Still Drunk

di valah__
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Still Drunk
 
1

Quando il nostro manager ci informò che il nostro video musicale sarebbe finalmente stato trasmesso al di fuori dell’Italia stentavo a crederci. Per circa due anni ormai io e il mio gruppo ballonzolavamo da un teatro all’altro senza però riuscire mai ad aumentare i numeri. La nostra casa discografica era arrivata al punto di averci preposto un ultimatum che se non rispettato avrebbe portato all’inevitabile rottura del contratto discografico.
La nostra carta vincente, finalmente, fu un testo in inglese che su internet riscosse un discreto successo, tant’è che aveva portato l’etichetta discografica a non interrompere il nostro rapporto.
Quel mattino l’aria che tirava era ben diversa da quella tesa che di solito ci circondava all’interno dello studio. Spesso ci radunavamo li e passavamo i pomeriggi assieme a comporre canzoni o a confrontare diverse idee che sarebbero state tirate in porto. Quel che più sembrava difficile da credere era vedere Thomas, il nostro manager, rilassato e sorridente che per la prima volta scherzava con noi.
-Sai, quando ci hai detto dell’intervista per la tv inglese Bianca per poco non sveniva a terra- ridacchiò Samuel indicandomi. Nonostante non stessi ascoltando la loro conversazione mi sentii osservata ed alzando lo sguardo mi accorsi dei loro occhi insistenti su di me. Era strano sentirmi chiamare per nome, soprattutto dai miei compagni che per primi mi avevano rinominata Bess, il primo nome straniero che gli era venuto in mente, dato il fatto che il mio vero nome non rispecchiava la mia personalità e nemmeno rappresentava una cantante rock.
-Samuel, taci. Non sono io quella che si è dovuta chiudere in bagno per mezz’ora a causa dell’emozione- commentai ridacchiando, mentre tutti mi seguivano a ruota ricordando la mattinata precedente.
Li osservai tutti, eravamo sempre stati uniti in quegli anni di alti e bassi, e Samuel, Andrea e Simone per me erano come la mia famiglia. Nei loro occhi –persino in quelli di Thomas- si poteva leggere lo stesso enorme sentimento, quello dovuto al fatto che avremmo continuato a fare quello che ci piaceva, suonare; ed ora le cose sarebbero state più serie.
Dopo un paio di giorni, quando arrivammo agli studi della mittente televisiva MTV nazionale tutto sembrava estremamente surreale. La folla che ci attendeva fuori dall’ingresso ci mostrava per la prima volta che nel Regno Unito avevamo un pubblico non indifferente.  Fummo informati poco dopo che tale successo era dovuto al fatto che il video dell’ultimo singolo veniva spesso trasmesso tramite il programma della mittente dedicato interamente alle novità e, da quanto dimostrava la folla, eravamo molto apprezzati.
-Bene. Ma, vi aspettavate tutto questo prima di arrivare qui?- chiese l’intervistatrice, una ragazza magra dai capelli neri. Ci lanciammo un’occhiata, eravamo tutti molto impacciati in quell’occasione, ma Samuel prontissimo rispose alla domanda della ragazza spiegando come per noi tutto questo era stranamente inatteso.
-Guarda, Kate. Per noi questo è tutto nuovo, non ci aspettavamo niente di simile. Anzi, giusto prima di entrare in studio parlavo con Bess di come sia incredibile tutto ciò- disse indicandomi con un cenno. Cercai di radunare le parole e di metterle nell’ordine grammaticale corretto, sperando di non fare la figura dell’idiota, ma poi forse per l’emozione tutto uscì naturale.
-Noi ci sentiamo molto grati nei vostri confronti, perché solo un mese fa, quando caricammo il video della canzone su internet, eravamo quasi del tutto rassegnati al fatto che non sarebbe certamente cambiato nulla e invece…- dissi indicando la folla fuori che si riversava sulla strada bloccando il traffico.
-Beh, colgo l’occasione per annunciare che dopo domani i New Sound saranno in-store per l’incontro con i fan, ma ora ci dobbiamo salutare e lo facciamo sotto le note della ben conosciuta canzone del gruppo, ciao!- disse energicamente mentre le prime note comparivano in sottofondo, facendosi sempre più forte. L’incontro era andato splendidamente  e contro ad ogni aspettativa nessuno aveva commesso errori o fatto brutte figure. Tutto era filato liscio.
Tornammo in albergo ben due ore dopo, una volta che terminammo l’ultimo autografo, e finalmente ci fu possibile pensare a quello che ci attendeva quella sera. Mentre eravamo nella sede della mittente ci era giunto l’invito a partecipare quella stessa sera ad una festa esclusiva, in cui sarebbero stati presenti i personaggi di spicco del momento e in cui avremmo avuto l’occasione di incontrare altri personaggi appartenenti al mondo della musica.
-Scusa, dove pensi di andare conciata così?- mi chiese Samuel entrando nella mia camera, riferendosi ai miei vestiti.
-Che c’è?- chiesi masticando il boccone enorme di pizza che avevo in bocca. Lui mi squadrò nuovamente, poi senza aggiungere altri commenti si avvicinò al mio portatile.
-Bene, bene, bene…- commentò osservando lo schermo del computer –sembra che qualcuno sia ansioso di incontrarti- disse ridendo. Lo osservai ed alzai un sopracciglio, a volte non si capiva niente di quello che diceva, ma ormai dopo sei anni di amicizia ci avevo fatto l’abitudine.
