LEGAMI DI SANGUE Ketsu no Shippuuden di Tyara Riddle (/viewuser.php?uid=28737)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** DA LEGGERE ***
Capitolo 2: *** PROLOGO ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 1 ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 2 ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 3 ***
Capitolo 6: *** ANCORA UNA VOLTA ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 5 ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO 6 ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO 7 ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO 8 ***
Capitolo 11: *** CAPITOLO 9 ***
Capitolo 12: *** CAPITOLO 10 ***
Capitolo 13: *** CAPITOLO 11 ***
Capitolo 14: *** CAPITOLO 12 ***
Capitolo 1 *** DA LEGGERE ***
KETSU NO SHIPPUUDEN
LEGAMI DI SANGUE
PRESENTAZIONE
(chiedo scusa in anticipo per il caos che
segue)
Eccomi con il
prologo del seguito di Kishimoto high school.
Per chi non
avesse letto LETTERE DA KONOHA E SUUNA potrebbe
avere qualche problema nell’individuare i figli dei vari
personaggi di Naruto. Per
chi invece le avesse letto premetto che le età delineate
verranno rispettate al
momento solo nel prologo in quanto nei prossimi capitoli verranno
svelati i
motivi per cui a 16 anni si trovano in quella situazione.
FATTI SALIENTI ACCADUTI NEL FINALE
DI KISHIMOTO HIGH SCHOOL
-
Naruto è diventato il
Sennin conosciuto come l’Eremita
della Volpe
-
Sakura è morta in un
precedente scontro con il
gruppo dei serpenti per salvare la vita a Sasuke.
-
Sasuke è diventato
Sennin e vive con il suo
gruppo di deviati mentali e non si è ancora riappacificato
con gli amici di un
tempo
-
Shikamaru è
l’hokage di Konoha (incredibile ma
vero)
-
Il gruppo di Konohamaru ha
appena superato l’esame
per diventare Chunnin
-
Hiruka insegna ancora
all’accademia
-
Kakashi si diverte ancora a
leggere i vecchi
numeri del paradiso della pomiciata e bocciare tutti gli aspiranti Ganin
Bene
specificato questo mi pare doveroso fornirvi anche un piccolo schema
delle
coppie e dei figli da loro generate. Vi saranno cose poco chiare che vi
saranno
spiegate nel corso della vicenda.
CLAN HYUGA
Toru
e Nana di otto anni
sono i figli gemelli
di Neji x Ran Aburame (sorella fittizia di Shino creata da me)
Hiro di otto anni figlio di
Hinata x Naruto (perché
porta il cognome della madre lo saprete in seguito)
Neji
Hinata
Ran
CLAN INOZUKA
Cheza
sette anni e Feng di otto anni figli
di
Kiba e Tenten
Kiba
Tenten
Nonni
Zia
CLAN NARA
Shikamaru
Shikaku
Yoshino
CLAN LEE
Tsugumi
Uciha anni otto figlia
di Sasuke e
Sakura
Brandon
anni sei figlio di Rock x Sakura
Gai
Rock
Sakura
CLAN AKIMICHI
Tabematsu
figlio di otto anni di Choji x Ino
Choji
Ino
nonni
CLAN SABAKU
Shinji otto anni figlio
di Shikamaru x Temari
Kuro nove anni e Ayame di sette figli
di Gaara x Matsuri
Sasori dieci
anni figlio di Kankuro x Tya
Temari
Gaara
Matsuri
Kankuro
Tya
Spero di non
aver dimenticato nessuno. Se qualcosa non
dovesse esservi chiaro potete chiedermelo perché quanto mi
ci metto Beutiful mi
fa un baffo! ;P
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Capitolo 2 *** PROLOGO ***
KETSU NO SHIPPUUDEN
LEGAMI DI SANGUE
PROLOGO.
Toru colpì con violenza il
cugino al petto, facendolo volare
contro il muro con tale violenza da lasciare il segno sul cemento della
recinzione. Hiro sputò un fiotto di sangue prima che il
respiro potesse tornare
regolare, mozzato da quel terribile colpo.
Hinata scattò in piedi con
le mani al petto, negli occhi si
leggeva la sua paura, si trattenne dall’urlare. Suo figlio
doveva superare
quella prova.
“Ehi
sangue marcio,
ti arrendi?” chiese sorridendo l’avversario.
“Con chi credi di avere a
che fare?” ansimò pulendosi con la
mano un rivolo di sangue ad un lato della bocca. Si alzò in
piedi barcollando e
fissò il cugino dritto negli occhi cerulei e per la prima
volta, Toru provò un
moto di terrore.
“Io non mi faccio battere
da un essere senza cuore come te!”
gridò Hiro correndo verso il suo avversario e colpendolo con
una tale forza da
farlo svenire.
L’arbitro alzò
la mano: “Vince lo scontro Hiro Hyuga.”
Il pubblicò
scattò in piedi mentre il vincitore correva per
tutto il perimetro del campo lanciando baci alle ragazze in tribuna.
Neji nascose il viso tra le mani,
imbarazzato
dall’atteggiamento dell’erede della casata
principale e disgustato dalla
bruciante sconfitta del suo primo genito.
“Io me ne vado a
casa.” disse rivolto ad Hinata che lo
guardava per la prima volta con superiorità.
“A quanto pare quel sangue
marcio vale più del tuo.”
Aggiunse lei vittoriosa.
L’altro non
replicò e lasciò il palco d’onore
destinato agli
appartenenti del clan.
Hiro raggiunse sua madre, aveva il
suo stesso sorriso e i
suoi stessi occhi, azzurri come il mare in estate. Provò una
fitta intensa al
cuore, le gambe le cedettero e cadde in ginocchio.
“Madre, stai
bene?” chiese il giovane aiutandola ad alzarsi.
“Sì, non ti
preoccupare.” Rispose la donna mentre insieme si
dirigevano verso
casa.
La delegazione di Suuna venne accolta
dalla segreteria
dell’Hokage, Ino sorridendo accompagnò gli ospiti
alle loro camere.
Shinji in qualche modo era riuscito
ad allontanarsi dal
controllo materno ed adesso girava con sguardo annoiato e mani infilate
nelle tasche
posteriori dei pantaloni, per le strade di Konoha. Chiunque avrebbe
riconosciuto in lui il tipico atteggiamento della famiglia paterna. A
parte gli
occhi acquamarina, eredità dei Sabaku, era il ritratto
vivente dell’Hokage all’età
di 16 anni. Sua madre per mitigare un po’ quella somiglianza
aveva tinto i
capelli del figlio di un rosso mogano che comunque non aveva potuto
applicare
sulle sopracciglia che tradivano la vera natura del colore della sua
capigliatura.
