Crimson Lies

di Ashbear
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. Conflitto ***
Capitolo 2: *** II. Dissenso ***
Capitolo 3: *** III. Contesa ***
Capitolo 4: *** IV. Fidanzamento ***
Capitolo 5: *** V. Divergenza ***
Capitolo 6: *** VI. Contraddizione ***
Capitolo 7: *** VII. Incontro ***
Capitolo 8: *** VIII. Tensione ***
Capitolo 9: *** IX. Svolta ***
Capitolo 10: *** X. Litigio ***
Capitolo 11: *** XI. Inconsistenza ***
Capitolo 12: *** XII. Scontro ***
Capitolo 13: *** XIII. Disaccordo ***
Capitolo 14: *** XIV. Differenza ***
Capitolo 15: *** XV. Discussione ***
Capitolo 16: *** XVI. Disarmonia ***
Capitolo 17: *** XVII. Frizione ***
Capitolo 18: *** XVIII. Trasgredire ***
Capitolo 19: *** XIX. Collisione ***
Capitolo 20: *** XX. Vantaggio ***
Capitolo 21: *** XXI. Lotta ***
Capitolo 22: *** XXII. Ostilità ***
Capitolo 23: *** XXIII. Combattere ***
Capitolo 24: *** XXIV. Emulazione ***
Capitolo 25: *** XXV. Militanza ***
Capitolo 26: *** XXVI. Dissonanza ***
Capitolo 27: *** XXVII. Disputa ***
Capitolo 28: *** XXVIII. Rivalità ***
Capitolo 29: *** XXIX. Duello ***
Capitolo 30: *** XXX. Belligeranza ***
Capitolo 31: *** XXXI. Guerra ***
Capitolo 32: *** XXXII. Confronto ***
Capitolo 33: *** XXXIII. Crociata ***
Capitolo 34: *** XXXIV. Ferocia ***
Capitolo 35: *** XXXV. Alterco ***
Capitolo 36: *** XXXVI. Battaglia ***
Capitolo 37: *** XXXVII. Contrastare ***
Capitolo 38: *** XXXVIII. Antagonismo ***
Capitolo 39: *** XXXIX. Avversione ***
Capitolo 40: *** XL. Odio ***
Capitolo 41: *** XLI. Pace ***
Capitolo 42: *** XLII. EPILOGO: Salvezza ***



Capitolo 1
*** I. Conflitto ***


Prima di cominciare: Vorrei che tutti sapessero che questa storia sarà probabilmente una sbirciata in un futuro piuttosto oscuro... governato dal destino, dalle bugie, dal tradimento, ma soprattutto dall'amore. Mi piacerebbe molto che, in un modo o nell'altro, commentaste questo racconto; cerco sempre di migliorare me stessa e il mio stile nel tempo. La storia si snoda nell'arco di tempo di una settimana, e mostra come sette giorni possano fare la differenza nelle nostre vite, plasmando il destino di una persona. Ah, Final Fantasy VIII e tutti i personaggi appartengono alla Square-Enix.

Fate will bring together those a thousand miles apart;
without fate they will miss each other,
though they come face to face.
--Proverbio cinese

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ I. CONFLITTO ~

Politici... se mai ci fosse una seconda venuta di Hyne, sono sicuro che le uniche creature a sopravvivere sarebbero gli scarafaggi e i politici. Sfortunatamente, questo vorrebbe dire che sopravviverei anch'io. E non voglio.

Squall, Squall Leonhart, il Comandante Leonhart, non riesco nemmeno a sopportare il suono del mio stesso nome. Neanche prima di diventare un SeeD mi sono mai sentito tanto amareggiato nei confronti della vita; le cose cambiano col tempo. Sono passati cinque anni da quando abbiamo sconfitto quella strega di Artemisia. Quello è stato davvero l'inizio della mia fine, talvolta avrei voluto essere morto più in fretta. Non penso che avrebbe fatto tanto male quanto continuare a vivere.

*~*~*~*~*

Stava in piedi sul balcone, da solo. Era sempre più facile stare da soli. Il tramonto infuocato sembrava riflettere la rabbia che c'era nel suo cuore, se non già l'odio che c'era nella sua anima. Gettando il mozzicone della sua sigaretta al vento, osservò la cenere ancora calda mentre entrava in contatto con la parete metallica del Garden. Ecco che se n'è andato un altro giorno della mia inutile esistenza, rimuginò fra sé. Era solo per questo che continuava a fumare; era una graduale, e lui sperava dolorosa, morte. Se la meritava.

La porta scorrevole di vetro cigolò lentamente. Squall sapeva chi era, chi era sempre.

"Che c'è?" chiese senza girarsi. La sua voce non era rabbiosa, era semplicemente vuota.

La figura camminò lentamente verso di lui, e parlò a bassa voce, esitante, "C'è un probabile avvistamento della strega a Deling. Un paio di SeeD..."

Lui la interruppe freddamente, "non ho bisogno dei dettagli. Sono sicuro che il fottuto consiglio ha già ordinato il cambio di rotta del Garden. Come al solito, sarò l'ultimo a saperlo ufficialmente. E fortuna che sono il Comandante, anche se solo di nome. Che fantastica società democratica che dirigo."

Squall accese un'altra sigaretta senza girarsi verso di lei, mentre appoggiava la mano libera sul davanzale. Il cielo ora era diventato color grigio carbone, quasi facendosi beffe del suo umore. Lei non poteva sopportare di vederlo in quello stato; cercò di mettere la mano sopra la sua, ma lui si limitò a scostarla rapidamente.

"Squall, per favore. So che è difficile. Ma abbiamo preso un impegno l'uno con l'altro, non lasciare che vada perduto. Il giorno in cui ci siamo promessi..."

Lui si limitò a scuotere la testa e la interruppe ancora, "mi ricordo di quel giorno. Ci sono cose che neanche una Guardian Force potrebbe mai farmi dimenticare."

Ci furono alcuni momenti di silenzio fra di loro prima che lui parlasse ancora. "Sta cominciando a far freddo, va' dentro prima di ammalarti. Io ho bisogno di passare dal mio ufficio e fare alcune chiamate. Non sappiamo se quell'informazione serva a depistarci, non è oltre il suo potere."

"Hai intenzione di tornare, stanotte?"

"No."

"Bene," rispose lei, nervosamente. Ancora una volta, ci fu un imbarazzante silenzio. "Saranno due anni domani."

"Lo so," continuò lui inalando il fumo della sigaretta e fissando il vasto orizzonte.

"Squall, lei ti manca?"

"Lei chi?" si affrettò a dire lui, quasi con rabbia.

"Ellione, chi altri dovrebbe...?" non finì nemmeno la frase; lo sapeva.

"Ma certo che sì."

"Zell, Irvine, Selphie e io stiamo preparando una piccola funzione nella cappella per domani. Per favore, trova il tempo di venire. So che fa ancora male. Fa male a tutti noi."

Cercò di avvicinarsi di un passo.

"Ci proverò." Squall scagliò la seconda sigaretta lontano, oltre il davanzale. Si girò e passò accanto a sua moglie, come se fosse un'estranea. Senza dire altro, raccolse la giacca della sua uniforme e uscì dalla porta.

Lei era sua moglie, da quasi un anno ormai, e lui la evitava. Il dolore nel cuore continuava a crescere, il rimorso cominciava a divorare la sua anima. Tutti i giorni si ritrovava a piangere, da sola. Lui, com'era dannatamente ovvio, non c'era. Era strabiliante pensare quanto poco tempo Squall passasse con lei; era un'arte in cui era diventato abilissimo. Se questo era quello che aveva sempre voluto, perché si sentiva così maledettamente miserabile?

Una lacrima cadde giù, lungo la guancia di Quistis.

*****
Note delle traduttrici: i capitoli dall'1 al 22 sono stati ripubblicati insieme al nuovo capitolo (il 23), in seguito a una pesante revisione e a tratti una ri-traduzione ad opera di DefenderX e mia. Le ragioni di questa ripubblicazione sono spiegate nelle note del capitolo 23.
Citazione di apertura: come già specificato dall'autrice, è un proverbio della cultura popolare cinese.
Il Fato riunirà coloro che sono a miglia di distanza;
senza il fato non riuscirebbero a incontrarsi,
nemmeno se si trovassero faccia a faccia.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 2
*** II. Dissenso ***


He is the lion,
that I am proud to hunt.

--William Shakespeare

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ II. DISSENSO ~

Il Garden era immerso nella tranquillità mentre Squall raggiungeva il suo ufficio e apriva la grande porta di mogano. Dentro faceva freddo, ma lui la lasciava di proposito così. Aveva scoperto che più abbassava il riscaldamento, meno era il tempo che la gente era disposta a passare lì dentro. Chiamatela una lezione sul comportamento umano, o soltanto un modo per dire fuori di qui senza spiccicar parola. La psicologia non era certo la sua specialità, ma l'aveva imparata grazie alla strategia militare.

La stanza era scura, e non sentiva alcun desiderio di accendere le luci. Avvicinandosi al computer, Squall prese in mano il portacenere che giaceva nel tavolino d'entrata. Sarebbe stata una lunga notte, in tutti i sensi. Per un attimo, gli unici suoni nella stanza furono i suoi passi sul tappeto davanti alla sua scrivania. Sospirò tra sé, e poi si girò verso il computer principale. Il ronzio appena percettibile della macchina gli dava un certo tipo di conforto, che gli umani non erano in grado di fornirgli.

Era proprio vero, il consiglio aveva già cambiato la propria rotta Strabiliante come un ammasso di sporchi politici potesse giostrare ogni faccenda da migliaia di chilometri di distanza a Deling City. In quel momento si trovavano quasi a 200 chilometri a sud-est di Trabia, ora diretti verso sud. Addio al controllo al Garden di Trabia.

"Dannazione a loro," Squall sbatté la mano sulla scrivania di legno. Doveva stare al loro piccolo gioco, e in verità nei due anni passati era diventato bravo a giocare. Ma non gli piaceva. La politica non era qualcosa con cui voleva avere a che fare, ma ora era un membro con cattedra del Consiglio Mondiale, che era notoriamente composto da un novanta per cento di ufficiali Galbadiani, un cinque per cento di ufficiali Esthariani, e un cinque per cento del 'mondo'.

Notò la luce rossa che lampeggiava sul suo telefono. Una chiamata in arrivo a quell'ora era un'assoluta rarità, e si chiese a lungo se lasciare che se ne occupasse la segreteria telefonica. Tuttavia, pensando che doveva essere un messaggio ben importante per avere la necessità di comunicarlo in piena notte, e che in ogni caso esisteva il sistema di trasmissioni di emergenza e il cercapersone, la comunicazione sarebbe stata rigirata nuovamente a lui al massimo in cinque minuti. Ritardare la risposta sarebbe semplicemente equivalso a rimandare l'inevitabile.

"Comandante Leonhart."

Parlò una voce all'altro capo del ricevitore. Non era necessaria alcuna presentazione; era Jefferson Mitchell, Presidente di Deling City e capo del Consiglio Mondiale. Che sorpresa.

"Comandante, è un piacere sapere che sta lavorando fino a tardi, e ciò è sempre molto apprezzato da parte nostra. La sua condotta sul lavoro è encomiabile."

"Grazie, signore. Sono stato avvisato dei recenti avvenimenti, il Garden è sulla strada per Deling City. Alla velocità attuale, dovremmo arrivare in due giorni. Una breve sosta a Balamb per approvvigionamenti domani è inevitabile."

"Lo so, Comandante Leonheart. Il suo pronto ritorno è ciò che il consiglio ha richiesto. Abbiamo ricevuto informazioni sulla strega da una fonte affidabile, è stata vista nella parte bassa della città di Deling City. Non possiamo essere troppo prudenti, è considerata una criminale di guerra e sarà trattata come tale."

"Con tutto il dovuto rispetto, Presidente Mitchell, sono perfettamente a conoscenza di ciò. Sono passati due anni da quando ha cominciato la battaglia col Garden. So che deve rispondere dell'accusa di omicidio, e la mia precedente relazione personale con lei non influenzerà il mio giudizio sulla situazione."

"Sì, Comandante... domani sarà il secondo anniversario della tragica morte di sua sorella. Il tempo sta rapidamente diventando la questione principale."

"Ellione non era mia parente di sangue, ma l'ho sempre considerata una sorella." Anche dopo due anni, le parole immediatamente successive erano taglienti come un coltello ogni volta che venivano pronunciate. "La Strega Rinoa Heartilly deve essere ritenuta responsabile della morte di Ellione Loire; la troverò subito affinché venga sottoposta a un processo immediato."

"Ne sono cosciente. Si è già dimostrato inappuntabile su questo punto in passato. Faccia attenzione."

"Come sempre, signore," Squall riattaccò infastidito la cornetta, neanche sicuro che la conversazione fosse davvero finita; non che gli importasse, in verità.

Si sedette a fissare la luce ipnotica del monitor del computer per alcuni minuti, perso in un mondo di dubbi senza termine. Alzando di nuovo il ricevitore, digitò un numero fin troppo familiare.

"Leonhart. Abbiamo ricevuto notizia che lei si trova a Deling City. Il Garden non sarà lì che martedì. Voglio che il tuo uomo sia lì domani per investigare, gli triplicherò il compenso se la trova per primo. Il Consiglio sta cominciando a preoccuparsi per il tempo che i SeeD ci stanno impiegando... non so per quanto ancora posso continuare così. Se scopri qualcosa, chiamami sulla mia linea privata, non passare per il centralino del Garden."

Squall riattaccò il ricevitore senza dire un'altra parola, e senza permettere alcun tipo di conversazione dall'altro capo. Questa storia stava per spaccarlo in due ancora una volta.

"Sembra che qualcuno non stia giocando pulito, qui," parlò una voce dagli oscuri abissi della stanza.

Squall afferrò immediatamente il gunblade e la sollevò, pronto al confronto. C'era qualcosa di familiare nella voce, eppure sapeva che non apparteneva a nessuno presente nel Garden in quel momento.

"Chi diavolo è?" urlò Squall. "Stai invadendo il territorio del Garden, e sarai trattato come una minaccia per i SeeD."

"Andiamo, pivello, sono già una minaccia per i SeeD," scherzò Seifer Almasy mentre accendeva le luci, abbagliando momentaneamente Squall.

Il Comandante saltò rapidamente sulla scrivania e puntò la lama del Lionheart al collo di Seifer, "una mossa e sei morto, bastardo."

"Sai, non era il benvenuto che mi aspettavo Dove sono le rose e la bottiglia di champagne?"

Squall non era in vena di giochetti, "Cosa diavolo vuoi?"

Erano passati cinque anni dall'ultima volta che si erano incontrati, quando Seifer aveva deciso di sacrificare la strega ad Adele. L'ex-cavaliere biondo sembrava lo stesso, forse solo un po' più logorato. Era evidente che era passato per alcune risse, ma quello c'era da aspettarselo. Aveva fatto di tutto, tranne che buttarsi fuori dalla faccia della Terra, il che, secondo Squall, sarebbe stata davvero una grande idea. L'ultima distrazione di cui aveva bisogno ora era Seifer. Squall fu preso un poco di sorpresa dalla sensazione che provò in quel momento. Benché si trattasse di puro odio, era l'unica vera emozione che avesse provato da anni.

"Cosa voglio? Voglio che la pianti di puntare la tua spadina giocattolo contro la mia giugulare per prima cosa."

"Come faccio a sapere che non proverai ad uccidermi? Sei ancora ricercato dal Garden per il tuo voltafaccia di cinque anni fa. Non c'è amnistia per il tradimento, signor Almasy."

"Non fare idiozie, non proverò a far nulla. Non ho intenzione di ucciderti, Leonheart, che divertimento ci sarebbe? Ci siamo appena rivisti. E poi, non è stato bello non farti da testimone al matrimonio. Non ho avuto l'invito, suppongo che sia stato perso dalle poste, Comandante Poppante."

"Chiudi il becco, Seifer."

Per qualche sconosciuta ragione, Squall credeva che l'uomo dai capelli biondi non l'avrebbe ucciso. Dopo aver verificato che, a occhio e croce, l'intruso non portava con sé la sua arma, Squall decise che era ragionevolmente probabile che non ne avesse un'altra nascosta. Lentamente, e senza distogliere lo sguardo, Squall abbassò la spada; la tenne lo stesso in mano, per enfatizzare senza alcuna parola il suo persistente disgusto. E rimaneva solo una domanda, perché diavolo era lì?

"Allora, sposato con Quistis... non l'avrei mai immaginato. Come sta la cara Professoressa Leonheart?"

"Bene. Ora rispondi alla mia domanda. Perché diavolo sei qui?"

Seifer fu il primo ad abbassare lo sguardo. Dando le spalle a Squall, si allontanò di qualche passo e si sedette con disinvoltura sul divano. Il Comandante stava diventando sempre più impaziente di secondo in secondo, considerando in cuor suo se alzare le mani e farla finita... una volta e per sempre.

"Non mi crederesti, nemmeno se decidessi di dirtelo. Domani è l'anniversario dell'invasione, questo dovrebbe essere ovvio anche per te," Seifer si fermò in attesa di una risposta, ma non ne ricevette alcuna; o meglio, solo una non verbale. Squall continuò a fissarlo, senza distogliere lo sguardo nemmeno per un attimo dal suo avversario di una vita, non fidandosi di lui nemmeno per un istante.

Lo sguardo fisso e freddo, quasi senza cuore, mise Seifer sorprendentemente a disagio. Prima d'allora c'era sempre stata una passione nascosta al di là dei suoi occhi, ora invece era solo uno sguardo vuoto. Decise di continuare prima che la pazienza di Squall cedesse, "informazioni. Ho passato un po' di tempo nei sobborghi di Deling City, gironzolando in posti non citati nell'ufficio consolare. Mitchell sta conducendo la caccia alla strega, e sta facendo di testa sua al di fuori del consiglio. Ma, come vedo dalla chiamata, tu stai facendo lo stesso."

"Non so dove vuoi arrivare, signor Almasy. Il Garden è la forza militare incaricata di comandare la caccia alla strega. Questa è la mia posizione ufficiale e la sola che abbia mai avuto."

"È vero... sei il leccapiedi di Mitchell. Senza offesa."

"È per questo che sei venuto? Ad informarmi del mio lavoro?"

Seifer si alzò dal divano di piume e osò avanzare di un passo verso Squall. "Dannazione, sono qui per aiutarti a trovarla prima che lo facciano loro. Sai che le truppe Galbadiane sono state incaricate segretamente di sparare per uccidere, prima di chiedere alcunché?"

Fece un altro passo avanti, quasi per sfida, verso Squall. "Tu stai conducendo la tua piccola indagine segreta, ho le mie fonti. Infatti, in questo momento ci sono quattro diverse indagini sulla nostra piccola principessa; quella 'ufficiale' del Consiglio Mondiale, quella del presidente Mitchell e la tua."

"Hai detto quattro."

"Bene, sai ancora contare. Non ho ancora capito qual è la quarta, o perlomeno chi sta dietro le quinte dello show; il mio primo pensiero è andato a Caraway o persino ad Esthar, ma non ho prove concrete verso nessuna delle due ipotesi. Ho pensato perciò di chiederlo all'eroe del mondo Leonheart... sai, attingere direttamente alla fonte."

"La strega Rinoa è un nemico di tutto il Garden e del mondo intero, ed è ritenuta responsabile della morte di Ellione Loire. Deve essere considerata pericolosa. Se mostra un qualunque segno di resistenza, sparare fino a constatazione della sua morte," recitò parola per parola Squall come se stesse leggendo, senza alcuna emozione.

"Fino a constatazione della sua morte! Ascolta te stesso, Comandante. Merda. Guardami negli occhi e dimmi che è quello che credi! Secondo te è stata lei ad uccidere Ellione a sangue freddo?"

Squall rimase in silenzio. Per la prima volta da quando era iniziato quell'incontro inaspettato, gli volse la schiena, rompendo il contatto visivo. "Vattene," fu tutto quello che disse, con veemenza. Ripose la Lionheart nella sua fodera e prese l'ultima sigaretta che aveva nel pacchetto. Prima che avesse la possibilità di accenderla, Seifer gli arrivò dietro e l'afferrò. Squall si girò di scatto, proprio mentre Seifer la distruggeva stringendola nella mano destra. Quando aprì il pugno, pezzetti di foglie di tabacco schiacciato caddero al suolo come neve scura.

"Non sai che queste uccidono senza esitazioni?"

Seifer si girò e si diresse verso la porta. Squall rimase immobile davanti alla sua scrivania. Prima che il ricercato toccasse la maniglia placcata d'oro, Squall disse una sola parola.

"Perché?"

Senza girarsi verso di lui, Seifer rispose, "Perché sono un cavaliere della Strega, perché ho già commesso errori, perché devo sapere la verità, e perché ci tengo ancora a cosa le succede." Si girò di scatto e guardò di nuovo Squall negli occhi.

"E tu?"

Dopo qualche secondo di silenzio, apparve un piccolo ghigno sul viso di Seifer. "Lo sapevo Comunque, metti a Fujin una parrucca nera, occhiali da sole, poi grida Strega! davanti a due SeeD. È incredibile come si possano creare fonti affidabili. Avevo bisogno di tempo."

Squall inspirò profondamente, era quasi un sollievo. Camminando intorno alla sedia, vi si sedette e afferrò una pila di fogli. Spostandoli di lato, parlò senza alzare lo sguardo, "Il Garden attraccherà a Balamb domani per approvvigionamenti. Potrei fare una passeggiata serale sul pontile verso le sei."

Seifer non disse altro, né Squall fece altro in sua presenza.

Squall rimase seduto davanti all'enorme scrivania per quelle che gli parvero ore, senza riuscire a compiere alcunché. Tutto quello che era riuscito a fare era stato spostare carte da pila a pila, far finta di leggere comunicazioni, quando in realtà ci aveva dato solo un'occhiata fugace, e firmava carte a casaccio, senza sapere che diavolo fossero. Gli eventi di quella sera continuavano a ripetersi nella sua mente. L'unica persona di cui poteva fidarsi ora era la persona di cui si era fidato di meno. L'ironia era una volubile creatura. Si fermò solo per osservare una foto di Ellione, e capì che era ormai passata mezzanotte. Era l'anniversario della morte di lei e, in un certo senso, anche della sua.

*~*~*~*~*

Quistis stava sdraiata sul letto, sola; era sempre sola. Quando Squall dormiva con lei, riusciva sempre a girarsi dall'altra parte. Si ritrovò ancora a piangere in silenzio. I suoi lunghi capelli biondi erano sparpagliati sopra il suo viso, ma non le importava. Lui la stava spingendo lentamente sul fondo, e lei stava cominciando ad annegare. Lo avrebbe mai notato? Erano accadute così tante cose negli ultimi due anni, talvolta lei stava sdraiata lì cercando di rimettere insieme i pezzi di quel gigantesco puzzle costituito da Squall Leonheart. Nessuno si incastrava mai. Solo una cosa sembrava evidente, lei non sembrava farne parte.

Il giorno in cui aveva chiesto la sua mano avrebbe dovuto essere il più felice della sua vita. Non prendetela nel verso sbagliata, era felice, ma per la maggior parte a solo beneficio di quelli che le stavano intorno. Perché glielo aveva chiesto se non la voleva? Magari era solo una sostituta di secondo grado rispetto a ciò che veramente desiderava. Lei lo sapeva, chi diavolo non ne era a conoscenza?

Essendo la solita paziente e inguaribile ottimista, aveva accettato la sua proposta di matrimonio. Proposta di matrimonio? Il termine era inadeguato di fronte al lieto evento. Squall era entrato nella sua classe con un'espressione scontrosa, persino per lui, che gli copriva il viso. Avevano parlato prima di quella sera diverse volte. Beh, lei aveva parlato, lui aveva solo fatto finta di ascoltare. Almeno non le era stato detto di andare a parlare con un muro di mattoni, anche se, ripensandoci adesso, non è che ci fosse stata molta differenza. Nessun appuntamento ufficiale prima dell'offerta, solo un bacio, e per giunta di sua iniziativa. Forse era per quello che i pezzi non si incastravano mai. Tutto quello che Squall aveva fatto era stato mettere un anello di diamanti sulla scrivania. Nessuna parola. Nel suo cuore, lei sapeva che non era questo che lui voleva davvero, ma col tempo... Sì, il tempo avrebbe risolto tutto. Lui avrebbe imparato a mostrarle lo stesso rispetto, la stessa passione che aveva avuto verso di lei.

Pensare a lei le faceva salire la bile alla bocca. Rimorso. Il rimorso talvolta consumava Quistis Trepe-Leonheart. Ora in questo secondo anniversario dalla sua sparizione, quelle emozioni stavano divorando la donna bionda. I loro problemi non erano tutti colpa di Squall. Riusciva ad ammetterlo solo con se stessa. Cosa avrebbe rimpianto di più lui oggi, la perdita di Ellione o la perdita di Rinoa? Ora era il suo lavoro, il suo compito trovarla e portare a termine l'esecuzione. Il Consiglio Mondiale, lo sapeva persino lei, l'aveva deciso tempo fa. Non ci sarebbe stato processo per capire se era colpevole o innocente. Il tormento che Squall doveva sopportare ogni giorno era doverla cacciare come fosse una preda comune. Anche lui stava affondando, capì lei.

Ma non avrebbe mai accettato un salvagente.

*****
Note delle traduttrici: capitolo rivisto e betato da DefenderX.
Citazione di apertura: dal Coriolano di Shakespeare.
Egli è un leone,
a cui io sono fiero di dare la caccia.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 3
*** III. Contesa ***


Nota: Per esigenze di trama, ho fatto in modo che Trabia diventasse una città, proprio come Balamb; Trabia è situata a circa cinquanta chilometri dal Garden omonimo, ed è grande all'incirca quanto Dollet. So che non è presente nel gioco, ma avevo bisogno di questo luogo per alcuni avvenimenti futuri.

He that lacks time to mourn,
lacks time to mend.

--Sir Henry Taylor

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ III. CONTESA ~

La neve le schiaffeggiava con violenza il viso, e i capelli raccolti non volevano saperne di stare dietro alle orecchie quasi gelate. Era quel genere di freddo che poteva farti fuori in pochi minuti, se non si indossava qualcosa di adatto. Ogni respiro sembrava una pugnalata ai suoi polmoni. Chi ha mai detto che l'inferno è un luogo caldo? Se un luogo su quel maledetto pianeta si avvicinava di più all'inferno, era una notte d'inverno a Trabia. Il tempo passava lentamente a quelle temperature rigide. Giudicando dall'attesa, doveva essere ormai passata la mezzanotte. Andare in giro in una notte che non perdona poteva ucciderla, o peggio. Il pensiero si dissolse in fretta nella sua testa, quando qualcuno la chiamò.

"Signora Bennett? Siete voi?" Cercò di bisbigliare una voce flebile, contrastando il vento pungente.

"Alex. Stalle. Ora."

Era una risposta molto breve, ma era l’unica che la sua mente fosse riuscita a concepire mentre piccoli fiocchi di neve colpivano il suo volto. Le due figure scivolarono silenziosamente nelle stalle. L’edificio era buio, a eccezione del riflesso delle luci esterne sulla neve, che brillavano attraverso la finestra. Faceva più caldo, anche se di poco, eppure la vecchia struttura offriva un senso di sicurezza altrimenti introvabile.

La donna si tolse il cappuccio con cui aveva cercato di ripararsi la testa dalle intemperie. I corti capelli scuri le scivolarono sul viso. Lei li scostò rapidamente di nuovo dietro le orecchie.

"Lui torna a casa stasera. Questo è tutto quello che sono riuscita a prendere."

Alex prese la piccola borsa nera piena di guil e annuì, comprendendo.

"Signora Bennett, Renee... per favore... ne sei davvero sicura?"

"Sì. Se non vai via stasera, forse non ti sarà mai più possibile."

Renee si tolse il cappotto caldo che le copriva il corpo. Doveva essere forte per tutte e due, eppure le mani le tremavano di una paura non rivelata. Alex poteva facilmente sgattaiolare per il mondo senza essere notata, al sicuro. Era meglio così.

"Lui ti ucciderà quando lo verrà a sapere. Richard Bennett è il peggior figlio di puttana che abbia mai incontrato. Che tu sia sua moglie o no, sei morta."

Renee chiuse gli occhi e sentì il freddo che cominciava ad avvolgerla. "Lo so. Ma così lei vivrà."

La figura ricoperta dall'ombra sollevò infine il cappotto scuro. Dentro vi era una bambina che cominciava a stiracchiarsi.

"Alex, lui non si metterà l'anima in pace finché non troverà sua figlia. Sono sicura che il Consiglio Mondiale sarà a sua disposizione. Tu dovrai essere sempre un passo avanti a loro. Che Hyne vi protegga, entrambe."

Renee passò con attenzione la bambina ad Alex. Dandole un bacio amorevole, sparì nella notte tempestosa.

Alex coprì delicatamente la bambina e si diresse fuori nel buio, nell'ignoto.

*~*~*~*~*

La mattina giunse al Garden come in qualunque altro giorno. In qualche modo il tempo aveva ben poco significato, ormai. Squall si svegliò sulla sua scrivania: si era addormentato di nuovo sulla sua sedia, e si trovò a pensare che sicuramente aveva passato più notti lì che nel suo letto. Improvvisamente qualcuno bussò alla porta, togliendogli anche quella poca voglia di dormire che gli era rimasta.

"Squall?"

Riconobbe la voce, e non era dell'umore giusto per ricevere una ramanzina.

"Sì, Quistis, è aperto."

Lei entrò nella stanza con addosso l'uniforme ufficiale dei SeeD.

"Andiamo in cappella fra mezz'ora. Per favore unisciti a noi." Quistis si avvicinò alla scrivania, e si sedette tranquillamente su un angolo, "Laguna si unirà a noi stasera per cena; gli piacerebbe davvero vederti di nuovo."

"Sì. Sono sicuro che gli piacerebbe. Digli che ho già altri impegni."

"Squall, cosa può essere più importanti di cercare di sistemare le cose con l'unico familiare che ti rimane?"

Lui la fissò con freddezza, "Quistis, non è il momento adatto per parlarne. Ho già un impegno e non posso rimandarlo. Mandagli i miei saluti."

"Senz'altro, glielo dirò."

Scivolò giù dalla scrivania e si avviò rapidamente verso l'uscita. Voltandosi dopo essere giunta davanti all'enorme porta, si augurò che Squall riflettesse almeno sulle parole che si erano detti. Lui non la stava guardando, totalmente concentrato sul computer. Lei sbatté la porta massiccia con tutta la forza che poteva imprimerle.

*~*~*~*~*

La cappella era semplice. Selphie aveva originalmente pensato a grandi, affascinanti rose per riempire la stanza. Poi, dopo aver pensato ad Ellione, aveva deciso di fare qualcosa di più modesto. Ellione non si era mai interessata troppo alle cose concrete, e tuttavia era elegante nella sua semplicità. Invece di vasi dappertutto, c'era una sola singola rosa rossa sull'altare. Più tardi avrebbero piantato un albero nel giardino interno, dedicandolo a lei. Qualcosa che vivesse e portasse gioia agli altri. Era quello che Ellione avrebbe voluto.

Selphie rimase in piedi accanto ad Irvine; i lunghi capelli di lui ora avevano lasciato spazio a un'acconciatura più corta e ordinata. Sfortunatamente quella era stata una delle prime regole che Squall aveva fatto applicare come nuovo Comandante... regole di abbigliamento e di comportamento più severe per tutti i SeeD: niente capelli lunghi, niente orecchini e niente abbigliamento casual in classe. Aveva davvero trasformato il Garden in un'istituzione militare. Irvine si era consolato in qualche modo, pensando che anche Squall si era tagliato i capelli e si era sbarazzato del suo orecchino, ma allo stesso tempo pensava che al Comandante, della guerra, non sarebbe potuto importare di meno... oramai viveva solo per la lotta. Per sua fortuna Irvine aveva passato l'esame prima dell'incidente: molti dei requisiti erano cambiati, e il cecchino dubitava che avrebbe potuto farcela con le nuove e più dure regole di Squall.

L'ex cowboy mise, senza curarsi troppo degli altri, un braccio intorno a Selphie; e notò subito che questo rompeva una delle regole cardinali che Squall aveva imposto sui contatti con l'altro sesso. Regole imposte, o almeno così pensava Irvine, per impedire a Squall di vedere gente felice. Era una delle cose che erano cambiate quel giorno.

La stessa Sephie aveva tentato di tenere l'umore alto. Osservò Zell fermo nell'angolo, a contemplare la bellezza della rosa. Sorridendo, si ricordò del primo giorno che si erano incontrati; i tempi erano cambiati, e non per il meglio. Accarezzò la spalla di Irvine e poi si diresse verso Zell. Lei era invecchiata bene, forse persino troppo bene. Poco era cambiato in Selphie, la si vedeva leggermente più grande, ma sempre più giovane dei suoi ventidue anni.

"Zell, vuoi venire là con noi?" chiese Selphie nel modo più vivace più possibile.

"Selphie, perché... Rinoa... perché lei?" chiese Zell ancora fissando il fiore.

"Non lo so. Ma se la troviamo, forse potrà dircelo lei."

"Selphie, perché non la odio come dovrei?"

"Forse perché lei era una di noi, nessuno sapeva quello che i suoi poteri erano capaci di farle fare."

"Dev'essere così. Ma c'è qualcosa che non mi quadra in questa storia... anche se non so cosa."

"Sono passati due anni. Perché interrogarsi, Zell?"

"Non lo so. Ma ho avuto uno strano sogno su Rinoa..."

"Sulla Strega", tutti si voltarono per vedere Squall davanti all'entrata della cappella. "Zell, la si deve chiamare Strega. L'altra persona di cui parli è morta per il Garden." Camminò verso l'altare e guardò la rosa.

"Sono qui per ricordare Ellione, e per recarle omaggio. Non per parlare di alcunché o di chiunque altro, siamo intesi?"

Zell si mise dritto, salutando il suo superiore. I colpi secchi dei tacchi risuonarono per tutta la cappella e il gruppo, escluso Squall, si girò per vedere Quistis che entrava nella stanza. Irvine si avvicinò alla moglie del Comandante, offrendole il braccio. Insieme, camminarono lungo il corridoio ed arrivarono alle panche in prima fila.

La funzione, se così si deve chiamare, fu molto breve e informale. I quattro parlarono o semplicemente ascoltarono storie su Ellione, rivivendo racconti che tutti avevano sentito, ma di cui non sembravano stancarsi mai. Squall sedeva perduto nel suo mondo, finché un giovane SeeD interruppe il discorso di Zell.

"Comandante, mi spiace infastidirla in questo momento così personale, ma ho il Presidente Mitchell al telefono. Dice che è urgente."

"Ho capito", Squall si mise in piedi e si scusò, per poi lasciare la cerimonia.

*~*~*~*~*

Arrivando nel suo ufficio, Squall afferrò rapidamente il telefono. L'idea che quegli sciocchi potessero aver davvero trovato la Strega era snervante. "Parla il Comandante Leonhart."

"Squall, mi spiace di disturbarla durante questo momento. Ma il consiglio ha bisogno urgente di un SeeD qualificato."

"La Strega?"

"No. Non questa volta. La notte scorsa è stata rapita la figlia di uno dei membri del Consiglio, il rappresentante dei delegati di Trabia. Normalmente non mi preoccuperei troppo di tali banalità, ma abbiamo bisogno del suo appoggio: vede, Comandante, importare petrolio dal suo paese è molto importante per alcuni membri di Galbadia. Potrebbero significare milioni di guil per il diritto di esclusiva."

Che fottuto bastardo, pensò Squall, cercando di nascondere la sua rabbia. Quel tizio si preoccupava del petrolio quando una bambina era stata appena rapita. Ecco in cosa si stava lentamente trasformando, in uno di loro.

"Signor Presidente, che informazioni ha sulla bambina?"

"Stamattina quando lui e sua moglie si sono svegliati, la bambina era già stata sequestrata. Una delle loro assistenti non si è presentata al lavoro oggi... abbastanza sospetto, non trova? Lavorava da loro da due anni, ma non era mai mancata un solo giorno."

"Signor Presidente, perché non notifica la notizia al Garden di Trabia? Loro potrebbero trovarla molto più in fretta di noi..."

"L'ho già fatto. Stanno facendo i primi accertamenti in attesa dell'arrivo del vostro Garden. Vogliamo mostrare al signor Bennett che sua figlia merita il meglio, e tutti sanno che il meglio è Balamb."

Squall sospirò rassegnato in silenzio. Prima la questione con la Strega, ora doveva anche mandare il suo personale equipaggio a cercare una bambina quando Trabia ne era più che capace.

"Che ulteriori informazioni ha su questo caso?"

"L'assistente sospettata si chiama Alexandra Williams, ventisei anni, niente bambini. L'unico membro della sua famiglia ancora vivo, una zia mi sembra, risiede a Fisherman's Horizon."

"Bene, manderò due dei miei migliori Seed in perlustrazione a FH. Attraccheremo a Balamb in un'ora. Li manderò in avanscoperta. Che informazioni ha sulla bambina?"

"So solo che ha 14 mesi, e si chiama Allison - oppure Ally."

"Allison... signore?"

"Sì Squall, va tutto bene?"

"Mi spiace signore, avevo solo perso il filo per un attimo mentre leggevo degli appunti. Allison."

*~*~*~*~*

Renee stava ferma a guardare fuori dalla finestra gli alberi ricoperti di ghiaccio, osservando mentre manciate di neve cadevano dai rami a causa del loro peso, non dubitando neppure per un istante della sua decisione. Allison avrebbe avuto più possibilità con Alex e il freddo, che con i lupi che stavano lì dentro casa. Ancora non riusciva a credere a come aveva vissuto con questo animale per anni: Richard Bennett era, se possibile, la persona più malvagia che avesse mai incontrato, eppure di gente ne aveva conosciuta parecchia.

Quello che c'era di così criminale in lui era il modo in cui prendeva il controllo. Quando lo aveva incontrato per la prima volta fuori dal ristorante, sembrava la risposta alle sue preghiere: gentile, dolce, persino abbastanza affettuoso da poter diventare un buon padre. Era stato furbo. Se non fosse stato per Ally, avrebbe rinunciato alla vita da tempo ormai. Ally se n'era andata. Fra non molto, anche lei. Richard avrebbe scoperto il suo coinvolgimento, e in un modo o nell'altro, sarebbe morta. Era una questione di tempo.

Era sempre stata una questione di tempo.

Si guardò allo specchio. Lacrime cominciarono a caderle giù per il viso pallido. Cercò di non odiare il mondo intorno a lei, ma era dannatamente difficile. Qualche anno prima, nessuno sarebbe riuscito a controllarla quanto Richard. Lei glielo aveva permesso, anche se solo per sopravvivenza. Ally era sempre stata una scusa, buona per Richard in modo da tenerla sotto controllo. Ora lei avrebbe ripreso il controllo della situazione. Chi diavolo era Renee Bennett in fondo? Giurò a se stessa di non essere mai più debole... anche se significava essere abbastanza forte da morire.

*~*~*~*~*

Il Garden aveva raggiunto Balamb, proprio come pianificato. Squall uscì dall'edificio, dando false scuse sul fatto che doveva fare alcuni rifornimenti personali. L'idea di incontrarsi con Seifer sembrava ancora strana, ma ora, quel concetto era diventato realtà. Fidarsi di colui che l'aveva gettata di proposito nelle braccia di Adele sembrava surreale. Ma dentro di sé, si sentiva colpevole quanto Seifer. Era stato Squall a permetterle di stargli addosso, anche se ogni ragionamento sensato lo implorava di non farlo. Adesso che ci ripensava era stato per ragioni egoistiche, era stato attratto da lei sin dall'inizio, anche se non lo avrebbe mai ammesso. Così attratto da averle permesso di fare cose pericolose. Ed era solo parte della colpa con cui conviveva: se avesse avuto la forza di dire no, adesso lei avrebbe condotto una vita normale e felice, senza bisogno di temere il mondo o cercare di sottometterlo - Squall non aveva idea di quali delle due possibilità fosse quella vera. Torturato dai ricordi, continuò lungo la strada che costeggiava la spiaggia di Balamb.

"Ehilà, Comandante dei pivelli, di qua!"

Questa volta la voce era riconoscibile.

"Seifer piantala con le stronzate. Cosa sai?" Il Comandante era decisamente esasperato. Seifer indicò un edificio in lontananza. I due rivali si incamminarono verso una piccola e abbandonata baracca di pescatori.

"So che se non vuoi vedere la testa di Rinoa su un bastone, farai meglio a trovarla tu per primo."

"Non mi sei di aiuto," ringhiò Squall.

"Scusa. Senti, devo sapere esattamente quello che è successo quel giorno. La tua versione dei fatti potrebbe essere importante," rispose Seifer con un tono quasi triste nella voce.

Squall scosse la testa. Aveva cercato così a lungo di dimenticare quello che era successo due anni prima... sarebbe stata la prima volta che ne avrebbe parlato, esclusi i rapporti ufficiali. Sapeva che era giunto il momento. Trovò un angolo del muro e vi ci si appoggiò, chiudendo gli occhi.

"Due anni fa, in quel giorno..."

*****
Note delle traduttrici: capitolo rivisto e betato da DefenderX.
Citazione di apertura: dal Philip Van Artevelde di Sir Henry Taylor.
Chi non ha tempo per il cordoglio,
non ha tempo per il sollievo.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 4
*** IV. Fidanzamento ***


I embrace my rival,
but only to strangle him.

--Jean Racine

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ IV. FIDANZAMENTO ~

Squall rimase a fissare il suo vecchio nemico, con uno sguardo che neanche Seifer riusciva a decifrare. Per quel che il biondo cavaliere poteva decifrare, era un'espressione mista di disgusto, disprezzo e tradimento. Il cupo comandante tirò fuori le sue sigarette, ne fece uscire una con cura dal pacchetto, la accese lentamente e inalò una boccata profonda.

"Era un giorno normale, quella mattina la strega e io avevamo litigato; era stata di pessimo umore per tutta la settimana precedente. Avevamo litigato la sera prima, continuava a sparare idiozie sul troppo tempo che passavo a lavorare. Le avevo in pratica detto che avevo un lavoro vitale per l'interesse del pianeta; e non potevo passare tutto il giorno a spendere i soldi di papà. Hyne, quanto era arrabbiata; la piccola principessa non mi disse neppure una parola e si limitò ad uscire dalla stanza... le ultime parole che mi rivolse furono va' al diavolo, Squall. Sarà lieta di sapere che il suo desiderio è diventato realtà."

"Più o meno verso alle nove di quella mattina Quistis venne da me furiosa, sbatté la mano sulla mia cattedra e si lamentò di Rinoa; sembra che avessero litigato prima che lei arrivasse nel mio ufficio. Da quello che ho sentito dopo, stavano quasi per arrivare alle mani. Rinoa si era ritirata, terminando con alcune parole 'ad effetto' dirette all'istruttrice che le intimavano di stare lontana da me. Quistis voleva che fosse messa sotto accusa dalla commissione disciplinare. Io mi limitai a non ascoltare le sue lamentele, anche se, in quel momento, non ci sarebbe stato niente di meglio che imporre un po' di disciplina a Rinoa."

Seifer trovò una vecchia sedia di metallo arrugginito e la avvicinò a Squall, che era appoggiato alla ringhiera di legno tarlato. Non interruppe mai la storia del comandante, e ascoltò ogni parola di Squall come un bambino affascinato durante la notte della vigilia di Natale.

"Che tu ci creda o no, quella è stata l'ultima conversazione normale che ricordo di aver avuto. Quando Quistis lasciò il mio ufficio, delle grida riecheggiarono per i corridoi. Presi in mano il mio gunblade, pronto a combattere contro qualunque nemico aspettasse i SeeD. Quando mi avvicinai alla scalinata di emergenza, vidi una grande luce rossa... e granate. Furono fatte detonare parecchie granate in una sola volta, causando grossi danni strutturali. L'esplosione mi fece cadere per quasi metà della scalinata, mandandomi in stato di incoscienza per un tempo che stimai non superiore ai due minuti. Due minuti che tuttora vorrei non mi fossero mai stati rubati."

"Ripresi conoscenza e continui ad andare giù per la scala, ora buia. Quando raggiunsi il piano più basso e aprì la pesante porta di sicurezza, trovai soldati Galbadiani, almeno per quel che potevo vedere; le armature argentee e blu erano quasi accecanti visto il sole che si rifletteva sul metallo delle uniformi. Erano bravi, dannatamente bravi. Non i soldati poco addestrati del regno di Vinzer Deling; quegli uomini erano stati addestrati sotto il comando del Generale Mitchell, un uomo che aveva studiato le tecniche militari più di me. Dopo una lunga battaglia con uno dei guerrieri Galbadiani, notai che diverse persone si erano radunate su un lato dell'edificio. Lì vidi Quistis inginocchiata accanto a una figura stesa. Riconobbi appena l'istruttrice a causa del sangue... ne era completamente coperta. Quando raggiunsi la scena, vidi il corpo per terra. Era Ellione."

Gli occhi di Squall rimasero limpidi mentre parlava dell'incidente, si rifiutavano di piangere o di mostrare qualunque emozione. Parlava all'altro uomo con una voce monotona e puramente informativa. Squall si fermò per un attimo, solo per scuotere in aria un capo della sigaretta, facendo cadere le ceneri sul pavimento sporco. Strinse la mano sinistra in un pugno stretto, mentre continuava a rivivere l'orribile giornata che aveva per così tanto cercato di dimenticare.

"Un SeeD, un cadetto credo, fu il primo a parlare ad alta voce."

"Comandante, vendicheremo la sua morte nel nome dei Seed, la strega pagherà per questo con la sua vita."

"La sua vita, le parole riecheggiavano nella mia testa con la forza di un uragano. Credo che abbia visto la confusione sul mio viso e abbia per questo continuato a spiegare."

"Ellione è stata assassinata a sangue freddo dalla strega, questi uomini sono i suoi soldati. Galbadia e la strega hanno unito le forze, come negli anni passati."

"Guardai Quistis; sedeva per terra, scuotendo leggermente il corpo senza vita di Ellione. Le lacrime scorrevano sulle sue guance, confondendosi con le tonalità più scure del sangue della persona che noi chiamavano 'Sorella'. Così tanto sangue, tutto suo... così tanto fottutissimo sangue."

"Guardai Quistis per avere una conferma dell'attacco della strega; lei annuì e ritornò con lo sguardo ad Ellione. Per la prima volta dopo alcuni interminabili momenti, quello che mi accadeva intorno mi ritornò alla mente. I SeeD stavano continuando a combattere per le loro vite, per la sopravvivenza del Garden di Balamb. Assorbii la portata della situazione in corso, e seppi che dovevo continuare a combattere. Non volevo... ma dovevo farlo. I dettagli li avrei capiti dopo, prima dovevo riuscire a sopravvivere per ascoltarli."

"Cinquantaquattro SeeD morirono nell'attacco. Le truppe di Galbadia si ritirarono per una ragione ancora sconosciuta, lasciandoci ad osservare i danni provocati al Garden. Un quarto dell'edificio era da ricostruire dopo la battaglia, milioni di guil di danni; ma il denaro non avrebbe mai potuto rimpiazzare quelli che erano morti. Lei l'aveva pianificato, aveva aspettato il momento giusto per colpire. Il potere assoluto corrompe; neanche la creatura più innocente può ignorarlo a lungo."

Squall si fermò solo per un attimo, notando il suo pugno; il palmo della mano gli sanguinava a causa delle sue stesse unghie che gli avevano squarciato la carne. Non si era reso conto del male che aveva fatto al suo corpo, dopo tanti anni aveva imparato a vivere nel dolore.

Seifer cercò di trattenere il liquido che si stava formando fra le pieghe dei suoi occhi. "Come è successo, Squall? Com'è stata uccisa Ellione?"

"Pugnalata. Pugnalata al petto da una grossa daga. La strega aveva bisogno del potere che Ellione possedeva. Era stata sempre l'ossessione di tutti gli altri prima di lei; come poteva una che non discendeva da Hyne possedere tali abilità? Loro la temevano."

Seifer si sentiva appena, con voce confusa e roca. "Perché? Perché Rinoa avrebbe aspettato tre anni per attaccare? Quando avrebbe avuto il tempo di addestrare gli eserciti se nel frattempo stava assistendo alle lezioni del Garden?"

"Stava qui e inviava i suoi messaggi via computer o attraverso altri mezzi, non ne siamo del tutto sicuri. Sapeva le abitudini del Garden, conosceva le sue debolezze. Quale miglior metodo di studiare il nemico che vivere fra loro? Il Generale Mitchell fu in seguito capace di rompere l'incantesimo sotto il quale lo aveva posto la Strega Rinoa, il primo uomo che sia riuscito a fare una cosa del genere senza che la sua strega fosse uccisa."

Seifer inclinò la testa di lato con fare interrogativo, ora stavano entrando in un territorio nel quale aveva esperienza. "Mitchell era il suo cavaliere? E tu cos'eri allora?"

"Uno stupido," rispose Squall senza esitazione, "un maledetto stupido. Mitchell è stato in grado di rompere l'incantesimo della strega e portare le sue truppe contro di lei. È saltato fuori che lei aveva una precedente relazione con quell'uomo, anche se aveva vent'anni meno di lui. Suppongo che i suoi weekend a Galbadia non le servivano solo per visitare il caro vecchio paparino," replicò Squall con ben più di una traccia di acidità.

"Jefferson Mitchell? Squall, vuoi farmi credere che Rinoa e Mitchell avevano una qualsivoglia relazione di tipo sessuale? Lo stesso uomo che è ora presidente del Consiglio Mondiale? È questo che credi davvero? Che ti abbia usato per nient'altro che una scheggia inutile nel suo piano per la conquista del potere assoluto?"

Squall chiuse gli occhi, e rispose con un tono di voce implorante, in un modo in cui Seifer non l'aveva mai sentito neanche lontanamente parlare.

"Non voglio crederci. Ma Quistis, lei stessa, ha assistito all'uccisione di Ellione da parte della strega. Non l'avrei mai creduta capace... Rinoa avrebbe dovuto essere innocente. Avevo giurato di proteggerla; e invece avrei dovuto proteggere la gente da lei. Mi aveva avvisato con le sue ultime azioni, e non ho collegato i fatti se non dopo l'attacco; Da quel giorno nessuno l'ha più vista o sentita; sembra sparita senza lasciare traccia. Mitchell ha giurato personalmente di ucciderla, per tutto quello che lo ha costretto a fare. Per le vite che gli ha fatto perdere."

Seifer stava silenziosamente assorbendo tutte le informazioni che gli venivano poste davanti; non importava quante volte si affannasse a cercarlo dentro la sua testa, il tassello mancante non saltava fuori.

"Allora, Squall, se sei schierato col presidente so-tutto-io, perché la cerchi per conto tuo?"

"Risposte, voglio risposte. Agiva da sola o qualcuno la stava controllando? È stato per sua volontà che il Garden è stato distrutto quel giorno? Loro la ucciderebbero senza farle neanche una domanda. Per quel che vale, invece: io devo sapere perché."

Seifer tirò fuori dal cappotto di trench sporco un raccoglitore di cuoio. Aprì il dossier e frugò per un attimo fra i fogli che vi giacevano dentro.

"Ecco, ho un regalo per te. Questi sono i rapporti ufficiali e non che sono riuscito a trovare nell'ufficio di Mitchell."

Squall alzò il sopracciglio e prese il raccoglitore.

"Nel suo ufficio?"

L'uomo dai capelli biondi sorrise e si appoggiò all'indietro sulla sedia, sollevandola tra una risatina e l'altra.

"Le operazioni segrete sono la mia specialità; dovrei ringraziare il Garden e gli insegnamenti della tua bella mogliettina A proposito, dovresti dirmi come cavolo è andata a finire in quel modo; sono sicuro che si tratta di una storia interessante."

Squall assunse un'espressione infastidita davanti all'arrogante domanda. "L'ho sposata, che altro c'è da dire?"

"Oh, solo che di Quistis non ti era mai importato romanticamente per ventun anni, poi appena Rinoa è sparita ti sei sposato con la bella istruttrice. Non avevi mai notato la sua bellezza o stavi semplicemente cercando di trovare una sostituta decente da conquistare? È sorprendente la velocità con cui il rude Leonheart, cuore di pietra, riesce a innamorarsi; perché tu la ami, vero Squall?"

"Seifer, non è affar tuo questo, e stai andando troppo oltre," rispose Squall, alzando di poco la voce.

"So che abbiamo avuto le nostre... ah, divergenze in passato; diavolo, avrei venduto la tua anima per un pugno di guil. Ma credimi, cinque anni sono tanti per riflettere sui propri errori. Eventi, emozioni che si ripetono in continuazione nella tua mente, l'ultima cosa che senti di notte e la prima cosa che senti la mattina all'alba. Ma non te lo devo spiegare questo, vero Leonheart? Adesso vivi anche tu lo stesso dolore e la stessa angoscia che provo io ogni giorno; ti conosco. Siamo uguali, abbiamo solo preso strade diverse per raggiungere la stessa destinazione. Non sei meglio di me, ti nascondi dietro i titoli e la politica. Sento dolore quanto ne senti tu, Squall. Non permettiamo a noi stessi di essere felici; non è nella nostra natura. Sfortunatamente, nella nostra via verso l'autodistruzione, talvolta decidiamo di trascinarci dietro anche degli innocenti. Quistis e Rinoa sono solo conseguenze di questa guerra che combattiamo nella nostra mente; anzi, in verità sono i nostri danni collaterali. La cosa migliore che possiamo fare è quella di non trascinarle completamente a fondo insieme a noi, e in questo abbiamo già sbagliato. Di nuovo, signor Leonheart, ti chiedo la domanda di prima: ami o hai mai amato Quistis?"

Squall non disse niente; Squall non disse niente; Seifer si stava avvicinando troppo a un argomento delicato. Non importa cosa avrebbe detto a voce, il suo rivale conosceva già la risposta che si era materializzata nel cuore di Squall. Così il comandante decise che il silenzio era la sua migliore opzione.

"Squall, perché non rispondi alla domanda di Seifer?" chiese una voce apatica.

Entrambi si girarono subito verso la porta, mentre la figura di Quistis si materializzava attraverso lo stipite rotto.

*~*~*~*~*

Renee sedeva sul suo letto, con le ginocchia al petto. Stava aspettando con ansia un qualunque messaggio da Alex, anche se sapeva che non sarebbe mai arrivato. Ogni contatto sarebbe stato eccessivamente rischioso, specialmente con tutta la polizia che circolava per la casa. Teneva una fotografia di Ally in mano; avrebbe avuto solo ricordi d'ora in poi. Le erano rimasti soltanto ricordi anche in riferimento a molte altre cose.

Richard non era stato meno bastardo quel giorno; aveva cercato di piangere ma il dolore era troppo intenso a causa dei nuovi lividi che aveva alle costole - Richard non era stupido. Alcuni membri del suo staff l'avevano vista lasciare la casa ieri notte, aveva solo fatto due più due. L'unica cosa che non riusciva a capire era perché non l'avesse già denunciata. Non aveva detto niente alla polizia, solo che Alex aveva preso sua figlia. In privato però, era una storia diversa. Aveva infatti rifiutato apertamente di permettere alle autorità di interrogarla.

Si strinse più forte le ginocchia dondolandosi avanti e indietro sul letto. Le vorticavano in testa pensieri sul giorno in cui l'aveva incontrato la prima volta. Era stato così gentile, ma quella facciata era presto sparita. Non era da lei andare a letto con un uomo la prima notte che lo incontrava, ma tempi difficili richiedevano misure difficili. Aveva bisogno di lui, anche se solo per sopravvivere. Non era troppo difficile rimanere incinta dopo una notte, no? Da come si comportava, sapeva già che si sarebbe preso le sue responsabilità - ci avrebbe scommesso. Era stato davvero il giorno più brutto della sua vita, il giorno in cui aveva venduto tutto quello che aveva... inclusa la sua dignità. Ora, due anni dopo, tutto sarebbe finito. La cosa ironica era che non era sicura nemmeno lei se essere contenta oppure triste per quel finale.

Il tempo ora era l'unico fattore che contava; all'improvviso, lo sportello di una macchina sbattuto forte la fece sussultare e scendere dal letto. Avvicinandosi alla finestra ghiacciata, abbassò lo sguardo e confermò la sua peggior paura. SeeD. Il consiglio li aveva invischiati nelle indagini. Trabia non era niente di più che una piccola città industriale, che contava due diverse classi di residenti. Le migliaia di operai dall'uniforme blu che faticavano a morte ogni giorno per i loro soldi, e i pochi che li sfruttavano; suo marito faceva parte della seconda categoria, naturalmente.

Gli affari del resto del mondo quasi non esistevano qui; era stata questa la prima cosa che l'aveva portata in questa landa ghiacciata. La seconda era stata la nave in cui si era imbarcata e nel cui cargo si era nascosta. Ora il mondo li avrebbe raggiunti, o più precisamente, avrebbe raggiunto lei. Sbirciò fuori dalla finestra, solo per notare che il veicolo aveva le insegne del Garden di Trabia.

Era una cosa confortante; almeno non era Balamb.

*****
Note delle traduttrici: capitolo rivisto e betato da DefenderX.
Citazione di apertura: dal Britannicus di Jean Racine.
Abbraccio il mio nemico,
ma soltanto per strangolarlo.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 5
*** V. Divergenza ***


Guilt is the most destructive of all emotions.
It mourns what has been
while playing no part in what may be,
now or in the future.

--Penelope Leach

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ V. DIVERGENZA ~

Il comandante e l'istruttrice si fissavano l'un l'altro, non come marito e moglie, non come amici, nemmeno come conoscenze, ma come avversari sbattuti sul campo di battaglia della vita. Né Squall né tantomeno Quistis erano disposti a rendersi conto della presenza di un altro intruso in un momento fin troppo personale, neanche con Seifer nel ruolo dell'intruso.

Seifer, da parte sua, si trovava ben più che a disagio nel suo ruolo di terzo incomodo nei problemi matrimoniali dei due. Anche se era il suo precedente rivale, Squall si era ugualmente guadagnato abbastanza rispetto da far rimanere privata la sua vita privata; d'altra parte, benché la curiosità uccidesse sempre il gatto, Seifer dentro di sé ormai faceva le fusa. L'idea di accendere la miccia lo tentava; lo spettacolo sarebbe stato assai interessante in ogni caso.

Quistis entrò nella stanza con alcuni passi, "Squall, mi senti o hai misteriosamente perso la comprensione della lingua in cui parlo? Mi ami? Mi pare una domanda abbastanza semplice, non credi? O preferiresti consultarti col tuo nuovo 'amico dal sangue freddo', che si nasconde lì nell'angolo, su quale possa essere la risposta più corretta?"

Quistis iniziò involontariamente a rigirarsi i capelli con le dita, un'abitudine che aveva quando era nervosa. Nervosa, era davvero l'aggettivo corretto? No, non era nervosa per la risposta, la conosceva dentro di sé, era più nervosa al pensiero che lui non ammettesse la verità. Mentire era diventata la sua seconda natura.

"Quistis, non fare così, non adesso. Non è il momento," rispose con calma Squall a sua moglie.

"Oh sì, mi spiace," rispose lei tutto d'un fiato. "Vedo che sei parecchio occupato adesso. Vediamo, posso prenotarmi per la prossima settimana, magari giovedì prossimo andrebbe bene per te? Non vorrei interrompere questa piccola riunione. Hyne! Squall, ti sei reso conto che si tratta di Seifer, no? Ricordi, l'uomo che ha cercato di ucciderci, di distruggere il Garden, e di far finire ogni forma di vita conosciuta su questa terra con la compressione temporale; il più stronzo del pianeta, il magnifico Seifer Almasy?"

"Ha un aspetto e una voce meravigliosi come sempre, signora professoressa. Anch'io sono felice di vederti," Seifer scattò in piedi, annuendo in direzione di Quistis.

"Seifer, va' al diavolo. Si tratta di una cosa fra me e mio marito."

Seifer si prese quel momento per studiare Quistis per la prima volta in quasi cinque anni. Era più anziana, sì, ma nonostante tutto portava ancora bene la propria età. Non aveva più alcun atteggiamento adolescenziale, e sembrava più bella di quanto si ricordasse. I suoi capelli biondi erano cresciuti in lunghezza, non più tenuti da un fermaglio, ma con ciocche selvagge che le coprivano il viso per la brezza leggera. Sembrava più un angelo che un essere umano, e il sole dietro di lei le dava una luce quasi celestiale. Seifer si riscosse da qualunque pensiero stesse avendo in quell'istante; aveva notato che l'istruttrice non era quella che si era aspettato, ma cercò di scacciare via quel pensiero al più presto. Incerto delle sue improvvise conclusioni, sentì il bisogno di andarsene il più in fretta possibile da quella situazione.

"Me ne vado," Seifer si alzò e oltrepassò il comandante, dandogli in mano un piccolo pezzo di carta giallo.

Squall squadrò l'uomo mentre se ne andava, e poi ritornò con lo sguardo alla persona che stava di fronte a lui.

"Quistis, io... io non so cosa vuoi sentirti dire adesso."

"Che ne dici della verità, Squall, ti ricordi ancora di quella?"

"Mi chiedi se ti amo. Certo, ti amo," la guardò sperando che questo l'avrebbe soddisfatta.

"Maledizione Squall; questo è solo un gioco per te, no?!"

Quistis non riuscì più a trattenere le lacrime che aveva cercato disperatamente di contenere; caddero lentamente giù per la sua pelle color avorio.

"Dimmi la fottuta verità, per una volta nella tua patetica vita."

Squall le diede la schiena; chissà perché, sarebbe stato meno personale se non avesse dovuto guardarla negli occhi. Sapeva che questa conversazione sarebbe arrivata, e onestamente lo sapeva fin dal giorno in cui le aveva dato l'anello. Francamente, era sorpreso che avesse potuto aspettare tanto, forse era più facile vivere in quella bugia che era la sua vita. Ora molte cose dovevano essere dette, non solo a Quistis, ma anche a se stesso. Quei ricordi e sentimenti, che aveva fortemente cercato di reprimere e dimenticare per così tanto tempo, sarebbero riemersi, causando ferite ancora più profonde. Si diresse verso una piccola finestra e fissò l'esterno. Sperava che giungesse una qualche chiarezza nella situazione, ma come la finestra, lo stato corrente delle cose era decisamente annebbiato.

"Quistis, io ti voglio bene."

Squall fece una pausa, cercando di fare del suo meglio per non rendere il momento ancora peggiore di quanto non lo fosse di suo.

"No, non sono innamorato di te, né lo sono mai stato. Mi dispiace."

"Okay, beh, dal momento che ti dispiace, va tutto bene allora. Il potentissimo e divino Squall Leonhart si dispiace, e questo mette tutto a posto. Quistis, non ti amo, mi spiace per averti sposato e di tutto il resto. È stato solo un grosso equivoco - l'amore, l'onore, e tutte le altre cose mi sono semplicemente passate per la mia testa di cazzo in quel momento. Solo che ero troppo impegnato a salvare il mondo e a giocare a impersonare Dio per capire quello che stavo dicendo. Spero che tu non abbia preso le mie parole all'altare troppo seriamente, perché io col cazzo che l'ho fatto."

Quistis non riusciva a stare in piedi, e cadde in ginocchio, e rimase lì a vedere le sue lacrime che si mescolavano con la polvere che anno dopo anno si era accumulata sul pavimento.

Squall stava ancora guardando fuori dalla finestra. La sua natura umana gli diceva di andare da sua moglie; l'istinto appreso col tempo gli diceva di darle tempo per digerire l'informazione. Infine si girò e la vide inginocchiata sul pavimento. Doveva cercare di spiegarle, Quistis si meritava almeno quello.

"Quistis, so che non mi capirai, al diavolo, talvolta nemmeno io mi capisco, ma devo provarci. Per favore, lasciami provare."

Squall si avvicinò alla sua figura distrutta, appoggiando la cartella che Seifer gli aveva dato prima per terra. Si mise in ginocchio anche lui cercando di guardare sua moglie dritto negli occhi.

"Perché Squall? Perché mi hai sposato se non mi amavi, no, perché non mi hai mai amato?" Quistis lo stava pregando con la speranza di riuscire a capire qualcosa.

Squall appoggiò cautamente una mano su una delle sue spalle delicate, con l'intento di calmarla.

"Se c'è una cosa che puoi trarre da questa conversazione, sappi che non ho mai voluto ferirti. Le cose erano del tutto fuori controllo dopo che Ellione è morta, non mi rendevo nemmeno conto di dove o cosa ero per la maggior parte del tempo. Avevo bisogno di sposarmi e..." Le successive parole sembravano così crudeli, ed erano tuttavia la verità ed era esattamente quella che Quistis aveva chiesto, "avevo bisogno di una moglie in fretta. Sapevo che eri innamorata di me; ho usato quei sentimenti contro di te. Mi spiace, solo che eri la persona più facile da..."

Non ebbe mai l'occasione di finire quella frase, prima di sentire il tremendo colpo inferto dalla mano di lei alla sua faccia.

Quistis si alzò in piedi e lo guardò dall'alto, mentre lui ancora teneva la mano appoggiata sul viso dolente dopo lo schiaffo. "Vai a trovare quella cagna malefica, voi due vi meritate l'un l'altra. E non osare mai più avvicinarti a me, bastardo!"

*~*~*~*~*

Selphie entrò nel bar del Garden in cerca di Quistis. Dopo essersi stancata per una ricerca che era finita nel nulla, aveva deciso di fare una pausa e bersi qualcosa. Mentre pagava alla cassa la sua limonata, notò Zell seduto in un angolo del non affollatissimo bar. Sorprendentemente senza cibo nel tavolo, una mossa non proprio da Zell. Mentre si avvicinava al tavolo, notò con lo sguardo diversi libri appoggiati sulla sua superficie. Straordinario, pensò; non aveva mai visto Zell con un libro, tanto meno lo aveva mai visto intento a leggerne uno. I giornali di arti marziali erano la cosa più vicina a cui lui arrivasse riguardo alla reale arte della comprensione della parola scritta.

Afferrò la sbarra di metallo della sedia che occupava lo stesso tavolo. Quando questa graffiò il pavimento in linoleum, Zell si rese conto di non essere più solo. Pensò che magari lei avesse la possibilità di aiutarlo, che potesse riuscire laddove le sue ricerche nei libri avevano fallito. Selphie avrebbe potuto dargli una nuova visione del suo dilemma.

"Zell ... ehm, sembri preoccupato. Stai bene? Non ti ho mai visto studiare dei libri, figurarsi poi così intensamente. C'è qualcosa di Elly o di quello che è successo oggi che ti dà fastidio?"

"Beh, più o meno... hey, Laguna è già qui?" Chiuse il libro e lo appoggiò a faccia in giù sulle ginocchia.

"No, è stato trattenuto ad Esthar. Squall non lo vuole vedere comunque, non penso che si sbrigherà ad arrivare, ma un elicottero dovrebbe portarlo qui stanotte. Rimarrà fino a che non arriveremo a Deling City, per il Consiglio Mondiale di domani."

"Ah ... già. Posso parlarti per un momento? Per favore, non dire niente a nessun altro, va bene?"

"Certo, Zell, naturalmente, c'è qualcosa che non va? Stai male?"

"No, non si tratta di niente del genere. Ricordi prima quanto ti ho parlato di quello strano sogno," abbassò la voce fino a che non uscì che un bisbiglio che pronunciava le parole come fossero una qualche legge sacra, "su Rinoa." Selphie annuì, facendo capire al suo compagno che aveva compreso. "Ho avuto questo sogno più di una volta. Sto cercando di interpretarne il corretto significato." Alzò la copertina del suo libro, che parlava della comprensione dei sogni.

Selphie bevve un sorso della sua limonata rosa, "Vuoi parlarmene? Forse c'è qualcosa che quel libro non potrebbe relazionare alla nostra particolare situazione. Io ti conosco bene, forse posso aiutarti."

"Va bene Selphie, ma ti avverto che non sarà un racconto piacevole."

Zell abbassò la testa, senza guardare Selphie, mentre iniziava a descrivere l'indescrivibile.

"Comincia con una pittoresca visione delle pianure di Balamb, solo che c'è un lago trasparente nel mezzo. Mi ritrovo a svegliarmi accanto al lago e a notare quelle che paiono ossa di dita umane che emergono dalla superficie. Voglio scappare, ma una forza sconosciuta mi avvicina ad esse. I miei occhi si fermano sulle dita sottili; l'acqua trasparente lambisce il contorno di alcune ossa, di una forma umana. Prima che riesca a a capire altro, sento piccole gocce sulla mia pelle. La mia attenzione si sposta dall'acqua tranquilla al mio braccio. Vedo le gocce mentre lo colpiscono, solo che ora mi rendo conto che hanno un leggero colore rosso. Continuo a guardarle mentre il rosso passa da una tonalità debole a una forte tonalità cremisi; all'improvviso comincia a cadere sangue dal cielo."

Selphie era ipnotizzata dall'abilità di Zell di far rivivere il sogno, incluse le emozioni che stava indubbiamente provando ancora una volta. Continuò lentamente, "All'improvviso, il cielo passa dal suo elegante color ceruleo ad un rosso scarlatto, donando alle pianure una sorta di immagine surreale. Ritorno con gli occhi al lago. La figura comincia lentamente ad alzarsi, fuori dall'acqua ora piena di sangue. Prima spunta solo la mano. Quando si materializza, noto l'anulare. Su di esso, c'è una versione più piccola e delicata dell'anello di Griever, fatta di puro oro. Lentamente il resto del corpo emerge dal sangue ormai fitto. Strati di muscoli cominciano a formarsi sopra le ossa, seguiti da strati di pelle. È Rinoa, più grande di un paio di anni. Indossa una veste di un bianco purissimo che non ha neppure una goccia di sangue a sporcarla. Ha i capelli più scuri e corti, e sul suo viso sono visibili chiaramente il rimpianto e il dolore. Mi guarda negli occhi e... chiede aiuto. Non un ordine, ma una richiesta disperata. Mi avvicino a lei di un passo e all'improvviso una luce accecante mi impedisce di vedere temporaneamente. Ritrovo la vista e la vedo che tiene in mano quello che sembra un bambino appena nato. Di nuovo cerco di avvicinarmi ma brilla di nuovo una luce, anche se non accecante come la prima." Zell chiuse gli occhi, cercando di combattere le lacrime.

"Cosa, Zell, cosa è successo?" Selphie non riusciva a fare a meno di sentirsi coinvolta in quegli eventi orribili.

"Il bambino, il bambino era morto. Aveva un coltello conficcato nel suo piccolo cuore, e il sangue gocciolava dentro il lago."

"Rinoa, è stata Rinoa ad uccidere il bambino?" chiese lei.

"No, non ho mai visto chi ha messo il coltello dentro il bambino. Ma posso assicurarti che non è stata Rinoa. Ha un'espressione di raccapriccio dipinta sul suo viso mentre mi guarda, e i suoi occhi marroni mi pregano di aiutarla, senza una parola. Entro nel lago pieno di sangue; man mano che mi avvicino, la vedo far cadere il bambino nel lago scuro. Dapprima non riesco a capire perché, e poi vedo una spada argentata che le esce dallo stomaco. Lei abbassa lo sguardo verso la spada, poi mi fissa negli occhi. Entrambi capiamo, in quel momento, che è stato un gunblade a trafiggerle il corpo. Per la prima volta, con tutto il sangue che sta intorno, le sue vesti bianche vengono macchiate di sangue, del suo sangue. Rinoa cade in avanti nel lago; corro per afferrarla, ma riesco a prenderle solo una mano. Non riesco a tenerla per chissà quale sconosciuta ragione, mentre il vento comincia a soffiare forte; ora la fitta pioggia di sangue brucia gli occhi. Infine perdo la presa sulle sue dita ormai ridotte a ossa che mi sfuggono dalle mani. Tuttavia, sento lo stesso qualcosa nella mano. La apro e vedo il piccolo anello dorato di Griever. Con tutta la forza che ho, stringo il pugno, rifiutandomi di perdere quel solo pezzo che mi era rimasto. Cammino fino alla spiaggia e mi siedo sul prato bagnato. Di nuovo, appare un'altra luce brillante e quando guardo di nuovo verso il lago, lo vedo ancora pieno di sangue, ma senza più pioggia. Questa volta c'è un'altra persona sopra l'acqua... è Ellione."

Selphie ritornò con la mente a ciò che la circondava quando si rese conto che Zell aveva smesso di raccontare il suo sanguinoso incubo. "Sorellina... cosa le è successo?" chiese con voce abbastanza alta da poter essere sentita da molte persone che le stavano intorno.

Zell inspirò aria per un attimo, e poi continuò di nuovo esitante. "In verità, è coperta di sangue, e all'inizio non l'ho nemmeno riconosciuta, finché non sorride."

"Sorride?"

"Già, quella è quasi la parte più spaventosa dell'intero sogno, sorride Non riesco a sentire cosa dice, anche se non credo nemmeno che avesse la capacità di parlare. Ma riesco a leggere le sue labbra mentre pronuncia la parola. Dice addio. Poi arriva un'ultima luce accecante, e tutto ritorna normale e pacifico. I prati verdi e il lago blu cristallo sono di nuovo lì, e non c'è una nuvola nel cielo nuovamente tornato di quel favoloso azzurro zaffiro. Ho ancora in mano il piccolo anello."

"Zell, quante volte sono che fai questo sogno, questo incubo?"

"Beh, negli ultimi due mesi, l'ho fatto parecchie volte, solo che ogni volta diventa più chiaro. Mi sveglio sentendomi spaventato e ansioso dopo che il sogno termina, e straordinariamente l'orologio segna sempre la stessa ora: 4 e 27 del mattino."

"Zell, penso che tu lo sappia già, ma niente di quello che potrai leggere in questo libri ti sarà di alcun aiuto. Che ne dici di parlare ad Edea di queste visioni?"

"Visioni? No, è un sogno, un incubo tutt'al più. Tutto tranne che una visione," disse lui in sua difesa.

Selphie si avvicinò a lui, mettendo un braccio sopra la sua spalla, "Zell, sappiamo entrambi che si tratta di qualcosa di più. Forse, ma solo forse, questo sogno potrebbe aiutarci se riusciamo a comprenderlo al meglio."

Zell annuì, allontanandosi dal tocco affettuoso di Selphie. Raccolse i libri e i fogli, rivolgendole un sorriso furbo, "Hai vinto, Selphie. Parlerà domani ad Edea quando raggiungeremo Deling City."

*~*~*~*~*

I sogni realistici erano una delle maledizioni meno note tra quelle che colpivano una strega, tuttavia potevano spiegare la caduta dei loro predecessori; sogni così reali che rendevano molto difficile distinguere la fantasia dalla realtà. Emozioni, sentimenti e sensazioni così definite da poter portare una persona sull'orlo della pazzia e oltre, come naturalmente era successo.

In momenti come questi poteva capire la malvagità di Artemisia o Adele, che sognavano mondi fittizi in cui solo la perfezione poteva sopravvivere, quella stessa perfezione che li trasformava e li rendeva paradisi viventi. Talvolta i confini fra il giorno e la notte, il sonno e la coscienza di essere svegli, la realtà e l'immaginario riuscivano a confondersi completamente. Facendo dimenticare se stessi, le proprie credenze, mentre la realtà veniva facilmente alterata da coloro che ci stanno intorno; quei sogni mostravano sempre la perfezione E più di tutto quanto, riusciva a capire il bisogno di avere un cavaliere. Non solo per proteggere il suo spirito, ma anche la sua anima e la sua mente.

Quando sognava, poteva ancora sentire il suo tocco, la sua pelle sopra la sua, le sue labbra che accarezzavano dolcemente ogni parte del suo corpo; l'amore che avevano condiviso in così tante forme. I sogni sembravano sempre reali, anche se solo nella sua testa. Il modo in cui la stringeva adesso, il conforto che provava quando sentiva il suo cuore battere; il modo in cui la guardava, la passione viva nei suoi occhi. I suoi bellissimi occhi blu... aspetta, no... i suoi occhi marroni? Il modo in cui la stringeva... no, la picchiava ora? Si toccò le costole quando il dolore cominciò a farsi notare, svegliandola dal suo fantastico sogno ad occhi aperti.

"Dov'è, maledetta puttana, dov'è mia figlia?"

*****
Note delle traduttrici: capitolo rivisto e betato da DefenderX.
Citazione di apertura: dal libro Your Baby and Child di Penelope Leach.
Il senso di colpa è il più distruttivo dei sentimenti.
Costringe a dolersi di ciò che è stato,
ma non ha influenza su cosa può ancora essere,
adesso o in futuro.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 6
*** VI. Contraddizione ***


Only enemies speak the truth.
Friends and lovers lie endlessly,
Caught in the web of duty.

--Stephen King

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ VI. CONTRADDIZIONE ~

"Richard?" la sua voce annaspava nella confusione, mentre si teneva ancora il fianco morbido.

"Chi diavolo dovrei essere altrimenti, Renee?" Afferrandole il braccio, lui le disse acido. "Mettiamola in questo modo, me ne frego. Onestamente non mi importa niente di quello che succede a te. Personalmente non mi interessa nemmeno di Allison, ma ho bisogno di lei. Non posso sembrare un brav'uomo di famiglia senza la mia piccola e dolce bambina. La gente di questa città, e naturalmente il Consiglio, proveranno molto dispiacere per il povero padre solo dopo la morte di sua moglie. Oh, giusto, è da un po' troppo tempo che hai questa tua piccola malattia, pare proprio che prenderà una piega sbagliata."

"Malattia... morte?" chiese lei.

"Credevi veramente che avessi potuto resistere tanto a lungo senza una copertura? Cosa vuoi che dica al pubblico, che mia moglie è una psicotica omicida? Non avrai pensato di potermi sedurre una notte, rimanere incinta e prendermi ancora per un idiota. Non sono come tutti gli altri che vivono in questa città dimenticata da Dio. Li so leggere i giornali, sai. Dovevo dare una ragione per la quale non apparivi mai in pubblico. Perciò sei misteriosamente diventata molto cagionevole di salute dopo il matrimonio. Ora hanno tutti pietà della mia situazione, e faranno tutto quello che chiederò. È questa l'ironia di questa ridicola situazione, mia cara moglie. Pensavi di essere stata tu a prenderti gioco di me quando in verità, ero io quello che giocava con te."

Lei non disse niente, si limitò ad osservare l'uomo davanti a lei. Ammesso che si potesse chiamarlo tale: lui era solo una bestia, proprio come tutti gli altri. Se mai lei avesse voluto davvero uccidere qualcuno a sangue freddo, sarebbe accaduto in una circostanza come questa.

"Carina Renee, davvero carina - ma in fondo lo sei sempre stata, giusto Renee? Per come la vedo io, dopo che avrò trovato Ally avrò tutto il potere che voglio; perché tu farai tutto per impedire che le venga fatto del male... anche se ciò significasse usare il tuo potere."

Le afferrò il braccio ancora libero e la scaraventò sul letto.

"Ti sei trasformata in una puttanella quella prima notte, un'altra scopata in ricordo dei vecchi tempi," disse con disprezzo Richard Bennett. Riuscì a tenerle entrambe le braccia in una mano, mentre con l'altra le slacciava i bottoni della camicia.

Per un po' la voglia di combattere dentro di lei era come sparita, ma prima Ally era al sicuro nella stanza accanto. Ricordava quella prima notte con Richard fin troppo bene, e il senso di colpa che ancora tormentava la sua anima sin da quel giorno. Sì, era stata una vera calcolatrice quella notte. L'unica cosa a cui non aveva pensato nel suo piano era un nome; naturalmente era stata la prima cosa che Richard aveva chiesto alla timida ragazza fuori dal ristorante. Aveva cominciato a dire, "Rin... Renee, Renee Davidson." Triste, il cognome le era venuto in realtà da un giornalista televisivo del TG della notte. Allora era quasi una settimana che scappava, aveva bisogno di cibo e di un riparo disperatamente, così disperatamente da arrivare a vendere il suo cuore e la sua anima.

Allison, la sua piccola Ally, doveva trovarla prima di Richard o dei suoi uomini. Anche se significava esporsi là fuori, in un mondo di cui non aveva fatto parte per due anni, ma d'altronde qualunque cosa sarebbe stata meglio di quello. Tutto, ogni emozione le stava tornando alla mente adesso. Per la prima volta in tanto tempo, si ricordò di chi era davvero. La nebbia nella sua mente si stava diradando. L'attenzione di Richard si era ora spostata sui suoi jeans. Osservandolo, sorrise, quasi con malvagità. Lui si fermò davanti al suo improvviso cambio di atteggiamento, temendo lo sguardo sul suo viso, e la sua improvvisa perdita di controllo sulla situazione.

Una candida luce accecante riempì la stanza. Richard sentì una forte pressione al petto. Lasciando la forte presa che aveva su di lei, si rigirò sulla schiena, tenendo la mano sopra il cuore. Lei si alzò e iniziò ad abbottonarsi la camicia e i jeans. Alzando lo sguardo sull'uomo sdraiato sul letto, andò a prendergli il portafoglio da una tasca, e ne ripose il contenuto all'interno dei suoi stessi pantaloni.

Lo guardò dritto negli occhi, "Non penso che siamo stati debitamente presentati; il mio nome è Rinoa Heartilly. Indovina, sono una strega, ma non preoccuparti, non ho intenzione di ucciderti. Sarai solo fuori gioco per un paio di giorni. Ma se solo provi a toccare me o Allison di nuovo con un solo dito, non sarai così fortunato. Piacere di averti conosciuto, e grazie per il vitto e l'alloggio per gli ultimi due anni."

Rinoa fece un respiro profondo e varcò la porta. I SeeD erano ancora di sotto e farsi vedere adesso non era una buona idea...

*~*~*~*~*

Erano passate quattro ore dal suo ritorno, e ora Squall se ne stava lì, sull'enorme sedia della sua scrivania. Per la prima volta da secoli, nemmeno il lavoro era riuscito a tenerlo fuori dal suo mondo sigillato. La sua mente continuava a rivedere gli eventi, le circostanze, e le persone. Alcune di queste tentava disperatamente di dimenticarle da tempo. Gli eventi di quello stesso giorno ancora lo perseguitavano: non aveva mai voluto ferire Quistis, ma era stata una decisione presa tanto tempo fa, e sulla quale aveva cercato di non riflettere. Cristo, se ci avesse pensato a quei tempi, non si sarebbe mai sposato, né avrebbe mai toccato altra donna. Ma alcune decisioni non erano sue. Altre vite erano in pericolo.

Era successo abbastanza discretamente, mentre lavorava in ufficio il pomeriggio. Cid era a Deling, a cercare di aiutare la fondazione del Consiglio Mondiale. Nella personale opinione di Squall, un organismo creato di proposito per distruggere Rinoa. Cid si era diretto al Garden, un giorno, e aveva annunciato la candidatura di Mitchell a presidente e il suo infondato desiderio di sedere nel consiglio. Secondo i sondaggi, non c'era modo per Mitchell di perdere; la gente lo amava per come si era sottratto al controllo della strega e per i suoi tentativi di catturarla. Il suo unico oppositore era stato il generale Caraway, e determinate circostanze lo avevano tolto dalla competizione.

Una delle maggiori preoccupazioni di Mitchell, secondo quello che Cid aveva detto quella sera, era il fatto che Squall fosse Comandante del più forte e meglio addestrato dei Garden. Squall aveva un fine del tutto personale nel trovare la strega, poiché era risaputo che avessero avuto una relazione. Cid aveva suggerito, o più propriamente detto, ordinato, di trovarsi qualcuno che potesse riabilitarlo agli occhi della gente, e soprattutto di Mitchell. Fare così avrebbe significato far capire che era andato avanti con la sua vita, e gli avrebbe permesso di mantenere intatto il suo incarico, e perciò la possibilità di controllare tutti o quasi i tentativi di trovare la strega.

Ripensando a quella situazione Squall si rese conto che avrebbe fatto di tutto per rimanere Comandante, e soprattutto per sapere dov'era la strega. Dopo due anni, Rinoa occupava ancora il primo posto nei suoi pensieri, la sua salvezza e la sua salute; anche se, probabilmente lei non avrebbe mai provato lo stesso.

Quistis era una situazione completamente diversa. Aveva usato il suo amore a suo vantaggio, e per ciò, provava rimorso. Sin da quando Rinoa si era trasferita al Garden, le due ragazze avevano avuto le loro divergenze. Secondo Squall, erano ancora come conoscenti, ma solo per ogni questione che non riguardasse lui. Pensava che la maggior parte delle volte, Rinoa fosse molto protettiva nei confronti della loro relazione, talvolta quasi fino all'esasperazione di quelli che erano vicini a lei, compreso se stesso.

Ora nella sua mente vorticavano domande sulle sue vere intenzioni, danzanti come fiamme sopra la sua anima. Se la possessività della loro relazione non era amore, cos'era allora? Anche dopo tutte le informazioni, i rapporti, le indagini che aveva ricevuto sulla strega e Mitchell, qualcosa non quadrava. Doveva scoprire la verità. Aveva bisogno di risposte. L'unica persona in grado di dargliele, di mettere la sua coscienza a posto, era Rinoa. Anche se non era certo che le risposte che gli avrebbe dato gli sarebbero piaciute.

Squall fissò ancora i rapporti che gli aveva dato Seifer quel giorno. La copia ufficiale del Consiglio Mondiale e quella che il Garden aveva ricevuto sembravano identiche all'occhio umano. Anche se i rapporti in sé erano di oltre venticinque pagine, Squall non riusciva a vedere alcuna differenza fra i due.

C'era anche una prima bozza contenuta nella cartella datagli da Seifer, e anche quella non presentava differenze rispetto alle altre. Squall andò allo scanner e iniziò a trasferire entrambe le copie nel computer. Un paragone parola per parola sarebbe stato fatto in pochi minuti dopo che i dati fossero stati caricati. Rimase fermo, come incantato davanti al monitor, e per un secondo i suoi pensieri si diressero a Quistis e a come stava in quel momento. I suoi pensieri vennero interrotti da qualcuno che bussava alla porta.

"Comandante, posso entrare un attimo?" disse una voce esitante.

Squall riconobbe immediatamente la voce come quella di Zell, e si trattava probabilmente di uno di quei problemi riguardanti Quistis che non riusciva nemmeno a pensare di affrontare ora. Nonostante ciò, ordinò al combattente di arti marziali di entrare, sperando che qualunque cosa volesse dire, facesse in fretta, anche se con Zell si sarebbe trattato di un miracolo.

Il giovane entrò nella stanza con in mano quello che sembrava, ad una prima occhiata, un cheeseburger. Zell si diresse verso la scrivania mentre finiva i rimasugli del suo panino, seguito dalla tradizionale pulizia delle mani sui pantaloni. Prese posto nella sedia di fronte a quella di Squall e cominciò a guardare con interesse i fogli sparsi sulla scrivania.

"Hai bisogno di qualcosa?" chiese Squall con voce dura, aumentata dalla sua irritazione.

Zell afferrò un pezzo di carta dalla scrivania del Comandante e iniziò a leggerlo, "Sì, ero qui solo per informarti che Laguna è arrivato in elicottero. È stato scortato alla sua stanza, ma naturalmente ha chiesto di poter vedere suo figlio."

Squall fissò il foglio nelle mani del giovane soldato, "Ti rendi conto che è segreto, vero? Potrei espellerti dal Garden anche solo per averlo guardato." Squall si alzò e tolse velocemente di mano il documento a Zell. "Se è tutto quello che dovevi dire, puoi andare."

Zell fissò il Comandante con irritazione e si alzò per uscire. In quel momento, il computer di Squall prese a rumoreggiare, aveva fatto il paragone fra il documento originale e la seconda bozza. C'erano solo tre parole diverse in tutto il rapporto.

"Coperta di sangue?" Zell si girò rapidamente per guardare in faccia il Comandante, mentre cominciava a camminare verso la porta.

Squall fissò il ragazzo per un attimo, "Cosa diavolo hai detto?"

Zell fece un passo verso la scrivania del Comandante, "Beh, sì, in teoria stavo leggendo il pezzo di carta che non avrei dovuto vedere. Cominciava col rapporto di Rinoa che correva nel Garden, coperta di sangue."

Squall lo fissò dubbioso, per poi rivolgere la sua attenzione allo schermo del computer, che era ad un'angolatura impossibile perché Zell potesse vederlo. Vi erano scritte appunto le tre parole che il ragazzo aveva pronunciato, 'coperta di sangue'. Non poté far altro che rimanere a fissare il giovane dai capelli chiari, incapace di formare un pensiero sulla bizzarra coincidenza.

Zell iniziò a parlare quando capì che il suo comandante non aveva capito la sua uscita improvvisa.

"Squall, è solo che io ho visto Rinoa che lasciava il Garden, mentre le truppe Galbadiane la inseguivano. Aveva questo sguardo... beh, non saprei dire, sembrava spaventata, e inorridita dalla situazione. Ero sul punto di aiutarla quando sono stato a mia volta circondato da un altro gruppo di soldati. Non ero così lontano da lei, tre metri al massimo. E se c'è una cosa che posso dirti, è che non aveva sangue addosso. Stavo controllando proprio quello, per capire se era stata ferita."

Squall si limitò a guardare il computer e infine parlò, "È stato aggiunto nel rapporto finale. Non è la bozza originale."

"Perché qualcuno ha aggiunto quelle parole nella seconda bozza se non sono vere? Sembra quasi che vogliano far credere che fosse ferita o che avesse ferito qualcuno a distanza... " Zell si fermò da solo, "ah... mi spiace Squall, di certo non è una gran cosa."

"Zell, te lo chiedo da Comandante e da amico, sei sicuro che Rinoa non avesse sangue addosso?" chiese Squall, fissando intensamente gli occhi di Zell in cerca di una risposta.

"Sì Squall. Ci scommetterei la vita. Rinoa non aveva sangue addosso, hai la mia parola di SeeD. Ma perché è così importante?"

Squall si appoggiò con la schiena alla sedia cercando di capirlo lui stesso. "Perché è la trascrizione di una frase detta da un SeeD, che è stata apparentemente aggiunta dopo."

Zell annuì in segno di comprensione, e non si spinse oltre. Di nuovo fece per lasciare l'ufficio, ma all'improvviso un raggio di luce illuminò dall'esterno. Zell fu riportato col pensiero, come sotto ipnosi, nel suo sogno, che lo aveva così spesso tormentato, e l'immagine vivida di Rinoa che stava nel lago di sangue, eppure senza macchie addosso, gli tornò alla mente. Le parole del rapporto riecheggiarono nella sua testa, coperta di sangue. Sembrò capire qualcosa dentro di sé, all'interno delle pieghe del suo sogno. Prima che la porta dell'ufficio di Squall si chiudesse, si girò verso il comandante.

"Squall, non chiedermi come lo so, non ne sono sicuro nemmeno io. Ma sento che quelle parole sono importanti, e chiunque le abbia dette mente."

Squall non rispose mentre Zell chiudeva la porta. Raccolse i fogli nella cartella e iniziò a spegnere il computer.

*~*~*~*~*

Quistis aveva camminato per quelle che le erano sembrate delle ore, per ritrovarsi infine sulla spiaggia di Balamb. Dopo essersi tolta le scarpe, la solitaria istruttrice aveva lasciato che la sabbia le scivolasse tra le dita dei piedi. Quando sentì che non poteva più camminare oltre, si lasciò cadere nella sabbia sottostante. Le onde venivano e le bagnavano le gambe, e ogni volta sembravano avvicinarsi. Il movimento dell'acqua era ipnotizzante, piccoli vortici si formavano intorno a lei; avrebbe solo voluto che fossero stati abbastanza grandi da trascinarla con loro. Di tanto in tanto Quistis tentava di scostarsi i capelli pieni di sale dagli occhi, ma la maggior parte delle volte li lasciava lì a dondolare sul suo viso pallido. Sentire il bruciore provocato dall'acqua salata faceva sì che il dolore del suo cuore non fosse poi così grande. Le lacrime erano ormai sparite, si arriva a un punto in cui piangere diventa impossibile.

"Sai che se stai così nell'acqua finirai per prenderti una polmonite," le ricordò una voce profonda dietro di lei.

Conosceva quella voce, la conosceva da quasi tutta la sua vita, anche se il timbro era cambiato col passare degli anni.

"Seifer, non ora, per favore."

Ignorando la sua richiesta, si sedette accanto a lei, bagnandosi con l'acqua rimasta nel bagnasciuga.

"Non so perché sono qui e nemmeno come ci sono arrivato. Gli ultimi anni mi sono sembrati così confusi."

"Tu non capisci come mi sento o cosa sto passando, Signor Almasy," gli fece sapere, anche se questa volta non gli disse di andarsene.

"Scommetto che saresti meravigliata nello scoprire quanto sono simili le nostre situazioni, Istruttrice. Proprio ora, fissi l'oceano infinito e contempli tutta la tua esistenza. Anche se il pensiero di toglierti la vita non ti passa nemmeno per la testa. È spaventoso pensare di essere da soli, nella vita o nella morte. Ora desideri poter tornare indietro di due anni. Io desidererei tornare indietro di cinque anni e mezzo."

"Almeno non ti sei innamorato di qualcuno che non avrebbe mai potuto amarti," disse piano lei, senza distogliere gli occhi dall'imminente tramonto.

"No? A me pare di essermi innamorato di un concetto, un'idea così stupida che ancora oggi non riesco a crederci. Mi sono innamorato di una strega, o meglio del suo potere, e nemmeno di questo tempo. Come pensi che potesse funzionare una tale relazione?" rispose Seifer, continuando a guardare l'istruttrice ormai bagnata fradicia.

"Io l'ho sposato. La parte ironica della situazione è che sapevo che non mi amava; pensavo che se fosse stato insieme a me, sarebbe bastato."

"Abbiamo sempre voluto quello che non potevamo avere, è la natura degli esseri umani. Vedi un'opportunità di realizzare i tuoi sogni, poi quando hai quello che vuoi scopri che non è quello che sognavi. Lo so."

"Pensavo solo che saremmo stati felici. Che l'avrebbe finalmente dimenticata e che io sarei stata lì per allora."

"Quistis, mi spiace, ma lui non dimenticherà mai Rinoa. C'è un legame fra loro che non può essere spezzato, non importa quanto tempo possa passare. Cristo, durerà fino alla fine di questa vita e probabilmente anche oltre. La cosa migliore che puoi fare adesso è contare le tue perdite, e mostrargli che sei più forte di quanto poteva immaginare."

Quistis guardò Seifer per la prima volta, "pensi che sia stata lei ad uccidere Ellione?"

Seifer allontanò lo sguardo come cercando una risposta nell'incantevole scenario. "No, non lo penso. L'ho amata una volta e non la credo capace di una cosa del genere. Parlo anche da ex-cavaliere; il potere di una strega può essere corrotto dal suo stesso desiderio. Rinoa non ci avrebbe guadagnato niente dall'uccisione di Ellione, anzi, aveva solo da perdere."

"Dove pensi che sia ora, Seifer?" chiese Quistis, quasi con una nota di dispiacere nella voce.

"Penso che abbia paura, che si stia nascondendo. Voglio dire, persino io ho visto Squall... alla televisione, che annunciava la caccia a Rinoa; non ha mostrato alcuna emozione verso di lei. Ha praticamente dato l'autorizzazione a tutti a sparare a vista; pensa che non ci sia alcuna possibilità qui per lei."

Quistis abbassò lo sguardo verso la spiaggia e provò a tracciare cerchi sulla sabbia con l'indice, solo per poi vedere le onde spazzare via i suoi tentativi, "come riesci a convivere con quello che hai fatto, come affronti le conseguenze?"

Seifer ritornò a guardarla, cercando di capire esattamente cosa volesse chiedere con quella domanda; sembrava quasi fuori argomento. "Non ci riesco ancora. Sto cercando di redimermi ora, credo. Spero solo che non sia troppo tardi. Francamente, non mi fido del Presidente Mitchell; credo onestamente che Squall Leonhart possa essere la mia ultima speranza di redenzione."

Nessuno dei due disse altro ed entrambi continuarono a guardare il tramonto che affondava sotto le minacciose e avanzati ondate.

*~*~*~*~*

Quistis attraversò i corridoi del Garden di Balamb, era ormai mezzanotte passata. Erano passate ore da quando aveva lasciato Seifer seduto sulla spiaggia; senza dire una parola, si era allontanata da lui. Nemmeno una volta aveva pensato di arrestarlo, d'altronde le era stato essenzialmente di conforto, in modo strano. Dopo che aveva lasciato il lungomare, aveva continuato a camminare per un po', e poi si era resa conto che aveva mancato la partenza del Garden. Per un attimo, si chiese se Squall l'avrebbe aspettata, o se si sarebbe almeno preoccupato della sua sparizione. Quando era arrivata al porto, lo aveva trovato vuoto. Non aveva soldi con sé e aveva cercato di chiamare Selphie, con chiamata a suo carico, per farsi noleggiare un trasporto. Tutti i tentativi erano stati vani, e solo per caso aveva visto un elicottero con i contrassegni di Esthar, e vi si era precipitata.

A quel punto, non era sicura se fosse stata una fortuna o una punizione che l'elicottero fosse di suo suocero. Almeno il problema del trasporto era stato risolto, al momento. Era stato uno strano viaggio, con Laguna che chiedeva in continuazione delle condizioni di suo figlio; Quistis avrebbe semplicemente voluto che stesse zitto. Alla fine Laguna capì il problema e il resto del viaggio proseguì in silenzio.

Ora si trovava di nuovo nella sua stanza, la stanza sua e di Squall. Quando aprì la porta, l'unica luce presente proveniva dalla finestra che lasciava passare i raggi lunari attraverso le tende. Togliendosi la giacca, camminò per il salotto e raggiunge l'interruttore e lo accese. Sobbalzò alla vista di un uomo seduto serenamente su una sedia singola. Squall sembrava quasi adirato, un aspetto che stava cercando di interpretare vista la situazione corrente.

"Squall, pensavo di averti detto di stare lontano da me," disse Quistis, senza provare rancore.

Lui si alzò dalla sedia, e buttò una cartelletta spessa sul tavolo. I suoi occhi incontrarono quelli di lei, fissandola intensamente nell'anima.

"Hai mentito," fu tutto quello che riuscì a dire...

*****
Note delle traduttrici: capitolo rivisto e betato da DefenderX.
Citazione di apertura: dal libro La torre nera: L'ultimo cavaliere di Stephen King.
Solo i nemici dicono la verità.
Amici e amanti mentono senza mai fermarsi,
intrappolati nella ragnatela dei doveri.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 7
*** VII. Incontro ***


Love is whatever you can still betray...
Betrayal can only happen if you love.

--John le Carré

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ VII. INCONTRO ~

Squall si alzò dalla sedia di legno, buttando la cartelletta sul tavolo del salotto. I suoi occhi incontrarono quelli di Quistis, fissandola attraverso gli occhi azzurri dritto nell'anima.

"Hai mentito," mormorò lui, con un profondo disprezzo nella voce.

Quistis guardò quell'uomo, suo marito, con assoluta sorpresa. La sua espressione era di genuino disgusto, uno sguardo che non aveva mai visto nei suoi ventitré anni di vita. Dentro di sé, seppe che tutto il suo castello di illusioni stava per crollare. Continuò a camminare all'indietro a piccoli passi, evitando i suoi tentativi di avvicinamento addentrandosi sempre di più nel piccolo appartamento.

"Squall, cosa diavolo stai facendo qui?"

L'istruttrice si ritrovò a indietreggiare lentamente verso il corridoio d'entrata. Squall avanzò, andandole sempre più vicino. Qualcosa la spaventava nella fredda oscurità dei suoi occhi, una freddezza diversa dal suo solito sguardo sdegnoso. Disprezzo, odio, e c'era anche qualcos'altro di peggio. Anni di addestramento le avevano insegnato a cercare nel nemico un segno di debolezza. In quel momento, Squall Leonheart non ne aveva. Niente lo aveva mai scosso in questo modo prima, tranne lei... Quistis bisbigliò quelle parole a voce alta, ma non abbastanza forte da fargli sentire quel debole lamento. Poi mise a parole i suoi pensieri, temendo di scoprire di non essersi sbagliata sul perché del suo strano comportamento, "Rinoa?"

Lui non disse niente, ma si limitò a restare immobile a pochi millimetri dal suo corpo tremante. Il furioso Comandante non doveva rispondere con le parole... le sue azioni parlavano chiaramente.

I brevi flashback degli eventi di due anni prima le danzarono nella mente. Lui sapeva, Squall sapeva. I tanti anni che aveva vissuto con quella colpa la stavano affogando, e ora era come se fosse sott'acqua. Solo Hyne sapeva che Squall non l'avrebbe salvata. La vita di Quistis Trepe-Leonheart sarebbe cambiata da quel giorno in poi; gli errori del passato sarebbero tornati alla vita. Tanti innocenti sarebbero morti per il suo sbaglio. La cicatrice sulla fronte di Squall era niente paragonata alla cicatrice nel suo cuore, nella sua anima.

Immagini, figure e suoni le tornarono alla mente, intasandogliela. Troppe immagini, troppe morti. Lui voleva sapere la verità; e sarebbe costata cara a tutti. Quistis incrociò le braccia, tenendosi i gomiti, e cadde lungo il muro. Doveva finirla con questo interrogatorio... doveva proprio...

"Per favore no, no..." Quistis sfregò la schiena contro il muro, mentre le lacrime le bagnavano una faccia già sfregiata. "Squall, tu non capisci. Dio per favore... no, lascia perdere."

Squall si inginocchiò al suo livello, facendo scricchiolare le ginocchia mentre si avvicinava al pavimento. Con i riflessi di un fulmine, il Comandante le afferrò il gracile polso e quasi le gridò, "Adesso mi dirai tutta quanta la storia, moglie adorata, oppure, che gli dei mi aiutino, sarà il tuo sangue che non verrà risparmiato questa volta."

"Squall non è come pensi... non avevo nemmeno una fottuta scelta!"

"Tutti hanno una scelta! Guardami negli occhi e dimmi se hai veramente visto Rinoa uccidere Ellione," comandò lui, con gli occhi che pregavano una risposta che aveva agognato per così tanto tempo.

Quistis non riuscì a guardarlo direttamente. Il dolore al polso stava aumentando assieme alla sua stretta contro le fragili ossa. Quel solo gesto rispose alla sua domanda.

"Maledetta stronza bugiarda, va' all'inferno. Tu... tu..."

Lasciandole il polso, diede le spalle alla forma sofferente accasciata contro il muro. Il Comandante camminò fino al tavolo poggiando entrambe le mani sul legno del mobile, come per cercare di sostenersi mentalmente. Le parole gli mancavano al momento, che poteva dire?

"Squall, ascoltami, devi sapere cosa è successo davvero quella settimana... non è come pensi tu. Non ho mai voluto niente da te durante tutta la durata di questa pagliacciata che è il nostro matrimonio, e tutto quello che chiedo adesso è che tu mi ascolti."

Con grande veemenza, il Comandante colpì col pugno il tavolo, ancora rifiutandosi di guardare nella direzione di Quistis. "Ti ascolterò solo se rispondi a una semplice domanda: la strega Rinoa Heartilly ha davvero ucciso Ellione Loire?"

"No..."mormorò, e quella parola era appena udibile attraverso il respiro affannoso.

Con estrema ferocia, Squall buttò giù la cartelletta dal tavolo. I fogli sparsi riempirono l'aria, giusto nell'attimo in cui Squall colpiva la cartelletta che aveva appoggiato sul tavolo alcuni istanti prima. I fogli di carta bianca volarono per la stanza come una neve amara, dando l'immagine della freddezza nel cuore di Squall.

"Come hai potuto, come ho potuto? Dannazione!" ringhiò. "Ho ordinato la sua cattura e la conseguente esecuzione per quel crimine! Rinoa... oh Hyne, Rinoa, cosa ti ho fatto?"

La donna emotivamente frustrata rimase in piedi, non con fermezza, ma solo con la determinata volontà di spiegare il tradimento. "Devi ascoltarmi Squall. Molte vite... troppe vite saranno spezzate."

"Spezzate," le urlò a sua volta. "Penso sia troppo tardi per quello. Se mi dici dove diavolo si trova forse sarai fuori di prigione in tempo per goderti la pensione. Dire il falso è un crimine punibile in questo paese. Aiutami e chiederò al giudice clemenza per la mia povera e ingenua moglie. Mentimi ancora e ti manderò personalmente a morte."

"Tu non capisci Squall... sono morta comunque."

Quella frase lo distrasse dai suoi pensieri. "Cosa intendi con morta?"

Lei si avviò silenziosamente verso le porte di vetro che davano alla loro veranda, osservando il buio del cielo notturno. Squall non disse nulla. Quistis riusciva a percepire su di sé lo sguardo del marito, che penetrava dritto nel suo cuore che batteva forte nel petto. Sentì il suo respiro spasmodico, senza osare neppure per un istante guardare nella sua direzione.

"Devi ascoltare tutta la storia Squall. Delle vite sono andate perse, vite innocenti che io, che noi, abbiamo combattuto per proteggere."

"Ti do qualche minuto prima di chiamare la sicurezza," le disse apertamente Squall.

Quistis sapeva che niente di quello che avrebbe potuto dire avrebbe calmato il suo odio verso di lei. L'unica speranza che le restava era quella di fargli capire il perché dell'inganno, del tradimento, e della frode attuata contro di lui, il Garden... e Rinoa.

*~*~*~*~*

I venti glaciali la stavano congelando fino alle ossa. Era facile perdere la vita per ipotermia, in situazioni come quelle. Rinoa sarebbe diventata una statistica, un ricordo dimenticato per tutti quelli che l'avevano conosciuta. Sarebbe stata la cosa peggiore in quella sua patetica esistenza su questo mondo? Non proprio, ma nessuno avrebbe fatto del male ad Allison, soprattutto non quella bestia, quell'uomo che aveva mentalmente e fisicamente abusato di lei.

Era rimasta, sì. Era rimasta a casa di Richard Bennet di sua spontanea volontà. Spontanea volontà, questa sì che era una battuta: niente era spontaneo nella sua vita; ogni cosa aveva il suo prezzo. Due anni fa, se qualcuno le avesse detto che avrebbe vissuto sotto un tale dispotico tiranno... Rinoa avrebbe riso, e sicuramente lo avrebbe definito cattivo. Era cambiata, e non in meglio. Proteggere la bambina era tutto quello che aveva desiderato negli ultimi due anni. Richard non avrebbe mai fatto male ad Allison, per una strana ironia del destino; era un padre affettuoso, anche se patetico come marito, e per quel che importava, anche come essere umano.

Era passato tanto tempo da quando si era avventurata per l'ultima volta fuori dal suo nascondiglio a Trabia. Una prigioniera intrappolata nei confini di quattro mura. Ora l'aria fresca di Trabia sembrava ampiamente sopravvalutata sia dai giornali locali che dai notiziari. La notte nera sembrava infinita, erano quattro ore che viaggiava e non aveva idea della sua attuale posizione, e nemmeno ricordava come ci era arrivata.

Il livello della neve cresceva di minuto in minuto; trovare un riparo era la sua prima priorità. Apparve una piccola radura in mezzo al fitto bosco. E con lei, anche la speranza. Riusciva a distinguere la forma di una casa. Sembrava uno di quegli edifici per la caccia nel mezzo della foresta. L'idea di una persona che vagava in quel purgatorio pieno di neve la meravigliava a dismisura. Con ritrovata energia, si diresse rapidamente verso il rifugio.

*~*~*~*~*

La notte era il momento migliore per tentare di raccontagli tutto, dato che le tenebre nascondevano il terrore che sentiva nel profondo del cuore. Il Garden continuava il viaggio lungo la rotta per Deling City, e una brezza calda e gentile giocava con le poche piante sparse sul balcone. Erano un futile tentativo di Quistis di rendere quel posto più simile a una casa che a un appartamento senza significato. Esaminò una delle piantine a cespuglio, un piccolo arbusto color oliva piantato esattamente un anno prima... nel primo anniversario della morte di Ellione. Era ora o mai più. Il tempo, ora, era il suo nemico.

"Squall, quella mattina... quella mattina Rinoa ed io abbiamo avuto la peggiore litigata di tutte quelle fatte fino ad allora. Era per questo che ero venuta nel tuo ufficio. Sinceramente, si era comportata come una vera stronza nelle due passate settimane. Personalmente mi chiedevo quale fosse il vero problema. Infatti, non ero la sola. Sia Zell che Selphie avevano notato il drammatico cambiamento nel suo atteggiamento. Quasi subito dopo essere uscita dal tuo ufficio, la vidi lì, coi capelli che riflettevano l'oscurità nella sua espressione... non sembrava nemmeno lei."

"Rinoa si era diretta verso di me, fissandomi dritto negli occhi, e con odio aveva pronunciato queste parole... 'Quando la povera, piccola Quistis viene ferita nei sentimenti deve correre da Squall. Sembra che sia questa la tua risposta a tutto, istruttrice. Corri da lui, forse capirà che eri in realtà tu quella che amava, e non me. Perché non butti la tua patetica figura sulla sua scrivania e te lo fotti a dovere? Hyne solo sa quante volte io e lui abbiamo fatto la stessa cosa, oh, ma giusto, lui non ti vuole.' Io l'avevo solo osservata senza dire una parola."

Quistis continuò, "Incerta di come rispondere allo sfogo astioso di Rinoa, non riuscivo a formulare una risposta civile. In verità, non mi si presentò mai l'opportunità di farlo, perché in quel momento le forze di Galbadia entrarono in azione. Entrambe ci girammo verso l'entrata, e lei sembrava sorpresa quanto me. Di nuovo ci guardammo in faccia, e questa volta il nostro sguardo era di reciproca intesa... difendere il Garden. Le nostre divergenze personali le avremmo risolte in seguito. Corremmo giù per le scale verso il cancello principale. A un certo punto fecero scoppiare una granata vicino a noi, e lei mi spinse dietro una colonna per proteggermi dall'esplosione."

Squall le andò dietro, quasi sputandole nell'orecchio, "Allora Rinoa ti ha salvato la vita, il che è davvero una buona ragione per accusarla di omicidio. Con amici come te, i miei nemici cominciano a sembrarmi quasi dei santi. Meglio che cominci a dirmi qualcosa di concreto in fretta... tre minuti prima che chiami la sicurezza."

Le parole di Squall non la intimidirono, e Quistis continuò, "È stato allora che parte del pavimento del secondo piano è crollata... siamo state protette dal pilastro portante a cui eravamo appoggiate. Poi l'abbiamo vista, abbiamo visto Ellione. La sorella era appena fuori l'area immediatamente vicina al crollo, ma giaceva immobile sul pavimento. Rinoa non era ferita e non era in Junction con nessuna Guardian Force, perciò pensai che si sarebbe appellata alla sua abilità magica o qualcosa del genere... non lo so. Siamo corse da lei, e quando mi sono avvicinata ho visto qualcosa - un grosso pezzo di metallo passava da parte a parte il cuore di Elly. La sorella è stata uccisa dall'esplosione della granata, anche se a quel punto non era ancora morta."

Squall non si mosse. "Uccisa dall'esplosione di una granata? Quanto era fottutamente difficile dire questo a tutti quanti? Vedo proprio bene come sei riuscita a confonderti con Rinoa l'ha assassinata con un coltello. Sì, sono sicuro che distinguere fra i due eventi dev'essere stato particolarmente difficile per quel piccolo cervello che ti ritrovi."

"Squall, per favore ascolta il resto della storia!" lo pregò Quistis, "quello che ho fatto non è stato giusto, ma ci ho provato. Ci ho provato davvero tanto a cambiare le cose!"

"Continua allora, mia adorata moglie, per favore, illuminami."

"Eravamo ancora semisepolte dalle macerie, le truppe Galbadiane si stavano avvicinando alla nostra posizione. Ellione ci guardò entrambe e sorrise 'Va tutto bene'... disse con un filo di voce, anche se provava sicuramente molto dolore. La guardai ricordando tutto quello che le era successo in vita, nel suo passato... e la sua ovvia mancanza di un futuro. Volevo confortarla. Volevo tenerle la mano fino alla fine... mi avvicinai, ma prima che potessi arrivarci, Ellione afferrò la mano di Rinoa."

Quistis fece un grosso respiro, osservando Squall per la prima volta sin da quando era cominciato l'orribile racconto di quegli eventi. "Squall, Hyne solo sa quanto possa essere insignificante, ma era mia sorella. Rinoa la conosceva a malapena. Prima avevo perduto la mia chance con te, e ora perdevo l'opportunità di confortare Ellione nei suoi ultimi minuti... sempre per colpa sua, sempre Rinoa. Brillò un'intensa luce, e il mio primo pensiero fu che Rinoa stesse cercando di usare la magia, ma poi notai che la luce proveniva da Ellione... Rinoa cadde a terra stringendo ancora la mano di Ellione. Rimase a terra incosciente per neanche trenta secondi... si alzò stranita, guardando Elly direttamente in faccia. La sorella aprì gli occhi per un'ultima volta e guardò Rinoa. 'Lui ti ama e ti amerà sempre' bisbigliò a Rinoa, che la guardava confusa. Poi la Sorella chiuse pacificamente gli occhi e esalò il suo ultimo respiro. Rinoa non disse niente, né a me né a Ellione. Lasciò andare la mano di Elly, si alzò e cominciò a correre. Neanche una parola di spiegazione. La osservai mentre le truppe Galbadiane la inseguivano... dapprima sembrava che volessero attaccarla, ma poi si ritirarono all'improvviso. Lei riuscì ad arrivare al cancello e a scappare via."

Il Comandante guardò Quistis confuso, "È corsa via, fuori dal cancello? Questo coinciderebbe con la versione di Zell. Ma nemmeno una parola sul perché non fosse rimasta ad aiutarci a combattere?"

"No Squall," continuò Quistis, "niente... almeno non da lei. Fu allora che sentì un membro dell'esercito di Galbadia che annunciava l'attacco per conto della strega. Nella mia mente, questo spiegava perché non l'avessero seguita. Non avevo avuto troppo tempo per pensare, il tetto di sopra minacciava pericolosamente di cadere. Dovevo spostarmi da sotto quella struttura instabile... altrimenti il nuovo crollo avrebbe ucciso anche me. Afferrai il corpo senza vita di Ellione e lo trascinai a distanza di sicurezza. Nella confusione la scheggia di metallo le uscì dal petto. Il sangue color cremisi fluì liberamente dalla ferita aperta. Fino a quel momento, era la prima volta che avevo visto sangue durante quell'incidente, il metallo prima aveva ostruito il suo passaggio. Me ne ritrovai coperta... coperta del sangue di Elly."

"La tenni fra le braccia dondolandomi avanti e indietro quando un cadetto venne correndo verso di me, seguito da due soldati di Galbadia che erano appena usciti da dietro l'angolo. Pensavo di essere morta senza alcun dubbio... Tutta la mia vita mi scorreva davanti agli occhi. Ormai ero in pace con l'idea della morte stessa. Sembrava quasi la benvenuta. Eppure non mi attaccarono, e invece uno dei soldati mi guardò. Uno di loro mi chiese se era colpa della strega... In quel momento ero per metà persa nei miei sogni a occhi aperti e per l'altra metà nel mio risentimento verso Rinoa, che non era rimasta ad aiutare il Garden... il posto che aveva giurato di proteggerla. Non so perché... tutt'oggi vorrei tornare indietro per cancellare quel momento. Guardai dritto il soldato negli occhi e dissi . 'Sì, è stata la strega ad uccidere Ellione.' Un attimo dopo, sei venuto tu di corsa, e non potevo dirlo a te direttamente... il cadetto lo fece al posto mio, io mi limitai ad annuire. Anche adesso, anni dopo, non ti ho mai detto che è stata lei, solo non ti ho mai detto che non è stata lei. Furono fatti dei rapporti sia da me che da altri, e furono tirate fuori conclusioni e fatti incorretti."

Squall la guardò fisso negli occhi, "Era una semplice domanda Quistis, un sì o un no come risposta. Quanto era difficile dire NO? Perché diavolo non hai ritirato quella frase? Dopo la battaglia, hai avuto tutto il tempo di fare la cosa giusta."

Quistis cercò di spiegarsi, "Sì, c'era tempo. E, credimi, ci ho provato."

"Evidentemente non abbastanza," la interruppe il Comandante accigliato, interrompendo la sua testimonianza.

"Dannazione, e invece sì! Il Consiglio Mondiale che si era appena formato era stato incaricato delle indagini. Mi fu esplicitamente detto di non dire a nessuno dell'incidente. Sono andata dal Generale Mitchell cercando di cambiare la mia versione dei fatti... fui deliberatamente avvertita di non cercare di cambiare la storia. No, fui proprio minacciata. Ma non era la mia vita il problema. Invece, lui minacciava le vite dei cittadini di Deling. Le sue ultime parole per me quel giorno furono: pensa a quello che vuoi veramente. Pensa. Il giorno dopo fu molto più tragico del giorno della morte di Ellione. Ci fu un'esplosione... ci fu... " Quistis si avvicinò faticosamente al divano, sedendosi e nascondendosi il viso nel tentativo di riguadagnare un po' di contegno.

"Cosa Quistis? Quale esplosione?"

"Il giorno dopo ci fu un'esplosione sul pullman di una scuola elementare. Due bambini e l'autista del bus vennero uccisi. Il Generale Mitchell annunciò quella sera la sua candidatura alla presidenza. Facendo il suo discorso pubblico... " Le riusciva difficile continuare, "nel suo discorso, disse che chiunque fosse il responsabile di quell'atrocità avrebbe fatto meglio a pensare. Gli o le staremo alle costole, fino a che non sarà fatto un processo e emesso un ordine di esecuzione per quell'orribile crimine. Verso mezzanotte, venne fatta passare una busta sotto la fessura della mia porta. Dentro c'era un pezzo di giornale contenente un articolo sull'esplosione... scritto con un inchiostro rosso scuro vi era una sola parola, pensa. Recepii il messaggio forte e chiaro. Sapevo con che uomo si ritrovava ora Galbadia. L'ora Presidente Jefferson Mitchell ha ucciso dei bambini innocenti perché la verità non venisse fuori. Un uomo che era stato capace di resistere all'incantesimo di una strega era un uomo forte, molto forte; e ai cittadini di Deling sarebbe apparso chiaro che doveva essere lui il Presidente."

"E come bravi piccoli infedeli lo hanno eletto," continuò Squall. "E come il Comandante a cui hanno fatto il lavaggio del cervello, sono caduto nella stessa trappola. Perché, Quistis? Perché non hai detto semplicemente no? Quanto poteva essere difficile? Era una semplice risposta. Quante altre vite andranno perse per questo?"

Quistis, senza dar seguito al suo commento, continuò a raccontare i fatti. "Dopo che avevo promesso di non dire niente, il Consiglio Mondiale trovò misteriosamente un senzatetto, che fu giustiziato per l'attentato. I cittadini erano soddisfatti che il vero assassino fosse stato assicurato alla giustizia. Se avessero saputo quello che sapevo io. Lui è lì fuori che ogni giorno mi sfida a venire avanti, e guarda ogni mia mossa. Ed è per questo che non devi dirlo a nessuno... Squall, nessun altro deve morire. Per favore, te ne prego."

"Quistis... io non sono te. Non andrò ad urlare al Consiglio che Rinoa non ha ucciso Ellione, ma non starò qui a lasciarla soffrire da sola un minuto di più."

"Lo so, Squall. Mi dispiace."

"Era una semplice domanda, perché era così difficile dire la verità? Ah, ma alla fine hai ottenuto quello che hai sempre voluto no? Sono tuo marito. Mi hai avuto. Congratulazioni, Quistis Leonheart."

"Mi spiace così tanto. Per favore, se potessi cambiare le cose, lo farei. Non ho niente di quello che avrei voluto. Posso averti avuto in senso fisico, ma mai mentale. Mi hai mai guardato come tua moglie? Almeno una volta, non hai pensato a lei quando facevamo l'amore? Hai mai baciato me, o era sempre lei che avevi in testa?"

"No Quistis, non sei mai stata tu che ho visto come mia moglie. No, non eri tu quando mi sentivo costretto a baciarti. E no, non eri mai tu quando mi sforzavo di fare l'amore, o sesso, o come diavolo tu voglia chiamarlo. No, Quistis, non sei mai stata tu. Vedi quanto è facile dire no?" Ringhiò Squall prima di sbattere la porta dietro di sé.

Sapeva che questa era la fine. Ogni cosa che aveva cercato di costruire insieme a Squall era basata su una bugia. Probabilmente non le avrebbe mai più parlato. Eppure dire la verità l'aveva sollevata di un profondo peso al cuore. Magari avrebbe trovato Rinoa, se era ancora viva. Forse Squall avrebbe potuto riparare ai suoi errori, così come aveva fatto con Seifer... e le sue speranze di redenzione stavano tutte in mano a Squall, come quelle di lui.

Si alzò dal divano e camminò come un fantasma verso il balcone. Aprendo le porte scorrevoli, l'istruttrice si tolse la fede d'oro dal dito. Per un attimo solo, osservò il suo bel riflesso alla luce della luna. Quistis osservò quel simbolo per l'ultima volta, e poi senza alcuno sforzo buttò l'anello fuori dalla finestra, giù nelle profondità del mare.

*****
Note delle traduttrici: capitolo rivisto e betato da DefenderX.
Citazione di apertura: aforisma di John LeCarré.
L’amore è ciò che puoi ancora tradire...
Il tradimento esiste solo in presenza dell’amore.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 8
*** VIII. Tensione ***


If you betray me,
can I take a better revenge
than to love the person you hate?

--Pierre Corneille

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ VIII. TENSIONE ~

Mentre la luce dell'alba si diffondeva sul pavimento dell'ufficio, Squall si svegliò lentamente dal suo sonno incerto. L'ufficio era diventato una casa per lui più del suo stesso appartamento; molti ricordi erano rimasti tra quelle quattro mura. Allungò la mano per accarezzare il liscio mogano della scrivania. Come un collega silenzioso, il mobilio era sempre stato lì, sia nel bene che nel male.

Per un brevissimo momento, la sua mente fu trasportata nel passato, in un periodo più tranquillo. Ricordò Rinoa che gli sorrideva seduta sul bordo della scrivania, e Rinoa sopra la scrivania, e questo pensiero quasi lo fece sorridere, quasi. Avevano passato lì molte ore insieme, molte delle quali gli avrebbero probabilmente fatto perdere il lavoro.

Rinoa non aveva mai visto le sue nuove stanze, quelle aggiunte dopo la ricostruzione. I ricordi lì erano solo con Quistis. Chiuse gli occhi, sentendosi male al solo pensiero di quel nome. In che posizione erano stati entrambi forzati... forse era stato troppo duro con lei la scorsa notte; forse non lo era stato abbastanza. Il tempo stava finendo. Dopo due anni di quell'inferno in terra, poteva sentire avvicinarsi la conclusione.

Perché ora, perché dopo quegli anni provava ancora quella straordinaria passione? Era un desiderio rinnovato di cercare la verità. Sì, quella era la ragione, verità. Squall ora sapeva la verità. Forse non avrebbe potuto salvare la strega stavolta, ma prestarsi a questi giochi politici non stava funzionando. In più c'era Seifer: perché dopo due anni dalla morte di Ellione si rifaceva vivo dicendo di voler aiutare Rinoa? Il Comandante aveva cercato motivi nascosti per l'improvvisa riapparizione dell'ex cavaliere. Squall poteva pensare a molti motivi personali e politici, eppure istintivamente credeva alla sua volontà di riscatto. Anche Squall cercava la salvezza dalla dannazione.

Ancora una volta erano pari.

Un leggero bussare alla porta interruppe il filo dei suoi pensieri. Squall sospirò mentre si portava all'indietro i capelli color nocciola, cercando di nascondere il fatto che aveva passato la notte dormendo sulla sua sedia. Nascondere a chi, non lo sapeva. Tutti nel Garden conoscevano le sue abitudini notturne. In qualche modo, ora che la farsa del suo matrimonio stava ufficialmente per finire, sentiva ugualmente il bisogno di nascondere le sue azioni a studenti ed insegnanti.

"Avanti" rispose, il sonno capace di nascondersi nella voce roca.

L'assistente amministrativa del comandante infilò la testa nell'ufficio. "Signore, arriveremo a Deling entro un'ora. Lo staff che avete richiesto sta aspettando nella sala piccola delle riunioni. Inoltre, il Presidente Loire vi ha cercato due volte questa mattina."

Grande, bastava aggiungere le ultime ventiquattro ore con Laguna e si poteva dichiarare completa la sua squallida esistenza. Qualcuno lassù ce l'aveva davvero con lui. "Lauren, per favore, dì al Presidente Loire che dovrò partecipare a delle riunioni stamattina. Se ce ne sarà la possibilità prima che scendiamo a terra, lo incontrerò brevemente."

La giovane SeeD salutò prontamente, girandosi per lasciare l'ufficio. Lauren era stata con lui per tredici mesi, e a dir la verità, non riusciva nemmeno a ricordare il suo cognome. Né gli interessava. Quello che lo disturbava era la sua impressionante somiglianza a Rinoa, in particolare i suoi fluenti capelli neri. Più di una volta l'aveva intravista con la coda dell'occhio. Credendo per un momento che fosse la strega, sperando che lo fosse. Quando Lauren aveva cominciato a lavorare per lui, aveva subito iniziato la procedura di trasferimento per rispedirla al Garden di Trabia, ma poi aveva deciso che un costante ricordo sarebbe stata un'angoscia meritata nella sua vita.

Come per un ripensamento, richiamò la giovane SeeD nella stanza, "Lauren, quand'è stata l'ultima volta che sei andata in missione?"

Lei fissò il comandante con un po' d'inquietudine. Non era da lui dire qualcosa più dell'essenziale. "Signore, ho avuto la mia valutazione trimestrale circa un mese fa."

"No, intendo un'operazione che non richiedesse valutazione" replicò lui, evitando di guardarla negli occhi.

"Signore, da quando sono diventata SeeD, ho svolto prevalentemente lavoro amministrativo. Ho incarichi solo quando vi sono indicazioni precise. La mia insegnante ha deciso che sono più qualificata per le mie capacità organizzative che per le mie abilità da combattimento."

"E chi è la tua insegnante? Le parlerò io. Verrai con noi per questa missione," la informò alzandosi da dietro la scrivania.

"Signore, è vostra moglie, l'insegnante Leonhart," rispose Lauren, leggermente sorpresa che il comandante non lo sapesse.

"Quistis ha assegnato proprio te a me?", la voce di Squall suonava leggermente alterata.

"Sissignore" rispose lei senza capire dove stesse andando a parare la conversazione.

Squall spinse la sedia verso la scrivania, guardando finalmente Lauren. Aveva un'espressione severa sul viso, una di quelle che la SeeD conosceva fin troppo bene per tentare di fare domande.

"Lauren, avrò io la responsabilità delle tue missioni da ora in poi, Quistis Tre... Leonhart non è più un'insegnante nel Garden. Da oggi, è sospesa a tempo indefinito dall'insegnamento e per quattro settimane da tutti i doveri relativi ai SeeD. Fino a quando non troverò un sostituto adatto, tutti i suoi SeeD dovranno riferirsi a me come referente delle loro missioni. Per favore, raggiungi gli altri nella sala piccola delle riunioni, sarò lì a momenti."

*~*~*~*~*

Quistis stava seduta fissando la comunicazione ufficiale che teneva in mano. Era la seconda volta che leggeva il contenuto del breve documento. Non avrebbe dovuto sorprenderla, sapeva che sarebbe arrivato. Mentire sotto giuramento era spergiuro, e comportava l'immediata espulsione dalla SeeD. Quando i Master del Garden le avevano revocato il permesso di insegnare, le aveva fatto male. Ad ogni modo, nulla l'aveva preparata al dolore acuto che le avrebbe causato vedere la firma di Squall Leonhart. Originariamente, avrebbe dovuto partecipare a una riunione proprio in quel momento. Ora non aveva idea di cosa fare, oggi o con la sua vita in generale. Il normale comportamento dell'insegnante era svanito, e al suo posto c'era più una ragazzina spaventata che la valorosa SeeD. Questa era stata la sua vita fin da bambina, cos'altro era capace di fare?

Il leggero tremore del pavimento del Garden annunciò il suo arrivo a Deling. Quando si azionarono i freni, il rumore violento dei motori echeggiò nell'appartamento silenzioso. Raggiungere la città avrebbe dato all'insegnante un'evasione da quel posto che le era ormai indispensabile, eppure il suo disagio cresceva all'idea della stretta vicinanza al Presidente Mitchell. Quistis rimase seduta immobile sul divano, studiando ogni parola della lettera, imparandola a memoria. Un leggero movimento della porta la spaventò. L'unica persona, oltre a lei, ad avere la chiave era Squall. Sarebbe davvero tornato in quel posto? L'esperienza sulle sue azioni insegnava che Squall avrebbe voluto stare il più lontano possibile da tutti. Quistis continuò a guardare mentre la porta si apriva.

"Cosa diavolo ci fai qui?" si trovò a gridare all'uomo.

"A dire il vero volevo controllare come stavi, Professoressa," sorrise lui con sufficienza.

"Sei come un verme che cresce sulle carcasse degli animali uccisi per strada." rispose lei, tremante.

"Wow, credo che sia un complimento detto da te." controbatté lui compiaciuto.

Gettando la lettera sul tavolino a fianco, lei si alzò facendo indietreggiare l'uomo in un angolo. "Per l'inferno di Diablos, come hai fatto a entrare, Seifer?"

"Noi vermi sappiamo i segreti giusti al momento giusto." Si chinò sul fianco, evitando di andarle troppo vicino mentre gironzolava nel salotto. "Così qui è dove vivete tu e Squall? La mia opinione è che lui non ha avuto nulla a che fare con le decorazioni. Non vedo le teste delle sue vittime imbalsamate e appese al muro o il santuario dedicato a Rinoa da nessuna parte qui intorno."

Quistis si voltò vero l'uomo, "Seriamente, come hai fatto ad entrare e camminare liberamente per il Garden? Cosa è successo alla nostra sicurezza, fatta apposta per tenere fuori persone come te?"

"O tenere dentro persone come voi?" ribatté lui. "Ero preoccupato per te e il caro Comandante, così ho pensato di passare a trovarvi e controllare la mia coppia preferita."

Non avendo più voglia di litigare, in uno strano modo contenta di avere qualcuno estraneo alla situazione con cui parlare, gli rispose.

"È finita."

Seifer si irrigidì a quell'affermazione che avrebbe spiegato il suo aspetto spento. Aveva pianto tutta la notte?

"Quistis, mi dispiace, non lo sapevo. Stai bene?"

"Che cosa vuoi dire con stai bene? Ho appena perso mio marito, il mio lavoro, e il posto in cui vivo tutto in un giorno solo!"

"Hai perso il tuo lavoro? Quel bastardo, non può licenziarti perché il vostro matrimonio è finito!" Seifer aveva una punta di preoccupazione nella voce.

"No, Seifer, non può. Ma ha ben il diritto di licenziarmi per aver mentito, depositato rapporti falsi, e in generale per essere una persona debole."

"Professoressa, non sei una persona debole, sotto nessun aspetto. Non importa quello che hai fatto," la rimproverò Seifer, sorpreso del suo complimento alla donna.

"Non chiamarmi più professoressa. Sono solo Quistis Trepe."

"Non importa cosa hai fatto, sono sicuro che dev'esserci stato un motivo. Squall è solo un fottuto bastardo. Certe cose non cambiano mai. Vuoi parlarne? So che non sopporti di vedermi, ma posso ancora ascoltare."

Un'espressione sorpresa attraversò il viso della donna, "sì, Seifer... per qualche ragione vorrei parlare con qualcuno. Hyne solo sa perché ti sto dicendo questo. Ma non so chi altro vorrebbe o potrebbe capire a parte qualcuno che l'ha vissuto in prima persona."

Camminando verso di lei fece un cenno verso il divano, "Non so se sentirmi lusingato o ferito da questo, Profess... Quistis." Si sedettero entrambi sul divano. Seifer si voltò a guardare Quistis mentre lei scelse di guardare avanti, ignorando il suo sguardo. "Per favore, voglio davvero ascoltare, forse posso fare qualcosa."

La cosa strana era che Quistis credeva davvero al suo desiderio di aiutarla. Non era certo il modo in cui si era dipinta l'inizio di un nuovo giorno...

*~*~*~*~*

La sala delle riunioni era a malapena grande abbastanza per sei persone. Di fatto, Squall la considerava più un largo sgabuzzino che una stanza funzionale. Quando arrivò Lauren, Selphie, Zell e Irvine sedevano intorno al tavolo. Rivolsero la loro completa attenzione al leader, mentre entrava nella stanza, e poi ognuno si alzò. Dopo aver salutato nella maniera consueta dei SeeD, tornarono a sedersi.

Squall non rispose al loro saluto, cominciò semplicemente a distribuire ad ognuno le cartellette del caso.

"Ci è stato chiesto di assumere il controllo delle indagini di un rapimento a Trabia."

"Trabia?" chiese Irvine. "Mi sembrava che avessimo passato un paio d'anni a lavorare nel loro Garden in modo che potessero occuparsi da soli di cose simili."

"Sì Irvine, Trabia si sta occupando delle indagini preliminari. Sfortunatamente per me, si tratta della figlia di un membro del Consiglio Mondiale e così la mia assistenza è stata richiesta."

"Vuoi dire pretesa" affermò Zell.

"Non ha importanza." disse Squall severo. "Ora se tutti chiudessero il bocca e si comportassero da SeeD potrei darvi i dettagli." Nessuno rispose; ognuno sapeva che sarebbe stato spingere troppo in là la propria fortuna. "Due notti fa, la figlia di quattordici mesi di Richard e Renee Bennett è stata rapita durante la notte. Richard è uno dei più alti membri del Consiglio proveniente da Trabia. Questo caso verrà sorvegliato personalmente dal leader del Consiglio. Al momento crediamo che l'assistente del signor Bennett sia responsabile del rapimento. Il suo nome è Alexandra Williams. Non solo ha lavorato come assistente, ma anche come bambinaia part-time della bambina. Renee Bennett è molto malata, non ci si aspetta che viva ancora a lungo. Il Consiglio teme che la preoccupazione per il benessere di sua figlia sia troppo per la sua salute. Quando abbiamo attraccato a Balamb, ho mandato due SeeD a Fisherman's Horizon dove si crede che la signorina Williams abbia una zia. Ho riferito quanto fatto al Consiglio, ma non sono stati contenti della mia scelta, e hanno preteso che mandassi due SeeD di rango 'A'. Zell e Irvine, partirete per FH questo pomeriggio per sostituire gli altri. Selphie e Lauren, voi andrete a Trabia ad fare le indagini sul luogo. Domande?"

Zell esaminò la cartelletta, notando che non c'erano fotografie.

"Sì Comandante, abbiamo fotografie della signorina Williams o della bambina... Allison Elizabeth?"

Lauren afferrò una scheda nelle vicinanze, "Signore, è arrivato questo per lei. Ho fatto delle copie per tutti."

Allungò alcuni fogli a Squall. Lui li guardò velocemente, prima di distribuirli agli altri. Zell guardò la fotografia con uno strano senso di déjà vu, eppure non riusciva a mettere a fuoco il viso della bambina.

"Oh! È così carina!" strillò Selphie. "Come farebbe qualcuno a voler far del male una bambina così dolce?"

Zell guardava come ipnotizzato la fotografia, "Ragazzi, ho una domanda strana da farvi. Questa bambina non vi sembra in qualche modo familiare?"

Irvine guardò la fotografia della bambina, "Zell, andiamo, tutti i bambini si somigliano... ma la bambinaia è messa molto bene."

Squall teneva in mano le due fotografie. Qualcosa dell'affermazione di Zell sembrava corretto, ma era impossibile sapere se qualcuno di loro aveva già visto la bambina in questione.

"Zell, Irvine ha ragione. Molti bambini si somigliano a questa età. Questa bambina non è diversa da nessun altro. La chiave è trovare Alexandra Williams. Devo andare a una riunione dal Consiglio e fare rapporto sui progressi che non facciamo sia in questo caso che nella ricerca della strega. Potete andare."

Selphie si guardò intorno nella stanza, chiedendo a nessuno in particolare "Dov'è Quistis, non doveva partecipare a questa missione?"

Squall non si preoccupò nemmeno di voltarsi, "Non è più un'insegnante ed è al momento sospesa da tutti i suoi doveri."

Nessuno si mosse mentre sedevano confusi, cosa evidente dall'espressione di ognuno.

*~*~*~*~*

Mentre Quistis finiva di raccontare gli ultimi dettagli degli eventi a Seifer, da due anni prima alla scorsa notte, un sospiro di sollievo le scappò dalle labbra. L'aveva davvero ascoltata; quante notti aveva sognato che Squall facesse la stessa cosa... ora solo speranze sbiadite di una vita passata. I due rimasero seduti in silenzio. Straordinariamente, Seifer non era balzato in piedi a condannare le azioni di Squall. Ironicamente, quasi le condivideva, eppure con un grado di compassione molto più alto.

Allungandosi osservò la lettera ufficiale, "Quistis, non ti ha licenziato dai SeeD. Stando a questa lettera, sei sospesa per un mese. Credo che tecnicamente avesse il diritto di destituirti permanentemente."

"E allora? Tanto valeva che mi buttasse fuori a calci. Cosa farò qui dopo? Noi due non potremo più lavorare insieme", rispose lei astiosamente.

"A dire il vero Quistis, credo che sia il suo modo di capire o di chiedere perdono per i suoi tradimenti." cercò di spiegare Seifer. Quando Quistis voltò la testa guardando minacciosamente negli occhi l'ex cavaliere, poté avvertire il disagio di lei per le sue affermazioni.

"Ora ascoltami bene. Se avesse voluto non parlarti mai più, saresti già fuori di qui. Questo è il miglior comportamento che avrebbe mai potuto tenere. Penso che voi due dovreste provare a parlare, magari non oggi, ma presto. So che avete capito che il matrimonio è finito. Per il bene di entrambi, è la decisione migliore. Quistis, hai solo ventitré anni, e ti comporti come se la tua vita fosse finita. La cosa migliore che puoi fare adesso è mostrargli che non sei debole; raccogliere i pezzi ed essere il miglior SeeD che puoi. Qualcuno di noi non avrà mai questa opportunità."

Quistis pensò per un momento che Seifer essenzialmente aveva ragione. Per quanto stravagante e sconvolgente potesse essere, Seifer a dire il vero aveva detto una cosa giusta. Improvvisamente si irrigidì, sentendo una mano sulla guancia che asciugava via le lacrime. Quistis non era sicura se la sorpresa dipendesse dal fatto che la sensazione di rassicurazione le fosse estranea, o dal fatto che ne traesse realmente conforto. Molte notti aveva desiderato qualche forma di contatto umano: ora lui era lì, dove un altro avrebbe dovuto essere. No, questo non era vero, Squall non avrebbe dovuto essere lì; avrebbe dovuto essere a confortare qualcun altro, qualcuno che aveva più bisogno di lui. Per un momento, guardò gli occhi di Seifer cercando di leggere le sue motivazioni. C'erano comprensione, preoccupazione, e qualcos'altro. Non era l'uomo che ricordava da cinque anni.

"Seifer," disse dolcemente. "C'è un'altra ragione per cui ho bisogno di parlare a Squall". Andando verso la credenza, aprì un cassetto e sollevò qualche tovaglia, stringendo forte qualcosa tra le mani.

Seifer si avvicinò a lei di un passo, curioso di sapere cosa altro potesse sconvolgere Quistis. Quando vide come teneva tra le mani tutto quello che riuscì a dire fu "Oh mio Dio."

*~*~*~*~*

A volte la vita va come pianifichiamo, la maggior parte delle volte il destino ha qualcos'altro in serbo per noi. A cinque anni, ho perso la madre. A quattordici, ho perso il padre; non in senso fisico, solo emotivo, e a volte può essere più devastante. A diciassette anni, ho contribuito a salvare il mondo; a venti ho perso proprio quel mondo che avevo aiutato a salvare solo qualche anno prima. Sì, il destino può essere una creatura odiosa. Rimangono pochi frammenti di quel celebrato mondo, alcuni buoni, altri cattivi. Molti sono sogni ad occhi aperti e ricordi, ma una parte molto speciale è sopravissuta. Non sa quanto è fortunata e stando ai crudeli piani del destino, non lo saprà mai. Ad ogni modo, io lo so. Avrei rinunciato molto prima se non fosse stato per quella piccola parte di equilibrio in una vita altrimenti folle. Allison Raine Elizabeth è sopravvissuta, e se Hyne vorrà, vivrà abbastanza da vedere il domani.

Non siamo abbastanza fortunati da scegliere i nostri nemici; specialmente se sono coloro a cui teniamo. Non sapranno mai l'impatto che hanno avuto sulla mia vita. Di fatto, il destino ha determinato che non dovessero venirlo a sapere. Riponiamo la nostra fiducia in mani altrui, e vogliamo credere a tutto quello che ci dicono. È questa la bugia, l'inganno che ha portato grandi nazioni alla guerra? No, è l'umanità nei suoi aspetti migliori e peggiori. Aver fiducia è una cosa meravigliosa; uno non sa mai quanto è importante fino al giorno in cui la perde. Ricordo quel giorno. Ricordo di averlo guardato. I suoi occhi erano tutto ciò che io abbia mai avuto bisogno di guardare.

Due anni prima, era iniziata la caccia alla strega...

Nella congestionata capitale di Deling, Rinoa Heartilly era seduta nei recessi di un vicolo abbandonato, i vestiti strappati e laceri. Era passati tre giorni dall'attacco al Garden, tre giorni che erano durati un'eternità. Sì, come una bambina spaventata, aveva corso. Ma in fin dei conti era Ellione che le aveva detto di farlo. Era stato deciso dal destino che sarebbe morta in battaglia, ironico come fosse veramente morta in un altro modo. Ora i poteri che dominavano il mondo avevano raccolto politici e anche SeeD, per annunciare la ricerca della strega. Se si fossero guardati intorno per una volta nelle vie della loro stessa città, avrebbero saputo che la strega giaceva lì, distrutta e a portata di mano. Era lì che guardava il vuoto, cercando di capire le accuse contro di lei.

Poi era successo, come in un sogno surreale da cui si desidera svegliarsi, Squall Leonhart l'aveva dichiarata colpevole dell'omicidio di Ellione Loire. Rinoa aveva visto Ellione morire. Sì, effettivamente, era presente. Nondimeno, lo era anche un'altra persona che avrebbe potuto dichiararla innocente, avrebbe dovuto dichiararla innocente. Il destino era fin troppo evidente ora. Proprio le persone che amava si erano rivoltate contro di lei. E in più, proprio la persona per cui avrebbe sacrificato la vita aveva appena massacrato il suo nome e la sua reputazione davanti a milioni di persone.

Aveva guardato mentre il Comandante del Garden saliva solennemente sul podio, le sue parole facevano da eco al dolore e all'angoscia sul suo volto. "La strega Rinoa Heartilly è stata incriminata per l'omicidio di Ellione Loire. Deve essere considerata un nemico dello stato, in quanto crimini simili sono puniti con la pena capitale. Quando sarà trovata, se mostrasse un qualsiasi segno di resistenza, avete l'autorizzazione a spararle a vista."

I suoi occhi, almeno quelli di quel giorno, sarebbero rimasti incisi nella sua mente per l'eternità. Il distaccato sguardo di vetro e, più di tutto, la mancanza di fiducia. La sua fiducia in lei era stata portata via tre giorni prima, ora anche la sua nel cavaliere era svanita. Rinoa era arrivata a Deling in un tentativo di contattarlo; ora vedeva che non era possibile. Se c'era una cosa certa, era che Squall Leonhart credeva davvero che lei fosse colpevole. Per lui, lei era morta.

Normalmente avrebbe rischiato un tentativo di contatto, ma non si trattava più solo della sua salvezza. Ellione l'aveva avvertita di questo, l'aveva avvertita di lasciare il Garden senza dire una parola a nessuno. Soprattutto aveva avvertito Rinoa che, se non l'avesse ascoltata, la vita del suo bambino innocente sarebbe andata perduta. Il destino era stato spietato quel giorno.

I cittadini si riunivano fuori dai loro negozi e ristoranti, osservando gli eventi che si stavano svolgendo nelle strade. Rinoa sapeva che questa sarebbe stata l'ultima occasione per scappare da Deling e dal Comandante dei SeeD. La strega aveva accettato che questa sarebbe l'ultima volta che lo avrebbe visto. I suoi occhi marroni si riempirono in quel momento di lacrime che dovevano ancora scendere, mentre memorizzava i suoi lineamenti per l'ultima volta. Dal vicolo scuro, mormorò il suo addio a un uomo circondato da migliaia di soldati, che speravano nella presidenza, e ironicamente al fianco del colonnello Caraway. Quei due uomini non erano mai andati d'accordo nei tre anni di permanenza di Rinoa al Garden. Era un paradosso perverso come l'unica cosa che li avrebbe uniti sarebbe stata la fine della sua vita.

L'anziana donna che gestiva la farmacia all'angolo era fuori a meravigliarsi delle truppe, prestando poca attenzione al suo negozio. Rinoa trattenne il respiro mentre usciva dal vicolo nascosto, sperando di non attirarsi troppa attenzione dai pedoni. Sia che fosse destino, o qualche sconosciuta abilità da strega, riuscì ad arrivare al piccolo negozio senza essere scoperta. Procedendo velocemente verso la corsia in fondo, Rinoa trovò i prodotti per i capelli. Le sue ciocche di capelli più chiare la rendevano facilmente riconoscibile; avrebbe dovuto coprirle. Trovando una sfumatura scura di castano, aprì una scatola di tintura per capelli, ficcando il tubetto nelle tasche del soprabito.

Uscendo, afferrò anche un grosso paio di forbici dalla corsia della cancelleria. Non solo per tagliarsi i capelli, ma erano anche l'oggetto più vicino nel negozio che somigliasse ad un'arma. Ce ne fosse stato bisogno, potevano essere usate per difesa personale. Prima di andarsene, riempì il resto delle tasche con barrette ai cereali e afferrò alcune bottiglie di succo di frutta che portò a mano. Rinoa non aveva mai rubato prima e anche in quella circostanza la colpa le stava mangiando la coscienza. Ad ogni modo, scappò senza incidenti, prendendolo come un segno che il destino aveva ancora un briciolo di compassione. Assicurò silenziosamente a se stessa che un giorno o l'altro avrebbe ripagato i suoi debiti al negozio, se le circostanze lo avessero concesso.

Tanto segretamente come quando era entrata, riuscì ad eludere tutti gli sguardi uscendo. Immediatamente tornò al vicolo, grata per la furtiva copertura del buio. Usare la tintura non sarebbe stato saggio in quel momento, ma tagliarsi i capelli avrebbe potuto levarle la gente di torno, anche solo per un momento. Inspirando profondamente prese le forbici e osservò lunghe ciocche di capelli neri cadere nelle ombre del vicolo. Quando ebbe finito, aveva i capelli corti e mal tagliati. Stranamente quasi allo stesso stile di Ellione, forse un pelino più corti. Raccolse tutti i mucchietti per terra e li seppellì in un cassonetto nelle vicinanze.

Rinoa Heartilly prese un ultimo respiro, guardando sopra la sua spalla la folla che ancora cantilenava la sua morte. Allungò la mano a stringere gli anelli che pendevano dal suo collo sporco. Cominciò ad allontanarsi dall'enorme folla. La strega camminò più a fondo nel vicoletto, prendendo le vie secondarie per raggiungere il porto commerciale di Deling. Molti veicoli marittimi si radunavano lì ogni giorno per esportare ed importare oggetti da terre lontane. La sua strategia era semplice, raggiungere un mercantile, nascondersi nella stiva fino a che avesse raggiunto la sua destinazione, e poi continuare in questo modo il più lontano possibile dai territori di Galbadia ed Esthar.

Quando Rinoa svanì nel buio della notte, una solitaria figura indistinta camminò fino al punto in cui si era fermata. Chinandosi allungò la mano verso qualcosa sull'asfalto sporco. Rialzatosi, teneva in mano un mucchietto di lunghi capelli castani abbandonato; in alto c'era una ciocca più chiara. Avvicinandosi al cassonetto, nascose attentamente i capelli dentro la spazzatura. Una prova può condannare, specialmente per accuse come quella di omicidio. Chiuse il coperchio e si unì alla folla. I suoi occhi si fermarono quando vide il Comandante dei SeeD. Persino lui poteva leggere il dolore e il tradimento sul suo viso; non sentiva il minimo rimorso verso l'uomo seduto sul podio. L'unica persona verso cui sentiva pentimento era appena svanita nelle tenebre, e dalla vita di ognuno.

E così cominciò, due anni e una vita fa. A volte mi guardo allo specchio e cerco di fingere di aver tagliato via la mia vecchia vita, quando mi sono tagliata i capelli. Quel giorno ho smesso di credere negli altri e ho cominciato a credere solo in me stessa. La sopravvivenza ha il suo prezzo. Hyne sa che l'ho pagato. Quando sono turbata o preoccupata allungo la mano per stringere gli anelli. Ma come sinistri fantasmi che mi perseguitano in questo mondo, sono ora scherzi della mia immaginazione. Ho rinunciato alle cose materiali molto tempo fa in nome della sopravvivenza. Eppure posso sentirli ancora; li sento quando mi muovo, quando dormo. Il conforto che mi davano sarà con me per sempre. Posso sentire il freddo platino sul petto, nei propri sogni ognuno può sentire qualunque cosa.

Ora siedo e guardo le fiamme che danzano, la capanna mi offre più riparo di un normale rifugio di fortuna. Mentre la notte finisce e lascia spazio a un'altra giornata invernale, ho una strano senso di serenità. Per la prima volta in due anni, sono sola. Mi offre la solitudine e la pace che ho dimenticato potessero esistere in questo universo.

Ironico come ora stia dipendendo di nuovo da qualcuno, specialmente per la cosa a cui tengo di più, mia figlia. Ho fiducia in Alexandra, c'è sempre stata fin dall'inizio, sempre ad assistermi. Avrebbe lasciato il lavoro tempo fa se non fosse stato per la compassione che sentiva per me. Lavorare per Richard può essere quasi altrettanto terrificante che essere sposata con lui. Non so cosa abbia dovuto sopportare essendo un' 'assistente' per quel bastardo, non gliel'ho mai chiesto. So cosa ha fatto a me; spero vivamente che lei abbia avuto più fortuna. Alex è là fuori, lo so. È l'angelo custode che desideravo e che Hyne la aiuti, sa la verità... beh, la maggior parte di essa.

Anche aiutare la strega è un crimine punito con la morte, eppure Alex ha deciso di aiutarmi... di rischiare la sua stessa vita per quella di una bambina che non è carne della sua carne e sangue del suo sangue. Mi trovo a chiedermi se Squall mi avrebbe aiutato, se avesse saputo di Ally. Lo conoscevo più di quanto qualcuno possa conoscere un'altra anima vivente; stranamente, era più attraverso azioni che attraverso parole. I suoi occhi hanno sempre parlato più di quanto potesse mai fare la sua voce. Parlo di fiducia e di come perderla, eppure qualcosa dentro di me ha ancora speranza per lui. Forse la mia fiducia in lui non è completamente perduta, solo nascosta sotto gli strati di bugie. Perciò, se dovessi sinceramente rispondere alla mia domanda, sì, credo che Squall mi avrebbe aiutato, se non per me, almeno per sua figlia.

*****
Note delle traduttrici: capitolo rivisto e betato da DefenderX.
Citazione di apertura: dalla tragedia Tito e Benerice di Pierre Cornelle.
Se tu mi tradissi,
quale miglior vendetta posso attuare
se non amare una persona che odi?
- Alessia Heartilly

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Capitolo 9
*** IX. Svolta ***


Men at some time are masters of their fates:
The fault, dear Brutus, is not in our stars,
But in ourselves, that we are underlings.

--William Shakespeare

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ IX. SVOLTA ~

Non riesco a sopportare questo posto, tutto quello che vedo mi ricorda te. È sempre stato così. Per due anni, ho vissuto con il rimpianto che sarei stato io a mettere fine alla tua vita. Pensavo che sarebbe stata la più grande agonia che avrei mai sofferto in tutta la mia disgraziata esistenza. Non sapevo quanto mi sbagliavo... La più grande tortura è stata quella di aver dubitato di te; ho dubitato della tua integrità. Per troppe stagioni, sono rimasto sveglio nel letto sforzandomi di capire come avevi potuto tradirmi; e ora scopro che sono stato io a tradire te.

Ho ascoltato il suono di un altro respiro, permettendomi di immaginare che eri tu sdraiata pacificamente accanto a me. n questo momento, scopro di non avere nemmeno questo diritto. Rinuncio a qualsiasi diritto che ti riguardi. Mi hai detto una volta che nessuno poteva sapere il futuro. Dannazione, io sicuramente non avrei potuto immaginarmi questo. Mi sono aperto a te, e ora ho pagato il prezzo finale. Mi guardo indietro e ripenso a quei tre anni passati insieme con amore e odio contemporaneamente. Amore per i momenti passati come una sola cosa, e per le emozioni che provavo allora. Odio per quello che provo adesso. Il senso di abbandono è tremendo, si espande fino all'autodistruzione.