-Cosa? Chi?- domandai buttandomi sul letto al suo fianco, cercando di sbirciare cosa stesse guardando. Lui, d’altro canto, spostò così rapidamente il pc che mi fu impossibile intravedere qualcosa.
-Non sperarci- rise alzandosi in piedi ed avvicinandosi alla porta –senti, questo te lo restituisco questa sera- disse riferendosi al mio computer. Io feci spallucce e tornando davanti allo specchio sistemai gli ultimi particolari.
Nonostante fosse una festa esclusiva quella sera le strade davanti al locale erano transennate per contenere innumerevoli persone che ogni volta che avvistavano qualcuno entrare nel locale si premevano le une contro le altre per un autografo.
-Ragazzi, non ci si ferma a fare autografi- ci stava ordinando Thomas in auto. Noi ci guardammo perplessi, ma lui non sembrava voler scendere a patti e così lasciammo perdere facilmente.
Quando scendemmo dall’auto i miei occhi furono invasi dai flash delle macchine fotografiche e ciò che vedevo rimase contorto fino a quando la mia vista, una volta immersa nella penombra del locale, non si stabilizzò. La serata era allestita a discoteca e attorno a me riconoscevo diversi volti che ogni giorno popolavano lo schermo di qualche televisore o invadevano qualche copertina scandalistica.
La mia timidezza per la millesima volta ebbe la meglio e per la millesima volta mi ritrovai sola. Sì, perché tempo dieci minuti e i miei tre compagni d’avventura –e Thomas- erano svaniti nel nulla ed io ero rimasta ferma vicino al rinfresco per tutto il tempo. Gli altri mi osservavano curiosi, forse sembrava così strano che Bess, la ragazza che nel video musicale si dimenava davanti alle telecamere in costume, era in realtà una timidona.
Ero ormai giunta alla terza birra quanto il mio cuore si fermò per un istante. Si, perché avevo appena intravisto nella gentaglia quei ciuffi rossi a me così ben noti, il mio cantante preferito era li presente quella sera e in quel preciso istante mi stava lanciando uno sguardo.
Mi sorrise, poi quando si avvicinò ci salutammo.
-Credevo non ti avrei più trovata qui in mezzo- disse prendendomi da parte. Era così strano averlo davanti in carne ed ossa, perché nonostante lo ascoltassi da un bel po’ e ci parlassimo tramite social network per complimentarci l’uno sulla carriera dell’altra non ci eravamo mai trovati faccia a faccia e mai ci eravamo parlati dal vivo.
Non riuscii a fare altro che sorridere mentre silenziosa e timida cercavo nuovi particolari che mai avevo notato prima. In quel momento sembrava come se il mondo si fosse fermato, come se in quell’istante esistessimo solo io e Edward, come se lui in quel momento avesse occhi solo per me.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Quella sera io ed Edward sedevamo sui gradini di una scalinata sul retro e quasi silenziosi conversavamo di musica e di quello che il futuro avrebbe riservato alla nostra musica.
-Non sapevo sareste venuti anche voi- disse mentre strofinava le mani fra loro, cercando di allontanare il freddo di quella serata dal suo corpo. Nelle sue parole ritrovavo la voce che tanto amavo ascoltare in qualsiasi momento della giornata, le sue canzoni che tanto apprezzavo e che più di una volta mi ero ritrovata a canticchiare.
-Beh, lo abbiamo saputo oggi. Nemmeno io mi aspettavo di trovarti qui- risposi accennando un mezzo sorriso, troppo timida per guardarlo in volto. Lo schermo del mio computer era sempre stato una barriera nelle brevi conversazioni che ci era capitato di fare nei mesi precedenti e ora averlo così vicino mi causava un incredibile stato d’ansia causato dall’emozione.
-Lo avessi saputo avrei organizzato qualcosa- commentò fissando un punto nel buio. Non sapevo cosa intendesse, così decisi di chiederglielo.
-Cosa intendi?- domandai stupidamente mentre lui apriva un grande sorriso sul suo volto. Restò in silenzio per qualche istante, poi dopo aver sospirato si fece coraggio.
-Forse ti avrei invitata da qualche parte- mi rispose. Percepii le mie guance ribollire, ma non ebbi il tempo di coprirle, perché lui se ne accorse quasi subito.
-Scusa, non volevo metterti in imbarazzo- commentò smettendo di osservarmi; io gli lanciai un’occhiata.
-Non mi hai messa in imbarazzo- risi –avrei accettato volentieri un invito- dissi decisa donandogli un sorriso. Lui sembrò illuminarsi.
-Non so te, ma questa festa non piace- interruppe il silenzio imbarazzante che si era andato a creare. Sorrise, forse cercando di farmi intendere che voleva andarsene, così restai al gioco.
-Si, troppo rumore- dissi estremamente convinta, facendogli intendere che in quel momento mi sarei lasciata portare in qualunque posto avesse voluto.
-Allora… potremmo sparire per un’oretta. Sono sicuro che non se ne accorgerebbe nessuno- i suoi occhi luccicavano, era emozionato. Ridacchiai, poi annuii.
-Anche perché siamo seduti su questi scalini da un’ora e mezza- notai mentre lui ridacchiò. Mi lanciò lo sguardo, poi senza troppo indugi si alzò e cominciò a camminare lungo la stradina buia.
Restai ad osservarlo per qualche istante mentre con le mani in tasca si allontanava nel buio; si fermò e si girò cercandomi con lo sguardo, poi alzando un sopracciglio mi fece cenno di raggiungerlo.
 
