. Salto giù dalla tigre e la ringrazio con un inchino. Lei sbuffa e china la testa per qualche istante prima di voltarsi e sparire nell’ombra degli alberi in un paio di gigantesche falcate.

AnGoLo DeLl'AuTrIcE:
Buonjour à touts!
Allora, per prima cosa mi scuso se questo capitolo fa schifo, ma non riesco a fare di meglio oggi!, poi, seconda cosa, perdonatemi se non risposto alle vostre recensioni, ma ho qualche problema con la connessione e certe volte mi passa proprio la voglia di stare lì a trafficare! Sappiate però che le gradisco molto, anche se non rispondo!
Ringrazio ovviamente chi legge, ha messo questa storia tra preferiti, seguiti ecc. e recensisce!
L'immagine di oggi è del nostro adoratissimo Legolas... pardon ma non so che mettere, anzi, per il prossimo capitolo ditemi che immagine volete! D'accordo?


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Capitolo 12
*** Capitolo Dodici: Paura ***


Non faccio in tempo a mettere un piede dentro alla grotta che vengo letteralmente assalita dalla mia cucciola. Cado a terra con un grido davvero poco adatto a me e scoppio a ridere nel vedere sopra di me i due giganteschi diamanti viola che Athma ha al posto degli occhi. Scoppio a ridere e allungo la mano, accarezzandole il muso caldo e vibrante.

-Bellissima- sussurro con un sorriso.

Lei sbuffa e il suo fiato mi riscalda piacevolmente il volto.

Bellissima, ripete, facendomi il verso.

Con un sospiro mi metto a sedere e lei si accuccia davanti a me. Poggia il suo muso blu sulle zampe, con gli artigli che grattano distrattamente la roccia. Mi passo una mano tra i capelli, spostandomi una ciocca dietro all'orecchio. La mia piccola dragonessa inclina la testa di lato.

-Tutto a posto?- Le chiedo seria.

Il mio sguardo si sposta lentamente lungo il suo collo, sulle spalle e sulle ali seminascoste dal buio. Non sembra essere ferita.

L'elfo non mi ha trovata, dice la sua voce musicale nella mia testa. Per poco. Però...

Esita, e io la guardo curiosa, mettendomi in ginocchio e cominciando ad accarezzarla piano sul muso. Mi ha sempre rassicurato farlo, e continua a rassicurarmi anche adesso.

-Però?- Le chiedo curiosa, e lei mi fissa. Non ha motivo di nascondermi niente, e lo sa.

Ti stava pensando.

Mi si ferma il cuore in petto. Haldir mi stava pensando? E per quale motivo?

Athma probabilmente intuisce i miei pensieri. O forse li sente proprio.

Si chiedeva perché sembravi nervosa quando ti ha vista. E anche Ronim. E ha pensato che forse nascondete qualcosa. Cioé me, conclude con voce preoccupata.

Sbuffo, svuotando lentamente i polmoni. Accidenti. Haldir c'è andato davvero vicino! Cavolo...

Athma alza il collo, sottraendosi alla mia presa. La guardo sorpresa, sembra triste. Senza neanche aver bisogno di leggere i suoi pensieri sento che si sente in colpa. Sa che la sto nascondendo ai miei amici e che questo mi rende triste.

-Non è colpa tua- la rassicuro, ma lei va ad acciambellarsi sulla grossa pietra nera dove dorme, di solito. Sospiro e la seguo, rischiando un paio di volte di scivolare e spaccarmi un polso. La raggiungo rapidamente e mi siedo contro il suo fianco, che si solleva lentamente a ritmo del suo respiro. Il suo calore mi riscalda, raggiungendo le mie spalle e la mia schiena attraverso gli strati dei vestiti.

Senza dire niente, Athma allunga un'ala e mi circonda. Accarezzo il tessuto membranoso della sua ala.

Credo che dovresti dirglielo, dice la sua voce triste. Sussulto.

-Ma che vai dicendo? Se ti scoprono, se glielo dico, correresti un rischio enorme!

Ma così soffri. Stai nascondendo ai tuoi amici la verità, non è giusto. Anche perché loro stanno già intuendo qualcosa. Non puoi continuare così. Alla fine si arrabbieranno quando scopriranno tutto. Soprattutto Legolas.

Sussulto ancora, più violentemente, e lei ride.

Credi che non lo sapessi?

Arrossisco e soffoco un sorriso. Impossibile nascondere qualcosa a questa dragonessa.

Non posso sopportare di vederti così. Già adesso ti stai lacerando in due. Vuoi dirglielo ma non puoi. Non credi di poterlo fare, perché vuoi  proteggermi. Ma non vuoi mentirgli al contempo, e hai paura della sua reazione quando lo scoprirà, perché lo scoprirà di sicuro, e presto.

Resto in silenzio. Non ci voglio pensare, ma le sue parole sembrano scavare un solco profondo nel mio petto. Nella testa mi vengono in mente i suoi occhi celesti di oggi, mentre mi guardava con dolcezza. E pian piano la dolcezza si perde, sostituita dalla durezza, che mi fa male solo ad immaginarla. Probabilmente quella sarà l'espressione dei suoi occhi quando glielo dirò. O lo scoprirà da solo. Sento lo stomaco annodarsi fino a ridursi alla dimensione di una noce. Mi prendo la testa tra le mani, con le lacrime agli occhi. Nella testa sento le parole che dirà quando lo scoprirà.

Non me l'hai detto. Mi fidavo e non me l'hai detto. Mi hai tenuto nascosta una cosa così. Una dragonessa. Non me l'hai detto. Ti odio.

Prendo un respiro profondo, trattenendo le lacrime, mentre sento il mio stomaco annodarsi. Mi sta venendo la nausea. Sento la gola gonfia, e senza neanche deciderlo sto già piangendo. Soltanto immaginare l'espressione ferita di Legolas mi lacera in mille, minuscoli pezzi. E come sarà, allora, quando saprà la verità? Morirò dal dolore? Porto le gambe al petto e ci stringo le braccia attorno, soffocando i singhiozzi contro le braccia. Sto tremando, e sento caldo e freddo allo stesso tempo. Il gelo mi congela le mani, le dita, il volto, e nello stesso momento un forte calore mi circonda. Solo quando sento qualcosa di duro e liscio contro il fianco capisco che Athma mi è scivolata attorno e mi ha stretta tra le sue ali. Piango per quelle che mi sembrano ore, stretta nel suo abbraccio.

 

L'aria fresca mi punge la pelle arrossata della faccia come mille, minuscoli e dolorosi aghi. Le foglie e i rametti scricchiolano sotto ai miei piedi, mentre procedo nel bosco. Mi maledico senza neanche troppa convinzione per non aver preso Mitya. Ci metterò tantissimo ad arrivare a casa. Magari una tigre potrebbe aiutarmi, ma non sono come cani, non posso chiamarne una con un fischio. E non ce n'è traccia, qui intorno. Sbuffo soprappensiero, strofinandomi le guance con la mano. Gli occhi continuano a lacrimare, e non sono certa che sia soltanto colpa del venticello fastidioso che serpeggia nel bosco. Stranamente, il silenzio ovattato della foresta sembra rispecchiare quello che sento dentro alla mia testa. Le stelle brillano nel cielo, così come la luna, donando un candore strano alle chiome degli alberi. Sospiro, scavalcando un tronchetto caduto, ma grazie alla mia immensa attenzione poggio il piede su una macchia di muschio umido e scivolo. Cado a terra con un urlo, e sento un dolore fittissimo al polso. Mi si annebbia la vista e trattengo il respiro.

-Dio, no! NON ORA!- Urlo con tutto il fiato che ho in gola. Sono in piena crisi isterica, con il polso probabilmente rotto e la caviglia che pulsa e si sta rapidamente gonfiando. Sdraiata a terra, in piena notte e soprattutto da sola e lontana da casa. Mi mordo le labbra a sangue, trattenendo un singhiozzo. Non voglio piangere di nuovo, anche se mi sento annientata. In senso fisico e psichico. Sbatto con poca eleganza la testa contro quello stupido tronco e chiudo gli occhi, cercando di calmare il respiro affannoso. Cerco di richiamare la magia, ma oggi proprio non va niente per il verso giusto. Non riesco a concentrarmi e sono esausta. Dopo vari tentativi lascio perdere.

Chiudo gli occhi e crollo nel dormiveglia. Passano minuti, ore, che sembrano secondi. Poi improvvisamente mi sveglio, con i sensi all'erta. La caviglia fa sempre un male cane, e il braccio, piegato in una posizione forzata sotto la schiena, sembra addormentato. Sospiro e cerco di guardarmi attorno, ma la vista va e viene. I rumori sono meno forti del normale, ma riesco a distinguere una figura alta davanti a me. Bionda. Basta quello a farmi scoppiare a piangere, mentre si china e infila le mani sotto al mio corpo. Tiene la mano sulla mia testa mentre prende a camminare, tenendomi contro la sua spalla. Le lacrime salate bagnano il suo mantello, non sembra farci caso. Tra i singhiozzi riesco a mormorare qualche parola, nel delirio.

-Legolas... ti prego... scusa... scusa... non... non voglio... non volevo... te lo giuro... pe... perdonami, per favore...

Non riesco più a parlare, e lui accelera il passo. Sta correndo, ma io sono ferma, immobile tra le sue braccia forti.

-Per cosa?

La sua voce sembra strana, un po' roca.

-Non... non... perdonami- sussurro, e poi svengo.

Legolas:

Merida, al mio fianco, lancia un urlo quando vede qualcosa alle mie spalle. Mi scaraventa di lato e corre. Sospiro pazientemente, riprendendo l'equilibrio, ma appena mi volto ci manca poco che cada a terra di nuovo. Haldir è sbucato dal buio degli alberi e la tiene in braccio. Sembra non ascoltare Merida, che sta parlando velocemente, ma mi fissa. Mi avvicino lentamente, sperando che sia un incubo, ma le sue ferite non scompaiono. Savanna è svenuta tra le braccia del mio amico, la testa reclinata sulla sua spalla, gli occhi chiusi. Il tessuto della maglia è strappato sulla spalla, dove la pelle è diventata violacea e rossa. Con una rapida occhiata mi accorgo che probabilmente ha il polso rotto, dalla posizione innaturale in cui è piegato.

Haldir distoglie lo sguardo da me per un istante prima di rivolgerlo all'elfa, che sta per scoppiare a piangere.

-Merida, vai ad avvisare Aragorn, Ronim e Gandalf. Vi aspetteremo a casa.

Lei annuisce e si volta, correndo via, e vedo gli occhi di Haldir seguirla finché non scompare. So che vorrebbe correre da lei e rassicurarla, ma quel desiderio scompare non appena torna a rivolgere la sua attenzione su di me, che sto ancora fissando la ragazza, incredulo e dolorante. Vederla in queste condizioni mi sta uccidendo.

-Legolas- mormora il mio migliore amico, allungando appena le braccia. Tendo le mie e afferro questo piccolo corpo, portandolo al petto. Lei si muove appena.

-Andiamo- dice Haldir, e mi afferra per la spalla sana, spingendomi con delicatezza nella direzione della casa. Il suo tono è serio, e capisco che deve dirmi qualcosa, ma non riesco a smettere di guardare inorridito Savanna.

-Legolas, ascoltami.

Con uno sforzo riesco ad alzare lo sguardo su di lui. I suoi occhi grigi sono cupi.

-Mi ha scambiato per te.

Sussulto a quelle parole, non riesco ad impedirmelo. Vado in panico per un secondo, ma lui mi precede.

-Non ha detto niente su voi due, ma ha detto tutto su di te.

-Dimmi tutto.

-Stava delirando, credo abbia la febbre, ma... no, non controllare, ascoltami adesso! Dicevo, ha detto che le dispiace, ti chiede di perdonarla, che non voleva...

-Ma cosa non voleva?- Chiedo, col cuore a mille.

Lui scuote la testa.

-Non lo so, non l'ha detto...

Resto in silenzio senza avere il coraggio di pensare a cosa potessero significare le sue parole. Ho paura. E se... se non mi volesse più? Scaccio quel pensiero dalla mente e stringo la presa sulla schiena di Savanna, che geme nel sonno. Accelero il passo, con il cuore gonfio di preoccupazione.
 

Sono seduto sulla sedia nella camera di Savanna, con la schiena curva e le braccia appoggiate sulle cosce. Fisso il volto angelico della ragazza. Affogata nelle coperte color crema, a pancia in su, dorme con un leggero sorriso sulle sue belle labbra rosa. Sospiro, allungando la mano e afferrandole le dita della mano sinistra. Gandalf con un semplice, piccolo incantesimo le ha aggiustato il polso rotto e la caviglia slogata. Mi passo una mano sul viso, cercando di eliminare la stanchezza. E' primo mattino, e lei non si è svegliata neanche per qualche istante. Proprio mentre fisso la parete azzurrina davanti a me sento le sue dita stringersi appena attorno alle mie. Sussulto e riporto velocemente lo sguardo su Savanna. Ha le labbra contratte, e le palpebre si aprono proprio mentre il mio sguardo si posa su di lei. Mi fissa per qualche interminabile istante, poi cerca di sorridere debolmente.

-Legolas...

Mi sporgo in avanti, e le tappo la bocca con la mano, con uno sguardo severo. In realtà provo un sollievo incontenibile nel vederla sveglia.

-Ssh. Devi riposare.

Lei scuote appena la testa, con i capelli castani che strofinano sul cuscino. La luce debole del mattino le illumina i capelli accendendoli di rosso.

-Non voglio riposare- dice con voce tremante contro la mia mano. Cerca di mettersi seduta e mio malgrado sono costretto ad aiutarla, ben sapendo che farà comunque di testa sua. Mi guarda, poi guarda la mia mano sulla sua spalla. Poi torna a guardarmi negli occhi.

-Legolas...

-Che significavano quelle parole? Haldir mi ha raccontato tutto- chiedo, all'apperenza tranquillo, ma dentro sto ribollendo. I suoi occhi cristallini si spalancano.

-Haldir? Che... che c'entra...

-Era lui che ti ha trovata, non io- le spiego. Lei mi fissa per qualche secondo negli occhi, poi cade all'indietro. Mi alzo di scatto, spaventato, ma mi accorgo subito che è ben sveglia e si è coperta il volto con le mani. Non ne sono sicuro, eppure le sue guance sembrano rosse.

Mi siedo sul bordo del letto e mi chino su di lei. Resto sospeso a una spanna dal suo viso.

-Savanna? Le parole, che significavano?

Toglie le mani davanti al viso e resta scioccata nel vedermi così vicino. I suoi occhi saettano su di me, prima che arrossisca e distolga lo sguardo. Sorrido, non senza una certa punta di malizia. Non riesco a trattenermi, e mi abbasso e poso le labbra su quelle morbide e calde di lei.

Savanna sussulta e apre gli occhi di scatto, diventando viola sulle guance. Mi scosto e scoppio a ridere, è tremendamente tenera. Lei sbuffa e io mi chino di nuovo, inclinando la testa di lato. Lei sorride e si alza sui gomiti, mentre le nostre labbra si sfiorano con dolcezza.

La ragazza si alza sui gomiti e il suo braccio esile mi circonda le spalle, e con un gesto spontaneo le stringo piano il fianco, circondandole la vita con il braccio. Lei schiude le labbra e mi lascia approfondire il bacio. Sento quasi il cuore che mi scoppia, mentre mi afferra le spalle e mi tira giù, facendomi semisdraiare su di lei. Inspiro il suo profumo di pulito e sapone, a cui ha provveduto Merida, e interrompo il bacio con un sorriso. Chino la testa e la poso nell'incavo della sua spalla morbida. Scostando le coperte mi accorgo che indossa solo una veste bianca, leggera, morbida e spessa allo stesso tempo. Savanna sospira profondamente, mentre mi sdraio al suo fianco. Mi cinge con un braccio, accarezzandomi i capelli, mentre io faccio lo stesso. Prendo a disegnare rapidi cerchi sulla sua pancia piatta, e con la testa che va su e giù a ritmo del suo respiro. Chiudo gli occhi, mentre lentamente il suo calore raggiunge anche il mio corpo, scaldandomi a dovere. Sento le sue labbra sfiorarmi la fronte, e non riesco a fare a meno di posare un bacio sulla pelle fresca della sua spalla.

-Legolas...

-Ssh. Zitta. Stai zitta. Voglio solo stare qui, con te.

-Ma...

Mi alzo sollevandomi sul gomito e la zittisco con un bacio. Lei mugula, ma accetta di buon grado il mio gesto improvviso. Mi scosto, lasciandola contrariata, lo vedo dai suoi occhi. Allungo la mano e le scosto un piccolo ricciolo dalla fronte.

-Silenzio, amore. Silenzio.

Lei sussulta, guardandomi meravigliata.

-Come mi hai chiamata?

-Amore- ripeto con un sorriso. Lei lo ricambia.

AnGoLo DelL'AuTrIcE:
Seraaaaa!!!!!
Lo ssssssssssssssssssssssssssso sto capitolo è un miscuglio di varie robe che non oso classificare, ma spero vi piaccia, e vi avverto, VOGLIO ALMENO 4 RECENSIONI SE NO NON CONTINUO!!! Voglio impressioni nuove, critiche! Ehi, però chi recensisce sempre non è affatto sgradito, eh ;D
L'immagine... ne piglio una veloce che sono stanchissima... sapete, non fare niente tutto il giorno è stancante :) meno male che non hanno iniziato a darci i compiti, e sì che sono al liceo classico!
Be' sto divagando quindi, l'immagine:


 

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Capitolo 13
*** Capitolo Tredici: Ferite e verità ***


Savanna:

Sto dormendo pacifica nel mio letto quando sento all’improvviso una sensazione di panico frmi trasalire. Mi sveglio di soprassalto e spalanco gli occhi, boccheggiando. Sono tutta sudata, i capelli sono appiccicati al collo e gocce calde mi imperlano la fronte. Mi alzo di scatto, scalciando le coperte. Mi maledico per non aver messo i pantaloni per dormire, indosso solo una maglia. Con mani tremanti mi infilo i vestiti e afferro la mia spada, i pugnali da lancio e la frusta.

Sento una sensazione di terribile inquietudine, pronta a esplodere nel terrore da un momento all’altro. Non raccolgo i capelli, non ho tempo. Il cuore batte a mille.

Mi precipito fuori dalla mia stanza e scendo le scale di corsa. Nel salotto non c’è nessuno grazie al cielo; vorrei disperatamente svegliare Ronim, ma so che non ho tempo. La tensione cresce nel mio petto, facendomi sudare e facendo battere il cuore all’impazzata.

Mi precipito fuori, ma prima di riuscire a correre verso le stalle mi sento afferrare per la vita. Trattengo un urlo e sollevo istintivamente il pugno, ma una mano d’acciaio mi blocca. Rimango paralizzata a fissare gli occhi limpidi e cristallini di Legolas, che risplendono nel buio della notte senza luna. Mi tiene ferma. Non mi muovo, ma so che se provassi a dimenarmi mi tratterrebbe senza sforzo. Come se fossi una bambina di cinque anni.

I suoi occhi scrutano il mio volto, poi si abbassano e sento il respiro mozzarsi. Cerca con attenzione e calma i bendaggi che mi fasciano le vecchie ferite, non ancora rimarginate del tutto. Ma io non posso preoccuparmi delle mie ferite ora!

-Legolas...- vorrei poter dire di riuscire a parlare con voce calma e tranquilla, ma non è affatto vero. La voce mi esce in un sussurro spezzato, istintivo.

Lui china la testa e appoggia la fronte sulla mia. Il mio respiro rallenta quando il suo odore mi avvolge come un caldo abbraccio amorevole. I nostri occhi mantengono il contatto. Non smetto di guardarlo, altrimenti cederei al panico.

-Dove stai andando, piccola Vanny?- La sua voce è come una ninna nanna. Mi calma i nervi e mi rilassa. Chiudo gli occhi, e la mancanza delle sue iridi di ghiaccio è come una secchiata d’acqua fredda in faccia. Il terrore esplode in me, un terrore disumano, più grande, più forte di quanto io possa sopportare.

Mi accascio a terra, tra le braccia di Legolas. Ho gli occhi spalancati, ma non vedo. E’ tutto buio, mi sento bruciare, ferire, sento caldo e freddo. Sono disorientata, spaventata. Questo buio non mi appartiene... ho paura... tanta paura... piango, piango, e non me ne vergogno. Sono sola! Sola!! Dov’è lei? Dov’è mia sorella? Perché mi vogliono fare del male?

-Vanny... Vanny...- mormora una voce preoccupata.

Con uno sforzo tremendo riesco a tornare in me stessa. Sono a terra, con il volto di Legolas chinato su di me. Sto ansimando, non riesco a trattenere l’aria nei polmoni per più di un paio di secondi. Ho il viso bagnato, i nervi a pezzi. Athma!! Athma è in pericolo!

Cerco di alzarmi, ma Legolas me lo impedisce fermamente. i suoi occhi sono severi, nonostante i lineamenti dolci del volto non concordino con la smorfia decisa e preoccupata.

-Stai giù, stai giù! E’ un’attacco di panico, devi calmarti. Calma. Savanna, ascoltami. Guardami! Brava, così, piccola. Ora, respira: inspira. Piano. Trattieni l’aria.

Sento i polmoni bruciare, ma obbedisco alle sue parole. Sto tremando, ma mi fido di lui. Da sola non riuscirei mai a uscire da questo stupido attacco. Legolas mi fa un sorriso d’incoraggiamento.

-Va bene, lascia. Espira. Inspira. Espira. Così...

Volta la testa per cercare aiuto, ma appena non riesco più a scorgere il blu chiaro dei suoi occhi tutto il suo lavoro va in fumo e riprendo a respirare troppo veloce. Si volta di nuovo e si china, piegandosi su di me. I suoi capelli mi solleticano gli zigomi, cadono sulle mie tempie.

-No, Savanna, calma. Fai come me: inspira. Uno. Due. Tre. Espira.

Anche lui fa come me, e in un minuto mi riprendo. Mi vergogno, ma lascio da parte l’imbarazzo e mi rialzo, sostenuta dalle sue braccia forti.

-Legolas... devi... devi aiutarmi- lo supplico, in panico.

Lui mi sorride, ma ha le sopracciglia aggrottate. Fa scorrere piano le mani sulle mie braccia, riscaldandomi. Sto tremando, ma non per il freddo: la sensazione delle sue dita che mi accarezzano la pelle è bellissima, ma non ho il tempo di pensarci.

-Tutto quello che vuoi, per te- dice, e per un attimo i suoi occhi ardono di decisione.

Dio mio, lo amo!!

Ma non è così semplice. Calma. Calma. Devo calmarmi. Prendo un respiro profondo.

-Però... giurami che...

-Che?- Mi incoraggia, accarezzandomi i capelli.

-Che non mi odierai- sussurro pallida. I suoi occhi mi scrutano a fondo, per cercare di capirci qualcosa. Non cedo, e in pochi secondi, vedendo la supplica nel mio sguardo, sospira e annuisce.

-D’accordo- dico sollevata.

-Prendi le armi.

-Perché?- Mi chiede lui, confuso.

Mi volto e comincio a correre verso le stalle.

-Dobbiamo combattere!

 

L’aria sferza il mio volto mentre sprono Mitya al galoppo. Il cuore batte all’unisono con i suoi zoccoli, che sembrano solo sfiorare il terreno per spingere la mia cavalla in avanti. Legolas è al nostro fianco, e i suoi lunghi capelli biondi svolazzano sulle sue spalle. E’ teso in avanti, e le sue braccia sono rigide. So che dovrò spiegargli tutto stavolta, ma non ha nemmeno azzardato una domanda. E’ scattato ed è accorso al mio fianco senza esitazione. Mi chiedo come faccia a meritarmi di avere un’Elfo così al mio fianco.

Riconosco il tronco spezzato sul terreno, e Mitya si ferma bruscamente. Il cavallo di Legolas frena senza fare nessun rumore. Mi volto e incrocio gli occhi calmi e sereni dell’Elfo. Il cure è impazzito, sento le pulsazioni del sangue nella vena sul collo; attorno a noi c’è la calma assoluta.

Mitya sbuffa, pestando lo zoccolo a terra. Scendo a terra, e così fa Legolas.

Sguaino la spada, che nel buio della notte si accende di piccoli riflessi argentati. Legolas si sfila l’arco dalle spalle e lo tende, incoccando una freccia. Sembra così impassibile.

Prendo un sospiro tremante e mi volto.

 

Legolas:

 

Savanna si volta e con cautela inizia ad avvicinarsi al confine dei cespugli. Oltre quelli saremo allo scoperto. Dovrei concentrarmi su ciò che succede attorno a me, ma i miei occhi non riescono a distogliersi dalla figura minuta ed esile davanti a me. I suoi lunghi capelli castani sembrano scintillare alla luce della notte; la mano è ferma, ma il suo petto e le spalle si alzano e si abbassano velocemente. E’ agitata.

Non dovrebbe.

In una battaglia l’agitazione e i riflessi pronti possono salvarti la vita: ma ora ha bisogno di calma. E’ a pezzi. E non può combattere in queste condizioni, rischierebbe di farsi uccidere.

Mi ha spiegato poco. Solo che una sua amica ha bisogno di aiuto. I suoi occhi mi pregavano di non fare domande, e non ne ho fatte. Per lei farei fatto di tutto. Tranne che vederla lasciarsi ammazzare.

Sto per aprir bocca e fermarla, abbassando l’arco, quando con un grido acuto una figura agile salta giù dagli alberi e si avventa sulla ragazza. Una, due, tre, quattro... perdo il conto di quante sono. Lascio la freccia, che si conficca nella gola dell’individuo con la maschera di legno nello stesso istante in cui la spada di Savanna gli squarcia la gola.

Un sibilo risuona alle mie spalle. Senza fare neanche troppa attenzione mi volto e pianto una freccia nella gola dell’uomo; incocco la freccia e uccido un altro, che si accascia a terra senza un lamento. Ma a questo punto i nostri aggressori sono troppo vicini perché possa continuare ad usare l’arco. Senza esitare, ma con un po’ di rimpianto, lo getto a terra e sfodero i due pugnali.

Il resto è tutto una mischia di colpi, parate, ferite. Uccido cinque degli uomini, ma in compenso la ferita sulla spalla, che stava guarendo, si riapre e riprende a sanguinare copiosamente. Un taglio sullo zigomo brucia, così come una ferita sul fianco.

All’improvviso qualcosa mi colpisce alla testa e cado a terra; mi volto di scatto sul terreno, graffiandomi con dei sassi appuntiti, e tiro un calcio allo stinco all’ennesimo uomo. Lui geme di dolore, lasciando la presa sulla sua spada, e con un movimento fulmineo gli faccio lo sgambetto e lo faccio cadere addosso a me. Infilzandolo con il pugnale.

Mi scrollo di dosso il suo corpo e mi rialzo in piedi, ma un colpo alla schiena mi fa cadere di nuovo in ginocchio. Ho perso la presa sulle armi, e non vedo bene. Una sensazione di panico mi avvolge, mentre sento la sensazione terribile di stare per morire, e il mio pensiero va a Savanna. Non la vedo, non so dov’è finita...

Una spada si alza sopra alla mia testa, e trattengo il respiro.

Incrocio gli occhi marroni dietro alla maschera grigia di legno e piume di uccelli; e per un’attimo l’uomo esita, sopra di me.
E l’attimo dopo una tigre gigantesca lo scaraventa via da me, azzannandolo alla gola.

Trasalisco sorpreso e mi alzo, tossendo. Sputo un po’ di sangue, ma non me ne curo. I miei occhi saettano tra gli alberi, finché non incontro gli occhi azzurri di Savanna. Tiro un sospiro di sollievo, prima di notare che che sta tremando, è cerea in volto e sta perdendo sangue da una ferita al petto.

-No- mi lascio sfuggire.

Lei azzarda un sorriso, poi abbassa gli occhi e cade in ginocchio.

Scatto in avanti e la raggiungo in poche falcate, scavalcando i corpi avvolti di nero degli uomini. La prendo tra le braccia, impedendole di accasciarsi all’indietro. Lei posa la testa sulla mia spalla, reclinandola al cielo, e mi guarda, perdendosi nei miei occhi. Il suo respiro è veloce, il volto contratto in una smorfia di dolore. Chiude gli occhi per qualche attimo, poi si forza di riaprirli.

-Brava- sussurro, prendendola in braccio sebbene il mio fianco urli vendetta -continua a guardarmi. Guardami. Sei stata bravissima.

Continuo a parlare mentre mi volto, e mi ritrovo improvvisamente due occhi color ocra, con la pupilla di un azzurro così intenso che mi fa quasi male agli occhi.

E’ la tigre di prima, e resto paralizzato nel vederla a una spanna da me. Il suo respiro  soffia sulle mie braccia, sul corpo ferito e tremante che stringo al petto. Abbasso per un secondo i suoi occhi, poi si volta e comincia a camminare. La seguo senza esitare. I suoi occhi mi hanno intimato di seguirla. Per lei.

Usciamo dagli alberi, e vedo davanti a me una parete rocciosa ricoperta da pesanti intrecci di piante. La tigre albina si ferma davanti; si alza sulle zampe posteriori e ruggisce, appoggiando le zampe anteriori sulla roccia.

Il suo ruggito è potente, forte, mi penetra nelle ossa. E a quel suono le piante si ritirano, si alzano. Resto a bocca aperta: i tralicci di liane e i rami degli alberi si ritirano, avvolgendosi lungo la roccia e rivelando un’entrata nascosta, che sembra brillare di oro.

Oro.

Brillante.

La ragazza che mi aveva assalito allungò la mano e la posò sul graffio che mi aveva fatto sulla gola. Resto senza fiato, sia per la sensazione delle sue dita piccole e calde e sia per una strana sensazione: è come se la pelle tirasse e si ricucisse da sola.

La tigre mi getta un’occhiata e poi con un paio di balzi va via. Savanna cerca di muoversi tra le mie braccia, ma non glielo permetto.

-Legolas...- la sua voce è intrisa di paura e sembra quasi sulla crisi di una crisi di nervi.

Le getto un’occhiata e un sorriso, ma lei non si tranquillizza.

-Legolas, ti prego, non... non...- non riesce neanche a parlare e mi affretto a zittirla.

Il sangue si sta allargando rapidamente in una macchia sulla sua maglia e il suo volto è sempre più pallido. Dannazione.

-Zitta, ti prego.

-No... m... mi... odierai...- mormora in panico. Allunga la mano e si aggrappa al mio braccio.

-No! Non potrei mai!

E con queste ultime parole mi addentro nella caverna.

La prima cosa che mi colpisce è l’odore umido, e in un certo senso piacevole. Il respiro tremante della ragazza mi ricorda che non ho assolutamente tempo.

Con la mia vista da elfo e con l’aiuto della luce della luna, seppur debole, riesco a vedere un sentiero che costeggia le pareti di roccia; davanti a me, una discesa di lastre di pietra lisce e irregolari. Ma non è questo che attira la mia attenzione, né la piccola parte della caverna con una piccola fontanella naturale, un letto e qualche scaffale.

Ma è l’ombra al centro di una grossa lastra di pietra nera ad attirare il mio sguardo. Non capisco cosa sia; poi, all’improvviso, si muove.

E vedo due occhi azzurri scintillare nell’oscurità, mentre un collo affusolato si alza.

Resto immobile, mentre Savanna volta la testa e affonda il volto nel mio petto.

Oh. Dio.

Un drago.

Mi sento avvampare di rabbia.

Che però poi svanisce, rimpiazzata dalla sorpresa, mentre il drago si alza sulle zampe e schiudendo le ali si avvicina di qualche passo. Mi sembra che sia viola, ma non sono sicuro, con questo buio. I suoi occhi azzurri mi incatenano lì, incantandomi. Mi sono quasi scordato della ragazza che porto tra le braccia, ma mi riscuoto dal mio torpore quando la sento parlare.

-Lo sapevo che mi avresti odiato- mormora Savanna con la voce rotta.

Il drago trasalisce alla sua voce e abbassa il muso verso di lei. Faccio un istintivo passo indietro, mentre il drago si blocca, guardandomi con i suoi occhioni azzurri. Sono sospettoso, non ho dimenticato l’esperienza con Smaug. Ma cerco di convincermi che devo fidarmi di Savanna, anche se mi sento terribilmente perso.

-Io non ti odio, ma sono solo confuso. Ma non è il momento di pensarci- dico con fermezza.

Cerco di ignorare il drago, anche se è impossibile, ma mi accorgo che la ragazza sta per svenire. Mi sento invadere dal panico e la scuoto, precipitandomi verso il letto in fondo alla caverna.

In pochi secondi sono lì e ho posato la rgazza sul letto dalle coperte color crema. E' una specie di nicchia nella roccia, calda rispetto alla temperatura della caverna. Savanna geme lasciando il calore delle mie braccia.

-Bende! Ho bisogno di bende!- Impreco, e lei indica con un debole cenno della mano delle mensole. Mi avvicino e afferro i totoli di stoffa bianca. Insieme ci trovo un unguento cicatrizzante e una ciotola con uno straccio. Perfetto!

Prendo tutto e torno da Savanna. Mi inginocchio accanto a lei, mentre il drago si accuccia di fianco a noi. Ignoro il senso di disagio e comincio a sfilare la casacca della ragazza senza problemi. Quando però cerco di toglierle anche la camicia, lacerata e intrisa di sangue, lei geme e si ribella.

-No! No! Quello no!- Protesta con veemenza, sebbene si stia lentamente dissanguando.

-Savanna, non posso fare niente lasciandoti vestita!- Cerco di calmarla, ma lei è in panico e cerca di allontanarmi. Ha il respiro troppo veloce e il suo cuore starà battendo a mille, sprecando sangue, ormai. Sto peggiorando la situazione invece di risolverla.

-No!- Strilla.

Mi chino e le tappo la bocca con la mia. E' l'unica soluzione per farla stare zitta, accidenti!

Lei dopo qualche secondo si arrende e poggia la testa sul cuscino. Lascio andare le sue labbra e lei mi guarda, improvvisamente calma. Le accarezzo la guancia graffiata.

-Lo sai che non lo farei mai- dico a bassa voce, scordandomi completamente del drago che ci guarda -ma sei ferita, e se non faccio niente non ti resterà più neanche una goccia di sangue in corpo. Ti amo, e ti prometto che non guarderò altro che la ferita.

Lei annuisce lentamente, sorridendo debolmente, con gli occhi lucidi.

-Va bene- accetta. -Lo so. Mi fido di te.

Sospiro, nervoso all'improvviso, e lei chiude gli occhi, e lentamente comincio a sfilarle la maglia.

 

Finisco di sistemare le coperte sopra al corpo infreddolito della ragazza. E' caduta in un sonno profondo e non posso che esserne contento. E' ancora notte fonda, ed è esausta. Mi lavo le mani alla fotanella e mi siedo per terra, appoggiando la schiena al materasso dove riposa la mia amata.

Guardo i profondi occhi azzurri del drago, che non si è mosso, e sospiro profondamente.

-So che puoi parlare.

La voce che mi raggiunge nella mente è dolce, cristallina, giovane. Mi stupisco. E' una femmina ed è piccola, giovane. Avrà solo qualche anno.

Lo so che lo sai.