Qualcuno dice che è meglio aver amato e perso, che non aver mai amato affatto. Era uno stupido. Forse allora ero tranquillo; forse ero timido. Tuttavia, quello era il mio mondo, la mia esistenza, la vita che io avevo deciso di avere. Sarei stato peggiore ora se non ti avessi incontrato? Forse. Hyne sa che se tu avessi avuto la possibilità di non incontrarmi mai, la tua vita sarebbe stata migliore. Non hai mai meritato un patetico come me. Rinoa, avresti dovuto avere una vita come quelle delle favole, e un principe che ti avrebbe portato via in braccio. È solo me che devo incolpare per non averti permesso di avere la vita che avrebbe dovuto essere tua... il marito, i figli che sognavi, la famiglia che così tanto desideravi.

Quando ero un adolescente, non credevo nel destino. Ora non posso negare la sua esistenza, perché il suo piano spietato è stato crudele con noi. Se non ci fossimo incontrati, non avrei mai conosciuto il dolore, il rimpianto. Saremmo stati meglio, se le nostre vite non si fossero mai incontrate. E anche mentre mi dico queste cose, non ci credo. Io sono niente senza di te. Per alcuni brevi anni sono stato completo, e li ho amati intensamente. So che sei lì fuori da qualche parte. Non ho altro da dare a questo posto. So la verità ora e devo trovarti. Perdonami Garden, perché me ne vado, disertando il mio posto Perdonami Quistis, per ogni abuso emotivo frutto della mia mano. Sono stato spietato. Perdonami Hyne, per qualunque cosa farò in futuro.

Squall sedeva alla sua scrivania, guardandosi un'ultima volta intorno. Il fato lo aveva condotto a questo momento, a questa decisione. Il Garden sarebbe stato benissimo con Shu al comando, lo era sempre stato. Aprendo il cassetto, ne tolse una fotografia sbiadita, vecchia quasi di cinque anni. Oggetti futili come le fotografie non erano mai sembrati importanti prima che lei se ne andasse. Dopo che era sparita, era stata l'unica prova fisica della sua esistenza... o almeno l'unica che poteva sopportare di vedere. Un'unica foto di loro due insieme, era tutto quello che restava. Non aveva alcun effetto personale nel suo ufficio, non ne aveva mai sentito il bisogno. Cose simili sembravano poco professionali e triviali, tutt'al più.

L'assemblea a Deling City sarebbe iniziata presto, come il Consiglio Mondiale aveva convenuto di fare ogni mese. Si ripromise che sarebbe stato l'ultimo tradimento pubblico a Rinoa Heartilly. E, cosa più importante, l'ultimo suo tradimento verso tutti coloro a cui teneva. Poteva finalmente ammetterlo a se stesso, per quanto avesse provato a non farlo, che teneva ancora agli altri... e a lei.

*~*~*~*~*

"Sai cosa significa questo? Sarò accusata di occultamento di prove, per crimini che non furono mai commessi."

"Come l'hai avuto?" domandò Seifer. "Questo solo oggetto potrebbe farti uccidere, se non dal Consiglio, sicuramente da Squall."

Richiuse il fazzoletto e il suo contenuto fra le mani delicate, "L'ho... l'ho comprato."

"Comprato! Ma razza di risposta è? Devi venirtene fuori con qualcosa di più convincente! Squall vorrà una risposta credibile per questo. Dove avresti potuto comprarlo? Perché diavolo non l'hai mai detto a nessuno?"

"Seifer," si sforzò di trattenere le lacrime che le si stavano formando agli occhi. "Mi crederesti se ti dicessi che stavo cercando di aiutarla?"

*~*~*~*~*

Irvine entrò nella stanza di Zell, mentre il combattente di arti marziali era impegnato a preparare la sua sacca da viaggio. Andare in missione con Zell era quasi un sollievo più che benvenuto. Era molto raro che mandassero due SeeD del miglior livello per una stessa missione. In verità, i SeeD non avevano mai mandato due ufficiali di alto grado per una missione insieme.

"Ma perché devo andare a Fisherman's Horizon?" bofonchiò Zell. "Quel posto fa accapponare la pelle, e non penso che amino molto i SeeD."

"Sei molto acuto," gli rispose Irvine. "Ma penso che ce lo faccia capire proprio il fatto che ce lo abbiano detto loro stessi."

"Sì, ma volevo andare a parlare alla Madre di... beh, di una faccenda un po' personale. Ora mi perderò qualche bella battuta di caccia al mostro per qualcuno che probabilmente non è nemmeno lì. Non fraintendermi, vorrei aiutarli a trovare la bambina, ma credo di essere più adatto al combattimento che alle indagini."

"Indagini," ripeté Irvine. "Hai ragione, perché dovrebbero mandare noi a raccogliere informazioni? Perché non se può occupare la polizia locale? Perché dei SeeD, a meno che... "

"A meno che non si aspettino guai," comprese Zell dopo aver sentito parlare il tiratore. "Si aspettano qualche problema nel ritrovamento di questa bambina. Si tratta di qualcosa di più di una bambinaia fuggita con una bambina, se temono che si possa giungere a uno scontro armato."

Irvine si sedette sul bordo del letto, "volevi parlare ad Edea delle tue visioni?"

"Sogni," ribatté irritato Zell. "Sono sogni, niente di più."

"Scusa Zell, non volevo toccare un tasto dolente. Selphie mi ha detto quello che poteva sull'argomento, e poi mi ha fatto sapere che mi avresti informato tu del resto."

"Già, ma suppongo avremmo abbastanza tempo per questo una volta sul treno per Timber."

*~*~*~*~*

La sala principale del Consiglio Mondiale era piena di delegati internazionali, uomini e donne che facevano finta di voler aiutare le loro nazioni. Ogni emissario indossava abiti nativi del loro paese, una formalità richiesta a quegli incontri. L'unico motivo comune fra i politici era ora, e sempre sarebbe stato, il potere. Il potere era una ragione assoluta. Il Comandante del Garden era lui stesso diventato metodicamente il braccio destro di Lucifero. Squall Leonheart sedeva accanto al Presidente Mitchell, il bastardo che era l'equivalente terreno del diavolo. Squall non si era mai fidato di quell'uomo. Il solo istinto gli insegnava a capire le motivazioni più profonde delle persone. Il pensiero di Rinoa che aveva reso suo cavaliere quell'uomo deplorevole pesava fortemente sul suo inalterabile odio verso quell'uomo.

Era la prima volta che la presunta indiscrezione gli entrava in mente. Hyne, aveva davvero creduto che avesse avuto rapporti intimi con quell'uomo. Persino Seifer non aveva creduto a quell'accusa, eppure Squall lo aveva fatto. La sua mente ricordava fotografie che non poteva dimenticare. Credere a quella bugia aveva reso più facile l'idea di perseguitare Rinoa, il tradimento gli aveva dato un motivo per odiarla. Era più facile uccidere una persona che si odia, che quelle che si teme di amare, specialmente quando si negano le proprie emozioni. Mai il vecchio detto tieni vicini i tuoi amici, ma ancora di più i tuoi nemici si era rivelato più vero. Jefferson Mitchell era un nemico; quell'uomo aveva sacrificato persone innocenti, tutto nella ricerca di un potere assoluto.

Mentre il segretario del Consiglio enumerava i punti principali degli incontri precedenti, l'attenzione di Squall si spostò su altri fronti. Era il braccio destro del diavolo, un pupazzo pronto alla prima sanguinaria battaglia. Nella sua uniforme faceva la parte del Comandante, anche se nella sua mente sapeva bene di aver dato le dimissioni da quella carica la notte prima. Il Consiglio non poteva e non doveva venirlo a sapere, se non per lui e Rinoa, quantomeno per la salvezza di Quistis. Anche lei era una marionetta in questa tragedia, niente di più che un incidente di percorso per tutti. Ascoltando pezzi qua e là del riassunto, Squall fece particolare attenzione ai problemi legati alla Strega. Lo scorso mese aveva creduto a ogni singola parola delle ben orchestrate bugie. Ora la sua vita era diventata l'estremo paradosso, e il suo scopo era diverso. Avrebbe dato la sua vita per proteggerla, era pronto a morire per lei, come le aveva promesso tanto tempo prima.

Ora la sala era in fermento, dato che i delegati si contendevano il diritto di dire la propria, e solo a uno di loro sarebbe stato garantito quel privilegio. Il Presidente Mitchell cominciò a parlare, "Il presidente del Consiglio dà la parola al gentiluomo della delegazione Galbadiana, il Generale Caraway."

Il Generale Galbadiano non era cambiato molto negli anni. Infatti, più o meno come Squall, si era ritirato dalle sue attività pubbliche, aveva partecipato a un numero minimo di avvenimenti, e solo quando richiesti dal Consiglio stesso. Squall notò lo stress evidente sul suo viso, che rispecchiava il tumulto interno. Se c'era una persona che poteva capire tutta quella pazzia, sarebbe stato lui. Tuttavia, i due erano molto diversi.

Caraway si alzò dalla sua sedia, avanzando verso il podio principale.

"Vorrei parlare dell'ultimo avvistamento della Strega. Mi pare che qualcuno stia appositamente cercando di depistarci. Credo che questo individuo sappia la verità su dove si trova mia figlia e stia mentendo deliberatamente."

Squall balzò in piedi in preda alla rabbia, "Generale Caraway, non mi piace quello che lei sta insinuando. Le consiglio di fare una domanda vera e propria o di lasciare il palco."

"È stato veloce a pensare che stia parlando di lei, quando in verità io non ho fatto nomi."

"Non mi prenda per uno sciocco, Caraway. Il suo intento era chiaro," continuò Squall.

"Non sono io quello che l'ha presa in giro; mia figlia ha fatto da sola un buon lavoro. Non ho forse ragione, Cavaliere Leonheart?" ribatté compiaciuto Caraway.

Il Presidente Mitchell percepiva che la situazione gli stava sfuggendo di mano. Ordinò sia al Generale che al Comandante di riprendere i loro posti. Sfortunatamente, solo l'ultimo esaudì la sua richiesta.

"Forse mi ha usato, Caraway, ma ha imparato dalla migliore. Ho ragione di credere che sua moglie Julia la considerasse solo un mero sostituto di mio padre."

Squall considerò la discussione finita, e si rilassò appena. Ma con sua sorpresa, Caraway si diresse verso di lui senza una parola. All'improvviso gli sferrò un pugno alla mascella, disorientandolo per un attimo. La sicurezza portò via Caraway e lo scortò rapidamente fuori dall'edificio.

Squall rimase al proprio posto scioccato, tenendosi un fazzoletto premuto contro il labbro sanguinante. L'ultima cosa che si aspettava era di vedere Caraway che lo colpiva di fronte a tutto il Consiglio. Per una simile azione Caraway sarebbe stato buttato fuori, persino l'esercito Galbadiano poteva prendere dei provvedimenti disciplinari.

Il resto della riunione continuò senza ulteriori sbilanciamenti. Squall pensava solo a lasciare Deling City, a scappare da quei burocrati. Onestamente, non aveva idea del posto da cui poteva incominciare la sua imminente ricerca, e nemmeno se avrebbe mai avuto successo. Nonostante tutto, doveva provarci. Forse Seifer aveva in mente un luogo da dove cominciare a cercare, e almeno un inizio era molto meglio di una resa. Forse aveva in mano qualche dettaglio che gli era sfuggito. Ancora una volta fece una smorfia all'idea di doversi affidare al suo avversario di un tempo.

*~*~*~*~*

Erano passate due ore, ormai la riunione del Consiglio doveva essersi conclusa. Caraway sedeva nel suo studio a rivedere minuziosamente grandi pile di documenti. Quando si era venerati fra le forze militari, persino la sicurezza Galbadiana poteva fare poco. Anzi, diversi soldati lo avevano persino lodato per l'azione di quel giorno; Squall Leonheart non era fra i personaggi più popolari a Deling City. Alcuni avvenimenti di qualche anno prima non erano ancora stati dimenticati da diversi militari, e la Seconda Guerra della Strega era ancora stampata fresca nelle loro menti.

Ora il Generale si ritrovava a studiare attentamente richieste di fondi, assai poco toccato dagli eventi di quel giorno. La casa era tranquilla, il che gli permetteva di sentire chiaramente l'intruso all'interno del suo studio.

"Mi hai picchiato."

Il Generale non alzò gli occhi dalla scheda che stava valutando. "Sì, l'ho fatto. Ho pensato di aggiungere un po' di realismo al tutto. Non te lo aspettavi, vero? È una strategia ben nota a tutti quelli dotati di un'intelligenza militare."

"Non farlo mai più, Caraway," gli ordinò Squall.

"Faccio quel che diavolo voglio, Comandante. L'ultima volta che ho controllato io ero il più anziano e tu avevi bisogno di me."

Squall mise le mani nella tasca della giacca e ne tirò fuori un pacchetto di sigarette. Stava per accederne una, quando il generale lo rimproverò, "non fumare in casa mia, Leonhart."

Squall continuò ad accendere la sigaretta, e inalò profondamente. "Faccio quel che diavolo voglio, Generale. L'ultima volta che ho controllato il più forte ero io e tua figlia aveva bisogno del mio aiuto."

Il Generale non continuò la discussione, "Non apprezzo che le mie chiamate non vengano ascoltate, specialmente quando sono sulla tua linea privata."

"Capisco Caraway. Ma erano fatti personali... quindi era inevitabile. Mi scuso per aver rimandato il tuo uomo di nuovo a Deling, sulla base di informazioni sbagliate. Ha scoperto qualcosa di nuovo?"

"No, sa solo che ci sono quattro diverse indagini in corso sul caso. Non vale i guil che gli diamo. Ha solo duplicato il telegramma criptato che hai inviato. Anche se trovo strano che ci sia un nuovo informatore, dopo due anni. Illuminami sulla questione; non sono una persona che ama essere tenuta all'oscuro dei fatti. È affidabile?"

"Ho motivo di credere che per qualche ragione le sue intenzioni siano onorevoli. Quest'uomo ha bisogno di redenzione quanto me."

"Quando me lo presenterai, visto che dovrò essere io ad affrontare la spesa del suo ingaggio?"

"Non ci sarà bisogno di soldi. Lo fa per Rinoa. In quanto a incontrarlo, mi ha informato ieri a Balamb che oggi sarebbe stato qui."

"Chi diavolo farebbe questo per Rinoa? Nessuno che la conosca sarebbe capace di raccogliere informazioni senza venir preso o comunque senza avere di che mangiare."

"Sono felice anch'io di rivederla Generale Caraway," sogghignò Seifer. L'ex cavaliere era in piedi, appoggiato con baldanza sullo stipite della porta.

Il Generale si alzò attonito, "Che cazzo ci fa lui qui?"

Squall si mise fra i due uomini, in un tentativo simbolico di trattenerli dall'aggredirsi. Guardando direttamente negli occhi il più vecchio fra i due, Squall cercò di dissipare la tensione. "Caraway, questo è il nostro nuovo informatore, ascoltalo. Capisco come ti senti, anche io vorrei fargli sputare sangue." Squall scostò lo sguardo, quasi vergognandosi di dover difendere la sua controparte malvagia. "Ma ora siamo nella stessa barca, entrambi abbiamo bisogno di redenzione, a tutti i costi."

Seifer entrò nella stanza, scuotendo la testa in direzione del Generale.

"Pensavo saresti stato felice di vedermi, Generale. Qualche anno fa ci siamo avvicinati, ora potresti persino essere mio suocero, se il fato avesse voluto."

"Mai. Dirti di stare lontano da mia figlia non conta come avvicinarsi, signor Almasy. La volta che ti sono stato più vicino è quando ho visto la sicurezza sbatterti fuori in strada. Riempirle la testa di sogni, illusioni, e ideali irraggiungibili per una fazione proletaria... avrebbe potuto morire a causa della tua influenza. E ancora peggio, avrebbe potuto diventare come te."

"Potrei esserne lusingato," rispose Seifer con sarcasmo. "Suppongo che questo voglia dire che non vuoi il mio aiuto?"

Il Generale andò verso la grande finestra. Le strade di Deling erano piene di gente libera di vivere la propria vita. La felicità era un'illusione per coloro che erano troppo ignoranti per veder la verità. E va bene... avrebbe ascoltato quel patetico essere umano. Forse avrebbe potuto essergli di una qualche utilità, prima di marcire per il resto della sua vita sotto la custodia di un carcere Galbadiano.

"Ti odio, ma odio Mitchell ancora di più. Parla, ma non faccio promesse per ora."

"Non ti ho chiesto niente, Caraway," ribatté secco Seifer. "Ma ho delle informazioni utili."

Squall sembrava confuso. Qualcosa nell'atteggiamento di quell'uomo gli appariva... sicuro di sé, più di quanto lo fosse per la sua solita arroganza. Forse Seifer aveva davvero qualche informazione sostanziale. Gli aveva dato un messaggio in quella baracca, che richiedeva un appuntamento con Caraway. Tuttavia il giorno prima si era comportato come se non sapesse che Caraway e Squall lavorassero insieme.

"Seifer, illuminaci."

"Certo, piccolo Comandante. Cavolo, come mi mancano i nostri tête-à-tête." Seifer percepiva la tensione nell'aria. Si chiedeva chi lo avrebbe assalito per primo, dal momento che nessuno dei due era proprio il figliol prodigo della calma. "Bene, tutti noi sappiamo che qualcun altro sta facendo indagini private sulla sparizione della strega. Ho scoperto la fonte. E cosa più importante, quella persona è disposta ad allearsi con noi."

"Chi altri potrebbe avere interesse per Rinoa?" lo sfidò Squall. Seifer trattenne il respiro, quando una persona apparve alla porta.

"La persona che si sente responsabile della sua scomparsa," rispose una voce sottile.

I tre uomini si voltarono verso il nuovo informatore. Solo Squall parve realmente scioccato, "Quistis, che diavolo stai facendo qui?"

Lei continuò ad entrare nella stanza, senza prestare attenzione alle occhiate di Squall e Caraway.

"Quando ero giovane pensavo che tutti dentro avessero un cuore. Dopo essermi unita ai SeeD, ho cambiato idea sull'umanità. Ho visto uomini uccidersi fra loro, talvolta per orgoglio, altre per puro sadico piacere. Ho visto la feccia del mondo. E in tutto questo mi sono in un qualche modo persa, e non per un particolare momento o incidente. Il tempo mi ha portato via la capacità di amare, e mi ha lasciato vuota. La sfida che tutti noi affrontiamo è la consapevolezza del grosso difetto dell'umanità. Ammettiamo gli errori del passato, e chiediamo perdono a coloro a cui abbiamo fatto del male coi nostri errori. Squall, so cosa provi per me in questo momento, e voglio farti sapere che provo i tuoi stessi sentimenti nei miei confronti. Sono stata una debole... ma sono umana."

Lui non si mosse, né respirò. Ecco sua moglie che stava di fronte a lui, ma ai suoi occhi era l'estranea che era sempre stata. Entrambi avevano sbagliato. Entrambi portavano sulle spalle il peso della colpa. La scorsa notte aveva pensato di poterla uccidere a mani nude. La mani dure bagnate di sangue già tante volte; quale differenza avrebbe fatto un'altra vita insignificante? Ma oggi sembrava senza speranza, esausta. Quistis stava lentamente morendo davanti a lui, se non in corpo, allora in spirito. Avevano la stessa colpa, e insieme avrebbero dovuto cercare di redimersi.

"Quistis, eri tu?" la voce roca nascondeva dispiacere. "Hai continuato delle indagini per trovare la... strega?"

"Sì," rispose lei con rimorso. "Ho usato fondi personali, cercando di trovare delle piste. E un anno e mezzo fa io... io... ho trovato qualcuno che l'ha vista, ma è morta prima che potessi raccogliere ulteriori informazioni. Ho avuto anche un testimone credibile a un certo punto."

"Che tipo di testimone, e dove?" chiese lui. Lei non rispose. Se avesse potuto piangere lo avrebbe fatto, ma le lacrime la sfuggivano da troppo tempo. Teneva un fazzoletto delicato fra le mani, e tremando andò dall'uomo che un tempo era stato suo marito. Passandogli la soffice stoffa fra le mani, le dita sottili toccarono appena le sue... insicure.

"Mi spiace così tanto, Squall. Per favore, perdonami. Nascondertelo è stato un errore," disse con calma. Staccò la mano dalla sua controvoglia. "Per favore."

Lui abbassò lo sguardo e aprì lentamente il fazzoletto. Il cuore gli si fermò nel petto al pensiero di cosa potesse significare quell'oggetto. Non riusciva a guardare Quistis; non riusciva nemmeno a respirare. Tenendo l'oggetto metallico in mano riuscì a dire, "È morta?"

"No." rispose Quistis con forza. "Non che io sappia. Ho... ho quell'oggetto da un anno. Avevo paura che…"

"Un fottuto anno!" urlò Squall. "Me lo hai tenuto nascosto? Come diavolo hai potuto, cosa te ne ha dato il diritto?"

Seifer rimase a fissare Caraway. L'ex cavaliere fece un lieve gesto con la testa in direzione della porta. Il Generale squadrò Squall e Quistis. Avevano bisogno di parlare, ma anche lui voleva sapere come la professoressa Leonhart avesse acquisito quel cimelio, che racchiudeva troppo ricordi per tenere fuori i sentimenti da quella faccenda.

"Vi lasciamo soli, ma prima voglio sapere come ha fatto ad avere il suo... mia figlia non si è mai tolta quell'anello dal collo. Non se n'è mai separata fin dal funerale di Julia."

Quistis sembrò non sentirlo. Niente avrebbe più rotto il legame che aveva con la verità. Squall doveva capire che stava solo cercando di dare una mano... a modo suo. I due uomini lasciarono la stanza, e il silenzio riempì la casa, mentre l'aria acquisiva una sinistra pesantezza.

"Squall, non ne avevo alcun diritto. Volevo solo essere d'aiuto. Sapevo che non avresti creduto alle mie intenzioni."

"Hai ragione. Allora, come li hai avuti? È passato... troppo tempo."

Aprendo la mano fino ad allora fermamente chiusa, rivelò i due piccoli anelli di luccicante platino. Simili in tutto e per tutto a come li ricordava, ad un tempo in cui aveva stretto la persona che li indossava, quando giacevano maestosamente sopra il suo petto. La vista di Griever lo faceva sentire quasi male. Per così tanto tempo aveva indossato quell'anello, gli aveva dato quel conforto che nemmeno le persone erano state in grado di fornirgli. Dopo quello che le aveva fatto, Rinoa si sarebbe facilmente separata da Griever, ma l'altro anello? Nessun’ondata di odio, o di disgusto, avrebbe fatto separare Rinoa dall'anello della madre. Le era successo qualcosa, Rinoa era disperata o sotto attacco. Era semplice.

"Ho passato qualche mese a Trabia," iniziò Quistis. "Quasi due mesi dopo l'attacco al Garden di Balamb, ricordi? Ho chiesto e ottenuto di insegnare temporaneamente in quel Garden. Io... io non potevo ancora affrontare te o gli altri. C'era un piccolo negozio di antiquariato nella via storica, e ci andavo di frequente. La proprietaria era una adorabile donna anziana, con cui mi ritrovavo spesso a fare quattro chiacchiere. Prima che me ne andassi, è morta d'infarto. Il giorno in cui me ne dovevo andare, ho ricevuto una chiamata da suo figlio, che mi chiedeva di fermarmi al negozio. Ero proprio sorpresa. Non sapevo nemmeno che quella donna conoscesse il mio nome, o nemmeno che avesse qualche informazione su di me."

Squall restò immobile, in silenzio. L'unico movimento visibile era quello delle sue dita che circondavano il prezioso anello, quello indossato da Julia.

"Non l'avrebbe mai lasciato, non importa quanto mi odiasse. L'anello di sua madre contava troppo per lei, e lei non l'ha tradita così come ho fatto io," disse con sicurezza.

"Lo so, Squall. Il figlio della signora mi fece sapere di averlo trovato mentre cercava fra le cose della madre. Insieme ad alcuni informazione su di me, il mio lavoro, il mio nome, e il preciso ordine di darmi la collana se fosse successo qualcosa. Il figlio non era dotato della bontà della madre. Mi ha fatto avere la collana ad un prezzo enorme... quasi trentamila guil. Sapeva che doveva avere un significato importante. Per raccogliere quella somma, ho ritardato la mia partenza da Trabia. Sono rimasta un giorno in più, per assicurarmi i fondi necessari."

"Sapeva come sua madre era entrata in possesso della catenina?" esitò alla domanda, quasi timoroso di sapere la verità. Si sedette su una sedia accanto a lui, mentre le sue gambe tradivano la sua intenzione di essere forte.

"Secondo il messaggio che aveva ricevuto da sua madre, una ragazza era andata al negozio per venderlo, mesi prima. La signora aveva cercato di convincerla a non separarsene, ben conscia del valore sentimentale che aveva l'oggetto. Ma la ragazza aveva insistito, aveva disperatamente bisogno di soldi. La donna le aveva dato cinquecento guil di anticipo, tutto quello che aveva nella cassa al momento. Poi aveva detto alla ragazza di tornare il giorno dopo così da poterla pagare di più, ma la ragazza non tornò mai più."

"Era Rinoa?" Una debole traccia di ottimismo si accese nei suoi occhi grigi. Forse era sopravvissuta qualche mese per conto proprio, e sarebbe stata la miglior speranza che aveva avuto da due anni a quella parte.

"Dalla descrizione sembra probabile, solo coi capelli più corti. La signora aveva scritto tutte le informazioni possibili, pensando che se fosse mai ritornata l'avrebbe pagata di più, o le avrebbe ridato la collana."

"Era Rinoa."

Squall e Quistis si voltarono verso Seifer, che stava in piedi in mezzo allo studio.

"L'ho vista tagliarsi i capelli in un vicolo di Deling City. La notte in cui il Comandante Leonhart l'ha accusata di essere colpevole e ha ordinato di darle la caccia."

Ancora una volta Squall si ritrovò incapace di parlare. Così tante cose, dopo averne sapute così poche. Rinoa aveva assistito agli orribili eventi di quella insopportabile serata, quella notte in cui Squall Leonheart aveva venduto la sua anima al diavolo, nella forma del Presidente Mitchell. Il Cavaliere aveva abbandonato la Strega, fisicamente ed emotivamente. Non avrebbe mai meritato perdono; non avrebbe mai potuto essere perdonato. La persona che lei amava, di cui si fidava, l'aveva tradita, mentre era nascosta fra le ombre della città. Così piena di vita e amore, costretta a nascondersi fra sporchi cittadini corrotti. E Seifer l'aveva vista mentre...

"L'hai vista?"

"Senti, so cosa sembra. Non ero nella posizione di aiutarla allora, anche se ora non è molto diverso. Il tempo... il tempo ci ha cambiati. Negli ultimi due anni abbiamo sofferto, abbiamo vissuto altre esperienze. Non sapevo chi ero allora, e parte di me ha persino pensato di usarla per avere una ricompensa. Avrei potuto scambiare la sua cattura con la mia libertà. Anche se persino allora avevo capito le loro intenzioni; non l'avrebbero ascoltata, avevano già deciso di non farlo. La volevano morta. E il suo sangue sarebbe stato sulle mie mani, se già non lo è adesso."

"Non parlare così Seifer," lo pregò Quistis dall'altra parte della stanza. Avvicinandosi, andò accanto alla sedia sulla quale Squall era profondamente immerso nei suoi pensieri. Era un rischio, ma ogni cosa che faceva lo era. Inginocchiandosi al suo livello, lo guardò profondamente negli occhi fino a vedergli l'anima. "Senti, non so cosa farà il Presidente Mitchell se lo scopre, ma è tempo che tutti smettiamo di scappare. Non posso farlo senza aiuto. Ho giurato sulla mia vita che avrei salvato Rinoa. Farò tutto quello che mi sarà richiesto. Squall, dobbiamo trovarla prima che lo faccia Mitchell o il Consiglio Mondiale."

Seifer andò vicino alla coppia, appoggiando senza pensarci una mano sopra la spalla di Quistis, per incoraggiarla senza parole. Lei si girò sorpresa, di fronte alla sensazione di un contatto fisico. Fissando direttamente gli occhi di Seifer vi vide qualcosa, uno sguardo mai visto prima, forse era determinazione, forse reverenza. E sicuramente vi era qualcosa che la fece sorridere appena all'odiato nemico di un tempo. Dopo un breve scambio di sguardi fra i due, Quistis rivolse nuovamente la sua attenzione a Squall.

"Ebbene?" chiese con ritrovata sicurezza.

Squall continuò a rimanere in silenzio finché Seifer parlò, "Trabia, vero Comandante?"

"Sì," disse, finalmente dimostrando di considerare le due persone presenti nella stanza. "Quistis, non posso ridarti la tua licenza d'insegnamento, ma posso togliere la sospensione dai tuoi doveri di SeeD. Informa Selphie che non partirà per Trabia stanotte. Ho bisogno di qualcuno di fidato al Garden. Irvine e Zell sono già partiti per Fisherman's Horizon per il caso di sparizione di quella bambina. Il Presidente Mitchell ha chiesto che 'i migliori SeeD del Garden di Balamb' seguano le indagini a Trabia. Avrà il Comandante stesso e sua moglie. Voglio che ci sia anche Lauren per i rilevamenti di natura scientifica sul caso Bennett, mentre noi cercheremo di trovare altri indizi su Rinoa. C'è un veicolo di trasporto SeeD che ci porterà fino all'oceano. Seifer, non m'importa che mezzi usi, trovati davanti alla nave diretta a Trabia. Partiamo stanotte."

*****
Note delle traduttrici: capitolo rivisto e betato da DefenderX.
Citazione di apertura: dal celeberrimo Giulio Cesare di Shakespeare.
Spetta agli uomini essere artefici dei loro destini:
la colpa, o amato Bruto, non è degli astri,
ma di noi stessi, se restiamo schiavi.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 10
*** X. Litigio ***


Fate, Time, Occasion, Chance, and Change?
To these all things are subject but eternal Love.

--Percy Bysshe Shelley

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ X. LITIGIO~

"Sì, signor Comandante!" sbottò Seifer agli ordini di Squall. "Ho bisogno di procurarmi dell'equipaggiamento prima di stanotte".

Squall annuì mentre l'ex cavaliere usciva dallo studio di Caraway. Abbassò lo sguardo sulla catena d'argento tra le sue dita. Dopo un attento esame, posò la catena su un tavolino, volgendo la sua attenzione alla donna inginocchiata davanti a lui. Quasi a disagio, guardò i profondi occhi azzurri di lei, "Quistis, non sono mai stato leale con te."

Il guerriero non era fatto per le scuse, né per le parole. Lentamente la sua mano destra cercò il familiare pendente che stava nella giacca della sua uniforme. Squall tolse la pesante catena d'argento da dove stava. Mentre la sollevava verso sua moglie, il familiare e grosso ciondolo di Griever oscillava ritmicamente dalle sue mani. Nel corso degli anni, l'aveva tenuto vicino, proprio come aveva promesso ad un'altra persona. Anche se la vista del leone gli ricordava solo il suo anello perduto, la sua vita perduta. Eppure tenerlo vicino, lontano dagli occhi, gli dava una qualche sicurezza. Rinoa aveva l'anello compagno, l'unico altro ricordo dei suoi anni passati. In qualche modo, gli oggetti li legavano. A volte bisogna lasciar andare, prima di poter essere liberi. Ora, toccava a Griever dare sicurezza a qualcuno, a un'altra che aveva sopportato molta angoscia.

Quistis Leonhart non disse una parola, mentre lo guardava togliere l'oggetto simbolo della sua infanzia dalla sua uniforme. Sorprendendola, si sporse verso di lei, ponendole la catena intorno al collo. L'orgoglioso leone ora le adornava il petto, mentre le ruvide dita di lui indugiavano sulla forma dell'animale.

"Squall?" domandò.

Lui non parlò, come aveva fatto così tante notti durante il loro matrimonio. Eppure, questa volta era diverso, loro erano diversi. C'era una comprensione che passava silenziosamente tra loro, per la prima volta sentiva la sua sincera emozione.

Lei gli sorrise in modo incerto, prendendo la catena che conteneva i due anelli speciali. In silenzio ripetè il gesto di poco prima, ponendogli la catena di platino al collo. In qualche modo, un peso le si tolse dalle spalle, anche se solo in parte. Per la prima volta, avevano uno scopo comune, un proposito, e avevano intrapreso i primi passi verso il perdono. Lo guardò negli occhi azzurri, appoggiandogli leggermente la mano sul petto.

"La troveremo" sussurrò lei. "La troveremo."

*~*~*~*~*

Il viaggio verso Timber era stato stranamente calmo, dato che ogni viaggio con Zell non era di solito classificabile come tranquillo. In questo caso era immerso nei suoi pensieri, mettendo insieme i pezzi di un puzzle che non si ricomponeva... che non poteva ricomporsi. Il caso aveva deciso che non avrebbe avuto l'opportunità di parlare con la Madre, cosa che desiderava sinceramente fare.

Che fosse distrazione o sola ignoranza, Zell guidò Irvine al binario, compiendo tutti i gesti di routine, senza mai prestare attenzione a ciò che stava realmente succedendo intorno a lui. I treni, i biglietti, tutto era fatto in automatico.

Irvine, d'altra parte, si era perso in se stesso. Studiando ogni comprensibile dettaglio del caso, il cowboy aveva trascorso le ultime tre ore ad esaminare fascicoli, a controllare documentazioni sul computer, e a prendere appunti sul rapimento di Allison Bennett. Mai nella sua vita Irvine si era sforzato tanto per una missione, in qualche modo questa era diversa. Non cercando più, in una zona devastata dalla guerra, nemici armati, pronti a combattere fino alla morte, trovava affascinante l'idea di una bimba innocente. Era determinato a restituire la piccola ai suoi legittimi genitori, una coppia che a Trabia doveva essere ormai vicina all'isteria.

I due uomini sedettero silenziosamente nello scompartimento dei SeeD. Senza saperlo, ognuno pensando ad eventi diversi, stavano in realtà tentando di scoprire gli indizi per lo stesso enigma. Il conducente annunciò la partenza mentre il treno si allontanava lentamente dalla stazione, prendendo gradualmente velocità. Dopo aver concluso le operazioni obbligatorie di sicurezza, il conducente annunciò che sarebbero arrivati nel territorio di Dollet in tre ore.

"Dollet!" realizzando appieno l'accaduto, "Che diavolo!?"

Velocemente cercò nella tasca dei jeans i biglietti spiegazzati. Cercando di lisciarli, guardò le due ricevute del treno. "Dannazione! Ho preso i biglietti sbagliati, dovevo prendere il treno numero 827 per Fisherman's Horizon, ma ho scritto il numero sbagliato sulla richiesta. Questo è il treno numero 427 per Dollet!"

Irvine roteò gli occhi. Non era arrabbiato, solo turbato da quell'uomo normalmente energico. Questo errore poteva costare tempo prezioso. Gli indizi erano ricostruibili solo per poco tempo e potevano perdere l'opportunità migliore di ottenere informazioni. Ora invece della ferrovia sarebbe servito di più noleggiare una barca che li portasse a FH. Questo diede tempo ad Irvine per immergersi di più nella cartella del caso. Zell, d'altra parte, decise di scaricare la rabbia dormendo. Il sonno di solito gli alleviava lo stress... ed ora, era molto stressato.

*~*~*~*~*

L'aria della sera avvolgeva la piccola barca, che portava solo quattro passeggeri, e il navigatore che avevano assunto. L'uomo era intelligentemente soprannominato 'Capitano'. Tuttavia, la barca avrebbe potuto facilmente portare più persone, ma il non essere appariscenti era un fattore chiave. Squall aveva procurato a Seifer false credenziali, cosa non usuale per il Comandante. Per tutte le finalità pratiche Seifer era Nicolas Jackson, un candidato SeeD originario di Esthar. Con un po' di fortuna, sbarbato e con l'uniforme, poteva sfuggire all'inaccurata sicurezza di Trabia. Non era una nazione occupata da Galbadia. Probabilmente nessuno lì conosceva il suo vero nome; il tempo era stato amichevole sotto alcuni aspetti.

Guardò le piccole onde infrangersi contro la barca. L'oscurità si avvicinava velocemente, coprendo con il suo respiro di drago tutto ciò che si poteva vedere. La nebbia rendeva la visibilità difficoltosa, se non impossibile. Sarebbero stati a Trabia in tarda mattinata. Un presentimento gli pervase il corpo come un brivido. Questa pausa era forse ciò che desiderava; e allora perché l'ansia, la paura?

Squall chiuse gli occhi lasciando che la brezza fredda gli pungesse il viso, notando inconsciamente che stringeva il ciondolo tra le mani. Il ciondolo di lei. Lei lo faceva. Era una delle piccole abitudini nervose di Rinoa, che francamente gli dava sui nervi. Fino a quando non erano sparite. Avrebbe dato la sua vita, ora, solo per guardarla da un lato all'altro di una stanza, mentre giocherellava con gli anelli d'argento. Suoni sommessi di metallo che collideva; era un suono che voleva sentire ancora una volta. Chiudendo gli occhi, si può sentire qualsiasi cosa. L'oceano, gli uccelli, o lasciare che la mente richiami un altro rumore, un altro suono, da un periodo molto più pacifico.

"Mi hai mai odiato?" domandò una voce rauca.

Squall fu strappato all'improvviso ai suoi ricordi, senza capire l'intenzione della domanda. "Seifer, ti ho odiato per quello che hai fatto a lei." Non si voltò per affrontare l'uomo dietro di lui.

"Sì, beh, ho odiato me stesso per lo stesso motivo. Parlavo di prima di quello, per l'estate che io e Rinoa abbiamo passato insieme."

"Non lo so. Era più facile odiare lei per gli ultimi due anni. L'ho attribuito semplicemente alla persona che era veramente, non alla facciata che mostrava a me, al Garden. Era più facile odiare lei."

"Non mentirmi. Non l'hai mai odiata, non hai mai potuto."

Seifer si avvicinò a Squall, appoggiandosi sulla ringhiera di legno.

"No, non ho potuto. C'ho provato," rispose Squall, vergognandosi delle sue parole.

"Sai, io ti ho odiato. Non so se saremmo usciti ancora insieme, se le cose fossero andate diversamente, ma l'idea di te e Rinoa insieme mi dava la nausea. Nei miei ricordi più remoti, è sempre stata una guerra tra noi, e non potevo vederti uscire vincitore da una battaglia, anche se la battaglia era per lei. Speravo che ti vedesse per il perdente che eri e ti lasciasse, non ho mai capito pienamente la vostra relazione se non più tardi."

"Io non l'ho mai compresa per niente," replicò Squall quasi in un sussurro.

"I miei sogni mi hanno portato alla distruzione. Ho perso di vista tutto, accecato dal potere, dalla finzione. Volevo disperatamente essere il Cavaliere riverito ed ammirato, non mi importava che qualcuno potesse rimanere ferito." Rimase in silenzio per un attimo, aspettando che Squall rispondesse. Non parlava, Seifer si voltò verso quello che era il suo rivale sin dall'infanzia. "Hai avuto tutto ciò che io volevo. Era molto triste che tu non sapessi il valore di cosa possedevi."

Squall guardò l'uomo, leggendo la verità nei suoi occhi. Non avevano mai avuto una conversazione civile prima d'allora; nessuno dei due sapeva veramente come reagire. Dopo il breve contatto, Squall si voltò di nuovo verso l'oscuro abisso dell'oceano.

"Seifer, ti ha mai detto di essere innamorata di te?"

"Sapevo che ti importava." Seifer aveva una sorta di risatina nella voce. "Non ha mai parlato molto di noi, mi pare d'indovinare, alcuni ricordi vengono seppelliti più facilmente di altri. Lei era speciale per me. Sai che è stata la prima con cui..."

Squall si voltò infuriato verso di lui, "Non voglio sentire quello. So benissimo cosa avete fatto. Volevo solo sapere..."

Questa volta Seifer lo interruppe, "no, okay. Squall ancora non lo capisci, vero? Sì, sarò stato con lei fisicamente, ma mai spiritualmente. Avrà perso la sua verginità con me, ma non mi ha mai detto una volta che mi amava. So che teneva a me, ma non è mai stato amore."

"Perché non sapevo la verità allora? Se teoricamente abbiamo questo meraviglioso legame 'strega-cavaliere', perché diavolo non lo sapevo?" urlò Squall, voltandosi e appoggiandosi contro la ringhiera.

"Squall, non ti posso dare tutte le risposte che stai cercando. Forse eri spaventato, forse confuso, forse qualcosa nella tua vita perfetta non ti è stato offerto su di un piatto d'argento. Sì, abbiamo avuto tutti le stesse origini, ma le somiglianze finiscono qui. Nessun altro ha scoperto chi erano i suoi genitori, e che suo padre era vivo, e voleva instaurare un rapporto. A nessun altro è stata data la responsabilità di essere Comandante a diciassette anni... quella ancora non l'ho capita. Nessun altro ha avuto la possibilità di essere il suo Cavaliere, di essere quello che amava. Forse eri spaventato, forse facevi troppo affidamento sulle persone, sulle loro verità, o perlomeno le loro versioni di essa."

Squall non poté fare a meno di cogliere l'ironia del suo commento, "Facevo troppo affidamento sugli altri, e non ho mai pensato o creduto per conto mio."

Seifer rimase in silenzio per un momento prima di allontanarsi dal supporto di legno, "Squall, è giusto appoggiarsi agli altri, non capirla in quel modo. Forse ti sei trovato ad appoggiarti troppo a Rinoa, senza però dirglielo mai. Non potevi impegnarti con lei ufficialmente. Ho sentito dei pettegolezzi a Deling. Voleva sposarsi, non è così?"

"Sì... non potevo farlo."

"Perché?"

"Sarei dipeso troppo dall'idea che lei era lì. Avrei diviso la mia casa con un'altra persona. Non volevo ferirla se qualcosa fosse successo."

"Se qualcosa fosse successo," sbottò Seifer. "Qualcosa di brutto. Hai sempre guardato al lato negativo. Ti aspettavi il finale tragico di questa storia da favola. Come pensi che Rinoa possa sentirsi sapendoti sposato con Quistis, qualcuno che non ami nemmeno?"

"Mi odia per questo. Mi odio per questo. Entrambe meritano una vita migliore di quanto io possa mai offrire."

"No, Squall. Loro due sono diverse, ma sarebbero d'accordo su una cosa, che potevi renderle felici semplicemente perché c'eri. Io non avrò mai questa possibilità."

Non rispose per un lungo momento, notando quanto la persona che aveva di fronte era maturata nel lasso di tempo di cinque anni. "Sei cambiato davvero, Seifer. Se verrò fuori da tutto questo vedrò cosa posso fare. Probabilmente, non sarà nulla visto che la mia posizione nel Consiglio verrà revocata, così come il comando del Garden. Il meglio che posso sperare è avere ancora il titolo di Cavaliere, per la verità... è tutto quello che spero."

"Bene." rispose Seifer compiaciuto. "Almeno le tue priorità sono chiare, piccolo Comandante. Potrebbe volerti uccidere se la troviamo. Credimi; è una reazione naturale in chiunque ti incontri. Non commettere di nuovo gli stessi errori; non ti salverò il culo la prossima volta."

Il Comandante annuì, voltandosi verso la ringhiera. Ascoltò i passi che scendevano le scale verso le cabine sottocoperta. Squall sentì ancora l'aria salata accarezzargli il viso, ora segnato più che da una ferita fisica. Pensò al perché aveva voluto sapere della relazione di Seifer e Rinoa. Non era mai lei ad introdurre l'argomento, ma guardando al passato, era sempre per il bene di lui. Rinoa era consapevole dell'odio più che radicato tra i due uomini, e proteggeva il suo Cavaliere nell'unico modo che poteva, evitando la cosa.

Squall le aveva insegnato bene.

Non sarebbe sceso sottocoperta, aveva bisogno di solitudine. Era diventata la sua fedele amica negli ultimi anni. Si incamminò verso una panchina solitaria sul ponte e fece riposare il corpo stanco. Così poco sonno le ultime due notti, così poco tempo per lavorare. Non era mai stato capace di comunicare facilmente le sue emozioni, le ferite del passato lo perseguitavano ancora. Chiuse gli occhi, richiamando un tempo più pacifico, un tempo più ingenuo. Il giorno in cui le aveva finalmente rivelato i suoi veri sentimenti; non importava quanti ricordi dividevano, quel giorno sarebbe sempre stato al primo posto nella sua memoria. Così tante notti aveva ricreato la scena, solo per un momento, per fingere che tutto fosse ancora come doveva essere...

Un anno dopo la sconfitta di Artemisia e l'inizio delle loro vite insieme. Ogni dettaglio, ogni avvenimento, ancora freschi nella memoria, per non essere dimenticati mai da nessuno dei due.

Il Garden stava esaurendo le provviste. L'assalto di nuovi cadetti aveva superato di gran lunga le scorte e le risorse. Gli oggetti base per l'elaborazione erano molto richiesti. Il Comandante aveva preso in considerazione varie persone perché andassero a prendere le pietre richieste per produrre alcune magie, un prerequisito per ogni cadetto del secondo anno. All'inizio, voleva solo trasmettere il compito a qualcuno come per tutto il resto, ma il lavoro d'ufficio aveva avuto la meglio su di lui ultimamente. Voleva disperatamente ingaggiare qualche specie di battaglia, anche se le vittime erano semplicemente Lesmathor.

Una possibilità sola, una possibilità di godersi la solitudine...

"Ti piace il nome Allison per una femmina e Aaron per un maschio?" chiese Rinoa calma. Appoggiò la testa contro lo scomodo sedile del veicolo, mentre fuori scorreva la lussureggiante campagna verde smeraldo.

Squall pigiò quasi con forza i freni. Rinoa aveva chiacchierato quasi l'intero viaggio. Aveva imparato in modo efficace a smorzare la maggior parte del suo chiacchiericcio, un'abilità che aveva acquisito nel corso dell'ultimo anno. Sempre ascoltando, ma mai pienamente attento a lei. A volte Rinoa aveva un modo di, beh... essere Rinoa. La ammirava per questo, ma a volte dava sui nervi perfino a lui.

"Cosa!" esclamò Squall distogliendo gli occhi dalla strada per guardare velocemente verso di lei.

"Uhm... vedi, stavo solo pensando se noi... se io dovessi mai avere un bambino, quale nome sarebbe migliore" replicò lei senza guardarlo. Conosceva Squall, in quel preciso istante si stava contorcendo a disagio nel suo sedile. Alcuni argomenti terrificavano il Comandante, e il matrimonio e i figli erano in cima alla lista.

"Rinoa non penso ad avere figli, ho diciannove anni," rispose Squall pregando mentalmente Hyne che lei lasciasse perdere. Ma lui sapeva bene che non sarebbe accaduto.

"Sì, lo so Squall, ma non pensi mai al futuro?"

"Sicuramente, sto pensando proprio ora che se non raccolgo abbastanza pietre magiche oggi i cadetti non avranno nulla su cui impratichirsi nell'elaborare magie. Sto pensando che questo viaggio sarebbe stato molto più veloce se fossi andato solo, e sto pensando che non mi fido di nessuno dei candidati alla presidenza di Galbadia."

"Oh... sì, non contempleremmo mai nulla a parte il lavoro, vero? Sarebbe uno choc se il Comandante pensasse a qualcosa oltre al lavoro."

"Rinoa, se anche dovessi pensare a qualcosa oltre al lavoro, i bambini non sarebbero certo quel qualcosa. Non dovresti pensare ad avere figli." Squall sapeva che l'ultima frase sarebbe stata difficile da accettare per Rinoa, ma doveva imparare ad affrontare la realtà alla fine, e non a pensare ad un futuro che non sarebbe mai stato.

"Cosa?! Cosa vuol dire non pensare ad avere figli, mi stai dicendo che non vuoi avere bambini?"

"Rinoa, sto dicendo che non dovresti pensarci. Ci sono stati solo quattro casi di streghe che hanno avuto un figlio negli ultimi cinquecento anni. Le possibilità che tu rimanga incinta sono remote."

Lei non disse niente, perché aveva ragione. Le pianure di Balamb erano monotone e vuote come sempre, e ora apparivano ancora più spoglie. Rinoa sapeva che le possibilità che lei avesse un bambino erano pochissime, ma continuava sempre a sperare - anche se poco. Le lacrime cominciarono a scorrerle lungo le guance mentre guardava scorrere i prati. Nascose il viso a Squall. Il suo pianto mostrava solo debolezza. Squall odiava la debolezza.

Cercando di nascondere il dolore nella sua voce, rispose "Lo so Squall... sto solo cercando di pensare le cose in positivo."

"Rinoa... mi fa piacere che tu lo faccia, ma anche se tu potessi avere figli, io non ne vorrei." Squall lottò per rispondere nel modo più sensibile che gli era possibile.

"Va bene, non importa. Mi dispiace, Squall, mi dispiace di aver rovinato un altro dei tuoi preziosi giorni." Cercò di nascondere la rabbia nella voce.

Continuarono in silenzio fino a che Squall raggiunse un'area isolata, indicazioni recenti di un'alta concentrazione di Lesmathor avrebbero reso la cosa più veloce. Ora più che mai, voleva tornare al Garden e finire questa giornata. Lei rimase seduta nel sedile del passeggero mentre lui andava nel retro del veicolo del garden, sfoderando il suo Gunblade dalla custodia. A rigor di logica, lui avrebbe dovuto lasciarla seduta a tenere il broncio, ma quando c'era di mezzo lei, nulla di ciò che faceva era logico.

Lei aveva abbassato il finestrino, lasciando che una brezza leggera entrasse nella macchina. Le temperature calde potevano essere descritte come troppo alte per la stagione. Ma era un caldo secco, l'umidità era bassa. "Senti, Rinoa, non stai rovinando un altro dei miei giorni. Sapevo che sarebbe successo, se tu fossi venuta con me. È per questo che ho detto che sarebbe stato più facile se fossi venuto da solo."

Lei girò la testa di scatto guardandolo dritto negli occhi. "Sì, 'Rinoa rimani dove sei'. Questa sembra essere la tua risposta per tutto, Squall."

"Come vuoi tu," disse lui allontanandosi dalla macchina verso la foresta.

Finalmente lei scese, sbattendo la portiera per sottolineare la sua rabbia. "Oh... sì, hai ragione, è questa la tua risposta per tutto!"

Lui si fermò. Riflettendo su quale potesse essere la cosa migliore da fare. Squall Leonhart non aveva voglia di litigare, ma se lui fosse andato avanti lei avrebbe soltanto tenuto il broncio per tutto il tempo. Condannato se lo faccio, condannato se non lo faccio. Respirò profondamente prima di voltarsi verso di lei, "Rinoa, per favore, non adesso. Ho del lavoro da fare. Ti stai soltanto mettendo in mezzo, se continui."

"Mettermi in mezzo!" Rinoa lo guardò dritto negli occhi, nessuno dei due voleva lasciar spazio all'altro. Alla fine, lei socchiuse gli occhi sconfitta, il sole del pomeriggio troppo forte per i suoi occhi. "Hyne, perché devi sempre essere così..."

"Cattivo," replicò lui in modo derisorio.

"Idiota," gridò lei, voltandosi e avvicinandosi alla macchina.

"Wow... una nuova parola, sono impressionato." Non voleva cedere.

"Stupido," replicò lei senza voltarsi.

"Due in un giorno solo!" gridò lui ancora più forte.

Lei raggiunse le portiere posteriori e si voltò verso di lui. "Prova questa, sei un bastardo!"

"Me ne vado," annunciò lui scuotendo la testa davanti alla sua infuriata ragazza.

"Sì, la tua famiglia ha una grande tradizione a questo proposito, prova a chiedere a tuo padre."

Non appena ebbe pronunciato queste parole, desiderò immediatamente di potersele rimangiare. Quello era un colpo basso, anche se era furiosa con lui. La relazione tra Squall e Laguna era qualcosa che non osava nominare. L'atteggiamento di lui cambiò immediatamente; mentre camminava veloce verso di lei poteva vedergli la rabbia negli occhi.

Venendole molto vicino, la guardò con occhi stretti, "non parlare mai... mai di questo." Nessuno dei due parlò, si guardarono soltanto. Alla fine lui continuò, "Il rapporto tra me e lui non è nulla che ti possa riguardare. È la mia vita, non la tua. Sembra che tu dimentichi la differenza. Nella mia vita c'è di più oltre a te."

Il dolore la colpì. Sì, meritava la rabbia dopo aver nominato Laguna. Ma lui non si accorgeva mai che lei non si sentiva parte della sua vita; la sua vita era il lavoro, la sua vita era il suo dovere. Di più oltre a te, diavolo, quando mai era stata una parte della sua vita? Trattenendo le lacrime chiese, "Vai a prendere le tue preziose pietre magiche, così potrai portarle al tuo prezioso Garden, e lasciarmi indietro come al solito. Mi dispiace se faccio parte della tua vita."

"Forse, se tu non ti mettessi sempre in mezzo, sarebbe meglio" replicò lui.

Non voleva dire nulla di più che lo potesse ferire. I giochi infantili avevano il loro prezzo; non voleva che questo prezzo fosse lui. Anche se non lo aveva mai avuto per poterlo perdere. Osservando i fili d'erba sotto di lei, mormorò, "vattene, Squall."

E lui lo fece.

Il calore intenso del sole sfolgorava proprio sopra di lei. Rinoa si era messa all'ombra del veicolo, sedendosi su uno dei gradini metallici sul retro. Secondo il suo orologio, Squall era via solo da venti minuti; sembrava un'eternità. Rivedeva il litigio nella sua mente, come se stesse vedendo un film per la seconda volta. Come al solito, sentiva di essere in torto. Cominciare la giornata parlando di bambini non era la mossa più saggia. Persino lei lo sapeva.

Nell'anno appena passato, era riuscita a conoscere Squall meglio di chiunque altro, e lo conosceva appena. Era un estraneo tanto quanto quella sera al ballo, a parte il fatto che ora aveva bisogno di lui. Ed era perfettamente chiaro... lui non aveva bisogno di lei. Oggi aveva oltrepassato una linea tracciata molto tempo prima, ora doveva accettarne le conseguenze. Rumori di qualcosa che si avvicinava la distolsero dai suoi pensieri. Si irrigidì un momento tentando di vedere se era un amico o un nemico. Con sua sorpresa era Squall, e non era sicura che ruolo attribuirgli in quel momento.

Osservò il suo viso mentre si avvicinava; sembrava stanco. Poi notò che non aveva pietre magiche con sé. Grandioso. Voleva dire che aveva pensato, non lavorato. Cercò di distogliere l'attenzione da quello che la stava cominciando a preoccupare, "già fatto?"

Lui non rispose. Rinoa poteva sentire che stava in piedi accanto a lei, rifiutandosi però ancora di guardarlo. Per una volta, il potente leone avrebbe dovuto cominciare lui la discussione. E lui lo fece.

"Rinoa... dobbiamo parlare."

Parole temute da sempre. L'esperienza passata le aveva insegnato che quella frase fatta non poteva mai avere qualcosa di buono. In qualche modo, una barriera difensiva si innalzò; non glielo avrebbe reso facile. "Fammi indovinare, non sei pronto per una relazione, vuoi che rimaniamo solo amici."

"Rinoa, per favore fammi parlare, prima."

"State indietro... Squall parla e l'intero mondo tace, gli oceani si dividono, e i piccoli animali della foresta si raccolgono qui intorno."

"Non ho bisogno di questo."

"No Squall, tu hai bisogno di questo. Se stai per mettere fine a questa... questa presunta relazione. Io ho molte cose da dirti."

"Ad esempio?" domandò lui, senza che la sua espressione cambiasse da quando era tornato alla loro base temporanea.

"Ad esempio..." Sapeva che questa poteva essere la sua unica occasione per dire queste cose. Era costretto ad ascoltare nel mezzo di spoglie praterie. "Ad esempio... io non sono parte della tua vita. Non hai nemmeno mostrato che ti importasse dei miei sentimenti. Forse mi metto in mezzo, ma sto provando. È più di quanto possa dire di te. Sono rimasta al Garden per più di un anno aspettando che tu ti avvicinassi, che mostrassi un'emozione! Non fraintendermi, sei un uomo molto appassionato... quando si tratta di qualsiasi cosa che non sia io."

"Il mio lavoro è importante," affermò semplicemente lui.

"Sì, tutto gira intorno al lavoro, non è così? Intrappolato in un lavoro che detesti, diventando tutto ciò che hai cercato per tutta la vita di evitare. Hai quel lavoro da un anno e non stai diventando migliore dei politici che sono cresciuta disprezzando. Non sei più là fuori in prima linea. Te ne stai seduto dietro la tua dannata scrivania fino a tutte le ore della fottuta notte. Quando è stata l'ultima volta che abbiamo mangiato insieme?"

"Non devo risponderti, non sei mia moglie."

"No, già mi fa pena la persona che finirà insieme a te. Hai ragione, non posso avere figli, lo so... ma posso ancora sognare. Non è impossibile. Ma vedi, io ho speranza nel futuro. Tu che speranza hai, Comandante Leonhart?"

"Di poter dire una parola in questa conversazione" rimbeccò lui, completamente sarcastico.

"Bene, sputa il rospo. Dimmi cosa hai scoperto nella tua improba ricerca di Lesmathor, quale apocalittica notizia ti ha costretto a interrompere il tuo prezioso lavoro per parlarmene."

Rinoa si voltò con il terrore di sentire pronunciate le parole ad alta voce.

"Ti amo," replicò lui calmo.

*****
Note delle traduttrici: capitolo rivisto e betato da DefenderX.
Citazione di apertura: dal Prometeo Liberato di Shelley.
Il Fato, il Tempo, l'Occasione, il Caso, e il Cambiamento? A queste, tutte le cose sono soggette, tranne l'Amore eterno.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 11
*** XI. Inconsistenza ***


The tragedy of life,
Is what dies inside a man while he lives.

--Albert Einstein

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ XI. INCONSISTENZA~

"Bene, sputa il rospo. Dimmi cosa hai scoperto nella tua improba ricerca di Lesmathor, quale apocalittica notizia ti ha costretto a interrompere il tuo prezioso lavoro per parlarmene."

Rinoa si voltò con il terrore di sentire pronunciate le parole ad alta voce.

"Ti amo," replicò lui calmo.

Rinoa non riuscì a dire una parola, per un attimo non riuscì neanche a muoversi. Dopo qualche secondo, il significato di quelle parole la raggiunse appieno. Si alzò dalla rientranza di metallo, dirigendosi verso l'abitacolo del veicolo. Inclinando leggermente la testa di lato, si sedette sui sedili di vinile marrone. Finalmente la sua mente riuscì a formare una parola. Una semplice parola.

"Cosa?" disse, guardandolo fisso negli occhi in cerca di risposte.

E le trovò. Non le era chiaro come avesse potuto volerlo mandare via un attimo prima, a poi volerlo abbracciare forte un attimo dopo, per non lasciarlo mai più. Lui non rispose a parole alla sua domanda, ammesso che fosse stata davvero una domanda. Squall si chinò verso il suo viso, ed era sicura che stesse per baciarla. Invece, le sfiorò con le labbra la guancia e iniziò piano a baciarla giù lungo il collo. Era passato tanto tempo da quando Rinoa aveva provato qualcosa del genere. Non era qualcosa che Squall Leonhart faceva spesso. Squall non faceva mai molto.

Rinoa appoggiò la testa contro il cuscino dei sedili su cui più di un SeeD aveva riposato prima o dopo una battaglia. Si ritrovò a chiudere gli occhi, e a inarcare appena la schiena ai suoi baci vellutati. Così come era cominciata, si fermò all'improvviso. Rinoa aprì gli occhi di scatto, aspettandosi di vederlo andare via. Invece, la guardò fin dentro l'anima. Non si scambiarono una parola; le parole avrebbero soltanto rovinato un momento così perfetto. Con la mano destra le scostò dal viso alcune ciocche di capelli, poi, con lo stesso fluido movimento, continuò a far scorrere la mano lungo la sua guancia. Lentamente arrivò fino al top nero di lei e cominciò ad accarezzarle la spalla. La calura estiva li faceva sudare entrambi, ma era niente se paragonato alle emozioni e ai sentimenti che pervadevano i loro corpi.

Poco prima, mentre combatteva, il caldo lo aveva costretto a togliersi la maglietta e ad annodarla intorno alla vita. Lei gli sorrise e osservò il petto nudo, facendo scorrere le dita lungo i suoi muscoli. La sensazione era del tutto nuova per lui, il permettere a qualcuno di essere così vicino. Sapeva una cosa soltanto. Aveva bisogno di lei. Una volta Cid lo aveva avvertito che quando una strega e il suo cavaliere erano pronti a fare l'amore, si creava un legame, un'unione così forte... che non sarebbe mai potuta essere spezzata. Questa informazione aveva sempre pesato su di lui come un macigno. Perché avrebbe significato molto di più che un semplice fatto fisico, sarebbe stata un'azione di natura spirituale. Per oltre un anno aveva lasciato da parte i suoi bisogni sessuali, timoroso del risultato. Comunque, con la possibilità di perderla, di perderla veramente, Squall non riusciva a pensare ad altro che al desiderio di rafforzare la loro connessione. Certo, aveva riflettuto durante la sua escursione, solo non nel modo in cui se lo era immaginato lei. La maggior parte dei suoi pensieri riguardavano lei senza vestiti addosso; era pronto a questo. Lo voleva.

Con delicatezza spostò la mano dalla spalla di Rinoa e si sedette accanto a lei. Fece scivolare entrambe le mani fino alla sua vita, senza smettere mai di guardarla negli occhi. Squall afferrò piano il top umido di sudore e lo sollevò oltre la sua testa. Lei continuò a sorridergli, senza mai lasciare i suoi occhi. Abbassò le labbra sul suo petto, lasciando una scia di baci lungo la spalla destra. Circondandola gentilmente con le braccia, le percorse la linea della schiena dal collo fino al reggiseno. Il contatto la fece tremare; le sensazioni che stava provando erano come un sogno per lei. Lui cercò di slacciare l'attaccatura, allo stesso tempo cercando di non spezzare la loro vicinanza.

Dopo qualche secondo, lei ridacchiò e sollevò lo sguardo verso di lui. Dandogli un rapido bacio sulle labbra, si separò da lui e sciolse senza fatica il gancio del reggiseno. Lui rimase fermo a guardarla, affascinato da ogni suo gesto, che scatenava sul suo corpo diverse reazioni.

"Ti ci abituerai," lo prese in giro lei facendo cadere il reggiseno dalle spalle.

"Lo so," rispose lui velocemente, portandola vicino a sé.

Questa volta fu il turno di lei di sorprenderlo quando, con un solo rapido movimento, si mise a sedere sulle sue ginocchia, mettendo una gamba da ciascun lato della sua vita. Lui la osservò mentre lasciava cadere totalmente il reggiseno, mostrando i suoi seni. Per un attimo rimase come affascinato, non avendo mai provato niente del genere. Lei gli si avvicinò, chiudendo la distanza che la separava dalla sua bocca; la sensazione della pelle nuda era quasi troppo per lui. Mai nella sua vita aveva mai pensato che questo sarebbe davvero potuto succedere; aveva sì sognato e aveva fantasticato su questo momento, ma pensare che sarebbe accaduto davvero, mai. Per essere onesti, nessuna delle sue fantasie includeva un veicolo sporco del Garden. Curioso, lo stesso che aveva usato per fare l'esame dei SeeD, ma in questo momento era tutto perfetto e sinceramente non avrebbe cambiato niente anche se avesse potuto.

Prima che Squall se ne rendesse conto, la bocca di lei già copriva la sua. E non erano i piccoli baci esploratori con cui lei lo ricambiava ogni volta che tentava una qualche sorta di contatto imbarazzato. Qui si trattava di baci appassionati e Rinoa non avrebbe cambiato niente di quel momento perfetto. Squall la teneva stretta, con le braccia cinte intorno alla vita, e poi cominciò a lasciare ancora una volta una scia di baci lungo il suo collo. E questa volta non si fermò, proseguendo fino al suo seno. Lei inarcò la schiena per dargli più accesso, mentre per tutto il tempo cercava di trattenersi dal gemere... quelle nuove sensazioni avevano un che di miracoloso. Dopo qualche minuto di quel gioco, lei si ritrasse e abbassandosi trovò di nuovo la bocca di lui. Squall lentamente la fece sdraiare sopra i sedili di pelle.

Lei lo colse di sorpresa quando prese di nuovo l'iniziativa. La sentì trafficare con la mano sulla sua cintura. Stava facendo un po' di fatica. Riusciva a capire bene la frustrazione che stava provando. Una parte di lui voleva farla aspettare; l'altra parte sapeva che nemmeno lui poteva aspettare molto di più. Infine, abbassò la mano e slacciò la cintura con facilità.

Fra i baci riuscì a dire, "ti ci abituerai."

Rinoa lo avvicinò a sé, bisbigliandogli seducente nell'orecchio, "lo so."

Quelle parole gli provocarono un brivido lungo la schiena. Mai in tutta la sua vita Squall Leonhart aveva desiderato qualcosa più di quanto desiderasse Rinoa Heartilly.

Perché in quel momento, in quell'istante di vita, divennero una cosa sola. Legati più intimamente di quanto potessero fare meri mortali, in una relazione compresa da pochi. Entrarono in un rapporto che nessuno dei due avrebbe genuinamente compreso che fino a diversi anni dopo, fino a che le circostanze non avrebbero messo alla prova la loro lealtà e il loro amore. Tuttavia, in quel momento, erano un unico essere. Squall la guardò intensamente negli occhi, cercando di spostarle le ciocche di capelli madidi di sudore dietro le orecchie, baciandole gentilmente la guancia ad ogni tentativo. Rimasero in silenzio per un tempo che a entrambi parve troppo breve, dato che nessuno dei due voleva che quella pace finisse, che quel momento trovasse termine.

Il tempo non era dalla loro parte. Squall era atteso al Garden... lui e le pietre magiche. E fino a quell'istante non ne aveva raccolto nessuna. Squall fece una smorfia all'idea di muoversi, ma si annotò con la mente di non dimenticarsi mai di questo momento. La sensazione, la vista, e l'odore di shampoo alla fragola nei suoi capelli neri, ogni dettaglio era perfetto.

"Mi dispiace," sussurrò. "Io ti amo. Sapevo cosa volevi prima, e non mi importava di come ti sentivi. Rinoa, io non ho bisogno di figli. Ho solo bisogno di te. Se vuoi un bambino, ci sono sempre altre soluzioni. La verità è che avevi bisogno di supporto e io non potevo dartelo. È che parlare di impegni... di una famiglia, mi spaventa. Non so cosa ci riserva il futuro. Ma l'unica cosa che so e è che tu ne farai sempre parte."

"Tu mi ami," quasi ridacchiando al suono estraneo di quelle parole.

"Sì... non dovresti essere così sorpresa," replicò lui con un insolito sorriso.

Lei lo tirò a sé gentilmente e gli diede un bacio profondo e appassionato e, quando si separarono, lei infilò una mano nei suoi capelli sudati.

"Ti amo anch'io," replicò, guardando dentro la sua anima.

Lui le diede un bacio veloce sulla fronte prima di alzarsi, mettendo giù le gambe sul pavimento.

"Andiamo, non voglio lasciarti indietro. Vorresti aiutarmi a riunire qualche pietra magica?"

Lei fece un cenno del capo in segno di approvazione, e raccolsero i loro vestiti, sparsi tutti intorno al veicolo, addirittura fuori del veicolo. Si vestirono in silenzio, e quando Rinoa fu completamente rivestita, camminò verso di lui, prendendogli la mano.

"Squall..."

"Sì," rispose.

"Io... mi dispiace aver detto quelle cose su tuo padre. Non le pensavo veramente."

"Guarda, quello che ha fatto è sbagliato. Io non abbandonerei mai la mia famiglia... "

*~*~*~*~*

La fiamma ruggiva nella piccola capanna a Trabia. Il crepitio della legna fece abbassare il fuoco facendola uscire da quello stato di trance. I ricordi di quel giorno sarebbero rimasti per sempre, era giusto così. Loro erano giusti così. Con uno scatto improvviso, Rinoa rimise il ceppo dentro al fuoco con l'attizzatoio. Ricordava precisamente le parole che Squall le aveva detto quel giorno, "Io non abbandonerei mai la mia famiglia." Al solo pensiero le venne la nausea; stava mentendo. L'ironia della situazione la fece ridere. Non solo il figlio era diventato come il padre, ma lo aveva addirittura superato; Laguna non avrebbe mai preso in giro Raine. Era sicura di questo. Squall avrebbe potuto imparare qualcosa dalla lealtà che possedeva suo padre, ma era inutile sperarci.

Controllò il fuoco un'ultima volta prima di prendere la piccola pillola e sdraiarsi sul letto polveroso, coprendosi. Le fiamme le offrivano calore, conforto. Rinoa voleva dormire lì per almeno due notti. Doveva guadagnare tempo prima di spostarsi con il suo veicolo; nascondersi nel bosco era stata una copertura perfetta. I SeeD potevano essere a Trabia, un rischio che lei non voleva correre. In qualche modo doveva andare a Dollet, per cercare Alexandra. Doveva proteggere Ally ad ogni costo, persino con la sua vita.

*~*~*~*~*

Quando ho potuto fare la facile scelta tra un sì ed un no, ho preso una decisione sbagliata. In qualche modo, ho pensato veramente che un ‘sì' poteva trasformare la mia vita nella favola che ho sempre sognato. Squall ha imparato ad amare... ora può imparare ad amare me. Per molti anni l'ho visto crescere, l'ho visto maturare. Io mi sono innamorata di quel ragazzo, non dell'uomo che è diventato. Lo vedevo come un bambino che desiderava essere protetto, che smaniava di essere coccolato. Mi sbagliavo. Oggi l'ho visto per la prima volta. L'ho visto attraverso gli occhi di un'adulta, non di un'adolescente infatuata.

Ho fallito, semplicemente. Il rifiuto è la cosa più difficile che ci può capitare nella vita; è nella natura umana sfuggire l'idea del fallimento. Quando eravamo bambini ci hanno insegnato a dare del nostro meglio e che sarebbe sempre bastato. È una bugia, un'illusione creata da chi ci sta attorno per nasconderci le nostre imperfezioni. Nessuno aspira a fallire, nessuno cerca di fallire, anche se intorno a noi ci sono già i segni di fallimento. Ogni rifiuto, ogni rigetto ci porta dentro la più profonda solitudine. Il segreto è uscirne fuori prima che ti sotterri.

Impara da tutto questo... e vai avanti. Ma verso cosa andiamo? Questa è una domanda che non avrà mai risposta. Quando uno ha passato la sua intera esistenza su una cosa che si rivela una fantasia, per Hyne, cerca la sua forza interiore... e prova ad andare avanti. Per quanto possa far male, per quanto possa ferire, e per quanto non si desideri nulla più che abbandonarsi al dolore, vai avanti. E basta.

L'ex-istruttrice sedeva sul piccolo letto, inadatto anche per una sola persona. Vivere a stretto contatto con il mare era qualcosa di estraneo a lei, come lo era qualsiasi altra maniera di vivere al di fuori del Garden. Quelle imbarcazioni non erano altro che mezzi di trasporto per il personale militare. Usate solitamente dal governo Galbadiano, i confort, per usare un eufemismo, erano veramente scarsi. Non era lussuosa come le altre navi, le piccole cabine erano in grado a malapena di contenere una cuccetta quadrangolare. C'erano anche altre stanze a bordo per dare ai quattro viaggiatori una camera separata. Sì, lei aveva bisogno di parlare: chiacchierare era un modo per sentirsi viva.

L'oscurità fuori della finestra rifletteva soltanto i sentimenti del suo cuore, come un sosia che la fissava direttamente nell'anima. Il pendente con Griever era pesante al suo collo, ma era una sensazione bene accetta. Occasionalmente muoveva le sue dita dove doveva esserci la sua fede nuziale... segno di vecchi ricordi. Quistis legò i suoi lunghi capelli con un elastico per riuscire a vedere meglio tutti i fascicoli che si trovavano sparpagliati sul suo letto.

Qualcosa non andava. Se fosse stata la serie degli eventi degli ultimi giorni, il vuoto opprimente, l'incarico di Bennett o una grottesca combinazione di quei tre elementi lei non lo sapeva. L'unica cosa che sapeva era che tutto sarebbe stato diverso; la sua vita sarebbe stata diversa. Rimettere a posto tutti i pezzi sarebbe stato doloroso, ma lei era forte. Lei doveva ancora restare nella SeeD, ora come ora era il suo unico conforto. Quistis alzò la testa appena sentì un rumore di passi sulla passerella metallica lì fuori.

Senza aspettare che bussassero, Quistis urlò allo sconosciuto compagno di viaggio di entrare. Lauren aprì la porta, inizialmente con un po' di apprensione, prima di incontrare lo sguardo dell'occupante della cabina.

Bene, pensò Quistis. È il minore dei tre mali.

"Professoressa Leonhart," cominciò la ragazza, prima di essere bruscamente interrotta.

"Quistis," la corresse, non era più un'insegnante da molto tempo e non avrebbe avuto ancora a lungo il titolo di Signora Leonhart.

"Oh... okay Quistis," affermò Lauren piuttosto perplessa. "Ho appena ricevuto un telegramma dal Garden. Siamo stati informati che Renee Bennett è morta questo pomeriggio."

"Oh Hyne, povera donna, non ha più rivisto sua figlia, prima di... prima di morire."

"Sì, stavo pensando a quanto deve essere difficile, per non parlare di quanto debba soffrire suo marito. Prima la loro figlia è stata sequestrata, e ora sua moglie non c'è più. Che condizione miserabile."

"Lauren, hai perfettamente ragione. Non posso immaginare come ci si possa sentire ad attraversare due situazioni traumatiche come queste. I documenti che abbiamo dicono che sua moglie è malata da un po' di tempo. Penso che l'ansia sia stata troppo dura da sopportare, per lei."

"Il Consiglio Mondiale voleva informarci che intendono approfondire le indagini. Volevo dare questa comunicazione al Comandante Leonhart."

Quistis si voltò verso l'oscurità della finestra. "Se sei venuta a chiedermi dov'è il Comandante, non lo so. Credo che sia fuori con quest'aria gelida, è solo una logica supposizione, conoscendolo." La SeeD dai capelli castani cominciò a chiudere la porta. "Ehi, Lauren," chiese Quistis, quasi ripensandoci. "Perché approfondire le indagini ora, dopo che la signora Bennet è morta? Non avrebbero dovuto iniziare da subito con indagini a tutto campo?"

"Non lo so pr... Quistis. Ho appena ricevuto la notizia da Selphie. Forse il Consiglio vuole comunque dare qualche speranza a Richard Bennett."

"Sì, penso che tu abbia ragione. Solo mi sembra che coinvolgere sia il Garden di Trabia che quello di Balamb in un caso di rapimento sia... beh, non certo protocollo. Evidentemente essere un delegato del Consiglio Mondiale aiuta, questi bastardi non hanno niente di meglio da fare che intervenire nelle vite altrui."

Lauren aveva abbastanza buon senso da non chiedere ulteriori dettagli; il rispetto le aveva insegnato a non farlo. Ad ogni modo, si interrogò sul significato dell'ultima frase di Quistis. Dopo che Lauren ebbe lasciato lo scompartimento, Quistis continuò ad esaminare i fascicoli che giacevano sul suo letto. Ora le interessava ancora di più non solo trovare Rinoa, ma anche risolvere il caso di rapimento. Quistis non poteva immaginare una perdita peggiore che quella di un figlio; anche la sua situazione sembrava irrilevante, a confronto. Sentì di nuovo l'eco di alcuni passi sulla passerella metallica. Immaginando che Lauren avesse dimenticato qualcosa, si aspettava che la porta si aprisse di nuovo... e così fu. L'unica cosa che non si aspettava era l'uomo che stava nello stretto corridoio.

"Seifer..." disse con ostilità. "Non ti hanno insegnato a bussare?"

"Sì, ma se lo facessi che divertimento ci sarebbe?"

"Sei uno stupido," rispose lei, mettendo i fogli dentro la sua cartelletta.

"È sempre un piacere vederla, Signora Comandante."

"Seifer... no." Lei lo pregò con gli occhi.

Lui andò verso il letto. Era troppo piccolo persino per una sola persona, e tuttavia era appropriato per due persone sedute, se uno non voleva sedersi ben diritto. Appoggiò la sua mano destra sulla spalla di lei, guardandola sinceramente nei suoi penetranti occhi blu.

"Mi dispiace, Quistis, potevo evitarmela."

Lei gli sorrise, anche se per un solo istante. "Posso aiutarti o sei venuto solamente per rendermi la vita miserabile?"

"Veramente," disse lui con un sorrisetto, "non sei ancora venuta su per cena. Anche se cena è una parola un po' grossa su questa bagnarola. Sembra più la razione di un prigioniero militare, pane e acqua sarebbero più invitanti. Ma io... io non volevo che restassi senza cena e così ti ho portato questo."

Le tese una mela rossa, evitando di guardarla.

Quistis rise leggermente, "Seifer, io non sapevo che ti preoccupassi per me. Ma sei un po' troppo vecchio per portare una mela alla tua ex-maestra."

"Come vuoi."

"Oh, non anche tu... penso che una sola persona verbalmente repressa sia già abbastanza, per me."

"E Fujin?" scherzò Seifer.

Quistis rise. Per la prima volta da Dio solo sa quanto, stava ridendo davvero.

"Mi correggo signor Almasy, due persone verbalmente represse nella mia vita sono abbastanza. Seriamente, che cosa ti porta qui da me? Sei un po' fuori strada, qui. Pensavo che tu e Squall voleste riabbracciarvi dopo tutti questi anni."

"Giusto, sono sicuro che lui ha così tanto da dividere con me. A dire il vero, l'ho appena lasciato a deprimersi sul ponte. Sono sicuro che sprecherà una gran parte della serata, trovando appena il tempo per restare imbronciato, fremere e rimuginare."

"Perché Seifer, perché sei tornato solo dopo cinque anni?" Gli chiese lei completamente seria.

"Non lo so. Sicuramente non è stato per 'Mister Personalità'. Magari volevo rendermi utile, ho molte cose di cui farmi perdonare."

"Così, dopo due anni dalla scomparsa di Rinoa, sei tornato dal nulla, proprio quando il Consiglio ha deciso di approfondire le indagini? A me sembra una contraddizione, c'è qualcos'altro che dovremmo sapere, un altro motivo che ti porta qui?"

"Niente che potresti capire... o in realtà, credere," disse in un soffio.

"Mettimi alla prova, Seifer. Penso di poter credere a qualsiasi cosa, ora come ora."

"Uhm... bene." Seifer era a disagio. Anche Quistis poteva benissimo raccontare le sue apprensioni al proposito. Il suo primo pensiero fu uno su cui si trovò momentaneamente ad affliggersi - turbata o gelosa, non importava poi tanto.

"Tu sei ancora innamorato di Rinoa," disse Quistis senza emozione. "Ammettilo."

"Io non sono innamorato di Rinoa," la corresse rudemente. "Forse tengo ancora a lei, ma ti posso assicurare che non sono innamorato di lei. Ad ogni modo, quando passi cinque anni da solo, praticamente solo, pensi a molte cose che ti sono successe. Gli errori del passato, quegli sbagli che ti tengono sveglio ogni notte e ti perseguitano nei sogni... può essere devastante."

"Capisco," disse lei, comprensiva. "Lo capisco anche troppo bene."

"È quella parte dei miei sogni che mi fa paura." Seifer cercò di far ironia sulla situazione. "Se non fosse sempre per quei maledetti sogni. Prima volevo essere il Cavaliere della Strega ad ogni costo. Ora il sogno è più vivido, più reale, non riguarda un titolo o un ruolo, ma salvezza e redenzione. Non riesco a spiegarmi. So soltanto che Squall, Rinoa, tu ed io siamo parte della visione. Penso che stiamo lavorando insieme, combattendo contro una specie di drago. Non chiedermi niente di quella bestia, non potrei descrivertela. Non ha niente a che vedere con i nemici che abbiamo incontrato finora, è sconosciuta persino nel mondo delle bestie. Tutto quello che so è che... è veramente malvagia. Il mostro è come di bronzo, con dei penetranti occhi neri. Un nero così cattivo che sembra rubi la forza vitale attorno a lui."

"È qualcosa che proviene da un'altra dimensione, un altro tempo, come Ultimecia?"

"No." Si vedeva chiaramente la preoccupazione sul suo volto; qualcosa che sapeva turbare a quel punto un uomo come Seifer doveva essere davvero rivoltante. "Non so cos'è e non so cosa rappresenta. Per qualche strana ragione lo sento come un camaleonte che si trova in mezzo a noi; prospera solamente sull'agonia altrui. Non posso spiegarti questa sensazione, anche se volessi."

"Seifer, va tutto bene?"

"Sì, tutto bene. Spero che quei sogni finiscano presto, non riesco a dormire la notte perché ho paura che ricomincino gli incubi. Voglio solo che la tortura finisca. Qualcosa mi ha portato qui, di questo sono sicuro."

"Mi dispiace. So cosa significa vivere con incubi del genere, anche se i miei sono più manifestazioni del senso di colpa che mi sta divorando. Ora lo capisco. Mi ritrovo sveglia nel cuore della notte, a rivivere tutti gli eventi della mia vita; e cerco di immaginare cosa avrei potuto fare meglio. Come avrei potuto salvare Ellione, come avrei potuto salvare Rinoa, come avrei potuto salvare me stessa."

Seifer si alzò dal letto, sfiorando col pollice la pelle vellutata di Quistis, come ad asciugare lacrime invisibili. Sorrise vagamente. "Due giorni fa, sulla spiaggia di Balamb, mi hai detto che non sapevo come ci si sentisse ad amare qualcuno che non ti avrebbe mai ricambiato. Beh, forse lo so."

"Rinoa?" chiese ad alta voce, anche se dentro di sé la speranza di un'altra risposta sera forte. Non sapeva perché, in fondo la razionalità non era un'emozione. Una parte di sé si trovava bene con quell'uomo, ed era una sensazione che non aveva mai provato prima. Forse le circostanze li avevano costretti a stare insieme, due anime perdute che provavano a cercare il loro destino. Due anime perdute che cercavano la casa che non avevano mai avuto, in un mondo completamente estraneo per entrambi.

"Sei davvero fissata su quell'argomento, non è vero? Beh, devo darti una brutta notizia, non sono tutti innamorati di lei. C'è tanta gente, lì fuori. A ognuno il suo tempo, credo."

Per qualche ragione sconosciuta anche a se stessa, Quistis si alzò lentamente dalla branda. Con la mano di Seifer ancora ferma sulla sua guancia, alzò la propria ad accarezzare il suo viso. Quanto tempo era passato da quando qualcuno le aveva permesso di toccarlo, di avvicinarsi così? Da quanto tempo desiderava di toccare qualcuno allo stesso modo? Prima che la ragione potesse prendere il sopravvento sulle sue emozioni, colmò la distanza che c'era tra loro, sfiorando con grazia le proprie labbra contro le sue. Neanche lui poté aspettare più a lungo, alla fine, e approfondì con passione quel bacio. Lei rimembrò un'emozione estatica, da tanto tempo persa e dimenticata, un sentimento così devastante da far svanire ogni razionalità, ogni giudizio. Lui ricambiò febbrilmente quella stessa emozione, avvicinando il corpo di lei al proprio.

*~*~*~*~*

Lauren trovò Squall seduto su una panchina, abbastanza vicino a dove Quistis pensava che fosse. Aveva lo sguardo perso tra le stelle, e memorizzava ogni singolo bagliore del cielo. Cercando i segni della possibilità, un'indicazione del destino a lungo sfuggita, il fato gli aveva porto l'occasione molti anni fa. La nebbia si era alzata per parecchi chilometri, rivelando un luccichio di stelle nella scura coltre della notte. L'aria era gelida; più si avvicinavano a Trabia, più avrebbero risentito del cambio di temperatura.

"Comandande Leonhart," Lauren parlò con una certa sicurezza, "ho ricevuto una comunicazione telegrafica da Selphie."

"Va' avanti."

"Renee Bennett è deceduta questo pomeriggio. Il Consiglio vuole intensificare le indagini. Molti delegati saranno al funerale questo venerdì. Al momento, la loro intenzione è quella di raddoppiare il numero di SeeD attivi su questo caso, e hanno chiesto a Balamb di mandare ulteriori rinforzi."

"Ha sofferto molto?"

"Sofferto, Signore?" Lauren lo interrogò prima che il contesto dell'affermazione del comandante le fosse chiaro. "Oh, la signora Bennett... sono certa che stesse soffrendo per via della malattia, ma le avranno probabilmente somministrato i suoi medicinali per alleviare il dolore."

Squall annuì. "Ma sicuramente la malattia non le causava lo stesso dolore per la perdita della persona che amava, nessun farmaco avrebbe potuto lenire quella sofferenza." Squall si alzò dalla panchina, alla ricerca della momentaneamente perduta stabilità sulle sue gambe. Un pensiero effimero attraversò la sua mente, perché raddoppiare gli sforzi dopo la sua morte? Perché non prima, per assicurarsi una copertura integrale del caso? Veloce così come si era presentato, lo ripose in un angolo della sua mente. "Sei congedata, Lauren. Va' pure a riposarti."

La piccola scala della barca era insieme imbarazzante e scomoda. Squall si ritrovò a camminare lateralmente e a chinarsi per evitare di colpire la ferraglia pendente sopra di lui. Quelle navi non erano assolutamente disegnate per uno scopo che non fosse quello del trasporto di grandi quantità di soldati... soldati bassi, per giunta. Trovò la cabina assegnata a Quistis e aprì la porta. Per un istante, fu immobilizzato dallo shock. Le parole gli sfuggirono per parecchi secondi mentre guardava stranito le due figure intrecciate. Non essendo una persona provvista di tatto, o adeguato alle situazioni difficili, Squall annunciò, "Seifer, quando hai finito con mia moglie, ho bisogno di parlarle." Chiuse la porta, tentando di bruciare quell'immagine e di eliminarla dalla sua memoria.

I due avevano sospeso il loro bacio da qualche parte dopo quell'interruzione; neanche avevano notato l'ingresso del comandante, o da quanto tempo era lì a guardarli. Seifer guardò Quistis, cercando di decifrare invano l'espressione dei suoi occhi. Il momento era decisamente inappropriato e provava i suoi nervi. La donna finalmente smise di guardare la porta di metallo, tornando a guardare Seifer.

Rise.

Seifer, incerto su come reagire, restò in silenzio fino a quando Quistis non si avvicinò a lui, abbracciandolo. Appoggiò la sua testa sul petto di lui, continuando a ridere irrefrenabilmente. Finalmente, Seifer si lasciò andare all'ironia della situazione, e anche lui cominciò a ridere e a restituire quel caldo abbraccio.

*~*~*~*~*

Il treno oscillava ritmicamente con una certa grazia, fornendo in un certo qual modo aiuto ai passeggeri per il loro riposo. Anche se erano solo le otto di sera, il lungo viaggio li aveva spossati. Irvine finalmente era scivolato in un sonno leggero mentre Zell russava profondamente. Il sonno del lottatore era come quello di ogni altra notte. Inconsciamente, cominciò a rivivere la terrificante catena di eventi che aveva imparato a conoscere negli ultimi mesi.

Il sogno iniziò allo stesso modo delle altre volte, le pianure di Balamb, il lago dalle acque cristalline, e il sangue, tanto sangue. Ogni dettaglio era come cesellato nella sua mente, e ogni paura richiamata con facilità quando si svegliava. Il sogno, le visioni, erano un tutt'uno con la sua vita normale. Zell poteva essenzialmente mostrare gli eventi con un'accuratezza non da poco, anche quando era sveglio. Finalmente, gli ultimi eventi della tragica scena si mostrarono nel suo sognare. Accolse la possibilità di fuga che gli permetteva di tornare nel mondo reale. Si svegliò con un sussulto e il treno fischiò lieve, mentre l'aria compressa veniva utilizzata per attivare i freni.

Tuttavia, questa volta era diverso. Non aveva mai avuto l'incubo così presto, e l'orologio segnava sempre le 4:27 del mattino quando si svegliava. I numeri a neon rossi erano diventati un piccolo conforto dopo quelle immagini ricorrenti. Erano sempre il primo segno del ritorno alla realtà. Questa volta non c'erano numeri rossi né orologi digitali. Scosse la testa, tentando di scacciare le ultime tracce di sonno dalla sua testa, e sentì un leggero crepitio contro il suo piede. Da qualche parte durante il viaggio, i pezzi dei biglietti strappati erano caduti, causando quella lievissima pressione contro il suo calzino. Il suo primo pensiero fu quello di lasciare i brandelli di carta lì dov'erano, tanto sicuramente ci sarebbe stato un inserviente per pulire queste cose e che avrebbe dovuto meritarsi il proprio stipendio, dopotutto. Ad ogni modo, prevalse la sua buona educazione, e si chinò per gettarli nel cestino.

Chissà se per destino o per casualità, l'occhio gli cadde sui pezzi di carta... e qualcosa catturò la sua attenzione. Come un rimpiazzo numerico dell'orologio digitale, i biglietti indicava il numero del treno, 427. Era stato Zell a comprare i biglietti per il treno sbagliato. Una sensazione improvvisa percorse il suo corpo, assolutamente indescrivibile. Non più controllato dai propri pensieri, sembrò che un'invisibile forza lo guidasse mentre gridava a Irvine, ancora addormentato.

"Oh merda, Irvine, è questo! L'ho trovato!" gridò Zell a pieni polmoni.

Irvine si svegliò, guardando il lottatore con un'occhiata disgustata, "Trovato cosa?"

"Non lo so, ma so che è qui, qualunque cosa sia!"

"Bene... davvero."

Zell saltò letteralmente dal proprio posto mentre il treno si fermava in stazione. Si ritrovò a spintonare l'orda di passeggeri del treno lontano dalla propria strada, cercando qualcosa... che non conosceva. I viaggiatori lo insultavano e borbottavano, e alcuni addirittura ricambiarono il trattamento loro destinato. Zell non avrebbe rinunciato alla sua ricerca, qualsiasi essa fosse. Raggiunse il primo scompartimento, setacciando attentamente il vagone. Una donna stava scendendo dal treno e il macchinista la stava aiutando a scendere sul binario. Non poteva vedere la sua faccia, solo i capelli scurissimi. Qualcosa di lei gli era familiare, qualcosa che lo stava attirando.

Aprì la più vicina uscita di emergenza, spegnendo allarmi e scampanellii attraverso i vagoni. Correndo verso la direzione in cui si era avviata la donna, si fermò all'improvviso mentre si avvicinavano dei soldati. Truppe di Galbadia erano a Dollet in quel momento... in quello che doveva essere un periodo di pace, e perdipiù sorvegliando la stazione ferroviaria a quell'ora della notte? Poi la verità lo colpì in pieno, come una caccia che termina all'improvviso dopo mesi, anni di ricerche. Era necessario che fosse lì, era il fato ad averlo deciso.

Continuò ad avanzare, prendendo nota della disposizione dei soldati all'interno della stazione. Guardandosi intorno alla ricerca di Irvine, si imbatté inaspettatamente in qualcuno. Cominciò la rituale e insignificante tiritera di scuse, e poi vide lei, la stessa donna che aveva visto nel treno. E subito dopo vide loro, i soldati che si avvicinavano alla sua posizione con aria minacciosa. E infine vide la bambina, quella bambina attentamente avviluppata tra le braccia della donna. Allison.

*****
Note delle traduttrici: i capitoli dall'1 al 22 sono stati ripubblicati in seguito a una pesante revisione e a tratti una ri-traduzione ad opera di DefenderX e mia. Le ragioni di questa ripubblicazione sono spiegate nelle note del capitolo 23.
Citazione di apertura: come già specificato dall'autrice, si tratta di un aforisma di Einstein.
La tragedia della vita
è ciò che muore dentro l'uomo mentre egli vive ancora.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 12
*** XII. Scontro ***


A moment is a concentrated eternity.
--Ralph Waldo Emerson

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ XII. SCONTRO ~

Cosa succederebbe se tutto quello per cui sei stato addestrato, tutto quello che hai trascorso la vita a conquistare conducesse ad un solo secondo determinante? Un enigma cumulativo di tutto quello che hai fatto; un istante significativo, un'opportunità di prendere la decisione giusta. Pezzi di un puzzle senza uno schema; una mappa disegnata, ma non compresa. Zell era ad un bivio, ma avrebbe capito in tempo la risposta? Pezzi e frammenti di immagini, di eventi si erano ripetuti nel suo subconscio negli ultimi mesi. In qualche modo, lui era la chiave.

Vide la bambina che dormiva profondamente tra le braccia di Alexandra. Sentì i soldati che guadagnavano distanza su di lui e sentì le loro grida di farsi da parte; sentì i loro moniti e un sentimento irreale lo avvolse. Uno dei Galbadiani impugnò l'arma mentre l'altro avanzava. Anche loro cercavano Alexandra, e la bambina, Allison. Guardò gli occhi marroni della donna volgersi con uno sguardo di dispiacere, di rimorso. Zell era così vicino a riunire la bambina ai suoi legittimi genitori, eppure poteva sentire l'amarezza in bocca. Come poteva un essere umano rapire un bambino? Questo non era un atto di compassione.

Senza esitazione, l'esperto di arti marziali afferrò la bimba dormiente dalla donna; giurò che nessun male sarebbe più stato fatto a quella creatura innocente. La rapitrice non si aspettava l'arresto, e nella situazione in cui si trovava Alexandra non aveva nessuna possibilità di fuggire. Non poteva combattere. Era al corrente dei rischi ed era più che disposta a correrli. Si abbandonò sconfitta contro il pavimento, mentre Zell faceva numerosi passi indietro. Irvine affiancò il suo compagno, guardando lo svolgersi del dramma. La guardia che avanzava si avvicinò alla donna e le tirò un calcio, forte.

La donna guardò la bambina ora sveglia mormorando, "mi dispiace, Allison."

Guardando la piccola tra le sua braccia, Zell la strinse forte. La rapitrice non mostrava alcun segno di rimorso, solo di fallimento. Se Zell voleva che andasse a finire come era finita, perché ora era così afflitto? Poi notò il secondo soldato con la pistola ancora puntata, che annuiva al primo uomo. L'uomo afferrò Alexandra per i capelli, tirandola in piedi. La seconda guardia fece un altro cenno, una comprensione silenziosa passò tra i due soldati Galbadiani.

Chiedendosi perché il soldato non abbassasse l'arma, l'esperto di arti marziali esaminò l'assalitrice già in arresto. Poi lo vide. Qualcosa di invisibile la prima volta che l'aveva vista. Qualcosa di straordinario. Una piccola catena dorata le era uscita dalla maglia, quando era stata tirata su dal pavimento della stazione. Quegli uomini non erano là per riprendersi la bambina; erano là per uccidere Alexandra. Zell passò velocemente la bambina ad Irvine, che rimase confuso dall'improvviso movimento del suo imprevedibile compagno.

Zell guardò come al rallentatore mentre il soldato armava la pistola, pronto a giustiziare la donna. Spiccò un salto davanti ad Irvine calciando via l'arma dalla mano del soldato, e guardò mentre l'arma volava sotto al treno fermo. Riuscendo ad atterrare il soldato, corse ad aiutare la donna, ancora scioccata. Irvine si sentiva impotente mentre teneva la bambina, cercando di proteggerla dal dramma che li circondava.

L'altro soldato puntò la sua arma contro Zell mentre balzava in avanti. Con la fitta di dolore del proiettile che gli penetrava nella spalla, solo l'adrenalina gli dava la forza di continuare l'attacco. Atterrò la seconda guardia allontanando anche la sua arma. Alex afferrò velocemente la pistola puntandola contro il soldato.

"Dobbiamo andarcene di qui!" gridò. "Prendete Allison!"

Irvine teneva ancora stretta la bimba e afferrò una borsa che la donna aveva portato. Zell continuò ad ignorare il dolore nel braccio colpito, afferrando la mano di Alexandra con quello sano. Continuarono a correre fuori dalla stazione, finendo in un piccolo vicolo.

Irvine passò di nuovo la bambina alla donna mentre controllava la ferita del suo compagno. Alla fine fu in grado di chiedere "Cosa diavolo stai facendo, Zell? Non sai cosa hai appena fatto!? Questa donna ha rapito una bambina, e noi l'abbiamo appena aiutata!"

"No Irvine" ansimò, senza fiato, "questa donna ha salvato una bambina e noi l'abbiamo aiutata."

"Di cosa stai parlando?"

Zell sorrise leggermente, nella sua agonia, indicando la collana della donna, "guarda".

Irvine si voltò per guardare la collana, da cui pendeva un piccolo anello. Si avvicinò a lei, nell'oscurità del passaggio.

"Oh Hyne."

Le uniche parole che fu in grado di pronunciare quando, anch'egli, vide la delicata copia dorata di Griever.

*~*~*~*~*

"Volevi vedermi?"

Squall gettò la sigaretta fuori bordo mentre si voltava verso di lei. "Volevo farti sapere che ci saranno molti ufficiali in arrivo a Trabia nei prossimi giorni. Il funerale di Renee Bennett sarà questo venerdì. Ho pensato che forse Seifer avrebbe dovuto essere cauto, ma non sapevo allora che era sotto la tua personale protezione."

"Squall, non farlo" implorò.

"Quistis, non mi interessa proprio," replicò, ostentatamente indifferente all'argomento.

"Grazie, è solo che è successo, più o meno."

"Sì, questa cosa del successo, più o meno può davvero metterti nei guai a volte."

"Starò attenta. Sono grande ormai, non ho bisogno di protezione," controbattè lei.

"Non ho mai detto che ne avevi bisogno. Volevo che tu fossi la prima a sapere che ho preso la decisione di lasciare il Garden. Non importa come va a finire, non importa se è viva o morta. Non posso più essere uno di loro. Niente più giochetti, niente più bugie."

Quistis si avvicinò alla ringhiera, mentre i brividi per l'aria della notte le correvano lungo la schiena.

"Ti direi di non farlo, ma onestamente non vedo la necessità di rimanere io stessa. Dove andrai?"

"Credo che dipenda da come vanno le cose. Devo rimanere al comando il più a lungo possibile. Ogni piccola informazione che raccolgo potrebbe essere fondamentale."

"Squall, pensi che sia morta?"

"No... credo davvero che lo saprei, se fosse morta. Sembra bizzarro, ma a dire il vero, sento che è vicina, più vicina che negli ultimi due anni. Spero che sappia che la sto cercando. Spero che mi trovi."

"Sono sicura che lo farà, Squall."

*~*~*~*~*

La notte venne e se ne andò; così era il cerchio della vita. Il mattino successivo era sereno, ma una possibile tempesta si era alzata dalla costa occidentale. Trabia appariva come ogni altro giorno, nulla di speciale, e nulla di insolito. Renee Bennett, la moglie dell'uomo più potente di Trabia, era morta solo il giorno prima. Se tutto andava bene, avrebbero avuto un intero giorno per le indagini prima che arrivasse sul continente gelato compagnia indesiderata.

Squall osservò l'orizzonte mentre la barca si avvicinava al molo. I meccanismi interni fecero vibrare l'intera imbarcazione mentre i motori si fermavano. La città aveva il suo fascino, se si riusciva a trovarla sotto i vari livelli di neve pungente. Squall non era tipo da freddo rigido, né da sistemazione isolata.

La rinascita del Garden di Trabia aveva portato commercio alla piccola città di minatori. Inoltre, l'accidentale scoperta di petrolio aveva avuto un peso importante sul recente sviluppo economico. In cinque anni la piccola città aveva visto la sua popolazione crescere fino a diventare trenta volte tanto, la maggior parte attratti dalla possibilità di lavoro, altri dalla prospettiva di arricchirsi. Richard Bennett era tra gli ultimi. Squall lo riconobbe grazie alle riunioni del Consiglio, ma non si era mai preso la briga di conoscerlo. Non che Squall si prendesse la briga di conoscere qualcuno.

A dire il vero, era quasi sorpreso che il dignitario avesse una moglie e una figlia, se ne era parlato molto poco. La prima cosa che il SeeD avrebbe fatto sarebbe stata andare a casa sua, per offrire le diplomatiche condoglianze di rito.

"Come sto? Mi son sempre chiesto come ci si sarebbe sentiti con una di queste addosso. Lascia che te lo dica, non sono impressionato," brontolò Seifer, salendo da sottocoperta.

Fece un gesto verso l'uniforme SeeD che stava indossando, mescolandosi agli altri.

"Non pensavo che avrei vissuto fino a vedere il giorno in cui avresti indossato un'uniforme della SeeD, Seifer Almasy. Credo che questo sia davvero un segno della fine del mondo," ringhiò Squall di rimando.

"Oh, Comandante Leonhart, credo proprio che quella fosse una battuta. Una brutta battuta, ma almeno ci hai provato. Hey, lascia che mi presenti, secondo quanto dice il mio cartellino di identificazione, devi chiamarmi Nicolas Jackson. Non sei molto creativo riguardo ai nomi, vero Squall?"

"Ad ogni modo, cosa diavolo vuoi, Nicolas?"

"Beh, sono qui per dirti che Quistis e Lauren sono pronte a sbarcare. Lauren dirigerà l'interrogatorio riguardo al rapimento, così saremo liberi per altre ricerche."

"Bennett vive qui vicino, non più lontano di un isolato."

"Squall, non rischierò di incontrarlo. Lauren ha accettato di venire con te. Quistis e io andremo a controllare quel negozio di antiquariato dove ha comprato gli anelli. Oh, per quello che può importare, non fidarti di Bennett."

"Perché dici così? Mi sembra che stia affrontando una situazione estenuante in questo momento, ha tutta la mia simpatia."

"La tua simpatia è mal risposta, allora. Conosco i serpenti, io striscio tra loro. Ti sto solo dicendo che quell'uomo non è come appare. Io non mi fido di lui."

"Proprio tu lo dici? Non credevo che ci fosse qualcuno peggiore di te da guardare dall'alto in basso, signor Almasy."

I quattro si riunirono sulla banchina di Trabia, controllando le direttive dell'ultimo minuto. Squall sentì l'inspiegabile bisogno di raggiungere la casa di Richard Bennett. Disse a malapena una parola alla sua compagna, ma il Comandante non era certo famoso per le sue abilità di conversazione.

La residenza era di dimensioni considerevoli, equivalente alla magione di Caraway. La casa era di recente costruzione, non più vecchia di due anni, in coincidenza con l'elezione di Bennett nel Consiglio. Per una città modesta, una casa del genere sembrava fuori posto con i suoi elaborati cancelli di ferro e allarmi di sicurezza. Mentre si avvicinava, Squall notò le varie stalle sul lato est del terreno, con una vasta area boscosa che circondava gli edifici. Numerosi Chocobo purosangue erano fuori; senza dubbio, quest'uomo si dilettava nell'allevamento.

Una delle cameriere aprì la porta, e vedendo le loro uniformi offrì loro immediatamente di entrare.

"Comandante Squall Leonhart del Garden di Balamb, per vedere Richard Bennett," disse nella voce il più dignitosa possibile. La cameriera stava per annunciarli, quando all'improvviso una voce chiassosa tuonò dalle scale.

"Cosa diavolo ci fa qui, Comandante Leonhart?"

Squall riconobbe immediatamente Lord Bennett, un titolo riconosciuto alla sua famiglia dagli ultimi reali di Trabia. Un lignaggio ora del tutto dimenticato. L'uomo era comodamente dieci anni più vecchio di Squall, i capelli neri e gli occhi minacciosi. Sembrava senza dubbio non felice di vedere il Comandante, cosa che era un enigma, dal momento che sua figlia era sparita.

Squall ricordò l'affermazione che Seifer aveva fatto prima; gli attraversò improvvisamente la mente. Ammise che c'era qualcosa di strano in quella situazione, nell'atteggiamento dell'uomo. Il Comandante era sorpreso da quanto velocemente si fosse messo sulla difensiva dopo la domanda di Bennett, invece che essere sull'offensiva secondo le norme degli interrogatori.

"Delegato Bennett, sono stato mandato dal Presidente Jefferson Mitchell per sorvegliare la ricerca di sua figlia."

"Mia moglie è morta ieri. Non ho tempo per le domande," ribattè l'uomo.

"Signore, lo sappiamo bene. Il Consiglio Mondiale e la Repubblica di Galbadia le offrono le loro più sentite condoglianze. Non la tratterrò a lungo. Siamo qui per indagare su una donna che lavorava per lei, Alexandra Williams."

L'uomo si avvicinò a Squall, che era ancora perplesso per il comportamento dell'altro.

"Vuole sapere di quella puttana e di mia figlia? Domandi ai suoi fottuti SeeD."

"Mi perdoni signore, con tutto il dovuto rispetto.... non mi parli mai più in quel modo. Non capisco da dove arrivi la sua ostilità, ma non sfoghi la sua rabbia su di me o sui miei uomini."

"Allora mi dica perchè i suoi dannati uomini sono stati visti con lei, ieri, nell'impero di Dollet? Non solo l'hanno vista, ma hanno anche impedito il salvataggio di Allison, mia figlia," ribattè rabbiosamente in faccia a Squall.

"Signore, sono sicuro che le sue informazioni non siano corrette. Nessuno dei miei uomini è attualmente inviato nella regione di Dollet."

L'uomo più anziano aprì una cartella, passando allo sconcertato Comandante una fotografia, chiaramente scattata da una telecamera di sicurezza. Squall si trovò sbalordito. Sulla carta, inequivocabilmente come il nero e il bianco, c'erano i membri della sua squadra di investigazione, Zell ed Irvine, quest'ultimo che teneva in braccio quella che sembrava una bambina. Zell stava apparentemente trascinando una donna castana attraverso i vari vagoni ferroviari in deposito.

"Ora se ne vada da casa mia, signor Leonhart, né lei né i SeeD siete più i benvenuti qui," minacciò ferocemente.

"Lauren," disse Squall, diffidente. "Ce ne andiamo."

Il Comandante si voltò verso la porta, continuando a tenere in mano la fotografia. Nulla sembrava logico. Zell ed Irvine potevano essere stati sconsiderati, ma aiutare e sostenere una criminale era del tutto oltre le loro risorse. Se stavano davvero proteggendo quella donna, allora avevano una dannata buona ragione. Di questo era certo. Aprendo la porta, la cameriera gli fece segno di lasciare l'edificio. Squall cercò di uscire, ma fu preso alla sprovvista quando Richard lo raggiunse, afferrandogli forte il braccio.

"Tocchi mia figlia e la ucciderò personalmente. Quando troverò i suoi due uomini, glielo assicuro, saranno già morti."

Squall Leonhart, indipendentemente dalle circostanze, non aveva mai accettato tranquillamente le intimidazioni, né gli piaceva essere afferrato in quel modo. Soprattutto da un uomo in uno stato così sconvolto, un uomo che, pensava, i SeeD venuti a Trabia appositamente avrebbero dovuto assistere. Istintivamente afferrò il braccio di Bennett, torcendolo e bloccandolo in maniera sicura dietro la schiena dell'uomo.

L'uomo era stato con successo reso un prigioniero del tutto impotente. Richard Bennett non poteva tenere testa alla forza che Squall possedeva, specialmente quando era estremamente infuriato.

"Mi tocchi ancora e la ucciderò lì dove si trova. Tocchi i miei uomini e identificheranno il suo cadavere solo con l'aiuto delle cartelle dentistiche." Lo lasciò andare con una tale forza, un tale vigore, che Richard Bennett perse l'equilibrio, cadendo forte contro il pavimento di marmo.

Squall non aveva mai sentito una tale rabbia nella sua vita. Quest'uomo, questo mostro, era pura malvagità; se mai una morte potesse essere giustificata, quello era il caso. Aveva affrontato nemici prima, eppure in qualche modo quest'uomo era diverso. Qualcosa in lui gli faceva accapponare la pelle, gli faceva attorcigliare l'anima di dolore. Perché un così semplice incontro avrebbe dovuto rilasciare tali emozioni negative? Squall non aveva mai sentito un tale odio prima, nemmeno verso se stesso... o per la perdita di Rinoa. Rinoa?

Lauren camminò rapidamente dietro a Squall, senza mai distogliere lo sguardo dal furibondo Comandante. Lavorava per lui da oltre un anno, e non era mai stata testimone di un tale sfogo di emozioni. Mentre la cameriera di Bennett sbatteva la porta dietro di lei, chiamò Squall, decisa a capire il confronto tra i due uomini.

"Comandante Leonhart, a cosa era dovuta tutta quella rabbia?"

Per un breve momento la sua mente gli giocò un brutto scherzo, si voltò verso Lauren vedendo i suoi arruffati capelli neri, che spuntavano da sotto il cappello invernale. Che dipendesse dallo stato della sua mente o da un inconscio presentimento, le rispose con rabbia, "Rinoa, per favore non farmi domande adesso, lo sai bene!"

Si bloccò.

Come diavolo l'aveva appena chiamata? Non aveva mai fatto quell'errore... mai.

La SeeD si fermò leggermente sconcertata, senza però leggere troppo in quel lapsus. Più di una persona l'aveva informata della loro somiglianza. Giudicò l'errore come qualcosa detto in un momento di rabbia, qualcosa di mal pronunciato in preda all'emozione. Eppure, quest'uomo aveva mostrato poche sensazioni fino a un paio di giorni prima; ironicamente, proprio il secondo anniversario della scomparsa della strega.

La mente di Squall correva.

"Lauren, io... io..." Non poteva continuare, non poteva spiegare.

Scuotendo la testa la guardò... che fottuto errore dopo due anni. Chiuse forte gli occhi, cercando disperatamente di riacquistare una parvenza di tranquillità. Fallì. Emozioni, sensazioni, tornavano tutte in superficie dopo così tanto tempo, per la prima volta in anni, che non poteva controllare i suoi stessi pensieri. Il suo cuore aveva accelerato il battito, la testa gli girava. Che cosa diavolo non andava? Non poteva pensare in modo chiaro, doveva allontanarsi da tutti ora, da questa ragazza che somigliava così tanto a... NO!

Lauren guardò il Comandante prendersi la testa fra le mani; un'aria di disorientamento lo inghiottiva. Senza pensarci meglio, allungò una mano cercando di rassicurarlo. Eppure lo sapeva anche lei: era l'ultima cosa che lui cercava. Squall indietreggiò di fronte al tocco gentile, reagendo come se il veleno gli stesse sciogliendo la carne.

"Non farlo," ordinò. "Devo... devo - addio." Parlava con voce confusa.

Lei lo guardò mentre cominciava correre verso l'isolata area boscosa. Dapprima cercò di rincorrerlo, impaurita dalla sua condizione così instabile. Ma Squall poteva tranquillamente superarla in corsa. La neve la rallentava solo i passi, ognuno più pesante dell'ultimo. Lauren non poteva aiutarlo, non poteva raggiungerlo. Anche se l'avesse fatto, non c'era nessuna azione logica che potesse aiutarlo... solo Squall Leonhart poteva aiutare se stesso.

"Addio Comandante," sussurrò nella rigida aria di Trabia. A nessuno in particolare, solo al vento artico che le pungeva il viso.

*~*~*~*~*

Due SeeD camminavano per le strade scarsamente trafficate di Trabia, ognuno con una missione, ognuno con uno scopo. Nessuno dei due parlava all'altro, nessuno dei due sapeva cosa dire. La tensione riempiva l'aria fredda e pesante, mentre mantenevano i loro occhi concentrati dritto davanti a loro. Per alcuni isolati andò avanti così, la cosa più sicura era ignorare cosa era successo; ognuno dei due era bravo a fingere, e ognuno dei due era bravo a dimenticare.

Camminarono fino a che Quistis indicò un piccolo negozio. Non era molto grande o particolarmente attraente, visto dal di fuori. Eppure, il piccolo negozio aveva una certa aria di invito, un fascino non visto. Alla fine, il silenzio fu rotto quandò Quistis disse in tono pratico, "qui è dove ho comprato la collana."

"Oh, hai deciso di parlarmi? Sono così onorato", ribattè lui furtivamente.

"Chi ha detto che non ti parlavo? Semplicemente non avevo nulla di importante di dire."

"Benissimo allora, signora Comandante Pivello, mi dispiace di averlo detto... pensavo che forse ti sentissi poco a tuo agio per ieri notte."

"Perché mai dovrei sentirmi a disagio?" cercò ingenuamente di chiedere lei, fallendo miseramente. "Non sono per nulla a disagio per quello che è successo."

"Bene," replicò lui con un arrogante sorriso.

"Dovresti essere tu quello che si sente a disagio... per quello che hai fatto."

"Quello che ho fatto?! Sono proprio sicuro che fosse una cosa reciproca. Sono dannatamente sicuro di non averti sentita lamentarti."

"Io... io non mi lamentavo. Ero solo confusa al momento, ecco tutto."

"Oh quindi era un errore? Qualcosa che non volevi fare? Quindi non accadrà più, giusto?"

"Sì," disse Quistis fermamente.

Lui le sorrise, fece un passo verso di lei, e poi la attirò teneramente contro il suo corpo. Lei cercò di protestare, cercò di divincolarsi. Nella sua testa, gli stava urlando di smettere; nel suo cuore, sperava che sarebbe andato avanti. Il suo cuore vinse, mentre sentiva le calde labbra di lui toccare le sue. L'aria fredda era in tale contrasto con il suo respiro caldo; una strana, ma meravigliosa sensazione. Anche se questo bacio, non appassionato come la scorsa notte, era pieno di più emozione, più significato. La realizzazione che stava baciando Seifer Almasy, in pubblico, la sbalordì.

Quando, esitando, si separarono, le fece un largo sorriso guardandola dritta negli occhi blu, "lo sapevo."

Quistis rimase nella strada piena di neve, senza parole, sforzandosi di riprendere fiato dopo i momenti precedenti. Quando la ragione tornò nella sua testa, lo guardò incerta, quasi impaurita. Trovò il coraggio di fare la domanda di cui temeva la risposta.

"Seifer, voglio che tu mi dica la verità. Per favore, non mentirmi. Non posso sopportarlo. Chi... chi immaginavi mentre mi baciavi? Il viso di chi?"

Voleva stringerla tra le braccia. Sembrava così vulnerabile. Sapeva che cosa gli stava chiedendo; conosceva il dolore che le sfregiava l'anima. Alzò lentamente le sue dita ruvide e fredde verso la guancia calda di lei. Gli occhi di lei incontrarono i suoi, uno sguardo così profondo che pensò che potesse vedergli dentro. E poteva davvero.

Tracciò con il pollice la linea della sua mascella mentre diceva tranquillamente, "Quistis immaginavo te, eri sempre tu."

Voleva piangere, voleva stringerlo... ma c'erano altre priorità. Gli fece un sorriso stanco, "grazie, Seifer, grazie."

Ricambiò il sorriso con emozione sincera, "forza, entriamo, non voglio che tu ti prenda una polmonite stando qui fuori."

*~*~*~*~*

Squall Leonhart non aveva più il controllo. Per la prima volta in ventidue anni, era perduto; non solo fisicamente, ma anche spiritualmente. Sentiva il bisogno schiacciante di andare il più lontano possibile; eppure non ne capiva la ragione. Aveva corso, lontano quanto potevano reggerlo le gambe, prima che il desiderio di crollare nella neve ammucchiata lo opprimesse. Il cappotto standard della Seed era pesante, ma nulla poteva proteggerlo dal vento gelido.

Riuscì a barcollare fino ad un albero, prima di collassare a terra. C'era una battaglia nel suo corpo. Voleva vivere con il dolore o voleva lasciarsi andare nella neve? Lasciando che una morte straziante avesse lentamente la meglio sul suo corpo? Quanto lontano aveva vagato dalla civiltà, stimando che aveva camminato per un'ora in quel tempo rigido?

L'uomo a pezzi si doveva alzare; doveva camminare ancora, se non per se stesso, per lei. Lei lo meritava, che diavolo di cavaliere muore per qualcosa di così indecoroso come il congelamento? Doveva tornare in città, in un rifugio. Il movimento dell'alzarsi era insopportabile. Poteva a malapena tenere gli occhi aperti; la stanchezza cominciava a prevalere.

"Hyne, aiutami," mormorò mentre l'aria fredda gli riempiva i polmoni. "Hyne... aiutala."

Le braccia e le dita gli si stavano intorpidendo. Doveva continuare o affrontare una morte certa. Sentendo un leggero tirare al suo cappotto, credette all'inizio che fosse nulla più di un'invenzione della sua mente. Poi lo sentì di nuovo. Occhi che bruciavano si volsero verso la causa della sensazione, e fu scioccato quando vide un chocobo che lo fissava.

Il grosso uccello strofinò il muso contro il guerriero, come una madre che protegge il suo piccolo dal tempo impietoso. Ironicamente, Squall si sentì sollevato all'avere compagnia, anche se in forma di uccello. Si aggrappò alle sue piume con le mani guantate, ricambiando il gesto di cuore mentre toglieva pezzetti di ghiaccio dalle ali. Poi con una rinnovata forza, montò a cavallo dell'uccello, apprezzando la nuova forma di trasporto.

I chocobo avevano un rinomato senso dell'orientamento; si poteva scommettere la vita sulla loro attendibilità. In un certo senso, Squall Leonhart stava facendo proprio quello. La famosa foresta di Chocobo era a solo un miglio dai confini di Trabia. Poteva farcela da solo per la distanza che rimaneva.

"Ti chiamerò Lucky," borbottò Squall al suo compagno piumato. "Per una volta nella mia patetica vita, la fortuna sembra essere con me."

L'uccello lo trasportò per pianure innevate e dense foreste ad una velocità mai pareggiata da alcun nemico. Ad un certo punto durante il viaggio Squall si era addormentato sulla creatura. Si svegliò con un sobbalzo quando l'uccello si fermò improvvisamente.

"Che c'è?" domandò guardando le immediate vicinanze.

Vide una piccola capanna, mentre la neve cominciava a cadere pesantemente dal cielo grigio. Scosse la testa in completo disgusto per non essere tornato alla foresta dei Chocobo. "Forza," implorò mentre l'uccello si rifiutava impudentemente di smuoversi. "Ignora quello che ho detto a proposito di essere Lucky," sbottò verso l'uccello immobile.

Decidendo che il chocobo non si sarebbe mosso, smontò stringendosi forte nel cappotto, evitando la neve che gli sferzava addosso. Squall riguardò il chocobo che per qualche sconosciuta ragione aveva deciso di farsi una tana nella neve.

*~*~*~*~*

Guardò di nuovo il suo orologio; il tempo sembrava essersi fermato, l'aspettare era un gioco doloroso. Mancavano ancora più di ventiquattro ore al momento in cui avrebbe potuto tornare in città e imbarcarsi sul mercantile. Rinoa afferrò il mazzo di carte di nuovo, mescolandolo per la centesima volta. Era l'unica forma di intrattenimento nella capanna. Grazie a Hyne per i piccoli piaceri, il cottage era ben fornito di cibi in scatola e acqua in bottiglia. Chiunque possedesse quel posto era anche ossessionato dalla carne essiccata di manzo. Le credenze ne erano piene.

Il fuoco ruggì, avvolgendola in un confortevole abbraccio. Non c'erano temperature glaciali lì, solo il conforto del caldo. Cominciò a distribuire le carte per un altro giro di solitario, che avrebbe indubbiamente perso, di nuovo. Mentre posava una carta sul tavolo sentì un ramo rompersi fuori, e immediatamente, abituata a giocare il ruolo della preda, si mise sulla difensiva.

Avvicinandosi piano alla piccola finestra ghiacciata, osservò la foresta fuori. La neve formava cerchi nel vento, che sembravano quelli di piccoli demoni di sabbia. Attraverso il vetro, poteva vedere una forma emergere nel bianco. Mentre si avvicinava, le sue peggiori paure furono confermate, SeeD. Avrebbe riconosciuto quel cappotto ovunque; la moda non era tra le priorità del Garden.

Come diavolo l'avevano trovata, congetturò? Eppure la risposta era dolorosamente ovvia: perché la stavano cercando. Sfortunatamente, erano bravi a fare il loro lavoro. Corse alla piccola dispensa, cercando una qualunque forma di difesa. Poi estrasse un coltello da caccia; la lama era lunga solo pochi centimetri, ma sarebbe bastato. Non aveva mai voluto far del male a nessuno, mai. In nessun modo avrebbe augurato questa situazione al suo peggior nemico... ma doveva sopravvivere, per Allison, ad ogni costo.

Ci fu un sonoro bussare alla porta; forse avrebbero lasciato perdere e se ne sarebbero andati. Ad ogni modo, sapeva che era improbabile, non c'erano altri edifici per miglia. Se ci si avventurava così nella foresta, era per una buona ragione. Avrebbe fatto del suo meglio per ostacolare il SeeD, ma nel peggiore dei casi... sarebbe stata costretta ad uccidere. Non si era mai immaginata capace di un tale tradimento... uccidere chi una volta aveva difeso. Il tempo era passato, l'ironia era una creatura incostante... e ora toccava a lei.

Rimanendo cautamente dietro la porta, Rinoa aspettò silenziosamente cosa sarebbe successo. Se solo avesse avuto un Guardian Force in junction, se solo i suoi poteri non fossero rimasti inattivi per così tanto tempo. Aveva usato la maggior parte della sua forza in quella piccola ostentazione con Richard, e ora, disperata, desiderava aver conservato l'energia. La serratura si stava aprendo. Ancora, il comportamento standard dei SeeD. Erano ancora così prevedibili, anche dopo due anni. La porta si aprì lentamente mentre una figura incappucciata entrava.

Rinoa rimase con la schiena contro il muro, aspettando che la porta si chiudesse. Non appena si chiuse, fece un piccolo passo avanti alzando il coltello. In qualche modo, la persona sentì la sua presenza, cercando di affrontarla. Con quanta forza poteva radunare nella stretta tremante, affondò il coltello mentre l'uomo si voltava.

L'assalitrice chiuse gli occhi mentre sentiva la lama conficcarsi attraverso il cappotto, e poi un'altra sensazione mentre la punta raggiungeva carne umana. Poteva sentire il rumore del coltello che entrava nella carne, e le lacrime si formarono nei suoi occhi. Sentì l'assalito inciampare in avanti, mentre lei si ritraeva verso la falsa sicurezza del muro. Con la colpa che le offuscava la ragione, riacquistò la capacità di aprire gli occhi.

Morì in quel momento.

Mentre Squall si voltava per chiudere la porta, vide qualcosa muoversi con la coda dell'occhio. Vide il luccichio dell'argento... l'addestramento gli aveva insegnato a proteggersi. D'istinto, si voltò cosicchè la lama gli entrasse nel braccio, mancando organi vitali. Sentì il coltello tagliargli la spalla, voleva gridare per il dolore. Ad ogni modo, non poté urlare mentre perdeva l'equilibrio, cadendo verso chi lo aveva assalito. Poi la vide, e in quel momento non potè più sentire dolore, ma si sentì vivo.

La guardò mentre lasciava cadere il coltello insanguinato e si appoggiava al muro. La guardò mentre le lacrime rotolavano sulle sue bellissime guance, la guardò quando aprì i suoi splendidi occhi, e poi vide gli occhi di lei incontrare i suoi... per la prima volta in due anni.

*****
Note delle traduttrici: i capitoli dall'1 al 22 sono stati ripubblicati in seguito a una pesante revisione e a tratti una ri-traduzione ad opera di DefenderX e mia. Le ragioni di questa ripubblicazione sono spiegate nelle note del capitolo 23.
Citazione di apertura: tratta da "Emerson: the Mind on Fire" di Robert D. Richardson Jr.

Un momento è un'eternità concentrata.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 13
*** XIII. Disaccordo ***


The mist is lifting slowly, I can see the way ahead
And I've left behind the empty streets, that once inspired my life
And the strength of the emotion, is like thunder in the air
Because the promise that we made each other
Haunts me to the end.

--Moody Blues (I Know You're Out There Somewhere)

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ XIII. DISACCORDO ~

Se mai nella storia una sola circostanza era stata così significativa, ancor più complicata era quella che si trovavano ad affrontare le due figure in piedi all'interno della capanna di legno. Paura, odio, e amore intrecciati in un solo, unico momento; un momento così importante, così essenziale da non poter essere descritto con semplici parole. Due anni e un'intera vita di dolore, tutti che portavano a questo secondo; uno dei tanti insignificanti granelli di sabbia che cadevano dalla clessidra del tempo.

In un solo momento, in quel momento, il cuore di Squall si sentì completo, un'emozione che aveva dimenticato talmente tanto tempo prima. Lei era viva... più che viva, era bellissima. Il dolore della ferita aperta era sopraffatto dai sentimenti che gli scaturivano dal profondo del cuore. Così tanti errori, così tante menzogne, e così tanto altro ancora che entrambi avevano perduto. Cercando i suoi occhi, lui capì di non aver mai smesso di amarla, per quanto fosse grande il delitto di cui era stata accusata; non importava cosa aveva davvero fatto. Quell'amore non si sarebbe mai spento.

In un solo momento, in quel momento, il cuore di Rinoa sentì tutta l'amarezza di quell'incontro. Per così tanto tempo aveva sognato di vederlo, toccarlo, e fare di nuovo l'amore con lui. Tuttavia, la consapevolezza che non avrebbe mai più potuto stare davvero insieme a lui le pesava addosso come un macigno. Non si sarebbe mai permessa di passare ancora attraverso tutto questo, e non sarebbe più stata la bambinetta debole che aveva bisogno di essere salvata. Era madre, ora, e quel semplice fatto aveva la precedenza su tutti i suoi desideri. Per quanto forti potessero essere, non avrebbe mai ammesso di averne bisogno.

Per diversi istanti nessuno dei due parlò; nessuno dei due era in grado di farlo. Il movimento del corpo di lui che minacciava di cadere in avanti spezzò la tensione, mentre portava la mano a coprirsi la spalla. Il sangue scorreva copioso e andava a confondersi con la neve che gli copriva il cappotto.

"Squall," pregò lei, non con la voce, ma con gli occhi. "Oh Hyne, cos'ho fatto?"

"Sto bene," le bisbigliò delicatamente di rimando, e quelle parole contenevano un'allusione che andava ben oltre la ferita. Lui continuò a barcollare fino a che lei non allungò le braccia e lo aiutò gentilmente a sedere sul tappeto, per terra. Rinoa iniziò a togliergli il cappotto senza aggiungere altro, senza mai guardarlo negli occhi. Fece una leggera pressione per fermare il flusso di sangue.

"Squall, io... io non sapevo che fossi tu."

Lui non le rispose, tutto quello che riusciva a fare era osservare ogni suo movimento. Il dolore provocato dalla ferita, il dolore che gli causava la sua vita stava ancora accecando i suoi sensi. Appariva appena più grande, e allo stesso tempo più elegante. I suoi capelli erano corti ora, e non le ricadevano più liberi sulle spalle. Ad ogni modo, quell'aspetto dava più maturità alla sua giovane età. Le ciocche bionde erano sparite, solo un vivo colore bruno le copriva la testa. Appariva abbattuta, e allo stesso tempo spaventata. C'era qualcosa in lei che non riusciva a identificare, qualcosa di diverso. Poi capì... aveva perso la sua innocenza, ed era stato lui a rubargliela anni prima.

"Hai qualche magia con te?" chiese lei tranquillamente, evitando qualunque contatto visivo diretto.

"Sì..." esitò lui, "ho qualche incantesimo."

Si mise la mano sopra la spalla destra e chiuse gli occhi. In silenzio usò su di sé una magia curativa, mentre una luce color ametista gli avvolgeva la ferita. Attraverso la maglietta, Rinoa non riusciva a vedere bene la ferita, ma per fortuna aveva mancato qualunque organo vitale. Non l'aveva ucciso. Mentre la luce spariva, voltò la testa... tutto questo l'avrebbe spezzata in due come un rametto.

"Squall, se sei qui per uccidermi, fallo subito. Non ho più la forza di fare tutto questo... ma devo chiederti una cosa prima che tu lo faccia. Consideralo il mio ultimo desiderio."

A lui riuscì difficile parlare. Lei lo credeva davvero capace di assassinarla. Perché questo sarebbe stato, un assassinio... non giustizia.

"Non sono qui per ucciderti."

Lei si riprese lentamente, e si tirò in piedi. Gli voltò le spalle, e si diresse verso la piccola finestra contornata di cristalli di ghiaccio. "Allora perché sei qui? È il tuo lavoro uccidermi per quello che ho fatto."

Si alzò anche lui, senza tentare un ulteriore contatto fisico. "E cosa hai fatto?"

"Mi sono persa, Squall. Persa in un mondo che non era mio... è questo tutto quello che ho fatto, mi sono persa in un posto che non mi apparteneva. Non ho mai trovato il mio posto in questo mondo. Squall... non ce la faccio più. Per favore, fai quello che devi fare.."

"Bene, io devo avere risposte," le ordinò quasi. "Voglio risposte."

*~*~*~*~*

"Hai proprio ragione, Quistis, quell'uomo era proprio uno stronzo totale!" disse Seifer a voce alta, perché il padrone del piccolo negozio potesse sentirlo, mentre sbatteva la porta. I due colleghi presero a camminare lungo la strada, mentre la neve fresca cancellava le tracce di chi era passato prima di loro.

"Sfortunatamente, ci sono cose che non sono cambiate negli ultimi due anni. È stronzo esattamente quanto lo era quando vivevo qui."

"Sì, stronzo e in più di poco aiuto. Parlo per esperienza."

Certe cose riuscivano ancora a far dispiacere Quistis, perfino nella loro attuale situazione. Smise di camminare mentre i delicati fiocchi di neve le cadevano sul viso scoperto. Non le importava che la neve le si sciogliesse contro la pelle calda. Seifer aveva da una vita la capacità di sminuirsi, un attributo che aveva acquisito in età molto giovane. Anche se, nel suo caso, si trattava più di una forma di difesa, che solo chi stesse cercando di capire avrebbe notato. Coloro che invece volevano sfidarlo, guardare a lui come a un nemico, non avrebbero mai notato frasi così insignificanti. Ma lei sì. In tutta la sua vita, aveva notato bene il suo comportamento... le sue piccole abitudini. Anche se non le sarebbe mai interessato ammetterlo, nemmeno con se stessa. Ora le circostanze erano diverse. In un qualche modo, lei aveva trovato forza attraverso di lui. Un qualcosa che era stato abbandonato per così tante stagioni.

"Seifer, per favore, non farlo."

"Fare cosa?" rispose lui, stupito dall'improvviso cambio di atteggiamento di Quistis. Ora aveva più di altre volte l'aspetto dell'istruttrice che ricordava dai tempi della sua adolescenza, pronta a sgridare o riprendere uno dei suoi studenti, solitamente lui. Era uno sguardo che non era cambiato nel tempo.

"Trovi sempre il modo di sminuirti. Tu non sei uno stronzo... certo, hai avuto i tuoi problemi in passato, va bene... forse qualche grande problema. Ma le persone cambiano... anche tu. Io non penso che tu sia come ti descrivi, e in più non mi piace nemmeno sentirtelo dire. Per qualche ragione, mi scoccia. Ci siamo dentro tutti e due, in questa storia, e ci siamo dentro per dare una mano."

Qualcuno ci teneva. Per una volta nella sua atroce esistenza qualcuno gli aveva mostrato un affetto sincero, un sentimento genuino. Poteva sentirlo. Avrebbe voluto esprimere la sua gratitudine, tuttavia le parole gli sfuggivano. Ironico il modo in cui lui e Squall fossero simili per la capacità di mostrarsi agli altri per come erano davvero. Seifer le porse una mano, coperta dal guanto, e lei lo osservò, evidentemente confusa. Dopo qualche istante, lei fissò di nuovo la sua mano e con fare esitante alzò la propria per stringere il guanto di pelle. Quando le loro mani si toccarono, Quistis percepì un improvviso calore invaderle il corpo. Seifer intrecciò attentamente le loro dita e la tirò teneramente a sè. Stringendola alla vita con l'altro braccio, la strinse in un abbraccio completo. La guancia calda di lei riposava sul suo petto e Quistis riuscì a sentire i fiocchi umidi che si scioglievano per il calore emanato dal suo corpo. Persino in quelle temperature glaciali, si sentiva più al caldo di quanto fosse mai stata in vita sua.

"Mi spiace," mormorò Seifer. Quistis riusciva a sentire il movimento del suo petto mentre parlava.

"Va tutto bene."

"Credo proprio di aver avuto qualche grande problema, a quei tempi, ma che mi dici allora del tipo nel negozio?"

"No, Seifer, lui è proprio uno stronzo."

Ridendo continuò a tenere Quistis fra le braccia. "Dimmi ancora una volta cos'è successo con sua madre e come ti ha conosciuta due anni fa?"

Chiuse gli occhi, mentre la neve diventava sempre più minuscola sul suo viso, e riportò alla mente quegli eventi. "La signora McCay era la donna più dolce che si possa immaginare, era sempre fuori ad innaffiare i fiori o solo ad augurare tutto il bene possibile a chi incontrava... sempre pronta a dare una mano. Mi ricordo che mi fermavo spesso a parlare con lei di varie cose: il tempo, la città che cresceva, cose di scarsa importanza, niente di speciale."

"Avete mai avuto una conversazione che spiegasse perchè tuo figlio ti odia così tanto? Anche dopo che una delle richieste di sua madre dopo la sua morte è stata quella di dare a te la collana di Rinoa."

"No davvero... non credo di aver mai parlato con lei di qualcosa o qualcuno in particolare."

Quistis aprì gli occhi, facendo sparire in un quel momento i ricordi. Mentre gli occhi si focalizzavano meglio, alzò lo sguardo verso una piccola lavagnetta appesa fuori dal negozio di antichità. Lesse in silenzio le notizie e un ricordo le tornò all'improvviso in mente.

"Oh... una volta abbiamo parlato di lui."

Spezzò la sicurezza del suo abbraccio, alzando la mano per indicare la propaganda elettorale che era affissa sulla superficie dura.

Seifer si girò. "Rieleggete Richard Bennett per il Consiglio Mondiale - un voto per Bennett è un voto per il futuro. Beh, sicuramente il tipo non è molto originale. Forse Squall gli faceva da manager per la campagna elettorale nel tempo libero. Quel tipo mi sembra un viscido, anche se non so perchè... mi spiace per sua moglie e sua figlia, ma per me rimane un viscido."

"Già, questo è quello di cui io e Maude... voglio dire la signora McCay e io parlammo. Si era sposato da appena un mese quando sono arrivata qui. Mi aveva detto che nessuno sapeva nemmeno che uscisse con qualcuno. Tutta la cosa sapeva di scandaloso, ma poi venne fuori la storia che la sua nuova moglie era molto malata. Penso che il pensiero di tutti fu che Bennett l'avesse sposata per lealtà o qualcosa di simile."

"O qualcosa di simile..." disse Seifer amaramente. "Quell'uomo non ha mai fatto un gesto d'onore in tutta la sua insignificante vita. Tutto quel potere è sprecato per un tale idiota. Sono sicuro che quell'uomo si è sposato con una persona in punto di morte solo per mettere le sue grette mani sulla sua grossa eredità o per la pubblicità che sarebbe derivata dal suo 'generoso' gesto."

"Beh, nessuno ha mai visto una foto di Renee Bennett, perciò sono sicura non si trattasse di pubblicità. Penso che tu abbia ragione per quanto riguarda l'eredità, però... una grossa somma di denaro per finanziare la sua campagna elettorale. È davvero triste che quella donna sia morta prima che i SeeD siano riusciti a ritrovare sua figlia."

Seifer rimase immobile. Riportò alla mente le parole dette prima durante il rapporto sulla situazione sul molo di Trabia. "La ricerca è stata intensificata a Trabia," disse finalmente a voce alta.

Osservò l'uomo che stava davanti a lei, e i suoi occhi pieni di quella che sembrava essere una minuscola lacrima e una luce di ottimismo - quasi uno sguardo di serenità. "A cosa stai pensando, Seifer?"

I fiocchi leggeri continuavano a cadere sui suoi capelli. Seifer se li lisciò con una mano e si lasciò andare a una risata genuina. "Così è troppo semplice... è dannatamente troppo semplice." Inginocchiandosi, all'ex cavaliere sembrò di avere trovato la sua strada per la redenzione, mentre si teneva i fianchi per le risate che continuavano a scuotergli il corpo. Non che la situazione fosse poi così divertente, ma le emozioni si manifestano diversamente negli esseri umani. Seifer non era uno che seguiva la corrente, e non lo era nemmeno il suo modo di esprimere le emozioni.

Quistis si avvicinò a lui, confusa dagli eventi che avevano luogo di fronte a lei. "Seifer, va tutto bene? Hai bisogno di... uhm... vedere un dottore, o cose così?" Abbassandosi, gli posò una mano sulla schiena, lisciando le pieghe immaginarie del suo soprabito.

"Per una volta nella vita, professoressa Trepe-Leonhart, sto benissimo. Quistis, ci siamo... hai appena trovato il pezzo mancante di tutto questo tremendo puzzle."

"La moglie morta di Richard Bennett?" chiese lei, incerta.

"Sua moglie non è più morta di me e te. Ecco perché Bennett ha raddoppiato le richerche, non per la bambina... ma per la sua defunta moglie. Un segreto che potrebbe essere scoperto. Un segreto che una defunta padrona di negozio già conosceva, e che tenne nascosto al mondo ingiusto, fino a quando sarebbe stato il momento di svelarlo... un indizio che tu hai sempre avuto. Il figlio della padrona non era uno stronzo, aveva paura... è ben diverso. Ora capisco. La chiave del mistero era la donna sposata con Richard Bennett. Una donna che, per tua stessa ammissione, non è mai stata fotografata a causa della sua malattia... o presunta tale. Un noto politico si sposa improvvisamente senza uno straccio di appuntamento pubblico, non c'era nessuna eredità in ballo... c'è sempre stato il potere. Potere nell'eminente forma conosciuta come..."

Come se l'avesse colpita la spada di un gigante di ferro, lei capì. Quistis cadde in ginocchio, come per chiedere perdono a qualunque dio fosse lassù, e la voce si ridusse a un sussurro quando lasciò le sue labbra, "una strega."

*~*~*~*~*

Nella capanna c'era un silenzio mortale, un suono che poteva essere straordinariamente assordante. Lei rimase ferma, turbata, permettendo alle folate di neve di ipnotizzarla con i loro movimenti, facendole sentire una falsa sensazione di forza. Trovò il coraggio di affrontare l'uomo che aveva pubblicamente giurato al mondo... di porre fine alla sua vita.

Colpì il muro con la mano, per rabbia, prima di tornare a guardarlo... l'uomo che ora era in piedi di fronte a lei. "Risposte, tu vuoi risposte da... da me."

Rinoa osò fare alcuni passi verso di lui. Non era più l'incontro tranquillo che avevano avuto solo pochi minuti prima; e lei non aveva più l'aspetto del classico 'bambino colto in fallo', come recitava il luogo comune. Ora anni di emozioni combattevano nella sua psiche, anni di tentativi di reprimere i ricordi che ora sembravano inutili. Quest'uomo, in soli cinque minuti, aveva reso futile ogni tentativo di non considerare quelle passioni.

Squall rifiutò di mostrare segni di debolezza all'esterno; all'interno era tutt'altra storia. C'erano così tante cose che avevano bisogno di essere aggiustate, così tante risposte a domande che lui non aveva osato fare a se stesso, nell'eternità in cui lei se ne era andata. Squall Leonhart, ora, non si sarebbe tirato indietro. Voleva risposte, e per tutti gli idee, avrebbe ottenuto risposte.

"Sì, voglio risposte," la sfidò, avvicinandosi di un passo, una sorta di contrattacco all'avvicinamento di lei di poco prima. "Perché diavolo hai lasciato il Garden... lasciato me?"

"Lasciato te? Forse perché mi avresti massacrato, non mi viene in mente di meglio. A te sì, invece?"

"Sono stato scelto per guidare la caccia alla strega. Saresti stata riportata a Deling per chiarire i dettagli."

"La strega? Ecco cosa sono per te, la strega. Non riesci nemmeno a dire il mio nome... mai una volta, da quando sei piombato qui dentro, mi hai chiamata per nome. Ti infastidisce così tanto dirlo? So già il perché... rimani distaccato, così non ti fa male uccidere i tuoi avversari. Non pensare a loro come persone, ma solo come potenziali minacce. Non è forse una buona citazione del manuale SeeD, Squall Leonhart?"

"Bene, Rinoa, seguiamo le tue regole. Ti avrei aiutato, Rinoa, se tu me l'avessi permesso. Avremmo potuto affrontare tutto questo insieme, Rinoa Heartilly."

"Non dirlo nemmeno... non provare nemmeno a dirlo, cazzo," gli urlò lei. "Ti ho visto a Deling. Ho visto la tua espressione. Dimmi che non credevi che avessi ucciso tua sorella a sangue freddo. Guardami negli occhi e dimmi che pensavi che fossi innocente."

Si avvicinò di nuovo, osando stare a meno di un metro di lui. Per la prima volta da quando si erano rivisti, fece la scelta cosciente di guardarlo direttamente. I loro occhi si incontrarono, e lei rifiutò di farsi prendere in giro, non dopo tutto quello che aveva passato. Non avrebbe mai potuto essere così semplice, o dannazione, ci avrebbe provato. Gli occhi di lui sembravano esausti, angosciati, e lei poteva ancora leggerli perfettamente, anche dopo tutto quel tempo.

Non riuscì più a reggere l'intenso senso di colpa, e fu lui a rompere il contatto visivo... dandole, in silenzio, la risposta che lei già conosceva. "Proprio come pensavo, Squall." Si avvicinò al fuoco, sentendo il rifugio quasi sacro del suo calore. "È stato un incidente," confessò Rinoa, a bassa voce, alle fiamme. "Perché nessuno mi ha scagionata? Gli altri sapevano la verità."

Squall temeva questa domanda. Come si fa a dire a qualcuno che le proprie decisioni si sono basate sulla falsità di qualcuno di cui si fidavano entrambi? L'inferno che Rinoa doveva aver vissuto... ma era una domanda da fare, una domanda a cui si doveva rispondere. Squall si avvicinò lentamente a lei. Lei poteva sentirlo, sentire che la sua presenza si faceva più forte. Dio, poteva sentirlo, ma nulla valeva quella tortura... nemmeno lui. Cercò silenziosamente di convincersi di quel fatto.

"Gli altri avrebbero dovuto scagionarti, ma non l'hanno fatto. Non era così semplice come il bianco e il nero... tutti han fatto errori, tutti hanno sofferto."

"L'unico errore che ho mai fatto è stato amarti." Rinoa si sentì irrigidire al suono di quelle parole, perché il suo cuore tradiva ciò che stava dicendo. "C'era Quistis, con me..." Un'improvvisa espressione di orrore le coprì il viso quando si voltò a guardarlo, "oh Hyne, è successo qualcosa a Quistis... Squall, è ancora viva? Dimmi che sta bene!"

Questo gli distruggeva l'anima, come poteva dirle la verità? L'avrebbe uccisa. Ad ogni modo, per la prima volta in due anni, nessuno lo controllava. Aveva la possibilità di scegliere di fare ciò che era giusto... anche se sembrava così sbagliato. "Quistis è viva. Dopo che sei scappata... dopo che sei scappata, alcuni soldati galbadiani le si sono avvicinati e le hanno chiesto se la strega aveva ucciso Ellione, e lei... lei disse... sì."

"Sì! Quistis ha detto questo? Quella stronza, perché... lei sapeva la verità, ha guardato Ellione morire insieme a me. Io le tenevo la mano mentre spirava e Quistis..."

"Quistis cercò di correggersi dopo, ma non era più possibile. Rinoa, era arrabbiata perchè te ne eri andata senza spiegazioni."

"Io... mi aveva trasportato nel mondo dei sogni. Ellione mi disse di scappare, che quelle truppe erano al Garden per uccidermi. Se fossi rimasta, mi avrebbero uccisa. Mi pregò di andarmene, e di non dire niente a nessuno. Non potevo. Volevo... volevo vederti, ma..."

"Ma sei scappata. Non hai combattuto con noi. Nessuno sapeva il perché... Quistis la prese molto sul personale. Avevamo tutti così tanto da perdere."

"Anche io avevo tanto da perdere, non potresti mai immaginare! Quindi, Quistis ha mentito? Ma perché mai..." Ricordi del loro litigio quella mattina le affiorarono alla mente. Quel giorno avevano litigato per Squall... e con lei fuori dalla scena, avrebbe potuto... divenne tutto cristallino.

"Te... voleva te. Con me fuori dai piedi..."

"Dopo l'attacco, andò al Garden di Trabia." La frase non doveva suonare a quel modo, eppure Rinoa riuscì a leggerci altro. Lui guardò la figura tremante che gli stava di fronte; non era il momento di dirle del matrimonio. Rinoa aveva bisogno di tempo per assorbire quell'informazione. "Non sto difendendo ciò che ha fatto. Rinoa, Hyne sa che la cosa più difficile che ho dovuto sopportare è stata perderti. Ho passato gli ultimi due anni a fare tutto ciò che era in mio potere per trovarti."

Lei scosse la testa, si allontanò da lui, e si lasciò cadere su una sedia a dondolo accanto al camino. Di nuovo, si trovò a guardare le fiamme, come aveva fatto così tante volte negli ultimi due giorni. Senza rabbia, senza odio, semplicemente con una voce piena di distacco, chiese, "come sei finito qui?"

"Ci crederesti? Un chocobo testardo. Mi sono perso nella foresta e ho incontrato un chocobo, che avrebbe dovuto riportarmi a Trabia. Ma ha deciso di venire verso questa capanna. Poi si è seduto lì e si è addormentato. Avevo bisogno di un riparo, e questo era l'unico posto che si vedeva nelle vicinanze."

"Ricordati di ringraziare quel chocobo da parte mia," replicò sarcastica. "Che ci fai a Trabia, comunque? Voglio dire, non è che sia la capitale turistica del mondo, non è che sei qui per un'importante missione del Garden?"

"Beh, tecnicamente sì... ma è solo una copertura per poter controllare una pista... su di te. A uno dei membri del Consiglio Mondiale hanno rapito la figlia, quindi quattro di noi sono venuti qui. L'ho usata come copertura per controllare l'informazione su di te, poi però sua moglie è morta e così hanno intensificato le ricerche."

Rinoa trattenne visibilmente il respiro, mentre un miscuglio di sensazioni le correva dentro. Eppure, tutto ciò che riuscì a fare fu tentare di trattenere le risate, ma fallì. No, ancora una volta, la situazione non era per nulla divertente, ma l'ironia della cosa poteva rendere isterici.

Squall era veramente sbalordito. "Scusa, Rinoa? Sembri un pochino... insensibile."

"Scusa l'espressione, Squall, ma ti hanno mandato alla 'ricerca di un chocobo pazzo'. Per favore, assecondami e dimmi di più su questo tuo prezioso caso."

"Che diavolo stai facendo? Non è divertente." Squall si avvicinò a lei e le si mise di fronte, incrociando le braccia con un'espressione che fece ridere ancora di più Rinoa.

Quando si alzò, il suo corpo gli era più vicino di quanto fosse mai stato fino a quel momento. Ricomponendosi, iniziò a parlare. "Ok, Comandante Leonhart, cerchiamo di capire meglio. È tutto un gioco... un fottuto gioco. Ci sono tre giocatori, tutti con la stessa immoralità. Primo, c'è la SeeD, che include te come Comandante e tutto il tuo ostentato personale. Una volta una grande forza militare, ora ai comandi di una sola organizzazione; non più mercenari a pagamento, ma soldati a disposizione del Presidente di Deling. A tutti gli effetti, il Garden non è che una divisione del governo di Galbadia... anche se non oserai mai ammetterlo."

"Questo ci porta al malvagio Consiglio Mondiale... che è guidato dal caro Presidente di Deling, Jefferson Mitchell. Un gruppo che ha così tanti scopi segreti che nessuno è più sicuro che ne esista uno legittimo. Ah, giusto: a nessuno interessa. Basta che si facciano vedere tutti i mesi, dicano che hanno intenzione di ammazzare la strega e indossino per l'occasione delle divise impressionanti. Molto più ufficiale così... gli uomini in uniforme non mentono in pubblico, vero? Oh, non siedi anche tu al Consiglio, come braccio destro, caro? Eri esattamente lì due anni fa, vedi quanto ti porta lontano andare a letto con una strega? E questo ci porta all'ultimo della triade..."

Squall non era sicuro di dove stesse andando a parare, ma fino a quel momento aveva capito il suo ragionamento. Eppure, non riusciva nemmeno a immaginare un terzo giocatore.

"L'uomo che ha fatto fare la figura dei cretini sia al Consiglio Mondiale che ai SeeD, per ben due anni... Richard Bennett, un uomo che siede al Consiglio Mondiale come un serpente che osserva la preda, e di conseguenza, osserva anche gli onnipotenti SeeD e il loro onorato Comandante Leonhart. Un serpente che aspetta nel buio il momento di debolezza del nemico, per attaccarlo. Un animale così disgustoso che non gli importa chi ferisce per raggiungere i suoi scopi, noi siamo solo pedine per lui. Sfortunatamente per lui, anche il serpente ha i suoi nemici. Il dannato serpente è stata attaccato da una mangusta, e ora si trova a dipendere dagli altri due giocatori."

"Sì, Squall, andare a letto con la strega ti fa ottenere un posto al Consiglio, ma cosa avrebbe potuto fare Richard Bennett se ne avesse controllata una? Se avesse controllato me."

"Hai ragione su una cosa, Squall, Renee Bennett è morta, ma non per malattia, è perché io ho finalmente trovato il coraggio di andarmene. Preferirei morire che vivere un altro giorno con quel mostro. Hanno intensificato le ricerche non per trovare Allison, ma per trovare me... Richard Bennett non ti avrebbe chiamato nemmeno in un milione di anni. Gli fai paura. Gli hai sempre fatto paura."

Aveva la bocca secca. Per due anni, si era seduto alle stesse riunioni a cui partecipava quell'uomo. Per tutto il tempo avevano parlato dei tentativi di trovare la strega, e lui la teneva prigioniera. Che copertura perfetta... nascondersi tra loro. Il signor Bennett aveva ingannato tutti, e in particolar modo aveva ingannato Squall. Poi realizzò una cosa, e guardò negli occhi di Rinoa mentre faceva la domanda di cui lei aveva paura.

Allison.

*****
Note delle traduttrici: i capitoli dall'1 al 22 sono stati ripubblicati in seguito a una pesante revisione e a tratti una ri-traduzione ad opera di DefenderX e mia. Le ragioni di questa ripubblicazione sono spiegate nelle note del capitolo 23.
Citazione di apertura: tratta dal testo di I Know You're Out There Somewhere, canzone di The Moody Blues.

La nebbia si sta alzando piano, posso vedere la strada di fronte a me
E mi sono lasciata alle spalle le strade vuote, che una volta hanno ispirato la mia vita
E la forza dell'emozione è come un tuono nell'aria
Perché la promessa che ci siamo fatti
Mi perseguita fino alla fine.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 14
*** XIV. Differenza ***


The Wheel of Time turns, and ages come and pass
leaving memories that become legend,
then fade to myth, and are long forgotten
when that age comes again.

--Robert Jordan

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ XIV. DIFFERENZA ~

La pioggia cadeva con vigore contro la piccola costruzione, mentre il cielo pomeridiano si faceva grigio di rabbia. Essere una città costiera circondata da una catena montuosa permetteva a Dollet di godere di qualche protezione: più comunemente, la località era ben lontana dall'essere calma. I venti occidentali diventavano molto più intensi a causa del loro passaggio sul mare aperto. Quando c'era un periodo di pace, la città sembrava proprio quella che veniva ritratta in molte cartoline. Ad ogni modo, quando arrivava una tempesta all'improvviso, poteva essere peggiore dell'ira divina. Molte barche erano affondate sulla costa di Dollet. Violente onde, rocce frastagliate, e una naturale barriera corallina davano credito alle credenze popolari e alle storie di fantasmi. Erano nati anche dei miti, in realtà.

"Che vuol dire che questa Corrine è saltata giù?" Zell fissò il cowboy, un po' frastornato. "Vorresti dirmi che qualcuno ha deciso di saltare giù da una scogliera durante una tempesta come questa?"

Irvine chiuse la tenda, "è per questo che si chiamano leggende, Zell. Nessuno sa se è successo davvero, ma la favola galbadiana racconta questo. Anche questa regione ha la propria storia riguardo a Hyne. Ricorda che questa regione in passato faceva parte dell'impero di Centra; il loro esercito si era espanso in molti continenti. In ogni caso, come accade in tutte le culture del mondo, i grandi imperi cadono. Centra non è un'eccezione... non poterono sfuggire al loro destino. È un ciclo destinato a ripetersi all'infinito."

Zell continuò a guardare l'orologio che ticchettava sul tavolo, di fronte a lui. Grattandosi la testa, disse infine, "così quella tipa ha pensato che, se si lanciava dalla scogliera, Hyne le avrebbe garantito una nuova vita... salvando, in qualche modo, il villaggio?"

"Beh, Dollet è ancora qui, quindi credo che abbia funzionato e i fedeli del villaggio siano stati risparmiati. Ma non mi stavi ascoltando, vero? Ho detto che Hyne non le ha mai concesso un'altra vita. Al contrario, il suo spirito è stato condannato a essere intrappolato nel mare. Per due anni e sette giorni lei rimase intrappolata nelle onde, obbligata a guardare come l'acqua crudele accoglieva molte delle persone che amava." Irvine guardò oltre il guerriero che ora stava di fronte alla porta.