-Forse non dovremmo stare qui- dissi mentre lui agilmente scavalcava la recinzione di un cortile privato. Atterrò provocando un rumore sordo, poi guardandomi dall’altro lato della barricata mi sorrise.
-Tranquilla. Dai, vieni- commentò.
Mi ci volle tutta la mia buona volontà per scavalcare quell’ostacolo che ai miei occhi appariva tanto imponente, ma alla fine ce la feci senza troppe difficoltà.
Il cortile era immerso nel buio più profondo, così come il buio che riempiva l’abitazione adiacente. Non sapevo di chi fosse quella casa e nemmeno sapevo in che zona di Londra fossimo, ma in quel momento la nostra posizione mi sembrava la cosa più stupida del mondo.
Ed si avvicinò alla porta d’ingresso sul retro e girando appena la maniglia aprì la porta.
-Ehm. In Inghilterra non è che esiste un nome per il reato che stiamo commettendo?- chiesi esitando sulla porta. Lui accese la luce e subito un gatto gli andò in corso, coccolandosi sulle sue caviglie.
-E’ casa mia- disse afferrando il gatto portandoselo al petto accarezzandolo dolcemente. Il senso di inquietudine che si era impossessato di me svanì e finalmente riuscii a rilassarmi.
-Sai, non ero preparato ad avere ospiti- commentò lasciando libero il gatto sul pavimento e iniziando a raccogliere bottiglie vuote e indumenti dal pavimento. Quella casa era il caos più totale, c’erano oggetti ovunque, segno che in quel luogo raramente si trascorreva una nottata tranquilla.
Soffocai una risatina e mi chinai al suo fianco a raccogliere qualche bottiglia di vetro.
-Seratine interessanti, eh?- commentai ironica notando l’etichetta di una vodka di provenienza russa. Lui lanciò un’occhiata alla bottiglia e rise.
-Mi piace bere- commentò con non calanche gettando quello che aveva raccolto nell’immondizia.
-Anche a me- dissi in risposta andandomi a sedere sul divano. Probabilmente bastò quell’occhiata per intenderci, anche perché a giudicare dall’espressione che entrambi avemmo nello stesso istante dovevamo aver avuto la stessa idea.
-Bicchierino?- chiese ridacchiando avviandosi ad un mobiletto; dopo aver preso una bottiglia dal contenuto rossiccio la aprì e me la passò. Bevetti qualche sorso, poi gliela ripassai e lui ripeté lo stesso gesto.
Doveva essere passata un’ora, o forse due, ma le immagini che prima erano così nitide cominciavano a sfocarsi e ogni singolo rumore sembrava rimbombare nella mia testa.
-Forse dovrei andare- dissi alzandomi barcollando. Mi sentivo così leggera che persino il pavimento mi sembrava ondeggiante. Lui mi prese il polso e poi mi si avvicinò.
-E’ tardi, è pericoloso. Resta- mi sussurrò osservandomi.
Fissai per qualche istante le sue labbra mentre si muovevano rilasciando parole che non riuscivo nemmeno a sentire e poi spinta da non so quale forza mi sporsi in avanti e lo baciai, perdendo l’equilibrio e finendo direttamente tra le sue braccia.
-Bess- ridacchiò distaccandosi da me, sorreggendomi –forse è meglio che tu vada a dormire- le sue parole mi rimbombarono in testa mentre mi lasciai cadere sul divano. Chiusi gli occhi e mentre sentii Ed coricarsi al mio fianco abbracciandomi mi addormentai.
 