-Allora parliamo- dico, e lei annuisce.

AnGoLo DeLl'AuTrIcE:
Allora scusate se non ho aggiornato prima ma mi hanno dato un sacco di compiti e in più mi sono presa un bel raffreddore più tosse.... :(
ok ok allora sono convinta che sto chapterino non sia granché... ma ditemi voi :)
Aspetto le vostre recensioni.... ed ecco una bellissima immagine del nostro amore...
AAAAH NON VEDO L'ORA CHE ARRIVI LO HOBBIT PARTE DUEEEEEEEEEEEEEE! eheheh sorry ma sn sclerata oggi!
Un bacione!
E un grazie a chi recensisce, ha messo la storia tra preferite, seguite, ricordate o chi legge soltanto... anche se mi piacerebbe sapere nuovi pareri, ricordatelo!
Vi adoro!
Perdonate eventuali errori... e ditemeli che li correggo subito!
<3<3<3


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Capitolo 14
*** Capitolo Quattordici: L'Assassino ***


 

Capitolo Quattordici:
L'Assassino



Ho vaghi ricordi di quand’ero un uovo. Non tutto, non poco.

Mia madre era una dragonessa dell’est.

Verde smeraldo, selvaggia, orgogliosa e leale.

Gli Uomini che vi hanno assaliti hanno diversi nomi.

Mercenari.

Assassini.

Ma io li chiamo Sterminatori.

Oltre questa vallata, protetta dalla magia e da una coltre di nebbia, oltre queste montagne, c’è un’altra valle. Alberi, fiumi, boschi; creature mitiche e leggendarie vivevano in pace con se stesse e tutti gli abitanti, intelligenti o meno. Noi draghi proveniamo da lì: anticamente si chiamava la Valle Dorata. Mia madre è cresciuta e nata lì.

Le tigri e i draghi vivevano in armonia con le altre specie nella Valle.

Non sembrava possibile che qualcosa potesse sconvolgere l’armonia delle cose. L’armonia della nostra casa. Ove c’era il sole, c’era affetto; ove c’era ombra, c’era pace.

Poi arrivarono i primi uomini. Sorpassarono i confini, i valichi.

E ci uccisero tutti, dal primo all’ultimo. E le tigri. Le nostre nemiche, alleate.

Cinque esemplari:

Mia madre, Vervada, lo smeraldo.

Mio padre, Tyren, il rubino.

Drego, lo zaffiro.

Jarmore, l’oro.

Dream, la dragonessa, l’argento.

E me, Athma.

Io ero un dono degli spiriti. Avevano predetto cosa sarebbe successo. Mi fecero nascere.

Il viola è un colore estremamente raro per i draghi: nella Valle Dorata i draghi viola, o le uova viola, erano molto rari. Sono i padroni della magia, degli elementi.

Vervada rappresentava la terra. Mia madre era capace di creare terremoti, far sorgere montagne con il suo ruggito, o rendere fertile o arida la terra.

Mio padre era il fuoco. Creava la distruzione, gli incendi; scaldava e creava la vita nelle notti di tempesta.

Mi ricordo, attraverso il canto di mia madre, che nelle sere in cui infuriava la tempesta accoglieva nelle sue ali i piccoli draghi, scaldandoli con il calore del suo ventre. Era il più possente dei draghi. Enorme, con occhi dorati. Bellissimi. Mia madre li aveva d’argento.

Drego, il drago blu, con il potere dell’acqua, capace di creare fiumi e torrenti, onde marine, sommergere terre e sollevarle dai fondali marini.

Jarmore: il drago d’oro, con il potere dell’aria, capace di creare uragani con il battito delle sue ali gigantesche, e di distruggerli con il suo ruggito.

Dream, la dragonessa degli spiriti. So che voi elfi non credete particolarmente in dei e forze sovrannaturali. Ma voi lo siete; noi lo siamo. E Dream riusciva a creare contatti con gli spiriti dei morti, a trarne consigli e presagi. Era giovane, ma saggia.

Erano i cinque sovrani.

Le cinque guide dei draghi.

Si battereno per la salvezza della nostra famiglia. Fu tutto inutile. Morirono, o sparirono oltre le onde dell’oceano, tutti i draghi. Uova frantumate. Corpi martoriati.

Il fuoco incendiò gli accampamenti degli Sterminatori. L’acqua li inondò. Il vento li rase al suolo. La terra li seppellì.

Le tigri li uccisero, dilaniarono gli Uomini. Ma non fu abbastanza.

E fu l’ultima vendetta.

I draghi e le tigri furono colti nel sonno. Dai sopravvissuti.

Martoriati.

Urla, sangue, ruggiti, lamenti.

Mio padre fu spezzato: mia madre lo seguì nel baratro che aprì nel terreno per impedirgli di cadere nell’oceano di fuoco sottostante.

Gli altri tre draghi... non so che fine hanno fatto.

Prima della tragedia, mia madre mi aveva nascosta. Nelle nostre caverne. Bada, Elfo: non erano caverne umide, appiccicose, unte. Piene di vermi e bestie e insetti.

No.

Erano le Caverne.

Di pietra, come le vostre case, collegate l’una all’altra. Si viveva tutti sotto lo stesso soffitto, nella stessa montagna. In pace. Andavano tutti d’accordo.

Nella caverna dei miei genitori una minuscola nicchia, invisibile a occhio umano, mi nascose dallo sterminio. Ricordo, nell’uovo, la sensazione terribile di lotte, urla, sofferenza, morte attorno a me. Un drago nasce pronto. L’uovo si schiude quando ci sono particolari condizioni, favorevoli alla vita.

Per anni, giacqui lì.

Poi, lo sentii.

Il primo rumore, da anni.

Passi.

Erano passi. Dopo anni, decenni. Venticinque anni, per la precisione.

L’Assassino perlustrò le nostre caverne. Le ossa dei draghi morti erano ancora lì. Con mia grande sorpresa, lo Sterminatore non le oltraggiò. Si inginocchiò, anzi. Davanti a quelle ossa, che anche lui aveva ucciso. Lo riconobbi. Era uno dei capi che avevano condotto l’attacco.

Uno dei capi che avevano assassinato.

E mi accorsi che piangeva, una lacrima rigava la sua guancia. Ricordo le parole che disse.

“E’ stato tutto inutile.”

Quell’uomo commemorò i caduti draghi, quel giorno. Di caverna in caverna, si inginocchiava e si prostrava a terra davanti a ogni anziano, giovane, cucciolo, uovo a cui era stata tolta la vita.

E quando arrivò nella caverna dei miei genitori, non trovò niente. Ne fu sorpreso. Ma lo fece lo stesso. Si inginocchiò. E rimase lì per minuti, decine di minuti.

E io decisi. Per istinto.

Non so cosa successe. Ma l’Assassino alzò gli occhi e mi vide, su quella nicchia, in alto. Nessun umano sarebbe riuscito a raggiungermi senza spezzarsi l’osso del collo. Ma lui lo fece. Ferendosi, rischiando più e più volte di morire e scivolare di sotto, ma riuscì a raggiungermi. Si issò sulla nicchia. E si tese.

Sapevo che se avesse avuto cattive intenzioni, le sue mani a contatto con me sarebbero bruciate, avrebbero preso fuoco all’istante. Oh, sì, lo sapevo. E sapevo che se fosse accaduto sarebbe tornato tutto come prima. Sarei rimasta per secoli lì, non per pochi anni.

Ma non successe niente di tutto ciò.

Le sue mani sfiorarono il mio guscio, e allora io percepii il rimorso e l’odio. Il rimorso più terribile e doloroso che abbia mai sentito in vita mia, Elfo.

L’uomo aveva pensato di uccidersi. Non avrebbe mai più visto le ali magnifiche, eleganti, possenti schiudersi nel cielo. Non avrebbe mai più visto i corpi eleganti e possenti dei draghi levarsi fino al sole, fino a raggiungere le stelle.

Non avrebbe più avuto paura, non avrebbe più provato sollievo nel sentire i loro ruggiti.

Avrebbe voluto uccidersi, e l’avrebbe fatto, se non mi avesse trovato.

Era venuto lì per farsi perdonare. E io so che i draghi morti l’hanno perdonato da tempo.

Da quando ha affondo frecce e spade nei ventri e nelle ali e nei colli dei morti.

I draghi non provano rancore.

Non lo portano a chi non lo merita.

E lui non lo meritava.

Mi schiusi davanti ai suoi occhi.

E davanti a me, neonata, mi prese e decise.

Mi avrebbe protetto a costo della vita.

Giurò a me e a se stesso che avrebbe rivisto le ali magnifiche, eleganti, possenti schiudersi di nuovo nel cielo azzurro e limpido. Il mio corpo slanciarsi nell’aria.

Ma non lì.

Non in quella valle.

Mi prese, e fuggì, portandomi con se. Mi accudì, e percorse a ritroso il percorso che aveva fatto da ragazzo arrivando nella Valle Dorata.

Tornò in questa valle, trovandola abitata e migliore di come l’aveva lasciata.

Mi crebbe, e prese un’allieva con se.

Lei diventò la mia Custode.

E lo è tutt’ora.

 

Athma mi guarda negli occhi. Io vengo preso dalla nausea e balzo in piedi, dimenticandomi per un attimo di Savanna che dorme alle mie spalle.

-Stai... no... tu stai parlando di...- dico con voce strozzata. No, non può essere.

Ma Athma alza la testa dalle zampe fino a portare i suoi occhi al mio livello. Le sue zanne bianche scintillano nell’oscurità, come i suoi occhi azzurri, immensamente tristi e cauti.

Sì. Di Ronim.

 

Sospiro, accarezzando i capelli di Savanna. Ora non so che pensare, sinceramente. Ronim. Ronim... ha ucciso draghi. Li ha sterminati. O meglio, ha partecipato al loro sterminio.

Be’, in fondo anche ai tempi della Compagnia di Thorin Scudodiquercia io ho partecipato all’uccisione di un drago, seppur in minima parte.

Eppure sentire queste cose mi ha scosso profondamente. Non avrei mai creduto Ronim capace di compiere atti così. Ma del resto, si è preso cura di due... orfane.

E so che vuole bene entrambe, è palese dal modo in cui ha tenuto nascosta la dragonessa e da come guarda sua figlia. Gli si illuminano gli occhi.

Mi chiedo se anch’io un giorno guarderò mia figlia in questo modo.

Ma questa prospettiva mi appare lontana, enormemente lontana. Non riesco a immaginarla, ma so che se si avvererà, si avvererà solo con la fragile forte ragazza che ora riposa accanto a me. Chino lo sguardo, guardando con dolcezza la mia amata. Il volto nel sonno ha un’espressione serena, i lineamenti sono rilassati. Allungo la mano e prendo quella di lei, stringendola. Poso la fronte sulla pelle morbida e fresca del dorso della sua mano e resto così per un lungo periodo di tempo, senza stancarmi di rivedere nella mia mente i suoi occhi celesti.



AnGoLo DeLl'AuTrIcE:
Lo so lo so che questo capitolo (forse) è corto ma è necessaria un po' di storia, non trovate?
Allora. Ve lo sareste mai aspettato da Ronim? Che ruolo pensavate avesse avuto nella faccenda?
Ho scritto di getto, ispirata, e spero di non avervi delusi troppo :(
Nel capitolo però ci sarà mooooooooooooooooolto più romanticismo. 
Spero di farvi felici così ^^
Ah, come vedete ho cambiato un po' la... uhm... grafica.
Vi piace di più così?
Lo ammetto, mi sono ispirata a Likeapanda.
Andate ASSOLUTAMENTE A VEDERE LE SUE STORIE!!
Sono magnifiche!
Sempre in tema Leggy ovvio!
E anche quella di Scarl_Bloom94 (sorry se ho cannato il nome ma è difficile da scrivere!):
La Mezzelfa e il Principe.
Un bacione!
Un grazie di cuore a tutti!
E recensite!
I vecchi recensori che non recensiscono più... :( tornate?
Solo per questo capitoletto! Vi preeeeeeeeeeeeego. 
Un bacio!

 

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Capitolo 15
*** Capitolo Quindici: Problemi ***


Capitolo Quindici:
Problemi


Savanna:

Apro gli occhi, e una luce azzurra mi costringe a richiuderli per non restare accecata. Non provo neanche a guardare di nuovo davanti a me. Resto immobile.

Il tepore delle coperte è rilassante. Le coperte sono morbide, anche se mi danno un po' fastidio sul braccio e sul busto. Sembrano mutare improvvisamente consistenza e diventare strette e ruvide.

Mi accoccolo su me stessa, ma mi accorgo di una cosa.

Oddio.

Non sono coperte.

Sono bende.

Bende.

Mi tornano in mente i fatti della notte prima. Mi avevano ferita. Mi avevano ferita, sì. Al petto. C'era sangue. Tanto sangue. E faceva male. E Legolas... oddio. Un secondo. No!!  Ho lasciato che...

Divento cremisi dall'imbarazzo e spero ardentemente che il terreno si apra e mi faccia sprofondare fino al centro della terra, cosa che ovviamente non avviene. No, non può essere. Non può essere successo davvero!

Invece sì. Per convincermene del tutto sposto il braccio con lentezza e vado a sfiorare le bende. Non sento niente. Premo sul petto, e allora una fitta di dolore mi mozza il respiro, mentre un'immagine mi saetta nella mente. Il mio petto. Squarciato da una ferita profonda e abbastanza lunga.

La ferita è appena sopra il seno, ed è lunga circa una spanna e mezza. E fa un male del diavolo.

-Non toccarla, la fasciatura non è delle migliori, se la tocchi si allenta.

Il mio cuore si ferma per qualche attimo al suono di quella voce calma e tranquilla. Mi sollevo piano, fino a sollevarmi sui gomiti. Davanti a me, seduto a gambe incrociate su una pietra poco distante, c’è Legolas. Ha lo sguardo calmo, per niente turbato. Non sembra essere in disordine, a parte per una piccola fasciatura all’avambraccio. Ha recuperato l’arco da chissà dove, che ora giace appoggiato accanto a lui. Volto lo sguardo, e incontro la figura massiccia di Athma, stesa sulla sua roccia nera, con il muso sulle zampe, appallottolata come un micio. Ha gli occhi chiusi e dalle narici le escono nuvole di fiato caldo, che riscaldano piacevolmente l’ambiente. Sta dormendo.

Osservo l’entrata della grotta; non si vede. Athma l’avrà ricoperta di magia.

-Hai dormito tutto il giorno- dice con voce tranquilla lui. Come se niente lo scalfisse.

Come se non fosse successo niente.

Mi sento avvampare di rabbia. Come può essere così calmo quando invece dovrebbe prendermi a schiaffi?! Quando dovrebbe urlarmi che avrei dovuto dirgli tutto quello che tenevo segreto?!

Invece il suo sorriso lieve è la cosa che mi fa ancora più paura della possibilità che si arrabbi.

Mi alzo a sedere di scatto, fissandolo negli occhi. Lui alza un sopracciglio, sorpreso.

-Cosa c’è?

-Perché? Perché fai così?- Chiedo quasi disperata.

-Così come?- Chiede confuso.

Alzo gli occhi al cielo, sento il sangue scorrere nelle vene riscaldandomi rapidamente. E pensare che ne ho perso almeno metà con la ferita.

-Così!! Perché sei così calmo? Perché non ti arrabbi? Di solito una che nasconde un drago non è una cosa tanto normale! Tanto più che tu hai ucciso un drago!

-Veramente- mi interrompe lui con un sorrisino proprio da... lui -io non l’ho ucciso. E’ stato un uomo- sottolinea.

-E chissenefrega!- Strillo isterica. -Mi merito di essere presa a calci! Ti ho mentito! Su tutto!! Tanto valeva lasciarmi crepare dissanguata piuttosto che farmi impazzire in questo modo! Sei sadico? Perché non mi dici in faccia cosa pensi di me? Perché non mi dici che sono una schifosa, viscida traditrice e che mi odi?! Perché non mi prendi a sberle, già che ci siamo? Legolas, dio santo, ti ho nascosto un drago! Dimmi che mi odi, che non mi ami e vattene! Non puoi essere così... così... sadico! Non puoi lasciarmi dopo! Semmai fallo ora! Dimmi che è tutto finito, se mai quel tutto c’è stato!

Prendo fiato e fisso l’Elfo, che mi guarda attonito. Apro la bocca per intimargli stancamente di lasciarmi andare ma lui schizza con una velocità disumana fino a me. Un attimo prima è seduto imbambolato sulla pietra a guardarmi senza parole, quello dopo mi sta tappando la bocca con la mano, sedendosi accanto a me.

-Uno: Athma sta dormendo, quindi non strillare così forte- dice con calma snervante.

I suoi occhi di ghiaccio bruciano nei miei, e la pelle della sua mano è morbida e fresca contro le mie labbra.

-Due: mi hai mentito? Lo capisco. L’avrei fatto anch’io, fossi stato al tuo posto. Non ti odio, non potrei mai odiarti. Io ti amo, e anche se mi sento un po’ amareggiato comprendo la scelta che hai fatto. Hai fatto bene a nascondermi Athma. Se tu non fossi stata ferita probabilmente avrei cercato di ucciderla. Non ti meriti di essere presa a sberle solo perché hai protetto la tua amica.

Fa una pausa, e intreccia le sue dita alle mie, liberandomi la bocca dalla sua presa. Abbasso lo sguardo sulle mie gambe, ma lui con dolcezza mi costringe ad alzare la testa e guardarlo nei suoi occhi azzurri.

-E se vuoi sapere cosa penso di te, penso che tu sia la ragazza più coraggiosa, bella, leale che abbia mai conosciuto. E ne ho conosciute tante. E- aggiunge con una vaga aria imbarazzata -credo faresti meglio rimetterti sotto le coperte.

Lo guardo confusa per qualche istante, ma poi il suo sguardo scivola sulle mie spalle e capisco cosa intende. Avvampo e balbetto qualcosa, scostando le lenzuola sotto il sorriso che sta cercando di trattenere.

Mi sdraio e appoggio la testa all’avambraccio, piegato sotto la testa. Legolas non ha intenzione di smuoversi dal mio fianco, e ne sono imbarazzata. Non che non mi faccia piacere, ma...

Affondo la faccia nel cuscino morbido mentre lui mi ricopre con le coperte, di nuovo. Il tessuto è ancora caldo, e improvvisamente mi accorgo di aver smesso di avere freddo.

L’Elfo sospira e lo sento scendere dal letto. La mia reazione è automatica, neanche volontaria. Mi volto e gli afferro il braccio. Lui si volta sorpreso, e io arrossisco, ma non abbasso lo sguardo. Ormai, tanto, più imbarazzante di così non può esserci niente. Sento i suoi muscoli muoversi e contrarsi sotto alla mia stretta, ma mi concentro sulle parole che mi escono di bocca.

-Vieni... vieni qui.

Lui sorride debolmente e si siede sul letto, appoggiando la schiena alla roccia. Mi sposto sul fianco facendo il possibile per ignorare il dolore che la ferita al petto mi provoca ad ogni minimo movimento.

Chiudo gli occhi, e incrocio le braccia sul cuscino. Resto immobile, e cala il silenzio tra me e Legolas. Non c’è alcun suono, se non il respiro pesante e caldo di Athma, più in là. Le gocce d’acqua della fontanella cadono lentamente nel cerchio di pietr che raccoglie l’acqua sul pavimento.

Dopo qualche minuto, al caldo e al sicuro, mi sto per addormentare quando sento l’Elfo spostarsi piano fino a restare sdraiato accanto a me. Resta in silenzio, ma so che sa che non sto dormendo. Si limita soltanto a prendermi le mani e stringerle forte, intrecciando le nostre dita e portandosele al petto. Sorrido, sempre ad occhi chiusi, mentre mi bacia piano il dorso della mano.

-Suppongo che Athma ti abbia raccontato la verità- mormoro.

La sua voce non si fa attendere; e con grande sorpresa mi accorgo che il suo tono di voce è quasi dolce.

-Sì.

Sorrido e mi accuccio in posizione fetale. Lo sento sollevarsi impercettibilmente, lasciando le mie mani, poi le sue braccia possenti mi circondano. Sorrido e appoggio le braccia contro il suo petto. Lui sospira profondamente, e sento il suo petto sollevarsi sotto il mio tocco. Mi bacia i capelli e li accarezza, giocandoci con dolcezza, prendendo tempo. Inspiro il suo profumo di menta. Mi rilassa.

-Mi dispiace per quello che è successo- sussurra al mio orecchio dopo un po’. Alzo le spalle, salvo poi fare una smorfia per il dolore.

-Mmh,  fa niente.

-Fa male?- Chiede ancora.

Non rispondo, ma mi sposto più vicino a lui, facendo aderire i nostri corpi. Sussulta al mio movimento, ma non dice niente. Anzi, fa passare un braccio attorno alla mia schiena.

-Savanna?

Sospiro, schiacciando la faccia contro la sua spalla.

-Savanna?

-Non rompere!- Replico seccamente. Poi mi scappa un sorrisino. -Anzi, togliti la maglia.

-Scusa?!- Il suo tono di voce è sconvolto.

-Toglitela!- Insisto, rifilandogli una botta al petto. Mille aghi mi penetrano la carne e mi si mozza il respiro. Dopo qualche secondo torna tutto normale e la ferita ricomincia a bruciare e non a spaccarsi in due.

-Savanna, stai bene? Hai la febbre?

-Sto benissimo! Togliti quella dannata maglia, per favore. Me lo devi.

Legolas sospira e allenta la presa attorno a me, alzandosi a sedere. Sa che se non farà quello che voglio continuerò a insistere finché non cederà. Sento un fruscio di stoffa e il rumore ovattato di qualcosa che cade a terra. Poi si stende di nuovo, e, ragazzi...

-Soddisfatta?- Chiede con voce tagliente.

Annuisco e allargo piano le braccia. Lui sospira, e torna ad abbracciarmi. Poso la guancia contro il suo petto, e chiudo gli occhi. La sua pelle è calda e morbida, anche se sotto ci sono fasci di muscoli. Mi aggrappo al suo fianco, e lui sussulta quando mi appiccico al suo corpo.

-Savanna...- mi ammonisce.

Oh, lo so. Piantala di fare il guastafeste. Però non glielo dico.

Vanny, sorellona, hai la febbre. Non fare cose di cui poi ti pentiresti, rincara Athma.

Alzo gli occhi al cielo, sbuffando. Legolas trattiene il fiato sentendo il mio respiro sulla pelle e lo rilascia in un sibilo elfico. Si sposta piano e il suo braccio va ad avvolgermi il collo.

-Non stavi dormendo, draghetta?- Dico con voce impastata.

Sì, mi hai svegliata tu con le tue strilla, dice con voce disinteressata la mia dragonessa.

-Buono a sapersi- borbotta Legolas, -almeno le impedirai di fare scemenze.

E’ bello sapere che sono utile, Elfo. Ma se non mi sbaglio non ti sei tirato indietro alle sue richieste, e non sono sicura di riuscire a fermare anche te. Quindi, io vado a caccia. Ho fame e non ci tengo a trovarmi ad assistere a situazioni che non mi interessano.

Il tono dolce e scherzoso di Athma fa scoppiare a ridere Legolas. A me scappa un sorriso, ma mi riprometto di farla pagare a mia sorella. Quando starò meglio.

Mentre Legolas ridacchia divertito Athma si alza e con un battito d’ali è fuori dalla caverna. Ci guarda per un attimo, gli occhi sorridenti.

-Ti assicuro, Athma, che non succederà niente stanotte- le risponde il mio Elfo.

Athma lo guarda divertita.

Mai dire mai, Legolas.

E con queste ultime sagge parole si lancia nel cielo.

Sbuffo, sbattendo piano la testa contro il mio Elfetto.

-Bene, è bello sapere che state iniziando a parlare.

Legolas mi guarda con dolcezza.

-Tu ora però devi dormire.

Lo guardo seccata, ma non riesco a tenergli il muso. I suoi occhi sono troppo dolci, e i capelli sparsi un po’ dappertutto ordinatamente lo fanno sembrare un bambino.

-Non voglio dormire- bofonchio.

Lui sorride e si sdraia a pancia in su, fissando il soffitto. All’improvviso sembra malinconico.

-Dovresti, ne hai la possibilità. Mi chiedo spesso cosa siano i sogni. Vivili anche per me- dice tristemente. Resto in silenzio per un attimo, poi mi viene il lampo di genio. Mi alzo sui gomiti e mi sposto sopra il suo petto. Lui mi guarda sorpreso, le labbra dischiuse. Dio...  solleva una mano sul mio fianco per sorreggermi, ma non ne ho bisogno. Poggio le mani ai lati della sua testa e mi abbasso lentamente. I miei capelli gli si spargono sulle spalle.

Sorrido, a pochi centimetri di distanza dal suo volto dolce.

-Allora sognerò te da bambino che tiravi frecce e infilzavi Haldir- sussurro piano.

Legolas ride, abbracciandomi e tirandomi sul suo petto. Posa una mano sulla mia nuca e mi massaggia delicatamente la schiena. Il contatto con il suo corpo duro con il mio, morbido, è la cosa più bella che abbia mai provato.

-Una volta è successo- riflette. Alzo lo sguardo, incrociando i suoi occhi celesti.

-Davvero?

Annuisce e sorride.

-Ero nel giardino interno del palazzo. Mi stavo esercitando, avevo pochi anni. Ho tirato una freccia e per poco non ho infilzato mio padre, che passava di lì. Mi sono beccato una settimana di punizione. Ho dovuto pulire i cavalli dei soldati.

Sorrido, poi le sue dita si insinuano sulla mia fronte, tra i capelli.

-Scotti. Dormi.

Annuisco, e chiudo gli occhi. Stavolta non ho problemi ad addormentarmi, cullata dal respiro regolare del mio Elfo e dalle sue carezze.

 

Appena mi sveglio mi accorgo che c’è qualcosa di strano. Non credo di essere nel mio letto. La cosa su cui sono sdraiata ha una forma strana, ma non ho voglia di pensarci. Sospiro e sposto il braccio per metterlo sotto alla guancia, ma mi scontro con qualcosa di duro. Aggrotto le sopracciglia e mi scappa un lamento. Che cavolo è?!

Apro a fatica gli occhi. vedo qualcosa... di rosa. Che...??

Poi capisco. E a quel punto mi viene quasi un infarto.

ODDIOOO!!!!!

Va bene. Sono calma.

No, affatto.

Come diamine ci sono finita sdraiata su Legolas, che, tra l’altro, non ha la maglia?!

Alzo la testa di scatto e incrocio due occhi divertiti.

-Oh, merda!- Mi lascio scappare. Legolas sorride.

Non sembra affatto a disagio, anzi. Giuro che mi sta venendo voglia di strozzarlo, e che lo faccio se non si toglie quel sorriso di dosso.

-Buongiorno- dice con voce leggermente roca.

Lo fisso per un po’ prima di ricordarmi di parlare.

-Oh. Giorno. Ma...

-Ma?- Mi incoraggia lui, incrociando le braccia sulla mia nuca.

-Ma che ci faccio sdraiata su di te che sei mezzo nudo?- Chiedo tutto d’un fiato. I suoi occhi mi perforano.

-Non ricordi?- Dice semplicemente, e a quelle parole avvampo.

No.

-A quanto pare- cantilena lui, premendo l’indice sul mio petto, appena sopra la ferita -ieri sera... o notte, ti era venuta la febbre, E stavi delirando. Mi hai obbligato a togliermi la maglia e a dormire con te.

Lo fisso di traverso. Non mi ricordo niente. E’ deprimente. Come faccio a sapere che non sta mentendo? La mia mente è un gigantesco buco nero, non ricordo niente.

-Mmh.

Mi alzo faticosamente da lui, che mi aiuta posando le mani sui miei fianchi. Mi siedo sul letto, e mi accorgo di essere un po’ appiccicosa. Poi anche Legolas si alza, e io resto senza fiato.

Oh.

Merda.

Mi alzo in ginocchio e lo afferro bruscamente, trovando non so quale forza, e lo spingo sul letto.

Lui mi guarda sbalordito, ma i miei occhi corrono alla pugnalata che ha sul fianco. E’ lunga un paio di spanne ma non sembra tanto profonda.

-Tu sei un’idiota! Perché mi hai permesso di dormirti sopra?! Avrai sentito dolore tutta la notte!- Esclamo arrabbiata. Lui sospira e si rimette seduto. Stavolta non lo costringo a stare giù. Mi limito a fissarlo arrabbiata e preoccupata.

-Anche se avessi avuto mille ferite ti avrei fatta dormire su di me- ribatte fermamente. Alzo gli occhi al cielo, ma lui mi prende il volto tra le mani e si avvicina finché i nostri visi non sono a pochi centimetri di distanza. Sento il suo respiro caldo soffiare piano sulle mie guance, e immancabilmente arrossisco.

-Comunque, se te lo stai chiedendo, e lo so che te lo stai chiedendo... ti sono stato lontano.

Aggiunge con un sorriso. Chiudo gli occhi, e le sue labbra raggiungono le mie per qualche attimo, prima che si scosti e si alzi. Si dirige rapidamente alla fontanella e alle mensole, da dove prende le bende e l’unguento. Si volta e mi raggiunge di nuovo. Si siede di fianco a me e mi guarda esitante.

-Dovrei rifarti le fasciature.

Mi cadono le spalle e inevitabilmente divento viola dall’imbarazzo. Sento la nausea...

-Ma- si affretta a dire -se vuoi puoi farlo tu... solo non credo che tu ci riesca- aggiunge serio.

Chino la testa fino a nascondere il volto dai capelli. Sbuffo.

-Non lo credo neanche io- ammetto seccata.

-Dai, non guardo nemmeno ora, se ti consola.

 

Athma:

Batto le ali e inclino il muso. Percorro con lo sguardo la foresta. E’ da stanotte che sono in volo sempre sulla stesse zone di bosco e non ho ancora catturato niente. Il mio stomaco si fa sentire, ma ammetto di non avere prestato tanta attenzione a cervi e animali.

La mia mente era occupata a sondare i pensieri della mia Vanny. Si fida dell’elfo, ma io ho paura per lei. Se lui l’abbandonasse morirebbe dal dolore.

Ma per ora non c’è il problema.

Un guizzo tra gli alberi attira la mia attenzione, e senza esitare seguo l’istinto e mi tuffo in picchiata. Un attimo dopo ho azzannato alla zampa il piccolo cervo e sono a terra, sopra di lui, pronta a morderlo al collo, quando un luccichio attira la mia attenzione.

Resto con la bocca spalancata a mezz’aria, mentre i miei occhi colgono un’immagine.

Orecchie a punta.

Arco.

Con un ruggito balzo in avanti e atterro l’elfo, lasciando completamente perdere la mia preda.

L’elfo stringe l’arco, ma con una zampata faccio volare in aria l’arma e gli ringhio in faccia, che mi guarda con gli occhi sgranati.

Resta in silenzio, e lo studio.

Sotto alla mia zampa viola mantiene ancora una certa dignità.

Spalle dritte, braccia forti, testa alta a guardarmi in muso.

Lascio estinguere il ringhio nella gola e abbasso il collo, fino a trovarmi a poche spanne sopra al suo viso.

Sento il suo cuore battere forte.

I capelli biondi, simili a quelli di Legolas, sono sparsi sul terreno.

Gli occhi grigi sono acuti e penetranti. I lineamenti sono duri e regali, contratti in una smorfia.

Non ti uccido, elfo, dico nella sua testa, ma se soffri di vertigini peggio per te.

E mi alzo, prendendolo tra le zampe anteriori, per portarlo da Savanna.

AnGoLo DeLl'AuTrIcE:
Gionno!
Vado di fretta, ma vi dico che spero davvero che sto capitolino vi piaccia....
Arrivano i problemi....
Fatemi sapere che ne pensate, mi raccomando, e scusate se non rispondo alle recensioni ma ho qualche problema con la rete!
Un bacio!

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Capitolo 16
*** Capitolo Sedici: Sarà terrificante. ***


Capitolo Sedici:
Sarà Terrificante.




Legolas:

Taglio con il coltello l’estremità delle bende che avanza dalla fasciatura. La ferita è migliorata molto rispetto a ieri... all’altro ieri, visto che abbiamo passato due giorni a dormire. Ma comunque ci vorrà molto tempo perché guarisca.

Savanna ha lo sguardo basso, e il suo volto è purpureo. Mi dispiace di causarle tanto imbarazzo, ma è necessario.

Non ha più detto una parola. Con un sospiro le alzo la testa e la bacio piano. E’ così rigida...

-Mi dispiace- mormoro affondando il volto nelle onde scure dei suoi capelli.

Lei non mi risponde, ma si muove con cautela e mi abbraccia, posando la testa sul mio petto.

-Scusa- dice con voce mogia.

Aggrotto le sopracciglia, confuso, ma prima che possa aprir bocca un rumore violento e sordo mi fa trasalire, e con me Savanna, che ha una fitta al petto. Geme e si accascia contro di me. Imprecando in elfico la stringo e alzo contemporaneamente lo sguardo, restando senza fiato.

Athma è appollaiata sulla cresta di rocce che delimitano l’entrata della grotta, e sotto di lei, steso a terra, c’è Haldir. Si rialza imprecando.

-Haldir?!

Si volta alla mia esclamazione e sgrana gli occhi.

Un altro gemito di Savanna distoglie la mia attenzione da lui, e mi accorgo che s sangue si sta rapidamente allargando sulle bende bianche.

-No!! Oh, avanti!- Sbotto esasperato, per afferrare la ragazza e stenderla di nuovo sul letto. Lei si contorce in preda alle convulsioni, e faccio del mio meglio per tenerla ferma. Sento dei passi dietro di me e Haldir spunta al mio fianco.

Torreggia minaccioso su di noi. Fissa la mia amata con uno sguardo rovente.

-Cosa significa?- Sibila minaccioso, livido in volto.

Lei cerca di prendere fiato e rispondergli, ma non riesce a respirare. Scanso Haldir e mi inginocchio accanto a lei, mettendola seduta contro di me per aiutarla. Haldir ci fissa gelido.

-Dannazione, Haldir, sta male, aiutami! Dopo ti spiegherò tutto!- Urlo esasperato.

Con un sospiro lui si riscuote e afferra bruscamente Savanna. La guarda negli occhi, e le parla con tono rassicurante.

-Savanna. Guardami. Resisti, non devi svenire. Se svieni non ti sveglierai più. Guardami.

Continua a parlarle, tenendola tra le braccia. Le fa reclinare la testa sulla sua spalla e la fa mettere seduta dritta contro il suo petto. Li guardo, e osservo Savanna riprendere lentamente a respirare con più calma e tornare a colorarsi sulle guance.

Appena sono sicuro che è tutto a posto la strappo dalle braccia del mio migliore amico, mio malgrado geloso, e la adagio sul letto.

Appena lei chiude gli occhi mi sento afferrare per il braccio in una stretta d’acciaio e Haldir mi trascina a qualche passo di distanza.

-Che diamine significa, Legolas?- Si trattiene a stento dall’urlare, e i suoi occhi grigi mi inchiodano lì dove sono.

-Haldir... mi dispiace, ma non lo sapevo...

Lui mi interrompe furioso.

-Come facevi a non saperlo se adesso sei qui?! E poi lei com’è finita in quelle condizioni? E tu? Perché sei ferito? E che diamine c’entra il drago con voi?!