"Sì, ho già sentito questa storia... fu allora che Hyne ebbe pietà di lei, perché non aveva mostrato debolezza e non aveva mai messo in discussione la parola degli dei. Quindi, da allora, Hyne ha fatto in modo che lo spirito di ogni strega viaggiasse tra i vari piani della realtà per due anni e sette giorni prima di accettarle tra gli dei, perché provassero il loro valore."

"Giusto, Zell... dopo che trasmettono i poteri al loro successore, il loro spirito rimane tra i vivi e i morti, per essere messo alla prova. È cominciata essattamente qui, quando Corrine ha deciso di saltare giù, cadendo sulle rocce sottostanti. I suoi resti mortali non saranno mai ritrovati."

"Ma che è quella cosa dei due anni e della settimana? A me sembra un po' troppo sdolcinato."

Irvine sedette sul duro pavimento, appoggiandosi al muro.

"Perché Zell, allora suo figlio morì nell'oceano. Non aveva mai perso la speranza di ritrovare i resti di sua madre e darle una degna sepoltura. Corrine non pregò mai per la vita di suo figlio, non chiese mai ad Hyne di risparmiarlo. Lei accettò qualunque cosa Hyne aveva programmato, ma inconsapevolmente, ha salvato entrambi, e Hyne le concesse, quel giorno, la libertà dell'anima. Per pochi istanti, le fu dato di vedere la sua famiglia dall'alto del mondo dei viventi, prima che il suo spirito se ne andasse... insieme a quello di suo figlio."

"Grazie per la lezione di storia Irvine, ma guardiamo in faccia la realtà, è tutta una finzione. Non si è mai sentito dire che una strega abbia dovuto aspettare due anni e sette giorni prima di andarsene. Penso che sia soltanto una storia inventata per far sembrare degli atti estremi, come gettarsi dalla scogliera, meno... beh, tragici. È molto più romantico pensare che si sacrifichino per gli altri, piuttosto che vedere le cose come stanno."

"Mamma mia, Zell... pensavo che fossi più romantico, ma puoi pensarla come vuoi. Ma a volte penso che Squall non sia l'unico ad aver perso la fede dopo che Ellione è morta. Che ne è di quello spirito giovale che conoscevamo tutti?"

Zell guardò la porta, mentre i tuoni echeggiavano nella piccola costruzione. Sto ancora cercando di capire perché ho aiutato una sconosciuta basandomi soltanto su un'intuizione. Alexandra ha detto che sarebbe tornata indietro... non avremmo mai dovuto lasciarla andare. Probabilmente, ha lasciato la città."

Irvine si alzò e camminò fino alla stanza adiacente. Aprì la porta delicatamente e vide una minuscola figura che giaceva nel letto, avvolta nelle coperte. Scosse la testa, incredulo che una qualsiasi creatura vivente riuscisse a dormire durante una simile tempesta, e tornò a guardare Zell. "Ma noi abbiamo Allison, e nessuno passa quello che ha passato lei per andarsene così... Penso che tu abbia ragione, c'è qualcosa sotto. Non so perché, ma mi fido di Alex."

Non appena Irvine finì di parlare, la porta si aprì. Una raffica di vento fece sbattere la porta con violenza sulla parte esterna del muro e una figura incappucciata entrò velocemente, afferrando la maniglia. "Ovviamente, dovevamo incappare nella peggiore tempesta del secolo proprio ora. Hyne ha un senso dell'umorismo piuttosto sardonico, glielo concedo. Sono riuscita a prendere i viveri che eranostati preparati... avevo a malapena i guil per pagare tutto."

Alex si tolse il mantello zuppo d'acqua; sembrava il proverbiale pulcino bagnato. Poggiando immediatamente lo zaino a terra, camminò verso la piccola camera da letto che aveva la porta socchiusa. Trasse un minuscolo sospiro di sollievo, osservando il lenzuolo che si alzava e si abbassava regolarmente al ritmo del respiro della bambina.

Zell si sentì improvvisamente molto sollevato ora che Alex era tornata. Alzandosi dal divano, andò verso di lei. "Ok, avevamo un patto. Noi abbiamo tenuto fede alla parola data e abbiamo aspettato a far domande fino ad oggi. Ma ora esigo che cominci a parlarein fretta... o andremo dalle autorità."

Alex roteò gli occhi. "Siete ricercati quanto me. Per favore, non provare questi trucchetti con me. In questi due ultimi anni ho lavorato per il più grande figlio di puttana che esista. Credimi, nessuna delle tue tattiche intimidatorie funzionerà. Perché pensi che siano passate dodici ore e sappiate ancora tanto quanto ieri? Con la differenza che oggi hai un'adorabile ferita da arma da fuoco da mostrare in giro, per quel che ti riguarda."

"Sei scappata solamente perché noi te l'abbiamo permesso. Senza di noi, tu saresti morta e quella bambina sarebbe ritornata dai suoi genitori. Dove, a proposito, Allison dovrebbe essere. Ora comincia a parlare."

"Si tratta sempre di controllo con la SeeD, vero? Il dettaglio più importante in tutta questa situazione è il fatto che tu non hai idea di chi ha il controllo adesso. Tu sei ricercato esattamente come me e questo ti pietrifica. La vita militare ruota tutta intorno all'ordine e alla meticolosità, senza questo c'è soltanto il caos. La confusione ti terrorizza, Zell, la spiegazione e la razionalità sono essenziali per la tua sopravvivenza. Ultimamente queste cose ti sono state portate via. Ora come ora, stai cercando di mantenere la tua sanità mentale sfidandomi."

Alex tornò indietro e cominciò a rovistare nella borsa delle provviste. Prese un giornale arrotolato, gettandolo verso il guerriero, senza mai alzare lo sguardo dallo zaino. I riflessi oramai allenati gli permisero di afferrareil giornali senza doverci pensare due volte. Irvine stava guardando l'evolversi degli eventi degli ultimi minuti, sempre appoggiato al muro. Qualcosa di questo gli sembrava quasi familiare, ma non aveva mai visto la persona che stava di fronte a lui. Quella sensazione di disagio non lo voleva abbandonare, per quanto provasse a scrollarsela di dosso.

Sentendo gli occhi di Irvine su di sé, Alex alzò lo sguardo. Raddrizzandosi, piegò la testa da un lato e sorrise dolcemente.

"Tu... tu sei diverso. Tu non vivi per gli stessi ideali dei tuoi compagni; puoi imbracciare le armi contro i loro nemici, ma nelle tue vene non scorre sangue militare. Tu non sei tecnicamente un Seed, non potresti mai esserlo... magari nel grado, ma non nelle idee. I valori sono cose meravigliose, e i tuoi non sono un'eccezione."

"Grandioso," replicò Zell, sarcasticamente "Mi prendo un proiettile per salvar una specializzanda in psicologia, sono proprio fortunato."

Alex rise sommessamente, sedendosi sulla vecchia poltrona, "era la mia seconda materia di specializzazione, ma ci sei andato vicino. Penso che adesso siate pronti per sentire le risposte che cercate."

Irvine si toccò il capello, una sorta di cenno di saluto alla ragazza che sorrideva birichina. "Mi sa che ora sappiamo chi ha il controllo."

*~*~*~*~*

Troppe emozioni, troppe sensazioni le inondavano la testa. Una barriera emotiva che lei si rifiutava di rompere, non importava quanta pressione fosse stata fatta. Quanto sarebbe stato difficile dirgli la verità? Poche parole che potevano, e l'avrebbero fatto, cambiare due... no, tre vite per sempre. Si era fidata di lui al punto di mettergli in mano la sua vita, una volta. Si era fidata di lui al punto di mettergli in mano il suo cuore, una volta. Fiducia. Quella parola e Squall Leonhart non si accordavano in quel momento, ma manteneva viva la speranza che un giorno l'avrebbero fatto.

Allison era la sua prima priorità; l'avrebbe protetta. Per quanto volesse credere che Squall era dalla sua parte, sprazzi di dubbio le annebbiavano la mente. Per due anni, lui aveva cercato di distruggerla, e ora saltava fuori disposto a credere alla sua innocenza. Se Squall avesse dato a Bennett il più piccolo dubbio sul fatto che Allison non fosse sua, non sarebbe stato oltre le possibilità di quel bastardo senza cuore assassinare la bambina... per ripicca per il tradimento di Rinoa, o semplicemente per il suo desiderio disperato di potere. Lei non era che una pedina, nulla più che un pezzo superfluo. In tutto questo, ci sarebbero state morti innocenti, per tutti gli dei... e Allison non sarebbe stata tra quelle.

Rinoa Heartilly aveva imparato molte cose negli ultimi due anni. Molte erano lezioni di vita che non avrebbe mai augurato a nessuno. Osò guardarlo negli occhi... occhi che raccontavano una storia di solitudine, di dolore. E ora lei avrebbe solo aggiunto altra angoscia.

"Io... Allison è mia figlia. A Richard non importa nulla di noi. Non ero nulla più che una prigioniera, là... e lui ha usato sua figlia per... Squall, la ucciderà. Devi credermi. La famiglia non conta niente per lui."

Mentre diceva quelle parole, non importava quanto fossero incoerenti, sapeva che avrebbe ricevuto il messaggio base: sua figlia... la figlia di Richard Bennett. Semplici parole che non erano la verità, ma neanche una bugia. Bennett l'aveva allevata negli ultimi anni, come avrebbe fatto un padre. Quel suo ragionamento le faceva venire da vomitare. Si sentì assalire dalla nausea, e non riuscì più a guardarlo in faccia. Per la prima volta, da quando lasciò la casa di quel bastardo qualche notte prima, pianse. Non per se stessa, nemmeno per Allison; pianse per Squall. Lui le voltò le spalle... e questo le spezzò il cuore. Crollò sulla sedia a dondolo, chiudendo gli occhi mentre le lacrime le scendevano sulle guance pallide.

L'oscurità le riempì i pensieri, un'oscurità solitaria. Poteva riuscire a immaginare il suo volto, le sue emozioni. Sentì il suono dei suoi stivali mentre camminava lungo il pavimento legnoso, emettendo uno strano eco che la fece rabbrividire. Per un istante, lo rivide in piedi sul palco, a Deling, mentre lei guardava dal vicolo buio. Quella notte erano cambiate così tante cose. Doveva vivere la menzogna, come aveva fatto per due anni. Per quanto la riguardava, lei era colpevole di omicidio; dell'omicidio di se stessa, di Rinoa Heartilly.

Il suo respiro si fecepiù profondo, mentre lui si allontanava da lei. Erano passati due anni, ma era ancora lui ad andarsene. La figlia di Bennett... la figlia di quel fottuto bastardo. Migliaia di ricordi gli riempirono la mente, i momenti con lei, i momenti senza di lei, ognuno più doloroso del precedente. Rinoa era una prigioniera intrappolata nella sua stessa vita, e lui lo realizzò in quel momento. Per un secondo la guardò; era seduta e piangeva silenziosamente. Era stato lui a farle questo. Lei sarebbe rimasta per sempre una prigioniera; non sarebbe mai stata discolpata del crimine.

"Rinoa," disse, cercando di non mostrare troppa emozione. Cosa... cosa ti ho fatto?"

Lei cercò di asciugarsi le lacrime dagli occhi usando i palmi delle mani. Il tentativo fu inutile; altre lacrime le sostituirono velocemente.

"Squall... non pensavo fosse possibile amare qualcuno, e allo stesso tempo essere così pieni di disprezzo per la stessa persona. Per due anni, ho sognato che tu mi avresti trovata, e mi avresti salvata dal mondo in cui sono stata cacciata. In qualche modo, mi sarei svegliata da questo orribile incubo, e tu mi avresti consolato. Ad ogni modo, quando mi alzavo, vedevo soltanto la luce della luna dalla tua parte del letto. In qualche schifosa occasione, vedevo Richard. Non sei stato solo tu a farmi questo... sono state le circostanze, gli eventi, cose che nessuno di noi due controllava. Tutto si è ridotto alla fiducia... alla fine, tu non ti sei fidato di me. Ora io non posso fidarmi di te."

Quelle parole lo colpirono più profondamente di qualunque altra cosa avesse potuto immaginare. Lo sapeva. Eppure, sentirlo dire da lei... tutto quello che aveva fatto da quando lei se ne era andata era sbagliato. Nessuno era veramente innocente, nessun mortale lo può essere. Aveva odiato il fatto che fosse svanita, quel giorno, senza un addio, senza dire nemmeno una parola. Non aveva fatto niente per provare la sua innocenza, ma questo non bastava a provarne la colpevolezza. Doveva sapere quello che lei aveva vissuto, per quanto l'avrebbe tormentato sentirlo... beh, meritava ogni dettaglio. Lui meritava molto più dolore di lei. Ma adesso era tutto chiaro, durante gli ultimi anni... era stata lei quella che aveva sofferto di più.

Tornando verso di lei, non voleva altro che prenderla tra le sue braccia... alleviando le sue paure, alleviando i suoi dubbi. Aveva perso quel diritto; aveva perso il diritto di amarla. Inginocchiandosi di fronte a lei, la guardò mentre lei nascondeva gli occhi dai suoi.

"Rinoa, so di non meritarmelo. Ti prego, dimmi cosa ti è successo. Dimmi cosa ti è successo in questi anni," supplicò.

*~*~*~*~*

I lampi fiammeggiarono fuori dalla finestra, illuminando la casa con un luce innaturale. L'oscurità riempì di nuovo la stanza, manifestando l'incongruità della situazione. Non doveva essere più tardi delle tre del pomeriggio, eppure il cielo poteva essere tranquillamente scambiato per quello della mezzanotte. Era veramente una tempesta di natura demoniaca e si poteva sentire l'elettricità che permeava l'atmosfera.

Eppure, la bambina dormiva.

Alex allungò una mano per prendere lo scialle fatto a maglia che ornava lo schienale del divano. Per un momento, si ricordò di sua nonna che faceva il copriletto a mano, ma quando la luce scintillò, rifocalizzò i suoi pensieri verso il suo compito. Questi due uomini avevano rischiato la vita per lei, e per questo, anche la loro potenziale libertà. Aveva pianificato da tempo di opportare quella battaglia da sola. Conosceva il rischio di accettare la responsabilità della bambina. Ma aveva una nuova consapevolezza, una connessione spirituale, a quel gruppo di amici amici... anche se loro non lo sapevano. Molto era stato rivelato in quei quattro giorni; erano legati da una connessione soprannaturale.

Riscuotendosi dai suoi sogni ad occhi aperti, guardò gli uomini seduti su due sdraio, che la stavano fissando. "Zell, hai letto il giornale?"

Sembrò irritato, mentre si copriva con la coperta.

"Sì, ho letto la pagina tutta bella tappezzata delle nostre foto. Sono così felice che tu ce l'abbia fatto notare. Non avevamo proprio nessuna idea che fossimo ricercati dalle autorità. Grazie per la tua preziosa perspicacia."

Irvine scosse la testa, "devo mettervi in due stanze separate? Alex, noi vorremmo veramente sapere perché stiamo rischiando la nostra carriera e le nostre vite. Perché Allisson Bennett è sotto la tua 'presunta' custodia?" Notò che Alex giocava con la catenina. Intuì la silhouette dell'anello d'oro di Griever, "e dimmi anche come hai fatto ad avere quell'anello."

Chiudendo gli occhi, Alex sentì il freddo metallo tra le sue dita, "Zell, leggimi l'inizio dell'articolo che si trova in fondo a destra."

Girò il giornale, e trovò l'articolo. Zell cominciò a leggere ad alta voce. "La moglie di un membro Trabiano del Consiglio Mondiale è morta lottando per la vita: Renee Bennett è deceduta per delle complicazioni di una lunga malattia, ieri pomeriggio. Soltanto tre giorni dopo che sua figlia, Allison Elizabeth Bennett - di quattrordici mesi - è stata rapita dalla casa della coppia trabiana. Richard Bennett era un membro del Consiglio Mondiale..."

"Fermati," ordinò Alex. "Ora, so cosa state pensando, ma lasciatemi dire che nulla di ciò che leggete è minimamente reale. Allison Bennett non è mai stata rapita. La amo come se fosse mia figlia... morirei per lei."

Zell continuò a scorrere l'articolo finché non alzò lo sguardo, "quindi mi stai dicendo che Renee Bennett non è morta."

"Richard Bennett potrebbe uccidere per ottenere il potere, lo capisci questo?" Alex guardò l'esperto di arti marziali, gli occhi seri come quelli di un drago.

Irvine guardava come uno spettatore i due, che si erano impuntati in una guerra di sguardi furiosi, ognuno che rifiutava di concedere all'altro anche un solo centimetro. Sedendosi sul bordo della sedia, il cecchino si chiedeva silenziosamente che informazione questa donna avesse veramente dato loro; fino a quel momento, nulla per cui valeva la pena rischiare la vita.

"Non hai risposto alla mia domanda: è morta? Se è viva... perché hai tu la sua bambina?" ribatté Zell.

"A tutti gli effetti, lei è morta. Ti posso garantire che tu non avremo più notizie di 'Renee'. Questa montatura mediatica è un tentativo disperato per ottenere il favore e il supporto del pubblico. Il signor Bennett si sta innervosendo."

Zell si arrabbiava sempre più per gli intollerabili indovinelli di Alex. "Okay, così stai dicendo che noi non avremo più sue notizie... eppure, non è morta. Ma perché Rinoa ti avrebbe fatto portare via sua figlia, specialmente in un luogo così lontano come Dollet?"

Alex sorrise lievemente, e continuò, "per sicurezza Zell, noi dovevamo tenere la bambina più lontana possibile da Richard Bennett ad ogni costo."

"Scusatemi," cercò di interromperli Irvine, confuso dallo scambio. Venne palesemente ignorato, mentre Zell continuava l'interrogatorio.

"Il signor Bennett è il padre della bambina, ha il diritto di averla! Non mi importa se è un maledettissimo figlio di puttana, non è una buona ragione per averti incaricata di rubare Allison!"

Guardando Alex, che stava seduta sulla poltrona con un sorriso giocoso, Irvine si alzò. Questa volta, alzò la voce e disse con veemenza, "scusatemi." Entrambi si voltarono a guardare il cecchino. "Gradioso, ora che ho la vostra attenzione... Zell, sono sicuro al cento percento di averti sentito dire Rinoa invece che Renee. E Alex, sono sicuro al cento percento che tu ne fossi ben consapevole."

Zell guardò immediatamente Alex, che stava sorridendo con aria furba. "Sì Zell, Allison Bennett è la figlia di Rinoa. È curioso come i sogni possano essere importanti per il passato e il futuro di una persona, se si sa come interpretarli. Qualche volta i sogni assorbono la tua vita, collegando la differenza tra finzione e realtà. La tua mente ha realizzato quello che il tuo subconscio già sapeva."

Spostò il lenzuola dalle sue gambe, lasciandolo lì accanto a lei. Lentamente, si alzò dal divano e camminò verso il punto in cui sedeva Zell, abbassandosi lentamente alla sua altezza.

"I sogni che hai fatto sono collegati al nostro futuro; dovevano servire a tutti e due per scoprire la verità. Le visioni sono la voce dei morti che vogliono comunicare coi vivi... mettendoci in allerta sul nostro destino, oppure sul destino delle persone che amiamo. Ho promesso a Rinoa che non avrei mai svelato la sua identità... e non ho tradito la sua fiducia. Le parole non sono uscite dalle mie labbra... ma dalle tue. Io non volevo e non ho infranto la mia promessa. Mi scuso per gli indovinelli... semplicemente non potevo. Era il tuo destino scoprire quella verità da solo."

*~*~*~*~*

Per un momento, Rinoa desiderò urlargli addosso, gridargli tutte le torture che aveva subito. Ma sapeva che c'erano modi migliori per farlo soffrire. La verità. Lui la voleva; avrebbe avuto tutti i dettagli della sua vita passata accanto a quel bastardo.

"Dopo che lasciai il Garden... beh, finii per arrivare a Deling. Lì volevo cercare di contattarti, ma quando ti ho visto... sapevo che ti avevo perso per sempre. Le ferite erano troppo profonde... era ancora troppo presto. Alla fine mi imbarcai in un cargo che mi portò a Trabia. Ti evito alcuni dettagli della vita di strada, ma alla fine, racimolai pochi guil e affittai una stanza. Presi una decisione una notta, una decisione che mi perseguiterà per sempre... aspettai fuori da un ristorante. Dove fondalmente... oh, Dio."

Si coprì il volto con le mani, vergognandosi di ciò che stava ricordando. Squall sapeva cosa gli stava dicendo. Era disperata, così spaventata. L'idea di lei che si trasformava in nulla più che una puttana di lusso gli fece venire da vomitare. Voleva chiederle quante volte era stata costretta a... ma la risposta poteva essere più di quanto sarebbe riuscito a sopportare. Non aveva mai voluto morire come in quel momento; non aveva mai sentito un livello tale di disprezzo per se stesso. Non si meritava neppure di stare nella stessa fottuta camera con lei.

Lei smise di piangere per il tempo sufficiante a continuare, "il primo uomo che arrivò... beh, che era da solo, fu Richard Bennett. Ripensandoci ora, fui ingenua a pensare che lui non sapesse chi ero; era candidato per entrare nel Consiglio Mondiale, a quel tempo... Non so nemmeno cosa stessi pensando. Mi presentai come Renee, un nome che mi venne in mente dopo aver iniziato a dire 'Rinoa'... e così nacque la 'splendida' Renee Bennett."

"Pensai che se fossi riuscita a superare la notte fisica con lui avrei potuto superare... Hyne... fu orrendo. Non mi sono mai sentita così sporca o facile nella mia vita. Fui stupita quando la mattina dopo mi chiese se voleva rimanere con lui. La notte precedente gli avevo inventato qualche storia riguardo ad un litigio con un'amica che ero andata a torvare. Stavo morendo di fame... avevo mangiato pochissimo. A quel punto, non sapevo più da dove avrei tirato fuori il pasto successivo. Fui costretta ad accettare l'offerta, ma non avrei mai più avuto l'opportunità di andarmene."

"Rinoa, mi disp-"

"Non dirlo nemmeno! Non dirmi mai che ti dispiace. Fidati, non è per nulla abbastanza. Vuoi sapere cosa ho sopportato? Vuoi sapere quanto 'dispiaciuta' può essere una persona?"

Due parole non avrebbero mai portato via il dolore. Lui lo sapeva meglio di chiunque altro. Quante notti aveva immaginato lei, quello che stava facendo? Troppe volte l'aveva pensata vestita di abiti elaborati, a comandare eserciti per prepararsi ad un'invasione, simile ad Edea. Era più semplice avere a che fare con quell'immagine. La verità era mille volte peggio: aveva venduto il suo corpo, aveva venduto la sua anima. No, due parole non avrebbero mai cancellato quell'orrore. Ad ogni modo, una cosa era giusta: sentire la verità era la cosa più dolorosa che lei gli potesse infliggere. Ora, ad ogni minuto del giorno avrebbe risentito le sue parole, ricordato il dolore della sua voce, e l'angoscia nei suoi occhi. Nessun 'mi dispiace' avrebbe portato via tutto questo.

"Dopo la prima notte nel suo letto, finii per sentirmi male per quello che avevo fatto. Vuoi sentire la fottuta parte peggiore di tutto questo? Mi sentivo ancora come se ti stessi tradendo! Tu mi stavi dando la caccia... e io mi facevo venire la nausea per averti fatto del male. Odiai me stessa per quella sensazione. Quello è stato il giorno in cui conobbi Alexandra... aveva appena cominciato a lavorare per lui. Prima viveva ad Esthar, e sapeva perfettamente chi ero. Invece di denunciarmi, quella sera mi diede conforto. Aveva capito, allora, che... in qualche modo, ero diventata una prigioniera di Richard Bennett, e niente mi avrebbe salvata. Aveva degli amici nel governo e e riuscì a rimediarmi dei documenti falsi."

Rinoa si morse le labbra, come se avesse paura di continuare. Non aveva paura di dirlo, bensì di ricordarlo.

"Lo sposai quattro settimane dopo e, un mese più tardi, scoprii di essere incinta. Lui sembrava quasi... felice, credo. Per pochi mesi, fu quasi sopportabile. Ora avevo un'altra vita a cui pensare. Dopo che nacque Ally, ogni cosa cambiò. Sapeva che aveva potere su di me; io non mi ero ancora resa conto."

Guardandolo dritto negli occhi, disse sommessamente, "cinque."

Fino a quel momento, lui aveva guardato il pavimento, o forse i suoi occhi si erano chiusi davanti alle disgustose immagini che tormentavano la sua mente. Non capì l'ultimo commento e la guardò negli occhi. Ora la guardava in faccia attentamente, e trovò solo terrore e sofferenza. "Non capisco... cinque?"

È il numero delle volte che mi ha rotto le costole, Squall. Posso ricordarle una ad una... posso ancora sentire il dolore di ogni costola mentre mi si rompeva nel torace."

Se quell'uomo fosse stato lì vicino, sarebbe morto. Quell'uomo sarebbe morto non appena Squall gli avesse di nuovo messo gli occhi addosso. Sentì che stava cominciando a tremare di rabbia, verso se stesso e verso Richard Bennett. La sua Rinoa non sarebbe mai rimasta accanto a una tale bestia; era troppo forte. Era una combattente. Nessuno avrebbe mai potuto fare il prepotente con lei, eppure lui sapeva che su una cosa Rinoa aveva ragione. Non erano più le stesse persone. Questa Rinoa era rimasta... non perché era debole, ma perché era forte.

Rinoa non era la codipendente nel matrimonio. Era una prigioniera di guerra... una guerra che aveva perso con se stessa. Era rimasta perché il suo spirito era stato spezzato, la sua fiducia se ne era andata. Era rimasta per sua figlia, per il cibo e un rifugio, per la sua unica ragione di vita. Non era una brutta relazione qualsiasi da cui poteva scappare, non si trovava in una situazione per cui poteva cercare rifugio in un altro posto qualsiasi. Non c'era nessun altro posto verso cui scappare. Una persona più debole avrebbe rinunciato alla vita; solo una persona forte poteva sopportare una simile tortura e rimanere comunque sana di mente.

"Così inventai una persona, divenni lei. Provai a credere che Rinoa Heartilly era morta. Nella mia mente, lei morì con Squall Leonhart quel giorno al Garden. La vita che avevo una volta, la persona che ero una volta... non c'è più. Siamo persone diverse, sono accadute troppe cose."

Le sue lacrime si fermarono, la sua voce perse il tremore iniziale e crebbe, fino ad essere più sicura. Non mi aspetto di poter uscire viva da questa situazione. Una volta ho detto ad Alexandra che ero morta comunque. Allison è nata innocente in questa guerra; è l'unica senza peccati. Richard Bennett non le farà del male, a meno che non voglia ferire me. Sarò io a versare il suo sangue, se solo prova a farle del male. Non sarò innocente questa volta; questa volta ne varrà la pena. Darò la vita per lei."

"Ora Squall, guardami negli occhi e dimmi che ti dispiace."

Nessuna scusa avrebbe riparato ai danni che le erano stati fatti, non solo psicologicamente, ma anche mentalmente. Il compito di un cavaliere è quello di proteggere la sua strega, mente, corpo, e spirito. Lui non aveva fatto nessuna di queste cose. Non era un cavaliere più di quanto lo fosse stato prima di incontrarla. La vita poteva essere crudele.

Per la prima volta, Squall Leonhart fece una cosa che non aveva mai fatto prima. Cadde in ginocchio e implorò silenziosamente il suo perdono. Non era tipo da implorare; il rimorso che provava verso di lei non poteva essere spiegato a parole... aveva fallito.

*~*~*~*~*

Il giorno stava volgendo al termine, e il poco calore che il sole aveva offerto era solo un fugace ricordo. La neve sciolta sul pavimento stava tornando di nuovo solida. Non appena i suoi stivali colpirono un blocco di gelo sulla strada, Seifer si irrigidì, incapace di mantenere l'equilibrio. Disprezzava qualsiasi cosa che questa dannata landa desolata aveva da offrire. Nessuna persona normale poteva vivere in quelle condizioni per tutto l'anno.

Alzandosi da terra, imprecò ad alta voce; chiunque fosse a portata d'orecchio poteva intuire quanto l'uomo fosse contrariato.

Quistis provò a non ridere, dopotutto non sarebbe stata una mossa molto saggia.

"Seifer, Nicolas, chiunque tu sia. Ricorda che sei, presumibilmente, un SeeD. Quando indossi questa uniforme, devi comportarti come un cittadino modello."

Lui spazzolò via la neve dal suo cappotto, "sì, sembra che i cittadini modello delle vicinanze abbiano il vizio di sparire o morire improvvisamente."

"Pensi che Squall lo sappia già? Voglio dire, è là già da un paio d'ore per l'interrogatorio sulla bambina scomparsa."

Poi la colpì, bambina.

"Seifer, significa che la figlia di Rinoa e di Bennett è stata rapita?"

"Ho alcune idee sull'argomento, ma vediamo cosa succede quando arriviamo là. Per quanto riguarda Squall, poi... lo sa."

Lei si fermò, voltandosi a guardarlo. "Non capisco. Non ti vediamo per cinque anni, e ora sei l'autorità su tutto. Guardan, non possiamo ancora emettere un verdetto... potrebbe anche non saperlo."

Seifer respirò profondamente, guardando il suo fiato che si stava condensando in aria, poi si girò verso di lei, "il Comandante Ragazzino lo sa."

Prima di riuscire a dire un'altra parola, la ragazza vide una figura che correva verso di lei attraverso la neve. Dal cappotto standard della SeeD, capì che era Lauren.

"Professoressa... Quistis, ho cercato di contattare te e Nicolas tutto il pomeriggio!" Seifer fece un piccolo sorriso e un finto cenno con la mano al suono del suo nome fittizio. La giovane continuò, "perché non avete risposto via radio?"

Quistis guardò Seifer, "Nicolas era incaricato della radio. SeeD, ce l'hai ancora con te?"

Seifer frugò nelle tasche del suo cappotto, e poi ricordò di averla attaccata alla cintura. Con un sorriso birichino, cercò di salvare la sua dignità da quella situazione.

"Sì, eccola, non ho sentito una singola trasmissione."

Diede il piccolo mezzo di comunicazione a Quistis, che l'esaminò prima di restituirgliela

"SeeD, magari ti può essere più utile se sposti il bottone sull'indicatore ricezione," disse lei, cercando di trattenersi dal ridere.

Seifer afferrò la radio farfugliando molti aggettivi sottovoce.

"Non fa niente. È un'emergenza... riguarda il Comandante Leonhart. È diventato... beh, come lo dico? Pazzo."

Un'improvvisa paura colpì Quistis. Questa situazione non aveva niente di buono: aveva paura di sentire il resto.

"Siamo riusciti a parlare con Richard Bennett solo per pochi minuti. Bennett ha mostrato al Comandante una foto e poi ha minacciato la vita di altri SeeD. C'è stato qualche urlo, ed è finito tutto con il Comandante che ha letteralmente spinto a terra Bennett. Abbiamo lasciato l'edificio e Squall mi ha gridato contro... ma mi ha chiamata Rinoa. Allora ha perso la testa... ha tipo avuto un collasso nervoso ed è corso nella foresta. Ho provato a raggiungerlo, ma non riuscivo a stargli dietro nella neve."

Quistis e Seifer si scambiarono uno sguardo, ognuno dei due aveva tratto le sue conclusioni riguardo una storia di cui non avevano sentito la fine... una fine che nessuno dei due si aspettava.

"Professoressa, questa non è la parte peggiore. Tre ore fa Richard Bennett è stato trovato morto nel suo studio... ora come ora il Comandante è il primo sospettato."

Seifer provò a confortare Quistis, mettendole gentilmente una mano sulla spalla, rassicurandola che non era sola. Parlò, senza rivolgersi a qualcuno in particolare, affermando ciò che aveva già detto, "lui lo sa..."

*****
Note delle traduttrici: i capitoli dall'1 al 22 sono stati ripubblicati in seguito a una pesante revisione e a tratti una ri-traduzione ad opera di DefenderX e mia. Le ragioni di questa ripubblicazione sono spiegate nelle note del capitolo 23.
Citazione di apertura: da La Ruota del Tempo di Robert Jordan.
La Ruota del Tempo gira ed Ere vanno e vengono,
lasciando ricordi che diventano leggenda.
La leggenda sbiadisce nel mito, e persino il mito è dimenticato da tempo
quando l'Era che gli aveva dato i natali ritorna nuovamente.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 15
*** XV. Discussione ***


And all your deeds and words,
Each truth, each lie,
Die in unjudging love.

--Dylan Thomas

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ XV. DISCUSSIONE ~

Per la prima volta, Rinoa non sapeva cosa dire. Il suo corpo o la sua mente non si sentivano più turbati; al contrario, una calma innaturale l'aveva invasa. Lo guardò, ancora ai piedi della sua sedia. I suoi capelli castani erano alla sua portata. Non voleva niente di più che allungare la mano e farci scorrere le dita. Ricordare come ogni ciocca fosse tra le sue mani, e contro la sua pelle nuda.

"Squall," la sua voce si ruppe in esitazione. "Ho sciolto un po' di neve per avere acqua, là nel bollitore. C'è anche del sapone se hai bisogno di lavarti."

Mentre lui alzava lo sguardo verso di lei, i loro occhi si incrociarono per un momento. Lei fu la prima a distogliere lo sguardo, chiudendo forte gli occhi.

"Io... io non posso più parlare di questo adesso. Ho bisogno di mangiare qualcosa."

"Rinoa, ho altre domande da..."

"Basta, okay? Per favore, smettiamola per un momento. Ho bisogno di tempo per pensarci su. Tutto questo sta succedendo troppo velocemente. Due anni e nulla. Ora spunti dal nulla e io dovrei capire?"

"Rinoa, fidati di me, non capisco nemmeno io. Ma se vuoi aspettare ancora un po', io sono qui."

"Sì. Pressapoco, l'avevo immaginato," disse senza mostrare troppa emozione. "Ora cerco qualcosa da mangiare."

Rinoa si alzò dalla sedia, sfiorandolo mentre passava. Senza mai voltarsi indietro, cominciò a rovistare nella credenza, trovando alcuni barattoli, e appoggiandoli rumorosamente sul piano di lavoro. Lui la guardò, ogni movimento. Il modo in cui apriva gli antelli degli armadietti, il modo in cui le sue dita afferravano le maniglie di metallo. Tutto era così familiare, un sentimento che aveva da tempo dimenticato. Erano sempre state le cose più semplici con lei, come la cena.

Con le ginocchia che schioccavano, si alzò e si avvicinò alla piccola cucina. Squall cominciò a cercare in alcuni cassetti sotto il piano di lavoro. Senza una sola parola, lei aprì il cassetto più vicino a lei e gli passò l'apriscatole. Lui lo prese e aprì la lattina mentre lei posava una ciotola accanto a lui. Ancora, senza una parola lui allungò una lattina di caffè mentre lei chiudeva un'altra serie di antelli. Quando stava per chiedergli di passarle il caffè, lui l'aveva già messo di fronte di lei. Guardò la lattina per un momento, e poi lui.

In quell'istante realizzò cosa stavano facendo, cosa avevano sempre fatto. Nessuno dei due aveva bisogno di dire nulla, l'altro era sempre un passo avanti. Anche se tecnicamente non aveva vissuto con lui, era quasi la stessa cosa. Stavano ballando una danza, una danza di tempismo e movimento che solo due persone che conoscevano l'altro meglio di se stessi potevano fare.

Lui la guardò negli occhi, sapendo cosa stava pensando, "è passato molto tempo."

"Sì," rispose lei dolcemente. "Sì, davvero tanto tempo. Non di nuovo, Squall... non voglio farlo. Non posso farlo un'altra volta. Per favore vai a controllare il fuoco. Si sta facendo più freddo fuori, forse vuoi mettere un altro ceppo sul fuoco."

"Sì, ok, va bene," borbottò lui.

A volte ci sono dei momenti in cui si vorrebbe tornare indietro. Un punto di svolta così drastico che continua a ripetersi nella mente. Squall Leonhart ne aveva avuti molti, ora ne avrebbe aggiunto un altro alla lunga lista di errori... una lista che apparentemente cresceva ogni minuto. Qualcosa di semplice. Qualcosa che faceva ogni giorno. Mai una volta pensando alle conseguenze, mai una volta calcolando cosa sarebbe successo.

Senza pensarci due volte, si tolse i guanti.

Lei era occupata e all'inizio non aveva badato a quello che lui faceva. Il cappotto se l'era tolto prima, durante l'incidente della coltellata accidentale. Ora che Squall poteva sentirsi di nuovo le mani, aveva pensato di scaldarsele per un po' davanti al fuoco. Qualcosa di così semplice... qualcosa che aveva dimenticato.

Ad ogni modo, quando si voltò per farle una domanda, lei lasciò cadere le tazze di caffè per terra. Senza dire una parola, solo guardandolo con risentimento. Lui sentì dei pugnali nel petto, ma non riusciva in nessun modo a capire perché. Lei lentamente indietreggiò, senza voltarsi, e senza distogliere lo sguardo da lui. Continuò a indietreggiare fino ad appoggiarsi al muro divisorio.

Il primo pensiero che ebbe fu che si fosse ferita. I suoi colori di sempre lasciarono il suo bellissimo viso, mentre sbiancava completamente. Lui passò sopra i cocci delle tazze di ceramica, evitando cautamente il liquido rovesciato.

Un'espressione di trepidazione gli si dipinse sul volto, e si sentiva anche nella voce. "Rinoa... stai bene? Che c'è che non va?"

Mentre si avvicinava, Squall cercò di offrire la sua mano come supporto. Fu allora che se ne accorse, mentre lei seguiva la sua mano contro la spalla, comportandosi come se fosse veleno potentissimo. Cazzo. Dopo tutto quello che era successo, dopo che aveva presenziato il meeting di delegati a Deling, le apparenze esteriori erano tutto. Per proteggere Quistis e la loro relazione matrimoniale, aveva dimenticato un piccolo dettaglio. Il suo anello nuziale. Gli occhi di lei ora erano concentrati sul cerchio attorno al suo anulare.

"Oh, Hyne, Rinoa, non è come pensi. Per favore lascia che ti spieghi."

Faceva male pronunciare le parole, ma lei doveva sapere. Chiese le più dolorose parole mai pronunciate, "sei... sposato?"

"Sì, Rinoa. Ma è..."

"No," replicò lei. "Penso che tu abbia fatto abbastanza, grazie. Stai dannatamente lontano da me."

"Non me ne vado. Possiamo parlarne?"

"Merda Squall... di che cosa vuoi parlare? Sei fottutamente sposato. Che altro c'è da dire? Solo... vattene."

"Ho dovuto, Rinoa. Dovevo rimanere al Garden."

"Cosa? Da quando il Garden richiede che tu sia sposato per viverci?"

Cercò ancora di rassicurarla. Tentando di nuovo di colmare lo spazio tra di loro, posò delicatamente la mano sul braccio di lei. Scostandola con forza tremenda, lei lo guardò di sfuggita per un attimo. Occhi pieni di dolore; perfino lui poteva vedere il tormento. Rinoa scivolò lungo il muro, fino a che finì seduta sul pavimento, le ginocchia contro il petto. Una posizione in cui si trovava spesso, una posizione che mostrava il suo disperato bisogno di conforto. Come un bambino con la propria madre, ma lei non aveva madre al mondo, nessun padre che potesse stringerla, e la persona che le aveva dato il più grande conforto ora le dava il più grande dolore.

"Rinoa... dannazione. Non è per niente come pensi... ho dovuto. Stavo per perdere il comando. Il Consiglio non si fidava di me riguardo al tuo ritrovamento. Dovevo mostrare loro che mi ero lasciato tutto alle spalle, che ero ancora in grando di svolgere il mio lavoro. Se non fossi stato io a trovarti... Rinoa, ti avrebbero ammazzato a vista. Io... io non potevo lasciare che accadesse."

"Invece che uccidermi piano piano? Grazie per la tua preoccupazione, Comandante Leonhart. Perché... perché non mi hai detto la verità? Mai. Se non volevi sposare me, allora, dillo e basta, dannazione. Se non mi volevi... pensavo davvero che tu..." La sua voce tremò di esitazione prima di continuare. "Io... pensavo davvero che tu mi amassi."

Invede di preoccuparsi di spiegarle quella farsa del suo matrimonio, Squall si trovò in una situazione molto più grave... Non solo lei non si fidava di lui, dubitava anche dei suoi sentimenti per lei. Qualcosa che lui aveva cercato di negare, ma di cui non aveva mai dubitato. Non voleva niente più che stringerla, confortarla, e far evaporare gli ultimi due anni dalla memoria di entrambi. Ma Squall sapeva che non sarebbe mai potuto accadere, nemmeno i Guardian Force avrebbero potuto cancellare una tale agonia. Questa volta non importava quanto sarebbe stato respinto, lei avrebbe dovuto ascoltare. Si inginocchiò, afferrandola in modo rassicurante per le sue tenere spalle. Lei cominciò a spingerlo via; stavolta lui mantenne la presa.

"Dannazione, Rinoa... puoi dire tante cose... So quanto seriamente ti ho ferito. Ma non dubitare mai, mai, di quello che sentivo per te. Il tuo ricordo è stata l'unica ragione per cui ho continuato a vivere. La tua faccia era la prima cosa che vedevo all'alba, l'ultima che trattenevo prima che ricominciassero gli incubi. Ricordi le tue ultime parole per me quel giorno? Mi hai detto 'vai all'inferno'. Il tuo desiderio si è avverato, dannazione. Rinoa Heartilly, puoi dirmi ripetutamente tutti gli errori che ho fatto... il dolore che ti ho causato... che ho causato a tutti. Ma non dirmi mai che non ti amavo. Era tutto quello che avevo... tutto quello che ho mai avuto... o mai voluto: tu."

Questa volta non pianse, non avrebbe pianto. Qualcosa nel profondo dentro di lei scattò... qualcosa che nemmeno sapeva esistesse, qualcosa che poteva solo scaturire da due anni di inferno. A reprimere la rabbia contro tutti coloro che l'avevano bistrattata, tutti coloro che l'avevano tradita. Un sentimento così zeppo di risentimento radicato, o di gelosia, che la riempiva interamente e che non poteva placarsi. Per due anni, era stata controllata da Richard Bennett, un sentimento che le ripugnava. Lo stesso controllo da cui una volta era fuggita, essendo suo padre un Colonnello dell'esercito. Ora le carte in tavola erano cambiate, nella sua mente, non avrebbe più permesso a Squall Leonhart di controllarla... anche se solo nella sua mente.

Era lo stesso sentimento che aveva spinto Artemisia e Adele nella tenebra del male. Era, difatti, una strega il cui spirito era stato spezzato... dal Cavaliere che aveva giurato di proteggerlo. Nessuna forza al mondo era più caotica o traditrice, nessuna forza più assassina o maligna del potere che le controllava i pensieri. L'anima. Perché in quel momento, non era più Rinoa heartilly, ma si era ritrasformata in una versione distorta di Renee Bennett. Una creatura che era stanca di essere la vittima, e in quel preciso momento... era lei ad avere il controllo.

Nessuna forza più manipolatrice.

L'immagine di Squall sposato, a qualcun altro, era abbastanza per spingerla ai limiti della sanità mentale. Sanità rubatale dal tempo, dal controllo... da lui. I cambiamenti non erano solo nella sua mente, ma anche nel più insignificante livello fisico. Nonostante fossero piccoli cambiamenti. Il che voleva dire che se nessuno avesse cercato la metamorfosi, non avrebbe notato la differenza. I suoi occhi rimasero marroni, non divennero dorati: quello sarebbe stato troppo ovvio. Invece, si annebbiarono, come la sua mente. Nella stanza illuminata dal fuoco, era impossibile accorgersene senza guardarla direttamente alla luce. Il suo intero contegno si spostò dalla difensiva all'offensiva.

In quel caso, comunque, avrebbe mostrato il suo dominio nel modo migliore che conosceva. Potere. Non attaccando, non colpendo, ma dandogli l'unica cosa a cui sarebbe stato impossibile per lui resistere. Se stessa. Prendere il controllo del suo corpo, della sua mente. Mostrandogli che anche se era sposato, era ancora lei ad avere potere sui suoi desideri. Era una maledizione, per una strega, che le emozioni negative controllassero le sue azioni. Le linee tra la realtà e la fantasia si sfuocarono... come avevano fatto con Richard.

Era un miscuglio di lussuria e passione, di controllo e potere.

Lui non seppe mai cosa lo colpì.

Un minuto stava spiegando le sue ragioni per quel matrimonio fittizio, il minuto dopo lei lo stava attirando contro di sé. Dalla posizione in ginocchio in cui si trovava, Squall fu incapace di mantenere l'equilibrio, tanto forti erano i movimenti di lei. La sensazione di lei che gli afferrava il collo e lo attirava a sé fino a quando le loro labbra si toccarono... Lui seppe in quell'istante che qualcosa non andava, ma la sensazione era così sorprendente, così desiderata, che perse per un momento la ragione e rispose al bacio altrettanto appassionatamente.

*~*~*~*~*

Quistis stava in piedi nel viale, perdendo inaspettatamente ogni senso della realtà. Le punte delle dita intirizzite, attraverso i caldi guanti di lana. La sua mente in fibrillazione, cercando di afferrare il concetto di Squall sospettato di omicidio. Un omicidio a sangue freddo, un raccapricciante testamento della natura umana. Un'idea così orrenda che voleva dimenticarla in fretta... ma date le circostanze, o almeno quello che sospettavano, il pensiero rimaneva.

Seifer, essendo il meno emotivo dei due, almeno per quanto riguardava le apparenze, cercò di razionalizzare la situazione. Poteva Squall essere capace di omicidio? Sì. Date le giuste circostanze, le giuste emozioni, e certamente il pensiero di qualcuno che faceva del male a Rinoa... Sarebbe stato il dovere di un Cavaliere combattere per la propria strega, in un legame non governato dalle leggi degli uomini.

Ad ogni modo, Seifer sapeva anche una semplice cosa; Squall Leonheart non aveva ucciso il Consigliere Bennett. C'è un prezzo per l'onore, per difendere il valore di chi si ama. Se il Comandante fosse stato colpevole, non sarebbe fuggito. Era troppo orgoglioso. Aveva onore. Non importavano la situazione o l'emozione, l'omicidio sarebbe stato commesso come risorsa finale e disperata... quando mezzi più convenzionali avevano fallito. Se Squall avesse commesso il crimine, sarebbe stata autodifesa e semplicemente non sarebbe fuggito. Era innocente.

"Lauren, per favore di' a chiunque sia incaricato delle indagini che la signora Leonhart è stata informata delle circostanze e sarà lì presto. Nessuno di noi ha avuto contatti con suo marito, e quindi, non sappiamo dove si trovi," cercò di dire il più professionalmente possibile. Mantenere la copertura divenne molto più complicato.

Lauren salutò i due, solo Nicolas rispose, Quistis ancora scioccata. Seifer guardò la SeeD che tornava verso la residenza. Per un momento guardò la sua amica d'infanzia; poteva sentire il suo tormento. Lei voleva credere che Squall fosse innocente; voleva fidarsi di lui... e più di quello, una piccola parte voleva che avesse fatto qualcosa con altrettanta passione per lei. Per lei, se Squall avesse ucciso Bennett, sarebbe stato per amore. L'amore profondo che sentiva per Rinoa, l'amore per cui gli uomini muoiono. L'amore che per lei era perduto davvero... almeno per quanto riguardava Squall. Anche se Quistis non lo sapeva, qualcuno la amava. Anche se quella persona ancora non lo sapeva. O non lo avrebbe ammesso.

Lui respinse l'emozione nei recessi della sua mente; era qualcosa che gli riusciva bene. Il risentimento e l'odio erano facili da mostrare, ma mostrare qualcosa di tanto problematico quanto l'amore può essere la cosa più complicata da fare. Ora non era il tempo di rimuginare su tali sentimenti, c'erano cose più urgenti a cui pensare. Allungò la mano sulla schiena di lei; lei sobbalzò al contatto. Poteva sentire il suo corpo irrigidirsi all'inizio, e poi rilassarsi dopo essersi abituata alla tranquillizzante sensazione.

"Quistis, so cosa stai pensando... non è stato lui. Quindi smettila di pensarci. So che stai facendo una lista nella tua testa, valutando le possibilità... il tuo cuore non vuole crederci, ma la tua logica mente di SeeD è dubbiosa. Non dubitare del tuo cuore. Mai. Se è andato via, è perché lei ha bisogno di lui. Lo so che è duro sentirlo... so che anche se hai provato a pensare che era finita, anche se hai sperato che col tempo... era sempre dentro di te. Quistis, è così che deve essere."

Non importava quanto lei capisse che era finita, i giuramenti era qualcosa che aveva preso sul serio. O tanto seriamente quanto poteva, viste le circostanze. Sì, era scioccata. Scioccata che lui fosse accusato del crimine, scioccata che Rinoa era stata lì per tutto il tempo, e soprattutto scioccata dal fatto che non le faceva male quanto aveva pensato.

Parlò sicura, "lo so, Seifer. Grazie, grazie di tutto. Non se ne sarebbe andato se non ci fosse stato un motivo. Credo di essere preoccupata per loro, se sono insieme. Perché se ne sono andati, e più importante, come li ritroviamo? Salvi? Lo devo a lei, a lui."

"Beh prima di tutto devi andare sulla scena del delitto e vedere cosa puoi scoprire. Assicurati che credano che tu sia disposta a pensarlo colpevole. Lo useranno contro di te, per distaccarti dalle indagini. Se arrivano a questo, per quanto possa essere contrario ai tuoi principi, sii d'accordo con le loro sconsiderate teorie."

"Cosa vuoi dire... io? Cosa vuoi... ah già," realizzò quali conseguenze ci sarebbero state se lui fosse andato di persona sulla scena del crimine. Molto brillante Quistis... chiedi al ricercato perchè non vuole andare a parlare con le autorità, riflettè tra sé e sé.

Afferrando la catena che portava al collo, ricordò il tormento sul viso di Squall quando le aveva dato Griever; per la miseria che aveva dato sia a lei che a Rinoa. Rinoa... se era da quelle parti significava che si sarebbero incontrate di nuovo. Come ci si scusa per aver cambiato il corso dell'universo, cercato di fermare il tramonto del sole... negato un amore che era deciso dal destino?

"Pensi che mi odierà?"

"Onestamente, non penso che le piacerai molto," cercò di dire un po' scherzosamente, anche se era estremamente serio.

Lei cercò di sorridergli ironicamente, ma fallì. "Sì", disse, "non sarà certo tra i momenti migliori della mia vita ma... devo affrontarla. Credo di essere felice di poterne avere l'opportunità."

Seifer, d'altro canto, non aveva problemi a sorridere nei momenti più difficili. Sorrise mentre le parlava, "Questa è la mia ragazza... ora vai e distruggili." Si abbassò per darle un piccolo bacio sulla guancia; quando le sue labbra calde incontrarono la sua pelle lei non poté fare a meno di sorridere. Quando lei non si ritrasse, lui tentò la fortuna dandole un bacio veloce sulle labbra. Stavolta i suoi tentativi di sorridere furono un successo.

*~*~*~*~*

Tutte le notti di sogni e fantasie su di lei, tutti i suoi sogni ad occhi aperti di due anni erano ora a portata di mano. Due anni passati a reprimere la passione si erano accumulati; era in un tumulto di emozioni. Il suo corpo non voleva niente più che portare il momento fino alla fine, quando avrebbe potuto sentire la pelle nuda di lei contro la sua un'altra volta. Ad ogni modo, il suo cuore, il suo cuore sapeva che questa non era Rinoa... non era più che un tentativo di mostrare supremazia. Questo non sarebbe stato fare l'amore, sarebbe stato più vile, senza nessuna emozione. Non sarebbe stato più che scopare una ragazza incontrata in un bar. Lei era più di questo, lui era più di questo, e loro erano più di questo.

Quindi, perché diavolo non riusciva a fermarsi?

Il suo cuore gli pregava di farlo; questo non era molto lontano da uno stupro emotivo. Rinoa non era in sé ora; non controllava le sue azioni. Lo aveva già visto, tutti lo avevano visto. Quando aveva appena ricevuto i suoi poteri di strega, non riusciva a controllarsi, lanciando magie a caso rabbiosamente. Quello li aveva messi in più di una situazione spiacevole. Questo non era diverso. Perché la rabbia non era in battaglia, era diretta a lui. Il potere stava indebolendo il nemico nel miglior modo possibile, naturali umani desideri. I suoi desideri, i suoi bisogni. Lei.

Attraverso il tumulto, non smise mai di ricambiare febbrilmente i suoi baci. Lei usò la sua forza per spingerlo contro il pavimento. Era facile da manipolare ora. Secondo lei, gli uomini potevano essere così deboli. Non poté evitare di arrendersi mentre lei saliva su di lui, premendo forte il suo corpo contro quello di lui... premendo più forte su certe parti. Nella mente di lei, era ben consapevole di cosa stavano provocando le sue azioni. Per di più, nella mente di lui, lei lo stava facendo molto bene.

Per un istante, aprì gli occhi, cercando freneticamente di spingere via le piacevoli sensazioni. Sensazioni che aveva creduto sopite da tempo, sensazioni che aveva creduto di non sentire più. Il suo cuore stava perdendo la battaglia con il cervello. Lei lo sapeva.

Tracciandogli baci lungo il collo e le spalle, poteva sentirlo respirare più velocemente. Il potere dentro di lei diventava più forte con ogni respiro, ogni gemito. Allungò le mani per strappargli la maglia. Quasi come un animale, lei stava attaccando e lui era la debole preda. Le carte in tavola erano cambiate; gli ultimi due anni erano ora insignificanti di fronte al potere che stava esercitando con il suo corpo.

Poteva sentire i suoi gemiti trattenuti mentre gli baciava il petto, accarezzandolo in modi che lui aveva da tempo dimenticati. Stavolta fu lui ad allungare le mani per afferrare la sua maglia e togliergliela. Rimpiangendo ogni momento di contatto perso tra di loro. Non era più una docile creatura, ora lui stava diventando l'aggressore, e con questo lei avrebbe vinto la battaglia. Si mise a sedere senza mai lasciarle le labbra e il desiderio che contenevano. Il suo cuore cercò di ragionare che dopo tutto quel dolore meritavano quel momento insieme. L'avevano fatto centinaia di volte prima, e ogni volta era un ricordo che voleva ricreare. Le accarezzò le spalle, sentendo l'elettricità di ogni secondo. Fece scorrere la mano lungo la sua schiena per slacciarle il reggiseno. La attirà con forza contro il suo corpo... allora lei gridò.

No, non di piacere, ma di dolore. Lui conosceva la differenza. Il suono lo riportò alla realtà che il suo corpo non voleva condividere... ma il suo cuore era più forte del suo corpo ora. Lei sentiva dolore. Ruppe il contatto, anche se lei cercò disperatamente di continuare lo slancio che avevano costruito. Squall la combattè, e in un certo senso, combattè se stesso.

"Rinoa!" domandò. Lei continuò a combatterlo. "Smettila, Rinoa. Smettila. Rinoa, non sei in te. Per favore... per favore." La sua voce si addolcì e la guardò negli occhi, "Rinoa, per favore, basta, non è quello che vuoi."

I suoi occhi tornarono da annebbiati ai lucidi occhi castani che amava... quelli erano gli occhi con cui voleva fare l'amore. Lentamente la sua espressione passò da arrabbiata a confusa... quasi imbarazzata.

"Squall... cosa? Cosa è successo?"

Rinoa sembrava una bambina spaventata; voleva essere lui a confortarla. In quel momento, lui era l'ultima cosa di cui lei avesse bisogno. Saperlo lo uccideva. Si stese di nuovo sperando che lei si togliesse da sopra di lui; non era certo d'aiuto al problema o alla sua concentrazione.

"Tu, uhm... beh, io... Rinoa, non eri in te. Era come quando avevi imparato Ali di Fata, non controllavi quello che facevi. Mi dispiace, non avrei dovuto lasciare che arrivasse a questo punto."

Lo guardò negli occhi, proprio come ricordava, blu con piccolissime macchioline marroni. Occhi che la facevano sentire sicura, che le facevano sentire amore. Occhi che ora la guardavano negli occhi con la stessa passione che mostrava una volta, se non di più. I contorni tornarono nitidi, mentre realizzava pienamente dove era seduta... sapendo come doveva esserci arrivata. Sapendo cosa voleva lui... e anche quello che lei voleva davvero.

Rinoa divenne improvvisamente cosciente di non avere vestiti a coprirle il petto... cercò velocemente di afferrare la sua maglia, ma lui le prese il polso.

"Mio Dio Rinoa, è stato quel bastardo?" La sua voce era piena di solidarietà mentre le sfiorava leggermente le costole. La ragione per cui aveva urlato di dolore era che l'aveva attirata con talmente tanta forza contro di sé. Gli aloni blu e violacei mischiati a colori che formavano una così spaventosa combinazione. Lei rabbrividì alla leggera pressione, distogliendo lo sguardo da lui.

"Sì, è tutto a posto. L'ho superato; l'ho sempre fatto," disse l'ultima frase sottovoce.

"Per favore, ho un'altra Energia. Per favore..."

"No," lo interruppe con veemenza. "Sto bene. Per favore, non mostrare preoccupazione ora. Ce l'ho fatta per due anni perfettamente. Non ho bisogno di un cavaliere dall'armatura dorata che arrivi dopo che il dragone è stato ucciso, mi perdoni l'espressione Cavaliere Leonhart."

"Lo ucciderò."

Non era una semplice affermazione. Era una promessa. Parte di lei voleva ringraziarlo, parte di lei voleva dirgli di stare lontano da lei il più possibile... ma ora, tutto quello che voleva fare era togliersi da sopra di lui. Non stava aiutando nessuno, specialmente lei.

*~*~*~*~*

Quistis aveva ascoltato i resoconti, aveva ascoltato le loro prove e ora era convinta più che mai che Squall fosse innocente. Era troppo perfetto. Chiunque lo avesse fatto era un professionista, non solo nel modo, ma anche nel lasciare false prove. I delitti passionali erano raramente chiari, e questo non faceva eccezione. Ad ogni modo, il fatto che nessuno nelle autorità avesse sospettato un qualche legame con la strega era confortante, anche se solo per lei.

Questo dava loro del tempo. Ne avevano bisogno.

Da parte sua, ascoltò e si mostrò d'accordo, aggiunse anche alcune cose per aiutare le indagini. Per tutto l'incontro finse di crede alle loro ridicole teorie. Anche se tutti nella stanza potevano credere che lei fosse d'accordo con loro, nessuno glielo chiese direttamente. Grazie a Hyne. Bugie come quelle l'avevano messa in situazione peggiori... bugie come quelle l'avevano portata lì. Era tarda sera quando tornò al molo. La nave offriva un qualche sollievo dalla realtà in cui si trovava, anche se non poteva sfuggirle.

Prima cosa. Lauren. Quistis la conosceva da tempo, era anche stata la sua assistente insegnante. Ora affrontava la più grande decisione della nottata, se ci si poteva fidare e dirle la verità. Tutta la verità. Il fatto che Quistis avesse solo Seifer di cui fidarsi era un piccolo conforto, beh... almeno a livello professionale. Personale era un'altra cosa.

"Hey," disse una voce roca dal molo. "Come è andata? Avevano molte teorie del cazzo?"

"Più di Zell sull'evoluzione del panino. Tutte credibili come la sua."

Si avvicinò a lei, esitante all'inizio, ma poi decise di metterle un braccio intorno. Lei ricambiò il gesto e si appoggiò a lui, ancora una volta sentendo il battito del cuore di un uomo che aveva cercato di ucciderla... ora un uomo in cui trovava più sollievo di quando non avesse mai pensato possibile.

Quistis respirò profondamente, guardando le luci della città riflettersi nei piccolissimi iceberg che si stavano formando tra le acque del molo. La notte sembrava così aspra, così lugubre. La sua mente ritornò sulle domande che si era fatta quella notte alla residenza. Come era arrivata là Rinoa, perché non se ne era andata, e la più grande, che relazione c'era tra Rinoa e la bambina che era stata rapita?

"Hai detto prima di avere teorie," chiese lentamente. "Teorie su cosa?"

"Su praticamente tutto... è quello che faccio. Sognare e avere teorie. Ho trovato la mia vocazione."

"Sei diverso da Squall... in senso buono. Non penso che lui accetterebbe così facilmente tutto quello che è capitato a te."

"Squall vede solo quello che vuole vedere, quello che è programmato a vedere. È come un cavallo con i paraocchi, e Rinoa è la carota che gli viene agitata davanti."

Lei ridacchiò, "devi davvero lavorare sulle tue analogie. Non sono sicura che a Rinoa piacerebbe essere paragonata a una carota, né a Squall ad un cavallo."

"Ho detto che era un grosso cavallo?"

"Implicito, credo. Almeno non hai detto asino."

"Oh, pensavo fosse implicito anche quello," ribattè lui tenendola stretta.

Rimasero fermi nell'aria notturna, senza mai sentire il freddo. Nessuno dei due voleva muoversi, nessuno voleva nemmeno ammetterlo. Quindi, rimasero semplicemente in piedi, in un meraviglioso silenzio. Il tipo di silenzio che può essere condiviso solo da due persone che hanno bisogno l'uno dell'altra... che si capiscono l'un l'altro.

*~*~*~*~*

Non avrebbe mai dovuto andare a finire così; Rinoa lo sapeva. Vite, sogni tutti distrutti per il fatto che lei era una creatura temuta per decisione di Hyne. Voleva guardarlo; voleva fargli così tante domande. Ad esempio, come aveva potuto? Più importante... amava sua moglie? Certo, voleva sapere chi era, ma non importava in quel momento. Perchè non era lei... la persona che lo amava ancora dopo tutto quel tempo, anche se cercava con tutte le sue forze di negare ogni sentimento rimasto.

Rinoa guardava fuori dalla finestra la neve che cadeva gentilmente al suolo. Notò anche il pigro chocobo che aveva fatto il nido tra la neve. Guardò l'iridescente riflesso degli occhi di lui che fissavano i suoi, come se per qualche oscura ragione il chocobo la stesse giudicando, sfidandola a chiedersi che valore avesse la sua vita. Dannato uccello. L'odore del legno di noce si dissolse in un odore meno forte e sconosciuto... ma lei l'aveva già conosciuto in passato. Sigarette?

"Cosa diavolo stai facendo?" sbottò voltandosi verso di lui. "Non puoi assolutamente fare quella cosa disgustosa qui dentro. Devo restarci anch'io, te lo ricordi? Da quando il perfezionista salutista fuma?"

Questo era stato un litigio che aveva avuto con Quistis molte volte... e con Selphie, e con Zell... e con Irvine. Era semplicemente una sua scelta, e aveva deciso di fare questo al suo corpo. Era l'unica forma di piacere che si concedeva, anche se contorta, immaginando che ogni sigaretta aggiungeva dolore alla sua patetica vita. Il suicidio non gli era mai venuto in mente, ma uccidersi gradualmente sì.

"Rinoa, ti prego, non sei mia moglie."

Parole così stupide che voleva tornare indietro nel tempo e cambiarle. Per un momento, la sua espressione era tra lo scioccato e il ferito... poi divenne più di rabbia. Lui la conosceva bene, anche dopo molto tempo; alcune cose non cambiano mai.

"No Squall, grazie ad Hyne. Non penso che potrei più sopportare di vivere con te."

A volte si sente di aver raggiunto un punto fermo, senza più essere arrabbiati, sconvolti o qualcosa di simile. Solo essere. Questo era il punto a cui era arrivata Rinoa Heartilly in quel momento, nulla che lui avrebbe potuto dire l'avrebbe turbata. In un certo senso, era indifferente.

"Squall, ho bisogno di stare un po' sola... vai a prendere della legna per stanotte."

Guardò lei e poi la sigaretta che aveva appena acceso, buttandola nel fuoco. Piccole scintille di braci accese seguirono il volo tra le fiamme.

"Tutto quello che vuoi, Rinoa."

Inconsciamente allungò la mano per afferrare la catenina che indossava, in maniera molto simile a quella di lei. Per supporto, conforto, e soprattutto forza durante una situazione difficile.

Per la prima volta quel giorno, i dubbiosi occhi di lei notarono l'anello di sua madre... e Griever.

*****
Note delle traduttrici: capitolo rivisto da Alessia Heartilly.
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Citazione di apertura: dal poema This Side of the Truth di Dylan Thomas.
E tutte le tue azioni e le tue parole,
Ogni verità, ogni bugia,
Muoiono in un amore che non giudica.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 16
*** XVI. Disarmonia ***


In secret we met, in silence I grieve.
That thy heart could forget, thy spirit deceive.
If I should meet thee, after long years.
How should I greet thee? With silence and tears

--Lord Byron

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ XVI. DISARMONIA ~

Uno rappresentava la sua infanzia, l'altro i suoi ultimi anni. E insieme s'intrecciavano come la storia della sua vita, in tutta la sua tragicità. Quegli anelli significavano così tanto per lei; la sola vista di un qualcosa proveniente da una vita passata faceva erompere un nuovo fiume di ricordi. I sogni e le speranze che aveva avuto; gli anelli erano splendidi ai suoi occhi. Per lei rappresentavano tutto, una vita che non poteva esistere. Mai quei due cerchi di metallo le erano sembrati belli come allora. Il modo in cui pendevano dal collo di Squall... per un attimo rimase senza fiato a quella vista.

L'aver venduto quegli anelli era stato causa di tanti incubi. Le sembrava di essere caduta veramente in basso, come se avesse venduto i ricordi che a quegli oggetti erano legati, per il poco denaro che potevano procurare. Sua madre avrebbe compreso: i possessi terreni sono nulla rispetto alle cose che si hanno più care. In un rapidissimo istante, il suo pensiero corse a sua figlia, e a quanto desiderava che potesse avere i ricordi di famiglia dei suoi genitori, di entrambi, di sua madre e di suo padre.

Rinoa non si accorse di sussurrare piano quello che stava pensando, "Allison."

Squall osservò i suoi occhi mentre lei allungava la mano verso gli anelli, per sentire il metallo tra le dita come in passato aveva fatto così tante volte. Nei suoi occhi, vide il mondo, il suo mondo. Il fuoco rifletteva la perfezione dei suoi occhi, e la speranza che ancora racchiudevano. Per la prima volta in quella notte, la vide. La speranza.

Parlò a voce bassa, come per non ferirla; lo aveva già fatto a sufficienza.

"Sì, Rinoa... Allison potrà avere l'anello di sua nonna. Li stavo soltanto tenendo io in attesa del tuo ritorno. Ora sei tornata," disse, un lieve tono ottimistico nella voce.

"Come è successo, Squall? Quando li hai trovati... pensavo che non li avrei rivisti mai più. Io non volevo... ma..." Non riuscì a terminare la frase. Lui capì, e lei lo sapeva.

"Erano stati lasciati a..." Si fermò per riformulare la frase, "quando la donna che aveva il negozio è morta, aveva dato istruzioni perché la catenella fosse rimandata al Garden. Lei lo sapeva, non capisco come abbia fatto a sapere dove doveva restituire quegli anelli, ma l'ha fatto. Uno dei SeeD di stanza a Trabia ha ricevuto la catena e l'ha restituita a me... scavalcando le autorità. Sentire il metallo sulla mia pelle mi faceva sentire più vicino a te."

Per una volta, Rinoa era senza parole.

Squall non aveva mai pensato che avrebbe restituito gli anelli così poco tempo dopo averli ricevuti da Quistis, ma era più che contento di averne l'occasione. Si passò la mano dietro il collo per portare la piccola chiusura sul davanti, e, dopo aver lottato un po' con il gancetto, riuscì finalmente ad aprire la catena. Quando lo fece, i due anelli scivolarono e caddero a terra. L'espressione sul viso di lui era di scusa, e lei la comprese perfettamente.

Un'occhiata al pavimento, e Rinoa trovò tutti e due gli anelli, il più vicino era quello di platino di sua madre. La sensazione del metallo sotto le dita le fece venire in mente le sensazioni che ricordava di quando era bambina. Griever era caduto più vicino a lui, e Rinoa si allungò per prenderlo, ma improvvisamente si bloccò a metà del gesto. Era una cosa che l'avrebbe uccisa, ma andava fatta. Quell'anello non era più suo; non aveva alcun diritto.

"Squall," esitò. "Il tuo anello è lì, vicino al tappeto. Non è più mio... adesso è tuo di nuovo."

"Non lo voglio," replicò lui, cercando di non lasciar trapelare alcun segno di dolore. "Io l'ho dato a te. È tuo, puoi farne quello che vuoi. Direi che dopo tutto quel che è successo puoi considerarlo una piccola parte di ciò che ti devo, un debito che non potrà mai essere ripagato."

Deglutendo forte, prese l'anello, e quella piccola sensazione le fece correre brividi lungo la schiena. Quanto desiderava tenerlo, Hyne, per lei significava molto di più di quanto lui avrebbe mai potuto sapere. Passò le dita sul bordo levigato, sull'emblema in rilievo. Griever. Serrando forte la mano in un pugno, mentalmente Rinoa s'impresse la forma dell'oggetto nel palmo e nel cuore, e poi tese il braccio verso di lui.

Squall sfiorò l'anello, mentre lei avvertiva il lieve tocco delle sue dita, cercando di non ricordare, di non dimenticare.

"Squall... c'è solo un problema." La sua voce era soffocata. "Tu non me l'hai mai regalato."

Tecnicamente, aveva ragione. Non gliel'aveva mai dato, ma non aveva nemmeno chiesto che glielo restituisse. Per la prima volta gli attraversò la mente quel pensiero: aveva regalato persino a Quistis qualcosa di suo, della sua infanzia. Ma a lei non aveva regalato mai nulla. Rinoa, e tutto quello che significava, lo spaventavano. L'impegno che aveva preso il suo cuore, ma mai la sua mente. Rinoa aveva tenuto l'anello, ma in realtà lui non glielo aveva mai dato.

"Rinoa, per adesso me lo riprendo. Ad ogni modo, un giorno sarà di nuovo tuo, e questa volta sarò io a dartelo, come avrei dovuto fare tanti anni fa. Quest'anello non è più mio. Come ho detto prima, continuerò semplicemente a tenerlo per te, finché non tornerai... da me."

A quelle parole, la ragazza rimase sgomenta, immobile, stringendo l'anello di sua madre. Niente battutine sarcastiche o scoppi di rabbia, niente - la sua mente registrò solo i rumori di lui che si rimetteva il cappotto, e della porta della baita che si chiudeva. Adesso era confusa in un milione di sensi. Sedette a terra, ascoltando ogni singolo crepitio del fuoco, cercando disperatamente di ricordare perché mai stesse fuggendo da lui.

*~*~*~*~*

Fuori, il temporale si stava calmando; sarebbe passato anche quello. Zell era seduto sul divano con in braccio la bambina, giocando intensamente a 'bubusettete'. La bambina rideva mentre l'uomo si nascondeva sotto la coperta, e poi ricompariva misteriosamente. Le ciocche di capelli scuri trattenute di lato da un fermaglietto, e un sorriso incomparabile. E quando rideva, era una risata piccola piccola, ma sempre di cuore. Era bellissima.

Dopo quella che sembrò essere una breve eternità, finalmente Allison si stancò e si addormentò profondamente tra le braccia dell'esperto di arti marziali. Irvine se ne stava seduto in un angolo a leggere il giornale, ma si sentiva in qualche modo quasi obbligato a guardare la bambina. Si voltò verso il corridoio quando udì un rumore di passi sul linoleum, e Alex entrò dalla porta della camera da letto, portando sottobraccio una custodia di pelle.

"Alex!" fece Zell quando lei venne a sederglisi accanto. "Ehi, cosa c'è? Che cavolo hai fatto finora?"

"Ricerche," rispose lei, tirando fuori un portatile dalla custodia.

"Non ci hai mai detto di avere un computer." Zell le rivolse uno sguardo poco piacevole.

"Non me l'avete mai chiesto."

"Touché," rispose lui. "Senti, seriamente, qual è il piano? Voglio dire, cosa facciamo adesso, e dove siamo esattamente?"

Lei aprì il computer sedendosi sul bordo della sedia, e lo posò sul tavolino dal caffè.

"Okay, prima di tutto siamo nel vecchio cottage dei miei nonni. Non è proprio un cottage nel vero senso della parola, ma mio nonno ha lavorato come capotecnico quando Esthar ha fatto costruire la torre di comunicazione di Dollet, e in seguito questo posto è stato usato come residenza del guardiano. Forse alla fine qualcuno potrebbe anche risalire a me, ma per adesso è il posto più sicuro dove posso... dove possiamo stare."

"Punto numero due..." Alex fece una lunga pausa prima di continuare. "...abbiamo un problema più grosso."

"Che cosa può essere un problema più grosso della situazione in cui siamo adesso? Forse il Consiglio Mondiale non sa bene decidere quale vino abbinare al chocobo ripieno?" A Zell sembrava proprio che quella ragazza avesse una certa tendenza a esagerare, o almeno così la vedeva lui.

"No, spero. Questa notte è stato assassinato Richard Bennett," spiegò lei.

Irvine si sporse dalla sedia. "E quindi Rinoa è accusata anche di quest'altra morte?"

"Oh, maledizione," replicò prontamente Alex. "Rinoa non ha mai ucciso nessuno, né Ellione, né di certo Richard Bennett. Comunque, hanno un sospetto e stanno attualmente facendo accertamenti su... sul Comandante Squall Leonhart."

"Oh Hyne..." sospirò Irvine chiudendo gli occhi. "Squall non avrebbe mai potuto uccidere una persona a quel modo, non senza circostanze attenuanti."

"Ah, credimi, di circostanze ce ne sono, ma ad ogni modo non credo sia stato lui. Rinoa cercherà di raggiungerci qui. Io credo che arriveranno insieme, chiamatelo sesto senso o intuizione. Lei verrà qui," disse Alex con fiducia. "Se Rinoa sta bene farà tutto quel che è in suo potere, e quindi abbastanza, per rivedere sua figlia. Questo è sempre stato il nostro piano di sicurezza: se qualcosa fosse andato storto, io avrei dovuto dare ad Allison una vita normale... l'ho giurato."

Zell guardò la bambina tra le sue braccia, e poi di nuovo la donna che gli sedeva accanto.

"Raccontami di Rinoa... come sta?" chiese con sincera preoccupazione.

Alex sorrise e mise una coperta addosso alla piccola. "Rinoa starà bene se Richard è morto. Zell, lei era completamente persa e io ho fatto quel che ho potuto... ma semplicemente non era abbastanza. Non ero io quella di cui aveva bisogno, certe persone non si possono sostituire. Allison era l'unico appiglio che la teneva legata alla sanità mentale, e se questo vincolo viene meno, io ho paura per lei. La sua anima è a pezzi."

"Ma insomma, se Richard è morto, che significa? Allison non può vivere con i nonni o qualcosa del genere? Voglio dire, la bambina dovrebbe stare con la sua famiglia... fidati, io lo so bene."

"I nonni... ah... beh, quello è un po' più complicato di come sembra," disse piano. Alexandra si alzò dalla sedia, e sentì il tocco metallico dell'anello d'oro attorno al collo.

"Perdonami, Rinoa... guardate, ragazzi, io ho bisogno del vostro aiuto. È andato tutto storto, tutto. Irvine, prima mi chiedevi dell'anello con Griever... beh, ti ho detto che me l'aveva dato un'amica ed è così, è un regalo di Rinoa. Un giorno la vidi fare uno schizzo di questa figura; le chiesi cosa fosse e lei non rispose. Rimase completamente impietrita. Ho pensato che dovesse significare qualcosa per lei, e poi mi raccontò che si trattava di un anello che aveva una volta... e che le mancava oltre l'immaginabile. Così ho portato uno dei suoi schizzi ad un gioielliere e gliene ho fatto fare una copia, più fedele possibile. Lo diedi a Rinoa il giorno del primo compleanno di Allison, e l'unica cosa che fece fu scoppiare in lacrime, non l'ha mai portato addosso o altro, non ne ha mai parlato. La notte in cui c'incontrammo nelle stalle, prima che me ne andassi mi diede una piccola borsa con dentro un po' di guil. Sul fondo c'era l'anello, con attaccato un messaggio... di darlo ad Allison."

Inaspettatamente, anche per lui stesso, Zell voltò lo sguardo sulla bambina addormentata. Un pensiero gli passò nella mente, rapido come i lampi sfolgoranti nella sua visuale. Per tutto quel tempo aveva visto in Allison così tanto di Rinoa che non si era mai fermato a pensare che...

"Alex, Allison quanti mesi ha?"

La donna si strinse i capelli castani in una coda. Si comportò come se non avesse sentito la domanda, senza nemmeno dar peso alla frase. Dopo un momento, si protese a sfiorare la bambina addormentata, pulendole qualche briciola di biscotto dal piccolo viso.

"Il certificato di nascita dice che ha quattordici mesi," disse semplicemente, infine. Ma era qualcosa di più di un'affermazione, era lo spunto per una domanda che Zell colse immediatamente.

"Il certificato di nascita dice che ha quattordici mesi?" domandò. "Allora il certificato di nascita dice il vero?"

"Zell, il certificato dichiara anche che il nome della madre è Renee Bennett, cosa che sappiamo tutti e due essere falsa. Sono praticamente sicura che l'unica cosa che c'è di vero in quel documento sia il peso della bambina."

"Oh mio Dio," esclamò, guardando la bimba. Toccò la sua guancia calda, e seppe immediatamente chi era suo padre. Ce l'aveva avuto sotto il naso per tutto il tempo. In qualche modo, l'aveva sempre saputo; e volesse Hyne che lo sapesse anche Squall.

"Non m'importa quel che pensi tu, Zell; Rinoa non ha uccisio Ellione. I rapporti sono sbagliati. La SeeD l'ha lasciata da sola a morire in un mondo spietato, incinta del figlio del Comandante. È fuggita per salvare Allison, non per abbandonarvi. Richard era solo un mezzo, un espediente per sopravvivere, nulla di più. Era solo lui ad avere il potere, ad avere il controllo. Per Rinoa stare con lui non era meglio che vivere per la strada... ma Allison l'ha trattenuta lì. Dovevamo strapparglielo quel controllo, e allora ho portato via Allison. Sedici mesi... Allison ha sedici mesi."

"Ma come è possibile?" domandò Irvine, con un'espressione di completo stupore per la piega che avevano preso gli eventi. "Ma come diavolo è possibile che Richard Bennett non sapesse che età avesse sua figlia? Beh, non proprio sua figlia, direi... la figlia di Rinoa?"

"Destino... Bennett era stato eletto al Consiglio durante gli ultimi tre mesi di gravidanza, e dopo l'elezione è rimasto a Deling altri tre. Avendo un appartamento là, per il primo mese ha fatto la spola avanti e indietro... e poi ha smesso proprio di venire. E così quando Renee... Rinoa ha partorito, lui non c'era. C'ero soltanto io, e nascondemmo la cosa agli altri due domestici; comunque loro non vedevano mai Rinoa, Richard si era assicurato di questo."

"Io ho lavorato ad Esthar in passato, e avevo ancora qualche aggancio... e così abbiamo fatto fare il falso certificato di nascita. In realtà, non ne esiste uno vero. Soltanto due persone sanno la verità... quattro, adesso. A Richard Bennett non è mai importato niente della figlia, per lui era soltanto una pedina. Ma se avesse anche solo una volta sospettato che Allison non era sua, l'avrebbe molto probabilmente uccisa. Il suo lato geloso non era per nulla carino, come non lo era quello di traditore. Lui non era niente di meno che un demone, un essere infernale. Una parte di me è dispiaciuta per la sua morte, ma una parte più grande gioisce."

"L'unica ragione per cui vi sto dicendo tutto questo è perché lui è morto, altrimenti non avrebbe saputo nulla nessuno... neanche voi due. Neanche Squall. Rinoa non l'avrebbe mai detto neppure a lui, temeva troppo per la sicurezza di Allison. Ma adesso sento che siamo di fronte ad un nemico ancora peggiore di Bennett... qualcuno che vuole il potere che Bennett teneva prigioniero in camera da letto. Rinoa ed Allison adesso sono ancora più in pericolo. C'è qualcuno che è al corrente di tutto... c'è qualcuno che le vuole morte."

*~*~*~*~*

Nella baita, il fuoco ardeva vivace. Rinoa osservava ogni singola fiamma, il suo movimento fluido che compiva quasi una danza, il modo in cui fuoco e legna si fondevano assieme. Il puro moto delle fiamme cominciava ad ipnotizzarla. Qualsiasi cosa era meglio della situazione in cui si trovava adesso. Beh, almeno mentalmente.

Come diavolo aveva potuto quel maledetto bastardo? Come aveva potuto voltarle le spalle, dare inizio alla caccia contro di lei, e poi letteralmente implorare perdono in ginocchio per aver dubitato della sua lealtà? Squall Leonhart si era inginocchiato ai suoi piedi e l'aveva effettivamente implorata. Rinoa aveva acquisito la capacità di muovere la forza irresistibile, aveva spezzato il divino, onnipotente leone. E perché? Era stata la volontà del potere della strega, oppure il desiderio nel profondo del suo cuore? Quel giochetto di prima, avviato dal suo ingovernabile lato di strega, aveva solo lo scopo di ferirlo, di dimostrargli che aveva controllo sul suo corpo. Questa era la bestia maligna che era diventata nel corso degli ultimi due anni. Questo era quello in cui Squall Leonhart, Richard Bennett, il Presidente Jefferson Mitchell l'avevano trasformata: il loro giocattolo, il loro capro espiatorio, la loro puttana.

E adesso il bastardo mostrava sincera apprensione per come stava lei, e voleva sapere di quella vita che aveva sempre cercato disperatamente di nascondere a lui e al mondo intero. Ally... doveva dirgli la verità riguardo a sua figlia? Di come era diventata una puttana da quattro soldi per proteggere la loro bambina, mentre lui era quello che le dava la caccia come una preda comune? Ma adesso era sposato, non con lei; un'altra donna divideva il suo letto. L'uomo, il leone, che non si sarebbe mai impegnato seriamente in qualcosa, aveva fatto la promessa di una vita intera a un'altra persona. L'incidente di prima era stato esattamente per questo: per dimostrargli che aveva ancora il potere di dominarlo sul piano emotivo e su quello fisico. Rinoa Heartilly aveva imparato questa forma di sottomissione, no, anzi, Renee Bennett era stata ben istruita in questo.

Pensare al nome della sua vecchia identità le faceva salire la bile fin nella gola. Allison avrebbe per sempre portato emotivamente una cicatrice di Richard Bennett. Sua figlia non avrebbe mai saputo il vero nome della madre, solo le bugie che sarebbero state arrangiate intorno alla prematura morte di Renee Bennett. Forse era meglio così, Ally non sarebbe mai stata al sicuro se avesse conosciuto l'indicibile verità; era più conveniente continuare a vivere nella menzogna per il bene della piccola. E Squall Leonhart, padre a sua insaputa? Aveva rinunciato ai suoi diritti di genitore quando aveva ordinato l'assassinio della vile strega e del figlio che portava in grembo? Sarebbe cambiato qualcosa se avesse saputo che lei era incinta? No. Sarebbe stata comunque processata e immediatamente messa in carcere per l'assassinio di Ellione Loire; le sue condizioni fisiche non sarebbero contate nulla per la sentenza di condanna.

La cosa che turbava Rinoa in questo momento era che il suo stesso corpo la stava tradendo. Lei, qualunque fosse la forma di lei che aveva il controllo, poco prima avrebbe sinceramente continuato la sua seduzione se lui non l'avesse fermata. Il potere, si giocava tutto sul potere di controllo. Quello che Rinoa doveva affrontare adesso era il fatto che l'equilibrio del potere era cambiato: e non poteva farci assolutamente niente. Il tempo... era il tempo il suo più grande nemico. Più restava accanto a lui, più i suoi pensieri si volgevano a quell'ossessione, che nasceva dall'amore che ancora provava per quell'uomo. Lo desiderava adesso più che mai, desiderava che lui le imprigionasse la mente, il cuore, l'anima, per non lasciarli andare mai più.

Stringendosi le ginocchia al petto, Rinoa prese a dondolarsi lentamente. Sperando che non tornasse, e ancora di più temendo cosa sarebbe successo se non fosse tornato. Pungente, il vento batteva contro il vetro sottile della finestra, e le tende potevano escludere dalla vista la furia degli elementi, ma non cancellarla dalla mente. Chi mai avrebbe potuto desiderare di passare un inverno a Trabia? Di sicuro lei non l'avrebbe fatto, se avesse avuto la possibilità di scegliere. Ma scegliere era una cosa che non rientrava nel suo immediato futuro, e non vi sarebbe rientrata mai più. Non lei, ma altri decidevano la sua strada... altri, che sapevano quanto sarebbe stato pericoloso lasciare che una strega se andasse in giro a suo piacimento.

*~*~*~*~*

quall raccolse legna sufficiente a bastare loro per tutta quella notte di gelo. Faceva un freddo disumano, e aveva perso del tutto la sensibilità di mani e piedi. Ma, dopotutto, forse era giusto così. Non si meritava di provare emozioni o sensazioni fisiche: aveva rinunciato a quel lusso due anni prima. Aveva dubitato di lei. Rinoa non gli aveva dato altro se non amore incondizionato, e lui si era preso quel dono generoso per trasformarlo in un crudele scherzo. Non importava quanto sarebbe stata dura, avrebbe tentato di spiegarle i motivi delle sue azioni. Ma una cosa sarebbe rimasta... era stato lui, lui solo ad ordinare la cattura e l'uccisione della strega, dell'unica persona che avesse mai amato.

Ogni passo era più faticoso dell'altro nella neve che continuava a farsi sempre più alta. Adesso cominciava a vedersi la baita, il caldo bagliore del fuoco illuminava l'altrimenti tenebrosa notte d'inverno. Come poteva comportarsi con Rinoa dopo quello che era successo quella sera, poco prima, dopo la rude passione che era quasi esplosa fra di loro? E oltretutto, oh Hyne, come avrebbe voluto non aver fermato le sue avance, neanche per un secondo. Il desiderio di sentire la pelle di Rinoa sulla sua era irresistibile, anche nella temperatura gelida. Solo il desiderio lo teneva ancora in piedi in quella notte: la maggior parte degli uomini si sarebbe già arresa alla violenza degli elementi da un pezzo. Conosceva il potere di Rinoa, conosceva la circostanza, non gliene importava niente. Anche se sapeva bene di non meritarsi del piacere fisico, quella notte avrebbe ribaltato la situazione e avrebbe preso il sopravvento su di lei, anche se quella fosse stata la loro ultima notte insieme. Squall Leonhart non aveva mai avuto l'occasione di dirle propriamente addio.

*~*~*~*~*

La barca oscillava avanti e indietro nei venti burrascosi di Trabia. Quistis se ne stava distesa su quello che il Capitano chiamava un letto a castello, a fissare i tubi di rame sul soffitto. Ognuno di essi perso in un labirinto senza fine, a girare e a dirigersi da nessuna parte... esattamente come si sentiva lei. Le onde si frangevano contro lo scafo; altrimenti, non ci sarebbe stato quasi nessun rumore. Si era allontanata da Seifer soltanto da un'ora, eppure sembrava piuttosto un'infinità.

Una strana eco risuonò per il corridoio. Per un momento credette davvero all'esistenza di fantasmi delle navi, come se solo qualcosa di ultraterreno potesse produrre un suono così spaventoso. Quistis scese dal letto e andò alla piccola porta della cabina, e appena l'aprì vide Seifer che si sorreggeva contro il muro. Nel momento in cui la porta si aprì l'espressione di lui tentò di cambiare da praticamente morto a solo parzialmente morto. Una sfumatura verdastra gli copriva il viso: non la nascondeva granché bene.

"Seifer, stai bene?" chiese; una domanda retorica, la risposta era terribilmente ovvia.

"Oh, sì, benissimo," cercò di dire quelle parole con una faccia credibile. "Volevo solo vedere come te la passavi tu... davvero."

Alzando gli occhi al cielo, Quistis uscì nello stretto corridoio e lo prese per un braccio; senza dire una parola, lo trascinò dentro e lo ficcò in uno dei piccoli giacigli. Tolse dalla cuccetta di sopra uno dei cuscini in più e lo passò a lui, poi gli si mise a sedere di fronte, sul lettino più basso dell'altro letto a castello.

"Seifer, se passi la notte qui sotto coperta andrà meglio, siamo più vicini al livello del mare. Il baricentro è più stabile, quindi il senso di movimento sul tuo equilibrio ne risulterà diminuito," lo informò, con un evidente tono da professoressa. Notando l'espressione sconcertata di lui, scosse la testa. "Sentirai di meno il rollio della barca, okay?"

Ecco, così sì che aveva capito.

"Grazie, Quistis, non avrei mai pensato che mi avresti invitato a stare in camera con te tanto presto. Certo, era inevitabile... ma non pensavo sarebbe successo così presto."

"Non te la tirare tanto," rispose lei, scherzando solo per metà. "Com'è che non mi ricordo che tu abbia mai sofferto il mal di mare? Al Garden succedeva un sacco di volte di spostarsi per nave, e mi pareva che tu e la tua banda andaste spesso a pescare, no?"

Nonostante la sua condizione, Seifer sorrise debolmente. "Spostarsi... è proprio questo il punto, spostarsi. Finché si naviga non mi dà molto fastidio, ma hai visto quelle onde? Non riesco proprio a sopportare tutto quel su e giù. E per quanto riguarda l'andare a pescare, stavamo sempre su una banchina... dolce, cara terraferma. Se sai tenere un segreto, ti dico una cosa."

Adesso la curiosità stava avendo la meglio su di lei. Alzandosi dal lettino dove si era messa, sedette sul bordo della cuccetta di lui. Senza rispondergli a parole, non ce n'era bisogno. Si capivano a vicenda, ad un livello più profondo di quanto avessero mai potuto immaginare. Due persone che si erano avvicinate l'una all'altra in circostanze terribili, due persone che avevano bisogno l'una dell'altra più di quanto avrebbero mai creduto possibile.

"Non ce la faccio ad andare nemmeno sulle altalene... mi sento male."

Coprendosi la bocca con la mano, cercò di nascondere la risata, ma fallì miseramente. Pensare che un duro, uno autosufficiente come Seifer Almasy non riuscisse ad andare su una semplice altalena era troppo divertente. Quistis vedeva che lui era irritato per la sua risata, il suo viso adesso uno strano misto di rosso per la rabbia e di verde per la nausea. Era abbastanza per farle lasciare da parte le preoccupazioni, dimenticare i problemi. Chissà come, ma quell'uomo riusciva a rendere serena la sua mente, a rendere serena la sua anima. Sentì un inatteso bisogno di prendersi cura di lui; la stessa cosa che aveva passato tutta la vita a desiderare di fare con Squall. Mentre la voglia di ridere si calmava, afferrò una coperta di lana grigia e lo coprì.

"Scusa, Seifer," gli disse, cercando di trattenere le lacrime che le erano venute per la risata. "Grazie. Grazie di avermi fatta ridere. Non succedeva da così tanto tempo, non ricordo più cosa significhi essere allegri, essere liberi."

"Vieni qui," rispose, prendendole piano il braccio e facendola distendere accanto a lui. "Sono contento che tu sia riuscita a ridere di nuovo... peccato solo che l'oggetto della risata sia stato io. Mi dispiace davvero che le cose siano andate così. Te lo prometto, ce la faremo, usciremo da questa situazione... insieme."

Quistis poggiò la testa sul petto di lui mentre l'uomo l'abbracciava con delicatezza. "Seifer, che ne sarà di te quando tutto questo sarà finito? Che cosa farai d'ora in poi... continuerai a nasconderti?" chiese, temendo davvero la risposta.

"Io... beh... veramente non lo so," la voce gli tremava, tradiva più emozione di quanto avrebbe voluto. "Penso ci siano solo due alternative... o me ne torno nell'ombra, oppure mi costituisco al Garden, affrontandone le conseguenze. Forse il riscatto che sto cercando lo posso guadagnare solo dopo che avrò pagato per le mie azioni... anche se questo dovesse significare la mia morte. Non sta a me decidere."

Chiudendo gli occhi, Quistis deglutì. Giù, dentro lo stomaco, improvvisamente si sentì male come Seifer, se non di più. Cinque giorni fa avrebbe ordinato la sua condanna a morte, adesso non era il caso. Ancora una volta, il destino era crudele. Per tutta la vita era stata innamorata di un uomo che non la voleva, e ora le stava succedendo per un altro con cui non poteva stare.

"Quistis, non pensiamoci adesso. Nessuna delle cose che possiamo fare cancellerà il passato, fronteggiare il futuro è inevitabile. Adesso cerchiamo solo di vivere nel presente. Non pensare alla conferenza stampa di domani, a che ne sarà di me, o a localizzare Squall e Rinoa. Tutte queste cose succederanno comunque da sé, che ci piaccia o no il loro risultato. Non possiamo cambiare il nostro destino."

"Se non possiamo cambiare il destino, allora come mi spieghi tutto quello che è successo... tutta la faccenda di Artemisia ed Ellione? Se non possiamo cambiare il nostro destino, che senso ha tentare di fare qualunque cosa?"

Riuscì a comporre una risatina. "Quistis, se lo puoi cambiare allora vuol dire che in realtà non era il tuo destino. Il destino non può essere cambiato. Però possiamo controllare i nostri errori, affrontare le nostre colpe, e fare di questo il nostro destino... arghhh... tutta 'sta storia mi sta facendo venire un aneurisma. Non parliamone più, non ho voglia di stressarmi ulteriormente."

Lei chiuse gli occhi, mormorando maliziosamente, "vedo che nel tuo destino c'è il fatto di rimanere con me stanotte. Di stare così, semplicemente noi. Senza il peso di essere quello che gli altri vogliono da noi, di vivere con una reputazione sulle spalle o un'immagine che non è quella della nostra vera personalità... essere semplicemente noi."

Seifer si fissò nella mente il ricordo di ogni particolare di lei, desiderando che quel momento non finisse mai. In tutta la sua vita non aveva mai provato quel tipo di emozione, aveva sempre sentito il bisogno di fuggire o di nascondersi dietro maschere. Aveva amato Rinoa, era stata il suo primo amore, e ancora gli stava davvero a cuore. Eppure, anche quando stavano insieme, sapeva che lei non lo amava veramente. Non erano anime gemelle.

Fuori, sembrava che il vento si stesse calmando, e anche la barca rallentava il suo rollio. Ma forse era solo la sua immaginazione. Per la prima volta in un'ora si sentiva bene... no, più che bene, si sentiva completo.

*~*~*~*~*

Rinoa sentì il rumore della porta che si apriva, ma non diede segno di volersi alzare dal tappeto morbido per dare una mano. Restò soltanto seduta di fronte al fuoco, senza permettere agli occhi di vagare per la stanza. Ogni passo di lui la rendeva più nervosa, eppure si rifiutava di mostrarlo apertamente. Il buio della notte trasformava una delle finestre della facciata uno specchio improvvisato: poteva vedere ogni movimento che faceva Squall. Tentò di non farlo, ma era pretendere troppo.

Lui appoggiò a terra, vicino alla porta, la legna tagliata. Il suo viso appariva rosso, screpolato dal vento gelido. Rinoa cercava disperatamente cercava di non guardarlo, ogni cosa di lui sembrava... così familiare e allo stesso tempo così distante. I suoi capelli adesso più corti, il suo viso reso maturo più dalle preoccupazioni che non dai due anni passati. Eppure, ognuno dei suoi tratti era ancora così... dannatamente perfetto. Esattamente come ricordava, come aveva sognato. Tutte le notti passate a trattenere le lacrime... per quell'uomo che adesso era lì, a portata della sua mano.

E mentre lei cercava di non guardarlo, lui cercava di non smettere di guardarla.

Quando Squall ebbe finito di portare dentro tutta la legna, diede un'occhiata verso la finestra nord. Era uno strano sollievo sapere che lei lo stava osservando: era il primo vero segnale che i vecchi sentimenti perduravano ancora. O meglio, questo era quello che lui sperava significasse. Ma, come i fatti di prima dimostravano, niente era più come sembrava con Rinoa Heartilly. Questa piccola opportunità che si presentava, questa poteva essere la sua unica occasione per provare a fare una conversazione civile con lei.

Una cosa che gli mancava.

"Sai, tuo padre mi ha tirato un pugno in faccia di fronte a tutto il Consiglio Mondiale, l'altro giorno."

Squall non sapeva neanche perché stesse tentando quel dialogo... lui che iniziava una conversazione... questa era proprio nuova, anche per lui.

Negli ultimi due anni, Rinoa aveva pensato a suo padre e al loro rapporto. L'ultima volta che lo aveva visto era stata quella fatale notte che era tornata a Deling. Aveva avuto notizie di lui, Alexandra gli aveva raccontato qualche fatto, qualche informazione. Spesso aveva provato a immaginare quale sarebbe stata la sua reazione se avesse saputo di essere nonno. A Caraway non era mai piaciuto Squall, per lui nessuno andava abbastanza bene per la figlia. Forse avrebbe dovuto prestare ascolto alle sue lamentele, ai suoi avvertimenti riguardo al giovane, mentalmente immaturo Comandante.

Cercò di scacciare il pensiero dalla testa... ma no, forse lui aveva visto giusto su come sarebbe andata a finire. Eppure, lo ammetteva solo a se stessa, non avrebbe mai voluto dimenticare tutta la strada che li aveva portati fin là.

"Beh, direi che negli ultimi dieci anni è la prima cosa per cui sono fiera di lui."

Le parole le erano sfuggite dalla bocca prima che potesse fermarle. Comunque, non le aveva dette con rabbia, più con un tono sarcastico. Era molto brava in questo. Il sarcasmo era una maschera dietro cui ci si poteva nascondere facilmente.

"Non sapevo che il Colonnello avesse quel gran bel gancio destro, adesso so chi te l'ha insegnato."

Un piccolo sorriso si fece strada sul volto di Rinoa, anche se tentò invano di trattenerlo. "C'è anche quella volta lì..."

"A quanto mi sembra di ricordare, io ti ho detto solo non picchiarmi, ancora. E poi non ho più provato a insegnarti l'autodifesa. Mi sa che non ero un granché come istruttore... del resto, nemmeno come Comandante."

Dal riflesso nel vetro, Rinoa vedeva che Squall era seduto sul piccolo letto, con ancora addosso il cappotto e i guanti. Che fosse un momento di debolezza o di forza, non lo sapeva, ma per qualche dannata ragione provava un senso di pena per lui. Non era passato molto da quando lei stessa era fuggita dalla città in quel clima polare.

"Senti, Squall, sei uscito fuori e hai tagliato la legna per il caminetto... se hai freddo... guarda, non ho il possesso esclusivo di questo posto o altro, se vuoi sederti vicino al fuoco, non posso impedirtelo."

Aveva freddo. Sì. Ma Squall Leonhart, un SeeD, si era trovato in situazioni ben peggiori di quella. Il fuoco era per lui soltanto una scusa per avvicinarsi a ciò di cui aveva veramente bisogno... lei.

Senza mai voltare la testa per guardarlo mentre si sedeva a pochissima distanza da lei, Rinoa tenne gli occhi rivolti davanti a sé.

"Squall, davvero, come sta mio padre? In passato abbiamo avuto delle divergenze... ma mai così. Lui pensa che io...?"

"No," la interruppe lui prima che potesse pronunciare le parole. Bruciavano ancora troppo. "In realtà, lui ha pensato fin dall'inizio che tutta la storia non quadrasse. Abbiamo dovuto far finta di essere su lati opposti... ma gli manchi, Rinoa. È dura per lui. La sua unica figlia ricercata dal governo per cui ha lavorato l'intera sua carriera. Forse non te l'ha dimostrato... ma tu eri tutto per lui."

Lei sapeva che lui non stava più parlando di suo padre. Un suono a metà tra un ansito di sorpresa e un sospiro le sfuggì dalle labbra, e tentò di riacquistare il controllo. Maledetto, non aveva intenzione di rendere più semplice la nottata, non rendeva mai le cose semplici.

"Caraway sa che siamo arrivati a questo punto. Ha sempre creduto in te, Rin... anche quando io non l'ho fatto. È una brava persona, per favore, cerca di perdonarlo, un giorno, per i suoi errori. Ne abbiamo fatti tutti. Alcuni più di altri."

"La ami?"

Merda. Rinoa non poteva credere di averlo detto. Pensare a una cosa e urlarla ai quattro venti sono due cose completamente diverse. Adesso Squall sapeva che non sarebbe riuscita a passare sopra questo, a passare sopra al suo matrimonio. Lacrime le correvano giù per le guance mentre si premeva ancora più strette le ginocchia al petto, appoggiandovi il capo. Voltò il viso il più lontano possibile da lui.

"Scusami, Squall, non volevo chiedertelo. Non sono fatti miei... per favore, dimenticatene e basta."

"No, Rinoa... no, non la amo adesso, né l'ho mai amata. A volte avrei voluto che m'importasse un po' di più di lei, coì avrei potuto risparmiare a tutti e due questa farsa. Avevo bisogno di dimostrare al Consiglio Mondiale e a Cid che avevo superato la storia con te... stavo per essere destituito dal ruolo di Comandante. Volevano che dessi prova del fatto che mi stavo muovendo. Se c'era qualcuno che doveva capeggiare la caccia a te, allora quel qualcuno dovevo assolutamente essere io."

Fu qualcosa a metà strada tra una risata e uno scoppio di pianto, lui non seppe dirlo. Forse era soltanto il dolore di sentire di nuovo quelle cose, o l'orribile fatto che affondava nella sua memoria.

"Quindi, Squall, in pratica mi stai dicendo che non volevi sposare me, ma che ti sei sposato per me. È stata una bella cerimonia?"

"Ti prego, non farmi questo... né a me né a te stessa. È difficile per me parlarne."

È difficile per te parlarne, però è facile portare ancora la fede al dito... se davvero il tuo matrimonio è finito!"

Fu lui a guardarla per primo, anche se lei non se ne rese conto, il viso ancora voltato dall'altra parte; Squall sentiva i suoi tentativi per smettere di piangere.

"Hyne, Rinoa, 'finito' implicherebbe il fatto che ci sia stato un inizio. Fidati, non c'è mai stato." Togliendosi la fede, la strinse nel pugno. "Mi ero dimenticato di avere questa cosa al dito. Non riesci a capirlo? È perché... oh, lascia perdere. Tu non vuoi sentirlo; e io non voglio più parlarne."

Con immensa forza gettò nel fuoco l'anello, che colpì i mattoni del lato esterno del caminetto, poi rimbalzò nell'angolo e infine toccò terra, per consumarsi tra le fiamme e la cenere. In realtà, il platino sarebbe rimasto fra le braci, ma il suo significato si sarebbe corroso nel fuoco.

Quando il suono metallico echeggiò su per la cappa del camino, Rinoa si arrischiò a volgere lo sguardo verso di lui. Purtroppo, Squall non la stava più guardando. Per la prima volta, la ragazza cominciava veramente a capire il suo modo di pensare. In realtà, la cosa rispecchiava la sua stessa situazione, il suo stesso matrimonio fittizio. Lei si era sposata, così poteva dire, per difendere la vita sua e quella di Allison. Poteva forse essere un'offesa se Squall aveva fatto lo stesso? Pur ritenendola colpevole, aveva fatto quel sacrificio. Per lui era molto, molto più difficile sposare qualcuno senza amore, che per amore: per lui doveva essere stato il sacrificio più grosso, rinunciare ai suoi principi per proteggere lei. Per la prima volta capiva il suo punto di vista nell'accettare di sposarsi.

Mentre si asciugava gli occhi, un pensiero si fece strada nella sua mente. "Hai detto che non eri molto bravo come Comandante, o sbaglio..."

"Ho intenzione di lasciare l'incarico." La sua risposta fu breve e brusca.

"Ha qualcosa a che fare con me? Non voglio rovinarti anche la carriera."

Squall sentiva che lei lo stava squadrando. Se fosse rimasto con gli occhi fissi davanti a sé, avrebbe potuto replicare a quella domanda nel modo che la mente gli suggeriva. Se l'avesse guardata, la sua risposta avrebbe seguito la strada che il suo cuore desiderava. Inconsciamente, fece la sua scelta, la mente aveva tenuto il controllo per gli ultimi due anni, adesso era tempo che il cuore vincesse quella singola battaglia. A dire il vero, non poteva che desiderare che il suo cuore vincesse per intero quella guerra. E quando vide il suo viso, straziato e pieno di dolore... il cuore vinse sulla mente.

"Rinoa, tutto quello che ho fatto è stato grazie a te. Anche prima d'incontrarti, le strade che ho scelto portavano tutte a te... a noi. La mia carriera non è niente, io non sono niente. Se vogliono darti la caccia, allora dovranno prima passare sul mio cadavere. Lo so che adesso non ha molta importanza, ma tu sei ancora tutto per me."

La ragazza chiuse gli occhi, un milione di pensieri le riempiva la mente. No, questo non poteva succedere. Doveva proteggersi da lui... dal dolore che le avrebbe inevitabilmente causato. Squall non aveva idea della razza di situazione in cui si stava cacciando, il mondo la voleva morta... ma lui aveva ancora tempo per salvarsi. Lei riconosceva che non era colpa sua, anche se non era nemmeno completamente innocente, ma la società l'aveva già marchiata come traditrice prima dell'incidente.

Dal primo giorno che Esthar l'aveva arrestata fino all'ultimo che aveva passato lì in quella baita, era stata fonte di preoccupazione per loro, per il Consiglio Mondiale e per tutto quello che ad esso si opponeva. Lei serviva a tutti, ognuno di quei bastardi l'avrebbe sacrificata anima e corpo senza esitazione. La qualifica di Strega comprendeva più potere di quanto lei stessa desiderasse. Squall poteva avere una minima o proprio nessuna influenza sugli eventi, lei aveva deciso di combattere al loro fianco a Galbadia e lei sola ne avrebbe pagato le conseguenze.

No, Squall non aveva colpa per quella spinosa situazione. Rinoa aveva accettato il fatto che lui aveva sofferto tanto quanto lei, se non di più. Bennett poteva aver abusato fisicamente di lei, ma lei si era sempre potuta aggrappare ad un frammento di realtà con Allison. Squall era solo, come lo era sempre stato. Solo. Frugandosi in tasca, trovò la catenella di platino che aveva avuto così cara per tanto tempo. L'anello di sua madre era esattamente come lo ricordava... Julia, un'altra vita rubata dal destino. Serrò la mano in un piccolo pugno, lasciando che anche questo anello si imprimesse nel suo palmo.

"So che dopo tutto quello che è successo fra di noi non ho nessun diritto di farti questa richiesta. Ma ho bisogno di chiederti un favore, e niente domande, ti prego. Dimmi che dopo questi maledetti anni di tormento mi sono guadagnata almeno questo."

Squall guardò attentamente lei che fissava l'anello di sua madre appeso alla collana. Un istante di sconforto serpeggiò nel suo corpo, faceva male vedere che non c'era più il suo anello accanto a quello di lei ad adornare la catena, come era stato per cinque anni... come doveva essere. Deliberatamente si toccò il cappotto per sentire se l'anello fosse ancora nella tasca, c'era. Rinoa posò a terra la mano tremante, e si allungò verso di lui.

"Per favore, Squall, riprenditelo. Se mi dovesse succedere qualcosa, dallo ad Alexandra, lei saprà cosa farne. So che potrebbe essere impossibile trovarla, ma credo che prima o poi capirai come raggiungerla. È tutto quello che ti chiedo."

Squall si allungò a riprendere la sottile collana, preso da una strana sensazione per l'onore che la catena argentea sembrava conferirgli. Il suo primo pensiero fu di riporla in tasca, insieme al suo Griever, ma in un momento quasi di sfida decise di rimettersela al collo. Il metallo offriva un misterioso ristoro di serenità nella sua vita. Si tolse di dosso il cappotto, piegandolo e poggiandolo accanto a sé.

Rinoa lo osservò sorpresa mentre si levava la giacca, non capendo bene cosa volesse fare, finché poi non vide che stava cercando di legarsi al collo la catenella. La chiusura era piccola e le sue mani dure non erano abituate a procedure così delicate. Le sue mani. Per un etereo istante, fissò le sue mani, ogni linea, ogni cicatrice. Ricordando quando quelle mani l'avevano stretta, accarezzata. Dopo un momento di imbarazzante silenzio, si accorse che Squall la stava guardando -mentre lei stava guardando lui. Facendo di tutto per nascondere la sua momentanea debolezza, si sporse verso di lui, offrendogli implicitamente il suo aiuto.

Mentre allungava la mano a prendere la catena, si accorse che erano più vicini di quanto lo fossero stati per tutta la serata. Evitò gli occhi di lui, rivolgendo l'attenzione alla difficile chiusura. Dopo un paio di vani tentativi, si alzò sulle ginocchia per vedere meglio; e, armeggiando, il dorso della sua mano sfiorò il collo di lui. La sensazione della sua pelle era elettricità pura per lei... quasi insostenibile. L'operazione sembrava pressoché impossibile, adesso le mani le tremavano per la tensione che non stava proprio riuscendo a nascondere.

Alla fine riuscì ad agganciare la catena, e poi accidentalmente alzò lo sguardo verso il suo viso. Solo per accorgersi che, nei suoi tentativi di chiudere il gancetto e di evitare i suoi occhi, gli aveva incidentalmente esposto una perfetta panoramica giù lungo tutta la sua camicetta. Squall si girò subito verso il fuoco, un debole tentativo di glissare sul fatto che aveva approfittato della sua visuale.

L'espressione che aveva in volto il solitamente severo Comandante le faceva quasi venir voglia di sorridere. Le sue guance erano una mescolanza di varie tonalità di rosso per l'essere stato esposto sia alla neve che alla vista del suo seno. Rinoa si rimise a sedere, incerta su tutto in quel momento. Per qualche sconosciuta ragione, non voleva perdere quel contatto. No, non era vero, conosceva dannatamente bene la ragione per cui non desiderava lasciare quella vicinanza. L'espressione di Squall cambiò mentre lei vedeva i suoi occhi passare dall'imbarazzo ad un'insolita malizia. Si voltò rapido per guardarla dritto negli occhi.

"So che dopo tutto quel che è successo... non ho nessun diritto. Ma ho bisogno di chiederti un favore, e niente domande, ti prego."

"Che cosa?" domandò, timorosa.

"Baciami. Per l'ultima volta. Voglio ricordare com'è."

Adesso, dentro di lei, la paura aveva preso il sopravvento su ogni altra emozione. Mai Squall era stato così diretto. No, non poteva farlo. Doveva stare lontano da lui, molto lontano. Dove nessuno potesse fare del male a lei o ad Allison... doveva essere forte e resistere nel suo proposito.

"Ti ho baciato prima. Quello non conta?" replicò, sperando potesse bastare.

Squall le posò rapido un dito sulle labbra, e il cuore di lei parve fermarsi a quel contatto.

"Ti avevo detto niente domande, non ricordi? E poi, quella non eri tu. Quella era Renee Bennett... e io non voglio lei. Io voglio te, Rinoa."

Per qualche ragione, la vista le si annebbiò, oppure era lei che aveva perso il collegamento con la realtà, e poi sapeva solo che le labbra di lui erano a pochissima distanza dalle sue. Su questo aveva fantasticato, su questo aveva sognato. Questo momento, questo ritrovarsi... lui. La logica gli diceva di finirla, di andarsene, senza voltarsi indietro. Di lasciarlo tornare al Garden, al suo lavoro, e a sua moglie.

Andasse pure a farsi fottere, la logica.

Rinoa incontrò le sue labbra, mentre lacrime si affacciavano questa volta non nei suoi occhi, ma in quelli di lui. Lui c'era per davvero. Loro c'erano per davvero. E solo Hyne sapeva per quale ragione, ma era ancora profondamente innamorata di lui.

*****
Note delle traduttrici: capitolo rivisto da Alessia Heartilly.
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Citazione di apertura: dal poema When we two parted di Lord George Gordon Byron; è tutta l'ultima quartina.
In segreto ci incontrammo, in silenzio mi affliggo.
Che il tuo cuore potesse dimenticare, il tuo spirito ingannare.
Se dovessi incontrarti, dopo lunghi anni.
Come ti saluterei? Con silenzio e lacrime.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 17
*** XVII. Frizione ***


One fire burns out another's burning,
One pain is lessen'd by another's anguish.

--William Shakespeare

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ XVII. FRIZIONE ~

Fin dagli inizi del tempo, gli uomini sognano e i poeti scrivono, le guerre scoppiano e le vite vengono rovinate. Perché la vita è finita in un batter d'occhio, una frazione di tempo nella storia. Il massimo che possiamo sperare è di avere un momento nel tempo; un momento che renda la vita degna di essere vissuta. Il dolore e il dispiacere svaniscono a confronto di quel momento. Molti trascorrono l'eternità sognando di un momento tale. Due persone avevano trovato quel momento. Con un unico bacio, la vita aveva un nuovo significato, una passione ravvivata, uno scopo... l'altro.

Le sue labbra, il suo respiro, tutto... era lui. Rinoa non voleva fare altro che allontanarsi, ma sapeva che non sarebbe successo. Aveva bisogno di lui, più di quanto fosse umanamente possibile. Il suo spirito era stato spezzato, e con questo, la fiducia era svanita. L'amore non è nulla senza fiducia.

L'unico modo per fidarsi ancora era concedersi quel piacere, ignorare il dolore, dimenticare il passato e andare avanti. In quel momento, aveva bisogno di sentirlo, sentire il suo battito, e sentire la sua pelle contro di sé. Dannazione a lui... tutto da un solo bacio, una semplice richiesta.

Da parte sua, lui rifiutava di cedere. Quel momento sarebbe finito troppo presto, non importava quanto sarebbe durato. E aveva paura. Paura che lei se ne sarebbe andata, come prima... paura di essere solo. Ma soprattutto, paura di chi era diventato, una pura ombra di se stesso. Non era nulla senza di lei. Alla fine, Squall capì questo.

Lo fece lei. Per quanto fosse difficile, fu lei a spezzare il contatto.

"Squall," disse dolcemente guardando l'anello di sua madre intorno al collo di lui. "Mi dispiace. Non so cosa pensare adesso... non so cosa sentire."

Lui le accarezzò una guancia mentre lei piegava la testa verso il suo tocco.

"Smetti di provare, Rin. Smetti di provare a pensare, di provare a sentire," disse in un sussurro rispetto al suo timbro solito. "Semplicemente senti."

Lei chiuse gli occhi per un secondo, i pensieri che correvano veloci. Rinoa stava per affermare a voce alta la sua decisione, ma prima che se ne rendesse conto, lui si chinò e la afferrò con una passione che lei aveva sognato così spesso. Le mani di lui raggiunsero la sua schiena mentre le sue labbra incontravano appassionatamente quelle di lei. Guidando il suo corpo contro di sé, lui iniziò a distendersi sul tappeto. La sua schiena toccò il pavimento mentre lei giaceva sopra di lui. Nessuno dei due parlava, nessuno dei due avrebbe potuto, mentre ogni secondo si faceva più acceso.

Dannazione a lui ancora una volta, come sapeva cosa aveva deciso? Si meritavano quella notte. Avevano bisogno di quella notte. Il futuro di lei non era di speranza, il meglio che potesse fare era vivere nel presente, quel momento... quello che molti possono soltanto sognare.

Le mani di lui trovarono la strada per la sua maglia, mentre iniziava silenziosamente a toglierla. Per un secondo lei si fermò, così come il cuore di lui. Ma lei sorrise soltanto e lo aiutò a levare l'indumento. Quando questa faccenda fu sistemata, lui si tirò su a sedere, impercettibilmente, togliendosi la maglia. Rinoa allungò le mani a toccargli il petto, la pelle... permettendosi di ricordare. Le sensazioni correvano lungo il suo corpo dalle punte delle dita, mentre incontravano la sua carne.

Il fuoco gli illuminava gli occhi. Ogni sfumatura risaltava, colori mai visti riflessi dalle fiamme. Ancora, Rinoa sentì il travolgente bisogno di sentire le sue labbra, la sua bocca, e la sua lingua. Tutto quello che era lui. Abbassò il proprio corpo su quello di lui, mentre lui allungava le braccia sulla sua pelle nuda. Prima che le loro labbra potessero incontrarsi ancora, lei sussultò quando le costole di lui incontrarono le sue.

Lui si bloccò.

Rinoa si tirò su a sedere, mentre Squall rimaneva steso sotto di lei. Lui fece scorrere teneramente le dita sui lividi neri e violacei sul suo fianco; lei sussultò per il doloroso contatto. Con la più profonda preoccupazione, gli occhi di lui incontrarono quelli di lei. Annuì silenziosamente, dandogli il permesso di fare ciò che gli aveva ferventemente negato prima.

Attentamente, lui posò le punte delle dita sui lividi, mentre una luce ambrata irradiava dal contatto. I colori scuri gradualmente svanirono in quelli più chiari, ma senza mai sparire completamente. Con un sorriso stanco, prese la mano di lui dal suo fianco. Intrecciando teneramente le loro dita, lei mimò con le labbra un "grazie." Lui la guardò con intensità e preoccupazione prima di quello che sembrava essere un piccolissimo sorriso... una sensazione estranea per lui per più di due anni.

Lei si abbassò su di lui, il viso vicino al suo, ma senza incontrarlo. Allungando il suo corpo, Rinoa gli baciò dolcemente le tempie, poi si abbassò appena e gli baciò lo sfregio. Qualcosa che desiderava poter cancellare; eppure anche le magie avevano dei limiti. Gli sfregi che entrambi portavano non sarebbero mai scomparsi. Mai svaniti. Allungando la mano libera passò le dita tra i suoi capelli, ricordando quanto lunghi erano di solito.

"Hai i capelli più corti", disse lei quasi stuzzicandolo.

Lui ricambiò il gesto, sistemandole qualche ciocca dietro le orecchie.

"Anche tu. Abbiamo fatto quello che dovevamo per sopravvivere."

Rinoa ridacchiò apertamente, "hai dovuto tagliarti i capelli? Penso che sia un po' stiracchiata."

Gli posò un tenero bacio sulle labbra, che lui cercò disperatamente di continuare quando lei si allontanò.

"Dovevo provare a dimenticare chi ero... chi eravamo. Non voglio dimenticare... per favore... aiutami a ricordare."

Acconsentendo alle sue preghiere, si premette contro di lui con forza, lasciandogli sentire ogni centimetro del suo corpo. Lui poteva sentire l'aroma del sapone, dello shampoo, e della lozione alla vaniglia che aveva usato prima, nella casetta. Ogni profumo lo eccitava di più, mentre il suo corpo ricordava quello che la sua mente cercava enormemente di reprimere. Portando le mani dietro alla sua schiena, Squall le slacciò senza sforzo il reggiseno. Aveva avuto ragione quel primo giorno, a Balamb, lui era diventato un professionista con il tempo.

Lui afferrò la spallina e gettò velocemente l'indumento sopra la sua testa. Un piccolo respiro le sfuggì dalle labbra mentre le loro labbra si incontravano e il loro petto nudo si incontrava. Questa volta non si tirò indietro mentre lui ricambiava profondamente il bacio.

Senza mai lasciarla andare, le posò una mano sulla nuca, e gentilmente, amorevolmente la fece rotolare sulla schiena, permettendosi di prendere la posizione dominante. Rinoa gli slacciò la cintura, di nuovo, qualcosa con cui non doveva più armeggiare a lungo. Gettò i pantaloni da parte, come lui aveva fatto con il reggiseno, mentre i vestiti venivano lanciati e sparsi lungo tutta la piccola stanza. Era passato così tanto tempo, eppure sembrava che fosse ieri quando erano stati nella stessa posizione. Tutto tornò, suoni, immagini, ricordi. Il loro passato divenne il presente, perché in quel momento erano lo Squall Leonhart e la Rinoa Heartilly di tempo prima.

Quando i loro corpi finalmente si unirono lui la guardò; stava sotto di lui bella come sempre.

"Hyne, mi sei mancata, Rinoa. Non ho mai saputo quanto mi sarebbe mancata questa vicinanza."

Lei lo guardò a sua volta, posandogli una mano sulla guancia, "dimmi solo che sei reale."

Accarezzandole le spalle e le braccia, lui le guardò nell'anima rassicurandola, "sono davvero qui."

Chiudendo gli occhi, Squall combatté con la sua mente. Così tante volte aveva immaginato questa situazione; era l'unico modo in cui poteva andare avanti quando lei non c'era. Ma poi, quando apriva gli occhi, non era mai lei insieme a lui... sempre qualcun altro. Il pensiero quasi gli diede la nausea. Aprì improvvisamente gli occhi, per rassicurare la mente di quello che il suo cuore sapeva già. Con un respiro affrettato, le parlò.

"Rinoa... per favore guardami. Ho bisogno di sapere che sei davvero tu."

Lei aprì gli occhi velocemente cercando di non perdersi nelle sensazioni. I suoi occhi erano così seri, così spaventati. Anche ora, nel momento più intimo, aveva bisogno di lei, del conforto che solo lei sapeva dargli. Solo lei. Era qualcosa che il vecchio Squall Leonhart non avrebbe mai fatto, eppure il sentimento era davvero stupefacente.

Si guardarono l'un l'altro per l'intera unione. Aiutandosi l'un l'altro a dimenticare il dolore, insieme recuperarono i momenti passati. Insieme divennero di nuovo una cosa sola. Quando tutto fu finito, lui ebbe paura di separarsi da lei. Sentendosi come se il sogno dovesse finire, svanire nel nulla e lui, di nuovo, si sarebbe svegliato solo alla sua scrivania. Questo sogno non sarebbe finito, non poteva finire. Non poteva sopravvivere a un'altra separazione.

Rinoa allungò la mano infilando il dito nell'anello di sua madre, che pendeva tra lei e Squall. Le lacrime le riempirono ancora gli occhi, ma si rifiutò di lasciarle cadere. I suoi occhi non lasciarono mai quelli di lui, il suo cuore non lasciò mai quello di lui.

"Sai, non l'ha mai davvero amato, lo ha solo sposato... forse l'ha fatto per la carriera, forse l'ha fatto perché pensava di aver perso la sua possibilità in amore con tuo padre, forse l'ha fatto per ragioni che non capirò mai. Penso che arrivò a volergli bene, ma non fu mai amore. Non ho molto di lei, la fede nuziale, qualche fotografia, e frammenti di ricordi. Ricordi che non sono nemmeno sicura che siano miei, e non sprazzi della mia immaginazione."

Squall sospirò, mentre alla fine rotolava sulla schiena. Si era separato da lei, grazie a Hyne, lei era ancora lì. Il sogno non era svanito. Con il braccio destro, afferrò quello che sembrava un paio di pantaloni e li appallottolò in una specie di cuscino. Senza mai rompere il contatto fisico con lei, la prese tra le braccia. Lei gli posò la testa sul petto, ascoltando il suo battito impazzito.

"Rinoa, non paragonare la nostra situazione alla sua. Non c'è paragone." Alzò una mano a lisciarle i capelli neri, spiegando, "so cosa stai facendo. I tuoi genitori non avranno avuto un rapporto perfetto, ma si volevano bene. Ti amavano entrambi. Richard Bennett e tuo padre non si somigliano per nulla. Possiamo aver avuto qualche divergenza, ma rispetto enormemente Caraway. Non c'è rispetto per Bennett, non è nessuno."

Gli posò una mano sul petto, sentendo sia il suo respiro che il ritmo del suo battito. Squall la conosceva davvero. Fin da quando aveva sposato Bennett, non aveva potuto fare a meno di paragonare le due storie. Anche se per un cavillo legalmente non era davvero sposata a quell'uomo: il matrimonio era stato contratto sotto falso nome. Nondimeno, l'unione in tutti gli altri sensi era vera; desiderava cancellare la repulsione dalla sua testa. Il pensiero di Allison che veniva a sapere di quel matrimonio bastava a darle la nausea.

Quello che aveva detto a Squall prima era la verità, Alexandra l'avrebbe cercato prima o poi... se il momento e le circostanze fossero state quelle giuste. Avevano sempre avuto un piano di emergenza, se la situazione si fosse fatta disperata a quel punto. Alex sarebbe andata da Squall e non da Bennett. Nelle profondità del suo animo, tra i due uomini, aveva sempre creduto che sarebbe stato Squall a fare la cosa giusta. Per un momento pensò di dirgli la verità su Allison, eppure qualche forza invisibile la tratteneva. Forse era solo il pensiero di rovinare questa notte perfetta, questo momento perfetto. C'era sempre domani, anche se non le rimanevano ancora molti domani.

Quella notte era solo lussuria e desiderio, o c'era di più? Lei lo sapeva. Era amore. Dannazione, amava ancora Squall Leonhart, più di quanto le parole potessero descrivere sensazioni e sentimenti al di là delle parole, al di là dell'amore, al di là della paura. Ma rimaneva il fatto più semplice... non poteva essere. Le parole successive furono le più dure che avrebbe pronunciato quella notte, o in tutta la sua vita. Perché queste parole non erano dette per rabbia come prima, ma per amore.

"Domani parto. Squall, per favore torna al Garden... torna a casa. Non posso... non posso essere responsabile della tua perdita di libertà. Devo trovare Alex. Devo assicurarmi che mia figlia sia salva. Lui non mi lascerà mai in pace... io non ho futuro. Tu sì. Sei ancora Comandante e con questo puoi andare avanti."

Cercò di essere forte, Dio se ci provava. Eppure, le parole successive sembrarono un coltello che le veniva conficcato da qualcuno nel petto, e che ora veniva malvagiamente rivoltato.

"Squall, torna a casa da tua moglie. Questo è il nostro passato. Grazie per stanotte, non la dimenticherò mai. Ma da qualche parte là fuori c'è il tuo futuro. Io non ne faccio parte. Io... non posso."

*~*~*~*~*

I venti rigidi si erano placati, lasciando spazio a una notte pacifica. L'aria era ancora fredda, ma in qualche era un conforto tranquillizzante. Seifer poteva vedere le stelle luminose attraverso l'oblò, ognuna con una vita propria. Così a nord sembravano più vicine, anche se solo psicologicamente. Si poteva allungare la mano e toccare i corpi celesti, almeno con gli occhi della mente. Si trovò a tracciare linee immaginarie, disegnando animali e amici allo stesso modo. I marinai l'avevano fatto per secoli, navigando proprio grazie alle stelle. Disegnavano una mappa, una mappa del tempo, una mappa dello spazio. Per un secondo, si trovò perso nella loro bellezza e maestosità.

Seifer non aveva mai prestato molta attenzione alle cose semplici, sempre avvolto da un sogno glorioso, senza mai fermarsi a notare la bellezza di ciò che aveva intorno. Come Quistis. I suoi capelli biondi gli solleticavano la faccia, con ogni respiro. Ad ogni modo, non osava muoversi da quella vicinanza, un'euforia diversa da tutto quello che aveva mai sperimentato.

Ogni senso era sveglio, esuberante. Le sue orecchie sentivano i suoi respiri profondi e regolari. Il suo naso sentiva il leggero profumo di shampoo al cocco. La sua bocca, assaporava un miscuglio di cocco e lei, il sapore di lei sulle labbra. I suoi occhi vedevano la sua bellezza, fisica e dell'anima. Ad ogni modo, più di tutto, la sua pelle registrava il suo tocco - ogni punto in cui i loro corpi si toccavano, ogni ciocca di capelli, un fenomeno più che gradito.

Involontariamente mosse un braccio, cercando di scrollare l'intorpidimento che lo stava prendendo. Con quel semplice gesto, lei si mosse. Seifer si maledì per essersi scostato, mentre lei rotolava sull'altro fianco. Il suo respiro divenne più pesante dopo essersi girata. Voltandosi verso di lei, Seifer guardò i suoi lunghi capelli biondi sparsi dolcemente sul cuscino. Un bisogno improvviso lo colse e allungò la mano e le lisciò i capelli vellutati. La consistenza era stupefacente, un incrocio tra la seta e il paradiso, nulla meno del paradiso.

Il corpo di Quistis si tese, mentre un respiro affrettato le sfuggì dalle labbra. Improvvisamente seppe che stava sognando, ma purtroppo, non sembrava essere un sogno felice. Il suo corpo si arcuò, e poté sentire qualche parola incoerente mentre le mormorava. Per la maggior parte, non erano nulla più che una lingua straniera, compresa solo da lei.

Tra i mormorii finalmente disse, "Squall... per favore..."

In quel momento, si sentì mancare. Quanto era stupido a pensare che in quattro giorni avrebbe dimenticato una vita di desiderio? Squall era suo marito, per amore di Hyne, la persona di cui aveva giurato di prendersi cura per sempre. Da parte sua, Seifer era consapevole che il Comandante non aveva preso quei giuramenti sul serio. Ma Quistis . Squall non si era mai sposato per amore, tristemente, Quistis sì. Chiuse gli occhi mentre lei ripeteva le sue parole...

"Squall...per favore ho bisogno che tu..."

Questa volta Seifer riuscì a capire un po' più delle sue preghiere frammentate. Un'improvvisa desolazione prese il suo corpo. L'uomo stanco trasformò il rifiuto in una sorta di risata nauseata. Quanto fottutamente ironico era tutto questo? Ora era lui l'uomo più debole. La sua mente ricordò un tempo in cui sognava di conforto, con risultati che avevano devastato un'intera nazione. L'ultima volta però, aveva cercato oltre la sua generazione, oltre molte generazioni. Artemisia gli aveva offerto un tale conforto, tali promesse. Quistis era solo umana, il che rendeva la situazione molto più difficile da sostenere. Questa volta non poteva appellarsi a incantesimi, o magie. Questa volta, erano solo i suoi desideri mal riposti.

Silenziosamente, iniziò a scendere dal letto. Per qualche ragione si sentiva ostile nei confronti di lei, anche se non era veramente colpa sua. No, forse l'ostilità non era diretta a lei, ma a se stesso. La luce della luna brillava attraverso la finestra mentre metallo color argento e rame rifletteva una tinta quasi verdognola. In qualche modo, lo stesso cielo che prima sembrava bellissimo ora pareva quasi prendersi gioco dei suoi sentimenti.

Arrabbiato com'era, per qualche ragione, voleva rimanere... forse non accanto a lei, ma vicino. I sentimenti sono strani fino a quel punto. La sua mano tremante esitò mentre si avvicinava alla porta; guardò sopra la sua spalla un'ultima volta, lacerato da due pensieri.

Andare o restare.

Come una risposta alla sua domanda, lei parlò ancora... questa volta le parole completamente comprensibili.

"Squall... per favore, ho bisogno che tu la trovi."

*~*~*~*~*

In un momento urlò, ed era l'unico suono che si poteva udire nella piccola costruzione. Non avrebbe voluto, ma le visioni erano così complete che avrebbero perseguitato la sua mente per sempre. La porta della camera da letto si spalancò e la bambina iniziò a piangere. Quando riconquistò il senso dell'orientamento, Alexandra allungò una mano tremante per confortare la bambina. Fu sorpresa quando la luce della luna rivelò Zell che consolava Allison, tenendola stretta, accarezzandole i capelli sottili con la mano. Dondolandosi leggermente avanti e indietro, appoggiò con dolcezza la testa su quella di lei, offrendole il calore umano della consolazione.

La sua vista si schiarì mentre le ombre dell'oscurità iniziavano a prendere forme familiari. Irvine stava sull'uscio, la luce dietro di lui diluiva tutti i contorni. Il familiare cappello da cowboy era l'unica forma visibile. Di nuovo, le immagini orribili le passarono davanti agli occhi, e provò un travolgente bisogno di sparire.

Nessuno dei due uomini parlò, dando ad Alexandra il tempo di riconquistare la stabilità. Tirandosi le lenzuola sul petto, cercò di nascondere la sua confusione. Allison aveva smesso di piangere e ora appoggiava la testa sulla spalla di Zell, gli occhi azzurri che non si chiudevano. Avevano una curiosità spiccata, un'innocenza infantile che Alex, e gli altri con lei, non avrebbe mai potuto recuperare. La bimbetta guardò il letto, e poi intorno alla stanza con preoccupazione crescente.

"Mami?" disse gentilmente una voce stanca, e poi una seconda volta con più bisogno, "mami?!"

"Non c'è qui ora, tesoro," riuscì a dire Alex tra respiri strozzati. "La zia Alex è dispiaciuta, ma mami sarà qui presto. Promesso. Mami ti ama."

Le parole non sembrarono rassicurare la bambina, che cominciò di nuovo a piangere. Irvine si avvicinò a Zell, e allungò le braccia verso la bimba.

"Hey, pulcino... andiamo a cercare biscotti e succo di frutta. A chi non piace succo di frutta in baba... err... biberon."

La bambina si avvicinò esitante all'estraneo, ma attraverso le lacrime riuscì a squittire la parola, "succo?" Mentre lasciavano la stanza, Zell rivolse finalmente una domanda diretta ad Alex.

"Allora... stai bene?"

"Sì," mentì lei, "solo un brutto sogno... nulla di importante."

Sedendosi sul bordo del letto, l'uomo un po' perplesso guardò i numeri rossi sulla sveglia.

"Non sono le 4:27. Sei sicura di dover essere sveglia?"

Lei emise un suono a metà tra una risatina e un colpo di tosse, "anche tu?"

"Sì, è diventato irritante. Ma a volte svegliarsi da quell'incubo era un conforto maggiore."

Levandosi i capelli dal viso, lei si sistemò le ciocche dietro le orecchie. "Beh, almeno quel sogno era l'unico con cui dovevi convivere... io ne ho altri." Il dolore le riempì la voce. "Le visioni dei morti sono più forti di quelle dei vivi, non dimenticano mai... vorrei imparassero a perdonare."

"Cosa?" Lui la guardò, incuriosito dall'affermazione.

Alex nascose i suoi occhi, "non badarci. Ho fatto solo un brutto sogno, ecco tutto. Mi dispiace d'avervi svegliato."

"Non stavamo dormendo," rispose lui. Una parte di lui voleva continuare a farle domande, perché Zell sapeva che lei stava nascondendo qualcos'altro. Eppure, credeva che Alex ne avrebbe parlato quando fosse stata pronta e decise di non fare ulteriore pressione. "Cercavamo di metterci in contatto con alcuni nostri amici attraverso canali non convenzionali. Irvine è riuscito a mettersi in contatto con la sua fidanzata in una chat usando nomi che solo loro potevano capire."

Per la prima volta lei rise ad alta voce, "Irvine ha una fidanzata? Questa... non me l'aspettavo." Zell la guardò in maniera strana. Lei continuò con gli occhi castani che le si spalancavano, "oh, non in quel senso... voglio dire, oh, fa lo stesso. Mi dispiace, questo posto mi ricorda tante cose, sia buone che cattive. Abbiamo trascorso molte estati qui."

"Era probabilmente molto bello a quei tempi," cercò di complimentarsi lui. "I tuoi genitori dovevano amare Dollet, o la torre di stramissione."

"Non ho mai conosciuto i miei genitori," disse lei sulla difensiva. "Sono stata... adottata da un medico che si prese cura di mia madre."

Zell si grattò la testa, e quasi stuzzicandola chiese, "err... il nome di tua madre non era Raine, o non sei mai stata in un orfanotrofio, vero?"

"No," rispose completamente spiazzata, "perché?"

"Ah... niente, giusto per essere sicuro. È già spaventoso abbastanza avere le stesse visioni." Un altro strano pensiero gli attraversò la testa, "ah... non è che sei mia sorella o cose così?"

"Tua sorella?", rise lei. "No, Zell. Penso che queste siano le domande più strane che mi siano mai state fatte." Per qualche ragione, c'era una tensione di fondo, nell'aria. Cercò di spezzare l'apprensione con una frase più giocosa, "beh, fa a gara con la domanda più strana che mi sia mai stata fatta... sono una strega che sta scappando dal suo ex ragazzo, il Comandante della Seed, che è stata accusata di omicidio e che è incinta di lui... pensi che potresti aiutarmi a partorire e crescere la bambina come tua? Quello è stato un giorno proprio strano."

"Sì, ci credo... beh, vado a controllare Irvine e Allison. Vuoi dell'acqua o qualcosa?"

"No grazie," rispose sorridendogli. "Sto bene così. Credo che proverò a dormire ancora un po'. Allison non vorrà tornare a dormire... è una specie di uccellino della notte."

"Sì," disse lui chiudendo la porta. "Questo l'ha preso dal padre. Ma fortunatamente, sembra avere un po' più della personalità curiosa di sua madre."

*~*~*~*~*

In un certo qual modo, Squall la spinse effettivamente giù dal suo petto, non con forza ma pur sempre con rabbia.

"Tu pensi sinceramente che possa tornare indietro? Dannazione a te, Rinoa. Questo non è un gioco per me, questa è la mia fottuta vita. Non ti ho persa per due anni per permetterti di lasciarmi la mattina dopo. Quanto vuoi che ti paghi?"

L'aveva fatto. Per la seconda volta quella notte, la sua bocca aveva detto qualcosa che avrebbe voluto rimangiarsi. Poco prima, lei aveva svuotato la sua anima davanti a lui, raccontando come si era umiliata a Trabia. Adesso, lui aveva soltanto sminuito quello che era successo, qualcosa di così bello... di così indescrivibilmente magico. Come il loro amore, era qualcosa davvero al di là delle parole. Squall sapeva di averla ferita. Non aveva alzato gli occhi, si era semplicemente raggomitolata in posizione fetale, tremando leggermente; stava distesa, persa nelle parole che l'avevano distrutta.

Squall si mosse velocemente verso di lei, inginocchiandosi sul tappeto.

"Oh, Hyne Rinoa. Non volevo dire quello. Per favore," pregò. "Sono uno stronzo... per favore. Il pensiero di lasciarti dopo così tanto tempo è... ero a malapena vivo prima di stanotte. Perderti di nuovo, sarebbe morire."

Afferrò la trapunta dal letto e le si avvicinò, coprendo delicatamente il corpo di lei. Sedendosi accanto alla persona che per lui contava di più, Squall passò le dita tra i suoi capelli neri.

"Rinoa, verrò con te. Non è una domanda, è una risposta. La mia vita al Garden è finita... la mia vita con la politica è finita. Manterrò la promessa che ho rotto così tanto tempo fa. Per favore... è la mia redenzione, la mia salvezza. Ti offro la mia vita come tuo amico, come tuo innamorato, e come tuo cavaliere. Nessuno farà ancora del male a te o a Allison. Prometto."

Lei smise di tremare, che fosse la coperta, la sua promessa solenne, o la sua vicinanza rimase sconosciuto. Distendendosi sulla schiena, lo guardò. Lui le posò una mano sulla guancia e a lei riuscì un piccolo sorriso.

"Squall, è solo che c'è così tanto... troppi nemici. Lo so che vuoi proteggermi, adesso lo so. Ma c'è qualcosa tra di noi che nessuno di noi può dimenticare. Squall io... io non so se posso fidarmi nell'affidarti le nostre vite. Io lo voglio, Hyne, lo voglio, ma qualcosa mi trattiene dal... c'è qualcosa che non posso spiegare."

Lui afferrò due piccoli cuscini e si coricò sul pavimento accanto a lei. Lei condivise la coperta, lui non chiese: era qualcosa fatto per istinto. Stando disteso sul fianco, lui guardò mentre lei continuava a fissare il soffitto. Squall poteva intuire che aveva paura di guardarlo negli occhi; mostrare il suo corpo nudo era nulla confrontato alla sua anima nuda. Lui allungò la mano verso quella destra di lei che giaceva sulla coperta, incerto di come lei avrebbe reagito.

Per un momento brevissimo lei non si mosse. Finalmente un'esitazione mentre allungava le dita, e poi alla fine si arrendeva, accettando la sua mano. Lui sapeva che era di più. Poteva sentire la loro forza come cosa sola che tornava, mentre le loro anime si univano di nuovo. La mano rappresentava la sua decisione, a cui lei finalmente diede voce. Voltandosi a guardarlo negli occhi, sorrise. Un sorriso che gli sciolse il cuore; uno che rese i suoi giorni degni di essere vissuti, la vita stessa degna di essere vissuta.

"Squall Leonhart, sarei onorata se tu volessi essere ancora il mio cavaliere."

*****
Note delle traduttrici: capitolo rivisto da Alessia Heartilly.
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Citazione di apertura: tratto da Romeo e Giulietta di William Shakespeare; a parlare è Benvolio.
Un fuoco con le sue fiamme consuma l'altro,
un dolore è attenuato dall'altrui angoscia.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 18
*** XVIII. Trasgredire ***


Peace does not appear so distant as it did.
I hope it will come soon, and come to stay;
and so come as to be worth the keeping in all future time.

--Abraham Lincoln

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ XVIII. TRASGREDIRE ~

In quei momenti tra sonno e veglia, migliaia di desideri vengono espressi. Alcuni semplici, come cinque minuti in più di sonno; altri più complessi di una vita di eternità. Se si riesce a trovare un felice equilibrio, si è davvero benedetti. È anche il momento in cui si comprende, e i sogni vengono separati dalla realtà. Il momento in cui le sensazioni tornano, e la verità viene scoperta. Con ogni notte viene l'alba...

Il suo primo pensiero, quanto fossero rigidi i muscoli della sua schiena. Coricata sul fianco, stiracchiò le gambe, arcuando leggermente la schiena. Quando la realtà tornò su di lei, Rinoa aprì velocemente gli occhi. Per un secondo, vide solo l'interno della casetta. Il fuoco si era spento, lasciando solo braci. Un'improvvisa preoccupazione la assalì, quando notò di essere sul letto. Ieri era stato solo uno dei suoi vividi sogni ad occhi aperti? Il pensiero le diede la nausea; era così perfetto, era così meraviglioso...

"Buongiorno," disse dolcemente una voce rauca dietro di lei.

Il sorriso non poteva essere represso, era reale, lui era reale. Coricandosi di schiena, stiracchiò le braccia sopra la testa mentre voltava gli occhi verso di lui. Dio, era affascinante, anche dopo tutto quel tempo; dopo tutto lo stress evidente nei suoi lineamenti. I loro occhi si incontrarono, senza che nessuno dei due volesse muoversi. Rimasero così per minuti, senza dire una parola; semplicemente assorbendo tutto ciò che era loro.

Squall notò quanto era maturata, i suoi lineamenti più da donna rispetto alla ragazza che ricordava nei suoi sogni. I capelli più corti sottolineavano il suo viso, mentre piccole ciocche le cadevano sugli occhi. Il peso che aveva guadagnato con la gravidanza le stava bene, dandole una figura più proporzionata e definita, ma sempre perfetta. Il suo sorriso, il suo sorriso... non era cambiato, nemmeno un po'. Era ancora l'essere celeste, il suo angelo, e la sua salvatrice.

Rinoa si trovò persa negli occhi di lui; erano sempre stati i suoi occhi. In superficie, sembravano blu, con macchioline marroni. Però, in profondità erano il burrascoso torrente che conduceva alla sua anima. Il suo tormento, e il suo dolore, mostrati apertamente nello sguardo tenero. Si trovò ad annegare nei suoi occhi, senza volere che qualcuno la salvasse. Quando lui fece un piccolissimo suono, forse un sospiro o un pesante respiro, la riportò alla realtà. All'improvviso, non stava più guardando i suoi occhi... ma quelli di Allison. Mentre si tendeva al pensiero della sua bambina indifesa, Squall vide il suo improvviso cambiamento.

"Stai bene?" chiese teneramente, posando una mano sulla sua pelle di seta.

Il contatto fisico fu come una scossa elettrica nel sangue, mentre replicava, "sì, sto bene. Ho pensato improvvisamente ad Ally... Squall, sono così preoccupata per lei."

A volte era dura per lui afferrare il concetto che Rinoa era madre. Diavolo, l'aveva scoperto solo il giorno prima. Tutto questo traspirò; nulla aveva avuto il tempo di essere assorbito a dovere. Per un secondo, un sentimento quasi di gelosia lo sopraffece; lei pensava alla bambina mentre erano insieme. In quel momento, si maledisse internamente per un tale pensiero, così fottutamente egoista. Poi comprese, la verità che non voleva affrontare. La verità per cui provava risentimento... Richard Bennett era il padre, non lui. La gelosia non era dovuta alla bambina, era dovuta alla paternità. Quel bastardo.

Onestamente, i bambini non erano mai stati il suo forte. I cadetti più piccoli al Garden lo rendevano piuttosto nervoso ed avevano almeno cinque anni. Forse era il loro disordine, forse era la loro mancanza di concentrazione, o forse rappresentavano tutto ciò che lui aveva perso.

La sua infanzia.

Guardare i loro modi spensierati e i giochi infantili lo metteva a disagio, anzi, aveva imparato a provare risentimento per ciò che rappresentavano... innocenza. Qualcosa che lui aveva perso molto tempo prima, e qualcosa che avrebbero perso loro molto presto.

Aveva detto a Rinoa una volta di non volere bambini. Era facile addossare la colpa al lavoro, o al pericolo di vivere al Garden in generale. Ma la cosa che non aveva affrontato allora, o in quel momento, era il pensiero di amore vero, incondizionato. Qualcuno che sarebbe dipeso da lui, per la sopravvivenza, per la vita. Inoltre, era qualcosa che temeva di perdere... o di ferire come suo padre aveva fatto con lui.

Ora dopo così tanto tempo di disinteresse, si trovò in una situazione sconvolgente. Avrebbe dovuto affrontare faccia a faccia le sue paure, per lei, e per se stesso. Allison faceva parte della vita di Rinoa; avrebbe difeso Ally come avrebbe fatto per la madre. Il Cavaliere avrebbe onorato il suo dovere come protettore della bambina, fisicamente e spiritualmente, anche se non ne era il padre biologico.

La sua mente corse a quell'arido giorno a Balamb. Quello per sempre impresso nella memoria di entrambi, che mostrava Rinoa seduta nel sedile del passeggero della macchina del Garden. Quello era stato il primo giorno in cui aveva nominato bambini insieme a lui, o qualunque specie di impegno futuro. Diavolo, quello era stato l'unico giorno in cui aveva nominato bambini. Rinoa aveva imparato i suoi limiti quel giorno; c'erano linee tracciate che nemmeno lei avrebbe oltrepassato.

La paura che lo colse, alla sola idea di dare il nome a un bambino, era più grande della paura del bambino stesso. Era paura dell'impegno... ma più di tutto, paura dell'amore vero. Nella sua mente, in quel momento, la sentì chiedere ancora, "ti piace Allison per una femmina e Aaron per un maschio?" Quattro anni e una vita dopo, Squall Leonhart la guardò finalmente negli occhi, rispondendo alla stessa domanda che lo aveva terrorizzato cinque anni prima.

"Rinoa... mi piace il nome Allison per una bambina."

La frase fu detta così di punto in bianco che lei fece una risatina, nonostante l'ovvia preoccupazione. Era un modo di nascondere il suo vero dolore. Il suo pensiero immediato fu di dirgli la verità su sua figlia, ma qualcosa continuava a trattenerla. Diavolo, erano stati il più fisicamente vicini possibile la notte precedente... ma forse era tutto lì. Fisicamente possibile... qualcosa di mentale non era completo. Il legame c'era, non spezzato, ma danneggiato.

Era la mancanza di fiducia del suo spirito distrutto ancora diviso tra Cavaliere e famiglia? Un milione di possibilità le attraversarono la mente. Poi capì, perché doveva ancora dividere le due cose... Cavaliere o famiglia? Due entità distinte, non unite. Perché non erano una sola? Lui si era dato ad ogni livello la notte prima, tranne su quello che lei desiderava davvero. Fiducia. Le stava ancora nascondendo qualcosa... e dannazione, lei lo sapeva. Lo conosceva.

Lentamente i suoi pensieri tornarono a lui, mentre la fissava intensamente negli occhi. Se lei lo sapeva... lo sapeva anche lui? Se davvero fossero stati una persona sola, non ci sarebbero stati segreti. Eppure lei poteva sentire che lui stava trattenendo qualcosa, e per sola salvezza... l'avrebbe fatto anche lei. Ci sarebbe stato un momento in cui dirglielo... ma non ora. Troppo era rimasto taciuto.

In più, aveva paura. Paura della reazione di lui; paura della verità.

"Ah... grazie," disse confusa, senza legare la risposta alla sua domanda di quattro anni prima a Balamb.

Improvvisamente l'intera faccenda con Richard Bennett attraversò la mente di Squall... l'ostilità verso di lui, e la SeeD. La fotografia di Zell e Irvine che aiutavano la sospetta rapitrice: ora divenne perfettamente chiaro. Avevano scoperto chi era la bambina. Erano disposti a rischiare la loro libertà e la loro vita per la bambina.

Lo sapevano.

"Oh Hyne," disse stendendosi sulla schiena, scioccato. "Hanno Allison."

Rinoa si mise a sedere, ogni espressione di appagamento svanita al solo pensiero.

"Chi ha Allison? Squall, cosa c'è che non va?"

Si sedette con l'unico intento di attenuare la preoccupazione di lei; gentilmente le mise le braccia intorno alle spalle. Cercando di placare le sue paure, spiegò, "quando sono stato da Bennett lui era molto litigioso. L'intera faccenda è finita con lui per terra. Non avevo nessuna idea del perché quell'uomo mi odiasse così tanto. Ora capisco. Ha anche minacciato la vita di altri SeeD che avevano aiutato la rapitrice. Non quadrava nulla, poi mi fece vedere una foto di sorveglianza. Si vedeva Zell che correva con una donna sconosciuta, e Irvine che teneva in braccio una bambina... hanno fermato la cattura a Dollet."

Il pensiero che fossero state catturate la fece tremare, il respiro si fece affannoso. Lui la attirò vicino; quando la loro pelle si toccò, Rinoa sentì un conforto come null'altro. Appoggiando la testa sul suo petto nudo, ascoltò il suono ritmico del suo battito. Lui in cambio, la circondò con le braccia, accarezzandole i capelli in silenzio. Il suo abbraccio più stretto del solito, per un secondo si preoccupò della capacità di lei di respirare. Era passato così tanto tempo, questo conforto così estraneo. Per lui. Per lei.

Non avrebbe mai voluto lasciarla andare.

Squall poté sentire calde lacrime che gli rotolavano sul petto, ma non gli interessava. Ognuna tracciava il suo sentiero, facendogli sentire di essere vivo.

"Zell e Irvine la proteggeranno, vero?" disse lei tra respiri affrettati. Pur sapendo già la risposta, se i suoi amici si erano nascosti insieme ad Alexandra. Ma per qualche ragione, aveva bisogno di sentirlo da lui. Amici? Quanto tempo era passato da quando li considerava amici.

"Certo, Rin... non faranno una colpa a lei di sentimenti duri per te. L'hanno dimostrato, affido loro la mia vita... la tua e quella di Allison."

"Aspetta..." si ritrasse, esaminando di nuovo l'espressione di lui. "Vuoi dire che pensano ancora che io abbia ucciso Ellione? Non hai mai detto loro la verità?"

Lui distolse lo sguardo per un momento, imbarazzato che l'ammissione gli fosse sfuggita nell'agitazione. Solo lui, Seifer e Quistis sapevano la verità ora come ora... e quello poteva essere un po' difficile da capire, dato lo stato emotivo in cui si trovava.

Fece scorrere le dita nei suoi setosi capelli neri, sistemando le ciocche che le si erano incollate al viso per le lacrime.

Con compassione, spiegò, "Rinoa, lo avevo appena scoperto io stesso. Credo... beh, non pensavo a nulla, solo trovarti. Non sono mai stato il tipo che condivideva le cose con la gente, se non era immediatamente necessario. Il mio unico pensiero eri tu, ora che avevo una pista a Trabia. Mai in cento anni avrei immaginato di trovarti così velocemente. Tuttavia, non potrò mai esprimere la mia gratitudine che sia successo."

Rinoa sorrise debolmente. "Capisco", disse con comprensione nella voce. "Allora... come stanno tutti? Mi piacerebbe davvero saperlo."

Lui si coricò sul letto, tirandola giù con sé. Afferrandole la mano, intrecciò le loro dita. L'altro braccio la teneva stretta, ogni punto di contatto lungo i loro corpi una sensazione meravigliosa.

Squall girò la testa verso di lei, dandole un bacio leggerissimo sulla fronte prima di cominciare, "Selphie ed Irvine stanno bene... anche se nessuno dei due mi parla a meno che debba farlo. Non sono stato la persona più facile con cui avere a che fare per l'ultimo paio d'anni. Selphie cerca di rimanere allegra, almeno all'esterno. Dentro penso che sia persa come tutti quanti noi. Irvine è diventato un SeeD, ma non lo sarà mai dentro al cuore. Cosa di cui sono grato, anche se non lo dico. È difficile avere originalità all'interno delle regole militari."

Rannicchiandosi più vicina al suo petto, Rinoa gli diede un piccolo bacio sul collo. Sapeva che il Comandante non era la persona più facile con cui avere a che fare, Hyne, lei lo sapeva. Rinoa poteva solo immaginare come lui avesse reagito alla morte di sua sorella... e a perdere lei. Non importavano le circostanze in cui era fuggita. Avrebbe dovuto essere là accanto a lui. Quello era dove avrebbe fottutamente dovuto essere. Per un minuto si tese di rabbia per il tradimento... come aveva potuto farlo la sua amica...

Sentendo il cambiamento nell'atteggiamento di lei, lui continuò velocemente, "Zell... beh, onestamente Zell ha preso la cosa male quasi quanto me. Ha perso fiducia quel giorno, anche se non lo ammetterebbe. Ha continuato a fare quello che doveva, cercando disperatamente di comportarsi come al solito. Ma io lo so, quelli di noi che si nascondono sanno quando gli altri si nascondono dietro maschere."