Si stese sull’erba fresca,
all’ombra di un grande albero ad
osservare le nuvole che lentamente passavano sopra di lui. Fu costretto
ad
ammettere che a Suuna non vi era un cielo tanto limpido.
Sospirò tristemente
quando una nuvola gli ricordò il viso di Ayame.
“Le ragazze portano solo
guai e sono tutte delle seccature!”
borbottò levandosi in piedi.
“Parli in questo modo
perché non ti ricambia.” Aggiuse
all’improvviso
Kuro a penzoloni sopra la sua testa.
Shinji scattò in piedi,
per poco non gli venne un infarto: “Diavolo
ma perché devi sempre fare così?!”
Il rosso sorrise e scese con un balzo
dal ramo per sedersi
insieme all’amico d’infanzia sull’erba.
“Dovresti lasciare perdere
mia sorella, lei ha occhi solo
per Sasori.” Non aggiunse –io per te.- Kuro
distolse lo sguardo da quel viso
che tanto amava.
“Io sono in questa noia di
posto perché ha mamma è stato
chiesto di fare l’esaminatrice. Non capisco perché
abbia insistito per portarmi
con sé.”
“Zia Temari ti conosce
bene. Non vuole che combini casini in
sua assenza come la scorsa estate.” Rise mentre le sue gote
pallide assumevano
il colore del tramonto.
“Non era certo mia
intenzione far crollare il muro della
palestra. E far cadere l’enorme cisterna d’acqua
che stava nel cortile sopra la
sala riunioni dello zio!”
“Certo che quella volta ne
abbiamo prese di botte! Le nostre
madri erano inferocite e papà …” il
rosso smorzò la frase a metà. Shinji
detestava parlare del padre, forse, perché non ricordava
nemmeno la sua faccia
da quando i suoi genitori si erano separati.
“Zio Gaara era furente
… per la prima volta su quel viso ho
visto una traccia d’emozione.”
“Già mio padre
il grande Kazekage ama tutti escluso me.” Borbottò
nascondendo il viso tra le ginocchia.
“Adesso non essere
esagerato. Lui
…”
“Non cercare
giustificazioni che non esistono. Ha un mostro
per figlio e si vergogna di questo!”
“Tu non sei un mostro,
Kuro.” Replicò serio Shinji.
“Quanto avevo sei anni ho
tentato di fare secco, Sasori! Zio
Kankuro non mi ha perdonato.” Gridò levandosi in
piedi.
“Che peccato.”
“Cosa?”
“Che non sei riuscito ad
uccidere quel rompiscatole.”
I due si guardarono per un attimo
negli occhi e poi
scoppiarono a ridere.
“Sei stata veramente brava,
Tsugumi.” Disse l’eremita della
Volpe.
“Grazie,
Naruto-kun.” Replicò arrossendo lievemente.
Il biondo si voltò a
guardarla, anche se era una ragazza
somigliava al padre e questo non faceva che procurargli un immenso
dolore al
cuore. Quella piccola gli ricordava il suo più grande
fallimento. Non che
potesse fargliene una colpa di aver ereditato il fascino e
l’abilità innata
degli Uchiha. Però, pareva che Rock fosse riuscito ad essere
comunque genitore
esemplare.
“Torna a casa. tuo padre
sarà in pensiero.” Le disse.
“A domani,
Sensei!” aggiunse baciandolo su una guancia.
Tsugumi Uchiha aveva il cuore in
tumulto, da che ricordasse
era sempre stata innamorata del suo Sensei il grande Eremita della
Volpe dallo
sguardo perennemente triste, ma dal sorriso splendido. Una volta
insieme ad
altre ragazze era andato a spiarlo mentre si lavava. Muscoli perfetti,
su un
corpo saldo e snello. Invidiava l’acqua che poteva
accarezzarlo e le goccioline
impertinenti che seguivano le forme perfette per poi perdersi nelle
parti più
segrete di lui. Nessuno dei ragazzi della sua età poteva
solo paragonarsi a
quella perfezione.
“Nana vorrei tanto che si
accorgesse di me.” Sospirò.
“Dicono che abbia perso
l’amore della sua vita in battaglia.”
“Quanto è
romantico, non trovi?” aggiunse in un tono
trasognato
“Tu sei tutta matta. Sei la
ragazza più carina del villaggio
e perdi tempo con un vecchio.”
“Naruto kun non
è vecchio.” La rimproverò.
“Mi hanno raccontato che
Zia Hinata un tempo fosse cotta di
lui.” Ricordò vagamente Nana e
proseguì: “Però mio padre mi ha
impedito di
saperne di più.”
“Vorrei
essere io a
fargli dimenticare quel dolore.” Sospirò.
“Una ragazza per bene non
dice certe sciocchezze.” Replicò seria
Hinata entrando nella camera con un vassoio in mano.
Tsugumi le lanciò uno
sguardo d’odio senza saperne il perché,
ma non poteva fare a meno di notare che la madre di Hiro era
bellissima:
fluenti capelli neri ed un fisico asciutto e ben sviluppato. Quanto
invidiava
quel seno prosperoso!
Il ragazzo entrò in quel
momento a torso nudo, per lui
abituato ai commenti sarcastici di Nana non era certo un problema
sopportare i
commenti acidi di quella Uchiha.
C erto che Hiro era cresciuto molto
in quei pochi mesi, ed
ora il suo fisico era quello di un giovane uomo. Tsugumi
arrossì nel rendersi
conto di stare fissando quelle spalle
larghe e le braccia toniche.
“Vai a metterti una maglia.
Non essere maleducato.” Lo sgridò
la madre.
“Subito.” Rispose
correndo fuori dalla camera.
“E’ vero che
stasera esci con Cheza Inozuka?” chiese Toru
quando vide il
cugino sistemarsi il
ciuffo scuro davanti allo specchio della camera.
“Sì. La trovo
una ragazza veramente carina.”
“Non vorrai provarci,
spero!” Toru alzò lievemente il tono
di voce, come poteva precederlo ben sapendo quanto gli piacesse?
“Anche se fosse? Non
capisco perché tu debba prendertela. Si
vede che il sangue marcio ha fascino.” Aggiunse uscendo dalla
stanza con il
sorriso stampato in faccia.