Vago con lo sguardo sul suo volto, confuso, per qualche istante. Come fa a sapere che sono ferito? Poi lui, come se avesse intuito i miei pensieri, mi indica con un cenno della testa e io abbasso lo sguardo. Ah, me n’ero dimenticato. Non ho più la maglia addosso.

Chissà dov’è finita.

Haldir posa una mano sulla mia spalla e stringe con veemenza per farmi tornare alla realtà. Trasalisco e lo guardo con aria colpevole. E’ davvero arrabbiato, accidenti.

-E’ una storia lunga, te la racconterà Savanna... siamo stati attaccati, lei si è ferita e anche io... è merito di Athma se siamo vivi- Haldir mi interrompe scuotendo la testa incredulo.

-Athma? Intendi il drago?

Dragonessa, prego, signor Elfo insopportabile, borbotta lei nelle nostre menti. Soffoco un sorriso, ma il mio amico non ci trova niente di divertente.

-Ah, e ci parli pure? Ti sei dimenticato di Smaug, per caso?

-Lei non è come Smaug!- Esclamo con forza. Haldir stringe gli occhi fino a ridurli a due fessure.

-Sono tutti uguali!

-No! Lei non è avida, non custodisce un tesoro, non cerca l’oro! Lei è l’ultima della sua razza! E’ una cucciola, Haldir!

Ehi!

Continuo a parlare senza prestare ascolto alla protesta di Athma.

-Ha pochi anni! E’ piccola! E la sua storia è già grondante di sangue! Lei ci protegge... e ha bisogno di essere protetta. Savanna ha questo compito, e non ti permetterò di intralciarla.

-E come pensi che possa fare qualcosa, lei, che se ne sta lì, in quelle condizioni? L’hai vista? Non sai neanche se sopravvivrà!

-Lei sopravvivrà, Haldir!!! Non osare anche solo pensare di no!! HO VISTO CON I MIEI OCCHI LA FERITA, HO DOVUTO SPOGLIARLA E PULIRE IL SUO SANGUE, CERCARE DI CURARLA CON NIENT’ALTRO CHE STOFFA ED ERBE! IO LA AMO, E HO DOVUTO VEDERLA ODIARSI PER NON ESSERE RIUSCITA A NON VERGOGNARSI DAVANTI A ME, E PER NON ESSERE STATA CAPACE DI DIFENDERE SE STESSA E ME! Quindi non osare più chiedermi se ho visto in che condizioni è, perché ti giuro che ti pianto una freccia nella spalla!!

Guardo il mio amico con il respiro pesante. Ho i pugni serrati per impedirmi di fare sciocchezze, ma davvero, solo per stavolta, sarei felice di fare a botte con lui.

Chiudo gli occhi e cerco di calmarmi. Sento la gola bruciare; a quanto ricordo, non ho mai perso la calma in questo modo.

 

Savanna:

Stringo i pugni sotto le coperte, rannicchiata su me stessa, in attesa che le urla di Legolas finiscano. Ho le lacrime agli occhi e sto piangendo. Lacrime calde solcano il mio volto, mescolandosi ai miei capelli e al bruciore insistente della ferita. Strano a dirsi, ma in questa posizione mi dà l’impressione di far meno male.

La voce dell’Elfo mi rimbomba nella mente; trattengo l’impulso di tapparmi le orecchie, non servirebbe a niente, le sue parole continuerebbero a tormentarmi.

“Ho dovuto vederla odiarsi per non essere riuscita a non vergognarsi davanti a me, e per non essere stata capace di difendere se stessa e me”.

Ha ragione.

Mi odio.

Quella frase è stata una pugnalata; il tono con cui l’ha gridata è stato il colpo di grazia. Amareggiato. Triste.

Trattengo un singhiozzo e affondo le unghie nei palmi delle mani. Mi odia. Legolas mi odia. No, non è esatto. Odia se stesso per colpa mia. Perché mi vergogno, perché sono debole.

BASTA!!!!

Il ruggito di Athma mi fa sussultare. Rimbomba nella caverna con un’intensità tale da farmi male alle orecchie. Me le tappo, ma sento comunque il ringhio infuriato che segue.

La volete finire?! Avevo sentito che gli Elfi sono intelligenti, ma voi due non lo sembrate per niente! Siete come due cuccioli che si azzuffano per una mela e non prestano attenzione alla mamma che ne ha in mano un’altra! Ve ne state a urlare nella MIA caverna, sotto il MIO tetto, e date fastidio a ME quando state terrorizzando MIA SORELLA!!

Gemo piano. Cristo, no. Athma sta spostando la loro attenzione su di me. Dio, ti prego fa’ che m’ignorino. Sento dei rumori alle mie spalle e il silenzio cala nella caverna. Io non tiro fuori la testa dalle coperte. No.

Ma sento dei passi, alle mie spalle.

No. Per favore.

Una mano si tende e sposta le coperte dal mio viso. Socchiudo gli occhi lacrimanti e scorgo il volto serio di Haldir. Senza dire niente mi fissa per qualche secondo, poi con gesti aggraziati si sfila il mantello dalle spalle e mie lo avvolge attorno, facendomi mettere seduta. Legolas è qualche passo più indietro e i suoi occhi celesti sono fissi sulla mano di Haldir che stringe il mio fianco. Oddio, è geloso?

Non faccio in tempo a chiamare Legolas che mi sento sollevare dal letto, e mi scappa un lamento per una fitta alla ferita.

-Che fai?- Sento il mio Elfo chiedere, con un tono di voce pericolosamente calmo.

Haldir sbuffa, aggiustando la presa sul mio busto. Sento le sue dita premere sopra le bende, sulle costole, e il fatto di trovarmi in braccio a lui mi mette a disagio.

-Dobbiamo tornare a casa sua- risponde.

-Tu vestiti e muoviti, senza sforzare la ferita. Io ti aspetto fuori- aggiunge laconico.

Sento Legolas sbuffare, ma Haldir mi porta via arrampicandosi sulle rocce con un’equilibrio incredibile. Non sembra che si stia stancando a portarmi in braccio, eppure non peso certo come un gattino. Si sforza di farmi muovere il meno possibile, ma mi sento comunque avvolta in una vampata di fuoco.

Una volta fuori l’aria fresca migliora la situazione. E’ il tramonto, il che vuol dire che sono passati tre giorni da quando io e Legolas siamo scomparsi. Mentre lo aspettiamo Haldir mi sorprende; so che è arrabbiato, ma mi fa appoggiare con dolcezza la testa sulla sua spalla. Sento il suo cuore battere forte contro la mia spalla, e quel rumore tenue mi culla lentamente nel sonno.

 

Un bambino sta correndo in un prato verde. Davanti a lui c’è un ampio palazzo dalla forma strana: si intreccia con gli alberi, e vaste scalinate partono da terra e si arrampicano lungo i tronchi massicci. Il bambino corre su per le scale, e svolta in un  piccolo corridoio aperto: sopra alla sua testa minuta le fronde degli alberi lasciano intravedere il cielo sereno.

Il bimbo scende correndo alcuni gradini, dirigendosi verso una figura in piedi, al centro del piccolo giardinetto, davanti ad un ampio tavolo di marmo bianco. L’uomo è di spalle, ma una corona di rami gli circonda il capo, e lungo le sue spalle e la schiena gli scendono i capelli biondi e lisci.

-Papà, papà!

L’uomo si volta, e la veste argentata forma un piccolo cerchio davanti al bambino. Il volto dell’Elfo è severo, gli occhi grigi scintillano e i lineamenti del suo volto sono orgogliosi; ma appena vede il piccolo corrergli incontro il suo volto si apre in un sorriso luminoso.

Uno dei suoi ospiti, un’Elfo dai lunghi capelli neri, dice qualcosa in elfico, attirando l’attenzione del padre biondo, che si volta. Il bambino lo raggiunge e solo in quel momento si accorge dei sei Elfi che lo fissano. Si nasconde dietro al padre, mentre gli altri lo guardano  sorridendo dolcemente.

-Tuo figlio è uguale a te, Thranduil- dice l’elfo che aveva parlato prima, osservando la testolina bionda spuntare da dietro la veste del padre e guardarlo con aria curiosa.

Il visetto del piccolo è liscio e tondo, luminoso come tutti quelli dei bambini. I suoi occhi chiari spiccano contro le guance arrossate per la corsa. I suoi capelli lunghi, incredibilmente, sono in ordine.

-Lo so, Elrond- dice Thranduil, guardando con affetto il piccolo.

Poi si china e prende in braccio il bambino, che sorride. Poi si siedono a tavola e il figlio comincia a giocare con i capelli del padre, che, parlando tranquillamente con gli altri, ogni tanto si assicura con un’occhiata che non faccia danni irreparabili ai suoi capelli.

Un’Elfo con i capelli castani osserva il bambino con un sorriso, gli occhi che scintillano divertiti. Quando cade il silenzio il bambino sposta lo sguardo su di lui e lo guarda curioso.

-Hai dei capelli strani- dice con voce squillante all’adulto, che ride-

-Legolas, non essere maleducato- lo rimprovera Thranduil, e lui abbassa lo sguardo, aggrappandosi alla spalla del padre.

-Scusa- dice con voce triste.

 

Mi risveglio di colpo. Apro gli occhi, e la mia vista è perfetta. Non vedo sfumato grazie al cielo, e non mi gira neppure la testa. Sbatto le palpebre e respiro profondamente. Un intenso odore di tabacco e menta mi entra nei polmoni e sgrano gli occhi.

-Ronim!- Urlo.

Una risata alla mia destra mi annuncia la sua presenza. Volto la testa, ed eccolo lì, seduto sulla mia sedia a dondolo, una caviglia appoggiata al ginocchio. I suoi occhi azzurri scintillano, e sta sorridendo. Ha le mani che sorreggono la sua dannata pipa. Sbuffa una nuvola di fumo nell’aria.

-Spegni quella cosa!- Strillo con tutto il fiato che ho.

Lui ride ma mi accontenta. Si alza, e con la sua elevata altezza mi sovrasta. Lo guardo dal basso verso l’alto, mentre si mette le mani sui fianchi.

-Non azzardarti a farmi mai più una cosa del genere, signorina. Ti voglio un bene immenso, ma adesso vorrei prenderti a schiaffi. Hai la minima idea di che colpo mi sia preso quando ti ho vista inerme tra le braccia di Haldir, e poi quando ho visto che eri bendata? E meno male che c’era Gandalf ad aiutarmi con la ferita! Che diamine, come te la sei fatta, poi? No, non rispondermi, Legolas mi ha raccontato tutto- mi anticipa.

Con un sospiro si passa la mano sul volto abbronzato e si siede sul letto, curvando la schiena. Mi guarda, e non posso fare a meno di notare le occhiaie che compaiono sul suo volto stanco.

-Scusami papà- riesco a dire, mortificata.

Lui sorride, improvvisamente allegro.

-Non importa! Adesso sei qui, pronta per il mio interrogatorio.

Devo avere un’espressione inorridita, perché lui ride e si slancia in avanti, abbracciandomi. Mi ancoro alla sua schiena, stringendo forte mio padre. Mi è mancato un sacco. Inspiro il suo profumo e lui mi bacia i capelli.

-Sono stanca- mormoro.

Che cavolo, una scusa più banale per evitare le sue domande non la potevo trovare, no!

Certe volte vorrei prendermi a schiaffi da sola, senza l’aiuto di Ronim.

-Non puoi essere stanca, hai dormito tutta la notte!- Mi smaschera lui allegramente.

Oddio.

Si scosta e si siede a gambe incrociate accanto alle mie gambe. Inclina la testa e mi fissa con i suoi penetranti occhi azzurri. Trattengo il fiato, pronta a tutto tranne che alla domanda che gli esce di bocca.

-Avete fatto sesso?

Divento viola e con un gesto brusco mi nascondo sotto le coperte.

-PAPA’!!- Urlo a squarciagola.

Dio, sarà terrificante.

 
AnGoLo DeLl'AuTrIcE:
Sera a tutteee!! Come state?
Io bene, e vi assicuro che anche Vanny sopravviverà a Ronim. Forse. XD Allora, ditemi. Vi piace questo capitolo?
Stavo girellando su Internet cercando un'immagine, poi ho trovato quella. Me ne sono innamorata. 
E' il nostro piccolo tenero amorevole Legolas da bimbo, il nostro Leggy del sogno. ^^ L'avevate già vista? Vi piace?
E poi... mi sono divertita una sacco a scrivere questo capitolo. Eh sì.
Soprattutto l'ultima parte.
Spero piaccia anche a voi... fatemi sapere! ;)
Un'ultima cosa:
Questa è un'altra immagine che trovo adorabile di Thranduil e Legolas:


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Capitolo 17
*** Capitolo Diciassette: Gimli ***


Capitolo Diciassette:
Gimli

 


Mi rotolo nel letto senza forze, cercando disperatamente di non sentire le domande pressanti di mio padre. Dio, Dio, Dio! Non ce la posso fare. Mi schiaccio il cuscino sopra alla testa e respiro a fondo l’odore leggero di lavanda delle lenzuola.

-Savanna! Sono tuo padre, rispondimi!

Mi viene da piangere dalla disperazione.

-No! Non ti dirò niente! Ho risposto a tutto quello che hai voluto, ora LASCIAMI IN PACE!- Strillo con tutto il fiato che ho in corpo. Per tutta risposta lui scoppia a ridere. Già, a ridere. Come se non stessi morendo di imbarazzo. E lui se la ride bellamente!

Vendetta.

Voglio vendetta.

In un secondo mi alzo a sedere facendo del mio meglio per ignorare il fastidio pungente alla ferita e lancio il cuscino in faccia a mio padre. Lo prendo in pieno e scoppio a ridere, prima di vedere la sua espressione vendicativa.

-Oh no, Ronim...- cerco di salvarmi mettendo le mani davanti a me, ma è inutile. Mi afferra e mi spinge lunga distesa sul letto, sdraiandosi sopra di me.

E allora inizia la tortura.

Inizia a farmi il solletico, e io dopo qualche minuto sono già a corto di fiato. Probabilmente Gandalf o mio padre devono avermi fatto un incantesimo che tiene a bada il dolore della ferita, altrimenti non riuscirei proprio a spiegarmi come faccia a non contorcermi dal dolore invece che dalle risate.

Dopo qualche minuto di tortura, in cui Ronim non accenna a voler smettere, sentiamo bussare alla porta. Mio padre si interrompe e si alza sui gomiti per permettermi di riprendere a respirare senza il suo peso addosso, e guarda la porta.

-Avanti- dice allegro.

Dalla porta fa capolino il volto di Aragorn. E’ sereno; entra nella stanza, e dopo di lui entrano Gandalf e Legolas. Sbuffo sollevata.

-Grazie al cielo- sospiro, comprendendo che finalmente la tortura è giunta alla fine. Ronim mi fulmina con un’occhiata, ma ha un sorriso dolce dipinto in volto. Si alza senza sforzo da me e mi aiuta a mettermi seduta e ad appoggiare la schiena contro il cuscino.

Gandalf punta alla sedia a dondolo, mentre Legolas ed Aragorn restano in piedi. L’Elfo non sorride, ma i suoi occhi sono fissi nei miei. Purtroppo adesso è vestito; indossa una casacca bianca che gli sta molto bene e fa risplendere i suoi occhi. Mi ricorda il suo io-bambino del sogno. Anche lui era vestito di bianco.

Con somma fatica riesco a distogliere lo sguardo da lui e mi concentro su Aragorn. Il re è serio, ma mi rivolge un breve sorriso. Ha le sopracciglia aggrottate, e sembra preoccupato.

Possibile che Ronim o Legolas abbiano raccontato la verità?
A questa prospettiva mi sento sollevata, anche se non è detto che sia giusto.

C’è silenzio, e all’improvviso mi accorgo che tutti stanno fissando me. Arrossisco, ma una domanda fa capolino nella mia mente e spazza via tutto l’imbarazzo.

-Ma... Haldir?

Sento Gandalf sospirare, poi il vecchio stregone parla fissandomi pensosamente negli occhi. Ha sempre gli stessi abiti bianchi, ma sono coperti da un mantello grigio.

-Non ha preso la faccenda così bene come mi aspettavo, a differenza di Aragorn- dice con un sorriso obliquo, un po’ triste.

-Davvero?!- Sposto il mio sguardo su Aragorn, che mi sorride debolmente incrociando le braccia.

-Non ho avuto la stessa esperienza con Smaug, quindi credo di non essere stato troppo di parte. Ovviamente mi rendo conto del perché l’avete fatto... anche se mi sto ancora abituando all’idea di avere un drago poco vicino.

Resto in silenzio, poi ci pensa Ronim a sciogliere il silenzio.

-C’è un problema- lo guardo interrogativa, e lui con un sospiro si sfila qualcosa dalla tasca e me lo porge. E’ un pezzo di pergamena sgualcita.

Lo liscio e i miei occhi corrono sulle lettere minute e oblique, scritte di fretta ma con una spaventosa precisione. Il foglio è sporco di terra, ma l’inchiostro non è sbavato.

Preparatevi.

Arriviamo.

Morirete.

Con voi il mostro.

Alzo lo sguardo su mio padre, sbalordita. Adesso ogni traccia di vitalità è scomparsa dal suo volto e mi guarda serio. Il mio sguardo scivola su Gandalf, che ha la medesima espressione preoccupata, poi su Aragorn e infine Legolas. Appena incrocio i suoi occhi azzurri e penso che ci sarà una battaglia mi sento cogliere dal panico.

-Ma non avevano mai avvertito!- Esclamo.

Ronim si passa una mano tra i capelli con un sospiro.

-Lo so. Quando fanno così vuol dire che dobbiamo preoccuparci... arriveranno in gran numero. Ma non possiamo permetterci che questa casa vada distrutta. Dobbiamo fare in modo di spostare la battaglia da un’altra parte- dice ansioso.

Lo capisco.

Questa casa è l’ultimo rifugio dei Custodi.

Intrisa di magia.

Nessuno dice una parola, finché dopo qualche minuto sentiamo la porta aprirsi e voltandomi vedo Haldir entrare nella stanza con sguardo cupo. Le sue labbra sono strette, ma ha l’espressione decisa, come quella di chi farà quello che vuole, non importi cosa pensino gli altri.

Dietro di lui scorgo Merida, che è pallida come un cadavere.

-Io ho un’idea- dice lui.

 

-D’accordo, allora. Faremo come dice Haldir- acconsente Gandalf, dopo varie decine di minuti passate a discutere.

Istintivamente guardo il volto di Merida, al mio fianco. E’ rigida e pallida come gesso, ma ha una maschera neutrale che nasconde i suoi sentimenti. I suoi occhi verdi sono fissi cupamente sull’Elfo, che in quel momento si volta e incrocia il suo sguardo.
Lei si alza e se ne va senza dire niente. Haldir, dopo una piccola esitazione, la segue in silenzio. Torno a guardare gli altri. Sono tutti rinchiusi nei loro pensieri, con facce pensose.

Gandalf fuma la sua pipa nell’angolo della stanza, vicino alla finestra aperta. Ha le braccia incrociate e sembra stia riflettendo rapidamente. Ronim è seduto su una sedia e fissa il muro, mentre Aragorn cammina avanti e indietro davanti al letto. Legolas... Legolas è stato sorpreso dalla proposta di Haldir, ma da quando abbiamo deciso continua a fissarmi senza mostrare le sue emozioni.

↜↝↜↝↜↝↜↝

L’Elfo si appoggia al tronco dell’albero, guardando la sagoma dritta e composta dell’Elfa davanti a lui. Non sa cosa le passa per la testa, ma in questo momento darebbe di tutto per sapere cosa sta pensando.

Lei avverte la sua presenza, anche se non sente i suoi passi leggeri. Facendo finta di scostarsi dal volto pallido una ciocca dei suoi lunghi e lucenti capelli neri si asciuga le lacrime che inumidiscono le sue guance. Riesce a parlare con voce ferma, senza mostrare la tristezza che le gonfia il cuore.

-Vattene.

E’ una sola parola, ma per pronunciarla le ci è voluta tutta la forza di volontà che ha.

Haldir, comunque, non la ascolta. Scende le pietre che portano alla sporgenza liscia e rocciosa dov’è seduta la giovane donna. In pochi secondi torreggia su di lei.

Ma l’Elfa si rifiuta di voltarsi e incrociare i suoi occhi grigi; continua a fissare testardamente la superficie del lago davanti a lei, liscia e senza increspature sotto alla luce del sole.

-No. Dobbiamo parlare.

Lei sbuffa, incapace di trattenere ancora il pianto che le risale su per la gola; si asciuga gli occhi con la manica della maglia. Nonostante l’Elfo abbia capito da tempo che stava piangendo ne rimane comunque stupito. Sul suo volto balena per un’attimo il dispiacere, prima di venir soffocato dalla freddezza apparente che così spesso domina i suoi atteggiamenti.

-Non voglio- dice Merida, trattenendo un singhiozzo.

Le pesa comportarsi così con lui, probabilmente perché sa che potrebbe non rivederlo più per molto tempo, o anche per sempre. Ma adesso Haldir è l’ultima persona con cui vorrebbe parlare.

Lui però non è dello stesso pare e si china, afferrandola per il braccio e tirandola su di peso.

Lei si dimena, improvvisamente ritrovando le forze che parevano averla abbandonata fino a pochi secondi prima. Gli tira un pugno sul letto, ma lui le impedisce di picchiarlo ancora schiacciandola contro il suo corpo forte.

Si ritrovano con i volti, e le labbra, a pochi centimetri di distanza. Entrambi sono in silenzio e si fissano negli occhi, mentre nell’aria si propaga la tensione. Le guance dell’Elfa si tingono lentamente di rosso, e lui ne rimane incantato.

-Lasciami- sussurra lei con il volto in fiamme, dandogli una spallata.

Lui si riscuote sentendo il dolore per la botta irrigidirgli le spalle.

-No! Dobbiamo parlare!- Ripete con più forza, ma comunque la lascia libera dalla sua presa. Lei non si allontana e resta lì a fissarlo, con il viso arrossato.

-E di cosa vuoi parlare?- Urla.

-Di te! Ti comporti come una bambina! Prima vieni a cercarmi per convincermi a perdonare Savanna e Legolas che, tra parentesi, non hanno niente da farsi perdonare se non avermi umiliato! Poi quando finalmente faccio la cosa giusta diventi intrattabile e scappi via! Dimmi cosa devo fare con te, perché io non lo capisco proprio!

Lei resta spiazzata dal suo sfogo, ma i suoi occhi grigi sembrano bruciare in quelli verdi di lei.

-Ah, è così? Quindi il tuo orgoglio vale più di tutto?- Mormora, sentendo di nuovo riaffiorare il pianto.

Lui la guarda improvvisamente calmo.

-No, non è così, e lo sai.

-No che non lo so!- Scatta lei, furiosa all’improvviso. -Non lo so perché non me lo dici! Ogni cosa che fai sembra essere dettata dal tuo bisogno di essere comandante, di renderti ammirevole! Non si capisce cosa è importante per te, se solo il combattere o anche se hai qualcuno a cui tieni, se hai una moglie o dei figli o una stupida e bellissima fidanzata! Sai perché scappo via? Perché non voglio vederti mentre rischi di morire per una stupida, probabile e imminente guerra! Perché, a differenza tua, io ci tengo a te e non riuscirei a vederti morire! E sì, sono gelosa! Sono gelosa dell’amicizia che hai con Savanna, perché con lei sei gentile e con me no! Sono gelosa perché è evidente che le vuoi bene e hai qualcosa che ti brucia dentro, e non posso fare a meno di pensare che ti sia innamorato di lei!

Haldir la fissa e lei non può che sperare di morire in quello stesso istante. Poi un sorriso appare lentamente sulle labbra dell’Elfo.

-Stai dicendo che sei innamorata di me, quindi.

Lei scuote caparbiamente la testa, sebbene la sua non sia stata una domanda.

-Non è vero!

-Sì invece- insiste lui.

Lei sospira abbassando le spalle, sconfitta, e lui allunga una mano a sfiorarle i lisci capelli neri.

Merida resta senza fiato al tocco delicato dell’Elfo, che la osserva attentamente, notando le sue labbra schiudersi e le guance arrossire al suo tocco. Sorride e la prende tra le braccia, restando piacevolmente sorpreso dall’Elfa, che lo asseconda.

-Bene, perché anche io ti amo- sussurra lui, e mentre gli occhi di lei si colorano di gioia la bacia con passione, consapevole che forse è l’ultimo giorno che potrà starle così vicino.

↜↝↜↝↜↝↜↝

Savanna:

La guancia di Legolas è fresca al contatto con la mia pelle bollente. E’ sdraiato al mio fianco, e mi abbraccia. Ha la testa posata sul mio petto, ma sta attento a non avvicinarsi alla ferita, non ancora cicatrizzata per bene. I suoi capelli biondi sono morbidi come seta, e ci immergo le dita, giocandoci come se fossi una bambina.

-Credo di essere preoccupata- mormoro piano.

Legolas si muove e il suo braccio attorno alla mia vita stringe la presa con dolcezza. Si alza sul gomito e mi guarda, appoggiandosi anche lui ai cuscini e mettendosi seduto. Mi manca il suo calore, ma non protesto per il movimento improvviso.

-Perché?- Chiede con la sua voce dolce.

Sospiro e mi abbasso, posando la testa sul suo petto. Chiudo gli occhi e inspiro il suo profumo. Lui mi accarezza la schiena, rilassato, in attesa che io parli.

-Insomma... Haldir rischierà la vita, e io mi sento in colpa con lui... nonostante mi odi ha deciso di aiutarmi...

-Lui non ti odia- mi interrompe il mio Elfo.

Alzo lo sguardo e fisso i suoi occhi azzurri perplessa. Mi sorride dolcemente, accarezzandomi la guancia.

-Ti vuole bene, e ne vuole anche a me. Si deve solo abituare ad Athma, tutto qui. Lui... ha perso un caro amico a causa di Smaug- rivela dopo una piccola esitazione.

Lo fisso, attenta.

-Quando Smaug giunse ad Erebor, la città dei nani, incendiò villaggi, boschi, tutto quello che trovava sul suo cammino. Nella città degli uomini... il migliore amico di Haldir era lì, in visita da un suo fratellastro umano... non riuscì a scappare dall’incendio come la maggior parte delle persone. Morì per colpa del drago- gli occhi di Legolas si fanno assenti per un momento.

Non riesco a parlare.

Oddio.

Ecco perché si comportava così...

Legolas mi riscuote dalla paralisi con una carezza. Mi sorride dolcemente.

-Non devi preoccuparti. Sa quello che fa, e non è certe inesperto.

Mi sforzo di annuire. L’Elfo mi guarda per qualche momento, poi chiude gli occhi e sospira.

-Speriamo vada tutto bene- sussurra volgendo lo sguardo verso la finestra e osservando gli alberi. Non posso far altro che stringermi di nuovo al suo petto, preoccupata.

 

E’ notte. Haldir sta per partire. E’ nelle stalle e tutti l’hanno già salutato. Persino Merida è riuscita a staccarsi dal suo abbraccio e a non piangere. Manco solo io.

Prendo un respiro profondo ed entro nelle stalle. Lo vedo subito. Sta tenendo per le briglie il suo cavallo bianco, ma appena mi sente si volta e mi guarda.

Mi blocco sul posto e trattengo il fiato, senza avere la minima idea di cosa dire.

-Ehm...

Lui sorride, e mi sorprendo nel pensare che quando sorride in quel modo è proprio bello.

-Ciao Savanna.

-Ehm... ciao- ripeto con un filo di voce, arrossendo.

Lui sospira e lascia andare le redini, avvicinandosi.

Arrossisco mentre mi abbraccia. Senza pensarci allungo le braccia e mi aggrappo alla sua schiena. Mi sento un tantino in imbarazzo, ma lui non sembra esserlo. I suoi capelli mi accarezzano le spalle, e con grande sorpresa sento le sue labbra sfiorare la mia fronte, per poi essere seguite dalla sua guancia. Avvampo.

-Mi dispiace- sussurra. -Spero di riuscire a farmi perdonare in questo modo.

Resto zitta, senza sapere cosa dire, con le lacrime che mi gonfiano gli occhi. Poi lui si scosta, mi afferra per le spalle e mi fa voltare, spingendomi con delicatezza verso la porta.

-Vai da Legolas- sussurra al mio orecchio, per poi lasciare la presa.

Obbedisco senza neanche rendermene conto.

 

Apro gli occhi e mi ritrovo letteralmente accecata dalla luce. Li chiudo, ma macchie bianche illuminano ancora il buio dietro alla palpebre. Lentamente socchiudo gli occhi e mi abituo alla luce. sono sdraiata su un fianco, ma non sono nel mio letto. Mi volto sull’altro fianco per cercare di dormire ancora un po’, ma resto senza fiato.

Oh Cristo.

Che ci faccio a letto con Legolas?!

Avvampo, ma mi ricordo di essere ancora vestita, quindi non è successo niente. Allora probabilmente mi sono addormentata su questo poveretto di un Elfo. Anche lui dorme. Ah, no, lui non dorme. E’ in dormiveglia allora.

Il suo volto sembra quello di un angelo colpito dalla luce.

Non voglio svegliarlo, ma se Ronim mi trova con lui nella sua stanza mi ammazza. Mi metto seduta lentamente, impiegando circa un minuto. Non ho dimenticato che i suoi sensi sono sensibilissimi.

Però quando faccio per gattonare via lui sbuffa e si sposta a pancia in su, afferrandomi per il braccio e tirandomi sopra di lui. Gli crollo letteralmente sopra, ma la cosa non sembra disturbarlo. Apre gli occhi e mi sorride.

-Stai qui- così dicendo mi avvolge con le braccia e io cerco di sfilarmi dalla sua presa, o quantomeno spostarmi in una posizione meno imbarazzante, ma è inutile.

-Legolas, se Ronim mi trova qui mi uccide- sussurro.

Lui sospira.

-E allora lasciati uccidere. Non ti muovi di qui, ora- risponde a voce bassa.

Sospiro, ma so che è inutile. Poggio la testa sulla sua spalla e dopo qualche minuto di silenzio mi accorgo che riesco a sentire il battito del suo cuore contro il mio petto. Arrossisco, e serro gli occhi. Lentamente mi accorgo che la mano dell’Elfo traccia cerchi e figure immaginarie sulla pelle della mia schiena.

Ehi.

Frena.

Un momento.

Sulla pelle della mia schiena?!

Oddio.

Legolas mi bacia il collo e respira profondamente. Mi alzo e mi abbasso sul suo petto, ma stranamente il suo tocco delicato e familiare non mi dà fastidio. Pensavo di imbarazzarmi, ma non mi importa se mi accarezza sotto alla maglia. Mi rilassa.

Chiudo gli occhi.

-Haldir è partito da una settimana- sussurro. Lui si irrigidisce per un’attimo.

-Non ha ancora mandato una lettera, o qualcosa. Credi...

-Io credo- mi interrompe lui con calma -che Haldir sia arrivato e stia svolgendo egregiamente il suo compito.

-E quindi non dobbiamo far altro che aspettare- sospiro.

Lui ridacchia tra i miei capelli e si alza inaspettatamente a sedere. Mi ritrovo seduta su di lui, con le gambe che gli circondano la vita. Lo guardo stupita, con le mani sulle sue spalle, e lui mi sorride. La sua testa è più bassa della mia.

-Esatto, piccola- mi depone un piccolo bacio sul naso e io sorrido.

-Va bene, vecchietto.

-Vecchietto?!

Rido alla sua faccia basita.

-Sei vecchio, Legolas! Hai tremila anni!

Sospira teatralmente, afferrandomi la vita.

-Anche se sono vecchio, però, ho notato che non ti dispiace quando ti bacio- mormora malizioso. Arrossisco, ma mi sporgo e gli sussurro all’orecchio un “e allora?” convinto.

-E allora non ti bacerò più- dice fingendosi serio.

Poi, dopo un secondo, le sue labbra sono sulle mie, voraci.

Mi scappa da ridere, ma proprio mentre ci muoviamo e lui si sdraia su di me, senza più ombra di ilarità, solo fuoco al posto delle vene, qualcuno bussa. Legolas si scosta ansimando, e vedo dai suoi occhi che vorrebbe continuare disperatamente. Ma si rialza e mi aiuta a mettermi seduta. Io sono accaldata e soprattutto inappagata. Iniziavo a volerlo... sentivo il bisogno di lui.

-Sì?- Chiede l’Elfo.

-Legolas? Apri questa porta, dannato di un’Elfo! Mi hai fatto prendere un’accidenti! Si può sapere, orecchie a punta, perché non mi hai scritto? In queste settimane mi sono preoccupato per te, stupido imbecille immortale!- Brontola da dietro alla porta una voce burbera, roca.

Vedo Legolas sgranare gli occhi.

-Gimli!- Esclama.
 
AnGoLo DeLl'AuTrIcE:
Gionno! Cioé, sera.
Allora. Questo capitolo l'ho scritto tutto oggi, beneditemi.
Anche perché per voi ho trascurato un po' geostoria. Allora.
Sì, lo so. Perdonatemi quel pezzettino narrato in terza persona, ma non sapevo come fare.
Voglio dire, non potevo certo far spiare da Savanna Haldir e Merida!
Haldir si farà perdonare. Ve lo giuro.E qui c'è una new old entry...
Gimliiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!!!! Che ne pensate?
Lo so che l'img non c'entra un tubo col capitolo, ma mi piace troppo.
Ditemi, Leggy non è un figo pazzesco? XD
Ecco un'immagine di Gimli e Legolas per voi:


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Capitolo 18
*** Capitolo Diciotto: Te lo giuro. ***


Capitolo Diciotto:
Te lo giuro.

 


-Be’- brontola il nano, strofinandosi le mani per scaldarle -non è che sia stato un viaggio facile. Quel dannato elfo mi ha detto di correre come il vento, e io odio andare a cavallo. Brutto ronzino, sono caduto tre volte- borbotta.

Lo osservo curiosa, mentre Legolas soffoca una risatina.

Sono appollaiata sul bracciolo della poltrona dove è seduto mio padre, che mi circonda la vita con un braccio.

Ha una folta barba rossa, così come i lunghi capelli. E’ basso ma robusto. Quando l’ho visto entrare nella camera di Legolas aveva un’ascia legata alla cintura; è stato stupefatto nel vedermi al fianco dell’Elfo, che mi teneva abbracciata.

Come se avesse avvertito il mio sguardo mi lancia un’occhiata e io arrossisco, abbassando lo sguardo, anche se i suoi occhi sono caldi ed esprimono una rude simpatia.

Legolas si muove sulla sedia, incrociando le braccia sopra al tavolo e sporgendosi verso il nano, che ha cominciato a mangiare. Lui, Gimli, Gandalf, Ronim ed Aragorn hanno passato tutto il pomeriggio a parlare nello studio, lasciandomi cordialmente fuori. Idioti.

-Haldir?

L’aria sembra congelarsi, e Gandalf punta i suoi occhi di falco sul nano, come tutti.

-Haldir è rimasto alla città. Stava discutendo con tuo padre piuttosto animatamente l’ultima volta che l’ho visto.