Quando aprii gli occhi fui invasa quasi immediatamente da un’ondata di caldo insopportabile e senza aspettare molto corsi in bagno dove tutto l’acohol sorseggiato la sera prima si riversò nel gabinetto. Guardai il mio riflesso nello specchio e feci fatica a riconoscermi: i capelli sembravano un nido, il trucco sbavato tutto intorno agli occhi e il rossetto disteso fino al mento mi riportavano alla mente una notte a dir poco serena. Mi sciacquai il volto con dell’acqua ghiacciata e subito le mie idee sembrarono lucidarsi: una, due o forse tre bottiglie di alcolici non ben identificati mi avevano ridotto in quello stato.
Uscii dal bagno e mi avvicinai a Ed che ancora dormiva in un angolo di divano. Le sue labbra erano sporche del mio rossetto, quindi non mi fu difficile ricordare la memorabile figuraccia che la sera prima mi ero fatta con lui. E lui mi aveva addirittura rifiutata.
Gli sfiorai i capelli rossi arruffati e per un istante lui sembrò svegliarsi, ma nuovamente sprofondò nel suo sonno.
Estrassi il rossetto dalla borsetta e me lo misi sulle labbra, poi delicatamente gli diedi un bacio sulla fronte lasciandogli lo stampo. Sorrisi, poi afferrai la sua felpa lasciata sulla poltrona li di fianco e la indossai. Aprii la porta principale e stringendomi nella felpa cominciai a camminare lungo la via sperando di ritornare in albergo senza perdermi.
Quando rientrai nella mia camera notai che Samuel si era appisolato sul mio letto e per fortuna non era sveglio, quindi senza troppi indugi mi coricai nel mio letto sperando che nessuno si accorgesse della mia nottata lontana dalla band.
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


3
Quella mattina furono molti gli interrogativi degli altri a proposito della mia fuga anonima e sul mio abbigliamento.
-Ma è inaudito. Bess, ti ricordo che non siete ancora abbastanza popolari da potervi permettere fughe e sparizioni da rockstar!- ruggì a colazione Thomas.
-Senti, non scaldarti tanto. Non troverai foto di me nuda in uno squallido pub immersa in un karaoke ubriaca marcia- commentai stufa delle sue urla alle nove del mattino; Andrea si fece scappare un ghigno.
Per fortuna Ed mi aveva tenuta alla larga dalle folle disposte a vendersi l’anima pur di coglierti nel peggiore dei modi.
Ripensai alle poche ore che avevo passato con lui e sorrisi, ignorando completamente quello che Thomas stava urlando.
-La cosa ti fa ridere, Bianca?- mi chiese spazientito.
Tornai alla realtà, ma la notte precedente era troppo preziosa per essere rovinata da qualsiasi cosa andasse insinuando Thomas.
-Beh, ridere o meno io ieri ho passato una bellissima serata. Con permesso…- mi alzai dando le spalle a tutti i ragazzi che mi osservarono sbalorditi fino a quando non uscii dalla lussuosa mensa dell’Hotel.
La mattinata passò lentamente, quando avvertii il minimo movimento fuori dalla porta della mia camera mi chiusi a chiave in bagno sperando di evitare più o meno tutti, poi continuai a pensare alla serata precedente come una bambina.
Sapevo che non era salutare, ma mi faceva star bene.
Poco dopo pranzo uscii dall’Hotel con l’intenzione di sparire dalla circolazione per le poche ore che mi restavano in Inghilterra. Ci saremmo tornati solo dopo un mese per un piccolo tour teatrale.
Ripercorsi mentalmente i posti in cui ero stata ieri sera e dopo aver firmato qualche autografo e aver scattato qualche foto rimasi sorpresa da quello che mi chiese una ragazzina di circa sedici anni.
-Ma è vero quello che si vocifera su ieri sera?- mi domandò curiosa.
La osservai attraverso le lenti degli occhiali da sole nere e alzai un sopracciglio.
-Cosa è vero?- domandai.
Lei fece un sorriso malizioso e incerta disse la frase successiva molto velocemente.
-La felpa che avevi questa mattina è di Ed Sheeran, vero? Come l’hai avuta?- domandò ridacchiando.
Per un istante mi sentii sprofondare e ringraziai il fatto che lei non potesse vedere i miei occhi spalancati.
-Ma quale felpa?- chiesi restando sul vago, lasciandomi scappare un sorriso involontario.
La ragazza evidentemente lo notò, perché lei e le sue amiche sembrarono travolte da una notizia shock che aspettavano da una vita.
-Lo sapevo, lo sapevo!- disse tra le piccole urla delle sue amiche –ma quando è successo? Ieri sera vi siete visti per la prima volta, vero? Lo sapevo che lui non è uno che perde tempo!- commentò fiera aspettando un altro passo falso da parte mia.
-Hey! Frena un attimo! Non pensare a quelle cose… non sono il tipo- dissi cercando di controllare ogni singolo muscolo facciale.
Lei sembrò delusa ma non del tutto convinta.
-Certo. Beh, secondo me siete carini- disse.
-Occheeeeeeeeeei!- commentai cercando di allontanarmi al più presto, ma quelle non sembrarono volermi lasciare. Per lo meno ringraziai che fossero solo loro tre su quella strada desolata.
-Stai andando da lui adesso? Gli riporti la felpa?- chiese un’altra del gruppo. Io alzai gli occhi al cielo. Così, se proprio non volevano lasciarmi in pace feci in modo che fossero talmente senza fiato da rischiare la vita.
-Sì, sto andando da lui- ma cosa stavo dicendo? –e no, la felpa me la tengo- commentai, sperando che magari alimentando le loro fantasie mi avrebbero lasciata andare.
La loro reazione fu strana. Evidentemente si aspettavano che mascherassi le loro supposizioni, non che le dessi corda.
-Ma allora vai per di qui.. ci metterai venti minuti in meno a piedi…- mi suggerì quella più spigliata di tutte.
Le osservai oltre le lenti degli occhiali sbalordita; dovevano essere le classiche ragazzine che sapevano tutto di tutti.
-Ah, davvero?- domandai non sorpresa, sperando che leggessero nella mia voce un tono di antipatia, ma niente.
-Massì, cammini dritta per questa stradina, giri a sinistra e arrivi al numero due in dieci secondi…- dissero soddisfatte. Io cominciai a camminare e loro ben presto mi seguirono.
Per lo più avevo trovato qualcosa da fare. Anche se speravo che quelle tre non mi mettessero nei guai.
Quando arrivai all’angolo mi voltai verso di loro e mi feci seria.
-Voi… credete di poter tenere per voi quello che ci siamo dette nell’ultimo chilometro?- chiesi cauta.
Loro si guardarono per pochi secondi, poi mi sorrisero.
-Certo! Quando domani andrai via saremo sotto l’Hotel per salutarti!- commentarono loro. Io sorrisi scuotendo la testa.
-Allora a domani- commentai, facendole intendere di dover sparire.
Loro sorrisero felici e sembrarono allontanarsi senza problemi.
Rimasi allo sbocco della via davanti al numero due per diversi minuti fissando la porta verde dalla quale ero uscita quella stessa mattina. Poi feci il giro della casa e scavalcai il cancello come avevo fatto con Ed la sera precedente. Mi avvicinai alla porticina e aprii la borsa estraendone la felpa che avevo preventivamente rubato ad Edward quella mattina e la posai davanti alla porticina.
Mi allontanai velocemente, ma proprio mentre stavo scavalcando nuovamente il cancello del cortile la porta si aprì e Ed vi comparve.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


