Alzò
gli occhi al cielo, esasperato.
“Signorina, per favore, sia seria.”
“Dottore, lo sono. Non vorrà mica sembrare
decrepito a... quanti anni ha?”
“Cinquantasei” sospirò lui.
Mi girai di scatto sul lettino “Ma allora lei è
davvero vecchio!” Guardai l’orologio appeso alla
parete “Bè, io devo andare. Se ha qualche
ripensamento su quelle rughe posso parlare con un ottimo Medimago
che...”
“A lunedì prossimo, signorina!”
esclamò imbarazzato quella massa di gelatina sistemandosi
gli occhialini. “E non dimentichi mai: se dovesse vedere
Harry Potter...”
“... finga di svenire e tutto andrà bene.
Chissà com’è ma ho qualche dubbio sulla
sua competenza.”
Allargò le braccia. “Per quello che mi paga,
signorina...” disse con uno sguardo carico di sottintesi.
Gli incenerii con la bacchetta il giornale dove campeggiava la foto di
Poter con in braccio un chihuahua appena salvato.
“Per quello che mi sta guarendo,
dottore...”
Infilai la porta e uscii.
Appena smaterializzata in redazione qualcosa sotto di me si mosse
sinuosamente, e con mio profondo orrore si attorcigliò alla
mia caviglia e risalì per la mia gamba... qualcosa di freddo
e liscio, qualcosa come...
“Un serpente!”
Feci un salto da record sul posto, per poi cominciare a correre per
tutto il corridoio come una forsennata “Staccati
subito da me, stupida borsetta mal riuscita! Aiuto! Salvatemi da questo
mostrooooo!”
Dovevo farlo scappare o cercare di infilzarlo con un tacco?
Com’era quella maledetta lezione di autodifesa?
“Attenta!”
Fu un attimo. Inciampai in un cestino, e come al rallentatore vidi la
moquette farsi più vicina, i quadratini arancioni sempre
più grandi, sempre più grandi, finchè
non mi ci sfracellai dolorosamente contro.
Alle mi spalle qualcosa soppiò come un palloncino, e alcune
squame mi fluttuarono davanti. Una risata incontenibile
scaturì dietro di me.
“Ahahahaha! Fantastico! Oh mio Dio! Uhuhu.... non... non ci
posso credere!”
Signore e signori, ecco a voi il mio direttore, ovvero la seconda causa
di tutti i miei guai dopo Salviamo-il-mondo Potter.
“Molto divertente.” dissi all’ometto che
rantolava a terra dal ridere “Davvero da
sbellicarsi.”
“Andiamo, mia cara! Non vorrete mica fare la musona anche
oggi. E poi vi devo parlare, volevo mettervi un po’
d’allegria. Avreste dovuto vedere la vostra faccia! Uno
spettacolo! ”
“Più o meno come sarebbe vederti fare un
infarto” sibilai, rialzandomi a fatica. Venti facce
arroganti, tutte uscite dai loro cubicoli per vedere me, mi squadravano
maligne. Leggevo a chiare lettere quello che i loro razionatissimi
neuroni formulavano: la loro grande collega, umiliata da un
neodirettore!
“Non mi voleva parlare, direttore?” cinguettai
facendo finta di niente.
“Ma certo, mia cara, ma certo.” mormorò.
“E allora andiamo” mi uscì come un
ringhio.
Nella fretta di ripararmi dalle occhiate malevoli che mi frecciavano da
ogni angolo non mi soffermai a pensare che stavo entrando lì
dove fino a poco prima era il mio regno; ma un’acuta fitta di
nostalgia e panico mi prese quando realizzai.
Il mio ufficio da direttrice era un esempio di eleganza, stile,
perfetto e armonioso abbinamento di tinte , un bijou verde lime in
affilato stile minimalista.
L’ufficio del direttore non era un ufficio, ma un incubo.
Il soffitto era color melanzana, ma per qualche strana ragione le
pareti erano arancioni, mentre l’arredamento non sembrava
avere regole particolari: i mobili vivevano in una totale anarchia
cromatica.
Un appendiabiti rosso corallo mi prese borsetta e soprabito, mentre
qualcosa di caldo mi avvolgeva piedi. Guardai con orrore in
basso pronta al peggio, ma questo non bastò a salvarmi dallo
shock.
“Le mie scarpe!” strillai.