Sospiriamo tutti di sollievo, apprendendo che l’Elfo sta bene. Posso andarlo a dire a Merida, che è rinchiusa nella sua camera da tutto il giorno, probabilmente piangendo. Noto, però, che il volto di Legolas si incupisce.

Non dice niente, ma so che nasconde qualcosa.

E lo nota anche il nano, che si scambia un’occhiata d’intesa con Aragorn.

Ma insomma, sono l’unica che non sa cosa sta succedendo a Legolas?!

Mi alzo di scatto dalla poltrona e mi dirigo verso la porta, irritata, mentre tutti mi fissano.

-Dove vai?- Mi insegue la voce di Ronim.

-Sta’ tranquillo, non farò cazzate- rispondo acida.

Sento la sua protesta spegnersi quando sbatto la porta dietro di me. Esco dalla casa e una folata di vento mi fa rabbrividire. Mi dirigo verso il confine della radura, fermandomi davanti agli alberi. Estraggo il pugnale dal fodero e lo affondo nell’aria, cominciando a mormorare un’incantesimo e disegnando una runa della magia. I segni che traccio cominciano a brillare, mentre fili dorati si intrecciano seguendo la punta della lama che brilla di bagliori argentati. Cammino lentamente lungo il perimetro, creando le barriere magiche. Mentre mormoro l’incantesimo sento la forza di Athma fluire nel mio corpo, rinvigorirmi.

Non devi, sussurro mentalmente alla mia dragonessa.

Percepisco il suo divertimento.

Non puoi fare niente per impedirmelo.

Sorrido, intenerita dal suo sforzo di aiutarmi.

-Lo so, Athma- mormoro.

Lentamente le barriere che proteggono la casa dagli Assassini si rinforzano e brillano debolmente alla luce della luna. Athma non mi parla più per non distrarmi.

Dopo qualche minuto ho finito e canto l’ultima parte dell’incantesimo. Traccio una specie di cerchio diviso a metà nell’aria, che brilla più intensamente degli altri segni, ancora visibili nell’aria, e mi acceca per un’attimo, poi scompare tutto.

Ripongo il pugnale, sentendomi stranamente stanca.

Ronim mi sgriderà, dopo. Avrebbe dovuto pensarci lui a rinforzare la magia.

Almeno sono sicura che i Mercenari non riusciranno ad arrivare fino alla casa, saranno respinti dalle barriere. Benedetta magia dei draghi.

Con un sospiro mi accascio a terra, sedendomi contro un albero, e la mente di Athma fluisce nella mia, ansiosa, per controllare che non svenga. Mi dona la sua forza immensa, lentamente. Se mi riempisse tutto ad un tratto di energia il mio corpo reagirebbe con violenza, l’ho imparato a mie spese.

-Ehi, ragazza! Stai bene?

Apro gli occhi e vedo una figura piccola ma ben piazzata camminare velocemente verso di me. Sorrido agli occhi scuri e preoccupati del nano, col respiro abbastanza difficoltoso. La magia è sempre stata difficile. Ti prosciuga tutte le energie, ma forse stavolta ho esagerato. Ma non voglio che siano in pericolo...

-Sì- sussurro mentre Gimli si inginocchia davanti a me e mi scruta negli occhi.

-Bah, per niente. Vado a chiamare orecchie a punta- bofonchia, ma io mi sforzo di tendermi in avanti e gli afferro la mano. Lui si volta con le guance che si tingono di rosso, imbarazzato.

-No, stai qui. Non voglio... che mi vedano... così. Mi serve solo... qualche minuto. Per favore.

Dopo qualche secondo annuisce e liberandosi dalla mia presa con gentilezza si siede accanto a me.

Restiamo in silenzio per un po’.

-Come mai... lo chiami orecchie a punta?- Chiedo quando il mio respiro torna regolare.

Ridacchia con la sua voce roca, unico suono oltre al frusciare del vento tra le fronde scure degli alberi.

-Ti hanno raccontato della battaglia al Fosso di Helm?

-Mmh.

Prende il mio mugugno per un sì, e continua a parlare sorridendo.

-Abbiamo fatto una gara. Era appena finita la battaglia, e io ero seduto sull’ultimo orchetto che avevo ammazzato. Era venuto lì tutto sorridente, e aveva detto: “Conto finale... quarantadue.” Io ridacchiai, e dissi: “Ooh, non è niente male per un principino elfico dalle orecchie a punta. Io sono seduto comodo sul quarantatré.

A quel punto Legolas ha osato tirare una freccia sull’Uruk-hai su cui ero seduto, e per poco non mi infilzava, bada, e ha detto :”Quarantatré.”

“Questo era già morto.”

E quello stupido principino ha detto con una faccia che non mi scorderò mai: “Si contorceva”. E io ho detto...

-”Si contorceva perché lui ha la mia ascia conficcata nel suo sistema nervoso!”

Ci voltiamo verso due figure slanciate che procedono tranquille verso di noi. Sorrido debolmente scorgendo i capelli del mio Elfo brillare chiari sotto la luce delle stelle. Lui mi sorride dolcemente prima di spostare il suo sguardo sul nano, mentre il suo sorriso si tinge di complicità e Aragorn, al suo fianco, sorride.

-Comunque ribadisco, Gimli: si contorceva.

Il nano sbuffa.

-Te l’ho detto, principino dei miei stivali! Era già morto, non puoi negarlo ancora!

Legolas scoppia a ridere e tende una mano al suo amico, che l’afferra e si tira in piedi. Aragorn mi porge le mani, gli occhi azzurri che sorridono al posto della bocca. Le afferro, e con sorpresa mi accorgo che sono calde e morbide, piacevoli da toccare. Mi alzo mentre lui mi sostiene, ma rischio lo stesso di cadere a terra. Le gambe non mi sorreggono ancora bene.

-Attenta!- Esclama Aragorn, afferrandomi per la vita e tirandomi su, contro il suo petto.

L’Elfo e il nano si girano verso di me e il sorriso di Legolas sparisce, sostituito da un cipiglio preoccupato. Oddio, mi gira la testa, che diamine succede?!

Stai calma, è solo un’attacco di vertigini, si affretta a dire Athma.

Sbatto le palpebre e mi accorgo che le mani di Legolas sono sulle mie spalle e mi scuotono con delicatezza. Vedo i suoi occhi, ma la vista va e viene.

-Savanna?

-Non... non... mi gira la testa- mormoro in panico.

La presa sulle mie spalle si allenta e credo di stare per cadere a terra, ma qualcun’altro mi afferra per la vita e mi solleva. Sento le braccia distendersi e scivolare nel vuoto, ma una mano delicata mi afferra le mani e le posa sul mio grembo. Un braccio circonda le mie spalle e mi tiene forte contro un petto.

-Ma...

-Ssh, Vanny- sorrido alla voce profonda di Ronim. -Chiudi gli occhi. Hai esagerato, come al solito. Lo sai che avrei dovuto pensarci io.

-Pensare a cosa?- Chiede la voce confusa di Gimli.

Ronim inizia a muoversi e mi ritrovo cullata dal suo passo ritmico.

-A rinforzare le barriere magiche che proteggono la cassa.

-Per questo qui non c’è traccia degli uomini che vi hanno assalito?- Chiede Gimli.

-Sì, esatto. Di solito me ne occupo io, ma questa testona qui è peggio di me.

-Non è vero- sussurro piano, sorridendo.

La nausea sta passando.

-Zitta tu! Devi stare in silenzio o peggiori le cose. E se mi vomiti addosso ti prendo a sberle, amore mio- dice con un finto tono serio mio padre. Sento Legolas ridacchiare, e Ronim si ferma per qualche secondo. Poi riprende a muoversi e una folata d’aria calda mi investe e capisco che siamo di nuovo dentro casa.

-Va bene, papà- dico con voce da angioletto. -Ora posso aprire gli occhi?

-No- risponde lui, -Legolas, portala di sopra. E non toccarla con un dito. E sai cosa intendo.

Sento il mio volto diventare di fuoco, e due braccia si avvolgono strette intorno al mio corpo, prendendomi con dolcezza. La mia testa ciondola prima di tornare a incontrare un altro corpo.

-Sì Ronim- dice con naturalezza Legolas, prima di voltarsi e camminare velocemente verso le scale.

-Se, crediamoci- interviene Gimli.

Sento Legolas borbottare un vago “idiota” e la risata del nano e di mio padre svaniscono mentre l’Elfo sale le scale, sostituite da allegre chiacchiere.

Resto nel silenzio più totale, imbarazzatissima. Anche Legolas non fiata. Sento lo scricchiolio della porta della mia camera che si apre e poi si richiude con un piccolo tondo. A quel tonfo il mio cuore raddoppia i battiti. Mi sento posare sul letto, e allora mi azzardo ad aprire gli occhi.

Il volto di Legolas è sopra il mio, e sorride.

-Passato?

Annuisco debolmente.

-Passato tutto- confermo. Mi alzo sui gomiti e Legolas si scosta, sedendosi sul bordo del letto. Lo fisso e per la milionesima volta mi perdo nei suoi tratti innocenti e scaltri del suo viso.

-Legolas- mi mordo le labbra prima di continuare a parlare. -Posso farti una domanda?

Lui mi guarda curioso, lo sguardo scintillante.

-Certo che sì.

Abbozzo un sorriso, ma sono seria. Sento il cuore battere forte nel petto. Probabilmente lo sente.

-Però devi promettermi di rispondermi con sincerità.

Annuisce, ora serio. -Prometto.

Prendo un respiro profondo. La sua risposta mi renderà immensamente felice o immensamente depressa.

-Tu... tu sei... c’è qualche Elfa che...

Lui mi interrompe subito.

-Speravo che questo momento non sarebbe mai arrivato.

Lo guardo basita, sentendo il mio cuore frantumarsi in miliardi di piccole schegge di vetro che mi mozzano il respiro. No. No. No, no, no! Sta dicendo che ha un’altra?!
Legolas sospira affranto e mi accarezza la guancia. Mi irrigidisco, ma non ho la forza di spingerlo via. Nonostante le sue ultime parole il suo tocco mi provoca i brividi, la mia pelle diventa calda e rossa dove le sue dita mi sfiorano, e il mio cuore trema.

-Io ti amo. E voglio essere sincero con te. Io non ho nessuna Elfa tranne te, né vorrei averla. Ma c’è una ragazza... si chiama Danae, che mi viene dietro da un po’... ma io non la amo- si affretta a dire, vedendo le lacrime che affiorano agli angoli dei miei. Sospiro, sollevata.

-Ma mio padre... non lo so, credo sia favorevole a un possibile e improbabile matrimonio con lei- aggiunge con una smorfia. Poi la sua espressione si trasforma, è come se fosse stato folgorato da qualcosa. -Credo che sia perché non mi ha mai visto con nessuna donna.

Mi viene da sorridere, e mi alzo a sedere. Lui mi guarda improvvisamente timoroso.
Mi sporgo in avanti e lo bacio. Le sue labbra si schiudono al contatto con le mie, e sento di nuovo il fuoco nelle vene. Il mio cuore triplica la velocità delle pulsazioni, e mi aggrappo alle sue spalle, le sue mani che si stringono con forza sui miei fianchi. Accarezzo i suoi capelli, mentre il nostro bacio si fa più profondo. Mi sollevo sulle ginocchia e Legolas mi tira in braccio a lui. Gli circondo il collo con le braccia. Quando capisce cosa voglio, però, Legolas si ferma e mi scosta, tenendomi abbracciata.

-No, no- mormora col fiato corto, -aspetta. Ronim mi ammazza.

-No- scuoto la testa con forza. -Non lo farà.

Lui abbozza un sorriso prima di baciarmi di nuovo, ma stavolta è solo un bacio delicato, veloce.

-Non gli hai letto nel pensiero, tu.

Sgrano gli occhi capendo che è serio.

-Savanna, domani combatteremo. Sii paziente, amore mio. Dobbiamo rimetterci in forze, soprattutto tu.

Il mio cuore si ferma. All’improvviso comprendo perché mi hanno tenuta fuori dai loro discorsi. Capisco perché Gandalf è partito all’alba. Sento il panico crescere in me, e mi aggrappo a Legolas, soffocandolo in un’abbraccio.

-Promettimi che tornerai da me. Non morirai, Legolas. Giuramelo.

Lui mi solleva la testa e vedo il mio riflesso nel suo sguardo azzurro e limpido, assieme a tutto l’amore che prova per me. Si china e mi sfiora le labbra con le sue.

-Tornerò da te, Savanna. Te lo giuro. Sopravviveremo alla battaglia, e staremo finalmente insieme.

 
AnGolo DeLl'AuTrIcE:
Perdonatemi.
Avevo intenzione di aggiornare prima ma mio fratello mi ha costretta ad aiutarlo a ripassare latino.
-.- Vi pare?? Allora. 
Ci avete capito qualcosa? Io no ^^  E l'ho pure scritto... 
Dal proximo capitolo le cose si faranno più movimentate.
Be', oggi sono logorroica, quindi ringrazio chi legge e ha messo la storia tra le preferite, seguite, ricordate, chi legge e basta, chi recensisce: vi voglio dire CHE VI ADORO!! 
Un bacione!
La Vostrissima Anna Pazza
E fatemi apere se vi è piaciuto!

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Capitolo 19
*** Capitolo Diciannove: Blodgharm ***


Capitolo Diciannove:
Blodgharm

 

↜↝↜↝↜↝↜↝

L’aria è immobile mentre i passi dei cavalli risuonano sulla terra e le pietre del passo tra le montagne. La compagnia è formata da una trentina di cavalieri. Le loro armature scintillano sotto i deboli raggi del sole del primo mattino. Molti hanno lunghi capelli biondi che sembrano brillare, altri neri. In testa al gruppo si distinguono due cavalieri, che cavalcano fianco a fianco, uno in sella a un cavallo bianco e l’altro su un baio. Si scambiano un’occhiata d’intesa, intuendo che di lì a poco sarebbe cominciato tutto.

Il più alto, un’Elfo dai lunghi capelli castani e felini occhi verdi, con una lunga e pallida cicatrice che gli segna la guancia destra, sorride al compagno.

-Spero che quando sarà finito tutto ci rivedremo, amico mio- mormora in elfico.

Fermano i cavalli dietro di loro gli Elfi si fermano. Si sente la calma dell’imminente battaglia nell’aria.

-Ti ringrazio per aver accettato di aiutarmi, Blodgharm- risponde l’Elfo biondo.

L’altro sorride, un sorriso felino, pericoloso. Sguaina la spada, sollevandola in aria, e la lama si accende di pallidi riflessi dorati.

-Di niente Haldir. Per mio fratello questo e altro.

Prima che l’Elfo biondo possa rispondere, scosso dalla visione della spada magica, si sente un urlo risuonare tra le pareti di roccia. Gli elfi sguainano le spade e tendono gli archi, mentre un centinaio di uomini, di Assassini, sbucano dagli alberi e alcune frecce cominciano a piovere dall’alto dei massi delle montagne, qualche metro sopra di loro.

L’Elfo castano chiude per un’attimo le palpebre, incurante della battaglia che comincia a infuriare attorno a lui. Haldir para i colpi rivolti a lui con destrezza, e Blodgharm sa fin troppo bene che sarebbe morto piuttosto che permettere che una spada lo sfiori. Lentamente riapre le palpebre.

Pronto?, Chiede una voce profonda e roca nella sua mente.

L’Elfo sorride, tranciando di netto la testa di uno dei Mercenari. Sente il gusto dolceamaro della vendetta riempirgli il petto, un sentimento non suo.

-Certo che sì, Drego!

↜↝↜↝↜↝↜↝

Legolas:

Finisco di allacciare i pugnali sulla schiena. Prendo la faretra colma di frecce e me la infilo sulle spalle. Poi mi volto. Guardo Savanna, ancora sdraiata sul letto. Non ha detto una parola da quando mi sono alzato. Si limita a fissarmi con gli occhi lucidi, i capelli scuri sparsi sul cuscino. Con un sospiro mi avvicino e lei si alza a sedere, incrociando le gambe. Le afferro la nuca e la avvicino a me, baciandola con tutta l’anima. Lei si abbandona tra le mie braccia, e avvolgendo le sue spalle calde ed esili mi accorgo che sta tremando. Si scosta dopo qualche secondo, ma resta immobile, posando la fronte contro la mia. Una lacrima le sfugge e scivola sulla sua guancia pallida. La faccio scomparire tra le dita prima che raggiunga il suo mento.

-Te l’ho promesso- sussurro piano. Lei apre gli occhi e mi guarda, sconfortata.

-Tornerò da te, amore.

-E se tu morissi?! Cosa farei? Io non voglio...

La zittisco con un’altro bacio. Faccio fatica a trattenermi e fermare le sue mani, che si aggrappano con forza alle mie spalle. Le prendo e con dolcezza le stringo e le poso sul mio petto, sopra il cuore. Sento la pressione delle sue dita contro la stoffa della casacca.

-Ti ho già detto che non morirò. E poi anch’io ho paura. Se tu venissi ferita morirei.

Sospira, poi si alza e mi passa davanti. Rimango ad osservarla mentre anche lei si prepara e si allaccia le armi in vita. Quando ha finito, dopo un paio di minuti, si alza e si volta.

Non dico niente. Neanche lei. Ci prendiamo per mano e scendiamo. Sono tutti riuniti in salotto. Ronim, appena ci vede, punta gli occhi su di noi. Ci fermiamo. Siamo un cerchio; Gimli è nervoso e si passa l’ascia da una mano all’altra. Aragorn è calmo e freddo. Merida è pallida ma il suo sguardo è gelido. Una vera guerriera.

Gandalf fissa Ronim.

-Ci rivediamo tra qualche ora. Buona fortuna a tutti- dice il padre di Savanna.

Tutti annuiamo e lui abbraccia Savanna, prima di avviarsi fuori, seguito da tutti tranne le ragazze. Guardo Savanna e le accarezzo la guancia con il dorso della mano prima di voltarmi e uscire. Mentre cammino verso il mio cavallo sento la sua mente premere contro la mia.

Ti amo.

Anche io.

↜↝↜↝↜↝↜↝
 

Blodgharm sferra un colpo mortale a due Assassini, uccidendoli con un solo colpo. Ruota su se stesso e la spada affonda nella gola di un uomo che stava per prenderlo alle spalle. L’Elfo sorride, gli occhi illuminati di eccitazione. Le emozioni tempestose di Drego fluiscono in lui come un fiume in piena, donandogli una consapevolezza della situazione ancora migliore di quella ottenuta con i suoi sensi da elfo.

Gli uomini esitano nel vederlo combattere come una furia; si paralizzano vedendo con che maestosità e precisione infallibile la sua spada mena fendenti quasi dotata di volontà propria; le sue vittime cadono a terra un secondo dopo l’altro.
Con la sua figura slanciata e imponente, il volto macchiato di schizzi di sangue e reso sinistro dalla cicatrice, gli occhi di smeraldo accesi di rancore, è una visione terrificante.
Tuttavia i Mercenari non si fermano; avanzano inesorabili verso la morte, guidati dalla paura del loro comandante, sperando di poter riuscire a cogliere quella macchina assassina nel suo punto debole.
Le loro speranze vengono squarciate così come le loro gole, i loro petti, le loro membra.

La battaglia ha preso rapidamente vita. Dopo la prima ondata di Mercenari ne è seguita un’altra. I loro arcieri sono rapidamente stati eliminati dagli Elfi. Dal principe del Bosco Atro, dal Custode, dal nano, dallo Stregone e dal Re, al comando di truppe di elfi.

L’ennesimo soldato cade a terra in una macchia di sangue, sopra al suo compagno, già finito da un pezzo dalla lama inesorabile del Custode.

Ronim è lì, dice Drego nella sua mente.

L’Elfo si fa strada a suon di ferite nella mischia, fino a vedere uno spettacolo simile al suo; il Custode, o meglio, il Guardiano della Custode uccidere chiunque gli si pari davanti. Ha superato da un pezzo la sua giovinezza, ma la sua forza non è diminuita. Entrambi si scorgono; occhi verdi in occhi azzurri.

E’ solo un secondo; ma Ronim sorride e si getta di nuovo contro i suoi nemici, senza esitazione. Solo un sorriso spunta nelle sue labbra.

 

Blodgharm esce dalla mischia e corre verso il bosco, falciando i Mercenari mentre procede velocemente. Mentre corre sente un sibilo alle sue spalle, seguito da un tonfo. Sorpreso, si volta e vede un’uomo a terra, gli occhi spalancati dietro alla maschera di legno e piume che portano gli Assassini. Una freccia gli trafigge la gola, spargendo sangue lungo il collo e sulla terra umida. Alza lo sguardo e vede il principe Legolas combattere veloce e preciso contro cinque Assassini, fianco a fianco con il nano. Sorride, incrociando i suoi occhi azzurri per un secondo, capendo che è stato lui a salvargli la vita. China il capo, poi si volta e comincia a correre veloce nel bosco, lasciandosi alle spalle le urla e il clangore delle armi.

Solo un’obbiettivo risplende nella sua mente:

Savanna.

↜↝↜↝↜↝↜↝

Savanna:

 

Ho paura. Sono in ansia. Sto tremando. Dio, Dio, Dio.

E se Legolas si ferisse? E se venisse ucciso? E se Ronim non riuscisse a proteggerlo come mi ha promesso?

Nella mia mente prende vita l’immagine di una freccia che gli trafigge la gola bianca, marmorea, macchiando l’aria di un fiotto di sangue. Tremo e mi rannicchio su me stessa, desiderando di poter strapparmi via il cuore dal petto e rimetterlo al suo posto quando tutto sarà finito.

Athma mi circonda le spalle con il suo lungo collo, posando la testa sul mio grembo. Mi fissa con i suoi occhi azzurri pieni di rimprovero.

-Lo so, lo so- sussurro ansiosa. -Ma se...

BASTA CON I SE!!!, Ruggisce con violenza nella mia mente. Sussulto.

-Hai ragione- prendo un respiro profondo, e in quel momento una figura massiccia oscura l’entrata della grotta. Balzo in piedi, sguainando la spada, ma una voce possente e autorevole, e allo stesso tempo musicale come il suono cristallino del vento tra gli alberi e l’acqua dei ruscelli, mi ferma.

-Savanna.

Mi gelo, mentre i miei occhi si abituano alla luce intensa. Scorgo il profilo di qualcuno di più piccolo, più minuto davanti alla figura dello sconosciuto. E il bagliore delicato di una spada.

-Ferma, o morirà. Non voglio farvi del male, ma ho bisogno che mi stiate a sentire.

Sbuffo, ma sto tremando. No. Anche Merida no. Lei si divincola, ma la presa dell’uomo è salda e non riesce a liberarsi. Può ancora parlare, però. Con voce strozzata dice: -Non. Ascoltarlo, Van...

Lui la scuote, zittendola con una stretta più forte. Athma si raddrizza e solleva la testa, ringhiando ferocemente. Anche lei vuole bene a Merida, ma non so se riusciremmo a sconfiggerlo...

-Savanna, ascoltami! Vieni più vicina, e guardami. Per favore.

Merida si dibatte, rifilando una gomitata nello stomaco di lui, che non fa una piega e si limita e stringerla più forte contro di se.

Non posso disobbedire. Lentamente mi avvicino, senza riuscire a smettere di tremare. Man mano che avanzo, senza sentire le proteste mugolate di mia sorella e i ringhi di Athma, la luce aumenta e riesco a scorgere più dettagli. Prima di tutto mi concentro su Merida.
E’ pallida e ha gli occhi che bruciano di rabbia e umiliazione, ma sembra a posto. Il suo volto è perfetto, non ha un graffio. La gola anche, la spada le sfiora soltanto la pelle. Le sue guance sono rosse, e mi stupisco nel constata re che è anche imbarazzata. Lui la tiene con una presa salda, ma non sembra farle male.

Poi i miei occhi scivolano sulle spalle di lui, ampie e coperte da una casacca blu, macchiata di rosso e lacerata, per poi salire e accorgersi dei lunghi capelli castani che circondano il suo volto, e incrociare il suo sguardo di smeraldo. E resto a bocca aperta.

La spada mi cade di mano, e la lama risuona cristallina sulla roccia. Merida mi guarda spalancando la bocca, basita. Ma io riesco solo a fissare l’Elfo. E’ lui!

E’ l’Elfo del mio sogno! L’Elfo dei capelli castani!

Lui mi sorride, e io resto a fissarlo senza sapere cosa dire.

-Che diamine stai facendo?!- Sbottano Merida e Athma nello stesso momento.

Io non le sento quasi. I miei occhi corrono sul volto dell’Elfo, segnato da una profonda cicatrice sulla sua guancia sinistra. Ma nel mio sogno non l’aveva...

Lui lascia andare Merida e abbassa la spada. Lei si scosta, indietreggiando di botto, guardando a turno me e lui, incredula.

L’elfo mi sorride, avvicinandosi. Mi sovrasta da quanto è alto; sono costretta a piegare la testa per guardarlo in volto. Siamo così vicini che sento il suo calore e l’odore selvatico ma piacevole che emana.

Il cuore mi batte a mille mentre il suo sguardo verde smeraldo si intreccia al mio.

-Io sono Blodgharm, sorella mia.

Poi si china e le sue labbra calde e morbide sfiorano con dolcezza le mie.

 

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Capitolo 20
*** Capitolo Venti: Drego ***


Capitolo Venti:
Drego.

 

 

 

 

Le gambe mi cedono e per poco non cado a terra, ma Blodgharm mi afferra in tempo. Ho la vista annebbiata e sono confusa. Estremamente confusa. Ma so che è vero.

Drego è vivo.

Il drago blu è vivo.

Athma non è l’ultima.

E Blodgharm è il suo Custode.

Uno strillo irato mi riporta alla realtà.

-CHE DIAMINE LE HAI FATTO??

Sbatto le palpebre e mi accorgo di essere tra le braccia possenti dell’elfo, che mi sostengono con delicatezza.

Merida ha sguainato la spada e la lama preme contro la gola scoperta del Custode. Provo a parlare, ma dalla mia gola esce un rantolo strozzato. Merida mi guarda per un secondo, preoccupata.

-No- ansimo col respiro corto, -non...

-Savanna, zitta- dice l’Elfo, fissando intensamente Merida. Lei riporta lo sguardo su di lui, ma adesso i suoi occhi smeraldini sono logorati dal panico. La sua mano però non trema.

-Merida, per favore. Abbassala.

Lei scuote la testa, ma i suoi occhi sono lucidi. Non sa cosa fare. E’ divisa tra l’istinto di proteggermi e ascoltare la voce suadente e pacata dell’Elfo.

-Come...

-Come so il tuo nome? Mio fratello mi ha parlato di te.

Sposto lo sguardo su Blodgharm, non riuscendo a capire, ma lui tiene i suoi occhi fissi in quelli di lei. Verde nel verde. Muschio nello smeraldo.

Devo ammettere che l’Elfo e la sua espressione calma e moderata mi inquietano e affascinano allo stesso tempo. La cicatrice sembra brillare sul suo volto, in contrasto con la sua pelle abbronzata. E’ il primo elfo che vedo che non abbia la pelle bianca, ma con il colore scuro dei suoi capelli è un’insieme piacevole. Anche se non piacevole quanto quello di Legolas.

-Tuo fratello?- Sussurra Merida incerta.

Lui sorride dolcemente, incurante del fatto che abbia una lama puntata alla gola.

-Haldir.

Dopo un secondo lei abbassa lentamente la spada, arrendendosi, ma i suoi occhi non smettono di osservarlo. Lui china la testa nella sua direzione, come per ringraziarla, poi si volta di nuovo verso di me e io provo un’intenso brivido di paura nel ricordarmi di come le sue mani siano strette sulla mia vita.

-Stai bene?

Annuisco, tremante. Interviene Athma.

E’ vero? E’ tutto vero?! Non sono morti? Non sono l’ultima?

Blodgharm si volta lentamente verso l’ombra, dove la testa della mia dragonessa emerge e le sue squame viola, illuminate dalla tenue luce del sole, mandano riflessi nella grotta.

Lui mi lascia, e fa un passo verso di lei, inclinando la testa con un sorriso.

-Sei più bella di come Drego mi aveva descritto, Athma. Ebbene sì. Lui è vivo, e non sei l’ultima, né tantomeno l’unica.

Gli occhi azzurri della mia cucciola scintillano di gioia e in un secondo il suo muso è a pochi centimetri dal volto dell’Elfo, che sorride e allunga la mano, accarezzandola con una dolcezza incredibile. Lei sbuffa investendo il volto di Blodgharm con il suo fiato caldo, e mi accorgo di una piccola punta di gelosia che sta crescendo nel mio petto. Sempre restando girato, l’Elfo parla.

-Non devi essere gelosa. Il vostro è un legame unico, che nessun altro potrà mai rimpiazzare, così come lo è quello tra Drego e me.

Arrossisco, mentre Merida mi si affianca. Resto in silenzio, mentre Athma alza lo sguardo e mi fissa.

Un secondo dopo, vedo il terrore nei suoi occhi.

Non capisco.

Poi mi sento afferrare per la gola e urlo, senza riuscire a liberarmi della mano che mi impedisce di respirare. L’Elfo si volta di scatto, e vedo un lampo argentato prima che un sibilo mi sfiori l’orecchio e la presa sul mio collo si allenti. Mi sento trascinata a terra da un peso notevole, e qualcosa mi piomba addosso. Mi dimeno sotto l’Assassino, prima che qualcuno me lo tolga di dosso. Sono senza fiato, quello pesava un botto, accidenti! Imbecille di merda!

Una mano mi afferra e mi ritrovo Blodgharm a mezzo millimetro dalla faccia, e immancabilmente arrossisco.

-Vai da Legolas- scandisce, poi mi spinge via, di lato, roteando la spada e ammazzando un Mercenario.

-Andate!- Urla, vedendo che io e Merida non ci schiodiamo. -Ci penso io ad Athma! MUOVETEVI!

Sì, lo so. Non dovrei obbedire. Ma... è terrificante. L’Elfo che uccide con precisione e senza pietà... non riesco a descrivere che razza di angoscia mi metta in corpo. E poi io mi fido di lui. Perché mi ha mostrato tutto, con quel bacio (oddio... ho baciato qualcuno che non è Legolas... devo dirglielo o no? Non era un vero bacio...), mi ha mostrato i suoi ricordi, mi ha mostrato la verità. Mi ha fatto vedere, in un secondo, tutto il tempo speso a esercitarsi con la magia; mi ha mostrato come, nel bosco, si sia ritrovato davanti gli occhi dorati di Drego, e da come da quel giorno lui e il drago sono diventati più che amici, più che fratelli. Mi ha fatto vedere Ronim, anni fa, quando io ancora non lo conoscevo ma lui sì. E se conosce Ronim, allora mi posso fidare.

Perciò mi volto e afferro Merida per il polso. Cominciamo a correre.
 

↜↝↜↝↜↝↜↝
 

Legolas:
 

Con rabbia uccido l’ultimo Assassino, trafiggendogli la gola con il pugnale.

Cade a terra e un fiotto di sangue scarlatto traccia in aria un ampio semicerchio; salto bruscamente di lato per evitarlo. Mi guardo intorno, con il respiro corto.

E’ stato un massacro.

A terra ci sono corpi su corpi; decine di uomini, grazie al cielo pochi elfi.

-Legolas!

Mi volto di scatto a quella voce, che sembra risanare almeno in parte il mio cuore lacerato dall’ansia e dalla preoccupazione. Incrocio degli occhi grigi. Mi immobilizzo.

Haldir.

E’ vivo.

Scatto in avanti e lo soffoco in un’abbraccio. Mi è mancato.

Lui geme per la mia forza eccessiva, ma sorride e ricambia l’abbraccio. Chiudo gli occhi per un momento, dimenticandomi della terra divenuta rossa e dei cadaveri a terra e godendo solo del calore dell’abbraccio del mio migliore amico.

Poi una voce rude e divertita ci richiama alla realtà.

-Ehi, orecchie a punta! Là c’è la tua ragazza, e da come ti guarda sembrerebbe che ti voglia saltare addosso da un momento all’altro! E lo stesso vale per te, Elfo!- Dice Gimli sghignazzando.

Io e Haldir ci scostiamo, guardando nella direzione del nano, che ride allegramente. Anche Aragorn e Gandalf, alle sue spalle, sorridono, scarmigliati e feriti ma salvi. Non capisco. Che sta dicendo?

Sussulto sorpreso quando mi arriva uno schiaffo sulla nuca, e mi volto per trovare il volto di Ronim a poca distanza dal mio. Ha un ghigno dipinto in faccia e un taglio sulla fronte da cui cola sangue, ma sta bene anche lui. Con il braccio indica a destra.

-Di là, idioti.

Giriamo lo sguardo.

E’ la visione più bella che io abbia mai visto.

Savanna mi sta fissando, i capelli in disordine, il volto pallido e le guance rosse e gli occhi brillanti. E’ al limite del bosco, sopra un masso che fa da ponte al sopralivello erboso, ma salta giù in fretta per correre verso di me. Non faccio in tempo a sorridere che si butta tra le mie braccia. L’afferro e la stringo forte, affondando il volto nei suoi capelli. Haldir mi supera e alzando lo sguardo vedo che, arrivato davanti a Merida, che ha le guance rosse e lo sguardo basso, le solleva la testa e abbracciandola la bacia con trasporto, incurante di tutti gli occhi fissi su di loro.

Sorrido e torno a concentrarmi sulla dea minuta che ho tra le braccia. Sento il suo cuore battere a mille e le sue braccia, raccolte sul mio petto, tremano. Le avvolgo le spalle esili con un braccio e la stringo, inebriandomi del suo profumo dolce.

Sento uno sbuffo alla mia destra e un borbottio spegnersi mentre Ronim si avvia verso Gimli. Arrivatogli davanti lo guarda sconfortato.

-Sembra che dovremo organizzare un matrimonio- sospira, guardandoci.

Gimli sghignazza allegramente e gli dà una pacca sul braccio, confortandolo e dicendogli che presto, secondo lui, altro che matrimonio, dovranno badare ai nipotini.

-Imbecilli- sussurra Savanna contro il mio petto.

Ridacchio, e lei mugola, premendo la guancia contro di me.

-Visto? Alla fine sono tornato- mormoro, e lei alza la testa. I suoi occhi dolci sono la cosa più meravigliosa che io abbia mai visto, e all’improvviso mi sento esplodere di fuoco, di amore per lei. Nel mio petto qualcosa si smuove e divampa un incendio così tumultuoso che a fatica riesco a respirare.

Lei mi sorride, ignara di quello che provo.

-Direi che sono tornata io- puntalizza.

Prima che posso rispondere un ruggito raccapricciante ci fa trasalire, me, come lei, come Ronim.

Alziamo di scatto le teste al cielo e vediamo delle gigantesche ali viola distendersi nel cielo, seguite da un corpo sinuoso e forte.

-ODIOMIO!!- Strilla Savanna, stritolandomi il braccio, in panico. -ATHMA!!

Una miriade di frecce esplode dagli alberi. La maggior parte non colpiscono la dragonessa, ma alcune sì, conficcandosi nel ventre e nella zone scoperta dalle squame del collo. Lei ruggisce un lamento, abbassando la testa verso gli alberi, mentre alcune perforano le sue ali, e perde quota.