Sorridendogli Rinoa ascoltò attentamente mentre Squall ricordava ogni cosa.

"Cid ha accettato un ruolo nelle relazioni pubbliche all'interno del Consiglio Mondiale, immagine e quella specie di stronzate politiche. La merda che odio, ma lui sembra cavarsela bene. Edea è tornata all'orfanotrofio, ricostruendolo. Non hanno bambini là... non penso ne avranno mai. Ad ogni modo, è una speranza. La aiuta ad andare avanti. Non è stata trattata molto bene dopo l'incidente, ex-strega o meno... i sentimenti di odio sono ben radicati. Quindi, è sola la maggior parte del tempo, Cid va là nei fine settimana... ma so che per lei non è abbastanza. Oh, a proposito... le ho dato Angelo."

Alzando la testa, lei lo guardò, con un grande sorriso, "davvero?" Lui annuì. "Squall... immaginavo che Angelo fosse... beh, sai, era il mio cane. Immaginavo che dopo quello che era successo qualcuno avrebbe..."

Lui la interruppe, "sì, anche io. Selphie voleva davvero il cane, anche quando tutti pensavamo che tu fossi... beh, lo sai. Ma erano state fatte delle minacce, e io pensai che fosse mio dovere proteggere Angelo, era una parte di te. L'unica parte che rimaneva. Quando Edea lasciò il Garden dopo il funerale, era disposta a portare Angelo all'orfanotrofio... Rin, il tuo cane ama stare là. Tutti i campi in cui giocare, i conigli da rincorrere, e l'oceano... ama l'oceano."

Rinoa si avvicinò, dandogli un bacio veloce che lui ricambiò generosamente.

"Squall, facciamo un patto. Se mai usciremo da tutto questo... porteremo Allison all'orfanotrofio. Non ha mai visto l'oceano, mai sentito la sabbia tra le dita... Squall, non ha mai nemmeno visto un cane che non fosse su un libro. La porteremo là, e allora Edea avrà un bambino."

Era un sogno, Squall lo sapeva, ma era un sogno che potevano condividere. Lui le sorrise, non c'era bisogno di parole, il suo sorriso era più luminoso di un miliardo di parole. Dio, ricordava di essere mai stato così felice? Se era così, quei ricordi erano troppo repressi per poter essere richiamati. Attirò Rinoa a sé, e iniziarono di nuovo quello che avevano iniziato la notte precedente. Qualcosa di così estraneo, eppure così familiare. Ogni bacio con più bisogno, con più passione.

"Wark! Wark!"

Entrambi furono scossi da ciò che stavano facendo, quando una terribile confusione esplose fuori. Squall si sedette velocemente, imprecando contro il maledetto uccello. Il chocobo che l'aveva portato alla solitaria capanna stava ora correndo in cerchi. Battendo le ali, cercando attenzione con premura senza parole. Mentre il chocobo continuava, un'improvvisa trepidazione lo riempì.

"Rinoa, vestiti. Svelta."

Lei non rispose, saltando giù dal letto e iniziando a cercare i vestiti sparsi. Lui stava facendo lo stesso. Abbottonandosi i pantaloni Rinoa lo guardò, gli occhi pieni di paura.

"Cosa Squall... cosa c'è che non va?"

"Ancora non lo so. Ma quel chocobo sta cercando di avvisarmi di qualcosa... non chiedere... per favore non chiedere."

Incuriosita dal capriccio dell'uccello, la donna confusa si avvicinò alla finestra, spiando la creatura gialla che correva in cerchi. Aveva scavato un piccolo solco con le corse precedenti. All'improvviso, si lanciò nella foresta come se non volesse essere visto. Tantissima neve copriva il terreno, la tempesta del giorno prima aveva reso la strada verso la capanna visibile solo grazie ad un sentiero.

I suoi occhi si spalancarono mentre osservava la sua paura peggiore. "SeeD," disse ad alta voce, poi con più premura, "Squall - sbrigati. La SeeD è qui."

*~*~*~*~*

Hyne, quanto era passato da quando aveva fatto una dormita così pacifica? Il letto era notevolmente piccolo per una persona, figurarsi per due. Né era confortevole, in nessun modo... eppure aveva dormito. Pacificamente. Lui era davvero rimasto con lei per la notte. In realtà, non si aspettava di trovarlo quando si sarebbe svegliata, ma era grata della sorpresa.

Lui, d'altra parte, non si era ancora svegliato. Quando dormiva, poteva vedere il bambino dentro di lui. Tutte le tracce di cattiveria o ostilità cancellate, e al loro posto la solitudine e tranquillità che si possono trovare solo quando non le si sta cercando. Forse qui terminava la sua ricerca; forse lui era il suo calice, il suo Santo Gral.

La sua mente tornò all'orfanotrofio... e tra i due bambini. Entrambi simili, entrambi diversi. Cosa li aveva separati e a una tale giovane età? Cosa l'aveva fatta innamorare di Squall invece che di Seifer? Poteva argomentare che fosse la personalità di Squall, tranquilla, riservata e bisognosa a modo suo. Un modo che lui non aveva mai capito, ma Quistis sì. Non era sempre stato così, però... non quando c'era Ellione. In realtà, allora, i due bambini erano estremamente simili, specialmente nel comportamento.

Ad ogni modo, il giorno in cui Ellione se ne era andata, Squall era cambiato. Era diventato quello che lei voleva aiutare, quella era la sua natura. La stessa cosa che l'aveva guidata verso la vita da insegnante, la guidava verso Squall. Ma il giorno in cui Ellione se ne era andata... per sempre... Squall era cambiato di nuovo. Era più della perdita d'una sorella; era la perdita della vita, sia la sua che di Ellione.

Questo lasciava fuori Seifer. Sempre 'l'altro' per la sua mente, e per tutti quelli che erano cresciuti con lei. Realizzò che ciò che la attirava verso Squall, sarebbe stata l'unica ragione per cui erano separati. Squall non aveva bisogno di una sorella due anni prima; aveva bisogno di un'amante... la sua anima gemella. Quistis non era nessuna delle due. Ma Seifer... aveva bisogno di lei. Perché era stata così cieca fin dall'inizio? Eppure, cinque anni prima non avrebbero potuto stare insieme, entrambi dovevano imparare dai loro errori. Doveva andare così. Molto semplice.

Avevano bisogno di crescere, avevano bisogno di maturare... avevano bisogno l'uno dell'altra.

Un sonoro bussare arrivò dalla porta. Quistis cercò di tirarsi su a sedere, anche se Seifer era per metà sopra di lei. Il rumore non sembrava disturbarlo... questo ragazzo poteva dormire in qualsiasi modo. Dopo che un altro tentativo di sedersi fallì miseramente, annunciò infine alla persona di entrare. Per un minuto rifletté sulle conseguenze per la sua reputazione... essendo sposata al Comandante e così via. Poi decise... non le importava più.

Lauren aprì la porta, visibilmente sorpresa di vedere Quistis che dormiva con un altro uomo. Perfettamente vestita. Ma Quistis le aveva raccontato l'intera storia la sera prima. Bizzarro pensare che la sua insegnante, e cosa più importante la moglie del Comandante, stava a letto con 'il Seifer Almasy'. La sua reputazione al Garden non era esattamente lusinghiera, se non addirittura odiata. Eppure, lui non sembrava quel malvagio tiranno con la tendenza a dominare il mondo, beh... almeno per lei.

"Hey Quistis, la conferenza stampa è tra un'ora. Non ti ho visto, quindi ho pensato di controllare se stavi bene... vedo che stai bene, ora," rise leggermente mentre la donna nel letto arrossì un poco per l'imbarazzo. "Davvero, è tutto a posto. Non lo dirò a nessuno... chi mi crederebbe, tanto? Oh, altri Seed sono arrivati oggi per cercare la moglie di Bennett... err la strega e Squall. Ancora nessuno ha colto il nesso, immagino."

"Lauren, si chiama Rinoa. Lo so che è strano a dirsi dopo tutto quello che è successo. Ma è solo Rinoa. Ti prometto che il Comandante non ti sgriderà più se dici quel nome."

"Grazie Quistis," rispose con un sorriso. "È solo così strano. Tutto. Davvero, non sai quale onore sia che tu ti sia fidata di me. Prometto che aiuterò voi quattro, meglio che posso. È un mio dovere come SeeD, e cosa più importante, come amica."

Quistis cercò di alzarsi di nuovo. "Hey, Lauren, come amica, hai una qualche idea su come svegliarlo?"

*~*~*~*~*

Il bussare arrivò, sapevano che sarebbe arrivato. Squall fece cenno a Rinoa di nascondersi dietro la porta, allo stesso modo della sera prima. C'era solo un SeeD, e la cosa era consolante. Avrebbe fatto del suo meglio per non fargli del male, ma se ce ne fosse stato bisogno, l'avrebbe protetta ad ogni costo. Quello che non realizzava, e nemmeno avrebbe potuto farlo, era l'ironia stava nel fatto che non stavano cercando lei, ma lui. La SeeD era a caccia... del suo Comandante.

Lentamente aprì la porta.

Il SeeD sembrò un po' infastidito nel vederlo, quasi un pochino impaurito. Squall rimase calmo, lasciando che i suoi istinti da leader prendessero il sopravvento.

"Era ora, soldato," disse Squall sprezzante all'uomo alla porta. Che era un po' più che confuso.

"Signore... era ora?"

"Sì, ho mandato quella chiamata d'aiuto più di dodici ore fa. Pensavo che il Garden di Trabia fosse in grado di attuare una semplice operazione di ritrovamento e salvataggio."

Il SeeD rimase calmo, stando al gioco del Comandante.

"Oh... oh sì. Abbiamo avuto qualche problema a localizzare la posizione durante la tempesta, ma sono stato mandato quando la tempesta lo ha permesso."

"Bene, lasciami prendere il cappotto."

Il Comandante si avvicinò alla sua giacca e poi si voltò verso il SeeD.

"Oh, puoi prendermi la radio laggiù?"

Il SeeD fece il saluto e si avvicinò alla tavola... non sentì mai il vaso metallico colpirgli la testa, rendendolo incosciente. Squall si chinò su di lui, controllandogli il battito.

"Starà bene. Andiamo, forza."

Prese la mano di Rinoa e si diresse alla porta, verso il veicolo del Garden in attesa.

Entrambi sapevano una cosa. Non c'era modo di tornare indietro per Squall ora. Aveva preso la sua decisione.

Rinoa.

*~*~*~*~*

Giornalisti da ogni angolo del globo si fecero a cerchio, come avvoltoi nel cielo. Ognuno voleva chiedere alla signora Leonhart domande sulla scomparsa di suo marito. Lei e Lauren camminarono attraverso il branco, aprendosi un varco verso il palco. Dannazione a loro. Dannazione a tutti loro. Non era mai stata così infastidita da un gruppo, non aveva mai sentito tanto odio verso la gente. La stampa aveva reso Squall il cattivo. Diamine, era già stato imprigionato senza un processo.

Si chiese come le persone potessero cambiare idea così velocemente, senza pensarci due volte. Un minuto era il salvatore del mondo, e quello dopo un assassino a sangue freddo. Non c'era grigio, solo bianco e nero. Quistis desiderò che Seifer potesse essere con lei, ma diavolo, lo avrebbero scoperto subito. Sarebbe già stato imprigionato. Poi capì, era l'unica di loro che poteva camminare tranquilla per la strada. Rinoa, Squall e Seifer... le loro vite, le loro libertà erano finite.

Il tempo avrebbe fatto dimenticare e perdonare?

Lauren teneva a bada la maggior parte degli sciacalli, almeno quelli che riusciva. Molti altri SeeD erano presenti, aiutando la scorta. Dopo quanto sembrò una piccola eternità arrivarono al palco. Si sedette accanto al Presidente di Galbadia Mitchell. Lui la guardò con un sorriso affettato, mormorandole scuse a proposito di suo marito... rassicurandola che non la ritenevano responsabile.

Seifer osservava da un vicolo coperto di neve. Le cose avevano fatto un giro completo. Esattamente due anni prima aveva guardato Squall annunciare la caccia alla strega... e ora stava guardando Quistis Leonhart annunciare la caccia a lui. Ironia... fottuta ironia. Nessuno dei due colpevole, nessuno dei due libero. Guardò gli occhi di lei pieni di paura; come voleva essere accanto a lei a farle da supporto. Il bastardo di Galbadia le stava parlando; poteva sentire il disagio di lei fin da lì. Quell'uomo era un diavolo, travestito da salvatore per tanti. Seifer lo sapeva.

Quistis rimase seduta mentre gli ufficiali preparavano accuse artificiali e infondate. Ogni singola dannata accusa, una bugia. Eppure, non desistette. Avevano bisogno di lei... Rinoa, Squall e anche Seifer. Il loro futuro dipendeva dalle sue azioni. Da come se la cavava tra i serpenti. Rimase seduta a leggere i documenti che le eran stati presentati, fingendo d'essere persa nei suoi pensieri. Cercando di pensare a qualcosa di plausibile da dire durante il suo discorso. Doveva riferire la presente situazione della SeeD. I loro doveri e dove stavano le lealtà, contro il Comandante.

All'improvviso la paura la avvolse. Quistis poteva sentire i suoi occhi glaciali che la fissavano. Guardò il Presidente Mitchell per controbattere alle sue azioni. Non sarebbe stata debole stavolta. Gli occhi di lui si strinsero in uno sguardo duro... per un breve secondo non riuscì a comprendere quel cambiamento.

In quel momento, annunciarono che il Presidente Jefferson Mitchell avrebbe preso la parola, per la gioia di molti sostenitori. Ancora, la sua popolarità stava aumentando. Il leader del famoso Consiglio Mondiale era arrivato nella loro umile cittadina, per aiutarli nella tragica perdita del loro delegato. Guardò Quistis allungandole una mano sulla coscia. E poi si chinò sussurrando la più terrificante parola che si potesse immaginare.

"Pensa."

Sentì un'improvvisa agitazione, mentre la rabbia le montava dentro. Aveva già sentito quella parola; aveva già sentito quella minaccia. Proprio prima della bomba nella scuolabus... l'unica cosa che le aveva fatto mantenere il segreto. Quello che la stava annegando.

Il Presidente Mitchell si voltò verso di lei mentre prendeva posto di fronte ai microfoni. Un sorriso di cattiveria e avidità. In quel momento, seppe con chi avevano a che fare.

Quel bastardo sapeva di Rinoa... e quel bastardo aveva incastrato Squall.

Nessuno era al sicuro.

*****
Note delle traduttrici: capitolo rivisto da Alessia Heartilly.
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Citazione di apertura: dal Discorso di Abraham Lincoln a William S. Rosecrans.
La pace non sembra più così distante.
Spero che arrivi presto, e che arrivi per restare;
e che arrivi degna di essere mantenuta per il futuro.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 19
*** XIX. Collisione ***


Sometimes your nearness takes my breath away;
And all the things I want to say can find no voice.
Then, in silence,
I can only hope my eyes will speak my heart.

--Robert Sexton

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ XIX. COLLISIONE ~

Era una cosa che le dava la nausea, ma allo stesso tempo era la più incomparabile felicità del mondo. Rinoa sapeva che Squall aveva preso la sua decisione; ora sarebbero stati dei fuggitivi... insieme. La vita di lui al Garden era finita; anni passati ad allenarsi sin dall'infanzia... che adesso erano solo ricordi distanti. Tutto quello che lui era sempre stato non aveva più importanza. Era come lei; era un criminale.

Raggiunsero il veicolo, e, grazie al cielo, il SeeD aveva lasciato le chiavi inserite nel cruscotto. Trabia era probabilmente il gruppo più disorganizzato a memoria d'uomo, anche peggio dei 'Gufi del Bosco', in una scala in proporzione. I due entrarono svelti nell'abitacolo, e subito Squall mise in moto.

Lacrime silenziose scivolavano giù per il viso della ragazza mentre lo guardava prepararsi per la partenza. Ogni cosa di lui ancora la affascinava... il modo in cui la sua mano guantata stringeva il volante. Dita che sapevano dominare, ma anche essere dolcissime. Lei conosceva entrambi i lati, e con autentica devozione lo considerava un onore concesso a lei sola. Il suo controllare e regolare meticolosamente gli specchietti, anche in quell'immensa fretta: ancora seguiva le norme di sicurezza fino ad un certo punto. Il modo in cui il suo cavaliere si passava le dita tra i capelli... alcune cose non erano mai cambiate. Infine, si accorse di come i suoi occhi guardavano in direzione di lei, come a volersi sempre accertare che fosse ancora lì. Che guardasse di lato o negli specchietti retrovisori, o che addirittura si arrischiasse a controllare da una visuale periferica, aveva bisogno di una rassicurazione visiva; ma lo faceva cercando di far sì che lei non se ne accorgesse. Aveva bisogno di lei, aveva bisogno di sapere che c'era ancora.

Non una fantasia. Vera.

Con un profondo sospiro, inserì la prima e cominciò ad allontanarsi dalla baita immersa nel bosco. Rinoa si girò un'ultima volta a guardare la sagoma della casetta che spariva dietro agli alberi. Per tre giorni, era stata casa, e per una meravigliosa notte, era stata il paradiso. In un certo senso, il vuoto di quella terra spoglia non aveva più importanza; il suo cavaliere era tornato, e con lui il colore del paesaggio.

"Squall?" chiese esitante.

Lui desiderava disperatamente guardare il suo viso d'angelo, ma il fondo stradale ghiacciato richiedeva tutta la sua attenzione. Le colline e le montagne rendevano le strade un terreno infido, era facile sbandare e precipitare giù per un burrone, e non essere ritrovati fino al disgelo estivo. Perciò continuò a guardare la strada, pur facendole capire senza parole che la stava ascoltando.

"Squall, io... io non capisco. Non fraintendermi, ti sono grata... ma tutto quello che hai sempre avuto, tutto quello che hai sempre desiderato dalla vita... l'hai perso. Con un solo gesto, l'hai perso. Squall... tu hai tradito la SeeD."

"Rinoa, continui a non capire. Smettila di pensare a tutto quello che ho perduto... pensa solo a tutto quel che ho guadagnato. Te. Due anni fa, ho perso te, e mi rimase solo la SeeD. Era l'unica vita che conoscessi prima, ma dopo di te... non aveva alcun senso. Comandante dei SeeD era il titolo che avevo, ma Cavaliere era quello che desideravo... quello di cui m'importava davvero."

Questa volta si arrischiò a guardarla, voltando un poco il viso per incontrare il castano scuro e intenso dei suoi occhi. Sorridendogli con tenerezza in risposta, Rinoa pronunciò la stessa parola che aveva detto la notte prima. "Grazie."

Per alcuni istanti rimasero in silenzio... senza parlare, cercando solo di immaginare l'enormità della situazione. E per un breve momento, si godettero la semplice serenità di essere lì. Insieme. Ma gli dei del fato non sorridevano mai loro per molto, e infatti in quel momento la radio si accese.

"Garden di Trabia al veicolo 427, si prega di rendere nota la vostra attuale posizione."

Squall controllò il numero d'identificazione corrispondente inciso sulla placchetta metallica; merda, erano inequivocabilmente... loro. Veramente ironico come la situazione rispecchiasse quella sulla Lagunarock di cinque anni prima, quando stavano andando alla deriva nell'infinito vuoto dello spazio, e il loro unico contatto con la civiltà erano la radio per le comunicazioni e i bastardi dall'altro capo. Allora la rivolevano indietro per i suoi poteri... poteri che alla fine erano stati manipolati contro lei stessa. Senza colpa, senza rimorso. Adesso non ci sarebbe stata nessuna reclusione, solo la morte, senza appello. Fanculo a loro.

Allungando un braccio a prendere il ricevitore, si preparò a rispondere. In ogni caso, gli avrebbero chiesto il suo numero di matricola da SeeD, cosa che di certo li avrebbe traditi... Rapido, porse il microfono a Rinoa.

"Rinoa, ripeti dopo di me... parola per parola. Non aggiungere niente." Lei annuì per mostrare che aveva capito, allora lui continuò. "ST-0303-BLM, posizione attuale 40° di longitudine, 65° di latitudine."

Rinoa lo ripeté lettera per lettera, parola per parola.

"Selphie Tilmitt, Garden di Balamb," rispose la voce un po' disturbata dall'altra parte.

Squall annuì di nuovo, confermando. "Affermativo."

"Affermativo," ripeté lei con sicurezza.

"Accidenti!" riprese la voce. "Mi scusi, signorina Tilmitt, abbiamo sbagliato foglio... un'altra volta. Continui la sua ricerca."

"Roger," disse lei, premendo il bottone. Gli occhi di Squall si spalancarono di botto a quella parola. Si morse il labbro, e poi scosse debolmente il capo, cercando di concentrarsi sulla strada davanti a lui.

"Come, scusi?" fece in risposta la voce.

Rinoa aveva pensato che fosse quello il modo in cui avrebbe dovuto rispondere; ma adesso, semplicemente dalla reazione di Squall, capì che non lo era.

"Scusa, pensavo fossi tu... Roger. È passato così tanto tempo." Si maledì per non essersene stata zitta; ogni secondo che passava non avrebbe fatto che aumentare il loro sospetto grazie al suo discorso assurdo.

"Oh, no, signorina Tilmitt... Roger oggi non c'è, però glielo dirò che ha chiesto di lui."

Rinoa non disse nient'altro, e rimise rapidamente il ricevitore al suo posto sul sostegno. Girandosi verso Squall, inclinò un po' la testa com'era solita fare. Sorrise in segno di scusa; era consapevole che lui non poteva vederla, ma sapeva lo stesso cosa stava facendo.

"Continui a non darmi mai retta, non è vero?" fece Squall, con un tono scherzoso che solo lei avrebbe potuto scorgere dietro la rabbia. "Fortuna che c'era un 'Roger' all'ufficio comunicazioni."

"Ehm... mi dispiace. Pensavo che..." e poi tacque, non voleva continuare con quell'argomento. "Ehi, a parte tutto, come mai hanno creduto che fossi Selphie?"

"È l'unico numero di matricola che mi ricordo oltre al mio. Due anni fa abbiamo assegnato dei nuovi numeri... il suo mi è rimasto in mente. ST, per Selphie Tilmitt, e BLM, dato a tutti i SeeD che frequentano il Garden di Balamb... ma lo 0303... è il giorno del tuo compleanno, il tre di marzo. È per questo che me lo ricordo. Non potrei mai dimenticare quella data."

Mentre la ragazza guardava fuori dal finestrino, le sfuggì dalle labbra una piccola risata. Non riusciva a impedirsi di sorridere. Allungò la mano con un filo di esitazione, e poi gliela posò sulla gamba. Accarezzò piano piano il tessuto della sua uniforme, e poteva sentire ogni muscolo, il modo in cui il corpo di lui si tendeva al suo tocco. La scossa di elettricità che quel contatto faceva correre dentro tutti e due... Era una sensazione che fece rendere conto a Squall che era vivo, e, cosa ancor più importante, che era con la sola persona che avesse mai amato.

La sua strega, il suo amore, la sua vita... Rinoa Heartilly.

*~*~*~*~*

Innocenti. Erano innocenti. Bambini di non più di dieci anni, e l'autista che era responsabile per la loro sicurezza. Una bomba. Un'esplosione. Un istante. Che aveva spazzato via tutti i loro sogni, e tutti i battiti dei loro cuori. Un uomo, vile, aveva accusato del disastro un altro uomo, uno senza neanche una casa, e lo aveva fatto ammazzare; ancora una volta un'altra morte priva di senso. Ma per il Presidente Jefferson Mitchell la vita non contava niente, le persone non contavano niente - erano tutte superflue, tutte pedine del suo gioco. L'unico problema era che nessuno conosceva quel gioco, tranne Quistis, e le regole non esistevano.

Questo sarebbe stato il momento decisivo sua della vita... girare le spalle e fuggire via, rifugiarsi nel Garden come aveva fatto in passato. Oppure restare immobile e affrontare il nemico, contando sulla propria forza, e su quella di chi le stava intorno. E, cosa incredibile, era con Seifer e Squall, due alleati inusuali, ma i migliori compagni che si potessero desiderare. Questo era il loro momento. Forse da sola non avrebbe avuto il coraggio, ma insieme a loro... ce l'aveva.

Questa volta non se ne sarebbe andata via in silenzio nella notte; sarebbe stata l'ombra che avrebbe seguito Mitchell... sempre lì, sempre in attesa.

La folla di cittadini e di giornalisti lo stava praticamente acclamando mentre lui teneva quella che sembrava più una campagna elettorale che non una conferenza stampa. Un giorno o l'altro avrebbero scoperto tutto il dolore che aveva causato. Un giorno... e lei sarebbe stata là quando quell'uomo sarebbe caduto, senza nessuno a salvarlo. E quel giorno sarebbe arrivato presto.

Buttando un occhio sul vialetto, vide Seifer che stava lì, nella sua uniforme da SeeD. Chissà se sarebbero andate diversamente le cose se avesse passato l'esame, se ci fosse stato lui quel giorno con Ellione, e non lei. Per un istante, si ritrovò immersa in un sogno, un sogno che non avrebbe mai potuto essere realtà... di loro due in missione insieme, o magari insieme a passeggiare per il Garden. Niente di speciale, magari una cosa semplice come stare alla mensa, con lui che mangiava patatine fritte e lei che piluccava la sua insalata. Cose semplici. Cose che, per quanto potesse desiderarle, non sarebbero potute accadere mai. Il loro destino era già stato deciso da molto tempo. Eppure lui ancora le dava forza semplicemente con la sua presenza. Quell'uomo stava rischiando la sua libertà per lei, e lo sapeva. D'altronde, lo amava anche per questo.

Immersa nei suoi pensieri, alla fine Quistis avvertì un tocco sulla spalla. Si girò e vide Lauren, con uno sguardo confuso in viso, che le faceva segno di seguirla. Ancora mancava un poco per il suo turno al podio, ma se Lauren la stava trascinando via dal palco di fronte a centinaia di persone... doveva esserci una dannata buona ragione. Si alzò senza far rumore e scese le scale sul retro, mentre la SeeD più giovane la faceva passare con lei dietro le tende.

Parlando il più a bassa voce possibile, Lauren riferì: "ero al posto di comunicazione a controllare a che punto fosse la ricerca del Comandante Leonhart. Uno dei veicoli inviati in perlustrazione nei boschi di Trabia ha risposto ad una richiesta d'identificazione con il numero di matricola di Selphie. Gli operatori hanno pensato di aver preso il documento sbagliato, però mi hanno chiesto se conoscessi Selphie... ho risposto di , e che credevo fosse andata lì con l'ultimo gruppo di SeeD. Me ne sono andata, e poi ho usato un contatto diretto con Balamb... avevo ragione, Selphie era ancora là."

Eccolo... quello era il minuscolo frammento di speranza in cui Quistis aveva sperato. Primo, sapeva che era Squall che cercava di trasmettere un messaggio, e di nascondere ancora la sua identità. Secondo, se era una voce di donna... era Rinoa. Oh Dio, era vero che era viva... ed era con Squall. I pensieri di prima di lasciare il palco ancora le pesavano, schiaccianti, nella mente; ma adesso il loro piccolo gruppo di tre era diventato di quattro. E per di più, un membro della compagnia era una strega. E questo poteva fare la differenza, grazie a Hyne.

"Oh..." continuò la SeeD più giovane. "A questa non ci crederà. Selphie dice che ha contattato Irvine e Zell... sono in fuga con l'assistente di Richard Bennett, Alexandra Williams, e sono a Dollet. E hanno con loro Allison Bennett... la figlia di Renee... ehm, cioè, di Rinoa. La bambina sta bene, ma ora sono tutti ricercati anche dalle autorità."

"Maledizione," fece Quistis. "Avrebbero dovuto informarmi di una cosa come questa. Credo che il Consiglio voglia che io ne rimanga all'oscuro... okay, ecco cosa faremo. Vai alla sala comunicazioni e dì che si ordina di trasmettere il mio discorso. Inventa qualcosa, se devi... tipo che bisogna far sapere ai SeeD che tutti i Garden sono uniti in questa ricerca, e che in primo luogo siamo SeeD, e dopo amici... o qualche altra cazzata del genere. Basta sia credibile, e che tu gli dica che il discorso deve essere trasmesso. Usa tutti i mezzi possibili."

Dando una rapida occhiata alla confusione laggiù in platea, la professoressa continuò, "poi vai a cercare Seifer... chiedi di Nicolas, o qualcosa di simile. Mi ha visto andar via dal palco, quindi è probabile che ti troverà lui. Riferiscigli di imbarcarsi direttamente sulla nostra nave, e di dire a Capitano di tenersi pronto a partire immediatamente. Tu torna al Garden di Balamb e lavora con Selphie... non posso più coinvolgerti... ci sono già troppe vite in pericolo."

Dopo aver salutato la SeeD più grande d'età, Lauren fece per andarsene, finché Quistis non la richiamò. La raggiunse rapida e aggiunse in sussurro, "Lauren, non potrò mai ringraziarti abbastanza, ti dobbiamo tutti veramente tanto. Qualsiasi cosa accada, qualsiasi cosa la gente dica su Squall e Rinoa... non ci credere. Erano solamente due persone che si amavano davvero. Ti prego, ricordali in questo modo. E poi, se anche senti voci su di me e Seifer, ricordati qual è la verità. Eravamo due persone perse nei nostri sogni, ma alla fine abbiamo riconosciuto i nostri errori. Non mi interessa quello che dicono gli altri... solo, promettimi che ci ricorderai così. Promettimelo."

La ragazza più giovane vide le lacrime affiorare negli occhi del suo capo, e la sincerità che vi stava dietro. Trattenendo anche lei le lacrime, rispose, "glielo prometto." Quistis abbracciò la ragazza e poi voltò lo sguardo verso il palco. Lauren notò che mentre saliva le scale, la donna aveva appallottolato il foglio del discorso che aveva preparato e l'aveva gettato in un cestino lì vicino. Per qualche ragione, la SeeD più giovane si sentiva come se Quistis le avesse appena detto addio. Non semplicemente per quel giorno, ma per sempre.

Ritornando al suo posto nella fila di seggiole pieghevoli, Quistis si sedette, e sentì il freddo del metallo penetrarle fin dentro le ossa. Cercò di riscaldarsi le mani sui termosifoni che erano stati disposti tutto intorno al palco, ma quelli erano solo un tentativo risibile in confronto alla temperatura pungente. Infine, l'ultimo giornalista fece la sua domanda a Mitchell, che gli diede una risposta ambigua come solo un politico avrebbe saputo fare: all'apparenza sembrava un ottimo discorso, ma in realtà non aveva detto un bel niente. Tipico.

Sentendosi addosso gli occhi dell'inferno, Quistis vide l'uomo venire a sedersi accanto a lei. Lui allungò la mano, e la poggiò lascivo sulla gamba di Quistis, senza smettere di guardarla negli occhi.

"Spero che lei abbia avuto un po' di tempo per pensare, mia cara signora Leonhart. So quanto prega che suo marito ritorni sano e salvo... deve sentirsi sola a letto, senza di lui a scaldarla. Adesso che lui è di nuovo a cercare la sua piccola puttana, direi che posso considerarla libera."

Togliendogli la mano dalla sua coscia, la donna lo guardò ad occhi stretti. Quell'uomo era davvero l'essere più spregevole, più disgustoso della terra. Avrebbe voluto gridargli contro, avrebbe voluto prendere la sua arma e colpirlo senza pietà. Eppure, alla fine, il Presidente avrebbe ricevuto il suo... e in quel momento lei sarebbe stata là... con un sorriso sulle labbra. Si limitò a scuotere il capo, non voleva sprecare fiato. Quistis raccolse il suo fascicolo e prese il suo posto sul podio, volgendo lo sguardo sulla folla implacabile.

*~*~*~*~*

Sembrava un'eternità, ma in realtà era passata più o meno solo una mezz'ora. Erano in viaggio da venti minuti verso i sobborghi di Trabia. Rinoa era in qualche modo riuscita ad avvicinarsi a Squall durante il tragitto, ma non ancora quanto avrebbe desiderato: in quel momento, la sua attenzione doveva essere dedicata alla guida, e non a lei. Però, sì... alcune cose non erano mai cambiate. La sua mano era ancora appoggiata sulla gamba di lui, non aveva voluto interrompere completamente il contatto. Le dava forza, le dava speranza.

Al calar della notte, sarebbero stati su una nave cargo, nascosti tra le casse, come aveva fatto lei due anni prima. Ma soprattutto, la mattina dopo avrebbero raggiunto Dollet... e Allison. Per un attimo, avvertì un senso di nausea nello stomaco. Al mattino, Squall avrebbe incontrato sua figlia... la figlia di Squall Leonhart. Dio, era così bello poterlo pensare liberamente. Doveva dirglielo. Adesso non era proprio il momento più opportuno, con la strada che esigeva tutta la sua concentrazione, ma aveva paura ad aspettare ancora. Più che ci pensava, più qualcosa la tratteneva. Eppure le aveva provato la sua sincerità e il suo impegno; però, nel profondo... continuava a non credere completamente nella sua onestà. Si sentiva come se ci fosse qualcosa che tratteneva anche lui.

"Squall," disse improvvisamente, con uno scarto che non si riallacciava a nulla di quanto stesse pensando prima. "Devo dirti una cosa..."

"Qui parla il comando della base del Garden di Trabia. Stiamo ricollegando tutte le comunicazioni SeeD alla rete radio centrale. State per ascoltare la conferenza stampa che si sta tenendo in questo momento nella città di Trabia, alla presenza del Presidente di Deling City e del Capo del Consiglio Mondiale Jefferson Mitchell, di Galbadia. Abbiano ricevuto l'ordine che tutti i SeeD ascoltino la trasmissione."

"Aspetta un attimo, Rinoa," disse semplicemente Squall, accostando il veicolo da un lato della strada. "È una cosa mai successa prima d'ora, non hanno mai trasmesso niente su questa frequenza."

Lei sospirò, scrollandosi nervosamente di dosso tutto il coraggio che aveva accumulato. Mentre rallentavano, Rinoa lo guardò, e lui restituì lo sguardo. Si tese a darle un rapido bacio, e poi le sfiorò la guancia col suo guanto di pelle, rimpiangendo già il distacco da quelle labbra tenere.

"Te lo prometto, Rinoa, quando sarà finito avrai tutta la mia attenzione."

Non poté far altro che annuire, e posargli il capo sulla spalla mentre lui le avvolgeva col braccio la vita.

*~*~*~*~*

Quistis si guardava intorno nervosamente. Finalmente, vide Lauren spuntare dalla parte opposta del palco, e fare con la testa un cenno affermativo. Era il momento. Adesso iniziava la loro manovra difensiva, e che Mitchell lo sapesse o no, era quello il momento in cui avrebbe cambiato il corso delle onde del destino per farle abbattere su di lui.

"Compagni SeeD, ci stringeremo tutti insieme per essere uniti. Mai più dovremo fare differenze tra i nostri Garden; oggi siamo una cosa sola. Balamb è comprensibilmente preoccupata per le accuse e la scomparsa del Comandante Leonhart. Chiederemo tutti insieme che il nostro leader si sottoponga alle autorità per essere interrogato in merito all'omicidio di Richard Bennett."

Nessuno dei due si mosse... erano entrambi impietriti per lo shock suscitato da quella frase. Squall tolse il braccio dalla vita della donna e alzò il volume della radio, pregando di aver sentito male quel che era stato trasmesso; beh, o almeno la parte che riguardava l'accusato. Rinoa era sconcertata per il fatto che Richard fosse morto, ma soprattutto, che Squall fosse incriminato...

"Squall?" domandò.

Guardandola negli occhi, Squall scosse la testa in segno di diniego. La ragazza poteva scorgere la perplessità nel suo sguardo, e una ferita nei suoi occhi; gli prese la destra fra le mani, e lui la strinse, in un reciproco capirsi e confortarsi.

La voce di Quistis continuava a riecheggiare all'interno del veicolo. "Siamo tutti amici e compagni, ma soprattutto siamo SeeD, e seguiremo i nostri principi. Vorrei che ognuno di voi ripensasse al giorno in cui è diventato SeeD, a quel giorno in cui andaste in missione per il vostro esame. Con quella sola esperienza vi siete guadagnati il vostro posto tra di noi. Adesso chiedo a tutti voi di ritornare a quel giorno, e di tirare di nuovo fuori quei sentimenti, i motivi per cui siete entrati nella SeeD."

Girandosi verso Rinoa, Squall si portò la sua mano al petto. "Ecco cos'è. Un messaggio in codice." Addirittura rise per la semplicità del messaggio. "Quistis sta comunicando con noi in codice... Rinoa, lo sa. Dobbiamo tornare alla Torre di Trasmissione di Dollet, dove ho fatto il mio esame da SeeD."

Ancora sconvolta, Rinoa fece un cenno d'assenso con la testa, ma le parole non le si erano realmente registrate nella mente.

"...e, ancora, è importante che tutti i vostri genitori sappiano che le loro figlie o i loro figli sono al sicuro. Non ci butteremo alla cieca in questa missione..."

Gli occhi di lui erano ancora fissi in quelli di Rinoa. "E adesso... ci sta dicendo che Allison è ben protetta. I genitori che devono sapere che le loro figlie sono al sicuro."

*~*~*~*~*

"Ripeto, il Garden di Balamb sta lavorando in totale collaborazione con le autorità locali e statali per quest'indagine. Richard Bennett era un membro importante di questa comunità e del Consiglio Mondiale. Il suo assassinio non sarà preso alla leggera. La scorsa notte, un vile crimine è stato commesso, e quest'uomo è stato ucciso in casa sua, solo un giorno dopo la morte di sua moglie. Il rapimento di sua figlia è sempre una priorità numero uno per la SeeD: in questo momento, i nostri migliori esperti sono al lavoro su questo caso. E comunque, l'indagine sull'omicidio non si fermerà finché il responsabile non sarà arrestato. Io vorrei, chiunque questa persona sia... vorrei che lui pensasse a quello che ha fatto. Ve lo garantisco qui ed ora... quest'uomo sarà ricondotto alla giustizia. E in quel momento, la SeeD ci sarà."

Finì il suo discorso con un sorriso. Guardando tra la folla, scorse Seifer e Lauren, l'uno accanto all'altra, che facevano partire l'applauso. Sapevano che cosa aveva appena fatto: adesso era in gioco col Presidente Mitchell. In un istante di sfida, Quistis si girò verso l'uomo che stava seduto là, la pura malvagità incisa nei suoi tratti. Sorridendo, la professoressa si congedò dal Presidente con il formale saluto militare dei SeeD. Non era un avvertimento: era una promessa, rivolta a lui solo. E lui lo sapeva.

Quistis lo guardò, mimando con la bocca la parola che l'aveva così spesso perseguitata nei sogni. "Pensa."

Il rumore dell'applauso, fatto scoppiare principalmente dai SeeD presenti, si placò gradualmente nella folla, mentre i giornalisti si accalcavano per fare domande alla donna a proposito dell'incidente.

*~*~*~*~*

Rinoa stava seduta lì, in preda all'orrore. Prima di tutto, la notizia che Richard Bennett era morto... e poi, il fatto che non provava nessun dispiacere. Aveva passato due anni insieme a quel bastardo... e in lei non affiorava neanche un briciolo di pietà. Quante notti aveva desiderato che accadesse... Dio, aveva anche pensato di farlo lei, ma non aveva mai potuto vincere l'orrore che quell'idea le procurava. Non era nella sua natura; uccidere qualcuno non rientrava in lei.

A meno che non avesse fatto del male ad Allison.

Allora avrebbe potuto ammazzare quel bastardo, senza un attimo di esitazione. Era incredibile come si fosse permessa di sopportare tutta la sofferenza che lui le aveva inflitto, Hyne sapeva quanta ce n'era stata... ogni livido, ogni cicatrice disegnavano il diagramma dalla sua vita negli ultimi due anni, ognuno rappresentava il personale inferno in cui era stata rinchiusa. Ma se avesse toccato Allison... nessuna forza sarebbe stata più potente della sua furia. Adesso lui era morto... e non gliene importava niente.

Cosa curiosa, le aveva fatto più impressione sentire la voce che aveva dato la notizia. Quistis. Non avrebbe mai pensato che uno dei suoi amici avrebbe potuto tradirla. Certo, avevano sempre avuto le loro divergenze a proposito di Squall... ma avrebbe comunque affidato la sua stessa vita alla professoressa. Col senno del poi... Ogni sillaba che la donna aveva pronunciato le scavava più profondamente dentro al cuore. Ogni parola rappresentava il tempo con Squall che aveva perduto, e quello che aveva perduto Squall con sua figlia. Il dolore psicologico che Richard le aveva causato era nulla in confronto a tutto quello che aveva fatto Quistis: essere ingannati da un amico è peggio che essere traditi da un nemico.

L'unica cosa che poteva fare era guardare lontano, verso la foresta distante, cercando di nascondere a Squall la rabbia che le alterava i tratti del viso.

Ma poi successe.

Squall era ancora scosso dalla notizia. Adesso era ricercato per omicidio... per l'omicidio del falso marito di Rinoa. Se ci avesse pensato per un attimo, avrebbe intuito il successivo passaggio logico; se il suo pensiero fosse rimasto su quello che era ovvio, e non perso nei recessi della sua mente... l'avrebbe saputo. Maledizione, avrebbe dovuto saperlo... quello che la radio avrebbe detto adesso. Le parole che lo avrebbero tormentato per sempre, come già tante altre avevano fatto...

Un giornalista, innocentemente, chiese: "Quistis Leonhart, come si sente per il fatto che suo marito è stato accusato di omicidio?"

E in quell'istante il tempo si fermò.

Nessuna parola avrebbe potuto bruciare più di quelle. Nessuna parola avrebbe potuto generare così tanto dolore. Neanche a Deling City, alla prima conferenza stampa, Rinoa si era sentita pugnalata in quel modo. Quelle parole continuavano a ripetersi nella sua testa come un disco rotto, senza mai andare né avanti né indietro, rimanendo sempre sulla stessa, eterna traccia.

Lui chiuse gli occhi. Guardarla adesso sarebbe stata una cosa che il suo cuore non ce l'avrebbe fatta a reggere. Lo sguardo di disperazione sul viso di lei sarebbe rimasto inciso nel suo per sempre, un altro dei suoi tradimenti a causare dolore. Non c'erano parole che potessero esprimere i suoi sentimenti verso di lei. La sua vita si era fermata due anni prima, i suoi respiri erano diventati solo un conto alla rovescia per quando sarebbe passato all'altro mondo. Perché la vita senza di lei non poteva essere completa, e la morte avrebbe messo fino al suo eterno tormento. Ma nel giro di nemmeno un giorno, aveva trovato la sua salvezza... solo per poi vedersela di nuovo scivolare tra le dita. Il tormento era conficcato dentro di lui sin dalla nascita. Quanto altro poteva sopportarne Rinoa prima di finire in pezzi? Era lui quello che l'avrebbe distrutta - nello spirito e nella vita.

Inspirò profondamente, mentre una lacrima gli scivolava giù sul viso devastato, e cercò di tirar fuori una spiegazione con voce soffocata. "Rinoa, io..."

Ma non aveva importanza.

Se n'era già andata.

Squall si voltò mentre la portiera del veicolo sbatteva, la vibrazione gli rimbombò nella testa. Lo aveva fatto. Ancora una volta, aveva mandato tutto a farsi fottere. La storia della sua vita... l'unica storia che avrebbe mai potuto raccontare. Una storia che non era fatta per finire bene, ma per dare dolore e sofferenza a tutti quelli che toccava. Come era successo con sua madre, come era successo con Ellione, e come era successo con Rinoa.

In quel momento, il suo cuore la chiamava, ma la voce non ce la faceva. Una battaglia infuriava nella sua mente... ricordava la solitudine della compressione temporale, il vuoto deserto che era la sua vita. Quella volta, lei lo aveva ritrovato... adesso era il suo turno di farlo. Era un favore che voleva restituire, che doveva restituire. Aveva passato ventidue anni su questa terra nel dolore, non ne avrebbe passati altrettanti. Se questa volta se n'era andata davvero... lo avrebbe fatto anche lui.

L'amava. Aveva bisogno di lei.

E anche lei aveva bisogno di lui. Col tempo, l'avrebbe perdonato, Hyne, lo aveva sempre fatto. Lei era fatta così... era lei quella forte. No, non fisicamente, la forza ha radici più profonde. È qualcosa di sconosciuto, qualcosa che proviene da dentro... e lui le avrebbe restituito quella sua forza, che risiedeva nella fiducia.

Senza curarsi di togliere le chiavi dal cruscotto, aprì la portiera e corse nel bosco, seguendo le tracce fresche impresse nella neve invernale.

Ce l'avrebbero fatta a superare tutto questo. Dovevano.

*****
Note delle traduttrici: capitolo rivisto da Alessia Heartilly.
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Citazione di apertura: aforisma di Robert Sexton
A volte la tua vicinanza mi toglie il respiro;
E tutte le cose che voglio dire non trovano voce.
Allora, in silenzio,
Posso solo sperare che gli occhi parlino per il mio cuore.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 20
*** XX. Vantaggio ***


Love is an act of endless forgiveness,
a tender look which becomes a habit.

--Peter Ustinov

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ XX. VANTAGGIO ~

Correva.

Per due anni, era stata l'unica cosa che avesse fatto... e anche adesso, a rivivere ogni momento di sofferenza. Rinoa correva nel bosco, nel fitto dei cespugli. I rami le graffiavano il viso, lasciandovi striature arrossate e sanguinanti, come graffi di un gatto rabbioso. Avrebbe sentito dolore, se dentro non fosse stata così stordita. E così correva. Era molto brava in questo.

La neve che aveva ripreso a cadere batteva senza freno il versante della montagna. Un bel pezzo cominciò a franare in una piccola valanga. Le sue gambe stremate si arresero, e la ragazza precipitò giù insieme alla neve, abbattendosi infine sul tronco di un albero caduto. Rinoa urtò con molta violenza contro l'albero, e per un momento le si annebbiò la vista di quello che la circondava. Stavolta le lacrime non vennero, lo stato della sua mente era oltre il pianto.

La gelida neve non faceva altro che intorpidire ancor di più la sua pelle scoperta, mentre lei annaspava cercando di riempirsi i polmoni di quell'aria pungente. Non avvertì il suono, ma la sensazione sì: prima che potesse riprendere a correre da qualche altra parte, fu presa alle spalle. Due braccia che l'accerchiavano in una prigione da cui non poteva sfuggire...

"Maledizione, Rinoa... non mi lascerai di nuovo."

Le sue certezze s'indebolirono un poco quando si girò a guardarlo in viso. Le sue braccia ancora la rinchiudevano stretta, ma adesso poteva vedere nei suoi occhi il dolore. Un dolore che lo uccideva.

"Sii forte," sussurrò lui, ma con un tono di voce udibile; non era rivolto a lei, doveva solo servirgli come memento per se stesso. Per una volta nella loro relazione, sarebbe stato lui quello forte... sia a livello fisico che mentale.

"Rinoa, avrei dovuto dirtelo. Ma... così tante... ne avevi passate così tante... volevo solo darti tempo. Non ha mai significato niente... maledizione, tu hai fatto l'unica cosa che nessun altro avrebbe mai potuto fare. Rinoa, io ti amo."

A quelle parole, a lei smise di girare la testa. Magari non l'avrebbe aiutata a non affogare del tutto, ma era pur sempre un'ancora di salvezza. Neanche la notte prima le aveva detto direttamente quelle parole. E anche prima che lei se ne andasse le aveva dette molto raramente... diavolo, poteva contarle sulle dita delle mani. Erano stati insieme tre anni, ma ogni volta in cui aveva udito quelle parole era incisa nella sua mente come fosse stato ieri. La rabbia non era svanita, ma in qualche modo riusciva a gestirla.

"Quistis Leonhart," balbettò. "Come, come hai potuto... lei... sapeva di Ellione. Ha vinto lei, non è così? Ha vinto lei."

"No, Rinoa," la sua voce si alzò di tono nella rabbia. "Non ha vinto nessuno." Le gambe di lei cedettero e cadde a terra, e Squall la seguì, senza allentare la presa sulla ragazza. Rimasero seduti sepolti nella neve profonda, ma non sentivano il freddo... solo il dolore.

"Rinoa, non ha vinto nessuno. Eravamo tutti distrutti... sono morto il giorno che tu te ne sei andata, e non voglio passarlo di nuovo. Qualsiasi cosa accada, io sarò qui. Prometto."

"Prometto," rise maligna. La stessa risata che le era venuta fuori il giorno prima, quando il suo lato di strega aveva preso il sopravvento alla sola idea che lui fosse sposato. Squall se ne accorse quando i suoi occhi cominciarono ad appannarsi; questa volta riconosceva i segni, anzi, li stava aspettando. Adesso, il cavaliere sperava solo di poter bloccare quella rabbia, e impedirle di manifestarsi.

"Rinoa, fermati. Ascoltami... io ti amo. Non permettere che abbia la meglio su di te. Ieri non potevi controllarlo, ma oggi sì. Sono qui, non ti lascio. Non importa cosa accadrà, sarò il tuo cavaliere. Ho distrutto il tuo spirito... ma insieme questo possiamo fermarlo. Provaci, Rinoa, non lasciare che vinca. Non devi perdonarmi adesso... solo, pensa a quello che potremo avere, insieme... pensa al nostro amore."

Rinoa sentiva dentro all'anima una lotta, una battaglia per il prevalere del lato oscuro del suo essere. Ma era proprio questa la differenza... che la sentiva. Per la prima volta, poteva isolarlo, era cosciente di quello che stava accadendo. Anche se prostrato dai colpi, il suo spirito era ancora con lei. Perché c'era lui, perché il cavaliere proteggeva la sua anima. Questa volta, stava facendo il suo dovere.

Squall vide ogni traccia dei poteri della strega tornare a quietarsi dentro di lei. Ora l'unica cosa che restava sul suo viso era il male che le aveva fatto. Era una piccola vittoria, ma se ne rendeva conto. Era in grado di ricacciare indietro il potere oscuro, e questo significava una cosa soltanto... che Rinoa credeva ancora in lui. E questo faceva la differenza.

"Squall, perché? Perché Quistis?" chiese la sua voce tremante.

"Rinoa, tieni presente che volevo continuare a cercarti. Il Consiglio voleva togliermi il comando, vedendo che non combinavo niente e che ero troppo coinvolto a livello personale. Avevo bisogno di qualcuno che mi sposasse... e sapevo cosa provava lei. Dannazione, per dirla in parole povere, era la persona più facile che avessi a disposizione. Non è stato giusto nei confronti di nessuna di voi due. Lo so che non vuoi sentirtelo dire in questo momento... ma lei sta malissimo per quello che è successo, la tormenta ancora adesso. So che le dispiace."

Rinoa si liberò la mano destra, la alzò e gli diede uno schiaffo con tutta la forza che poteva. Squall avvertì il bruciore del palmo di lei quando entrò in contatto con la sua pelle screpolata; ma soprattutto ne sentì il rumore glaciale. Afferrandole le braccia ancora più forte, riguadagnando il controllo, se la strinse tanto vicino al petto da poter udire, e sentire, i suoi singhiozzi senza lacrime.

"Te l'avevo detto," boccheggiò lei. "Non dirmi mai che ti dispiace. Né tu, né lei. Non lo accetterò da nessuno dei due, soprattutto dopo tutte quelle bugie. Lasciami andare... lasciami andare e basta... per favore. Non posso più sopportarlo. Non posso più stare con te... Squall, il mio dolore è sempre qui. C'è sempre stato. Sin dall'inizio, sono sempre stata solo un peso per te. Non devi stare con me per dovere. Tutto quello che ti chiedo è di lasciarmi andare, questa è la mia scelta; questa è la mia vita. Da questo momento in poi non sei più tenuto ad essere il mio cavaliere... non hai più obblighi verso di me. Ti sciolgo dal tuo incarico, e ne pagherò da sola ogni eventuale conseguenza. Lasciami andare e basta. Se davvero mi ami... mi lascerai semplicemente andare."

Con ancora il respiro caldo di lei contro il suo petto, Squall fece la mossa successiva, fece la cosa più difficile che potesse mai fare... la lasciò andare. Le sue braccia si allontanarono da lei, e ancora una volta provò una fitta acuta a sentire il suo calore. Ma l'aveva ferita nel profondo, ed era questa la sua decisione... come quella di stare con lui la notte prima. Come quando aveva fatto di lui il suo cavaliere. Pregò Hyne di stare facendo la cosa giusta. Si mise la mano in tasca e afferrò l'anello di platino con Griever. Con dita tremanti, Squall lo infilò su un piccolo rametto di una fronda caduta a terra.

Seduta nella neve che si faceva sempre più alta, Rinoa lo vide con orrore allontanarsi da lei. L'aveva lasciata andare davvero: non se l'aspettava. Accidenti, era solo una cosa che aveva detto così, perché era in preda al tormento... non una cosa che voleva che lui facesse. La mano guantata di lui scivolò nella tasca della giacca, e la ragazza s'irrigidì alla vista dell'anello. Cosa diavolo stava facendo? E poi i suoi occhi s'immobilizzarono, trafitti dalla visione del gioiello che dolcemente scivolava giù per il ramo.

Squall chiuse gli occhi, chiamando a raccolta tutte le sue forze.

"Rinoa Heartilly... io sarò sempre il tuo cavaliere. Non ho nessuna scusante per le mie colpe, né te ne chiederò mai perdono. L'unica cosa che posso offrirti è il mio amore... è l'unica cosa che mi è rimasta da darti. Se vuoi andartene, segui pure la tua scelta. La mia è quella di attraversare tutto questo insieme... insieme, io, te e Allison. Non posso prometterti un lieto fine; non posso nemmeno prometterti che non succederà nulla a nessuno di noi. Posso solo giurarti che farò del mio meglio... e che ci proverò fino alla morte. Se solo, solo potessi pensare di perdonarmi... magari non subito... ma prima o poi, allora andiamo insieme a Dollet. Le uniche cose che posso darti, le uniche che mi sono rimaste, sono il mio amore e la mia speranza. Se vuoi che questo sia il nostro addio... lo capisco. Lascia qui l'anello, non voglio più vederlo. Se questo è un addio... allora..." La sua voce era soffocata, non riuscì più a parlare.

Si alzò in piedi e cominciò a camminare su per il fianco della montagna, con il terrore di guardarsi alle spalle. Quando raggiunse la cima, fece la cosa più dolorosa di tutta la sua vita. Si voltò, e si scolpì nella memoria la sua figura confusa nella neve. Una volta era il suo angelo, adesso solo un'anima perduta. Non sapeva se quello che stava facendo fosse la cosa giusta, di sicuro sapeva solo che aveva il sapore dell'inferno. Comunque, se le cose fossero andate davvero così, sarebbe stata la sua scelta. Era lei quella che aveva sofferto a causa sua.

"Addio," sussurrò fra sé e sé. "Ti amerò per sempre."

*~*~*~*~*

Non sapeva nemmeno lei come, ma il suo camminare si trasformò in qualcosa di simile ad una corsa disperata; il che non era molto facile, in quelle strade coperte di neve. Ma più di ogni altra cosa, Quistis Trepe voleva andarsene via da quel posto, via da tutti quei giornalisti, e soprattutto dal presidente Mitchell. Le banchine del porto erano piuttosto vicine al luogo dove si era tenuta la conferenza, grazie al cielo. Molti passanti si fermarono stupiti a guardarla mentre passava di corsa, senza mai cambiare espressione.

Adesso, tutta la sua attenzione era concentrata su un unico obiettivo... andarsene via da quella maledetta Trabia. Tutto il resto non aveva importanza. Quel posto le sembrava una tomba, una tomba in cui sentiva che stavano cercando di seppellirla viva. E lei era ancora lì, ad artigliare il terreno, a cercare di uscire fuori per respirare. E appena vide la nave, e l'uomo che stava a prua, fu come riemergere dalla terra. La polvere che le aveva riempito i polmoni si dissolveva, adesso respirava puro, fresco ossigeno.

Non sapeva bene come fosse successo, sembrava uno di quei vecchi film in bianco e nero. Seifer scese dalla nave e le venne incontro dal lato della banchina; e quando lei lo raggiunse, entrambi spalancarono le braccia, e Quistis gli saltò in collo. Lui fece un giro su se stesso, una cosa che nella testa di lei avveniva come una scena di un film al rallentatore. Sì, pensò a quanto sdolcinato doveva apparire quello spettacolo alla gente che stava lì intorno, una cosa da romanzetto rosa da due soldi, ma cavolo, non gliene fregava niente. Era una sensazione splendida avere qualcuno che fosse lì per lei, e soprattutto, qualcuno che fosse così felice di vederla. Seifer la rimise giù sulla banchina coperta di neve, senza però sciogliere l'abbraccio.

"Ce l'hai fatta," le disse con un sorrisetto, inclinando la fronte fino a quella di lei, tanto che i loro visi erano separati solo per qualche centimetro. "Sono fiero di te. Era una cosa che richiedeva davvero un bel coraggio, tener testa a quel bastardo. Ben fatto, professoressa."

Quistis si alzò sulle punte dei piedi per dargli un lieve bacio sulle labbra. Dopo che si furono staccati, gli rispose in tono scherzoso, "continui a dimenticarti che non sono più una professoressa."

"Beh, però mi sembra che lei possa ancora insegnarmi un paio di cosette, signorina Trepe," rispose maliziosamente, con quel sorrisetto che era il suo marchio di fabbrica.

Scuotendo la testa e alzando gli occhi al cielo per quella sbruffonata, la 'professoressa' lo prese per mano e lo condusse alla passerella. Sciolsero gli ormeggi della piccola nave, ed entro pochi minuti stavano già facendo rotta verso l'Impero di Dollet. I capelli biondi di lei ondeggiavano nella brezza marina. Seifer le si avvicinò offrendole il braccio, e la condusse giù nella sua cabina.

Aprì la porta, e con grande sorpresa di lei nella stanza c'era un letto di dimensioni normali, addirittura anche un piccolo divano.

"Ehi, Seifer," disse, fingendosi arrabbiata. "Com'è che hai fatto ad avere questa cabina, mentre a noialtri toccavano i letti a castello? Perché cavolo non abbiamo dormito qui ieri notte? Così magari non avrei avuto tutto questo torcicollo."

Seifer piegò la testa di lato, cercando di fare del suo meglio per recitare la parte dell'innocentino, e le rispose in tono lamentoso. "Mi dispiace... professoressa. L'ho vinta a una scommessa col Comandante Ragazzino, ma beh, credevo che avrebbe preferito stare appeso al soffitto in una caverna come gli altri della sua specie."

"Seifer... questo non è carino," disse, cercando di non ridere.

Si avviò verso il letto, si sfilò il cappotto bagnato e lo lasciò cadere a terra. "Sai, io credo che in realtà Squall ti piaccia, altrimenti non saresti qui. Ragazzi, perché è così difficile per voi due andare d'accordo?"

"Hyne, Quistis... da quant'era che qualcuno non ci chiamava ragazzi? Lo sai, ho ventitré anni ormai, i miei tempi di 'ragazzo' sono finiti da un pezzo. Però, sì, è un tipo che piano piano comincia a piacerti abbastanza, in quel suo modo insopportabile... come il muschio sui sassi, ma comunque comincia a piacerti. Non raccontargli che ti ho detto così, se no mi toccherà negare tutto nella maniera più assoluta."

Si tolse l'impermeabile e lo lasciò per terra, sopra alla giacca dell'uniforme da SeeD di lei. Quistis lo osservò cadere al suolo con un piccolo tonfo; era sicura che quell'affare potesse stare in piedi e camminare da solo.

"Seifer, dovresti davvero comprarti un cappotto nuovo. Direi che questo andrebbe proprio sepolto nell'inceneritore del Garden. Comunque, quand'è stata l'ultima volta che l'hai lavato?"

"Ehi, professoressa, lei è cattiva. Per quanto riguarda il lavarlo... non ha avuto un lavaggio 'ufficiale' da quando ero al Garden di Balamb. Sai com'è, lì cominciano a girare quei pettegolezzi... l'ultima volta nel reparto lavanderia sono stato accusato di aver... oh... non importa. Dopo che me ne sono andato, essere un fuggitivo 'col cappotto pulito' non era proprio in cima alla lista delle mie priorità. E comunque, poi, è l'unica cosa che mi è rimasta di..." l'espressione sul suo viso si fece diversa. Si alzò e camminò verso il finestrino, il suo atteggiamento adesso era completamente differente dalla spavalderia di prima. "Lascia perdere, non è importante. Quindi il discorso è andato bene, credo."

Quistis si alzò dal letto e con gentilezza gli si fece vicino, posandogli dolcemente la mano sulla spalla. "Seifer... per favore, parla con me. Se questa storia funzionerà, non voglio che ci siano segreti fra di noi. Ci sono già passata una volta... e credimi, non funziona. Voglio che tu senta di potermi dire qualsiasi cosa. Per favore, abbi fiducia in me."

Lui annuì a mostrare che era d'accordo, e prendendole la mano sottile la fece sedere sul divanetto.

Quasi vergognandosi della sua ritrosia, riprese, "di sicuro non vorrai saperlo... ma era un regalo di Rinoa. Me l'aveva comprato, ad agosto, quell'anno che uscivamo insieme: era un regalo per la prima volta che tentai l'esame da SeeD. Pensava sul serio che ce l'avrei fatta, anche se non aveva nemmeno la minima idea di cosa fosse la SeeD, a quei tempi. Non le importava, aveva comunque fiducia in me. Probabilmente è per questo che l'ho tenuto. Cioè, certo, Raijin e Fujin hanno sempre avuto fiducia in me, ma Rinoa era l'unica esterna a credere che avrei potuto tirar fuori qualcosa di buono dalla mia patetica vita. La amavo per questo, se non altro."

"Facciamo un patto," disse lei piano, alzandosi e mettendosi a sedere sulle sue ginocchia. Cosa che Quistis era sicura di non aver mai fatto prima, perché era quel genere d'intimità che aveva potuto soltanto sognare. Lui si reclinò un po' giù, sul morbido dei cuscini, circondandola con le braccia, assaporando una sensazione di contatto che non aveva mai provato prima. "Quando saremo fuori da tutto questo casino, te lo porterò io personalmente al lavasecco. Offro io."

"Troppo buona," fece con tono scherzoso, mentre lei gli appoggiava la testa sulla spalla. "Mettici anche due paia di pantaloni e un maglione, ed è affare fatto."

"Eh no, caro... il resto del servizio lavanderia te lo pagherai da solo. Ricordati che per allora sarò un'ex-professoressa disoccupata e divorziata, e quindi dovrò stare attenta al mio portafoglio." S'interruppe per guardarlo negli occhi, profondamente. "Sul serio, Seifer, non me ne importa da dove proviene il tuo cappotto. Sono contenta che allora avessi qualcuno che credeva in te, anche se si trattava di Rinoa. Lei vedeva in te cose che a noi... che a me erano sfuggite, o avevo deciso di ignorare. Ne sono contenta, avrei solo voluto esserci io accanto a te, allora... come avrei dovuto."

"Quistis, devi renderti conto che d'ora in poi le cose saranno difficili. Se hanno recepito il messaggio, e credimi, conosco il Cavaliere dei Ragazzini, ha ricevuto il messaggio, probabilmente domani ti rincontrerai faccia a faccia con lei. Sei pronta per questo?"

"No," rispose bruscamente. "Non credo che nessuno potrebbe esserlo, date le circostanze. Ma è una cosa che devo fare... è il prossimo passo verso il riscatto. E sono contenta di non essere più sola, da sola sarebbe stato molto più difficile. Onestamente, non credo che ce l'avrei fatta."

Lui le diede un bacio sui capelli. "Ce l'avresti fatta, Quistis. Tu ti sminuisci sempre un sacco, e invece sei una persona veramente speciale... oh, Hyne, adesso sembro te. Ma tu guarda cosa mi hai fatto, adesso ci tengo a queste cose... ma guarda che schifo."

"Sì, è così... lo so."

Rimasero entrambi in silenzio, ad ascoltare il borbottio del motore, e la sensazione del morbido rollio della nave. Tutto quello che era successo in quei pochi, ultimi giorni le ritornava in mente, e in particolare una cosa che lui aveva detto sembrava risaltare su tutte le altre. Si sentiva male a ripensare a quell'argomento, ma se doveva rivedere Rinoa il giorno dopo, Quistis voleva essere mentalmente il più preparata possibile. Ma ancora una volta, era impossibile.

"Ehi, ieri hai accennato a qualcosa su delle teorie riguardo ad Allison Bennett e al suo rapimento... che cosa intendevi?"

"Wow... speravo che questa ti fosse sfuggita. È solo che ho dei dubbi sull'intera faccenda della bambina, più che sulla storia del rapimento. Forse è il mio carattere cinico, ma qui c'è qualcosa di più di quel che appare a prima vista. Letteralmente."

"Cos'è, non credi che Rinoa abbia potuto avere una figlia? Magari è stata adottata, o qualcosa del genere... per dare a Bennett l'immagine perfetta dell' 'uomo con la famiglia' di cui aveva bisogno per le elezioni."

"No, Quistis, non dubito che Rinoa abbia avuto una bambina, è molto raro che una strega possa procreare... ma non completamente impossibile. Ho fatto un controllo prima di parlarne con te: ce ne sono stati solo quattro casi, per quanto è documentato dalla storia. E ognuna di queste streghe aveva ricevuto i poteri in giovanissima età, tutte prima dei diciotto anni. Questo spiegherebbe come i loro corpi abbiano potuto reggere la trasformazione e gli effetti fisici dell'incarnazione. Quindi sì, sono sicuro per quanto riguarda Rinoa... solo, dubito che Richard Bennett sia il padre."

Quistis si tirò su a sedere guardandolo negli occhi, confusa in volto. "Cosa? Che vorresti dire?" domandò. E poi, un improvviso terrore le prese il corpo, per un attimo si sentì indifesa nei confronti dei suoi stessi pensieri. "No, no... non può essere Squall, la bambina ha solo quattordici mesi... non avrebbe potuto essere fisicamente possibile... avrebbe dovuto averla concepita due mesi dopo che lei se n'era andata dal Garden."

"Matematicamente, sarebbe stato un mese dopo l'attacco," disse lui, andando a prendere un fascio di fogli appoggiati vicino al divano. Aprì un fascicolo e le porse la foto della bambina che aveva ricevuto tre giorni prima come supporto per l'identificazione. "Guarda questa bambina e dimmi cosa vedi... o meglio, chi vedi."

Per la seconda volta in quel giorno, Quistis Trepe-Leonhart si sentì violentemente nauseata. La piccola nella foto la guardava dritto negli occhi... letteralmente.

"Oh mio Dio... Seifer, questi occhi... io questi occhi li conosco... io..." Non riusciva ad articolare parole coerenti. L'unica cosa su cui riusciva a concentrarsi erano gli occhi di Allison, lo stesso azzurro che aveva passato infinite notti a desiderare, a sognare... e che adesso la fissava con un sorriso innocente. Senza dubbio, il sorriso di Rinoa.

"Sì, Quistis, lo so. Ho passato anni a odiare quegli occhi... li conosco anche troppo bene. L'età non può essere quella giusta... da qualche parte qui c'è qualcuno che mente. Ma da queste parti è la norma, sarebbe strano se qualcuno dicesse la verità. Tu avevi detto che Rinoa si era comportata veramente da stronza prima che se ne andasse... e dopo la gente ha pensato che era perché stava preparando l'attacco. In quegli altri pochissimi casi in cui una strega abbia fatto nascere un figlio, l'hanno tutte avuto dal loro cavaliere. Solo quel legame può essere abbastanza forte da spezzare il ciclo dell'infertilità. Nella storia, soltanto quattro coppie hanno condiviso un amore profondo abbastanza... cinque, adesso."

Quistis non riusciva a smettere di tremare. La comprensione di ogni cosa la trafisse all'improvviso. Tutto. In un istante, tutto quello che era accaduto due anni prima acquistava un senso. Qualche cosa che Ellione aveva detto doveva aver terrorizzato Rinoa... era fuggita non per proteggere se stessa, ma il bambino che aveva in grembo. Maledizione. Ovviamente, quadrava molto di più. Fino a quel momento, Rinoa stava combattendo, difendendo il Garden. Al fianco di Quistis. Ellione era la chiave, e quel segreto era morto con lei. Il comportamento di Rinoa... tornava tutto perfettamente... un altro pezzo del puzzle che ognuno di loro aveva tentato di risolvere per due anni.

"Seifer... io... io... ho lasciato in balia del mondo esterno una donna incinta e indifesa... e poi Squall... io e lui... come potrebbero mai perdonarmi, se neanche io riesco a perdonare me stessa?" Ancora tremante, crollò sul petto di Seifer, nascondendo il viso nell'incavo tra il collo e la spalla di lui, tentando disperatamente di non piangere. Lui cercò di confortarla, ma senza parlare, perché in quel momento non c'erano parole che potessero sollevarla. Doveva superare quel momento da sola. L'unica cosa che potesse fare era semplicemente essere lì, con lei. Farle capire che, per quanto sola si potesse sentire, non lo era.

*~*~*~*~*

Il dolore era troppo da sopportare; si voltò e percorse la distanza che lo separava dal veicolo. Entrò, lentamente. Squall Leonhart era morto. Nessuna sensazione era paragonabile a questa. Forse la sua redenzione era arrivata, anche se non nella forma che avrebbe desiderato. L'aveva trovata, e aveva ricevuto le risposte alle domande che non aveva osato fare. Adesso era come lei, un fuggitivo, senza nessun posto da poter chiamare casa... e totalmente, fottutamente miserabile. Sferrò con rabbia un pugno sul cruscotto, spaccando il plexiglas che proteggeva gli strumenti. Le schegge rimaste, affilate, gli strapparono il guanto di pelle nera. Il sangue scarlatto che gli colava dalla mano gocciolava lentamente sul tappetino dell'auto.

E non gliene importava niente.

Appoggiando la testa sul volante, per la prima volta pensò all'idea di metter fine alla sua vita. Mai prima di allora gli erano venuti in mente pensieri del genere, immagini che gli correvano nel cervello. Sarebbe stato così facile... le strade ghiacciate avrebbero costituito un ottimo mezzo. Lo schianto del veicolo in un burrone non gli avrebbe fatto sentire praticamente niente, se era non provare dolore quello che voleva. Una parte di lui desiderava soffrire come prima, ma adesso...

Perso com'era nel suo personale purgatorio, non si accorse che lo sportello si aprì, non si accorse del fiotto di aria fredda e gelata che entrò nel veicolo. Sentì solo il rumore del richiudersi dello sportello, e allora di colpo rivolse la sua attenzione al sedile del passeggero.

Lei era seduta lì.

I suoi capelli erano coperti di neve, bagnati, arruffati. Tremava da capo a piedi per l'effetto combinato delle emozioni e del freddo. Non lo guardava, aveva solo lo sguardo fisso davanti a sé, senza mai dare alcun segno di aver notato la presenza di lui. Per qualche minuto, rimasero seduti così, nessuno dei due aveva voglia di parlare. Ma lui provava il più immenso sollievo possibile. Adesso, lei era al corrente di tutti i suoi segreti, e dei suoi errori. Ed era disposta, un giorno, a perdonarlo. Era davvero lei quella forte.

"Squall, non dirmi niente... non adesso. Abbiamo due ore prima che il battello merci salpi dal porto... abbiamo una nave da prendere."

Lo disse senza mai guardarlo, tenendo gli occhi fissi unicamente sulla strada. Nessuna parola aveva mai avuto per lui un suono più bello di quelle... abbiamo una nave da prendere.

Chiuse gli occhi, e nella testa gli affiorarono le parole, ti amo.

Per un brevissimo istante, Squall avrebbe potuto giurarlo, dentro la sua mente lei gli rispose con riluttanza, sì... anch'io ti amo.

*****
Note delle traduttrici: capitolo rivisto da Alessia Heartilly.
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Citazione di apertura: di Peter Ustinov, di cui non abbiamo però trovato la fonte
L'amore è un atto di perdono infinito,
uno sguardo tenero che diventa abitudine.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 21
*** XXI. Lotta ***


Doubt that the stars are fire,
Doubt that the sun doth move,
Doubt truth to be a liar,
But never doubt I love.

--William Shakespeare

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ XXI. LOTTA ~

Le vecchie casse di legno odoravano di muffa. Il buio dell'interno era squarciato solo da sottilissimi raggi di luna che filtravano attraverso tavole marce. Erano premuti insieme vicino ad un muro esterno della nave da carico, tra casse larghe abbastanza da trasportare comodamente un Behemot adulto. Anche se erano vicini, lei era stata molto attenta a non toccarlo mai.

Lui comprendeva.

Rinoa non gli aveva parlato per quasi cinque ore, una piccola eternità che lui era disposto a sacrificare. Squall aveva mantenuto le distanze, senza mai tentare una conversazione. Era saggio abbastanza da non farlo. Questa era totalmente una decisione di lei; lui la rispettava abbastanza da concederle la sua privacy. Con il tempo, gli avrebbe fatto domande... e seduti in quella nave sperduta, avrebbero avuto tempo da vendere.

Raggiungere il molo era stato abbastanza facile. Squall aveva parcheggiato la macchina nei dintorni dello scalo merci. Le sue intenzioni erano di non nasconderla, anzi. Non sarebbe stato fuori dall'ordinario avere dei SeeD che pattugliavano il porto. Cercare di nascondere volontariamente la macchina sarebbe stato molto più evidente.

L'unico inconveniente che avevano incontrato erano state le 'ispezioni volontarie' messe in atto dal Consiglio Mondiale circa un anno prima. Erano volontarie quanto una cura canalare, ma suonavano bene alle orecchie dei cittadini. Più che dire apertamente, "controlliamo le vostre navi così possiamo tassarvi il culo." Da un punto di vista politico, l'alternativa avrebbe potuto non avere molto successo. Dopo le ispezioni di routine, i due erano riusciti a sgattaiolare a bordo, tutto in una comunicazione senza parole.

Appoggiando la testa contro il muro, Squall chiuse gli occhi memorizzando il suono del respiro di lei. È strano quello che si può sentire senza parole, nell'immobilità della notte. Il dondolio della nave era un conforto in quel momento, come una mamma in una sedia a dondolo che culla il suo bambino in lacrime. Dopo aver pensato che sarebbe uscito di senno, controllò il neon blu del suo orologio. Adesso era mezzanotte passata. Nella migliore delle ipotesi, sarebbero arrivati a Dollet all'incirca alle nove della mattina.

Ascoltando il suo respiro, Squall intuì che Rinoa non si era addormentata. Non era ritmico e pacifico, sembrava quasi che sarebbe esplosa contro di lui da un momento all'altro. Aspettò.

Si sarebbe potuta tagliare la tensione col classico coltello, e lei lo sapeva. Interrompendo il silenzio, gli chiese infine, "chi sa che non ho ucciso Ellione?"

Sospirando profondamente lui rispose, "Rinoa, prima di partire non ho avuto tempo di dirlo a nessuno. Era fondamentalmente una missione in cui sapeva solo chi doveva sapere. Ho reintegrato Quistis nella SeeD in modo che lei e Seifer potessero..."

"Seifer?"

Merda. Con tutto quello che era successo, si era dimenticato di Seifer. L'ultima volta che lo avevano visto, stava offrendo Rinoa come sacrificio umano. Oh sì, andava di bene in meglio. Anche nel buio, lui sapeva che lei lo stava guardando, con occhi che lanciavano coltelli. E lui sentiva ogni singolo coltello entrargli in corpo.

"Rinoa per favore... pochi giorni fa Seifer è venuto al Garden offrendo il suo aiuto. Mi sono fidato di lui completamente, e fino adesso, non mi ha deluso. Ha bisogno di salvezza come tutti noi, fidati di me, si rivelerà diverso. È stata la sua informazione ad aiutarci a trovarci... e Rinoa, lui ha creduto in te fin dall'inizio. Cosa che non tutti possono dire... me incluso."

Lei rise apertamente, il tipo di risata a cui uno arriva quando non può più piangere, trovando ironica la sua situazione.

"Le uniche persone che ho dalla mia parte sono la donna che mi ha accusata di omicidio, l'uomo che ha ordinato il mio omicidio, e lo stronzo che ha davvero provato ad uccidermi. Oh sì, il destino sta proprio ridendo di tutto questo."

Messa in termini così semplici, Squall poté capire quanto disperata la situazione sembrasse, dal suo punto di vista.

"Rin... gli altri ti crederanno. Diavolo, vorranno crederti. Nessuno voleva pensare che tu avessi ucciso Ellione..."

"Non l'ho fatto," ribatté con disprezzo lei.

"Lo so. Ti sto solo dicendo che nessuno voleva credere che l'avessi fatto, fin dall'inizio."

"Nessuno l'avrebbe fatto se Quistis non avesse detto che ero stata io. Ah giusto, non glielo hai mai chiesto, vero? Troppo impegnato a provare a portartela a letto?"

"Dannazione, non sei ragionevole. Non gliel'ho mai chiesto direttamente... no. Non ho mai pensato di dover fare qualcosa del genere. Anch'io mi fidavo di lei... siamo stati traditi entrambi."

"Senti, non parlarmi... è tardi e non ho proprio voglia di sentire tutto questo adesso."

"Lo so Rinoa... ma ti rendi conto che domani probabilmente la vedrai?"

Raggomitolandosi con le ginocchia contro il petto, lei rifiutò di parlare ancora. Il giorno dopo sarebbe stato puro inferno. Cosa avrebbe detto? Cosa avrebbe fatto? L'unica cosa che la aiutava ad andare avanti era il pensiero di vedere Allison... e che lo ammettesse a se stessa oppure no, avrebbe avuto bisogno di Squall in quel momento. Accanto a lei. Dannazione a lui.

*~*~*~*~*

Era una notte abbastanza calda a Dollet, nonostante la stagione. Alex si agitava e voltava sul duro materasso. Quando l'incubo arrivò, come faceva sempre, si svegliò con un balzo improvviso. Era la sua maledizione vedere l'omicidio di continuo. Un evento orrendo per cui non si sarebbe mai potuta perdonare, anche se era successo più di venticinque anni prima.

Coricata pacificamente sul fianco, Allison era avvolta strettamente nella sua coperta preferita, con una stampa a chocobo. Alexandra doveva uscire da lì, anche se per pochissimo tempo. Quando entrò nel piccolo soggiorno, vide che entrambi gli uomini erano ancora svegli. Quando la porta si era aperta, entrambi avevano smesso di parlare guardandosi negli occhi, e poi avevano guardato finalmente lei.

Hyne, lei odiava i segreti. Oltretutto, odiava lo sguardo che questi due ragazzi avevano per lei in quel momento.

"Hey, uno di voi può andare da Allison? Devo prendere una boccata d'aria."

"A mezzanotte e mezza?" chiese Irvine.

Lei non rispose, uscì semplicemente dalla porta sul retro... senza dire un'altra parola a nessuno dei due uomini.

"È così divertente, vero?" disse sarcasticamente Zell rivolto a Irvine. "Nessuno mi ha irritato così tanto dai tempi di..."

"Seifer?" urlò Irvine alzandosi, sembrando stranamente sconvolto.

"Sì... Irvine stavo per dire Seifer... non pensavo che ti avrebbe sconvolto così tanto sentire il suo nome. Mamma mia, e poi dite che io ho dei problemi."

"No," disse Irvine indicando la porta d'ingresso. "C'è Seifer."

I sentimenti negativi erano profondi, e Zell non era il tipo da nascondere le proprie emozioni. La rabbia era ovvia, visibile sul suo viso. Saltando in piedi, l'esperto di arti marziali si sarebbe gettato addosso alla sua vecchia nemesi, se non ci fosse stato Irvine a tenerlo per il braccio. A questo punto, entrambi gli uomini vivevano un momento di shock. Proprio mentre erano sul punto di dire qualcosa, Quistis spuntò da dietro l'ex-cavaliere.

"Non provateci nemmeno voi due," disse nel suo 'tono da istruttrice'. Quello che fondamentalmente diceva 'se mi provochi dovrai mangiare la gelatina con la cannuccia'.

"Quistis?" riuscì finalmente a dire Zell, anche se non con molto tatto. "Capisci che questo è il cagnolino in persona?"

Signor Cagnolino per te, gallinaccio," replicò Seifer provocatoriamente.

Girandosi a guardarlo con occhi truci Quistis avvisò, "Seifer... non ci provare nemmeno tu. Hai promesso di essere educato. Abbiamo problemi molto più grandi e importanti che il vostro bisogno di un arbitro."

Osservando la scena che si svolgeva di fronte a lui, Irvine decise di essere la voce della ragione per i due uomini.

"Scusa Quistis... devi capire che l'ultima persona che pensavamo di dover affrontare era lui. Il messaggio che abbiamo ricevuto da Selphie non diceva che avresti portato... uhm... un compagno. Cercheremo di calmarci... e tu spiegaci cosa ci fa lui qui, prima che lo sacrifichiamo in mare."

"Ragazzi, Seifer ci sta aiutando. È arrivato al Garden quattro giorni fa, e da allora lui e Squall hanno lavorato insieme per trovare Rinoa. Seifer ci ha aiutato... per favore, lo so che sarà un inferno, ma abbiamo bisogno d'andare d'accordo ora come ora. Rendetevi conto... voi, agli occhi della legge, non siete migliori di lui. Se volete che usciamo da questa situazione, dobbiamo lavorare insieme, come una squadra."

"Hey," cercò di spiegare Seifer il più seriamente possibile. "So come vi sentite. Ho incasinato tutto. È questo che volete sentire? Per quanto io mi inginocchi e chieda perdono, il passato non cambia. L'unica cosa che posso cambiare è il presente. Voglio aiutare Squall e Rinoa. Diavolo, glielo devo per quello che ho fatto... lo devo a tutti voi, di aiutare a uscire da questa situazione. Diciamocelo, chi sa meglio di me come strisciare nel buio? È il mio campo. C'è un motivo per cui non sono mai stato preso in cinque anni. Ci so fare. Ho bisogno di quest'opportunità... ho bisogno di riscattarmi per i miei errori. Se voi non vi fidate di me, o volete che me ne vada, prima o poi... lo farò. Senza domande. D'accordo?"

Entrambi i ragazzi si guardarono. Nessuno dei due si fidava di lui, ma se Squall e Quistis avevano lavorato negli ultimi quattro giorni... forse sarebbe solo stato d'aiuto. Merda, avevano cercato Rinoa per due anni, e nulla. Ora che tutto iniziava ad andare al suo posto, stranamente sentivano entrambi che Seifer era, in qualche modo, parte del puzzle. Un pezzo che era stato rosicchiato, sputato, e masticato da un Archeosaurus... ma pur sempre un pezzo.

"Ok," disse Irvine per entrambi. "Ma un passo falso e te ne vai... letteralmente già da un precipizio."

"Me ne vado," disse Zell con voce monotona. "Ho bisogno d'aria fresca."

Si voltò, lasciando gli altri tre in piedi, in un silenzio imbarazzante.

"C'è qui Allison?" chiese Quistis nervosamente.

"Sì, sta dormendo di là."

Voltandosi verso Seifer, gli prese la mano, "Seifer... ho bisogno di vederla. Voglio guardare quegli occhi... quelli che non mi perdoneranno mai."

*~*~*~*~*

Stava seduta su una scogliera a strapiombo sul mare, e guardava l'abisso scuro della notte. Il vuoto infinito sembrava ingoiare tutto quello che toccava, l'inutilità della sua vita era ora più chiara che mai. Lacrime silenziose cadevano, mentre le onde si infrangevano là sotto. Alexandra poteva sentire ogni suono, eppure non poteva vedere nessun movimento. L'aria notturna si fece più fredda; per un momento si chiese come stavano tutti. Le emozioni erano molto profonde in quel momento, una situazione molto instabile nella migliore delle ipotesi. I suoi problemi non erano i loro, perché loro erano già stati condannati ad averne anche troppi.

Incubi. La ossessionavano ogni volta che si addormentava; la ossessionavano da sveglia. La connessione veniva fatta senza sapere come sarebbe andata a finire. Nell'ultimo anno, erano diventati più spaventosi, più grotteschi. Non per le metafore simboliche, ma per le profonde emozioni che provocavano. Gli incubi peggiori sono quelli di cui si ha esperienza, quelli che rimangono anche molto tempo dopo che ci si è svegliati. Aveva finito per essere chiaro, dolorosamente, che questi non erano più incubi... erano molto più vividi.

Molte persone che ci credevano avrebbero potuto chiamarle visioni. Alex era più saggia, e sapeva che queste non erano più fantasie, ma realtà. Non più un concetto astratto, ma qualcosa di molto peggio.

Ricordi.

Questi erano ricordi dei morti, voci che gridavano da dentro le tombe. Riviveva ogni terrorizzante momento... la ossessionava. Per sempre costretta del destino ad un legame con un gruppo di estranei.

Il suo destino era di essere tra loro, ma mai parte di loro. Loro avevano vite militari; lei non aveva nulla. Aveva fatto quel che doveva, Ally e Rinoa erano diventate una famiglia di ripiego. Ora erano tornate al posto a cui appartenevano, e il momento era insieme felice e demoralizzante. Il loro cavaliere era tornato, proprio come doveva essere.

Ora lei era una criminale, con nessun posto in cui salvarsi dagli abissi della propria mente. Per un brevissimo secondo Alex pensò a cosa sarebbe potuto succedere se fosse caduta nelle acque agitate sotto di lei. Il mare le faceva cenno echeggiando il suo nome, come se una sirena stesse chiamando il marinaio, con l'acqua che sussurrava seducente. Gli incubi la stavano uccidendo, mangiandosi la sua sanità mentale un po' per volta.

"Hey... uHm... stai bene?" disse Zell delicatamente, in piedi dietro di lei.

Asciugandosi le lacrime dagli occhi, guardò il vuoto oscuro.

"Sì, tutto bene. Ho fatto solo un brutto sogno, ecco tutto. Niente che abbia davvero importanza."

Mentiva. Alex non stava affatto bene, anzi, era più vicina alla tragedia di quanto lo fossero tutti loro.

Grattandosi la testa, lui calciò qualche sasso giù dal precipizio. Il loro suono non si fece sentire, i ruggiti dell'oceano erano troppo prepotenti.

"Ok, chiedevo solo, sembri aver problemi a dormire e ora è meglio che essere là dentro con loro..."

Si fermò. Provare a comunicare con qualcuno era più una prerogativa di Selphie; come desiderava che ci fosse lei.

"Sì... ti lascio sola adesso."

"'Notte."

"Sì... 'notte," disse lui riluttante, voltandosi e iniziando a tornare verso la casa. Un venticello gli mandò uno strano brivido lungo la schiena. Per un momento, avrebbe potuto giurare che un fantasma gli era passato attraverso. No. Questo non andava bene; lei non stava bene.

"Hey, aspetta un secondo. Sai una cosa Alexandra, fin da quando ti ho incontrata... beh, hai parlato per indovinelli, e ti sei tenuta tutto per te. Mi sono stancato. C'è qualcosa che non va e non ce lo stai dicendo."

Tornò sull'orlo del precipizio e si sedette tranquillamente vicino a lei, a gambe incrociate. Lei lo guardò, e per un momento nessuno dei due parlò. Gli occhi di lei si riempirono del dolore di tante persone, e per la prima volta lui notò che la sua dura corazza esterna si stava rompendo, ed emergeva la persona che aveva bisogno di aiuto, ma troppo intimorita per chiederlo. Lei smise di guardarlo, cercando disperatamente di nascondere il dolore.

"Vivo i ricordi dei morti."

"Cosa?" disse lui, e i loro occhi si incontrarono.

Lei sorrise debolmente, "so che vuoi la verità... ma non so proprio come dirlo. Sono i sentimenti che provo, non è nulla di prevedibile."

"Alex, non ci capisco nulla. Le mie visioni, un legame non terreno di cui hai parlato due notti fa. Perché... perché io?"

"Non so perché ha scelto te, non potevo decidere io."

"Chi, Rinoa?" chiese Zell.

"Cosa sapevate dei genitori di Ellione? Della sua vita a Winhill prima di Raine."

"Ellione... che c'entra lei con questo?"

"Tutto," disse lei buttando una manciata di pietre nel mare.

"Uhm... beh, sappiamo che Raine era il suo tutore legale dopo che i suoi genitori furono uccisi nella prima guerra della strega. Ma... a dire il vero, non credo che sappiamo qualcosa dei suoi genitori biologici... per noi era solo 'la sorella'. La amavamo."

"Assassinati," disse sprezzante Alex. "I suoi genitori furono assassinati. C'è una gran fottuta differenza Zell. Suo padre fu ucciso nella sua casa mentre cercava di difendere la sua famiglia. Sua madre... non fu così fortunata."

"Eh? Credevo fossero entrambi sepolti a Winhill?"

"Il padre di Ellione sì... ma sua madre fu sepolta in una fossa comune a Esthar... buttata dentro come spazzatura."

"Scusami... ma come fai a sapere tutto questo? E perché? Se nessuno di noi c'ha pensato, nemmeno Ellione, perché a te interessa?"

"Oh... a Ellione interessava. Solo che non voleva darvi il fardello della sua famiglia. Tutti voi avete sofferto così tanto; non voleva aggiungere altro dolore."

"Ma che c'entra con te, comunque? Voglio dire, l'hai almeno incontrata? Ellione è un argomento di cui mi mette molto a disagio parlare con te... o con chiunque altro, se è per quello."

"Non l'ho mai incontrata... da viva. Sua madre fu violentata da quei fottuti soldati a Winhill, davanti a suo padre. Lo fecero guardare prima di sparargli dritto al cuore... stavano per uccidere anche sua madre, ma decisero di portarla con loro. La tennero prigioniera in un campo d'internamento ad Esthar per quasi due anni... fu picchiata e violentata ripetutamente. Quando ebbero finito con lei, non sapeva più nemmeno come si chiamava. All'incirca in quel periodo Odine trovò Ellione, così portarono sua madre dal campo al laboratorio... lei era incinta di quattro mesi del bambino della fottuta sentinella. Era la sua puttana personale allora... Zell, le tolsero qualsiasi cosa."

"Durante i pochi mesi successivi rimase da Odine... per essere monitorata. Quando partorì, era oramai quasi morta. La sua volontà di vivere se n'era andata, ma vide la bambina... guardò quando la sollevarono. Per nove mesi, aveva provato risentimento per il feto che le cresceva dentro, e tutto quello che rappresentava. Ma... quando sollevarono la bambina... se ne dimenticò. Vide solo l'innocenza..."

"La bambina... guardò la bambina... e sorrise. La chiamarono per nome, e lei si voltò giusto in tempo per vedere la sentinella in piedi con una pistola... le spararono una fottuta pallottola in testa. Quei bastardi... in tutta la loro grandezza non si interessarono mai della vita umana. Lei non era nulla più che un soggetto di ricerca. Odine pensò che la bambina potesse essere una sostituta di Ellione, che la bambina avrebbe avuto gli stessi poteri, ma indovina un po'... durante la loro maledetta ricerca scoprirono che erano i geni del padre che avevano quella caratteristica. Sua madre non aveva nulla a che fare con quei poteri. Così, Odine ordinò che la bambina venisse uccisa... Kenneth Williams, il dottore che aveva curato la madre di Ellione durante la gravidanza, avrebbe dovuto dare alla bimba un'iniezione letale... ma non lo fece. Aveva ucciso un numero inimmaginabile di persone, ma non poteva tollerare di togliere la vita a un bimbo innocente..."

"Così scambiò il corpo con quello di un bambino nato morto, e portò la bambina a sua moglie... e mi crebbe. E fu così che diventai Alexandra Williams. Ellione è mia sorella per parte di madre..."

Le parole gli sfuggirono, il pensiero di dover vivere questi ricordi ogni notte, le sensazioni e le emozioni che dovevano provocare. Come faceva ad andare avanti... come poteva dormire?

"Alex, è questo quel che vedi quando dormi? Non posso immaginare... i sogni che avevo su Rinoa erano abbastanza disturbanti. Ma vedere tutto quello, sapendo che è davvero successo..."

"Sì Zell, vedo sempre tutto attraverso gli occhi di mia madre... li guardo uccidere suo marito, sento le sensazioni della violenza, e mi posso vedere nascere... poi lui la chiama sempre per nome. Ogni notte spero che lei non guardi, sapendo cosa arriverà dopo... ma lei guarda sempre... ogni notte sento l'impatto della pallottola... e poi mi sveglio. Urlando."

*~*~*~*~*

Non aveva mai sentito tanto indolenzimento in vita sua. Tutto il suo corpo gridava di dolore, dalla testa ai piedi. Si trovò momentaneamente inebetita quando aprì gli occhi, in un ambiente completamente estraneo. Presto riuscì a mettere a fuoco, e riconobbe le casse lontane. La luce del mattino brillava attraverso i buchi, adesso, illuminando una parte maggiore dell'interno rispetto a quella che aveva visto.

Non aveva bisogno di voltarsi. L'intuizione le diceva che lui la stava guardando, e per pura testardaggine, non aveva intenzione di salutarlo per prima. Perché dargli quella soddisfazione? Quindi tenne lo sguardo fisso davanti a sé, ascoltando i loro respiri, che sembravano in qualche modo diventare accelerati mentre il silenzio continuava.

"Non mi parli ancora?" disse infine lui.

Tirandosi le ginocchia al petto, facendo gridare di dolore ogni suo muscolo, lei sospirò profondamente. Centinaia di pensieri le correvano in testa... soprattutto, Quistis.

"Non lo capisco, Squall. Dici di amarmi, eppure sei così disposto a perdonare le sue bugie... ora vuoi che io lavori insieme a lei?"

"Non dire mai che la perdono. Quella è una cosa che non succederà mai. Ma dovevo decidere cosa era più importante... il mio odio per lei o il mio amore per te. Non c'era storia. Rinoa... non dimenticherò mai cosa ho perso."

Per quanto Rinoa cercasse di capire, non poteva ancora comprendere del tutto la situazione. Era difficile immaginare gli altri infelici, sapendo quello che lei aveva personalmente vissuto. Erano stati picchiati? Erano stati intrappolati? Cercò di bilanciare il dolore fisico ed emotivo delle due situazioni... eppure continuava a non capire il paragone.

Almeno adesso cercava di capire il loro punto di vista. Forse una volta che si fossero trovati ancora tutti insieme, avrebbe potuto capire tutto quanto... in poche ore... avrebbe visto Allison.

Avrebbe visto tutti loro.

Quello che aveva cercato di ucciderla, quella che l'aveva accusata di omicidio, e quelli che l'avevano creduta colpevole.

*****
Note delle traduttrici: capitolo rivisto da Alessia Heartilly. Insieme a questo trovate publicata la revisione del capitolo 19 e 20, sempre a cura di Alessia Heartilly.
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Citazione di apertura: dall' Amleto di William Shakespeare.
Dubita che le stelle siano fuoco,
dubita che il sole si muova,
dubita che la verità sia mentitrice,
ma non dubitare mai del mio amore.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 22
*** XXII. Ostilità ***


Where would you rather be?
Anywhere but here
When will the time be right?
Anytime but now
The doubt and the fear I know
Would all disappear
Anywhere but here.

--Rush (Double Agent)

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ XXII. OSTILITÀ ~

Il percorso dal porto alla torre di comunicazione di Dollet sembrava durare una vita; Rinoa non ricordava di aver mai camminato così a lungo. E ad ogni passo, tremava per l'imminente confronto. Il viaggio sembrava più che altro quello di un prigioniero scortato dalla cella al luogo dell'esecuzione. Ogni falcata l'avvicinava al passato, facendo riaffiorare tutti i tragici ricordi di come era stata tradita.

La sua salvezza era Allison... e Squall, ma quest'ultima cosa non l'avrebbe ammessa a nessuno all'infuori di se stessa.

Il Comandante apriva la strada, prendendo piccoli sentieri ombrosi e scorciatoie in mezzo ai boschi per evitare che li scoprissero. Il suo allenamento gli tornava molto utile adesso, e mai Squall aveva avvertito così acuto il senso del pericolo.

Si era reso conto anche lui della complessità della circostanza. Rinoa era rimasta in assoluto silenzio sin da quando erano partiti, ma non aveva intenzione di forzarla. Normalmente il silenzio sarebbe stato per lui il benvenuto, ma in questa situazione, ogni secondo che passava gli strappava il cuore... ogni secondo gli ricordava la sofferenza di Rinoa, e, soprattutto, che lui non le era stato fedele.

Nell'anima e nel corpo.

Appena la Torre s'intravide tra la densa vegetazione, il cuore di Rinoa aumentò i battiti pensando a ciò che sarebbe successo di lì a poco. Si sentiva persa nella sua stessa mente, una cosa che aveva acquisito negli anni passati con Squall... e soprattutto in quelli senza Squall. Quando raggiunsero la cima, lui si fece strada sul terreno disuguale che dai cespugli portava al selciato. Poi si voltò e senza parole le tese la mano guantata per aiutarla.

Persa nei suoi pensieri, Rinoa non notò il suo gesto: non che volesse intenzionalmente rifiutare il suo aiuto, non se n'era proprio accorta. Arrivata sulla sommità, perse l'appiglio e cadde in avanti. Cercando di pararsi con le mani, inavvertitamente lasciò andare l'oggetto che aveva segretamente tenuto stretto nel palmo. L'anello di platino scivolò sul viottolo lastricato.

Griever.

Squall lo guardò rotolare e finalmente fermarsi accanto al suo stivale; un piccolo clink metallico si udì quando le due superfici vennero a contatto. Nel frattempo, Rinoa si era ripresa e adesso stava di fronte a lui. Si trovarono entrambi a fissare l'anello argenteo. Appena ognuno si accorse di quello che stava facendo l'altro, alzarono gli occhi contemporaneamente. Incrocio di sguardi.

Con gli occhi bassi colmi di quello che sembrava quasi imbarazzo, Rinoa cominciò a dire, "io..."

"È tutto a posto," tagliò corto lui con un piccolo gesto della mano, permettendole semplicemente di sfuggire alla spiegazione del perché si fosse tenuta l'oggetto sempre serrato nel pugno. Onestamente, non aveva bisogno di sentirla. Vedere che lei aveva l'anello, che lo teneva stretto, vederlo davvero in suo possesso... era tutto quello di cui aveva bisogno.

Infine, strusciando le scarpe ormai rovinate sui ciottoli, Rinoa parlò di nuovo. "Allora...?"

"Allora... che?" fece lui un po' stupito.

"Allora," cominciò con un filo di voce, "posso riaverlo?"

Oh, Hyne... Squall non desiderava altro che abbracciarla, abbracciarla e non lasciarla andare più via. Quel misto di innocenza e di maturità lo scaldava nel più profondo dell'anima. Ma invece di stringerla, optò per rimanere semplicemente accanto a lei. Si piegò per raccogliere l'anello. E quando si rialzò, restarono entrambi ancora una volta in un assordante silenzio.

Alla fine, lui tese la mano, le offrì Griever. D'istinto Rinoa si avvicinò alla mano, ma poi si fermò. Chiuse le dita, esitò, poi le riaprì, il palmo rivolto verso l'alto. Un po' confuso per il gesto, Squall la guardò con un'espressione meravigliata, una cosa che Rinoa ricordava da tanti anni prima. L'espressione di uno dei loro primi incontri, di innocenza infantile perduta, e in realtà forse mai posseduta.

Per la prima volta da quando erano ancora nel bosco, apparve sul viso di lei un sorriso quasi malizioso, anche se poco più che impercettibile.

"Che c'è adesso?" chiese lui, ricordando quanto le sue azioni l'avevano sempre confuso.

"Ricordi cosa mi hai detto nella baita... quando te l'ho restituito?"

Lui si passò la mano dietro il collo, le parole che riecheggiavano nella sua mente. "Che un giorno avresti riavuto l'anello con Griever, e sarei stato io a dartelo," parafrasò.

"Non credo che lasciarlo su un albero caduto a Trabia conti come avermelo ufficialmente regalato."

Squall strinse l'anello, fece il gesto di metterglielo in mano, e poi si fermò, come aveva fatto lei pochi istanti prima. Si passò il gioiello nella mano sinistra, mentre Rinoa lo guardava turbata e con una piccola sfumatura di sofferenza, che cercava disperatamente di nascondere. Sorprendendola, lui le allungò la mano destra. Il tocco del cuoio dei suoi guanti contrastava forte con la pelle della ragazza.

"Rinoa Heartilly, so che questo sarà uno dei momenti più difficili di tutta la tua vita. Non posso fingere di capire nulla di quello che stai passando. Posso solo offrirti il conforto, la sicurezza che io sarò qui... ad aspettarti. Ricorda sempre, dopo tutto quello che è successo e che succederà, di non dubitare mai dei miei sentimenti per te. Rinoa, tu sei l'unica che possa completarmi. Non importa quanto tempo passerà... te lo giuro... io sarò qui. Fisicamente e in spirito... sempre."

Avvicinatosi di un passo, Squall unì anche la sinistra alla sua destra, entrambe nella mano di Rinoa. E con quel movimento, mise l'anello nel palmo tremante di lei, e poi tolse tutte e due le mani. Rifece un passo indietro, e restò a guardare la calma, distesa espressione che le si dipingeva sul viso. Rinoa fissò l'anello con uno sguardo incredibilmente intenso: Squall avrebbe potuto giurare che la ragazza non l'avesse mai visto.

E, nella sua mente, Rinoa davvero non l'aveva mai visto. Questa era la prima volta che possedeva sul serio l'anello: stavolta era un vero dono.

Un meraviglioso, splendido dono.

*~*~*~*~*

"Ehi!" Una voce li fece trasalire, riscuotendoli dal mondo privato che si erano costruiti attorno.

Squall si girò di scatto verso la persona sconosciuta che gli stava di fronte. Istintivamente, estrasse la piccola pistola nascosta nella giacca che aveva preso in prestito a quello sfortunato SeeD adesso intrappolato nei boschi di Trabia. Avrebbe protetto Rinoa... a qualsiasi costo.

La donna sobbalzò per la sorpresa. "Merda," fece, alzando all'istante le mani, lo sconcerto ben visibile sul suo volto.

"Chi diavolo sei?" domandò lui.

"Squall," disse Rinoa, mettendogli con forza la mano sull'avambraccio. "Abbassa l'arma. Adesso."

"Rin..." cercò di parlare, ma fu subito interrotto.

"È Alex!" gridò Rinoa.

Con l'arma ancora puntata, il giovane si convinse infine a spostare lo sguardo dall'estranea, rivolgendolo a Rinoa. Lei incontrò i suoi occhi, e annuì per conferma. "Alexandra Williams," ripeté con sicurezza.

Squall abbassò la pistola squadrando la donna che gli stava di fronte, la quale non sembrava per nulla divertita per l'incidente.

Alex riprese a camminare verso i due. "Wow, Rinoa, come hai fatto a fartelo scappare?" fece, chiaramente sarcastica.

Squall rimase immobile, un'espressione di pietra sul viso, a guardare le due donne che si avvicinavano l'una all'altra.

"Ally?" chiese la ragazza dai capelli neri, in tono supplichevole.

Con un cenno affermativo del capo, Alex sorrise. "È dentro... le manchi tanto."

E Rinoa non poté impedire alle lacrime di scenderle giù per il viso. Cercò di asciugare le gocce erranti che le rigavano la pelle delicata, poi corse verso Alex e attirò l'amica in un fortissimo abbraccio.

"Grazie," riuscì a dire fra i singhiozzi. "Grazie."

Alex prese ad accarezzare i capelli della più giovane, per calmarla. "È finita, lui adesso non c'è più, Rin. Non potrà mai più farti del male."

Squall restava ad osservare la scena preso tra emozioni contrastanti. Una parte di lui era felice che fossero tornati dai loro compagni... e da Allison. Ma un'altra era rattristata, perché sarebbe svanita quell'intimità che per due giorni avevano condiviso. Ora sarebbero stati parte di un gruppo... un gruppo di amici, familiari, ed estranei.

Soprattutto, si ritrovava con un po' di gelosia nei confronti della donna che adesso stava confortando Rinoa. Quella che l'aveva guidata a uscire da situazioni inenarrabili, quella che per tante cose... aveva sostituito lui. In sostanza, la donna che gli stava di fronte aveva assolto il compito di cavaliere, non a livello fisico, ma proteggendo lo spirito della strega.

Le due si separarono, e Alex con gentilezza mise dietro le orecchie i capelli umidi alla sua amica. "Ce l'abbiamo fatta... proprio come sapevi che sarebbe successo." Rinoa sorrise a quel commento.

"Alex, ho veramente bisogno di vedere Allison," disse la ragazza con voce quasi implorante.

Dondolandosi un po' su una gamba e un po' sull'altra, Alex fece dardeggiare lo sguardo da Squall a Rinoa; non sapeva bene come introdurre quell'argomento delicato. "Ehm, Rinoa... Squall... Quistis è qui. Ho solo pensato che doveste saperlo."

"Lo so," disse Rinoa piano, guardando la sua amica. "Non preoccuparti, Alex, lo so."

"Ma io sono preoccupata," sussurrò in risposta lei. "Vuoi che venga con te?" Per un momento, Rinoa spostò lo sguardo su Squall. Gli occhi di lui sembravano privi di qualunque emozione. La ragazza sapeva che lui implicitamente desiderava essere al suo fianco, ma pensandoci bene, quella era una cosa che doveva affrontare da sola. Questa era la sua realtà.

"Accompagnami fino alla porta," chiese alla donna, senza il coraggio di scrutare l'espressione di Squall. Alex annuì, e in silenzio percorsero la distanza che li separava dalla casetta. Il cavaliere seguiva la strega, sempre vicino nel caso ce ne fosse stato bisogno, ma lasciandola libera. E in quel momento, questo significava – libera da lui. Lo aveva accettato.

Alex guidò la ragazza verso la piccola abitazione, seminascosta dalla vegetazione troppo cresciuta e dalle erbacce. Rinoa si voltò verso l'amica con un viso triste. In risposta, lei le offrì il suo conforto con una sola, semplice parola, "Allison."

Quel singolo pensiero faceva valere la pena del confronto. Trattenendo il respiro, quella donna psicologicamente distrutta abbassò con lentezza la maniglia. Alex le rivolse di nuovo un piccolo, rassicurante sorriso prima di girarsi verso Squall. Lui era nel suo mondo, perso nella pura semplicità di guardare Rinoa e di trasmetterle senza parole tutta la forza che scorreva dentro al suo corpo.

Quando finalmente Rinoa ebbe attraversato la soglia, Squall si girò a guardare Alex. Per la prima volta, i due condividevano la stessa preoccupazione. Per la prima volta, i due provarono a comprendere i rispettivi legami con la strega.

*~*~*~*~*

Quistis stava seduta sul divano, in silenzio. China sul portatile, lavorava come se ogni secondo fosse l'ultimo; nel corso della mattinata era riuscita a inviare diversi messaggi criptati a Selphie.

Selphie, da parte sua, stava facendo da collegamento tra i SeeD ricercati e Cid. Dopo essere arrivata insieme a Seifer la notte prima, Quistis Trepe aveva dovuto affrontare uno degli ostacoli più difficili che le si fossero presentati fino ad allora. Aveva mandato una lettera di spiegazioni a Cid... non solo sulla loro scomparsa... ma anche sulla verità riguardo ad Ellione.

Da un lato era sollevata di aver chiuso quella faccenda, ma dall'altro temeva le reazioni che avrebbe avuto. Già era stata abbastanza dura dirlo a Zell e Irvine... nessuno dei due aveva più spiccicato parola con lei da allora. Non si erano infuriati né avevano urlato, come invece aveva fatto Squall qualche giorno prima, ma le loro reazioni erano state interiori. Gli sguardi che aveva ricevuto erano state risposte sufficienti... il dolore, il trauma e la sensazione di essere stati traditi erano ben visibili nei loro occhi.

Ma comunque, non la odiavano, questo lo sapeva.

La cosa che la turbava di più era il senso di colpa che i due ragazzi provavano... avevano tutti e due creduto che Rinoa fosse colpevole. Zell aveva preso peggio la notizia, se n'era uscito dalla porta senza una parola. Quistis sapeva che aveva bisogno di sfogare la sua rabbia, Zell era fatto così. Era questo che lo rendeva Zell.

Irvine invece le aveva fatto per un po' qualche domanda, cercando di capire il suo modo di ragionare. Ma per quanto lei tentasse con tutte le sue forze di spiegarsi, le parole sembravano sempre piatte e insignificanti. Mentre li faceva, quei discorsi apparivano difficili da capire anche a lei stessa. Seifer era stato al suo fianco, per sostegno. Ma allo stesso tempo si era mantenuto a una certa distanza, perché sapeva che quella era la prova di Quistis... la sua battaglia. I suoi passi verso il riscatto.

Ma dirlo a Cid e ad Edea... le persone che avevano sempre creduto in lei... i genitori che non aveva mai avuto, l'unica autorità che avesse mai conosciuto. Dire a loro due della sua menzogna era ancora peggio che confrontarsi con tutti gli altri, a parte Rinoa. Ellione era la loro bambina, la ragione per cui erano diventati quel che erano adesso. E a loro Quistis aveva mentito. Tradito l'onore dell'unica sorella che avesse avuto. In un infinitesimale lasso di tempo... in un solo istante aveva cambiato il corso di centinaia di vite. Adesso era il momento di affrontarne le conseguenze... di ricominciare la vita, qualsiasi fosse, che le restava da vivere.

Di essere, per la prima volta, Quistis Trepe.

Non più all'ombra degli altri... e delle sue stesse emozioni. Questa era la prima volta in cui stava facendo quello che voleva, che il cuore le suggeriva. Il cuore, che l'aveva guidata per quella strada che adesso l'avrebbe lentamente portata alla salvezza. Salvezza da Squall, dal presidente Mitchell... da se stessa.

Seifer sedeva silenzioso accanto a lei. Non si sentiva propriamente a suo agio a trovarsi di nuovo insieme con tutti gli altri. Ma, una volta tanto, aveva deciso che la politica migliore fosse non parlare; forse dopotutto Squall ne aveva imbroccata una giusta, con il suo fare sempre taciturno.

Gli unici rumori nella stanza erano i profondi, difficoltosi respiri dei suoi occupanti e il ticchettio della tastiera... finché non si aprì la porta. Irvine, che era il più vicino all'ingresso, assunse di riflesso una posizione semi-difensiva, anche se si aspettava che da un momento all'altro sarebbero rientrati Zell e Alex.

Infatti, dopo un po' che l'esperto di arti marziali era uscito, Alex aveva deciso di andare a cercarlo: pur sapendo che aveva bisogno di stare da solo, qualcosa dentro di lei l'aveva spinta ad andare a controllare se stesse bene. Forse era lo stesso sentimento che aveva provato Ellione verso i bambini più piccoli ai tempi dell'orfanotrofio... Forse, nel profondo, si sentiva parte di quel gruppo... Forse in qualche modo loro erano adesso la sua nuova famiglia.

Per quanto Quistis potesse essere psicologicamente preparata, quando la porta si aprì... il tempo si fermò. E solo due persone esistevano in quella stanza.

La Strega Rinoa Heartilly e Quistis Trepe-Leonhart.

*~*~*~*~*

Quando i loro sguardi s'incrociarono, in quell'istante null'altro esisteva più... nemmeno Squall, nemmeno Seifer. Solo due donne sbattute sul campo di battaglia della vita, ma ora senza eserciti, senza plotoni, soltanto nella solitudine delle loro menti e dei loro cuori. Il resto del mondo era svanito.

Agli occhi di Quistis... c'era solo Rinoa. La persona che aveva tradito due anni prima... la menzogna in cui aveva vissuto.

Agli occhi di Rinoa... c'era solo Quistis. La persona che una volta considerava un'amica... più di un'amica, una familiare... la persona che aveva causato tanto dolore con una semplice risposta. Quella persona che adesso desiderava redimersi di quell'atto... la stessa che aveva sposato la sua anima gemella e aveva lasciato lei a crescere una figlia in circostanze oltre l'immaginabile.

Eppure, Rinoa non la odiava.

Non poteva odiarla.

C'era qualcosa, chissà cosa, in Quistis che frenava i sentimenti più oscuri. Forse una certa forma di lealtà, di amicizia distante, o forse anche una minuscola briciola di comprensione... anche se quel pensiero non le era proprio mai passato per la testa.

Le due continuarono a fissarsi negli occhi mentre Rinoa avanzava piano verso il centro della stanza. Irvine e Seifer non si accorsero delle altre due figure, quelle di Squall e Alex, che si stagliavano nel vano della porta. Tutti gli sguardi erano puntati sulle due ragazze. Nessuno osava immaginare quali sarebbero state le loro reazioni.

A guardare la professoressa per l'aspetto fisico, non era cambiato molto... solo i capelli più lunghi, e la maturità giunta sui tratti del suo viso. Ma in quelle parole che non diceva, la differenza era evidente. I suoi occhi mostravano tutte quelle emozioni che il cuore aveva terrore ad ammettere... la paura, il dolore, e soprattutto il rimorso.

Se c'era una sola cosa che Rinoa poteva vedere...era il rimorso in quegli occhi. Non un qualcosa di forzato, ma che veniva dal profondo. Mentre camminava verso Quistis, un raggio di sole batté sul pendente di Griever che adornava il collo dell'ex-istruttrice.

L'unico vero regalo di Squall... non come marito, ma come amico.

Rinoa spostò lo sguardo sul medaglione, improvvisamente dimentica della presenza dell'altra. L'oggetto compagno dell'anello che stringeva forte nel pugno... che nessuno poteva vedere. L'anello che le aveva dato la forza per entrare in quella stanza, l'anello che era un'estensione del suo cavaliere.

Osservando gli occhi di Rinoa che si abbassavano verso il ciondolo, Quistis notò anche il piccolissimo ansito che le sfuggì dalle labbra. Forse era lo shock di vedere qualcosa che Squall aveva donato di sua spontanea volontà, la parte che faceva più male. Per la prima volta la donna bionda si sentì in colpa per il fatto di avere quell'oggetto.

Ma Rinoa non disse nulla.

Rinoa chiuse la distanza, e allungò la mano appena tremante verso il leone di metallo. Seguì ogni rientranza della sagoma, ogni imperfezione. Ricordi, flash di quella catena sul collo di Squall le irrompevano nella memoria...

Quistis lasciò andare il respiro, che non si era accorta fino a quel momento di aver trattenuto. Quel suono riscosse Rinoa dai suoi pensieri, e le due ragazze si guardarono diritto negli occhi.

Un breve, ansioso silenzio, e poi Quistis cominciò a parlare. "Io... io..."

Ma le parole non vennero. Capì che non c'era cosa che potesse dire che avrebbe cancellato l'ingiustizia. Gli anni erano già fuggiti. All'angolo degli occhi le si affacciarono le lacrime, che presero a scorrere lungo il suo viso, ma non ruppero il silenzio.

E di questo, Rinoa era grata.

L'unica cosa che le avrebbe davvero fatto male... come aveva ribadito con forza a Squall, sarebbe stato sentire le parole mi dispiace. Due piccole parole che avrebbero solo reso la situazione ancor più grave... ma invece Quistis non aveva detto nulla.

Di questo... era grata.

Quistis poteva vedere il dolore negli occhi della sua amica... insieme ad una sofferenza che non aveva bisogno di essere descritta. Una parte della sua innocenza si era perduta, la donna che adesso stava di fronte a lei non era più la ragazza di Timber: il tempo l'aveva cambiata.

Quando Quistis cercò di formare le parole nella mente, non le venne niente. Forse perché sapeva che nulla di quel che avrebbe potuto dire sarebbe servito a qualcosa, a questo punto. Però avere di fronte una Rinoa che non faceva parola era molto più terribile di qualsiasi immaginazione. Si era aspettata grida, urli, come era accaduto con Squall... e invece, assoluta immobilità.

Quel silenzio diceva molto di più di qualsiasi parola.

Infine Rinoa posò di nuovo con cura il pendente sul petto di Quistis, maneggiando il medaglione con cautela e rispetto. Ritirò la mano, la poggiò sull'avambraccio... stringendo ancora nella sinistra l'anello.

Nessun altro disse una parola. La tensione non era paragonabile nemmeno a quella di una battaglia, perché questa era tra amici, non nemici. Ma un pianto lacerò il silenzio come un pugnale che affondi nella carne... il suono dell'innocenza di un bambino riempì la stanza. Rinoa voltò lo sguardo da Quistis per rivolgerlo alla piccola camera da letto alle sue spalle. Senza una parola, guardò un'ultima volta nell'azzurro pieno di pentimento di quegli occhi, prima di girarsi e andare verso la sorgente del pianto.

Solo Allison avrebbe potuto allentare quella situazione... soltanto il suo amore e la sua purezza mantennero la situazione in prospettiva. Mentre Rinoa entrava nella camera più piccola, Alex rivolse un'occhiata a Squall. Che di nuovo osservava ogni singolo passo di Rinoa. Come una figura protettiva, come un cavaliere. Squall si girò verso di lei, e per un breve secondo i loro sguardi s'incrociarono, entrambi pieni di preoccupazione. Alla fine, Alex si mosse in silenzio per seguire Rinoa: qualcosa le aveva suggerito di andare a vedere come stesse la sua amica. E se doveva dirla tutta, in quel momento Alexandra si sentiva a disagio a stare con gli altri.

Sentire che qualcuno lo stava osservando aveva tirato fuori Squall dal suo mondo isolato. Si era girato per incontrare lo sguardo della donna un poco più grande di lui, e, per la prima volta, qualcosa di diverso aveva attirato la sua attenzione... una catenina d'oro che portava al collo. E prima che Alex si voltasse per andare via, a Squall era sembrato di vedere, avrebbe potuto giurarci, una copia più piccola e in oro del suo anello di platino. Fu la prima volta che cominciò a riflettere sul ruolo di quell'estranea nelle loro vite. Come aveva fatto ad avere un anello così? E perché? Poi il corso momentaneo dei suoi pensieri cambiò quando cessarono le eco del pianto di Allison.

La porta della camera da letto si chiuse, e le due donne si chiusero fuori da tutto il resto. Quistis si precipitò fuori dall'ingresso. Senza che la sfiorasse nemmeno lontanamente l'idea di preoccuparsi per le reazioni degli altri... nemmeno di suo marito.

*~*~*~*~*

Sedeva per terra, lo sguardo perso verso l'orizzonte senza fine... riflessi di luce color ambra danzavano sulla superficie dell'acqua agitata. Quistis cercava una qualche sorta di armonia nella sua vita. E come una risposta da Hyne, Seifer apparve al suo fianco.

"Beh, è andata meglio di quanto pensassi," osservò, cercando di tirarla un po' su.

"Mi odia." Quistis guardava, lontano, i gabbiani volare in cerchio.

"No... no che non ti odia. Penso che non sia da lei, odiare qualcuno... e soprattutto non te. Credo ci vorrà del tempo, ma un giorno... in qualche modo troverete un punto d'incontro."

"Non avrà mai più fiducia in me. Non l'avrò più come amica."

"Probabilmente no. Però ti rispetterà sempre. Dalle tempo... dai a loro due il tempo di essere una famiglia."

"Tempo," sussurrò lei in risposta. "Tempo."

Seguirono momenti di disagio, mentre la natura coi suoi suoni intesseva una conversazione tutta sua. C'era una domanda che Quistis aveva il terrore di fare... ma il tempo stringeva. Durante gli ultimi, pochi giorni, aveva cominciato a dipendere, e parecchio, da Seifer... anche se odiava ammetterlo. Forse attingeva alla forza di lui. Ma, diamine, poteva anche essere che avesse attinto alla sua debolezza. Tuttavia sapeva che, comunque fosse... era qualcosa che veniva dall'anima, qualcosa di puro.

"Presto il Garden sarà qui. Cid ha capito la situazione... insomma, forse capito non è proprio la parola giusta, ma comunque è intenzionato ad affrontare seriamente Mitchell. Sarà la guerra. Tutte le sue risposte avevano un tono così freddo e ufficiale... e lo stesso erano i messaggi di Selphie. Non so se mi tratteranno mai più da pari a pari."

""Ehi," fece lui, provando a sdrammatizzare un po'. "Se ti può consolare, io ti tratterò sempre da pari a pari."

Quistis dovette fare una risatina a quel suo tentativo: ci si stava impegnando tanto... "Non è che mi consoli moltissimo, Seifer, ma grazie comunque."

Seifer le si avvicinò e l'attirò in un abbraccio stretto. Una sensazione di sicurezza a cui entrambi si erano abituati negli ultimi giorni, e che era stata a loro estranea per tanti anni.

Ma per quanto temesse la risposta... lei doveva sapere. Seifer doveva sapere del suo destino. Allontanandosi dal viso qualche ciocca di capelli, prese il coraggio a due mani. "Se torni, sarai imputato per tradimento. Cid ha detto che se anche tu fossi con noi, dovresti comunque scontare delle misure disciplinari da parte del Garden e dei suoi alleati. Seifer... se vuoi la tua libertà, dovrai lasciare me... lasciare noi, adesso."

*~*~*~*~*

C'è un conforto che non si può spiegare nello stringere qualcosa di così piccolo, così innocente. Rinoa stringeva Rinoa come se ogni secondo dovesse essere quello del suo ultimo respiro. Ogni particolare della bambina che aveva cercato di imprimersi della memoria... le dita dei piedi, delle mani, e ogni minuscola risata. Allison era stata più che felice di vedere che sua madre era tornata: aveva subito smesso di piangere quando aveva visto chi accorreva in suo aiuto.

Intensi occhi azzurri con minute pagliuzze castane le guadavano diritto dentro al cuore.

"La mamma è qui," sussurrò Rinoa, e poi, tra le lacrime, non riuscì a dire altro.

La bambina si aggrappò a lei con forza, abbracciandole il collo con le sue braccine; e infine, poggiò il capo delicato sulla spalla della madre. In quel momento, Allison trovò pace, chiudendo gli occhi per ascoltare il battito del cuore della mamma.

Alex osservava la scena da accanto alla porta, per paura di rovinare un momento così sereno. Ma doveva parlare con Rinoa, erano successe troppe cose, troppe informazioni erano state date ad altri.

"Non gli hai detto la verità." Il tono di Alex era quello di una sorella maggiore che rimproverasse la più piccola.

"Quando hai intenzione di dire a Squall Leonhart di sua figlia?"

*****
Note delle traduttrici: capitolo rivisto da Alessia Heartilly. Insieme a questo trovate publicata la revisione del capitolo 19 e 20, sempre a cura di Alessia Heartilly.
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Citazione di apertura: da Double Agent, canzone dei Rush.
Dove vorresti essere?
Ovunque, tranne qui.
Quale sarà il momento giusto?
Qualsiasi, tranne questo.
I dubbi e le paure che ho
Potrebbero tutti svanire
Ovunque, tranne qui.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 23
*** XXIII. Combattere ***


Yet the thunder shall not hurt you
Nor the battle storms dismay;
Tho' the sun in heaven desert you;
"Love will find the way."
--Alfred Noyes

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ XXIII. COMBATTERE ~

Rinoa rivolse all'amica uno sguardo di scusa, prima di girarsi imbarazzata dall'altra parte. Piegando dolcemente il capo sulla bambina, cercava le parole giuste. Cercava spiegazioni che nemmeno lei stessa riusciva a comprendere. I suoi pensieri sarebbero di certo suonati infantili o capricciosi, se avesse cercato di esprimerli a voce. Ma Alex, accortasi della tensione che aveva creato, decise di provare a vedere la situazione sotto tutto un altro punto di vista: capire il ragionamento di Rinoa che stava dietro a quell'omissione.

"Okay, prima di parlare di quello che non è successo, parliamo di quello che è successo." riprese Alex, mettendosi a sedere sul bordo del letto.

"Già," disse Rinoa piano. "Così magari ci capirò qualcosa di più anch'io."

"Allora..."

"Alex, io lo amo."

"Su questo non ho mai avuto dubbi, Rinoa, nemmeno quando cercavi di convincermi del contrario...o convincere te stessa. Il solo pronunciare le parole non le rende vere."

"Io ho paura. So che non potremmo mai essere davvero felici... essere una famiglia Forse sto proteggendo Squall dalla perdita... o forse sto proteggendo me stessa dalla colpa."

"Ma, Rinoa, lui ti ha detto di Quistis, no? E tu l'hai perdonato."

"No." esclamò Rinoa a voce un po' troppo alta, e per questo Allison si mosse nel sonno. Passò piano la mano sui capelli della bambina, che sembrò riconfortarsi a quel tocco. "Lui mi ha detto che era sposato... ma non con chi. L'ho scoperto da una trasmissione alla radio, lui aveva convenientemente tralasciato quel particolare; e allora io ho convenientemente tralasciato il particolare di chi sia il padre di Allison."

"Rinoa... quella che sta parlando adesso non sei tu, non lasciare che la rabbia ti offuschi i pensieri. So che non ti comporteresti mai così."

"Sì, hai ragione. E vuoi sapere la cosa più divertente? Anche se è stata Quistis a mentire... io sono comunque più arrabbiata con Squall. Forse, in un certo senso, una faccenda così potevo aspettarmela da Quistis... o da chiunque. Ma non da Squall. Chiunque, tranne Squall. Pensavo che noi avessimo un legame più profondo, che lui non mi avrebbe mai tradita. Alex, lui ha veramente creduto che io avessi ucciso Ellione... me l'ha detto." spiegò Rinoa con voce rotta, ogni parola sempre più difficile da pronunciare. Quando le lacrime cominciarono a scenderle sul viso, Allison la guardò piena di infantile curiosità e innocenza. "Quando l'ho visto a Deling, ho capito che era convinto che io... perché, Alex... perché non ha creduto in me?"

"Rinoa, io credo che tu stia prendendo la cosa per il verso sbagliato. Ti è mai venuto in mente che forse lui non credeva in se stesso? ha perso la fiducia in te - l'ha persa in se stesso. E non poteva vivere con questo, così la cosa più semplice era scaricare la colpa su di te; soltanto adesso Squall sta guardando in faccia i suoi fallimenti e sta cercando di riparare al danno fatto. Se penso che sia una cosa giusta? No. Comunque, io non lo conosco, però conosco te. Sto per dirti una cosa che potrebbe sembrare completamente assurda in questo preciso momento... ma tutto quello che ti chiedo è di rifletterci su, fra un po'."

Alex si mise di fronte a Rinoa per guardarla dritto negli occhi, posandole con affetto una mano sulla spalla. "Rinoa, forse... magari, forse tutto quello che è successo è stato per il meglio." A Rinoa mancò il respiro al solo pensiero che gli ultimi due anni potessero essere stati qualcosa di diverso da un inferno in terra.

"Che cosa, Alex?! Tu lo sai cosa mi ha fatto Richard... hai visto con i tuoi occhi quante me ne ha fatte passare. Come diavolo puoi startene qui e dire una cosa del genere... a me?!"

"Rin... so benissimo com'è stato, ricordati che anch'io ho vissuto in quell'incubo. Ti sto solo dicendo di pensare alle cose che hai imparato... a quanto sei cresciuta, diventata più forte. Non devi rispondermi adesso... basta che provi a ragionarci un po'."

"Come vuoi." rispose lei seccamente.

"Rinoa, diglielo il prima possibile. Di là c'è una stanza piena di gente che lo sa, se non glielo dirai tu lo farà qualcun altro... casualmente oppure no. Solo perché tu hai scoperto di Quistis dalla radio non vuol dire che Squall debba venire a sapere questa cosa da un'altra persona. Stiamo parlando di Allison: lo devi a lei, se non altro."

"Lo farò... lasciami solo un pochino di tempo, adesso. Ti prometto che gli parlerò in giornata."

"Grazie." disse Alex, carezzando la spalla di Rinoa per farle forza; e poi, dopo aver rivolto all'amica un rapido sorriso, andò verso la porta. Prima che l'aprisse, Rinoa tirò fuori un argomento che Alex avrebbe volentieri evitato.

"Alexandra, dimmi la verità, tu sapevi che Squall si era sposato?"

Lo sguardo che aveva negli occhi parlava da sé, ma la donna sapeva che, dopotutto, la verità era l'unica possibilità.

"Avevi appena avuto Allison... Rinoa, ero preoccupata, non sapevo come avresti preso la notizia. Poi, le cose con Richard hanno iniziato a peggiorare, e quel poco di vita che ti era rimasto stava andando lentamente in pezzi. Sapevo che ti avrebbe solamente fatto del male. Mi sono assicurata che tutti i giornali che potevi avere tra le mani... insomma, mi sono assicurata che tu non lo scoprissi. Non era importante. Solo Allison lo era."

Rinoa annuì, accettando quelle parole senza aggiungere altro. Si stese piano sul letto, stringendosi vicino la sua bambina. Quando chiuse gli occhi, mille immagini e ricordi le affollarono i pensieri, e ognuno di essi non faceva che aumentare la confusione che sentiva dentro: tutti quegli anni di colpe e di rabbia sembravano accumularsi insieme. Eppure, per la prima volta in due anni, riuscì a sgombrare di tutte quelle cose la sua mente, concentrandosi solo sul suono ritmico del respiro di Ally. Era in pace, e raggiunse la figlia in un sonno esausto e sereno.

*~*~*~*~*

"E questo è tutto. D'ora in poi, non si potrà più tornare indietro." Il comandante mostrava in volto solo una minima traccia di emozione mentre parlava a Irvine e Zell.

"Quindi qual è la posizione del Garden riguardo alla strega?" chiese l'esperto di arti marziali, per abitudine.

"Il Garden di Balamb, beh, insomma, Cid, è dalla nostra parte; ha dato ad ogni studente e SeeD la possibilità di andarsene se non condivide questa decisione. E, Zell... per favore, chiamala Rinoa."

Zell scosse la testa e guardò l'amico, ripensando a come era stato corretto, soltanto pochi giorni prima, per l'esatto contrario. In un sospiro, mormorò "Strano, eppure mi sembrava di averla sempre chiamata Rinoa."

A Squall non piacque il commento, e neanche quello che sottintendeva. Ma ulteriore tensione era l'ultima cosa di cui avevano bisogno in quel momento, e quindi, prendendo un gran respiro, continuò a esporre il contenuto delle comunicazioni criptate.

"L'ultimo messaggio che sono riuscito a tirar fuori dal portatile non era dei più rassicuranti. Esthar e tutte le sue risorse sono dalla nostra parte, sono sicuro che c'entri qualcosa Loire; comunque, in quel continente nessuno fa i salti di gioia per Mitchell. Trabia è in subbuglio per la morte di Richard Bennett, e oltretutto non ha contingenti militari che non appartengano al Garden locale. Il Garden di Trabia, per la maggior parte, starà con noi. Le truppe di Timber sono poche, però possiamo contarci. E infine, l'Impero di Dollet per ora è rimasto neutrale: la presenza Galbadiana lì è forte, ma se i cittadini si mettessero tutti insieme potrebbero avere un'idea diversa. Con loro, correremo il rischio."

Il comandante smise di parlare quando si aprì la porta della camera da letto e ne uscì Alex. La guardò senza espressione, cosa che fece sentire ancora di più la donna come un'intrusa che avesse interrotto una riunione top secret.

"Scusate, ragazzi." fece in tono sarcastico. "Mi sa che uscirò un po' a... ehm... sedermi." Si mosse per andarsene, ma mentre passava Zell la prese con gentilezza per un braccio.

"Squall, Alex fa parte del nostro gruppo, che ti piaccia o no. So che non è un SeeD, ma ha rischiato la vita per Rinoa ed Allison. Adesso è una di noi."

Squall chiuse gli occhi; avrebbe tanto voluto trovare una buona ragione 'da comandante' perché la donna non potesse restare e venire a conoscenza della situazione attuale. Ma quando la guardò, tutto quel che vide fu la persona che aveva salvato Rinoa, e, di conseguenza, salvato lui. E, cosa ancora più importante, per qualche strana ragione non riusciva ad ignorare la sensazione di familiarità che Alex aveva intorno a sé. Forse era l'anello con Griever che portava al collo, o forse dentro di sé Squall avvertiva il suo legame con Ellione. Aveva fiducia in lei. Maledizione.

"Fa un po' come ti pare." rispose aspro. "Basta che non dai fastidio."

Alex alzò gli occhi al cielo, e Squall tornò al suo atteggiamento militare.

"Il Garden di Galbadia molto probabilmente si schiererà con Mitchell: la maggior parte degli studenti viene da Deling City, e non ha mai digerito quel che è successo cinque anni fa. Cid è riuscito a contattare il generale Caraway, che stava andando a Trabia per... il funerale di Renee Bennett; ha cambiato il suo itinerario quando Cid gli ha detto che si trattava di una questione della massima urgenza. Caraway ancora non sa di Rinoa, ma la sua sicurezza sarebbe stata in pericolo se avesse rimesso piede a Deling. Forse le truppe lo rispettano anche, ma quando scopriranno che la strega è viva..."

"Gli volterebbero le spalle se Rinoa si rifugiasse nel Garden." concluse Irvine.

"Proprio così. Dalle informazioni che Selphie e Cid sono riusciti a raccogliere, nessuno vuole collaborare per proteggere Rinoa... nemmeno i membri del Garden di Balamb. La vedono ancora come un'assassina, ma bisogna dire che sono stati informati della verità solo stamattina. Come per tutte le cose, ci vorrà del tempo. L'unico problema è che... non so davvero quanto tempo abbia a disposizione Rinoa adesso. Però la gente, più ancora che avere avversione per Rinoa, detesta il presidente Mitchell e il totalitarismo del Consiglio. Il Garden di Balamb e i suoi alleati lotteranno per il potere, ma non per la strega. Questo ce l'hanno fatto capire senza ombra di dubbio. Non ci sarà nessuno a proteggere Rinoa... da nessun lato... tranne noi."

*~*~*~*~*

"Se vuoi la tua libertà devi lasciarci, adesso." ripeté piano Quistis.

Seifer guardava lontano, verso i gabbiani che si contendevano piccoli bocconi di cibo sugli scogli vicini. "Quanta autorità pensi che avrà Squall per chiedere clemenza?"

"Dopo tutto questo... credo dipenda da come finirà. Se a Galbadia ci scontriamo con le truppe di Mitchell e vinciamo, sarà la fine per il Consiglio Mondiale. Il governo piomberà nel caos come è successo cinque anni fa dopo Artemisia. Se perdiamo... dovremo tutti affrontare la stessa accusa di tradimento. Quindi direi che... nessuno sarà in una posizione tale da poter dettare legge. Ma comunque, se il Garden resterà in piedi, Squall si impegnerà per difenderti. Lo conosco."

"Non ho parlato di difendere me." disse lui bruscamente. "Di quello che succederà a me non potrebbe fregarmene di meno."

"Seifer?"

"Non si meritavano questo... nessuno dei due. Se torno al Garden e collaboro per rovesciare il presidente Mitchell... voglio clemenza per Raijin e Fujin."

Quistis non riuscì a trattenere un sorriso. Anche nel momento in cui Seifer correva il rischio di essere condannato all'ergastolo, o, molto peggio, a morte, la sua lealtà rimaneva. Stava rischiando la libertà per i suoi amici, un gesto d'onore che onestamente non si sarebbe mai aspettata dal turbolento studente di tanti anni prima.

"La loro unica colpa è stata quella di credere in me. Una cosa un po' da sprovveduti, d'accordo, ma fatta con le migliori intenzioni. Si dice sempre che la strada per l'inferno è lastricata di buone intenzioni... mi sa che chi l'ha citato era amico anche di Artemisia."

"Non posso prometterti nulla, Seifer: sai quanta poca influenza avrò quando torneremo. Dannazione... sarò già fortunata se non dividerò una cella con te."

"Beh" fece lui girandosi verso Quistis con uno sguardo malizioso. "questo non sarebbe poi tanto male. Basta che non occupi tutto il letto come hai fatto l'altra notte."

"Non ho occupato tutto il letto" replicò lei fingendosi arrabbiata. "Guarda che mi sono svegliata un sacco di volte perché tu mi venivi addosso."

Seifer si alzò da terra con un sorrisetto, offrendole la mano. "Non dire che non ti è piaciuto. Semplicemente, la prossima volta ci servirà un letto più grande."

La prossima volta. Le parole le riecheggiavano nella mente. La prossima volt. Quistis evitò di guardarlo negli occhi mentre si tirava su. Poi, spolverandosi il vestito, lo fissò e gli rispose a voce bassa: "Già, la prossima volta." E Seifer non poté non notare un'ombra di paura nei suoi occhi, e un'ombra di sorriso sul suo volto.

*~*~*~*~*

Mentre passeggiava per i corridoi del Garden, Selphie avvertiva il disagio tutto intorno a lei. Non aver previsto l'attacco di cinque anni prima aveva, di fatto, preparato il Garden alla battaglia. L'assalto di due anni prima era stato immotivato... ma questo... questo la spaventava.

Anche allenarsi tutta la vita a combattere non può mai prepararti sul serio alla battaglia, non importa quanto pensi di essere pronto. Ogni guerra è differente, ogni battaglia ha la sua personalità. E per questa il discorso non era diverso. In passato, gli studenti del Garden di Balamb si erano uniti compatti contro quello di Galbadia, ma ora la gente era divisa, più o meno come era successo quando c'erano stati i sostenitori di Norg e quelli del preside Cid.

Cid quella mattina aveva fatto un annuncio pubblico sulla crisi e sul conseguente ritorno della strega. In quel momento, Selphie era in biblioteca, a cercare dei vecchi microfilm che potevano servire contro Mitchell: e si era subito sentita tutti gli occhi addosso quando il preside aveva annunciato 'lei tornerà qui, tutto l'incidente riguardo ad Ellione è stato un malinteso.'

Il preside, naturalmente, era stato molto diplomatico a questo proposito... aveva cercato in tutti i modi di evitare qualsiasi accenno agli errori commessi da Quistis. Bisognava ammetterlo, Cid era bravo con la diplomazia e la politica. L'uomo che era riuscito a trasformare una semplice idea nel corpo mercenari migliore del mondo.

E della sua rovina, si preoccupava.

A dire il vero, si preoccupava allo stesso modo anche di tutti gli altri. Le sue motivazioni erano assolutamente altruistiche, ma neanche le sue ottime doti di oratore avevano potuto nascondere il disagio nella sua voce. Gli studenti se n'erano accorti. E appena avevano avvertito l'insicurezza del leader, fra di loro questa si era moltiplicata per dieci. Il Garden era in uno 'stato organizzato di panico', come a Selphie piaceva definirlo... un modo di dire che aveva coniato in tante missioni con Squall. Squall, uno che non mostrava mai panico alla squadra, eppure, più lo conoscevano, più riuscivano a leggere dentro di lui... beh, prima della scomparsa di Rinoa.

Cosa che l'aveva riportata alla biblioteca... e alle decine di occhi che aveva addosso. Tutti sapevano quanto il loro gruppo fosse compatto: sì, certo, avevano le loro divergenze, ma erano come una famiglia e c'era tra di loro un legame che nessun altro SeeD o cadetto aveva.

Né avrebbe mai avuto.

Improvvisamente si era sentita fuori posto a stare lì, in mezzo agli studenti e agli insegnanti. Sì, lei conosceva la verità, ma gli altri non erano altrettanto fortunati. Stringendo forte i suoi libri, era uscita nel corridoio, diretta all'ufficio di Cid. Dopo che era stato eletto, il preside aveva ceduto il suo ufficio a Squall per sistemarsi in una stanza molto più piccola: tanto stava al Garden solo in rare occasioni, la maggior parte del suo lavoro si svolgeva nella capitale di Galbadia.

Ma quel giorno Cid si trovava nel suo ufficio del Garden di Balamb. Appena aveva ricevuto la prima e-mail di Quistis, aveva raccattato tutti i documenti e i dischetti che aveva potuto a Deling e se n'era andato di corsa. Senza dubbio, adesso la sicurezza sua e di Edea sarebbe stata a rischio, e lo stesso valeva per il generale Caraway.

Selphie si sforzò di sorridere per quanto le era possibile mentre passava per i corridoi, cercando di evitare d'incrociare il suo sguardo con quello degli altri. Decise di continuare il suo lavoro nell'ufficio di Squall, servendosi del suo computer ormai inutilizzato. Sapeva che normalmente Squall si sarebbe molto arrabbiato per qualsiasi intrusione nella sua sfera privata: sarebbe stata quasi un affronto. Ma date le circostanze, la sua decisione sarebbe stata bene al comandante, ne era sicura.

Arrivata nell'ufficio di Squall, vide Lauren seduta al suo terminale, sconvolta e incredula. Selphie spostò lo sguardo sullo schermo del computer e fu presa dal panico.

"Ho trovato questo messaggio criptato sepolto qui nell'hard disk... Selphie, l'esercito del presidente Mitchell sa che attualmente sono ancora tutti a Dollet... sarà solo questione di ore prima che li localizzino. Ho già avvisato Cid che abbiamo una situazione di emergenza: sarà qui a momenti."

"Oh, li troveranno." mormorò Selphie. Mordendosi il labbro, considerò in un attimo l'attuale velocità e distanza del Garden. "Così non ce la faremo mai."

"Lo so." disse piano Lauren. "Non so dove si trovino esattamente. Vista l'estensione dell'area e il numero di abitanti di Dollet... possono setacciare l'intera zona palmo a palmo in quattro ore appena arriveranno le truppe."

"Dobbiamo arrivarci prima di quanto avevamo stabilito." All'improvviso, Selphie si tirò una delle sue treccine. "La Lagunarock!" Gli occhi le si accesero di speranza. "Io so far volare la Lagunarock! È un po' che non lo faccio, ma dev'essere come andare in bicicletta, no?"

Lauren rise sommessamente alla ragazza più grande. "Certo, Selphie, una bicicletta con mitragliatori semiautomatici, un arsenale di bombe e la capacità di viaggiare nello spazio... sembra proprio la prima bici che avevo quando ero piccola."

"Grazie." Selphie diede una pacca sulla spalla alla sua amica. "Grazie per tutto quello che hai fatto. Non sai quanto sia stato importante per noi il tuo aiuto."

Lauren annuì in un gesto di gratitudine. "Va' dai tuoi amici, Selphie, prima che lo facciano loro."

Selphie se ne stava già andando di corsa, ma poi sentì la voce di Lauren che le chiedeva di fermarsi.

"Credo ci sia una cosa che devi sapere, Selphie... questa comunicazione è stata scritta su un terminale del Garden. Fai attenzione a chi ti sta accanto."

*~*~*~*~*

Rimase a guardare la porta chiusa per quelle che gli parvero ore. In realtà erano passati soltanto alcuni minuti, ma in un certo qual modo sembrava che il tempo non avesse nessuna importanza. Per Squall, la porta della camera da letto era molto di più che non un semplice, sottile pannello di compensato. Era un simbolo della nuova vita che aveva cominciato solo quattro giorni prima, era un ritorno all'esistenza che aveva condotto in passato. E che non aveva mai saputo apprezzare appieno.

Ad occhi chiusi, scacciò dalla mente ogni pensiero... tutta la rabbia, tutti i tradimenti, tutte le ferite. Invece guardò in positivo e cercò di dimenticare l'ansia che provava per il fatto che stava per incontrare la figlia di Rinoa per la prima volta.

La figlia di Rinoa.

Era un'espressione che ancora non gli si registrava bene in testa. Durante gli ultimi giorni, aveva guardato a fondo dentro di sé. Per la maggior parte della sua vita, da quando era diventato adulto, aveva sempre sostenuto con convinzione di non volere bambini. Eppure, adesso che doveva scontrarsi con la realtà, non era la bambina la cosa che lo spaventava. Era l'amore incondizionato che quella vita innocente implicava. L'idea gli sembrava così estranea, così sconosciuta da fargli nascere nel cuore una vera paura.

Un qualcosa di così fragile, che faceva affidamento su qualcosa di tanto afflitto e segnato. Il concetto che un essere potesse amare senza motivazioni esterne, semplicemente in purezza sembrava quasi irreale... innaturale. Forse si trattava delle stesse paure che lo avevano spinto ad allontanare Rinoa da sé tanti anni prima. Quello che era successo due anni prima era stato soltanto un catalizzatore dell'inevitabile: a dire la verità, aveva iniziato a respingerla praticamente nel momento stesso in cui l'aveva fatta entrare nella sua vita.

Aprì con cautela la porta.

Chissà come, ma per un istante tutta la sua preoccupazione svanì quando vide la scena che gli stava davanti agli occhi. La luce del sole filtrava attraverso le tende tirate, e il pulviscolo brillava circolando nell'aria. Di fronte a lui, sul letto, stava Rinoa, con le gambe adesso coperte da un lenzuolo; un braccio era abbandonato sul cuscino, ma l'altro era posato dolcemente sul piccolo, delicato essere umano che dormiva accanto a lei.

Giorni prima aveva visto la foto di Allison nella sala riunioni, al Garden. La foto su cui aveva fatto quella domanda Zell... anche Zell era riuscito a vedere, dove lui era cieco.

La risposta tra il gruppo era stata: "tutti i bambini piccoli si assomigliano".

Non avrebbero potuto sbagliarsi di più. Perché la bambina di fronte a lui era il ritratto di sua madre. Anche dalla distanza a cui si trovava le somiglianze erano evidentissime. Non poteva esistere bambino più bello. Continuò a guardare la piccola e sua madre, osservando ogni respiro che prendevano. Come una sentinella in servizio, adesso Squall era lì per proteggere loro. Adesso era questa la sua responsabilità.

I capelli scuri, il naso... c'era qualcos'altro di familiare nella bambina che non riusciva a mettere a fuoco. Anche quanto era grossa lo stupì: Squall aveva poca esperienza coi bambini, nella sua mente si era sempre immaginato la figlia di Rinoa della taglia di un neonato. Invece era più grande, e, grazie al cielo, meno fragile di quanto credeva.

Qualcosa continuava ad attirarlo verso la piccola. Forse era la curiosità del bambino che c'era dentro di lui. Mai e poi mai aveva avuto voglia nemmeno di 'guardare' un bambino, ma in quel momento non desiderava altro che prenderla in braccio. E questo ancora lo spaventava. Ora aveva incontrato l'essere con cui doveva dividere Rinoa... e, in qualche modo, la cosa non lo disturbava.

Rinoa gemette piano. Improvvisamente teso, Squall fece il giro del letto cercando di non far rumore. Quando vide che l'espressione sul viso di lei non cambiava, cercò di trattenersi; ma era una battaglia persa, perché non poteva sopportare di vederla in quell'angoscia. Le sfiorò una spalla. A quel tocco, il corpo di lei si tese ancora di più, i suoi occhi si spalancarono di colpo.

Squall poteva vedere il terrore, il dolore dipinti in quegli occhi.

Nell'istante in cui si svegliò, involontariamente le sfuggì soffocata la parola 'no'. Ma quando la sua mente si fu schiarita, Rinoa si ricordò di dove era, e allora si sentì inondata di un improvviso sollievo.

Le lacrime che le erano affiorate negli occhi adesso luccicavano, mentre un piccolo sorriso illuminava il suo volto. Cercando di non svegliare Allison, si girò dall'altra parte, verso Squall. Lui si chinò per guardarla negli occhi, ma senza togliere la mano dalla sua spalla.

"Tutto bene?"

"Sì..." fece lei esitante. "Per un attimo ho creduto che tu fossi qualcun altro."

"Non potrò mai immaginare l'inferno che hai dovuto sopportare. Rinoa... anche se non avessi saputo cosa hai passato, l'espressione che avevi negli occhi appena ti sei svegliata diceva tutto... io..."

"Squall, è finita, va bene? Non so cosa dovrò affrontare nei prossimi giorni, ma comunque sia, Richard Bennett è morto, e con lui Renee Bennett. Adesso ci sono soltanto io... Rinoa Heartilly e Allison..." S'interruppe - non aveva mai pensato a sua figlia come a una 'Heartilly'. "Ci sono soltanto Rinoa ed Allison." disse, correggendo il suo lapsus.

"Bene, allora, voi due" disse Squall a bassa voce. "Il Garden sta per arrivare qui. Dovrebbero raggiungerci entro stasera."

"Il Garden?" Buttando giù dal letto le gambe, Rinoa si tirò su a sedere. "Il Garden... sta venendo qui? E io?

"Tu verrai con noi. Anzi, voi due." disse, facendo un cenno verso la bambina. "Saremo tutti con te. Cid ha già preparato gli altri al fatto che salirai a bordo a Dollet."

"Gli altri," ripetè lei. "Io... oh... Squall... non posso."

"Puoi. E lo farai." Non era un'affermazione, era un ordine. "Alex viene con noi, le abbiamo offerto totale protezione."

"Protezione da cosa... dalla strega? Alex, una che ha tradito Bennett, un membro del Consiglio Mondiale? Da chi la proteggeranno?"

"Rinoa, che altre scelte abbiamo? Dietro tutto questo c'è il presidente Mitchell, c'è sempre stato lui sin dall'inizio..."

"No, quella era tua moglie." lo corresse lei, caustica.

Squall ignorò l'ultimo commento e continuò. "Abbiamo le forze del Garden e i nostri alleati. È la nostra unica speranza. Se vuoi avere, prima o poi, una vita normale... se vuoi che Allison abbia una vita normale... è la nostra unica possibilità."

Voltandosi dall'altra parte, lei sussurrò "Io non sono fatta per avere una vita normale. Squall... so che il mio tempo sta per scadere, l'ho sempre saputo, fin dall'inizio. Se non è per una cosa, sarà per un'altra. La mia unica speranza è che Allison possa condurre quella 'vita normale' che io non ho mai potuto avere."

Squall ebbe un sussulto quando la sentì dire che il suo tempo stava finendo, ma non aveva intenzione di arrabbiarsi, per non intristirla. Ma il modo in cui parlava diventava sempre più drammatico di secondo in secondo. Rimase a guardare Rinoa che si alzava, andava alla finestra per guardare fuori, e infine tornava a rivolgere la sua attenzione a lui.

"Verrò... non per me, non per te, ma per Allison. Magari, forse, lei potrà sopravvivere a tutto questo."

*****
Note delle traduttrici: Torniamo ad aggiornare questa storia dopo un lungo silenzio che, immagino, abbia innervosito molti di voi: so che il pubblico di Ashbear è abbastanza vasto^^ Credo che sia giusto spiegarvi il perché di questo ritardo.
Le traduttrici rimaste del gruppo iniziale (cioè Alessia Heartilly, Shu e Youffie17) si sono divise, tempo fa, i capitoli rimanenti della storia. Io mi sono presa l'incarico di rivedere i capitoli precedenti, per sistemare alcune scelte di traduzione su termini ricorrenti nella storia. Ho deciso anche di farmi aiutare da un beta-reader che si è rivelato validissimo, ossia DefenderX, e ci siamo messi al lavoro insieme, con la fanfiction in inglese sottomano. Purtroppo, ci siamo accorti che nei capitoli iniziali c'era una serie di incongruenze con l'originale; abbiamo pensato che ci fosse stata una revisione da parte di Ashbear, e quindi ci siamo salvati tutti i capitoli originali confrontandoli parola per parola con la versione tradotta, eliminando errorini di battitura, uniformando al resto della traduzione, e aggiungendo quelle frasi che c'erano nell'originale e non nella traduzione. Questo, naturalmente, ha allungato il lavoro e ritardato di riflesso la traduzione dei nuovi capitoli, che abbiamo deciso di rivedere per lo stesso motivo: poteva esserci stata una revisione da parte di Ashbear posteriore alla nostra traduzione. A questo si sono aggiunti problemi di varia natura (traslochi, pc esplosi, adsl a signorine, esami, varie ed eventuali). Tutto questo non giustifica il ritardo ignobile, ma quanto meno ci permette di farvi leggere una storia che è quanto di più fedele all'originale siamo riusciti a ricavare. Era, per noi, doveroso sistemarla, per rispetto all'autrice originale, alla meravigliosa storia che ha scritto, e al pubblico italiano che la conosce attraverso noi.
Vi invito a leggere i capitoli precedenti, non solo per le correzioni, ma anche per quelle piccole aggiunte che si sono poi rivelate importanti. Con questo aggiornamento sono stati pubblicati anche i capitoli rivisti dall' 1 al 7; continueremo a darvi conto nelle note dei capitoli sistemati, fino a quando li avremo esauriti (speriamo presto^^).
La traduzione è, di fatto, terminata; posso annunciarvi fin da ora che gli aggiornamenti saranno settimanali, e che la storia conta, in totale, 42 capitoli epilogo compreso.
Inoltre, abbiamo aperto una newsletter per tutti coloro che volessero ricevere via email una notifica degli aggiornamenti delle traduzioni di Ashbear (questa e anche le storie successive); vi potete iscrivere a questa pagina. I dati che vi vengono richiesti non sono visibili da noi traduttori, e il sito che ospita la newsletter non li utilizza (lo so per esperienza :D), quindi iscrivetevi tranquilli: ricevete l'avviso pochi minuti dopo la pubblicazione di ogni capitolo, con i link a cui è possibile leggerlo.
Scusate la lungaggine e alla prossima^^
Il capitolo è stato betato da DefenderX.
Citazione di apertura: tratto da Love will find out the Way in Bartlett's Familiar Quotations di Alfred Noyes.
Ma la folgore non ti potrà toccare
Né la furia della battaglia angosciare;
E anche se nel cielo il sole ti dovesse abbandonare,
"L’amore troverà la strada."
- Alessia Heartilly

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Capitolo 24
*** XXIV. Emulazione ***


We are never deceived;
we deceive ourselves.