I miei piedi erano stati infilati in un paio di soffici e pelose
Pantofole Cambiaforma, che in quel momento imitavano terribilmente bene
due rospi gracidanti.
“Torneranno normali quando uscirete, mia cara. Ma bando al
formalismo! D’ora in poi diamoci del tu.”
Si sedette al di là della scrivania blu notte dove scorreva
in diversi colori e forme il nome Dedalus Lux. Attualmente era viola e
portato a braccio da due goblin.
“Carina, vero?” disse con orgoglio indicandola
“Fatta appositamente per me da George Weasley!
Quell’uomo è un genio... davvero, se mai vorrai
riarredare casa tua pensa a lui!”
Certo... d’altronde, chi non smanierebbe per un wc che
strilla “Munirsi di mollette, gente!” ogni volta
che uno va a fare i propri bisogni?
Feci dondolare la mia Rospopantofola nel vuoto. “Allora,
signor... ehm, Dedalus. Cosa voleva dirmi?”
“Lavoro, lavoro, sempre lavoro!” esclamò
giovale appoggiandosi alla sua immensa poltrona verde. “Hai
mai pensato di rilassarti, Rita?”
Rilassarmi? Certo che sì! Proprio ieri ero andata a fare
shopping sfrenato, e ne ero pure uscita vittoriosa, anche se con
qualche ricciolo in meno.
“Bè, come sa la mia posizione è
precaria, dirett... Dedalus. Non è stato facile riavere un
posto al giornale.”
Chissà perchè, vero, Potter? Mi guardò
scontento (cosa rara, data che pareva fosse nato sorridendo...)
“Rita, Rita... quel libro su Silente è stata
proprio una cattiva idea. Va bene che ti hanno obbligata, ma davvero...
è stata dura per tutti credere che tu non l’avessi
fatto volontariamente.”
A dirla tutta, anche per me.
D’altra parte cosa potevo dire, con Potter che incalzava per
farmi espellere dal Mondo Magico e Dodge che mi cercava ovunque per
trucidarmi?
“Me ne rendo conto... e ne sono davvero pentita”
mormorai abbassando la testa. Che attrice ero! Lo guardai con gli
occhioni luccicanti “A volte mi sento così
orribile...”
“Ma no mia cara, non dovete! So che siete una brava ragazza,
dopotutto!” Tipico di chi è con un piede nella
fossa chiamare ragazza una pluriquarantenne, pensai. “Ed
è per questo che vi ho fatto venire qui.”
“Alleluja!” mi guardò storto
“Voglio dire... è una bella notizia,
vero?”
“Ottima, in effetti! I tuoi articoli sono sempre troppo
cattivi, ecco, ma niente male. Per cui voglio darti fiducia. Voglio
affidarti...”
S’interruppe e mi guardò come se mi avesse visto
per la prima volta in vita sua. “Ma tu sei perfetta! Mia
cara, davvero! Oh, che gioia! Non sapevo più dove sbattere
la testa! Qui bisogna festeggiare!”
Dedalus tirò fuori da sotto la scrivania una bottiglia piena
di un liquido ambrato e denso, meglio noto come Whisky Incendiario
Ogden Stravecchio.
“Dedalus, lei mi confonde...” mormorai accettando
il bicchierino e buttandolo giù in un colpo solo.
“A cosa devo tutto questo entusiasmo?”
“Ma al concorso su Beda il Bardo, ovviamente!”
Il mio occhio destro si contrasse in un tic.
“Cosa?”
Sventolò un foglio rosa sgargiante che avevo già
visto in giro per la redazione,“Mi mancava proprio la strega
Altheda della fiaba della Fonte! Sei un po’ più
florida del personaggio, ma qualche settimana di dieta
dovrebbe...”
Senza tacchi a spillo era inutile cercare ucciderlo, va bene, ma la
questione era solo rimandata.
Inarcai un sopracciglio “Direttore, era di questo che mi
voleva parlare con tanta urgenza?”
Tossicchiò sorridendo, come un bambino timido
“Bè, ovviamente no, ma vedi, Stacey era un vero
disastro! Mentre tu hai quel non so che... sei uguale a come me
l’immaginavo da bambino, ecco!”
Ci provava gusto a offendere, poco ma sicuro.
“Comunque, passando a cose serie”
<> ci sfrecciò
davanti a cavallo di una scopa “ voglio affidarti
un’intervista.”