-Athma!!

Le urla di Merida, Ronim e Savanna si fondono in un’unico, terribile e doloroso grido di impotenza. Gocce rosse fendono l’aria, ma un rumore terrorizzante ci blocca tutti quanti, mentre la dragonessa cade verso la terra, con una lentezza innaturale.

Un rumore sordo, potente, che ci scuote fin nelle ossa.

E poi, dalla montagna di fronte a noi, la roccia esplode. Torrenti d’acqua si riversano lungo il bosco, sradicando alberi e rocce. Ma stranamente la valanga non ci sfiora neppure. Il corso dell’acqua sembra essere trattenuto da invisibili sponde. Savanna trema e la stringo forte, mentre la terra trema.

Un secondo dopo, dalle rocce, due ali si schiudono e un drago blu si lancia nel cielo. Resto senza fiato. E’ dieci volte più massiccio di Athma, e i suoi occhi, che ho scorto con la mia vista da Elfo, sono dorati e, soprattutto, infuriati. Con un paio di battiti d’ala riempie la distanza nel cielo che lo divide da Athma, e la afferra al volo con le zampe. Sembra davvero piccola rispetto a lui.

Poi il drago apre la bocca e una vampata di fuoco scaturisce sugli alberi, appiccando un’incendio repentino, proprio nella zona di bosco dove le frecce sono state lanciate. Sento flebili urla di dolore e terrore giungere alle mie orecchie, ma resto impassibile.

Continuo a guardare il drago, come tutti, che volta il muso e ci osserva, restando immobile nell’aria, con la cucciola ferita tra le zampe, che lo guarda con i suoi occhi azzurri sbarrati.

Il drago blu sbuffa del fumo e con un ruggito sonoro si volta e vola via, portando con se Athma. Fisso la sua sagoma sparire nel cielo in pochi minuti. Poi abbasso lo sguardo e vedo Savanna che fissa ancora il cielo con un’espressione talmente triste che mi spezza il cuore. Poi scoppia a piangere e si tuffa di nuovo contro di me.

La stringo, mentre tutti si avvicinano e guardano la ragazza. Gimli ha un’espressione strana, con gli occhi socchiusi e la mascella serrata: sta trattenendo la tristezza di vederla così; ci sarebbe da sorridere se la mia dolce Vanny non stesse piangendo.

Ronim si avvicina e posa un braccio sulla schiena di sua figlia. Siamo spalla a spalla, e la sosteniamo tutte e due. Pian piano si avvicina anche Merida, che le prende la mano. Anche lei è pallida ed è sconvolta; Haldir le passa un braccio sulle spalle.

Poi una voce si leva dietro di noi.

-Non devi sentirti in colpa. Athma starà bene, con Drego. La curerà. L’hai protetta come hai potuto, e te la sei cavata egregiamente.

Alzo lo sguardo, e Savanna trasalisce, aggrappandosi alla mia spalla.

E’ lui; l’Elfo che ho salvato prima. Ha lunghi capelli scuri e gli occhi verdi, magnetici. Mi ricordano quelli di un gatto.

Ronim lo guarda e parla di getto.

-Le hai fatto vedere tutto?- Chiede. -L’hai baciata?

L’altro annuisce tranquillo, e io divento di pietra.

L’ha.

Baciata.

IO LO AMMAZZO!!!

Prima che possa fare qualsiasi cosa però, sento una presenza esterna nella mia mente. Una presenza calda, familiare, benevola e saggia. Come il calore di un fuoco in una sera d’inverno.

Sta’ calmo, dice Ronim nella mia mente, continuando a fissare l’Elfo. Non è come pensi tu. E’ un modo per trasmettere i ricordi. Blodgharm l’ha baciata per farle vedere Drego. Per farle vedere che non era morto. Non l’ha baciata in quel senso.

Quindi tu lo sapevi che non era morto! Esclamo mentalmente.

Sì. Lo sapevo.

 
AnGoLo DeLl'AuTrIcE:
Seeeeera...
Non ho ancora ricevuto bombe, presumo abbiate fatto pace con i bacio non voluto da Vanny con Blodgharm.
Allora.
Che ve ne pare di quest'entrata in scena?? Fa schifo. Lo so. E' orribile.
Continuerei all'infinito ma non voglio annoiarvi quindi vi saluto velocementessima e buona notte e tante recensioniii! XD
Ok... Zaooo!
P.S: l'avete visto il trailer di Lo Hobbit??
Thranduil che dice a Tauriel che Legolas si è affezionato a lei!!!!!!!! Dio noooo!!! Volevo ammazzarla -.-

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Capitolo 21
*** Capitolo Ventuno ***


Capitolo Ventuno.


Per tutto il giorno non riceviamo nessuna notizia di Athma, né da Savanna né da Blodgharm, che le sta appiccicato. Ronim lo ha incaricato di seguirla e aiutarla se dovesse venirle un'attacco di panico o Athma le parlasse. Da quel che ho capito la dragonessa è stata portata lontano da qui, e se riuscisse a stabilire un contatto mentale con Savanna sarebbe molto doloroso per entrambe, anche per le loro condizioni fisiche, che non sono delle migliori.

Ho stretto i denti e non ho protestato, ma lo sguardo di assoluta fiducia che Savanna ha rivolto a Ronim mi brucia ancora dentro.

Ora sono con Gimli ad aiutare Ronim e Merida e Gandalf con gli Elfi feriti.

Adesso la casa sembra più una casa di guarigione che una vera casa, anche se per la prima volta Ronim ci ha portati nell’ala della casa dove non avevo mai messo piede; ho scoperto che c’è anche una grande stanza con letti per malati e feriti.

Mentre guardo con occhi spenti la ventina di Elfi che sono seduti o sdraiati sui letti, una voce cristallina mi chiama.

-Principe Legolas?

Mi volto e vedo un giovane Elfo con lunghi capelli neri. E’ poco più che un ragazzo; i suoi occhi sono scuri e caldi. Mi avvicino, seguito da un silenzioso Gimli.

-Sì?

L’elfo china il capo.

-Io sono Jeen, signore. Vostro padre mi ha ordinato di consegnarvi un messaggio.

Infila la mano nella casacca e tira fuori da una tasca interna una lettera. La prendo, ringraziando Jeen con un cenno del capo, e mi siedo sul suo letto, chinando le spalle e aprendo la lettera. Riconosco subito la calligrafia di mio padre, ordinata, precisa ed elegante.


Legolas, figlio mio,

Haldir mi ha spiegato tutto.
 

Sorrido. Ecco com’è mio padre: preciso, va dritto al punto. Con me.
 

Ho deciso di fidarmi del tuo giudizio, nonostante l’esperienza con Smaug.

Anche Elrond mi ha aiutato a capire che potevo fidarmi.

Ho perciò inviato i miei uomini ad aiutarti. Spero che tornerai presto a casa.

E, bada, figlio mio: Haldir mi ha anche accennato qualcosa a una ragazza.

Preparati, perché appena ti vedrò, dopo averti abbracciato, ti costringerò a dirmi tutto. TUTTO.

Intanto io tengo buona Danae, sperando che tu e la tua fidanzata arriviate presto, perché quella ragazza è VERAMENTE insopportabile. Tralasciando le sue continue lamentele (che sono letteralmente infinite) mi auguro che tu non resti ferito e che vinciate. Ma vincerete di sicuro.

Tuo padre,

Re Thraduil.
 

Sorrido, ripiegando con calma la lettera. Gimli si sporge verso di me, curioso.

-Allora, orecchie a punta? Che dice?

Ridacchio alla sua smorfia torva in contrasto col tono di voce.

Lui e mio padre hanno uno strano rapporto. Sempre a punzecchiarsi, a infastidirsi. Ma so che entrambi si vogliono bene, come amici. O magari c’è solo il rispetto. Non l’ho mai capito. Di certo Gimli ha superato da un pezzo il risentimento causato dalla prigionia di suo padre e i suoi compagni da parte nostra.

-Dice che è tutto a posto e che spera che torni presto. E che Danae è più insopportabile del solito- aggiungo con una smorfia divertita nell’immaginare mio padre alle prese con quella ragazzina fastidiosa e petulante che chiede continuamente di me.

Gimli scoppia a ridere e Jeen sorride. Anche lui la conosce, come tutti.

Uno dei pregi di mio padre è la grande pazienza; ma non mi stupirò di certo se presto arriverà un’altra sua lettera che dice che Danae è accidentalmente finita in qualche ruscello o, peggio ancora, in un burrone. O nella foresta. O nel mare, dove à quasi affogata, per intenderci.

Mi alzo e ringrazio brevemente Jeen, prima di dirigermi verso la porta con passo tranquillo. Gimli fa per seguirmi, ma Ronim lo blocca chiedendogli di aiutarlo con un’Elfo ferito alla spalla. Lui borbotta ma accetta e mi lancia un’occhiata, come per dirmi: “Ci vediamo dopo, principino”.

Sorrido e presto mi ritrovo a camminare nel corridoio deserto, sovrappensiero.

Cammino ma il mio sguardo passa incolore sui mobiletti del corridoio, sui quadri; sono assorto nei miei pensieri, anche se in realtà non sto pensando. Semplicemente, la mia mente è vuota, immersa in uno strato di candida foschia.

Sbatto le palpebre, e con sorpresa mi accorgo di essere all’aperto.

Sono davanti alle stalle, dove Mitya sta brucando tranquilla l’erba. Mi avvicino con un sorriso e lei nitrisce, alzando gli occhi. Accarezzo il suo muso morbido, mentre il suo fiato caldo si insinua tra le mie dita.

-Ehi- mormoro, mentre la cavalla strofina il suo muso nero sulla mia spalla.

-Legolas?

Sobbalzo a quella voce, e mi giro di scatto.

Savanna è davanti a me. I suoi occhi azzurri mi sorridono, e noto che le labbra sono rosse e piene di segni. Si è morsa tante volte... perché?

Si è cambiata e lavata. I suoi capelli sono sciolti lungo le spalle esili e la schiena, il volto è pulito. Indossa una camicia bianca con sopra una casacca verde, assieme ai soliti pantaloni da uomo. Trattengo un sorriso. La vedrò mai indossare un abito? Presumo di no.

-Sono qui.

Lei arrossisce leggermente e si morde le labbra. Velocemente sono davanti a lei e poso un dito sulla sua bocca per obbligarla a smettere di torturarsi così. Lei alza lo guardo, sorridendo timidamente..

-Stavo pensando... io... tu te ne andrai, adesso. Tornerai a Valmar.

Annuisco lentamente; il mio cuore ha preso a battere più forte e più velocemente, mentre sento la paura annodarmi lo stomaco. Sta dicendo che dovremo separarci? Che è finita?

Poggio la mano sulla sua guancia morbida e calda sotto al mio palmo. Chino la testa e appoggio la fronte contro la sua, osservando le sue iridi azzurre, e per la prima volta noto alcune macchioline dorate e grigie attorno alla pupilla nera.

-Cosa vuoi dirmi?- Sussurro, ansioso.

Lei deglutisce e il mio cuore si ferma per un terribile istante.

-Voglio... venire con te.

La fisso a bocca aperta. Sta dicendo sul serio?! Mi sembra di essere leggero come una piuma, ora. Potrei volare dalla gioia!

-Cosa?!

Lei abbassa lo sguardo arrossendo.

-Ecco... io pensavo...

-Savanna, ma è... davvero... bellissimo!!

Lei mi guarda, rialzando la testa di scatto, ansiosa.

-Sul serio? Davvero mi vuoi con te?

Sorrido felice.

-E me lo chiedi anche! Sì, sì, certo che ti voglio con me! Per sempre!- Mi chino e l’afferro per la vita, sollevandola in aria e facendola girare attorno a me. Lei ride aggrappandosi alle mie spalle, e quando la metto di nuovo giù, al culmine della gioia, si avvicina e mi bacia. La stringo con forza, lasciando che il bacio consumi tutte le mie energie e attiri completamente la mia attenzione.
Dimentico tutto nel mio dolce oblio dorato: non c’è niente se non il suo corpo morbido e piccolo, non c’è niente se non il suo profumo, il suo sapore, non c’è niente se non la gioia che rischia di fermi esplodere da un momento all’altro, non c’è nient’altro che lei.

Dopo secondi, o minuti, non ne ho idea, una risata si fa strada verso le mie orecchie.

-Te l’avevo detto, Aragorn!

-Ma non è vero, non è detto!- Protesta il mio migliore amico.

Savanna si scosta all’improvviso, viola in viso, ma con un sorriso splendido che le illumina gli occhi. Ci voltiamo e vediamo un sorridente Haldir, uno sconfortato Aragorn e un saltellante Gimli che procedono verso di noi.

-Tu!!- Tuona il nano, afferrandomi per il braccio e tirandomi in ginocchio davanti alla sua faccia con tanta forza da strapparmi una smorfia. -Gliel'hai chiesto?!

Rimango perplesso dal tono esultante della sua voce e dalla gioia che scintilla nei suoi occhi scuri.

-Chiesto cosa?- Chiedo confuso, mentre Savanna mi posa una mano sulla spalla, come per confortarmi.

L'espressione di Gimli si trasforma rapidamente in una smorfia assassina, mentre Aragorn esulta e Haldir ride dietro di lui.

-Ma di sposarti, imbecille!- Sbotta lui.

Il mio cuore perde un colpo. Oh Valar. Mi volto verso di lei, che fissa me e il nano a turno, scioccata.

E poi perdo il controllo della mia lingua.

-Savanna... vuoi sposarmi?
 
↜↝↜↝↜↝↜↝
 

AnGoLo DeLl'AuTrIcE:
Traanquilli non vi ho abbandonati, ma i compiti sono così tanti... e ieri ho passato tutto il pomeriggio a studiare per la verifica di greco!!
Allora...
L'immagine. Thranduil. NON E' ADORABILEEEE????
Poi. Sero non mi ucciderete... in effetti Legolas non ci aveva neanche pensato a chiederle di sposarlo... benedetto sia Gimli.
E' un capitolo cosrto, perché, diciamo, di passaggio, anche se importante.
Spero non faccia troppo schifo.
UN BACIOOOOO!! A Tutti!
Ah... e ho preso sei piùù in scienze!!!!!!! Sììì!! Pensavo di aver preso tre ^^

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Capitolo 22
*** Capitolo Ventidue: Cambiamenti in grande stile. ***


Capitolo Ventidue:
Cambiamenti in grande stile.




Savanna:

Ooooddio.

E ORA CHE DIAMINE FACCIO????
Mi ha chiesto di sposarlo!!

Direi sì anche subito, ma ci sono Gimli, Aragorn e Haldir che mi fissano, e io mi sento morire. Mi sento combattuta. Da una parte vorrei gettarmi tra le braccia di Legolas e urlare che sì, lo voglio sposare, ma le mie gambe non vogliono sapersi di muoversi.

In un secondo Legolas si libera della stretta di Gimli e si alza, prendendomi tra le braccia. Si china e mi afferra le gambe, per poi rialzarsi e dirigersi verso il bosco, borbottando un “quanto sono imbecilli” riferito chiaramente ai suoi amici.

Mi aggrappo alle sue spalle nascondendo la faccia tra i capelli, rossa dall’imbarazzo.

Dopo qualche minuto Legolas si ferma e mi posa delicatamente a terra.

Alzo la testa e i suoi splendidi occhi celesti si incatenano ai miei.

Mi sorride, e mi accarezza la guancia.

-Meglio ripetere. Savanna, vuoi sposarmi?- Mormora.

Lo fisso, incapace di pronunciare qualsiasi suono.

Passano i secondi, e vedo chiaramente che si sta preoccupando.

Mi sforzo di recuperare la voce.

-Ma... ma davvero? Non... non me lo stai chiedendo perché Gimli...

Lui mi interrompe tappandomi la bocca con un movimento fulmineo.

-Stai scherzando, vero? Ti prego, dimmi di sì. Savanna, io ti amo! Gimli non c’entra niente! Io voglio sposarti! Da tempo...- confessa, e le sue guance diventano rosa.

Sorrido contro le sue dita e sposto con dolcezza la sua mano dalla mia bocca.

-Sì- dico sorridendogli.

Lui rimane per un attimo di pietra, poi si riprende e mi stritola in abbraccio.

-Ahi! Ehm... Legolas... la mia povera schiena- dico con voce strozzata.

Lui scoppia a ridere e mi lascia andare con delicatezza, per poi prendere a baciarmi con forza. Sorrido e gli circondo il collo con le braccia, stringendomi al suo corpo forte.

Dopo qualche minuto, con dispiacere, mi scosto, preoccupata. Lui lo intuisce e mi accarezza piano la guancia, sorridendo per tranquillizzarmi.

-Cosa c'è?- Chiede posando la fronte sulla mia,

Gli rivolgo uno sguardo terrorizzato.

-Come faccio a dirlo a Ronim?!- Esclamo in panico.

 

-Ehm... Ronim?- Chiedo impaurita.

Lui alza lo sguardo dal libro che sta leggendo in salotto e mi fissa. La luce delle fiamme dipinge ombre attorno agli occhi, alla bocca e agli zigomi, facendo sembrare la sua pelle ancora più scura di quanto non sia. I suoi occhi mi osservano per qualche istante.

-Mmh?

Attorciglio nervosa una ciocca di capelli attorno al dito. Sento gli occhi di Gandalf, Gimli, Haldir, Aragorn e persino Blodgharm puntati su di me.

-Posso parlarti?

Lui annuisce serenamente, alzandosi. Posa il libro sul bracciolo della poltrona e mi circonda le spalle con un braccio, baciandomi i capelli. Inspiro il suo odore di menta e tabacco, posando la mano sul suo addome.

-Certo, amore. Vieni.

Mi conduce verso la cucina. So già che mi porterà allo studio. Mi stringe a sé circondandomi la vita con un braccio. Sono talmente bassa in confronto a lui che il suo braccio è dritto, non obliquo. Mentre entriamo in cucina sento Gimli esplodere in una risatina e borbottare: -Buona fortuna.

Poi sentiamo un lamento soffocato e un rumore sordo, come se qualcuno gli avesse lanciato in testa qualcosa, o l’avesse picchiato.

-Zitto, mastro nano- lo rimprovera la voce di Gandalf, ma anche lui è indiscutibilmente divertito.

-Ma perché mi picchi sempre con quel tuo maledetto bastone?!

Altro rumore, più le risate a malapena trattenute di Haldir e Aragorn.

Trattengo un sorriso, mio malgrado.

Pochi minuti dopo siamo nello studio. Ronim chiude la porta e si siede sulla poltrona, rigorosamente rosso fuoco, di fianco al camino. Mi guarda, e io quasi non riesco a respirare. La prenderà bene?

-Savanna, cosa c’è?

Prendo un respiro profondo, poi apro la bocca. Non riesco a emettere nessun suono.

-Io... be’...

-Sì?

Sfuggo il suo sguardo limpido, mordendomi il labbro. Accidenti. Perché quelle poche parole non mi escono dalla bocca?

Con un sospiro mi butto tra le braccia di mio padre e lui sussulta sorpreso, ma mi accoglie di buon grado. Mi accoccolo sulle sue gambe, posando la guancia sul suo petto. Prende ad accarezzarmi la schiena e le braccia, e dopo pochi minuti mi ritrovo in un piacevole tepore.

Inspiro il suo odore di tabacco e muschio, e mi faccio coraggio. Non può certo decapitarmi. Affondo la faccia nell’incavo del suo collo, mettendomi più dritta, e la sua mano mi insegue, massaggiandomi la nuca.

-Legolas mi ha chiesto di sposarlo- bisbiglio.

Per un secondo tutto è normale. Sento i muscoli del suo torace rilassati sotto le dita, la posa tranquilla, la sua corta barba contro la testa. Poi succede.

Si irrigidisce in un secondo, mi afferra con rapidità e si alza in piedi.

Urlo sorpresa, aggrappandomi disperatamente alle sue spalle per non cadere, ma non è necessario. La sua stretta è così forte che quasi mi fa male.

-LEGOLAS!!- Urla Ronim, e in un paio di passi spalanca con una spallata la porta e sbuchiamo nel corridoio, in cucina e infine il salotto. Intanto io cerco di calmare mio padre.

-Papà, non è...- comincio, ma lui mi zittisce con un’occhiata.

Divento muta e mi rannicchio, rassegnata all’inevitabile.

Appena sbuchiamo in salotto incrocio due occhi palesemente divertiti e soprattutto verdissimi.

Dio no. C’è anche Blodgharm.

Vergogna assoluta.
Gimli, Aragorn, Haldir e Merida passino.

Gandalf? Va bene.

Ma Blodgharm no!!

Ronim marcia davanti al mio Elfo, che si è alzato dalla poltrona dov’era seduto. E’ alto come Ronim, ma in questo momento il mio mentore lo sembra di più dalla rabbia. Le sue labbra sono strette in una linea di disapprovazione. Alzo lo sguardo al soffitto, pregando tutti gli dei che conosco di farla rapida e indolore. Poi, visto che il silenzio di sfida persiste, mi metto a contare tutti i graffi che mi sono procurata da quando avevo otto anni.

Gli occhi di tutti passano dall’uno all’altro, poi tornano a me, in mezzo.

Venti... venticinque... ventisette graffi... perché non parlanoo... trentadue...

Molto maturo Savanna.

Per poco non faccio un salto, e rovescio la testa all’indietro per guardare l’Elfo castano avvicinarsi.

-Ronim dalla a me. Rischiate di farvi male con lei in mezzo- esordisce con un sorriso felino.

Mio padre obbedisce. Grazie papà. Proprio in braccio a lui dovevi scaricarmi?? NON ARAGORN O HALDIR, EH?? BLODGHARM!! Più imbarazzante di così si muore.

Tranquilla. Prima di morire di imbarazzo ce ne vuole.

LA PIANTI DI ENTRARMI NELLA TESTA... ELFO??

No, sogghigna la sua voce nella mia mente.

Io muoio.

Sospiro e sbatto la testa contro il petto forte di Blodgharm per prendermi la rivincita, ottenendo solo delle risatine soffocate da parte di Merida e Gimli, che si stanno trattenendo dal ridere con le lacrime agli occhi. Blodgharm si ferma in piedi di fianco a loro, mentre io tento inutilmente di divincolarmi dalle braccia di ferro dell’Elfo.

-Savanna... meglio... lasciar... perdere- sibila Merida, accoccolata in braccio ad Haldir, contorcendosi dalle risate. Gimli è viola per lo sforzo di ridere silenziosamente, e le sue spalle sobbalzano violentemente.

Haldir si trattiene molto meglio, ma anche lui fa fatica, e non parliamo di Aragorn.

Ringhio e tiro un calcio al fianco dell’Elfo che sussulta e mi scocca un’occhiata divertita.

-Zitta e goditi lo spettacolo- mormora tornando a guardare i due al centro della stanza.

-Ma io non voglio godermi lo spettacolo- mi lamento.

Blodgharm mi scocca un’occhiataccia e io ricambio. Allora lui alza gli occhi al cielo e mi lascia andare con la mano che mi tiene sulla schiena. Io strillo sorpresa, avvinghiandomi alle sue spalle, ma all’improvviso un dolore lacerante mi coglie impreparata, irrigendomi tutto il corpo. Blodgharm sgrana gli occhi, imprecando violentemente in elfico (almeno credo), e cade sulle ginocchia, sempre tenendomi in braccio.

Anche i suoi occhi verdi da gatto esprimono dolore.

Cado a terra, mezza sdraiata sulle sue gambe, mentre prendo fuoco. Grido, e l’Elfo vacilla, sopra di me. Urlo fino a scorticarmi la gola, e alla fine perdo i sensi, per fortuna. Fa male, troppo male per sopportare questo dolore. L’ultima cosa che mi rimane impressa nelle iridi è il volto livido di Blodgharm che si distende. Poi qualcosa cade sopra la mia spalla, qualcosa di pesante, qualcosa di duro: un ammasso di muscoli e ossa.

Savanna...

Athma. 
Svengo.
 

Sento delle voci. Delle voci che vanno e vengono, vanno e vengono.
Sono sdraiata a pancia in su, anche. Però non sento il calore delle coperte. Se cerco di aprire gli occhi non ci riesco. Non sento le braccia e le gambe... 
Le palpebre sono troppo pesanti... è tutto buio. Mi limito ad ascoltare, mentre le voci si stabilizzano.

-... sicuro di stare bene?- Questo è Ronim. Sembra preoccupato.

-Sì, Ronim. Tranquillo- dice la voce un po’ infastidita di Blodgharm.

Mio padre borbotta qualcosa a mezza voce, ma non riesco a capire cosa.

Sento un sospiro e il rumore di qualcuno che si alza da una poltrona. In pochi secondi sento una mano posarsi con delicatezza sulla mia spalla e farmi girare con la schiena in su. Non capisco, che sta facendo? E poi è mio padre o Blodgharm o qualcun’altro?

La mia guancia preme contro il cuscino, e sento delle dita slacciare con calma i lacci che tengono chiusa la camicia, sulla schiena. Sento il panico invadermi. Che diamine sta facendo?! Perché mi spoglia?!

-Blodgharm...- fa la voce di mio padre, preoccupata.

Oh. No. NO! Ma è Blodgharm!! Non Ronim! Oddio... cerco di muovere le braccia e ribellarmi, ma i muscoli non rispondono ai miei comandi. Inizio a sentirmi prigioniera del mio stesso corpo.

-Sta’ tranquillo. Di solito è un buon segno.

Cosa è un buon segno?! E tieni giù le mani!!

Invece lui continua a slegare i lacci, e pochi secondi dopo sento la stoffa separarsi e l’aria fredda mi colpisce come uno schiaffo. Perché NON RIESCO A MUOVERMI??

Con un tremito improvviso sento il pollice dell’Elfo risalire lungo l’incavo della colonna vertebrale, fino ad arrivare alla scapola. Lui ferma all’istante la mano. Segue un’istante di silenzio...

-Savanna?- Chiede la voce calma di mio padre.

No. No. No!
Hanno capito che sono sveglia... fatemi morire. Anzi, che qualcuno li sbatta fuori da qui!! Anche se in teoria non so neanche dove sia, “qui”...

Sei nella tua stanza, dice la voce di Blodgharm nella mia mente.

“Buono a sapersi. ORA TOGLIMI LE MANI DI DOSSO!!”

Sta’ calma! Devo...

“No che non sto calma! Lasciami in pace! E poi perché diamine non riesco a muovermi?!” Sbotto frustata. A questo punto Blodgharm scoppia a ridere. Ad alta voce. E io mi incazzo definitivamente.

Sento la rabbia smuovere quell’ostacolo insormontabile che mi impedisce di muovermi; e riacquisto il controllo delle mie membra. Mi sollevo sugli avambracci e rotolo di lato, sfuggendo alla presa dell’Elfo.
Sento mio padre esclamare un vago: -Oh oh! Si è incazzata!-, prima che finisca contro la sua schiena. Le sue mani mi afferrano le spalle e si affrettano a risistemare la stoffa sulle mie spalle.

Pianto i miei occhi in quelli verdi e divertiti, con una sfumatura di dolcezza, del Custode.

-Papà- ringhio. Sento Ronim ridacchiare, per poi allungarsi e baciarmi la guancia.

-Aspetta un attimo, tesoro. Guarda.

Senza nessuno sforzo, Ronim mi afferra e mi prende in braccio, come se fossi una bimba piccola. Gli cingo la vita con le gambe, aggrappandomi alle sue spalle ampie, mentre si alza e di mette di fronte allo specchio. Grazie alla sua presa ferrea la camicia slacciata non mostra nulla, ma io mi vergogno lo stesso. Affondo la faccia nella spalla di mio padre, pregando che questa assurdità finisca presto. Invece, sento una mano nei capelli che mi accarezza piano.

-Guarda- sussurra Ronim al mio orecchio.

Di malavoglia alzo lo sguardo e resto folgorata.

Non è possibile.

Dopo qualche istante guardo Blodgharm, che mi sorride da dietro la spalla di mio padre. Torno con lo sguardo sul tatuaggio sulla mia spalla.

E’ bellissimo.



AnGoLo DeLl'AuTrIcE:
Ciao!
Devo fare veloce che mamma mi ammazza... :D 
Vi piace? Pensavo di aggiungere questo chapty domani o dopodomani al massimo... invece ci sono riuscitaaaaaa!!!! *applauso e inchino*
Vi piace Blodgharm? Io lo A-M-O.
State tranqui... non ci sta provando con Vanny. Eheh. Capirete prima o poi (si spera :P)
Fatemiii sapeeeeeeere.
Ah e se non risp alle recensioni... sorry ma ho poco tempo davvero... e poi dopo due giorni non mi pare il caso di disturbarvi :*
Un bacio!!
Ah l'img è ovviamente il tatuaggio... spiegherò meglio nel prox capitolo... vi lascio con l'ansia!!

 

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Capitolo 23
*** Capitolo Venitré: Occhi rossi. ***


Capitolo Ventitré:
Occhi rossi.




Legolas:

E’ sera. Sto camminando nervosamente avanti e indietro quando Ronim e Blodgharm scendono le scale. Tutti puntiamo lo sguardo sulle loro sagome. L’Elfo è impassibile e non ci guarda neanche; sembra preoccupato. Esce dalla casa senza proferir parola. Ronim invece si lascia cadere sula sua poltrona e si passa una mano sul viso. E’ visibilmente stanco. Non ha avuto un’attimo di riposo dalla fine della battaglia, come testimoniano le sue occhiaie e il volto stanco e pallido.

-Allora?- Chiede Merida in un sussurro timido.

Ronim sposta i suoi occhi azzurri su di lei e abbozza un sorriso nel vederla tra le braccia di Haldir. Lei arrossisce e l’Elfo la stringe a sé, protettivo, baciandole i capelli.

-Sta bene- dice, e tutti tiriamo un sospiro di sollievo.

Nonostante le sue parole, però, un senso di inquietudine mi rimane dentro, divorandomi. So che non si calmerà finché non la vedrò.

-Ma cosa è successo?- Insiste Gimli, fissando inquieto il padre di Savanna.

Ronim lascia andare il fiato che ha trattenuto e si massaggia stancamente la fronte. E’ strano, non l’ho mai visto così stanco... fa uno strano effetto.

-Non credo sia ora di farvi una lezione sugli usi dei Custodi di draghi. Ma... comunque è tutto a posto. Succede sempre, prima o poi. Era solo questione di tempo.

-Ma cosa?- Lo interrompe irrequieta Merida, spostandosi in braccio ad Haldir. Sembra una cavalletta, non riesce a stare ferma, e involontariamente tira una gomitata all’Elfo, che fa una smorfia esasperata. Trattengo un sorriso e Haldir mi fulmina.

-Di solito... quando un Custode e il suo drago sviluppano la loro... diciamo... il loro legame appare un segno sul Custode. Un tatuaggio. E ciò è accaduto a Savanna. Athma ha cercato di mettersi in contatto con lei; ma era... è troppo lontana, e grazie a questo ha... diciamo... “sfondato” i confini del loro legame, sia mentali che fisici... in grande stile. Ha superato le barriere che contenevano la loro forza, limitandola, e il Tatuaggio è apparso. Ha fatto male a entrambe, ma anche a Blodgharm e forse Drego, perché la comparsa del Tatuaggio si ripercuote anche ai Custodi nelle vicinanze. Non in modo drastico come al Custode interessato, ma comunque ne avvertono la forza e la potenza, che colpiscono anche loro. Adesso il loro legame è molto più forte e solido di prima; impossibile da spezzare.

La spiegazione di Ronim lascia tutti a bocca aperta, tranne Gandalf, che, in piedi accanto alla finestra, continua tranquillamente a fumare la sua pipa. Mi getta un’occhiata tranquilla e bonaria, intuendo che lo sto guardando. Riporto velocemente lo sguardo su Ronim, che intanto si è alzato.

-Direi che è ora di andare a riposare- decreta. -Forza, tutti nelle proprie stanze. Il primo che fiata e mi sveglia, giuro, lo decapito.

Gimli si alza borbottando e dopo avermi dato una pacca sul braccio è il primo ad andare nella sua stanza, accompagnato da Aragorn. E’ molto stanco anche lui, e sorrido nel vedere come ciondola su per le scale.

Merida mi sorride e Haldir mi abbraccia, prima che lei lo trascini di sopra, tirandolo per le loro mani intrecciate.

Gandalf invece esce, probabilmente andrà a fare una passeggiata.

Siamo rimasti solo io e Ronim. Dopo la scenata di prima non ci siamo più rivolti la parola, ma adesso, quando si avvicina, capisco che il momento è arrivato.

Mi irrigidisco, aspettandomi qualsiasi cosa tranne il suo abbraccio. Mi tira rudemente a sé e mi stringe per qualche secondo, prima di spingermi via con delicatezza e afferrarmi nelle spalle. Mi guarda intensamente negli occhi.

-Ti sta aspettando, Legolas. Abbi cura di lei, ora e a venire. Sinceramente, non potevo desiderare un compagno migliore per mia figlia.

Lo guardo stupito a dir poco. Sembra davvero contento... poi il suo sguardo si fa più minaccioso.

-Ma, bada: se la farai soffrire, se una sola lacrima di dolore righerà il suo volto, giuro che ti verrò ad uccidere con le mie stesse mani. E ora muoviti orecchie a punta, ti sta aspettando.

Mi spinge dietro di sé e mi indirizza verso le scale. Sorrido mentre salgo e percorro il corridoio, e in un’istante sono davanti alla porta di Savanna.

Apro piano la porta senza fare rumore e sguscio dentro, richiudendola alle mie spalle. Poi alzo lo sguardo e incrocio due occhi celesti, sereni, contenti, sorpresi.

Un sorriso si fa strada sulle nostre labbra.

-Legolas...- sussurra lei, mentre io mormoro il suo nome.

Ci guardiamo negli occhi. Poi, un secondo dopo, lei si lancia in avanti e mi bacia. Ricambio il bacio. Il suo profumo di fiori e lavanda mi riempie i polmoni, e sorrido, mentre sento la morbidezza del suo corpo contro il mio, le sue mani sul mio torace e sulla nuca, le sue labbra morbide e rosa sulle mie.

-Ti amo- sussurro tra i baci. Lei mi stringe più forte, aggrappandosi alle mie spalle, sorridendo e continuando a baciarmi. Avvolgo la sua vita con le braccia, mentre lei aggancia le braccia attorno alle mie spalle. Sento fuoco al posto del sangue. I nostri respiri sono veloci, affannosi, le labbra voraci.

-Io di più- mormora lei con difficoltà, visto che cerco di chiuderle la bocca con la mia.
-Non è vero- mormoro spingendola indietro. Lei mi asseconda, scostandosi e guardandomi sorridendo.

-Sì invece. Io mi sono innamorata di te tre anni fa, quando mi hai buttata a terra e ti sei sdraiato sopra di me.

Scoppio a ridere, mentre si siede sul letto, seguita da me.

-E io ti amo da quando tre anni fa ho incrociato i tuoi occhi e mi sei saltata addosso. Ho vinto io- sorrido vittorioso, prima di avvicinarmi a lei e sfilarle la tunica leggera di lino che porta.

Ride, senza vergognarsi di fronte a me, ed è questa la cosa più bella, non le guance rosse, non gli occhi brillanti, ma il fatto che non si vergogni come l’altra volta.