4
In quell’istante mi sentii una ladra; mi domandai ripetutamente cosa potesse pensare Ed di me a cavalcioni sul suo cancello del cortile, anche se prima di notarmi impiegò qualche istante che aveva passato ad osservare interrogativo la felpa sullo zerbino.
Alzò lo guardo e mi vide. Passò dall’interrogativo al dubbioso, probabilmente perché stava mettendo in dubbio la mia sanità mentale.
Socchiuse le labbra come per parlare, poi le richiuse e increspò le sopracciglia.
Cercai di forzare un sorriso ebete, poi quando mi resi conto che la staccionata in legno stava premendo contro la mia coscia mi sforzai mi mascherare il dolore.
-Ma cosa stai combinando?- mi domandò facendo alcuni passi in mia direzione.
Cercai una scusante, poi deglutii.
-Io…- mi sforzai di mettere insieme due parole –ginnastica?- chiesi sarcastica, ma lui non rise.
Balzai nuovamente nel suo cortile battendo il sedere contro il suolo. Dovevo sembrare un’idiota confusa, perché lui mi corse incontro.
-Ti sei fatta male?- domandò offrendomi una mano. La afferrai e mi alzai.
Ci trovammo tremendamente vicini, le nostre mani ancora unite.
-Sto bene- dissi lasciando la presa.
-Spiegami, è una tua prerogativa scomparire nel nulla?- domandò; nella sua voce una nota di fastidio.
-Dovevo…- pensai –dovevo andare. Il mio cellulare era pieno di chiamate perse- dissi cercando di essere convincente –e poi…- lui fissò il mio sguardo e il mio cuore palpitò –e poi sembravi così carino nel sonno- commentai; lui sorrise.
Restammo in silenzio.
-E quella?- mi chiese indicando con un gesto la felpa.
Ripensai alle appena accadute vicissitudini con le ragazzine pochi minuti prima e deglutii.
-Te la volevo riportare, credo di avertela vista addosso parecchie volte nelle foto, pensavo la rivolessi indietro- commentai vergognandomi.
-Cosa sei? Una specie di stalker?- chiese ridendo. Io desiderai sprofondare.
-È quello che fanno i fan solitamente… essere stalker, intendo- sussurrai in modo così fievole che mi parve di vederlo inclinarsi verso di me per sentire meglio.
Sembrò colpito, infatti non fiatò.
-Vabbé- dissi sbrigativamente –ho una band che mi attende in albergo, credo che sia meglio che io vada- commentai avvicinandomi verso il cancelletto del cortile.
-Resta- disse piano prendendo il mio passo e posandomi una mano sul fianco.
Continuai a fissare i miei piedi a terra, fino a quando non mi posò un dito sotto al mento, sollevandomi delicatamente il capo.
-Per favore- concluse facendo presa maggiore sul mio fianco.
Annuii come una stupida e fianco a fianco ci avviammo verso la porta di ingresso.
 