--Goethe
The road to truth is long,
and lined the entire way with annoying bastards.

--Alexander Jablokov

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ XXIV. EMULAZIONE ~

Durante il pomeriggio, i ragazzi del gruppo andarono avanti ognuno con la propria vita. Quistis e Seifer si erano volutamente tenuti alla larga dal resto della comitiva, ma senza allontanarsi troppo, dato che Dollet non era per nulla sicura. Zell, Irvine e Squall avevano fatto piani per l'intero pomeriggio: a loro era affidata la strategia militare e tutto quel che comportava. Anche le comunicazioni col Garden erano riprese, e Caraway era arrivato sano e salvo al Garden di Balamb. Ma soprattutto, erano stati informati che le truppe di Galbadia si trovavano nelle vicinanze. Unica consolazione, la Lagunarok era al momento in viaggio: a velocità massima, sarebbe arrivata entro un'ora.

Alex era rimasta accanto a Rinoa e a sua figlia... non avevano parlato granché. Anche tra le due ragazze era sceso un silenzio imbarazzato. Una parte di Rinoa voleva parlare con Squall prima di cambiare di nuovo idea...ma la logica le suggeriva di aspettare un momento più sicuro. Ma, e se non ci fosse stato nessun momento sicuro? La sua paura e la sua ansia sembravano moltiplicarsi di secondo in secondo. Come avrebbe reagito Squall al fatto di avere una figlia... e, cosa ancor più importante, avrebbe compreso le ragioni per cui non gliel'aveva detto subito, la prima volta che si erano incontrati di nuovo?

Era stato davvero per il controllo? Per una qualche latente ripicca nei suoi confronti?

Poi, quando aveva scoperto che era sposato, e per di più con Quistis, il tempo aveva cominciato a diventare sempre più prezioso ogni attimo che passava. E così anche la preoccupazione di proteggere Allison dalla sofferenza che sarebbe inevitabilmente derivata da tutto questo. Da parte sua, Squall era stato dolce e comprensivo per quanto riguardava la bambina. Dalla loro conversazione in camera, Rinoa aveva intuito che lui avrebbe potuto imparare ad amare la piccola... a prescindere dalla paternità. Sentiva quanto il loro legame stesse diventando sempre più profondo, più di quanto lo fosse prima. In così poco tempo... dopo tutti quegli anni.

Era stato destino, fatalità? O era stato solo un mezzo per arrivare a una fine... la sua fine?

Forse stava semplicemente facendo pace con se stessa, con lui. Allison custodiva le sue speranze per il futuro. E, anche se lui non lo sapeva... custodiva anche quelle di Squall Leonhart.

Aveva promesso ad Alexandra che quel giorno lui avrebbe scoperto la verità. Rinoa Heartilly decise di mantenere quella promessa. Quella notte, quando sarebbero stati al sicuro a bordo della Lagunarok, avrebbe parlato a Squall.

Doveva farlo.

*~*~*~*~*

"Mai." sentenziò, provocante.

"Davvero?" chiese Quistis stupita.

"Davvero."

"Pensavo che..."

"No." la bloccò lui. "Non mi va di parlarne. A che cosa sarebbe servito, poi? Non ho mai sentito di questioni di vita o di morte che dipendessero da questo."

Quistis si fermò lungo il sentiero alberato, assicurandosi con attenzione che fossero ancora a distanza di sicurezza dalla casetta, e al tempo stesso controllando che non ci fosse nessun intruso nelle vicinanze. Poi, tirato fuori dalla tasca un fermaglio, si raccolse alla bell'e meglio i capelli in una coda; qualche ciocca rimase libera, ma andava bene così.

"Vieni qui" Tese la mano verso di lui. "Se questo dev'essere il tuo ultimo giorno di libertà, allora facciamone un giorno da ricordare."

"Sul serio?" Seifer inarcò un sopracciglio.

Con gli occhi al cielo, rispose "sei proprio incorreggibile."

"Io ci provo" ribatté lui. "Ma non dovevamo fare la guardia?"

"Infatti è proprio quello che faremo. Possiamo fare questo, e contemporaneamente controllare i dintorni... ricordati che sono una professionista ben allenata."

"Oh, signora Istruttrice, sto pensando che cominci ad avere una personalità."

"Questa è cattiva, Seifer." Fece una smorfia per la luce brillante del sole. "Adesso forza, non abbiamo tutta la giornata."

"Uhm... ma non c'è la musica."

"Sì che c'è... ascolta."

Seifer la guardò negli occhi, e si mise ad ascoltare la musica della natura intorno a lui. Le onde, gli uccelli, e i grilli... ognuna di queste cose aveva una melodia, ma il suono più forte che sentiva era il battito del proprio cuore. Quel rumore ritmico si riverberava nel suo petto e in tutto il suo corpo. Con un sorrisetto polemico le prese la mano, intrecciando le dita con le sue.

"Davvero, Quistis, non ho mai imparato a ballare. Ho sempre pensato che se lo sapeva fare il ragazzino, allora potevo farlo anch'io."

"Bene, questo l'abbiamo accertato. Adesso, riesci a sentire la musica? Senti il ritmo?"

"Quello del tuo cuore?" Appena disse quelle parole, sentì il rossore dell'imbarazzo salirgli alle guance.

"Tempo Giusto," rispose lei, mentre iniziavano a muoversi sul sentiero lastricato. Lo sentì pestarle un piede, ma fece finta di niente. Subito il ragazzo cercò di correggersi e di seguire la guida di lei.

"Tempo... chee?" fece lui di rimando guardandola negli occhi. Continuarono a muoversi in un piccolo cerchio, senza molto successo. Quistis sottrasse lo sguardo da quello di lui per controllare l'orizzonte a caccia di eventuali intrusi mentre giravano.

"È un modo di dire... si chiama tempo giusto il battito normale di un cuore umano."

"Ah, certo... quello," replicò lui con aria saputa, anche se era chiaro che non ne aveva la più pallida idea. "Senti, mi dispiace rovinare la tua teoria, ma sono sicuro che il mio cuore stia correndo molto più veloce di così." Le pestò un'altra volta lo stivale sottile, e questa volta lei strizzò gli occhi per sopportare il dolore. Seifer si bloccò. "Scusami... te l'avevo detto che non ero capace."

Quistis si girò verso di lui con un sorriso radioso, serena. "Questo non è importante, davvero. Quel che conta è che ci hai provato, e questo nessuno te lo può togliere."

"Già." fece lui, guardando oltre le sue spalle. "Ma c'è un'altra cosa che voglio provare a fare per la prima volta... per non dover mai rimpiangere questo giorno, qualunque cosa accadrà..."

Quistis fissò lo sguardo negli occhi di lui, il respiro improvvisamente più rapido. Le mani tranquille del ragazzo erano ancora sopra le sue, ma un attimo dopo ecco che le aveva già tolte. Quistis poteva ancora sentire il calore del suo tocco sulla pelle.

"Volevo soltanto dire..." Spostò lo sguardo lontano, confuso. "Volevo solo dirti... soldati di Galbadia!"

"Cosa?" Rimase sconcertata per una frazione di secondo, prima che le parole le si registrassero nella testa. Si voltò immediatamente per scoprire cosa avesse visto lui. Una legione di soldati stava percorrendo a passo spedito il sentiero, in rapido avvicinamento, anche se non aveva ancora notato la coppia.

"Vai ad avvertire gli altri," gridò Seifer sguainando il gunblade. "Io cercherò di evitare lo scontro se posso, servirebbe solo a fargli mandare rinforzi." Quistis annuì in segno di accordo, e corse nella foresta, nascondendosi tra gli alberi.

"Che Hyne sia con tutti noi," sussurrò nella brezza leggera.

*~*~*~*~*

La porta si spalancò, e subito i tre uomini rivolsero la loro attenzione all'improvvisa intrusione. Quistis aveva sul viso un'espressione sconvolta. Non c'era bisogno di parole: il suo aspetto e l'atteggiamento parlavano da sé, e i tre SeeD si mossero in fretta.

"Dei soldati di Galbadia stanno risalendo il sentiero. Seifer ci sta coprendo. Dobbiamo seminarli nel bosco."

Zell chiuse il pc portatile e lo ficcò di furia nella borsa che aveva portato Alex. Irvine raccolse in giro tutte le provviste che trovò, e si assicurò che il suo fucile fosse carico.

L'immediata, e unica, preoccupazione di Squall erano Rinoa e Allison. Entrò di corsa in camera da letto, e prese in braccio la piccola che stava giocando per terra.

"Soldati in giro. Dobbiamo andarcene. Ora!"

Svelta, Rinoa raccattò il biberon e tutto quello che aveva sotto gli occhi, e poi lei e Alex uscirono dalla camera, per riunirsi nella stanza più grande. Squall non si era fermato nemmeno un istante a pensare a chi stesse portando fra le braccia, o all'abituale disagio che provava quando aveva a che fare coi bambini. Quella era la prima volta che aveva un contatto fisico con Ally. Nel più profondo del suo animo sentiva il desiderio, in qualche modo, di proteggere la bambina... la stessa cosa che provava per la madre. Il loro passato non importava, si era già creata una connessione.

Un legame. Una famiglia.

I sei uscirono rapidi per l'ultima volta dal cottage. Un posto che, negli ultimi giorni, era stato un piccolo conforto per tanti. Squall continuò a tener stretta Allison mentre tutti seguivano Quistis nel fitto del bosco. Seifer li raggiunse in tutta fretta mentre si stavano addentrando sempre di più nella foresta.

Ad un certo punto furono costretti a fermarsi, e si nascosero tutti acquattandosi fra i cespugli. Alla fine, Allison cominciò ad agitarsi: tutto lo scompiglio che aveva intorno l'aveva messa a disagio. Il suo piagnucolio era solo un mormorio basso, all'inizio, ma presto cominciò a trasformarsi in un pianto più forte. Il severo comandante abbassò lo sguardo verso le sue braccia, e per la prima volta incontrò gli occhi aperti della bambina.

Il suo cuore mancò un battito; la piccola gli restituì uno sguardo che chiedeva rassicurazione.

"Va tutto bene," le sussurrò piano, sfiorando con la testa la frangetta di Allison. "Andrà tutto bene."

In quel momento Rinoa si sentì colpevole, ma più di ogni altra cosa provò un senso di euforia che non aveva mai creduto potesse esistere. Per la prima volta, vedeva padre e figlia insieme... per la prima volta vedeva la sua famiglia. Si allungò per prendere la bambina, e Squall sciolse controvoglia il suo abbraccio.

Poco prima nel corso della giornata, Rinoa era riuscita a mettere tutte le informazioni che conservava nella memoria in un giornale digitale. Date, luoghi, momenti e sensazioni... tutto ciò che voleva fosse trasmesso. La giovane donna aveva preso in prestito il computer senza dare spiegazioni agli altri... tanto, presto avrebbero saputo tutto. Rinoa tirò fuori qualcosa dalla tasca, insieme a una piccola penna; reggendosi Ally in equilibrio sul fianco, scrisse frettolosamente un appunto. Poi allungò la mano, tremando, verso Squall, e i loro occhi s'incontrarono. Trattenendo le lacrime, gli mise l'oggetto fra le mani. Si concesse il lusso di indugiare un secondo in più del dovuto, per sentire, l'ultima volta, il suo tocco.

Quando lei ritirò la mano, l'accigliato Comandante guardò in basso: si accorse allora che quel che aveva tra le mani era la foto di una bambina appena nata... Allison.

"Se dovesse succedermi qualcosa, fa' leggere questo ad Ally."

Quel pensiero era per lui come un coltello che gli spaccava lentamente il petto. Riusciva a malapena a contenere le sue emozioni, ma sapeva che non c'era altra scelta. Annuì riluttante alla richiesta, infilandosi la fotografia nella tasca dei pantaloni.

"Grazie." Rinoa sorrise teneramente. "Grazie."

Nel bosco risuonavano le voci dei soldati, le urla aumentavano di volume. Era chiaro che la loro posizione era stata scoperta: i gruppi mandati in perlustrazione si stavano ora radunando tutti nella zona della Torre di Trasmissione.

Squall si girò verso Rinoa, toccandole con dolcezza la guancia. "Sono qui con te."

"Lo so" fu tutto quel che rispose lei.

I loro pensieri furono interrotti da un'improvvisa raffica di proiettili. Adesso Allison non era più tranquilla per nulla, le esplosioni avevano trasformato in terrore quel poco di pace che era riuscita a trovare. Sentivano gente che si avvicinava, e le espressioni del gruppo si fecero tutte preoccupate. Squall e Seifer si scambiarono uno sguardo, capendosi a vicenda. E, per la prima volta, rispettandosi a vicenda.

"È inevitabile." disse Seifer.

"Lo so." Squall segnalò a tutti di prepararsi a combattere. I cespugli frusciarono, e si poteva distinguere una figura che si avvicinava rapidamente. Squall balzò in piedi, pronto ad attaccare...

"Aaaaah!" strillò terrorizzato il soldato mentre la Lionheart puntava alla sua giugulare.

"Cazzo!" gridò Seifer, e Squall si fermò appena in tempo.

Selphie deglutì mentre Squall piantava il gunblade nel terreno morbido.

"Salve gente... siamo qui."

*~*~*~*~*

L'adunata fu breve ma gradita. I SeeD a bordo della Lagunarok erano tranquillamente in grado di respingere qualsiasi attacco delle poche truppe Galbadiane: l'aeronave aveva una potenza di fuoco ben superiore a quella di una dozzina di soldati con solo un arsenale di armi a corto raggio. Il gruppo si imbarcò rapidamente, e in un batter d'occhio il mezzo era decollato. Una volta a bordo, ci fu uno scambio d'informazioni e tutti si riunirono nella prima cabina dell'aeronave.

Squall non aveva più parlato con Rinoa dopo il breve scambio avvenuto nel bosco. E non aveva più tenuto Allison... eppure qualcosa continuava ad attirarlo verso la bambina, una sensazione, un'emozione, un qualcosa che non si poteva spiegare. La piccola cercava di camminare tra i sedili, ma continuava a cadere per via delle turbolenze che ogni tanto incontravano. Scoraggiata, prese allora a gattonare... proprio in direzione di Zell. Squall osservò l'esperto di arti marziali prendere in braccio la bambina: non si poteva negare che ci sapeva proprio fare con le persone, e soprattutto con i bambini.

Quando l'emozione divenne troppa da sopportare, il comandante si allontanò dalla cabina di pilotaggio. Seifer e Quistis riuscirono a rimanere lì, insieme a Irvine e Selphie.

Non che l'ex-cavaliere si sentisse ben accetto da qualsiasi parte sull'aeronave... ma almeno sapeva bene dove non erano benvoluti.

Il viaggio si preannunciava relativamente breve, avrebbero raggiunto il Garden prima del calar della notte. Gli unici rumori nell'ambiente restavano quelli di Ally. Chiacchierava con Zell in una lingua completamente unica, ma lui annuiva come se capisse. La piccola ne sembrò soddisfatta, e così piano piano cominciò ad abbandonarsi contro il suo petto, chiudendo gli occhi. Le due ragazze si scambiarono uno sguardo... e poi Alex fece un cenno a Rinoa, che le indicò brevemente il corridoio. Si congedarono tutte e due da Zell.

"Credi che Zell sia davvero in grado di tenere Ally?" disse Alexandra mentre camminava accanto all'amica lungo lo spoglio corridoio di metallo.

Rinoa soffocò una risatina. "Sì, ha esperienza con i bambini. E poi, siamo su un'astronave, che danni può fare?"

Le due si guardarono a vicenda prima di scoppiare a ridere. "Okay, okay" ammise Rinoa, "non è esattamente lo scenario migliore. Sono sicura che se c'è qualche danno da fare, Zell lo troverà. Però, onestamente, mi fido di lui per Allison... deve averne passate tante negli ultimi due anni."

La più grande mise una mano sulla spalla dell'altra, negli occhi uno sguardo fraterno. "È stato così per tutti. Non ricordo mai un momento in cui ti abbia vista allegra, nemmeno un briciolo. Ma so che, qualunque cosa ci aspetti, la supereremo insieme... come una famiglia."

"Oh, Hyne, sembri Laguna." Rinoa alzò gli occhi al cielo camminando per il corridoio. "Guarda che se ti viene pure un crampo alla gamba, io me ne vado."

"Che?" chiese l'altra. Rinoa si fermò un momento quando raggiunsero le porte dell'area di contenimento.

Con un sospiro, si spostò qualche ciocca dei capelli bruni dietro le orecchie. "Lascia stare, era una cosa di una vita fa."

Alex aveva ormai raggiunto l'ultimo portellone della Lagunarock. Stava per aprirlo toccando il touchpad quando sentì un odore familiare. Rinoa si trovava ancora parecchi metri dietro di lei.

"Ehi, Rin, se fosse possibile... ehm... vorrei un po' di tempo da sola per pensare."

Lei le rivolse un sorriso comprensivo. "Certo, non c'è problema, lo capisco benissimo. Oltretutto, in questo momento sono anche un pochino preoccupata per Zell ed Allison. Non so chi dei due potrebbe avere la peggiore influenza su chi."

In realtà, Rinoa non era preoccupata. Ma capiva che Alex stava attraversando un difficile periodo di transizione, come anche tutti gli altri, del resto. Le due si scambiarono uno sguardo di reciproca comprensione, e poi Rinoa tornò verso gli scompartimenti dei passeggeri.

Alex restò ad osservare l'amica finché la sua sagoma non fu scomparsa dietro le porte in fondo al corridoio; quando quelle si furono completamente richiuse, aprì il passaggio che aveva di fronte.

"Non ti ha mai detto nessuno che fumare ti fa male, signor Leonhart?"

Lo sguardo di ghiaccio di Squall incontrò il suo, ma il ragazzo non disse niente.

"Sai, Rinoa si sarebbe molto innervosita se ti avesse trovato qui. Credimi, so bene come possa essere lunatica... ho dovuto convivere con tutti i suoi sbalzi d'umore."

Alex aveva fatto quest'ultimo commento alla leggera, ma Squall lo prese in tutt'altro modo. Gettando a terra la sigaretta, senza guardare in faccia la persona che aveva di fronte, la superò e uscì nel corridoio.

"Eh già." C'era disgusto nel suo tono.

La donna poteva vedere il dolore inciso nei suoi tratti, anche se gli altri non ci riuscivano. Rinoa le aveva parlato di lui così tanto, che fosse per amore o per odio, che le sembrava di conoscere Squall personalmente. L'apparenza fredda che offriva agli altri serviva solo per nascondere la sofferenza. Ripensare sempre, costantemente ai suoi fallimenti avrebbe rischiato di trascinarlo sulla strada dell'autodistruzione... solo Rinoa poteva salvarlo.

"Squall... senti, mi dispiace. Non intendevo quello. Capisco che ti faccia male sapere cosa ha passato, ma per quanti sforzi tu faccia, non potrai mare cambiare il passato. Però puoi controllare il futuro. Non buttarlo via."

Il comandante si fermò e si girò a guardare la donna. L'illuminazione soffusa dell'ambiente addolciva i tratti del suo viso. Per la prima volta notò una somiglianza, non solo nell'aspetto fisico, ma anche nell'animo.

"Assomigli a lei."

"Rinoa?" chiese.

"Ellione."

"Oh." L'espressione di Alex diventò malinconica, anche Squall poteva capire come quello fosse un argomento delicato. "Non l'ho mai conosciuta... non l'ho mai nemmeno vista in fotografia. Ma la sento. È sempre accanto a noi... in spirito, perlomeno."

A questo, lui non rispose.

C'erano ancora certe cose di cui era difficile parlare, ed Ellione era una di queste. Si maledì, in quel momento, per aver tirato fuori l'argomento. La sofferenza di tutti quegli anni ancora gli pesava, schiacciante, sulla mente e sul cuore. Certe cose non si possono mettere a tacere; certi addii sarebbero sempre rimasti impossibili.

Anche allora, quel discorso era troppo difficile da affrontare.

"Guarda, Squall, io non volevo... oh, lascia perdere. Sono solo preoccupata per Rinoa. In questo momento ha bisogno di te, più di quanto lei stessa non sappia. I prossimi giorni saranno più difficili di quanto chiunque possa immaginare. Amore e fiducia verranno messi alla prova... ma ricorda sempre che lei ti ama."

Le parole gli rimbombarono nella testa... le stesse parole che aveva pronunciato Ellione. Per qualche motivo, gli balenò in mente il ricordo dell'attacco al Garden... il sangue, il caos, la morte.

E Rinoa era fuggita.

Per la prima volta da qualche giorno a quella parte, i suoi pensieri tornarono a fissarsi su quel punto. Prima non ci aveva riflettuto molto, ma adesso era al centro della sua mente.

"Metterà la sua vita al primo posto anche stavolta?" disse aspro. Anche mentre quelle parole gli uscivano di bocca non riusciva a credere di averle pronunciate. Anche dopo tutti gli eventi degli ultimi giorni, il primo anello della catena restava un mistero.

"E quando sarebbe stata l'ultima volta che Rinoa avrebbe messo la sua vita al primo posto?" ribatté Alex irritata.

"Hey! Mi pare di ricordare che due anni fa, al Garden, lei abbia messo la sua vita davanti a quella di tutti gli altri."

L'attimo d'inquietudine fu breve, Alex non se ne rese nemmeno conto. Distolse appena lo sguardo... un momento di esitazione. Un momento che avrebbe tanto desiderato cancellare. In quell'istante, una rivelazione colpì Squall. Anche se non stava pensando la cosa giusta, era comunque sulla strada che avrebbe riportato alla luce la verità.

All'improvviso, c'era qualcosa che non aveva mai visto. Una risposta.

"Non... non stava proteggendo se stessa, vero?"

Immediatamente si eresse lo scudo difensivo. "Sì che stava proteggendo se stessa."

Squall distolse lo sguardo, grattandosi la nuca. "No... questo ha senso. Rinoa se n'è andata per proteggere... qualcun altro. Sapeva qualcosa che noi non sapevamo."

Fece un passo verso Alex, e la guardò diritto negli occhi. Uno sguardo che in precedenza aveva spaventato tanti, a cui tanti si erano piegati, ma Alex resistette.

"Io non lo so che cosa sapesse." ribatté in tono beffardo. "Magari dovresti chiederlo a lei."

"C'è qualcosa che non mi stai dicendo... che lei non mi ha detto." Muovendo qualche passo, cercava di figurarsi una qualche conclusione logica. Appoggiato contro la parete del corridoio dell'area di carico, si strofinò la radice del naso, cercando d'immaginarsi quale fosse la cosa che gli era stata tenuta nascosta. Il pezzo del puzzle che si era lasciato sfuggire per tanto tempo.

Alex si era stancata della conversazione, o della sua assenza, e fece per andarsene; ma mentre si girò, l'anello che aveva appeso alla collana rifletté la luce iridescente, attirando l'attenzione di Squall sulla catenina. Rapido, il giovane si staccò dal muro per afferrarle con forza un braccio.

"Hey! Che diavolo credi di fare?"

"Quello" indicò l'anello d'oro al collo di lei. "Prima di andartene, dimmi... com'è finito in mano tua quell'anello."

"È un regalo di Rinoa." Non era una bugia, solo non tutta la verità.

"E come ha fatto a procurarselo? Ha venduto il mio a Trabia."

"Sì, Squall, l'ha fatto. Ma in realtà non è così grave. Appena arrivata a Trabia, aveva bisogno di cibo e di un posto dove loro potessero stare. È per questo che ha venduto l'anello insieme a quello di sua madre... tempo dopo, l'ho trovata a disegnare questa cosa a forma di leone, ma appena sono entrata nella stanza ha nascosto il foglio. Poi ho ritrovato lo schizzo, e l'ho fatto rifare per Rinoa da un gioielliere. Io non sapevo certo che l'originale era di platino, non d'oro... ed ecco spiegata la differenza. Quando sono partita, voleva darmi qualcosa che mi ricordasse di lei... e così mi ha lasciato l'anello come portafortuna. Era l'unica cosa che non le aveva dato Bennett, l'unica che potesse veramente considerare sua. E questo è quanto, fine della storia. Mi ha dato l'anello come portafortuna."

Infastidita, Alex si tolse di dosso la mano guantata di Squall. "Adesso vorrei solo tornare di là. Ho bisogno di dormire." Lo scalpiccio dei suoi passi sulla grata metallica del pavimento era l'unico suono che riecheggiava nel compartimento. Squall restò a guardarla mentre si allontanava sempre di più; nella sua testa ripercorreva la conversazione... e poi qualcosa lo colpì.

Si affrettò a lunghi passi dietro la donna, mentre lei si rifiutava di prestargli attenzione.

"Hai detto loro... dannazione... hai detto 'un posto dove loro potessero stare'. Chi diavolo erano questi loro? Chi c'era con Rinoa?"

Alex si bloccò a metà di un passo. Merda. Squall la raggiunse e la fece girare per guardarla in faccia.

"Chi diavolo sono questi loro, Alex?"

La donna aprì la bocca per parlare, se solo qualcosa fosse uscito fuori. Non aveva mai mentito fino a questo punto, né aveva mai avuto intenzione di farlo... okay, tacere e stiracchiare un po' la verità... va bene. Mentire no.

"Mi sarò sbagliata, Squall. C'era soltanto Rinoa."

"Se ci fosse stata soltanto lei, non ti saresti fermata... invece ti sei accorta del tuo errore."

"Ah sì?"

"Li conosco, i tipi come te. Dopo anni di esperienza, so riconoscere quando qualcuno mente. E tu stai mentendo."

"Okay Comandante Leonhart, visto che sei così eccezionale... allora dimmelo tu cosa intendevo dire. Ti sto dicendo che Rinoa era da sola." Inconsciamente Alex cercò con la mano l'anello che aveva al collo, un'abitudine che aveva preso dopo averlo visto fare a Rinoa tante volte.

All'improvviso, nella mente di lui risuonò una frase detta da Rinoa quando erano nella baita, "se dovesse succedermi qualcosa dà l'anello ad Alex, lei saprà cosa farne."

In quell'istante, Squall afferrò il gioiello argenteo che portava al collo.

"Se dovesse succedere qualcosa a Rinoa... che cosa dovresti fare tu con questo anello?" Accennò a quello che teneva tra le dita coperte di cuoio.

"Come?" chiese lei, che si sentiva sempre più messa con le spalle al muro di secondo in secondo.

"Che cosa dovresti fare con questo anello?" Il tono della sua voce si alzò. La rabbia che aveva negli occhi tradiva la sua apparenza fredda.

"Soltanto fare in modo che Allison lo abbia quando sarà più grande."

"Allison" ripeté lui annuendo lentamente.

"Che ne dici del nome Allison per una femmina e Aaron per un maschio?" La voce di Rinoa gli riecheggiava nella testa, come se qualcuno gli stesse facendo ascoltare un nastro registrato della sua vita.

"Poco fa hai detto che avrei dovuto esserci, quando Rinoa aveva tutti quei suoi sbalzi d'umore..." Squall tornò a guardare Alex, che appariva insolitamente nervosa.

Richiamò alla mente le parole dette da Quistis a proposito del giorno dell'attacco, "sinceramente, si era comportata da vera stronza nelle due passate settimane; personalmente, mi chiedevo quale fosse il vero problema. Infatti non ero la sola, anche Selphie e Zell si erano accorti del drammatico cambiamento nel suo modo di fare."

Squall chiuse gli occhi, cercando di ricrearsi la scena, e quello che alla fine era successo in quel maledetto giorno. "Rinoa è fuggita. Rinoa è fuggita. Perché?" Infine mormorò in un sussurro, dando voce ai suoi pensieri. "Ellione... deve averla avvertita di qualcosa..."

"Rimase a terra incosciente per neanche trenta secondi... si alzò stranita, guardando Elly direttamente in faccia. La Sorella riaprì gli occhi per l'ultima volta e rivolse uno sguardo a Rinoa. Lui ti ama e ti amerà sempre."

Qualcosa doveva aver sconvolto Rinoa. Dal racconto di Quistis su quel giorno... si capiva che qualcosa l'aveva sconvolta e confusa. Aveva saputo qualcosa. Una cosa che l'aveva terrorizzata.

"Il problema non è mai stato salvare se stessa," sussurrò senza voce.

Frugandosi in tasca, tirò fuori la foto su cui poco prima Rinoa aveva scritto. La girò, esaminandola... ARE517... una password?

Una volta tanto nella sua vita, non stava più riflettendo dentro di sé. Stava invece parlando ad alta voce, cercando di sbrogliare l'enigma verbalmente. Forse lo faceva per se stesso, forse per Alexandra... se avesse toccato un punto importante, le reazioni di lei avrebbero potuto fornirgli degli indizi. "Quand'era al Garden, Rinoa usava sempre le sue iniziali come password... ARE... Allison... Elizabeth. E la R che cos'è?"

Allora Alex abbassò lo sguardo, sconfitta. Quel suo attimo di esitazione aveva portato Squall fino a quel punto, la responsabile sarebbe stata comunque, inevitabilmente lei. E poi, adesso era semplicemente stanca. Stanca per i giorni di fuga, stanca del nascondersi. Stanca della vita da cui stava cercando di scappare. I sogni, gli incubi... e adesso... era stanca di tacere la verità.

"Non cosa, Squall... è un chi. Raine... la R sta per Raine."

"Raine," disse lui piano tornando a guardare il pezzo di carta. "5-17... cinque... cinque... diciassette maggio... no, il compleanno di Allison è il diciasette luglio."

Alex chiuse gli occhi, inspirando profondamente, e poi espirò tentando di calmarsi i nervi. Infine, pronunciò le uniche parole che poteva dire.

La verità.

"Allison è nata a maggio. Ha sedici mesi, non quattordici... Elizabeth - il secondo nome di Julia... Allison Raine Elizabeth... è questo il suo nome completo."

"I nomi dei nostri genitori" mormorò lui coprendosi la bocca, folgorato dalla rivelazione. Con le lacrime che gli si affacciavano agli angoli degli occhi e un cuore che non poteva rallentare il suo battito... finalmente disse ad alta voce quelle parole. Quelle parole che aveva tanto desiderato fossero vere sin dal primo momento.

"Il nome di nostra figlia."

*****
Note delle traduttrici: capitolo rivisto e betato da Alessia Heartilly.
Citazioni di apertura: la prima è un aforisma di Goethe.
Nessuno ci illude;
siamo noi stessi a illuderci.

La seconda invece è tratta da The Place of No Shadows di Alexander Jablokov.
La strada verso la verità è lunga,
e completamente lastricata di bastardi arroganti.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 25
*** XXV. Militanza ***


All the wisdom to lead,
All the courage that you need.
You will find when you see,
We are one.

--Simba (Return to Pride Rock)

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ XXV. MILITANZA ~

"Il nome di nostra figlia." Squall rimase immobile, senza fiato.

Alex chiuse gli occhi, voltandosi. Voleva andarsene, ma sapeva che Squall l'avrebbe fermata. Per così tanto tempo, lei era stata l'unica con cui Rinoa poteva confidarsi, e ora era la persona che aveva tradito il suo segreto. Dirlo a Irvine e Zell era una cosa... ma dirlo a Squall era completamente diverso. Avrebbe dovuto essere Rinoa a dirglielo, e gliel'avrebbe detto... prima o poi.

Il tempo ora era un fattore irrivelante, bisognava gestire il problema di quel momento... nello specifico, l'uomo fulminato che stava immobile di fronte a lei. Forse, se lui avesse detto qualcosa... se avesse avuto una qualche reazione oltre ai commenti iniziali, e invece c'era completo silenzio... E il silenzio la stava uccidendo.

La mente di Squall correva al ritmo di migliaia di domande al secondo... come, quando, perché? Come aveva fatto a non accorgersene due anni prima, al Garden? Come aveva fatto a non accorgersene la prima volta che aveva visto Allison? Quando l'aveva scoperto Rinoa? Quando aveva intenzione di dirglielo? Perché...

Perché?

Perché, dopo tutto quello che avevano passato nelle loro brevi vite, il destino era stato così crudele? Che Hyne fosse un dio così malvagio da lasciar accadere una cosa simile? Perché il destino li aveva uniti - solo per separarli brutalmente?

E perché, perché Rinoa non glielo aveva detto...

Che la sua fiducia fosse persa e il suo spirito distrutto a tal punto da non potersi più fidare di lui? Il loro passato non aveva significato niente? Dubitava anche del suo amore per lui?

Lei lo aveva lasciato.

Non importava il motivo, o come erano andate le cose, i fatti rimanevano quelli: lei l'aveva fottutamente lasciato. Avrebbe dubitato della sua innocenza, se Rinoa fosse tornata dopo l'attacco? Possibile che avesse così poca fiducia in lui? Non lo aveva contattato dopo essere fuggita...

L'aveva aspettata, dannazione a lei, l'aveva aspettata... ma lei non c'era.

"Squall," lo pregò Alex. "Per favore, di' qualcosa."

"Dimmelo," rispose lui con una sorta di ruggito basso e roco. "Dimmi che Allison è mia figlia. Voglio sentirlo da te. Voglio sentire quelle parole."

Anche se il suo cuore non aveva certo bisogno di conferme, la sua mente logica le voleva. Ma fu la risposta che gli diede Alex che chiuse la questione, o qualsiasi dubbio che ancora rimaneva nella sua mente.

"Squall, non sono io a doverti dire quelle parole. Non posso. Per favore, parla con Rinoa."

"Hai dannatamente ragione. Credimi... le parlerò sicuramente. Come ha potuto?"

"Come ha potuto! Non osare dirle una cosa del genere. Dopo tutto quello che è successo, quello che ha passato... non osare farle del male in qualunque modo. Farà di tutto per proteggere Allison... se cominci a comportarti così, se ne andrà. Per quanto ti ami, e per tutti gli dei possibili, ti ama davvero, se ne andrà... non per ferirti, non perché lo vuole, solo perché è stata ferita troppe volte e non permetterà che Allison viva lo stesso inferno. So che adesso sei arrabbiato, ma non è cambiato nulla, Squall. Lei e Allison hanno bisogno di te come loro cavaliere... mente, corpo e spirito. Non dire cose che rimpiangeresti. È ancora volubile, non sai cosa le ha fatto passare Bennett... non potresti mai immaginarlo. Quattro giorni con te non possono far dissolvere i due anni di torture, ricordatelo."

Alex afferrò il piccolo anello di Griever che aveva al collo, tirando appena la catenina. Squall non disse nulla, fissò solo oltre lei, con gli occhi che non tradivano alcuna emozione.

"Per favore, Squall, se Ellione fosse qui ora vorrebbe che tu ti calmassi prima di parlare con Rinoa. Mettiti nei suoi panni, e pensa a cosa ha sopportato."

"Giusto... se Ellione fosse qui," replicò lui, tagliente. "Ma non c'è. E fidati, tu non sei affatto Ellione."

"Lo so," disse lei amaramente. "E tu non sei affatto Laguna, quindi non commettere i suoi errori."

*~*~*~*~*

Mentre calava la notte, la Lagunarock atterrò vicino al Garden di Balamb. Alex tornò alla zona dell'equipaggio, senza dire una parola a Rinoa di quello che era successo. La verità era che dovevano affrontare loro questa cosa, da soli.

Come avrebbero dovuto fare fin dall'inizio.

Quando l'aveva lasciato, Squall non aveva detto altre parole dopo l'ultimo commento. Le aveva voltato la schiena, e si era diretto dove Alex l'aveva trovato.

Rinoa era seduta su uno dei sedili, e fissava l'orizzonte lontano. Zell e Allison gattonavano insieme sul pavimento. Irvine era sceso dal ponte di comando, e ora guardava l'intenso nascondino a cui giocavano i due 'bambini' del gruppo. Alex si sedette accanto a Rinoa, guardando l'esperto di arti marziali che si muoveva intorno ai sedili, ma senza mai perdere di vista la bambina.

"Rinoa, sembra davvero che ci sappia fare," ammise Alex senza secondi fini, solo a scopo di conversazione.

"Sì, è sempre stato bravo con i cadetti più piccoli. Vorrei solo che Squall..."

"Cosa? Fosse bravo coi bambini? Non dirlo nemmeno, Rin. Ci sono persone che per natura non sono a proprio agio con i bambini... e non sono brave con loro. Comunque, quando si tratta di tuo figlio, impari... e poi arrivi ad apprezzare altre cose che potresti aver perso. A volte, avere un bambino cambia il tuo modo di vedere le cose... alcune cose non vengono naturali a tutti... alcune cose vengono naturali dopo che è passata la paura."

"Lo so... scusa. È che non riesco a immaginare Squall per terra con Ally a quel modo."

"Rinoa, non ne ha mai avuta la possibilità. Le persone possono sorprenderti. Squall può sorprenderti. Forse non gattonerà mai, ma esserci per il primo dentino è altrettanto importante."

"Alex, lei ha già messo i dentini."

"Ok, ok... esserci quando perderà il primo dentino può essere altrettanto importante. O... esserci per il primo giorno di scuola, o il primo appuntamento, o quando si sposerà..."

"Ho capito! Per favore, è ancora piccola. Non ho bisogno di pensare a quando si sposerà. Me lo immagino, lei che ha un appuntamento e Squall che spaventa a morte il povero ragazzo..."

"Esattamente." Alex mise la mano su quella di Rinoa. "Ti ama. Ama lei... forse non è ancora pronto ad ammetterlo, tutto lì. Per lui è tutto nuovo. Quattro giorni fa, non eri altro che un ricordo. Oggi sei reale."

"È anche sposato," disse a bassa voce Rinoa, perché la sentisse solo Alex.

"Rinoa... è sposato solo sulla carta. Ci sono cose più importanti... come il legame che condividete. In più, sono abbastanza sicura che sua moglie sia interessata a quell'altro ragazzo."

"Seifer?" Rinoa guardà l'amica, meravigliata.

"Uhm... ecco... lui... non che agli altri piaccia particolamente, però."

"Beh, è stato tipo il mio ex-ragazzo e poi è stato quello che ha cercato di sacrificarmi ad Adele."

"Dannazione Rinoa, certo che ti scegli proprio i migliori."

"Eh già!" Non poté fare a meno di ridere.

Le risate si interruppero quando una piccola mano sfiorò il ginocchio di Rinoa. "Mami?"

"Dimmi Ally, tutto ok?"

"Ell... mia baba." La bimba puntò il dito contro all'uomo biondo nascosto dietro un sedile.

"Zell, le hai rubato il biberon? Non costringetemi a separarvi."

Lui saltò velocemente in piedi per difendersi. "Ha cominciato lei!"

"Certo Zell, dai la colpa alla bambina. Ora, se fate i bravi, vi do un cracker per uno. Ma dovete giocare da bravi." Rinoa allungò due cracker alla figlia; Ally camminò incerta verso il suo nuovo amico per condividere il premio.

"Rinoa," disse Squall con tono ufficiale. "Abbiamo il nulla osta per entra al Garden. Vi aspettano tutte e tre in infermeria. La dottoressa Kadowaki vuole la documentazione medica per il database del Garden. Ho un appuntamento con Cid sulla situazione attuale... Non so quanto ci metterò. Non aspettare che torni, stanotte."

"Tornare dove?" chiese Rinoa.

"Tornare... dovunque tu sia. Ho solo bisogno di sistemare alcune faccende. Sarò nel mio ufficio... Zell starà con te e Alex per stasera. Sarete protette da qualcuno di cui posso fidarmi per tutto il tempo."

Alex distolse lo sguardo dalla coppia. Zell colse l'espressione del suo viso e realizzò velocemente che stava nascondendo qualcosa... poi si ricordò di quanto a lungo Alex era rimasta fuori. Prese in braccio la bambina, trovando un sedile libero, e fece un cenno leggero del capo verso Ally. Alexandra fece di sì con la testa.

Squall sapeva di Allison.

"Irvine, tu verrai con me, Cid ha bisogno anche del tuo rapporto. Secondo Galbadia, il Garden sta dando rifugio a dei criminali ricercati... dobbiamo chiarire i fatti... strano come possano apparire le cose se una persona non ha abbastanza coraggio da tornare e dire le cose come stanno."

Alex si morse il labbro per tenere per sé il commento, mente lei e Zell si scambiavano uno sguardo veloce. Fortunatamente, Rinoa stava mettendo via le cose di Allison e ascoltava solo a metà ciò che Squall stava dicendo. C'era ora un silenzio imbarazzato sull'intero gruppo, esclusa Allison.

"Mami... notte-notte?"

Squall si avvicinò a Zell, guardando la bambina che teneva in grembo. Guardandola negli occhi, i suoi stessi occhi... in qualche modo, la verità sembrava dolorosamente ovvia. Per un momento, non riuscì a focalizzare l'attenzione su nulla tranne che su sua figlia...

La bambina gli allungò il cracker, offrendogliene un po'. "Tu?" chiese, innocente.

"Io? Uhm... no, è tuo, ma grazie."

"Tu?" La piccola lo guardò, con le briciole che cadevano sul pavimento.

Squall sembrò confuso per un momento; una delle rare occasioni in cui osservatori esterni potevano intuire che fosse stato davvero preso alla sprovvista. Alex si voltò verso Rinoa con un'espressione del tipo te l'avevo detto, mentre i due continuavano il loro dialogo confuso.

"Io?" chiese di nuovo il Comandante.

"Tu?" La bambina puntò nella sua direzione. "Chi?"

"Oh." Finalmente lui capì. Si abbassò al suo livello, inginocchiandosi per terra. "Sono Squall Leonhart Comandante del... uhm... sono Squall."

"Skall?"

"Sì... Skall," ripeté lui. "Sono un amico della tua mamma."

"Mami?" La bambina puntò verso Rinoa. "Dove papi?"

Nessuno nella stanza poté respirare, e Rinoa si sentì affondare il cuore, mentre cercava di trattenersi dal piangere davanti a tutti. Squall voleva quasi urlare che era proprio lì, di fronte a lei... ma l'unico padre che lei aveva conosciuto era Richard Bennett.

Lentamente allungò una mano a toccarle la guancia. "Lui, uhm... papi non è qui adesso, ma ti vuole bene comunque. Vuole che tu e mami rimaniate con me, per un po'."

"Skall," Ally puntò il dito e sorrise dicendo il suo nome.

"Sì, papi vuole che rimaniate con Skall per un po'. Vuole che non vi succeda niente. Vuole che io protegga te e mami."

La bambina rosicchiò il suo cracker fino a che non ne rimase solo un pezzettino. Guardò Squall che sembrava nervoso. Ancora una volta, gli allungò l'ultimo pezzo di cracker. Lui sospirò e lo prese... e mangiò il pezzo rimasto.

"Grazie, Allison... grazie."

Si alzò, non voleva parlare con nessuno in quel momento. In qualche modo, l'emozione che sentiva avrebbe tradito i suoi sentimenti... in un così breve periodo di tempo, la sua vita era cambiata nella maniera più drammatica. Cinque giorni prima, non aveva ragioni per vivere, ora aveva tutte le ragioni per non morire.

Una famiglia.

In qualche modo, la rabbia per l'inganno di Rinoa lo tratteneva dall'abbassare la guardia. In quel momento, aveva solo bisogno di stare solo; aveva bisogno di tempo per riflettere su ciò che aveva scoperto. Ma soprattutto, aveva bisogno di calmarsi prima di parlare con Rinoa. Alex aveva ragione, lei era ancora troppo fragile. Gli avrebbe detto la verità... lui sapeva che l'avrebbe fatto.

*~*~*~*~*

Guardò le luci lampeggianti sui pannelli di controllo mentre formavano una combinazione ipnotizzante. Erano atterrati quasi quindici minuti prima, ma lei era rimasta nella cabina di pilotaggio. Selphie se n'era andata con un cortese saluto, ma non con lo stesso entusiasmo di prima... Poteva capire quanto fosse dura da accettare per i suoi amici più stretti; cosa avrebebro pensato gli altri, al Garden?

"Un guil per i tuoi pensieri?" chiese una voce maschile dietro di lei.

Lisciandosi i vestiti, si alzò. "Seifer, solo tu useresti un luogo comune come quello."

"Nah, sono serio," disse fingendo di mostrarle le tasche vuote. "Mi servono davvero un paio di guil. È tardi e ho bisogno di prendere qualcosa al distributore."

Lei sorrise appena. "La mensa dovrebbe essere ancora aperta. Sono sicura che puoi prenderti qualcosa."

"Ah già... manda il criminale ricercato in una mensa piena di SeeD affamati. Potresti, già che ci sei, mettermi un cartello sulla schiena con scritto Prendete a calci nel culo il Cagnolino della Strega."

"Beh," esitò lei. "Onestamente, lo farei... ma ci ha già pensato Zell tre ore fa."

Offrendole la mano, lui si avvicinò di un passo. "Se ti fa sentire meglio, Quistis, nemmeno io voglio andare là dentro."

"Pensi che se ne accorgeranno se rimaniamo per tutto il resto delle nostre vite nella Lagunarock?"

"Fidati, a me piacerebbe... ma Leonhart vuole che vada dal dottore. Secondo me hanno paura che mi sia preso qualcosa, forse mi faranno fare il test per la rabbia o una cosa così."

"Seifer, è una procedura standard per tutti gli ospiti del Garden fornire tutta la documentazione medica... almeno, per tutti coloro che si fermano per un periodo di tempo significativo."

"Sì, penso che tra i dieci e i vent'anni basti."

"Sei preoccupato per quello, vero?"

"Cerco di non pensarci. È che non sono mai stato bene nei vestiti a righe... mi fanno i fianchi grossi."

Quistis abbassò lo sguardo al pavimento, prima di fare un grosso respiro. "Seifer, lo stai facendo di nuovo. Stai cercando di nascondere quello che provi con il sarcasmo. Non l'ho mai visto prima... beh, veramente sì... ma ho scelto di ignorarlo."

"Avevi altre cose per la testa... lo so. Ironico come tutto torni sempre a Squall."

Lasciandogli la mano, Quistis si sedette al posto del pilota. "Tornare a Squall," ripetè. "Seifer, non ho un posto in cui andare."

"Eh?" Si grattò la testa, confuso dall'improvviso cambio di argomento.

"Non ho più una casa... non che sia mai stata una casa. L'appartamento. È che non ho una camera al Garden. Sono stata lì per quasi tutta la vita, ma non ho una casa."

"Adesso tocca a me dirti basta. Quistis, è sempre stata casa tua. Forse ora come ora non hai un letto in cui dormire, ma è un posto in cui ti senti al sicuro. Le persone che ci vivono ti hanno sempre accettata, sempre ammirata. Nessuno sa la verità tranne noi, e con il tempo impareranno a perdonare. Non dico che possano dimenticare... Diamine, nessuno dimenticherà mai cosa ho fatto io... ma questi sono i tuoi amici, e la tua famiglia. Ti ameranno, non importa che hai fatto, e... e... io faccio schifo in queste cose carine."

"No, non fai schifo. Penso che te la stia cavando piuttosto bene. Facciamo un patto, quando hai finito in infermeria andiamo insieme alla mensa. E poi non ti presto guil... ma ti racconto lo stesso quel che penso."

"Ooooh... pensieri? Che coinvolgono panna montata, magari?"

"Seifer!"

"Ok, ok... stavo scherzando. Ti sei guadagnata un appuntamento galante... alla mensa."

*~*~*~*~*

L'incontro con il preside era la norma militare... briefing, rapporti e scartoffie infinite. Irvine, lauren, Squall e Cid erano nella piccola stanza delle riunioni. Mentre la mente del Comandante sembrava attenta a ciò che succedeva intorno a lui, il suo cuore era tutto focalizzato su Allison. In qualche modo, la sensazione di essere lui quello che era stato tradito continuava a insinuarsi nei suoi pensieri. Era un pensiero che pregava Dio di potersi scrollare di dosso, ma gli rimaneva comunque appiccicato. Aveva bisogno di parlare con Rinoa, subito. Aveva bisogno di sentirlo dire da lei.

"Squall?" Lauren lo guardò, mentre gli altri due uomini uscivano dalla stanza per una pausa caffè.

"Che c'è?" Si guardò notando, notanto che erano gli unici due nella stanza.

"Il preside ha concesso una pausa. Posso portarle qualcosa, signore?"

"No."

"Hey, non sono affari miei, ma non sembra che lei sia il membro della società più produttivo, qui. Lavoro per lei da un po' e non l'ho mai vista in questo stato. Sono sicura che qualsiasi cosa potrebbe aspettare fino a domattina, se lei preferisce andare a parlare con..."

"Hai ragione, non sono affari tuoi."

"Mi scusi, signore."

Guardandola, intuì che Lauren si sentiva molto a disagio nell'affrontarlo così apertamente. Aveva lavorato per lui e non aveva mai detto nulla più del necessario. Fingeva di lavorare, ma lui riuscì a vedere che stava disegnando sul suo taccuino.

"Potresti almeno fingere di lavorare," disse accennando al blocco note.

"Mi scusi, signore, è un'abitudine nervosa."

Si alzò e si avvicinò a lei, guardando il foglio. "Beh, non voglio vederti farlo ancora durante il mio orario di lavoro. Ma... sembra che tu sia molto brava."

"Signore?"

"I tuoi schizzi sono molto belli. È un GF, quello?"

"No, a dire il vero è il mio stemma di famiglia... quando sono stata trasferita qui da Galbadia, mio padre mi ha dato alcune foto di mio nonno. Per quel che ne so, questa è la creatura incisa sugli scudi."

"La tua famiglia è molto importante per te, vero?"

"Sì, Comandante Leonhart."

"Puoi farmi un favore?"

"Certo, signore."

"Di' agli altri che devo andare, ho qualcosa... qualcosa di più importante da fare."

*~*~*~*~*

La stanza era sorprendentemente buia. Rinoa gettò le sue cose su una sedia. Il Garden le aveva assegnato una suite per gli ospiti, con due camere da letto. Alex era stata lasciata libera dalla dottoressa poco prima, e aveva riportato Allison alla loro camera comune. Lo staff delle infermiere aveva fatto un migliaio di domande a Rinoa, e poi un altro migliaio l'aveva fatto la Kadowaki.

Se fosse spuntata l'inevitabile domanda sul nome del padre... Rinoa non avrebbe saputo come rispondere. Ma non aveva dovuto, in un modo o nell'altro la dottoressa sapeva. La domanda non fu mai fatta direttamente. L'informazione ora era salvata nel database del Garden, accessibile più o meno a chiunque. Eppure, non l'aveva ancora detto a Squall.

Zell l'aveva scortata alla sua camera; poi era rimasto fuori a far la guardia, in attesa che Irvine gli desse il cambio.

Immaginò che Alex fosse già andata a letto, e aveva il disperato bisogno di parlare con qualcuno. Rinoa camminò nella stanza per un momento, prima di aprire appena le tende. La luna piena sembrava quasi un fantasma con la nebbia che saliva dall'acqua sottostante, dando alla metà illuminata della stanza un'atmosfera di rivelazione, mentre l'altra metà rimaneva un vuoto buio. Un'improvvisa ansia la invase, fino a quando il suono lieve del chiacchericcio di Allison in sottofondo la raggiunse.

Era una lingua che solo la bambina poteva capire, ma ogni giorno Rinoa imparava qualcosa di più. Decifrare il codice segreto di una bambina di sedici mesi era diventato naturale. Parole e sillabe diventavano più riconoscibili ad ogni loro conversazione. Era qualcosa di loro, una lingua condivisa dalle due... da madre e figlia.

Allison aveva un vocabolario tutto suo. Per lo meno, anche la parola "Squall" ne faceva parte.

Decise di non accendere la luce, ed entrò nel cucinino. La luce sopra al lavandino sarebbe stata più che sufficiente.

"Ti ho aspettato al campo fiorito."

Rinoa sussultò; non si aspettava che qualcuno fosse sveglio, e tantomeno che le parlasse. Ad ogni modo, la tensione non si dissolse quando riconobbe la voce. Anzi, aumentò. Il suo corpo era quasi paralizzato, ma non sapeva perché... Perché lui era lì? Voltandosi verso l'angolo, riconobbe a malapena una sagoma umana.

"Squall, che ci fai qui?"

Lui non rispose.

"Squall..."

"Lo sai che ti ho davvero aspettato al campo fiorito? Dopo Deling. Ho pensato che forse... soltanto, forse... ma... no."

La voce. La frase. Qualcosa non andava. Da quando si erano rivisti, tre giorni prima, lui non si era messo sull'offensiva o cose simili. Ora invece sì. Non aveva bisogno di leggergli gli occhi, perché per una volta la sua voce mostrava l'emozione che lui cercava duramente di nascondere.

"Come? Come dovevo fare ad arrivarci, Squall... e per quale motivo? Mi avevi già etichettata come un'assassina," supplicò, cercando di rimanere forte. Anche se ora manteneva fermamente la sua posizione, dentro di sé Rinoa desiderò essere andata al loro posto. Quell'opzione non le si era mai presentata, allora. "Ti ho visto là sopra, a Deling, Squall... non dimenticare che ti ho visto. Per quanto volessi andarci... non potevo rischiare."

"Perché? Perché non potevi rischiare, Rinoa?" Non era propriamente una domanda, era più una sfida. Lei si mise immediatamente sulla difensiva. Non l'avrebbe ingannata. Lei, allora, aveva tutte le ragioni.

E lui tutti i torti.

"Mi avresti consegnata alle autorità... dannazione, Squall, ti ho visto."

"Avrei potuto," la corresse lui. "Avrei potuto consegnarti alle autorità. Ti avrei ascoltata, se tu me ne avessi dato la possibilità. Ma non l'hai fatto. Di nuovo... ti chiedo perché."

"Perché? Perché diavolo avrei dovuto rischiare... la mia vita per una possibilità, Squall? Non potevo rischiare." La rabbia nella voce di Rinoa iniziava a tradirla. Dopo tutto quello che lui aveva scoperto della sua vita... non aveva alcun diritto.

"Avevamo promesso."

Lei rimase senza fiato, e cercò di trattenere le lacrime... aveva ragione lei, dannazione. Ma... anche lui aveva ragione... avevano promesso. Le cose erano cambiate.

"Tu non hai mantenuto la promessa. Avevi promesso di proteggermi, mio cavaliere, avevi promesso di stare dalla mia parte qualunque cosa fosse successa. Non sei stato con me. Tu hai mentito."

"Non valeva la pena rischiare, per parlarmi? Hai scelto di non parlarmi. Non ho avuto altra scelta che crederti colpevole. Sei scappata... mi hai tradita."

"Cosa? Te l'ho detto, Squall, Ellione mi ha avvertito che sarei morta se fossi rimasta. Ho dovuto scappare, non è stata una mia scelta."

"Nessuno può prevedere il futuro... sono parole tue. Anche tu sapevi che Ellione non poteva vedere nel futuro. Solo quello che avrebbe potuto essere... ma sei fuggita. Trovo strano che tu, prima di allora, sia stata disposta a mettere a rischio la tua vita così tante volte. Eppure, quella volta non sei rimasta a difendere noi, la tua presunta famiglia. Perché, Rinoa? Perché stavolta era diverso?"

"Non volevo morire!" Lei sbottò, la frustrazione che cresceva per il tono e la linea del suo interrogatorio. Gli voltò le spalle, smettendo di guardare nell'angolo buio. Lentamente si avvicinò alla finestra, cercando di ridarsi un contegno. Per la prima volta lo sentì muoversi, rompendo l'immobilità soprannaturale dell'angolo. Squall si alzò dalla sedia e si avvicinò a lei, pur mantenendo le distanze.

"Perché?" Era una richiesta. Diretta. Semplice.

Voltandosi a guardarlo, gli vide gli occhi per la prima volta. Gli occhi che conosceva al di là di ogni dubbio. Gli occhi che tradivano le sue parole. Contenevano non solo il tono con cui parlava, ma erano anche pieni di...

Prima che Rinoa potesse pensare a cosa voleva dire, qualcosa di profondo dentro di lei ebbe la meglio.

"Perché non era la mia vita." Non poteva più sostenere il peso della bugia. Sedendosi sul divano, si strinse forte lo stomaco mentre le lacrime le cadevano libere sul viso. Questa volta fu un sussurro. "Squall, perché non era la mia vita."

Per un momento, lui la guardò soltanto, mentre la luna si rifletteva sulle sue guance macchiate di lacrime. Il suo cuore non poteva più sopportare la tortura a cui lei si stava sottoponendo. A cui lui la stava sottoponendo. Sedendosi accanto a lei, la voce perse lentamente i toni aspri. Le prese la mano con la sua, tremante. Il contatto diede ad entrambi la forza di continuare.

"Era la vita di chi, Rinoa?" sussurrò. Posandole una mano sulla guancia, le asciugò attentamente le lacrime.

Lei alzò lo sguardo su di lui, appoggiando il viso sulla sua mano gentile. I loro occhi si incontrarono, prima che lei, finalmente, parlasse.

"Quella del nostro bambino."

*****
Note delle traduttrici: capitolo rivisto e betato da DefenderX.
Stavolta non sono stati inseriti capitoli vecchi rivisti: vogliamo darvi il tempo di leggere i 10 già postati^^
Vi ricordo, se volete ricevere via email notifica degli aggiornamenti, che potete iscrivervi alla newsletter che abbiamo aperto per questo^^
Citazioni di apertura: tratta dal film "Il Re Leone (Return to Pride Rock)".
Tutta la saggezza per comandare,
Tutto il coraggio di cui hai bisogno.
Li troverai quando vedrai
che siamo una cosa sola.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 26
*** XXVI. Dissonanza ***


That's the way things come clear.
All of a sudden. And then you realize
how obvious they've been all along

- Madeleine L'Engle

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ XXVI. DISSONANZA ~

Lei si asciugò le lacrime e si alzò, illuminata solo dalla morbida luce della luna. In silenzio, gli offrì la mano. Squall si allungò per incontrare il suo gesto, entrambi tremanti. Tremavano per un nervosismo che nessuno dei due sapeva spiegare... forse era il momento, forse era l'emozione, o forse era che per la prima volta potevano guardarsi l'un l'altro con sincerità. Niente più segreti tra loro; niente più bugie a separare le loro anime.

I capelli neri di lei erano spettinati e intricati. Gli ultimi due, durissimi anni avevano preteso il loro tributo sui suoi lineamenti, eppure, ai suoi occhi, lei rimaneva l'angelo più bello. Stringendogli la mano con le dita magre, lo accompagnò nei recessi oscuri della stanza. Lui non disse nulla, lasciò che lei lo guidasse. Aprì una porta che era rimasta socchiusa, permettendogli di focalizzare gli occhi sulla bambina addormentata all'interno.

Allison giaceva in una culla portatile che il Garden aveva a disposizione per occasioni simili. Ospiti e visitatori viaggiavano spesso con bambini, quindi erano state fatte spese del genere. Mai, nemmeno nelle sue più sfrenate fantasie, Squall avrebbe pensato, quando aveva fatto la richiesta d'acquisto anni prima, che sua figlia ne avrebbe usufruito. Le sue piccole mani erano strette sicure intorno al bordo della coperta. Piccole dita si muovevano piano avanti e indietro, permettendo al materiale setoso di cullarla nel sonno. Il suo respiro ritmico e profondo provava che era scivolata nel sonno. Rinoa si allungò attentamente verso di lei, avvolgendo la bimba addormentata nella coperta.

"Squall Leonhart, permettimi di presentarti ufficialmente tua figlia... Allison Raine Elizabeth."

Il Comandante rimase in silenzio, senza sapere come esprimere l'emozione. Per così tanto tempo tutto era rimasto sepolto in profondità dentro di lui, e ora, in un periodo di tempo così breve, era rinato completamente. Istintivamente allungò le braccia mentre Rinoa gli metteva la bambina addormentata in braccio. Ally si agitò un momento; aprì un occhio e guardò l'uomo che la teneva in braccio, e poi tornò quieta a dormire.

"Ciao, Allison," s'incrinò la sua voce, spezzando il buio.

Passarono minuti in cui nessuno dei due voleva parlare, solo godersi quei momenti insieme. Una famiglia. Per la prima volta nelle loro vite... erano una famiglia.

"Squall, pensi mai ai vecchi tempi?"

"Ogni giorno," sussurrò lui, senza mai distogliere gli occhi da sua figlia.

"Alex ha detto una cosa che mi ha infastidito, a Dollet. All'inizio ho pensato che si stesse sbagliando completamente, ma dopo aver pensato a quello che voleva dire davvero... beh..."

"Beh... cosa?" Non voleva suonare duro, ma non aveva potuto evitare il suo tono di voce.

"Gli ultimi due anni sono stati un incubo per tutti e due. Non posso nemmeno dirti quante volte ho desiderato arrendermi, ma Allison mi ha dato la forza di continuare. Nostra figlia..." Rinoa allungò una mano a toccare la guancia della piccola. Al contatto, la bambina si strinse più vicino al petto maschile di Squall. Non era sicura di come fare a riferire le parole che sentiva, ma voleva provarci. Chiudendo gli occhi, Rinoa inalò profondamente prima di fare la domanda successiva. Una domanda che poteva a malapena capire lei stessa. "Squall, pensi mai che quello che è successo sia stato per il meglio?"

Lui si raggelò all'istante. Le braccia gli si strinsero appena intorno a sua figlia, e la bambina si mosse all'improvviso cambiamento di pressione. Quando Allison si calmò di nuovo, Squall rimase in silenzio per un momento, cercando di controllare la rabbia. Per la prima volta guardò la donna accanto a lui, gli occhi che lo pregavano di comprendere.

Cercò di non svegliare Allison, ma non poté evitare l'irritazione nella voce. "Come diavolo puoi dire una cosa del genere, Rinoa?"

Lei ridacchiò appena, "sì, questa è stata anche la mia prima reazione: troppo arrabbiata per ragionare." Rinoa continuò a ridere appena; non che la situazione fosse anche solo lontanamente divertente, ma per il fatto che era già passata attraverso tutte le emozioni concepibili. L'umorismo sembrava essere l'unica cosa rimasta.

Riducendo gli occhi a fessure per la sua reazione, lui domandò, "che c'è da ragionare?"

Lei gli sorrise dolcemente, i lineamenti accentuati dalla luce naturale della luna. C'era un'aura pacifica e tranquilla intorno a lei, che calmò perfino lui. "Ok, Squall... ripensa a due anni fa. Non con i sentimenti di adesso, ma la persona che eri allora. Le persone che eravamo allora."

"Sì... e quindi?"

"Non rispondermi come lo Squall Leonhart di ventidue anni, ma come la persona appena fuori dall'adolescenza. Ricorda quello Squall Leonhart... okay... immagina che io venissi nel tuo ufficio e ti dicessi che ero incinta... come l'avresti presa?" Alzò un sopracciglio, sorridendogli; non poteva tenere gli occhi su di lei. In qualche modo, sapeva che lui non doveva pensare troppo per ricordare quella persona, perché non l'aveva mai del tutto lasciata alle spalle.

Tornando a guardare Allison, Squall rispose meglio che poteva. "Sarei stato... beh, scioccato."

"Sincero, Squall." Gli posò una mano sul braccio nudo, e il suo tocco caldo lo rassicurò che lei c'era davvero. Avrebbe fatto del suo meglio per capire, anche se la risposta non gli sarebbe piaciuta.

"Rinoa... sarei stato arrabbiato. Hai accennato a sposarci più volte di quante mi interessa ricordare... Penso che guardando alla persona che ero allora, il dubbio che lo avessi fatto apposta mi sarebbe venuto. Ma so che entrambi pensavamo che tu fossi sterile. La situazione sarebbe stata... beh... opprimente."

"Quindi, Squall, cosa avresti fatto? Non come Comandante, ma come mio ragazzo."

La sua mente rispose prima che le parole gli uscissero di bocca. C'era solo una cosa che avrebbe fatto. "Ti avrei sposato... così... beh, sarebbe stato più facile in quel caso se ci fossimo sposati."

"Giusto Squall, mi avresti sposato... non ne dubito. Ma volevi davvero sposarti? Squall, non rispondermi con la testa di oggi... pensa davvero ad allora."

C'era solo una risposta. "No, Rinoa, non ero pronto allora... nemmeno se la moglie eri tu."

"Avresti comunque fatto la cosa giusta sposandomi. Onestamente, io sarei stata eccitatissima all'idea di essere la signora Leonhart, in qualunque modo lo fossi diventata. La mia opinione sarebbe stata che ti saresti abituato al matrimonio, ma..."

"Avrei finito per provare risentimento, dopo un po'," rispose onestamente... la stessa situazione in cui si trovava davvero nel presente. Il risentimento per Quistis...

"Esattamente."

Aveva ragione. Se Rinoa fosse stata sua moglie, e non Quistis, la situazione sarebbe cambiata in meglio? Entrambi i matrimoni sarebbero stati forzati, un impegno che non era pronto a prendersi. Non importava la sposa, era lui stesso a non essere pronto per quell'atto. Il suo cuore era ancora troppo giovane, e la sua mente troppo persa. C'era voluto tempo per capire cosa era importante, e c'era voluto tempo per ammetterlo a se stesso. Ma il dolore, l'agonia... il tradimento, come poteva valere la pena?

Alla fine disse, "questo non nega tutte le cose orribili che sono successe."

"Squall... vorresti che fossi tua moglie, ora? Rispondimi come la persona che ho di fronte a me oggi."

Lui le guardò nell'anima. "Sì. Ti amo con tutto il cuore."

"Squall, ti amo anch'io, più di quanto tu possa mai comprendere. Ecco perché non voglio essere tua moglie."

"Cosa?"

"Squall, se avessi scelta ora... non vorrei essere la signora Leonhart. Perché ho imparato una cosa... non importa come diavolo mi chiamo, che sia Renee Bennett, Rinoa Heartilly, o Rinoa Leonhart. Il mio amore per te va oltre il matrimonio, oltre i legami fisici. Squall, voglio solo essere la persona che ami con tutto il tuo cuore. E... lo sono. Non siamo legati da un contratto di matrimonio... le nostre anime, i nostri cuori, e i nostri spiti sono legati fino a oltre l'eternità."

"Non proveremo mai risentimento l'uno per l'altra. Abbiamo sperimentato la perdita e il tradimento... siamo diventati più forti, per questo. C'è voluto il male per rafforzare il bene," sussurrò, guardandola negli occhi.

Lei gli sorrise, sapendo che per la prima volta lui aveva capito. "Il dolore che hai sofferto quando hai perso Ellione, due anni fa, non è stato invano. Tutto doveva andare così... forse, solo, forse... anche Ellione lo sapeva. Forse mi ha detto di andarmene... salvare il nostro bambino non ancora nato... non dai soldati, non dalla morte fisica, ma dalla relazione a cui saremmo stati costretti. Quello che tu non volevi, il risentimento in cui Ally sarebbe nata. Ora nostra figlia saprà quanto i suoi genitori contavano l'uno per l'altra... la storia che abbiamo condiviso. Possiamo sempre raccontargliela. E sarà la verità, non le bugie che avrebbe sentito dagli altri."

*~*~*~*~*

Erano rimasti solo pochi studenti a gironzolare nei corridoi. Dopo gli ultimi avvenimenti, il bighellonare apparteneva al passato. Ora si stavano davvero preparando per un conflitto serio e questo non lasciava spazio a tempo da dedicare al divertimento. Si trascorreva il tempo libero allenandosi di più o con le persone amate. I corridoi sembravano quasi le strade di una città fantasma, con l'eccezione di arbusti selvatici o coyote. Ma ogni storia presenta i suoi eroi e i suoi cattivi, e non tutto è come sembra al primo impatto.

Giocò con le ciocche di capelli biondissimi; Quistis si trovava a farlo molto spesso, ultimamente. Mentre camminava nei corridoi, il rumore dei tacchi dei suoi stivali le ricordava quello dei film western che era stata costretta a guardare con Irvine. A volte si immaginava in uno di quei film, ma l'eroe era sempre qualcun altro... qualcuno che non era mai suo. I cattivi cambiavano, come avevano fatto nel corso della sua vita, ma l'unica cosa che non riusciva a immaginare diversa era l'eroe. Non era più il Comandante la persona che immaginava su un nobile destriero, ma, in un guizzo d'ironia, era una persona che aveva spesso immaginato come il cattivo... Seifer Almasy.

Forse non gli si adattava il profilo 'tipico' dell'eroe, forse c'era qualcosa di ruvido ai bordi, ma forse era quello che la attirava a lui... l'imperfezione. Qualcosa di sconosciuto, di non visto, ma qualcosa di cui non poteva più negare l'esistenza. Le emozioni che sentiva le erano state estranee per così tanto tempo. Colse il suo riflesso nel vestro di una finestra buia. Quistis si fermò a controllarsi i capelli... non che fosse vanitosa, ma per la prima volta in anni le importava davvero il suo aspetto fisico.

Per un momento, si fermò e fissò il riflesso, insicura di chi la stesse fissando di rimando. La figura sembrava più vecchia di quanto ricordava; nella sua mente, aveva ancora diciotto anni e il mondo era ancora nuovo. Forse era pensare a ciò che era stata allora che la faceva andare avanti, forse l'aveva aiutata a mascherare il dolore che provava davvero. I suoi occhi si bloccarono sul riflesso, e sentì una paura paralizzante. Dove era andata a finire la sua vita? Perché aveva poco più di vent'anni e si sentiva così perduta? Era mai stata davvero trovata?

"Sai, fissare il rilesso non è che lo fa cambiare."

"Sei sicuro, Seifer?"

"Sì, lo sono. Fidati, ho passato molte ore a guardarmi, cercando di capire dove avevo sbagliato. E pensando che forse, in qualche modo, potevo far tornare indietro il tempo e sistemare le cose... poi ho capito una cosa... se l'avessi fatto, non sarei stato migliore di Artemisia."

Entrambi rimasero immobili a fissare i loro riflessi nella finestra. Insieme; due persone che non sapevano nulla del mondo ma ne avevano per sempre cambiato il destino.

"Pensi che Artemisia si sentisse così?"

"Sì," rispose dolcemente lui. "Forse ho imparato qualcosa dalla mia esperienza con lei; era il dolore che sentiva... il desiderio di cambiare il passato, la possibilità di vivere una vita che non aveva mai potuto avere. Ma ho anche imparato una cosa che lei non ha mai imparato... accettare il passato, vivere nel presente, e pensare al futuro."

"Seifer, mai in un milione di anni avrei pensato che ti avrei sentito dire una cosa del genere."

"Credici, supereremo tutto questo e poi ci sarà solo il futuro."

"E tu? Hai scoperto qualcosa sulle accuse di tradimento?"

"Beh, so che dovrò prestare servizio per un po' di tempo, ma quanto ancora non si sa. Onestamente, non mi interessa. Non posso preoccuparmene adesso... dobbiamo preoccuparci di Mitchell e Galbadia. Posso preoccuparmi di me più tardi, ora devo farlo per altre persone."

"Rinoa?"

"Per dirne una," disse mettendole un braccio intorno alla vita. "Ma devo preoccuparmi anche di altre persone. Ora, che ne è della cena che mi avevi promesso?"

"Cena?" chiese, guardando il riflesso di lui nella finestra. "Pensavo che fossi tu ad offrire la cena a me." Distolse gli occhi dal riflesso e la guardò.

"Bene," replicò teneramente. "Ma non ne sono ancora sicuro... non sai cosa ho passato oggi."

Lei si voltò verso di lui. "Cosa?"

"Oh, niente di particolare... solo i bisbigli e i commenti. È strano che anni fa sarei stato io stesso a farlo, diamine, sarei stato io a istigarli, ma ora..."

"Sei dall'altra parte."

"Esattamente. In qualche modo, oggi mi sono sentito davvero dispiaciuto per il modo in cui ho trattato Squall e Zell quando ero qui."

"Vedi, sapevo che c'era ancora speranza, per te..."

Seifer la interruppe, "ma soprattutto mi dispiace per il modo in cui ho trattato te. Non te l'ho mai resa facile... ero io a bisbigliare e a inventare pettegolezzi su di te. Quello che so, adesso, è che ero sempre geloso di Squall... perché lui sembrava avere tutto... il talento, il rispetto... te."

"Me?"

"Penso che la metà dei motivi per cui inventavo i pettegolezzi su di voi era la gelosia... ecco, l'ho detto. Nessuno mi ha mai visto per la persona che ero... quindi ho inventato una persona che pensavo tutti volessero. Alla fine non la voleva nessuno."

Quistis guardò il corridoio che portava alla mensa, e poi guardò Seifer. "Io, uhm... mi hanno assegnato una stanza nella sezione degli studenti. È una stanza singola, quindi che ne dici se prendiamo qualcosa alla mensa e andiamo là? Così saremo con le uniche persone che ci vedono per chi siamo davvero... noi stessi."

"Professoressa, questa è l'idea migliore che tu abbia mai avuto."

*~*~*~*~*

L'acqua calda le danzava sulle spalle. Ogni goccia sembrava un sollievo benaccetto. I piaceri più semplici, come una doccia calda, erano tutto tranne che dimenticati, nella sua vita. Mentre il vapore le avvolgeva il corpo, riuscì finalmente a rilassarsi. Squall sapeva la verità, sapeva di sua figlia. E soprattutto, l'aveva accettata... sarebbe stato il padre di cui non era stata sicura anni prima.

Dopo aver parlato, lui si era steso sul letto, come per non disturbare la bambina. Rinoa si era lentamente congedata per fare una doccia. Il tempo che passava lontano da loro la uccideva, ma sapeva che lui aveva bisogno di questi momenti con Allison. Anche il fatto che dormisse era confortante; i primi momenti di Squall con lei sarebbero stati pacifici. Avrebbe imparato a sentirsi più a suo agio in quella situazione.

Mentre chiudeva i rubinetti della doccia, le corse lungo la schiena un brivido gelido. Era una sensazione che non poteva comprendere. Cominciò ad avere paura e si trovò incapace di respirare. Lentamente, scivolò lungo il muro della doccia, in un angolo. L'ultima goccia d'acqua scivolò nello scolo, e lei non riusciva a fermare quella sensazione fredda. Non gridò né chiamò Squall, ma il tremore continuò fino a spaventarla... non si sentiva più in controllo del proprio corpo.

Le entrarono nella testa immagini che non poteva comprendere... ricordi che non erano suoi. Flash, sogni, visioni che vorticavano. Per un momento, si trovò a Dollet, su una scogliera, mentre guardava il mare sottostante. Non poteva controllare i movimenti del suo corpo... qualcos'altro la guidava. Con un salto solenne, si tuffò nelle acque sottostanti, puntellate di rocce, in attesa di un impatto che non venne mai. Quando Rinoa riaprì gli occhi, era a Winhill e guardava un uomo che si puntava una pistola al petto. Chiuse gli occhi, mentre il sangue schizzava ovunque. Con il dolore del corpo di cui era ospite, sentì anche l'amore che quella persona provava per l'uomo morto...

Di nuovo, l'emozione divenne troppa da sopportare e si trovò a cercare di nascondersi nei recessi della propria mente. Per quanto provasse, non poteva scappare... la paura e le immagini la raggiungevano sempre. Ricordi vorticanti le annebbiarono la mente, un'infanzia non sua, mescolata ai suoi ricordi. Era in piedi in una stanza buia, niente finestre, niente porte. Poteva vedere solo un riflesso lontano. Mentre le sue gambe lottavano nel buio, si trovò guidata verso il vetro. All'improvviso, era in piedi a guardare il suo stesso riflesso. Apparve un flash luminoso e quando poté rifocalizzare gli occhi, non guardava più se stessa. C'era Ellione nello specchio, e la guardava.

"Devi essere forte. Sarà la tua unica difesa. Lui ti ama e ti amerà sempre."

Allungò una mano a toccare il riflesso, lottando contro i suoi stessi movimenti. "Ellione?" rantolò.

"Rinoa, attenta al drago che dorme tra i cavalieri."

"Drago? Quale drago? Per favore, dimmi di cosa stai parlando, non capisco!"

"Capirai presto, ma non lasciare che accada troppo tardi."

"I ricordi che ho visto... erano la tua infanzia? Quelli erano i tuoi genitori?"

"Erano ricordi di tutte noi... tutte quelle che sono venute prima di te. Siamo legate e maledette dai nostri doni. Devi imparare per vivere, devi vivere per imparare..."

"Cosa, Ellione, di cosa stai parlando? Cosa sta per succedere?"

"Tra due giorni me ne andrò, e quello che sarà della mia anima dipende dal destino. Quello che sarà di te dipende dal destino."

"Non lasciarmi! Non lasciarmi!" gridò Rinoa, mentre l'immagine tornava ad essere lentamente il suo riflesso. Rabbiosa, alzò il pugno contro lo specchio. Il contatto fece piovere scheggie di vetro nella stanza. Continuò a gridare allo specchio, che ora non era nulla più che una cornice metallica. La stanza era completamente buia. Non sentiva nulla, a parte il dolore nella mano.

Nell'ombra, sentì che qualcuno le afferrava il corpo. Cercò di lottare contro l'assalitore, ma si trovò a non averne più la forza. Alla fine, cedette e chiuse gli occhi, prima di udire la voce che la risvegliò da quella sorta di trance.

Quando aveva sentito le grida che provenivano dalla doccia, Squall aveva velocemente rimesso Allison nella culla. Prima di poter raggiungere il bagno, aveva sentito il vetro che si rompeva. Quando era arrivato, Rinoa sedeva in un angolo della doccia. Il suo corpo nudo era coperto di scheggie della porta della doccia. Aveva gli occhi aperti, ma non lo guardava; sembrava che gli vedesse attraverso.

Velocemente, lui entrò e la avvolse in una salvietta, controllando che non avesse ferite gravi. Fortunatamente, la maggior parte dei tagli erano solo superficiali, tranne svariati tagli profondi sulla mano.

"Rinoa, guardami!" le ordinò. "Guardami ora!"

Finalmente, i suoi occhi tornarono normali, gli occhi vetrati che venivano rimpiazzati dal suo colore naturale. Sembrò confusa per un momento, prima di afferrargli e trattenergli la mano.

"Ellione... Squall, ho parlato a Ellione."

"Cosa?" Lui la guardò non incredulo, ma esattamente l'opposto. Nulla nella vita lo sorprendeva più, e questa era un'altra cosa che avrebbe imparato ad accettare. "Hai parlato ad Ellione?"

Entrambi erano visibilmente scossi dagli eventi. Lei si aggrappò forte a lui; non voleva lasciarlo andare. Lui le tolse le ciocche bagnate dal viso. Insieme si alzarono, rimanendo nel bagno, nessuno dei due che voleva lasciare l'altro. Non l'avrebbe pressata; avrebbe parlato quando sarebbe stata pronta. Per ora, avevano solo trovato l'uno nell'altra il conforto che non avevano avuto per tanto tempo.

*~*~*~*~*

L'interno di un dormitorio SeeD era qualcosa che Seifer pensava di non rivedere mai più. Entrò nella stanza, e i ricordi tornarono come un fiume in piena. Il risentimento che aveva provato, negli anni, ora si era tramutato in una profonda forma di rispetto. Guardò mentre l'ex istruttrice camminava lentamente fino al piccolo armadio. Quistis ne emerse con una coperta grigia di lana. Osservò, ipnotizzato, mentre lei stendeva la coperta sul pavimento del dormitorio, creando una sorta di area da picnic.

Ogni suo movimento sembrava affascinarlo di più, ogni respiro, ogni suono. Lei alzò gli occhi a guardarlo, mentre lisciava gli angoli della coperta. Notando che la stava fissando direttamente, si trovò a diventare nervosa. Non si era sentita così per tanto tempo, come la scolaretta timida colta sul fatto mentre fissava il capitano della squadra di calcio. I loro occhi si incontrarono e Quistis si scoprì a mordersi il labbro, senza sapere esattamente il perché.

Alla fine, Seifer ruppe il silenzio. "Ti serve una mano con quello?"

"Uhm... no, grazie. Già fatto," rispose lei timidamente. "Mi dispiace, non ho un tavolo o cose simili, qui. Sono solo felice di avere un posto in cui stare, ora come ora."

"Quistis, avrai sempre un posto in cui stare... devi solo sapere dove cercarlo."

"Uhm... grazie... ora, dov'è il cibo che abbiamo comprato?"

Seifer aveva due sacchetti di carta marrone in mano. Li alzò, con un piccolo gesto. Avvicinandosi, Quistis gli prese i sacchetti dalle mani e si sedette sulla coperta.

"Stai aspettando un invito per posta?"

Lui la guardò, alzando un sopracciglio. "Forse."

"Beh, se vuoi mangiare vieni qui. Questa è la massima formalità che so avere alle due del mattino."

"Già così tardi? Mamma mia, il tempo volta quando si scappa dai soldati galbadiani."

"E non ci vogliamo certo dimenticare del tempo che hai passato all'infermeria con la dottoressa."

Seifer divenne molto serio, "oh, fidati Quistis, noi vogliamo, invece."

"Così brutto, mmh?" Aprì l'involucro del panino, buttandolo da parte.

"Peggio," disse lui semplicemente. Lei ridacchiò leggermente. "Hey, non è divertente!" Seifer difese il proprio onore. Era stata una visita fisica completa, dopotutto... non c'era niente di divertente.

"Non sto ridendo di te... davvero."

"Ah, certo, stai ridendo con me... come no, ho capito." Seifer abbassò gli occhi sulla sua confezione di fiocchi di latte, chiedendosi cosa diavolo l'avesse posseduto per farglieli scegliere. Diavolo, lui odiava quella roba... ma la scelta era tra quelli e spinaci stracotti... aveva scelto il minore dei due mali. La scelta alla mensa era ridotta al minimo a quell'ora di notte. Lentamente, giocò con la forchetta intorno al formaggio, spingendolo da una parte all'altra della confezione.

Alzando gli occhi, notò che Quistis stava cercando di trattenere le risate. La faccia le diventava sempre più rossa per lo sforzo di mantenere un comportamento decoroso. Lui raccolse un po' di cibo con la forchetta, con tutta l'intenzione di mangiarlo. Ma quando lei scoppiò in una risata fragorosa, non poté evitare di fare quello che fece dopo. Senza nessun avvertimento, piegò la forchetta e lanciò i fiocchi di latte in direzione di Quistis. Atterrò in maniera perfetta sulla sua guancia, colandole sul collo.

Lui rimase immobile per un momento, scioccato dalla sua stessa azione, mentre lei lo fissava confusa.

"Non è stato divertente," disse calma. Afferrando i fiocchi di latte dalla sua mano, gli vuotò l'intera confezione sulla testa. Bianche briciole di formaggio gli scivolarono lentamente sulla faccia e sui capelli. "Ecco, questo è stato divertente," fece lei, innocente. Senza dire una parola, lui afferrò un tovagliolo e si ripulì il formaggio dagli occhi. Poi, afferrò la piccola confezione di budino al cioccolato accanto a lui...

"Oh no, non lo farai!" Quistis si alzò velocemente anticipando la prossima mossa del suo ex studente.

"Fare cosa, cara istruttrice?" Tirò indietro la linguetta e fece un sorrisetto alla donna bionda, facendo un passo intimidatorio verso di lei. "Non ti farei niente che tu non faresti a me."

"Seifer, ti avverto... io non sto bene col budino al cioccolato nei capelli."

"Questo lo giudico io," disse maliziosamente. Seifer fece l'ultimo passo, e poi vuotò bruscamente il contenuto della confezione sulla testa di Quistis. Lei non disse nulla, mentre gocce di budino cadevano a terra. Lui la guardò col sorriso più grande che lei avessi mai visto. "Ti sbagli proprio tanto... sei grandiosa col budino nei capelli."

Nessuno dei due riuscì più a trattenersi e cominciarono a ridere istericamente. Nessuno dei due ricordava un tempo della propria vita in cui si erano sentiti così liberi, così pieni di energia. Per un momento, erano solo loro stessi, due bambini che non avevano mai potuto avere un'infanzia. Due persone obbligate a crescere, e poi obbligate a una vita che nessuno dei due aveva voluto.

Quando le risate si attenuarono, Seifer le ripulì il viso dal cioccolato. Quando la sua pelle toccò quella di Quistis, entrambi si sentirono percorsi da uno scioccante brivido elettrico. All'improvviso, l'atmosfera era passata dalla giocosità a qualcosa di molto più serio. Lui le mise un braccio dietro la schiena e la attirò gentilmente a sé. Lei non lottò; si mosse di sua spontanea volontà. All'inizio, il tocco delle loro labbra fu delicato, ma presto divenne profondamente appassionato.

Lui si trovò ad esplorarle di più il corpo con le mani, e in cambio lei faceva lo stesso. In qualche modo, sperimentavano per la prima volta la vita e l'amore. Anche se questo non era nuovo per nessuno dei due, non potevano paragonare le emozioni e le sensazioni a niente altro... a nessun altro. Era come se due persone che erano sempre state fatte per stare insieme avessero combattuto contro ostacoli insormontabili per arrivare a quel punto. Era un momento delle loro vite in cui erano liberi di essere se stessi... non di essere le persone che gli altri volevano.

Lentamente lui le sbottonò la camicia, senza farle fretta. Lei glielo permise, mentre le loro labbra non si separavano per più di un secondo. Quando la camicia cadde finalmente a terra, lui si allontanò un poco. All'improvviso, lei si sentì imbarazzo per il suo aspetto. Il cioccolato le era scivolato sul collo, e divenne cosciente del proprio corpo. Lui non era sicuro di cosa l'avesse bloccato; c'era solo questo desiderio travolgente di guardarla... di vederla per la persona che era davvero.

Che fosse il suo corpo seminudo, o l'emozione nel suo cuore... lui la voleva. Non solo fisicamente, ma in un modo in cui non aveva mai desiderato altra anima viva. Voleva tutto di lei... il suo corpo, il suo amore, il suo cuore. C'era qualcosa di speciale in Quistis Trepe, qualcosa che lui non aveva visto... qualcosa per cui era stato reso cieco dal suo ego. Ora, per la prima volte, vide quel qualcosa... e seppe di amarla.

*****
Note delle traduttrici: insieme a questo capitolo è stata pubblicata la revisione e a tratti completa ritraduzione dei capitoli 11, 12, 13 e 14, ad opera di DefenderX e Alessia Heartilly, che ha tradotto anche questo capitolo.
Citazione di apertura: di Madeleine L'Engle, The Arm of the Starfish, 1965.

Così si chiariscono le cose.
All'improvviso. E solo allora ti accorgi
di quanto fossero ovvie per tutto il tempo.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 27
*** XXVII. Disputa ***


On the mountains of truth
you can never climb in vain:
either you will reach a point higher up today,
or you will be training your powers
so that you will be able to climb higher tomorrow.

--Friedrich Nietzsche

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ XXVII. DISPUTA ~

L'ultima benda si chiuse sulla sua mano. Attente, gentili, le dita di lui, di solito ruvide, avevano il tocco di piume sulla sua pelle. Rinoa era rimasta in silenzio, persa nei suoi pensieri mentre Squall si occupava delle sue ferite. Il vetro aveva lasciato tagli profondi, ma lei non aveva voluto andare in infermeria. Si rifiutava di perdere anche un solo secondo in cui poteva stare con la sua famiglia. Ogni istante era un dono: Rinoa Heartilly lo sapeva. Una magia curativa e le buone vecchie bende bastavano per lenire il dolore.

Messa via la cassetta del pronto soccorso, Squall sedette con cautela sul letto. In silenzio si appoggiò contro la spalliera, poi le sue braccia cercarono la ragazza, facendola distendere piano piano sul suo petto. Nessuno dei due disse niente... ultimamente il silenzio era diventato il loro luogo d'incontro. Ma forse il silenzio diceva di più di quanto avrebbero mai potuto fare le parole. Erano le emozioni a parlare, il loro legame si faceva sempre più chiaro... erano una cosa sola.

"Ellione è qui," disse lei alla fine, in un sussurro.

"Rinoa, sappiamo entrambi che è morta due anni fa."

"Sì, è così. Ma il suo spirito è ancora qui... ha continuato a guardarci." Rinoa si sollevò un po' per girarsi a guardarlo negli occhi. Posandogli la mano sulla guancia ruvida, fissò lo sguardo intensamente dentro ai suoi occhi... occhi che aveva sognato ogni notte, occhi che vedeva ogni giorno in Allison. "Ellione ci ha fatti riunire. Ha sempre vegliato su di noi, per tutto questo tempo... ma adesso sta cercando di avvertirci per il futuro." Una lacrima, una sola, le scivolò sul viso. "Squall, non aveva bisogno di avvertire me... io lo sapevo già. Sapevo benissimo che la mia vita è sempre in pericolo, lo sapevo. Tra due giorni, Ellione non sarà più qui, la sua anima si allontanerà. Avrei dovuto dirti prima di Allison... mi vergogno tanto..."

Squall si alzò a sedere e la strinse forte, facendola poggiare contro la sua spalla. Rimasero seduti, abbracciati.

"Rinoa... non devi. Non puoi continuare a guardare al passato... hai fatto quello che dovevi. Ora lo so. Io ti proteggerò. Non succederà niente... te lo giuro. Se morirai, in quel momento sarò anch'io senza vita accanto a te..."

"No!" Soffocò un grido. "Non devi... Squall non puoi farlo!" Rinoa si staccò da lui, lo guardò fin dentro l'anima. "Squall, promettimi che tu vivrai. Non lasciarti andare ad un pensiero come questo. Adesso non ci sono soltanto io... io sono secondaria. Promettimi che ci sarai per Allison. Non può perdere tutti e due i suoi genitori... lei ha bisogno di te."

"Dannazione, Rinoa... ma io ho bisogno di te."Senza neanche accorgersene l'attirò a sé, quasi con troppa forza.

"Squall, nostra figlia... non può restare orfana... non possiamo farle questo."

"Non ho intenzione di perdere nessuna di voi due."

"Certe cose non le possiamo controllare, Squall, certe altre sì. Se il mio destino è quello di andarmene, non posso non accettarlo. E neanche tu puoi. Squall, ci sono nemici che non puoi sconfiggere... la morte è uno di questi. Forse possiamo aver ingannato Mitchell per un momento, ma non possiamo nasconderci per sempre. Io ho passato gli ultimi due anni a nascondermi... non ce la faccio più a farlo."

"Te lo giuro, Rinoa, saremo una famiglia."

"Squall, lo siamo già... adesso, per l'eternità. Promettimi che, se dovrai fare una scelta, non te ne pentirai, mai... Allison è tutto... è il nostro futuro, è il nostro passato. Squall... lei è la cosa più bella di noi due. Dalle la vita che non abbiamo potuto avere."

Con un bacio leggero le asciugò le lacrime dalla guancia. "Rinoa, ti prometto che proteggerò Allison a tutti i costi... ma non pensare nemmeno lontanamente che lascerò che ti accada qualcosa. Ho sistemato le cose perché tu, Allison e Alex possiate andare ad Esthar: lì sarete al sicuro durante la guerra... e anche il generale Caraway ha ricevuto asilo politico dal governo di Esthar."

"Mio padre?"

"Sì, Rinoa, in questo momento si trova a bordo del Garden... è arrivato questo pomeriggio. Voleva solo lasciarti un po' di tempo per ambientarti prima che vi rincontriate."

"Lui è qui? Squall, sa di Allison?"

"Credo sappia che hai un figlio... ma non penso conosca i dettagli. La sua prima preoccupazione era che tu fossi sana e salva, i dettagli non avevano importanza in quel momento."

"Quindi andremo ad Esthar?"

"Ho contattato Laguna e non vede l'ora di averci lì. Questa nipote è come una seconda possibilità anche per lui... abbiamo tutti commesso degli errori."

Rinoa piegò la testa di lato con uno sguardo interrogativo. "Quando l'hai contattato?"

"Prima, mentre tu eri dalla dottoressa."

"E gli hai detto di sua nipote?"

"Non avrò fatto male, spero?"

"Squall, ma io non ti avevo ancora detto che Allison è... lo sapevi già, non è vero?" Ecco a cosa era dovuta tutta quella specie di interrogatorio."

Lui abbassò lo sguardo, sciogliendo lentamente il suo abbraccio, e passò le dita sul copriletto. "L'ho scoperto prima, a bordo della Lagunarok... ma dovevo sentirlo da te."

Rinoa fece segno che aveva capito, senza avere reazioni esagerate. "Avrei dovuto essere io a dirtelo... due anni fa. Grazie... grazie per averlo comunque fatto dire a me. Non sai quanto mi sono sentita sollevata a pronunciare quelle parole."

"Lo so." Ci fu una lunga pausa. "Rinoa, anche se io non fossi stato il padre biologico di Allison... lei sarebbe stata comunque mia figlia. È una parte di te, e semplicemente per questo la amo." Lei sospirò di felicità, stringendosi forte le braccia al petto.

Squall diede un'occhiata al bagliore digitale dell'orologio. "Rinoa, è tardi... dobbiamo riposarci un po'." La ragazza sorrise e gli stampò un rapido bacio sulle labbra. Lui scese dal letto per andare in bagno, e Rinoa lo sentì buttare via i pezzi di vetro. Rimase seduta nella luce soffusa, ad osservare la suggestiva danza delle stelle nel cielo notturno.

Allungandosi per spegnere la lampada, notò un libro che era stato lasciato sul suo comodino. Capì subito che era qualcosa che Alex doveva aver preso in prestito dalla biblioteca. Prese il libro, pensando che forse poteva servire a tenere lontani i pensieri di troppo. Se c'era una cosa che sapeva era che non sarebbe mai riuscita a dormire finché lui non fosse tornato; e mai avrebbe voluto farlo.

Aprì il libro, lo sfogliò. Poesia, avrebbe dovuto immaginarselo... era una di quelle cose che piacevano ad Alex, eppure Rinoa non riusciva proprio a capirla. Forse era perché non aveva mai permesso a se stessa di sentire le parole, sentire le emozioni. Forse era che la semplicità rendeva tutto più triste. L'eleganza raffinava la passione; la limpidezza alludeva a cose con cui non si sarebbe mai confrontata, né sarebbe stata in grado di farlo. Vari titoli le passarono sotto gli occhi mentre scorreva le pagine... e poi si fermò. Nella sua mente lesse la poesia, rapita dalle parole.

Quando Squall rientrò nella camera, lei era immersa nel libro. Rimase immobile, incantato, mentre la fioca luce metteva in rilievo gli splendidi tratti del viso di lei. I capelli castano scuro scendevano a nasconderle gli occhi, la pelle perfetta era più luminosa di qualsiasi stella. Era bellissima; era tutto per lui. Alla fine, trovò la forza di muoversi. Andò a sedersi sul letto, e scivolò tra le coperte soffici. Poi, incuriosito, Squall sbirciò oltre la spalla di lei: doveva scoprire cos'era che l'aveva avvinta così tanto. Il Comandante sempre serio si ritrovò anche lui ad esaminare le parole.

Rinoa lesse gli ultimi versi con un filo di voce.

Come la luce
sfuma nella tenebra
così con lei se ne va
ogni dubbio.

Ogni dubbio che il mio amore
possa avere fine per
quel cuore che è così vicino
al mio.

Col mio ultimo
Respiro io sussurrerò
una promessa che
parla sincero

Ascolta il mio cuore
vedrai la verità
e i miei ultimi pensieri
saranno d'eternità

con te.

Nessuno dei due disse niente. Squall le tolse di mano il libro, rimettendolo sul comodino. Quando spense la lampada, solo la luce della luna batteva sul letto. Restò ad ascoltare il suono del suo respiro, finché non poté più trattenersi. Tra le ombre, trovò le labbra morbide di lei, e lentamente la sentì abbandonarsi alla passione.

Ti amo, Squall... promettimi che non ti pentirai mai di nessuna decisione. È questo ciò che desidero... Sentì queste parole tacite nella sua mente.

Stupito, si separò di colpo da lei. "Cosa? Come hai fatto? Dentro al camion, e quando eravamo nei boschi di Trabia... anche allora ti ho sentita. Non era la mia immaginazione, vero?"

Anche se poteva vedere il suo sorrisetto, riusciva lo stesso a percepirlo. Sì, Squall... tu puoi sentirmi, le nostre menti sono legate. Anch'io potrei sentire te, se lo vuoi.

Focalizzando i pensieri su di lei, parlò, ma senza che le sue labbra si muovessero. Non capisco... prima, quando stavi al Garden, non hai mai provato a fare niente di tutto questo.

Allora non potevo... non mi avevi dato tutto te stesso. L'avevi fatto fisicamente, ma mai nell'anima. Solo quando mi hai aperto la porta sulle tue paure abbiamo potuto raggiungere questo livello.

Non gli veniva nessuna parola sua, così Squall ripeté gli ultimi versi della poesia. Questa volta li pronunciò ad alta voce.

Ascolta il mio cuore
vedrai la verità
e i miei ultimi pensieri
saranno d'eternità

con te.

Rinoa gli afferrò la catena d'argento che aveva al collo e lo attirò a sé. "Per l'eternità," sussurrò dolcemente in risposta.

*~*~*~*~*

Minuscoli granelli di polvere volteggiavano nell'aria, ognuno che prendeva la propria strada senza che nulla lo guidasse, solo l'aria immobile e il destino. Lui stava dormendo, e, in un certo senso, ne era contenta. La sua mente era combattuta tra l'alzarsi o meno dal letto che avevano condiviso... il letto in cui avevano fatto l'amore quella notte.

Ma aveva voluto farlo davvero? Oppure era stata solo una reazione fisica a tutto lo stress che aveva affrontato? Mai, neanche in un milione di anni, diavolo, neanche in un miliardo di anni avrebbe potuto immaginarsi una situazione come quella. Così tante cose stavano succedendo intorno a lei, e così tante persone erano state ferite. Eppure lei si era ritagliata del tempo per abbandonarsi ai suoi egoistici desideri. Dopo tutte le menzogne, come poteva avere il diritto di essere felice?

Aveva perduto quel diritto in quel giorno fatale.

Il suo corpo s'irrigidì, il senso di colpa le annebbiava la ragione. Scese dal letto lentamente, per non svegliare Seifer. Recuperati i suoi abiti sparsi sul pavimento, si vestì senza fare rumore. E, di nuovo, ritrovò la sua immagine nello specchio mentre si sistemava la camicetta.

Seifer si era svegliato appena lei aveva fatto il primo tentativo di alzarsi dal letto, ma fece finta di stare ancora dormendo. Lui non disse niente. In quel momento, non sapeva bene cosa dire. Ogni frase che aveva pronunciato sembrava in qualche modo suonare sbagliata in quella situazione. L'ultima cosa che voleva in quel momento era essere visto come il solito stronzo che tutti avevano ormai imparato a conoscere. Invece, rimase sdraiato in silenzio, lasciando che fosse lei a dirigere la situazione. Se voleva andarsene e lasciarsi tutto questo alle spalle, l'avrebbe capita.

Non era ciò che desiderava, ma chi era lui per decidere qualcosa in quel momento?

Nel buio delle sue palpebre, poteva vedere ogni passo che la ragazza faceva mentre lottava con la zip del suo vestito. Ogni fruscio di stoffa gli faceva venire voglia di gettarsi giù dal letto e prenderla fra le braccia. Ma non l'avrebbe fatto. Non ne aveva il diritto.

Quella notte era stata straordinaria. Semplicemente straordinaria. Non aveva intenzione di fare la parte dell'innocente, perché non lo era di certo. Era stato con più donne di quante gl'importasse di ricordare: in un certo senso, era un modo di dimenticare tutti i suoi fallimenti, era come una droga. Il sesso avrebbe potuto essere anche il fumo o l'alcol, era lo stesso. Era una cosa che aveva sempre fatto senza sentire nulla, una reazione priva di qualsiasi emozione alle paure che si portava dentro.

Ma questo era diverso, e per la prima volta nella sua vita, aveva fatto l'amore... e in risposta aveva provato amore. Ogni centimetro della pelle di lei era così delicato e puro, mentre quella di lui sembrava tanto avvelenata e sporca. Nella sua mente, niente di quello che Quistis aveva fatto poteva sottrarle la sua bellezza, perché era semplicemente un essere umano. Gli errori che aveva commesso erano da ricollegare ai suoi sogni, ai suoi desideri. I sogni avevano accecato anche lui già una volta, facendogli perdere tutte le cose e tutte le persone che aveva care. I sogni possono essere una forza trascinante, e anche se inespressi e irrealizzati, dominano ogni tua azione. E il suo sogno era Squall.

Per un istante, sussultò in silenzio a quel nome. Pensieri orribili gli attraversarono la mente, era forse di nuovo un sostituto di lui e basta? Con chi Quistis aveva fatto l'amore quella notte... almeno nella sua immaginazione? Per la prima volta dopo un tempo lunghissimo, un'ombra di gelosia gli entrò nel cuore. Era tornato soltanto per aiutare il suo rivale ad uscire dalle tenebre che gli avevano oscurato la vita. Quello che non si aspettava era che le tenebre che oscuravano la sua, di vita, potessero trovare un piccolo raggio di luce. Ma sarebbe bastato?

Aveva di fronte un futuro incerto, e, da quel frangente, lo stesso era per lei. Non aveva il diritto di coinvolgerla nei suoi problemi, aveva già i suoi con cui combattere. La donna era rimasta in silenzio durante i pochi minuti in cui lui si era interrogato su quelle eterne questioni. Una parte di lui voleva che Quistis se ne andasse e basta, voleva custodire nel cuore il ricordo di quell'ultima notte come qualcosa di sacro. Ma la parte maggiore desiderava che lei gli tornasse accanto e gli dicesse tutte quelle cose che aveva solo sognato di poter sentire da un altro essere umano.

Era mai possibile innamorarsi di qualcuno in un così breve periodo di tempo? ...no. Eppure, non era un periodo breve, era una vita intera. Forse altri potevano avere un amore a prima vista, ma a lui serviva qualcosa di più.

Infine, Quistis si diresse verso la porta, riflettendo sul modo migliore per affrontare la situazione. Pazzesco come nella sua mente considerasse una notte in cui si era sentita un essere umano e si era sentita amata una 'situazione'. Era già in ritardo per un colloquio con Cid, e per di più uno che avrebbe volentieri evitato. Anche quel minimo di rispetto che sentiva di possedere ancora in qualità di SeeD, probabilmente lo avrebbe perso quando gli altri avrebbero saputo ciò che aveva fatto quella notte. E con lui, la persona che aveva messo in moto l'inizio di tutta quella catena di eventi.

Ma che diavolo importava? Forse nella sua vita avrebbe avuto una cosa sola, una notte sola. E quella, nessun Comandante della SeeD, nessuna reprimenda avrebbe potuto portargliela via. Tornò verso di lui, esitò un istante. E poi Quistis si chinò e gli diede un lievissimo bacio sulla fronte.

*~*~*~*~*

La luce del sole sostituì la luna, i suoi raggi filtrarono attraverso la finestra aperta. Rinoa si alzò a sedere e si accorse immediatamente che Squall non era accanto a lei. Si strinse addosso il lenzuolo per coprirsi il corpo nudo. Gettando un'occhiata fuori dalla stanza si accorse del rumore, a basso volume, della televisione. In tutti quegli anni, non ricordava una sola volta in cui Squall si fosse messo di sua spontanea volontà a guardare alcunché: era sempre stata lei quella che noleggiava i film, e lo costringeva a passare serate sul divano – serate che, ne era sicura, lui avrebbe preferito trascorrere a pianificare battaglie o ad addestrarsi in nuove tecniche di Gunblade.

Stropicciandosi gli occhi per scacciare il sonno, si alzò in piedi. C'era un accappatoio, portato da Selphie, appeso vicino alla porta del bagno, e lei lo infilò e se lo legò in vita, prima di fermarsi ad osservare il suo riflesso nello specchio. Tante cose erano successe, e tante dovevano ancora accadere. Si ravviò dietro la nuca i capelli disordinati, poi si diresse verso il salotto.

E quando entrò, quello che vide era veramente la cosa più bella che avrebbe mai potuto sognare... anzi, andava anche oltre qualsiasi fantasia che Rinoa si sarebbe potuta immaginare. Squall era disteso sul divano, il petto nudo un poco scoperto, e da sotto il plaid grigio che lo ricopriva spuntavano anche i piedi. Aveva il braccio destro sotto la testa, a stringere un piccolo cuscino. E appoggiata contro il suo petto stava Allison... addormentata, aggrappata al collo di lui. Il braccio sinistro di Squall la teneva stretta a sé, in segno di protezione.

Di sicurezza.

Come si possono descrivere simili emozioni? Tutti gli eventi le passavano davanti agli occhi. Nel corso di sette anni, la vita di Rinoa era drasticamente cambiata. I suoi sogni erano cambiati. Quando era bambina, la sua favola parlava di una bella principessa, di un principe che conquistava il suo cuore, di draghi sconfitti, castelli in aria, e poi vissero per sempre felici e contenti. Non erano nient' altro che i suoi sogni di bambina. Eppure, quei desideri avevano dato forma al suo futuro e alla persona che era oggi.

Con l'età adulta, i sogni si erano trasformati. Rinoa aveva sostituito le fantasie di castelli di pietra con una piccola casa che potesse chiamare sua. Niente di particolare, niente di straordinario... semplicemente, un posto dove potersi sentire serena e protetta. Il drago sputafuoco era stato sostituito dai nemici che si trovava attorno, quelli noti e quelli sconosciuti; quel dragone era solo una metafora per tutte le missioni cui era riuscita a sopravvivere, tutte le avversità che aveva ogni volta affrontato.

Ma il principe, quello non era cambiato.

Perché lui era l'unico elemento dell'equazione che si fosse avverato. Aveva trovato il suo principe, il suo cavaliere, in un'incredibile girandola di eventi. E loro due insieme condividevano la stessa anima, e ognuno non era completo senza l'altro.

Magari la fine della favola non si sarebbe realizzata, ma a differenza di tanti altri, lei poteva dire di averla vissuta almeno per un momento... da piccola, aveva sognato di fama e fortuna. Da grande, di anonimato e semplicità. I sogni dell'infanzia si erano infranti contro la giovinezza, quelli di oggi contro il destino.

Ma per pochi giorni, e non importava quanto fossero insignificanti rispetto all'immensità della storia e del tempo, Rinoa Heartilly e Squall Leonhart avrebbero avuto quello che tanti sognavano... vita, amore, e una famiglia. Era qualcosa di vero, qualcosa di puro.

La televisione chiacchierava piano in sottofondo. Il programma pareva uno di quei documentari sulla natura... Squall non avrebbe mai guardato nulla che avesse a che fare con gli animali e i loro cuccioli. Con una risatina tra sé e sé, capì che ce l'aveva proprio messa tutta: anche se non erano cartoni animati, si trattava comunque di un riconoscibile tentativo di divertire Ally... lo amò anche per questo.

Mentre camminava si sentiva spezzare il cuore, ad ogni passo sapeva che quel momento non sarebbe durato. Ma desiderava unirsi a loro, ed era quell'emozione adesso a guidare le sue azioni. Quando lei si avvicinò, Squall cominciò a stiracchiarsi, aprì lentamente un occhio... la sua espressione rimase la stessa. Rinoa non poté trattenersi dal sorridere di fronte a quella scena, era così innocente.

Inarcando un sopracciglio, disse, "ehi, voi due, buongiorno."

I loro sguardi s'incrociarono, ma Squall continuava a non muoversi. Rinoa si piegò su di lui.

"'Giorno," fece lui, alla fine.

"Spero che non ti abbia dato troppi problemi," lo canzonò in risposta Rinoa. "Lo sai come possiamo essere noi Heartilly."

"Niente che io non possa trattare," disse disinvolto, con un sorrisetto.

"Ma certo, sono sicura che anni di SeeD ti hanno addestrato a dovere. Ballare e cambiare pannolini sono cose che ti insegnano ai primi anni."

"Ti sorprenderebbe sapere le cose che la SeeD ti fa imparare. Dio, sono sorpreso io per le cose che noi abbiamo imparato."

"Non voglio neanche pensarci," replicò lei, passandogli le dita tra i capelli. Squall chiuse gli occhi, concedendosi il semplice piacere di esistere. Un pensiero improvviso gli attraversò la mente, una cosa su cui s'interrogava sin da quando aveva saputo di Allison, una cosa a cui aveva pensato tanto, tre anni prima.

"Rinoa, perché l'hai chiamata Allison? Avevi scelto quei nomi già un sacco di tempo fa... c'era un motivo?"

Rinoa piegò la testa di lato, negli occhi un'espressione di stupore. "Squall?"

"Che c'è?" chiese lui, tirandosi a sedere. Spostò piano Allison sul suo petto mentre la ragazza si sedeva sul divano accanto a lui.

"Ma davvero non lo sai?"

Nessuna risposta. Dal suo sguardo, capì che era appena un po' in agitazione. Squall Leonhart non era mai stato il tipo da indovinelli.

"D'accordo," disse in un filo di voce. Si piegò ad accarezzare con tocco leggero il braccino paffuto di sua figlia. "Squall, prima che Ellione venisse uccisa... una sera, io e lei parlammo. Mi chiese della possibilità... o impossibilità, per me, di avere dei figli. Era preoccupata di come io la prendessi, ma immagino che a quell'epoca per me avere una famiglia fosse fuori discussione. Finimmo per parlare tutta la notte. Mi raccontò dei suoi genitori e della sua vita prima che fosse andata a stare da Raine."

Squall abbassò lo sguardo, rammaricato. "Non ho mai pensato ai suoi veri genitori. Lei non ne parlava mai."

"Lo so. Squall, l'ha fatto per una ragione. Voi bambini ne avevate passate tante. Lei, che era la più grande, si era presa davvero a cuore il suo ruolo di sorella maggiore, e non voleva che nessuno pensasse a quello che aveva dovuto passare lei... a come era finita lì... a tutta la storia che voi non sapevate."

"I suoi genitori... furono uccisi dal governo di Esthar."

"Sì. Di loro, lei ricordava solo frammenti; e alcuni ricordi si mescolavano anche alle menzogne dell'esercito di Adele. Non poteva separare i fatti dalle invenzioni... ed era questo il futuro che io temevo che Allison potesse avere. Però lei sapeva che i suoi genitori le avevano voluto bene, e su questo non aveva mai avuto alcun dubbio. I suoi genitori si chiamavano Aaron ed Allison... "

"Avrei dovuto saperlo." Rivolse uno sguardo profondo a sua figlia, rimpiangendo tutte le cose che non aveva mai appreso. Tutte le cose di cui non si era mai curato.

"Non ti preoccupare, Squall, lei sapeva quanto contava per te. Promisi a me stessa che se mai avessi... avessimo... avuto dei figli, si sarebbero chiamati in onore dei genitori di Ellione. E poi, quando conobbi Alex, e seppi che era la sorellastra di Ellione... il nome Allison era proprio perfetto."

"Lei era la madre sia di Ellione che di Alexandra."

"Proprio così, Squall, è stato come se il destino ci avesse fatte incontrare... avevo già deciso di chiamare mia figlia con il nome della madre di chi poi si sarebbe presa cura di lei... una persona di cui all'epoca nessuno di noi sapeva niente. Allison era davvero fatta per riunirci tutti... "

*~*~*~*~*

"Come sarebbe a dire Esthar?" scattò l'uomo, fuori di sé.

"Mi dispiace... non pensavo che sarebbero scappati." Lei sembrava spaventata, impaurita per come avrebbe reagito l'uomo.

"Le cose non sarebbero mai dovute arrivare fino a questo punto. A quest'ora lei doveva già essere stata catturata. Non me ne frega niente di come farai; prendi quella dannata bambina se devi... "

"La Strega è troppo ben protetta, ma per la bambina forse Squall potrebbe allentare la guardia. Se fosse messo di fronte ad una scelta..."

"È questo che mi piace di te," replicò lui. "Quando tutta questa storia finirà, staremo insieme... sai benissimo quello che provo per te. Senza il tuo aiuto tutto questo non sarebbe stato possibile."

"Anch'io ti amo, ti amo più di quanto tu possa sapere. Non vedo l'ora di diventare ufficialmente la first lady di Galbadia."

"Anch'io non vedo l'ora, cara."

Posò il ricevitore sul comodino e tornò a voltarsi verso la donna distesa accanto a lui.

"Chi era?" domandò lei.

"Nessuno d'importante," rispose. "Solo una persona nel posto giusto al momento giusto."

*****
Note delle traduttrici: insieme a questo capitolo è stata pubblicata la revisione e a tratti completa ritraduzione dei capitoli 15, 16, 17 e 18, ad opera di Alessia Heartilly.
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Citazione di apertura: aforisma di Nietzsche.
Le montagne della verità
non si scalano mai invano:
o si raggiunge un punto più alto oggi,
o ci si allena
per essere in grado di scalare più in alto domani.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 28
*** XXVIII. Rivalità ***


The mountain throws a shadow,
Thin is the moon's horn;
What did we remember
Under the ragged thorn?
Dread has followed longing,
And our hearts are torn.

-William Butler Yeats

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ XXVIII. RIVALITÀ ~

Rimpianto. Una parola così semplice... nove lettere, tre sillabe. Definita dai libri scolastici come un verbo. Participio passato del verbo 'rimpiangere': ricordare con malinconia e tristezza. Patetico. Cosa ne sanno loro? Si possono definire parole standosene in una stanza chiusa, o si può definirle per effetto; io ho scelto la seconda strada. Ho avuto a suo tempo una possibilità così speciale, unica, e l'ho barattata per ridicolo orgoglio. Illusioni impostemi dagli altri, illusioni che io avevo scelto, facendone la mia realtà.

Guardando al passato, adesso, è facile vedere che idiota fossi allora, almeno per coloro attorno a me. Forse avevo paura di lasciarli entrare, ma l'ho nascosto bene. Loro adoravano sempre Leonhart, il suo isolamento rimboccato tediosamente sulle sue maniche. Non me, io mi nascondevo dietro rabbia e secchi commenti. Una parte di me voleva urlare, gridare in cerca di aiuto. Ma ero troppo forte, troppo orgoglioso. E nessuno mi sentiva.

Ma lei lo vide... Artemisia. Lei vide oltre la facciata, vide il bambino che ero. E in cambio, mi diede l'illusione, la realtà in cui io ero importante, in cui io venivo amato. È questo che cerchiamo... amore? Ecco un'altra parola banale, altre tre sillabe, e di cui si fa comunemente abuso. Forse è questo che mi spaventa di Leonhart, lui ed io siamo opposti... ma siamo identici. Non l'ho mai visto come il rivale definito dai termini tradizionali, ma come qualcosa di molto di più. Come un fratello, non di sangue, ma per la nostra natura.

Lo so, non suono più come l'adolescente di così tanti anni fa. Crescere può fare anche questo ad una persona, può farle vedere il mondo che la circonda... il bene, il male, e tutte le aree grigie di mezzo. Negli ultimi anni, ho vissuto la mia vita da fuori, da sotto le rocce... l'immondizia della società. Senza mai sapere da dove potesse venire il mio prossimo pasto, ma sapendo sempre di poterne avere uno... se l'avessi voluto. Dipendeva da quanto lontano mi fossi spinto.

Cosa fa svegliare una persona una mattina con la voglia di cambiare? Forse è la persona che restituisce lo sguardo nello specchio... o forse è il nostro caro 'amichetto' rimpianto ad essere più forte nella mente di quanto possa essere definito in un dizionario. Gli incubi che ti hanno inseguito, i sogni che ti hanno distrutto... tutti scaturiti dal rimpianto. Basta pensare a quello che avrebbe potuto accadere, e non alla realtà che abbiamo scelto.

Mi avrebbe amato? Pensare anche solo al suo nome ora sembra difficile, dopo tutto quello che è successo tra di noi nell'ultima settimana. No, allora di lei non m'importava, ma dicono che c'è una linea sottilissima tra l'odio e l'amore. Una linea così sottile, che solo i due individui che vi traballano nel mezzo potrebbero riconoscerla. Potrebbe mai l'insegnante di ieri togliersi i paraocchi per qualcun altro, oltre che per Leonhart? Era necessario, per lei, avere quello che ha sempre desiderato per scoprire che non valeva il prezzo cha ha pagato? Conosco bene quella lezione. Maledettamente troppo bene.

L'altra notte è stato un qualcosa che, a sua volta, lei rimpiangerà? Il rimpianto e la colpevolezza cammineranno mano nella mano? Ha pensato a me o a lui? Si tratta di un'altra illusione che ho scelto di crearmi? La possibilità che qualcuno come lei potesse veramente voler avere qualcosa a che fare con me... sono già stato illuso prima d'ora.

Rinoa. Credevo che le importasse di me, e nel suo modo tutto suo, è stato così. Ma l'amore non è mai stato nel menù, e lo sapevamo entrambi. Chiamatemi ribellione alla patria potestà, questo è tutto quello che sono stato per lei. Qualcosa che il caro paparino non approvava... una pietra miliare della sua vita, una pietra che poteva essere rimossa con facilità. Nulla, e dico nulla, che lei abbia mai fatto a me è valso il prezzo che ha pagato. Non è stata scaricata e messa da parte da Leonhart... è stata violentata e tradita. Un fato molto peggiore, lasciata ad un mondo che non era stata lei a creare, una bugia che non era lei a perpetuare.

E cos'è l'ironia? L'ironia è che colui che ha cercato di sacrificarla ad Adele, è stato l'unico a credere alla sua innocenza. Che scherzo di cattivo gusto. Sempre per parlare di ironia, mi sono innamorato della persona che ha iniziato la catena. La biasimo? No. Sono stato debole anch'io, siamo tutti umani... anche Quistis Trepe. A differenza di me, lei ha provato... dannazione, lo so che c'ha provato. Anche nella debolezza, la nostra altra amica 'colpevolezza' ha cercato di occuparsene lei... a suo tempo Quistis ha tentato di fare ammenda.

Ma era troppo tardi.

Quel bastardo di Mitchell ha rubato così tanto. Si è preso le vite di bambini... dannazione a lui. Innocenti, non guerrieri, non soldati, ma studenti delle elementari con una vita davanti... quelli che avevano la possibilità di riuscire dove noi tutti avevamo fallito. Quello che lei non riesce a capire è che se quel giorno non avesse detto cose fuorvianti, se Ellione non fosse mai morta... sarebbe stata Rinoa a giacere al posto suo. Erano lì per prendere lei quel giorno; Mitchell l'avrebbe sacrificata. Per lui non è altro che una pedina... ogni vita umana lo è.

In un senso contorto, la bugia di Quistis ha donato la vita a Rinoa. Non potrei mai dirlo, loro non mi capirebbero mai. Un'azione ha cominciato tutto, e per tutti gli Dei, un'azione lo finirà. Quistis e Rinoa sono diverse quanto lo siamo io e Squall. Ciononostante, anche loro sono identiche. Entrambe hanno affrontato il tormento e l'angoscia, e né i soldi né la notorietà hanno potuto cambiare quello che c'era nei loro cuori, la solitudine che sentiamo tutti... e il rimpianto. Vaffanculo al rimpianto.

Una volta eravamo nemici, ma ora siamo alleati; contro il Presidente Mitchell, contro la solitudine, e contro il rimpianto. Speriamo di poter rimanere fianco a fianco insieme per quest'unica volta, prima che le nostre vite ritornino a come dovrebbero essere scritte... a quando io sono solo e lontano da lei... dannazione... che mi è successo? Chi sono diventato? Forse quando domani mi sveglierò, vedrò una persona nuova. Una persona senza rimpianto, qualcuno che ha persistito ed è riuscito nella redenzione dei suoi peccati... di tutti i nostri peccati.

Per il nostro bene, speriamo che la redenzione sia qualcosa di più di una parola di quattro sillabe.

*~*~*~*~*

Le stanze sembravano più piccole di quando frequentava il Garden. O quantomeno la percezione sembrava cambiare con l'età. I pannelli bianchi del soffitto erano rimasti immacolati - regolari, senza increspature, quadrate. Seifer Almasy aveva speso diverse ore a ispezionarle, senza sapere cosa stesse cercando. Ognuna di esse assomigliava ad una carta, ad una mappa astronomica. Quand'era più giovane, collegava le incisioni con la mente, e ora riusciva solo a vedere lisci pannelli bianchi.

Parte di lui voleva lasciare la stanza, ma una parte più grande voleva restare. C'era stato un tempo in cui avrebbe camminato per le sale senza rimorso. Ora, non era più il bulletto della classe, non era niente di meno che un nemico. Era quello che si era rivoltato contro il Garden, contro l'unica famiglia che avesse mai conosciuto. Ora il rimpianto e la vergogna lo trattenevano tra quelle quattro mura, una prigione. La prigione che si era creato da solo, niente sbarre, niente guardiano di cella... qualcosa di molto peggio. Per la prima volta nella sua vita, voleva urlare. Non per il dolore, non per la rabbia, ma per quello che avrebbe potuto essere. Un colpetto sulla porta fu un sollievo gradito, chiunque si nascondesse dietro di essa.

"Sì, arrivo." Il colpo soffice echeggiò nuovamente. "Frena i chocobo, dannazione."

In un certo senso, non era sicuro di chi si sarebbe trovato lì. Sapeva che Quistis, Squall e gli altri SeeD erano in riunione nella piccola sala conferenze. Forse, se l'avesse pensato, non sarebbe stato un tale shock.

"Rinoa?"

Lei lo guardò con un misto di solidarietà e rimpianto... sì, riusciva a individuare tracce del suo caro amico rimpianto praticamente ovunque.

"Seifer," fece una pausa guardando per terra. "Posso entrare per un momento?"

"Sicura di volerlo? Insomma, chi lo sa che potrei fare. Magari potrei sacrificarti a quel Grat molto grosso che scorrazza per il centro di addestramento."

"Correrò i miei rischi."

Lui si spostò, facendole cenno di entrare.

"Io... non so da dove cominciare." I suoi occhi apparivano stanchi, sebbene lei non l'avesse guardato ancora direttamente.

"Beh... suppongo che tu sia qui per una scusa."

"No," lo interruppe.

"Allora per cosa?"

"Volevo chiederti una cosa. Io... beh, non riesco a credere a quello che sto per fare."

"Hey... scusa Rinny, ma non credo che il tuo ragazzo apprezzerebbe quella cosa più di tanto. E, per dirne una, non mi va di finire come pappetta per Grat." Sapeva che lei riuscisse a leggerlo come un libro aperto, visto che certe cose non cambiano mai. Aveva voglia di dire così tante cose, di dirle quanto era dispiaciuto, ma i muri si erano alzati ancora una volta e il sarcasmo scorreva a fiotti.

"Non lusingarti, Seifer." Lui percepì un pizzico di risata nella sua voce. Per qualche strana ragione, la faceva sentire a suo agio con lui. Era sempre stato così.

"Rinoa, seriamente, che ci fai qui? Pensavo di essere su qualcosa tipo la lunga lista delle persone da evitare ad ogni costo."

"Non lo sei. Infatti, è esattamente il contrario, io... io volevo ringraziarti."

"Stai sfottendo, giusto? Ringraziarmi per cosa?"

"Per aver creduto in me. Dopo aver parlato con Alex e per quello che ho sentito dagli altri... nonostante loro fossero fermamente convinti della mia colpevolezza... tu non lo eri."

"Nah, non ho mai visto cosa avresti potuto guadagnarci uccidendo Ellione. Avevi già Squall che scattava ad ogni tuo minimo cenno, e non ti ho mai visto come una che vuole governare un continente. Dare un'enorme cena per il mondo sì, ma governarlo... no."

"Non cambierai mai, vero?" Rinoa finalmente lo guardò negli occhi, formando il più esile dei sorrisi.

"Ne sarai sorpresa... ma diamine, io lo sono già."

"Suppongo che tu abbia ragione. Beh, prima di tutto, Squall non 'scattava ad ogni minimo cenno', non era esattamente così... piuttosto scattava ad ogni ordine riguardo il suo lavoro. Secondo, ci vorrebbe fin troppo cibo; preferirei una piccola riunione più intima." Rimase in silenzio per un momento, prima di raccogliere il coraggio di parlare ancora. "Perché, perché tu hai creduto in me... e lui no?"

Lui percorse la stanza conoscendo la serietà della domanda. Poteva davvero risponderle? Era qualcosa che lei aveva bisogno di sentirsi dire da Squall, ma anche Seifer sapeva che era una cosa che non sarebbe mai successa.

"Rinoa, nel profondo del suo cuore credeva in te, anche se non lo sapeva. Io l'ho saputo dalla prima notte che ho parlato con lui. Loro volevano il tuo sangue, lui no. In realtà, non è mai riuscito ad accettare la relazione. Nella sua mente, stava aspettando qualcosa... tu che lo lasci, tu che lo tradisci... qualsiasi cosa. Tutti nella sua vita l'avevano tradito in qualche modo, e lui aveva imparato ad aspettarsi il peggio."

"Ma io lo amavo... lui sapeva che io l'amavo. Non gli avrei mai fatto del male."

"Lo so. Rinoa, nella sua mente tu sei scappata non dal Garden, ma da lui. Il giorno che sei sparita, le sue peggiori paure si sono realizzate. Perciò, per razionalizzare la cosa, ti ha trasformato nel nemico. Voleva rimproverarti, aveva bisogno di quello per riuscire a superare ogni mattina, per andare a letto ogni notte. Ma il fatto che tu non eri colpevole continuava a farlo respirare. Senza questo, sarebbe morto tempo fa."

"Squall non si sarebbe mai ucciso."

"No Rinoa, non fisicamente, ma in ogni data battaglia una persona ha due scelte, vivere o morire. Lui ha scelto la vita per te. Non pensare neanche per un momento che non ti abbia amato. Se c'è una cosa di cui posso essere certo è che quell'uomo ti ama, più della vita, più della morte. Farebbe qualsiasi cosa per te."

"Grazie, Seifer."

"Per cosa, ora?"

"Per volermi bene."

"Ehm... uhm... sì. Rinoa, devi sempre ricordarti che anche quando è successo tutto quel casino con Artemisia, io ti volevo bene. Tu sarai sempre speciale."

"Perché?"

"Sei stata la prima persona a credere in me, a vedere in me qualcosa di più del fallimento che ero diventato. Vedevi oltre già allora. Penso che sia per questo che è stato difficilissimo per me vivere col tradimento... io ho tradito l'unica persona che aveva creduto in me."

"Siamo sempre stati meglio amici che amanti, eh? Penso ancora alle notti che passavamo seduti al molo a parlare. Quei ricordi saranno sempre speciali per me."

"Rinoa, credo che noi non siamo mai stati amanti. Possiamo aver fatto sesso, ma non era nulla di più che una curiosità infantile. Quando ripenso a quei giorni, capisco che tu eri come la sorella che non avevo mai avuto... e in quella prospettiva, ti amerò per sempre."

"Capisco. Posso chiederti una cosa?"

"Spara."

"Hyne ci guardi da qualsiasi cosa possa accadere a Squall e a me... ma se dovesse succederci qualcosa... per favore, per favore... puoi assicurarti che Allison stia bene?"

Per un momento, il suo cuore mancò un battito. Il mero pensiero che qualcuno si fidasse di lui, che lo lasciasse da solo con un bambino era francamente ridicolo.

"Rinoa... ti rendi conto che stai parlando con... me, Seifer. Fallito, ex-cavaliere della strega... non esattamente uno a cui affidare una bambina?" Si indicò per enfatizzare la sua tesi. Rinoa dovette ridere della sua abilità nel reagire esageratamente.

"Seifer, primo non darti fallito quando io posso sentirti... sarai per sempre un mio amico. E sì, so esattamente a chi sto parlando, con l'unica persona al Garden che potrebbe competere attivamente con Squall. L'unica persona che ha creduto in me e l'unica persona che voglio protegga mia figlia quando... se... succederà qualcosa. So che puoi farcela, so che hai la voglia e la passione. Ne ho bisogno. Non posso affidarla ad un estraneo... soltanto Alex potrebbe farlo, ma lei non sa niente di combattimenti. Tu puoi portarle alla sicurezza... Seifer Almasy, Hyne sa per quale ragione... mi fido di te. So che puoi farlo, sei l'unica altra persona al mondo ad avere una possibilità."

Rinoa si fermò, guardando fuori dal pannello di vetro della finestra. "Ti piace, vero?"

"Chi?" Sapeva già la risposta.

"Lo sai," replicò lei flebilmente.

"Sì, mi piace. Mi ha sorpreso da morire, ma dannazione Rinoa, mi piace davvero." Lei annuì, incapace di guardarlo in faccia. "Non hai bisogno di sentire questo, al momento, Rin. Hai altre cose di cui preoccuparti."

"No, no, non è così. Al momento devo preoccuparmi di Allison... e se lei sarà nei paraggi... beh..."

"Rinoa, nessuno sa cosa porterà il futuro." Rinoa quasi rise per la satira dell'affermazione... da parte del suo ragazzo di una volta.

"Non... non posso sopportarla. Non posso perdonarla per quello che ha fatto, e non potrò mai nemmeno dimenticare. Nonostante questo, se c'è una piccolissima possibilità del cavolo che lei protegga Allison, se tu avessi bisogno di lei... insomma, posso capire. Non mi piace, ma posso accettarlo."

"Rinoa, sei una persona più forte di quanto io potrei mai essere."

"No, non sono una persona forte. Io sono una madre forte... e questo fa la differenza. Per i nostri figli possiamo sacrificare i nostri sentimenti, il nostro odio, e anche le nostre vite."

"Rinoa, non credi di star esagerando un po'? Voglio dire, per stasera starai su una nave per Esthar... per trascorrere una bella vita al palazzo presidenziale. Diamine, potrai dare quella festa che hai sempre voluto."

"È un sogno, tutto quanto... la felicità, la famiglia. Se doveva essere così, sarebbe già successo in un modo o nell'altro. Le stelle hanno destinato Squall e me, non saremo noi a condurre quella vita... spero solo che Allison possa. Per favore, Seifer... hai vissuto una vita sotterranea come sono stata costretta a fare anch'io. Conosci i modi, conosci le persone, e hai l'istinto per sopravvivere. So che potresti portare Allison fuori da qui se dovesse essere necessario... fidati di me, è un'ultima risorsa. Ma ho bisogno di sapere che posso contare su di te."

Seifer le si avvicinò, mettendo la mano sulla sua spalla. Lei si voltò verso di lui, gli occhi supplicanti. "Puoi," le assicurò. "Rinoa, se dovesse essere necessario, la proteggerò per te, per Squall, e per me. Grazie, Rinoa... grazie."

Lei si allungò per abbracciarlo, un fratello, una sorella... due persone legate non dal sangue, ma dalle circostanze. Facendoli sussultare, la porta si aprì. Si voltarono entrambi, trovando Squall e Quistis in piedi l'uno fianco a fianco, con uno sguardo di confusione. Seifer non poté fare a meno di ridere per la loro espressione mentre Rinoa lo rilasciava. Per un momento, i due rimasero lì sulla porta in silenzio.

"Hey, guarda un po', ci sono il signor e la signora Leonhart," disse aspramente Seifer a Rinoa. "Spero che abbiano portato l'insalata di maccheroni e una bella torta al cioccolato."

Nessun altro trovò divertente il suo commento, salvo Rinoa che stava cercando di non ridacchiare. Non era esaltata di vedere Quistis lì, specialmente accanto a Squall. Non aveva apprezzato neanche il commento sulla signora Leonhart... ma vedere Squall aveva in un qualche modo compensato a questo. Era passato così tanto tempo. Aveva sognato ad occhi aperti per parecchie ore... quelle ore che poteva ricordare di aver davvero vissuto a Trabia. Camminò gradualmente verso la porta. Quistis la guardò irritata, facendo un passo dentro la stanza. Rinoa continuò oltrepassando la sua figura, evitando il contatto visivo. Si concentrò soltanto sull'uomo immobile nella porta.

*~*~*~*~*

Rinoa e Squall continuarono a camminare lungo il corridoio; lei non era certa di cosa dire in quel momento o a cosa lui stesse pensando. La sua concentrazione era momentaneamente spostata su tre ragazze che stavano accanto alla libreria. Avevano attirato la sua attenzione perché l'avevano indicata, seguitando poi a bisbigliare rumorosamente. Improvvisamente si sentì a disagio, anche con Squall accanto a lei. Incrociò le braccia sul suo petto, cercando di evitare che i pettegolezzi le arrivasero. Ma le arrivarono comunque.

In un certo senso, una volta, era stata tramutata nel nemico. Essere a Trabia e sapere cosa pensavano gli altri era una cosa, ma fissare il suo problema dritto negli occhi era una situazione completamente differente. Squall riuscì a percepire il suo cambio di atteggiamento.

"Ignorale."

"Squall, odio tutto questo. Il modo in cui parlano di me, non alle mie spalle, ma proprio di fronte a me... come se non fossi nemmeno lì."

"Tu sei qui, Rinoa. Non dimenticarlo."

"Ma per loro, io ho ucciso Ellione, nonostante qualsiasi cosa Cid possa aver spiegato. Non puoi dire alle persona una cosa per due anni, e poi aspettarti che prendano per oro colato quando dici tutto l'opposto. Specialmente quando non c'è nessuna prova ad avvalorare la nuova tesi, solo prove circostanziali... e la mia parola."

Lui rimase in silenzio, avviandosi verso i dormitori degli ospiti. Prima che uscissero dalla sua vista, Rinoa combatté contro il buon senso, lanciando un ultimo sguardo alle ragazze insolenti. Affrontare la realtà di essere odiata era notevolmente diverso da quanto avrebbe potuto immaginare.

Camminavano insieme. Amici e amanti, il cavaliere e la strega, e soprattutto madre e padre, sostenendosi a vicenda. Dandosi speranza, dandosi vita. Squall si allungò lentamente per afferrare la sua mano. Lei intrecciò le dita con le sue, rassicurandolo con un lieve sorriso.

"Rinoa, Caraway vuole vedere te... e Allison. Gli ho detto che era una tua decisione."

"Sì, voglio vederlo." La sua risposta arrivò prontamente. "Per Hyne, pensavi che non avresti mai vissuto abbastanza per sentirmi dire queste parole, vero?"

"No... ma non mi aspettavo nemmeno, 'Squall, sei diventato padre'. Diamine, pensavo che non ti avrei sentito dire mai più 'Squall'."

Rinoa si fermò per un istante, sentendo di dovergli un chiarimento. "Squall... riguardo Seifer, io..."

"Non preoccuparti," affermò semplicemente. Squall le mise la mano libera sotto il mento, facendo in modo che Rinoa lo guardasse negli occhi. "Non mi devi una spiegazione. Abbiamo tutti i nostri demoni da affrontare."

"Grazie," sospirò. Spostò le dita dal suo mento, permettendole di riposare contro il suo petto. In una rara dimostrazione pubblica di affetto, la mise al sicuro tra le sue braccia. Poggiando il mento sulla sua testa, riuscì a sentire ogni singolo respiro, ogni singolo rantolo, e ogni singolo battito cardiaco.

"Inoltre, lui ed io abbiamo già parlato. Solo un paio di notti fa, eravamo sul ponte di una nave in direzione di Trabia. Senza mai saperlo, mi stavo avvicinando sempre di più a te. Lui ha cercato di farmi ragionare."

"Ha funzionato?"

"Ho mai ascoltato qualcuno?"

"Una volta..." si fermò per l'uscita infelice. Entrambi seppero immediatamente cosa intendeva. Quistis. Che fosse stato intenzionale o meno, non lo sapeva nemmeno lei. Lui strinse Rinoa più vicina al suo petto, cercando di non lasciare che il rimpianto gli offuscasse la mente.

"Squall, a lui piace lei, lo sai."

"Lo so. Come l'hai presa?"

"Sopravviverò. Non ha più importanza... che stiano insieme." Esitò, "tu la odi?"

"Non potrò mai perdonare Quistis. Non passerà giorno in cui non penserò al suo tradimento. Quando sarà tutto finito, non voglio più avere niente a che fare con lei, o con il Garden, se è per questo. Ma, per quanto odi quello che ha fatto, non posso odiare lei." Rinoa deglutì, a disagio per l'argomento che lei stessa aveva tirato fuori. "Nessuno di noi è totalmente innocente. Siamo tutti da incolpare."

"No, Squall." Rinoa interruppe l'abbraccio, guardandolo negli occhi. C'era un'aura seria, matura, su di lei, una che non aveva mai visto prima. "Non è vero. Qualsiasi cosa sia successo, uno di noi era innocente... Allison."

*~*~*~*~*

Proseguendo, Quistis camminò fino al centro della sua piccola camera. In un certo senso, quando lo fece sembrò tutto a posto. Seifer poteva dimenticare la guerra, dimenticare le battaglie che dovevano ancora venire. Forse nella sua vita aveva bisogno di una sola battaglia. Una vittoria di cui avrebbe potuto essere fiero... una vittoria forgiata senza rimpianto.

"Che c'è?" Lui la guardò, occhi azzurri che lo guardavano truci di rimando. "Lei, Rinoa?"

"No, la fata dei dentini." La risposta sarcastica che non si aspettava.

"Hai passato troppo tempo con me, credo di star cominciando a infettarti." Lei ribatté solo con un sopracciglio arcuato, incrociando le braccia sul petto. Questo sguardo lo conosceva... la posa da insegnante che doveva essere stata insegnata a tutti loro, come un prerequisito per ricevere i loro certificati didattici.

"D'accordo," concesse lui. "Voleva soltanto parlarmi di... frena... tu... tu sei gelosa, non è così?"

Lei non rispose, e distolse appena lo sguardo prima di riconcentrarsi su di lui. "No. Volevo solo sapere cosa ci faceva qui."

"Mi stava invitando ad un pigiama party nel centro di addestramento."

Quistis continuava a non trovarlo divertente. "Perché non mi dici la verità e la pianti, Seifer?" domandò.

Lui fece qualche passo per ritrovarsi di fronte a lei. "Perché non lo fai tu?"

Quistis portò gli occhi al cielo voltandosi, lasciandogli vedere soltanto la sua schiena. In un certo senso, parlare al suo riflesso nello specchio non era proprio la stessa cosa che parlare direttamente a lui. "Non credo che gelosa sia la parola giusta. Non lo so... voglio dire, lo so che non si è innamorata intenzionalmente di Squall. Non è che è venuta e ha detto 'hey, mi prenderò questo tipo perché piace a Quistis.' Però, è dura. So che non devo biasimarla per essersene andata, per il matrimonio, o per il dolore... però c'è sempre questo... risentimento, forse? So che devo superarlo. Ma quando tutto questo è iniziato non mi aspettavo di..."

"Di far cosa, Quistis?"

"Beh, di dover perdere tutti gli altri... pensavo di aver già perso tutto, suppongo. Ma ora, sai..."

"No, non lo so."

Qualcosa la stava trattenendo, e lui lo sapeva. Era sicuro che la stesse turbando, perciò cercò rapidamente di glissare. "Rinoa voleva parlare del passato, ma è esattamente questo che è... il passato. Sì, eravamo amanti, ma eravamo meglio come amici. Tutti e due sapevamo che non era una cosa permanente... io non amavo lei, e lei non amava me. Beh, comunque non eravamo innamorati. Lei sarà sempre speciale per me, ha creduto in me. Ci crede ancora... e crede ancora in te."

Quistis si voltò rapidamente, il suo sguardo un incrocio tra la rabbia e lo scetticismo. "Non è vero, come puoi dirmi una cosa del genere?"

"Beh, perché fondamentalmente me l'ha detto lei. Insomma, parola più, parola meno... no, non penso che sarai mai la damigella d'onore al suo matrimonio... uhm... in verità penso che non sarai neanche la persona a scrivere il libro degli invitati. Ad ogni modo, c'è una cosa in cui lei crede... la tua abilità e la tua disponibilità nel proteggere Allison. Non importa la differenza tra voi due, lei sa che se dovesse essere necessario... tu difenderesti un'innocente. Sua figlia."

Delle lacrime sgorgarono dai suoi occhi. "Lo farei, lo sai, Seifer, la proteggerei."

"Non ne ho dubitato neanche per un minuto."

Si buttò contro di lui, rivivendo qualche istante della sera prima, quando i loro corpi si erano toccati. "È solo che quando siamo entrati e tu la stavi abbracciando... beh, era come se la storia si stesse ripetendo."

"Sì, ma tu eri innamorata di Leonhart." Avrebbe voluto ritirare qual commento quasi immediatamente. Quistis sorrise silenziosamente, spingendosi i capelli lunghi oltre la spalla.

Sì... ero... Il pensiero echeggiò nella sua mente, ero.

Era la prima volta che pensava a se stessa al passato. Ora c'era solo un tempo presente. Seifer.

Selphie era appoggiata alla testiera di legno del letto. Aveva dei raccoglitori sparpagliati sul letto, e un portatile al suo fianco. Frugò tra diversi cumuli di carta, cercando con fervore un rapporto specifico.

"Irvine?" domandò nella sua voce acuta. "Fammi vedere se ho capito bene..."

"Tesoro, tu puoi chiedermi qualsiasi cosa." Lei gli scagliò un'occhiataccia. "Giusto, scusa... vecchie abitudini. Selphie, puoi chiedermi qualsiasi cosa."

"Okay, ora ho i rapporti della polizia di Trabia sull'assassinio di Richard Bennett."

"Giiiuuuusto." S'inclinò in avanti sulla sedia reclinabile, nella mente aveva avuto soltanto la parola 'sonnellino', e ora quell'idea era stata spazzata via. Una volta che Selphie veniva coinvolta in qualcosa, non c'era più silenzio.

"Allora, tutto quello che hanno collega l'omicidio a Squall."

"Sì, che è quello che chiunque l'abbia fatto voglia farci credere."

"No Irvine, sono seria... guarda." Gli porse il rapporto completo. "Qui c'è il rapporto balistico dal laboratorio." Lui afferrò il foglio fissandolo. "Irvine, le pistole coincidono."

"Selphie, una cosa del genere non sarebbe mai stata possibile con un gunblade... sarebbe stato molto più... uhm... incasinato."

"Oh, questo lo so. Secondo gli archivi del Garden, a Squall è stata fornita anche una 9mm, da portare sempre con sé."

"Sì, quello me lo ricordo," convenne Irvine.

"Non c'è alcun dubbio che il proiettile sia stato sparato dalla sua pistola. È stata ritrovata nella sua stanza a bordo della nave, dopo che lui è scomaprso. Sull'arma sono state trovate solo le sue impronte."

"Pensi che il vero assassino lascerebbe le proprie impronte? Non sarebbe una furbata da parte di un criminale, non credi?"

"Sì, certo. Ma stando a quello che si dice qui, sono stati ritrovati anche sangue, capelli e campioni di tessuto."

"I suoi?"

"Sì, è definitivo."

"D'accordo, ma Squall non ha ucciso qualcuno a sangue freddo come in questo caso, per quanto potesse essere incazzato."

"Giusto... ma qualcuno l'ha fatto. Loro volevano incastrare Squall, senza lasciare alcun dubbio nelle menti delle autorità."

"Okay, Selphie, ho capito. Hanno fatto un ottimo lavoro per incastrarlo."

"Non capisci. Nessuno può ottenere il sangue in quel modo."

"Beh, sono certo che qualcuno come lui che sanguina per vivere... cose che ci si aspetta da una battaglia... non sarebbe troppo difficile. Diamine, avrebbero anche potuto prendere fiale come quella nell'infermeria per l'identificazione del DNA."

"Lo so." La sua voce si era fatta tremante. "Guarda."

Girò lo schermo del computer verso di lui. Irvine si sedette più in punta, socchiudendo gli occhi per guardare il monitor sfocato. "Selphie, qui dice che non coincidono."

"Giusto... questo non viene dalla scena del crimine. Viene dall'infermeria; una volta arrivato il rapporto dove si diceva che il sangue era suo, ho spiegato alla Dottoressa Kadowaki che volevo che lei mi facesse dei test. Poi ho fatto il test di compatibilità con la fiala del laboratorio e con i campioni che già avevamo sui computer del Garden. Ho trovato un riscontro, ma non era di Squall."

"Allora di chi era?"

"Aspetta, Irvine... non è tutto. Ho scoperto che l'ultima volta che qualcuno è andato ai laboratori di genetica a controllare questo campione... lei ha firmato il registro. E si trattava dello stesso campione di sangue, quello scambiato."

"Bene, d'accordo, allora di chi è la firma lì sopra?"

"Più di due anni fa, la fiala è stata controllata l'ultima volta dall'assistente d'ufficio della Dottoressa Kadowaki."

Lei gli porse il foglio con la firma.

"Non può essere così, Selphie, perché lei avrebbe dovuto portare via le fiale?"

"Non lo so, perché scambiare una fiala di sangue col suo?"

"Sono certo che ci sia una spiegazione per tutto questo. Non avrebbe mai potuto progettare l'omicidio di un uomo che neanche conosceva... e sapere con due anni di anticipo di cominciare a incastrare Squall. Avrebbe davvero potuto uccidere Bennett?"

"Mezzi, movente, e opportunità... ha avuto tutti e tre per uccidere Richard Bennett, ma c'è qualcosa che qui non vediamo. Lo so."

"Selphie, chiediamole delle fiale e basta, chiediamole perché le ha portate via in primo luogo. Sono pronto a scommettere che i due eventi sono totalmente scollegati."

"D'accordo, contatterò Squall, ci incontreremo tutti nell'ufficio. Forse tutti insieme riusciremo ad uscirne."

Selphie abbassò un'ultima volta lo sguardo alla firma e alla data sul foglio di carta. Rinoa Heartilly... cosa stavi pensando di fare?

*****
Note delle traduttrici: capitolo rivisto da Alessia Heartilly. Insieme a questo trovate publicata la revisione del capitolo 19 e 20, sempre a cura di Alessia Heartilly.
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Citazione di apertura: da Love's Loneliness di William Butler Yeats, tutta la seconda strofa.
La montagna getta un'ombra,
Sottile è il corno della luna;
Cosa ricordammo
Sotto la spina spezzata?
La paura ha seguito il desiderio,
E i nostri cuori sono combattuti.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 29
*** XXIX. Duello ***


Time takes it all,
Whether you want it to or not.
Time takes it all,
Time bears it away,
And in the end, there is only darkness.
Sometimes we find others in that darkness,
And sometimes we lose them again.

--Stephen King

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ XXIX. DUELLO ~

Se ogni cosa nella vita avesse un posto, allora ogni cosa avrebbe una vita... una a sé stante, da avere cara. Rinoa Caraway-Heartilly-Bennett o qualsiasi altro nome fisico affibbiatole non era nulla di più di una pedina in un gioco mortale. Dall'istante in cui aveva ereditato i suoi poteri, fino al suo ultimo respiro. La sfortuna era che lei non sapeva niente della competizione, troppo presa dal comprenderne le regole. Ad ogni modo, altri ne erano a conoscenza, altri innominati... altri che non si potevano riconoscere. Vivendo come ombre nei loro mondi, come sosia per tutto il resto dell'umanità.

La stanza era fiocamente illuminata, come sembrava essere quasi tutto al Garden in quei giorni. Forse era segno che in quei tempi conservare l'energia non era una risorsa inutile... o forse era solo uno specchio per l'atmosfera che regnava sul Garden. Per qualche ragione si sentiva nervosa, sebbene non avesse idea del perché. Era semplice... una riunione per la quale avrebbe dovuto essere felice, che era certa che, in altre circostanze, sarebbe stata considerata gioiosa. Ora, non faceva altro che riempirle il cuore di dolore. Eppure, il suo cavaliere era lì, al suo fianco. Per lei voleva dire incredibilmente di più di quanto lui avrebbe mai potuto sapere.

Lentamente lui si accostò alla porta, dandole un ultimo sguardo apatico.

"Starò bene, Squall," ripeté timidamente lei.

"Sicura di non volere che venga con te?"

Avvicinandoglisi, gli sfiorò la guancia con il palmo della mano. "Sai, non sono sicura di niente ultimamente. Però ho bisogno di fare questa cosa da sola." Guardò un'altra volta con apprensione il corridoio. "Devo, Squall, rimani nel mio cuore, e mi darai tutto il sostegno di cui ho bisogno."

"Sempre," fu la sua breve ma intensa risposta. Posò la mano sulla sua, girando il pomello con lui. Quando si aprì, riuscì a vedere soltanto il contorno della figura austera che si trovava nella stanza. Tornò a guardare Squall, che non disse una parola. I suoi occhi parlavano più di un qualsiasi linguaggio. Lei gli scoccò un ultimo sorriso minuto, anche se a lui non fu difficile capire che era forzato.

Rinoa entrò nella stanza oscurata, "padre..."

*~*~*~*~*

Non riuscì a fare più di dieci passi dalla sala conferenze prima che il suo cercapersone cominciasse a trillare. Con disgusto, scrutò l'irritante oggetto che aveva fissato alla cintura. "Dannazione," imprecò fra sé. Il suo piano era quello di rimanere su una panchina accanto alla porta, ma pareva si trattasse di un'emergenza. Qualcosa gli diceva che Rinoa sarebbe stata al sicuro per almeno qualche minuto, e che avrebbe potuto chiamare Zell a star di guardia.

A malincuore, spostò lo sguardo dalla porta all'affare elettronico. Staccò il cercapersone, spegnendo il segnale. L'aveva già persa una volta, ora era lei la sua unica emergenza. Il Garden non era più sotto il suo controllo, avrebbero potuto vivere senza di lui. Diamine, c'erano sempre riusciti.

I minuti trascorsero, lui era lì, seduto a scrutare la porta. Ogni battito cardiaco risuonava attraverso il suo corpo, e con ogni secondo che passava, si preoccupava sempre di più della sua salute. Una voce lo fece trasalire dalle sue fantasticherie, che erano più vicine alle sue paure che alla verità.

"Squall..." Si voltò per ritrovarsi di fronte a Selphie. Ricordava di un tempo in cui era stata allegra, ma quel tempo non era nulla più che un'estate finita da molto. Il passato. Per un momento, si soffermò a pensare quanto avessero costato le bugie per tutti. Non solo ai giocatori palesi, ma anche al cast di persone che gli davano il loro supporto, le persone che aveva respinto per troppi anni.

"Hey, uhm... stavamo giusto cercando di contattarti col cercapersone. È venuto fuori qualcosa di importante, e dobbiamo andare fino in fondo."

"Adesso sto aspettando Rinoa e Caraway. Quando avrò finito, potrete informare tutti e due."

"No, Squall... quello di cui dobbiamo parlare non può essere detto di fronte a lei."

"Perché?" La sua voce crebbe per l'irritazione. Questo giochetto non presagiva nulla di buono. Era stanco di sciocchezze così meschine.

"Perché Squall, riguarda lei... e qualcosa che è successo più di due anni fa. Riguarda anche l'omicidio di Richard Bennett. Pensiamo che lei..."

"No!" gridò. Era un'esibizione di emozione a cui non era abituata. Avanzando di qualche passo, lui le puntò il dito contro, "se stai per caso cercando di dirmi che lei è coinvolta in quella storia, allontanati immediatamente da noi."

"Squall, non ho detto questo, ma ci sono diversi elementi che indicano il..." Lei si fermò mentre il blocknotes che teneva in mano le fu strattonato via. Con tutta la forza che aveva lui lo gettò contro il muro, e tutto ciò che conteneva piovve a terra.

"Zitta, Selphie." Immediatamente si coprì il viso con le mani. "Dio, mi spiace... mi spiace tanto."

"Non fa nulla Squall, lo so." La ragazza più giovane cercò di trasmettere la propria empatia, nonostante fosse certa che sarebbe caduta su orecchie sorde. "Se può esserti d'aiuto, nemmeno io penso che lei sia responsabile." Selphie cominciò a raccogliere il contenuto sparpagliato del blocco. "Ma questa cosa ha radici molto più profonde di una bugia. Penso ce ne siano diverse."

"Che sorpresona del cazzo," ribatté lui mentre si chinava per aiutarla a radunare i fogli che giacevano di fronte a lui. "Puoi chiedermi subito quello che vuoi, senza però che la mia risposta diventi tra due ore l'ultimissimo gossip del Garden... per favore, dobbiamo almeno questo a Rinoa."

Lei smise di occuparsi delle note, e si mise in ginocchio. "Squall, so che sto per farti una domanda molto difficile... ma ti ricordi quando c'erano dei rapporti in cui si diceva che aveva addirittura fatto di Jefferson Mitchell il suo cavaliere... perché ci hai creduto?"

Lui voleva urlare, voleva strillare. I ricordi turbinarono nella sua testa come un uragano. In realtà, aveva cercato di arginare tutto quanto fino ad allora, chiedere spiegazioni a Rinoa gli era sembrato privo di importanza. Eppure si trattava di una domanda a cui nemmeno lui sapeva rispondere, ma si fidava di lei, Dio se si fidava di lei. Insieme condividevano quello che nessun'altra coppia avrebbe mai potuto condividere, ma la risposta sembrava più difficile di quanto si aspettasse. Voltò la testa, incapace di fronteggiare Selphie.

"Perché... mi sono state mandate delle prove fotografiche di Rinoa, di Michell... a letto... oh Hyne." Aveva rimosso quei ricordi dalla mente, tanto profondamente lo tormentavano. Ricordava fin troppo bene le fotografie con Rinoa che stringeva Mitchell. Diamine se sembrava bellissima, e felice... la ricordava immensamente contenta in quella foto. Le altre erano una serie di scatti che avrebbero trovato una posizione più appropriata in una rivista pornografica...

"Squall, sei certo che fosse Rinoa?"

"Sì... l'ho vista con Mitchell, è innegabile. Poi il resto... c'era il suo vestito, ricordo che stava per terra... e lui, quello stronzo."

Selphie si sentiva in pena per l'uomo, come se ora che l'aveva colpito un raggio di felicità, il suo mondo gli stesse nuovamente crollando addosso. Comunque, nella sua mente, tutto combaciava fin troppo bene, era tutto fin troppo pianificato. Qualcosa però non quadrava ed era determinata a scoprire la verità. Allora fece qualcosa che, solo una settimana fa, non avrebbe mai osato fare. Allungando la mano, gli toccò il braccio.