-Solo per stavolta però.

Poi la prendo tra le braccia, e mentre lei mi spoglia, finalmente riesco ad essere felice.


Con un dito faccio scivolare i suoi capelli dalla spalla sulla schiena. Siamo abbracciati sotto le coperte, e non ho mai provato una sensazione più bella di questa. Amo sentire il calore del suo corpo accanto al mio, il suo profumo addosso a me e la sua pelle a contatto con la mia. Prendo ad accarezzarle l’incavo della schiena, osservando il Tatuaggio che ha sulla spalla. E’ magnifico. E’ composta da linee aggraziate, curve, che formano il muso di un drago tra le punte delle ali. E’ di colore blu cobalto, bellissimo, un colore che risalta con la sua pelle rosa, leggermente abbronzata. La sento rabbrividire, e alzo lo sguardo, puntandolo sul profilo del suo volto.

-Stai bene?- Le chiedo per la ventesima volta, preoccupato.

Savanna apre gli occhi e mi fulmina letteralmente con lo sguardo, girando la testa verso di me.

-Stupido Elfo, se non la finisci di chiedermelo giuro che ti strangolo.

Scoppio a ridere, e la tiro più vicina al mio petto, passandole un braccio attorno alla vita. Le bacio la curva morbida e soda della spalla.

-Scusa- sussurro, per niente pentito. Una gomitata nel fianco mi zittisce.

-Certo, certo. Quante volte dovrò ancora dirti che sto benissimo? Mai stata meglio.

-Chissà perché- ironizzo, riferendomi chiaramente a quello che è accaduto prima, senza pensare a quel che dico.

Savanna si gira a pancia in su e mi scocca un’occhiataccia. Sorrido e lei alza gli occhi al cielo. Si gira di nuovo e intreccia le sue dita alle mie. Le bacio la guancia chinandomi sulla spalla, e la vedo sorridere ad occhi chiusi.

-Sta...

Un pugno alla spalla mi interrompe e gemo dolorante, sciogliendo le nostre mani intrecciate e massaggiandomi il punto dove mi ha colpito.

-Ahia, Vanny!- Mi lamento. Lei si gira sull’altro fianco, guardandomi con una strana e divertente espressione arrabbiata.

-Senti, te l’avevo detto che se continuavi a chiedermelo ti picchiavo!

-Non è esatto! Hai detto che mi strozzavi, e poi non ti stavo chiedendo se stessi bene!- Protesto tristemente. Eh sì, ormai mi toccherà subire tutti i suoi pugni per anni...

Lei inarca un sopracciglio con aria scettica, ma infila un avambraccio sotto alla guancia e mi guarda.

-Allora cosa stavi dicendo?

Le sorrido senza parlare e allungo una mano ad accarezzarle la guancia fresca e arrossata.

-Per il matrimonio... sei sicura? Non è che... non so... ci hai ripensato o...

Mi interrompo vedendo la sua espressione omicida. Si alza sul gomito e i spinge disteso, sdraiandosi sopra di me.

-Orecchie a punta, ma ha davvero ragione Gimli! Sei caduto da un albero da cucciolo... oh dio ho detto cucciolo? Sembro Athma. Ah ehm, dicevo... sei rimbambito? Io ti voglio sposare! Non chiedermelo mai più se no ti picchio! Ma...

La guardo interrogativo, mentre i suoi occhi azzurri si velano di preoccupazione.

-Cosa?

Le sue labbra smettono di sorridere e mi guarda smarrita. Le accarezzo l’angolo della bocca con le dita, con dolcezza.

-Vanny?

-Tu padre- sussurra lei. Sbatto le palpebre sorpreso.

-Cosa c’entra mio padre?

Lei sospira e si abbassa, posando la testa sul mio petto. Sussulto nel sentire la cicatrice che ha sul petto, dura e lunga più o meno una spanna, premere contro la mia pelle. Cerco di ignorare il senso di colpa che i suscita e torno a prestare attenzione a Savanna, accarezzandole i suoi bellissimi capelli che le ricoprono la schiena morbida.

-Sei sicuro che approverà? Voglio dire, non mi conosce, non sa chi sono e... dici che accetterà senza dire niente il nostro matrimonio?

-Certo- replico tranquillo. Savanna alza la testa e vedo la paura nei suoi occhi.

-Come fai a esserne così sicuro?- Chiede sospirando.

-Mio padre ha sempre voluto vedermi felice con una donna accanto da quando mia madre è morta. Sarà felice di accoglierti nella nostra famiglia, soprattutto visto che sei così... te.

Savanna si morde il labbro, non ancora convinta pienamente, ma vedo che si fida. Alla fine annuisce e torna a posare la testa sul mio petto. Chiudo gli occhi e poso la testa sul cuscino, respirando il suo odore di lavanda, prima di accorgermi, qualche minuto dopo, che si è addormentata. Sorrido e avvolgo quel piccolo corpo tra le coperte scostandolo da me. Mi alzo e mi vesto rapidamente. Poi, quando ho finito, mi avvicino di nuovo e le rimbocco le coperte con amore, accarezzando le sue spalle nude. Mi chino e le bacio la fronte.

-Le melon.

-Sogni d’oro, amore mio-sussurro, prima di aggirare il letto, spalancare la finestra e saltare giù, nell’ombra notturna degli alberi.
 

Athma:

E’ notte. Ho freddo. Non dovrei avere freddo. I draghi non hanno mai freddo. Però io ho freddo. Apro gli occhi, e i riflessi azzurri e celesti e bianchi della grotta riempiono il mio campo visivo. Se fossi umana, probabilmente sorriderei, stupita da questa meraviglia. Probabilmente lo farebbe Vanny... sento una fitta di nostalgia nel pensare a lei. So quello che è sucesso. So quello che la mia impazienza ha causato. La comparsa del Tatuaggio. Drego dice che è una cosa positiva, che Blodgharm l’ha avuto solo a tremiladuecento anni, anni e anni fa.

Che prima compare, più il legame è forte.

Ma ha fatto male. Malissimo. Soprattutto a lei e non riesco a non sentirmi un po’ in colpa.

-Non è colpa tua- sussulto alla voce del drago blu, e mi volte, incrociando due occhi dorati.

Drego si alza dalla roccia subacquea e rivoli d’acqua scorrono sul suo corpo titanico, coperto di cicatrici. Con uno sbuffo caldo si arrampica sulle rocce acquatiche gli artigli che graffiano la pietra. Lo osservo, accucciata sull’unica roccia asciutta di questa grotta sottomarina. Le sue ali sono dischiuse, il collo teso in avanti. Arriva di fronte a me e noto i riflessi blu che le gocce d’acqua che imperlano le sue squame creano sotto a lui. Si acciambella e allunga il muso a sfiorare il mio.

-Mi manca- mormoro osservando tristemente un pesce nuotare nell’acqua salata della grotta.

Drego si sosta vicino a me e mi copre con un’ala. Sono minuscola in confronto a lui...

-Lo so. Manca anche a me il mio Custode. Ma tra poco potremo tornare da loro...

-Ma quando? Perché non ora?

Drego mi fissa con i suoi occhi d’oro, e quando apre la bocca le zane candide scintillano contro il rosso profondo della sua gola.

-Credo sia il momento- dice divertito.

Per un attimo credo che stia parlando a me, del ritorno... poi però, quando volta la testa, capisco che non si sta rivolgendo a me.

Guardo anche io nella sua direzione, verso il passaggio buio che porta fuori, nell’oceano.
Non vedo niente.

Poi...

Due occhi. Rossi.

 

AnGoLo DeLl'uTrIcE:
Ciaooooooooooooooooooooooooooooo!!!!!!!!!!!!!
Allora, ditemi che ve ne pare? A me non entusiasma poi così tanto... ah una cosa: non ho descritto quella scena (sapete quale non fate i finti tonti) perché io non ho mai descritto una cosa del genere.
Meglio pevenire che curare le botte in testa...
Un bacioooooooo!
Vi adoro!!
 

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Capitolo 24
*** Capitolo Ventiquattro: Thranduil, ***


Capitolo Ventiquattro:
Thranduil.


Mi sveglio quando un raggio di sole mi colpisce le palpebre. Le apro e vengo quasi subito accecata dalla fitta luce del sole che penetra nella stanza dalla finestra aperte e le tende scostate. Socchiudo gli occhi, e gradualmente la mia vista si abitua alla luce. Solo a quel punto mi muovo, e noto l’assenza di un corpo dietro di me. Giro la testa e vedo il letto vuoto, le coperte sfatte e in disordine. Sospiro, sorridendo, e scosto le coperte. L’aria fresca del mattino mi punge la pelle calda come se fosse dicembre. Mi affretto ad andare verso l’armadio, e prendo i vestiti. Mi sento un po’ dolorante, ma il male non è niente se paragonato alla felicità che sento.
Finisco di sistemare le maniche della camicia, arrotolandole fino a metà degli avambracci, quando qualcuno bussa. Mi giro mentre la porta si apre, e vedo l’alta figura di mio padre appoggiata allo stipite della porta.
Mi osserva con un sorriso. So che sa quello che è successo stanotte; e lui sa che io so.
-Come stai? Passato l’effetto del Tatuaggio?
Annuisco, e lui entra nella stanza, allargando le braccia a mo’ di invito.
Sorrido e mi avvicino a lui, che mi abbraccia forte. Premo il viso sul suo petto, inspirando a fondo il suo odore di menta e tabacco. Giocherello con due bottoni slacciati della sua camicia rossa, mentre lui mi accarezza i capelli e mi bacia la fronte.
-Allora... tra poco si parte.
Alzo la testa e lo guardo confusa, ma il luccichio dei suoi occhi non promette niente di buono.
-Per andare dove?
Un ghigno appare sulle sue labbra.
-Ma che domande! Alla città per il matrimonio!
Ho la strana sensazione di essere impallidita. Chissà perché. E poi sento le mie guance andare a fuoco.
-Ehm... Ronim, stai bene? Non è che hai dormito troppo?- Chiedo inorridita. Mio padre scuote la testa passandomi un braccio attorno alle spalle.
-No! Certo che no! Ho già parlato con Haldir e per il vestito non c’è nessun problema, re Thranduil ha già messo al lavoro tutti i sarti elfici migliori...- mio padre continua a sparlare mentre mi conduce in corridoio, sulle scale e giù nel salotto vuoto. Forse lo fa apposta...
Ronim mi fa uscire e per poco non mi viene un infarto. Tutti, soldati, Gandalf, amici eccetera, sono in sella a cavalli e guardano nella nostra direzione.
Ma che cazzo...
Guardo Ronim incredula, spaventata da lui.
-Ma...
-Su, muoviti, Mitya è lì! Sbrigati, non vorrai fare tardi- ghigna mio padre.
Imbambolata, scendo dalla veranda e passo tra i cavalieri elfici che mi fissano con dei sorrisi sinceramente divertiti. La mia cavalla è lì, di fianco al destriero candido di Legolas, che, in sella, mi osserva trattenendo una risatina. Invece di salire in sella a Mitya vado di fronte a lui e mi metto le mani sui fianchi, incurante della trentina di occhi puntati su di me.
-Tu lo sapevi?- Chiedo incredula.
Un sorriso smagliante è la mia risposta.
Borbottando contrariata sbuffo e monto su Mitya. Afferro le redini, mentre Ronim, con il suo cavallo grigio, mi raggiunge e mi supera strizzandomi l’occhio. Tutti lo seguono, con i cavalli che sbuffano e scalpitano prima di iniziare a camminare. Poi tocca ai miei amici. Gimli in sella con Aragorn, ride e mi saluta affettuosamente, godendosi la mia faccia sconcertata.
Rimaniamo solo io e Legolas, alla fine.
-Andiamo?- Fa lui. Sospiro e punto gli occhi nei suoi.
-Chi?- Chiedo semplicemente.
-Gimli e Ronim hanno ideato tutto. Quei due mi preoccupano insieme, sinceramente.
Scuoto la testa e gli tendo la mano. Lui la prende e insieme sproniamo i cavalli verso il sentiero.
-Prima o poi, se continuerà così, ti ucciderò- dico soltanto.
Un sogghigno segue le mie parole, mentre stringe con più forza la mia mano.
-Dopo stanotte? Non credo che ne saresti capace- commenta lui.
Gli rifilo un’occhiataccia, ma in realtà sono felice. Di essere con lui...
Insieme raggiungiamo gli altri e lasciando le nostre mani intrecciate ci mescoliamo ai nostri amici. Io finisco al fianco di Gandalf, mentre dietro di me ci sono Aragorn e Gimli e Legolas. Merida e Haldir camminano di fianco a noi in silenzio, ma ogni tanto intercetto le loro occhiate e ogni volta nascondo un sorriso.

 

-Savanna- cerco di aprire gli occhi. -Amore, svegliati- un sussurro dolcissimo mi accarezza la guancia insieme a un paio di labbra calde.
Mugugno qualcosa di indistinto e finalmente riesco ad aprire gli occhi. Mi rendo conto di essere appoggiata al collo di Mitya... mi sono addormentata mentre cavalcavamo.
Giro la testa a destra e vedo Legolas, a terra, che sta facendo scivolare le braccia attorno al mio corpo e mi tira giù dalla mia giumenta. Mi prende in braccio e appoggio la testa sul suo petto.
-Che diamine è successo?- Chiedo con la voce impastata.
-Ti sei addormentata. E’ sera- mi risponde lui. Cerco di strofinarmi gli occhi e mi accorgo che si sta dirigendo verso un fuoco. Attorno a noi i cavalli di tutti sono liberi e brucano l’erba. Guardando in cielo noto che è davvero tardi. Le stelle splendono e la luna è alta.
-Ohilà, guarda chi si è svegliata!- Fa una voce allegra che riconosco subito, mentre Legolas si siede accanto a Gimli. Il calore del fuoco raggiunge le mie guance, scaldandole e donandomi un piacevole sollievo, ma non è nemmeno paragonabile alla felicità che mi mette in corpo il calore del mio Elfo.
-Ronim, piantala di sfottere. Sei insopportabile- borbotto afferrando la schiena di Legolas e acciambellandomi contro di lui, ben felice di riaddormentarmi mentre mi abbraccia. Sento il mio Elfo sogghignare.
-Va bene, tesoro.
-Ronim, lo sai che presto non potrai più chiamarla tesoro perché sarà Legolas a farlo?- Interviene ridacchiando Haldir. Apro gli occhi e li vedo davanti a noi. Mio padre sta fissando in cagnesco l’Elfo, che tiene tra le gambe Merida, appoggiata al suo petto.
La mia amica mi rivolge un sorriso luminoso mentre lui le accarezza la schiena e le bacia i capelli.
-A quanto pare il nostro non sarà l’unico matrimonio, Legolas. Scommetto che Haldir non vede l’ora di sposarsi, vero, Haldir?- Commento guardando con un ghigno l’Elfo.
Un coro di risate segue le mie parole, mentre Haldir e Merida diventano viola in faccia.
-Sei tremenda- fischia ammirato Gimli. Ammicco nella sua direzione e gli sorrido.
-Non quanto te e mio padre. Guarda che lo so cosa gli hai detto stamattina. Legolas mi ha detto tutto. Mi vendicherò, stanne certo.
Vedo le guance del nano diventare da rosse a bianche in un’istante, mentre borbotta: -Maledetto orecchie a punta.
Al nostro breve battibecco seguono altre risate, ma stavolta anche Ronim si unisce.
-Sei davvero malefica- mormora Legolas guardandomi con i suoi occhioni azzurri.
Alzo un sopracciglio, accarezzandogli i capelli.
-Be’, sai, quando sono stanca sono peggio di papà. Sta’ zitto Ronim, che quando sei stanco sei terrificante da sopportare- anticipo mio padre.
Vedo Gandalf, seduto accanto a lui, scuotere la testa con un sorriso bonario, mentre gli altri Elfi -già, tutti rigorosamente biondi tranne il capo, Jeen, che a proposito! Non è mica male!- scoppiano a ridere.
Legolas scuote la testa con una finta espressione afflitta e guarda Aragorn negli occhi.
-E pensare che la devo sposare...
-Te la sei cercata, amico mio- ribatte l’altro con un sorriso.
Gli sorrido per mostrargli quanto apprezzi il suo umorismo -sé sé- e torno a posare la testa sul petto di Legolas. Pochi minuti dopo mi addormento, cullata dal suo respiro e dal crepitio delle fiamme ardenti mischiato alle chiacchiere mormorate dai nostri compagni.

 

Mi risveglio per il fresco. Non fa freddo, ma sento un leggero vento spirare attorno a me e raffreddarmi la pelle. Apro gli occhi e per poco non mi viene un’infarto.
-Ma che cacchio... oh mamma!- Esclamo aggrappandomi a qualsiasi cosa che sia alla mia portata... e la prima cosa che ho sottomano risulta essere il fianco di Legolas.
Geme e mi afferra per le spalle. Io, peraltro, sono occupata a fissare a bocca aperta le cime degli alberi attorno a noi.
-Ma come diamine ci sono finita qui?- Dico meravigliata.
Il sonno è passato completamente. Una mano va a trattenermi, mentre afferro un ramo sopra alla mia testa e cerco di salire ancora più in alto.
-Stai qui, amore. Sopra i rami sono troppo deboli per reggerci- mi rimprovera Legolas.
-Ma io voglio salire!- Mi lamento, ma obbedisco e torno a posare la testa sulla sua spalla. A parte che sono posata completamente sopra di lui, quindi non è che cambi molto. Sono completamente poggiata su di lui.
Siamo su un pino altissimo. Attorno a noi si vede la foresta e in lontananza il profilo delle torri della città. Di Valmar.
-Non eri tu quella che un minuto fa dormiva e sognava...- Legolas si interrompe precipitosamente. Gli scocco un’occhiata pericolosa. Io non mi ricordo cosa stavo sognando... mi è entrato di nuovo in testa?
-Scusa? Cosa sognavo?
L’Elfo mi rivolge un sorrisino ironico senza dire una parola. Sospiro e lentamente e con cautela mi muovo, girandomi in modo da essere seduta ancora sulle sue gambe ma con la testa e il busto rivolti verso di lui. In sostanza, sono seduta a cavalcioni sul mio Elfetto.
Legolas alza un sopracciglio e un sorrisino obliquo si dipinge sul suo volto. Mi posa una mano sul fianco, sotto la camicia, accarezzandomi la pelle. Piano piano, mentre traccia piccoli disegni sulla mia pelle, le mie guance si riscaldano e sento di nuovo quel fuoco che ho sentito ieri quando... accidenti, solo a pensarci mi viene da saltare giù e correre a nascondermi dietro a Ronim. Come se fossi una bambina... però non lo sono.
Lentamente faccio scorrere le braccia sulle sue braccia, arrivando fino alle spalle. Intreccio le mani sul suo collo e mi avvicino finché le nostre labbra non sono a un centimetro di distanza.
-Lo sai cosa stavi sognando- mormora lui.
La sua risposta mi confonde per un secondo. Mi sono totalmente dimenticata della domanda che gli ho posto.
-E se non lo sai puoi benissimo intuirlo- asserisce serio, ma i suoi occhi azzurri scintillano.
Sollevo un angolo della bocca in un sorrisino.
-Credo di sì. Ma quando hai detto... ieri, quando te ne sei andato, hai detto qualcosa... le... le mel...
-Le melon- mi aiuta lui, chiaramente sorpreso. -Eri sveglia?- Mi chiede dopo qualche istante di silenzio.
-Più o meno... quasi. Che vuol dire?- Chiedo curiosa.
Lui sorride e si allunga in avanti a darmi un bacio sulle labbra.
-Ti amo in elfico. Le melon, Savanna.
-Le melon, Legolas- mormoro io prima di stringere la presa sul suo collo e prendere possesso della sua bocca. Le sue mani scivolano sul mio petto; sbottonano un paio di bottoni della camicia, e poi risalgono sulle spalle, allargando la stoffa che mi ricopre. Non possiamo fare l’amore qui, non adesso, con così poca distanza tra noi e gli altri; ma comunque possiamo baciarci e accarezzarci per ore. Le sue dita scivolano sotto la stoffa bianca, massaggiando i miei muscoli indolenziti per la dormita su Mitya, e dopo qualche minuto sono completamente sciolta contro di lui. Le sue labbra sono dappertutto, e fatico a tenere a freno la mia voglia. Passano sul collo, sulle spalle, baciano con amore il mio viso.
-Legolas, accidenti, se fai così non riesco a trattenermi- mormoro a bassa voce, sussultando quando la sua mano va a sfiorare la mia coscia. Lui trattiene una risata, baciandomi il collo. Mi aggrappo alle sue spalle serrando le labbra. Non vorrei che mi scappasse qualche sospiro. Ci sono troppi Elfi per i miei gusti, con orecchie troppo acute.
Il suo profumo mi riempie i polmoni, i suoi capelli morbidi sono sparsi sulle mie braccia.
-Ma io non voglio che tu ti trattenga- sussurra lui con un sorriso malizioso.
Mio malgrado mi scappa un sorriso.
-Certo. Siamo a venti metri da terra, qua sotto ci sono trenta Elfi che sentono tutto più mio padre, e non so dirti chi è peggio, e tu non vuoi che mi trattenga, Legolas.
-E chi ha detto che ci sono gli altri?- Mormora, mentre le sue mani scivolano con lentezza sulla mia schiena.
Fermi.
Un attimo.
-Non ci sono gli altri?- Chiedo sorpresa.
Legolas sorride puntando gli occhi nei miei.
-Diciamo che Ronim ha insistito per continuare a cavalcare e ha detto che dovevi riposare. Ma non su Mitya. Quindi ho voluto restare con te. Sono andati avanti per riferire a mio padre del nostro arrivo- conclude scrollando le spalle, con un’ovvia espressione dubbiosa.
-Certo, come no- mormoro, ringraziando mentalmente mio padre. Sappiamo bene tutti quanti perché ha deciso di fare così... ma adesso non me ne può importare di meno.
La bocca dell’Elfo è di nuovo sulla mia, più audace, più ansiosa, ora.
Sorrido e stringo le gambe attorno alla sua vita.
-Tieniti- mormora dopo qualche istante, contro le mie labbra.
Mi scosto di un millimetro dalla sua bocca.
-Scusa?- Non faccio neanche in tempo a finire la domanda che Legolas con un salto è in piedi sul ramo. Urlo, avvinghiandomi a lui, mentre salta giù. Strillo terrorizzata, schiacciando il volto contro la curva del collo del mio Elfo, mentre l’aria frusta i nostri corpi.
Due secondi dopo è tutto finito. Legolas piega le ginocchia per attutire il colpo, ma non riesce a reggere entrambi e cadiamo a terra, io sopra di lui. Lo guardo di traverso.
-Non farlo mai più!- Esclamo, e lui scoppia a ridere.
Un secondo dopo ci stiamo di nuovo baciando. Con una mossa quasi invisibile da quanto è veloce Legolas mi fa scivolare sotto di lui. Affondo le mani nei suoi capelli morbidi e setosi, accarezzandoli, cosa che lui sembra gradire. Stringo le gambe ai lati della sua vita, intrappolata sotto il suo corpo possente. Le sue mani scivolano sul mio ventre, iniziando a slacciare con calma i bottoni della camicia. Sento le sue dita sfiorare la mia pelle calda, e ad ogni contatto dei brividi mi attraversano la schiena. Appena la stoffa bianca scivola giù dalle mie spalle inizio a tremare, ma di freddo. L’Elfo mi prende tra la braccia, baciandomi sempre più vorace.
-Sei sicura?- Sussurra. Il suo respiro caldo soffia sulla mia pelle, e rabbrividisco.
-Mai stata più sicura- mormoro impaziente.
Legolas scosta il suo volto dal mio di qualche centimetro. Mi perdo nei suoi occhi azzurri, accarezzando il suo viso.
-Le melon, Savanna- sussurra.

 

-Legolas! Quanto manca?
L’Elfo alza gli occhi al cielo, esasperato.
-Valar, Savanna! Te l’ho detto già quattro volte! Siamo quasi arrivati! E poi non eri tu quella che era terrorizzata da mio padre, scusa?- Esclama con un ghigno.
Gli scocco un’occhiataccia indignata.
-Legolas, senti, non è che devi farmi per forza venire le crisi di panico ogni tre secondi eh...
Lui scoppia a ridere, avvicinando il suo cavallo a Mitya. Si sporge e mi dà un rapido bacio sulla guancia. Avvampo, senza riuscire ad impedirlo. Ogni volta che lui mi sfiora non riesco a impedirmi di arrossire o rabbrividire. E’ come se i miei sensi fossero diventati enormemente più sensibili alla sua vicinanza.
-Stai tranquilla, amore. Mio padre ti accoglierà entusiasto- mi ripeté per circa la millesima volta in quei cinque giorni, accarezzandomi con dolcezza la guancia. Sospiro forte, puntando gli occhi sul manto nero e lucente della mia giumenta. Già, sono cinque giorni che camminiamo... ops, cavalchiamo verso la città. E io inizio a stufarmi. Non ci siamo mai fermati in nessun villaggio, Legolas (e io) eravamo troppo impazienti. Anche se i boschi sono bellissimi, pieni di colori, io voglio A-R-R-I-V-A-R-E alla città. Non ne posso più.
E poi come faccio a stare tranquilla? E come fa lui ad essere così calmo e sicuro? Magari avessi anche io il suo autocontrollo...
Improvvisamente, Legolas ferma il suo cavallo e con una mossa rapida afferra le mie briglie, tirandole e facendo fermare anche Mitya, che sbuffa sorpresa.
Volto la testa, con una domanda che mi sorge spontanea sulle labbra, ma la voce mi muore in gola vedendo la sua espressione. E’ in ascolto; le spalle sono rigide, la bocca stretta in una linea sottile; i suoi occhi saettano da una parte all’altra del sentiero dove stiamo cavalcando da ore, attraverso le fronde degli alberi.
-Legolas- sussurro nervosamente -cosa c’è?
Lui resta in silenzio; poi dopo qualche istante, si rilassa.
Senza degnarsi di rispondermi salta giù da cavallo e si volta verso di me, afferrandomi per i fianchi e facendomi smontare da Mitya. Afferro le sue braccia; sento i suoi muscoli guizzare sotto alla mia presa.
-Che cavolo sta succedendo, me lo vuoi dire, testone di un Elfo? Sei insopportabile quando fai così, orecchie a punta!- Sbotto innervosita, tirandogli un pugno al petto.
Una risata fa eco alle mie parole.
Mi immobilizzo, impallidendo, mentre Legolas sorride, o meglio, ghigna. Mi scocca un veloce bacio sulle labbra, prima di afferrarmi il mento e alzarmi con dolcezza la testa verso l'alto.
-Guarda- sussurra.
Oh. Merda.
I miei occhi ne incrociano altri due; altri due incredibilmente divertiti, e soprattutto, dello stesso colore di quelli del mio promesso sposo.
Gli occhi di un Elfo con una cascata di capelli biondi seduto su un ramo di un albero. Gli occhi di un Elfo dai tratti del viso severi. Gli occhi di un Elfo che sorride, il volto illuminato dalla gioia. Ha una corona di rami fioriti a circondargli la testa, e impugna un bastone. Indossa una tunica lavorata, e degli stivali di pelle.
-Benvenuti- dice guardandomi negli occhi.

Thranduil.
 
↜↝↜↝↜↝
 

AnGoLo DeLl'AuTrIcE:
Ciao!!
Allora... devo dire che sono rimasta un po' delusa dalle poche recensioni dell'ultimo capitolo... era tanto brutto? E sì che a me era piaciuto scriverlo...
Cerco di farmi perdonare con questo, ma sono sicura che farà doppiamente schifo. E' orribile. Non mi convince... Bah, vedete voi.
Finalmente qui ci muoviamo un po'.... ditemi, non adorate Ronim? E Gimli? XD
Io sì :D
Allora... be'... credo di non avere nient'altro da dire credo :) solo spero vi piaccia.
Un bacio!

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Capitolo 25
*** Capitolo Venticinque: E' vero. ***


Capitolo Venticinque:
E' vero.



Gli occhi del Re sono fissi nei miei. Ipnotici, magnetici, attraenti, e, soprattutto, pericolosi.

Così simili a quelli caldi e maliziosi di Legolas, ma così diversi. I loro occhi sono dello stesso colore cristallino, puro e bellissimo, ma quelli di Thranduil... sono più scaltri, più minacciosi.

Abbasso lo sguardo e immediatamente la mia mano corre ad aggrapparsi al fianco di Legolas con forza, così tanta che sento l’Elfo trattenere un gemito. Di riflesso mi circonda la vita con un braccio e mi stringe a sé.

-Ada- dice con voce felice Legolas.

Thranduil solleva un angolo della bocca sottile in un sorrisino e salta giù dall’albero con un movimento aggraziato. Atterra con un’equilibrio perfetto e a passi tranquilli si dirige verso di noi. La sua lunga tunica argentata disegna morbidi movimenti mentre l’Elfo si muove e allarga le braccia.

Per un’attimo Legolas mi lascia andare e va incontro a suo padre. Resto a guardarli.

Thranduil è più alto di Legolas, anche se solo di qualche centimetro. Ha i capelli -sempre biondi e lisci- più lunghi del figlio; i tratti del viso sono più affilati ed è meno massiccio di Legolas. Anche se poi non è che il mio Elfetto sia molto massiccio, eh. Mica è come Ronim.

Il Re sorride e afferra per le spalle Legolas.

Sussurra qualcosa in elfico, che ovviamente non riesco a capire, poi lo abbraccia con forza.

Però punta gli occhi nei miei. Rabbrividisco e abbasso lo sguardo.

Sento Legolas sussurrare qualcosa a suo padre, e istintivamente incrocio le braccia sotto al seno, mordendomi le labbra. Sono un fascio di nervi.

Poi Thranduil si avvicina fino a fermarsi a pochi centimetri di distanza da me. Continuo a tenere lo sguardo abbassato sul suo petto, osservando con attenzione i ricami dorati della tunica del Re.

Un braccio dell’Elfo si alza e qualche secondo dopo sento il palmo della sua mano aderire alla mia guancia. Trattengo il respiro, stringendo i pugni finché le mie unghie non si conficcano nella pelle morbida.

Un risolino dolce accompagna il mio brivido, mentre sento le labbra fresche del Re posarsi sulla mia fronte, e i suoi capelli d’oro pallido mi solleticano le guance. Vengo avvolta da un intenso profumo di pino che è piacevole, e quasi mi stordisce.

-Benvenuta nella famiglia- mormora la voce di Thranduil da qualche parte sopra di me, poi sento le sue mani appoggiarsi sulla mia schiena e tirarmi contro il suo petto ampio e forte. Sorrido, mentre l’Elfo mi stringe a sé in un caldo abbraccio, e ogni traccia di tensione si perde sotto la carezza dolce che Thranduil lascia sulla mia nuca.

 

-Quindi, fammi capire- dice con ghigno il Re, stravaccato ben poco regalmente su una poltrona soffice -la prima volta che l’hai visto l’hai steso?

Legolas sbuffa sdegnoso, scoccando al padre un’occhiataccia.

-Non è vero! L’ho stesa io!- Protesta incrociando le braccia, un’espressione tetramente afflitta sul bel volto rischiarato dalle fiamme del focolare.

Siamo in una stanza del palazzo reale, un salotto. Qui tutto è gigantesco e arioso, le stanze sembrano far parte della natura stessa, mischiate a fiori e piante e marmi candidi. E’ sera, e Thranduil e Legolas hanno condotto me e Ronim in questa stanza per una “riunione di famiglia”, secondo le parole ghignanti di Gimli.

In realtà non è proprio una stanza. Il soffitto... non c’è. Ci sono alte pareti di marmo, e sopra le nostre teste il cielo blu è pieno di stelle. Io sono seduta in braccio a mio padre su un divanetto rosso, mentre Legolas è seduto di fianco a noi, su una poltrona verde. Tra me e Ronim e Thranduil, davanti a noi due, arde un fuoco che riscalda piacevolmente tutti quanti.

Il Re elfico ha in mano un bicchiere di vino, mentre Ronim ha posato il suo sul tavolino per prendermi tra le braccia. La sua mano mi accarezza la schiena lentamente, con dolcezza, e ogni tanto vedo il Re seguire con i suoi occhi impassibili e caldi quel movimento.

-Come no- mormoro poggiando la testa contro la spalla di mio padre.

Legolas mi fulmina con lo sguardo e Ronim e Thranduil soffocano una risata dietro ai bicchieri.

-Sei l’ultima che deve parlare, visto che in mezzo minuto eri a terra- ribatte piccato il mio futuro sposo.

Alzo gli occhi al cielo.

-E tu ti sei fatto prendere alle spalle come un novellino!

Legolas sbuffa, rassegnato, e sprofonda nella poltrona, mentre suo padre ride apertamente.

-Allora, Savanna, voglio vederti combattere, visto che sei così brava.

ODDIO NOO!! CHE?!

Salto su alle parole del Re, aggrappandomi alla spalla di Ronim e strappandogli un grugnito.

-Che?!? No, ma io non...

-Sarà fantastico!!- Esclama Legolas con un sorriso sadico rivolto a me. Impallidisco.

-Anzi, sai cosa, Ada? Potresti combattere tu con lei, sono sicura che ne è assolutamente all’altezza! Vero Ronim?- Dice rivolgendosi a suo padre, che sposta il suo sguardo cristallino su mio padre.

No Ronim, ti prego ti prego ti preeeego....

-Ma certo!- Esclama mio padre con un sorrisone.

 

Io lo ammazzo.

 

-Allora è deciso- proclama Thranduil con un sorriso sincero rivolto a me e un’ombra divertita negli occhi scintillanti. -Combatteremo insieme. Domani?

-Domani- accetto con un filo di voce.

Merda.

Io? Combattere contro di LUI?! Sono fottuta.

Legolas, preparati, perché quando usciremo di qui ti ucciderò prima che tu possa dire S.

Ben presto, però, il discorso verte sui draghi. Su Athma. E io mi rilasso perché abbiamo abbandonato il discorso del duello, e mi innervosisco perché, beh, stiamo parlando di Athma.
Mentre Ronim spiega tutto su Athma al Re, che pare davvero interessato e curioso, vedo Legolas che mi lancia brevi occhiate preoccupate. So cosa sta pensando. Ma io non ho ancora ricevuto nessun messaggio da Athma, e sto iniziando a preoccuparmi.

Sospiro e chiudo gli occhi, mentre sento le possenti braccia di Ronim avvolgermi e cullarmi, e ben presto, riscaldata dal calore del fuoco e dai sussurri melodiosi di Thranduil e di Legolas, sprofondo nel mondo dei sogni.

 

Drego:

 

Athma è nervosa.

Inquieta.
Anche io sento la mancanza del mio Custode, ma lei non è abituata ad aspettare così a lungo. E’ impetuosa e capace di badare a sé stessa, doti fondamentali in battaglia, ma noi non siamo in battaglia.

Ogni giorno da quando è qui cammina avanti e indietro sulla roccia della grotta marina.

E così anche oggi.

Anche se sono sott’acqua il rumore dei suoi artigli che raschiano la pietra lucente e i suoi sbuffi giungono fino a me. Apro gli occhi e con un colpo di coda mi lancio in superficie. L’acqua esplode attorno al mio corpo, rifrangendo i riflessi azzurrognoli della grotta sulle mie squame.