Lo studio di Dedalus si trasformò e diventò
improvvisamente un piccolo paradiso terrestre coperto di nuvole di
zucchero filato su cui saltellavo cantando “Lollipop,
lollipop oh loli loli loli lollipop!”
“Davvero?” balbettai dopo qualche secondo di
vaneggiamento.
“Davvero davvero!” Sembrava quasi più
contento lui di me. D’altra parte ero l’unica a cui
non fosse mai piaciuto, e finalmente anche io ero pronta a giurargli
amore eterno.
Rita Skeeter tornava sui tappeti rossi e di gran carriera! Evviva!
“E chi sarà la vitt... ehm,
l’intervistato?”
Nel mio cervello prese forma una visione celestiale, ovvero la
sottoscritta che passeggiava sopra scie di ammiratori che si gettavano
ai miei piedi e che faceva shopping accompagnata da elfi che porgevano
borse colme d’oro. Ero arrivata a quando il padrone del
negozio mi regalava tutto in cambio di un autografo quando il direttore
mi rispose.
“Oh, una giovane donna molto, molto importante. E non hai
sentito la parte migliore! La conosci.” disse gioioso.
“Come cosa?” Ah sì” replicai,
cercando di focalizzare che ero in una stanza multicolore e non in una
raffinata boutique oro e bianco.
“Chi è?” La domanda restò
sospesa. Un brividino premonitore mi corse giù per la
schiena, ma non vi prestai attenzione.
“Oh, scommetto che farai un salto di gioia a saperlo. Prova a
indovinare!” sorriso sinistro.
“Dove lavora?”
“Al Ministero.” aspettai che dicesse altro ma
niente, s’era cucito le labbra
“Da quanto?” chiesi allora. Questi indovinelli
sadici! La mia mente era già abbastanza provata per quella
mattina.
“Qualche mese, direi. E si è già fatta
notare, a dirla tutta, per le sue amicizie ma anche per il suo
cervellino. Niente male, davvero, l’ho avuta per le mani
più di una volta e direi che batte molti dei suoi amici
più famosi!”
Un fulmine mi illuminò. Giovane donna, Ministero,
cervello... tutte queste parole mi turbinavano in testa.
Sapevo che il mio sesto senso non sbagliava mai, eppure questa volta
pregai con tutta me stessa di essere in errore.
Perchè.
Non.
Poteva.
Essere.
Lei.
Dovevo avere una faccia da schiaffi totale, perchè il mio
direttore mi guardò dispiaciuto “Ma insomma,
Rita... proprio non ci arrivi? La piccola e adorabile Hermione
Granger!”
Piccola. Adorabile.
“No.”
Non poteva farmelo. Non poteva farmi arrivare sull’orlo di
una crisi di nervi così come niente. Lunedì avevo
appuntamento dallo psicanalista, non potevo arrivare come un riccio
infuriato per il nervoso. Regola d’oro di mia madre: vai a
farti una ceretta? Fatti trovare già praticamente liscia.
Dal parrucchiere? Sistemati i capelli prima. Cos’avrebbero
pensato il dottore e mia madre se fossi arrivata completamente esaurita
all’appuntamento?
“Vede, io non nutro buoni rapporti con... con quella ragazza,
e...”
“Lo so, lo so” ridacchiò ammonendomi con
un dito “ma non vorrete mica tenervi il broncio a vita,
no?”
Caddi di peso sullo schienale della mia sedia. Ma perchè non
capiva? Non era una bagatella tra marmocchie, accidenti, era una feroce
guerra aperta senza esclusione di colpi!
“Direttore, sul serio... non può
chiedermelo...”
“E invece è proprio quello che voglio”
rispose amabilmente girandosi “Una tazza di
thè?”
***
Buongiorno a voi,
piccoli e insignificanti esseri non magici che... come dici,
scribacchina? Oh, d'accordo.
Ricominciamo.
Buongiorno a voi, babbani! Quello che avete letto è solo
l'inizio, il principio, il prologo di ciò che
sarà un disastro epocale.Un inclemente rovescio di pioggia
sui miei tailleur, sui miei adorati tacchi dodici e sulla mia preziosa
autostima.
Ma capirete da soli cosa intendo... sempre che la mia scribacchina non
attacchi con i suoi soliti slogan da scioperata, tipo "Ho fame", "Ho
sete", "Quando mi libererai" e sciocchezze simili.
A presto cari!
Rita
Skeeter
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