"Squall, se credi nel tuo cuore che lei non ti abbia mai tradito... allora è così. Rinoa ti ama, ti ha sempre amato. Mitchell non è un cavaliere più di quanto non lo sia Irvine... credi al tuo cuore e non ai tuoi occhi."

Lui non disse niente, odiava quei ricordi. Ma credeva in lei. Per la prima volta in due anni aveva voglia di rivedere quelle foto, forse c'era qualche particolare che gli era sfuggito prima, nella sua collera, nella sua fretta. Qualcosa di evidentissimo ma trascurato...

"Selphie, potresti rimanere qui per un po'? Rinoa è dentro con suo padre, cercando di fare ammenda per tutto quello che è successo. Hanno solo bisogno di tempo. Io devo assolutamente andare per un po' nel mio ufficio."

"Capisco."

"Dì a tutti di incontrarci nel mio ufficio alle sei. Riusciremo a venirne fuori tutti insieme, Rinoa inclusa."

Lei abbozzò un sorriso, "Okay." Prima che se ne andasse, Selphie gli pose un'ultimissima domanda. "Hey Squall, ricordi quando Rinoa aiutava nell'infermeria?"

Vagamente perplesso lui ripensò ad allora, a quando la sua vita era normale. "Ufficialmente ci ha lavorato solo un giorno. Avevano fatto un programma di scambio col Garden di Galbadia. Rinoa poi fece gran parte del lavoro di riempimento delle carte e di ammissione. Ma dici proprio lavorarci? Era solo un giorno, quando la dottoressa Kadowaki era a corto di personale. Tutti gli altri compiti e i lavori di assistenza all'ufficio venivano svolti molto lontani dall'ala amministrativa. Ha lavorato per un bel pezzo nell'ufficio vicino al mio."

"Così Rinoa avrebbe potuto maneggiare di tutto... campioni, esami... sangue?"

"Non vedo come avrebbe potuto da un ufficio tre piani più sopra. Di queste cose avrebbe dovuto occuparsene l'infermiera che assisteva sul campo medico, non su quello d'ufficio. Inoltre, Rinoa non sopporta la vista del sangue."

"Non ha combattuto con noi? Come poteva avere paura del sangue?"

"Non ho detto che ha paura, ho detto che non lo sopporta... una cosa che si porta dietro per via di sua madre. L'unica cosa che ricorda dell'incidente è il corpo di sua madre immerso nel sangue rossissimo."

"Sì," mormorò lei delicatamente. "Credo che potrebbe essere."

"Non farne menzione con lei ora, ha cose molto più importanti di cui preoccuparsi della storia che non può essere cambiata."

"No, Squall... Non penso dovrò farlo." E abbassò ancora una volta lo sguardo al foglio di carta.

*~*~*~*~*

Quando la porta finalmente si aprì, Selphie riuscì a vederne emergere la giovane strega. I suoi occhi erano rossi e gonfi. Era fin troppo ovvio che aveva pianto. Il cuore di Selphie quasi si allargò per stringerla, anche se non era certa che Rinoa avrebbe capito ogni cosa. Avvicinandosi alla ragazza con i capelli scuri, Selphie cercò di comportarsi nel suo modo energico, nonostante vari pensieri le offuscassero attualmente la percezione.

"Rinoa, tutto a posto? Squall aveva qualcosa di urgentissimo da sistemare, ti scorterò io fino al tuo dormitorio."

"Certo Selphie, capisco." Rivolse lo sguardo al Garden. Capiva davvero? Ora aveva bisogno di lui, le cose erano andate bene con suo padre, ma 'bene' aveva diverse interpretazioni a seconda di chi lo diceva. Era stata lieta di vederlo, di sapere che era vivo e in salute, e ciononostante era piuttosto imbarazzata delle sue fughe; per la prima volta, si era resa conto di quanto si fossero riflesse su suo padre. Il Consiglio Mondiale non tollerava facilmente certe cose; era un vero miracolo che Jefferson Mitchell gli avesse concesso di mantenere la sua posizione.

Eppure, in qualche modo, una volta uscita dalla stanza, sentiva il bisogno del sostegno di Squall. Contava che lui fosse lì, anche solo nel suo cuore. Con una marea di emozione che le scorreva in corpo, non poté trattenersi dal domandare l'ovvio. "Selphie, dov'è andato?"

Sorridendole teneramente, Selphie fece del suo meglio per uscirsene con una spiegazione. Quando tutti i suoi tentativi fallirono fece una domanda che sconvolse persino lei. "Rinoa... prima che tu lasciassi il Garden ci sono state voci secondo cui tu andavi a letto con il Presidente Mitchell... per caso ne sai qualcosa?"

"Che c'è? Non mi starai dicendo che Squall crede a quella roba?" A Selphie parve chiaro che la ragazza stava cominciando ad allarmarsi abbastanza.

"No Rinoa, certo che no... è solo che gli sono state spedite delle foto di te e Mitchell a letto insieme..."

"Che cosa?" Ora era assolutamente turbata. "Selphie... non ho mai... Hyne no... Dio io amo Squall... ti prego non dirmi che crede..."

"No," la interruppe in fretta Selphie. "Non ci crede. Comunque, ad essere sinceri in passato ha creduto che fossero veri. Penso che così gli fosse più facile accettare tutta la situazione. Ti aveva trasformato nel nemico, ma le cose allora erano diverse."

Rinoa guardò la sua vecchia amica prima di aggrapparsi alla ringhiera del balcone accanto a lei quasi in preda a un collasso. "Selphie, ti giuro sulla mia vita... sul nome della mia famiglia... non sono mai stata a letto con lui. L'ho incontrato solo un paio di volte. E principalmente a un paio di cene di beneficenza con mio padre. Se mai l'ho visto, è stato solo di passaggio a questi eventi."

"Sì," Selphie guardò il suo taccuino. "Okay, potresti farmi un favore? Puoi scrivermi qui il tuo nome?"

"Ma... certo... può essere d'aiuto?"

"Forse."

Rinoa prese il blocknotes e la penna che le porse Selphie, mettendo una firma su di un foglio.

"Rin, puoi farmene qualcun'altra?" La strega sembrava perplessa. Le diede uno sguardo stupito, ma si attenne rapidamente alla richiesta. In una manciata di secondi, Rinoa aveva scritto il suo nome cinque volte, incerta della destinazione della sua azione, ma avendo abbastanza fiducia nella sua amica da crederle.

"Grazie, Rin," le sorrise. Selphie scrutò i corridoi, in cerca di qualcosa.

"Selphie? Uhm... posso esserti d'aiuto in qualcosa?"

"Beh, ho chiamato Zell per scortarti fino alla tua stanza degli ospiti. Avrebbe già dovuto essere qui."

Rinoa sorrise dolcemente, "va' pure, so usare un ascensore da sola. Il mio dormitorio non è tanto lontano. Sono una ragazzona, e in un più una strega. Credo di poter gestire un paio di metri a piedi."

"Squall mi ucciderebbe."

"Allora non glielo diremo, no? Devi andare, giusto?"

La giovane annuì. "Già, è venuto a galla qualcosa che potrebbe esserci molto utile per scoprire la verità."

"E allora Selphie, cosa c'è di più importante della verità? Per favore, fidati di me... ce la posso fare. Non c'è quasi nessuno nelle hall, e un po' di tempo da sola non mi nuocerà."

"Mi ucciderà," mormorò l'altra. "Però mi ucciderà lo stesso se non ne vengo a capo prima del nostro incontro."

"Venire a capo di cosa, Selphie?"

"Oh, nulla di importante," mentì. "Ma tu vai direttamente in camera tua, intese?"

"Sì, vado. Fidati di me."

*~*~*~*~*

Rinoa non era certa di cosa aspettarsi, né del perché avesse insistito tanto nel stare da sola. La mente è più forte del corpo, si ripeté. Non era come se si trovasse nel fervore di una battaglia, stava solo passando da un corridoio a un altro... da sola. Dio, se Squall l'avesse saputo si sarebbe davvero infuriato. Il pensiero che qualcuno tenesse a lei a tal punto la lusingò un po'. Dopo tutto ciò che era successo, era sicura di non importare più a nessuno. Zell era perso da qualche parte nel Garden, a fare Hyne sa cosa. Una traccia era pur sempre una traccia, e Selphie aveva cose più importanti di cui occuparsi che fare da baby-sitter a una ventiduenne.

"Guarda un po' a chi ha tolto il guinzaglio il Comandante, pensi che abbia una targhetta di riconoscimento? Non vorremmo mica considerarla un animaletto randagio," fece una voce altera. Rinoa continuò a camminare, cercando di evitare ogni contatto visivo, ma più si avvicinava più diventavano chiassose.

"Hey, stai zitta, Nicole," stuzzicò un'altra ragazza. "Scommetto che ha un appuntamento importante con l'uomo qualunque che si scopa in quest'ora."

"Ma scherzi, Kris?" derise la terza, bloccando la strada a Rinoa. "Lei non si scopa un uomo qualsiasi... non è una puttana comune, è di prima classe. Va solo con gli uomini strapieni di potere e di soldi."

"Dia, non dimenticare le mogli. Sembra che abbia un'alta priorità nella sua lista-punti."

Il cuore di Rinoa correva all'impazzata. Adesso voleva soltanto essere altrove. L'ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento era un confronto di quel tipo. "Per favore," squittì con voce tremante. "Non voglio questo, capisco come possa sembrare... ma per favore, voglio solo tornare nella mia stanza, da mia figlia."

La cadetta le si avvicinò al volto. "E che cosa farai? Ci pugnalerai come hai fatto con Ellione Loire? O ti fotterai il marito della Professoressa Leonhart?"

"Ma dai," scherzò Nicole. Le altre due ragazze circondarono Rinoa, puntandola al centro. "Stiamo parlando della strega... lei scapperà. Cazzo, in questo sì che è brava."

"Oh, e non dimentichiamoci della sua bambina illegittima." Kris poggiò una mano sulla spalla di Rinoa, che sentì un brivido correrle lungo la schiena. "Povera bimba, non sa nemmeno quale dei clienti di sua madre è suo padre. Forse sarebbe meglio morisse piuttosto che crescere con te come madre."

C'era una linea sottile per una strega, una di quelle che in molti non osano attraversare. Le si poteva dire tutto quello che si voleva su lei e Squall... ma non su Allison. Riusciva a sentire il suo sangue scorrerle nelle vene. Ogni battito cardiaco la attirava sempre di più a un qualcuno che non voleva diventare... qualcuno che avrebbe fatto apparire validi i loro giudizi.

Le pregò, "andate via." Non era una richiesta, quanto una pretesa.

"Che c'è, finalmente abbiamo toccato un nervo scoperto? Finalmente la potente troia ci mostrerà di che pasta è fatta?"

"Ah... Dia... non credo che..." Nicole tentò di avvertire la sua amica mentre indietreggiava lentamente. Rinoa riusciva a sentire l'emozione prendere il controllo. Non voleva che succedesse, aveva sopportato di tutto... ma quella era una sua scelta. Queste ragazze non le aveva scelte lei. Lì al Garden, tutte le emozioni si erano riversate in lei negli ultimi quattro giorni. Il suo corpo era provato, e la sua mente debole. Le ragazze notarono improvvisamente il cambiamento del suo aspetto mentre i suoi occhi iniziavano a turbinare pieni di nuvole opache.

Ora non era più in grado di controllare le sue azioni. Sollevò lentamente una mano, lottando tremante con la sua stessa coscienza. Per il combattimento che stava avvenendo nella sua anima si formarono delle lacrime, queste ragazze non erano il nemico e lo sapeva benissimo. D'improvviso, ritirò la mano verso il petto. Stringendola in un pugno, riuscì a sentire il dolore di ogni unghia che affondava nel suo palmo. In quell'istante, fu afferrata vigorosamente da dietro.

Seppe immediatamente chi era, mentre lui la girava verso di lui, tenendola stretta.

"Stai bene?"

"A meraviglia, Squall. Voglio solo tornare in camera."

Controllando che non fosse fisicamente ferita, si mosse al suo fianco per fronteggiare le tre ragazze.

"Cosa diamine stavate facendo? Chi pensate di essere?"

"Siamo SeeD," ribatté Kris. "Siamo state addestrate per sconfiggere la strega. Ma che diavolo prende a te?"

Squall alzò la mano; non voleva altro che colpirla. Colpirle tutte. Erano loro ad aver causato quello; erano loro ad averla tormentata. Ed era con loro che fino a quattro giorni prima... lui si sarebbe schierato.

"Maledette ragazze, andatevene via! Non fatevi vedere mai più!" ruggì, abbassando il braccio.

Le ragazze non si allontanarono subito, dato che non mostravano troppa paura del Comandante. Fino a un certo punto, l'avevano rispettato, ma ora era solo qualcuno che eseguiva ogni ordine di quella puttana. Quistis era ancora molto rispettata tra il corpo studentesco, e ogni tradimento fatto a lei, era un tradimento fatto a loro. Non avrebbero mai conosciuto l'intera storia, ma solo quella che veniva loro trasmessa. Il Garden stava affrontando una guerra, e solo le informazioni pertinenti venivano reiterate agli studenti. Fino al giorno prima, avevano trascorso tutto il tempo a inseguirla, e ora erano costretti a difenderla...

*~*~*~*~*

"Cosa diamine facevi da sola senza una scorta adeguata?" la riprese con un tono inferocito.

"Squall, mi dispiace... Irvine doveva vedersi subito con Selphie. Alex era nel dormitorio con Allison, e pensavo di poter arrivare nella mia stanza senza incidenti."

"Oramai dovresti saperne abbastanza. La storia non ti ha insegnato nulla? E cos'è stata quella 'cosa' poco fa?"

"Io... non lo so. Ha iniziato a prendere il sopravvento di nuovo... quel sentimento. Tre anni di nulla, tre giorni nelle tue vicinanze e siamo già alla terza volta. Okay... okay, una volta c'è stata pure a Trabia... Ho perso la calma con Richard, e l'ho quasi ucciso."

"A quanto pare qualcun altro ha finito il lavoro per te. Non che sia stata una grave perdita per la società."

"Anche allora eri vicino a me, vero?" La comprensione albeggiò su di lei.

"Non sono certo di dove fossi quando sei partita, ma da qualche parte tra Deling e Trabia. In realtà ero piuttosto irritato quando mi misero sul caso di rapimento Bennett."

"Non è ironico?"

"Sì, e ne ho avuta più che a sufficienza di ironia nella mia vita."

"Allora deve avere qualcosa a che fare con te, o con la tua presenza, intendo. Quando sono vicino a te, tendo ad essere più forte. I miei poteri sono stati sopiti per quasi tre anni... qualsiasi cosa mi facesse quella bestia."

"Dio, Rinoa, mi dispiace..."

"Dannazione, Squall!" Scattò la testa verso di lui. "Ti avevo detto di non dirmelo mai più, qualsiasi cosa fosse successa." Riprese rapidamente a camminare nel salone, senza guardare indietro.

Dopo qualche istante di momentanea confusione, corse per stare al suo passo. "Rinoa, che problema c'è? Non voleva dire niente."

"No Squall, non voleva dire niente per te e nemmeno per lui."

"Lui?"

Lei si voltò, fermandosi nel corridoio che portava ai dormitori. "Richard Bennett! Ogni volta che mi colpiva per piacere sadico, o mi picchiava fino a rompermi le costole, o mi violentava... c'era sempre un mi dispiace. Mi dispiace non vuol dire niente per me, Squall. Non vuol dire proprio un cazzo. Ma tu sì... quindi ti prego, non ridurti a un mi dispiace. Dimostramelo con le azioni, non con le parole. Solo... solo resta sempre accanto a me..."

Quelle parole lo colpirono come un pugnale, ognuna di esse perforò la sua pelle e gli ricordò i suoi fallimenti. Sarebbe mai stato chi avrebbe dovuto essere? O il fato aveva deciso del suo destino dal momento della sua nascita? Stavolta non ci sarebbe stato; adesso controllava lui la sua vita. Sapeva quello che voleva, e non si sarebbe fermato di fronte a nulla per ottenere il suo scopo. La sua famiglia.

*~*~*~*~*

Quelle quattro mura lo stavano avvolgendo come una cella, di nuovo. Seifer Almasy lo odiava, odiava essere intrappolato come un animale. Sì, in realtà avrebbe potuto facilmente uscirne, e vagare liberamente nei saloni. Ma a che prezzo? Li aveva traditi molti anni prima, e tutti in quel luogo avevano una ragione per odiarlo. E lui non poteva dargli torto. Si agitò e si rivoltò nel suo letto, mentre il sole del pomeriggio trafiggeva il pavimento. Le ombre si arrampicavano gentilmente sulle tegole come una meridiana, e ognuna di esse rappresentava un'altra ora della sua vita sprecata in quel posto.

Chiudendo gli occhi, provò a pensare. Se si fosse alzato e si fosse messo a correre, correre più lontano che poteva... avrebbe mai potuto fermarsi? La sua vita era un fiasco gigantesco come quella di suo padre, era quello l'unico tratto distintivo che si trasmetteva di padre in figlio?

Gettò uno sguardo all'armadio e vide il riflesso del suo gunblade nello specchio. Forse avrebbe potuto andare senza farsi notare nel centro di addestramento. Sì, come no. Lui desiderava da morire - no, aveva bisogno di combattere. L'adrenalina scorreva nelle sue vene, gli dava vita. Era naturale come il sangue. Ma no, ora giaceva nella sua stanza... e le mura lo stavano avvolgendo.

Perché lei non era lì? D'accordo, forse non era la soluzione migliore, ma almeno se ci fosse stata Quistis avrebbe potuto trovare altre cose su cui concentrarsi... come lei. Forse l'ultima sera gli gravava ancora pesantemente sulla mente. Forse all'improvviso non sapeva più cosa fare della sua vita. Quando all'inizio era venuto a sapere di Rinoa, le sue intenzioni erano state completamente disinteressate, ma ora doveva ammettere di star guardando al suo profitto personale.

Era un uomo di parola, anche se pochi davano a quella parola il giusto valore. Combattere fino alla fine, per quanto amara, non era una scelta; era una promessa. Tuttavia, quando era andato a Balamb quella sera per parlare con Squall, non aveva pensato neanche una volta che avrebbero potuto trovare la strega, figurarsi riportarla indietro. Gli piaceva pensare che ogni azione che compiva fosse nobile e forse lo era veramente... ma da qualche parte lungo la strada, la linea si era confusa. Ora, non solo pensava al futuro di colei che aveva cercato un tempo di sacrificare, ma anche a quello di colei con la quale aveva condiviso il letto l'ultima notte.

Richiuse gli occhi e l'oscurità prevalse sui suoi sogni. Non riusciva a dormire; la sua mente era altrove. Ma poteva fantasticare, e controllava anche il più personale dei suoi pensieri. Almeno così pensava... Un improvviso brivido lo percosse. Se si dice che si sente un brivido quando qualcuno ti calpesta la tomba, allora qualcuno stava scavando la sua. Era quasi ultraterreno, e per un momento lo spaventò. Poi un'immagine solitaria gli attraversò gli occhi. E anche quando lì aprì, era come un negativo, la sagoma della bestia che infestava i suoi sogni... il dragone. La creatura sconosciuta che per qualche motivo lo perseguitava.

Diede uno sguardo al suo orologio. Quistis l'aveva lasciato meno di due ore prima. Aveva bisogno di vederla ora. Stava succedendo qualcosa che nessuno riusciva a vedere. Né lui, né il Comandante, e neanche la strega. Era qualcosa riguardo quella semplice immagine del dragone che possedeva la chiave di tutto... e le risposte che cercavano.

Risposte molto peggiori di quanto chiunque avrebbe mai potuto immaginare.

*****
Note delle traduttrici: capitolo rivisto da Alessia Heartilly. Insieme a questo trovate publicata la revisione del capitolo 19 e 20, sempre a cura di Alessia Heartilly.
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Citazione di apertura: da Love's Loneliness di William Butler Yeats, tutta la seconda strofa.
Il tempo si riprende tutto,
Che tu lo voglia o no.
Il tempo prende ogni cosa,
Il tempo la porta via,
e alla fine c'è solo l'oscurità.
A volte incontriamo altri in quella oscurità,
E a volte li perdiamo di nuovo là dentro.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 30
*** XXX. Belligeranza ***


In the attitude of silence the soul
Finds the path in an clearer light,
And what is elusive and deceptive
Resolves itself into crystal clearness.
Our life is a long and arduous quest after Truth.

--Mahatma Gandhi

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ XXX. BELLIGERANZA ~

Sin dall'inizio dei tempi, a memoria d'uomo, è sempre esistita la lotta tra bene e male, due forze di pari potere. Se una delle due diventasse troppo forte, scoppierebbe un caos da cui nessun mortale né Dio potrebbe mai salvarci. Si tratta di un equilibrio, come tra buio e luce, tra sole e luna, o amore ed odio. C'è sempre un confine sottilissimo, che nessuno osa attraversare. E anche se un essere o una qualsiasi entità avesse il coraggio di sfidarlo, in tal caso sarebbe la fine per l'universo.

Una discendente di Hyne era qualcosa di unico. L'incarnazione di una strega significava molto di più di quanto i libri di storia avessero mai raccontato, di quanto potessero mai sapere. Le streghe regolavano l'equilibrio non solo della vita, ma anche dell'aldilà. Servire Hyne, oppure essere esiliati per sempre in un altro regno: quello delle anime mortali, o di coloro che sono condannati alla perdizione eterna. Perché nell'universo c'era una triade di forze, un equilibrio suddiviso in tre parti uguali. A differenza della maggior parte delle religioni, che si focalizzano solo sul dualismo... sul potere di bene e male. Ma per Hyne, esisteva un mondo a parte per le sue discendenti, un mondo dove avrebbero potuto presiedere e governare. Il regno mortale era semplicemente questo... un posto dove il resto della società potesse riposare in pace.

O essere dannato in eterno... c'è sempre un male. Sempre.

Certe volte il male è palese, si presenta ammantato in groppa a un cavallo nero, con la falce in mano. Altre volte resta invece in attesa, scovando le nostre debolezze, imparando...osservando ogni singolo istante. E quello è il male peggiore, quello che se ne sta nascosto, non tra le tenebre, ma nella luce del giorno.

*~*~*~*~*

La stanza era silenziosa, se si escludeva la bambina, che stava facendo finta di volare. Allison correva, a braccia spalancate; girando in tondo, sfiorava con le ali le immaginarie nuvole che riempivano la stanza. Rinoa sedeva quieta sul divano, godendosi ogni momento di quello spettacolo. Udì un rumore provenire da fuori della camera, ma non si voltò. Poi sentì una mano sulla spalla, mentre la figura si sedeva, ma neanche stavolta guardò. Solo, chiuse gli occhi, e appoggiò il capo sul petto di lui.

"Ha la tua fantasia."

"Squall, non credo tu ne abbia mai avuta una." Era una battuta, lo sapevano entrambi.

"Forse sì, forse no." Le ravviò le corte ciocche dietro le orecchie, incantato a guardare il modo in cui le cadevano sul viso. Il suo orecchio era così perfetto... c'erano così tante cose che non si era mai fermato ad assaporare.

"Ha i tuoi occhi."

"Ha il tuo cuore," sussurrò lui in risposta. Rinoa sorrise.

Cercando di non farsi salire di nuovo agli occhi il pianto, si girò. Si girò a guardarlo una volta ancora, in ogni particolare, e in ogni colpa. Con un dito tracciò il percorso della sua cicatrice, lasciandolo infine scendere verso la bocca, e si fermò sulle sue labbra, mentre lui chiudeva gli occhi nella sensazione del contatto.

"Ricordati di me."

Lui riaprì gli occhi di scatto, improvvisamente a bocca aperta. Le parole non vennero. Lo shock era troppo forte. Cominciò a dire qualcosa, ma di nuovo lei gli premette, piano, il dito sulle labbra, e lo ammonì con gli occhi.

"Squall... ti prego... ricordati di me, semplicemente. Ricordati di questi pochi, ultimi giorni, e tienili stretti nel tuo cuore. Lei ne avrà bisogno. Se succede qualcosa, tu va' avanti. Non guardarti mai indietro."

Le scostò il dito con la mano, con un po' più di aggressività di quanto avesse voluto. "Rinoa, non parlare così!" I suoi occhi sembravano quasi metallici, come acciaio. Era così serio, così accalorato. "Stasera partiamo per Esthar... e lì saremo al sicuro."

"Al sicuro..." ripeté lei con un filo di voce. "Squall, non si fermeranno finché non mi avranno trovata. Non potrò mai avere una vita normale."

"Sì che puoi. Possiamo... maledizione. A me non è mai importato niente dei tuoi poteri, solo di te."

"A te può non importare niente del potere, ma ad altri sì. Lo vorranno sempre, e io non sarò mai lasciata in pace. Tu ed Allison non meritate questo, correre come topi dentro un labirinto. Voi meritate di essere liberi, di correre lungo le sponde dell'oceano. Quando eravamo nella baita, promettesti di riportarci a riva. Ti scongiuro Squall... ti prego, ti prego, fallo se dovesse accadere qualcosa."

Lui si voltò dall'altra parte, solo per guardare sua figlia che ancora giocava a volare tutto intorno al soggiorno. Così innocente, così giovane... proprio come erano stati loro prima che il destino cominciasse ad essere crudele. Osservava ogni movimento che la bambina faceva, il modo in cui i capelli ondeggiavano mentre l'aria li attraversava, come era stato con quelli della madre tante stagioni prima. Si passò la mano tra le sue ciocche, anche se ormai le aveva corte, era ancora un'abitudine nervosa retaggio di tanti anni passati.

"Rinoa, perché sei così sicura che debba succedere qualcosa? Entro due ore saremo su un mezzo che ci porterà ad Esthar, eppure tu ti comporti come se non dovesse accadere – o se accadesse, tu non ce la faresti. Ma perché... perché continui a fare così? Fin dal primo momento che ti ho rivista, perché ti sei sempre comportata come se questi fossero i tuoi ultimi giorni? Per l'amor del cielo, Rinoa, smettila di parlare così."

"Squall," non riusciva più a fingere un sorriso. "Lo so e basta... non sono in grado di spiegarlo. Tutto converge verso un unico fatto, loro che mi trovano. Non avranno pace, non si fermeranno mai, continueranno a darmi la caccia finché non mi prenderanno. Io sono l'animale e loro i predatori... io non sono nient'altro che una preda. Non avrei mai neppure sognato di avere l'opportunità di rivederti... e questo è stato più di quanto potessi chiedere. Io... ti... amo. Ho avuto l'occasione di dirti queste parole ancora una volta."

"Forza." Si alzò in piedi, quasi con rabbia. Le offrì la mano e la tirò su assieme a lui. "Adesso raccogliamo le nostre cose, e ce ne andiamo. Loro possono fare tutte le battaglie che vogliono, io non perderò la mia."

"Squall, hanno bisogno di te."

"Santo cielo, no, non ne hanno. Non hanno mai avuto bisogno di me. Non ci sono stato per due anni, la mia unica ossessione era trovare te, e la verità. Ho fatto tutte e due le cose, il mio compito è finito. Il Garden è un ricordo."

I loro sguardi s'incrociarono, ognuno sembrava deciso a non arretrare dalla sua risoluzione. Quello di lui era talmente serio e allo stesso tempo terrorizzato, che anche lei lo vedeva chiaramente. Non lo stava più nascondendo molto bene... o forse era solo che riusciva a leggerlo meglio. Comunque fosse, non poteva opporsi alla sua decisione.

"Va bene, Squall, dammi solo una ventina di minuti."

"Non me ne vado finché..." Un bussare alla porta li fece girare entrambi. Allison smise di fare l'aeroplano, e corse verso quel suono.

"Mami... porta... papi?"

"No... no, non è lui." Non aveva il coraggio nemmeno di guardare Squall. Il senso di colpa la consumava ogni volta che sentiva Allison chiamare quell'uomo, Richard Bennett, papi.

"Faccio io." Rinoa percepì la sofferenza nella voce di lui.

"No, aspetta un secondo, Squall." Inginocchiatasi, Rinoa fissò sua figlia occhi negli occhi, guardando dentro lo stesso azzurro d'acciaio che aveva visto poco prima nel suo vero padre.

"Ally... la mamma ti deve dire una cosa. So che non capirai, però bisogna che sia io a dirtelo. Squall... questo signore qui." La ragazza allungò la mano a tirarlo per la manica dell'uniforme, facendolo piegare giù al loro livello. "Questo è il tuo... papà. Non lo chiameremo papino o papi, lo chiameremo papà. Puoi dire questa parola per me?"

"No... quello Skall."

"Sì, Ally, è lui... ma è anche il tuo vero padre. È il tuo papà." Indicò se stessa, e poi Squall. "Mamma e papà."

Il rumore all'ingresso riecheggiò ancora una volta nella stanza. Allison sembrava più preoccupata della porta che non di quello che sua madre stava cercando di dirle. "Mami, porta, papà Skall, porta."

Rinoa si rialzò, e il suo compagno con lei. "Credo che ci si stia avvicinando pian piano, papà Skall. Ora vai ad aprire la porta prima che si arrabbi."

Lui guardò in basso verso la bambina, che adesso gesticolava come una matta verso la porta. "Vieni qua." Squall si allungò a prenderla tra le braccia. "Vediamo un po' chi è, okay?"

Rinoa li guardava concentrata, e non riusciva a credere a quanto bene lui stesse prendendo la situazione. Non sapeva con precisione come aveva pensato che sarebbe andata, ma comunque era tutto diverso. Questo era infinitamente meglio di qualsiasi sogno. Questa era la sua realtà.

"Alix..." strillò la piccola. "Mami, tia Alix! E Iell!"

"Oh, zia Alex e Zell? Che bello, Allison," rispose la madre alla figlia.

Squall aprì del tutto la porta, con la bambina ancora in braccio. Sia Alex che Zell sembrarono un po' presi in contropiede a vedere Squall che teneva Allison, come se fosse naturale per lui occuparsi di bambini. L'ultima cosa che avrebbero pensato di lui era che potesse, o volesse, essere bravo con i piccoli.

"Ehi Squall... ehm, gli altri avrebbero proprio necessità di incontrarsi con te nel tuo ufficio, prima che tu parta per Esthar. Selphie crede di sapere che cosa sta succedendo, chi ha ucciso Bennett."

"Non me ne frega niente di chi abbia ucciso il bastardo," rispose stizzoso. "Ce ne stiamo andando. Adesso."

"Come?" Alex sembrava leggermente confusa. "Pensavo che avessimo ancora qualche ora."

"I piani sono cambiati. Se devi venire anche tu, preparati." Il suo tono era quello del Comandante, sarebbe stato quasi difficile credere che avesse in braccio un bambino: il suo comportamento era tornato in tutto e per tutto alla serietà quando erano arrivati gli altri. Solo Rinoa poteva vedere l'altra faccia, e, ovviamente, anche Allison.

"Squall," le parole della ragazza erano appena percettibili. "So che non puoi capirlo. Maledizione, neanch'io lo capisco, ma una parte di me ha bisogno di sapere, per metterci la parola fine. Sono stata sua moglie per due anni..."

"No," quasi le urlò contro. Allison si spaventò un poco, e si sporse verso la persona che aveva più vicina, che era Alex. Squall sciolse il suo abbraccio, lasciando che Ally gattonasse verso la sua madrina. Appena ebbe le mani libere, si voltò subito verso Rinoa. "Non dire mai più che eri sua moglie. Non lo eri." Non si era mai reso conto di quanto gli avrebbe dato fastidio sentire quelle parole uscire dalla sua bocca. Diavolo, la sua situazione non era certo migliore, visto che era sposato con Quistis, ma il loro matrimonio era legale... quello di Rinoa no. Renee Bennett non era altro che una finzione.

"D'accordo, Squall, però per favore... possiamo andarci adesso, sentire cos'hanno da dirti. Poi partiamo. Così Alex avrà il tempo di fare la valigia. Ti prometto che subito dopo partiremo."

"Prometti?" Le mise una mano sul braccio. Lei non rispose, pensando fosse una domanda retorica. Il tono di lui si fece di un'ombra più rigido: "mi prometti che dopo questa riunione partiremo per Esthar?"

"Squall, te lo prometto con tutto il cuore, hai la mia parola." Lui allungò una mano per posarle il palmo sulla guancia, sentendo la sua pelle setosa contro il ruvido della sua.

"Ci conto, signorina Heartilly."

*~*~*~*~*

Quante volte aveva visto quel posto? Si poteva soltanto tirare a indovinare, era un mistero persino per Seifer Almasy stesso. L'ufficio che una volta era di Cid era adesso stato trasformato in quello di Leonhart. Era davvero sorpreso che addirittura l'ufficio avesse così poco di personale, ma c'era da aspettarselo. Almeno Cid con la sua collezione di... beh, qualunque cosa fossero quegli orrori. Edea doveva avere un macabro senso dell'umorismo, visto che ad adornare le pareti dell'ufficio c'erano teste di mostri impagliate. Lui le odiava, aveva sempre pensato che lo sbeffeggiassero. Aveva passato un sacco di tempo là dentro... un giorno si era addirittura messo a sedere e aveva dato un nome a tutti.

Adesso era diverso. Le pareti erano ancora listate di mogano ed eleganti intarsi in legno, le porte avevano sempre le maniglie d'ottone lucidato, e Squall aveva tenuto lo stesso divano di pelle. Seifer immaginava che avesse passato parecchie notti là dentro, era più facile che andare a casa da una persona che non amava... Quistis. Era più facile starsene rinchiuso in un ufficio con una persona che non amava... se stesso. Alcuni riconoscimenti erano appesi in ordine sparso sulle pareti. Uno era il diploma ufficiale a SeeD di Leonhart. Già, quello sì che scocciava. Gli altri avevano l'aria di essere stucchevoli ringraziamenti da parte di città e nazioni dopo la guerra. Se nessuno diceva una parola entro breve, sarebbe diventato matto.

"Ehi, guarda, Quistis, non mi avevi mai detto che Squall era un membro onorario di Timber Maniacs. Non erano loro che pubblicavano anche 'La mia vicina'? Wow, chissà se il Comandante Cerca-ragazzine ha scritto qualche lettera all'editore... ci scommetto che avrebbe ottenuto qualche bella storia in più."

"Seifer..." Suonava come un rimprovero più di quanto lei stessa non avesse voluto. Quistis alzò gli occhi al cielo, e si allontanò da lui.

"Che c'è? Mi stavo solo chiedendo..."

Irvine bisbigliò qualcosa a Selphie, che gli scoccò un'occhiata infastidita.

Quistis scosse la testa. Era cambiato talmente tanto nelle loro vite che nessuno sapeva più ridere? Una volta ogni tanto sì, ma essere spensierati come lo erano stati un tempo... Poi si rese conto che non erano mai stati spensierati, la loro vita era stata tutto l'opposto. Dai pasti pianificati, alle battaglie pianificate... diavolo, persino i loro funerali venivano predisposti sin da quando avevano quindici anni, che cosa tremenda era quella? In qualche modo, Seifer era riuscito a conservare qualcosa che gli altri avevano perso. Forse essere allontanato dal Garden l'aveva solo reso più forte... forse per questo era una persona migliore... forse tutti loro lo sarebbero stati.

"Selphie," una voce si alzò dall'altra coppia. "stai ancora lavorando a quella cosa, mi sembrava che avessi detto che te n'eri fatta un'idea..." Irvine si adagiò sul divano, coi piedi sul tavolino di fronte.

Lei riprese in mano la penna che aveva tra i denti. Aveva preso l'abitudine di mordicchiare penne e matite per il nervosismo dai tempi della scuola e degli esami, ed era una cosa che poi non era mai riuscita a togliersi. "No, Irvine, ancora non ce l'ho del tutto. Ti posso solo dire chi non è stato. Ma qui c'è qualcosa di più che non un solo omicidio, la pista risale a tre anni fa, un anno prima che la Sorella venisse uccisa."

Quando la porta si aprì con un cigolio, tutti e quattro vi rivolsero la loro attenzione. Rinoa entrò per prima, con circospezione, il disagio si leggeva chiaramente nel suo modo di fare. La seguiva Squall, che si chiuse la pesante porta alle spalle. Nessuno dei due sembrava contento di essere lì, ma entrambi cercavano di comportarsi nel modo più civile possibile. "Subito dopo di questo ce ne andiamo, quindi fatela breve." Le parole di lui mettevano in chiaro tutto.

Selphie alzò gli occhi dal suo portatile. "Squall, mi rincresce tantissimo chiederti questo, so che è una cosa molto personale, ma hai le foto di Rinoa e Mitchell?" Rinoa restò impietrita dallo shock, il corpo che s'irrigidiva al solo pensiero di essere con quell'uomo.

"Che cosa diavolo...?" sbottò il Comandante di rimando.

"Per favore..."

Squall guardò Rinoa cercando una qualche risposta. Lei annuì, per dargli la sua approvazione. Lui detestava quelle fottutissime foto, eppure, per chissà quale ragione, le aveva conservate. Forse per ricordare a se stesso del purgatorio in cui viveva, la costante tortura che aveva tra mente e cuore. Andò verso un armadietto e cercò tra alcune cartelline. Alla fine, ne riemerse con un fascicolo; fece solo pochi passi verso Selphie, prima di gettarglielo con rabbia. "Tieni."

Selphie cominciò ad alzarsi dal divano per raccoglierlo, ma prima che potesse farlo Rinoa si avvicinò rapidamente. Senza una parola per nessuno, aprì il fascicolo. Un respiro affannoso risuonò nella stanza, quando lei vide la prima foto. "Oh Dio," fu l'unica cosa che riuscì a dire. Sfogliò tutte le foto, infine si fermò sull'ultima. C'erano Rinoa e Mitchell: lei indossava lo stesso abito che aveva nelle altre immagini. La porse a Squall.

"Questa qui... questa qui sono io. Ti prego, devi credermi... ero a una serata di beneficenza, insieme a mio padre. Fu qualche tempo dopo Artemisia... ti avevo chiesto di venire, ma eri troppo occupato, e così ci andai da sola. C'era una fotografa lì, mi ricordo che lei mi chiese di fare uno scatto con il Presidente."

"Lei?"

"Sì, Kimberley, mi sembra... o qualcosa di simile. Non mi ricordo. Ad essere sincera... avevo bevuto un pochino troppo quella sera. Ero triste che non eri venuto con me... neanche quella volta. Ero sempre da sola a quelle feste. Capisco che tu odiassi fare apparizioni negli eventi dove c'era di mezzo la politica, ma mio padre era appena stato eletto al Consiglio, dovevo andarci."

"Avrei dovuto esserci anch'io." Squall continuava a fissare quella foto. Rinoa aveva un aspetto così allegro allora, anche se stava dissimulando il dispiacere di essere stata lasciata sola da lui; c'era ancora in lei una certa scintilla d'innocenza che poi aveva perduto per strada. Allungò il braccio verso di lei, prendendole di mano le altre foto. Quelle su cui non aveva avuto il coraggio di riflettere.

Qualche volta, dopo che si sono prese le distanze da una situazione, le menzogne si mostrano più chiaramente. Scorse di nuovo tutti gli scatti, quando l'aveva fatto in passato era così furioso che era stato pronto a credere a tutto. Voleva veramente che fosse lei quella nelle fotografie. Ora invece si accorgeva che la maggior parte di esse mostrava solo corpi nudi intrecciati, e la nuca di lei. Nulla di concreto.

"Ce l'ho fatta!" cinguettò Selphie quando il suo computer emise un suono. "Ho i risultati dell'autopsia. Credetemi, Trabia non me li ha esattamente serviti su un piatto d'argento... ho provato attraverso il server principale, ma si incappava in tutte le procedure formali e la burocrazia; e così mi sono infiltrata, per così dire, dalla porta sul retro virtuale. Richard Bennett è morto per un colpo a bruciapelo di una pistola nove millimetri. Il proiettile è penetrato nel ventricolo sinistro e il foro d'uscita è sulla schiena... La traiettoria del proiettile coincide con un assassino di altezza tra 1,58 e 1,68 m... e la cosa..."

Rovistò freneticamente tra alcuni fogli. "Ecco! La cosa contrasta con i risultati finali secondo cui Squall l'avrebbe ucciso a sangue freddo. Qui dice che il suo sangue è stato trovato sulla scena del crimine, e che l'arma del delitto è stata recuperata sulla barca. Ma, a meno che Squall non si fosse abbassato, guardando in su verso Bennett, le cose non quadrano."

*~*~*~*~*

Quello della televisione era l'unico suono che si udiva nella stanza. Alex sedeva sul divano, con Allison distesa beatamente in grembo. La bambina era stata cambiata con una tutina con piccoli chocobo disegnati sopra; i capelli erano raccolti in due fermaglietti, e qualche ciuffo disordinato era finito addosso ad Alex. Accanto a lei, Zell era seduto a guardare in silenzio il telegiornale.

Un bussare alla porta fece sobbalzare le due, e svegliò la più piccola. Allison cercò di trattenere le lacrime, ma era troppo stanca: stava cercando disperatamente un po' di riposo in quel momento di pace. L'esperto di arti marziali non disse nulla, si limitò ad andare alla porta.

"Ehi," bisbigliò Lauren. "Oh, no, non l'avrò svegliata? Ho cercato di fare piano."

"Si riaddormenterà, è tutto ok."

"Bene, perché mi hanno appena mandato a cercarvi... è un brutto momento?"

Zell si girò per guardare Alex, che aveva disteso la bambina sul divano e la stava coprendo con un plaid. "No, va tutto bene. Che cosa vogliono?"

"Non lo so proprio, credetemi, è top secret... e come sapete... io sono esclusa."

Zell ridacchiò. "Già, immagino che dopo un anno a lavorare per il Comandante si impari a stare zitti."

"Esattamente, e anche a schivare i lanci di oggetti," rispose lei.

"Fondamentalmente, hanno solo qualche domanda per Alex."

"Per me?" chiese lei avvicinandosi alla porta. "Ma di cosa parlano?"

"Oh, signorina, non ne ho veramente idea. A me dicono solo di andare a chiamare la gente, e io lo faccio. Ho imparato da un bel pezzo a non fare domande."

"Sì, lo capisco bene." Si girò indietro verso Allison, e poi tornò a guardare la SeeD. "L'ho appena messa giù, non vorrei davvero svegliarla."

"Posso darle un'occhiata io per qualche minuto. A dir la verità, non sono così brava con i bambini, ma è addormentata... credo che il mio allenamento da SeeD possa bastare."

"Oh, grazie, sarebbe molto d'aiuto." Alex tornò indietro dalla bambina, le diede un bacio sulla fronte, prima di voltarsi di nuovo verso Zell. I due uscirono dalla porta insieme.

*~*~*~*~*

Nell'ufficio del Comandante, nessuno sapeva a cosa credere. Erano tutti parte di un enigma che non sapevano spiegare; e ogni volta che un pezzo del puzzle era risolto, un altro prendeva il suo posto.

"Non sono stata io," disse Rinoa sottovoce.

"Nessuno lo pensa." Squall raggiunse l'angolo della scrivania dove lei era seduta.

"Invece sì. Ma nessuno ha il coraggio di dirlo ad alta voce," ribattè lei prendendosi la testa fra le mani. "Rientro nella descrizione... la mia altezza... ed ero da quelle parti..."

"C'è qualcuno qui che crede che sia stata lei?" Nessuno guardò il Comandante, si voltarono tutti altrove, a occhi bassi. "Oh, Dio, ci credete!" Squall sferrò un pugno sul piano del suo tavolo, facendo cadere a terra parte di quello che c'era sopra.

"No, io no." Seifer se ne stava appoggiato contro un muro distante, con Quistis accanto. Si raddrizzò, fece un passo. "È troppo perfetto. Se non è Squall, allora è Rinoa. È facile da credere, tanto ha già ucciso prima e lo farà ancora, sappiamo tutti che le streghe sono tiranne assetate di sangue. Quindi, Comandante, siamo in tre a credere in lei. Gente, mi fate venire la nausea."

Seifer uscì dalla stanza, e Quistis guardò gli altri, ma non Rinoa... non riusciva a guardare dentro la sofferenza che aveva negli occhi. "Io gli vado dietro, ma, per quanto poco possa contare, so che non è stata lei."

Quelle parole furono di scarsa consolazione per Rinoa, anche dopo tutto quello che era successo... nessuno le credeva veramente. Riabbassò di nuovo lo sguardo verso le foto, cercando di non sentirsi male.

*~*~*~*~*

"Seifer, che storia è questa?" Quistis corse fuori dall'ufficio. Vide Seifer seduto su un angolo di una scrivania, gli occhi che guardavano fuori dalla finestra, nell'abisso.

"Dovresti chiederlo a loro. È tutto così perfetto da far schifo. Non c'è nulla fuori posto: era stato tutto organizzato due anni fa. Ora loro mi vengono a dire che risale ad ancor più tempo fa. Ma cosa credono, che Rinoa volesse vivere con Bennett? Che fosse tutto un piano geniale per mandare Squall a Trabia a indagare su un falso rapimento? Questa è la storia più cretina e ridicola che io abbia mai..." Si bloccò. Un brivido gelido come la stessa Trabia gli corse giù per la spina dorsale. Appoggiandosi all'indietro, aveva urtato con la mano contro qualcosa di affilato che gli aveva lasciato un taglio profondo. E quando si voltò, un terrore così nero da non poter essere descritto con parole umane si fece strada dentro di lui.

"Seifer, che c'è?"

"Oh mio Dio." La sua voce tremava di paura. "Questa." Aveva afferrato una statuetta di ceramica dal tavolo, quella su cui si era tagliato. "Che diavolo è questa?"

"Ti senti bene? Si direbbe una scultura, no? Niente di speciale. Credo che Lauren faccia delle ceramiche nel tempo libero."

"Lauren?" Il suo cuore galoppava.

"Sì, questa è la sua scrivania... la segretaria di Squall."

"Vieni!" Seifer agguantò Quistis per la mano, trascinandola di nuovo nell'ufficio. Lei perse l'equilibrio tanta era la sua forza. Le porte si spalancarono di colpo, gli altri fissarono i due che avevano fatto irruzione nella stanza.

"Questa!" gridò lui mostrando la statuetta. "Questa è la risposta." Tutti lo guardarono completamente frastornati. Nessuno disse una parola, perché nessuno capiva. "Dannazione... e va bene." Seifer scagliò la scultura contrò il muro, restando a guardare mentre si frantumava in centinaia di cocci.

"Qui qualcuno sta dando i numeri," fece notare Irvine.

"Uhm... direi che questo è già successo un bel po' di tempo fa," ribattè Selphie, mentre nessuno dei due staccava gli occhi da Seifer.

L'uomo dai capelli biondi si avvicinò ai frammenti, cercando là in mezzo. Ne riemerse con un piccolo pezzo nero. "Un trasmettitore radio," sussurrò. "Squall, è sempre stato qui."

"Di cosa stai parlando?"

"Il drago... non era un vero drago, era questa statua."

"Lo stemma di famiglia di Lauren?"

"Squall, questa era la creatura dei miei incubi, questo drago. È stato questo a riportarmi al Garden. Aspetta, come fai a sapere che è lo stemma della sua famiglia?"

"L'ho vista fare uno schizzo di questa cosa l'altro giorno quando..." Gli si fermò il cuore, riabbassò gli occhi sulle foto che teneva in mano. "Quella volta a Trabia l'ho chiamata Rinoa... cazzo. Da dietro assomigliava a..." Gettò via le foto, planarono tutte a terra. Chiuse gli occhi, rivivendo ogni momento degli ultimi due anni, e tutti i pezzi che non tornavano... All'improvviso tornavano.

"Di altezza tra 1,58 e 1,68..." Selphie tornò a guardare il monitor, premendo speditamente tasti. Si era trasferita..."

"Da Galbadia," completò la frase Squall. "Era con noi a Trabia... aveva l'accesso alla mia arma."

"E alle prove," aggiunse Quistis. "Può aver tranquillamente scambiato i campioni di sangue, copiato la firma di Rinoa. Ma perché il sangue di lei al posto del tuo?"

"Dovremo chiederlo a lei." Squall si avvicinò a Rinoa, guardando nel profondo di quegli occhi castani. Come aveva potuto anche per un secondo pensare che avesse...? L'abbracciò, lei gli poggiò la testa contro il petto. "Rinoa, è stata tutta colpa mia. Hanno sempre avuto qualcuno qui, da prima dell'attacco e poi per tutto il tempo dopo. Come ho fatto ad essere così stupido?"

"Non importa, Squall, nessuno lo sapeva. Mi pare ci sia stato qualcuno di nome Lauren che ha lavorato per un po' in infermeria... era quella studentessa che faceva lo scambio da Galbadia. Non l'ho mai registrato in testa."

"Ma mi ha aiutato a Trabia." Quistis smorzò i toni. "Ho pensato che stesse dando una mano contro Mitchell, invece stava cercando di trovare Squall e Rinoa per altre ragioni. Quale sistema migliore se non aiutare me?"

"Io... io l'ho sorpresa al computer." Selphie esitava. "Mi disse che aveva trovato una comunicazione criptata che mostrava la vostra posizione a Dollet. Ci scommetto che, se controllo, scoprirò che era stata creata dal suo terminal. In realtà la stava inviando lei, quando sono entrata... l'ho colta alla sprovvista."

"Mi chiedo perché tu l'abbia assegnata a me." Mentre continuava a stringere Rinoa, Squall guardò Quistis.

"Io... io... lei ci teneva tanto a lavorare per te. Non ci ho mai riflettuto. Diceva di voler uscire dal campo medico... praticamente mi pregava ogni giorno. Hyne, non c'era modo migliore di farti continuare a cercare Rinoa, se Lauren era lì ogni giorno... a cercare di essere lei. E io sono caduta nella sua trappola."

"Tutti ci siamo cascati," aggiunse Selphie.

"Un drago dorme tra i cavalieri," sussurrò Rinoa, rievocando l'avvertimento di Ellione della notte prima. Alzò lo sguardo verso Squall, e poi verso Seifer... entrambi cavalieri, in un occasione o nell'altra. E Lauren aveva vissuto in mezzo a loro, dormendo nella loro ombra.

"Oh, mi è appena arrivato il risultato dell'analisi delle firme, quella che ho fatto fare a Rinoa prima e quella del laboratorio di anni fa. La perizia calligrafica dice che non combaciano. Comunque, era una simulazione molto convincente. Ogni volta che uno scrive il proprio nome, cambia qualche piccola cosa... ma le firme su quei fogli erano perfette. Una cosa che succede spesso nelle falsificazioni. E sono sicura che trovare da qualche parte la firma di Rinoa non dev'essere stato per nulla difficile."

"Ehi, ragazzi, abbiamo fatto prima che potevamo." Alex e Zell entrarono nella stanza, un po' confusi per il silenzio generale. "Già... comunque, cosa volevate?" continuò l'esperto di arti marziali.

"Cosa?" Squall lo guardò perplesso.

"Ehm... sì... ci avevano detto che avevate bisogno di vederci subito," rispose Alex.

"Chi ve l'ha detto?" Squall lasciò andare Rinoa e camminò verso i due, un presentimento gli si era insinuato dentro all'anima.

"Beh, non hai appena mandato Lauren giù a cercarci?" Zell guardò l'amico come se fosse pazzo. "Ci ha detto che dovevamo venire qui su immediatamente."

"Dov'è Allison?" domandò Rinoa, con una paura mortale della risposta.

"C'è Lauren a guardarla."

E il tempo si fermò.

*****
Note delle traduttrici: capitolo betato da Alessia Heartilly. Vi prego, per favore, non fate spoiler di nessun tipo nelle recensioni a questo capitolo. L'intera storia si basa su questo smascheramento, e quindi è importante che nessuno lo venga a sapere prima di essere arrivato a questo capitolo^^ Grazie.
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Citazione di apertura: da un discorso di Mahatma Gandhi.
Nel silenzio, l'anima
Trova la strada in una luce più limpida
E ciò che è elusivo e ingannevole
Si risolve in chiarezza cristallina.
La nostra vita è una lunga e tortuosa ricerca della Verità.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 31
*** XXXI. Guerra ***


I'll give you a million things I'll never own,
I'll give you a world to conquer when you're grown.
You will be who you want to be
You can choose whatever heaven grants.
As long as you can have your chance,
I swear I'd give my life for you.

-Miss Saigon

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ XXXI. GUERRA ~

Esiste un certo tipo di paura che solo i genitori si portano nel cuore. Diventa parte della propria personalità, a prescindere dagli eventi. È sempre lì, questa parte di sé che non si sente mai completa. È indescrivibile, è qualcosa che non si può rendere a parole. Un sentimento, un'emozione. Forse le sue radici scendono fino all'anima, la parte che determina la propria moralità e buona fede. Quando si aspetta un bambino, si passa anche una parte dell'anima, insieme alla parte che è unica e che appartiene solo al bambino. È su questo principio che si fondano le generazioni... nonna, madre, e figlia.

È incrollabile, ed è innegabile.

C'è una parte di storia in tutti noi; è ciò che ci garantisce un futuro. Ma quando la paura prende il sopravvento, e controlla ogni tuo movimento, è paralizzante. Non sai mai se urlare o piangere... o semplicemente svegliarti dalle fauci dell'incubo. Desideriamo che sia un sogno quando i nostri figli soffrono. La paura più grande è dover seppellire un figlio. Quali Dei saprebbero essere così crudeli, così malvagi da avere un simile piano? Eppure viene fatto ogni giorno, in ogni nazione, presso ogni comunità. Non c'è via di scampo.

Ad ogni modo, continuiamo la nostra vita... o no? Ci perseguita forse fino al finale amaro, rendendo ogni relazione che rimane una semplice scommessa? Ci fidiamo davvero, o abbiamo perso tutta la fiducia? Le risposte che abbiamo cercato sono sempre state così semplici... e siamo noi ad essere sempre stati così ciechi?

Se perdiamo la nostra volontà di vivere... possiamo andare avanti?

*~*~*~*~*

Sentiva i suoi piedi incontrare il terreno, ma non poteva più controllare le sue azioni. Il suo cuore galoppava; dovevano sbagliarsi... nessuno poteva sacrificare un bambino innocente. Ma Allison era nata con i peccati dei suoi genitori, e per questo non sarebbe mai stata innocente agli occhi degli altri.

Il Comandante la vide nel momento in cui si rese conto di tutto; il fantasma che stava in piedi, immobile, dove avrebbe dovuto esserci Rinoa. Quella vista lo fece a pezzi; non avrebbe mai sconfitto questa sua colpa. Se avevano ragione su Lauren, allora era stata la sua stupidità a portarli a quel punto. Alla fine, le sue mancanze avevano portato alla distruzione della sua famiglia. Era stato colpevole per tutta la vita... di non aver creduto, di aver dubitato, e soprattutto di aver fallito.

Correvano, tutti, ma non sapevano verso cosa. Lo stesso gruppo che aveva sconfitto Artemisia anni prima, con l'aggiunta di due persone, era ora unito contro un nuovo nemico. Un nemico che era mortale, di questo mondo, ma che nutriva l'odio di migliaia di uomini. Un nemico che poteva entrare nelle loro teste più di quanto una strega potesse mai fare. Mitchell conosceva le loro paure e le loro debolezze. Faceva affidamento su qualcosa di più delle magie o dei GF in battaglia. Faceva affidamento sull'odio, e l'odio senza scopo... è l'arma più potente.

Non solo Squall aveva fallito come SeeD, ma anche come Cavaliere... e ora anche come padre, nei confronti di una persona così innocente, una persona che aveva solo portato gioia nel mondo. Con un solo gesto, lei sarebbe stata solo un ricordo... un ricordo a cui nessuno dei genitori sarebbe sopravvissuto, se avessero perso la figlia.

I corridoi sembravano sempre più distanti, ad ogni passo. Non c'era abbastanza tempo; non ce n'era mai stato abbastanza, per loro. Non in questa vita, e nemmeno in quella che avevano vissuto così tanti anni prima. La sua mente corse a quel preciso istante di due anni prima, quando era uscito di corsa dal suo ufficio... quel giorno era inciso nell'oscurità, e forse lo sarebbe stato anche questo.

Quando raggiunsero il grande atrio, le loro peggiori paure divennero realtà. Squall vide i SeeD allineati, divisi da un sentiero che portava al cancello principale. Ad ogni modo, nessuno osò muoversi... rompere le file o il grado. Il Presidente Mitchell stava con un piccolo esercito che lo proteggeva ai lati. Eppure era sicuro di sé, la sua espressione piena di arroganza. Sorrise leggermente a Squall, Rinoa, e al resto del gruppo che arrivò a destinazione. Non era nulla più che un gioco, per lui.

Il Comandante osservò la scena, e il suo esercito che stava tranquillamente in piedi, ai lati. Dannazione a loro, erano addestrati ad uccidere, eppure stavano lì come se stessero offrendo la strega al Presidente. Sfoderò il suo gunblade, e i suoi occhi azzurri guardarono dritti in quelli di metallo duro. Era il suo momento di mettere fine a questa guerra, lì e subito; avrebbe combattuto fino alla fine più amara... fino al suo ultimo respiro. Se le sue truppe non avessero combattuto, allora l'avrebbe fatto da solo.

"Leonhart, abbassa l'arma," ordinò una voce familiare. Si voltò per vedere Cid, tenuto prigioniero da un soldato galbadiano. Con la sua attenzione distorta tra Mitchell e il preside, avrebbe potuto ammazzare facilmente il Presidente e l'incubo sarebbe finito.

O no?

"Oh Hyne!" udì Rinoa trattenere il respiro, mentre il suo corpo stremato cadeva a terra. La guardò distrattamente con preoccupazione prima di riportare lo sguardo su Mitchell. Un taglio profondo attraverso la sua carne, e tutto poteva finire... la sua mente continuava a dirgli di porre fine a tutto quello. Ad ogni modo, qualcosa di non visto lo tratteneva dal confronto diretto. Gli altri SeeD... stavano in piedi lì, solennemente, e avrebbero potuto tranquillamente avere la meglio sulla piccola guarnigione di Mitchell. Ma non l'avevano fatto, cosa li stava trattenendo dall'attaccare?

E poi la vide... Lauren.

E avrebbe potuto morire.

Squall seppe cosa aveva fatto collassare Rinoa; la vista che lei aveva già avuto davanti agli occhi. La giovane SeeD stava sul balcone, una perfetta controparte compiaciuta di Mitchell. Il suo comportamento e i capelli riflettevano quelli della vecchia Rinoa; ora, quando la guardava, le bugie gli erano così ovvie. Era lei quella delle fotografie; era lei... non Rinoa. La somiglianza c'era sempre stata, ma era solo superficiale. Lauren teneva in braccio una bambina piccola; Allison non si muoveva né lottava. Sembrava un angioletto che dormiva pacifico. Nessun genitore avrebbe mai dovuto vedere una cosa simile, chiedersi se suo figlio stava ancora respirando. L'immagine era ossessionante.

"Non preoccupanti, Comandante Leonahrt: tua figlia non è morta, è solo l'effetto di un sedativo leggero. Oh... giusto, Allison Bennett è tua figlia, vero? Deve essere dura sentirla chiamare un altro uomo papi, almeno fino a che non l'ho fatto assassinare. Che cosa ironica, non ho mai voluto il tuo figlio bastardo. Solo la strega, solo che nemmeno Bennett voleva rinunciare a lei... non era stupido, solo un po' lento. Se fossi stato io a scoparmi Rinoa, tutto il potere sarebbe già stato mio. Sta tutto nel tempismo, tutti i grandi governatori lo sanno."

"Che cosa vuoi?" gridò Squall, anche se sapeva già la risposta; tutti la sapevano.

"La tua ragazza," affermò con veemenza l'altro. "E tutto il fottuto potere che si porta dietro."

"MAI! Puoi andartene all'inferno con Bennett." Alzò l'arma in posizione d'attacco, con il cuore che batteva all'impazzata e la testa che sembrava scoppiargli.

"Lauren, fagli vede che faccio sul serio." Il Presidente fece un gesto con la mano alla SeeD in piedi sopra di loro.

"Sì, tesoro, qualsiasi cosa per te," rispose lei con un tono apertamente seducente. Tenne la bambina al di sopra del bordo, facendone dondolare il corpo nell'aria. Lo fece senza un pizzico di rimorso, né una qualsiasi prova di moralità. Tutti seppero che non avrebbe esitato a seguire l'ordine di Mitchell. Si voltò con un enorme sorriso vendicativo verso Squall. "Sei un vero bastardo come datore di lavoro; pensavo che dovessi saperlo."

Lui gettò il gunblade per terra, cercando di mostrare che intendeva collaborare. E alzò le braccia, sentendo l'opprimente sensazione della sconfitta. Odiava quella sensazione. In quel momento, la battaglia non era un'opzione possibile. Se avessero attaccato Lauren, la bimba sarebbe caduta sul cemento sottostante. Non importava da che angolo l'avrebbero attaccata; la sua unica speranza era di riportarla alla decenza. "Vedi, Lauren, sono disarmato. Non ti farò del male... per favore... solo... Dio... Allison."

"Così va meglio." Il sorrisetto di Mitchell tornò. Fece un gesto con la mano a uno dei soldati che stavano nel corridoio della biblioteca.

Squall si chinò velocemente verso Rinoa durante quella breve tregua. I suoi singhiozzi erano appena udibili. Era ovviamente indebolita; si preoccupava sempre più della sua stabilità. Se si fosse trasformata in qualcosa di incontrollabile, le conseguenze sarebbero state disastrose. Teneramente le mise una mano sulla schiena, offrendole il suo supporto silenzioso. Lei lo guardò, e lui poté vedere un dolore più profondo e disperato di qualsiasi cosa avesse mai visto.

"Non farlo, Rinoa. Devi controllarlo... per Allison."

Lei non rispose; le parole non erano necessarie. Sapeva esattamente cosa intendeva lui. I loro occhi si incontrarono prima che Rinoa riuscisse a tenere i suoi ancora aperti. Parte di lei voleva guardare Lauren, parte di lei non vedere mai più quella scena. Quelle immagini erano ora scolpite nella sua mente, e non sarebbero mai state dimenticate negli anni, né nelle vite future.

Sarebbero rimaste per sempre. Come sfregi.

Lui cercò di aiutare Rinoa ad alzarsi, ma lei continuò a tremare sulle ginocchia. Anche il suo tocco non le era di conforto, in quel momento; aveva paura che lei fosse già troppo lontana. La debolezza del suo corpo, e la lotta con la strega interna le stava costando la sanità mentale. Gli ultimi pochi anni esigevano il loro prezzo, e tutto stava giungendo al culmine in quel momento.

"Ora, Leonhart." L'attenzione di Squall tornò al Presidente, mentre si inginocchiava accanto a Rinoa. "Facciamo un giochetto. Si chiama quale dei padri è il peggior fallimento."

I soldati emersero dalla biblioteca con il Colonnello Caraway, ammanettato dietro la schiena. Lo posizionarono di fronte a Mitchell. Cadde sulle ginocchia quando una delle guardie lo colpì con un manganello nell'incavo delle ginocchia. Lo schiocco attraversò la stanza; le sue grida di dolore echeggiarono. Rinoa si asciugò le lacrime dagli occhi, mentre il suono la riportava duramente alla realtà.

"No, no," sussurrò. "No..." Rinoa raccolse tutta la forza che poteva, alzandosi. Squall si voltò ad aiutare la donna esausta a tirarsi in piedi. "No... noi abbiamo... abbiamo appena ricominciato. Squall... Caraway e io..." Squall le prese la mano in silenzio, intrecciando le dita con le sue. Poteva sentire le sue unghie che gli penetravano a fondo nella carne, ma non la fermò. Lente gocce di sangue caddero al suolo.

Mitchell guardò il Comandante. "Che peccato che non ci sia il tuo vecchio. Penso che sia lui il peggior fallimento. Ha te per figlio, no? Ma devo lavorare con quel materiale patetico che mi ritrovo."

"Per favore," implorò Caraway. "Lascia andare la bambina... per favore... uccidi me... ma non fare del male a lei." Il Colonello alzò gli occhi sulla bimba addormentata, che penzolava oltre la ringhiera. La sua nipotina, finalmente l'aveva vista. Rinoa doveva fermarsi da lui prima di partire... somigliava a entrambi. Un miscuglio di entrambi i genitori, e una parte di Julia che viveva dentro di lei. "Dio, Rinoa, è bellissima... tua madre sarebbe così orgogliosa."

"Sta' zitto," gridò Mitchell. "Non è una riunione familiare. Ora, Squall, funziona così: tu mi dai la strega, io risparmio la bambina. Semplice."

"Non sceglierò mai," gridò. "La pagherai."

"Ah, parole grosse per un uomo senza armi. Ora tocca a Caraway giocare..." Mitchell fece un passo avanti; tutti nella stanza erano zitti, Rinoa trattenne il respiro. "Ora, Colonnello, se ti chiedessi di scegliere tra la vita di tua figlia e quella di tua nipote... quale sceglieresti?"

"Nessuna," boccheggiò Caraway, dolorante. "Uccidi pure me, per primo."

Il Presidente si chinò sussurrando ad alta voce, "affare fatto." E poi tolse una 357 Magnum dalla fondina. Senza esitare, senza un'altra parola... la puntò alla tempia di Caraway.

E sparò. Lo sparo echeggiò come un tuono.

"Noooooo!" gridò Rinoa mentre guardava l'esecuzione di suo padre davanti a lei. Doveva essere un sogno; doveva svegliarsi. Gli ultimi due anni non potevano essere successi davvero. Tutto quello che aveva voluto da bambina era perso; lei era persa. Tutto a causa sua, tutto perché non si era costituita. Squall la afferrò saldamente cercando di trattenerla, ancora scioccato da ciò che aveva appena visto. "Lui... lui non ha mai abbracciato sua nipote... Squall gliel'ho promesso... dannazione... io... l'ho promesso!"

Mitchell rimise la pistola nella fondina, l'uniforme pesantemente macchiata di sangue. Non sembrava essersene accorto... o che gli importasse. "Leonhart, abbiamo un posto appena lasciato vacante al Consiglio, se conosci qualcuno a cui interessa." Poi il bastardo rise. Rinoa non riuscì più a sopportarlo e iniziò a fare un passo avanti. Sì sentì trattenuta da una seconda persona.

"Squall, Seifer, lasciatemi andare. Devo... ucciderlo." Stava perdendo la sua battaglia interiore, e ogni parte di lei stava per essere sopraffatta dal potere. Il suo potere.

"Rinoa, ferma... cosa fai? Allison," la pregò il biondo.

"Lo so che fa male da morire, Rinoa, controllalo... dobbiamo preoccuparci di Allison; avremo tempo per il dolore... dopo."

"Ma... ma..." Odiava quelle parole, ma erano vere.

"Lo so," rispose con calma Squall. "Ma devi vivere e affrontare il domani. Se vai là fuori sia tu che Allison siete morte... lui lo farà. Senza esitare."

Squall era nel suo mondo, uno a cui era stato costretto da anni di addestramenti a guardare la vita come a qualcosa che passa, qualcosa di triviale. Doveva rimanere calmo, o avrebbe perso la testa. E c'era torppo da perdere.

Gli altri rimasero immobili per lo shock e il senso di colpa. I loro cuori sembrarono vuoti; e ognuno di loro diede la colpa a se stesso. Persi in una battaglia che non avevano voluto combattere.

Mitchell passò con disguto sopra al cadavere, dove pozze di sangue scarlatto coprivano il terreno. Pensava a quel corpo come a qualcosa di buttato via, una vita umana come spazzatura. Così tante immagini di due anni prima inondavano la mente di Squall, ma ora erano di Ellione. Questa volta non era un incidente. Non avrebbe avuto pietà. "Beh, Leonhart, c'hai pensato? Chi delle due vuoi salvare?"

"Non c'è scelta," rispose con solennità. "Tu non vuoi Allison... ma la ucciderai. Perdo comunque. Loro perdono."

"Che uomo intelligente."

Rinoa riguadagnò un po' di compostezza, e si voltò verso Seifer, sussurrandogli qualcosa all'orecchio. Lui annuì, con quelle che sembravano lacrime agli occhi. Lei smise di piangere, si diede un contegno, e ora sembrava più la strega che l'ombra di un'adolescente. Squall sentì una mano sul braccio, e si voltò. Questa volta, quando i loro occhi si incontrarono, lei aveva un sorriso leggero sul viso. Avrebbe accettato l'inevitabile.

"Squall... abbi cura di Allison."

"Diamine, Rinoa, no... non puoi," la interruppe con voce tremante. Le sue emozioni erano evidenti, ora; non c'era modo di nasconderle.

Lei gli mise una mano sulla guancia, ricordandosi la sensazione. "Devo, è il mio destino... lo è sempre stato. Darei la mia vita per lei."

Cingendola con entrambe le braccia, lui la attirò in un abbraccio profondo. Per un attimo i loro cuori batterono all'unisono, e condivisero quel momento: la sensazione dell'altro, il calore. Non c'era nessun altro, nessuna guerra, nessuna battaglia, e nessuna morte. Solo due amanti che si abbracciavano per l'eternità.

"Dannazione a te!" gridò Alex all'uomo, separandosi dagli altri. "Come puoi fare questo? Allison ha bisogno dei suoi genitori... per favore, se hai un po' di decenza..." Mitchell la guardò, e fece il primo movimento verso il gruppo. Sicuro che nessuno avrebbe osato ferirlo; la bambina significava troppo.

"Decenza?" chiese, annullando lo spazio tra loro. "Sai, una volta avevo una puttana che si chiamava Allison."

"Sta' zitto," ordinò Alexandra. "Quello era il nome di mia madre."

"Lo so." Le rise sprezzante in faccia. "Era la mia puttana... lo sapevi che dovevi essere ammazzata?"

"Cosa?" L'espressione degli occhi di Alex diceva tutto. "No... mia madre era in..."

"Una prigione ad Esthar... sì... lo so. Non era proprio una prigione, vero? Forse avevo il titolo di sentinella, ma sapevamo tutti che era un centro di ricerca. E lei era proprio un bel soggetto di ricerca, fino a quando non s'è fatta mettere incinta."

In un flash, tutto ciò che Alexandra aveva sognato, le visioni e le sensazioni di sua madre, le voci del passato che cercavano di avvertirla... tutto divenne chiaro. Parti del sogno le tornarono in mente, come onde dell'oceano che arrivano alla spiaggia. Poteva vedere un'altra volta sua madre in sala parto, qualcuno che la chiamava e lei che si voltava. La pistola puntata in faccia... la sensazione del proiettile che le entrava nel cranio. Alex viveva con tutto questo, e ora vide la faccia dell'uomo con la pistola. Fino a quel momento, nulla era stato chiaro.

"Sei stato tu... l'hai ammazzata tu."

"Pensalo come un mio hobby," disse, le parole compiaciute e malvage.

Lei fece per attaccarlo, ma sia Zell che Seifer la fermarono. Sapevano che anche lei sarebbe stata uccisa; quest'uomo non aveva morale. Non sapeva che farsene di lei, relazione di sangue o meno. "Oh," disse voltandosi, "ricordati di comprami una cravatta per la Festa del papà."

Le parole la colpirono; era vero. Era questo che i sogni cercavano di dirle, e che lei non aveva capito. Le voci dei morti parlavano per indovinelli, e lei non era riuscita a rendere chiari i loro avvertimenti. Quando aveva saputo che la bambina non aveva gli stessi poteri di Ellione, Jeffrey Mitchell aveva ordinato di ammazzarla... proprio come aveva fatto per tanti altri. Innumerevoli bambini, innumerevoli vite... per quest'uomo non c'erano parole. Il suo padre biologico non la riteneva più che uno spreco umano, come del resto considerava chiunque altro in quel gioco.

"Hey, comincia a svegliarsi," disse una voce nel silenzio, facendo voltare tutti verso il balcone. "Non sarò capace di tenerla da sveglia. In più, tutto sta diventando davvero noioso."

Rinoa guardò Squall, sorridendo. "Devo andare, ora. Dille che la amo; dille la verità su di noi." Facendo un passo indietro, lei gli toccò il viso con entrambe le mani un'ultima volta. Lui non seppe più trattenere le lacrime. Lei le asciugò tutte con le dita, delicatamente, cercando di restare calma. Si abbassò per incontrare le sue labbra; qualcosa di mai fatto prima. Una dimostrazione pubblica d'affetto che nessuno studente né insegnante aveva mai visto dal Comandante.

Il bacio era pieno di emozione... il passato, il presente e il futuro racchiusi insieme. Tutte le bugie, tutti i tradimenti, e finalmente tutte le verità si raccolsero in quell'unico momento definitivo. Per loro non c'era niente altro a parte loro persi nel sentimento, persi in quello che sarebbe stato il loro ricordo finale. La sua mano la prese alla nuca, tirandola ancora più stretta a sé. Desiderando che non finisse mai.

Respirare non era importante, solo annegare in lei lo era.

Rinoa sentì un braccio forte che la strattonava via. Il Cavaliere e la Strega non terminarono mai il loro bacio; era una cosa che li avrebbe ossessionati per sempre. Mitchell la afferrò dall'abbraccio si Squall, torcendole con forza il braccio dietro la schiena. Tirò fuori un paio di manette, notevolmente diverse da quelle ai polsi di Caraway. "Bracciali di Odine. Se lavori per quel bastardo abbastanza a lungo, alla fine apprezzi il suo lavoro. Ora muoviti."

La strattonò via. Le manette erano così strette intorno ai suoi polsi che poteva sentire il metallo che le tagliava la carne fino all'osso. I poteri si stavano reprimendo, e di questo era grata. Una mossa sbagliata e sua figlia se ne sarebbe andata. In un ultimo momento di lucidità, si voltò a vedere Squall immobile.

Il suo cuore si stava rompendo un'altra volta. I capelli corti le si incollavano alla faccia, tutto di lei... sembrava un'altra persona. Doveva essere un'altra persona... questo non poteva succedere davvero. Alla fine trovò il coraggio di urlare, "ti amo." Nessuno nella stanza sapeva controllare le proprie emozioni; tutti si reggevano appena.

In uno strano giro di eventi, lei urlò di rimando, "e io mi fido di te." Riuscì a fare un piccolo sorriso, senza piangere più. Aveva accettato il suo destino, ora sperava solo che lui avrebbe accettato il proprio.

Per chiunque altro non avrebbe significato così tanto, ma lui sapeva che era molto più profondo. Aveva perso la sua fiducia in lui, prima, e ora l'aveva riconquistata. Le parole lo tagliarono fino in fondo al cuore. Lei si fidava di nuovo di lui... dopo tutto. La caccia alla strega, il matrimonio, e le bugie... e dannazione... si fidava di lui. Ogni errore che aveva fatto, ogni singolo errore era stato perdonato con quelle semplici parole.

Squall Leonhart si era guadagnato la redenzione.

*~*~*~*~*

La testa le girava; gli effetti delle manette avevano sul suo corpo l'effetto di una droga. Ma camminò lungo il corridoio, allontanandosi dal suo cavaliere... da sua figlia... da tutti loro. I SeeD si mescolavano tutti insieme, le loro uniformi scure sbiadivano. Stavano in piedi come colonne lungo l'atrio. Poteva vedere lo shock, la confusione sui loro visi. La strega si era consegnata di sua spontanea volontà a questi uomini... e l'aveva fatto per un'unica ragione: salvare sua figlia. Questo non avrebbe dovuto succedere.

L'unica persona che erano addestrati a sconfiggere ora non sembrava un nemico più di quanto lo sembrassero loro. Volevano ucciderla il giorno prima, si erano presi gioco di lei solo poche ore prima. Ora vedevano qualcosa di diverso, non più una strega col potere. Ma una madre piena d'amore che avrebbe sacrificato tutto ciò che le era caro, e anche la propria vita, per quella di sua figlia.

Rinoa notò per caso le tre SeeD di quel pomeriggio. Non avrebbe mai dimenticato le loro facce. Poco prima l'avevano sminuita, trattata come una puttana qualsiasi. Ora c'era una sorta di comprensione nei loro occhi. I suoi occhi incontrarono quelli della ragazza che stava nel mezzo, la stessa che le si era parata davanti poco prima.

Scommento che sei contenta, ora, pensò Rinoa. Scommento che tutto il Garden sia eccitato.

Ma, cosa che la scioccò, la ragazza la guardò e poi le rivolse il saluto SeeD. Le altre due che le stavano ai fianchi alzarono lentamente le mani in un saluto ufficiale SeeD. Le tre ragazze erano in piedi di fronte a centinaia di persone a offrirle tutto il supporto silenzioso che potevano darle. Uno ad uno, ogni SeeD le imitò alzando le mani.

Il gesto era così semplice, eppure così significativo. Centinaia di matricole, istruttori, e SeeD onoravano tutti proprio la persona che erano addestrati ad uccidere.

Rinoa smise di camminare per un secondo per osservare la scena. Anche se non riusciva a vedere bene, ne capiva il significato. Fu immediatamente colpita in testa dal calcio di una pistola. La forza la fece cadere al suolo, perché non poteva usare le mani per attutire la caduta.

"Basta!" Il grido del Comandante era chiaro come cristallo. Cercò di correre da lei, ma fu afferrato da Irvine e Seifer.

"Devi lasciarla andare, c'è ancora tempo." Le parole di Seifer gli diedero la poca speranza che potevano offrire. "Se fai una sola mossa, ammazzano Rinoa prima che tu la raggiunga."

"Vuole che vada così, per ora, per Allison," aggiunse Irvine.

"Lasciatemi andare." Squall colpì entrambi con le braccia, liberandosi dalla loro stretta. Guardò mentre lei veniva tirata a forza in piedi. Sangue scarlatto le colava dal labbro sui vestiti. Non riuscì più a guardare, e portò la sua attenzione sul balcone e Allison.

Fu scioccato nel vedere che Lauren, nel frattempo, era sparita e nessuno se ne era accorto. Tutti troppo storditi dalla scena che si svolgeva di fronte a loro. Immediatamente, si voltò e corse su per le scale. Quando raggiunse il balcone, Allison era lì in piedi, da sola, e piangeva. Lauren non era da nessuna parte. Raggiunse veloce sua figlia e la prese in braccio. Sentì un'ondata di sollievo che non avrebbe mai creduto possibile. La strinse forte, mentre le piccole braccia della bimba gli circondarono il collo. Si chinò a darle un unico bacio sulla fronte.

"Non farmi mai più sentire così." Le parole così dolci ma vere.

"Mami?"

Squall la guardò con dolore. Come poteva una bambina sopportare di perdere l'unica madre che avesse mai conosciuto nello stesso giorno in cui le era stato detto che non aveva più un padre? In qualche modo, forse poteva raggiungerla, prima che Mitchell la portasse a Galbadia. Corse giù per gli scalini, solo per vedere le ultime tracce di Rinoa e degli altri sparire in un elicottero rimasto fuori. Il Comandante si fermò quando raggiunse il resto del gruppo.

Le pale dell'elicottero ruggirono mentre decollava nei cieli lontani.

"Lei è al sicuro, Rinoa, hai salvato Allison," sussurrò il Comandante, le lacrime che gli scendevano lungo le guance.

Le uniche parole che si udirono nel silenzio furono il grido di una bambina che guardava...

"Mami... mami!"

*****
Note delle traduttrici: capitolo betato da El Defe. Vi prego, come per il capitolo precedente, non fate spoiler di nessun tipo nelle recensioni a questo capitolo, sempre per il solito discorso. Nel caso vedessi recensioni spoiler, le farei cancellare, lo dico subito^^
Vi ricordiamo la newsletter per avere la notifica via email degli aggiornamenti!
Citazione di apertura: I'd Give My Life For You, dal musical Miss Saigon (ispirato alla Madama Butterfly di Puccini).
Ti darò un milione di cose che non possiederò mai,
Ti darò un mondo da conquistare quando sarai cresciuto.
Sarai chi vuoi essere
Puoi scegliere qualunque cosa i cieli ti concedano.
Fino a quando potrai avere la tua possibilità,
Giuro che darei la mia vita per te.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 32
*** XXXII. Confronto ***


The night has a thousand eyes,
And the day but one;
Yet the light of the bright world dies,
With the dying sun.
The mind has a thousand eyes,
And the heart but one;
Yet the light of a whole life dies,
When love is done.
.
--Francis W. Bourdillon

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ XXXII. CONFRONTO ~

Per un momento, tutto il mondo sparì. Tutto quello che il Comandante riusciva a vedere era solo un punto nel lontano orizzonte. Quello che una volta era un elicottero, era ora un mero granello di sabbia nell'oceano dei cieli. Svaniva nel nulla, come la sua anima.

Tanto rapidamente com'era venuta, se n'era andata.

Il pianto di sua figlia lo riportò finalmente alla realtà... una realtà di cui era completamente insicuro. Chinò la testa mentre guardava la bambina che era ancora ai primi passi; i loro occhi si incrociarono e lei smise improvvisamente di singhiozzare. Lui fissò quegli occhi così simili ai suoi, uno specchio delle sue emozioni. Entrambi avevano perso quella che era per loro la persona più importante al mondo, e si trasmettevano la loro reciproca comprensione. Alcuni avrebbero giudicato impossibile farsi capire da un bambino, troppo immaturo per comprendere. Ma si sarebbero sbagliati. Squall Leonhart era un uomo che nascondeva le sue emozioni, ma per quanto duramente ci provasse, sembrava impossibile celarle alla bambina tra le sue braccia.

Chiuse gli occhi, stringendosi Allison al petto. I suoi pianti smorzati finalmente si attenuarono, mentre il suo respiro tornava normale. Stava ascoltando il suono calmante del battito cardiaco di suo padre, sebbene al momento stesse correndo come non mai. Squall la teneva come se fosse l'unico frammento di sanità mentale rimastogli, e lo era. Ally era l'unica cosa che lo tratteneva dal perdere interamente ogni senso della realtà.

Devo, è il mio destino... lo è sempre stato. Darei la mia vita per lei...

"... Anch'io la darei," mormorò compostamente nell'orecchio di sua figlia. "Darò la mia vita per te... e per lei. Questo sarà il mio destino. Allison, rivedrai ancora tua madre... Lo prometto."

Mi fido di te. Le sue ultime parole echeggiarono nella sua mente.

"Come? Ti ho abbandonato di nuovo..."

"No, non è così." Si voltò verso la voce, stupito che qualcuno avesse potuto udire i suoi discorsi. C'era Quistis, che cominciò a lisciare i capelli della bimba. "Lei si fidava di te per proteggere Allison. L'hai fatto... e Rinoa non voleva altro."

"Quistis... come... come posso andare avanti?" Si trattava di una rara dimostrazione di incertezza da parte sua, di quelle che non si vedevano di solito, né venivano sentite dagli altri. "Devo seguirla... non posso perderla di nuovo... non posso."

"Squall, basta. Non farlo adesso. Devi prepararti a partire per Esthar, sarete tutti e due al sicuro lì. La guerra scoppierà comunque. Lascia che siamo noi a trovarla."

"Vuoi che vada ad Esthar? Pensi che me ne possa semplicemente andare da qui? Dopo questo... come potrei farlo! Devo essere lì per condurre la battaglia. Mitchell mi ha tolto tutto, e per tutti gli dei, io toglierò tutto a lui." La replica tagliente era concorde al suo solito contegno che stava ora tornando,i pochi secondi di emozione venivano rimpiazzati dal suo normale modo di essere.

"Non ti hanno tolto tutto... non ancora. Se la seguissi, allora lo faranno." Selphie si avvicinò a Squall, offrendogli la sua prospettiva sulla situazione. "Allison ha un padre e un nonno a Esthar... il che è più di quanto ognuno di noi ha mai avuto. Non portarglielo via. Lo sapeva anche Rinoa. Temeva che andassi a cercare vendetta."

"E allora? Pensate tutti che dovrei scappare? Scappare come un bambino... come lei ha fatto due anni fa." Non aveva avuto intenzione di lasciarsi sfuggire le ultime parole, ma una volta dette, non avrebbe potuto più riprenderle e tenersele per sé. "Oh Dio... non volevo dire questo."

"Sì invece," aggiunse Alex facendosi avanti. "Perché continui a rimpiangere le sue azioni da quel giorno, e non ti sei perdonato per non averla seguita. Per non averle creduto. Adesso, non sai cosa pensare. Sei testardo, e qualsiasi cosa succeda... non puoi sbagliarti, ma allo stesso tempo ti addossi tutte le colpe... è un paradosso. È questo che sei, quello che ti hanno addestrato ad essere."

"Non sono stato addestrato ad essere nessuno," sibilò lui. "Io sono chi decido di essere... e ho deciso di essere il suo cavaliere. Per questo, rischierò la mia vita per salvarla."

"Squall," urlò Cid dall'altra parte della stanza. "Vai nel tuo ufficio. C'è Mitchell su un telefono satellitare che pretende di parlare immediatamente con te."

*~*~*~*~*

Il primo pensiero che si insinuò nella sua testa fu che l'avevano già giustiziata, e lo stava chiamando per gloriarsi dell'accaduto. Gli fece insorgere la bile dallo stomaco fino alla gola, ma mantenne la sua compostezza di fronte ai suoi compagni. Ad ogni modo, ragionò che se fosse morta, una parte di lui l'avrebbe saputo, dato che la loro connessione era cresciuta. Poteva sentire la sua angoscia, anche nel corridoio. Quando il tamburo della pistola l'aveva colpita, il cavaliere aveva sentito la fitta risuonare dentro di sé. Ma la connessione sarebbe stata presto repressa con i bracciali di Odine. Tese in fretta Allison ad Alex, prima di percorrere correndo impetuosamente la distanza che lo separava dal suo ufficio. Era lieto di essere solo; c'era poco da discutere... questa era ora la sua guerra personale.

"Bastardo." Squall sapeva che quello non era il modo più arguto con cui cominciare una conversazione. Ma per una volta, parlò con il cuore e non con la mente.

"Anche per me è un piacere parlare con te, Leonhart."

"Che cosa, che cosa vuoi?" La sua rabbia stava sorpassando ogni senso della razionalità.

"Volevo solo congratularmi con te per il tuo ruolo svolto nel catturare la strega. Quando la storia verrà pubblicata domani sui giornali di Galbadia... mi assicurerò di darti tutto il merito. La tua etica sul lavoro è encomiabile."

"Sei un illuso," replicò con fervore. Poi trovò il coraggio per fare l'unica domanda di cui non voleva sentire la risposta. "Cosa... cosa hai intenzione di fare con lei? Fino a che punto possono esserti utili i suoi poteri? Non ti aiuterà mai."

Una risata risuonò dall'altro capo della linea, insieme al rumore delle pale dell'elicottero. "Credi davvero che la terrò viva? Insomma, potrebbe essere una bella scopata, ma per il resto è inutile... lunedì pomeriggio verrà giustiziata in diretta tv."

"Fottutissimo bastardo." Raccogliendo una spillatrice dalla scrivania, Squall la lanciò dall'altra parte della stanza. "Dannazione, no... ti prego, no."

"Oh, il potente leone mi sta pregando? Questo è solo l'inizio, Squall... avrei potuto ucciderti, ma guardarti soffrire è un gioco molto più divertente. Nell'istante in cui la vita lascerà il suo corpo, non ti perdonerai mai. Nel suo ultimo respiro, penserà a te... a te e al tuo fallimento?"

Il suo corpo tremava; non aveva mai odiato tanto qualcuno. Non aveva mai voluto uccidere qualcuno spinto dall'ira più pura. Non si era mai abbassato allo stesso livello di Bennett o Mitchell. Si stava trasformando in uno di loro, era il suo odio che guidava le sue azioni. "Perché noi? Perché Ellione?"

"Oh, intendi l'attacco di due anni fa? Quella... quella è stata una commedia degli errori. Comunque, alla fine tutto si è sistemato per il meglio. Ho solo impiegato un po' di più di quanto avessi pianificato..."

"Commedia degli errori... Ellione è morta! Allora venisti qui per uccidere Rinoa, per rovinare tutto quello che avevo. Perché non puoi lasciarci in pace?"

"Oh, Signor Leonhart, lei è confuso. Galbadia non ha attaccato due anni fa per uccidere Rinoa... per carità. Eravamo lì per uccidere te."

"Che cosa?" La risposta lo sconcertò.

"Era un piano perfetto. Lauren si assicurò che sapessimo l'ubicazione esatta del Garden. Dovevi essere giustiziato nel tuo ufficio... sarebbe stato ritrovato il sangue di Rinoa. Tutti, Garden incluso, avrebbero chiesto... no, preteso, la sua morte. Era semplice incriminarla mettendole addosso il tuo sangue e il suo su di te... elementare, invero."

"Le fiale..." E Squall realizzò le loro intenzioni. Con lui morto, a Rinoa non sarebbe rimasta neanche un'opportunità, perché l'odio dentro di sé l'avrebbe facilmente condotta al lato più oscuro. Ma quando era fuggita aveva cambiato i loro piani, e in ultimo non aveva salvato solo la propria vita... ma anche la sua. Avevano bisogno di Squall vivo... anche solo per trovare Rinoa. Prima o poi sarebbe tornata... lo sapevano.

"Hai fatto scambiare a Lauren i campioni di sangue. Dio, ho avuto le risposte davanti al naso per tutto il tempo."

"Sì, allora sarebbe stato più semplice, non avremmo dovuto uccidere la Strega Heartilly. Adesso la vostra connessione è troppo grande. Il vostro legame è troppo forte. Perciò ora... lei morirà, ho già selezionato il suo rimpiazzo. I poteri si trasferiranno dopo l'esecuzione... e allora sarà tutto mio."

"Tutto cosa, bastardo? Che altro potere vuoi? Hai un continente e il Consiglio Mondiale a tua disposizione."

"Sì, presumo di sì, Signor Leonhart. Ma quando mi pregherai per la tua vita, e mi guarderai con estremo terrore, e solo io potrò decidere del tuo fato... allora avrò tutto il potere che voglio."

"Mai."

"Tu la seguirai. Non è nella tua natura scappare... combatterai finché l'ultima goccia di sangue avrà abbandonato il tuo corpo. Finché sarai diventato un cadavere come neanche lo è il Generale Caraway. Non disturbarti a sgusciare di nascosto al Palazzo Presidenziale, lascerò volentieri che le guardie ti lascino entrare... riserverò una sedia in prima fila in tuo onore alla sua esecuzione. Così quando lei esalerà il suo ultimo respiro, guarderà nei tuoi occhi... e vedrà solo il fallimento."

"Tu..." Fu interrotto mentre la linea cadeva. Strappando il telefono dalla parete, lo gettò nella stessa direzione della spillatrice. Si sentiva incredibilmente solo, incredibilmente perduto. Qualsiasi cosa avesse provato a fare, era sbagliata. Nel suo cuore, voleva seguirla, salvarla... essere l'eroe. Ma le cose per loro non andavano mai così. Loro erano una di quelle tragiche storie d'amore, una di quelle in cui non si può mai assistere al 'lieto fine'. Eppure, se fosse partito per Esthar, avrebbe potuto salvare Allison. Ma come sarebbe riuscito a vivere con se stesso? Era quello che voleva lei. Era quello che le aveva promesso. Dalla loro prima notte nella capanna, insieme, era riuscito a sentire il suo dolore. Ora il suo odio stava avendo la meglio su di lui, e in battaglia, l'emozione ti si può ritorcere contro. E glielo aveva promesso...

*~*~*~*~*

Quando entrò nella cappella, la prima cosa che notò fu la semplicità della stanza. Non c'era quando aveva frequentato lui, ma in verità, ce n'era sempre stato bisogno. Leonhart aveva fatto almeno una cosa giusta come Comandante. Seifer non era un uomo religioso, o uno che chiede perdono agli dei. Quasi sentì un senso di colpa anche soltanto a varcare la soglia, ma una volta dentro, non aveva davvero altro posto dove andare. Sedutosi su una delle panche, sollevò un libretto che si trovava accanto a lui. Lo scrutò con indifferenza prima di risistemarsi sulla panca. Non sapeva cosa avrebbe trovato lì, pace, tranquillità... o qualcosa di sconosciuto. Il rumore di tacchi che battevano sulle assi di legno fece tendere il suo corpo, un rumore di stivali a cui si era abituato sempre di più negli ultimissimi giorni.

Lei rimase in silenzio, e si sedette accanto a lui. Lui riuscì a sentire il suo profumo, e la fragranza del suo shampoo alla fragola. Ma adesso, persino la sua presenza non sembrava aiutare il suo attuale temperamento. Si sentiva anche lui un fallimento, nel momento in cui Rinoa era stata fatta prigioniera una parte di lui era morta. Lei era sua amica, e una persona a cui voleva ancora bene. Una persona che aveva avuto una vita difficile, ma aveva sempre provato ad essere ottimista, tanto da sfiorare quasi la follia. Durante quell'estate di tanti anni prima avevano parlato a lungo, era questo quello che sapevano fare meglio... in un forte contrasto con la relazione tra lei e Squall.

"Non riesco a immaginare che la vita di una persona si sbricioli in quel modo, in un solo istante," si decise infine a cominciare.

"Lo so." Quistis chiuse gli occhi, cercando di evitare che il senso di colpa la consumasse.

"Vedere tuo padre giustiziato, vedere tua figlia quasi lasciata cadere da oltre novecento metri sul calcestruzzo. Vedere l'unica persona che tu abbia mai amato con il cuore strappato."

Questa volta, lei tacque. Nessun discorso che avrebbe potuto articolare avrebbe reso meno difficile la situazione. Riavviandosi indietro i capelli, abbassò lo sguardo alle sue mani, che stavano ancora tremando per quello che era successo prima. Mani che avevano visto la battaglia da quando aveva tredici anni... mani che avevano ucciso da quando ne aveva quattordici. Mani che avevano peccato, dal momento in cui aveva messo piede al Garden. Non meritava di trovarsi in quella cappella; a suo modo di vedere, era colpevole quanto Mitchell. Aveva combattuto sempre per il maggior offerente, senza possedere le morali per lottare per quello in cui credeva davvero. Rinoa invece sì... aveva combattuto seguendo il suo cuore per la liberazione di Timber. Forse adesso, la differenza tra di loro stava diventando più nitida... come anche il perché Squall avesse visto cosa le distingueva tanti anni prima.

"Non mi sono mai sentito propriamente a mio agio nei paraggi di ambienti religiosi organizzati," ammise Seifer. "Trovo che la maggior parte tenda ad essere ipocrita, almeno dal punto di vista di un ex-cavaliere."

Quistis soffocò una risatina per l'incoerenza della frase. "Come il fatto che non mi faccio mai viva qui a meno che qualcuno non stia male, morendo o sia morto... allora mi aspetto che gli Dei ascoltino la mia richiesta. Prometto sempre che se mi garantiranno una data cosa, sarà loro fedele e cambierò la mia vita... e poi vado avanti come se niente fosse... fino a che non esce fuori qualcos'altro."

Lui la guardò con un piccolo sorrisetto, "Sì, qualcosa del genere. Sappiamo chiedere solo quando siamo nel bisogno. Diamine, non sono nemmeno certo di cosa credo, ma puoi giurare che se pensassi che questa è la fine... starei chiedendo perdono. Quando... avrei dovuto farlo tanto tempo fa."

Guardandolo, gli chiese, "Seifer, non è per questo che sei tornato al Garden? Per pentirti dei tuoi peccati? Non per gli Dei, ma per coloro con cui avevi sbagliato?"

"Presumo, ma penso di aver commesso altri dieci peccati nel frattempo." Il suo tono si rischiarò, e lei gli diede una gomitata nello stomaco. "Okay, almeno due."

La sua risata si tramutò quasi in lacrime. "Allora è tutto qui, eh? È questo che è stato scritto per noi... per loro. Non lo meritavano... e cosa ne sarebbe di Allison se Squall non ce la facesse?"

"Andrebbe avanti."

"Non ti sembra un po' riduttivo, eh, Seifer?"

"No, sul serio. Potremmo comparare la nostra infanzia a quella di Allison... ma davvero, non c'è paragone. Ha ancora una famiglia... noi. In più, suppongo che Alexandra la riporterebbe ad Esthar... forse allora Laguna avrebbe la sua seconda chance. Ne meritiamo tutti una, giusto? Tu ed io dovremmo saperlo meglio di chiunque altro. Ma Allison è fortunata; saprà sempre la verità sui suoi genitori. Chi erano e che lei è nata come un risultato del loro amore. Saprà i loro nomi, e li conoscerà, e saprà quanto è stata amata... nessuno di noi può rivendicarlo... eccetto Squall."

"Ma come sai che Squall la seguirà? Ha promesso a Rinoa che sarebbe rimasto..."

"Perché anche lei lo sapeva."

"Cosa?"

Seifer cercò qualcosa nella sua tasca. Un oggetto metallico brillò vivamente nonostante la fioca illuminazione. "Mi ha dato questo prima che Mitchell la portasse via. Mi ha detto di darlo ad Alexandra... perché sapeva che Squall sarebbe andato. Non è cieca, sa che non l'avrebbe ascoltata... è nella sua natura, è la sua maledizione. Le sue ultime parole per me... stai attento a Squall quando verrà a Galbadia... strano, vero? Mi ha detto di dare un occhio alla stessa persona che volevo uccidere, al tizio che ho sfregiato per la vita." Ripose l'anello di Griever nel palmo della mano di Quistis. "Andremo tutti da Rinoa, e vinceremo tutti o falliremo tutti... nessuno rimarrà indietro. Proprio come il vostro gruppo quando combatteste Artemisia."

Scuotendo la testa al solo pensiero, i suoi occhi azzurri incontrarono i suoi. "Perché Mitchell è molto più terrificante di Artemisia? Perché provo un apprensione con lui come mai con lei?"

"Mitchell è mortale, e per questo è anche più pericoloso. Potrà pure pensare di essere più potente di quanto non sia, ma non sottovaluterà la nostra capacità e determinazione. Artemisia credeva di essere imbattibile, e per questo era arrogante. Mitchell non fa affidamento sulla magia o sui mostri per vincere. Lui prospera sulle nostre emozioni, sulle nostre paure più profonde. Il che è di gran lunga più pericoloso di una qualsiasi altra strega. Lui sa pensare... sa tramare... e ci sta aspettando."

Lei digerì silenziosamente le sue parole, e le prese a cuore. Erano tutte vere, e lo sapeva... ma le venne in mente un'altra ragione. Non era certa se avrebbe dovuto dar voce alla sua opinione o meno, ma prima che lo sapesse, le parole le scivolarono dalle labbra. "Seifer, ero anche più giovane allora, e pensavo che avrei potuto sconfiggere il mondo. Ma ora, sono più grande... e ho imparato cos'è importante. Credo, questa volta, di essere spaventata... perché per la prima volta ho qualcosa di più da perdere nella mia vita... ho te."

Le parole lo sconvolsero per un momento, ma non poté negare che per lui era lo stesso. "Anch'io ho paura di perderti... non ho mai sentito... beh, ci sono sempre stati Fujin e Raijin, ma questo è diverso. Il prezzo da pagare per il fallimento stavolta è enormemente maggiore. Nemmeno io posso perderti, altrimenti tanto varrebbe morire con te."

Lui le si avvicinò lentamente e le passò un braccio dietro la schiena, mentre lei poggiava la testa sulla sua spalla. Chiudendo gli occhi, strinse con più forza l'anello. "Fino alla fine... combatteremo per la redenzione fino alla fine più amara... anche se vuol dire perdere le nostre vite... insieme."

*~*~*~*~*

I cieli azzurri sembravano infiniti, proprio come le acque oceaniche sotto di essi. I due colori si riflettevano sull'orizzonte distante mentre il ruggito delle pale tagliava l'aria come coltelli. L'elicottero era una vecchia dotazione militare Galbadiana, e quand'era piccola Rinoa aveva passato molte ore a giocarci. Suo padre non vi aveva mai badato, e le ore della sua infanzia erano trascorse grazie agli insegnamenti che le facevano i soldati riguardo l'armamento. Faceva finta di volare; era quasi come una giostra da lunapark. Adesso, quegli stessi soldati la volevano morta.

Gli effetti dei bracciali erano uguali a quelli causati da un allucinogeno. Si era ritrovata a fissare l'acqua sotto di loro, persa nel suo scintillio. Rinoa sentì qualcuno scattare in tono brusco, ma non aveva né la forza né la voglia di sollevare la testa. La cosa che percepì subito dopo, o meglio udì, fu un rigoroso schiaffo sul volto. Registrò che avrebbe dovuto far male, eppure non ci fu poi tanto dolore. Era stato come una leggera puntura, e ciononostante indirizzò la sua attenzione verso la fonte che aveva generato quel rumore.

"Ho attaccato il telefono in faccia al tuo ragazzo giusto un po' di tempo fa... ti saluta." Mitchell rise della sua debolezza. Come poteva una persona così potente permettere che le accadesse tutto ciò? Era quasi una vergogna; se solo fosse arrivato a lei due anni prima, avrebbe potuto essere una dominatrice esaltata. Ora era solo il guscio di un essere umano, che non valeva nemmeno il costo del gas per raggiungere il Garden.

"...Squall," riuscì a mormorare nonostante la sua condizione quasi da ubriaca.

"Oh, e tu saresti una vincitrice... cosa ha mai visto in te? Hyne, persino Squall Leonhart avrebbe avuto un notevole potenziale se non si fosse innamorato di qualcuno tanto deprimente come te."

"L'hai trasformato in un bastardo con i nervi a fior di pelle," risuonò una seconda voce che proveniva dal sediolino vicino a Rinoa.

"Basta Lauren, non affliggiamola anche di colpe che non ha... lui era già un bastardo con i nervi a fior di pelle prima che lo incontrasse."

"Quanto ci vuole comunque prima dell'atterraggio? Non ho mai avuto una passione per il volo, e quest'elicottero militare aperto è tutt'altro che attraente."

Mitchell inarcò un sopracciglio. "Ti sei comportata molto bene laggiù. Sono fiero di te... almeno per questa parte."

"Grazie, sai quanto ti ami... e non vedo l'ora di diventare la nuova strega, insieme potremo conquistare il mondo."

"Sì, ho in mente di conquistare il mondo... ma non con te."

"Cosa?" La confusione e l'angoscia erano più che evidenti nel suo tono. "Di che stai parlando, Jefferson?"

"Beh, nella posizione in cui mi trovo, sono costretto a fare cose che non voglio. Una di queste è stato stare con te. Sei brava a letto, e non è stato niente male posare per quelle foto. Ma non sei mai stata nulla di più di un'opportunità. Mi servivi... e per gli ultimi tre anni, ti sei comportata bene. Eccetto per una cosa... l'hai lasciata scappare... e io non transigo su nessuna forma di fallimento."

"Ma... ma io l'ho ritrovata. Hai detto che mi amavi... hai detto che se l'avessi fatto saremmo stati insieme."

"Ho mentito," disse lui compiaciuto. "Ora, soffrirai per i tuoi fallimenti." Di nuovo, lui estrasse la sua pistola e gliela puntò addosso. "Ultime parole?"

"Ma... io ti amo..."

"Errore tuo." Premette due volte il grilletto, colpendola entrambe le volte nello stomaco. "Sai... ho sentito che questo è uno dei modi più graduali e atroci per morire... fammi sapere se è vero." Rinfoderando la pistola, aprì lo sportello che conduceva alla piccola cabina del pilota. Rinoa si voltò agli spari; riusciva appena a riconoscere la figura crollata a terra. La vista le ridiede un pizzico di lucidità, e immagini di suo padre ripercorsero la sua memoria.

"No, no..." disse senza fiato, immaginandosi l'esecuzione di Caraway.

"Aiutami..." I guaiti languidi di Lauren erano appena udibili sopra i propulsori. Rinoa abbassò lo sguardo sulla ragazza, e vide immagini di se stessa negli ultimi anni. In un certo senso, erano simili, entrambe agivano per amore... solo che Rinoa era riuscita a rimanere fedele alle sue idee. L'amore di Rinoa era vero; Lauren si era innamorata di un'illusione.

"Io... non posso," mormorò Rinoa. "Non ho i miei poteri... non ho nulla." Le lacrime le stavano già rigando le guance. Lo sporco presente nell'aria la colpiva in faccia, ogni singolo granello le pungeva la pelle... provò a non pensare alla ragazza che moriva di fronte ai suoi occhi. Riusciva a sentire il sapore delle sue lacrime salate mischiarsi con la sabbia dell'elicottero, e l'odore del combustibile occupava i suoi sensi.

La donna per terra stava sputando sangue; dei rivoli rossi scivolavano dai lati della sua bocca. Rinoa aveva combattuto per abbastanza tempo da conoscere la tortura che stava subendo... la morte lenta di chi muore annegato nel suo stesso sangue. Il sapore metallico che avrebbe sovrastato i suoi sensi... il suo gusto, il suo olfatto.

"Per favore," la pregò Lauren. "Se non puoi salvarmi... aiutami a far smettere il dolore."

Rinoa cercò di piegarsi in avanti accorgendosi soltanto di essere legata non solo dai bracciali, ma di essere addirittura ancorata al corpo dell'elicottero. Riuscendo a spostare il piede sufficientemente lontano, usò tutta la forza che le rimaneva in corpo per guidare Lauren fino al bordo del mezzo di trasporto.

"Per favore..." la implorò di nuovo Lauren. I loro occhi s'incontrarono, e un momento di chiarezza invase la strega. Era l'unico modo che avrebbe potuto fermare il dolore. Rinoa chiuse gli occhi, dandole un'altra spinta energica, tanto da far cadere il corpo ferito a morte dall'elicottero. Non riusciva a ricacciare indietro le lacrime, o il dolore. Aveva appena aiutato ad uccidere una persona, assistendola nell'esalare i suoi ultimi respiri. Cercò di confortarsi pensando che aveva agito per il meglio. Sarebbe morta in fretta... che misera consolazione. Rinoa guardò in basso e vide un oggetto nella superficie oscurata, non aveva nemmeno sentito il corpo che raggiungeva l'acqua.

"Perdonami." Chiuse gli occhi, dato che ora era diventata quello che tutti avevano temuto. Un'assassina.

*~*~*~*~*

Era buio, non aveva idea di che ora fosse. Le ore passavano, scandite senza rimorso da un orologio. Ogni secondo era una tortura per lui. Guardò di nuovo nel cielo oscurato, incerto di cosa cercarvi, ma sicuro che qualunque cosa fosse... non era lì. L'aria della notte era di poco sollievo, gli causava solo più sofferenza. Il Comandante si portò una mano al petto, afferrando la catena appesa al collo, sentendone la freddezza in contrasto con la sua pelle.

Lei sapeva che sarebbe successo; Rinoa l'aveva previsto. Ad ogni modo, lui aveva scacciato quel pensiero, come aveva scacciato qualsiasi cosa la riguardasse nel passato.

Ora i suoi amici avrebbero rischiato la loro vita ancora una volta a causa dei suoi errori. Riusciva a vedere il suo sorriso inciso nel suo cuore; riusciva a vederla giocare sul pavimento con Allison. Riusciva a sentire la sua pelle sulla propria... i ricordi l'avrebbero consumato. Era successo due anni prima, ed ecco il mostro in cui si era trasformato. Un uomo amareggiato pieno di ripugnanza e rimorso, ma non più.

Non più.

Raggiunse rapidamente il suo ufficio, voltandosi verso il monitor del computer. Era un rischio andare da lei, ma non sarebbe stato in condizioni migliori se non avesse provato. La colpa l'avrebbe consumato in meno di un anno... il rimpianto l'avrebbe ingoiato. Guardò le pagine vuote del programma di scrittura, indeciso su dove cominciare... o anche sul come cominciare. Sapeva solo che forse, avrebbe potuto lasciare una piccola cosa a sua figlia. La verità, il loro lascito a lei... non era bravo con i sentimenti, ma sapeva che Rinoa avrebbe voluto che lo facesse... era il minimo.

Per le successive quattro ore, batté una lettera per Allison. Le raccontò tutto, dal momento in cui aveva visto per la prima volta sua madre, al momento in cui gli era stata portata via. Gli errori che avevano fatto, l'amore che condividevano. Tutto quello che gli veniva da scrivere dal suo cuore. Avrebbe lasciato ad Allison qualcosa che non poteva offrire a nessun altro a parte lei o Rinoa... se stesso.

*****
Note delle traduttrici: capitolo betato da El Defe. Vi prego, come per il capitolo precedente, non fate spoiler di nessun tipo nelle recensioni a questo capitolo, sempre per il solito discorso. Questo significa: per favore non fate nomi! Se non per rispetto degli altri lettori, almeno per rispetto di Ashbear che s'è fatta un mazzo tanto per scrivere questa storia e ottenere certi effetti sorpresa! Nel caso vedessi recensioni spoiler, le farei cancellare, lo dico subito^^
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Citazione di apertura: The Night has a Thousand Eyes, poema di Francis W. Bourdillon.
La notte ha migliaia di occhi,
E il giorno solo uno;
Eppure la luce del mondo luminoso muore,
Con il sole morente.
La mente ha migliaia di occhi,
E il cuore uno solo;
Eppure la luce di una vita intera muore,
Quando l'amore è finito.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 33
*** XXXIII. Crociata ***


I wanted a perfect ending.
Now I've learned the hard way
That some poems don't rhyme,
And some stories don't have
A clear beginning, middle, and end.
Life is about not knowing, having to change,
Taking the moment and making the most of it,
Without knowing what is going to happen next.

--Gilda Radner

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ XXXIII. CROCIATA ~

Una ribelle per la liberazione della sua città a sedici anni, a diciassette si era innamorata, a diciotto era stata col suo uomo, a diciannove si erano allontanati, a venti se n'era andata via, a ventuno era diventata madre, e a ventidue... sarebbe stata uccisa. Figlia di un generale di Galbadia, un uomo interessato più alla sua carriera che alla sua famiglia; figlia di una cantante che le era stata strappata via prima del suo quinto compleanno. Una vita che era sembrata romanzesca a tanti, tranne che a coloro che la conoscevano: per loro, era stata tutto tranne che quello. Suo padre beveva, e sua madre gliel'aveva lasciato fare: due persone intrappolate in un matrimonio che nessuno dei due aveva voluto. E lei aveva "divorziato" da suo padre, prendendo il cognome della madre, sperando che così avrebbe ricordato a quell'uomo dell'amore che aveva dedicato... alla sua carriera.

Un'eroina mondiale. E per tutta la sua sofferenza, cos'aveva avuto in cambio? Un potere che non aveva desiderato, una vita sfruttata da un tiranno, e una caccia serrata, come fosse stata una preda. Aveva visto davanti ai suoi occhi suo padre assassinato a sangue freddo, la vita della sua bambina messa in pericolo dal Presidente di Galbadia.

Ma più di tutto, nella mente di Squall, la cosa peggiore era stata per Rinoa l'amare lui, e tutto quello che ne era seguito. Cosa era lui per lei? Cosa le aveva causato, se non dolore e disperazione? L'aveva trascinata in una battaglia che non era la sua, ma dei SeeD. Una battaglia di cui non era stata ormai più solo lei a fare le spese, ma anche l'uomo che le aveva dato la vita. L'uomo che aveva appena perso la sua...

La cappella non gli era mai piaciuta. Forse perché era stata costruita sul ricordo dei suoi incubi. Squall Leonhart non era esattamente un uomo religioso, anzi, tutto il contrario. Credeva in quello che vedeva: i fatti, le scienze, le prove concrete. Diavolo, non avrebbe mai creduto che potesse esistere una strega, se non ne avesse amata una. Tutti i suoi sogni erano finiti in pezzi nello spazio di un secondo solo, rubati da un semplice mortale, un disgustoso mortale. Ma in quello poteva credere, l'odio è sempre più semplice dell'amore.

L'odio si può sempre vedere, soprattutto se hai consumato tutto se stesso nella sua morsa.

Entrò nella piccola sala, ripensando a come avesse fatto la stessa cosa quasi una settimana prima per Ellione. Adesso, c'era un'altra persona da piangere, un'altra che aveva ammirato e rispettato. Lui e Caraway avevano sempre avuto le loro divergenze, dal primo fin quasi all'ultimo incontro. Eppure, se c'era una cosa che condividevano... anzi, due cose che condividevano, erano quelle che amavano. Le persone che portavano dentro ai loro cinici cuori di militari.

Rinoa ed Allison.

Un dolore lancinante gli attraversò il petto quando vide la bara di mogano scuro davanti a lui. Come aveva fatto a non prevederlo? Che gran bel Comandante del cazzo che si era dimostrato. Pensò a se stesso con tanto disprezzo che alla fine aveva quasi voglia di piangere... ma piangere significava essere deboli, e lui non si sarebbe piegato. Se non per Rinoa, almeno per Allison.

Fece qualche passo avanti, andò a sfiorare il legno, sentendone i piccoli rilievi sotto le dita. Non sapeva più bene cosa stava facendo; nelle ultime quattro ore era andato semplicemente avanti in automatico, l'allenamento a supplire dove mancava la consapevolezza.

"Ho fallito." Le parole riecheggiarono nella stanza, Squall chiuse gli occhi. "Mi dispia..." Si bloccò immediatamente, accorgendosi che stava per dire una cosa che Rinoa non avrebbe sopportato di sentire da lui. "No... questo non lo dirò, no." Trattenne le lacrime che sentiva spuntare all'angolo delle ciglia abbassando lo sguardo verso la bara. "Riporterò indietro tua figlia. L'unica persona che dovrà dire 'mi dispiace' sarà Mitchell. Lo ucciderò con le mie mani. Te lo giuro."

Si accorse che qualcuno aveva disteso con cura la bandiera di Galbadia sulla cassa. Il Colonnello Caraway doveva restare nelle formalità militari fino alla fine. Sì, quell'uomo aveva servito il suo paese, ma adesso il suo paese gli aveva voltato le spalle, mandando a morte lui e sua figlia. Fissò lo sguardo sul simbolo della Repubblica di Galbadia, che pareva un'accusa alla sua coscienza. Senza pensarci due volte, strappò la bandiera dalla bara e la gettò a terra, come fosse stata una serpe del male. Non avrebbe insultato la memoria di quell'uomo con quel simbolo, il simbolo di quello stato.

"Mi scusi, Comandante?" Una voce varcò la soglia della sua agonia. "C'è qualche problema?"

"Sì!" sbottò, prima ancora di rendersene conto. "Sì che c'è un maledettissimo problema. Chi ha messo questa bandiera qui sopra?"

"Io, signor Comandante!"

"E perché?"

"Sezione 4, articolo 27: ogni militare che non faccia parte della SeeD e che sia perito nel corso di una battaglia in cooperazione con la SeeD deve essere trattato con tutti gli onori della sua patria. Le onoranze funebri seguiranno il costume della nazione d'origine, anche se questo dovesse essere in diretto contrasto con gli usi della SeeD. I riti e le cerimonie per questi caduti avranno la precedenza su quelli del Garden."

"Nome e rango SeeD?"

"Signore?"

"È una domanda. Rispondi."

"Ehm... Alonia, rango SeeD 14 Senior, Corpo per le Relazioni Diplomatiche."

"Relazioni diplomatiche, eh? Bene, quali sono le relazioni che abbiamo con Galbadia in questo momento?"

"Signore... in questo momento siamo in guerra con Galbadia e i territori circostanti."

"...E chi diavolo è stato a sparare al Colonnello Caraway?"

"Beh, sarebbe... il Presidente Mitchell... di Galbadia."

"Vai a prendere una bandiera della SeeD."

"Signore, è contro il regolamento."

"Fregatene del regolamento, vai a prendere una bandiera! Io sono il Comandante qui, che ti piaccia o no... non ho deposto nessuna delle mie cariche. Ti sto ordinando di trattare quest'uomo come un SeeD... dello stesso rango di Cid Kramer o del mio. Ha dato la sua vita per l'onore del Garden, non per Galbadia. Ai miei occhi, lui è un SeeD."

"Sissignore!" La ragazza uscì dalla stanza, lasciando Squall ai suoi pensieri tormentati.

"Wow, tu sì che ci sai fare con le persone," disse una voce femminile da dietro le sue spalle. Voltandosi, Squall vide Alexandra che teneva Allison in braccio contro il fianco. La piccola era tutta contenta di coccolarsi un Kyactus di peluche, ignara dell'enorme sofferenza che aveva intorno. "Non c'è da chiedersi perché tu abbia una marea di sostenitori su internet."

"Chissenefrega."

"Ah, sei anche il capitano della squadra chiacchieroni?"

"C'è qualche altro motivo per cui sei qui, tranne rompermi le palle? Se tu fossi stata qualsiasi altra persona, ti avrei già dato il turno alle latrine per un anno. Voglio soltanto essere lasciato in pace."

"Guarda, Squall, che in realtà... mi avevi chiesto tu di portarti tua figlia. Volevo solo dire che non c'era bisogno di essere così duri con quella ragazza. Per quanto tu possa detestare Galbadia, Caraway ha dato la vita servendo il suo paese. Era solo naturale associargli la bandiera di Galbadia."

"Ti piace proprio, eh, origliare le conversazioni degli altri?!" fece, decisamente infuriato.

"Beh, mi è capitato, però no. La tua voce si sentiva fin dal corridoio, credimi... sarebbe stato difficile ignorarla."

"Posso avere Allison, per favore?"

Alexandra abbassò lo sguardo verso la bambina che teneva tra le braccia, e le carezzò una spalla. "Ehi, piccolina mia, la zia Alex va a farsi un sonnellino... e so che a te i sonnellini non piacciono." Ally scosse la testa, un'espressione di leggero nervosismo che cominciava a farsi strada sul suo visetto. "Beh, però Squall qui dice che ti guarderà lui per un po', così non devi venire a dormire... che ne dici?" La piccola sorrise approvando l'idea, e lanciò uno sguardo timido verso suo padre. Alex le diede un lieve bacio sulla fronte, e poi la mise giù.

Ally guardò prima sua zia e poi Squall. Strinse forte il Kyactus come se le desse un senso di conforto. Squall si inginocchiò alla sua altezza, guardandola negli occhi.

"Che cos'è che hai qui?"

"Actus."

"Oh, Kyactus," intervenne lui. "E chi te l'ha dato?"

"Effi."

"Beh, Selphie è stata proprio gentile, vero? Lo sai che io e la tua mamma abbiamo incontrato Kyactus per davvero?" La bambina lo fissava come se stesse parlando in un'altra lingua. "Allison, te ne parlerò meglio un'altra volta, ma adesso voglio farti incontrare una persona molto speciale, okay?"

La piccola camminò verso di lui, poi gli tese le braccia. E, chissà come era successo, la reazione era stata involontaria, ma le braccia dell'uomo circondarono la figlia, confortandola. Squall chiuse gli occhi per un momento, colpito dal fatto che una cosa così piccola, così preziosa fosse veramente parte di lui. Tra tutti gli errori che aveva sempre commesso, alla fine aveva fatto qualcosa di buono.

Alex restò a guardarli, quella vista le scaldava il cuore. Avrebbe solo voluto che anche Rinoa potesse vederla, con quanta facilità il suo ragazzo stesse gestendo la situazione. Gli sorrise quando lui riaprì gli occhi, annuì e poi uscì, lasciando il Comandante ad adempiere una promessa che Rinoa aveva fatto soltanto ieri ad un uomo che oggi non era più con loro.

Prendendo in braccio la bambina, Squall fissò la bara. In un certo senso, le parole c'erano, erano proprio lì, eppure non riusciva a tirarle fuori. In qualunque modo le avesse dette, il loro vero significato non poteva essere espresso. Lottò contro la reazione più semplice, quella di fuggire, per dimenticare tutta quella storia. Sarebbe stato più facile, ma non sarebbe mai stata la cosa migliore.

"...Allison, voglio presentarti una persona speciale." Aveva la voce rotta, non era sicuro di come potesse riuscire a farcela. "...uhm... questo è tuo nonno, il Colonnello Caraway. Era il papà della tua mamma."

Come aveva sospettato, la bambina non stava afferrando molto della situazione; sembrava preoccuparsi più di Squall, e delle sue reazioni. Lo guardava in silenzio, senza prestare attenzione alla bara.

"Lui è... è stato ucciso ieri... oh, Hyne." Alzò gli occhi al soffitto. "Come faccio, Rinoa, come faccio?"

Allison continuava a fissarlo con sguardo interrogativo, cominciando ad adattarsi alle sue emozioni. Lui tornò a guardare il feretro, e si rivolse dolorosamente a Caraway: "le avresti voluto molto bene. Vedo così tanto di tua figlia in lei... tutte le cose migliori. Puoi esserne orgoglioso, io so che lo sono."

Sentì la lieve pressione di qualcosa sul suo petto, e abbassando lo sguardo vide Allison che spingeva verso di lui il Kyactus. Gli stava offrendo tutto quello che aveva, per tirarlo su. Lui prese il G.F. di peluche e gli diede un bacetto prima di restituirlo alla bambina. "Adesso va meglio, Ally, grazie. Grazie di tutto. Ma..."

Nella storia di Squall Leonhart c'era sempre un 'ma'. Niente era mai semplice, niente era mai stato programmato. I sogni che non riuscivano a sbrogliarsi dalle bugie in cui erano intrappolati lo perseguitavano continuamente. Una risposta era solo l'inizio delle domande che aveva paura di fare. Ora poteva prendere la strada che Rinoa aveva prefissato, oppure poteva prendere la sua. Una strada che prevedeva gravi conseguenze ed un futuro incerto... non desiderava altro che seguire le sue ultime volontà. Ma... non era da lui. Ma... non era quella la sua natura. Ma... per quanto potesse provarci, Squall Leonhart non era nulla senza di lei. Stava imparando ad aprire il suo cuore alla figlia, ma... non avrebbe mai potuto essere completo senza la madre. E la cosa, col tempo, lo avrebbe trasformato in una persona amara, assetata di vendetta.

"Ma, Allison... io devo trovarla, o morire nel tentativo. Sarai sempre amata più di quanto tu possa immaginare."

*~*~*~*~*

"Allora è qui dove il Principe Azzurro entra in scena per fare il suo spettacolare salvataggio?" Posò l'indice sulla pianta di un edificio, indicando una sezione di un corridoio.

"Seifer," Quistis alzò gli occhi al cielo. "Ma come fai? Sul serio, come fai ad essere così... beh, così te?"

"Perché" il suo tono era inaspettatamente serio, "è la sola cosa che posso essere. Se smetto di essere me stesso, allora non so più chi sono. È tutto quello che mi rimane, nel bene e nel male. E in questo momento ci serve tutto quel che riusciamo a mettere insieme... e poi, certe volte è più semplice che non affrontare la verità."

Gli occhi della donna incontrarono quelli di lui, uno sguardo di comprensione, poi un sorriso le si delineò sulle labbra. "Già, per quanto ne so... è qui che il Principe Azzurro entra in scena. Il problema è come entrare senza essere scoperti. Mitchell sarà lì pronto ad aspettarci, pronto anche all'invasione di un'intera guarnigione nel palazzo."

"Allora vorrà dire che lo prenderemo di sorpresa."

"Wow, non riesco a crederci che non sei mai diventato SeeD, con l'ingegno che ti ritrovi."

"Vedi, istruttrice, com'è facile il sarcasmo, se ti danno la spinta giusta? Comunque... facciamo l'unica cosa che possa buttargli all'aria il piano come una bomba, non importa cosa ha detto ieri."

"E sarebbe?"

"Squall Leonhart entra direttamente dal portone principale. Senza arsenali, senza armi addosso, soltanto lui. La cosa che può cogliere alla sprovvista uno come Mitchell è avere la persona che teme di più... a guardarlo. Ad aspettare. È come negli scacchi: aspetti la prossima mossa del tuo avversario. Quello che loro non sanno è che mentre stanno proteggendo la loro Regina, uno dei tuoi minuscoli pedoni massacra il Re."

"Non me li ricordavo così violenti, gli scacchi."

"Non hai mai giocato con me, allora. È questione di tutto o niente, noi mettiamo il nostro pezzo migliore proprio di fronte a lui."

"Questo lo indurrà ad abbassare la guardia." Quistis incrociò le braccia, cominciava a capire.

"Esatto."

"Ma quindi come facciamo a far entrare gli altri 'pedoni'? Quel posto sarà sigillato peggio di una tomba."

"Ti ricordi di Timber, con Vinzer Deling? Dovettero usare quella stazione televisiva perché lì avevano l'alta definizione. Adesso, quella ce l'hanno tutti... quindi possono trasmettere in diretta proprio da Deling, ed è appunto la loro intenzione. Ognuno degli impiegati presidenziali è schedato, gli ufficiali di Mitchell sanno tutto, pure se uno del personale ha il raffreddore. Ma gli staff delle televisioni sono un tutt'uno, e vengono inviati dalla stazione locale. Ho un paio di associazioni con cui sono stato in contatto... saremò là in tempo per l'esecuzione."

Un brivido di gelo serpeggiò nel corpo di Quistis. Lei chiuse gli occhi, strazianti pensieri di Rinoa che veniva messa a morte pubblicamente le passavano ininterrottamente nella testa. Pian piano, iniziò a scivolare in un mare di rimorso, respirare diventava sempre più un'impresa. Squall... se fosse sopravvissuto e Rinoa no... sarebbe stata la sua fine. L'orrore di vederla morire... Quistis si vedeva ancora davanti gli occhi di lei colmi di così tanto dolore e tormento. Gli occhi castani di lei... quelli a cui aveva causato quella sofferenza... quelli che...

"Ehi, torna da me," disse una voce ferma. Quando si strappò via dalle sue visioni da incubo, Quistis sentì le braccia dell'uomo che la cullavano. Per un momento, accolse il conforto che le davano le sue azioni, intaccando il senso di debolezza che provava.

"Io... avevo la testa da un'altra parte, scusami."

"È tutto a posto. Ora non pensiamo a domani, ok? Possiamo solo concentrarci sull'oggi. Come una persona molto saggia mi disse una volta... lascia il domani a domani."

*~*~*~*~*

Se esisteva un luogo a metà tra realtà e fantasia, era lì che si trovava adesso. Immagini sfuocate in mezzo ad altre cose sfuocate... e tutte le erano estranee. Dov'era? Come aveva fatto ad arrivare in quel posto? Oh, dannazione, in quel momento non era sicura neanche di sapere chi era. Ad ogni modo, sapeva di non appartenere a quel luogo... qualunque fosse, quel luogo.

Si allungò cercando di guadagnare la stabilità per tirarsi su a sedere. Ci volle tutta la forza che possedeva, e altra ancora che non possedeva. Finì per appoggiarsi contro un muro, beh, quello che le dava la sensazione di un muro. Appena toccò la superficie con la testa, provò immediatamente un dolore acutissimo, che le rimbombava in tutto il cranio. Ansimò, poi il dolore cominciò lentamente ad attenuarsi, ma senza mai scomparire.

"Buon pomeriggio, principessa, la sistemazione è di suo gradimento, spero?"

Si voltò di scatto verso la voce, mentre un qualcosa di solido prendeva a poco a poco forma davanti a lei. Brandelli e frammenti le tornarono alla mente... il Garden, un elicottero, un lungo corridoio. E Mitchell, si rassegnò al fatto che fosse il Presidente di Galbadia quello che le stava di fronte. Fatto ironico, in quel momento lo vedeva più o meno uguale alla macchia confusa del cestino della spazzatura.

"Speriamo che troverà piacevole il suo soggiorno a Deling, per quanto breve."

"Quando?" riuscì infine ad esalare, accettando l'inevitabile.

"Domani pomeriggio. Diamine, la tua esecuzione sarà un evento nazionale... chissà, magari terremo ogni anno una festività in omaggio a te."

"Che onore." La sua visuale iniziava a mettersi a fuoco, la ragazza era in grado di distinguere qualcosa di più in quello che la circondava, anche se non c'era molto da vedere.

"Ah, quelli che senti sono gli effetti residui del bracciale di Odine; dovrebbero scomparire del tutto entro poche ore. I tuoi poteri sono sempre ben contenuti, ma ti vogliamo completamente vigile per la tua grande esibizione di domani. Puoi ringraziare Odine anche per la lucidità."

Scosse la testa, le piombò addosso la piena comprensione di quel momento. E di quello che si era lasciata indietro. "Allison?" chiese, smarrita.

"Oh, sta benone, grazie a te. Immagino che come mammina sarai già stata sostituita, sono sicuro che Quistis si sta dando molto da fare per occupare anche quel ruolo. Non ti uccide pensare che va a letto con Squall e dà il bacino della buonanotte a tua figlia?"

"Sta' zitto!" urlò, in mezzo al dolore.

"Oooh... bella vivace, così mi piaci. Vorrei poter fare un po' più di conoscenza con te adesso, ma purtoppo il dovere mi chiama." Le si avvicinò e, chinandosi verso di lei, la baciò a forza; la ragazza provò a sfuggirgli, invano. Come ultima umiliazione, l'uomo fece scivolare la mano sotto la sua camicetta per stringerle un seno. Lei voleva urlare, ma a malapena riusciva a registrare nella testa quello che stava succedendo. Il contatto della pelle dell'uomo contro la sua bruciava come acido. Aveva provato anche questo, molte volte. Tentò disperatamente di contrastarlo, e sentì un immenso sollievo quando lui si allontanò. "Ehi, sai, Leonhart scopava in giro alle tue spalle, io lo ripagherei con la stessa moneta."

Quando lui uscì, la ragazza crollò di nuovo giù sul pavimento di cemento. Si rannicchiò in posizione fetale, dondolandosi piano, come aveva fatto in passato già troppe volte. Per la prima volta, desiderava che il tempo passasse... e che quell'incubo finisse, e basta. Non poteva sopportare molto altro. Ogni istante era una battaglia per tenersi aggrappata alla terra, e per la prima volta... desiderava solo scivolare via.

*~*~*~*~*

Si muoveva avanti e indietro come in una danza, una danza del corpo, ogni movimento era preciso, parte di una coreografia, ogni movimento era un'arte. In tutti i suoi anni d'allenamento, esercitarsi da solo lo aiutava in un certo senso a trovare un po' di pace interiore. La cosa era in brusco contrasto con la persona che era: lui era sempre quello vivace, quello che 'doveva' essere l'anima del gruppo. Ma quello era stato il prima, e questo era il dopo.

La ragazza era in piedi ad osservare l'esperto di arti marziali, non sapendo bene come interrompere il ritmo. E nemmeno se doveva farlo o no. Alla fine, Zell si accorse di lei che se ne stava lì indecisa, e interruppe l'esecizio. Prese un asciugamano che aveva vicino, si deterse il sudore dal viso.

"Ehi, ciao Alex, che ci fai qui?"

"Ti alleni sempre in una sala da ballo vuota?" Fece un gesto per indicare il grande salone, e indirizzò al ragazzo uno sguardo divertito. "Eppure mi sembrava che qui avessero un centro di addestramento apposta, o no?"

"Sì, c'è. Ma se vuoi incappare in un Archeosaurus o in un mucchio di cadetti, e credo che la seconda possibilità sia la peggiore."

"Capisco," rispose, poi assunse un'aria completamente seria. "Mi dispiace davvero disturbarti. Ma ho bisogno di parlare con qualcuno, e credo che tu potresti essere l'unica persona in grado di comprendere."

"Ma certo, di cosa hai bisogno?" La portò verso una panca imbottita che si trovava davanti ad un'immensa finestra. Alex evitò gli occhi di Zell, e si girò a guardare fuori, dove l'oceano e il cielo s'incontravano all'orizzonte.

"Il sogno... la visione."

"Già," fece lui, chinando la testa. "Si torna sempre lì, vero?"

"Credo proprio di sì... ci ha portati fino a questo punto. Continua a girarmi nella testa... il lago, il sangue, tutto. Non so proprio se ci sia qualcosa che ci stiamo perdendo."

"Beh, Alex, per come la vedo io, è tutto simbolico... tranne Ellione, ma mi sono convinto che stava soltanto dicendo addio." Fece una pausa, osservando la catena che lei portava al collo; allungò la mano per afferrare l'anello metallico. "Questo mi ha fatto rendere conto che non dovevo fare del male a te e ad Allison... beh, Allison spiega il bambino del sogno."

"Lo so." Guardò il ragazzo, che le aveva lasciato andare la collana e si era voltato dall'altra parte. "Ma è davvero così? Siamo arrivati fino a questo punto solo per perdere?"

"Non dirlo. Non abbiamo ancora perso nulla, voglio dire, non sarà messa a morte fino a domani."

"Aspetta!" Alex saltò in piedi, sorprendendo Zell. "È vero! Deve essere messa a morte domani, ma cosa abbiamo visto nella visione?"

"Che... veniva trafitta da un gunblade. Quindi... questo significa che qualcosa va totalmente nel verso sbagliato oppure che uno di loro due la uccide..."

"No," insistette Alexandra. "Questo significa che adesso sappiamo come cambiarlo. Domani né Seifer né Squall porteranno la loro solita arma, quelle resteranno qui al Garden. Possono combattere una battaglia senza gunblade, credo che capiranno. Se quello era un avvertimento, forse può essere cambiato."

*~*~*~*~*

Avete mai chiuso gli occhi chiedendovi come avete fatto ad arrivare fino a questo punto? Quale sia stato il momento decisivo che ha cambiato tutto, in meglio o in peggio? Se era così che era predestinata la vostra vita? Se era questo il grande piano che Hyne aveva scritto nelle nostre stelle?

Io mi sono sempre sentita in qualche modo diversa da tutti gli altri. Anche all'orfanotrofio, anche nel momento in cui sono diventata istruttrice... ero una cosa a parte, sia pure solo nella mia testa. Sì, ero stata adottata... ma era stato un fallimento. Che cosa può fare più male di essere rifiutati non solo da una coppia di genitori, ma addirittura da due? D'accordo, questo non è giusto, lo so... i miei veri genitori forse non hanno mai avuto scelta. Ad ogni modo, io non lo so. E questo non sapere è qualcosa che mi peserà sempre sul cuore, sull'anima.

Ma per quanto riguarda i Trepe... quello lo so.

Non ero abbastanza brava per loro. Così, come gli altri, fui mandata al Garden. Capisco che fosse il mio destino, essere riunita alla mia famiglia dell'orfanotrofio. Ma perché, in nome del cielo, i miei altri genitori non avrebbero potuto amarmi lo stesso? Zell ha avuto questo privilegio: è stato amato dalla sua famiglia adottiva e accettato lo stesso al Garden. Ma io non sono lui; io sono io.

E chi sono io?

Quistis Trepe, Quistis Leonhart, la professoressa Leonhart? Diavolo, non me ne importa più niente. Credo che dopo tutto questo si impari che sono tutti titoli, che non hanno significato. Quando guardo dentro ad uno specchio, vedo me stessa... per quello che sono. E lui fa lo stesso.

La persona a cui una volta mi opponevo, ora è quella che mi dorme accanto. La persona con cui ero solita dormire, adesso è quella di cui sono alleata. Due uomini, due strade diverse nello stesso percorso... due uomini che domani vivranno o moriranno entrambi.

Se chiudo gli occhi, il mondo svanirà nel nulla? La mia vita sarà qualcosa di più di un semplice epitaffio? Domani, sì, domani metteremo la parola fine a questa storia, una volta per tutte.

Per il riscatto. Per la famiglia. Per amore... noi combatteremo.

Il sangue mi macchierà sempre le mani, ma forse una parte di noi potrà andare avanti. Tutte le menzogne color scarlatto che sono cominciate con me, si spegneranno nella verità.

*****
Note delle traduttrici: capitolo betato da El Defe e Alessia Heartilly. Vi prego, come per il capitolo precedente, non fate spoiler di nessun tipo nelle recensioni a questo capitolo, sempre per il solito discorso. Questo significa: per favore non fate nomi! Se non per rispetto degli altri lettori, almeno per rispetto di Ashbear che s'è fatta un mazzo tanto per scrivere questa storia e ottenere certi effetti sorpresa! Nel caso vedessi recensioni spoiler, le farei cancellare, lo dico subito^^
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Citazione di apertura: aforisma di Gilda Radner, attrice e commediografa americana.
Volevo un finale perfetto.
Ora ho imparato nel modo più duro
Che alcune poesie non hanno rime,
E alcune storie non hanno
Un inizio, un centro e un finale chiaro.
La vita riguarda il non sapere, il dover cambiare,
Vivere il momento e prenderne il meglio,
Senza sapere cosa succederà dopo.

- Alessia Heartilly

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Capitolo 34
*** XXXIV. Ferocia ***


What are heavy? Sea-sand and sorrow;
What are brief? Today and tomorrow;
What are frail? Spring blossoms and youth;
What are deep? The ocean and truth.

--Christina Georgina Rossetti

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ XXXIV. FEROCIA ~

Squall Leonhart non credeva ai miracoli. Al caso, al destino, alla fortuna... forse. Sentì la brezza delicata sfiorargli la pelle, e si permise di sentire ogni sensazione. Se questa fosse stata la sua ultima notte su quella sabbia, allora voleva ricordare tutto, le cose belle e quelle brutte. L'amava. Semplice. Il loro era un amore che non si potrebbe mai descrivere a parole. Un'unione così forte che era sicuro sarebbe sopravvissuta anche dopo la loro morte, un'unione che trascendeva sia il paradiso che l'inferno in un reame dove sarebbero stati insieme. Un posto senza dolore, senza dubbi, senza bugie. Un posto dove sarebbe stato presente al momento della nascita di sua figlia; un posto dove l'avrebbe guardata negli occhi il giorno del loro matrimonio. Una delle vite che avrebbe dovuto essere, non l'ombra morbida in cui stava vivendo. Forse in un'altra vita quel mondo sarebbe esistito, ma non in questa.

Il Garden gli aveva dato tanti ricordi, ma nulla poteva essere paragonato ai ricordi che gli aveva dato lei. Sette giorni prima, era stato su quel balcone... senza sapere che una settimana gli avrebbe cambiato così profondamente la vita. Anche Squall era rimasto scioccato quando si era ritrovato di nuovo nell'appartamento suo e di Quistis. Non era sua intenzione, ma in quel momento non sapeva dove andare. Per di più, le poche cose che possedeva voleva riprenderle da quella casa. Su tavolo del patio c'era una piccola scatola. Nulla di straordinario per un estraneo, ma per lui era la sua stessa vita. Sembrava che la sua intera esistenza potesse essere contenuta in una misera scatola da scarpe, e quel pensiero lo turbava nel profondo.

Non aveva mai pensato ai suoi lasciti. Lasciti? Squall Leonhart? Quelle parole erano un ossimoro. Una settimana prima, sarebbe stato felice di scivolare nella tenebra dell'oblio, ma ora aveva una responsabilità. Nei confronti di sua figlia. Forse la sua ancora di salvezza per lei sarebbe stata che non sarebbe diventata come lui - amara, arrabbiata... sola. Forse, se avesse saputo che era stata concepita per amore, nata da genitori che avrebbe dato la vita per lei, avrebbe vissuto nella pace che lui non aveva mai potuto avere; forse il dubbio sarebbe rimasto sempre nell'ombra.

Allungò la mano alla catenina argentata che portava al collo,e chiuse gli occhi quando sentì la fede di platino da sola. La memorizzò, ne trasse piacere, e il sentimento divenne parte di lui. La sua mente tornò alla sera nella capanna, in cui Rinoa gli aveva dato l'anello... poi gli aveva ridato anche il cuore e il corpo. Era un mondo fa, un'altra vita passata, ma in realtà non erano passati che pochi, brevi giorni. Una settimana prima, era il Comandante della SeeD e un marito; oggi era un Cavaliere e un padre.

Una settimana. Un'eternità.

Nell'immobilità derisoria della brezza, si tolse la catenina, stringendola con forza nel palmo della mano. Avvicinandosi al tavolo, posò gentilmente la catena e l'anello in una scatolina di velluto. Cercò di trattenere le lacrime; i suoi pensieri cercarono di rimanere fedeli al guerriero che il suo corpo stava tradendo.

"Ascolta il mio cuore, vedrai la verità. E i miei ultimi pensieri saranno d'eternità. Con te." Le parole dolci che lei gli aveva letto quella prima notte al Garden gli echeggiarono nei ricordi. Squall non si accorse di aver pronunciato le parole ad alta voce, e fu scioccato nel sentire un'altra voce che gli parlava nell'oscurità della notte.

"Squall, cos'hai detto?"

Si raggelò all'istante, prima di voltarsi a vedere una figura anche troppo familiare. Quistis, sua moglie per le sue stesse bugie, in piedi di fronte a lui. Sembrava triste, ma nello stesso tempo in pace. Il dolore che era diventato quotidiano sembrava essere scomparso, a meno che lei lo avesse nascosto nel profondo dell'anima. E Quistis non era così brava nel nascondere le sue emozioni vere.

"Niente," rispose lui, senza disprezzo nella voce, solo senza alcuna emozione. "Stavo solo... niente."

Si voltò di nuovo verso il cielo scuro, quasi imbarazzato che lei l'avesse sorpreso. In qualche modo, quando lei era arrivata si era alzata per l'ennesima volta una barriera difensiva. Istintivamente, tirò fuori un pacchetto di sigarette che teneva nella giacca. Squall guardò le sigarette che teneva in mano senza degnare Quistis di uno sguardo. Le strinse come se da loro dipendesse la sua vita, mentre posava la mano libera sulla ringhiera del balcone. Il cielo color grigio carbone colse la sua attenzione, come se stesse deridendolo.

Non importava cosa fosse successo tra loro; lei odiava vederlo in quello stato. "Squall, per favore... so che è difficile, ma ci siamo impegnati in questo, vivere o morire. La salveremo..."

Lui scosse semplicemente la testa, sperando di restare solo quando desiderava, "vabbè."

Quistis capì, per la prima volta in tutti quegli anni... lo capì. Guardò la scatola sulla tavola del patio. Poche fotografie sparse, dischetti da computer e una piccola scatola da gioielleria. La catena che portava sembrò all'improvviso un peso enorme sul suo petto. Allungando la mano, sentì il profilo del pendente di Griever. L'unica cosa che Squall le aveva dato, non per il matrimonio o per amore, ma per comprensione. In qualche modo, lo capiva ora, la forza che lui aveva desiderato potesse estrarre dall'oggetto era dentro di lei da sempre. Non desiderava più quell'unica parte di lui che possedeva. Non ne aveva il diritto... non l'avrebbe mai avuto.

"Inizia a far freddo, e voglio restare solo." Quel comportamento gelido le ricordava molte notti del passato.

"Starai bene?" La domanda era stupida, anche lei lo sapeva, ma a volte parlava senza pensare... una sua maledizione.

"No, non fino a quando lei non sarà con me."

"Squall..." Quistis si levò lentamente Griever, guardando per l'ultima volta i dettagli del metallo lavorato. Sentì la pesantezza che si toglieva dal suo corpo, sia fisicamente che mentalmente. Lui si voltò verso di lei, non molto sicuro di cosa stesse facendo, fino a quando lei gli allungò la mano chiusa. La pesante catena era attorcigliata intorno al suo pugno, il pendente che rifletteva la luce della luna.

"Non lo merito, non è mio. Diamine, non lo è mai stato. Ti ringrazio per quest'unico pezzo del tuo cuore che mi hai offerto, anche se era solo per amicizia... o senso di colpa. Questo è tuo, una delle poche cose del tuo passato... non ho nessun diritto di tenerlo. Deve andare al sangue del tuo sangue... Allison... Allison è incredibile, Squall. Lei è l'unica a meritare questa parte di te, questa parte della tua vita."

Accettò la catena con la mano libera, mentre l'altra continuava a stringere il pacchetto di sigarette. Quistis non disse altro mentre tornava alle porte scorrevoli in vetro. Squall guardò le sigarette in una mano e la catena nell'altra. Nella sua mente, poteva sentire Rinoa che lo sgridava per quell'abitudine, come aveva fatto anche alla baita. Lei detestava moltissimo quella dipendenza, ma prima a lui non interessava. Non aveva ragione per farlo... Erano così semplici, così piccole che nessuno l'avrebbe mai saputo. Né Rinoa, né chiunque altro. Guardò un'altra volta il pacchetto, e fu una battaglia più dura di quanto chiunque avrebbe mai saputo. Alla fine chiuse gli occhi, gettando il pacchetto nell'oceano, stringendo forte la sua collana. Si voltò prima che la figura svanisse dalla sua vista.

"Quistis, aspetta. Lei non voleva che la seguissi. Se mi succedesse qualcosa... allora Allison sarebbe orfana. Rinoa temeva questo più di qualunque altra cosa. Nostra figlia che cresceva da sola."

"Squall, qualunque cosa accada, lei non sarà mai sola." Quistis fece un passo avanti nella luce della luna, guardando i suoi occhi tempestosi. Li aveva visti privi di emozione per così tanto tempo, e fu scioccata nel vedere che ora contenevano così tanta paura. Sembrava più il bambino spaventato che ricordava dopo che Ellione aveva lasciato l'orfanotrofio, più che il ventiduenne Comandante militare. Le passarono nella mente numerosi flash della sua vita. Per la prima volta, sentì il desiderio di consolarlo... non come amante, ma come sorella. Proprio quell'amore fraterno che aveva affermato di sentire anni prima era finalmente divenuto realtà. Sorrise appena, lasciandosi guidare dalla sicurezza.

"Lascia che ti chieda una cosa, pensi di poterla riportare indietro?"

"Sì."

"Ecco la tua risposta... non ce ne sono altre. Domani andiamo a riprenderla, Squall."

"Grazie," replicò il Comandante, voltandosi e passandole accanto. Senza dire un'altra parola, prese la giacca della sua uniforme e la scatola piena dei suoi ricordi. Si voltò un'ultima volta verso Quistis, e annuì prima di uscire dalla porta.

*~*~*~*~*

Ora che si ritrovava nel suo ufficio, sentiva di non avere più una casa. Squall gettò un'occhiata al piccolo orologio sulla sua scrivania, sperando che il mattino arrivasse presto. Ma c'erano altri problemi immediati, ed era ancora relativamente presto. Squall ascoltò il ticchettio dell'orologio come se fosse un metronomo, perdendosi in un mare di ricordi.

Lentamente, aprì un cassetto, sollevando alcune carte sparse fino a prendere un oggetto sul fondo. Guardò di nuovo alla fotografia rovinata di lui e Rinoa alla festa dopo la sconfitta di Artemisia. La traccia dell'esistenza di lei che aveva spesso osservato, senza mai sentire di averne il diritto. Tracciò i bordi sgualciti con il pollice e l'indice, incantato dagli occhi di lei. Anche in fotografia, riusciva a leggerli, a vedere l'emozione che contenevano. Qualcosa di profondo, enigmatico, e misterioso, eppure pieno d'amore, di passione, e di così tanti altri sentimenti che desiderava saperli esprimere agli altri... a lei.

Gli tornò in mente che, anche dopo il loro incontro, quella era l'unica fotografia che aveva di Rinoa, e quindi l'unica fotografia che Allison avrebbe visto dei suoi genitori insieme. Forse avrebbe capito che i graffi e le macchie erano le cicatrici di battaglia del loro amore. Pregava solo che non scoprisse mai che, in realtà, era perché si vergognava di amarla ancora, e l'aveva tenuta nascosta in fondo a un cassetto. Nascosta in un posto in cui nessuno avrebbe scoperto le sue bugie, i suoi dubbi sull'amore di Rinoa. In un tempo in cui le aveva dato la caccia, aveva continuato a desiderarla ardentemente. Ma come avrebbe potuto capire un bambino? Diamine, come avrebbe potuto capire un adulto?

Fu quasi un sollievo gradito quando qualcuno bussò alla porta. Non che gli piacesse la compagnia, ma per il fatto che se fosse caduto più a fondo, avrebbe potuto non tornare più. Guardò la fotografia un'ultima volta, prima di iniziare a rimetterla nel cassetto come aveva fatto innumerevoli volte. Poi realizzò che non doveva più nascondere i suoi sentimenti, e che non l'avrebbe fatto. Chiudendo il cassetto, infilò la fotografia all'angolo del suo monitor, senza più preoccuparsi di chi l'avrebbe vista. Sarebbe servita come promemoria del perché stava lottando, anche se il suo cuore non aveva mai avuto bisogno di quella spinta.

"È aperto." La voce gli cedette, dopo tutta l'emozione di quegli ultimi minuti. Foss'anche solo per stabilità mentale, ordinò, "avanti." Era come tornare a un ruolo che aveva conosciuto per così tanto tempo, un ruolo in un dramma su cui sperava sarebbe calato presto il sipario, così avrebbe potuto vivere un'altra vita. Quella che desiderava.

Imbarazzato, Zell infilò la testa nella stanza. "Hai detto 'avanti'?"

Squall chiuse gli occhi e non rispose, non aveva tempo per questo. "Se hai qualcosa da dire, entra, dilla, e poi vattene."

"Beh, Squall, a dire il vero dobbiamo parlarti."

"Dobbiamo?" L'uomo sembrava davvero poco felice del fatto che fossero in più di uno ad assillarlo.

"Err... sì... ma è davvero importante." Squall tacque e fece un gesto appena percettibile. Zell lo prese come un invito ad entrare, prima di aprire la porta del tutto. Selphie, Irvine, Alex e Zell entrarono nel suo ufficio... nessuno di loro voleva esattamente essere lì. A dire il vero, quello era nella loro top ten di posti in cui non essere, se avessero avuto scelta.

Ognuno prese posto in varie parti dell'ufficio, e poi Zell continuò, "dobbiamo solo ripassare con te il piano definitivo per domani."

"Entro, la prendo, ed esco," disse lui ardentemente, l'espressione mortalmente seria.

"Sì Squall," ribatté Irvine. "Siamo consapevoli di cosa succederà... vogliamo solo rivedere tutto. Sarà molto più semplice se collabori con noi."

Il Comandante gettò un'occhiata al monitor e guardò la fotografia. Quasi senza accorgersene si fece scorrere una mano tra i capelli. "Lo so, lo so. Scusatemi... continuate pure."

I tre SeeD si scambiarono delle occhiate. Erano passati molti anni dall'ultima volta in cui Squall si era veramente preso la responsabilità di una delle sue azioni, senza contare il riconoscimento del suo atteggiamento. Questo normalmente sarebbe stato preso come un buon segno, come il ritorno alla persona che conoscevano di cinque anni prima. Eppure adesso sembrava che lo stress avesse la meglio su di lui, e che l'emozione stesse iniziando a vincere una battaglia mentale.

Grattandosi la nuca, Zell continuò, "abbiamo... beh, Seifer e Quistis hanno avuto un'idea per un piano. È così semplice che potrebbe funzionare. Abbiamo l'elemento sorpresa... con il bonus aggiuntivo della confusione dalla nostra parte."

"Mitchell... confuso," sbuffò Squall per la ridondanza della frase. Quando quell'uomo era stato qualcosa di diverso da 'confuso'? Un uomo sano di mente non avrebbe mai... dannazione... emozione di nuovo; aveva speso così tanti anni ad imparare come controllarsi in battaglia, nella vita, e ora lo consumava come un cancro.

"Squall, vogliamo che tu entri dai cancelli principali, che accetti l'offerta di Mitchell."

"Ma che diamine?" Sbatté il pugno contro la scrivania per l'irritazione. "Volete che vada là e li guardi mentre la ammazzano?"

"Dannazione Squall, sai che non intendeva questo!" Alex si alzò dal divano. "Devi ascoltarli prima di trarre conclusioni affrettate. Capisco che non entrerai là con il gunblade luccicante... ma non è di questo che si tratta! Questa è una battaglia mentale, di intelligenza. La tua magia e la tua forza non ti porteranno lontano se la mente ti tradisce."

Lui strizzò gli occhi, guardandola. "...E esattamente TU perché sei qui? Mi sembra che questa sia una riunione SeeD, e tu sei tutto tranne questo."

Lei gli si avvicinò, puntandogli un dito contro. "Non cominciare, Leonhart!" Zell la afferrò, tentando di calmarla. Il controllo era proprio un tratto che lei ed Ellione non avevano in comune.

"Alex... Squall..." L'esperto di arti marziali ora faceva da arbitro tra le due persone più ostinate che avesse mai incontrato. Beh, a parte...

"Perché abbiamo bisogno di lei," disse una voce profonda dalla soglia.

Parlando del diavolo... Zell scosse la testa, realizzando che l'ironia, in fin dei conti, aveva un certo senso dell'umorismo. In una stanza, con tutti e tre, nello stato emotivo in cui si trovavano tutti... questo poteva essere davvero brutto.

Seifer e Quistis entrarono nella stanza. L'intero gruppo ora si trovava nell'ufficio, contro tutti i desideri di Squall, che in silenzio desiderò essere di nuovo solo. Si massaggiò le tempie, volendo che tutto finisse... tra ventiquattro ore, o sarebbe morto o gli sarebbe stata concessa la salvezza eterna. In tutti e due i casi, loro non sarebbero stati nel suo ufficio...

Poteva sentirli parlare tra loro, o litigare... non aveva importanza, le loro parole avrebbero potuto anche essere in Shuminese. La sua mente non registrava nulla, troppo privata del sonno ed esausta emotivamente. Frammenti, pezzi, tutto galleggiava nella sua mente. Nascose il viso tra le mani, desiderando coprire i rumori del mondo intero. Cercò di ritirarsi nel mondo che aveva creato da adolescente, quello in cui si era sempre sentito il benvenuto... e solo. Eppure il loro litigare insistente era più forte della sua volontà di nascondersi.

"...Allison."

Quella parola era forse l'unica delle due che aveva il potere di riporlarlo sulla terra. Non era sicuro di chi l'avesse pronunciata, solo che la parola era stata pronunciata. Si tolse le mani dal viso, fissando il gruppo.