L’interno di casa sua mi sembrava più freddo rispetto a poche ore prima, e per questo motivo me ne stavo accucciata in un angolo del divano col mento tra le ginocchia.
-Comunque questa la puoi tenere- disse posandomi sulle spalle la sua felpa –considerala un piccolo ringraziamento- commentò.
-Per cosa?- chiesi stupidamente, cercando di ricordare a cosa potesse far riferimento.
Nei suoi occhi brillò una luce e uno sguardo malizioso si impossessò dei suoi occhi.
-Per il bacio di ieri sera- commentò divertito –e dello stampo di rossetto che mi hai lasciato in fronte questa mattina- ridacchiò. Io desiderai morire.
Quanto ero idiota? Era ovvio che stesse alludendo alla mia figuraccia da ubriaca, ma evidentemente ero ancora troppo annebbiata per mettere in moto il cervello.
-Ah- dissi sotterrando la testa tra lo schienale e la spalliera del divano, dandogli le spalle.
Lui si mise a ridere di gusto, i miei occhi cominciarono a pizzicare nel ricordare il suo non ricambio al mio bacio.
-Eddai, non darmi le spalle- cominciò a pizzicarmi fianchi e polpacci, al che assunsi nuovamente una posizione semi composta davanti a lui infastidita.
Mi resi conto che mi teneva una caviglia con una mano, mentre l’altra era appoggiata alla mia spalla. Era semi chinato su di me e in un qualche millesimo di secondo mi aveva bloccato le gambe con le sue.
-Io ti preferisco lucida- sussurrò e poi si avventò sulle mie labbra con una foga che mai avrei immaginato.
-Ehm- dissi cercando di tirarmi su, ma non sembrava volermi lasciare stare.
-Edward, per favore- dissi, al ché si fermò osservandomi interrogativo.
-Cosa c’è?- Mi chiese sussurrando; io cercai di realizzare quanto fosse appena accaduto.
-No, tu cosa c’è… insomma, io pensavo che quello successo ieri sera fosse abbastanza chiaro- dissi riferendomi a come si era sottratto al mio bacio.
Lui rise e tornò seduto. Io feci lo stesso.
-Non farmi domande, per favore- disse scocciato, probabilmente perché in quel momento ero stata io a sottrarmi a lui.
-Ok- commentai focalizzandomi sulle immagini che scorrevano alla tv.
-Però mi piaci- disse con semplicità sussurrandomelo all’orecchio, facendomi venire i brividi.
Sorrisi un po’ per le parole che mi aveva appena sussurrato, un po’ per il solletico dei suoi baci sul mio collo.
 
Presto si fece sera e il mio cellulare sembrò impazzire quando lo riaccesi. Continuò a vibrare per cinque minuti buoni quando lo riaccesi e per tutto il tragitto verso il mio albergo.
I ragazzi a cena mi osservavano divertiti, tutti tranne Samuel e Thomas che continuavano ad alternare momenti in cui mi riempivano di domande ad occhiate ai segni rossi che mi ricoprivano il collo, lasciati dalle labbra di Ed.
 
Mi sembrava di stare in una bolla, perché da un lato ero incredula per quanto successo con Edward in quella giornata, e dall’altro perché il giorno dopo avrei lasciato Londra, e lui non lo sapeva.
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


5
Il ritorno in patria fu strano.
Quando stavamo uscendo dall’albergo, quella mattina, avevo quasi il terrore di trovare Edward sotto ad aspettarmi a braccia conserte, ma quando realizzai che non era probabile mi rasserenai.
Eppure quando sprofondai finalmente la testa sul letto della mia camera mi sentii uno straccio; non solo perché nell’acclamare il nostro ritorno una fan mi aveva praticamente schiacciata al suolo, ma soprattutto per lui. Riuscivo solamente a domandarmi se lui sapesse dove fossi, se gli importasse qualcosa oppure gli fosse del tutto indifferente.


Era quasi inusuale come il mio telefono avesse smesso di vibrare e quelle poche volte che lo faceva osservavo lo schermo speranzosa che fosse lui che eroicamente mi comunicava le imprese per trovare il mio numero di cellulare; ma al massimo era Thomas che mi comunicava gli orari delle prossime interviste.
 
-Dicci Bess- tornai alla realtà e alla moltitudine di occhi emozionati che mi fissavano –com’è andata in Inghilterra? E scusa se lo chiedo a te in particolare, com’è stato l’after-party?- mi domandò con sorriso disinteressato, come se quella ragazza fosse obbligata a chiedermi tutto quello scritto sul foglio. Cose che a lei non potevano importare di meno.
-E’ andata bene- commentai accennando all’ultimo un sorriso, ricordandomi le urla di Thomas esauste che dopo l’ultima intervista mi avevano ripetuto che dovevo sembrare più coinvolta.
-Cosa ci dici della tua scappatella?- chiese –con chi sei sparita?-
Restai muta, così come tutti in studio.
-Non stava bene- intervenne Samuel in mio soccorso –lei… aveva la febbre- disse guardandomi. Ricambiai il suo sguardo e nei suoi occhi lessi la stessa rabbia e gelosia della mattina dopo la festa, quando negavo ripetutamente qualsiasi cosa mi venisse chiesto quasi sotto interrogatorio.
-Ah! E noi che pensavamo che tu stessi soccorrendo Ed Sheeran che ha dato una motivazione molto simile a quella che Samuel ha appena fornito per te- disse ridendo, seguita dal resto dello studio.
Alzai lo sguardo e sullo schermo davanti a noi vidi comparire la stessa immagine che tutti stavano vedendo proiettata alle mie spalle.
Eravamo io e Edward che ci avvicinavamo al cancello di casa sua.
-Aveva dimenticato le chiavi?- chiese la ragazza ridacchiando, mentre l’immagine di noi due che stavamo scavalcando veniva proiettata.
Sentii gli occhi di tutti addosso, del pubblico, dei ragazzi e di tutti quelli in diretta da casa.
Fui troppo codarda per guardare l’espressione di Samuel, ma sentivo il suo sguardo rivolto verso di me e sperai che quel momento passasse in fretta.
 