La dragonessa si blocca e si volta verso di me. Con un balzo sono accanto a lei, e allungo il collo, sovrastandola.

Devi essere paziente. La tua Custode non è ancora pronta per saperlo.

Athma mi ringhia contro, alzandosi sulle zampe posteriori. In questo modo la sua testa arriva appena al livello della mia. I suoi occhi blu elettrico ribolliscono.

Se per scoprirlo avessi saputo che avrei dovuto starmene rinchiusa per giorni qui dentro, avresti anche potuto evitare di salvarmi e startene nella tua montagna!

Le sue parole sono offensive, ma non è quello che mi dà fastidio. E’ il tono con cui le pronuncia.

Arrabbiato. Accusatorio. Irrispettoso.

Un ringhio mi rimbomba nella gola, e mi lancio in avanti.

Athma ruggisce spaventata dal mio scatto mentre finisce a terra, stesa sulla schiena e un lamento soffocato echeggia nella grotta quando la immobilizzo, mordendola alla spalla.

Zitta, ringhio nella sua mente.

Sento il panico e la paura e il dolore che le fanno battere il cuore più forte del normale, ma quando incrocio i suoi occhi azzurri vedo anche che si è pentita di quello che ha detto.

Drego...

Athma.

Mi dispiace, mormora cercando di ritrarsi alla mia presa mentale.

Devi imparare, cucciola.

Una grossa, cristallina lacrima scende dall’occhio destro della dragonessa e cade a terra. Improvvisamente mi accorgo di sentire il sapore metallico del sangue in bocca, e con un ringhio di frustrazione mollo la sua spalla.

L’impronta lieve delle mie zanne le penetra la carne. Non è grave, ma fa male, anche se io o gli altri abbiamo ricevuto ferite ben peggiori. Sbuffo e abbasso la testa, sfiorando col muso le squame viola di Athma. Chiudo gli occhi e sbuffo. Il mio fiato caldo e dorato, intriso di magia, inizia lentamente a far guarire il morso.

Senza guardarla, con un balzo, torno ad appollaiarmi sulla roccia semisommersa.

Chiudo gli occhi e appoggio il muso sulle zampe, stringendo gli artigli alla roccia e ripiegando le mie ali sul dorso.

Dopo qualche ora, quando un corpicino timido mi raggiunge e si acciambella contro il mio fianco caldo per proteggersi dal freddo dell’acqua, avvolgo la coda attorno a lei e con un’ala avvolgo la mia piccola, posando il muso accanto al suo, e insieme ci addormentiamo.

 

Savanna:

 

Ancora prima che riesca ad aprire gli occhi, urlo.

Un urlo di dolore, che non è mio, ma si sfoga attraverso me. Anche se sono mezza addormentata intuisco che è Athma ad urlare usando la mia bocca. La sua mente spinge in un angola la mia coscenza, e si sfoga.

Un secondo dopo riprendo il controllo e chiudo la bocca. Mi tiro su a sedere di scatto, ansimando come se avessi corso per ore e ore. Sento un dolore allucinante alla spalla anche se è intatta, e senza rendermene conto inizio a piangere.

Sto tremando come una foglia, non riesco a controllare i muscoli del corpo. Singhiozzo violentemente, travolta da una paura folle che non è nemmeno mia, non mi appartiene.

In cinque secondi esatti la porta della stanza dove re Thranduil mi ha condotta si spalanca e vedo la figura di un’Elfo stagliarsi controluce.

Poi l’Elfo chiude la porta dietro di sé con un’incantesimo e si avvicina al letto.

E allora riesco a capire chi sia: i verdi occhi di gatto di Blodgharm mi osservano inquieti.

In pochi passi è seduto sul letto e le sue braccia mi avvolgono in un’abbraccio.

Mi abbandono sul suo petto, tremando, e le sue mani mi accarezzano con dolcezza la schiena.

-Che... che diamine è successo?- Chiedo tra i singhiozzi che non accennano a diminuire.

Lui sospira e mi stringe più forte. Malgrado non sia Legolas, il suo abbraccio è piacevole, caldo, forte, e soprattutto casto.

-Drego ha morso Athma- mormora la sua voce cristallina.

-E perché?

-Non ne ho idea- ammette, mentre i miei singhiozzi diminuiscono.

Senza dire niente, la mano di Blodgharm si posa sulla mia spalla e scosta il tessuto della camicia che mi copre. Poi appoggia il palmo della mano nell’esatto punto dove mi fa male, e sento un calore familiare.

Il dolore scompare del tutto, e sempre in silenzio l’Elfo rimette a posto la camicia.

Appoggio la guancia contro il suo petto, e chiudo gli occhi. Blodgharm mi solleva piano e si stende sul letto, tenendomi abbracciata sopra di sé.

-Dobbiamo chiarire- mormora.

Non ho la forza di guardarlo, mi vergogno troppo.

-Cosa?- Sussurro con voce strozzata.

Un suo dito si insinua sotto al mio mento e l’Elfo mi obbliga ad alzare la testa e a guardarlo negli occhi. Il mio corpo grava sul suo, ma questo non sembra affatto interessarlo.

I suoi occhi verdi, ipnotici, si puntano nei miei, e mentre parla il suo sguardo brucia di sincerità.

-Non ho la minima intenzione di andare a letto con te, non voglio e non lo desidero, per quanto tu sia bella e dolce e tutto. Legolas è geloso, ma non deve preoccuparsi. Non sono attratto da te, almeno non nel modo che sembrano pensare tutti. E’ una cosa naturale per due Custodi essere così intimi, dormire insieme, passare le giornate insieme. Ma questo non vuol dire che tu mi piaccia. Ah, un’ultima cosa: credo che tu sia incinta.

La mia bocca si spalanca e sgrano gli occhi.

Appena ritrovo la voce mi faccio sentire.

-Blodgharm, cos’hai bevuto?! Sei ubriaco?! No, sai, perché se no posso chiedere a Ronim di...

-Non sono ubriaco, cara. Sei incinta.

Sbianco in volto, e mi sollevo di scatto dal petto di Blodgharm, che si mette seduto.

-Cosa stai dicendo?! Non è possibile!! Come fai a saperlo?!

Lui mi guarda con un sorriso. Sembra davvero contento. Ma non è possibile.

-Lo so perché lo so. Sono capace di capirlo, Savanna. E’ una specie di potere. Non so se ci siamo capiti: sei incinta. Aspetti un bambino. Da una settimana e mezza, più o meno. Sai che vuol dire? Diventerai mamma. Crescerai un piccolo Elf...

-Sì, sì, ho capito, testa di legno! Non sono ignorante!- Sbotto. Poi mi passo le mani sul viso.

-Come faccio ad essere incinta? Non ho mai preso in braccio un bambino di tre anni in vita mia, figuriamoci un neonato di... un secondo! Non ne sarò capace, Blodgharm! E poi... non lo so! Non so crescere un bambino! Come faccio?- Esclamo disperata.

Il volto dell’Elfo si è man mano fatto più serio mentre parlavo. Adesso il suo sorriso è completamente svanito, e i suoi occhi color verde muschio mi osservano con una dolcezza infinita. Appena smetto di parlare allunga la mano e con il palmo della mano mi accarezza la guancia. Sento la sua carezza scivolare via, e mi accorgo di star piangendo.

-Vieni qui, piccola- mormora l’Elfo, e mi lancio tra le sue braccia, singhiozzando. Ho paura, tanta paura. E se non dovessi essere abbastanza? Se non fossi capace di... fare la madre?

-Come credi che le mamme riescano a crescere i figli, Savanna? Lo saprai fare, perché in ogni donna, umana, Elfa o nana che sia, c’è l’istinto di una madre. Saprai cosa fare quando arriverà il momento, e poi hai Arwen, Merida, Ronim, Legolas e me. Non aver paura. E adesso vieni.

Con dolcezza l’Elfo mi scioglie dal sua abbraccio e si alza. Afferra una morbida tunica e me la lancia. La infilo, asciugandomi le lacrime.

-Dove andiamo?- Chiedo, eliminando le ultime lacrime con le dita.

Lui mi circonda le spalle con un braccio e mi fa uscire dalla stanza.

-Da Legolas. Devi dirglielo.

 

Busso alla porta candida della stanza di Legolas, respirando profondamente. Dopo un secondo, la porta si schiude e vedo l’alta sagoma del mio Elfo oscurare la luce che proviene dalla finestra della sua camera.

I suoi occhi azzurri mostrano sorpresa, ma le sue labbra si curvano in un sorriso dolce.

-Savanna, che ci fai qui, amore? Non dovresti dormire? E’ tardi...

Mi stringo tra le braccia, cercando di non far tremare la voce.

-Posso entrare?- Chiedo in un sussurro spezzato.

Il suo sorriso sparisce in fretta, e senza dire niente Legolas si sposta di lato, seguendo i miei movimenti con il suo sguardo preoccupato.

Entro nella stanza dalle pareti di marmo, con un grande letto dalle coperte verdi sfatte alla mia destra.

-Stavi dormendo...- mormoro.

La sua risatina mi raggiunge e sento le sue braccia avvolgermi il busto. Mi bacia il collo, da dietro.

-Io non dormo, amore. Perché sei qui?

Trattengo le lacrime di nuovo, e subito il mio Elfo si sposta rapidamente davanti a me. Mi prende il volto tra le mani, guardandomi preoccupato, una ruga che gli solca la fronte. Poso le mani sul suo petto nudo, senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi. Le sue dita mi accarezzano le guance, mentre abbassa la testa e posa la fronte contro la mia.

-Hai pianto- nota, guardandomi con i suoi bellissimi occhioni che sembrano volermi scavare nell’anima. -E hai gli occhi lucidi- sospira.

Prendo un respiro profondo, ma prima che possa dire qualsiasi cosa lui mi anticipa.

-Savanna, ci hai ripensato? Non sei obbligata, amore.

Lo guardo sorpresa, accarezzando distrattamente la pelle tesa e liscia del suo petto.

-A cosa?

Lui accenna un sorrisino triste.

-Al matrimonio... lo sapevo. Non dovevo chiedertelo. Sei ancora così piccola...- sospira.

Scuoto la testa, vigorosamente. Io lo voglio sposare. Non è quello il problema. Velocemente gli tappo la bocca con una mano, respirando profondamente e cercando di trattenermi dal piangere ancora.

-Ascoltami bene, non avrò la forza di ripetertelo un’altra volta per stasera. Io...- mi interrompo senza volerlo, stordita dall’importanza di quello che sto per dire.

Se lo dico lo ammetto. Se lo ammetto... allora è vero.

-Tu?- Mi incoraggia con dolcezza lui.

-Io... sono... sono... oh, dei!- Mi prendo la faccia tra le mani, affondando il volto nel suo petto.

-Sono incinta- mormoro a mezza voce, stringendo con forza i suoi fianchi.

Alle mie parole segue un’istante di silenzio.

Poi lui comincia a parlare in elfico.

Lo guardo con gli occhi sgranati, senza capire un bel cavolo di quello che dice. Legolas... oh dio. Sembra ancora più pallido di me.

-Legolas...- provo a chiamarlo, senza ottenere niente.

-Legolas...

-CRISTO SANTO, LEGOLAS, ADESSO ASCOLTAMI, NON PARLO ELFICO!! LO VUOI CAPIRE, TESTA DI ELFO?! ORA, O MI DICI CHE DIAMINE STAI DICENDO, O GIURO CHE TI...

Il resto delle mie parole viene soffocato dalle sue labbra che premono con forza sulle mie. Interdetta, ricambio il bacio, ma quello che si stacca è lui.

-Un figlio! Ti amo, Savanna!

-Cos... vuoi dire che... non sei arrabbiato?- Chiedo stordita.

Lui mi guarda come se avessi appena detto una stronzata colossale.

-Arrabbiato?! Stai scherzando? Dovrei arrabbiarmi per un figlio?!

-O una figlia- lo correggo automaticamente.

Lui mi sorride, i suoi occhi scintillano di felicità. Rapidamente si avvicina a me e mi prende per i fianchi, sollevandomi in aria e portandomi sul letto. Si lascia cadere sulle coperte, tenendomi abbracciata.

-Io voglio un figlio... o una figlia, sì... dalla prima volta che abbiamo dormito insieme, amore. Sarà bellissimo! Io, te e il nostro piccolo... Cioé, no, aspetta. Non è che io abbia pensato solo a quello, ovvio... lo sai che ti amo... ma un figlio! Sarà meraviglioso! Poterlo crescere insieme... avremo una famiglia...

-Legolas- lo interrompo. Lui mi guarda sbattendo le palpebre.

-Sì?

-Stai parlando troppo.

Scoppia a ridere, e mi scocca un bacio sulle labbra.

-Va bene, ho capito... tu dormi. Io penserò a nostro figlio... sì, o figlia!- Si corregge esasperato dopo la mia occhiataccia.

Sorridendo mi accoccolo sul suo petto, e con il sorriso sulle labbra mi addormento cullata dal respiro di Legolas, sognando un piccolo bimbo con gli occhi azzurri e lunghi capelli biondi.



AnGoLo DeLl'AuTrIcE:
Non so... sono diventata folle.
Non uccidetemi... fa tanto schifo?
Io mi sono divertita da matti a scriverlo... ma rileggendo... schifo totale.
Voglio un'esplosione di recensioni. 

NELLO SCORSO CAPITOLO ERANO SEI!!!! 
Le voglio anche qui. O non vado avanti. ahahah no non ci riuscirei mai. Ma fatemi contenta. 
Voglio scleri. Anche solo per dirmi che fa vomitare.
...
detto questo...
ci stiamo avviando verso la fine,
MA ho già in mente un continuo per chi mi volesse seguire dopo.
Non anticipo niente, dirò tutto nell'ultimo capitolo.

UN BACIO, VI AMO!!!

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Capitolo 26
*** Capitolo Ventisei: Vai a farti fottere. ***


Capitolo Ventisei:
Vai a farti fottere.




-No! E’ fuori discussione!- Ruggisce Blodgharm, esasperato, afferrandomi per le spalle. Appoggia la fronte contro la mia e sospira per calmarsi, chiudendo i suoi bellissimi occhi verdi, ma le sue mani strette sulle mie spalle indicano che non è esattamente quel che si dice tranquillo.

-Ma dai... non sarà in pericolo per una stupida sfida... e poi cercherò di non sforzarmi troppo...- provo a insistere, e un ringhio esce dalle sue labbra.

-No. No. No e NO!

-Ma perché?!- Sbuffo incrociando le braccia.

L’Elfo mi fulmina con un’occhiata.

-Non puoi sforzarti, lo vuoi capire o no?! Sei incinta!

-Ma non succederà niente i primi giorni!

-Sì invece! Hai mai visto Thranduil combattere, testa di legno? No! Io sì! Quindi se ti dico che non ti conviene, fidati: Non. Ti. Conviene!! Vuoi perdere il bambino?!

-No, idiota, certo che no! Ma...

-Ma niente!- Mi chiude la bocca lui. Serro le labbra imbronciata, stringendo i pugni e fissando la sua camicia verde per non doverlo fissare negli occhi.

Poi sento il tocco delicato della sua carezza sulla guancia, e sbatto le palpebre.

-Avanti, Vanny, perché vuoi farlo per forza? Non sei obbligata. Thranduil capirà...- Dice con dolcezza, circondandomi la vita con un braccio. Esitante, appoggio la testa sul suo petto.

-Non è per Thranduil... è che non voglio dirlo a Ronim... e se non combatto...

-Sospetterà qualcosa, già- conclude lui. Resta un attimo in silenzio, poi sospira e mi bacia i capelli.

-Dovrai dirglielo- mi avvisa.

Sospiro, scostandomi da lui e voltandogli le spalle, fermandomi ad osservare gli alberi fuori dalla finestra.

-Ma come faccio?!

-Semplice. Ronim... no, papà, indovina? Sono incinta! Avrò un figlio. Da Legolas, sì. Che bello, eh?- Ironizza Blodgharm, riuscendo a farmi scappare una risata.

Rapidamente mi volto e afferrando la prima cosa che trovo sulla scrivania -ergo un pugnale- glielo tiro.

Lui salta di lato, e il pugnale si conficca nella parete. L’Elfo lo osserva per qualche istante, poi si volta e mi guarda di traverso.

Scoppio a ridere e lui trattiene un sorriso, prima di alzarsi e dirigersi minacciosamente verso di me. Indietreggio ridacchiando, per niente spaventata dalla sua finta espressione arrabbiata.

-Brutta traditrice! Pensavo mi volessi bene!

-Oh, certo, come no! Ti amo più di Legolas... EHI NO! FERMO, IMBECILLE! LASCIAMI!!- Urlo a squarciagola, mentre il Custode mi afferra e mi carica sulla sua spalla, prima di dirigersi verso la porta e uscire dalla stanza.

-Che diamine fai?! Ahia, Blodgharm... mi fa male la pancia- mi lamento, colta da un’improvvisa fitta al ventre. Impallidisco e subito l’Elfo mi prende in braccio togliendomi dalla posa scomoda in cui ero. Le sue mani si serrano attorno al mio corpo, e mi ritrovo a guardare i suoi occhi smeraldini, che mi osservano con dolcezza.

-Vedi cosa intendevo? Inizierai a stare male, e Ronim se ne accorgerà. Avanti, ti porto da lui. Sta certa che sarà felicissimo di avere un nipote... va bene?- Mi chiede con dolcezza.

Annuisco e chiudo gli occhi, sospirando profondamente.

Sono nei guai...

 

-Blodgharm, hai visto... Valar! Vanny, che è successo?!

Oh no ti prego... non può essere! Perché diamine Blodgharm cammina così in fretta? Siamo già arrivati... merda. La voce melodiosa dell’Elfo risponde alla voce ansiosa di mio padre, mentre altre mani, più calde e più familiari, mi avvicinano a mio padre. Vengo avvolta dal suo profumo di menta e tabacco, e poso la testa sul suo petto.

-Niente, Ronim. Ti deve parlare, sta bene, tranquillo.

-Uhm, va bene... vieni anche tu o...

-No, grazie, ma devo andare a parlare con Haldir. E, Savanna?

Apro gli occhi sotto lo sguardo azzurro e preoccupato di Ronim, e guardo l’Elfo.

-Sì?- Dico con un filo di voce.

Lui mi indirizza un’occhiata severa.

-Diglielo.

E, detto questo, Blodgharm se ne va, scivolando nell’ombra del corridoio.

Mio padre indietreggia e raggiunge l’ampio letto della sua stanza. Mi ci posa sopra con delicatezza, prima di allontanarsi e chiudere la porta.

Dopo Ronim torna a sedersi al mio fianco, in silenzio, e intreccio le mie dita alle sue, mentre si sdraia anche lui. Volto la testa e guardo il suo volto abbronzato guadarmi con tutto l’amore del mondo che un padre può provare per una figlia.

-Tesoro, cosa c’è?- Mi chiede sorridendo. Non rispondo, ma mi volto sul fianco e lo abbraccio, posando la testa sulla sua spalla. Lui mi abbraccia, piacevolmente sorpreso, e inizia ad accarezzarmi la schiena con gesti caldi e tranquilli.

-Mi vorrai sempre bene, papà?- Chiedo con voce strozzata.

Lo sento sospirare, sorpreso, sopra alla mia testa.

-Che razza di domanda è, Vanny? Certo che sì.

Chiudo gli occhi e inspiro il suo profumo di tabacco.

-Ronim... sono incinta.

 

Legolas:

 

Mio padre mi viene incontro sorridendo compostamente. Lo guardo nervoso, mentre Gimli, al mio fianco, mi batte una mano sulla spalla.

-Buona fortuna, principino- ridacchia, ma riconosco la compassione nella sua voce. Scocco un’occhiata irritata al nano, prendendo un sospiro profondo.

-Oh, avanti, tuo padre sarà felicissimo!- Mi incoraggia Haldir, spingendomi in avanti con una mano sulla mia schiena.

-Ma andate a quel paese- sibilo acidamente sentendo le loro risatine dietro di me.

Prendo un respiro profondo e arrivo davanti a mio padre, che mi guarda con una sfumatura di incertezza nel suo sguardo.

-Legolas- mi saluta sorridendo.

Rispondo al sorriso. Accidenti, ma perché diamine il mio cuore batte così velocemente?!

-Ada.

-Vieni, andiamo a fare una passeggiata.

Seguo mio padre, cercando di distrarmi dalla tensione che pervade il mio corpo. Non so se mio padre riesca a sentire il battito velocizzato del mio cuore, ma spero vivamente di no.

Lentamente camminiamo lungo un sentiero dei giardini. Gli alberi alti attorno a noi ci riparano dal sole, l’aria è fresca e pulita e il canto degli uccelli pervade l’aria.

-Devi dirmi qualcosa?- Mi chiede con delicatezza mio padre, quando ci siamo allontanati abbastanza da Gimli e Haldir. Si ferma e si volta verso di me, guardandomi curioso. Dal suo sguardo limpido capisco che non ha la minima idea del perché abbia spedito Aragorn a chiamarlo.

-Uhm... sì, io... ecco... oh, accidenti! Savannaèincinta- dico tutto d’un fiato.

Lui sbatte le palpebre una volta, interdetto. Sento il battito del mio cuore nelle vene dei polsi e del petto, mentre aspetto la sua risposta.

-Come hai detto?- Chiede in sussurro mio padre, mentre un piccolo sorriso prende forma sulle sue labbra sottili.

Oh, merda.

-Savanna è incinta, Ada. Aspetta un bambino. Un figlio. Da me- sbotto.

La risata cristallina di mio padre riempie l’aria, e lo guardo spiazzato per qualche secondo prima di finire tra le sue braccia.

Ricambio l’abbraccio, sorpreso, mentre la voce divertita e allegra i mio padre raggiunge il mio orecchio.

-So cosa vuol dire, Legolas, ci sono già passato con te. Adesso capisco perché eri così nervoso! Valar, avrò un nipote! Finalmente! Non ne potevo più di aspettare- borbotta.

-Papà!- Protesto, arrossendo.

Mio padre si scosta, continuando a tenermi stretto sulle spalle. Sulla pelle bianca e perfetta del suo viso ogni cosa esprime gioia. Il sorriso, gli occhi...

-Quel che è vero è vero, Legolas! Hai più di tremila anni, non è abbastanza per far aspettare un povero vecchio?

-Vecchio tu? Ada, cos’hai bevuto ieri sera?

Un ghigno appare sulle labbra di mio padre mentre mi passa un braccio attorno alle spalle e voltandoci torniamo verso il palazzo.

-Niente. Dov’è lei? Voglio vederla...

Il mio sorriso si attenua un attimo, al pensiero di quanto fosse agitata stamattina, quando si è svegliata. Ci siamo messi d’accordo di parlare del bambino con i nostri padri... chissà se è con Ronim...

-Con Ronim, credo.

Mio padre mi guarda con la coda dell’occhio, improvvisamente serio.

-E...

-E per poco non scoppiava a piangere quando abbiamo deciso di parlarvi- sospiro con una smorfia.

Mio padre mi stringe la spalla con affetto, sorridendomi.

-Stai tranquillo, vedrai che si calmerà. Passerà tutto. E’ ovvio che sia spaventata. Lo ero anche io, sai?

Guardo stupido mio padre. Lui, così severo e controllato? Spaventato dalla mia nascita?

-Sì, Legolas. Ero terrorizzato. Non sapevo come fare, cosa fare. Meno male che c’era tua madre, ogni volta lei sapeva calmarmi. E sarà così anche per te. Arriverà un punto in cui lei ti urlerà contro perché sarai troppo nervoso- dice mio padre con un sorriso.

Alzo un sopracciglio, poi una domanda mi sorge in mente.

-Quando stavo nascendo...

Lui sbuffa, capendo al volo la mia domanda.

-Sì, ero più che terrorizzato. E tua madre mi rimproverò, dicendomi di uscire dalla stanza. Be’, più che altro ringhiò. Non osai disubbidire. Mi hai fatto passare le quattro ore più tremende della mia vita- scherza.

Ridacchio, e stupendo anche me stesso, con una mossa velocissima, abbraccio forte mio padre. Lui ricambia, sorpreso, poi mi allontana, guardandomi, ora serio.

-Adesso muoviti, corri da lei.
Annuisco e mi volto, cominciando ad allontanarmi con un sorriso rasserenato; ma la voce di mio padre mi raggiunge e mi volto.

-Sì?

Intravedo un sorriso intransigente sulle sue labbra.

-Massimo una settimana voglio sapere i nomi.

Scoppio a ridere e mi volto, correndo dalla mia Vanny.

-Sì, Ada- sussurro, lasciando che il vento gli porti la mia risposta.

 

Savanna:

 

Un bambino è seduto al centro di un prato rigoglioso, color smeraldo.

Ha lunghi capelli biondi e lisci e la pelle del suo viso paffuto è candida come neve. Le sue guance sono rosse e gli occhi color zaffiro scintillano di felicità mentre ride e mena fendenti scoordinati all’aria con la piccola spadina di legno, volteggiando su se stesso.

Due mani calano dall’alto e il bimbo viene sollevato in aria da un’Elfo.

Il piccolo ride, una risata cristallina, gioiosa, innocente, mentre l’Elfo adulto sorride e lo solleva sempre di più, tendendo le braccia al massimo.

-Papà, papà, sono alto!- Strilla il bambino.

Una risata repressa scuote il petto del padre.

-Sei più alto di me, tesoro mio- dice con dolcezza l’Elfo, abbassando di nuovo le braccia e portando il visino del bimbo al suo livello. Un sorriso smagliante compare sulle labbra dell’adulto, mentre accarezza con dolcezza i lunghi capelli biondi del figlio, identici ai suoi.

-Papà, sai che mamma è triste?- Chiede con ingenuità il bambino, corrugando le sottili sopracciglia chiare.

Anche se è girato di schiena intuisco che l’Elfo si irrigidisce, raddrizzando le spalle.

-Te l’ha detto lei?- Chiede con dolcezza, ma la sua voce è intrisa di preoccupazione.

Il bambino non se ne accorge e scuote timidamente la testa.

-No, ada, ma piange. Oggi mi sono svegliato, avevo male, e sono andato da lei, ma mamma piangeva sul letto, era tutta curva e piangeva tanto tanto...

I luminosi occhi del bambino si rattristano. Allora l’Elfo lo mette giù e li accarezza con dolcezza la testa.

-Io vado dalla mamma, tesoro mio. Tu continua a giocare- dice al bambino, che sorride rasserenato e torna a combattere con la piccola spada. Papà aggiusterà tutto. Papà aggiusta sempre tutto, e mamma tornerà a sorridere e ad abbracciarlo come sempre, tornerà a baciare papà e a sgridarlo per non fargli toccare le armi. Il bambino annuisce sereno. Papà aggiusterà tutto.

Velocemente l’Elfo si allontana verso la casa alle spalle del bimbo. E’ piccola, dipinta di bianco, e graziosa. Sale rapidamente gli scalini della veranda e apre la porta. Sbuca in un salotto accogliente e colorato, ma non si ferma. L’Elfo va verso una porta che dà su un piccolo corridoio di legno, e lì rallenta i passi fino a fermarsi, quasi.

Nell’aria tranquilla si sentono dei singhiozzi a malapena trattenuti provenire dalla porta a destra, pochi passi più avanti. L’Elfo procede fino ad affacciarsi sulla soglia; vedo le sue spalle curvarsi e le sue dita stringere lo stipite della porta con forza.

Una figura è seduta sul letto, china su se stessa. I lunghi capelli castani si sciolgono sulla sua schiena in morbide e disordinate onde.

Un sospiro riempie l’aria, e la ragazza si volta di scatto.

Il mio cuore si ferma.

-Legolas!- Urla la ragazza.

Sento il terrore. Quella sono io.

Quella sono io, ma i miei occhi sono ciechi, opachi.

Io sono cieca.

 

-Savanna! Savanna, Savanna, svegliati! Svegliati!- Uno schiaffo mi riporta alla realtà. Spalanco gli occhi e vedo il volto di mio padre sopra al mio, il suo sguardo azzurro pieno di senso di colpa e preoccupazione. Non mi ha mai picchiata prima d’ora.

-Tesoro... non... non ti svegliavi- balbetta. E’ più in panico di quanto lo sia io.

Respirando affannosamente mi metto seduta, passandomi una mano sulle fronte. Realizzo di essere tutta sudata, e quando Ronim mi abbraccia cerco di scivolare via dal suo abbraccio, ma lui non me lo permette. Mi stringe fino a farmi male, mentre io affondo la testa nel suo petto e calde lacrime gli bagnano il petto nudo.

-Papà...

-Ssh, tesoro. Dimmi cosa è successo- mi tranquillizza la sua voce, insinuandosi tra i miei capelli. Prendo fiato, abbracciando con forza mio padre finché arrivo quasi a strozzarlo.

-Era un... un sogno... un incubo... ma...

-Un sogno o un incubo, tesoro?- Mi chiede con dolcezza lui, sdraiandosi a pancia in su e facendomi sdraiare accanto a lui, circondandomi le spalle con un braccio. Poso la mano sul suo fianco, chiudendo gli occhi e inspirando a fondo il suo odore di tabacco e menta.

-Era un sogno... credo... poi... un incubo... non so... c’era... c’ero il b-bimbo e poi Legolas e io...- le lacrime scendono copiose, e sono sicura che Ronim ci stia capendo poco o nulla.

So solo che, con le sue carezze, lentamente la paura e la tensione abbandonano il mio corpo e le lacrime si asciugano. Allora riprendo a parlare.

-Era un sogno... c’era un bimbo che giocava e... e io sono sicura che... era mio figlio... era bellissimo... identico a Legolas... e poi c’era lui, che l’ha preso in braccio e... e gli ha sorriso, gli ha parlato, era suo papà... poi Legolas... è... è andato nella casa, dove c’ero io e... e piangevo ed e-ero cieca... cieca! Non voglio diventare cieca, papà!- Scoppio a piangere di nuovo, mentre Ronim sbuffa con dolcezza sui miei capelli, come faceva sempre quand’ero piccola.

-Tesoro, non diventerai cieca.. i sogni sono strani, rivelano le nostre paure... evidentemente tu hai paura di perdere la vista. Non è detto che quel sogno si avvererà...- un mio gemito al pensiero che quel piccolo Elfo non esisterà gli fa cambiare rapidamente idea. -...oppure si avvererà e tu non diventerai cieca...

-Oppure io sarò cieca e il piccolo non esisterà- lo interrompo, scossa dai brividi.

Uno scappellotto mi colpisce sulla nuca, e, cavoli, fa male!

-Scema, quel bambino sta già crescendo dentro di te! E per crescere e diventare come il piccolo che hai sognato ha bisogno di dormire, quindi, mia cara, o dormi, o ti faccio dormire io.

Rabbrividisco al tono minaccioso di mio padre, ma mi scappa un sorriso.

-Sì papà- mormoro, e mi avvolgo di nuovo nelle coperte, avvinghiandomi a lui per sentire il suo calore familiare riscaldarmi.

Proprio mentre sto sprofondando nel sonno, mi sembra di sentire le sue labbra baciarmi la fronte, poi la sua voce sussurrare queste parole: -Ti voglio bene, piccola mia... sarò sempre al tuo fianco... non disperarti per me quando me ne andrò, poiché niente e nessuno mi impedirà di tornare al tuo fianco e vedere mio nipote, mia piccola cucciola.

E dopo, confusa e spaventata, mi addormentai.

 

Due braccia mi avvolgono la vita, mentre una mano è appoggiata alla mia pancia, sopra alla mia. Apro gli occhi, assonnata, e mi accorgo che la luce candida del giorno illumina abbondantemente la stanza. Sposto lo sguardo in giù e mi accorgo che non sono nel letto di mio padre. Girando un poco la testa mi accorgo dei lunghi capelli dorati che ricoprono la mia spalla, e un sorriso gioioso appare sulle mie labbra. In quell’istante le braccia si contraggono, tirandomi con dolcezza più vicina al suo corpo. Sento il petto dell’Elfo premere contro la mia schiena, allentando o aumentando la pressione a ritmo del suo respiro.

-Legolas...- mormoro, mentre il mio sguardo si appanna. Sbatto le palpebre sorridendo, ma poi una sgradevole sensazione stringe il mio stomaco. Ci impiego mezzo secondo per riconoscerla. Oh dio, no, ho avuto sempre il terrore di...

-Legolas!- Urlo, liberandomi dalla sua presa e saltando giù dal letto per evitare di vomitare sopra alle lenzuola candide. Sento l’Elfo balzare a sedere e imprecare violentemente in elfico mentre io cado a terra, sulle ginocchia, e dò libero sfogo al mio stomaco.
Due mani si allungano a prendere i miei capelli e a tirarli indietro, e serro gli occhi per evitare di vedere.

-Merda- annaspo, appena il conato finisce.

-Va bene, amore, alzati... alzati, avanti, andiamo in bagno. Su, ti tengo io... avanti- Legolas mi passa un braccio attorno alle spalle e io mi aggrappo a lui. Che schiifoo....

In bagno mi lavo, respirando profondamente e concentrandomi sul colore dei miei occhi, fissando il riflesso allo specchio, notando nelle miei iridi ogni macchiolina, più scura o più chiara che sia.

Legolas, quando ho finito e sono di nuovo profumata e pulita, si avvicina e mi posa le mani sulla pancia, come quando stavamo dormendo. Ehi, aspetta... corrugo le sopracciglia, perplessa, e alzo lo sguardo negli occhi cristallino e azzurri di Legolas.

-Ma io... ero con...- mi muore la voce vedendo il suo sorriso dolcissimo.

Le mani dell’Elfo si spostano sui miei fianchi, accarezzandomi con delicatezza.

-Ronim, sì. Ti ha portata qui mentre dormivi, amore.

E poi Legolas mi bacia e io dimentico tutto.

 

Sbatto le palpebre, sistemandomi più comodamente sulla sedia.
E’ sera e Legolas mi ha costretta a venire alla cena organizzata dai consiglieri di suo padre.

Per un po’ è stato piacevole, ma adesso sono a dir poco esausta, non come tuttigli Elfi che attorno a me ridono e chiacchierano.

Al mio fianco c’è Ronim, e grazie al cielo. Per un paio di volte ho rischiato di sentirmi male e per fortuna che lui mi ha sorretta con discrezione, stringendomi la mano sotto al tavolo e passandomi con la magia un po’ delle sue forze.

Legolas è sparito da qualche parte a parlare con un’Elfo dai lunghi capelli neri.

Guardandomi intorno mi rendo conto che la mia presenza in questo momento è assolutamente superficiale, e mi alzo. Rassicuro con un’occhiata Ronim e rivolgo un sorriso agli ospiti seduti davanti a me che mi guardano, prima di voltarmi e lasciare la stanza.

La cena è nella grande stanza all’aperto dove Legolas e io e i nostri padri ci siamo riuniti per la prima volta tutti insieme; attorno c’è un grande e bellissimo giardino cosparso di fiori e piante e ruscelli. Alla luce intensa e argentata della luna l’acqua dei rivoletti sembra quasi argento liquido.

Man mano che mi allontano dal porticato le risate degli Elfi si affievoliscono, e regna solo la pace e la tranquillità.