“Questa è
l’ultima volta che mi freghi.” Borbottò
chiudendo
violentemente la porta.
Fang osservò la sorella,
non l’aveva mai vista tanto nervosa
per un appuntamento e per di più si trattava del suo
migliore amico. Non era
nulla di particolare.
“Se ti metti ancora del
profumo lo farai soffocare.” Aggiunse
iniziando una serie di starnuti provocati dall’aroma che gli
pizzicava il naso.
“Dici? Ma poi questo
vestito piacerà a Hiro?” chiese
incerta.
“Credo che
l’unica cosa che noterà è
l’odore del piatto di
Ramen che l’oste gli preparerà. Nemmeno ti
portasse in un ristorante di lusso.”
Ironizzò il moro.
“Sei cattivo.”
Borbottò lei.
“Inoltre se osasse anche
solo sfiorarti, Akamaru gli porterà
via il braccio.” Aggiunse
ricordando
alla sorella che sicuramente sarebbe andato con loro.
“Al primo appuntamento con
il ragazzo dei miei sogni non ho
intenzione di andarci con la scorta.”
“Prova a convincere nostro
padre.”
“Mamma per favore cerca di
farlo capire a papi!” gridò
mentre si recava nel soggiorno.
Tenten sorrise, era come tentare di
convincere un mulo a
spostarsi ed in particolare quando si trattava di sua figlia.
“Scordatelo. Uscirai
accompagnata da Akamaru o altrimenti
resti a casa.” fu la risposta secca di Kiba alle lamentele.
“Hiro è un bravo
ragazzo.” Cercò di ammansirlo Tenten.
“E’ ancora troppo
giovane per uscire da sola con un ragazzo!”
borbottò osservando di sbieco la figlia.
“Tu sei solo
geloso.” Aggiunse la moglie abbracciandolo.
“Quello è il
sangue di Kyuubi. Potrebbe essere pericoloso e
se le facesse inconsapevolmente del male?”
“Hiro sa dominarsi
è un Hyuga infondo.”
“Ma mooooolto in
fondo.” Concluse facendo cenno ad Akamaru
di seguire la figlia che tentava di uscire senza farsi vedere.
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Capitolo 3 *** CAPITOLO 1 ***
CAPITOLO 1
Aveva
rifiutato.
Naruto
Uzumaki aveva rinunciato
al
suo più grande sogno.
Non
era mai stato nelle sue corde
arrendersi, ma sapeva bene di non avere alcuna alternativa.
Come
poteva un mostro diventare
Hokage?
Se
avesse perso il controllo,
quanti dei suoi amici poteva rischiare di uccidere?
Se
solo Sasuke fosse tornato le
cose sarebbero state differenti.
Ma
lui li aveva traditi
O
meglio aveva tradito ed
abbandonato lui, che fino all’ultimo e con tutte le sue forze
aveva cercato di
riportarlo a casa.
Il
suo primo importantissimo
legame
Poi
c’era Sakura.
Poi
era tornato da quel viaggio
solo con il maestro Yamato e Sai, perché lei il suo primo
importantissimo amore
gli aveva abbandonati una notte per seguire Sasuke.
Quale
cuore poteva reggere tanto
dolore?
Hinata
era stata la sua salvezza
e la sua redenzione.
L’aveva
tradita, ma pur essendone
conscia lei lo aveva accolto ugualmente.
Lei
lo amava proprio dello stesso
intenso amore che aveva spinto l’amica a tradirli.
Era
davvero convinto che ora
sarebbe riuscito a ricambiarla senza alcun dubbio nella testa.
Vi
era stata una notte, sopra
tutte le altre che mai il suo cuore avrebbe potuto dimenticare,
né il suo corpo
cancellare quella dannata sensazione di piacere. Quando si erano fusi
in un
unico essere, rappresentato dalla vita che dentro Hinata stava
prendendo forma.
Piacevoli
furono quei nove mesi,
erano felici. Naruto voleva donare a suo figlio quella
felicità che a lui era
stata negata. Un’infanzia tranquilla, ma si era dimenticato
di lei … di quel
demone volpe che viveva sigillato all’interno di quel corpo.
Sciocco … pensavi davvero di poterti
liberare tanto facilmente di me? Il
tuo sangue è mischiato con il mio, così come il
tuo Chakra … come te anche lui
appartiene a me.
Deciso
a non permettere che quel
marchio infamante gravasse anche sul suo adorato figlio, si era
inginocchiato
davanti all’orgoglioso Neji, affidandogli quella vita.
Il
neonato pianse allontanato
dalla caldo torace paterno che gli forniva una fonte inesauribile di
sicurezza
e fiducia. Strillò con tutto il fiato che aveva in corpo
quando le braccia
sconosciute lo strinsero.
Nuovamente
il cuore di Naruto
cedette sotto quell’enorme peso.
Se
fosse stato un uomo come tanti
sarebbe morto ad un tale strazio, ma lui non lo era mai stato uguale
agli
altri.
La
mano sinistra stringeva con
forza il centro del suo petto, come a volersi strappare un cuore che
non
serviva a nulla ormai. Pianse come poche volte nella sua vita aveva
fatto, per
la prima volta pareva che lo sconforto si fosse impadronito di lui.
Abbandonò
Konoha quella notte stessa deciso a non farvi più ritorno.
Hinata era tornata
nella casa paterna. Doveva restare accanto a Hiro, perché
necessario era
mantenere vivo in lui lo spirito paterno, che senza ogni remora il
cugino
avrebbe tentato di cancellare.
“Poi
tre anni passano in fretta,
vero Naruto-kun?” sussurrò rivolta alle stelle.
“Ti
rendi conto che mi hanno
chiesto?!” Borbottò Shikamaru uscendo
dall’ufficio di Tsunade assieme alla
moglie.
“Non
mi sembra tanto grave, Cry
baby. Puoi sempre rifiutare.” Rispose lei precedendolo.
Dei
piccoli passi veloci sul
pavimento di legno.
“Preso!”
gridò una vocina
saltando sulle spalle del Nara per aggrapparsi al collo con tutte le
forze
delle quali disponeva.
“Seccatura,
ma non puoi stare più
calmo?” chiese voltandosi a guardare il figlio che
sfoderò un sorriso a denti
stretti. Impressionate come poteva somigliare in quel modo alla madre.
“Tata
andiamo al parco?”
chiese mentre con l’agilità di una
piccola scimmia gli scivolava in braccio.