Quando l’intervista finì mi fermai appena per firmare un paio di autografi sotto le mille domande dei fan e poco prima di uscire decisi che non mi andava di fare ritorno all’hotel con gli altri ragazzi, così quando furono più avanti di me di circa otto metri deviai verso un’altra uscita, collocata dall’altra parte dell’uscita da dove sarebbero usciti i ragazzi.


Ci saremmo dovuti fermare a Roma per un altro paio di giorni, ma dopo l’umiliazione appena ricevuta decisi che preferivo tornare nella mia città natale. Così, col primo taxi che mi raggiunse chiesi di essere portata alla stazione e nella tranquillità della notte tornai a casa mia.
 
Decisi che avrei ignorato ogni singolo contatto con gli altri per qualche giorno, giusto il tempo di far riprendere Samuel dalla delusione appena ricevuta.
Ci conoscevamo da tanto, forse troppo, e il suo attaccamento nei miei confronti cominciava ad essere imbarazzante.
Qualche anno prima, dopo una storia estiva durata non più di due mesi avevo deciso di essere sincera e di fargli capire che per me era sola e pura amicizia. Ma lui non lo aveva mai accettato e l’idea di non potermi controllare lo faceva bruciare dentro di gelosia, che più di una volta si era espressa con urla verso di me.
 

Uscii dalla situazione di stallo il giorno dopo, quando ricevetti online una mail di Edward.
-Ho saputo della tua situazione con la band. Mi dispiace averti messa in una situazione scomoda- recitava brevemente.
Sorrisi e immediatamente, ricordando quello che mi aveva detto qualche giorno prima, lo citai.
-Cosa sei, una specie di stalker?- scrissi ricordandomi quando me lo domandò in una conversazione sulla sua felpa.
La sua risposta arrivò il giorno dopo.
-E’ quello che fanno i fan- aveva scritto, citando le mie parole a sua volta, sempre dalla stessa conversazione.
In quel momento lo avrei abbracciato, se solo lo avessi avuto di fianco.
Qualche ora dopo, poi, scrisse ancora.
-Non posso aspettare un mese per vederti, ci vedremo presto!-
E da lì il silenzio.
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


6
-Si può sapere cosa ti passa per la testa, Bess? È dall’ after party che ti comporti in maniera bizzarra- mi domandò Simone il giorno seguente.
Simone era forse il più umano nel gruppo, nel senso che si era sempre mostrato disponibile ad ascoltare i problemi altrui e quasi mai giudicava una situazione o un comportamento senza saperne di più.
-Mi piace una persona, Simone. Ma non so cosa mi prenda; lo ascolto sempre, sogno ad occhi aperti situazioni improbabili, aspetto con ansia qualsiasi messaggio o segno di vita da parte sua- sbuffai –ne sono ossessionata, merda- conclusi guardando Simone che mi sedeva di fronte. Aveva un sorriso divertito in volto e mi osservava come di solito ti guarda la tua migliore amica mentre le stai raccontando le cose più ‘piccanti’ della tua vita.
-Lo ascolti sempre?- domandò con aria maliziosa –non staremo mica parlando di rosso malpelo?- chiese divertito, sapendo perfettamente quanto mi irritasse sentire Ed chiamato in quel modo.
-Lo sai che mi date fastidio quando lo chiamate così. Smettila- commentai sbuffando, lui rise ancora di più.
-Dai, Bess. Non essere così permalosa. D’altronde non stiamo parlando di te. Solo della tua cotta. Ammetto però che mi preoccupi, visto che hai quell’aria persa e sognante da giorni. Pensa pure che sia antipatico, ma non ti vedo così da…-
-Dall’estate scorsa. Lo so- commentai acidamente prima che potesse terminare la frase.
-Se sapesse che te lo sto dicendo…- disse guardando il soffitto –probabilmente mi ammazzerà- concluse cercando di convincersi a non aggiungere altro.
-Di cosa stai parlando?- gli chiesi mentre voltavo la testa verso la finestra, osservando il sole cocente che batteva sul terreno.
-Di Samuel, ovviamente- commentò –dopo l’intervista a Roma e dopo aver visto le foto tue e di Ed assieme siamo usciti a bere qualcosa mentre cercavamo di rintracciarti e…- prese fiato -…e dopo il quinto o sesto giro di birra ha cominciato a parlare di quando vi frequentavate e si è… commosso; diciamo- concluse con aria afflitta, come se mi avesse appena rivelato un segreto incredibilmente pericoloso.
-Cioè ha pianto?- domandai con disinteresse.
Lui annuì.
Non avevo mai visto Samuel piangere in tutta la mia vita, quasi pensavo non ne fosse capace, ma quello che Simone mi aveva appena detto mi aveva leggermente spiazzata. Eppure la nostra storiella estiva, durante l’anno precedente, era durata appena più di due mesi e poi era finita perché quasi mi soffocava, pretendeva di essere onnipresente nella mia vita e lo desiderava tutt’ora.
-Samuel ha commesso degli sbagli nei miei confronti e non l’ha mai ammesso, anche se credo se lo sia riconosciuto tra se e se- dissi con un lieve accento di rabbia.
-Parlate come se noi uomini non avessimo sentimenti- sbuffò Simone annoiato.
-Beh. Sono tre giorni che ti rifiuti di presentarti in studio, hai solo accettato di vedermi a costo che fossi da solo. Te lo dico: Thomas è incazzato con te. Forse dovresti scusarti- commentò quasi sottovoce, quasi sperasse che non lo sentissi.
-Mi ha rotto. Non ho mai fatto niente di male nei confronti della band, ma a Londra sono stata trattata come fossi una qualsiasi estranea che chiede un autografo: con indifferenza- dissi arrabbiata.
-Tu domani vieni in studio. Siamo ad un punto cruciale della nostra carriera, quella che abbiamo sempre sognato e ora non puoi permetterti di mostrarti così debole per due foto che ti hanno scattato e perché al tuo ex ragazzo non sta bene la tua attuale relazione- commentò ricordandomi tremendamente mia madre quando le dissi che volevo lasciare il liceo.
 