Qualche minuto dopo mi fermo vicino a un ponticello sospeso sopra un piccolo ruscello.

Con un lieve sospiro appoggio le braccia sopra alla ringhiera di legno, passandomi una mano sulla fronte. Mi sento incredibilmente stanca.

Chiudo gli occhi per qualche secondo, posando le mani sulle guance.

Qualche istante dopo un sussurro lieve come il venticello che muove appena i miei capelli mi raggiunge.

-Non dovresti stare da sola così lontano dagli altri, cara, soprattutto data la tua situazione.

Raddrizzo la schiena e mi volto di scatto, colta di sorpresa.

I miei occhi si posano sull’alta sagoma che emerge lentamente dal buio degli alberi.

-Sono incinta, non in punto di morte- replico con un sorriso per attenuare la durezza delle mie parole.

L’Elfo mi sorride e i suoi occhi di ghiaccio scintillano mentre si affianca a me.

-Sono contento che mio figlio abbia trovato una ragazza come te.

-Come me?

Thranduil accenna un ghigno. Se non fossi innamorata di Legolas molto probabilmente mi prenderei una cotta per lui... ma Legolas è Legolas.

-Diversa. Senza moine. Non avida... solo molto, molto innamorata- aggiunge con un sorriso dolce, accarezzandomi la guancia con le dita.

Avvampo, e mi giro di nuovo verso il rivoletto d’acqua.

-Uhm...

-Comunque ribadisco: non allontanarti più così tanto.

-Sì signore- sospiro rassegnata, e la risata cristallina di Thranduil risuona nell’aria.

Sorrido piano, e faccio per dire qualcosa a cui non penso neanche, ma una fitta al ventre mi coglie impreparata: con un gemito di dolore, tenendo strette le mani sulla pancia, le ginocchia mi cedono e faccio per accasciarmi a terra.

Subito due braccia mi sostengono e mi ritrovo col volto premuto contro il petto del Re. Immediatamente il mio volto prende fuoco e serro gli occhi, desiderando di scomparire dalla faccia della terra, mentre un intenso e piacevole odore di pino mi circonda. Ho la guancia premuta contro la stoffa argentata di Thranduil e le mani aggrappate alle sue spalle, con le sue braccia che mi circondano la vita, e un male cane al ventre.

-Va bene, stai calma, piccola- sussurra la sua voce da qualche altissima parte sopra alla mia testa, -adesso passa.

Oddio, fa’ che sprofondi nel terreno... che cazzo, sono aggrappata al padre del mio futuro marito come se fossi un’adolescente con una crisi ormonale!

-Oddio...- gemo, sull’orlo di una crisi isterica.

La risata di Thranduil non mi contagia, ma per niente.

-Va bene, ho capito... ti porto da Ronim- fa, e mezzo millisecondo dopo mi ritrovo in braccio al Re, con le gambe che dondolano nel vuoto e le braccia serrate attorno al suo collo.

Chiudo gli occhi e nascondendo il volto contro la spalla forte e muscolosa del Re prego che tutto finisca presto.

Poi il peggio non arriva nemmeno quando, quaranta secondi dopo, sento la voce di mio padre imprecare senza ritegno appena mi vede mezza svenuta, no. No.

Il peggio arriva quando svengo davvero tra le braccia del re.

E sento la risata di Blodgharm, che ovviamente (OVVIAMENTE!!) è entrato nei miei pensieri. Trovandoli incredibilmente imbarazzati. A dir poco.

Una sola cosa, Blodgharm, penso svenendo.

Sì?

Vai a farti fottere.




AnGoLo DeLl'AuTrIcE:
Gionno! CIoé sera.
Allora... vi piace?
Sinceramente mi sono divertita un casino a scriverlo, questo chapty. ^^
SPero anche voi ^^
Ringrassio ovviamente Lily, Scarl, Mutny, panda, Morgan e Maura... le vostre recensioni sono sempre fantastiche!!
Ora vado a dormire che domani ho le prove di violino... e la mattina dovrò studiare un casino :(
Un bacio!
Fatemi contenta e ditemi se vi è piaciuto!
Anna

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Capitolo 27
*** Capitolo Venisette: Figlia di... ***


Capitolo Ventisette:
Figlia di...



 

Forse dovrei essermi abituata ormai, ma vedere Legolas che combatte mi fa crescere un po’ d’inquietudine, soprattutto ora che... che sono incinta. Poso una mano sulla mia pancia, e istintivamente mi tranquillizzo. So che non posso sentire il bambino o la bambina, ma quel gesto mi rilassa mentre seguo con gli occhi la figura agile e possente del mio Elfo schizzare da una parte all’altra, falciando Elfi su Elfi.

Tengo gli occhi fissi su Legolas, e forse per questo all’inizio non mi accorgo della figura slanciata che viene verso di me.

Soltanto quando è a pochi passi da me mi accorgo di lei e volto la testa, incrociando due bellissimi occhi azzurri.

Scatto in piedi, mentre l’Elfa mi sorride e con naturalezza mi prende per le spalle e mi bacia sulle guance.

-Sono Arwen- dice con voce musicale, sorridendomi con le sue labbra perfette.

-Io... Savanna- sospiro, ormai rassegnata a fare figuracce per tutto il tempo residuo che precederà il matrimonio.

Arwen ride allegramente.

-So chi sei... Haldir mi ha raccontato di come hai conquistato il cuore del Principe laggiù- mi sorride lei, indicando con un cenno aggraziato della mano verso Legolas, che in quel momento, con uno sbuffo, disarma nello stesso istante due Elfi alle sue spalle con una mossa fluida della spada.

Sorrido un po’ imbarazzata e Arwen mi prende la mano con la sua, fresca e pallida, e insieme ci sediamo di nuovo all’ombra dell’albero dove mi sono appostata per spiare gli allenamenti del mio Elfo.

In silenzio ammiriamo il principe sconfiggere ogni Elfo che gli si pari davanti, girando su se stesso, saltando, parando e attaccando. La luce del sole splende illuminando i su capelli e facendoli sembrare di un colore ancora più chiaro di quanto non siano.

Appena uno dei suoi avversari finisce a terra, Arwen comincia a parlare con voce calma.

-Ho parlato con Re Thranduil. Ha detto che il matrimonio si terrà tra due giorni e che...- Arwen si interrompe all’improvviso sgranando gli occhi, e mi volto nella direzione in cui sta guardando con i suoi luminosi occhi azzurri.

Scorgo l’alta figura di Re Thranduil camminare con lentezza verso il figlio. Indossa una veste argentata con ricami dorati e non ha la corona di rami sul capo; il vento scompiglia i suoi lunghi capelli biondi sollevandoli in aria. I suoi occhi azzurri si fissano sul figlio, che continua a combattere senza nemmeno accorgersi di lui, circondato com’è da sette avversari.

Per un secondo mi sembra di sentire la voce del sovrano nella mia mente.

Tranquilla, non ci faremo del male... non si farà del male.

Nello stesso istante vedo Thranduil portare una mano al fianco e sguainare una lunga, scintillante spada.

-ODDIO!- Urlo saltando in piedi.

Nello stesso istante Arwen mi afferra il polso per impedirmi di fare scemate e gli Elfi che si stanno allenando con Legolas si affrettano a ritrarsi, mentre Thranduil attacca con una mossa quasi invisibile tanto è veloce.

Il mio cuore quasi si ferma e trattengo bruscamente il respiro, ma per fortuna Legolas si volta di scatto e alza la spada a bloccare il colpo del padre.

Lascio andare il fiato, mentre i due Elfi si guardano negli occhi per qualche istante.

Poi un sorriso illumina le labbra di Legolas, che sfila la spada dalla morsa di quella di thranduil, e attacca con un colpo laterale.

-Ma che... oddio!- Esclamo vedendo la spada di Thranduil sfiorare la guancia del figlio, mentre quello si piega all’indietro e devia il colpo, allungando un pugno che va a segno  al volto del padre e roteando su se stesso, mentre i capelli biondi formano un ampio arco attorno alle sue spalle.

Arwen si alza e mi stringe le spalle con le mani delicate.

-Stai calma- mi consiglia, ma sento nella sua voce musicale una nota preoccupata. -Non si faranno male.

Stringo con forza le sue dita affusolate, mordendomi con forza le labbra.

Il cuore mi batte a mille mentre le figure dei due Elfi vorticano in una danza che mi sembra letale. Mi mordo le labbra a sangue, mentre loro combattono e le lame delle spade sfiorano i loro corpi.

Ad un certo punto, quando vedo lo scintillio dell’arma sfiorare la gola di Thranduil, mi accascio a terra con una terribile sensazione di nausea. Due braccia forti si serrano attorno alla mia vita per impedirmi di cadere a terra di peso.

Sento la voce di Arwen urlare qualcosa in elfico e subito i rumori della lotta si spengono. Alcune voci si avvicinano mormorando qualcosa, ma l’unica cosa di cui mi rendo conto è la paura che mi stringe il cuore in una morsa, più la sensazione di avere la testa poggiata contro un petto di un’Elfo.

Pochi secondi dopo sento due mani posarsi sulla mia fronte, mentre altre dita si intrecciano alle mie e sento l’intrusione di una mente nella mia.

Anche se non ho mai avuto alcun contatto con essa, prima, la riconosco al primo istante.

E’ fredda, lucida, razionale; ma sento anche il calore sotto allo strato più superficiale dei suoi pensieri, che emanano una solennità e una regalità tipica dei suoi atteggiamenti, dei suoi gesti, delle sue parole.

Thranduil.

In un batter d’occhio la sua mente trova l’origine del mio malessere. E’ un ricordo, rimasto sopito per tutti questi anni e riaffiorato soltanto ora, e con dolce prepotenza il re lo tira a galla. Stringo con forza le mani di chi mi ha preso le mani tra le sue.
 

Fa freddo, tanto freddo. La luce di una taverna illumina il buio e i miei piedi, a malapena coperti dagli stivali ormai lacerati, sono immersi nel fango gelido a terra, sulla strada. Mi ritiro rapidamente contro il muretto di pietra, evitando di essere travolta dal carro.

L’acqua scende tra i miei capelli, scivolando in rivoletti gelidi dentro alla camicia che indosso e che non mi ripara dal freddo.

Scorgo nell’ombra della notte una figura incappucciata, e sotto al mantello, due occhi gialli.

Mi volto e comincio a correre, inciampando e affondando i piedi nel fango. Le mie piccole gambette non riescono a non sprofondare nel terreno, e all’uomo basta accelerare il passo per starmi dietro. Il mio respiro è l’unico suono che si sente nella notte, mentre corro e giro in una via. Troppo tardi mi rendo conto che davanti a me non c’è via di fuga. Mi arresto e mi giro, sperando disperatamente che l’uomo con gli occhi gialli non sia dietro di me, sperando di riuscire ancora a scappare, ma lui è lì, le spalle tese, il braccio contratto con in pugno una spada che riluce nel buio.

Indietreggio terrorizzata, mentre lui si avvicina con un ghigno. Riesco a scorgere una profonda cicatrice che gli deturpa il lato destro del volto.

La sua voce è roca e profonda, sibilante.

-E così tu saresti la piccola Guardiana... lui ti ha scelta... ma sono arrivato prima io... quella feccia pagherà il prezzo della tua piccola vita per il suo tradimento- sibila l’uomo.

Tremo violentemente, inciampando indietro, finché la mia schiena non sbatte con forza contro un muro di una casa.

L’uomo si avvicina, piano, sorridendo, alzando la spada.

Per un momento, mentre la rigira sulle mani, vedo sulla superficie lucida e bagnata della lama un volto, e un secondo dopo un’altra spada si frappone tra noi due, impedendo al metallo di raggiungere la mia gola. Mi rannicchio su me stessa, tremando, mentre un’altra figura affonda un’arma nel petto dell’uomo incappucciato, sbattendolo contro il muro e afferrandogli la gola.

Tra le ciglia bagnate di lacrime e i capelli zuppi di gocce di pioggia vedo la sagoma del signore gentile, quello che mi ha dato da mangiare, quello con il volto scuro e una piccola cicatrice sulla tempia, la barba nera e occhi azzurri.

-Lei è mia figlia, figlio di puttana. Non osare guardarla mai più, né tu né altri... riferisci questo ai tuoi padroni. Se sopravviverai... cosa molto poco probabile- aggiunge con voce gelida.

Con un gorgoglio sinistro estrae la spada dall’uomo con gli occhi gialli e lui cade a terra. Il signore gentile si volta verso di me e le sue labbra si distendono in una smorfia.

Si avvicina e io non mi scosto.

Mi afferra e mi prende in braccio, spostandomi via i capelli da davanti alla fronte.

-Piccola Savanna- mormora guardandomi con occhi tristi, osservando il mio volto sporco, i vestiti laceri e i miei occhi pieni di lacrime. -Adesso è tutto a posto, amore mio. Ci sono io qui, per te. Sono tuo papà, ora...

Le sue braccia calde si serrano attorno alla mia schiena e con velocità il mio nuovo papà torna nella strada principale, abbandonando il cadavere del Mercenario.

-Ci sono io per te...
 

-Ehi... Savanna... ehi...

Sbatto le palpebre, rendendomi conto di essere sdraiata in un’infinità di cuscini e coperte.

Nello stesso istante in cui apro gli occhi e focalizzo un soffitto dipinto come il cielo notturno mi assale un forte mal di testa, che rende inutili i miei sforzi di alzarmi per mettermi seduta.

Ricado sui cuscini premendomi le mani sulla fronte.

-Oh, Valar, che male... ma dove diamine sono?

La voce di Merida, stranamente divertita, mi raggiunge ovattata.

-Uhm... potrei risponderti nelle stanze di Re Thranduil...

Sgrano gli occhi e scatto a sedere, per poi vedere la mia amica Elfa che ride come un’idiota.

-Ma non sarebbe vero... sei nelle stanze di Legolas. Quelle vere, non quella che ha preso per starti più vicino- mi informa sorridendo.

Lascio andare il fiato che ho trattenuto e ripiombo sdraiata sul letto.

-Sei una scema, Merida, mi hai fatto prendere un colpo!- Mi lamento, ma nascondo un sorriso.

-Certo, certo... comunque, Ronim è fuori con Haldir e Blodgharm a fare un giro non so dove, quindi dopo, appena qualche sventurato lo avviserà che sei stata male e sarà sbattuto contro un muro, toccherà a te rassicurarlo- fa la voce della mia amica da qualche remota parte della stanza gigantesca.

Sbuffo.

-E... tuo marito è a parlare con Gimli a proposito di qualche ragazza di nome Danae...-il cuore mi balza in gola solo a sentire quel nome, e, di nuovo, riesco a trattenere per miracolo un’ondata di nausea. Appena mi riprendo chiedo conferma.

-C... cosa?!- Esclamo con voce strozzata.

Merida appare da dietro uno scaffale di una libreria che divide a metà la stanza e si avvicina al letto, una ruga a solcarle la fronte perfetta.

-Sì, mentre ti stavano tutti addosso quando eri svenuta, compreso tuo marito e il Re -che, tra parentesi, è un figo pazzesco- scoppio a ridere al suo commento su Thranduil e lei mi strizza l’occhio, -è arrivata una ragazza... ha praticamente gettato le braccia al collo di Legolas, che schifo... che troia- commenta poi con un sorriso sereno e tranquillo, sedendosi con eleganza sulla sedia accanto al letto.

La guardo e stringo le labbra per non ridere, quando un rumore ci fa sussultare.

-Ehm ehm- Merida salta di cinque centimetri e si alza di scatto, bianca in volto, voltandosi.

Soffoco le risate tuffandomi prudentemente sotto le coperte e affondando la faccia nel cuscino.

-Merida, potresti lasciarci soli?

-S... sì Re Thranduil- mormora la mia amica, e si defila.

Tre secondi dopo sento la porta sbattere alle sue spalle e mi mordo le labbra per non ridere di nuovo.

-Puoi uscire da lì, Savanna, ti capisco- fa la voce del re, con una nota di divertimento.

Respiro profondamente per calmarmi, poi riemergo improvvisamente intimidita dalle coperte.

Vedo la schiena del re davanti alla finestra, mentre lui osserva il paesaggio sottostante. Non riesco a vederlo in faccia, e anche se potessi dubito che riuscirei a capire anche solo un piccolo stralcio delle sue emozioni. I suoi occhi sono sempre così indecifrabili... a parte quando guarda Legolas. In quegli sguardi vedo tutto l’affetto che prova per lui.

Dopo qualche minuto di silenzio Thranduil parla, voltandosi lentamente verso di me e trafiggendomi con i suoi occhi di ghiaccio.

-Quanti anni avevi?- Chiede con la sua voce calma.

Abbasso lo sguardo sulle coperte blu, appoggiando la schiena al cuscino.

-Sei- sussurro.

-Ronim non è tuo padre?- Faccio segno di no con la testa.

-Perché voleva ucciderti?

Una lacrima scende dall’angolo del mio occhio lungo la guancia. Sento gli occhi di Thranduil seguire il suo percorso finché non si perde nelle lenzuola.

-Perché ero la figlia del capo dei mercenari- mormoro con voce strozzata.
 

Legolas:
 

Sospiro profondamente per cercare di trattenermi, stringendo le mani a pugno e conficcando le unghie nei palmi.

Cerco Gimli con lo sguardo e i suoi occhi marroni e caldi mi ammoniscono di stare calmo e pazientare. Intanto quella continua a dire assurdità.

-... e, vedi, Legolas, ero così felice che tuo padre ti avesse mandato a recuperare! Avevo tanta paura per te...

-Oddiotipregofachefiniscaprestoaltrimentilaammazzo- soffio.

Lei si volta e mi rivolge un sorriso tanto luminoso quanto sciocco.

-Come, caro?- Cinguetta con voce smielata.

Bleah. Mi ha davvero chiamato caro?!

Rivolgo a Danae un sorriso di circostanza.

Io non ce la faccio più!!!!

-Niente, Danae, dicevi?

Subito dopo mi mordo con forza la lingua, mentre lei ricomincia a parlare dell’ansia, della paura, del timore che non la lasciavano dormire la notte, dei suoi incubi, del graffio che si è fatta a un dito...

Man mano che i minuti passano e io sorbo le inutili chiacchiere della ragazza anche Gimli inizia a perdere la pazienza, e mi diverto osservando le varie facce e le smorfie che fa.

Quando sgrana gli occhi e le sue guance diventano color porpora per un’affermazione di questa ragazza, scoppio a ridere senza riuscire a trattenermi.

Danae si volta verso di me e mi guarda con i suoi occhi marroni sgranati.

-Perché ridi, mio caro?- Chiede con voce vellutata.

La mia risata si trasforma in un colpo di tosse strozzato quando vedo alle sue spalle mio padre. Scatto in piedi, così come loro, e guardo con lieve preoccupazione il viso di mio padre. Guardando bene riesco a scorgere i quasi invisibili segni della sua rabbia, o preoccupazione: l’incantesimo che ricopre più o meno metà del suo volto si sta sgretolando, mostrando ai miei occhi di Elfo alcune, minuscole linee rosse dell’ampia ferita.

-Ada- lui mi guarda, ignorando la riverenza di Danae e gli occhi di Gimli fissi su di lui.

-Legolas.

-Va’ da Savanna- mi ordina in elfico, cosicché i miei amici (no, il mio amico e Danae) non capiscano. Scatto in avanti ma prima di sparire mi volto di nuovo. Mio padre è sugli scalini che portano al salone.

-Ada- lo richiamo.

Lui si ferma all’istante e si volta. Il suo volto è in ombra, non so se l’abbia fatto apposta o no.

-Sì?- Mormora lui, corrugando le sopracciglia.

-Cosa c’è?

-Ronim è scomparso- dice in elfico, prima di voltarsi e sparire.

-Merda- impreco, e mi volto per correre dalla mia futura moglie.
 
♦ ♦ ♦

AnGoLo DeLl'AuTrIcE:
Salveeeeeee!!!!
Una buona notizia: ho pubblicato. FInalmente ^^
Brutta notizia: non aggiornerò per un po' :(
Be... so che il capitolo è corto, ma... be', ditemi che ne pensate... è molto importante. Abbiamo un ricordo di Vanny e della nostra dolscessa di Mr Ronim... cucciolo ^^
ahah e poi capiamo pure di chi cavolo sia figlia Vanny :)
Be'... basta penso!
Un bacio!!

 

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Capitolo 28
*** Capitolo Ventotto: Nascite. ***


Neve e Fiamme.
Capitolo Ventotto: Nascite.

 

Quattro anni dopo:
 

E’ una bella giornata di primavera. Il sole splende e riscalda l’aria, mentre i canti degli uccellini risuonano nella piccola radura davanti al bosco. Davanti al bosco, davanti alla casetta, un piccolo Elfo dai lunghi capelli biondi ride e gioca con il padre sotto allo sguardo vigile della mamma.

-Ah! Preso!- Ride l’Elfo adulto, afferrando con le mani forte il piccolo, che ride e si dimena, cercando di sfuggire alla presa del padre.

-No! Ho vinto io!- Strilla, rinunciando però a sfuggire alla presa di Legolas e aggrappandosi al suo collo con le piccole manine.

-Ma certo, amore- interviene la madre, seduta sul dondolo, accarezzandosi la pancia gonfia con una mano.

Dietro il piccolo Amyr Savanna vede il marito aprire bocca per protestare, imbronciato, ma lo fulmina con lo sguardo e l’Elfo rinuncia a qualsiasi argomentazione, terrorizzato. Poi gli fa un cenno e con agilità il marito salta sulla veranda, posando a terra Amyr, che corre di nuovo a giocare sul prato, mentre i raggi del sole fanno splendere i suoi capelli di riflessi dorati.

-Aiutami- mormora la donna, con una smorfia.

Legolas sorride, allungandosi in avanti e afferrando la moglie per aiutarla a sollevarsi.

-Grazie- mormora lei una volta in piedi, allungando il braccio e accarezzando la guancia del marito con dolcezza. Lui sorride e si china per baciarla velocemente sulle labbra.

-Prego, amore...

-Bleah! Che schifo! SMETTETELA!- Sentono urlare dal prato.

Entrambi scoppiano a ridere e l’Elfo si mette in ginocchio davanti alla moglie, baciandole la pancia.

-Non vedo l’ora che nasca! Mancano pochi giorni, ormai- Esclama entusiasta, accarezzando il pancione. Come se il bambino nella sua pancia avesse sentito le parole dolci di Legolas, Savanna sente un forte calcio al ventre e si lascia scappare un piccolo lamento. Subito sia il marito che il figlio si immobilizzano.

Amyr vede solo il volto stanco e felice della mamma, non la sua pancia, perché il papà la copre. Però papà gli ha spiegato cosa succederà tra poco. La mamma farà un altro bambino e lui avrà un fratellino con cui giocare. Però papà gli ha anche detto che farà anche tanto male alla mamma, ma ha aggiunto di non preoccuparsi, perché passerà tutto.

-Mamma- esclama spaventato il piccolo Elfo, correndo sugli scalini di legno, rischiando anche di cadere.

Il papà si volta verso di lui e lo afferra velocemente, guardandolo con i suoi bellissimi occhi azzurri, identici a quelli del figlio, pieni di rimprovero, ma Amyr non se ne cura.

-Mamma, stai bene?- Chiede ansioso il bambino, afferrando la mano calda e morbida della madre.

Savanna gli sorride dolcemente, scostandosi una ciocca dei lunghi capelli castani dietro l’orecchio, e gli accarezza la testa. Quel sorriso tranquillizza il bambino, anche se vede bene che la mamma è pallida.

-Sì, sì, amore... torna a giocare, è tutto a posto- gli sorride.

Amyr sorride a sua volta e i suoi lineamenti, identici a quelli del padre, si rilassano, mentre la piccola ruga che si era formata sulla sua fronte liscia si distende.

-Va bene...

Ma, per la seconda volta, qualcosa di imprevisto interrompe quella tranquillità familiare.

Dal sentiero che porta nel bosco, verso la città, arriva un improvviso rumore di cavalli che corrono.

I tre alzano lo sguardo, sorpresi, e vedono tre cavalli, con in sella due Elfi e una figura incappucciata, fermarsi poco distante.

-NONNO! ZIO!- Urla Amyr, scivolando via dalle braccia del padre e correndo verso i due Elfi, che intanto stanno smontando dai loro destrieri.

-Amyr- ride Thranduil, inginocchiandosi e accogliendo l’impetuoso nipotino tra le braccia.

-Ciao nonno- ripete il piccolo Elfo, posando la testa sulla sua spalla, coperta da una preziosa veste argentata. Thranduil si rialza e getta un’occhiata alla figura alla sua destra. Il mantello copre completamente la sua figura nonostante sia pieno giorno e la temperatura sia mite, e un ampio  cappuccio gli nasconde il volto, ma si capisce che sta guardando il bambino che, d’altra parte, ricambia il suo sguardo nascosto con i suoi occhioni azzurri.

Blodgharm, invece, si dirige subito da Savanna e Legolas. Saluta l’uomo con un abbraccio veloce, poi si ferma incerto davanti alla donna, osservandola bene. E’ da qualche mese che non la vede, e lei non ne sa il motivo. Dai lineamenti della donna traspare un po’ di turbamento, ma è palese che è contenta di rivedere il suo vecchio amico.

-Vanny- la saluta per primo lui, chinando il capo in segno di rispetto.

Lei sorride un filo imbarazzata e gli poggia la mano sulla guancia solcata dalla cicatrice. Le sono mancati i suoi magnetici occhi verdi, da gatto. Non è cambiato per niente.

Mentre lei, nota il Custode, eccome se è cambiata. La seconda gravidanza ha ingentilito ancora di più le sue forme, ma resta comunque bella e graziosa, anche se un po’ impacciata e imbarazzata nel farsi vedere così. Ma è splendida. I lunghi capelli scendono in morbide onde fino ai fianchi, e il volto è felice.

-Dov’eri finito?- Sussurra Savanna, guardando per un interminabile attimo il volto dell’Elfo con una nota di accusa nello sguardo. Con una fitta al cuore Blodgharm si morde le labbra, afferrando la mano che lei gli ha posato sulla guancia.

-Vanny...

-Avevo bisogno di te, Blodgharm- sussurra lei, dolcemente, mentre ogni sentimento negativo svanisce dallo sguardo. -Soprattutto dopo che mio padre...- la sua voce si rompe, ma tutti lì presenti, eccetto Amyr, ancora in braccio al nonno, sanno a cosa lei si riferisce. La scomparsa di Ronim.

E pare saperlo anche la figura misteriosa, che fa un paio di passi avanti verso la ragazza.

Blodgharm si sposta dalla visuale di Savanna e lei nota finalmente l’uomo che si sta avvicinando a lei, e quando è a pochi passi di distanza, mentre alza un braccio per tirare giù il cappuccio, il cuore della donna smette di battere per un secondo. Ha riconosciuto quel passo sicuro e cauto insieme, la fluidità dei gesti.

E quando il cappuccio cala sulle spalle ampie dell’uomo, per un istante Savanna rischia di svenire, mentre le braccia del Custode si avvolgono repentinamente attorno alla sua vita.

E’ uguale a quattro anni fa. Il volto abbronzato e costellato di piccole cicatrici, con la barba e i capelli neri, gli occhi azzurri così simili ai suoi, è intriso di felicità mentre vede sua figlia.

-RONIM!!- Urla Savanna, lanciandosi tra le braccia di quell’uomo che il piccolo Amyr non ha mai visto. Si aggrappa con forza alle spalle del padre, mentre lui la stringe a sé.

-Tesoro...- mormora, ma prima che possa dire qualcos’altro un gemito della ragazza lo interrompe.

Subito Blodgharm e Legolas sono accanto a loro. Ronim, pallido, sorregge la figlia, mentre un’espressione di puro dolore le contrae i lineamenti.

-Ma... cosa...- mormora interdetto il povero uomo, mentre Blodgharm gli strappa Savanna dalle braccia e la solleva da terra. Vedendola in braccio all’Elfo, per la prima volta Ronim realizza che sua figlia ha una pancia grossa quanto un pallone, e sbianca.

-Oh merda!- Esclama, capendo al volo.

-Il bambino- geme terrorizzato assieme a Legolas, mentre Blodgharm si volta e seguito da un alquanto placido e tranquillo Thranduil entra in casa.

L’Elfo e l’umano si guardano impietriti, in panico, dimentichi del piccolo Amyr che ha osservato basito la scena.

Poi, Ronim corre dentro casa, lasciando Legolas con il nipote. Il suo cuore batte a mille, ha paura. E’ la prima volta che si trova una situazione del genere, ed è agitato, lui che è sempre calmo. Anche perché adesso è sua figlia che deve partorire.

Senza prestare attenzione alla casa pulita e ordinata percorre un corridoio col pavimento di legno fino ad arrivare alla camera da letto, dove Blodgharm ha deposto Savanna, pallida e in preda ai dolori.

Thranduil invece è sparito da qualche parte, probabilmente a procurarsi dell’acqua o gli asciugamani.

Blodgharm invece fissa nervoso Savanna, che stringe in un pugno le lenzuola verdi. Appena Ronim entra volta subito lo sguardo verso di lui e gli tende una mano, che afferra all’istante. La mano di sua figlia è calda e leggermente sudata mentre gli rivolge un sorriso sereno.

-Papà, spogliami! Come fa a nascere se no?! Blodgharm non ha il coraggio di farlo!

Malgrado la paura, a Ronim scappa un sorriso nel vedere le guance dell’Elfo tingersi di un rosa intenso mentre borbotta qualcosa di indistinto. Il sorriso di Savanna si fa più dolce.

-Avanti, coraggio. Andrà tutto bene- li rassicura.

Con un sospiro profondo Ronim annuisce e si prepara, improvvisamente calmo.

Farà nascere suo nipote, a qualunque costo.
 

 

-L’ultimo, Vanny- la incoraggia Ronim, con gli occhi che brillano. -Avanti, l’ultimo sforzo. E’ quasi finita, amore.

Con un gemito Savanna contrae i muscoli, stritolando le mani di Blodgharm e di Thranduil, e qualche secondo dopo un piccolo urlo trapanatimpani annuncia la nascita del piccolo.

Savanna lascia ricadere la testa sul cuscino, esausta, col respiro veloce, mentre i due Elfi sorridono e sfilano le mani dalla presa della ragazza.

-E’ una femmina!- Annuncia entusiasta Ronim, facendo nascere un sorriso spontaneo sulle labbra della madre.

-E’ bellissima ed è in salute perfetta- aggiunge meravigliato, osservando il fagottino che tiene in braccio, avvolto prontamente in una coperta. Savanna tira un sospiro di sollievo e con dolcezza Thranduil si affretta a coprirla con un lenzuolo. Ha il volto arrossato e si è spogliato della tunica, restando in pantaloni e con una camicia arrotolata fino ai gomiti che lascia intravedere i muscoli possenti delle braccia, ma ha un’espressione sollevata e felice. Si alza e si dirige verso Ronim e la nipotina. I visi dei presenti esprimono un enorme sollievo, ma, mentre l’attenzione dei nonni è concentrata sulla bambina, Blodgharm getta un’occhiata alla neo mamma e il suo cuore perde un battito.

-NON RESPIRA!- Urla chinandosi sulla ragazza.

Subito, il re degli Elfi e Ronim sono accanto al letto, e in mezzo secondo il Custode si ritrova a tenere in braccio una creatura minuscola, spinto da parte.

-Prenditi cura di lei, fuori di qui!- Intima Thranduil, concentrato su Savanna, i lunghi capelli biondi sparsi sul cuscino a fianco alla testa della donna.

Pur volendo, Blodgharm sa che tenere la bambina nella stessa stanza in cui la madre rischia di... la madre sta male non è una buona idea. Così, tremando per la paura di lasciar cadere la piccola neonata che tiene tra le braccia, si obbliga ad uscire, anche se il suo cuore gli urla di restare lì e dare una mano.

Bruciante di preoccupazione, si dirige verso il bagno per lavare la piccola che intanto ha smesso di urlare. Destreggiandosi ammirevolmente riesce a non farla cadere mentre apre l’acqua del lavandino, tappando il buco di scarico. Appena svolge la piccola dai panni e la mette in acqua lei apre gli occhioni -davvero grandi- che aveva tenuto chiusi e i loro sguardi si incrociano.

Immediatamente Blodgharm si sente inondare da un affetto infinito per quella piccola bimba, che intanto gli ha dedicato un dolcissimo sorriso sdentato. Con un gorgheggio contento la piccola gli stringe il mignolo col suo pugnetto, mentre lui con l’altra mano la tiene sospesa nell’acqua e cerca contemporaneamente di lavarla.

-Sei bellissima- mormora l’Elfo, sorridendo incantato.

La bimba fa un verso acuto in risposta e le labbra del Custode si sollevano verso l’alto. La neonata è minuscola e magra, ma il volto è identico a quello della madre. I suoi grandi occhi sono scuri, senza un colore preciso, e alcuni corti capelli ricoprono già la sua testa.

Saranno del colore di quelli di Savanna, pensa Blodgharm.

Uno strillo deliziato lo riporta alla realtà, mentre viene anche bagnato dall’acqua che la bimba ha schizzato pestando le braccia esili sul pelo dell’acqua.

-Birbante!- Esclama sorridendo Blodgharm, e la piccola lo guarda sbattendo le palpebre, con un’espressione confusa.

-Oh, tesoro, quanto sei tenera- mormora fra sé e sé il Custode.

Lei risponde con un versetto breve, e Blodgharm decide che non può rivolgersi continuamente a questa piccola monella dandole della “neonata”. Una volta Savanna, pochi giorni dopo il matrimonio, anni prima, gli ha detto che le sarebbe piaciuto se avesse scelto un nome per uno dei suoi figli.

-Bene, allora- sussurrò con dolcezza alla neonata, mentre la asciugava con delicatezza.

-Ti chiami Kalea, ora, piccola.
 

 

-Blodgharm?- Sia lui che Legolas alzano lo sguardo su Thranduil, che è appena apparso, mentre Amyr resta concentrato a contemplare la sorellina, che dorme beatamente tra le braccia del padre.

Il sovrano sorride ai due, rassicurandoli con gli occhi azzurri e sollevati.

-Savanna sta bene. Legolas, vuole vederti, per ora è meglio che Kalea stia con Blodgharm. La vedrà dopo, ora deve riposare e solo tu puoi convincerla.

Legolas annuisce e si alza, allungando la figlia alle braccia salde del Custode. Dopo averle baciato la fronte prende in mano il figlio e insieme scompaiono nella camera. Thranduil si avvicina all’Elfo e contempla la nuova nipotina.

-E’ bellissima. Sia lei che il nome che hai scelto. dice con schiettezza, per poi tendere le braccia. Blodgharm sorride lievemente, mentre, ancora, la bimba abbandona il caldo rifugio del suo nuovo amico.

-Tra pochi giorni Vanny saprà tutta la verità- mormora soprappensiero.

Thranduil annuisce, cullando dolcemente Kalea.

-Finalmente ogni preoccupazione svanirà. Athma è curiosa di vedere i suoi nipoti- sorride poi il Custode, provocando una risatina da parte dell’Elfo Silvano. Si china a baciare anche lui la fronte della neonata, per poi voltarsi e uscire dalla casa. Mentre la luna brilla nel cielo Blodgharm sparisce di nuovo.

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