Due
grandi occhi color
acquamarina lo guardavano supplicanti.
Shikamaru sbuffò, a quella piccola seccatura
non si poteva rifiutare
nulla.
“Va
bene. Ma solo se viene anche
Mendokuse!” aggiunse passando il braccio libero intorno alla
cintola della
moglie.
“Io
contrariamente ha voi due o
degli impe…” la frase restò a
metà quando le labbra di Shikamaru si posarono
sulle sue.
“Siete
sempre due furbacchioni.
Va bene.” Borbottò arrossendo.
Quella
avrebbe dovuto continuare
ad essere la loro vita. La vita che Nara aveva sempre desiderato
accanto alla
sua Temari e il suo piccolo seccatura. Però a volte il
dovere ci impone delle
scelte dolorose ed anche se non ci piace siamo costretti a
sottomettervi.
“Tu
sei uno shinobi della foglia!”
gli ricordò quella gelida mattina d’inverno
Tsunade.
“Questo
che centra con la mia
famiglia?!” gridò battendo i pugni sul tavolo.
“Sei
Hokage da quanti mesi? Il benessere
del tuo paese viene prima di qualunque altra cosa.
L’imminente guerra con il
paese del vento ci costringe a fare estradare chiunque appartenga a
Suuna.”
“Andiamo,
non c’è stata alcuna
dichiarazione di guerra e Gaara non è tanto folle!”
“Vedo
che non sei stato informato
del fatto che tuo cognato non è più il Kazekage,
ma c’era da aspettarselo che
Kankuro te lo nascondesse.” Sospirò la ninjia
medico.
“Cosa?”
Shikamaru cadde incredulo
sulla sedia.
“Un
colpo di Stato da parte del
gruppo dei serpenti a costretto Gaara e tutti quelli dalla sua parte a
fuggire.
Ora il nuovo Kazekage è Sasuke Uchiha e punta diritto su
Konoha!” spiegò lei
con la voce aspra.
“Non
capisco che centrino Temari
e Shinji.” Continuò fissando il pavimento.
“Loro
rappresentano la tua più
grande forza, ma anche il tuo punto debole dove è
più facile farti male. Non
puoi permetterti di avere cedimenti in questa circostanza!”
“Non
ho sposato una sprovveduta.
Sa benissimo difendersi da sola.”
Replicò
serio tornando a guardare la donna.
“Allora
se non lo vuoi fare per
lei … pensa a tuo figlio. Gaara ora è ospite del
Mizukage e sta organizzando la
controffensiva, ma fino a quel momento chiunque viva nel paese del
fuoco corre
il rischio di morire. Devi fare in modo che partano insieme ad Hinata
ed Hiro.”
Spiegò indicando un gruppo di donne con dei bambini che
salivano su un carro.
“Sembra
che tu non conosca
Temari. Lei non si tirerà indietro e vorrà fare
parte della battaglia. Come
pensi di convincerla? E’ testarda come un mulo.”
Disse l’Hokage guardando
fuori.
“So
bene che sarà difficile, ma
ti conosco abbastanza da sapere che troverai il modo.”
Così dicendo Tsunade
seguita da Shizune lasciò l’ufficio.
Shikamaru
attese che il sole
tramontasse prima di tornare verso la sua abitazione, ad ogni passo le
gambe
sembravano sempre più pesanti e più si avvicinava
e più diventava difficile
camminare.
“Sei
in ritardo.” Lo rimproverò
dolcemente lei, non ricevendo risposta si voltò preoccupata.
Non era da
Shikamaru non replicare.
“E’
tutta colpa tua …” borbottò
dopo che la donna aveva messo il bambino a dormire.
“Cosa?”
chiese Temari.
“Non
avrei dovuto lasciarmi
convincere a fare sto schifo di lavoro!” gridò
gettando il copricapo dell’Hokage
contro il muro.
“Si
può sapere che è successo?”
“Succede
che tu e quella
seccatura mi avete rotto. Stasera esco e
non so quando torno.” Disse infilando la porta.
“Aspetta
un minuto.” Temari lo
afferrò per il braccio.
“Lasciami
in pace. Non hai capito
che non vi voglio più intorno?” rispose voltandosi
a guardarla.
Temari
era allibita dallo strano
ed improvviso atteggiamento di Shikamaru: “Tu ora mi dici che
ti ho fatto per
meritare di essere trattata in questo modo.”
“Sei
davvero così tonta? Io ho
una relazione con un’altra donna. Così ti
è più chiaro?” chiese in tono
sarcastico.
“Non
pensare che io creda ad una
stronzata simile, Nara!” gridò lei che lo
conosceva troppo bene per poter
credere a quella bugia.
“Sei
libera di pensare quello che
ti va. Basta che tu ed la seccatura leviate le tende da
Konoha.” Rispose acido.
“Shikamaru
noi siamo una
famiglia. Se c’è qualcosa che ti preoccupa vorrei
saperlo.” Sussurrò appoggiando
la testa contro la schiena dell’uomo.
“Vai
alla tenuta Hyuga con
Shinji. Hinata vi sta aspettando. Dovete lasciare più in
fretta possibile questo
posto.” Rispose lui.
“Pensi
che non sia a conoscenza
di quello che è successo a mio fratello? Levati dalla testa
l’idea che possa
partire lasciandoti a combattere da solo.” Replicò
decisa.
“Tu
devi occuparti della
seccatura. Fa come ti ho chiesto. Ti prego Temari
non ho voglia di mettermi a discutere anche
su questo.” Borbottò lui.
“Come
vuoi. Ma non farci l’abitudine
questa è la prima ed ultima volta che prendo ordini da
te.” Replicò con un
mezzo sorriso.
Shikamaru
l’attirò con un gesto
deciso a sé, affondando il viso nei suoi capelli:
“Ti amo, Mendokuse.” Sussurrò
prima di sparire.
Qualcuno
bussò, svegliando di
soprassalto Rock Lee. Chi poteva essere tanto temerario da uscire in
una notte
come quella?
“Sakura
chan …” sussurrò stupito
facendola entrare al seguito di una bambina.
“Ho
bisogno di parlare a Naruto.”
Disse quando ebbe ripreso fiato.
“Mi
spiace, ma non vive più a
Konoha da diversi anni.”
“Adesso
come faccio?”
“Senti
Hinata sta radunando tutte
le donne alla sua villa. Potresti andare li. Puoi lasciare la piccolina
con me.”
Rispose con un sorriso.