"Cosa? Allison cosa?" La sua voce diventava sempre più impaziente.

"Non hai ascoltato una sola parola, eh, Comandante Ragazzino? E poi dicevano che io ero incorreggibile... ok, che cosa non hai sentito?"

Squall fissò Seifer negli occhi, senza dire una parola.

"Grandioso," borbottò. "Nemmeno una parola eh? Ascolta stavolta... abbiamo bisogno che Alex venga a Deling con noi. Perché..."

"No!" interruppe Squall freddamente. "Non c'è una possibilità del cazzo che una civile si unisca a una missione SeeD."

"E io cosa sono?" Seifer si appoggiò alla scrivania di Squall, sfidandolo a rispondere. "Sacrificabile?"

"Non è quello che intendo, e lo sai." Squall si alzò, camminando fino a essere di fronte alla scrivania, il suo atteggiamento sempre assolutamente serio. "Tu sei stato addestrato, sei preparato a una battaglia, e sai cosa potrebbe succedere. Puoi accettarlo, sei vissuto per questo, e moriresti per questo."

"Grandioso, ora, se mi puoi risparmiare il poster di reclutamento SeeD, posso finire di dire perché ci serve?"

"Come vuoi."

"Come ho detto prima... c'è un piccolo ostacolo nel nostro piano. È saltato fuori che al pubblico verranno prese e verificate le impronte digitali all'arrivo. Tutte le impronte dei SeeD sono schedate a Deling, anche le mie. Possiamo creare una nuova identità al computer per entrare, ma l'unica di noi che non è identificabile..."

"...sono io," sussurrò Alex, chiudendo gli occhi a questo nuovo sviluppo.

"Troviamo qualcun altro," ordinò Squall. "Paghiamo un estraneo un milione di guil, troviamo un altro modo di entrare, ma non permetterò che Alexandra sia in pericolo. Ellione non mi perdonerebbe mai, Rinoa non mi perdonerebbe mai... io non mi perdonerei mai," affermò, la voce che si perdeva per l'emozione.

"No." La mano di Alex afferrò la catenina d'oro che portava al collo, mentre pensava a ciò che aveva promesso a Rinoa. Promesse che ora sapeva di dover rompere. "Devo essere io. È destino che sia io."

"Rinoa non mi perdonerebbe mai, Alex." Squall la guardò dritto negli occhi. "Allison ha bisogno di te."

"Squall, ha bisogno di persone che la amano. Io sono stata perseguitata così tanto dai sogni, dalle visioni... dagli incubi, quel che è. Le voci dei morti, la voce di Ellione... non l'ho mai capito prima di questa settimana, ma ora lo so... sia io che Zell dobbiamo esserci domani. Non chiedermi perché, perché sono dannatamente sicura di non saperlo nemmeno io. È il nostro destino, non possiamo cambiarlo."

Zell si avvicinò ad Alex, circondandole dolcemente il braccio con le dita. Lei lo guardò, ed entrambi seppero che in qualche modo erano sempre stati la chiave del mistero. Il perché la responsabilità fosse stata posta sulle loro spalle... rimaneva un mistero.

"Squall, comprendiamo i rischi, ma Alex ha ragione. Noi sappiamo cose, abbiamo visto cose... cose che sono nel migliore dei casi indescrivibili... ma questa è la nostra realtà. Io credo che forse noi possediamo una risposta che tu potresti non vedere mai. Alex potrebbe essere più importante là con noi, che qui. Ha rischiato la sua vita per Allison, ora vuole la possibilità di farlo anche per sua madre."

Il Comandante abbassò gli occhi, torturato; tutto ciò che stavano dicendo aveva senso, e questo lo spaventava. C'era un certo conforto nel sapere che Allison avrebbe avuto Alex nella sua vita, ma ora, chi sarebbe stato con lei se Alex se ne fosse andata? Qualcuno doveva rimanere, qualcuno che poteva prendersi cura della figlia sua e di Rinoa... qualcuno che conosceva i suoi genitori per le persone che erano davvero.

"Selphie... Irvine... voi due rimanete qui."

"Cosa?" Il pensiero echeggiò nelle menti di tutti i presenti.

Squall si avvicinò solennemente alla coppia, ora visibilmente turbata. "Vi chiedo non come Comandante, ma come amico... di rimanere. Se io... noi... falliamo, la nave Esthariana sarà qui per portarvi alla città. Attraccherà al Garden all'alba. Potrete crescere Ally, ha imparato a voler bene anche a te, Selphie..."

Un'improvvisa paura lo colse quando una rivelazione spaventosa e familiare gli sovvenne. "Dov'è Allison? Chi c'è con lei?" La sua voce era vicinissima al panico, un senso di déjà vu gli colpì la mente: il giorno precedente era stata fatta la stessa domanda e aveva avuto una risposta definitiva.

"La sta guardando Shu, Ally ha già preso il biberon e sta già dormendo," rispose prontamente Zell. Doveva essere qualcuno di cui si fidavano; non avrebbero fatto due volte lo stesso errore.

Il Comandante annuì, approvando. Fece svariati respiri profondi per calmarsi prima di continuare, "non posso perdere tutti in questa missione. Allison ha bisogno di un futuro... e tu e Irvine sarete in un rifugio sicuro a Esthar. Ora come ora, è tutto ciò che ho da offrire."

Irvine si voltò a guardare Selphie, lasciando che le parole facessero presa. La guardò per un secondo, e alla fine lei si voltò verso di lui con un sorriso minuscolo. Il cowboy si avvicinò a lei, mettendole protettivamente un braccio intorno alla vita. Con la mano libera, si voltò verso Squall e gli rivolse il saluto SeeD.

"Come tuoi amici, sarà un onore."

*~*~*~*~*

Le Grandi Pianure di Esthar sembravano più spoglie che mai. Guardò fuori dalla finestra del palazzo, fino all'orizzonte più lontano della città. Anche se si estendeva per chilometri, si sentiva come se stesse nel mezzo di sabbia indurita. I pilastri di cristallo e le luci fluorescenti sembravano svanire nel nulla, mentre lui focalizzava l'attenzione solo sull'orizzonte austero. Sospirando tra sé e sé, chiuse gli occhi, cercando disperatamente di distogliere la mente dai pensieri che lo sopraffacevano. Così tanti errori, così tanti fraintendimenti... ora poteva essere troppo tardi. Aveva sempre pensato che ci sarebbe stato tempo, ma ora il tempo era irrilevante. Tutti quegli anni... e ognuno di loro non era altro che un marchio di fallimento.

"Presidente Loire," disse una voce familiare all'interfono. "Ha una chiamata sulla uno."

"Può prendere un messaggio?"

"È il Comandante Leonhart, signore."

Si sentì mancare il cuore per l'anticipazione... o la paura.

"Squall?" Ogni segnò di formalità cadde quando alzò la cornetta.

"Laguna." Seguì una lunga pausa imbarazzata. Nessuno dei due parlò; Laguna per il disagio, Squall per l'imbarazzo. Alla fine, il Comandante raccolse il coraggio di chiedere all'uomo all'altro capo del telefono una cosa che non aveva mai osato chiedergli... un favore.

"La giustizieranno domani. Devo andare a Deling... devo provarci."

Laguna inalò profondamente, aveva già sentito qualcosa attraverso i canali politici... ma sentirlo direttamente da Squall gli faceva venire voglia di allungarsi a toccare suo figlio. C'era stato; aveva conosciuto le stesse sensazioni.

"Sì, so che devi."

"Ho bisogno... ho bisogno di chiederti una cosa."

"...Qualsiasi cosa."

"Se succede qualcosa a me, a Rinoa... per favore, assicurati che Allison... assicurati che Allison cresca amata e al sicuro. Sei l'unico legame che avrà con i suoi nonni... dille di Julia, di come suonava il pianoforte, di come ascoltavi. Dille di quello che hai scritto, di cosa sognavi, di come sei finito a Win-"

Laguna poteva sentire ogni parola che Squall lottava per pronunciare, e tutte le parole nel mezzo che taceva. Come nessuno dei due avesse parlato del passato, ma di come entrambi l'avessero vissuto. I momenti che Squall aveva visto coi propri occhi attraverso i poteri di Ellione; gli stessi riportati a parole, dopo, anche se Squall non aveva voluto sentirle. Tutti i momenti che erano il suo passato, e ora il futuro di Allison.

"Lo farò Squall, te lo prometto."

"Dille di Raine, dei sentimenti che condividevate. Dille che anche se non hai potuto essere con lei, la amavi. È più importante di quanto possa mai sapere... dille che anche se i suoi genitori hanno dovuto andare via,hanno sempre pensato solo a lei. E che sperano... sperano che lei, un giorno, capirà le decisioni che sono state prese. Sono state prese per amore."

Entrambi sapevano che non stavano più parlando di Allison, ma erano scivolati a ventidue anni prima. Squall non sapeva da dove arrivassero le parole, né perché le stesse pronunciando. Non aveva mai sentito tanta passione quanto in quegli ultimi giorni, e ora si stava manifestando in un modo che non avrebbe saputo descrivere. Comunque fosse, doveva parlare a Laguna... doveva. Forse solo facendo esperienza del passato poteva capirlo. Non attraverso le immagini che gli aveva dato Ellione, ma attraverso le emozioni che aveva scoperto da solo.

Laguna strinse forte la cornetta, pregando Hyne che tutti e tre ne uscissero. Avevano passato così tante cose nelle loro brevi vite; nessuno meritava così tanto dolore e così tanta angoscia. Poi le parole che non aveva mai detto a Squall gli sfuggirono, "ti voglio bene, figlio mio..."

"Lo so."

Forse non era la risposta che desiderava sentire, ma era quanto di meglio Laguna Loire potesse sperare di avere. Non era stato detto per odio, disprezzo, o una qualsiasi altra emozione negativa... era detto per comprensione. Una comprensione reciproca era passata tra due uomini, tra due padri, del fallimento.

Mentre metteva giù la cornetta, il Comandante si asciugò le lacrime. Cercò di non pensare al peggio, essendo sempre pessimista. Ad ogni modo, viveva in un mondo pieno di sangue e morte, e quel giorno non era diverso.

Pregava che il giorno dopo lo fosse...

*****
Note delle traduttrici: capitolo betato da El Defe. Vi prego, come per il capitolo precedente, non fate spoiler di nessun tipo nelle recensioni a questo capitolo, sempre per il solito discorso. Questo significa: per favore non fate nomi! Se non per rispetto degli altri lettori, almeno per rispetto di Ashbear che s'è fatta un mazzo tanto per scrivere questa storia e ottenere certi effetti sorpresa! Nel caso vedessi recensioni spoiler, le farei cancellare, lo dico subito^^
Vi ricordiamo la newsletter per avere la notifica via email degli aggiornamenti!
Citazione di apertura: filastrocca per bambini di C. G. Rossetti.
Cosa è pesante? La sabbia del mare e il dolore;
Cosa è breve? Oggi e domani;
Cosa è fragile? I germogli di primavera e la gioventù;
Cosa è profondo? L'oceano e la verità.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 35
*** XXXV. Alterco ***


When you have robbed a man of everything,
he is no longer in your power.
He is free again.

--Alexander Isayevich Solzhenitsyn

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ XXXV. ALTERCO ~

Le acque cristalline della costa di Balamb si ritiravano a favore delle tenebrose profondità del mare. Lui era lì ad osservare le onde vellutate di schiuma che si infrangevano le une contro le altre, non dalla prua della nave di trasporto, ma dalla poppa. Seifer sapeva quali pericoli ci fossero più avanti, ma in quel momento, voleva solo essere testimone di tutto ciò che c'era dietro. Il suo passato. Ogni gabbiano, ogni nuvola s'impresse nella sua memoria. Una memoria che conteneva innumerevoli fallimenti e tradimenti, e che da poco conteneva anche pentimento e amore.

In qualche modo, senza la sua arma si sentiva stranamente vuoto. Era come se un pezzo della sua anima fosse rimasto al Garden, come se fosse stato qualcosa di più di una mera lama di metallo. Era sempre stata con lui, una storia che lui stesso si rifiutava di divulgare agli altri. Tuttavia, nel suo cuore lui sapeva, conosceva tutto il susseguirsi di fallimenti dell'Hyperion... tanto con suo padre, quanto con lui.

"Un Guil per i tuoi pensieri?" La sua voce delicata era a stento percettibile sopra il ruggito costante del motore.

Si voltò per ritrovarsi con Quistis al suo fianco, che cercava di nascondere la sua apprensione con un sorriso esitante. L'uomo si era reso conto di quanto fosse spaventata, ma al contempo facesse del suo meglio per nascondere le sue emozioni. Contraccambiò il gesto, tornando a fissare le acque infinite.

"Hey, guarda che quella era la mia frase da rimorchio."

La professoressa gli si accostò, poggiando entrambi i gomiti sulla ringhiera di sicurezza. Scrutò l'orizzonte, assorbendo il calore del sole appena sorto sulla sua pelle.

"Non avrei mai pensato che questo giorno sarebbe stato tanto bello."

"Intendi il fatto che non sta piovendo fuoco e zolfo infernale?"

Sospirando, lei abbassò lo sguardo sulle sue dita, stringendole attorno alla grata d'ottone. "Sì, qualcosa del genere."

"Chi ha detto che la fine del mondo non sarebbe potuta avvenire in un giorno stupendo? Forse il fuoco e lo zolfo infernale sono nelle nostre teste, ed è a quello che dobbiamo sopravvivere. Ci è stato detto di credere una cosa, ma se ti guardi intorno... il fuoco è dovunque. È solo trasparente ad occhio nudo, ed è questo che lo rende tanto fatale. Può consumarti, senza che tu ne veda neanche la fiamma."

"Seifer, quand'è che sei diventato così... cinico?"

"Lo sono sempre stato... il cinico e il sarcastico possono andare di pari passo."

A questo lei non rispose, non sicura di cosa dire. Quistis sapeva quale domanda voleva porre, ma era prematuro... sarebbe stato rilevante solo se la loro missione avesse avuto successo. Se avessero trionfato, dove sarebbe andato lui una volta finito tutto... se fosse sopravvissuto? Avrebbe ripreso ancora una volta i panni del fuggitivo, o sarebbe rimasto per affrontare il processo al Garden? Una cosa era aiutare, un'altra ancora sapere il tuo destino e accettarne le conseguenze. Sarebbe scappato? Sperava di no, visto che ora lui era tutto quello che aveva... ma Seifer non l'avrebbe mai saputo. Stava a lui decidere, e lei non l'avrebbe influenzato con una falsa apparenza. Le sue meditazioni furono interrotte quando lui ruppe quel silenzio imbarazzante.

"Allora, come sta?"

"Lui..." Chiuse gli occhi, cercando di celare la vergogna. "Lui... non sta benissimo."

"Continua a non parlare?"

"No, non una sola parola da stamattina."

"Normalmente sarei impazzito di gioia perché Leonhart stesse zitto, ma questo è..."

"Sì, lo so."

"Nemmeno un boh?"

"No... nulla."

"L'addio è stato duro," giustificò il rivale di un tempo del Comandante. "Ha appena lasciato una persona per salvarne un'altra, in una situazione che non avrebbe mai dovuto affrontare." Non appena le parole gli ebbero lasciato le labbra, si accorse del suo errore. Quistis si girò rapidamente, affrettandosi quasi di corsa verso le cabine inferiori. Lui si affrettò per starle al passo, afferrandola per il polso quasi con forza, facendola fermare.

"Dannazione Quistis, non intendevo quello. Intendevo che nessun uomo dovrebbe mai scegliere tra coloro che ama. Per favore, non prenderla sul personale... le emozioni sono alle stelle in questo momento... non permettere che la mia stupidità ti raggiunga."

"Ok, ok..." Il suo sguardo non si era però alzato dal ponte di legno. Poteva dirle qualsiasi cosa, eccome se era personale... su talmente tanti livelli. Poi, in un momento di debolezza, lei gli chiese quello che non osava pensare... solo pochi giorni prima gli aveva fatto la stessa domanda. Questa sarebbe stata l'ultima volta... quel giorno sarebbe finita per il meglio, per il peggio, o per la morte. "Che farai se dovessimo sopravvivere?"

"Ti porterò a mangiare una bistecca, offro io."

Lei soppresse una risatina, sapendo che anche lui aveva dei problemi con questo argomento. Incontrò i suoi occhi e parlò col suo cuore, e non con la sua mente. "Ti aspetterò, non importa per quanto tempo."

Lui fece un respiro profondo, distogliendo lo sguardo. Sapeva che stava per succedere; era inevitabile.

"Cinque o sette anni? Quistis, hai davvero intenzione di aspettare tanto tempo? Hai una vita intera davanti. Io vi ho fatto parte per meno di una settimana, e tu hai intenzione di sprecare tutto il tuo futuro per me? Hyne, non ne valgo la pena."

"Cinque o sette?" disse incerta. "Cinque o sette... anni?"

Lui notò l'indecisione presente nella sua voce, perfettamente a conoscenza che gli ultimi giorni sarebbero diventati prima o poi poco più che un ricordo... per lui, per lei. Eppure, non avrebbe rinunciato a un solo minuto passato con lei, nemmeno un secondo. Non si era mai sentito così, e qualsiasi cosa sarebbe successa, lei sarebbe sempre stata speciale. Mille volte più che speciale... lei era l'unica persona di cui si fosse mai innamorato. Aveva amato altre prima di allora, o pensato sinceramente di amarle, e si era preoccupato per un paio di loro... ma le emozioni che aveva provato durante gli ultimi giorni gli scorrevano nel profondo dell'anima.

In un certo senso, si sentiva come se si fosse formato un legame indescrivibile; forse in tutti i suoi tentativi di essere un cavaliere, non aveva mai conosciuto la verità. Realizzava ora di non aver mai avuto bisogno di una strega, perché il potere giaceva nel suo cuore e nella sua anima, collegando loro due per sempre. Merda, non sapeva neanche da dove venisse metà di tutti quei farneticamenti, si sentiva come un romanzetto sentimentale da quattro soldi scaricato sul margine di una strada.

"Sì Quistis, cinque o sette anni." Le parole gli uscirono più taglienti di quanto avesse preventivato.

Lei gli strinse il braccio, abbracciandolo stretto. "No, no! Non è questo che intendevo... volevo dire, tu tornerai... per fare i loro comodi?"

Il suo sguardo era da qualche parte a metà tra la confusione e la colpevolezza. "Uhm... Quistis, se me ne andassi ora, cosa avrei realizzato? Di sicuro potrò pure aiutare Rinoa, ma devo ancora saldare il debito con me stesso. Senza redenzione l'anima non è nulla. Perciò io non sono nulla, se tra tutti i miei fallimenti c'è un solo successo. Ho sopraffatto i miei demoni interiori per fare quello che è giusto, che è quello che avrei dovuto fare molto tempo fa."

"Come sai della sentenza?"

"Beh, chiamiamolo un patteggiamento tra me e Cid... dipende da come va oggi... dipende anche dal fatto che io non finisca cadavere."

"Non dirlo!" Nascose la testa nel suo petto, abbracciandolo forte.

"Ok, ok... ma con la buona condotta potrebbe abbassarsi a tre anni." Lui la guardò, inarcando un sopracciglio. "E quando mai io non mi sono comportato secondo la migliore condotta del mondo?"

Lei sentì il conforto delle sue braccia ricambiare l'abbraccio prima di ribattere, "Non chiederlo nemmeno."

*~*~*~*~*

Provava più che poteva a pensare a quella come ad una missione regolare, ma sapeva fin troppo bene che era tutto fuorché quello. Tutti gli anni di addestramento lo stavano abbandonando, o lui stava abbandonando se stesso... era indeciso. Una settimana prima, tutto sarebbe stato più semplice, con le sue emozioni stipate sotto anni di strati di dolore. Adesso... adesso c'era il presente, quel giorno aveva detto addio a sua figlia.

L'inquietudine che infuriava nel suo cuore era lacerante, tonnellate di piani e strategia non erano niente contro l'angoscia. Per le ultime cinque ore, non si era sentito meglio di suo padre, tradendo il figlio che aveva concepito. I libri di storia sarebbero stati gentili con lui come lo erano stati con Laguna Loire? Il suo stesso padre era considerato un eroe e un martire, ma lui e Rinoa sarebbero stati considerati il nemico? Solo il tempo poteva dirlo, solo le sue azioni di oggi l'avrebbero deciso... scrivendo per sempre la storia.

Chiudendo gli occhi, riportò alla mente gli ultimi preziosi momenti con Allison, cercando di convincersi che un giorno avrebbe capito. Nei pochi giorni in cui l'aveva conosciuta aveva imparato ad amarla sempre di più... ed era molto di più di quanto suo padre gli avesse dato durante la sua infanzia. Laguna Loire era partito per una nazione nemica, mentre lui stava partendo per salvare l'unica donna che avesse mai amato... forse era quella la differenza di cui il tempo avrebbe tenuto conto. Forse Squall sarebbe stato più comprensivo se Laguna fosse stato con sua madre, nei suoi ultimi respiri... Forse il dolore e l'amarezza avrebbero potuto essere sopraffatti dall'amore, ma non era stato così...

Squall Leonhart avrebbe venduto la sua anima eterna perché Allison e Rinoa potessero essere libere dal purgatorio in cui erano costrette... morale, etica, e credenze sarebbero state tutte contestate nelle prossime ore.

"Allison, so che non capirai... ma devo andare."

"Mami?" Pronunciò quella parola indimenticabile con una tale tristezza, che lui quasi perse la sua compostezza in quell'istante.

"Sì, Ally... mami."

Teneva in mano lo stesso Kyactus imbottito del giorno prima, stringendolo stretto come se fosse la sua vita. Dolcemente, i suoi pianti smorzati divennero singhiozzi veri e propri, "mami!"

"Che... che sto facendo?" Mise in dubbio se stesso, e tutto quello per cui stava combattendo... prima gli era sembrato tutto così bianco e nero... nessuno gli aveva mai parlato delle tonalità di grigio. E il grigio lo uccideva.

Toccandole la guancia morbida con il dito, guardò un'ultima volta i suoi occhi d'acciaio. Cercò di sorridere, come fosse stato costretto da tutti coloro che gli si erano radunati attorno, ma ignorato da Allison. La sua mano sinistra le accarezzò i capelli, sentendone la consistenza di seta, ineguagliata persino da quelli di sua madre. Finalmente la piccolina gli si avvicinò, stringendo le minuscole braccine attorno al suo collo fin quanto poté. Lui spostò la testa contro quella di lei, sentendo il rapido battito del suo cuore, incredibilmente più veloce di quanto avrebbe mai pensato. Poteva essere normale per una bambina? I suoi battiti cardiaci erano così diversi dai suoi... o da quelli di tutti gli altri adulti? Non lo sapeva; fino ad ora non gli era mai interessato.

Muovendo la propria pelle ruvida contro la sua, capì che lei era veramente un angelo... solo qualcosa di celeste poteva essere così morbido e innocente. La guardò ancora una volta nei suoi occhi innocenti, "ti ameremo sempre; qualsiasi cosa succeda... ricordalo. E vai avanti."

Si alzò, ricacciando indietro le lacrime, e guardando la ragazza più grande negli occhi. "Selphie... Hyne, ti prego, prenditi cura di lei."

"Lo farò," rispose la ragazza dagli occhi verdi con un pizzico d'esitazione. "Ma solo mentre tu e Rinoa andate fuori per il weekend, perché tanto tornerete... e allora Allison avrà la più grande festa di compleanno che abbia mai avuto una bambina di due anni."

"Grazie." In qualche modo, quelle parole sembrarono rassicurarlo per il momento. "Sono certo che sarà la più bella festa che la nazione abbia mai visto."

"Puoi dirlo forte, Comandante." E gli rivolse il saluto SeeD cercando di forgiare un sorriso.

I minuti seguenti erano come una serie di macchie nella sua memoria... ricordava di aver tenuto Allison tra le braccia... ma poi era sparita. Come un fantasma, come un ricordo... svanito nel nulla. Sua figlia era così tanto di più di quanto avrebbe mai potuto desiderare, e ora si sentiva come se le stesse voltando le spalle. Non avrebbe mai saputo se quello che stava facendo era la 'cosa giusta' o soltanto un altro impulso che conduceva al fallimento. Nell'immobilità della sua cabina, emise l'unica parola che non era riuscito a dire due ore prima alla carne della sua carne e al sangue del suo sangue.

"Addio."

*~*~*~*~*

Il vento turbinò attorno a loro mentre l'imbarcazione si avvicinava sempre di più alla Repubblica di Galbadia. L'esperto di arti marziali camminò verso di lei e le si sedette accanto sulla piccola panchina, cercando di offrire un qualsiasi tipo di conforto.

"Non sei mica serio?" implorò lei.

"Sì, serissimo."

"Come? Come fate voi a sopportare tutto questo?" Alex si massaggiò le tempie per la frustrazione, desiderando solo che quella sensazione calasse.

"Ci si abitua." Zell non poté fare a meno di ridacchiare per le sue reazioni. Ricordava la prima volta che aveva messo in junction un Guardian Force, ma era poco più che un bambino. In un certo senso ci si era abituato con il passare degli anni, e si sentiva persino sicuro nonostante l'intrusione nei suoi pensieri.

"Dannazione Zell, sono abituata alle voci nella mia testa... ma di solito parlano nella mia stessa lingua! Puoi ripetermi perché lo sto facendo?"

"Perché non possiamo mandarti disarmata al Palazzo Presidenziale... sono gli ordini di Squall."

"Sì, beh, Squall può ordinarmi un GF che parla la mia lingua? È molto irritante."

Lui rise sotto i baffi dato che lei continuava a tenersi stretta la testa; riusciva veramente a capire il suo disagio. Primo, Alex non era mai stata allenata in combattimento. Secondo, era costretta a mettere in junction qualcosa di estraneo... solo per avere la possibilità di usare la para-magia, che non aveva mai provato ad usare prima d'allora. E infine, era spaventata a morte, ma non avrebbe mai tradito la sua posatezza esteriore... o il suo aspetto vagamente indispettito del momento.

"Sai, Quetzal è uno dei GF personali di Squall. È stato assegnato al Comandante quand'era molto giovane... non l'ho mai visto permettere a qualcuno di mettere in junction i suoi Guardian Force personali... deve pensare che sei davvero speciale."

"Già, o davvero stupida."

"Beh, se non gli piacessi ti avrebbe dato anche Cerberus, fidati, quello sì che sarebbe stato brutto... un GF... tre voci... so bene di cosa parlo."

"Ne sono sicura," sorrise appena, cercando di ignorare il ronzio nella sua mente. "Allora, adesso che ce l'ho, cosa devo fare di questa cosa?"

Zell si voltò in fretta verso di lei con una leggera quantità di paura negli occhi, "non..."

"Ahhh..." urlò lei, abbassando ancora una volta la testa in agonia.

"Già... qualsiasi cosa tu faccia... non riferirti mai ad un GF con un 'cosa'... non gli piace tanto."

"Grazie per l'avvertimento," sbottò lei in tono sardonico. "Ora di grazia dimmi come devo usare 'El Señor' Quetzal." Sollevò la testa enfatizzando le sua parole. "Insomma... ok, 'El Señor', dev'essere accettabile per sua 'Altezza'. Ohhh! Merda..."

"Uhm, Alex, i GF capiscono il sarcasmo. Sono guerrieri addestrati e non gradiscono di essere ritenuti cittadini di secondo rango."

"Quindi, se capisce la mia lingua, perché non la parla?

Grattandosi la testa la guardò con innocenza, "beh, è questo che li rende nostri Guardiani... sono degli esseri veramente unici, ognuno con delle abilità straordinarie. Il tuo domina sull'elettricità... perciò fin quando eviti Leviathan dovrebbe andarti tutto bene."

"Eh?"

"Oh, nulla, solo una piccola battutina sui GF... ok, ora facciamo un po' di pratica con la magia. Hai ancora gli incantesimi di base che ti ho dato?"

"Sì, ho quattro Fire e un Morfeo."

Alzandosi in piedi, Zell le porse la mano, tirandola su. "Ok, vedi quel barile laggiù?" Indicò un bersaglio vuoto dall'altra parte del ponte. "Ora voglio che concentri tutta la tua energia... mente e anima. Chiudi gli occhi e senti il potere irradiarsi dalle tue dita... la prima volta, è solitamente una lenta sensazione che comincia dalla base del tuo collo."

"Sì, riesco a sentire qualcosa... è quasi spiacevole, brucia."

"Giusto, ora punta il palmo della tua mano verso l'obiettivo e richiama il nome dell'incantesimo. Quetzal si prenderà cura del resto."

"Fire!" ringhiò con determinazione.

"Hey gallinac-" Seifer emerse dall'altro capo del ponte nel momento in cui Alex stava lanciando il suo incantesimo. L'intrusione le fece perdere la guardia e si girò appena, mancando il barile e colpendo l'albero. La sua base di legno s'incenerì rapidamente, mentre l'albero crollava sul lato destro della nave.

"Dannazione, gallinaccio, e chi lo sapeva che la tua donna sarebbe stata maldestra quanto..."

Muovendo in fretta il palmo in sua direzione, Alexandra focalizzò tutta la sua energia spirituale contro l'obiettivo. "Morfeo!"

Seifer non terminò nemmeno la frase; cadde in un sonno tranquillo. Lei sorrise all'opera compiuta, dato che era il suo primo test effettuato con successo.

"Wow..." Zell rimase quasi senza parole per il suo lavoro. La afferrò, facendola girare in un momento di allegria. "Dannazione, sei un prodigio!"

Lei rise e lui la rimise sull'impalcatura. "Uhm, sì, ora però scendiamo prima che si svegli."

"Ehm... buon'idea."

*~*~*~*~*

Squall sentì qualcuno scendere le scale chiuse che portavano alla cabina inferiore. Alzò lo sguardo dal tavolo, lottando per nascondere l'ansia nei suoi occhi. Zell e Alexandra tentarono di mantenere l'equilibrio mentre la nave s'imbatteva in acque più impetuose. Il piccolo vascello fu momentaneamente sbatacchiato da una parte all'altra prima di riacquistare il fluido andamento di prima.

"Comandante," disse Zell, salutando il suo leader.

"Lascia stare le formalità. Alex, hai avuto l'opportunità di imparare le tecniche adeguate della para-magia?" Erano le prime parole che avesse pronunciato ad un altro essere umano da oltre tre ore, dalla loro partenza dal Garden.

"Sì..." Cercò di rimanere impassibile. "Ho anche avuto un corso accelerato sulla sorpresa in battaglia."

"Ok." Squall riprese a guardare le planimetrie che si trovavano di fronte a lui. "Alexandra, sei a conoscenza del fatto che il Palazzo è stato protetto con un campo anti-magia? Il GF non può offrirti potere magico, a meno che tu non rimanga fuori dal campo. Comunque, potrebbe accrescere la tua percezione e altre abilità naturali... solo non contare su Quetzal come una boa di salvezza."

"Capisco Squall." Alex gli si avvicinò, sedendosi su una delle sedie rattoppate nell'angolino. Mise la mano destra su quella che lui aveva poggiato sul tavolo. Inizialmente gli sembrò di esserne sconvolto e cercò di ritrarsi dal contatto, ma poi sentì uno strano conforto ad averla lì... quasi altrettanto fraterno come quello di Ellione. "Anche a me manca Rinoa... e Squall, dimentica quello che ho detto prima... io so cosa ha visto in te." Gli strinse di più la mano prima di rilasciarla.

Improvvisamente, Seifer venne di corsa dalle scale, completamente inzuppato dalla vita in giù. "Stiamo per sbarcare a Deling, da qui dovremo camminare per l'ultimo miglio... il mio contatto dovrà incontrare Alexandra all'entrata della città, in un vicolo dietro l'autonoleggio. Dobbiamo esserci soltanto io e lei... o l'accordo salta. E lei deve portare anche i guil richiesti."

"Sarà sicuro? Come sappiamo che non l'ammazzeranno lì dopo essersi fregati i soldi?" Il tono nella voce di Zell mostrava con chiarezza le sue riserve.

"Perché sono miei amici... potranno pure farsi comprare, ma hanno degli standard."

"Non è che sia poi di gran conforto detto da te," replicò sprezzante Squall. "Ma al momento, non vedo altre alternative. Sì, abbiamo i guil che hanno preteso, metà ora... l'atra metà quando saremo nel palazzo... sborserò pure i soldi, ma non sono stupido."

"Touché Comandante."

"Seifer?" chiese Zell. "Perché sei tutto bagnato?"

"È buffo," rispose con rabbia, sollevando un sopracciglio in direzione dell'unica donna. "Chissà come mi sono addormentato sul ponte, e quando mi sono svegliato mi trovavo fuori bordo... per fortuna, Quistis mi ha svegliato in tempo perché afferrassi la ringhiera più bassa."

"Oh..." Alex soffocò nelle sue stesse parole, "è terribile."

Quando raggiunsero il punto di lo sbarco, ogni traccia di vivacità o innocenza si perse. Rimasero soltanto i guerrieri che avrebbero provato a sfidare l'esercito di un tiranno... che avrebbero combattuto ad ogni costo per la loro redenzione. Mentre percorrevano la strada fino ai confini della città, camminarono praticamente in un silenzio quasi surreale. Squall era al comando, e non si voltò indietro nemmeno una volta... seguito da Alexandra e Zell che rimasero in silenzio, scambiandosi di tanto in tanto degli sguardi, dato che nessuno dei due sapeva cosa dire. Seifer e Quistis fecero l'intera miglio quasi mano nella mano, entrambi consapevoli che quelli avrebbero potuto essere gli ultimi minuti che passavano insieme, e assaporando ognuno di essi fino in fondo.

*~*~*~*~*

"Svegliati, bellissima."

Sentì qualcuno accarezzarle i capelli, e lentamente si svegliò al mondo.

"...Squall?"

"Posso essere chiunque tu voglia." Mitchell si abbassò con fare seducente e le morse la spalla, e quando registrò il dolore lei aprì in fretta gli occhi. Cercò immediatamente di allontanarlo da lei, accorgendosi di essere stata di nuovo imprigionata nei bracciali. Un piccolo gemito di dolore le sfuggì dalle labbra, mentre tentava di trattenere le lacrime. Lui non aveva lasciato la presa mentre lei si divincolava dal peso del suo corpo. Alla fine riuscì ad usare le gambe per spingerlo via, ma non prima che lui fosse riuscito a oltrepassare la pelle... il sangue le colava lentamente sulla scapola.

"Vattene via all'inferno! Fottuto bastardo!"

"Oh, è questo il modo di trattare la persona che detiene il tuo futuro nel palmo della sua mano?"

"No... non tratterei mai una persona in questo modo," sibilò lei.

"Sei molto simpatica, puttana." Si alzò, afferrandola e voltandola, e lei sentì la puntura di una siringa che entrava nella sua coscia. "Quando oggi morirai... sarò l'ultima persona che vedrai. Io sono il tuo Dio... io controllo tutto ciò che ti succede. Tu morirai quando lo dirò io, vivrai solo per appagare i miei bisogni. Il tuo potere non è nulla senza di me, tu non sei nulla."

"Non avrai mai il mio potere," sputacchiò lei.

"Sai qual è la parte ironica? I giusti cittadini di Deling pensano che il caro vecchio Dottor Odine avesse trovato davvero un modo per imbrigliare il tuo potere... per poterlo sigillare per sempre... sciocchezze. Hanno pensato veramente che perseguitarti equivaleva a distruggere il potere che possiedi... e suppongo che in un mondo perfetto si sarebbe potuto sigillarlo. Tuttavia, questo non è un mondo perfetto, no? No, tristemente, non posso ricevere i poteri di una strega... ma ho accuratamente scelto il tuo rimpiazzo. Risponderà solo a me... è mia."

"Non sarà mai tua... ora puoi pure pensarlo, ma quando riceverà i miei poteri capirà che tu non sei nulla. Nessuno avrà mai bisogno di te."

"Allison sì."

"Che cosa?" La paura la sopraffece. "Avevi detto... avevi detto che era al sicuro al Garden!"

"Ho mentito." Mitchell era certo che lei non avrebbe riconosciuto il suo bluff per quello che era, al momento aveva più potere di quanto avrebbe voluto ammettere... anche se Rinoa non lo sapeva. Per giunta, la paura costante di guardarsi alle spalle ad ogni passo stava cominciando a farlo diventare paranoico. No, non aveva paura, non ne avrebbe mai avuta... dopo tutto era il Presidente di Galbadia, il Leader del Consiglio Mondiale, e presto sarebbe stato il capo del mondo... era più potente di una qualsiasi altra strega.

"No! Tu... tu non puoi, sono venuta con te... tu..."

"Io posso fare tutto quello che voglio... ora, se farai la brava bambina, e farai quello che ti dice 'Zio Mitchell'," disse in tono canzonatorio, "allora Allison vivrà... diciamo pure che lei è la mia polizza di assicurazione che io ottenga ciò che desidero, e che i poteri vengano trasmessi a chi dico io... niente tranelli da dentro la fossa."

Poteva davvero aver rapito Allison? Ripensò nella sua mente alla scena al Garden, ma Ally non era sull'elicottero con loro... era possibile che avesse altri infiltrati lì. Cazzo, era probabilissimo. Ma Squall avrebbe... dannazione, non sapeva più nulla... era sicura che Allison era salva. Ci avrebbe scommesso la sua vita, come in effetti stava facendo. Ad ogni modo, se ci fosse stato anche solo un briciolo di verità in quello che aveva detto Mitchell, non avrebbe rischiato fino a quando non ne avrebbe avuto la certezza.

Lo guardò direttamente negli occhi. "Che cosa mi hai iniettato?"

"È un piccolo extra di Odine... sopprime i tuoi poteri, ed ogni uso di magia... ma sarai perfettamente conscia di ciò che ti circonda. In altre parole, non ti perderai un minuto della tua esecuzione... e vedrai i bambini temerti, e rallegrarsi della tua fine. Mi piace pensare che sia un mio ultimo regalino per te."

Lei non gli rispose, il pensiero di Allison e Squall la tormentava ancora. Sapeva che erano al sicuro, dovevano esserlo.

"Andiamo," ordinò, spingendola verso la porta. "Ci sono ancora diverse questioni da sistemare prima dell'esecuzione."

Lei lo seguì nella prima parte del Palazzo, dove si sorprese di vedere altre celle piene di prigionieri, ognuno dei quali ostentava trepidazione negli occhi quando la guardava. Ladri, stupratori, e assassini, tutti la temevano. Evitò di guardarli negli occhi mentre oltrepassava quei lunghi corridoi. Le lanciavano oggetti e la insultavano, cose già viste e sentite... nulla di nuovo sotto il sole. Quando venne aperto un cancello sbarrato, notò una finestra da lontano. Poteva vedere il blu del cielo, e pensò a quanto fosse bello... nell'orrore più buio, trovava ancora un momento per cercare la bellezza. Ricordò i sogni che aveva avuto per anni, e quel cielo azzurro ne aveva sempre fatto parte integrale... assieme ai campi e alle spiagge. Chiuse gli occhi, e si lasciò guidare...

*~*~*~*~*

A volte nei sogni sappiamo volare, e in altri cadiamo. Tuttavia, raramente nei sogni la realtà recita una parte attiva. Sognare è vivere, svegliarsi è morire. Un posto dove la vita sembra perfetta, e tutte le verità sono solo illusioni dipinte su una parete. Quando ci svegliamo dal sonno, una parte di noi muore, che sia è l'immaginazione o il desiderio. Per puro caso, manteniamo vivo un piccolo granello di quei sogni. Ci danno speranza; ci permettono di vedere oltre i nostri mezzi attuali... fino al futuro che vogliamo.

Lo stesso che non verrà mai.

Se avessi voluto incolpare qualcuno, avrei potuto farlo. Dal momento in cui sono nata al mio ultimo respiro. È sempre più facile biasimare gli altri per i nostri fallimenti, per le nostre mancanze. Ma la colpa giace semplicemente dentro di noi, nascosta lontano tra il nostro cuore e la nostra mente. Potrei biasimare colei che ha cominciato la menzogna? Potrei biasimare l'uomo che mi amava, ma non è riuscito a fidarsi di me? Potrei biasimare l'uomo che premerà il bottone letale, oggi?

Potrei biasimarli tutti. Però, non lo faccio.

Biasimo solo me stessa, e spero che gli altri mi perdoneranno per la mia debolezza. Spero, prego che col tempo possano perdonare se stessi. Questa è di gran lunga la cosa più difficile che un mortale potrà mai conoscere.

Grazie, a tutti quelli che mi hanno dato la vita. Dai miei genitori a mia figlia. E a te, Squall Leonhart; ti amerò sempre. Mi hai dato vita, mi hai dato amore, e mi hai dato una ragione per credere. So che sei lì da qualche parte, con lo sguardo perso nell'orizzonte lontano a darti la colpa. Ma dovunque tu sia, ti supplico di smetterla. Ti supplico di andare avanti, perché in fin dei conti, il tuo amore è valso la candela. Alleva bene nostra figlia, insegnale la vita e l'amore... insegnale di noi.

Prego che oggi tu non assista all'esecuzione, e nemmeno lei. I ricordi vi tormenterebbero per sempre. Al contrario, spero che tu vada a passeggiare con lei su una riva lontana. Portala dove gli oceani e la terra si incontrano. Falla correre tra i fiori dei campi, facendola sentire libera, e facendole ignorare i nostri fallimenti. Il mio tempo su questo mondo è stato più grande di qualsiasi altro sogno...

Quando sarò scivolata via da questa terra, spero solo che i sogni continuino a vivere dentro di me.

*****
Note delle traduttrici: capitolo betato da Alessia Heartilly. Vi prego, come per il capitolo precedente, non fate spoiler di nessun tipo nelle recensioni a questo capitolo, sempre per il solito discorso. Questo significa: per favore non fate nomi! Se non per rispetto degli altri lettori, almeno per rispetto di Ashbear che s'è fatta un mazzo tanto per scrivere questa storia e ottenere certi effetti sorpresa! Nel caso vedessi recensioni spoiler, le farei cancellare, lo dico subito^^
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Citazione di apertura: da Il primo cerchio, romanzo storico di Aleksandr Isaevic Solženicyn sui campi di lavoro russi ai tempi dei gulag e dello stalinismo.
Quando hai derubato un uomo di tutto,
non è più in tuo potere.
È di nuovo libero.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 36
*** XXXVI. Battaglia ***


No rumor of the foe's advance
Now swells upon the wind;
No troubled thought a midnight haunts
Of love ones left behind;
No vision of morrow's strife
The warrior's dream alarms;
No braying horn nor screaming fife
At dawn shall call to arms.

--Theodore O'Hara

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ XXXVI. BATTAGLIA ~

I raggi del sole sfolgoravano sui tetti della città. Nuvole di luce si facevano strada in ogni fessura, rischiarando anche i vicoli solitamente bui. Se mai il gruppo aveva desiderato pioggia, o un cielo coperto, era quel giorno. Ma Madre Natura, come per celebrare la vita, aveva invece fatto sfoggio di tutti i suoi colori più gloriosi e vibranti.

Deling non era mai stata così bella, o così letale.

Seifer e Alex si divisero dal resto del gruppo, per incontrare il contatto da lui procurato dietro l'autonoleggio, mentre gli altri cercavano di non apparire troppo sospetti... cosa che era di per sé una difficoltà. Quistis e Zell erano seduti su una panchina, ed entrambi evitavano di parlare, sarebbe stata una conversazione impacciata. Squall stava in piedi appoggiato contro un palo della luce, gli occhi fissi sulla Residenza Presidenziale.

Il cielo sembrava farsi sempre più brillante nel sorgere del sole, e Squall faticava per cercare di tenere gli occhi aperti, ma alla fine si arrese al naturale impulso di schermare la propria vista. La mente del Comandante tornò ad un altro tempo, un'altra volta in cui, insieme ad Irvine, era andato a salvare Rinoa proprio in quella stessa Residenza... un tempo che pareva lontano dieci anni. Anche le immagini di quel giorno danzavano nei suoi pensieri: Edea, gli Shumelke, e la prima volta che aveva avuto paura di perdere lei. Ed era un qualcosa che lo perseguitava ancora oggi, anche se quella volta aveva cercato di pensare a lei solo ed esclusivamente come ad un cliente.

Le parole di quella notte della Madre gli riecheggiarono nella testa... non aveva idea di quanto crudele poteva essere una strega. La sensazione di Irvine che gli dava una gomitata non era mai stata registrata del tutto da Squall, che guardava la scena di fronte a lui. Irvine aveva voluto entrare, il fucile che luccicava. Lui no, Squall no. Al contrario, aveva detto che il cancello non era aperto. La sua risposta era stata così superficiale e vuota d'emozioni... allora era più facile.

Rinoa... era così innocente, allora, così fanciullesca nei suoi modi di fare... piena di ottimismo per la vita in sé. Ma tutto ciò era cambiato nel tempo... a forza di stare con lui. In tanti avevano pensato che i suoi modi spensierati avrebbero contagiato Squall, e forse alcuni di essi l'avevano anche fatto... forse. Ma nessuno avrebbe mai immaginato che l'atteggiamento deprimente del ragazzo avrebbe finito per trasformare lei. Forse due persone sono legate per cambiarsi a vicenda col tempo che passa, ma non sempre per il meglio. Lui davvero non lo sapeva più.

Quella sera che Vinzer Deling era stato assassinato, aveva pensato che Rinoa sarebbe stata nient'altro che una nota a piè di pagina nella storia... un sacrificio dimenticato. Allora la amava già, ma non sapeva come fosse amare... non l'avrebbe saputo per molto tempo. E un tempo ancor più lungo doveva passare prima che lui guadagnasse la forza interiore per ammetterlo a se stesso. Quella notte a Deling, così tanto tempo prima, aveva lasciato scivolare fuori dalla cinta delle sue mura una minuscola traccia di preoccupazione; aveva sperato che Rinoa non avesse visto il sollievo sul suo volto quando l'aveva saputa sana e salva, invece l'aveva notato.

"...Non ti allontanare da me." Ripeté quelle parole, cercando di ritrovare i ricordi. I SeeD erano sempre addestrati a mantenere le distanze... ma era più facile da insegnare che da fare.

Era stato amore a prima vista, il loro? No, in realtà no, era facile adesso guardarsi indietro e dire che era stato amore già in quel primo ballo, se si voleva cercare una risposta da fiaba... lussuria, attrazione fisica... forse. Di certo qualcosa li aveva avvinti, ma l'amore ha bisogno di tempo; cresce dal cuore e si diffonde dentro all'anima. L'amore controlla le emozioni e i pensieri finché un bel giorno non diventa parte di te. Una parte che non puoi mai perdere, una parte che c'è sempre, una parte per cui sacrificheresti ogni cosa.

"Squall..."

Il suono del suo nome lo trascinò di nuovo dentro alla situazione presente. Come soldato, Squall sapeva di essere in pericolo. I sentimenti stavano controllando le sue azioni, facendogli perdere la prospettiva di tutto... persino di quello che aveva intorno. Provò amarezza, per aver fallito in quello per cui si era allenato con tanto sforzo. Distolse lo sguardo dalla Residenza Presidenziale, tentando di autoconvincersi che questa era solo un'altra normale missione.

Zell non aveva intenzione di forzarlo, vedeva bene quanto diceva l'espressione rinchiusa in se stessa del comandante. "Seifer ha provato a contattarti sulla tua radio; Alex è con la troupe della televisione... saranno dentro la Residenza entro più o meno quindici minuti."

"Da qui in poi, vado da solo."

"Capito." L'esperto di arti marziali abbassò lo sguardo a terra, si sentiva un po' la lingua annodata in quella situazione. "Uhm... Squall... ti auguriamo che vada tutto alla grande." Zell non era un granché bravo nel dire cose del genere, e il Comandante non era bravo nell'accoglierle. "Solo, stai attento... okay?"

Squall annuì appena al ragazzo mentre le parole nemmeno lo sfioravano, come spesso succedeva.

"Anche noi le vogliamo bene... e... vabbè, niente." Zell si voltò, e tornò lentamente alla panchina dove Quistis attendeva pazientemente.

"Zell..." rispose il Comandante, la voce malferma, roca. "Grazie."

*~*~*~*~*

Alexandra abbassò lo sguardo sul suo tesserino identificativo falsificato, chiedendosi cosa di preciso facesse un 'macchinista'. Si ricordava che l'uomo aveva detto qualcosa che riguardava differenti posizionamenti, ma era tutto così vago. Primo macchinista, macchinista al carrello, e macchinista del gruppo... non sapeva distinguere una cosa dall'altra, ma di sicuro il suo ruolo c'entrava qualcosa con le luci. Pensò quasi divertita a come la paga fosse un po' più alta di quando lavorava per Richard Bennett... e tutto quel che doveva fare per questo era cambiare l'angolazione delle luci.

"Nome," chiese l'addetto alla sicurezza galbadiano, guardandola dritto negli occhi.

"Elise." rispose, cercando di non sembrare evasiva, e gli diede i suoi documenti, mentre nell'altro braccio reggeva un fascio di lunghi cavi.

"Nome e cognome," domandò lui, un poco più seccato.

Si ricordò improvvisamente che era uno di quei nomi che sanno tanto d'inventato. Un nome che le ricordava quello del suo vecchio ginecologo... Van... Vander...

"Elise Vandermere, di Local 80," disse trionfante. Il nome sembrò scapparle di bocca, come fosse stato qualcun altro a guidare le sue parole.

L'uomo la squadrò da capo a piedi. "Dov'è Darrius? A quanto dicono le informazioni, dovrebbe essere lui il primo macchinista alla trasmissione." La guardia fissava la sua cartellina, rovistando tra vari fogli. Alex lo guardò in un breve istante di panico. Fortunatamente per lei, sembrava sempre perso nel regno della burocrazia.

"Darrius è da sua moglie," rispose, senza esitazione. "Ha cominciato il travaglio stanotte... ma l'ultima volta che ci siamo sentiti, stava andando tutto bene. A proposito, qui si può avere accesso ad una linea esterna? Non so come, ma sono stata incaricata io dei festeggiamenti, e speravo di poter telefonare... giusto per sapere se i palloncini li devo comprare rosa o celesti."

"Signorina Vandermere, metta qui il dito indice." Mostrò un piccolo rilevatore elettronico posato sulla scrivania. "Dobbiamo inviare l'identificazione delle impronte digitali alla Centrale, e poi potremo preoccuparci dei suoi impegni mondani."

Con un debole sorriso, obbedì alla richiesta, poggiando il dito sul lettore. Quando alzò lo sguardo, notò che l'addetto sembrava poco interessato al suo lavoro. Cercò di tenere un contegno che non apparisse nervoso, sperando che Selphie fosse riuscita a inserire la sua nuova identità nel database di Galbadia. Non che avesse poca fiducia nelle capacità di hacker di Selphie; piuttosto non aveva per nulla fiducia nella tecnologia galbadiana. L'uomo premette qualche pulsante, poi attese; infine, una luce verde apparve sopra il monitor della sicurezza.

"Signorina Vandermere, adesso deve solo passare dal metal detector, può lasciare i suoi cavi su quel tavolo laggiù." Seguendo le istruzioni della guardia, la ragazza aspettò con pazienza mentre lui le passava addosso una macchinetta tascabile. "Può entrare nell'area riservata alla stampa, e per favore si assicuri di seguire i cordoni di sicurezza come indicato nel suo foglio informativo."

"Grazie," disse, sospirando dentro di sé per il sollievo di essere arrivata fin lì.

*~*~*~*~*

Mentre si avvicinava alla Residenza, Squall Leonhart si sentiva letteralmente come se il cuore gli venisse strappato dal petto e presentato davanti. Ognuna delle esclamazioni, degli applausi della folla incideva come mille lame nella sua anima. Faceva tutto quel che poteva per trattenere la sua furia dalla fiumana gioiosa che scorreva lungo i marciapiedi. Una parte di lui voleva spezzare le ginocchia a tutti, uno per uno, senza pietà... ma sapeva che allora sarebbe sceso al livello di Mitchell. Sapeva che la gente credeva con fiducia che fosse arrivata la loro salvezza, quando invece in realtà stava solo cominciando la loro dannazione.

Il programma del presidente Mitchell per gli avvenimenti di quel giorno era stato illustrato pubblicamente su ogni emittente televisiva e anche attraverso tutta la stampa. Stando alle notizie, gli ufficiali galbadiani avevano lavorato nel più stretto riserbo al fianco del dottor Odine per inventare una macchina che bloccasse i poteri di una strega. Questo avrebbe permesso alla gente di vivere libera dalla paura della tirannia; quella macchina sarebbe stata sigillata ad Esthar e poi lanciata in orbita.

Squall sapeva quello che il mondo non sapeva.

Dato che i tempi dell'operazione erano stati accuratamente calibrati, gli ufficiali di Esthar non avrebbero avuto modo di denunciare in tempo quella montatura. Una volta che Esthar avesse sentito la versione galbadiana della storia, comunque, avrebbe pubblicamente negato di essere a conoscenza di una tecnologia simile. Allora il presidente Mitchell avrebbe accusato Esthar di aver rotto il contratto, e di voler tenere per sé il potere. E tutto questo alla fine avrebbe portato alla guerra, una guerra a cui Esthar non era di certo preparata, ma che Galbadia pianificava da anni.

Ma, con il peso della storia che gravava dalla loro parte, i paesi vicini sarebbero stati inclini a tendere verso quella di Galbadia. Dopotutto, era stata Esthar a causare la prima Guerra della Strega, e a permettere a Rinoa di lasciare la sicurezza del confino. La falsa 'rottura del contratto' sarebbe stata un'altra falla nell'armatura di Esthar, che avrebbe danneggiato ulteriormente la sua credibilità.

In più, Mitchell, all'apparenza, sembrava dirigere il suo paese con giustizia e degnamente, e la sua popolarità aumentava di minuto in minuto. I soldati l'avrebbero seguito di buon grado in battaglia, credendo che fosse stato il nemico a fare la prima mossa. Il Consiglio Mondiale avrebbe mantenuto il controllo in tempo di legge marziale; e questo non avrebbe fatto che rafforzare il ruolo di Mitchell nella sua ovvia risoluzione... beatamente ignari delle vere motivazioni che lui nascondeva loro.

E tutto questo per cosa? Potere? Quanto altro poteva guadagnarne Jefferson Mitchell? Se davvero fosse riuscito a dominare il mondo, cosa sarebbe successo poi? Una volta che hai raggiunto la cima della montagna, non resta altro che scendere... o continuare ancora più su, nel cielo, se hai le ali, e Mitchell non era certo un angelo. La sua brama di potere non avrebbe fatto altro che crescere. Quando avrebbe comandato governi, città ed eserciti... quale sarebbe stata la conquista successiva? Per un istante, una visione di Artemisia passò tra i pensieri di Squall. Forse anche lei, nel suo tempo, aveva avuto in mano tutto il potere terreno, realizzando poi che non c'era più nient'altro da conquistare, se non un luogo dove ogni tempo ed ogni spazio potessero essere compressi? Per regnare così non solo nella sua era, ma anche in tutte quelle precedenti e successive... in totale supremazia.

Prima che la sua mente potesse afferrare le conseguenze di una cosa simile, tornò alla realtà. Un ragazzino di piccola statura gli era finito addosso, e il comandante abbassò lo sguardo verso di lui, vedendo l'euforia sul suo volto bambino.

"Mi dispiace, signore!" si scusò, gli occhi spalancati; teneva in mano una bandierina.

Per tutti i cittadini di Galbadia, era iniziata la cerimonia, e per loro era iniziata l'alba di una nuova era, un tempo che, era stato promesso, sarebbe stato libero dalla strega. A parole, Squall non poteva rispondere al ragazzino, fissò solamente il suo sguardo nella speranza che portava negli occhi. Un innocente celebrava la morte della strega, e lui sapeva che non era colpa del bambino: era questo che gli era stato insegnato, queste le paure instillate in lui dai suoi genitori e dalla società. Quel bambino faceva festa non per deliberato odio, ma per credenze che gli erano state trasmesse sin dalla nascita. La stessa, identica cosa che era stata insegnata a Squall Leonhart, e ad ogni altro ragazzino, al Garden. La stessa, identica paura che aveva insegnato lui ad una nuova generazione. Era veramente responsabile anche lui per gli avvenimenti di quel giorno, come lo erano tutti: tutti i SeeD prima di lui e tutti gli studenti che erano passati per quei corridoi... erano tutti stati addestrati per uno scopo solo. Quel giorno.

Salì rapidamente la gradinata della Residenza Presidenziale, aprendosi la strada tra la folla che intasava l'ingresso. Era come se tutta l'umanità di Rinoa fosse morta nel giorno in cui aveva ereditato i poteri, e di lei fosse rimasto solo un guscio. Lasciò per strada la maggior parte delle sue buone maniere mentre si avvicinava al cancello, diventando più aggressivo ad ogni passo. I suoi pensieri oscillavano, avanti e indietro, tra Rinoa e la scena che aveva davanti agli occhi, e tutto era surreale. In un certo qual modo, si sentiva come se si fosse dovuto risvegliare da un momento all'altro dall'incubo; sperava solo che, se si fosse svegliato davvero, lei sarebbe stata ancora lì accanto a lui.

Una sentinella era di guardia al cancello principale, e altre tre all'interno della Residenza controllavano la folla. Il Comandante si avvicinò a quella che sembrava la responsabile dell'operazione. Il soldato vide Squall avvicinarsi, e parve lasciare che il nervosismo avesse la meglio su di lui. Chiamò immediatamente qualcuno con l'auricolare, cercando di coprire il ricevitore mentre parlava per non far sentire le sue parole... Sembrava avere qualche problema, o essere nervoso, oppure entrambe le cose... mentre Squall gli si parava davanti.

"Posso fare qualcosa per lei, signore?" La sentinella cercava di comportarsi in maniera normale, ma il comandante aveva capito benissimo... sentiva in lui la paura.

"Sono con la delegazione di Balamb del Consiglio Mondiale."

"Comandante Leonhart, pare che lei non sia sulla lista degli ospiti ammessi," affermò l'uomo, calmo, senza nemmeno controllare tra le centinaia di nomi.

Squall fece un passo avanti, invadendo chiaramente lo spazio personale dell'uomo. Lo guardò dritto negli occhi, e la pretesa gli uscì dalle labbra quasi in un ringhio. "Mi sa che sei l'unico sulla faccia di questo maledetto pianeta a non aver letto i giornali. Io sono la persona a cui spetta il merito della sua cattura, no? E allora perché non dovrei voler essere qui, ad un evento storico di questa portata? Ricontrolla la tua lista."

"Signore, mi dispiace, ma non posso fare nulla." Il piantone cercava di resistere, ma la sua sicurezza stava evaporando a poco a poco, e cominciava a trapelare la sua natura debole.

"Senti," sibilò Squall, afferrando per il collo il soldato. "Possiamo fare in due modi... con le buone o con le cattive... a me vanno bene tutti e due. Mettiti l'auricolare e parla con il tuo superiore, digli che sono qui. Fagli sapere di persona che Mitchell mi ha invitato ai festeggiamenti di oggi. Oppure me lo metterò io il tuo auricolare, dopo che l'avrò strappato dal tuo corpo senza vita. Sai come si fa a tagliare la gola a uno prima ancora di spezzargli il collo? Io sì." Premette sulla gola dell'uomo con l'indice, per sottolineare il concetto. Fu subito ovvio che le sue minacce stavano ottenendo l'effetto desiderato: il soldato inghiottì, tendendo le mani verso il collo, mentre faceva cenno agli altri due di aprire i cancelli sbarrati.

"Dovrà comunque essere sottoposto a un controllo, e le saranno confiscate le armi." La guardia voleva farla suonare come un'intimidazione, ma quelle parole riuscirono piatte, come il loro significato.

"Bene, tanto non ho nessun'arma," ringhiò Squall, inarcando un sopracciglio all'indirizzo dell'uomo. Lanciò un ultimo sguardo alle sue spalle, vedendo la gente che faceva festa tutta insieme. Provò pietà per la loro stupidità. "Che Hyne abbia pietà di tutti voi se falliamo," mormorò, e la sua preghiera silenziosa si allontanò nella brezza sottile.

Quando attraversò il secondo cancello della Residenza, trovò ad accoglierlo un'intera guarnigione. Era evidente che il 'signor Lista-degli-invitati' là fuori aveva già allertato gli altri. Era quindi logico supporre che Jefferson Mitchell fosse perfettamente informato del suo arrivo, e, dalle espressioni sulle facce dei suoi uomini, i galbadiani erano stati colti di sorpresa come previsto... Adesso, stava per infuriare la vera battaglia, da combattere non con le armi, ma con la mente.

*~*~*~*~*

Alexandra trafficava con fili e cavi, non molto sicura di cosa andasse dove. Si sforzava di comportarsi come se fosse abituata a tutto quello che succedeva attorno a lei, ma stava disperatamente cercando di trovare il momento più giusto per scappare, e farla finita con quell'incubo... in un modo o nell'altro. Prima, quando aveva lasciato solo Seifer nel vicolo, aveva incontrato il contatto interno con cui lui aveva fissato l'appuntamento, Robert Woods, il capo dei macchinisti per la trasmissione. Le era stato detto in termini molto chiari di seguire in ogni dettaglio le sue istruzioni, e quell'uomo era l'unico a sapere che non era stata mandata dall'emittente per una sostituzione. Se fosse stata scoperta, lui avrebbe detto di non saperne niente, e lei sarebbe rimasta da sola... capiva i rischi, ma era disposta a correrli e ad accettarne ogni conseguenza... anche a perdere la propria vita.

"...il transponder." Dietro di lei risuonò una voce dal tono severo. Alex si voltò cercando di dare l'impressione di esser pronta a intervenire, e l'uomo, con quella che pareva un'aria arrabbiata, le passò un blocco di appunti. "Per favore, puoi andare a sintonizzare il transponder sulla stazione... o hai in programma di star qui tutto il giorno? Lo so che tecnicamente non è il tuo lavoro, ma..."

"Ma certo, Robert... ok, il transpoder, non c'è problema," rispose con sicurezza, intuendo che era la sua occasione di tagliare la corda. Aveva fatto appena pochi passi nel corridoio grande, quando si bloccò di colpo: aveva notato una visione familiare... una visione che le aveva fatto accapponare la pelle. Il presidente Mitchell si stava dirigendo verso la zona dov'era in attesa la stampa, circondato da quattro guardie. Dalla faccia che aveva, non sembrava un uomo felice... Alex sorrise, sapendo che una sola cosa poteva causare una simile reazione a quell'uomo... Squall Leonhart. Il Comandante doveva avercela fatta ad accedere nell'edificio, e questo era un immenso sollievo. Ora, era suo dovere far entrare gli altri dalla porta del cortile... senza essere scoperti.

Fece marcia indietro, e passò per un corridoio secondario con il suo blocco in mano, facendo finta di studiare il suo contenuto. Si fermò quando raggiunse la porta laterale, e controllò se ci fosse qualcun altro nelle vicinanze. Proprio nel momento in cui aveva pensato che fosse vuoto, due soldati galbadiani spuntarono da dietro l'angolo. Poggiata con aria casuale contro il muro, Alex si comportò come se stesse scorrendo i suoi fogli.

"Sul serio, che ne dici... sei a uno che la strega sopravvivrà per dieci minuti?"

"Dieci minuti!? Ma stai scherzando, nessuno ha mai resistito più di cinque, e cavolo se era gente molto più dura di questo affarino pelle e ossa... io punterò cento Guil su tre minuti... al massimo."

Chiuse gli occhi, tentando di distaccarsi dalla loro conversazione... quegli uomini, per usare un eufemismo, stavano scommettendo su quanto ci sarebbe voluto ad uccidere un essere umano innocente. La sua migliore amica. Tentò di non mostrarsi disgustata quando loro si fermarono di fronte a lei.

"Possiamo fare qualcosa per aiutarti?" La prima guardia la fissò con sospetto, mentre l'altra la esaminava da capo a piedi con un sorrisino malizioso.

"Stavo cercando la stanza del satellite... a quanto dice la mappa, dovrebbe essere giusto qui." Indicò dall'altra parte del corridoio, verso la porta interna più vicina.

"E tu ci stai andando per...?" Il soldato la guardò dritto negli occhi cercando di intimidirla; e siccome non gli rispose subito, le si avvicinò e le posò una mano sul fianco, entrando ben oltre il consentito nel suo spazio personale. "Beh, tesorino...?"

Alex lo allontanò immediatamente, lanciandogli un'occhiata di pura ostilità. "Sto andando là per fare il mio lavoro, se permettete. Devo sintonizzare il transponder al satellite giusto. Se non volete aiutarmi, allora potete spiegare voi al presidente Mitchell come mai la trasmissione non è andata in onda su tutte le televisioni e le frequenze radio che aveva richiesto. E poi, sono sicura che saprete spiegare a milioni di cittadini votanti di Galbadia perché si sono persi questo evento storico... semplicemente perché il vostro livello di testosterone è troppo alto per non molestare un'impiegata di sesso femminile. Di certo quando il Presidente scoprirà che è stata colpa vostra se non abbiamo trasmesso, sarete voi i prossimi nella lista delle iniezioni letali... e, tra parentesi, punto cento Guil che nessuno dei due durerà più di due minuti... al massimo."

I due si scambiarono un'occhiata di rabbia trattenuta... ma si rendevano conto che sarebbero stati fatti fuori se si fosse scoperto che erano responsabili di aver fatto casini con la trasmissione. Alla fine, la seconda guardia rispose con disgusto. "Vai in fondo al corridoio e gira a destra, prima porta alla tua sinistra. Farai meglio a sbrigarti, attiveranno il campo anti-magia a momenti... e quando lo faranno, solo il Presidente o il suo consulente alla sicurezza potranno entrare in questa zona."

Le parole che disse la colpirono: in quel momento non era attivo nessun campo anti-magia. Ma qualcosa nella sua esitazione doveva aver indotto i due a dubitare della sua copertura, e la prima guardia la fissò dicendo semplicemente "Ave, Galbadia..."

"Come?" fece lei momentaneamente confusa.

"Lo sapevo, puttana..." Il soldato mosse la mano verso la sua arma, e l'altro seguì il suo esempio. "Qualunque vero galbadiano conoscerebbe l'inno nazionale."

"Merda! Okay, Quetzal, speriamo che abbia detto giusto sulla barriera." Alex sollevò immediatamente il palmo verso di loro. "Stop!" Riuscì a muoversi abbastanza alla svelta, cosicché tutti e due furono presi sotto l'effetto della magia; per sua fortuna, i soldati di Galbadia erano un po' lenti nel reparto intelligenza.

"Beh, l'effetto è proprio strambo..." Girò lo sguardo sui soldati bloccati con la bocca aperta, sospesi nel tempo. Lasciando da parte ogni propensione per la discrezione, strappò loro dalle mani le armi, e le buttò a terra. "Ave Galbadia un cavolo..."

Alexandra aprì la porta che aveva accanto e guardò fuori nel cortile in cerca degli altri. Sulle prime non vide altro che il cielo color cobalto, ma poi Seifer sembrò sbucare fuori dal nulla: per un secondo la ragazza si spaventò, ma recuperò in fretta il controllo. Gli altri due stavano scendendo giù dalle mura dell'edificio con corde fissate a rampini. "Sbrigatevi, ci sono due guardie, ho usato Stop su di loro... mi hanno scoperta... mi dispiace... ci ho provato... ma..."

"Il campo anti-magia?" chiese Seifer, aprendo la porta.

"Ancora no, ma a momenti. Mi dispiace..."

"Non importa," tagliò corto lui. "Dobbiamo solo occuparci di loro prima che si scongelino, altrimenti possiamo dire addio al nostro culo... Zell, prendi quello là, Quistis, vai alla porta."

"Chi è che ti ha nominato Dio?" mugugnò l'esperto di arti marziali, seguendo controvoglia gli ordini.

"Non è che li ucciderete, vero?" Alex girò lo sguardo sui suoi compagni che stavano trascinando i due uomini immobilizzati nel cortile.

Seifer le lanciò un'occhiata torva, scuotendo la testa. "No, pensavamo di invitarli per un tè... è ovvio che lo faremo..."

"State indietro." Quistis fece cenno a Zell e Seifer di allontanarsi. "Medusa!" Lanciò la magia sui due uomini, uno per volta. Lentamente, grigia pietra prese il posto della carne, e alla fine le due figure apparivano come due statue quasi identiche. La donna guardò Seifer negli occhi, posandogli una mano sulla spalla. "Cerchiamo di non uccidere nessuno, se non è l'unica possibilità che abbiamo. Nessun altro deve morire per i nostri errori."

"Ragazzi... abbiamo un problema," li chiamò Zell dall'interno. "Le porte hanno un timer, dobbiamo digitare un codice entro più o meno venti secondi... o tutta Galbadia saprà che siamo qui."

Corsero al tastierino numerico. "Perché il Garden non ne sapeva niente? Nessuna delle nostre informazioni ne parlava... il cortile doveva essere l'unica via. È chiaro, Mitchell ha aggiunto altre precauzioni alla sicurezza." Quistis fissava la tastiera scrollando la testa per la frustrazione. "Abbiamo una sola possibilità, ragazzi... qualcuno ha voglia di tirare a indovinare?"

"Ma chi diavolo metterebbe uno di questi cosi all'esterno?" ringhiò Seifer. "Non depone molto a favore dell'intelligenza della società Galbadiana, no? E questo fantastico conto alla rovescia coi numeri rossi è così originale."

"Cosa?" Zell afferrò Seifer per un braccio. "Che cosa hai detto?"

"Si può sapere che accidenti hai nella testa? Stiamo per essere catturati... non mi sembra il momento di mettersi a rievocare quello che ho detto."

Zell scambiò uno sguardo intenso con Alex, e in un attimo la soluzione passò tra di loro. Poteva essere così semplice? Gli incubi che avevano condiviso per troppo tempo, al risveglio si dissolvevano sempre nelle cifre digitali, i numeri rossi che Seifer aveva appena menzionato. Nella stasi di così tante notti, le cifre digitali luminose che offrivano un piccolo sollievo dalle visioni, e la consapevolezza che era finita, per un'altra giornata. Le risposte che Ellione aveva mandato loro, risposte a domande che non sapevano che avrebbero mai fatto.

"4-2-7?" chiese lui, gli occhi che scavano nei recessi della mente di Alexandra.

"Sì," rispose lei semplicemente in un sussurro, prima di sorridere appena. "Ci scommetto..."

Trattenendo il fiato, Quistis inserì i numeri, non sapendo bene di cosa stessero parlando i suoi compagni; ma aveva imparato a fidarsi del suo istinto, e in quel momento aveva la sensazione che i due sapessero qualcosa che lei ignorava. E aveva visto giusto... il conto alla rovescia si fermò quando rimanevano quattro secondi. Alex chiuse gli occhi in un breve momento di sollievo, ma Seifer riuscì solo a scuotere la testa.

"Voi due fate veramente... paura."

"Già," rispose Zell, e prese la mano di Alex, portandola dentro. "Lo sappiamo."

*~*~*~*~*

Sentiva che la stavano scortando lungo un interminabile corridoio. L'ultima cosa che Rinoa ricordava di aver visto erano i grossi mattoni grigi che formavano le mura della prigione; e poi l'avevano portata dentro una stanza scarsamente illuminata. Nella cella dove aveva sostato l'avevano bendata: riusciva a capire che non volevano che lei potesse vedere com'era configurata la Residenza. Poi una guardia l'aveva fatta camminare per il resto del tempo, trascinandola come fosse nulla più di un cane al guinzaglio. Alla fine, la fece entrare in una sala; il fumo di tabacco da pipa riempiva l'aria. Conosceva bene quell'odore, dopo tutti quegli anni in cui era cresciuta nella villa di suo padre. Un uomo la fece sedere di forza su una sedia, ordinandole di star lì senza fiatare.

La giovane strega cercò di reprimere un gemito quando l'uomo le strinse la mano vicino alla clavicola. La spalla le diede un sussulto nel profondo morso che le trafiggeva la carne, e sentì tutto il corpo dolerle per come aveva dovuto dormire la notte prima. La porta si chiuse alle sue spalle, e, per un momento di nirvana, Rinoa credette di essere sola. Sperò di essere sola. Ma poi, come lo strappo di una spada nella tela del tempo, avvertì la presenza di un'altra pugnalata per la sua solitudine. Tutti i sospetti vennero confermati quando il rumore di rotelle che scivolavano sul pavimento e lo stridio di una seggiola infransero l'aria.

Sentiva che qualcuno le stava sciogliendo la benda, qualcuno con mani che le davano una forte impressione di femminilità. Le dita la toccavano con una certa delicatezza, che gli uomini di solito non dimostravano. Un profumo di fiori le riempì i sensi e per un istante la portò di nuovo in mezzo al campo fiorito. Nell'oscurità, poteva immaginarsi di essere dovunque, e in quel momento non riusciva a immaginare un posto più tranquillo del loro prato.

Quando la barriera del tessuto si sollevò, le ci volle qualche secondo per mettere a fuoco la vista in quel forte contrasto. Guardandosi intorno, poteva dire di essere in un ufficio: il suo primo pensiero fu che fosse quello di Mitchell, finché non lo ebbe osservato meglio. Sapeva più di femminile, a parte l'odore di sigaro, ma allo stesso tempo aveva anche un'aria di professionalità. Sentì una mano carezzarle la testa, unghie lunghe che le scivolavano con gentilezza giù per i capelli. Somigliava tanto a quello che una madre avrebbe fatto per tranquillizzare il suo bambino. Seguendo la sensazione, alzò lo sguardo, per vedere un'alta donna dai capelli scuri che le sorrideva con indulgenza.

"E così saresti tu l'onnipotente strega, eh? A dir la verità, mi sembri un po' penosa."

"Come, scusi?" balbettò, cercando di capire con chi stesse parlando e perché, e quale parte del puzzle quella donna giocasse nella sua vita.

"E così saresti tu la grande Rinoa Heartilly... l'onnipotente Strega Heartilly. Quella che si è immischiata col Comandante del Garden di Balamb, figlio del presidente di Esthar?"

"Squall?"

La donna rise al suono di quel nome, e si appoggiò contro la scrivania, guardando Rinoa con disgusto. "Già, e chi altri... l'ho incontrato una volta, a me non è sembrato un granché, ma certo, se ti piace il tipo arrogante-egocentrico-bastardo..."

"Dove sono?" La voce della ragazza rispecchiava la confusione dei suoi pensieri. Strizzò gli occhi per mettere a fuoco la figura della donna di fronte a lei, e credette di notare una cosa... ma poi si chiese se non fossero stati solo i riflessi della luce.

La donna non rispose con molta tenerezza allo sguardo interrogativo della giovane strega. "Da parte dei cittadini di Deling City, ti do il benvenuto per i tuoi ultimi momenti su questa terra. Io sono Kimberley Thatch, il tuo rimpiazzo."

Quella frase la prese alla sprovvista, ma poi ricordò le parole che Mitchell le aveva detto prima. "Tu... tu sei quella a cui il Presidente vuole che passi i poteri?"

"Dio, me l'avevano detto che eri completamente deficiente." La donna dai capelli neri fissò irritata Rinoa. "No, io sono quella a cui saranno passati i tuoi poteri... c'è una certa differenza."

Visibilmente infuriata, la donna tornò dietro alla scrivania e tirò fuori una limetta. Emise un sospiro esasperato quando si accorse che Rinoa avevo lo sguardo fisso, e iniziò rabbiosamente a limarsi le unghie. Aveva indosso un vestito da sera color vinaccia, che si adattava con scioltezza alle sue curve e le sottolineava; era estremamente attraente e un'aura d'eleganza la circondava. Aveva i capelli scuri, molto simili a quelli di Rinoa, e c'era anche un'altra cosa... una cosa che risaltava più d'ogni altro tratto distintivo. Gli occhi di Rinoa non l'avevano ingannata poco prima...

"I tuoi capelli..."

La donna gettò spazientita la limetta sulla scrivania. "Sì, i miei capelli sono come erano i tuoi." Rimarcò la cosa indicando le due mechés più chiare che aveva su entrambi i lati della capigliatura. "Sai, signorina Heartilly, questa è in assoluto la cosa più bassa che io abbia mai fatto. Farmi due ciocche bionde... mi sembra di essere una battona da due soldi."

"Facciamo quel che ci tocca fare," disse Rinoa, aggiungendo una punta di malizia in quella frase. "Quindi stai facendo questo per ereditare i poteri, no?"

"Più o meno... gli uomini sono così ingenui, e il Presidente non fa eccezione. Lui ha visto in me solo quel che voleva vedere, mentre tu mi vedi un po' diversamente, no?"

"Come una puttana senza cuore?"

"Molto bene, Strega Heartilly, io imparo solo dal meglio che c'è." Kimberley si allungò a spostare a Rinoa i capelli dietro le orecchie. "Tu sei così giovane, sei stata così sconsiderata... avresti potuto diventare qualcuno, ma non era nel tuo destino. Per caso ti ricordi di me?"

Pensieri corsero nella mente di Rinoa, nel tentativo di trovare un posto alla donna che stava di fronte a lei. "Io... io... la festa a Deling, le foto..." Si sforzò immensamente di ripensare al passato, e poi quell'immagine apparve dal nulla. "Tu eri quella che mi chiese di fare uno scatto col presidente Mitchell alla festa... sei stata tu a mandare le foto a Squall."

"Esatto, e sono stata sempre io a scattare le foto di Jefferson e Lauren a letto insieme... che effetto ti fa sapere che il tuo fidanzatino non ti ha saputo distinguere in fotografia da una puttana presa a noleggio? Ti dice qualcosa, no?"

Voltò la testa per non rispondere alla domanda: nulla di ciò che avrebbe potuto dire sarebbe stato giusto. "Kimberley... il Presidente Mitchell non sa nulla di quello che stai progettando, vero?" La sua voce guadagnò una briciola di convinzione in più. "Tu stai pensando di tradirlo... non è così?"

E infine, Rinoa comprese una cosa... una cosa che adesso poteva costituire la sua unica salvezza. Questa donna non lo ama... e fa di tutto per diventare... me? Come ero una volta? Kimberley, Lauren... tutte e due somigliano a... Oh, mio Dio, la sua debolezza... sono io.

*~*~*~*~*

"Squall, mi senti? Squall rispondi..."

Zell sussurrava con energia nel microfono, ma la radio restava muta. Poi sentì che qualcuno gli dava uno schiaffo sulla nuca. "Ouch... Seifer, che diavolo?"

"Idiota, guarda che è in una stanza piena di gente. Silenzio radio vuol dire esattamente quello... silenzio e radio. Ti serve un dizionario?"

Zell alzò gli occhi al cielo, e avrebbe voluto ribattere con qualcosa di brillante, peccato che sapeva che Seifer aveva ragione. Ma comunque, il suo orgoglio non gli avrebbe mai permesso di ammetterlo al suo avversario. Lasciando andare la testa contro il muro, si accovacciò sul pavimento, sconfitto. "Squall, capisco che non puoi rispondere. Volevo solo farti sapere che siamo dentro la Residenza, ora. Abbiamo pure delle armi parecchio potenti, un regalino da parte di due guardie che adesso stanno assolvendo alla fondamentale funzione di farsi cacare addosso dai piccioni. Alex è riuscita a lanciargli addosso una magia Stop e... ouch!?"

Seifer si piegò a togliergli di mano il microfono. "Zell, lo so che muori dalla voglia di raccontare del piccolo successo della tua ragazza, ma lascia perdere la cronaca. Semplice, devi farla semplice... credimi, il Comandante sentirà solo metà di quello che gli dici. In testa ha una sola persona in questo momento, e quella non sei tu. Lezione numero uno... falla breve."

"Squall, qui Seifer. Siamo dentro, ancora niente campo anti-magia, stiamo andando al secondo piano -molto probabilmente lei sarà nel suo ufficio." Seifer udì dall'altra parte dell'apparecchio un colpo di tosse simulato: era il modo di Squall per dire che aveva ricevuto il messaggio. Furono tutti sollevati di sapere che l'auricolare nascosto nei gemelli della giacca del comandante era in funzione, e non era stato confiscato dalla sicurezza galbadiana. Seifer restituì la radio all'esperto di arti marziali, indirizzandogli una specie di sorriso rassicurante.

"Senti, Zell, lo so che non ti piaccio e ti do pure ragione. Maledizione, neanch'io mi piaccio molto, ma credimi quando ti dico che... voglio che riusciamo a uscirne fuori tutti - incluso te. Quindi, pensa quello che vuoi, ma non c'è nessun altro che vorrei a combattere accanto a me tranne voi, ragazzi."

Dietro di loro, Alexandra e Quistis si scambiarono un'occhiata, anche se era una situazione difficile per entrambe. In qualche modo, adesso tutti avevano fiducia l'uno nell'altro, non importava cosa fosse successo nel passato. I problemi personali erano stati messi da parte, e gli amici potevano combattere al fianco dei nemici per un fine più alto.

Conoscendo la storia dei due, Quistis non si aspettava nessuna risposta da Zell: sapeva bene che l'ostilità e le offese duravano da più di vent'anni. E così fu sorpresa, e veramente umiliata, di vedere che l'esperto di arti marziali aveva messo la mano sulla spalla di Seifer dicendo "Vale anche per me." Non era il momento più poetico del mondo, o uno che la storia avrebbe ricordato, ma per la prima volta vide due rivali di lunga data fare ammenda. Qualche volta, nella vita di Quistis Trepe, erano le piccole cose a darle la forza di andare avanti... la speranza, la fiducia, e il sapere che in quel momento, e altre volte ancora, il bene vince... anche quando ha un mucchio di carte contro.

"Ragazzi, credo che dobbiamo proprio andarcene di qui." Alex sbirciò dalla fessura di una porta e fuori vide il riflesso di acciaio e uniformi blu. Non osò dire un'altra parola, le figure si stavano avvicinando alla loro posizione. Indicò una porta dal lato opposto della stanza; era ovvio che non sarebbero usciti dalla stessa parte da cui erano entrati.

I quattro coprirono di corsa la distanza. All'aspetto, la stanza sembrava essere usata per l'insegnamento, visto che c'erano parecchi banchi e sedie sparsi in giro. Mentre si dirigevano verso l'uscita, Quistis notò un piccolo registratore. Ricordava che molti dei suoi studenti, negli anni passati, ne usavano uno per registrare le varie lezioni. Dopo averlo sorpassato, tornò invece indietro; verificò che avesse all'interno la cassetta e poi se lo mise in tasca. L'istruttrice non era sicura di cosa le avesse fatto notare il registratore, né perché avesse rischiato preziosi secondi per andarlo a prendere; eppure l'aveva attirata come una calamita. Tornò di corsa dagli altri, che stavano davanti alla porta.

"È chiusa." Zell additò la porta, amareggiato. "E adesso? Sembra che la nostra operazione di salvataggio non stia andando proprio come previsto."

"Guarda," replicò Quistis con calma. "Ti ricordi la piantina? A quanto diceva, c'é un'altra via per salire all'ufficio di Mitchell."

Seifer scosse la testa. "No, questa porta non era sulla pianta." Indicò dall'altra parte della stanza, verso un'altra uscita in un angolo. "C'era quella."

"E allora questa qui che diavolo è?" sbottò Zell. "Con la fortuna che mi ritrovo, ci scommetto che è il gabbiotto dei bidelli. Prima di pietrificare le prossime guardie, prendiamogli le uniformi, così potremmo girare un po' più liberamente. Credetemi, ha funzionato l'ultima volta, alla base missilistica."

"Grazie, gallinaccio, avremmo potuto usare il tuo suggerimento dieci minuti fa." Seifer si grattò la nuca squadrando Quistis e Zell. "Mi sono sempre chiesto come aveste fatto a procurarvi quelle uniformi... è stato proprio niente male."

Senza nemmeno guardarsi, i due SeeD risposero all'unisono "Selphie."

"Ah... ora capisco."

"Gente..." Alex tirò Seifer per la manica del cappotto. "Capisco che state di nuovo rievocando i vostri ricordi, ma dobbiamo muoverci. Penso stiano per entrare."

"State indietro," ordinò Seifer. "Datemi solo un secondo."

La porta esterna cominciò ad aprirsi lentamente, e dall'altra parte si sentivano delle voci. "Dai." Seifer forzò il lucchetto e spinse dentro gli altri tre; si assicurò che fossero al sicuro dall'altra parte della porta prima di seguirli.

"Impressionante." Quistis inarcò un sopracciglio mentre l'uomo la spingeva dentro la stanza buia. "Immagino che non mi piacerebbe sapere dove hai imparato quest'utile arte."

"Direi di no," rispose Seifer, richiudendosi la porta alle spalle. "Questo sembrerebbe un corridoio, su, andiamo... non credo che torneremo indietro da quella parte."

Dalla tasca del suo cappotto, Seifer tirò fuori una piccola torcia elettrica, e usò il cono di luce per guidare gli altri per il resto del passaggio. Nessun chiarore filtrava dalle crepe dei muri, e il corridoio sembrava scavato nella roccia, con supporti di legno per ulteriore protezione. Apparentemente, sembrava non essere stato attraversato da diverso tempo, visto che Quistis, che camminava davanti, toglieva di continuo ragnatele.

"Che cos'è questo?" chiese Alex, mentre stringeva forte il braccio di Zell. "Perché tenere un passaggio come questo nella Residenza?"

"Ce ne sono in tutta Deling," rispose Quistis, senza mai mettere il piede in fallo né rallentare nel percorso oscuro. Si avvicinò a Seifer e gli prese la mano, e lui continuò a rimuovere le tracce degli anni di abbandono. Avrebbe potuto anche lasciargli la mano, ma trovava una certa rassicurazione nella sua presenza. E, a dire la verità, il buio non le era mai piaciuto molto... non che avrebbe ammesso una simile debolezza ad anima viva. Eppure quel giorno stava incontrando una forza che non aveva mai conosciuto prima. "Quando la città fu costruita, all'inizio, fu su un labirinto di fognature e canali. I fondatori avevano progettato di installare un sistema di metropolitane dentro ai tunnel, ma durante la Prima Guerra della Strega i lavori si fermarono. Allora i passaggi vennero usati come rifugi contro i bombardamenti e per contrabbandare merci illegali. Non sono sicura di come facciano ad arrivare fin dentro ai singoli edifici, c'era un'entrata anche nella villa di Caraway. La mia ipotesi è che molte delle strutture più grandi siano collegate."

"Adesso rimangono solo come un complesso di catacombe, e parecchi dei vagabondi della città stanno in questi budelli. Per molti è il posto dove sono nati, dove vivono, e dove muoiono," aggiunse Seifer.

Si sentiva addosso gli occhi di Quistis, e per un attimo girò la torcia nella sua direzione, e gli occhi azzurri di lei scintillarono come quelli di un gatto nell'oscurità. "Sì, ho detto che ho passato del tempo sottoterra... e lo intendevo letteralmente. Che altro posto dove andare poteva esserci? Ma non ti preoccupare, questo posto non fa parte del solito tour. Immagino che la Residenza sia isolata dal resto della città. Mitchell non è stupido, e non lo era nemmeno Vinzer Deling, sapevano di questi passaggi. Quindi, da qualsiasi parte finiremo, sarà dentro la Residenza e..."

La frase restò a metà quando l'uomo inciampò in una serie di scale che portavano verso l'alto. Si scontrò con un tonfo contro l'inaspettata struttura, e fece cadere la torcia. Quando si piegò per raccoglierla si girò a illuminare dietro di sé, per vedere le facce sorprese dei suoi compagni. "Mi sa che avrei dovuto stare un po' più attento, eh?"

Scuotendo la testa, Alex sussultò per il violento contrasto della luce, e nascose il capo nella spalla di Zell. "Sapete, non so proprio come facciate a fare le cose. Sono cinque giorni che sto con dei SeeD, e mi chiedo come siate riusciti a passare gli allenamenti base."

Sentì il suo compagno irrigidirsi per quelle parole. "Ehi, Alex," replicò Zell, cercando di essere più sensibile che poteva. "Devi capirci... è questo quello che facciamo noi. So che a te sembra che stiamo solo a bisticciarci, e in certi momenti è anche così. Ma, stanne sicura, quando si arriva ai fatti... noi vinceremo. Sono due anni che non provo una sensazione simile. Anche se non mi piace Seifer, persino io devo ammettere che è un sollievo più che gradito tornare alle vecchie schermaglie."

Nell'oscurità, Quistis sentì un braccio forte che le circondava la vita. Si arrese alla sua debolezza, posando il capo contro la spalla di Seifer. "Alexandra, non hai nessun motivo per ascoltarmi, o per credermi. Ma nessuno di noi ha dimenticato la serietà di questa missione. Nemmeno per un istante ci sono passati di mente Mitchell e l'inferno in terra che Rinoa sta passando. Ti giuro che ce la riprenderemo."

I quattro continuarono in silenzio la strada, salendo la scala a chiocciola. Raggiunsero un pianerottolo e un'altra porta chiusa, e Seifer usò di nuovo la sua abilità nel forzare il lucchetto; ma con soltanto la piccola luce della torcia, l'operazione si faceva più difficile.

Armeggiò parecchio, finché finalmente non sentì il click dentro il lucchetto che cedeva. Seifer dischiuse la porta lentamente, controllando che non ci fossero guardie dall'altra parte. Quando fu sicuro che fosse tutto a posto, aprì la porta. Gli occhi spalancati, incredulo, le uniche parole che riuscì a mormorare furono "oh mio Dio..."

*****
Note delle traduttrici: capitolo betato da Alessia Heartilly. Vi prego, come per il capitolo precedente, non fate spoiler di nessun tipo nelle recensioni a questo capitolo, sempre per il solito discorso. Questo significa: per favore non fate nomi! Se non per rispetto degli altri lettori, almeno per rispetto di Ashbear che s'è fatta un mazzo tanto per scrivere questa storia e ottenere certi effetti sorpresa! Nel caso vedessi recensioni spoiler, le farei cancellare, lo dico subito^^
Vi ricordiamo la newsletter per avere la notifica via email degli aggiornamenti!
Citazione di apertura: da The Bivouac of the Dead, poema di Theodore O'Hara.
Nessun rumore di avanzamento del nemico
Si gonfia ora nel vento;
Nessun pensiero turbato perseguita la mezzanotte
Dei propri cari lasciati indietro;
Nessuna visione della battaglia di domani
Mette in allarme i sogni del guerriero;
Nessun corno sbraitante, nessun flauto urlante
All'alba chiamerà alle armi.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 37
*** XXXVII. Contrastare ***


That double-headed monster
of damnation and salvation -Time.

--Samuel Beckett

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ XXXVII. CONTRASTARE ~

Non importava quanto guardasse l'orologio, ogni minuto sembrava un'eternità. Ad ogni respiro, doveva ricordare a se stesso del semplice gesto di buttar fuori l'aria. Squall sapeva che distaccarsi emotivamente da questa missione sarebbe stato praticamente impossibile. In qualche modo, non sapeva più con sicurezza se fosse la colpa o la paura a consumargli l'anima. Guardò gli altri entrare nella stanza, gioviali e sorridenti. Non mancava l'eccitazione tra la stampa e gli altri membri del Consiglio, e nessuno provava nemmeno a nascondere il proprio entusiasmo.

Dietro di lui, sentì due voci maschili che discutevano se Caraway avrebbe o meno avuto l'audacia di farsi vedere all'esecuzione. Lui sperò sinceramente che ovunque fosse lo spirito di Caraway, fosse lontassimo da quel momento. L'opinione pubblica non sapeva nulla del suo brutale assassinio, e parlava ancora come se Caraway avesse commesso tradimento verso Galbadia.

Le persone che entravano nella stanza notarono il Comandante che sedeva da solo. Alcuni lo guardarono con disgusto, altri con shock, e pochi con compassione... e l'ultimo era il sentimento che odivava di più. Squall non voleva la compassione di nessuno... gli faceva venire la nausea. Ora capiva come si sentiva Rinoa ogni volta che sentiva la frase mi dispiace dalla sua bocca. Le parole erano vuote e senza significato, per lei, proprio come ogni sillaba che proveniva dalle bocche di questa gente lo era per lui.

Aspettare era la parte più difficile, sapendo che doveva star seduto lì... e attendere il suo momento. Sapeva che il suo ruolo era vitale, il semplice atto di distrarre Mitchell, e avrebbe fatto il suo lavoro. Anche se il suo ruolo non sarebbe stato quello dell'eroe, quel giorno, non gli interessava chi l'avrebbe fisicamente salvata... bastava che fosse salva. Qualunque cosa faceva era per lei, e che Dio lo impedisse, se lei fosse arrivata fino a quella stanza... non sarebbe stato seduto in ozio mentre uccidevano una persona innocente, anche se sarebbe significato morire lui stesso. Non l'avrebbe lasciata andare senza lottare...

Squall pensò di sentire scariche di elittricità statica nell'auricolare, ma svanirono prima che potesse stabilire se erano i suoi compagni. La ricezione era stata cristallina, prima, e immaginò che quelle scariche fossero una sorta di interferenza. Fece schioccare le dita come piccola distrazione, mentre gli occhi rimanevano fissi sul palco di fronte a lui.

Una piccola confusione attirò la sua attenzione, e vide una mezza dozzina di guardie che comparivano da una porta laterale. Da dietro gli uomini, apparve Lucifero in persona. Il Presidente Mitchell si fece strada tra i suoi soldati, mentre all'apparenza esaminava la folla con un certo disagio, una sensazione che il Comandante percepì con facilità. I loro occhi si incontrarono, come quelli di un leone e della sua preda. In quel momento, c'erano solo due nemici nella stanza, e Squall non aveva mai sentito un tale odio allo stato puro.

Mitchell iniziò ad avanzare. La sua rabbia era evidente, e scalciò una sedia pieghevole al lato. Quando il metallo finò a terra con un gran fracasso, tutte le persone presenti divennero coscienti dell'arrivo del Presidente. Applausi sparsi e acclamazioni divennero congratulazioni a tutti gli effetti. Jefferson Mitchell, sapendo che i più importanti politici lo stavano guardando, cambiò immediatamente espressione, come un camaleonte emotivo. Fece un gesto trionfale e sorrise alla folle, che gli stava dedicando una standing ovation. Tutti tranne una persona erano in piedi... non si sarebbe degradato ulteriormente a onorare quell'uomo, Squall sapeva chi era davvero.

E presto, anche il mondo intero l'avrebbe saputo...

Per un momento, si chiese se la barriera anti-magia era ancora disattiva. Avrebbe semplicemente potuto invocare Bahamut e usare una Megaflare su quell'intero posto, incenerendo la stanza e i suoi occupanti. Poi lo colpì... perché? Perché la barriera anti-magia non era attiva? Mitchell non era stupido abbastanza da non attivarla per errore, e qualcosa in quel fatto non tornava. Fissò trucemente e con sfida il Presidente mentre raggirava tutta la popolazione del mondo, con i suoi discorsi a doppio senso e le sue promesse vuote.

Momentaneamente, il Comandante perse il contatto visivo quando qualcuno passò tra lui e il palco. Aveva gioito del semplice fatto che prima nessuno aveva osato sederglisi accanto. Ora come ora, non era ancora dell'umore per conversare del più o del meno, e nemmeno per conversare, per quel che valeva. Fortunatamente, la persona rimase in silenzio, sedendoglisi accanto, e Squall non diede segno di notare la presenza dell'uomo.

"...san...i...Ri...mo..."

Questa volta riuscì a cogliere la voce di Zell, e decifrò anche il tono d'allarme della sua voce - qualcosa non andava per il verso giusto. Sentì una sensazione sgradevole e nauseante entrargli in corpo; doveva uscire di lì... subito. Magia, poteva davvero usare le sue magie? Non poté evitare di preoccuparsi della barriera anti-magia, e continuò a cercare di pensare a una ragione logica per cui non fosse attiva. Il Comandante si premette l'auricolare, mentre esaminava le uscite. Sembravano esserci guardie ad ogni porta, ed ognuna lo teneva d'occhio.

"...non sarà pubblica...trasferimento dei poteri...barriera."

Questa volta la parole arrivarono con più chiarezza, e allora capì. Ovvio, non potevano avere la barriera anti-magia attiva quando trasferiva i poteri. Non avevano intenzione di ucciderla in pubblica, quella era solo una tattica... sarebbe stato troppo pericoloso. In questo modo, in un ambiente ristretto, potevano controllare le sue azioni e a chi avrebbe passato i poteri. In questo ambiente, invece, avrebbe potuto passarli a una donna qualsiasi. Galbadia non aveva mai avuto l'intenzione di trasmettere in diretta... volevano uccidere Rinoa ancora prima che raggiungesse quella stanza.

Squall sapeva che lei aveva i minuti contati, e molti meno di quanto lui pensasse, se già non era troppo tardi. Doveva uscire da lì, doveva andare a cercarla... e ora era seriamente in minoranza. Dal tono del messaggio di Zell, non era in posizione utile ad aiutarlo. Chiuse gli occhi all'ennesimo fallimento, alla sua incapacità di prevedere questa mossa. Ora desiderò di aver marciato lì con un esercito di SeeD, ma a che costo... la loro vita o quella di lei? Non importava da che prospettiva guardasse la situazione, Squall Leonhart avrebbe fallito di nuovo.

"...Esthar?"

Udì la voce di Quistis stavolta che echeggiava nel suo auricolare, ma immaginò di aver frainteso il grido. Almeno fino a che un'esplosione scosse la stanza, e una nube di fumo bianco entrò dalle porte a sud. Lui si alzò velocemente, mentre tutti nella stanza iniziavano a urlare per il panico. Sentì qualcuno che lo afferrava per la spalla, e spinse via la mano con forza. Di nuovo, qualcuno cercò di avere la sua attenzione, e, frustrato, Squall si voltò con rabbia verso la sorgente della sua irritazione.

"Stai dan-" Fu scioccato quando vide con chi aveva a che fare, mentre l'uomo di allungava una maschera antigas. Senza esitare, si coprì il viso e l'altra persona fece altrettanto. Entrambi si inginocchiarono, evitando di essere scoperti. Quando le guardie lasciarono le loro postazione, l'uomo tirò la manica di Squall indicando la porta a nord.

Voleva dire qualcosa, voleva ringraziarlo, ma invece il Comandante si limitò ad annuire,e poi iniziò a strisciare nella stanza piena di fumo. Come se ci avesse pensato in un secondo momento, si voltò verso l'uomo, le parole che rimbombavano nella cavità della maschera.

"Ward, ringrazia mio padre da parte mia."

*~*~*~*~*

Quando entrarono nella stanza, non c'erano parole che potessero esprimere lo shock chiarissimo che ognuno sentiva. Quattro compagni rimasero di sasso, inorriditi, alla vista del memoriale in cui erano capitati. La stanza era appena illuminata da luci nascoste puntate su una sorta di altare, su cui era drappeggiato un panno di velluto dello scarlatto più scuro. La stanza, dal pavimento al soffitto, conteneva fotografie di vari stadi della vita di Rinoa Heartilly... alcuni con la madre, alcuni di lei adolescente, e gli ultimi con Squall.

Articoli di giornale incorniciati erano allineati nei muri laterali, mentre il muro frontale sembrava contenere svariati dipinti e schizzi. Un largo dipinto ad olio di Rinoa era appeso nel mezzo, e ai suoi lati c'erano rose bianche fresche... che incorniciavano il quadro nel modo tipico delle veglie funebri.

"Sai, Quistis, quando ho scherzato quella volta su Squall che avevaun santuario per Rinoa, stavo solo scherzando, appunto. Questo è..." Seifer si perse dietro alle sue stesse parole, mentre l'incredibile realtà di quell'ossessione diventava sempre più chiara.

"Scioccante," sussurrò l'insegnante, una certa freddezza contenuta nella voce.

"Sì, per dirne una," replicò Zell, ancora ovviamente scioccato. "Ne posso pensare altre... psicotico, ossessivo, demente, e semplicemente... da pazzo."

Seifer si avvicinò all'altare, dove giaceva una perfetta replica del Lionheart, posata in un contenitore intarsiato. Fece scorrere un dito sull'impugnatura del gunblade, controllando la qualità della fattura. Non riusciva a crederci, ma sembrava che fosse una copia dettagliata anche nella sua capacità di sparare cinque proiettili. Gettò un'occhiata ai lati dell'arma, e vide una serie di immagini di Squall e Rinoa. All'apparenza, sembrava che fossero state scattate prima che lei diventasse latitante, durante i suoi tre anni di permanenza al Garden. La testa del Comandante era stata tagliata via in alcune immagini e cancellata in altre. Segni di unghie avevano lasciato graffi bianchi sulle fotografie, sembrando quasi i segni delle fauci di una bestia... ma non un segno rovinava l'immagine di Rinoa.

Dall'altro lato delritratto principale c'erano due tavolini, ognuno drappeggiato nello steso velluto dell'altare. Sul fondo erano posizionate delle candele, e sul davanti c'erano moltissimi oggetti ricordo. Seifer si allungò a prendere un delicato calice per il vino, e sul bordo c'era l'impronta chiara di una tonalità scusa di rossetto. Fece girare il bicchiere, guardando attraverso il vetro chiaro la stanza, che ne risultava distorta. Cercando di immaginare quanto davvero squilibrato fosse il Presidente, Seifer capì che per due decenni la follia di Mitchell era rimasta nascosta nell'ombra della sanità mentale... tutto per il potere. Rimettendo a posto il calice, si abbassò verso il tavolino per esaminare gli altri suoi oggetti illeciti. La collezione conteneva più di quanto un essere umano avrebbe considerato sano conservare: una fotocopia del certificato di nascita, ciocche di capelli tagliati, biancheria intima, fiori secchi, e centinaia di altri oggetti trafugati.

Quistis si strinse tra le braccia, mentre un brivido freddo le correva lungo la schiena. C'era qualcosa di così sadico in quel posto che le dava la pelle d'oca. Raccolse abbastanza forza da avvicinarsi ad osservare una parte del muro. Fissò quello che sembrava il primo gruppo di foto; contenevano molte immagini di Rinoa neonata e bambina. C'erano foto di Julia che lasciava l'ospedale, fino ad arrivare a foto di madre e figlia che giocavano con un aquilone al parco, tutte cose quotidiane... tutte impresse sulla pellicola. Ora formavano il murale demente di un pazzo, che pagava il suo tributo ad ogni rito di passaggio della vita di Rinoa.

"Quindi... ora appiamo che sente qualcosina per Rinoa," disse Seifer sarcastico, cercando di nascondere quanto realmente si sentisse a disagio.

Muovendosi nella stanza scura, Alex esaminò velocemente i diversi gruppi di foto che finivano nella sezione più recente. Tutte erano state scattate dopo il ritorno di Rinoa e Allison al Garden... incluse alcune di Rinoa a Deling. Molti fermo-immagine delle immagini di videosorveglianza erano stati stampati, dato che tutte le date stampate sul lato più basso rientravano nelle dodici ore precedenti. Le più recenti contenevano immagini di lei che dormiva sul pavimento di una prigione, e una serie in cui Mitchell si imponeva a lei con la forza... baciandola sulla bocca e mettendo le mani in posti troppo personali. Alexandra poteva capire che non era affatto per scelta di Rinoa: il panico e la confusione nell'espressione della sua amica diceva tutto. Era contenta di vedere che non c'erano altre immagine a ritrarre qualcosa di molto più intimo... ma anche queste erano abbastanza spettrali. Era solo felice che Squall non fosse lì a vederle...

Fece alcuni passi avanti, esaminando il blocco successivo. Queste erano state scattate al Garden di Balamb, con numerose fotografie di Allison e di Rinoa che la stringeva forte a sé. Ripensandoci, Alex immaginò che Lauren avesse avuto più di un'opportunità per fare foto senza che nessuno lo considerasse strano. Quella su cui i suoi occhi si fissarono era un primo piano di Allison che sorrideva innocente alla macchina fotografica. Doveva essere stata fatta poco prima dell'attacco di Mitchell, e della conseguente cattura della sua cara strega.

Alexandra chiuse gli occhi per il senso di colpa, ricordando di come lei e Zell avevano lasciato la piccola con Lauren, sentendosi stupida per essere caduta in un tale tranello. Se avessero semplicemente portato Allison all'ufficio due giorni prima, Rinoa non sarebbe mai stata costretta a prendere una decisione simile... questo non sarebbe mai successo. Voleva distogliere lo sguardo, ma il dolore era travolgente e poteva solo focalizzarsi su un dettaglio... Gli occhi di Allison la stavano fissando, gli occhi che l'avrebbero perseguitata per sempre se Rinoa non fosse sopravvisuta. Alex alla fine dovette distogliere lo sguardo, mettendosi la testa tra le mani. E mentre l'oscurità prendeva il sopravvento... l'immagine di quegli occhi era tutto ciò che poteva vedere...

"Alex, vedi di usare quello specchio psicologico... dicci come un cinquantenne diventa ossessionato da un ventiduenne... fin dalla nascita?"

Il suono della voce di Zell la costrinse ad affrontare il nascondiglio in cui si trovava. Guardandolo, notò che teneva in mano un disegno disegnato da una bambina di una barca che navigava nell'oceano. Quando lo girò, la sua espressione mostrò una mancanza di sorpresa alla vista di un certo nome scritto sul retro.

"È di Rinoa, la data è di diciassette anni fa."

Alexandra ci pensò un momento, e poi tornò al primo gruppo di foto, quelle più vecchie. E poi capì...

"Perché," rispose Alexandra, mentre guardava il gruppo di foto dell'ospedale. "La bambina non è il punto focale di queste fotografie. Non era Rinoa all'inizio... era sua madre." Indicò le fotografie, enfatizzando il fatto che era Julia la figura centrale in tutte. "Il Colonnello Caraway non compare mai. La sua ossessione è iniziata con Julia... e si è trasferita su Rinoa dopo la sua morte. Il fatto che sia una strega non è la ragione per cui la vuole... quello è solo una scusa conveniente."

Seifer digerì l'idea, perché in una qualche maniera patetica quella teoria aveva senso. Se non puoi avere la madre, ti prendi la figlia... l'ossessione era semplicemente cresciuta oltre tutti i limiti della razionalità. "Quindi questo cosa significa?" Prese una foto incorniciata di Squall e Rinoa, e notò che Mitchell aveva tagliato via la propria testa da un'altra foto, e l'aveva incollata su quella del Comandante. Rinoa indossava un abito da sera con paillettes, e la figura male assortita accanto a lei indossava un'uniforme SeeD... con la testa di Jefferson Mitchell. Mostrando la bizzarra fotografia a Quistis commentò, "questo non è proprio... giusto."

"No... questo va oltre l'essere sbagliato. Ma è una debolezza, e potrebbe essere un modo per distrarlo." Quistis prese la cornice dalle mani di Seifer, posandola a faccia in giù su uno dei tavoli.

"Squall aveva ragione su una cosa: l'attacco non era per uccidere Rinoa due anni fa... era per uccidere... Squall." Zell sollevò una lettera scritta a mano per mostrarla all'insegnante: sottolineava alcuni dettagli dell'attacco, e poi le parole muori Leonhart riempivano il resto della pagina.

"Ma poi, quando Rinoa è scappata, Squall gli serviva vivo. Lui poteva essere l'unico modo per farla uscire dal nascondiglio." Quistis si nascose gli occhi mentre le parole le uscivano dalla bocca. Frugò tra alcune foto sul tavolo, arrivando ad una scattata nel giorno del suo matrimonio. Il Presidente Mitchell c'era, aveva fatto fotografie di lei e Squall di fronte ai pochi invitati. Soffocò un singhiozzo quando vide la fotografia. "Oh Hyne... cos'ho fatto?"

Seifer gliela prese dalle mani, rimettendola nel mezzo del gruppo di immagini. "Beh, ora come ora direi che, se non altro... hai fatto guadagnare a Squall un po' di tempo. Solo non pensarci adesso, prendiamo Rinoa e andiamocene da questo dannato posto."

"Quindi se lui non può averla, nessun altro può." Alex guardò fisso il largo ritratto al centro della stanza. "Sa che lei non lo amerà mai... quindi ucciderla è un modo per vendicarsi del dolore, sarà un piacere sadico per lui vederla soffrire. Il potere di controllare una strega sarà un beneficio marginale della sua ossessione."

"Quindi," chiese Zell, confuso. "Vuole Rinoa o Julia?"

"Entrambe... le differenze sono sfumate molto tempo fa, per lui, quindi nella sua mente sono la stessa persona. È iniziato con la madre, ma poi si è trasferito sulla figlia... se devo indovinare, dal suo livello di psicosi, non saprebbe riconoscere l'una dall'altra, se glielo si chiedesse direttamente. Ma se può ancora fare differenze tra madre e figlia, dato che la sua fissazione è iniziata con Julia, lei potrebbe avere l'influenza più forte su di lui."

"Oh mio Dio." Quistis aveva in mano un foglio di carta e lo esaminava attentamente. "Se leggo correttamente questi appunto, è un riassunto di come trasferire i poteri. Stando a questo foglio Mitchell sta pianificando di ucciderla nel suo ufficio."

"Aspetta, uno dei tecnici ha sistemato una telecamera in un altro posto, quando siamo arrivato. Ho frainteso io, ho pensato che avrebbe parlato alla nazione da lì dopo la cerimonia..."

Seifer guardò il gruppo, rendendosi conto di tutto. "No, la uccideranno là... e faranno un video da trasmettere dopo. Ecco perché la barriera magica non è attiva adesso... non possono farle trasferire i poteri se è attiva. Mitchell non rischierà ad ucciderla in pubblico... se quello che dice Alex è vero, vorrà che sia una cosa intima... le sue visioni di passione non sono chiare... sarà lui, Rinoa, e chiunque debba ereditare i poteri. È la suprema forma di controllo... uccidere la sua ossessione; è sia vendetta che piacere, per lui. Zell, prendi la radio e dì a Squall cos'abbiamo scoperto... ora."

"Comandante, abbiamo trovato una specie di santuario di Mitchell per Rinoa, morirà prima del previsto... corri al suo ufficio! Esci da lì subito, non c'è tempo!"

"Ragazzi, non riesco a prendere il segnale chiaro... penso che ci sia una specie di interferenza da qui. Non ho idea se ha ricevuto qualcosa; dall'altra parte è tutto silenzioso."

"Aspetta un secondo e riprova. Zell, solo stai calmo," rispose Seifer, mentre studiava la carta con gli appunti scarabocchiati. "Ma perché i cattivi sottolineano sempre i loro piani?"

"Perché a loro piace pensare di essere invincibili... pensano di poter fregare tutti con la loro intelligenza... è quel tipo di emozione, quell'orgoglio che di solito li fa catturare."

"Grazie Alex, anche se era una domanda retorica... Zell, riprova.

"Comandante, l'esecuzione non sarà pubblica; trasferiranno i suoi poteri prima di attivare la barriera anti-magia. Per favore, Squall... per favore, ricevi il messaggio."

Quando Zell terminò la breve trasmissione, si sentì una certa confusione dall'esterno della seconda uscita.

"Dobbiamo andarcene da qui; Rinoa potrebbe non avere più molto tempo. Credo che sull'altro lato ci sia l'ufficio di Mitchell o la sua stanza da letto... vorrà essere vicino al suo tempio." Alex accennò col capo alla porta visibile. Quella da cui erano entrati era nascosta dalle fotografie, così come molti passaggi segreti erano nascosti agli estranei. Mitchell aveva nascosto molto bene la porta con le fotografie, così che per gli occhi non fosse altro che un muro coperto da un altare indecoroso.

"Beh, io dico di correre a tutta birra e vedere cosa c'è dietro la porta numero due." Il commento di Seifer risultò più entusiatico di quanto avesse voluto.

"No," disse Quistis, più logica della sua controparte. "Se lo facciamo rischiamo di essere catturati tutti. Io dico di dividerci in due gruppi."

Alex si mosse verso la porta visibile, posando il palmo della mano sul legno freddo. Una sensazione di taglio profondo le corse nell'addome, e si strinse veloce lo stomaco. La sua vista si offuscò per un momento mentre un'immagine flash di Rinoa le entrava in mente. "Non importa; lei non è qui... non ancora." Gli altri si voltarono a guardarla con espressioni di completa confusione.

"E da quando c'è la visione a raggi x tra le tue uniche, ma spaventose, abilità?" chiese Seifer, alzando un sopracciglio verso di lei.

"Non chiedermelo, posso solo sentire che lei qui non c'è ancora... chiamala un'intuizione. Ci sarà, però... è questione di tempo." Tolse la mano dal suo stomaco, abbassando gli occhi allo stesso tempo, e per un momento pensò di avere la mano coperta di sangue gocciolante. Quando sbatté le palpebre l'allucinazione svanì rapidamente, e il palmo non aveva macchie. Fu percorsa da un brivido, mentre pregava Hyne che quello non fosse un presentimento, ma non riusciva a scuotersi di dosso quella consapevolezza.

Prima che Alex avesse il tempo di riflettere ancora sull'incidente, sentì una fitta che cominciava a irradiarsi lentamente dalla nuca. Cadde sulle ginocchia mentre il dolore si diffondeva a tutta la testa. Zell corse da lei, posandole le mani sulla schiena per darle supporto, la scena sembrava familiare in modo innaturale... ma quella sarebbe stata una cosa impossibile. A differenza dei loro incontri nel passato, Alexandra rimase cosciente durante ciò che sembrava anche troppo familiare. Togliendosi le mani dalle tempie, disse una sola parola: "Esthar". Il tono sembrava quasi non umano, non della sua voce. Si guardò intorno per un secondo prima di riprendersi, e poi ripeté la parola con più urgenza nella voce.

"Eh?" Zell la guardò preoccupata, mentre la aiutava a rialzarsi. "Alex, che stai dicendo?"

Prima che lei potesse chiarire, una forte esplosione scosse il palazzo fin nelle fondamenta. POtevano udire grida soffocate che provenivano dal corridoio, e quello che sembrava il ruggito basso del motore di un jet che volava sopra la residenza presidenziale. "Esthar sta attaccando; dobbiamo uscire di qui subito!" Inciampò verso l'ingresso nascosto, non quello che portava alla stanza che supponevano fosse l'ufficio di Mitchell. "Informa Squall che è Esthar, sono qui per aiutarci."

Quistis afferrà la radio dalla cintura di Zell, mentre lui continuava ad aiutare Alexandra a raggiungere l'uscita. "Squall... è Esthar! Ripeto, c'è Esthar!"

Riuscirono ad uscire, chiudendo attentamente la porta prima che qualcuno potesse accorgersi della loro presenza. Mentre stavano nella stanza completamente buia dall'altro lato, le grida all'interno del palazzo venivano quasi completamente soffocate dalle mura, e l'aria ferma di molti anni riempì i loro sensi.

"Ha ricevuto?" chiese Seifer, posando un braccio intorno alla vita di Quistis e attirandola stretta a sé.

"Non lo so... perché siamo tornati dentro qui?" Tenne gli occhi aperti, anche se non faceva davvero differenza in quell'abisso, e guardò nella direzione in cui credeva di poter trovare l'altra coppia.

"Perché saranno dentro là presto." Il sussurro di Alexandra penetrò l'oscurità.

"Sei andata nel passato?" chiese Zell, ancora sostenendola quasi completamente.

"...No, ho visto il futuro."

"Uhm... Ellione non può farlo."

"Adesso può." Sentì che Alex tremava alla sua frase, c'era qualcosa che stava tenendo per sé. Poteva percepirlo.

*~*~*~*~*

"E a te che importa, Rinoa, di quel che faccio? Posso tradire chiunque o qualunque cosa voglia... tu sarai morta da un pezzo," ribatté con disprezzo la donna furiosa davanti a lei. "Il che mi ricorda che è proprio ora che andiamo all'ufficio di Mitchell. Pensa che questa è l'ultima occasione per te di vedere... beh, qualsiasi cosa."

Rinoa si risvegliò dalla sua trance mentre la donna più anziana parlava, i loro occhi castani tutti presi in un intenso gioco di gatto e topo. "Che vuoi dire? Pensavo che sarebbe stata trasmessa in diretta? Così che i buoni cittadini di Deling, e del mondo, potessero avere l'immensa soddisfazione di vedermi soffrire per mano del Presidente?"

"Purtroppo no... oh, non preoccuparti, non li priveremo della soddisfazione; semplicemente non sarà in diretta. Ma guardare una registrazione può essere altrettanto gratificante, no?"

"Sì, certo... non volete correre il rischio di uccidermi in publlico, vero... qualcuno ha forse paura?"

"Mai!" Kimberley colpì la scrivania con la mano, e il suono riecheggiò cupo nella stanza. "Noi non abbiamo paura di niente... io non ho paura di niente, soprattutto di una cosa così pietosa come te."

"Non ho mai che sono io quella di cui avete paura," rispose Rinoa scaltra, ma dritta al sodo.

La donna più anziana non ebbe mai modo di rispondere, mentre un'esplosione scuoteva il livello più basso, mandando un tremito in tutto l'edificio. Kimberley assicurò velocemente le manette ai polsi di Rinoa, cercando di non mostrare segni esteriori di paura. "Non pensarci nemmeno, cara... è solo precauzione. Le iniezioni dovrebbero inibire le tue capacità magiche, ma ci piace essere cauti. Un po' di sicurezza in più non ha mai fatto male a nessuno."

Due guardie entrarono veloci nella stanza, posizionandosi ai lati della porta. "Siamo sotto attacco e abbiamo ordine di portare la strega su nelle camere immediatamente, così che il trasferimento possa aver luogo."

"Dannazione a tutto!" Kimberley tirò Rinoa per la spalla tenera; sembrava che prendesse una sorta di piacere demente nel vedere la ragazza soffrire. Uscì al comando, chiaramente stizzita dalla guardie, comportandosi come se fossero state loro le responsbaili del cmabio di piano. Loro la seguirono velocemente nel corridoio principali, ma sempre alcuni passi indietro.

"Non ditemi che dietro tutto questo c'è il fottuto Leonhart e la SeeD?" domandò, senza smettere di camminare e trascinando il suo ostaggio a passo rapido.

"I rapporti iniziali indicano che Esthar è repsonsabile dell'attacco."

"Esthar? Quali menti geniali non hanno considerato che avrebbero attaccato per primi? Cosa fate voialtri tutto il giorno, pianificare strategie e posisbilità di contrattacco, o vi infilate le mani su per il culo?"

"Il Presidente Mitchell non ha mai immaginato che Esthar avrebbe rischiato di rimanere coinvolta. È un suicidio politico."

"Questa nazione è governata da imbecilli," sbottò Kimberley mentre imboccavano una scala a chiocciola.

Quando arrivarono al secondo piano, si trovarono in un corridoio più piccolo che sfociava poi in un passaggio più grande. Guardie correvano in ogni direzione, e numerosi ufficiali in uniforme si fermarono solo per fissare la strega che veniva scortata e portata via. Anche durante un attacco, dovevano per forza guardare... era come andare a un incidente d'auto, con Rinoa come vittima. In distanza, la prigioniera vide uno specchio posizionato alla fine del corridoio. In un modo o nell'altro, in tutta quella confusione, il suo riflesso sembrò chiamarla. Mentre si avvicinavano, continuò a ignorare tutto il rumore intorno a lei, gli occhi fissi solo sulla propria immagine.

Kimberly tirò fuori una chiave e aprì una porta lì accanto. Quando si aprì, trascinò la sua prigioniera nella stanza. Ma prima di essere condotta nella stanza, Rinoa avrebbe potuto giurare che l'immagine nello specchio si era trasformata nell'aspetto di un'altra persona. Inizialmente, pensò che fosse un effetto collaterale della droga che aveva in corpo, ma non poteva scuotersi di dosso la sensazione... la sensazione di vedere i morti camminare. L'immagine nello specchio non era la sua negli ultimi secondi; era Ellione...

*~*~*~*~*

Riuscì ad uscire dall'area riservata agli invitati, mentre il fumo continuava a diffondersi attraverso il sistema di ventilazione. Squall sapeva che era una specie di gas lacrimogeno, e che l'effetto sarebbe stato totalmente innocuo per tutti gli innocenti all'interno del Palazzo. Anche se, fatta eccezione per i suoi amici, non era sicuro di quanto potessero essere innocenti le persone in quel palazzo.

Nubi sparse di fumo nell'ingresso gli ricordarono vagamente le mattine nebbiose della sua giovinezza. Quante volte aveva guardato le pianure di Balamb, solo per essere salutato dalla nebbia familiare che saliva dall'oceano. Ora come ora, poteva sentire gente che urlava e correva tutt'intorno, eppure nessuno sembrava notarlo mentre passava. Pensò che fosse strano, ma date le circostanze, non aveva tempo di preoccuparsi di cosa stessero facendo - solo di cosa erano. Era solo grato di quel piccolo miracolo; forse qualcosa sarebbe andato per il verso giusto... Diamine, sarebbe stato chiedere troppo.

Si diresse verso dove sapeva esserci una scala, ma quando svoltò l'angolo non c'era. Nella confusione, doveva aver sbagliato corridoio, e si maledisse tra sé e sé... non aveva certo fortuna. Mentre stava per tornare sui propri passi, vide una figura scura in distanza. Quando si avvicinò, notò una certa familiarità nella persona, anche se non riusciva a stabilire chi fosse. Guardando l'essere che si muoveva senza problema, non si rese nemmeno conto del momento in cui le gambe cominciarono a correre verso di lui. Tutto era confuso nella sua mente; non sapeva nemmeno quale parte della sua coscienza stesse controllando le sue azioni. La figura sembrava quasi svanire nel fumo, e in altri momenti sembrava quasi trasparente.

"Aspetta!" gridò forte, anche se con la maschera il tentativo era molto più che inutile. Svoltò in un altro angolo, e per un momento si fermò, raggelato. Il gas doveva essere penetrato nella maschera e avergli dato le allucinazioni.

Questa era l'unica spiegazione logica.

"Ellione?" boccheggiò il Comandante, insicuro del suo respiro. "No, no... non può essere." I loro occhi si incontrarono per un secondo brevissimo, e il suo cuore ne fu sicuro. L'apparizione sembrava indebolirsi man mano che lui si avvicinava, ma poteva vedere che era entrata in una stanza vicina. Corse, seguendo i suoi passi, senza più contare sulle sue capacità di ragionare. Aprendo la porta, non fu scioccato nel vedere che lei non c'era... qualuno era lì; solo non chi sperava ci fosse. Invece, un soldato galbadiano solo era appoaggiato al muro, e sembrava spaventato dall'aprirsi della porta.

"Merda," borbottò realizzando di non avere con sé un'arma. Andava di male in peggio... Prima di aver tempo di reagire, o uscirsene con un piano dell'ultimo momento, venne più che scosso dal soldato che lo identificò per nome.

"Squall?"

Avvicinandosi un po', cercò di focalizzare l'attenzione sull'uomo in uniforme. Il gas dell'attacco gli aveva colpito gli occhi, confondendogli la visuale per un momento... gas e l'emozione che il Comandante aveva sentito quando aveva seguito la sua immaginazione nella stanza.

"Chi va là?" La voce suonò cupa e apprensiva attraverso la maschera. L'uomo si tolse l'elmetto, ma tenne la maschera protettiva che gli copriva naso e bocca. "Kiros?"

"Bello vedere che sei arrivato fin qui," disse l'uomo con sincerità. "Laguna ne sarà felice."

"Sì, ma sarà tutto inutile se non la salvo." Squall si avvicinò all'assistente di suo padre, un'improvvisa paura addosso. "Dimmi che Laguna non è qui... per favore."

L'uomo più anziano vide una sfumatura di compassione dalla persona che gli stava facendo domande. In tutti quelli anni in cui aveva conosciuto Squall, non l'aveva mai visto mostrare preoccupazione per il benessere di suo padre. Era uno strano conforto per Kiros vivere quel momento; quei molti anni che arrivavano alla loro drammatica conclusione in un'unica frase. Forse, solo forse... Laguna aveva finalmente fatto qualcosa che suo figlio avrebbe accettato...

"No, Squall, non è venuto. Non fraintendere, voleva farlo più di quanto tu possa immaginare. Ma sapeva che se tu non ce l'avessi fatta... beh, ti aveva fatto una promessa. E per Dio, l'avrebbe mantenuta."

Squall capì.

Semplicemente così: capì. Aveva affrontato la stessa situazione, ma non era riuscito a mantenere la sua promessa a Rinoa. Doveva seguirla, doveva provare. Il semplice atto di rimanere ad Esthar fece più per Laguna che ventidue anni di rimorso, più di cinque anni passati a cercare di mettere a posto le cose tra loro.

"Se succede qualcosa a me, a Rinoa... per favore, assicurati che Allison... assicurati che Allison cresca amata e al sicuro."

"Lo farò Squall, te lo prometto."

Laguna Loire aveva promesso qualcosa a suo figlio, e lo intendeva davvero. Per la prima volta, Squall Leonhart fu felice di avere quell'uomo come padre.

"Squall, ascolta, voleva davvero..."

"Lo so," interruppe il Comandante, sapendo che l'amico aveva frainteso il suo silenzio. "Kiros, lo so."

Cogliendo un movimento con la coda dell'occhio, Squall distolse lo sguardo. Giurò di aver visto qualcosa... qualcosa che non era certo desideroso di ammettere con qualcuno di aver visto, nemmeno a se stesso. Indicò una porta, la direzione in cui era avvenuto il movimento che aveva attirato la sua attenzione.

"Che c'è dietro quella porta?"

"Non lo so, Squall; non appare sulle nostre mappe e non può essere molto importante. Quest'area è usata per il briefing quotidiano della sicurezza del Palazzo. Sono venuto qui solo per scappare dalla confusione là fuori. Mi serviva un momento per pensare e contattare gli altri. Può sembrare che Esthar abbia mandato un grosso gruppo di soldati, ma in realtà è solo una serie di esplosioni accuratamente pianificate nei tempi. Molte delle nostre unità sono fuori; di fatto, questa gente insegue fantasmi."

"Cosa?" Il tono era più duro di quanto Squall avesse voluto, ma dopo gli ultimi minuti... nulla era come sembrava.

"Abbiamo solo avuto il tempo di raccogliere qualche aereo e qualche risorsa. Esthar non era preparata per un attacco su larga scala... e nemmeno volevamo rischiarci la vita."

"Mi dispiace, lo so... grazie."

Squall si mosse verso la porta e Kiros lo seguì. Il Comandante la aprì e guardò il corridoio buio. C'era una certa immobilità nell'aria, e sentì un brivido familiare che gli percorreva il corpo.

"Hai una torcia?"

Kiros gli passò l'elmetto che teneva in mano. "I galbadiani se non altro sono efficienti. C'è una torcia incorporata nell'uniforme."

Squall prese l'elmetto, premendo una piccola leva sulla sinistra. Kiros aveva ragione, quella era un'idea intelligente... un punto per Mitchell. Fece un piccolo chiarore, non luminoso come quello dell'elmetto di un minatore, ma seguiva lo stesso principio di base. In tutti quegli anni di viaggi a Deling, quel piccolo dettaglio della loro uniforme gli era sfuggito.

"Io vado dentro." La frase del Comandante non era una richiesta, non era una domanda: era una certezza. Qualcosa lo guidava lungo quel passaggio, e ora come ora chi era lui per mettere in discussione tutte le cose successe negli ultimi giorni? Cose che non sapeva spiegare, cose che aveva lasciato al fato o al destino... o a chiunque ne avesse il controllo.

"Kiros, tu vieni?"

"No, devo tornare indietro. Tieni l'elmetto, Squall... io correrò i miei rischi."

"Grazie." Una breve pausa passò tra i due, ma nessuna altra formalità nell'addio... Squall odiava gli addii, e non aveva intenzione di affrontare la possibilità molto reale che questa potesse essere la fine... per uno o per entrambi. Negli ultimi due giorni, aveva detto abbastanza addii da durare per la vita... o oltre.

*~*~*~*~*

"Quanto tempo dobbiamo stare qui?" chiese Seifer in tono irritato. "Non è questa la mia idea di 'salvare Rinoa'... in più giuro che c'è un ragno che mi corre addosso. Lo sento che mi fissa con i suoi occhietti tondi... tutte le sue centinaia di occhietti."

"Presto," rispose Alexandra. "Sarò qui presto."

"Chi... Mitchell?" chiese Zell, chiedendosi esattamente perché stessero aspettando così tanto.

Una luce improvvisamente tagliò l'oscurità come un coltello, e tutti sobbalzarono per l'appresione, tranne Alex. "No, lui."

"Per amore di Diablo, chi è lui?" domandò Seifer mentre sia lui che Quistis alzavano l'arma nel buio verso la sorgente di luce.

"Squall?" chiamò Alex nell'oscurità, la voce non proprio un grido, ma ben più alta di quella che aveva usato fino a quel momento nel nascondiglio.

Lo shock che ci fosse qualcuno dall'altra parte lo terrorizzò. Senza contare che chiunque fosse aveva pronunciato il suo nome, come se lo stesse aspettando. Quel giorno stava diventando sempre più come un sogno, e lui odiava le cose che andavano oltre la sua comprensione. Gli piacevano i fatti, le prove, non ciò che si basava solo sulla fede... e sulla fede di chi stesse andando avanti era una delle domande che più temeva.

"Siamo noi quattro," disse Alexandra con più sicurezza. Nessun altro nel corridoio buiò sembrò credere alla sua frase; Quistis e Seifer non abbassarono l'arma.

"Alex?" La voce di lui era profonda e incerta.

"Oh Hyne," boccheggiò Quistis. "È lui davvero."

"Devi piantarla con questa roba Alex," grugnì Seifer mentre abbassava l'arma. "O almeno avvertirci prima... così magari non spariamo alla persona sbagliata."

"Non ne ero sicura nemmenoio finché non ho visto la lice... non so cosa mi sta succedendo, mi sento solo... strana. Fidatevi, a parte i sogni, nulla di simile mi è mai successo prima."

*~*~*~*~*

La porta dell'ufficio si spalancò e il Presidente entrò di corsa, sbattendola poi dietro di se. "Dannazione! Lui è fuori, da qualche parte!"

"Chi?" chiese Kimberley guardando Mitchell. "Credevo che Esthar stesse attaccando."

"Sono loro, ma c'è anche il fidanzatino di qualcuno."

"Leonhart? Come cazzo ha fatto a entrare qui?"

"Dai cancelli principali... non chiedermelo. Si stanno sbarazzando ora della guardia che l'ha fatto entrare... stupido bastardo."

Kimberley si alzò, estraendo una pistola dal cassetto della scrivania. "D'accordo, uccidiamola... siamo solo un po' in anticipo con la tabella di marcia."

*****
Note delle traduttrici: capitolo betato da Alessia Heartilly. Vi prego, come per il capitolo precedente, non fate spoiler di nessun tipo nelle recensioni a questo capitolo, sempre per il solito discorso. Questo significa: per favore non fate nomi! Se non per rispetto degli altri lettori, almeno per rispetto di Ashbear che s'è fatta un mazzo tanto per scrivere questa storia e ottenere certi effetti sorpresa! Nel caso vedessi recensioni spoiler, le farei cancellare, lo dico subito^^
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Mi scuso inoltre per il ritardo dell'aggiornamento. Ho avuto priorità lavorative che mi hanno portato via tempo ed energie, e non ho chiaramente potuto dedicarmi alle fanfiction, né mie né di altri :
Citazione di apertura: da Samuel Backett.
Quel mostro a due teste
di dannazione e salvezza -il Tempo.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 38
*** XXXVIII. Antagonismo ***


Love, that is all the earth to lovers-
Love, that mocks time and space;
Love, that is day and night-
Love, that is sun and moon and stars;
Love, that is crimson, sumptuous, sick with perfume;
No other words, but words of Love-
No other thought but Love.

--Walt Whitman

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ XXXVIII. ANTAGONISMO ~

"Leonhart? Come cazzo ha fatto a entrare qui?"

"Dai cancelli principali... non chiedermelo. Si stanno sbarazzando ora della guardia che l'ha fatto entrare... stupido bastardo."

Kimberley si alzò, estraendo una pistola dal cassetto della scrivania. "D'accordo, uccidiamola... siamo solo un po' in anticipo con la tabella di marcia."

No... Squall... no. Rinoa sospirò dentro di sé ingoiando il dolore. Anche con il tamburo di una pistola carica puntato su di lei, l'unica cosa che poteva fare era preoccuparsi per lui. In un certo senso, aveva sperato che rimanesse indietro con Allison... aveva pregato che lo facesse. Comunque, in tutta onestà, lo sapeva bene che sarebbe successo. Condividevano troppo per pensare che l'avrebbe lasciata svanire rapidamente nella notte.

Anche negli ultimi istanti prima di arrendersi a Mitchell, al Garden, aveva bisbigliato un appello nell'orecchio di Seifer. "Per favore, prova a convincerlo a rimanere. Se così non dovesse essere... beh, conosco la sua natura. Guardagli le spalle per me." Nel bel mezzo della confusione di quei momenti, Rinoa aveva passato con cura l'anello di Griever nel palmo di Seifer; lo scambio aveva eluso lo sguardo di tutti allora. I loro pensieri erano concentrati sull'emozione scritta sul volto di lei, senza mai guardare la sua destrezza di mano.

In quel secondo fatale, non era riuscita a restituire l'anello a Squall. Sapeva che lui avrebbe voluto che lo portasse con sé, che morisse tenendolo stretto a sé se necessario... Per trarne la forza, perché era come una scheggia di lui che poteva trasportare fisicamente sul suo corpo, e non solo dentro il suo cuore.

Ma Seifer... era riuscito a comprendere la richiesta non verbale, mantenendo segreta quella restituzione alla persona che ne avrebbe sofferto di più. Per il Comandante avrebbe potuto costituire un atto di resa, un'ammissione di sconfitta per una guerra non ancora intrapresa. Quella sera Seifer aveva rimesso a posto Griever sulla catena sulla quale era rimasto legato per tanto tempo; entrambi gli anelli erano di nuovo riuniti, e lontani chilometri e chilometri da quella scena agghiacciante. Silenziosamente, aveva riposto i due anelli dentro il contenitore di ricordi affidato a Selphie, una scatola che Allison avrebbe dovuto aprire se fosse avvenuto il peggio.

Squall forse non capiva che essere nel suo cuore per lei era sufficiente. Era tutto quello che lei avrebbe potuto volere, tutto quello di cui avrebbe potuto avere bisogno. Sapeva che sarebbe venuto, lo aveva sempre saputo.

Sedeva in silenzio in attesa che venisse sparato il colpo fatidico, per terminare finalmente il gioco perverso in cui aveva recitato la parte della pedina. Ma con sua sorpresa, Mitchell impedì alla donna ben vestita di aprire il fuoco.

"Fermati, per quanto lo vorrei anch'io... dobbiamo comportarci secondo il 'copione'. L'unico modo per ottenere che quegli idioti dei Galbadiani ci seguano ciecamente è far loro credere che lo stiamo facendo per il loro bene. Potresti anche ottenere i poteri sparandole, ma senza una dedica a loro sarebbe un cammino molto più tortuoso..."

"E allora? Deve per forza stare con quel ridicolo vestito bianco? Diamine, forse è la tradizione più cretina che abbia mai sentito... Mira la pistola, premi il grilletto... semplice. Ti ho visto farlo ogni giorno, perché adesso è così diverso?"

"Perché i cittadini devono credere davvero che lo stiamo facendo per il bene... per il loro bene, per la loro salvezza. Seguendo i riti accettati dal loro credo religioso, lei deve essere vestita di bianco per riacquistare la purezza della sua anima. O qualche cazzata del genere."

"Bene, allora prima le spariamo, e poi la vestiamo di bianco. Sono sicura che il cittadino medio di Deling è troppo deficiente per notare se la persona che viene giustiziata di fronte ai suoi occhi è viva o meno. È assodato, dannazione, potremmo vestire uno schifosissimo chocobo di bianco e non vedrebbero la differenza. Diremo soltanto che l'abbiamo sedata... e pesantemente, il che spiegherebbe il suo aspetto da letargo. Gli diremo che l'onnipotente Hyne è sceso in terra e ci ha comandato di ucciderla immediatamente!"

"Stai dubitando di me?" Se c'era una cosa che faceva infuriare davvero Jefferson Mitchell, era quando un altro essere umano dubitava della sua parola. Perché nella sua mente, lui non avrebbe mai potuto sbagliare... il solo concetto che qualcuno potesse contraddirlo gli procurava una tale rabbia tirannica che spesso quelli che gli stavano intorno ne subivano le gravi conseguenze. Nessuno sotto il suo comando osava contestare le sue decisioni. Sentiva il sangue scorrergli nelle vene, e tremante di rabbia scagliò con violenza il monitor del computer sul pavimento. Atterrò con una forza allarmante, mentre il vetro si frantumava. "Nessuno, e dico nessuno, dovrà mai dubitare di me, specialmente una puttana ultrapagata!"

"Una puttana che erediterà il potere che desideri. La tua arroganza sarà la tua rovina se aspetti oltre, darai a Leonhart l'opportunità che gli serve. Sono l'unica nella stanza a non essere incatenata e donna... almeno l'ultima volta che ho controllato." Gli mostrò un ampio sogghigno, crudele, guardandolo da capo a piedi, aumentando la sua rabbia. "Sono l'unica che può ricevere i poteri. Quindi, credo proprio che d'ora in avanti qui comanderò io."

Rinoa poteva percepire la separazione tra i due cospiratori, che prima non aveva colto. Era piccola, ma con la giusta dose di persuasione, lo squarcio avrebbe potuto infine mandare in pezzi l'alleanza. Kimberley si sentiva nervosa facendo rimanere viva Rinoa, e non solo a causa di uno Squall a piede libero nello stabile, ma anche per l'influenza che avrebbe potuto avere su Mitchell. L'errore le sarebbe costato la sua vita, se lui avesse cambiato alleanze... Rinoa sapeva già che la donna stava progettando di tradirlo subito dopo aver ricevuto i poteri.

Nella sua mente, sarebbe stato come danzare con Lucifero in persona, e una volta accettato il ballo fin dove si sarebbe spinta? Era un pensiero di cui aveva paura, ma che si costrinse a spingere in fondo alla testa mentre si preparava a giocare l'unica carta che le era rimasta... se stessa.

*~*~*~*~*

"Che diamine era quel rumore?" Seifer ascoltò con attenzione mentre un fragore fracassa-timpani rompeva il silenzio. "Non avrei mai pensato che saremmo riusciti a sentire qualcosa attraverso queste porte."

La temperatura del passaggio sembrava salita di diversi gradi mentre aspettavano tra le ombre. Nessuno aveva parlato, attendevano solo una qualche parola o un segno da Alex che ancora non era arrivato. Sebbene fossero cinque entità separate, i loro respiri pesanti sembravano andare all'unisono, come se tutti sapessero che aspettare era la parte più difficile.

Squall sentiva il dolore nel suo petto ad ogni battito del cuore. Voleva scappare, prenderla e lasciare quel posto e quelle persone per sempre. La sua mente correva ad orribili immagini della sua tomba, al suo cadavere in decomposizione che lo giudicava per il suo fallimento totale. Nel buio, il futuro sembrava sempre riflettere la morte; era sempre stato così, per lui.

Alex poggiò la mano destra sulla porta, ignorando i commenti di Seifer. Anche se immobile in una stanza tutta nera, riusciva a percepire l'aura luminosa che circondava l'entrata.

"Uno di noi deve andare ora."

"Andare dove?" chiese Zell, dando voce alla domanda a cui gli altri quattro stavano solo pensando.

"Qualcuno deve entrare lì dentro; potrebbe essere l'unico modo per salvarla... per adesso."

"Vado io." La voce di Squall era a stento udibile, ma sicuramente non esitante.

"No, tu non puoi... non ancora. Chiunque vada servirà solamente da distrazione; tutti gli altri non devono ancora entrare."

"Okay, fantastico, abbiamo la Grande Alexandradini tra noi. Ma che ti prende? Assomigli tanto a una chiromante al telefono da una linea erotica," bofonchiò Seifer, mai stato un grande amante di indovinelli e giochetti, almeno quando non era lui a perpetrarli.

"Io... io non lo so. Riesco a vedere delle cose, ma non mi sento me stessa... è come se qualcun altro stesse condividendo il mio corpo... Quello che vedo... giuro che non viene dalla mia testa, è come rivedere i ricordi dei miei sogni... ma questo è il futuro, non il passato."

"Ellione... penso che Ellione sia nel Palazzo con noi. Niente domande, fidatevi di me su questo punto."

"Fantastico, adesso abbiamo una medium, uno psicopatico, e un tizio che vede i morti. Potete dirmi di nuovo perché mi sono offerto volontario per venire qui con voi?"

Quistis colpì Seifer leggermente, oppure non tanto leggermente, dato che si sentì il caratteristico rumore di uno schiaffo contro il suo torace. Anche al buio, l'ex cavaliere riusciva a vedere negli occhi la professoressa che lo guardava torvo. Non andava pazza per la sua vena sarcastica quando vi rimaneva impigliato, cosa che succedeva spesso, e quella era una delle tante cose che aveva imparato ad amare di lei.

"Vado io."

"No, Zell," disse Seifer in un raro tono serio. "Sentite, quando verrà il momento, dovrete essere voi a rimanere fino alla fine. Fondamentalmente voi tre gestite il Garden di Balamb, e se ne usciamo vivi, avrete molto più della vostra parte di pulizie da fare. Ma se ce la facessi io... ho solo quattro mura e un pavimento di calcestruzzo davanti a me. Se questa è una specie di missione suicida, pensatela come se fosse un salvataggio dei soldi dei contribuenti."

All'inizio Quistis avrebbe quasi voluto scoppiare in lacrime, 'ho solo quattro mura e un pavimento di calcestruzzo davanti a me'. Pensava forse di aver significato di più, ma poi capì. Lui era troppo spaventato. Proprio come lo era Squall, troppo spaventato per ammettere ciò che temevano di perdere di più. Non voleva dire davvero quelle parole; stava solo convincendo gli altri che doveva essere lui a rischiare per primo la vita. Il suo cuore sembrò saltare un battito a pensare a quanto era cambiato in una sola settimana. Poi capì ancora, non era lui ad essere cambiato... erano loro. Forse ora erano tutti un po' come lui, un po' più cinici e terreni. Da qualche parte lungo la strada, avevano trovato un mezzo, o forse era semplicemente l'inevitabilità del tempo. Qualunque cosa fosse, la odiava.

"Seifer... no." Le parole le uscirono in una supplica disperata, ma persino Quistis ora si rendeva conto che la scelta di mandare Seifer era la più logica. Comprendere quella realtà era un qualcosa che il suo cuore però non desiderava fare. Si erano appena ritrovati, ora ogni futuro poteva essere strappato loro via.

"Quistis, devo andare. In più, hey, non siamo mica certi che vada per forza male, giusto? Potrebbe essere come una semplice passeggiatina al parco paragonata a una delle tue lezioni sulla junction."

"Non so se esserne insultata o terrorizzata." Il suo miscuglio di risata e pianto cercò di far luce sulle emozioni che stava provando.

Lui la prese per la vita, avvicinandosela. Per loro, erano le uniche due persone nella stanza, tutti gli altri erano svaniti nella vastità dello spazio. "Lo sai che tornerò, per te."

"Lo so," bisbigliò lei tentando di non lasciar trapelare la paura. Aveva superato centinaia di missioni, migliaia di uomini erano morti per molto meno. Aveva sempre messo una certa distanza tra la morte e i suoi studenti. Se Squall aveva ragione su una cosa, quel giorno, era che la loro emozione li avrebbe salvati o li avrebbe traditi... non ci sarebbero state vie di mezzo.

Sentì una pressione nel fianco, e tuffò la mano nella tasca tirandone fuori il piccolo registratore a cassetta preso dalla classe. Armeggiò un po' con i pulsanti, ma non lasciò mai le braccia di Seifer. "Ecco, prendi questo." Quistis ripose l'oggetto di plastica nella sua mano, e poi fece scivolare entrambe le loro mani nelle tasche del soprabito di lui. "L'ho trovato prima in classe. Quando sarai nella sala dell'altare, premi il pulsante per registrare. Non so se sarà d'aiuto o no. Più probabilmente, verrà distrutto... ma vale la pena tentare. Vedi solo se riesci a ottenere qualcosa di utilizzabile contro Mitchell, o anche soltanto qualcosa che assolva Rinoa."

Lui sorrise tra sé e sé, pensando a quanto lei fosse razionale, persino di fronte al disastro. "Allora che ne dici se stanotte ce ne andiamo a cena? Ho sentito che la mensa sta servendo molta marmellata e pudding..."

"Ha tutta l'aria di un appuntamento."

Le loro labbra si incontrarono, e i loro cuori pulsarono con una paura impareggiabile. Due persone che da poco si erano trovate, ora venivano divise dal fato e dagli errori che avrebbero dovuto espiare. Nessuno dei due avrebbe detto la parola 'addio', perché era troppo definitiva; nessuno dei due avrebbe detto 'buona fortuna', poiché sapeva troppo di cliché. Nessuno dei due avrebbe dimenticato i momenti che avevano trascorso insieme negli ultimi giorni; nessuno dei due avrebbe detto un'altra parola oltre quella semplice frase che passò tra di loro all'unisono. "Ti amo."

Perché diceva tutto.

*~*~*~*~*

"Che diavolo stai facendo?" gridò Kimberley mentre Mitchell inseriva con insolenza un codice su un portatile secondario.

"Ho pensato che le mie truppe sarebbero state più al sicuro se avessi reintegrato il campo antimagia. Mi conosci, penso sempre al benessere dei miei uomini."

"Stronzate!" urlò la donna infuriata mentre abbassava la pistola lungo il fianco. "Sai perfettamente che non posso spararle quando è attivo."

"Perché continui con questa storia, cara?" Il compiacimento della sua voce poteva essere eguagliato soltanto dallo sguardo arrogante sul suo volto.

"Dannazione a te, Jefferson, non può trasferire appropriatamente i poteri! Non ho alcuna intenzione di lasciarmi sfuggire quest'opportunità, per quel che ne sappiamo potrebbe dare il suo potere alla fottuta cameriera."

"In teoria," ribatté lui facendosi più vicino a Rinoa. Fece scorrere con fare calmante una mano tra i suoi capelli, come se lei fosse un cane che stava per essere rinchiuso in canile. "Ma ripensandoci, tutto questo è pura teoria, no? Se vuoi davvero spararle, fallo... cogli l'attimo. Mi è sempre piaciuto scommettere, vediamo cosa succede se una strega non può trasferire il suo potere."

"Bastardo, lo sai che non correrò il rischio... quei poteri sono miei!"

"No, i miei poteri non appartengono a te, Kimberley." Entrambi trasalirono per lo stupore quando Rinoa s'intromise per la prima volta dall'inizio dell'intero spettacolo. Parlava con insolita sicurezza, come se ogni sintomo di emozione fosse stato bandito dal suo viso o dalle sue azioni. Le sue parole erano ponderate e precise, con un unico scopo. "A mio parere, il potere è in definitiva di Jefferson. Ha fatto tutto il lavoro duro e ha pianificato tutto nei minimi dettagli, lui è stato la mente, e tu non desideri nemmeno offrirgli il rispetto che legittimamente merita? Se c'è qualcuno che ha diritto al lecito onore e potere, è lui. Solo un uomo del suo calibro sarebbe abbastanza intelligente da ingannare un'intera nazione."

"Stupida puttana!" strillò Kimberley sbattendo la canna della pistola nella spalla insanguinata di Rinoa. Un'ondata di dolore percorse la giovane ragazza, ma non l'avrebbe dato a vedere. Le bugie che stava dicendo erano più affilate dei segni del morso sulla sua schiena.

"Non toccarla."

"Che cosa? Che cosa diamine vuol dire questo, Jefferson? Hai voglia di ascoltare gli elogi vuoti di una troia? Ti facevo più furbo."

"Ti ho detto 'non toccarla', e se hai intenzione di chiamare qualcuno troia, ti suggerisco di tutto cuore di dare un'occhiata allo specchio... o al tuo conto in banca, quello dei due che parla più chiaro. Credo, mia cara, che la definizione ti si addica a puntino."

Rinoa guardò torva l'altra donna cogliendo la palla al balzo. Era rimasta nascosta nell'erba innumerevoli volte, ora era arrivato il momento di affondare come i serpenti che strisciavano attorno a lei. La debolezza di Mitchell si poteva capovolgere a suo favore, e alterare le sue lealtà avrebbe potuto essere la chiave.

"Kimberley, come hai potuto? Ti ha donato tutto ciò di cui avevi bisogno, tutto ciò che ogni donna potrebbe mai desiderare o di cui potrebbe mai avere bisogno. È così che ripaghi il tuo debito, tradendo i suoi semplici desideri? Pensa all'immenso potere che ti stava offrendo... lui a governare il mondo e tu seduta fedelmente al suo fianco. Ma per tutto il suo duro lavoro lo tratti così? Non lo meriti. Lui merita qualcuno di meglio. Qualcuno che riesca a vedere la sua lungimiranza, qualcuno che possa condividere i suoi sogni, e qualcuno che non oserebbe mai contestare la sua parola."

Quelle parole sembrarono lasciarle la lingua con più facilità di quanto Rinoa si sarebbe aspettata; forse era solo l'adrenalina, o il semplice fatto che era la sua unica zattera di salvezza. Perché tutto funzionasse doveva forzarsi a credere alle menzogne che stava professando, e per di più lui doveva credere alla sua convinzione.

L'emozione non passò inosservata da Mitchell, anzi. Sembrò quasi deliziarsi della lode, sebbene venisse sorprendentemente dalla sua vittima.

"Potresti prendere qualche lezione da lei, Kimberley cara, devi ammirare la sua sensibilità e il suo raziocinio anche nella più grave delle circostanze."

"Sei uno stupido Jefferson! Non ascoltarla nemmeno, sta solo cercando di dividerci, e tu stai cadendo ciecamente nella sua trappola. Abbassa quella fottutissima barriera, e uccidila!"

Mitchell tolse la mano dai capelli di Rinoa e si spostò fino a ritrovarsi di fronte a lei. Sembrava avere uno sguardo di indifferenza sul volto, prima che si sciogliesse in un piccolo sorriso che parve lenire parte della sua rabbia. In qualche modo, pur con tutte le alterazioni fisiche fatte a Kimberley, non poteva competere con la bellezza intrinseca dell'originale. C'era qualcosa di Julia... di Rinoa... di enormemente sbalorditivo ed elegante nella sua semplicità.

La giovane strega lo guardò dritto negli occhi, dicendo parole che lui aveva solo potuto sognare. "Sai, ci ho provato, una volta. Ho provato a prendere il controllo di Leonhart, ma era troppo debole, non è mai riuscito a gestire il mio immenso potere. Forse ho aspettato per trovare un uomo forte quanto me. Se Squall avesse avuto il valore di un vero cavaliere, non avrebbe mai dubitato di me, tu non l'hai mai fatto. Jefferson... tu sapevi che non avevo ucciso Ellione, che non avrei mai potuto farlo per un mio capriccio, ma dove gli altri hanno fallito - tu sei riuscito. Voglio soltanto una persona che creda in me, con cui potere condividere la mia vita e il mio potere. È strano che lo abbia conosciuto fin dal mio primo giorno di vita."

"Falla stare zitta!" gridò Kimberley, perdendo il sangue freddo che aveva mantenuto durante l'esibizione grottesca che si svelava dinnanzi ai suoi occhi.

Rinoa si alzò lentamente con ritrovata sicurezza, mentre l'altra donna indietreggiava. Era come guardare in un qualche specchio deformato, nel cui riflesso Rinoa non scorgeva altro che i suoi demoni interiori. Persino la bellezza esteriore di Kimberley era nulla una volta che la sua vera natura si rivelava. Ma la giovane donna non si sarebbe arresa, era troppo invischiata in quella storia, c'era troppo in gioco per lei, ed era certa che le sue bugie stavano funzionando a tutti i fini pratici.

La voce della giovane strega non si alzò mai oltre una dolce ottava, continuando a parlare melodiosamente ma con fermezza, quasi come se stesse lanciando un incantesimo. "Guarda, Jefferson, guarda come si rivolge a te. Non lo meriti, tu meriti di più. Io potrei servirti meglio di quanto lei potrebbe mai fare. Io ti servirò meglio di quanto lei potrebbe mai fare."

Si stizzì tra sé soltanto delle ultime parole. Il solo pensiero di servire qualcuno vile come il Presidente le faceva accapponare la pelle. Ma erano parole senza significato, almeno per lei. Non avrebbe mai servito nessuno, nessun uomo, e nessuno l'avrebbe mai servita come se fosse un essere supremo di Hyne. Lei era una persona, era un'anima gemella, era una madre, non era mai stata niente di più e niente di meno, e sarebbe andata fino in fondo in un modo o nell'altro... quali che fossero le conseguenze.

Cadde un silenzio imbarazzato, durante il quale gli unici suoni udibili furono i respiri rancorosi che Kimberley stava cercando di fare. Stringeva il revolver nella mano tremante, sarebbe stato così elementare premere il grilletto... non aveva bisogno di nessuno di loro. Avrebbe potuto sparare a Mitchell e poi Rinoa sarebbe stata una semplice eppure credibile bugia... La strega aveva ucciso il Presidente, e poi aveva assalito la sua fidanzata; era stato un banale atto di autodifesa. Allora non avrebbe diviso il potere con nessuno, e sarebbe stato veramente assoluto.