Il mattino seguente mi presentai in studio come se nulla fosse successo. Quando il resto della band mi vide, storse il naso, con l’eccezione di Samuel che mi guardò torvo come mai prima. Presi posto nel mio abituale angolo davanti alla vetrina della sala di ripresa e presi a scarabocchiare sul mio squadernino disegni e frasi che magari un domani mi avrebbero fatto scrivere una hit internazionale.
Avevo gli auricolari nelle orecchie senza musica, giusto per dare l’impressione di non essere in ascolto, anche se in realtà, sotto il cappuccio della felpa di Ed cercavo di ascoltare qualsiasi cosa senza dare nell’occhio.
-Ha addosso la felpa di quello- sentii Samuel commentare, probabilmente mentre mi indicava con un gesto del capo.
-E tu non guardarla. Lasciala stare- ribatté Simone. Accennai un sorriso.
-Probabilmente starà anche ascoltando le sue canzoni- insinuò Samuel. Questa volta però, non sentii alcuna risposta.
 
-Bene, siete stati invitati a partecipare ad un evento della mittente MTV fra qualche giorno, sono stai confermati diversi artisti, mancate solo voi- sbottò Thomas evidentemente arrabbiato –visti i recenti avvenimenti, però- e mi lanciò un’occhiata di sbieco –vi dico subito che parteciperete eccome. Non mi interessa se abbiate già preso impegni, ma come band siete spariti dalle scene per quasi una settimana e, a questo punto della vostra carriera, non va bene- disse.
Andrea sembrò voler replicare, ma probabilmente ci ripensò subito perché lasciò perdere.
-Chi partecipa?- domandò Samuel.
Thomas diventò paonazzo e lo guardò torvo.
-Non intendo nominarvi i partecipanti, perché non voglio che qualcuno di voi possa avere il tempo di organizzare un’altra bravata e sparire per un altro mezzo secolo- concluse alzandosi.
-Quindi, mi aspetto che in questi tre giorni ragionaste sulla band e che sabato mattina vi troviate tutti a Torino per questa serie di concerti live. Rispondete alle mail e, per favore, tenete il cellulare a portata di mano-
Dopo qualche minuto se ne andò.
Mentre tornavo a casa ripensai alla reazione di Thomas quando Samuel gli chiese chi fosse presente all’evento e tutto il discorso che ne era seguito.
Probabilmente non si fidava più di noi, o forse solo di me, ma perché tenerci nascosti i nomi dei partecipanti?.
Più tardi, a casa, decisi che se Thomas non aveva intenzione di darci delle risposte me le cercai da sola. E fu piuttosto facile trovarle in un qualsiasi sito web musicale.
Divenni pallida leggendo la lista dei nomi; come al solito c’erano gli artisti italiani più popolari del momento, ma a sorpresa vidi anche qualche artista internazionale, tra cui i Lumineers, Jessie J, Avicii e Skrillex per il dj set e… Ed Sheeran.
Il mio cellulare vibrò.
-Squinternata, hai visto gli ospiti?- seguito da uno smile. Se Simone era riuscito a trovarli, sicuramente li aveva visti anche Samuel.
Ma in quel momento i miei occhi erano fissi sullo schermo del pc, immobili sul nome di Ed come fossero stati attratti da una calamita.

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