“Sasuke
mi aveva chiesto di
affidarla a Naruto, ma penso che Hinata vada comunque bene.”
Rispose l’Haruno.
“Meglio
andarci insieme. Così non
correrai rischi.” Aggiunse infilandosi la giacca.
Raggiunsero
in poco tempo il
luogo dell’incontro, ma appena la videro numerose persone le
impedirono di
raggiungere lady Hyuga.
“Lei
non è più di Konoha!” disse
Ran Aburame raggiungendo il gruppo.
“Devo
parlare con Hinata.”
“Mia
cognata non ha nulla da
dirti e tanto meno tu a lei.” Replicò secca la
moglie di Neji.
“Tu
invece di perdere tempo con
questa gente dovresti aiutare il maestro Gai nei
preparativi.” Disse una
seconda.
“Lei
è una mia amica non posso
permettere che le facciano del male.”
“A
questa non capiterà nulla. Lo
sanno tutti che è la donna di quel traditore.”
Aggiunse una terza.
Hinata
attirata dal rumore si
fece largo tra la folla: “Sakura! Sei davvero tu?”
“Queste
gentili signore ti
stavano venendo a chiamare. Ho un favore da chiederti.” Disse
Sakura ignorando
gli sguardi gelidi delle altre.
“Certo.”
Rispose senza alcun
dubbio, Naruto non le avrebbe perdonato la mancanza di gentilezza.
“Fino
a che tutto questa follia
non termina, ti occuperesti di Tsugumi? Della mia bambina?”
chiese facendola
avanzare tra le braccia di Rock Lee.
“
Sì tanto c’è ancora posto.”
Sorrise.
“Perché
Naruto non è qui?” le
chiese.
Hinata
distolse lo sguardo. Come poteva
raccontarle in poco tempo tutta la storia?
“Sono
in ritardo. Scusatemi.” Disse
l’Eremita della volpe apparendo dal nulla.
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Capitolo 4 *** CAPITOLO 2 ***
Capitolo 2
“E’
privo di fondamento ciò che
hai fatto.” Disse Kabuto appoggiato al muro della stanza.
“Non
sei nella condizioni di dare
ordini.” Gli ricordò l’Uchiha gettando
uno sguardo distratto fuori dalla
finestra del suo ufficio di Suuna.
“Nemmeno
tu. Sei stato solo
fortunato che tuo fratello Itachi abbia deciso di risparmiarti la vita
ancora
una volta. Quando capirai che non è possibile ribellarsi?
Per poco non ti
strappava anche l’altro braccio e forse una fortuna che
conservi ancora i tuoi
occhi.”
Sasuke
abbassò lo sguardo sulla
manica sinistra che penzolava vuota dalla sua spalla, se non fosse
stato per la
sua abilità innata, forse, si sarebbe considerato un ninja
finito. Aveva subito
quasi la stessa sorte di quel maledetto Orichimaru … non
avere un braccio
rappresentava un ostacolo di non poco conto. Tutto perché si
era lasciato
commuovere dal pianto di quella frugoletta. Sarebbe stato meglio farla
morire
che condannarla al destino riservato agli Uchiha. In quel momento la
soluzione
di allontanare da lui le persone che più amava gli era parsa
corretta. Infondo
l’aveva strappata a Naruto solo per levarsi un capriccio e
comunque non poteva
stare più con loro. Prima o poi Kabuto avrebbe tentato di
farle del male. Di
notte il pensiero di tornare a casa si faceva più forte, ma
ormai era davvero
troppo tardi per redimersi. Non lo era per Tsugumi e per la sua Sakura.
Itachi,
aveva finito la scuola ed
era stato capitano degli Ambu, ma dopo la morte di Sasori aveva
abbandonato gli
studi ed era entrato a fare parte del gruppo dell’Akazuki e
per un motivo o per
un altro presto ne era riuscito a scalare i vertici diventando il
braccio
destro di Pain il loro leader. Aveva poi affidato al fratello minore
dopo aver
stabilito una volta per tutte chi fosse il più forte, il
comando del paese del
Vento sostituendolo con un abile colpo di Stato a Gaara. Sapeva che
questo
avrebbe destato l’interesse della volpe, perché
anche se erano passati anni,
nessuno poteva dimenticare che il loro scopo principale era
collezionare biju …
mancava solo quello a nove code.
“Abbiamo
atteso troppo.” Borbottò
Pain
“Naruto
non è un avversario da
sottovalutare.” Ammise il moro.
“Sai
se per caso la volpe a
generato?”
“No
signore.” Rispose incerto il
ninja
“Devi
eliminare prima che lo
conceda in eredità … altrimenti
diventerà impossibile per noi appropriarci di
quel potere.” Replicò Pain.
“Per
quale motivo, signore?”
“i
figli di un biju possono
mostrarsi più letali dei loro padri. Il piccolo Kuro del
deserto me ne ha dato
dimostrazione quando a cercato di proteggere Gaara. Due volpi a nove
code ci
sterminerebbero senza ombra di dubbio … se solo tuo fratello
fosse stato nel
pieno delle sue forze … ma ormai senza braccio resta un
inutile fantoccio.”
Pain chiuse gli occhi, a volte Itachi commetteva degli errori davvero
imperdonabili, però in qualche modo riusciva sempre a
trovare delle scusanti
per le sue azioni insensate.
“Non
ha senso … il bambino ha
solo tre anni.”
“Proprio
quello che intendo.”
Concluse congedandolo con un cenno.
Solo
quando Matsuri lo coprì con
un panno, Gaara alzò la testa fulva dal tavolo con la mappa
sul quale si era
appisolato.
“Che
razza di casino ho
combinato.” Disse tornando a leggere il mucchio di fogli alla
sua sinistra.
“Non
dovresti sforzarti così
tanto, tesoro. Non ti sei ancora ripreso dalla ferita al
fianco.” Disse con
tono accusatorio.
“Sono
preoccupato per il
susseguirsi degli eventi. L’hokage ci raggiungerà
a breve e non abbiamo
assolutamente concluso nulla. Poi c’è la faccenda
di Kuro.” Disse voltandosi a
guardare il letto dietro le sue spalle.
“Sarà
stato solo un caso.”
Replicò lei.
“No.
Credimi io conosco bene i
poteri di un biju …” nascose la testa tra le mani,
chiedendosi perché anche a
suo figlio fosse toccata una simile tortura. Si sentì tirare
per i pantaloni ed
abbassando lo sguardo incontrò quello del bambino.