La porta dietro la scrivania si aprì lentamente, e tutte e tre si voltarono scioccati. Il cuore di Rinoa saltò un battito, come se fosse stata sorpresa a barare ad un gioco letale. Sapendo che Seifer non era a conoscenza della recita che stava inscenando, sperò soltanto che lui afferrasse al volo la situazione, e capisse, prima che fosse troppo tardi. Le venne anche in mente che quella avrebbe potuto essere la sua unica chance di assicurarsi che Allison fosse davvero al sicuro al Garden, e non nelle grinfie di Mitchell.

Seifer guardò la scena che si schiudeva di fronte a lui, dato che le due donne erano una lo specchio dell'altra nell'aspetto. Il pensiero di due Rinoa lo fece quasi scoppiare a ridere, nonostante la tremenda circostanza. Sono pronto a scommettere che Squall non vedrebbe l'ora di occuparsi di tutte e due e dei loro imprevedibili sbalzi d'umore. Le sue riflessioni furono interrotte quando notò la bocca di una pistola semiautomatica rivolta nella sua direzione.

"Lieto che sia potuto passare a fare un salutino, signor Almasy, è bello vedere che qualcuno sarà qui per testimoniare all'esecuzione. Suppongo che dovrei essere sorpreso del suo arrivo inopportuno, ma in tutta sincerità non mi stupisco più di nulla."

Gridò qualcosa e due guardie del corpo personali del Presidente irruppero nell'ufficio dalla porta principale. Corsero rapidamente verso l'intruso, trattenendolo con più violenza del necessario. Seifer non stava lottando, non tentava nemmeno una qualsivoglia forma di resistenza, aveva semplicemente fissato gli occhi su Mitchell dal momento in cui era entrato. Uno di loro gli tolse l'impermeabile, gettandolo impetuosamente a un lato, mentre l'altro lo perquisiva in cerca di armi. Non trovarono nulla.

Si chiese perché Alexandra avesse asserito che fosse tanto importante che fosse solo uno del gruppo ad entrare. Gli sembrava che avrebbero potuto sopraffare con facilità il Presidente, Kimberley, e i due soldati. Come se il fato volesse rispondere alla sua domanda, apparve una piccola legione di soldati, che perlustrò accuratamente la stanza alla ricerca di altri trasgressori. Ora almeno capiva perché era stato mandato solo uno... esca umana.

Una parte delle truppe entrò nella stanza dalla quale era emerso Seifer; cercò di non apparire nervoso, ma l'idea che gli altri venissero catturati gravava pesantemente sulla sua mente. Gli uomini uscirono dal santuario, segnalando un 'tutto a posto' al loro leader. Era evidente che non erano affatto a conoscenza del passaggio; era evidente anche che il Presidente non aveva voluto dare loro quell'informazione vitale. Il biondo si chiese perché Mitchell non avesse chiesto loro di cercare lì, dato che sarebbe stato il nascondiglio più logico, ma era estremamente grato che nessuno avesse avuto le sue stesse perplessità.

Il leader di Galbadia poi gli si avvicinò, e sollevò una mano. Gli uomini compresero l'ordine, e cominciarono a colpire ripetutamente Seifer nell'addome. Lui cercò di mascherare il dolore con l'aiuto di anni di addestramento, ma ad ogni colpo, tutto il suo corpo si faceva sempre più sensibile e l'agonia difficile da celare. Quando finalmente si fermarono, cadde in ginocchio mentre i due soldati sostenevano gran parte del suo peso tenendolo per le scapole. I suoi occhi ebbero una fugace visione di un monitor rotto, col vetro che ne rifletteva la luce. Capì che doveva essere stato quel suono che era riecheggiato fino a loro, avvertendo in qualche modo Alex degli eventi.

Il Presidente fece qualche altro passo verso l'uomo caduto, fissandolo con la più pura ripugnanza, anche se in realtà Mitchell non aveva alcuna vera ragione per odiare quell'uomo pietoso... era solo nella sua natura. Tra l'altro, Seifer Almasy era stato un'onta per l'intera popolazione galbadiana dall'incidente durante la Seconda Guerra della Strega. Era una vergogna al titolo stesso di 'cavaliere', talmente squallido... talmente debole.

"Dove diamine è Leonhart?"

"Non lo so, forse sta facendo pesca d'altura." La risposta compiaciuta di Seifer non rifletteva in nulla la situazione in cui si trovava.

"Non è il momento di fare battute, non hai nemmeno la più pallida idea di con chi hai a che fare?"

"Sì... ho una buona idea, posso avere anche delle patatine?"

A questo commento, Mitchell gli diede un colpo in testa con il tamburo della rivoltella, facendogli perdere i sensi. Rinoa stava silenziosamente pregando gli dei che il suo ex-ragazzo fosse ancora vivo, e che non avrebbe detto nient'altro in grado di irritare l'uomo instabile. Aveva già visto suo padre morire per mano sua, perdere qualcun altro sarebbe stato insopportabile. Per fortuna, Seifer era svenuto prima di essere giustiziato; sembrava cosa comune con chiunque attraversasse la strada del Presidente.

"Qualcuna di voi due signore ha una buona idea di che cosa fare con il nostro amichetto, questo scarafaggio di Deling?"

"Hyne, Jefferson? Che problema hai? Spara a lui, spara a lei... solo taglia corto con queste stronzate, così potremo prenderci il nostro posto nella storia!"

"Quindi, Kimblerley... il tuo voto è per sparargli subito, qui, in questo preciso istante?"

"Sei completamente impazzito?"

Il suo stomaco si strinse in un nodo all'accenno riguardo la sua condizione mentale, nessuno... nessuno aveva mai osato metterla in dubbio e sopravvivere. Fece un profondo respiro, prima di voltarsi verso Rinoa e porle la stessa domanda.

Rinoa si rese conto che, per come era posta la domanda e per la richiesta di mettere al voto, dovevano esserci più risposte valide. Doveva pensare come lui, seguire i ragionamenti di un folle... Doveva dare un responso credibile, uno che avrebbe potuto salvare sia lei che Seifer, o quantomeno fargli guadagnare del tempo prezioso. Una risposta sbagliata, e non sarebbero stati nulla di più che un ricordo e una macchia sul suo tappeto.

Chiuse gli occhi prima di parlare, lieta che Seifer non potesse udire le sue parole.

"Ogni morte dovrebbe servire ad uno scopo, a che pro eliminarlo qui? Se lo uccidessi ora, la morale adeguata non potrà mai essere servita. Portalo giù tra gli altri ratti delle fogne, per farlo morire tra quelli della sua stessa razza. Impareranno tutti le conseguenze che scaturiscono dal tradire l'uomo più potente al mondo; mostra agli infedeli un barlume del loro futuro."

Il Presidente andò da Rinoa con un ampio sorriso orgoglioso. La circondò con un braccio, e lei si costrinse a poggiare la testa sulla sua spalla. Si era abituata al distacco mentale da ogni forma di intimità a forza di vivere con Richard Bennett. Ora tutti i ricordi di quegli anni stavano riaffiorando, sopraffacendo i suoi sensi. Sapeva riprodurre ogni gesto affettuoso, senza mai dare loro un significato. Era diventata un'abitudine, era diventato quasi facile, e questo la spaventava a morte.

"Dovreste ascoltare la vostra strega." Mitchell fece segno ai suoi uomini. Dagli sguardi sui loro volti, erano sconvolti quanto Rinoa. Riusciva a vedere l'inquietudine apparire sui loro volti, ma il loro dovere li rendeva devoti al Presidente. Infine, uno di loro si alzò sull'attenti in un saluto militare.

"Ora, com'è la situazione con Esthar?"

"Signore, stiamo recuperando piena capacità e non sono state ancora riportate perdite, eccetto due ufficiali non in comando che mancano all'appello. Crediamo che Esthar stia giocando a buttar fumo negli occhi, per il momento non c'è nessuna legittima minaccia."

"La 'legittima minaccia' è che ci hanno già ostacolato a sufficienza da metterci in ritardo sulla tabella di marcia. Avremmo dovuto prevederlo. Dite alla stampa che ci sarà una nuova conferenza tra un'ora per discutere del 'nuovo' status della strega. Adesso portate giù il signor Almasy e giustiziatelo tra gli altri prigionieri. Assicuratevi che sia legato e imbavagliato, fate in modo che sia uno spettacolo che quei delinquenti da quattro soldi e quegli ingrati non dimentichino mai."

Si fermò ad osservare i due uomini che cominciavano a sollevare il corpo molle di Seifer dal pavimento. Squadrò il resto della stanza e notò che Kimberley era immobile e silenziosa in un angolo. Sorrise, facendole un cenno del capo.

"Lo sai già, no? Stai pensando semplicemente di mirare e di premere il grilletto. Però la ragione ti assicura che sarai morta prima di poter alzare la tua arma."

La donna sapeva che lui era oramai perduto, perduto nella follia della sua mente. Non avrebbe potuto tornare indietro, non poteva ragionare con lui. Si maledisse per non aver ucciso Rinoa quando le si era presentata l'occasione. Così fiera, così certa della propria importanza, Kimberley sapeva che non avrebbe mai potuto cedere.

"Jefferson, sto facendo piani dal primo giorno. Dovevo essere io ad assumere il trono del potere. Tu non avresti mai potuto arrivare fino a questo punto senza di me. Ora mi volti le spalle... per quella fottutissima troia che avevamo accusato in primo luogo. Non ce l'avresti mai fatta senza di me... sono io quella che merita... tu non sei nulla. Il tuo fato sarà sigillato nella tua ignoranza."

Parlò con un tono calmo, come se stesse leggendo frasi incoerenti da un copione fatto male. Aveva già accettato il suo destino. Poteva sbrigarsi con un colpo solo se faceva in fretta. Prima che avesse l'opportunità di alzare l'arma, fu afferrata con prepotenza da dietro, e gettata a terra come un criminale qualsiasi. Mentre le due guardie la ammanettavano, il Presidente riuscì solo a ridere.

"Addio Kimberley, è stato divertente."

"Sei stronzo e completamente pazzo," disse lei al colmo del risentimento mentre la trascinavano fuori dalla porta. Si guardò indietro un'ultima volta, sputando in sua direzione con tutta la forza che riuscì a racimolare.

Il Presidente non vacillò una sola volta per lo sfogo, soddisfatto della donna che aveva sempre desiderato stesse fedelmente al suo fianco. Alzando un dito, fermò l'ultima guardia prima che uscisse dalla porta. Con noncuranza, ordinò, "uccidete prima quella. Non dimenticate di toglierle tutti i gioielli che indossa, li ho pagati io fino all'ultimo guil, e assicuratevi di filmare il tutto per il futuro. Non si sa mai quando potrebbe servirmi una bella risata."

*~*~*~*~*

"Cosa significa che la sensazione se n'è andata?"

"Non lo so Zell, ho solo sentito come se qualcosa mi fosse stato appena tolto di dosso... ora non sento più nulla. Potrebbe essere stato il GF?"

"No, non credo..." Zell si grattò la nuca cercando di pensare chiaramente anche solo per un istante, e poi chiuse improvvisamente gli occhi. Si concentrò, e lanciò una semplice Energia a Quistis. L'incantesimo deviò quasi subito dalla sua destinazione prima di spumeggiare nel nulla. "Il campo antimagia è attivo, chiunque o qualunque cosa ti stesse dando una mano dev'essere stato bloccato."

Squall si appoggiò alla parete, chiedendosi come in teoria avrebbe dovuto accogliere quella notizia. A suo parere, c'era da essere lieti della barriera, dato che Mitchell con tutta probabilità non avrebbe ucciso Rinoa. Ora che Alex aveva perso ogni abilità psichica o collegamento con Ellione, però, erano di nuovo da soli. Non riusciva più a sopportare l'attesa, l'unica cosa che l'aveva trattenuto nelle ombre si era ora dissolto nella mente di Alexandra.

"Rimanete qui, io vado. Tenetevi pronti come supporto."

"Squall, non puoi!" Quistis allungò la mano, stringendola sul suo polso. "Non posso perdervi tutti e due. Dobbiamo dare una possibilità a Seifer; sono certa che—"

"Cosa farà, Seifer? Quando tutto sarà finito, non voglio passare il resto della mia vita a rimpiangere che negli istanti in cui l'unica persona che abbia mai amato veniva brutalmente assassinata io me ne stavo a non far nulla in uno sgabuzzino. Quistis, non potrei mai viverci. Non passerò più un attimo della mia vita come gli ultimi anni. Allison si merita di meglio da suo padre... ho passato troppo tempo a guardare... ora devo agire."

"Che Hyne sia con te." La sua voce fu a malapena un sussurro. Si tenne stretta al suo braccio per qualche altro secondo, non volendolo lasciare, come se trattenerlo avesse potuto risolvere tutto... Come se avesse potuto riportare tutto a come avrebbe dovuto essere, al futuro che non avevano mai vissuto. Aveva già visto una persona a cui teneva andarsene via, ora ne stava guardando un'altra. Alla fine lasciò la presa, tremando appena quando il contatto si ruppe.

Zell offrì un avvertimento al suo compagno. "Hey amico, prima che tu vada lì dentro, voglio solo avvisarti... è scioccante, per usare un eufemismo. Non farti annientare da quello che vedrai, anche se potrebbe rivelarsi una delle cose più difficili della tua vita non farlo..."

Preferendo non rispondere, Squall scartò quel commento come un semplice consiglio iperprotettivo di un amico. Se mai avesse dovuto tenere bene a mente quelle parole, l'avrebbe fatto quando gli si fosse presentato il caso. Quando aprì il passaggio, nulla avrebbe potuto prepararlo a quello che gli si parava dinnanzi agli occhi. Neanche quintali di avvertimenti o descrizioni avrebbero potuto fare giustizia alla pazzia che veniva svelata dalla luce. La porta si richiuse debolmente dietro di lui, mentre il flebile suono del chiavistello che scattava diveniva l'unico rumore nella stanza. Rimase impietrito dall'orrore di quello che i suoi amici avevano già scoperto, con la differenza che per lui era di gran lunga più personale.

Ogni sfaccettatura della vita di lei era documentata e così anche gran parte della vita di Squall, quella che riusciva a ricordare, ed erano stampate sulle pareti. Come aveva potuto permettere che tutto ciò passasse inosservato? Anni passati a sedere accanto allo stesso uomo le cui condizioni mentali ora lo attiravano come una magia. C'era mai stata anche la più lieve indicazione? Avrebbe potuto prevenire o prevedere pure solo una parte di quell'atrocità? Le foto che la ritraevano nei giorni della sua infanzia mostravano un'ossessione ben radicata. Squall confessò tra sé che anche volendo non avrebbe mai potuto fermare l'intossicazione delle delusioni di Jefferson Mitchell allora, ma tutto quello che era successo dopo il suo diciassettesimo compleanno, un vero cavaliere avrebbe dovuto saperlo... l'avrebbe saputo.

Scaraventò diverse cose sul pavimento, e a differenza dei suoi compagni, a Squall Leonhart non importava di cosa potesse venir distrutto mentre lo faceva. C'era una cartella rilegata in pelle che raccolse con non poca esitazione, ancora non in controllo di tutte le sue facoltà. Note su ogni aspetto della sua vita adornavano quelle pagine, incluse dettagliate relazioni sul comportamento di Squall durante la sua assenza.

Le prime pagine documentavano stralci di informazioni sull'infanzia di Rinoa, e ogni azione di Caraway. Per un momento, sentì un vuoto riguardo l'uomo, un nuovo tassello sul perché Mitchell si era gettato alle spalle così facilmente la sua morte. Non era un evento casuale, ma qualcosa su cui quel pazzo aveva fantasticato per anni, e quale luogo migliore per l'esibizione del Garden? Era la morte di un rivale, sebbene quest'ultimo non avrebbe mai saputo della rivalità. Squall capì che la sua stessa morte avrebbe donato la stessa soddisfazione al Presidente, e giurò allora più che mai che sarebbe andato fino in fondo senza dargliela.

Girò qualche pagina indietro; c'erano elencate tutte le cose preferite di Rinoa in un arco temporale di anni. Dall'orsacchiotto di pezza preferito regalatole da suo cugino, al suo piatto preferito quando andava a scuola, ai suoi fiori preferiti, alla sua musica preferita... ogni piccolo dettaglio che a lui sfuggiva. Il sibilo serpentino di un respiro riempì la stanza, mentre la rabbia cominciava a gareggiare col suo orgoglio. Sbatté il raccoglitore contro la parete, lanciandolo con una violenza tremenda. Si era mai preso il tempo di imparare che i suoi fiori preferiti erano i gigli? Diamine, ora come ora non era nemmeno sicuro del perché si fosse cambiata il cognome, né se era un cambiamento legale... non si era mai preso la briga di chiederlo. Non aveva mai nemmeno pensato a badare a certe cose. Lui si era disturbato a tenere soltanto una sua piccola foto, e quell'uomo ne aveva letteralmente migliaia. Lo disgustava che qualche folle sarebbe stato un fidanzato teorico migliore di quanto lui fosse mai stato.

Le foto, le foto di lei sembravano fissarlo tutte. Migliaia di occhi di Rinoa che lo osservavano con delusione. Si rese conto allora del perché gli fosse stato concesso di mantenere il posto di comando, e soprattutto, la vita. Non era mai stato per catturare la strega, ma per usarlo come garanzia del suo ritorno. La triste ironia era che non doveva sposare Quistis per forza... avrebbe potuto mantenere la sua posizione per i desideri egoistici di Mitchell. Gli serviva Squall. Per anni, aveva creduto che quello stronzo avesse cercato soltanto di ottenere potere, e fino a un certo punto, era così. Ma anche il potere aveva qualcosa di ancora superiore, che altro non era che la fissazione per un altro essere umano. Il potere era in secondo piano rispetto al trovare Rinoa, e non per la sicurezza del continente, ma perché lui potesse averla come il premio schifoso a cui aveva tanto agognato.

Il cavaliere furioso mosse una mano tremante, sfogliando le stesse foto che gli altri avevano già visto. Ne scrutò una in cui la testa di Mitchell era stata sostituita alla sua con un fotomontaggio, e non riuscì a reprimere un incrocio tra un ringhio e un grido. Con tutta la forza che aveva, la strappò in due pezzi, e dato che la cosa non acquietò la sua ira, la strappò in altre centinaia.

Ellione, Quistis, Rinoa, Allison, Mitchell, Seifer, rabbia, odio, bugie e tradimento... un miscuglio di passioni che avevano straripato, due anni di emozione che ora richiedevano il pedaggio. Una nuvola indistinta velò per un attimo la realtà, mentre lui scorgeva il suo gunblade. Quando lo impugnò, si accorse dal tatto che non era veramente il Lionheart, ma non vi badò. Ci era abbastanza vicino, e quel bastardo avrebbe patito incredibilmente per mano sua.

*****
Note delle traduttrici: capitolo betato da Alessia Heartilly. Vi prego, come per il capitolo precedente, non fate spoiler di nessun tipo nelle recensioni a questo capitolo, sempre per il solito discorso. Questo significa: per favore non fate nomi! Se non per rispetto degli altri lettori, almeno per rispetto di Ashbear che s'è fatta un mazzo tanto per scrivere questa storia e ottenere certi effetti sorpresa! Nel caso vedessi recensioni spoiler, le farei cancellare, lo dico subito^^
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Citazione di apertura: da The Mystic Trumpeter di Walt Whitman.
L'amore, che è il mondo intero per gli amanti-
L'amore, che si prende gioco del tempo e dello spazio;
L'amore, che è il giorno e la notte-
L'amore, che è sole e luna e stelle;
L'amore, che è scarlatto, splendido, nauseante di profumo;
Nessun altra parola, se non parole d'Amore-
Nessun altro pensiero se non l'Amore.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 39
*** XXXIX. Avversione ***


Looking back on the memory
Of the dance we shared 'neath the stars alone.
For a moment all the world was right,
How could I have known that you'd ever say goodbye?
And now I'm glad I didn't know, the way it all would end,
The way it all would go. Our lives are better left to chance -
I could have missed the pain, but I'd of had to miss the dance.

--Garth Brooks

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ XXXIX. AVVERSIONE~

Un filo di brezza fredda si fece strada nella camera, e i tre che la occupavano ebbero la sensazione che non passasse soltanto in quello spazio chiuso, ma anche attraverso i loro corpi. Era più gelido del vento di qualsiasi condizionatore. Come fosse un brutto segno che diceva loro di andarsene, si sentirono improvvisamente tutti a disagio nell'oscurità.

"Abbiamo aspettato abbastanza, penso che dobbiamo seguirlo."

"No, io invece penso che Squall debba fare questo da solo, ha i suoi demoni da affrontare."

"Quistis, lo capisco... ma, e se entriamo troppo tardi? Può darsi che non sentiremmo nemmeno se ci manda un segnale. Almeno su una cosa aveva ragione, stare qui a guardare e ad aspettare e basta non ci servirà a niente."

"Lo so..." La sua voce si spense per un momento, nella segreta preoccupazione per l'altro uomo che era entrato nella stanza prima del Comandante. "Zell, è lì dentro con Seifer, e qualsiasi cosa stiano facendo, è la loro redenzione."

"E quindi la tua redenzione è restartene nell'ombra?" Si morse il labbro dopo che quelle parole gli erano uscite di bocca più taglienti di quanto avesse voluto. Non che negli ultimi giorni avessero avuto il tempo di lavorare sui problemi latenti che c'erano tra loro. Zell non aveva mai preso bene la scomparsa di Rinoa, e quelle ossessive visioni non avevano fatto che gravare sulle sue emozioni al ritorno della ragazza.

Quistis avrebbe disperatamente voluto dire qualcosa per migliorare la situazione; scusarsi, implorare perdono, fare qualunque cosa... ma non era quello il momento di mettersi a sistemare la storia. In quella circostanza, si rese conto che il silenzio era per lei la miglior cosa da fare, anche se il senso di colpa stava cominciando di nuovo ad attanagliarla. Seifer, Squall, e Rinoa... poteva sentire il sangue di ciascuno di loro macchiarle le mani. Se fosse successo qualcosa a uno di loro, avrebbe perso i suoi amici per sempre; avrebbe perso se stessa per sempre.

Alex era rimasta in silenzio durante il loro scambio. Si stringeva forte addosso le braccia, tentando di riscaldarsi. Qualcosa le stava dicendo di andar via da lì, anche se non era stato dato alcun ordine ufficiale. Che fosse la paura dell'ignoto, o il disagio sorto dalla tensione nella stanza, comunque tutto sembrava più urgente. Non chiese il permesso prima di cominciare a cercare la maniglia della porta; doveva soltanto andarsene da quel maledetto posto, e basta. Zell cercò di tirarla via, ma questo servì solo a rendere più forte la sua determinazione.

"Calmati, Alex, hai di nuovo avvertito qualcosa?"

"No, ho solo bisogno di uscire di qui, fa troppo freddo."

Per la prima volta Quistis riaccese la torcia dell'elmetto; fino ad allora avevano deciso di non sprecare le batterie. La luce colpì per primo Zell, che istintivamente si coprì gli occhi, in una reazione naturale.

"Ehi! Guarda dove lo punti, quell'affare!"

"Non c'è più!" Le paure stavano avendo la meglio su Alexandra, e, pur cercandola disperatamente, non riusciva a trovare la maniglia.

"No, Alex, è qui. Probabilmente il buio ti ha disorientata, ma io sono sempre convinta che non dovremmo entrare..."

Girando intorno la luce, Quistis controllò il muro del corridoio. Si spostò nel punto dove Alex aveva poggiato la mano, poi illuminò un poco più in là. Con la sensazione di non riuscire a vedere una cosa che aveva sotto il naso, l'istruttrice cominciava a seccarsi della propria incapacità. Notò che ogni asse era stata numerata al tempo della costruzione, e tutte erano accostate strettamente per ulteriore supporto. Seguì i numeri per cinque metri buoni in tutte e due le direzioni, ben sapendo che nessuno di loro si era avventurato più avanti da quando Squall li aveva lasciati. Allungando la mano diede un colpetto su ognuna delle assi, per contarle mentalmente; e, casomai avessero perso l'orientamento, controllò anche il lato opposto. Constatò che i sostegni erano alla stessa distanza l'uno dall'altro, e che non c'era traccia di un'entrata.

"Non c'è più..." Le parole le uscirono da sole di bocca, e lei stessa non riusciva a crederci.

"Ma che diavolo?" Zell strinse ancora più forte Alex, le cui fobie continuavano a crescere, mentre adesso si aggiungeva la realtà del fatto che non riuscivano a trovare l'uscita.

Quistis cercò di restare calma e di ragionare, conscia che Squall avrebbe potuto aver bisogno del loro aiuto. Sapeva che l'unica altra alternativa era il percorso che avevano segnato sulle mappe dell'edificio, ma significava tornare un po' indietro, ridiscendere le scale. Il tempo era il fattore fondamentale nel caso venissero chiamati, e quindi sapeva che uno di loro doveva prendere una decisione alla svelta.

"Torniamo indietro. Faremo come nel piano iniziale... di corsa giù verso la classe." Afferrò il polso di Alexandra e la guidò nel passaggio buio. L'aria era tornata immobile, e ogni traccia di movimento svaniva alle loro spalle, dove erano rimasti ad aspettare. Scese con cautela le scale, finché il corridoio non terminò finalmente all'estremità cieca, con la porta della classe. Accese la luce per assicurarsi che ci fosse davvero un'uscita da quel lato.

Schiudendo appena la porta, verificò che non ci fosse personale galbadiano nella stanza, e, quando fu sicura che fosse via libera, i tre rientrarono nella classe e si richiusero la porta alle spalle. Rimasero lì fermi... in una sorta d'incredulità. Quistis sentì passarle addosso lo stesso freddo di prima, che la ghiacciava in un attimo di stordimento. Controllò con cura la sua arma, e lo stesso fece Zell, entrambi preparandosi a qualsiasi cosa potesse comportare un combattimento; non era quello, ma l'inspiegabile a spaventarli. I due SeeD si scambiarono uno sguardo, come per liquidare l'incidente di prima, un semplice sbaglio da esseri umani. Chissà come, ma entrambi dovevano aver perso di vista la cosa più ovvia; probabilmente le paure e le emozioni avevano avuto la meglio sulla ragione.

"Meglio che ci muoviamo." Quistis indicò la porta, dall'altra parte della classe. "Era quella lì che avevamo segnato."

"Questa non era sulla mappa," aggiunse Zell, ripetendo cose già dette nella conversazione che avevano avuto prima in quella stessa stanza.

"Già..." Le sue parole sussurrate sfumarono nel silenzio.

Si scambiarono un ultimo sguardo, leggendosi a vicenda i pensieri come avevano fatto in tante altre situazioni rischiose. E come due bambini curiosi, riaprirono la porta, assicurandosi di lasciarsi i dubbi alle spalle. In un certo senso, in quel momento non erano dei ventitreenni, ma spauriti bambini di cinque anni timorosi di quello che avrebbero trovato dall'altra parte. E quello che trovarono andava oltre la logica, oltre qualsiasi umano ragionamento... uno stanzino per le scope dei bidelli.

*~*~*~*~*

Rinoa provò una strana sensazione spettrale quando fu lasciata sola con Mitchell. Se avesse potuto arrivare a una pistola, gli avrebbe sparato all'istante, ma adesso un altro fattore le pesava opprimente nella mente... Seifer. Era entrato lì dentro per lei: sapeva che il suo arrivo era stato programmato, mandarlo da solo e senza armi sarebbe stata una mossa incauta, illogica, invece doveva servire come distrazione, ma qualcosa era andato storto... non avrebbe lasciato che lui sacrificasse la sua vita per lei.

Se davvero avessero messo a morte prima Kimberley, questo le avrebbe fatto guadagnare alcuni minuti preziosi. Rabbrividì nel momento in cui pensava alla speranza che un essere umano fosse ucciso prima di un altro. La sua vita non valeva il prezzo che tutti i suoi amici erano disposti a pagare, sarebbe stata dannata prima di perdere un'altra persona a cui teneva. Se c'era una sola cosa che aveva imparato era che gli uomini avevano le loro debolezze. Se i suoi calcoli erano giusti, far finta di sedurre Mitchell non sarebbe stato un compito difficile, almeno dal punto di vista di lui...

L'uomo non aveva detto una parola da quando gli altri erano usciti, il che era una buona cosa; il suono della sua voce le dava il voltastomaco. La prese per mano portandola alla scrivania, e lei si sedette sul bordo. Frugandosi in tasca, il presidente tirò fuori un mazzo di chiavi, cercandone una lunga d'argento. Le sciolse teneramente le manette, poi massaggiò i segni rossi rimasti sulla sua pelle. La ragazza lo guardò negli occhi e gli sorrise con dolcezza, lui stava tremando come un ragazzino lasciato da solo con un'insegnante. Mise a tacere il desiderio di ucciderlo, anche se ogni azione che lui compiva sembrava esasperare l'agitazione che aveva dentro.

Si sentì sollevata quando lui le lasciò andare i polsi e si spostò dall'altra parte della scrivania. Da un cassetto l'uomo tirò fuori quella che sembrava della stoffa bianca; e mentre la dispiegava con cura, Rinoa capì che si trattava di un vestito e di una sorta di scialle di pizzo. Lui li sollevò, come se ne fosse fiero.

"Questi sono stati fatti per la tua esecuzione, ma adesso serviranno per il tuo battesimo. La tua anima sarà per sempre legata alla mia, e insieme saremo una cosa sola. Julia, ho il dovere di informare i tuoi sottoposti che tu sei rinata, e che il giorno tanto atteso è arrivato. Loro saranno tuoi servi, ti onoreranno, e pronunceranno all'unisono i nostri nomi."

La mano di Rinoa si serrò più forte in un pugno: non aveva compreso il vero scopo della sua follia. Non sapeva bene come gestire la situazione, quando era con Bennett poteva almeno ritirarsi in solitudine. In quel momento, avrebbe voluto che l'uomo la picchiasse, le spezzasse le costole, qualunque cosa, piuttosto che mettere in mezzo sua madre. Era più facile sopportare un abuso fisico, ma sentire il nome di sua madre da quelle labbra... era veramente troppo.

Lui distese gli abiti sul tavolo e le fece un cenno con la mano. Rinoa cercò di sorridere con calma, e si piegò a sfiorare la stoffa; sentì la trama del pizzo, e il fine raso in cui era confezionato l'abito.

"Li ho fatti disegnare dai migliori sarti di Deling; la stoffa è importata da Esthar, mentre invece il pizzo è fatto a mano dagli anziani del Popolo degli Shumi. Non ho badato a spese, tu vali ogni guil, angelo mio."

"Sono bellissimi," boccheggiò lei. Erano le prime parole che non fossero una bugia, persino lei riusciva ad apprezzare la maestria degli artigiani e la qualità di quegli abiti cerimoniali. Mentre continuava a passare le dita sull'orlo della stoffa, avvertì la sua presenza che si avvicinava da dietro. Lui le chiuse le mani attorno alla vita e l'attirò con forza contro il suo corpo.

"Devi metterli per me, adesso, non posso aspettare un altro secondo per vederteli addosso."

Lei cercò di pensare ad una scusa per non obbedire, ma aveva bisogno che lui si convincesse della sua sincerità. Si voltò ad accarezzargli il petto con fare seduttivo. "Jefferson, farò tutto quello che desideri, ma, e le tue truppe? E se non mi accettassero? Ho paura che diranno che ti ho sottomesso con la magia, e chiederanno la mia morte."

Lui le posò il palmo sulla guancia, come per rassicurarla che era in grado di proteggerla a qualunque costo. "Angelo mio adorato, nessun essere umano potrà mai farti del male. Se crederanno che tu abbia usato la magia su di me, allora mostragli il vero potere che possiedi, e poi ci penseranno due volte prima di mettere in discussione la tua volontà."

Lei abbassò lo sguardo a terra, quasi fosse imbarazzata. "Ma adesso le iniezioni hanno annullato i miei poteri. Non ho nessun mezzo per difendermi." L'uomo la baciò sulle labbra, e per la prima volta lei non si ritrasse, anche se la reazione più naturale sarebbe stata certo quella di sentirsi male. Il suo tocco le corrodeva l'anima come un veleno mortale, e la sofferenza cresceva di minuto in minuto. Tenne i suoi pensieri ancorati su Squall, e su Allison, e su qualsiasi cosa pura o buona. Fece apposta a lasciare che fosse lui a interrompere il bacio, e guardasse nei suoi occhi castani.

"Rinoa, quelle iniezioni erano solo sperimentali, non abbiamo potuto testarle su un soggetto adatto. I tuoi poteri non sono stati inibiti per davvero; anzi, credo che alcune delle tue naturali capacità dovrebbero ritornare a breve. Ma Julia, come ti ho detto, è tutta pura speculazione da scienziati."

Se non fosse stato per le incoraggianti notizie, sarebbe stata completamente sconvolta dal fatto che nello stesso discorso l'aveva chiamata con due nomi diversi. Che paradosso era, quando lei stessa, solo qualche giorno prima, era stata in bilico tra due identità. Quando si trovava ancora in lotta tra le personalità di Rinoa e Renee, forse la sua mente non avrebbe notato l'evidente errore dell'uomo. Adesso si chiedeva quanto veramente malata fosse diventata lei stessa, o se la realtà avesse ora fatto presa definitivamente sulla sua psiche; aveva paura che in quel gioco avrebbe finito per confondere i contorni del vero. Poteva solo pregare che non accadesse. Prima, nella battaglia per la sua mente, si era sentita tradita, ma adesso la fiducia nel suo cavaliere poteva trattenerla nella realtà... lo sperava.

L'uomo notò la preoccupazione della ragazza, non riguardo a lui, ma per qualcosa che stava combattendo in silenzio dentro di sé. Le sollevò il mento con un dito, per far sì che lo guardasse negli occhi. "Ho la soluzione, tu mettiti i vestiti, e io disattiverò la barriera anti-magia: così, se qualcuno si ribellasse, tu potresti rimetterlo al suo posto."

Non era stata questa la sua intenzione, diavolo, non sapeva più neanche lei quali fossero di preciso le sue intenzioni, ma la cosa poteva essere di grande aiuto per gli altri. Il Presidente non si era certo dimenticato che Squall era nella residenza, o l'attacco di Esthar. Rinoa lasciò che lui la baciasse ancora una volta, e che tornasse dietro la scrivania ad armeggiare al computer. Quando guardò l'orologio che stava sul tavolo, le lancette e il loro ticchettio le ricordarono della corsa contro il tempo in cui si trovava per la vita di Seifer.

Prese i vestiti, e si voltò dandogli la schiena. Mettendo da parte tutto il suo pudore, si tolse la camicetta e la lasciò cadere a terra. Sentiva gli occhi dell'uomo che le bruciavano sulla schiena, e cercava di sbrigarsi senza dare l'impressione di aver fretta. Raccolta la veste di seta, alzò le braccia per indossarla, e se la fece scivolare delicatamente sul corpo; si tolse i pantaloni solo quando fu coperta dall'abito, e li mise nel mucchietto con la sua camicia. Adesso che il suo corpo era quasi del tutto celato, si girò verso di lui a permettergli di vederla abbigliata con la veste di seta.

L'uomo le si avvicinò portando lo scialle di pizzo, che le drappeggiò addosso con amore. Era bellissima, coi capelli scuri in intenso contrasto contro il color cenere della stoffa. Rinoa non ebbe bisogno di chiedergli del campo anti-magia, sentiva già tornare qualcuna delle sue capacità; i suoi poteri si basavano sulle emozioni, e quando la barriera era caduta l'emozione era divenuta quasi impossibile da controllare senza Squall. Non era sicura che potessero funzionare, per via delle iniezioni, e nemmeno voleva correre il rischio. Se avesse permesso al suo lato oscuro di prendere il sopravvento, Seifer ne avrebbe di sicuro pagato il prezzo, e lei non sarebbe mai uscita viva da quel palazzo. Tutto doveva essere preparato con attenzione. Il tempismo era della massima importanza.

Lui la riportò verso la scrivania, facendola di nuovo sedere sul piano. Quando notò un piccolo filo che sfuggiva dalla cucitura della spalla dell'abito cerimoniale, prese dal primo cassetto un paio di forbici. Le modifiche ai vestiti erano state finite solo quella notte: avevano bisogno delle vere misure della donna, non solo di quelle che avevano dovuto indovinare dalle fotografie. Il sarto di palazzo era stato costretto a lavorare tutta la notte perché ogni dettaglio fosse perfetto. Il programma era che quando Rinoa li avesse indossati, Kimberley avrebbe provveduto a ogni aggiustamento dell'ultimo minuto: se la cavava abbastanza con ago e filo, e Mitchell aveva chiesto al sarto di lasciare tutto l'occorrente nel suo ufficio.

Quel piccolo difetto nell'abito sembrava aver agitato il Presidente in modo incredibile, e Rinoa sentiva che stava perdendo il controllo su di lui. Capiva che doveva essere lei ad aggredire sul piano sessuale per un momento, per mettere in moto il suo piano. Fece scivolare una spallina dell'abito, lasciando vedere la spalla e parte del seno. Quel semplice gesto parve calmare il furore dell'uomo, deviandolo su altre strade. Lui le fece scivolare la mano dietro il collo, e attirandola con forza a sé, la baciò ancor più appassionatamente di prima. Lei cercò di rispondere ai baci con altrettanto trasporto, ma si ritrovò a soffocare nella sua stessa bile. E come nel suo peggior incubo, Squall scelse quell'esatto momento per irrompere nella stanza. I due sobbalzarono per quell'improvvisa entrata in scena, e Rinoa non seppe nascondere il suo senso di colpa.

Con un atto che Rinoa poteva descrivere solo come codardia, in un lampo Mitchell la fece scendere di forza dalla scrivania e la spinse davanti a sé come scudo umano. La ragazza tremò di terrore per un istante, ma non sapeva bene per quale motivo... senso di colpa, imbarazzo, o paura della morte? Gli occhi del leone racchiudevano una rabbia che non aveva mai visto, un impeto a cui aveva potuto assistere solo di recente. Squall aveva fatto irruzione là dentro pronto ad attaccare, come se non gli importasse nulla delle conseguenze. Si chiese con angoscia cosa avesse potuto fargli questo, cosa avesse potuto far sì che un uomo d'acciaio si sgretolasse come sabbia.

Era entrato in quella stanza con straordinaria foga, ma la scena che aveva visto doveva averlo colto alla sprovvista, tanto da fargli riguadagnare il controllo. Scioccato, abbassò il gunblade mentre la sua frenesia si trasformava in dolore davanti agli occhi di Rinoa... o almeno, a lei sembrò così.

Mitchell strinse più forte la vita di Rinoa, premendola ancor più vicina al suo corpo. "Lo uccideresti per me, angelo?"

"Certo," rispose lei senza esitazione. Sapendo che Mitchell stava dietro di lei, articolò con le labbra a Squall la parola "Allison", perché non era sicura che in quel momento lui potesse sentirla telepaticamente; non era sicura che i suoi poteri fossero abbastanza forti da permetterle un'altra forma di comunicazione col suo cavaliere.

Squall annuì appena, una volta, senza pronunciare una sillaba. In quell'istante, Rinoa capì la differenza tra quello che sul viso di lui le era sembrato dolore per il tradimento e il dolore che invece provava per averla delusa... per averla costretta a danzare con quel diavolo. Gli sorrise, pur sapendo che lui non avrebbe capito esattamente il perché, ma si rese conto che erano più forti di quanto fossero stati due anni prima a Deling. Questa volta credevano l'uno nell'altra... Aveva già visto quello sguardo anni prima, ma questa volta lo comprendeva. Squall lo sapeva. Allison era al sicuro, e dunque restava solo da liberare Seifer, e poi scappare via da quel maledettissimo posto. In nessun modo lei e Squall sarebbero riusciti ad arrivare in tempo alla prigione, quindi era dell'idea di farlo liberare da Mitchell con qualche pretesto.

Pregò Hyne che Squall capisse. Non sapeva assolutamente se i suoi pensieri l'avrebbero raggiunto, ma non poteva parlare ad alta voce davanti a Mitchell. Devo salvare Seifer, reggimi il gioco... perdonami, ti amo. Il cavaliere sentì la sua strega pronunciare quelle parole nella sua mente, prima ancora di registrare il loro significato.

Lei sollevò la mano verso Squall, gettò la testa sulla spalla del Presidente e rise, una risata crudele. Con un movimento del polso, una scarica di energia partì dal palmo, e seguì il suo percorso come un fulmine lungo un'asta di metallo. Squall sentì una scossa attraversare il suo corpo, e si artigliò il torace in preda al dolore. I suoi occhi incontrarono quelli di lei, e si accorse che il cuore gli martellava nel petto, se fosse per l'elettricità che gli correva nelle vene o per quello che aveva fatto Rinoa, non lo sapeva. Avvertiva soltanto il dolore.

E poi, il buio.

Rinoa rimase sconcertata per il potere che era riuscita a usare. Per un momento, il suo mondo si offuscò un poco, come se stesse uscendo dall'effetto di un'euforia indotta da qualche droga: il suo corpo non era davvero abituato a usare tanta energia, tanto meno in una situazione come quella. Avrebbe voluto girare lo sguardo su Squall, per assicurarsi che fosse tutto a posto, ma era certa che aveva retto il colpo, e che i G.F. lo avrebbero protetto da ulteriori danni. Tra pochissimo avrebbe capito le sue intenzioni, e le avrebbe retto il gioco fino al momento di colpire. Sentì Mitchell allentare la morsa della sua presa dal suo corpo, per farla girare e guardarla in viso. Adesso sembrava un leone rivale che avesse appena affermato il suo dominio uccidendo l'altro... che uomo presuntuoso, stupido e senza spina dorsale.

Sorridendogli, Rinoa si passò le dita sottili fra i capelli, con aria sensuale, scherzando, "è sempre stato un palo nel culo, in ogni caso."

Il Presidente sembrava quasi sbalordito dalla sicurezza delle azioni della sua amata. Lentamente, si separò dal suo trofeo, sfiorando con le dita quelle di lei mentre si avvicinava al guerriero caduto. Abbassò lo sguardo su di lui, non avrebbe potuto essere più soddisfatto del risultato. Aveva finalmente accanto a sé la persona che lo aveva ossessionato in tutti quegli anni, e l'uomo che una volta gli aveva messo i bastoni fra le ruote non costituiva più una minaccia. Inginocchiatosi accanto al corpo di Leonhart, Mitchell raccolse uno dei preziosi pezzi del suo santuario, la copia del gunblade che dava lustro alla sua collezione. Perché quell'arma racchiudesse un fascino così profondo, neanche lui riusciva a capirlo... ma il desiderio di possedere Rinoa era forte, anche se il corso degli eventi lo aveva costretto ad imitare un altro uomo.

Mitchell passò la mano sull'impugnatura, poi seguì la sagoma dell'arma fino al punto dove finiva il revolver e cominciava la lama. Appoggiò l'indice sul bordo argenteo, lasciando che il filo tagliente come un rasoio gli incidesse la pelle. Era un atto intenzionale, come per commemorare l' 'uccisione' attraverso una specie di giuramento di sangue con lei. Tornò dalla ragazza, dopo aver lasciato il gunblade su un tavolo vicino.

Sollevò la mano di fronte a lei e fece scorrere il dito con lentezza sulle sue labbra, lasciando che il sangue le entrasse in bocca. Rinoa sentì quell'amaro quasi metallico in bocca, e, mentre il disgustoso liquido occupava tutti i suoi sensi, la comprensione della follia di quell'uomo divenne schiacciante; non pensava più di poter trattenere il suo ovvio ribrezzo. Doveva farla finita alla svelta, per prendere l'iniziativa e fare in modo così che Seifer venisse risparmiato. Avvicinandosi di un passo alla scrivania, si fece nuovamente cadere la stoffa dalla spalla. Si girò dall'altra parte di scatto, quasi giocosa come una gatta, e saltò a sedere sulla scrivania togliendosi del tutto lo scialle di pizzo.

"Non abbiamo bisogno di Leonhart, ma io potrei aver bisogno di quell'altro."

Guardò Mitchell maliziosa, facendogli segno col dito di avvicinarsi. "Quel tipo, Almasy, lui era il cavaliere di Artemisia, lui saprà come trattarmi... proprio come te." Lo sfiorò col dito dal petto su fino al collo. "Risparmialo, puoi tenerti questo come trofeo. È già morto." Accennò con la testa all'uomo disteso sul pavimento.

"E tu?" le chiese Mitchell in un sussurro prima di chinarsi verso di lei, le loro labbra che quasi si toccavano. "Tu cosa vuoi come trofeo?"

Di nuovo, lei rise forte, con fare provocante. "Risparmia Almasy... e lo scoprirai. Ho bisogno di lui, proprio come ho bisogno di te."

Lui annullò la loro distanza baciandola, come aveva fatto prima. Stavolta Rinoa rispose, stavolta fu lei a mordergli il labbro con passione. Sapere che era quasi finita era l'unica cosa che la faceva andare avanti; sperava solo che alla fine Squall avrebbe capito. Rinoa si piegò all'indietro e mise la mano sull'interfono. "Prima che ci lasciamo andare un po' troppo, chiama... risparmialo." Mitchell si allungò, schiacciandola con tutto il suo peso, a raggiungere il pulsante.

"Sì, signor Presidente, comandi."

Tra i baci violenti, cercò di parlare. "Sì... ho cambiato idea... Almasy potrebbe servirci... fatelo scortare qui..."

"Signore, stiamo per dare il via all'esecuzione..."

"Discuti le mie parole? Vuoi che sia la tua la prossima morte che ordino?"

"No, signore." La voce dall'altra parte vacillò appena. "Lo portiamo subito su nel suo ufficio."

"No, dammi una ventina di minuti." Fece un sorrisetto provocatorio a Rinoa, e premette i loro corpi ancora più vicini. "...Poi portatelo... da me... abbiamo trovato un modo di impiegarlo."

Sapendo che aveva appena fatto guadagnare a Seifer un po' di tempo prezioso, sufficiente a salvarlo, Squall avrebbe colto il segnale della sua strega. Rinoa attese per un attimo la sua risposta, aprendo un occhio per assistere all'imminente attacco. Non dubitava minimamente dell'abilità di Squall come cavaliere o come comandante militare di capire quando avevano intrappolato il nemico.

Toglimi questo bastardo di dosso! gli gridò infine la sua mente, quando non riuscì più a sopportare la disgustosa tortura. Ogni secondo di quell'incubo la stava uccidendo, ogni secondo la stava respingendo più giù nel mondo da cui era fuggita. Rinoa cercava di sopravanzare l'orrore, aggrappandosi a tutto quello che aveva insegnato a se stessa.

Squall!? Ancora niente... né nella sua mente, né un rumore da terra. Hyne, ora... Squall... ti prego! Non ce la faccio più... ti prego.

Si girò solo quel tanto che le bastò per vederlo ancora giacere privo di sensi sul pavimento. Non avrebbe dovuto essere così, non era mai successa una cosa simile prima... aveva usato più energia contro Richard Bennett la notte che era scappata a Trabia, e l'aveva solo frastornato per qualche minuto, senza che lui fosse svenuto. E adesso fisicamente era più debole, con qualche strana sostanza che le correva nelle vene.

Era solo un caso, una tattica di combattimento... E poi ricordò, ricordò una cosa che aveva trascurato... in presenza del suo cavaliere i suoi poteri si moltiplicavano, e lei diventava più forte. Non aveva valutato le sue capacità, né che la sua magia si sarebbe moltiplicata per dieci usata su di lui. Quando vide che continuava a restare disteso là senza muoversi, pensò finalmente all'impensabile... poteva averlo appena ucciso davvero.

*****
Note delle traduttrici: capitolo betato da Alessia Heartilly. Vi prego, come per il capitolo precedente, non fate spoiler di nessun tipo nelle recensioni a questo capitolo, sempre per il solito discorso. Questo significa: per favore non fate nomi! Se non per rispetto degli altri lettori, almeno per rispetto di Ashbear che s'è fatta un mazzo tanto per scrivere questa storia e ottenere certi effetti sorpresa! Nel caso vedessi recensioni spoiler, le farei cancellare, lo dico subito^^
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Citazione di apertura: da The Dance, una canzone di Garth Brooks.
Ricercando il ricordo
della festa che abbiamo trascorso sotto le stelle.
Per un momento tutto il mondo sembrava giusto,
come avrei potuto sapere che non mi avresti detto addio?
E adesso sono contento di non averlo immaginato, in che modo sarebbe finito tutto,
in che modo sarebbe andata ogni cosa. È meglio lasciare al caso le nostre vite -
Avrei potuto risparmiarmi il dolore, ma mi sarei perso la festa.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 40
*** XL. Odio ***


When the fight begins within himself,
a man is worth something.

--Robert Browning

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ XL. ODIO ~

Non c'erano parole per esprimere quanto confusi si sentissero; i tre fissarono lo sgabuzzino completamente scioccati. Non era come essere pazzi, c'erano stati tutti in quel corridoio... anche Seifer e Squall erano arrivati nelle sue profondità. Forse c'erano una sorta di complicato proiettore olografico che proteggeva l'esistenza del passaggio, e che era stato danneggiato durante l'attacco di Esthar. Forse l'allucinazione aveva qualcosa a che fare con il campo antimagia: anche se nessuno ne aveva mai sentito parlare, non era impossibile, giusto? Quistis strinse più forte la maniglia, la presa che si faceva più salda man mano che nuove possibili soluzioni le venivano in mente.

Il suono di una chiave inserita nella porta più lontana li fece temporaneamente distogliere i pensieri dalle domande a cui non sapevano rispondere. All'unisono rientrarono tutti nello sgabuzzino, anche se si sentivano a disagio nel farlo. Quando Zell entrò, inciampò col piede in uno straccio per pavimenti che stava per terra, cosa che fece completamente svanire la teoria di Quistis del proiettore. Qualunque cosa ci fosse lì dentro era definitivamente solida, e non proiettata.

Quattro soldati entrarono in classe, chiudendo la porta dietro di loro. Quistis riusciva a sbirciare un po' attraverso il buco della serratura, abbastanza da capire che i quattro non erano lì per ragioni ufficiali. Uno tirò fuori un pacchetto di sigarette, e lo fece passare agli altri. Tre si sedettero sui banchi, e il quarto sembrava fare da palo verso la porta che dava sul corridoio principale. Era ovvio, dal loro comportamento, che non avrebbero dovuto essere in pausa sigaretta. Se anni di addestramento avevano insegnato qualcosa alla giovane SeeD, era proprio che quel tempo libero non era certo autorizzato. Era stata una situazione quasi quotidiana, quando era insegnante; che fossero studenti al Garden o membri dell'esercito di Galbadia non sembrava far molta differenza. Il comportamento umano di base era universale.

I tre rimasero in silenzio, mentre la conversazione dei soldati sembrava riverberare nell'aula vuota. Non che parlassero ad alta voce; le loro voci echeggiavano a lunga distanza per il vuoto nella stanza.

"Questo è fottutamente incredibile! Prima passiamo due anni a cercarla e adesso prendiamo ordini da lei?"

"Sai, ho sentito dire da alcune delle guardie personali di Mitchell che è completamente ossessionato da lei... in una maniera veramente spaventosa."

"Mio fratello lavora nell'unità Alpha-Blu, e ha detto che quel pazzo ha persino una specie di altarino per lei, o una cosa così... ma è 'guardare e basta'. Anche solo a parlarne ci si becca una pallottola."

"Ne ho sentito parlare una volta, immaginavo che fosse un altro dei pettegolezzi infondati che girano."

"Oh, e che dire di quel tipo, Almasy, che stanno per uccidere? Caleb, tu non lavoravi per lui una volta?"

Al suono del nome di Seifer, Quistis si irrigidì e il suo cuore si fermò a metà di un battito. Fu solo dopo un microsecondo che la parola 'uccidere' venne registrata dalla sua mente, e all'improvviso il suo mondo crollò. No fu l'unica parola che le correva ripetutamente in testa. Lo sgabuzzino in cui stavano, a differenza del corridoio, non era completamente al buio. Strisce di luce entravano dalle fessure dello stipite, permettendo loro di vedere l'uno la silhouette dell'altro.

Quistis si fermò quando sentì qualcuno che si avvicinava a lei, e fu ancora più sorpresa quando la figura le mise un braccio intorno. Poteva capire dal tocco che era femmina, e fu sorpresa quando Alex le si inginocchiò accanto offrendo il suo silenzioso supporto emotivo. Era davvero stata l'unica amica di Rinoa durante tutta la faccenda, e non aveva nessuna ragione al mondo per dare conforto alla sua 'nemica', ma era quello che stava facendo.

E in quel momento, l'insegnante notò per la prima volta le somiglianze che Alexandra condivideva con la sorella più grande che non aveva mai conosciuto. Non era la persona schietta e a volte brutale che aveva del tutto ignorato Quistis negli ultimi giorni. Il cuore umano poteva sopportare solo fino a un certo punto, prima di sentire il desiderio di allungarsi agli altri; Ellione ne sarebbe stata orgogliosa. È difficile pensare di perdere qualcuno che ami: quel linguaggio è universale, anche per qualcuno la cui conoscenza non va oltre la condivisione dell'ossigeno nel nascondersi in uno sgabuzzino. Alex non disse una parola, né offrì più del conforto di far sapere a Quistis che non era sola... ma era abbastanza. Lottando contro le lacrime, ascoltò i soldati che continuavano a conversare.

La sua attenzione tornò alla scena esterna con un po' più di urgenza. Guardò la guardia che sembrò indugiare sull'ultimo tiro della sua sigaretta prima di rispondere.

"Lavorare per lui? Questo è molto lontano dalla realtà; lui non era che una marionetta. È stato quando l'ultima strega ha preso il potere. All'inizio fui assegnato alla squadra di sicurezza agli ordini di Vinzer Deling, fino a che Edea non gli ha fatto il culo. Non pensate che questi tipi imparino... vai a letto con la strega e muori? Dieci bigliettoni che questa qui stende Mitchell entro le ventiquattro ore. La storia non insegna niente a questi cretini?"

"Quindi Almasy è andato a letto con l'altra strega, eh? Piuttosto bizzarro."

"Quello non lo so... diamine, non so nemmeno se voglio saperlo! So solo che il tipo è saltato fuori dal nulla comportandosi come se fosse Hyne in persona... personalmente tifavo per Leonhart alla parata. Merda, sapete quanto ci è voluto per mettere insieme la piattaforma? Ci sono servite tre dannate settimane per costruirla. Una piattaforma... per un'intera parata, uno pensa che questi tipi almeno un indizio l'avrebbero avuto."

La guardia alla porta era rimasta in silenzio, ma dato che l'argomento era il loro ex leader e cavaliere, non poté evitare di dire la sua.

"Anche io ho lavorato con Almasy, lottato ai suoi ordini quando Balamb ha attaccato Galbadia, quel tipo mi ha fatto saltare da una dannata motocicletta tra i due Garden che volavano... idiota. Non mi dà fastidio vederlo ammazzato, era uno stronzo fatto e finito. Diamine, a dire il vero pagherei per essere in prima fila... però tipo mi mancherà l'altra figa... era un bel vedere."

"Ho sentito che se la faceva con tutto lo staff del Presidente... mi sa che è per questo che la ammazzano per prima, eh?"

"Piuttosto divertente che saranno ammazzati alla prigione del palazzo di fronte a tutti. Lui probabilmente ha rotto i coglioni a metà di loro e lei probabilmente si è scopata l'altra metà."

La porta si spalancò, dato che il palo aveva momentaneamente abbandonato la sua posizione. Tutti e quattro si misero sull'attenti gettando via la prova del loro vizio. Non funzionò. Ricevettero una severa ramanzina, seguita da una formale recita delle regole galbadiane di condotta militare. Dopo quello che sembrò un centinaio di articoli e sezioni che venivano letti, il superiore consegnò a tutti dei fogli, informandoli che avrebbero copiato le parole su carta.

Sembrava che il loro destino sarebbe stato suggellato in uno sgabuzzino, e quello di Seifer in una cella di prigione.

"Dannazione!" la voce di Zell si alzò più di quanto volesse. Sarebbe stato l'ultimo ad ammetterlo ad anima viva, ma in un modo o nell'altro l'idea di Seifer che veniva ucciso non era allettante come lo era stata quattro giorni prima.

"Hey, sembra che quel tipo uccello del tuono nella mia testa faccia un gran casino tutto all'improvviso." Alex si strinse le tempie per la sensazione estranea, e per l'irritazione provocata dal Guardian Force che parlava ancora in un incomprensibile dialetto.

"Io non sento niente di diverso."

"Un attimo, Zell: noi ci siamo abituati. Forse la barriera antimagia è di nuovo disattiva."

"E allora perché Ifrid non lo dice e basta?"

"Loro ci sono per farci da supporto nei nostri viaggi, non per dirci tutto. Alcune cose dobbiamo comunque impararle o scoprirle da soli."

Nell'aula, le quattro guardie si sedettero ai banchi mentre affrontavano l'agonia di copiare le regole parola per parola. Nessuna sentì il lieve cigolio della porta, o la parola "Morfeo" fino a che non fu troppo tardi...

Se Selphie aveva un pregio, era che le sue idee non avevano scadenza... come quella di rubare tre uniformi galbadiane. A differenza di poco prima, quando avevano reso le guardie di pietra, questa volta lavorarono insieme per tenere gli uomini indisposti... e incapaci di contrattaccare. Ora tre delle quattro guardie non indossavano altro che magliette e boxer... la quarta aveva ancora l'uniforme, e la dignità, intatta... una cosa così. Tutti e quattro vennero legati e imbavagliati, e poi messi con cautela nello sgabuzzino. Un'ultima magia Morfeo venne usata per buona misura, e poi i finti soldati furono liberi di camminare alla cieca nei corridoi.

Il viaggio verso la cella avrebbe potuto durare dieci minuti, ma nella loro urgenza coprirono la lunga distanza in meno di tre, Anche se l'immediata minaccia di pericolo era scemata, per il momento, gli ufficiali di Deling sembravano più cauti per una seconda ondata di attacchi da Esthar o Balamb. Quindi vedere truppe sparse che correvano nei corridoi era cosa comune, e la loro fretta si confuse nella massa.

*~*~*~*~*

Non aveva mai immaginato che gli ultimi momenti della sua vita sarebbero stati così... forse qualcosa di più grandioso, o per lo meno non morire in una prigione infestata dai topi. Seifer sedeva sulla dura superficie di cemento che era sia una panca sia un letto per la maggior parte degli ergastolani. Aveva visto la sua parte di celle di prigione, ma questa era la peggiore di tutte. Dato che era nascosta nelle mura del Palazzo, i diritti civili non venivano applicati o venivano completamente ignorati, e secondo i più comuni standard la prigione non era meglio di una segreta medievale. Era il posto che il tempo dimenticava, e in pochi momenti anche lui sarebbe stato un ricordo contenuto tra le quattro mura.

Si fece correre una mano tra i capelli, e poi appoggiò la testa contro il vuoto della parete di mattoni. Davvero la sua fine doveva essere così? Si promise una cosa, non avrebbe lottato... se era questo che il destino aveva deciso, gli si sarebbe sottomesso per sempre. Aveva dato tutto quello che poteva negli ultimi giorni, forse più di quanto lui stesso sapeva che c'era dietro la sua maschera di freddezza.

Si chiese se Rinoa era al sicuro, si chiese se Squall l'aveva raggiunta. Avrebbero avuto il finale da favola che lei aveva spesso sognato, quando passavano le loro giornate estive seduti sulla spiaggia? Anche se Seifer non era la sua anima gemella, era felice di averla incontrata, era diventato una persona migliore conoscendola. In qualche modo, immaginò, qualunque cosa quei due avessero... non sarebbe mai stata da favola, ma qualcosa di molto più appassionato con alti altissimi e bassi bassissimi, una cosa che sarebbe stata una prova durissima per qualsiasi anima umana... Eppure, sarebbero arrivati alla fine del sentiero... se il fato l'avesse permesso.

Rifletté su Alexandra, si chiese se Zell sarebbe mai stato in grado di sopportare il suo carattere forte. Rise tra sé e sé quando realizzò che lui e Alexandra avevano quasi lo stesso senso dell'umorismo sardonico; scommetteva che sentire quel paragone avrebbe veramente ucciso l'esperto di arti marziali. Diamine, quel tipo si era preso una pallottola per lei, il primo giorno; a lui erano serviti quasi diciotto anni per arrivare a quel punto con qualcuno. Poteva averlo stuzzicato moltissimo, ma alla fine Seifer ammirava enormemente Zell, e in qualche modo desiderò essere stato più uno spirito libero, come lui...

Rifletté su tutti quelli che erano rimasti indietro, non per scelta ma per le circostanze. Il Garden avrebbe accordato la grazia a Fujin e Raijin? Anche nelle ore più oscure, l'ex-cavaliere aveva creduto in Cid. Per quanto lui e il preside avessero discusso nel corso degli anni, quando si arrivava al punto credeva alla parola dell'uomo. Forse quei due la pensavano troppo allo stesso modo su certe questioni, quelle in cui le regole trattenevano Cid, mentre Seifer ci camminava sopra coraggiosamente. Credeva che Cid ed Edea ce l'avrebbero fatta ad affrontare quegli eventi, proprio come avevano sempre fatto... forse non del tutto intatti, ma comunque sopravvissuti.

Pensò a Selphie, la piccola porta-messaggi che aveva conosciuto appena in quegli ultimi anni, e a Irvine, l'uomo galbadiano che aveva preso il suo posto al Garden quando le carte si erano girate. Anche quei due avevano qualcosa di speciale tra loro, ma la loro passione non sembrava mai mostrata apertamente come per lui o per Leonhart. Erano più stabili, ma non per questo meno solerti degli altri. Poteva capire perché Squall si fidasse di loro, se il destino fosse stato crudele e Allison fosse rimasta orfana.

Poi pensò alle innumerevoli masse senza nome che aveva incontrato nel corso degli anni... alcune che aveva ucciso, altre che aveva risparmiato, e altre ancora che non erano nulla più che macchie nella sua memoria. Questa era l'eredità che lasciava: il fallimento, l'inganno, e miriadi di cuori dolenti.

Fece tutto... tranne pensare a lei.

Aprì gli occhi nella sua condizione di stanchezza quando un forte 'bang' risuonò nella stanza. Due uomini erano in piedi alla porta della sua cella e aprivano la serratura. Lo afferrarono, gettandolo a terra. Il primo uomo gli diede svariati calci nelle costole, mentre l'altro rimaneva alla porta e rideva. Alla fine lo afferrarono e lo tirarono in piedi. Ammanettato, fu scortato nella stanza centrale nella parte superiore della prigione. Queste celle sembravano destinate alla custodia, più che alla prigionia a lungo temine, dato che molti uomini erano stipati in una sola stanzetta.

Guardò il pavimento, notando uno scolo dove scorreva un rivolo di sangue scarlatto. Seguì il flusso con gli occhi, fino a che finirono alla fonte del sangue. Un corpo femminile veniva trascinato via, e il sangue usciva libero dalla sua tempia. La testa non era più riconoscibile, ma il vestito era quello della donna che c'era di sopra con Mitchell. Era così che doveva finire la sua vita? Trascinato via come la spazzatura del giorno prima?

Gli legarono le mani dietro la schiena, non con le manette, stavolta, ma con della corda... corda che tirarono così stretta da fonderla con la sua pelle. Lo misero in ginocchio e poi lo bendarono, il perché non avrebbe saputo dirlo... ma forse al buio avrebbe trovato un po' di solitudine.

Ma al buio non poteva evitare di pensare a lei.

La sua mente correva come un proiettore in cui scorreva il film della sua vita. Era vero quel che dicevano sulla vita che ti passa davanti agli occhi; forse è perché così, negli ultimi momenti, si sa davvero che tipo di persona si è stati... anche se la risposta non è quella che si vorrebbe. Ma tra tutto il male, lei sarebbe sempre rimasta il bene. I suoi capelli che svolazzavano nella brezza di Balamb una settimana prima, i momenti sulla barca, le conversazioni infinite, le cose che non osavano dirsi l'un l'altro, i battiti dei loro cuori che danzavano insieme a Dollet, e nulla era più memorabile della sensazione della pelle di lei sulla sua.

"Hai un ultimo desiderio?" chiese il boia; non che gli importasse della risposta, a lui non fregava niente comunque.

Lui volle uscirsene con un battuta di spirito, con una replica tagliente, così l'avrebbero ricordato per sempre... ma non lo fece. Scosse la testa una volta in cenno di diniego; ecco, c'erano... Voleva lasciare questo mondo in un silenzio pacifico, pensando all'unica cosa buona che ci aveva trovato... Quistis.

"È tuo diritto, amico. Non farmi troppo casino sul pavimento, ok?" Sentì che l'uomo indietreggiava di alcuni passi, e poi sentì che la pistola veniva caricata...

"Fermo!" Gridò un'altra voce da dietro di lui. "Non crederai mai a questa merda: Mitchell rivuole indietro questo tipo."

"Ma che diavolo? Che gli passa in quella mente del cazzo adesso? Spero che non voglia indietro pure l'altra figa, ma conoscendo questo pazzo, non gli interesserebbe se non sta respirando."

"Guarda, abbiamo solo ordine di riportarlo su... non chiedere a me. Se non lo facciamo saremo i prossimi sulla lista sempre mutevole di Mitchell."

Seifer sentì che qualcuno lo tirava in piedi e levava la benda. Fino a quel momento, mai una cella di prigione gli era sembrata il paradiso. La sua mente corse, cercando di capire tutto ciò che era successo, ma andava oltre la sua comprensione... anche lui lo sapeva. Cosa aveva fatto cambiare idea a Mitchell? Cosa aveva fatto Rinoa? Sperava che qualunque cosa fosse sarebbe stata perdonata dagli altri.

Lo portarono fuori dall'area della prigione, e la guardia gridò in direzione di altri tre soldati di passaggio. "Hey voi, dovete scortare questo prigioniero all'ufficio del Presidente. Fate il giro lungo... ha altri affari ufficiali da controllare in questo momento."

Gli uomini fecero il saluto militare mentre completavano il trasferimento del prigioniero. Seifer vide il tutto come un'occasione per scappare; ora aveva solo i polsi legati. Come se la guardia potesse intuire i suoi pensieri, si voltò verso il prigioniero e disse, "ora non fare il gallinaccio del cazzo che prova a scappare."

In nessun altro momento della sua vita la voce di Zell gli era sembrata così confortante, e a giudicare dalla stazza delle altre due guardie, aveva un'ottima idea della loro identità. Camminarono lungo il corridoio verso una rampa di scale, senza mai rompere l'illusione a cui tutti credevano. I quattro entrarono in una stanza vuota, chiudendo la porta dietro di sé.

Quistis fu la prima a togliere l'elmetto; i capelli sudati le si appiccicavano alla faccia. Era come se non potesse più controllare le proprie azioni, e gettò a terra l'elmetto afferrandolo con forza, stringendolo a sé. Le loro labbra si incontrarono e la sensazione di essere vivo si irradiò nel corpo di Seifer. Quando si separarono, si fissarono semplicemente negli occhi.

"Giusto perché tu lo sappia, non ho mai baciato nessuno in uniforme di Galbadia prima d'ora," disse Seifer con un sorrisetto, alzando un sopracciglio.

"Credo che dovrei esserne felice," sussurrò lei facendogli scorrere la mano sulla mascella. "Dio, ho pensato che..." le parole svanirono mentre appoggiava la testa contro il suo petto.

"Lo so... anch'io." Voleva stringerla, cingerla con le braccia, ma erano ancora ostacolati dalle corde. "Uhm, ragazzi, pensate che uno di voi possa slegarmi?"

*~*~*~*~*

"Oh Hyne, Squall!" Le parole le sfuggirono, mentre cercava di spingersi via Mitchell di dosso. "No!"

Riuscì a sgusciare via da sotto di lui, correndo verso il suo cavaliere caduto. Con immensa forza, fu immediatamente strattonata all'indietro per il polso. Sentì uno scatto nella spalla, ma ignorò il dolore. Prima che lei potesse rendersene conto, Mitchell le aveva messo una manetta al polso. Mentre cercava di lottare fisicamente con lui per levarselo di dosso, le sue capacità magiche divennero di nuovo dormienti, e la fatica mentale e la stanchezza stavano avendo la meglio.

"Squall! Ho bisogno di te!"

"Pensavo che avessi bisogno di me? Dannazione a te, puttana bugiarda... e ora cosa dovrei fare?"

"Muori," boccheggiò lei tra le lacrime, "muori e basta."

Lui la schiaffeggiò, lasciando un segno che le copriva tutta una metà del viso. Lei non fece nemmeno una smorfia per il dolore; non registrava nulla in quel momento a parte Squall. "Grazie a te l'unica persona che poteva sopportare i tuoi poteri adesso è morta. Cosa ti aspetti che faccia? Devo trovare qualcuno che seguirà i miei ordini, qualcuno che questi imbecilli seguiranno nel potere."

La guardò mentre chiudeva con forza la seconda manetta al suo polso. "Tu... sarai tu. Posso distruggerti, ucciderò chiunque ami o di cui ti è mai interessato, uno alla volta. Ricorda che li conosco tutti, dai tuoi amici dei Gufi del Bosco a tua figlia Rinoa... ognuno morirà fino a che sarai la mia serva. Mi conosci, sai cosa sono capace di fare... ricordi quell'impiastro di marito che ho ucciso al Garden di Balamb? Prima ho usato il metodo sbagliato... ti avrò. Sarai mia."

"Sono Rinoa, dannazione!" Le parole erano più per rassicurare se stessa, in quel momento: aveva paura di perdere la sua stessa realtà. Tra i singhiozzi urlò, "Julia era mia madre, Allison è mia figlia, e Squall è il mio... oh Dio... cos'ho fatto?"

A quelle parole, lui la fece girare e la gettò sulla scrivania. La testa colpì la superficie dura con una tale forza che per un momento la vista le si annebbiò per il colpo e quasi perse i sensi. Mitchell la strinse con forza all'avambraccio, lasciando segni rossi ad ogni tocco. Questo, questo era già successo... troppe volte. Conosceva bene questo, sapeva cosa stava per succedere. Lo aveva affrontato in passato, ma ora no. La vista tornò di nuovo nitida, e lei cercò di distogliere lo sguardo, ma lui le afferrò veloce la mascella costringendola a guardarlo negli occhi. Con l'altra mano, strappò lo spallino sottile, levandole completamente la stoffa dalla spalla. Alla fine lasciò andare la presa salda sulla sua mascella, e usò quella mano per alzare la stoffa dal basso, sopra le ginocchia di lei. Lei cercò di scalciare, ma non serviva, dato che lui era molto più forte e dominava la situazione. Voltò la testa, stavolta, senza che lui glielo impedisse, dato che era preoccupato da altre cose.

Poi le vide: un leggero riflesso metallico alla coda dell'occhio. I suoi pensieri tornarono a Deling, a quella drogheria all'angolo... a dove aveva rubato un paio di forbici. Aveva pensato allora che erano la cosa più simile a un'arma che potesse trovare, per un'emergenza sarebbero servite, e ora come ora potevano essere la sua unica salvezza. Le mani erano ancora ammanettate di fronte a lei, ma mentre lui era impegnato a strapparle il vestito, lei colse l'occasione per alzare le braccia sopra la testa.

Cercò di rotolare sul fianco, dato che erano a pochi millimetri dalle sue dita. Che fosse stato un miracolo o il destino, non lo avrebbe mai saputo. Rinoa non sapeva come, ma riuscì ad afferrare l'impugnatura circolare. Le forbici da sarto erano molto più pericolose di quelle che aveva rubato; erano così affilate da poter reggere il confronto con un coltello. Chiuse gli occhi, mentre stringeva il metallo freddo nella mano.

Perdonatemi, pregò gli dei o chiunque avesse ascoltato. Rinoa aprì gli occhi, piantandogli con forza un ginocchio contro l'inguine. Lui boccheggiò per il dolore, liberandola dalla sua stretta per un momento. E un momento era tutto quello che le serviva. Lo guardò dritto negli occhi, nella sua anima di tenebra. "Non sarò mai tua!" Con una forza sconosciuta, gli ficcò le forbici nel petto. Sentì l'arnese affondare in profondità nei suoi muscoli e attraverso le costole... e poi le spinse ancora più a fondo.

Il sangue scarlatto fuoriuscì, lasciandole sull'abito bianco strisce del suo peccato.

Aveva ucciso, non come strega, ma come avrebbe fatto un qualunque essere umano. I loro occhi non si separarono mai, e per quanto provasse lei non sentì il minimo rimorso. Un brivido la percorse quando capì quanto si sentiva indifferente adesso... quando odio le annebbiasse l'anima.

Mentre Mitchell afferrava l'arnese di metallo che gli usciva dal petto, la porta fu spalancata con forza tremenda. Rinoa distolse lo sguardo dall'uomo morente, mentre il sangue ancora le copriva le mani. Quistis fu la prima ad entrare, seguita dagli altri tre. Le due donne per un momento si guardarono come incantate: l'evidenza della colpa era chiara sul vestito macchiato di Rinoa.

Distogliendo l'attenzione, Rinoa guardò la sua vittima che lottava per gli ultimi respiri. Jefferson Mitchell cadde al suolo, prima che i suoi occhi si chiudessero lentamente. Lei guardò ogni secondo, ogni respiro. Era un incanto da cui non poteva liberarsi; completamente in silenzio, completamente immobile, e completamente svuotata di emozione.

"Hyne," sentì Alex invocare nel silenzio. "Squall... qualcuno ha forti magie di recupero?"

Le parole riportarono Rinoa a ciò che la circondava. "Squall," sussurrò piano, prima di dire con più urgenza, "Squall?" Corse al suo fianco, cadendo sulle ginocchia accanto al suo cavaliere. Lo prese tra le braccia, più o meno come aveva fatto dopo la compressione temporale. Le manette lo rendevano più difficile stavolta, ma non l'avrebbe lasciato andare... non ora, mai.

"L'ho ucciso, l'ho ucciso." Si dondolò avanti e indietro, stringendo il suo corpo, cantando quella litania ad alta voce.

"No," disse Seifer mettendo l'indice sulla gola del Comandante. "Sembra che tu l'abbia messo un po' ko... o un po' tanto... ma starà bene. Dagli solo un momento. Sai se la barriera antimagia è attiva?"

"No... non lo è," disse mentre le lacrime cadevano sul viso di lui, tracciando sentieri sulla sua pelle. Il sangue in eccesso che le copriva il corpo ora stava penetrando nella scura giacca dell'uniforme che Squall indossava. Seifer si chinò, usando un'Energiga, che si irradiò lentamente dalle sue mani con sfumature vibranti color lavanda.

"Dagli un minuto." Seifer guardò Rinoa, sistemandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio. "Come, come hai fatto a convincere Mitchell a far fermare la mia esecuzione... un altro secondo e sarei..." Le parole svanirono; faticava ad accettarle, o forse era ciò che aveva portato alla sua liberazione che non accettava.

"Ho fatto quello che dovevo," sussurrò lei. Lui rimase in silenzio, accettando la sua risposta. Sapeva che qualsiasi cosa avesse fatto era quasi costata la vita di Squall.

"Abbiamo una registrazione audio di Mitchell e Kimberley, forse ci saranno abbastanza prove qui," disse Quistis. Era andata al cappotto di Seifer, lo aveva preso, e ne aveva estratto il registratore. Premendo lo stop, tornò indietro e allungò il cappotto al suo proprietario legittimo.

Alex si inginocchiò e mise un braccio intorno a Rinoa, cercando di offrirle tutto il conforto che poteva. In silenzio, la ragazza più giovane appoggiò la testa sulla spalla dell'amica, accettando il gesto per tutto quello che valeva.

"Rinoa, c'è una conferenza stampa tra circa trenta minuti, e grazie ai contatti di Seifer, avranno un nuovo scoop. Domattina tutto il mondo saprà del suo piano per i tuoi poteri, e quello che ti ha fatto... e quello che ha fatto a tuo padre. Forse allora potrà esserci una sorta di chiusura, e Galbadia potrà iniziare ad andare avanti."

"Hey, tu." Rinoa abbassò gli occhi scioccata verso la persona ora cosciente tra le sue braccia. "Non è stato molto carino..." Riuscì a farle un inusuale, ampio sorriso, solo per lei. Si portò una mano al viso e si sfregò gli occhi. "La prossima volta che userò Quetzal ci penserò due volte."

"Sei il benvenuto se rivuoi il tuo GF... mi sta facendo impazzire," intervenne Alexandra guardando il Comandante SeeD. "Contenta di riaverti tra i vivi, Squall."

"Puoi ben dirlo," aggiunse Zell, chinandosi. Squall fece un gesto con la mano, dando segno di aver sentito prima di tornare a guardare la persona che lo stringeva.

"Ti amo," sussurrò. Poi per la prima volta cercò di fissare Rinoa negli occhi, ma poi le si voltò e lui capì. "Tu... tu lo hai ucciso." Lei si morse il labbro annuendo, nascondendo il viso ai suoi occhi, piena di vergogna. Lui si allungò, cercando di pulire il sangue dal viso di lei, ma riuscendo solo a spalmarglielo sulla guancia. "Va bene così... hai fatto quello che dovevi."

Lei grugnì per l'ironia delle stesse parole che aveva detto a Seifer, pensando che aveva pensato la stessa cosa due anni prima quando era scappata. Aveva fatto quello che doveva, faceva sempre quello che doveva... Per un minuto, fu felice che Squall non avesse visto quel peccato insanguinato, o l'atto disgustoso che era quasi avvenuto e che l'aveva provocato. Avrebbe potuto non perdonare mai se stesso se avesse saputo tutta la verità, ma comunque, forse la sapeva...

"Rinoa, guardami," pregò lui, con una tale sincerità che lei non poté negarglielo. "Per me non ha importanza. Avrei fatto lo stesso... tutto quel che hai fatto è perdonato. Ti amo." Mosse la mano tra i capelli di lei, tirandola giù per baciarla. Lei si sentì confortata dall'abbraccio e dall'emozione che passava tra loro, qualcosa che era sconosciuto ai più. Lui la sentì irrigidirsi quando fece correre le dita sul suo braccio. "Sei ferita." Si separò appena da lei, tracciando con un dito le ferite sulla sua mascella.

"Va tutto bene, guarirà."

"Posso?" Le parole... tutto... proprio come nel loro primo incontro nella baita pochi giorni prima, quando le aveva chiesto di poter curare la sua costola rotta. Tutto sembrava ripetersi in un qualche strano e ironico circolo. E di nuovo, proprio in quella notte nevosa che avevano condiviso, lei gli diede il permesso di farlo. Lui le mise una mano sopra e mormorò piano le parole per curarla... ma non successe nulla.

Lei piegò appena la testa, scioccata dal fatto che non fosse in grado di usare una semplice Energia. "Squall, sei sicuro di sentirti bene?"

"Sì, sto bene." Non riusciva a capire perché la magia non funzionasse, o la sua improvvisa incapacità di usare la magia.

Se solo per un secondo uno di loro avesse messo insieme i pezzi. Se solo per un secondo avessero pensato logicamente a quella magia di ritorno. Se solo per un secondo non avessero lasciato che le emozioni controllassero le loro azioni. Se solo per un secondo avessero pensato che qualcuno aveva riattivato la barriera antimagia, proprio da quella stanza. Ma nella fretta avevano dimenticato il più basilare degli insegnamenti militari...

Assicurati che il tuo nemico sia davvero innocuo.

Con tutti gli avvertimenti, tutti le visioni, tutto ciò che portava a quel giorno... conoscevano già il risultato finale. Il fato non può essere cambiato; solo gli indizi che portano a lui possono essere scoperti. La risposta rimaneva sempre la stessa, non importava quante volte avessero sognato che fosse diversa.

Se solo per un secondo uno di loro avesse visto Mitchell con la copia del Lionheart, prima che usasse i suoi ultimi respiri...

Se solo per un secondo avessero potuto avvertire Rinoa...

Se solo per un secondo...

*****
Note delle traduttrici: capitolo betato da El Defe. Vi prego, come per il capitolo precedente, non fate spoiler di nessun tipo nelle recensioni a questo capitolo, sempre per il solito discorso. Questo significa: per favore non fate nomi! Se non per rispetto degli altri lettori, almeno per rispetto di Ashbear che s'è fatta un mazzo tanto per scrivere questa storia e ottenere certi effetti sorpresa! Nel caso vedessi recensioni spoiler, le farei cancellare, lo dico subito^^
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Citazione di apertura: da Bishop Blougram's Apology di Sir Robert Browning.
Quando un uomo prende a lottare con se stesso
Allora è il suo valore.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 41
*** XLI. Pace ***


Love is the emblem of eternity:
it confounds all notion of time:
effaces all memory of the beginning,
all fear of the end.
--
Germaine De Stael

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ XLI. PACE ~

Le nostre vite sono mere macchie sulle ombre della terra; siamo viaggiatori tra le stelle, anche se solo per un breve periodo di tempo. Pochissime leggende vengono tramandate di generazione in generazione, ma quelle che lo sono sono davvero straordinarie. Non solo mantengono in vita una cultura che potrebbe non esistere più, ma tengono in vita anche gli ideali e i principi morali di una nazione. Se la storia è destinata a ripetersi, forse la nostra migliore forma di difesa è la conoscenza del passato. Non siamo in grado di fermarla, ma forse con un po' di fortuna, e un po' di destino, saremo consapevoli della sua venuta.

Ogni guerra, da quelle civili a quelle tra nazioni, a quelle che si combattono nelle nostre menti, devono avere due parti contrapposte. Cosa è giusto, cosa è sbagliato? Due punti di vista diversi; due lati che non si guardano mai negli occhi. Questo mondo, e in troppi altri, è forse così pieno di politica da farci dimenticare i bisogni più semplici della vita? Dai bisogni di base per la sopravvivenza... il cibo, l'acqua, un riparo... a quelli più secondari? Il bisogno, il desiderio... l'amore? È nostro diritto come essere umani avere l'amore? Sentimenti così eterni che ne siamo travolti in tutti i sensi?

Non siamo che passeggeri in questo mondo, nei cieli in cui voliamo ogni giorno. Ma quando esaliamo l'ultimo respiro, le nostre anime devono anche combattere una guerra tra due lati? Tra il giusto e lo sbagliato, il bene e il male, la salvezza o la dannazione? Nei nostri ultimi momenti, la politica che è diventata la norma svanisce nel caso? Se ci venisse data un'eternità di domande, potremmo anche non trovare mai le risposte?

Leggende, guerre, politica, vita... amore... cosa significano per noi nei nostri ultimi momenti?

*~*~*~*~*

Alcuni suoni sono incisi per sempre nella memoria... le onde che si infrangono su fondali rocciosi, un ramoscello che si rompe sotto un piede in una giornata d'autunno, il primo pianto di un neonato. Nessuno era così ossessionante per Squall Leonhart quanto quello che aveva sentito già un migliaio di volte... il suono del metallo che incontra la carne. In un istante, i sogni e le speranze di due anime avrebbero per sempre cambiato il destino. Nessuno dei due poteva conoscere il risultato finale, ma era sempre stato scritto nelle loro stelle... le loro magnifiche, davvero funzionali stelle cadenti.

Il suono penetrò nella stanza come se fosse stato amplificato un milione di volte. Era acuto, penetrante, e la tagliò fino alle ossa. Lui era ancora al sicuro tra le sue braccia, mentre la punta del gunblade le emerse dall'addome. Quando il metallo e la carne si incontrarono, una luce radiosa si irradiò dal corpo di lei, accecando temporaneamente gli altri. Il sangue di lei ora lo copriva molto più che quello di Mitchell, eppure lei non sembrò mostrare alcun dolore. Era come se la sua ultima decisione fosse di andarsene con dignità, rendendo la sofferenza solo sua, e non di quelli che la circondavano. Il suo sorriso angelico cercò di non indebolirsi, i loro occhi si incontrarono in un legame emotivo che andava oltre le semplici parole.

"Squall... sicuro... di sentirti... bene?" boccheggiò lei tra respiri spezzati. La sua unica preoccupazione rimaneva la salute di lui, ancora piena di colpa per l'attacco di prima. La sua mente negava il dolore, e cercava di rimanere focalizzata solo su di lui. Lui si allungò a toccarle il viso, mentre il peso del suo corpo iniziava a scendere lentamente su di lui. E mentre lei cadeva, così fece il suo cuore. Non poteva star succedendo davvero... doveva essere un incubo raccapricciante.

Gli altri guardarono con orrore Mitchell che usava gli ultimi momenti della sua vita per porre fine a quella di lei, prima di cadere in una scura pozza del suo stesso sangue. Seifer fu il primo a muoversi lasciando andare Quistis, che era immobile per lo shock. La lasciò solo quanto bastava per assicurarsi che quella bestia fosse davvero morta. Hyne solo sapeva dove fosse finita la sua anima, perché stavolta Mitchell era davvero sconfitto...

Le parole mancarono ancora mentre Squall riusciva a inginocchiarsi, riflettendo ora la posizione che lei aveva avuto solo pochi secondi prima, mentre prendeva tra le braccia il corpo indebolito di Rinoa. Voleva dire qualcosa per farla sentire meglio, per levare il dolore... qualsiasi cosa... ma le parole non vennero. Poteva sentire il suo battito che gli risuonava nel corpo, secondo un ritmo irregolare.

Come diavolo poteva stare bene? La tortura interiore era quasi più sopportabile quando aveva pensato che lei lo avesse tradito; allora poteva incolparla. Ora non sentire nulla più che odio per le proprie incapacità, per i propri fallimenti - come SeeD, come cavaliere, come essere umano. Non era nulla, nulla senza di lei. Se solo avesse potuto fare qualcosa, dire qualcosa, far semplicemente svanire il dolore che lei sentiva... Eppure sedeva lì stringendola forte, sentendo il suo battito del cuore morente... e non riusciva a dire nulla. Sentì una leggera convulsione e per la prima volta lei distolse lo sguardo. Non chiuse gli occhi, li focalizzò invece su qualcosa... qualcosa che gli altri non potevano vedere... un fantasma.

"Ellione..." mormorò con una certa pace, mentre un vento gelido spazzava la stanza.

*~*~*~*~*

Era difficile guardare la scena che si svolgeva davanti ai suoi occhi; era il suo più grande fallimento. Aveva provato così tanto, mandato così tanti messaggi... ma in qualche modo erano comunque finiti nel futuro che aveva cercato di prevenire. Quando Ellione aveva lasciato quel mondo, aveva creduto che l'aldilà fosse diverso... una fine. Non aveva mai saputo del purgatorio che avrebbe dovuto affrontare da sola. Due anni passati a guardare, aspettare, intrappolata in un'esistenza tra due piani diversi... non morta, ma lontana dall'essere viva.

Le sue capacità erano diventate più forti negli ultimi giorni ed era stata in grado di fare così tanto di più... ma erano comunque finiti . Ora lo spirito di Ellione stava in silenzio in piedi nella stessa stanza della sua famiglia adottiva, vedendoli tutti insieme per la prima volta. Le loro figure erano chiare, non solo le sfumature color ambra e celeste che proiettavano una volta le loro aure. Non aveva mai visto in viso la sua sorellastra biologica, nata da sua madre e dall'uomo che ora giaceva massacrato dai suoi stessi desideri. Era insieme strana e snervante la somiglianza tra lei e Alexandra, non nell'aspetto fisico ma nel carattere.

Guardò Zell che stringeva ancora Alex, ancora scioccati da ciò che avevano visto. Guardò Seifer che cercava di confortare Quistis, che ora era caduta in ginocchio. Erano due persone che lei non aveva mai immaginato trovassero conforto l'uno nell'altra. Dopo averli visti insieme, non poté immaginarli separati. Spinti insieme dal tradimento e dalla redenzione, realizzava ora che la loro forza cresceva quando le loro anime erano unite.

Ma nel centro della stanza giaceva la vista più orrenda che fosse possibile immaginare. Il suo cuore si allungò nel dolore verso il fratello, nel vedere che il suo fallimento ora diventava quello di lui. Ellione aveva fatto tutto quello che era in suo potere, e anche oltre, per cercare di avvertirli di questo momento. Guardò Squall che abbracciava la donna per cui lui avrebbe rinunciato alla sua salvezza eterna; anche come fantasma, poteva piangere lacrime silenziose.

Il corpo di Rinoa era a malapena cosciente dopo il trauma. I suoi capelli scuri erano macchiati di sudore e sangue, mentre il suo viso pallido si faceva più velato ad ogni secondo che passava. Ellione si chiese quanto tempo fosse rimasto alla sua amica in quel piano dell'esistenza. Lasciò andare un piccolo ansito senza rendersene conto, mentre cercava di essere la forte sorella maggiore anche nella morte. Un brivido improvviso la percorse quando si rese conto che Rinoa l'aveva sentita. Nessun vivo avrebbe dovuto avere quella capacità, ma forse per una strega era diverso, o forse era più vicina ora al mondo dei morti, che a quello dei vivi.

I loro occhi si incontrarono per un microsecondo prima che Rinoa sussurrasse il suo nome. Questo era il momento del giudizio di Ellione; il suo tempo tra i due regni sarebbe finito, ma il tormento della giovane ragazza sarebbe appena iniziato... non augurava quell'inferno a nessuno. Ellione si voltò mentre la colpa iniziava a sopraffarla; non poteva più guardare quell'umiliazione. Lei sola si prese la colpa di tutto, come fosse sua.

C'era uno specchio a figura intera appeso al muro dietro di lei. Quando si voltò, Ellione si aspettava di non vedere alcun riflesso... ma fu scioccata quando lei stessa, in versione più giovane, ricambiò lo sguardo con occhi innocenti. L'immagine era più o meno dello stesso periodo di tempo in cui aveva lasciato l'orfanotrofio. La stessa su cui ora riversava la colpa per aver ferito così profondamente Squall. Poteva non aver mai saputo quanto duramente il bambino aveva preso la sua partenza... ma ora odiava il riflesso nello specchio.

Edea aveva sacrificato così tanto per tenerla nascosta al mondo, i SeeD bianchi avevano dato la propria vita... così tante innumerevoli persone avevano sofferto a causa sua. Nella solitudine, Ellione aveva scoperto i svariati modi in cui aveva modificato la vita altrui. Troppe ore nel buio passate a contemplare cosa sarebbe successo se lei non fosse mai nata. Aveva già provato a cambiare il passato, così che Laguna potesse essere insieme a Raine... ma non era possibile, lo aveva imparato anche troppo bene.

Ellione si scrollò di dosso le illusioni mentre sentiva una presenza dietro di lei e la colpa fu momentaneamente messa da parte. Trovò la forza di voltarsi, e fu scioccata nel vedere lo spirito di Rinoa che le porgeva la mano. Era una figura trasparente che non parlava. Anche se il suo corpo mortale era ancora vivo, con il potere della strega poteva lasciare il corpo... anche se per poco. Avvicinandosi, i due spiriti si toccarono con le dita, e in quel momento il fantasma di Ellione fu trasferito nel corpo di Rinoa.

Aprendo gli occhi, Ellione rimase scioccata nel vedere gli altri esseri umani. Capì che Rinoa aveva sacrificato i suoi ultimi minuti di vita per dare a Ellione la possibilità di dire addio alla famiglia che aveva lasciato. Con quel dono sentì anche la sofferenza del corpo ospite, e il dolore che le cresceva nei polmoni ad ogni respiro. Eppure era grata di quella possibilità di fare ciò che non aveva potuto fare tanto tempo prima.

*~*~*~*~*

Lui rabbrividì quando la brezza fredda gli colpì la pelle. Era come se migliaia di gocce di pioggia gelide gli fossero cadute addosso tutte insieme. Si guardò il braccio: aveva la pelle d'oca per l'improvviso cambio di temperatura. Zell ricordò di essersi guardato il braccio in un altro momento come questo, ma nelle visioni non era per il freddo; era per le gocce di sangue. All'improvviso sentì la schiacciante sensazione di non essere più soli. Lasciò andare Alex, esaminando velocemente la stanza senza sapere cosa stesse cercando. Poi lo vide, lo specchio. All'inizio, aveva guardato oltre il riflesso pensando che non ci fosse nulla di strano, e poi capì chi Squall stesse stringendo... non c'era più l'immagine di Rinoa nel riflesso.

Zell fu il primo ad avvicinarsi, con così tanti sentimenti ad annebbiargli la mente. Le visioni, i sogni, tutti portavano a questo momento, e in qualche modo in un battito di ciglia del suo occhio mentale, tutto ebbe senso. Ellione era stata tra loro, guardandoli e facendo l'angelo custode. Nei suoi sogni, aveva sempre detto addio...

Squall stringeva ancora forte Rinoa, senza permettere a nessuno di avvicinarsi. Zell si mosse, e lo toccò gentilmente sulla spalla. Squall non si separò da lei, ignorando la richiesta silenziosa che veniva fatta. Zell infine indicò lo specchio, e gli altri si voltarono in quella direzione. Quando tutti restarono senza fiato, il Comandante distolse gli occhi da Rinoa per un secondo. Squall raggelò per lo shock quando vide l'immagine diversa; dovette rassicurare se stesso guardando di nuovo tra le sue braccia... poteva vedere solo il viso di Rinoa. Riluttante, allentò la presa, non tenendola più soltanto per sé, ma permettendo alla sua famiglia di dire addio alla sorella che avevano perso più di due anni prima.

"Ellione.... Sorellina?" Zell fu il primo a parlare, anche se era difficile pronunciare le parole guardando gli occhi di Rinoa. "Ce l'abbiamo fatta, ce l'hai fatta. Ally è al Garden al sicuro con Selphie e Irvine." Si fermò, scuotendo la testa al pensiero di Irvine, e alla leggenda che gli aveva raccontato nella tempestosa notte di Dollet. "Grandioso, ora devo dire ad Irvine che la sua stupida leggenda era vera... quel tipo ama sentire di aver ragione, e basta. Diamine, non si perdoneranno mai per averti persa."

Zell guardò il riflesso della sua Sorellina nello specchio, senza più controllare le lacrime che gli correvano sul viso. Continuò a sorridere nel dolore. Perché in realtà non erano lacrime di dolore, ma di gioia, per la possibilità di parlarle un'ultima volta. "Le tue visioni ci hanno portato qui; ti dobbiamo tutti la vita e la gratitudine. Ti amerò sempre, Elle."

Lei voleva parlare, ma il corpo ospite era troppo debole e usava tutta l'energia solo per respirare. Le parole la facevano sentire male. Zell era grato che le visioni li avessero portati ; ma volevano portarli ovunque tranne che . Una cosa era vera, erano riusciti a salvare Allison; per questo sarebbe sempre stata in debito con loro.

"Hey Elle, sono io, Quistis... ricordi all'orfanotrofio quando ogni sera uscivo al campo fiorito e cercavo di prendere il tramonto con una retina per farfalle? Ogni sera mi chiedevi se ero riuscita a prenderlo, eppure sapevi che non sarebbe mai successo... ma tu c'eri sempre ad incoraggiarmi. Lo capisco, ora, era grazie al sogno che la ricerca valeva la pena... Sorellina, ho finalmente preso il tramonto, è più bello di quanto potessimo immaginare. Così tanto... mi disp-"

Non poté continuare, la colpa del guardare gli occhi di Rinoa e parlare proprio a colei che aveva accusato di omicidio era troppo da sopportare. Seifer la tenne stretta mentre gli nascondeva la testa contro il petto. Non voleva che Ellione vedesse le lacrime; Quistis era sempre stata quella forte... ecco come voleva che Ellione la ricordasse, e non per la persona che era diventata negli ultimi anni.

Seifer guardò il corpo di Rinoa che sanguinava ancora tra le braccia di Squall, e poi guardò lo specchio come per rassicurarsi della visione che aveva davanti. Due immagini... uguali ma diverse. Era sempre lui a mettere in discussione tutto; era sempre lui quello pieno di dubbi. Ad ogni modo, poteva sentire la presenza di Ellione nel corpo fragile che gli giaceva davanti. Proprio come poteva sentire che il corpo ospite se ne stava andando velocemente. Rinoa aveva sacrificato la sua possibilità di dire addio ai suoi amici, così che Ellione potesse vedere la sua famiglia... doveva accettare il dono, il miracolo, che c'era davanti a lui.

"Uhm... Ellione... Sorellina." Esitò, con gli occhi pieni di lacrime. Le parole sembravano strane dopo così tanto tempo, più tempo che per tutti gli altri. Erano passati solo cinque anni da quando aveva guidato Galbadia alla sua caccia, fino a portarla alla Lunatic Pandora. A quei tempi, l'avrebbe venduta al miglior offerente. Diamine, se non fosse stato per Fujin e Raijin, sarebbe stata consegnata ad Artemisia, proprio come lui aveva fatto con Rinoa e Adele. "So che ho fatto tante cose in passato. Mi sbagliavo... Dio, quanto mi sbagliavo. Ti prometto che terrò sempre d'occhio la mia famiglia... la tua famiglia. Grazie per questa possibilità di redimermi, grazie per questa possibilità di vivere."

Non sapeva che altro dire; si sentiva uno straniero tra loro. Ad ogni ora quelle sensazioni svanivano, ma non poteva evitare di sentire che questo era il loro momento con Ellione. Non si era nemmeno guadagnato il diritto di dire addio... né a lei, né a Rinoa. Seifer ricambiò l'abbraccio di Quistis, nascondendo il viso tra i suoi capelli. Era grazie ad Ellione e ai suoi sogni che era tornato al Garden, che si sentiva completo e parte di una famiglia che una volta aveva dimenticato. E cosa anche più importante, si sentiva riamato... una sensazione così estranea, per lui.

Alexandra apparve lentamente da dietro Zell, ancora più confusa su cosa dire di tutti gli altri. Quella era la sorella che aveva scoperto di avere solo tramite incubi... la sorella che avrebbe incontrato una sola volta attraverso il corpo di un'altra persona. Una che era morta troppo giovane, una il cui futuro eterno sarebbe stato deciso dalle azioni che avevano portato tutti lì.

"Ellione... sono io, Alexandra. Sono contenta di incontrarti, finalmente." Lacrime le corsero sul viso mentre guardava il loro riflesso nello specchio. Ellione era bellissima; le fotografie che aveva visto non le avevano mai fatto giustizia. Forse la bellezza era più interna, un'anima di puro splendore... una che avrebbe sacrificato tutto per la sua famiglia.

"Non ti dimenticherò mai. Non dimenticherò mai ciò che hai portato a ognuno di noi. Il regalo migliore che ho mai ricevuto è stato sapere che una persona meravigliosa come te era... è mia sorella. Il destino ci ha fatto incontrare, e ora ti porterà in un posto migliore... ti voglio bene. Ora e per sempre, sarai mia sorella."

Rimaneva solo Squall. Di nuovo, come era successo spesso nella sua vita, si sentiva solo. Circondato da tutti coloro che lo amavano, dal fantasma della sorella che aveva pianto per gli ultimi due anni. Eppure era solo... senza di lei. Gli addii non erano mai facili per lui, se non del tutto impossibili. Glielo doveva come una testimonianza della vita che aveva condiviso con lei. Dopo un minuto di silenzio, trovò infine il coraggio di parlare.

"Ellione... mi manca... Hyne, se lei è lì con te, da qualche parte, dille che io... sempre..."

Chiuse gli occhi, incapace di dire altro in maniera coerente. Tornando a stringere il corpo di Rinoa, pregò che il suono del suo cuore le arrivasse ovunque fosse il suo spirito. Guardò i pochi segni di vita che rimanevano sia dalla sua anima gemella tra le sue braccia, e dal riflesso nello specchio della sua sorellina perduta tempo prima. Il vuoto lo consumava da dentro; paura, odio, qualsiasi emozione negativa conosciuta tutte insieme in un orribile oceano di trepidazione; la sua anima stava annegando sulla terraferma. Niente poteva salvarlo, se non il suo spirito che tornava nel suo corpo.

"Non posso... ho paura. L'ho appena ritrovata... non posso perderla. Sorellina, la amo, l'ho sempre amata. Allison da sola... per favore, Sorellina... se lei è lì, non permetterle di lasciarmi."

Era come pregare Ellione implorandola di mettere tutto 'a posto'. Lei alzò gli occhi per vedere la tristezza che gli annebbiava lo sguardo. Gli stessi occhi che aveva visto nell'infanzia, gli stessi occhi che aveva visto nello spazio, ma ora molto più feriti. Era qualcosa che la sua anima non poteva capire, vedere il proprio riflesso di nuovo nei suoi occhi... Lo aveva aiutato una volta in passato, ma adesso a che prezzo?

Non le importava... quegli occhi...

*~*~*~*~*

Per due anni e sette giorni, ho vissuto in un piano a metà tra due realtà... non sulla terra, e non nell'aldilà. Ho guardato frammenti delle vite delle persone che amo mentre le loro anime erano tormentate dall'angoscia. Ero solo una mera osservatrice nel loro mondo, eppure ho trovato risposte che non cercavo.

Una relazione di sangue: nessuna delle due sapeva dell'esistenza dell'altra fino a che l'ho scoperto io in questo regno. La mia sorella biologica. La bambina era il risultato di un atto lascivo e deplorevole contro mia madre in tempo di guerra. Alexandra, cresciuta da uno dei tanti che considero responsabili dell'assassinio di nostra madre. Eppure quel medico e la sua famiglia trovarono il pentimento per i crimini di Esthar nel non nascondere mai la verità che conoscevano a mia sorella. La tennero nascosta a un padre che aveva ordinato la sua morte da neonata, quando fu scoperto che non aveva gli stessi miei poteri.

Attraverso l'aura di mia sorella, ho trovato il modo di comunicare con la mia altra famiglia, avvisarla, e portarla finalmente in questo posto. L'ho usata come un segnale nel loro mondo, almeno fino a quando sono stata forte abbastanza da usare le mie capacità.

Attraverso tutto questo, non ho mai perso di vista quel semplice fatto: avevo altri fratelli non di sangue, ma a cui ero legata dalla nostra infanzia e dal nostro destino. La mia famiglia ha avuto molte forme, molte facce. Li amo tutti allo stesso modo, non importano le prove a cui siamo stati sottoposti. Ognuno ha trovato un modo per guadagnarsi la redenzione, la pace che cercavano. Il legame tra Strega e Cavaliere ha unito due persone; le circostanze hanno unito gli altri. Gli ultimi sono stati un banco di prova, per loro, per il sacrificio ultimo che avrebbero dovuto affrontare...

Quel giorno di due anni fa avrebbe cambiato la storia per sempre; non solo quella della mia famiglia, ma delle nazioni. Con il mio ultimo grammo di forza, ho portato Rinoa in questo regno per alcuni brevi secondi. Le ho mostrato ciò che il destino aveva pianificato.

C'è sempre una costante: dovevano affrontare questo tormento. Per ognuna era un'esperienza di crescita; la vita sarebbe cambiata per sempre. Se le cose fossero rimaste uguali, i piaceri semplici della vita quali l'amore sarebbero andati perduti. Con il tempo, tutti si sarebbero allontanati; era il crudele avversario del destino, il fato, a deciderlo.

Era una prova della loro forza di volontà, e tutte l'hanno superata... tranne me. Se fossi stata più forte, se fossi stata in grado di avvisarli di più, se per un solo secondo avessi detto loro che la bestia era ancora viva... ma persino nella morte... ho fallito.

Per me è troppo difficile parlare in questo corpo, ma loro sanno che li sto ascoltando. Vedo ognuno di loro per come appare oggi, eppure ognuno mantiene una scintilla di unicità dal tempo passato insieme all'orfanotrofio. È come il mio riflesso nello specchio, e io vedo le loro immagini di tanti anni fa; il tempo è stato molto crudele con loro in più di un'occasione. Ho sentito tutte le loro parole, oggi, e mi aggrapperò per sempre ai loro ricordi.

Ma più di tutto, vedo il suo dolore; sento il battito del suo cuore. Sento che lei cerca di raggiungerlo. Il mio corpo ospite inizia ad avere convulsioni violente. Lo stress le sta pesando troppo addosso. Devo andarmene... lasciare questo posto e tornare a quello in cui sono stata intrappolata... Alla fine raccolgo abbastanza energia da pronunciare una sola parola, quella che sia Alexandra che Zell sapevano che sarebbe stata detta, quello che ho detto loro così tanti mesi fa. Proprio come nei loro sogni dico "addio" e poi sorrido.

Un sentimento vile avvolge il corpo, e la mia peggiore paura viene alla luce. Rinoa non può più farcela, il trauma interno è troppo; nessun essere umano potrebbe sopravvivere. Posso vedere la paura negli occhi da bambino di Squall. Non è paura, è qualcosa di molto peggiore... è la fine della sua vita, perché anche lui sta morendo con ogni faticoso respiro. Lei ha rinunciato agli ultimi momenti della sua vita per me, perché vedessi ancora una volta la mia famiglia... Chiudo gli occhi, che ora sono i suoi... insieme cadiamo in un'oscurità soffocata.

Ma questo era allora...

*~*~*~*~*

Rinoa aprì gli occhi: si trovava in una vasta landa deserta. Intorno a lei infuriava una tempesta, con lampi che tracciavano fiumi di fuoco argenteo sul terreno. Le ci volle un po' per focalizzare la vista, dato che il vento le soffiava imperioso tra i capelli. Si tolse le ciocche che le si incollavano alle labbra, mentre le punte dei capelli le colpivano con forza il viso. C'era qualcosa di familiare quasi in maniera soprannaturale in quel posto, che aveva trovato solo negli incubi più orrendi.

"Rinoa..." La voce di Ellione risuonò al di sopra del rumore di tuoni in sottofondo.

Si voltò per incontrarla, ancora scioccata dal posto in cui si trovava. "Ellione?" chiese, anche se non ce n'era bisogno... forse era per credere nella realtà che stava affrontando, forse era per porre fine alla fantasia che aveva sognato.

Mentre la ragazza più grande si avvicinava a lei, il vento si calmò, lasciando una bonaccia all'orizzonte. L'ambiente era cambiato velocemente, come per cercare di calmare le paure della ragazza. Aveva superato questa tempesta, proprio come aveva fatto con tante altre nella sua vita. Ellione abbracciò Rinoa, stringendola forte. "Non potrò mai ripagarti per quegli ultimi momenti... non saprai mai quanto ti sono grata."

La ragazza confusa abbassò lo sguardo, imbarazzata, a quelle parole. Spingendo via la sensazione di rimpianto, cercò di non pensare alla perdita della possibilità di dire addio lei stessa. Focalizzò la propria energia sulla figura ancora quasi traslucida davanti a lei. "Ellione, dove mi trovo?"

"Tra due piani, un posto in cui il mio spirito è stato imprigionato per anni. Da qui, puoi vedere il regno dei vivi... feritoie, in realtà. Attraverso queste feritoie puoi vedere pezzetti e frammenti delle vite dei vivi."

"Un fantasma..." sussurrò Rinoa guardando il suolo, dato che la terra nuda sembrava rompersi sotto i suoi piedi. Si piegò alla vista di una solitaria piuma bianca. Prendendola in mano, fece scorrere le punte morbide sulle punte delle dita. "Sono un fantasma, un ricordo... sono morta?"

"No... non sei morta."

Rinoa spostò l'attenzione dalla piuma alla donna di fronte a lei. C'erano state troppe strane coincidenze... Troppe cose che nessuno sapeva spiegare, ma questo posto conteneva molti misteri al suo interno; perfino la giovane strega poteva percepirlo.

"Ti stai chiedendo com'è possibile." Ellione la guardò sorridendo; aveva sempre avuto una certa capacità di calmare le persone... e non era svanita nemmeno con la morte. "Rinoa, quando ero appena arrivata... la mia anima era persa quanto la tua, ma non ho mai avuto il potere di strega. Avevo un potere anche più grande, in questo regno... che nemmeno Hyne poteva controllare. Negli anni ho imparato a usare quella capacità, non solo come facevo sulla terra; potevo prevedere certi eventi del tuo futuro."

"Ma tu l'hai visto? Hai visto il mio futuro... e in qualche modo l'hai cambiato?"

Ellione distolse lo sguardo, senza sapere bene come rispondere. Non esisteva una risposta che potesse dare pace. "Non so dire se è stato il destino, il fato, o... so solo che il tuo futuro è crescere tua figlia. Hai affrontato la vera prova di ogni strega, o di un essere umano; hai lottato con i due lati dentro di te. Non è sempre stato così, né lo sarà in futuro... ma sei sopravvissuta."

Rinoa guardò l'orizzonte lontano, cercando di non mostrare dolore sul viso. In qualche modo non era così che aveva immaginato la morte; non c'erano nuvole o città dorate, era una landa desolata. Non che immaginasse spesso l'eternità, ma in un modo o nell'altro, quando permetteva alla sua mente di avventurarsi nel mistero, non sembrava così... piena di solitudine.

Balbettò quando capì le parole di Ellione. "Hai detto... so che il tuo futuro è crescere tua figlia... non al passato."

Voltandosi velocemente, afferrò il braccio di Ellione cercando di restare calma. "Cosa... cosa sta succedendo qui? C'è qualcosa che non mi stai dicendo, è così?"

Non riusciva a guardare negli occhi la ragazza impaurita. Sì, c'era qualcosa che stava nascondendo, qualcosa che avrebbe devastato la giovane strega se mai l'avesse capito. Ma per adesso non era quello il caso, era un futuro di cui non aveva bisogno di sapere nulla... C'era una cosa di cui Ellione era sicura, che la storia di Rinoa non sarebbe finita lì... sarebbe continuata per decenni.

"Cosa... cosa non mi stai dicendo? Riguarda chi avrà i miei poteri... chi?" Questa volte le domande vennero fuori imploranti, ovviamente aveva paura della risposta.

Ellione fece un respiro profondo, inalando l'aria arida prima di rispondere. "No, non ancora." Detto questo, allungò la mano, con le lacrime agli occhi, sapendo che c'era una cosa che poteva fare... una cosa che avrebbe per sempre cambiato la sua anima. Un destino che Ellione non avrebbe mai immaginato, ma ora i pezzi della sua vita sembravano incastrarsi al posto giusto... forse sapeva come sarebbe finita fin dall'infanzia... forse era per questo che l'aveva cercata. Spinse all'indietro Rinoa con forza sorprendente, gettandola a terra... e nella storia.

*~*~*~*~*

Quando Rinoa si tirò su a sedere, non era più nella landa desolata, ma era al Garden, due anni prima. Sentì che qualcuno la sfiorava passando, e si voltò velocemente, sorpresa quando lunghi capelli le si bloccarono al collo. In quel momento gelò; il momento che aveva vissuto nella mente così tante volte riviveva. Questa volta conosceva già la sua parte, come un'attrice che interpreta il suo ruolo. Una figura confusa, Quistis, corse in avanti gridando in direzione di una forma ora a terra nel Garden di Balamb.

"Ellione..." sussurrò sottovoce la strega bruna. Come per magia, l'insegnante gridò lo stesso nome, solo molto più allarmata. Rinoa sapeva... Rinoa sapeva ogni frase a memoria.

"Rinoa, per favore, puoi aiutarla?" Le parole dell'insegnante suonarono gravi ora come due anni prima, la stessa espressione disperata sul viso della donna bionda.

La ragazza più giovane disse le stesse 'battute' di quel giorno, non con la stessa emozione... ma con una certa voce monotona, cercando di capire cosa stesse succedendo di preciso. "Non ho GF né magie in junction... Quistis... non posso aiutare... non posso aiutarla... mi dispiace."

Incrociando le braccia sul petto, Rinoa cercò di non permettere alla visione di avere la meglio. Doveva affrontare tutto questo per qualche motivo, come se fosse una sorta di prova non consacrata di Hyne.

"Va tutto bene." La ragazza ferita ripeté il copione, mentre Rinoa ricordava. E proprio come allora, Ellione le allungò la mano... La strega si guardò intorno, ricordando tutto esattamente come allora...tutto ciò che portava al momento in cui aveva perso conoscenza. Era sempre stato confuso, ma ricordò che le era stato detto di scappare... di scappare per salvarli. Esitante, recitò la scena, chinandosi su Ellione, e poi una luce radiosa avviluppò entrambi i loro corpi. L'oscurità le avvolse, mentre si sentiva cadere al duro pavimento di cemento.

"Rinoa? Mi senti?"

"Sì..." Questo non lo ricordava, questo non era successo... o sì?

"Hai abbastanza potere per salvarmi..."

"No... non sono abbastanza forte."

"Adesso lo sei... devi provarci per Squall, per Allison."

"Allison? Come fai a sapere di Allison? Ellione, dove mi trovo? Quando mi trovo?"

"Rinoa, puoi farcela... non stare stesa lì e basta, alzati! Usa la tua magia di guarigione più forte, ora, tu... io... non ho più tanto tempo!"

"Oh Hyne no... io... non posso... non sono forte abbastanza..." Il senso di colpa per il fallimento le annebbiò la mente, proprio come aveva fatto negli incubi degli ultimi due anni... se solo fosse stata abbastanza forte. Una luce livida passò davanti a Rinoa, e usò tutta la sua forza per alzarsi; le sembrava di avere un coltello nel petto. Cercò di coprirsi la bocca per il dolore, ma il sangue le corse attraverso i polmoni. Sputò quelli che sembravano fiume di liquido scarlatto, che le correvano sul corpo.

"Ellione... a malapena ti vedo..." La vista era annebbiata dalla foschia dei ricordi e dalla nebbia della realtà che stava affrontando.

"Puoi farcela... ora!"

Il grido le echeggiò in testa, erano le uniche parole che poteva sentire. Con la mano tremante, Rinoa alzò il braccio verso il cielo richiamando tutta la sua forza interiore, emozioni passate, presenti e future. Doveva farlo... doveva salvare Ellione questa volta e porre fine all'incubo eterno. Richiamò la magia tra respiri affrettati. La luce si irradiò dalle sue dita, danzando sulle punte come fiamme su un fuoco. Con un fiotto d'energia, si irradiò velocemente in avanti, evocando una forza che andava oltre qualsiasi comprensione.

Persa nell'invocazione, Rinoa aveva momentaneamente perso di vista il suo obiettivo. Non vide mai Ellione che usava una contromagia velocemente, né l'aveva mai vista nemmeno usare la magia. Specialmente con una velocità sconosciuta a qualsiasi strega, come se avesse la magia pronta da secoli. Aveva usato su di sé una Reflex, facendo da potente trasmettitore, riflettendo la magia con una forza dieci volte superiore. La forza tornò a Rinoa con un'intensità indicibile. Nel suo stato di debolezza, fu gettata di nuovo a terra e gridò con un dolore inimmaginabile.

La sua mente era una coperta di bianco puro, ed ogni momento della sua vita le passò davanti agli occhi. Era come se il bene stesse cercando di bilanciare quel dolore convulso; era come se i muscoli del suo corpo venissero strappati e ogni osso si rompesse nello stesso istante. Alla fine, non ebbe più la forza di gridare né piangere, mentre il tormento continuava per quel che sembrava un'eternità. Eppure non lo era. Presto tossì un respiro d'aria fresca, che non aveva il sapore del sangue. Capì infine che non erano strati di muscoli e ossa che si rompevano, ma che si rimarginavano, al di là di ogni abilità medica o magica conosciuta.

"Oh Hyne, Ellione, cos'hai fatto?" gridò la sua mente, ma le parole non lasciarono mai la sua bocca. La scena intorno a lei sfumò dalle forme familiari del Garden al regno tempestoso in cui si era trovata poco prima.

La ragazza più vecchia cadde e giacque sul terreno inaridito, sembrando completamente diversa da prima. Non era tanto l'aspetto, quanto l'aura che la circondava... un'aura di agonia e indicibile tortura. Fu solo allora che rivoli scarlatti iniziarono a correrle giù dall'addome. "Ho fatto quello che dovevo fare."

"No... Ellione... che cosa hai fatto? Non puoi continuare... la tua anima... rimarrà intrappolata in questa dannazione per sempre. Ti perderai in questo posto... tu..."

"Lo so." Sorrise debolmente. "Non potevo farlo soffrire ancora, ha sofferto abbastanza. Non può aspettare stavolta; ho visto il mio riflesso nei suoi occhi... la sua infanzia... la mia..."

"Dove sono?" gridò Rinoa, terrorizzata dalla risposta. Guardò la piuma che teneva in mano, e sembrava ora più matura di quella appena staccata che aveva preso. "Oh mio Dio..."

"Non eri abbastanza forte da salvarmi, allora, ma io adesso sono forte abbastanza da salvare te."

"Ellione... io... io non stavo provando a... quanto tempo è passato da quando sono arrivata qui?"

"Per te, solo secondi... per me generazioni... ho dovuto convincere lei che avrebbe funzionato; non sapeva chi ero davvero quando ho suggerito..."

"Ma... Elle, no... tutto per... quante vite sono state sacrificate? Ellione, non ne vale la pena! Non hai mai visto il futuro, vero? Era sempre il tuo passato... se lui sapesse cos'hai fatto, ne morirebbe..."

"No Rinoa, se perdesse te ne morirebbe. L'ho fatto, finalmente l'ho fatto... ho cambiato quello che non si poteva cambiare... Rinoa, devi fuggire da qui. Lui ti ama e ti amerà sempre..." Rinoa vide la ragazza alzarsi con l'ultimo grammo di forza. Allungandosi, Ellione la spinse di nuovo giù da un dirupo che sembrò apparire per magia. Perse la piuma che aveva stretto con forza nella mano sinistra, e quella volò con grazia in alto, verso un'improvvisa brezza.

E poi, il buio...

*~*~*~*~*

Squall stringeva ancora il corpo delicato di Rinoa, rifiutandosi di lasciarlo andare. L'ex Comandante, ex SeeD, e ora ex Cavaliere, si portò una mano al collo, sentendo la catenina che era ora un fantasma della sua memoria. La loro figlia era stata una volta l'unica salvezza di Rinoa; ora sarebbe stata la sua. Avrebbe continuato a vivere in questo mondo non per se stesso, ma per la bambina che entrambi avevano creato.

Tornò con la memoria alla loro notte nel capanno, alla loro prima notte insieme in due anni. Non l'avrebbe mai dimenticato, non aveva mai sentito una tale tranquillità nei giorni che erano seguiti. La relazione era diventata più profonda che mai; la sua anima avrebbe seguito quel legame ovunque.

Abbassando gli occhi, le sistemò i capelli lisciandoglieli dietro le orecchie, mentre la gravità faceva fare alle lacrime il loro corso naturale. Tutto quello che era stato o che sarebbe stato mai divenne ghiaccio nel tormento amaro di quei momenti; qualsiasi ragionamento dimenticava il pensiero razionale. Cercò di far sgelare il suo cuore mentre un brivido gelido gli correva nelle vene, senza mai rendersi conto che nella stanza la temperatura scendeva ancora una volta.

Contro il muro, Zell stringeva con forza Alexandra, mentre cercava di lottare contro le lacrime. Guardò nello specchio, con la paura di ciò che avrebbe visto. Il riflesso era solo ciò che vedeva davanti a sé... niente di più e niente di meno. Chiuse gli occhi, mentre il dolore diventava troppo grande. Se solo avesse interpretato prima gli indizi, se solo non avesse permesso a Squall di prendere il gunblade... se solo. I segni erano sempre stati davanti a lui, ma nemmeno lui aveva potuto vedere le scritte sul muro.

Chiuse gli occhi solo per essere perseguitato dalle visioni, ma qualcosa non sembrava a posto. In quel momento, la brezza fredda colpì l'esperto di arti marziali. In qualche modo, da queste parti era diventata una norma sentire inaspettati cambi di clima. Guardò di nuovo lo specchio, sfregandosi gli occhi. Forse la fitta delle lacrime gli annebbiava la vista, ma sembrava che meravigliosi e iridescenti rivoli di luce si irradiassero dalla donna coperta di sangue. Tornò a guardare il suo amico, e la scena nelle sue braccia non era cambiata per nulla.

Squall ricordò la poesia che Rinoa gli aveva letto la notte prima di dare la vita per salvare la loro figlioletta. Il modo in cui aveva letto ad alta voce ogni parola, in cui i capelli le sottolineavano il viso, l'essenza stessa della vita che respirava. Era l'unica notte in cui erano stati una famiglia. L'unica notte in cui tutte le verità erano state confessate e avevano potuto guardarsi con occhi puri. Le parole si erano scolpite per sempre nella mente, nell'anima.

Attraverso le lacrime, pronunciò l'ultimo verso. Squall la strinse, abbassando la testa su quella di lei. Solo che, per sua sorpresa, un'improvvisa scossa di elettricità scaturì dal suo cuore verso quello di lei...

Squall rilasciò la sua presa disperata, solo quanto bastava per esaminare il suo viso alla ricerca di segni di vita. Con suo immenso stupore, i suoi intensi occhi castani lo fissavano attraverso le macchie scarlatte.

"Squall... ti ho sempre amato, più di quanto sapessi."

Lei si allungò posandogli una mano sul viso; entrambi erano coperti di sangue, ma nessuno dei due sembrava più in pace. Lui ricambiò dolcemente il sorriso, abbassandosi a baciarla. Così tanta emozione passò tra i due in un gesto così semplice. Sapevano che non sarebbero mai stati separati.

"Come?" Le parole gli sfuggirono, anche se la stava ancora baciando.

Lei si allontanò appena e chiuse gli occhi un momento. Era un sogno, era una fantasia? Era mai stata pugnalata? Il sangue che la copriva le raccontava una storia, la ferita guarita di fresco le diceva tutt'altro. Se per un secondo i suoi sogni erano accaduti, Ellione aveva sacrificato, allora, l'anima, la salvezza e la lealtà per salvare Rinoa? Ellione aveva forse sacrificato così tanto che non si poteva nemmeno dirlo? Poteva un momento nel tempo aver attraversato generazioni, essere durato vite? Era davvero possibile riportare indietro il tempo... e se sì, a quale prezzo? Le visioni del futuro erano davvero il passato?

"Non lo so," singhiozzò guardandolo. "Io... non lo so." Non era una bugia, ma era la verità?

Non gli interessava.

Quistis nascose il viso contro il petto di Seifer. In qualche modo, la sua vita sembrava una fenice che risorgeva dalle sue ceneri, mentre guardavano un miracolo che nessuno di loro avrebbe mai dovuto discutere. In qualche modo, da qualche parte, dovevano aver fatto qualcosa di giusto. Sentì che l'uomo che la sosteneva aveva iniziato ad alzarsi, tirandola su con sé. Non c'erano parole necessarie da dire... rimaneva così tanto per loro da cercare, una vita per rimediare agli errori che avevano fatto in gioventù. Forse non era un finale da favola, ma era quanto di più simile potesse sperare. Doveva trovare se stessa, cosa che non aveva mai fatto prima. Non era rimasto niente per lei al Garden, tranne qualcosa all'interno delle sue celle di prigione... qualcuno che avrebbe aspettato... non importava quanto.

Seifer lasciò andare Quistis per aiutare Squall a rimettersi in piedi. Erano ben lontani dall'essere al sicuro, dovevano ancora andarsene da quel posto senza essere scoperti... ma insieme era completamente sicuro che avrebbero trovato un modo. Non era arrivato fin lì solo per fallire... non di nuovo.

Alex guardò la strega stretta con forza tra le braccia dell'uomo che la completava. Perché in quel momento, capì ciò di cui Rinoa non era sicura... poteva percepire quello e così tanto di più. Era un sacrificio molto più grande di quello che un essere umano avrebbe dovuto affrontare, ma alcuni segreti dovevano rimanere tali anche per la sua migliore amica... a volte le bugie sono la cosa migliore. Ad ogni modo sapeva una cosa, Ellione sarebbe sempre stata parte di lei.

Guardando il cadavere per terra, Alex non sentì nemmeno il più piccolo rimorso. "Addio paparino." Le parole le sfuggirono cinicamente dalle labbra. Forse le voci dei morti potevano finalmente trovare la giustizia che avevano desiderato per lungo tempo. Forse ora ci sarebbe stata pace per il ricordo di sua madre; il processo e la sentenza di Jefferson Mitchell erano stati decisi in quella stessa stanza... e ora la sua anima avrebbe affrontato una sentenza di dannazione eterna. Per le innumerevoli vite che aveva distrutto, per le innumerevoli masse che aveva rinnegato, il suo verdetto sarebbe stato un perfetto riflesso della sua vita. Era solo un uomo... solo un mostro.

Zell uscì per primo, cercando di esaminare il corridoio. Aprì velocemente la porta, mentre Squall sollevava gentilmente Rinoa tra le braccia.

L'uomo, ancora scosso dagli eventi, abbassò lo sguardo per rassicurarsi. Lei sorrise, e poi chiuse delicatamente gli occhi. "Rinoa, andiamo a prendere nostra figlia."

Posandogli la testa sul petto, lei ascoltò il suo cuore... ora sapendo perfettamente che dono prezioso fosse ogni suo battito. Un dono che nessuno dei due avrebbe mai più dato per scontato, un dono che nessuno in quella stanza avrebbe mai dimenticato. Forse per il mondo sarebbe stata morta, e quello le avrebbe finalmente dato pace... forse la storia poteva scrivere quello che voleva su di lei... non le interessava. Traditrice, signora della guerra, dittatrice, assassina a sangue freddo... era morta per loro, per tutti loro. Avrebbe trovato qualcuno da impersonare... di nuovo. Per sempre, le sue storie sarebbero state raccontate come leggende, le bugie sarebbero sopravvissute... ma la verità sarebbe stata solo per pochi privilegiati.

Era stanca, ma non aveva nessuna intenzione di dormire. Perché in quel preciso istante, voleva ogni secondo di vita... godersi ciascun prezioso secondo. Sapeva che ci sarebbero stati molti altri secondi, e molti anni di secondi, ma c'era qualcosa di speciale in questi. Qualcosa di magico, qualcosa di spirituale... qualcosa che nessuno di loro avrebbe mai potuto descrivere ad un'altra anima viva.

Mentre stavano per andarsene, due soldati galbadiani svoltarono l'angolo, guardando ciò che, credevano, fosse l'ultimo terribile atto della Strega Heartilly. Guardarono con orrore il Presidente morto che giaceva per terra, coperto del suo stesso sangue. Alla fine, uno di loro parlò, pretendendo una risposta.

"È stata la strega a fare questo?"

Ognuno lo fissò incredulo: i soldati sembravano riecheggiare un incubo iniziato due anni prima. Nessuno osò muovere un muscolo. Nessuno osò respirare. Nessuno osò dire la verità.

L'ironia è una creatura volubile... la redenzione per i propri errori può arrivare in varie forme.

Quistis si avvicinò al soldato osando guardarlo direttamente negli occhi, e disse una semplice parola. Una che avrebbe dovuto dire due anni prima...

"No."

Le nostre vite sono mere macchie sulle ombre della terra; siamo viaggiatori tra le stelle, anche se solo per un breve periodo di tempo. Se ci viene data la possibilità di vedere i propri sogni realizzati attraverso una semplice risposta o no, possiamo fare sempre la scelta giusta? I sogni che sogniamo sono realtà o fantasia?

*****
Note delle traduttrici: capitolo betato da El Defe. Vi prego, come per il capitolo precedente, non fate spoiler di nessun tipo nelle recensioni a questo capitolo, sempre per il solito discorso. Questo significa: per favore non fate nomi! Se non per rispetto degli altri lettori, almeno per rispetto di Ashbear che s'è fatta un mazzo tanto per scrivere questa storia e ottenere certi effetti sorpresa! Nel caso vedessi recensioni spoiler, le farei cancellare, lo dico subito^^
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Citazione di apertura: aforisma di Anne Louise Germaine de Staël
L'amore è l'emblema dell'eternità:
confonde tutte le nozioni del tempo:
fa scomparire qualsiasi ricordo dell'inizio,
qualsiasi paura della fine.
- Alessia Heartilly

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Capitolo 42
*** XLII. EPILOGO: Salvezza ***


Nota dell'autrice - 2 febbraio 2004: è con emozioni contrastanti che posto questo capitolo, ma una parte di me voleva che gli altri vedessero uno sprazzo delle conseguenze di questi 41 capitoli. Se siete soddisfatti del finale del capitolo 41, vi imploro di non leggere questo. Se volete capire meglio alcune cose che potrebbero non essere state evidenti... questo vi aiuterà... almeno un po'. Non ho mai voluto scrivere un sequel, ma per chi volesse capire alcuni sottintesi, mi sono finalmente decisa a scrivere questo. Più di un anno fa ho completato Crimson Lies, ma la storia, la fine, e il futuro dei personaggi non è mai cambiato nella mia mente... Voglio ringraziare Robert, Vick, e ovviamente Nicole per avermi aiutato lungo questa storia. Un grazie speciale anche a Maja e Weiila per avermi dato consigli quando li ho chiesti. Questo non basterà a rispondere a ogni domanda, e non intende farlo... ma spero che possa portare una sorta di chiusura. Ogni recensione, ogni lettera ha significato così tanto per me che posso solo ringraziarvi dal profondo del cuore... Spero che Final Fantasy VIII possa vivere da qualche parte nei nostri cuori, per sempre.

To die in the dust, but you shall live by fame:
My verse your virtues rare shall eternalize,
And in the heavens write your glorious name;
Where, whenas death shall all the world subdue,
Our love shall live, and later life renew.

-- Edmund Spenser

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ XLII. EPILOGO: SALVEZZA ~

"Papà, che succede se torna una strega? E se cercasse di uccidermi?"

In piedi nell'ingresso, la donna chiuse gli occhi, mentre quelle parole la ferivano come mille aghi piantati nella pelle. Anche nel buio poteva vedere un vortice di luce, e il battito del cuore le risuonava nel petto come tuono violento. Ma lui restò seduto sul letto, senza tradire nulla sotto la sua calma.

"Ti ricordi, io nella mia vita ne ho conosciuta qualcuna, non tutte sono cattive." Il tono era basso e rassicurante; l'uomo scostò i capelli della bambina dalla fronte in punta di dita.

"Ma se una cercasse di ucciderci, tu ci proteggeresti, vero?"

"Te e la mamma... con la mia vita."

La bambina sorrise orgogliosa e si alzò a sedere di getto per abbracciare l'uomo che sedeva sul bordo del suo letto. Con pari tenerezza, lui ricambiò il gesto, dandole piccoli colpetti sulla schiena. Poi la rimise giù piano e le rimboccò la coperta sul petto.

"Ora se ne sono andati gli incubi?" Lei annuì, nel tentativo di rimanere coraggiosa. "Bene, adesso dormi un po', ok?"

I piccoli occhi corsero qua e là per la stanza nervosamente, prima di indicare una mensola. "Papà, posso dormire con Kyactus, per favore? Solo un'altra notte e basta..."

Lui sospirò. "Mi sembrava fossimo d'accordo che restava lassù, per farti la guardia."

La bambina seppellì il visino sotto le coperte provando a ragionare. "Lo so. Però, papà... può fare la guardia anche da qui."

Il letto cigolò quando lui si alzò in piedi. La piccola riemerse dal suo nascondiglio mentre i passi del padre echeggiavano debolmente nella camera; poi, cercando di non tremare, tese le dita sottili e afferrò il suo amico di peluche. "Grazie papà. Domani sera farò senza di lui, ci riuscirò. Prometto."

"Elizabeth, mai fare una promessa che non puoi mantenere."

"...Scusa." La sua vocina tremolò, perché sapeva quanto lui prendesse sul serio le promesse.

Il padre le sorrise, sperando che il suo tono non fosse suonato troppo severo; certe abitudini gli erano rimaste. Si chinò a darle un bacio sulla fronte. "Non ti preoccupare, però domani proviamo senza Kyactus... e se non va bene – beh, continueremo a provare finché non funzionerà."

"Ti voglio bene." Le sue parole erano quasi inaudibili, ma lui sentì ogni singola sillaba.

"Anch'io." E a quel punto le carezzò la testa e spense la luce. La sentì rialzarsi a sedere per protestare appena tornata nel buio, ma, prima che potesse cominciare a lamentarsi, lui le accese la lucetta accanto al letto. "Tranquilla, non potrei mai scordarmene."

*~*~*~*~*

Appoggiata con la schiena contro il muro, il mondo ai suoi occhi sembrava vorticare furiosamente in un'annebbiata confusione. Quando l'uomo uscì dalla cameretta, la giovane donna aprì gli occhi e lo guardò supplichevole. Lui le si avvicinò e, come aveva fatto tante altre notti, l'attirò a sé, per offrirle lo stesso conforto che aveva dato a sua figlia.

"Non sa quello che dice. Non può saperlo."

Il suo nome venne fuori solo come un singhiozzo contro il suo petto. "...Squall."

L'abbracciò forte, carezzandole i capelli scuri. "Ora, non farmi andare a cercare un Kyactus di peluche per farti dormire, d'accordo?" Lei non poté impedirsi di ridere tra le lacrime, e annuì, proprio come aveva fatto la loro bambina.

Lui fece un passo indietro per far sì che lo guardasse dritto negli occhi, poi le posò delicatamente la mano sulla guancia, carezzandole la pelle con amore. "Non ha paura di te, ha paura di un concetto. Tu sei sua madre, e lei ti ama con tutto il cuore." Le asciugò le lacrime, la strinse di nuovo tra le braccia. Minuti passarono mentre i due restavano semplicemente abbracciati, in un meraviglioso silenzio. Ma il corpo di lei tremava tra quelle braccia. Alla fine lui si separò da lei e la portò verso la portafinestra del balcone.

Il calore di luglio opprimeva l'aria fuori dalla loro casa in mezzo alla città, e, a contatto con quell'afa, i loro corpi cominciarono a sudare. La donna camminò verso il bordo del terrazzo, a stringere con le dita affusolate la ringhiera d'ottone.

Mentre con l'altra mano si legava i capelli in una coda lenta, sentiva la presenza dell'uomo muoversi accanto a lei. Insieme lasciarono vagare lo sguardo lungo il vasto orizzonte della città. Il chiarore della capitale brillava delle sue luci, tutta la metropoli era sfavillante come un magnifico cristallo.

"Non mi sarei mai immaginata che Esthar fosse così bella... o così maledettamente calda." La voce era roca per via dell'umidità.

"Di certo non è come Balamb. Anche se io mi ricordo almeno un giorno che anche lì faceva lo stesso caldo." Il suo tono si tinse appena di malizia mentre l'uomo girava gli occhi su di lei.

"Oh, sta' zitto," ordinò, dandogli un colpetto scherzoso sul polso. "Devi proprio parlare di quello adesso?"

Lui le si avvicinò, afferrandole la mano che aveva appena mosso, intrecciando le dita con le sue. "Adesso e ogni volta che posso. Potremmo uscire un po' con la macchina in ricordo dei vecchi tempi." Il corpo della giovane donna fremette, persino in quella calura soffocante... E lui pensò subito che quella reazione fosse dovuta alle sue parole, al suo riferirsi ad una vita che non esisteva più. "Scusami, non ci stavo riflettendo."

"No, Squall." Lei abbassò la testa e la scosse debolmente. "Non è questo... è solo che oggi è arrivata quella cosa."

Si portò dietro di lei, senza più preoccuparsi della torrida temperatura, e, cingendole la vita con le braccia, strinse il corpo della donna contro il suo.

"Ma perché, perché ti fai questo?" Le parole di lui le danzavano attorno alle orecchie e le bruciavano in fondo all'anima.

"Lo so. Lo so... però, ti prego..."

Ogni anno, quella cosa lo uccideva. Quelle parole non sarebbero cambiate mai, impresse com'erano per sempre nella storia. Forse era anche la sua maledizione. E così ogni anno si opponeva a quel rituale, pur sapendo che era una cerimonia che avrebbe inevitabilmente osservato.

"Dov'è?"

"Sul tavolo." Risposta secca e diretta.

Le braccia carezzevoli si ritirarono dal loro rifugio sicuro, mentre lui obbediva fedelmente alla richiesta. Un attimo dopo era tornato con un manuale rilegato in pelle. Si levò una brezza fredda, come un sinistro spettro che cercasse la sua redenzione; si agitò quasi con violenza, facendo venire ad entrambi la pelle d'oca. Lui accese la luce della veranda, e subito centinaia di insetti sembrarono venir fuori dai loro nascondigli nelle ombre.

Insieme sedettero al tavolo; l'uomo cominciò a sfogliare il libro in cerca del capitolo che lui stesso aveva aiutato a mettere a punto. Mentre lui girava le pagine, la donna si abbandonò nella seggiola, pronta a sentire le parole che non sarebbero mai sbiadite col tempo. Trovato il punto, l'uomo guardò verso di lei, nella tacita speranza che quello potesse essere l'ultimo anno... La sua compagna sembrava del tutto tranquilla; ma lui avrebbe soltanto voluto salvarla da quell'annuale tormento... salvarla dai demoni. Ma non poteva, lo sapeva. E così, come un vero cavaliere, cominciò a leggere le parole stampate perché le generazioni vi credessero.

*~*~*~*~*

La storia del Garden: dopo il conflitto con Artemisia
Capitolo Quattro: La minaccia imprevista

Dopo la sconfitta di Artemisia, emerse una nuova sventura, non dal futuro, ma tra le mura dello stesso Garden. Una tra i sei eletti che lottarono per il nostro futuro fu infettata da un male talmente letale che ha distrutto molti di coloro che sono stati toccati dalla sua presenza: Rinoa Heartilly, figlia del generale galbadiano Caraway, subì l'incarnazione a strega. Al modo di molti dei suoi predecessori, scelse di utilizzare il suo potere come forza per dominare.

Sebbene molte controversie circondino i suoi ultimi anni, diversi fatti sono stati confermati da fonti sia del Garden sia di Galbadia. Per ottenere il predominio tra gli studenti del Garden, la strega scelse come suo cavaliere il primo Comandante di Balamb, Squall Leonhart.

Mentre il suo potere su Balamb si accresceva sempre più, riuscì a prendersi come cavaliere anche l'allora Presidente della Repubblica di Galbadia, nonché leader del Consiglio Mondiale, Jefferson Mitchell. In seguito a un fallito tentativo di colpo di conquista contro il Garden di Balamb, fuggì, riuscendo a conservarsi un buon numero di truppe a lei fedeli; e per due anni queste forze rimasero in attesa, per prepararsi ad un assalto finale ai danni di tutti i Garden e dei loro riconosciuti alleati.

In questo periodo, Squall Leonhart prese in moglie un'altra dei ragazzi del destino, Quistis Trepe. Fu allora che l'influenza della strega su di lui ebbe termine, in quanto lui la denunciò pubblicamente. Nel rifiuto e nel dubitare di se stesso, Leonhart non ebbe le forza di vivere con il senso di colpa per il suo precedente legame con colei che era stata accusata di essere un'assassina; e questo comportamento autodistruttivo lo portò ad allacciare innumerevoli relazioni extraconiugali, compresa quella con la sua assistente amministrativa, Lauren Rachels, che gli avrebbe più tardi dato un figlio.

Durante il tempo della sua corruzione, la Strega Heartilly si conquistò assoluto controllo sul Presidente Mitchell; e dunque il Garden fece lega con i seguaci della Repubblica, riuscendo, dopo una caccia all'uomo in tutto il mondo, a catturare la strega. Il giorno della sua esecuzione, la Heartilly fece ancora un'altra vittima, il Presidente stesso. Fu negli istanti finali della sua vita che l'uomo mise fine a quella di lei.

Il gruppo che una volta aveva salvato il mondo da Artemisia si riunì nuovamente per salvare il mondo da un'altra dei discendenti di Hyne. In questa occasione, la compagnia annoverava anche Seifer Almasy, uno studente del Garden di Balamb in esilio; Almasy dovette in seguito scontare una condanna a tre anni in Galbadia per tradimento contro la sua patria d'adozione.

Dopo di ciò, Quistis Trepe, l'ex-moglie del comandante, lasciò il sistema del Garden per insegnare nel settore privato. Gli sforzi da lei profusi nella cattura furono ricompensati con la Croce di Galbadia, la più alta onorificenza possibile per i non cittadini della Repubblica Galbadiana. I restanti tre dei 'primi salvatori', Irvine Kinneas, Selphie Tilmitt, e Zell Dincht, furono ugualmente premiati con la medaglia al valore dal governo di Galbadia. Il primo Comandante del Garden di Balamb e membro del Consiglio Mondiale, Leonhart, scelse di continuare il suo lavoro ad Esthar, dove attualmente risiede sotto la protezione delle leggi esthariane.

Tutte le voci sui presunti legami tra il membro di Trabia del Consiglio Richard Bennett e la strega sono state smentite. Sono emerse prove che dimostrano che Renee Bennett e la figlia Allison Bennett furono uccise dallo stesso Bennett; si ritirò ogni dichiarazione di rapimento quando entrambi i corpi vennero rinvenuti in una baita nelle vicinanze.

Fu sempre in questo periodo che venne a galla la storia di corruzione finanziaria che circondava il neoistituito Consiglio Mondiale. L'organizzazione politica fu sciolta formalmente un anno dopo, quando si scoprì che al centro dell'inchiesta stavano sia il colonnello Caraway che Richard Bennett; e, a causa della morte di entrambi, la verità fu portata nella tomba. Bennett si suicidò dopo essere stato ufficialmente accusato del duplice omicidio della moglie e della figlia di diciotto mesi. In una circostanza non resa nota al pubblico, Caraway fu ucciso in un incidente di caccia mentre era in viaggio all'estero, presso il confine della terra degli Shumi.

Per nota finale, la presunta 'confessione' del presidente Mitchell è stata in seguito riconosciuta essere un elaborato imbroglio messo in piedi dai seguaci della Heartilly: sia il Sistema di Istruzione del Garden che la Repubblica di Galbadia concordano su questo fatto. Dopo l'esecuzione della Strega Heartilly, fu concesso che le sue ceneri fossero sparse sul suolo galbadiano, anche se dopo molte proteste dei suoi abitanti. Fu solo per la buona parola messa dagli altri 'salvatori' che la richiesta fu accordata, poiché loro fecero pressioni in favore di lei. I suoi ultimi resti vennero infine sepolti accanto alla madre.

*~*~*~*~*

L'uomo chiuse il libro, guardando il bagliore di lampi di calore che illuminavano, in alto, i cieli lontani. Ogni anno, da cinque anni, aveva letto per lei lo stesso libro stampato. Ogni anno al Garden partecipava a una funzione in memoria di Ellione, e di lei. E ogni anno si preoccupava sempre un poco di più della sanità mentale della sua donna. Il cavaliere era sempre stato in grado di riportarla indietro, ma aveva terrore che venisse un tempo in cui lei sarebbe stata irraggiungibile. Sentiva i suoi ansiti affrettati, la sentiva cercare di riguadagnare un ritmo normale nella respirazione. Il suo dolore lo uccideva. Era sempre stato così.

"Rinoa..."

"No!" lo interruppe lei, ancora senza fiato. "Lei è morta. Elizabeth potrebbe sentirti, qualcuno potrebbe sentirti!"

Lui emise un sospiro di rabbia, e buttò il maledetto libro giù dal tavolo. Forse quest'anno era finita, l'ultima volta in cui avrebbe ceduto alla pressione di leggere quelle fottute bugie. Ma lo diceva tutti gli anni...

"Okay... Lauren."

Si sentiva ancora morire a sussurrare quel nome, anche nell'istante in cui usciva dalle sue labbra. Si alzò in piedi, spingendo via con forza la sedia, poi si avvicinò a lei e le si inginocchiò di fronte. "Guardami."

La donna alzò la testa di scatto verso di lui come se avesse voluto gridare, ma non ci riuscì. Invece, l'unica cosa che riusciva a vedere era il senso di colpa per la propria infedeltà che annebbiava gli occhi del suo compagno. Ancora dopo così tanto tempo, stava pensando solo alla vita che si era lasciata alle spalle, ignorando l'angoscia di lui... ignorando il suo passato.

"Mi dispiace tanto, Squall," lo implorò, chiedendo perdono. E si abbassò per stringergli le braccia attorno al collo, felice per la vita che avevano... non importava chi fossero.

"Lo so. Lo so che ti dispiace." Lui la perdonava sempre, per qualsiasi cosa. Era la sua maledizione, era la grazia che lo salvava. Le poggiò il capo sulla pancia, mentre lei continuava ad abbracciarlo. E poi c'era la stessa domanda che gli faceva ogni anno, la stessa a cui non sapeva rispondere. Eppure, ogni ora che passava, il momento del loro giudizio si avvicinava.

"Quando le diremo la verità?"

"Non lo so. Quando saremo pronti."

Ma il problema rimaneva, sarebbero mai stati pronti? La loro bambina di sette anni aveva sentito menzogne sin da quando era nata nel loro peccato, e nemmeno traslocare dall'altra parte del mondo aveva cambiato la loro realtà. Ma lei era forte, era come i suoi genitori, e avrebbe vinto. Era ancora 'Allison' nei loro cuori, ma adesso era conosciuta solo con un altro dei nomi che le erano stati dati.

Lui le infilò la mano sotto la sottoveste, sollevando solo di poco l'indumento di seta. Quando passò le dita sul ventre liscio, non sentì alcuna imperfezione... nemmeno una cicatrice. Le lasciò un leggero bacio sull'ombelico e allora lei reagì, ridendo al tocco di piume delle sue labbra.

"Che stai facendo?" domandò, la testa piegata di lato con aria d'accusa.

"C'è proprio bisogno di chiederlo?" Le lasciò ricadere la stoffa in grembo, poi si alzò e le tese la mano. Intrecciò le dita con le sue, aiutandola ad alzarsi in piedi.

"Sei impossibile, Squall."

"E tu sei bellissima."

*~*~*~*~*

Comandante Leonhart, Squall Leonhart, cavaliere, amore, papà... sono tutte soltanto etichette per la stessa persona. Almeno su una cosa lei aveva ragione, i titoli non hanno importanza, quello che conta è solo ciò che ognuno di essi rappresenta. Quasi undici anni sono passati dalla caduta di Artemisia... e quasi sei da quella 'di Rinoa'. Una volta avevo imparato che era più facile vivere in una menzogna, ma adesso è nella menzogna che preferisco vivere...

Anche la storia può essere stravolta, manipolata dal miglior offerente. In effetti, siamo tutti dei, se ci viene data la spinta giusta. Con soldi a sufficienza, tutto può essere comprato, addirittura le bugie che siamo predestinati a ripetere ogni giorno. Sono le bugie che noi abbiamo scelto, le bugie che siamo condannati a sopportare.

Ma io lo faccio più che volentieri.

È questa la vita che ci siamo scritti, ci siamo determinati il nostro stesso destino. La strega è morta per il mondo, ma viva per quelli che mantengono il suo segreto. Per ovvie ragioni, non lascia mai la protezione che Esthar le offre... che Laguna le offre. Per uno strano scherzo della sorte, è ancora una volta prigioniera tra quattro mura. Il nome che oggi porta è solo un appellativo stampato su un pezzo di carta, mentre la vera proprietaria di quel nome giace da qualche parte nelle profondità dell'oceano. Scomparsa. Dissolta... una parte della storia che non sarà scritta nei testi, un'altra orfana perduta dal tempo.

Ogni anno nuovi libri di storia sono pubblicati per gli studenti del Garden, ogni anno la 'nostra' storia viene scritta un po' di più. Io, il marito adultero di Quistis Trepe, e lei, la dimenticata salvatrice del mondo. Tutto quel che resta di Rinoa Heartilly sono le bugie, ma per noi non c'era altra strada da prendere.

Così, almeno viaggiamo fianco a fianco.

È destino che la vera follia di Jefferson Mitchell non sarà mai nota; ma ancora una volta, è la storia che abbiamo imposto. In questo modo il mondo può avere il suo bene e male, il suo bianco e nero... può avere le risposte che cerca così disperatamente.

La mia strega, in verità, ha ancora tutti i suoi poteri, e io ho ancora la responsabilità di essere il suo cavaliere. Il suo unico cavaliere... il solo che abbia mai avuto. Non esistono sistemi né per togliere, né per sigillare i suoi poteri, come invece il mondo crede. Ma il mondo può dormire meglio la notte credendo nella menzogna... nostra figlia può dormire meglio la notte credendo nella menzogna.

Gli amici che avevamo una volta adesso vivono sparsi per il globo.

Quistis si è trasferita nel settore privato e Seifer ha scontato il suo periodo di prigionia. La loro strada non è stata semplice, né tutta lastricata come nel finale da favola che pensavano di aver trovato. Ma i loro sentimenti esistono... come esiste la loro relazione. Non è un amore da bigliettini o fiori freschi... ma di comprensione e desiderio. Io spero che la storia sarà buona con loro, ma solo il tempo potrà dirlo. Selphie e Irvine sono ancora insieme. Mi chiedo se il loro legame fosse già scritto nelle stelle, o sia stato solo un caso incrociato tra le onde del destino. Zell si è sposato, e adesso ha due bambine, e un'altra in arrivo... Penso sia lui la persona con cui è stato più difficile perdere i contatti... Ma è così che abbiamo deciso, e dobbiamo vivere col rimorso. La maggior parte dei nostri legami passati, anche quelli col Garden, sono stati spezzati per evidenti ragioni.

Loro nascondono il nostro segreto, e noi nascondiamo il loro.

In un brevissimo istante, tutto il tempo è diventato una cosa sola... Attraversando le generazioni, rompendo tutte le leggi conosciute della fisica, lei ha colto un momento e ha invertito di posto due passeggeri di questo mondo. Due forze vitali connesse dai loro poteri. In un attimo, due corpi sono stati scambiati e quello che sarebbe potuto succedere... che sarebbe dovuto succedere... è diventato solo un ricordo sbiadito nelle menti di pochi. Con il potere di due streghe, l'impossibile si è trasformato in realtà.

La spada di un pazzo, squarciando non solo carne e ossa, ma anche lo spazio ed il tempo, non ha trafitto la vittima che desiderava nel presente, ma una del passato... di esattamente due anni e una settimana prima nel passato. Eppure, per un minuscolo intervallo, le forze vitali di Rinoa ed Ellione sono state una cosa sola.

E così adesso il destino è deciso. È scritto dalla sorte, è scritto dagli eventi del passato, del presente, e del futuro. È scritto da 'noi' che possediamo le risorse per comprarlo. Quelli che una volta avevano intenzione di fermare la Compressione Temporale... ora devono segretamente garantirne la sopravvivenza. Perché senza di essa, il Garden è stato sconfitto da Galbadia. Io non mi sono salvato, Rinoa non si è salvata.

E tu credi nella storia che sei arrivato ad accettare come un dato di fatto, quando certi grandi eroi non sono altro che una nota a piè di pagina nei libri di testo? Il passato di ieri viene riscritto da chi paga di più nel momento stesso in cui tu respiri? Alcuni vengono sollevati sul piedistallo degli eroi, mentre altri scontano il costo supremo. Il sangue sparso oggi è sparso invano, perché l'unica verità si trova nascosta tra menzogne color scarlatto.

*****
Nota delle traduttrici: prima di tutto, citazione d'apertura: dagli Amoretti di Edmund Spenser, sonetto n° 75 (ultimi cinque versi). Torni alla polvere, ma tu vivrai grazie alla fama:
il mio verso renderà eterne le tue rare virtù,
e nei cieli scriverà il tuo nome glorioso.
Mentre la morte sottometterà il mondo intero,
il nostro amore vivrà e darà vita ad altra vita.

E così siamo giunti alla fine di questa meravigliosa storia che è Crimson Lies, e della meravigliosa avventura che è stata tradurla. Spesso è stato complesso, spesso ci siamo lambiccate il cervello, e probabilmente non sempre siamo state all'altezza dell'originale. Ma penso di parlare a nome di tutti di coloro che hanno partecipato a questa traduzione, quando dico che siamo contente di essere arrivate qui e di aver dato a chi non conosce l'inglese la possibilità di leggere questa perla. Anche se c'abbiamo messo tanto, alla fine ce l'abbiamo fatta.
A tradurre/betare Crimson Lies sono state:
Erika, webmistress di EFP, che ha tradotto tutti i capitoli dall'1 al 7, e poi qualche altro capitolo successivo che non siamo riuscite a individuare con certezza;
Shizuru117, che ha tradotto un paio di capitoli, ma non siamo riuscite a individuare quali;
Alessia Heartilly, che ha tradotto alcuni capitoli entro il 20 (non ricordiamo quali a parte forse 8, 10, e dal 12 al 15? Boh!), ha rivisto una parte dei capitoli dall'1 al 22, ha betato i capitoli tradotti da Shu e Youffie e ha tradotto sicuramente i capitoli 17, 18, 21, 25, 26, 28, 31, 34, 37, 40 e 41;
Shu, che ha iniziato a tradurre da metà storia circa e ha tradotto i capitoli 16, 19, 20, 22, 23, 24, 27, 30, 33, 36, 39 e 42, secondo una divisione stabilita quando a tradurre siamo rimaste io, Shu e Youffie17. Shu si è occupata anche di tradurre tutti i titoli dei capitoli, per evitare doppioni (ci sono un sacco di sinonimi, se notate :D);
Youffie, che ha iniziato a tradurre poco dopo Shu e ha tradotto i capitoli 29, 32, 35 e 38;
El Defe (o DefenderX), che mi ha aiutato nella revisione dei primi 22 capitoli (viene scritto nelle note chi ha rivisto cosa), ha betato quelli tradotti da me e si è occupato anche della ricerca delle fonti di tutte le citazioni di inizio capitolo, fornendone dove possibile anche la traduzione ufficiale.
Mi sembra di aver indicato tutti, ma se ho dimenticato qualcuno mi scuso, ma fatemelo sapere che rimedio appena possibile!
Come sempre... i vostri commenti verranno inviati all'autrice. Vi invito a lasciare una recensione finale a questa storia, perché lo merita Ashbear e perché merita di sapere che c'è un pubblico italiano che la segue e la ama.
Che dire... alla prossima traduzione di Ashbear, in arrivo presto :)
- Alessia Heartilly

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