“Andiamo
lascia in pace tuo
padre. Deve lavorare.” Sussurrò Matsuri sollevando
il figlio, ma anche in
braccio alla madre il piccolo pareva più che intenzionato a
non mollare la
maglia del padre.
Gaara
sorrise: “Andrà tutto bene.
Presto torneremo a casa.” gli scompigliò
affettuosamente la folta chioma rossa,
incolta.
Kuro
continuò a fissarlo fino a
quando Matsuri con lui in braccio non si decise a lasciare la stanza
per
permettere al marito di lavorare in pace.
Appena
si fu chiusa la porta alle
spalle, la giovane si sentì mancare. Si era affaticata
parecchio in quei giorni
e certo non aveva fatto bene all’avanzato stato di gravidanza
nella quale si
trovava.
“Sembra
che il tuo fratellino o
sorellina non abbia più intenzione di aspettare.”
Ansimò mentre cercava di
contrastare il dolore provocatole dalla contrazione.
“Ho
parlato poco fa con Shikamaru
e mi ha chiesto di scortarvi fino al paese della roccia.”
Disse l’Eremita della
Volpe tentando di celare il suo disagio nel rivedere Sakura.
“Quindi
farai il viaggio con me
ed il maestro Gai?” chiese Rock Lee consegnando la bambina
alla madre.
“Evidentemente.”
Replicò
fingendosi rilassato.
“Allora
meglio che stai dietro
con Lady Hyuga. Non abbiamo nessuno che controlli la coda della
carovana.”
Suggerì Gai raggiungendoli.
“Non
può pensarci Lee?” chiese
Naruto terrorizzato all’idea di dover affrontare Hinata.
“No.
Meglio che ci vai tu.”
Sorridendo il sensei frustò i cavalli.
Tante
ore di viaggio
rendevano irrequieti i bambini che
cominciavano a scalciare in braccio alle madri. Hiro era stufo di stare
fermo
ed approfittando di un momento di distrazione di Hinata,
sgattaiolò fino alla
porta che si aprì non appena il bambino sollevò
il chiavistello di sicurezza. Il
piccolo volò fuori attaccato con tutte le sue forze alla
maniglia poi l’improvvisa
frenata ed Hiro volò in aria, mentre le donne si coprivano
gli occhi per non
guardare. Una caduta simile avrebbe ucciso anche un adulto a quella
velocità.
“Non
è un pochino presto per
imparare a volare?” chiese Naruto afferrando a pochi
centimetri dal suolo il
piccolo temerario.
“Mita
olpe!” rise come se non si
fosse nemmeno accorto del pericolo che aveva corso.
“Tutto
bene dietro?” chiese Rock
Lee raggiungendoli.
“Sì.”
Rispose mentre cercava di
restituire il piccolo alle braccia della madre. Hiro però
non pareva della
stessa idea, si aggrappava con tutte le forze alla divisa del biondo,
scalciando ogni qual volta Hinata lo strattonava.
“Sai
che sei proprio capriccioso,
oggi?” lo sgridò esasperata.
Il
figlio si voltò a guardarla,
mantenendo sempre salda la presa sulla stoffa dell’altro.
“Voio
stare mita Olpe!”
farfugliò.
La
donna sospirò a quanto pare il
richiamo del sangue doveva essere veramente potente. Suo figlio non
dava tanta
confidenza a persone che nemmeno conosceva.
“Ti
spiace occupartene tu?”
chiese rivolta a Naruto.
“Mi
tocca se non voglio comprarmi
una nuova divisa.” Replicò notando
l’incredibile forza con la quale il piccolo
si teneva.
Hiro
si arrampicò lesto sulle
spalle del biondo che fu costretto in poche parole a fargli da
cavalcatura per
quasi tutta la giornata. In realtà Naruto trovò
piacevole passare quelle ore
con suo figlio che gli riempiva la testa di parole senza senso e
gridolini di
gioia quando notava da quell’altezza degli animali.
Shinji
lo fissava tenendo il
broncio e mentre tutti gli altri bambini facevano a gara per attirare
l’attenzione
di quell’adulto tanto divertente, lui si limitava a fissarlo.
“Perché
non vai a giocare con
loro? Tra poco sarà ora di cena.” Gli disse Temari
accarezzando la testa scura.
“Mi
annoio a fare quei giochi…”
borbottò nascondendo il viso tra le gambe per non fare
vedere che stava
piangendo.
“Vedrai
che presto torneremo a
casa.”
“Non
dire bugie! Io non sono
stupido come quelli!” gridò scattando in piedi e
correndo via.
“Shinji
non farmi perdere la
pazienza!” gridò Temari cercando di afferrarlo per
un braccio, ma gli sfuggì
ancora una volta.
Il
silenzio era calato sul campo
a causa di quell’incidente e gli adulti continuavano a
guardarsi preoccupati,
mentre una esasperata Sabaku tentava di placare le ire di quel figlio.
“Che
razza di bamboccio ha tirato
su Nara.” La voce sprezzante di Naruto si levò
chiara sovrastando anche le urla
del bambino che si zittì gettando verso di lui occhiate di
disprezzo.
“Sei
troppo severo.” Replicò Hinata.
“Davvero?
Suo padre e suo nonno
rischiano il collo per tutti noi e quello è capace solo di
piangere?! Il figlio
di un Hokage dovrebbe dare il buon esempio e non pestare i
piedi.”
“Ha
solo tre anni …”
“Hinata,
non esiste solo lui. Vi
sono altri bambini qui, ma nessuno fa queste tragedie.” Disse
alzandosi in
piedi.
Shinji
si asciugò gli occhi
tirando su con il naso, lasciò che la madre lo prendesse tra
le braccia e la
guardò negli occhi scorgendovi l’aria di
rimprovero di chi l’ha fatta grossa.
“Bene
adesso che ti sei calmato è
ora di andare a dormire.” Disse con un tono di voce atona.
“Mamma
scusa.” Bisbigliò appoggiando
la testa sulla spalla prima di chiudere gli occhi.
“Grazie,
Eremita.” Disse Temari
sorridendo.
“Devo
ammettere che sei cambiata
da come ti ricordavo.” Replicò il biondo
sorridendo.
“Ho
esaurito tutte le energie. Se
sono qui è solo perché mi è stato
imposto.” Aggiunse abbassando lo sguardo.
“Ehi,
Shikamaru sa bene quel che
fa. Infondo è il nostro Hokage, no?” disse
accarezzando la testa di Shinji e
sfoderando uno dei suoi disarmati sorrisi.
“Credici
.” concluse Naruto
tornando a sedersi vicino al fuoco.
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Capitolo 5 *** CAPITOLO 3 ***
Capitolo 3
Ci
erano voluti cinque anni per
poter ricacciare l’esercito di Pain nel paese dei chicchi di
riso, meglio
conosciuto come Oto e finalmente Gaara aveva ripreso il posto che gli
spettava.
Certo ne aveva subite parecchio di perdite.
Shikamaru
si congedò in fretta,
desiderava più che mai andare incontro al gruppo di profughi
che stavano
tornado a Konoha. Desiderava rivedere Temari e quella piccola seccatura
che
ormai doveva aver compiuto i sei anni. Pure Shikaku e Yoshino erano
impazienti
di rivedere il nipote.
Shinji
ed Hiro che erano
diventati praticamente inseparabili da quando il primo aveva salvato la
vita al
piccolo Hyuga caduto nel fiume un anno prima, corsero a perdifiato fino
al
campo dove tutti erano seduti a cenare.
“Eremita
arriva l’Hokage!” gridò
Hiro.
Temari
alzò la testa di scatto,
facendo cadere per terra il contenuto del suo piatto.
“Mamma
stai bene?” chiese Shinji.
“Sì
tutto a posto non
preoccuparti e resta al mio fianco.” Disse alzandosi in piedi.
Tenten
si sistemò i capelli e
quando vide il marito profilarsi all’orizzonte
iniziò a correre per
raggiungerlo seguita da Feng e cheza che a malapena conoscevano il viso
del
padre. Dietro di lui comparvero anche Neji, Shikaku, Yoshino ed infine
lui. Non
portava vesti ufficiali, ma una semplice maglia di rete con una
giacchetta
verde ed i pantaloni in tono. I capelli si erano allungati, ma
continuava a
portarli legati sopra la testa. La solita camminata svogliata e priva
di
interesse per quello che accadeva intorno, anzi ne pareva addirittura
infastidito.
Incrociò
una sola volta il suo
sguardo con quello della Kunnoichi di Suuna per poi tornare ad
ascoltare il
resoconto di Rock Lee e Naruto. Avrebbe desiderato più di
ogni altra cosa
andare da loro, ma il dovere gli imponeva di assolvere prima le cose
burocratiche. Inoltre c’era il fatto che Shinji pensava che
Hidan fosse suo
padre. La decisione era stata presa di comune accordo, però,
non giustificava
il suo atteggiamento distaccato anche nei confronti di Temari.
Stentò
a riconoscerla , quando
quella sera dopo aver messo a letto il bambino gli porse il vassoio con
dentro
del cibo.
“Sei
dimagrita molto.” Le disse
addentando il panino.
“Già.”
Rispose sedendosi accanto
a lui.
Nessuno
dei due aveva ancora
avuto la forza necessaria per parlare, nonostante entrambi avessero
sofferto
per quella lontananza forzata, ma erano troppo orgogliosi per
ammetterlo.
Shikamaru si alzò in piedi e con un cenno della mano fece
per andarsene, quando
si sentì tirare per la maglia. Poi sentì la testa
di Temari appoggiarsi alla
sua schiena. Un brivido caldo lo percorse.
“Aspetta
per favore.” Bisbigliò
lei.
“Sono
stanco.”
Fu
allora che la bionda esplose
in tutta la sua furia: “Dannazione! Sono sei anni che non ci
vediamo e sai
dirimi solo questo?!”
“Io
non sono bravo con le
parole.” Replicò abbozzando un sorriso.
“Allora
mi pianti qui, sola?” gridò
ancora.
Temari
sussultò quando la mano
dell’uomo le sfiorò il viso
accarezzando
con il pollice le labbra: “Dai non piangere.”
Lei
lo guardò furente, ma
possibile che davvero non capiva che cosa voleva sentirsi dire in quel
momento?
“Sei
proprio uno stupido.”
Replicò allontanando la mano con un gesto brusco.
Shikamaru
non le permise di
continuare con quella ramanzina ed afferrandola per un braccio la
tirò contro
di sé affondando il viso nei suoi capelli.
“Ho
voglia di fare l’amore con te
fino a sentirmi esausto. Ho voglia del tuo corpo e dei tuoi baci in un
modo che
tu non ne hai nemmeno la più vaga idea. Mendokuse mi sei
terribilmente
mancata.”
Temari
restò immobile arrossendo
con il viso appoggiato al torace dell’unico uomo che era
riuscita ad avere la
meglio su di lei in qualche modo. Di quel pigro ed indolente uomo che
la faceva
impazzire sempre. Perché o parlava poco o decisamente
troppo, ma quella sera
aveva il bisogno di sentirle quelle parole.
“Non
andare più via, Shikamaru.”
Bisbigliò iniziando a singhiozzare.
Poi
un rumore alle loro spalle li
fece girare, Shinji era lì in piedi davanti a loro con una
espressione
corrucciata sul viso. Lo infastidiva dover dividere la sua mamma con
quello
sconosciuto. Uffa lo aveva lasciato solo per stare con quello che
poteva essere
pure l’Hokage, ma che non si poteva prendere certe
libertà con SUA madre.
Tentò
di scappare ma Shikamaru lo
afferrò per la collottola della maglia, anche se scalciava
come un ossesso la
presa era troppo salda per potersi liberare.
“Sei
un bel maleducato, sai?”
“Tu
lascia in pace mia madre!”
ringhiò in risposta.
“Sei
proprio una piccola
seccatura a volte.” Continuò l’uomo.
All’improvviso
il bambino si
fermò, voltandosi a guardarlo. Non sapeva bene il
perché, però quello sconosciuto
aveva un tono di voce familiare. Poi quel modo di trattarlo
… aveva conosciuto
tanti adulti che avevano provato a sostituirsi ad Hidan, ma nessuno
pareva esserci
riuscito meglio di lui. Continuava a tenerlo bloccato a
mezz’aria. Si convinse
anche di ammirarlo, poiché in pochi riuscivano ad ottenere
quel genere di
attenzioni da sua madre, da che ricordava lui.
“Tu
mi piaci.” Replicò improvvisamente.
“Potrei
saperne la ragione visto che
ti sto sgridando?” chiese l’Hokage lasciando la
presa.
“Io
non avevo mai visto mia madre
sorridere.” Borbottò arrossendo.
“Non
è un po’ tardi per stare
sveglio.” Lo rimproverò Temari mentre le gote si
imporporavano.
“Che
madre seccante!” rispose
Shinji dileguandosi prima che la donna lo colpisse dietro la testa.
A
stento Shikamaru riuscì a
trattenere un sorriso.
“Tu
non provarci nemmeno a dargli
corda!” ringhiò lei a pochi centimetri dal suo
viso.
“Però
come smentire?” ironizzò
iniziando a correre.
“Vieni
un po’ qui Hokage dei miei
stivali!” gridò la bionda inseguendolo con il
pugno alzato.
Si
girò all’improvviso
bloccandole le braccia a mezz’aria : “Non
c’è dubbio che sono a casa.”
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Capitolo 6 *** ANCORA UNA VOLTA ***
Capitolo 4
ANCORA UNA VOLTA
Sakura era
tornata a casa, ora aveva formato una famiglia
insieme a Rock Lee che di lei era sempre stato innamorato e che aveva
accolto
di buon grado anche la piccola Tsugumi ed adesso aspettava tra pochi
giorni la
nascita del loro primo figlio. Certo, era comico pensare come tutto
fosse
cambiato durante quegli anni e di come il lungo conflitto con
l’Akazuki avesse
cambiato tutti. Perfino l’indolente Shikamaru …
era il loro Hokage … Asuma ne
sarebbe certo stato fiero, ma infondo lo aveva sempre saputo.
“Fermi.”
Ansimò Shinji con le mani appoggiate alle ginocchia
“Non
lo prenderemo mai quel dannato gattaccio ed addio ramen
gratis!” borbottò Hiro sedendosi per terra.
“Fatica
sprecata. Perché non tiri fuori una delle tue geniali
idee, cugino.” Disse improvvisamente Kuro.
Shinji si
sedette sul tappeto d’erba socchiudendo gli occhi …
“Che
fa dorme ora?” domandò l’Hyuga.
“No,
testa quadra. Stai zitto per un secondo.” Rispose il
Sabaku colpendo l’amico con un leggero scappellotto.
Il moro si
alzò in piedi aprendo di scatto gli occhi: “Ci
occorre del pesce.” Deciso iniziò a camminare
ignorando il gatto, che
incuriosito dal loro atteggiamento li seguì.
Arrivarono sulla
sponda del fiume. Shinji indicò a Kuro un
punto preciso del torrente: “Riesci a creare un
argine?”
Il rosso lo
guardò ironico: “Che razza di domande fai,
ovvio.” Bastò un gesto della giovane mano per
creare un muro di sabbia che si
solidificò al contatto con l’acqua.
“Anche
da questa parte.”
Alcuni pesci
restarono intrappolati nel laghetto artificiale,
guizzando per cercare una via di fuga. I bambini si nascosero in mezzo
al
fogliame ed attesero. Il gatto si avvicinò alla riva,
incuriosito dai pesci che
saltellavano come matti.
“Hiro
lo vedi il flusso del chakra?” sussurrò Shinji
rivolto
al compagno.
“Sì.”
“Dimmi
quando cambia d’intensità.”
“Adesso!”
Shinji
lanciò la polvere da sparo che fece sussultare
l’animale che rizzato il pelo corse in direzione opposta,
finendo dritto tra le
braccia di Hiro.
“Torniamo
dall’Hokage.” Disse Kuro.
Ibisu era
restato ad osservarli per tutto il tempo, era stato
nominato loro osservatore per tutto il periodo in cui i bambini di
Suuna si
fossero trattenuti. Erano davvero un ottimo Team loro tre. Sapevano
collaborare
alla perfezione. Tutti erano indispensabili per la riuscita della
missione.
Rilasciò quindi all’hokage un rapporto
soddisfacente. Peccato che non sarebbero
potuti restare insieme per molto.
Ayame Sabaku la
figlia più piccola del Kazekage aveva già
compiuto tre anni. Era intraprendete e molto curiosa per cui Matsuri
aveva un
bel da fare per accudirla. Kuro senza dubbio alla sua età
era stato più
tranquillo. Gaara si caricò la figlia sulle spalle,
altrimenti quel giorno
sarebbe stato impossibile partire per Suuna e si erano assentati
già da troppo
tempo.
“Sorella
verrai con noi?” chiese vedendo che si caricava
sulle spalle il grosso ventaglio.
“Ovviamente.
In questo momento il mio villaggio a bisogno di
me. Matsuri è troppo impegnata con i bambini per occuparsi
delle faccende
burocratiche.” Rispose quasi arrabbiata.
“Shinji,
ha legato molto con testa ad ananans.” Rise il
rosso.
“Shikamaru
si offende se lo chiami in quel modo poco
rispettoso.” Sorrise senza gioia.
“Se ne
farà una ragione.” Replicò secca.
“A sei
anni? Può essere maturo fin che ti pare, ma quello
…”
si interruppe appena in tempo per vedere la porta aprirsi ed i due
bambini
comparire.
“Buon
giorno zio. Ciao mamma.” Salutò entrando, seguito
dal
silenzioso Kuro che si limitò ad un cenno del capo.
“Tutto
bene?” domandò Gaara.
“Sì
signore.” Risposero i due.
Kuro odiava sua
sorella, perché si attirava sempre le
attenzioni del padre. Quella volta non era diversa dalle altre. Cosa
faceva di
sbagliato per essere tanto ignorato? In realtà era Gaara a
non sapere mai come
comportarsi con quel bambino che crescendo gli somigliava sempre di
più, che
vedeva in lui un esempio. Ma che razza di esempio poteva dargli lui?
Con Ayame
era tutto più semplice, era lei a dimostrargli il suo
affetto.
“Andate
a salutare tutti. Partiremo tra poco.” Ordinò
Temari
preparando le valige.
“Io
tanto non vengo.” Replicò Shinji.
Tutti si
voltarono a guardarlo.
“Come
prego?” domandò la bionda.
“Io
resto a Konoha.” Ripetè sbattendo i piedi per
terra.
“Tu
verrai con me e poche storie.” Gridò Temari che
non aveva
assolutamente voglia di iniziare una discussione su un argomento sul
quale non
vi era nulla da discutere.
“No.”
Gridò il bambino infilando la porta.
Temari
sospirò, anche a lei l’idea di andarsene non
piaceva,
ma aveva dei doveri ai quali non poteva sottrarsi in nessuna maniera.
Shikamaru stava
finendo di controllare dei documenti, quando
sentì dei singhiozzi provenire da sotto la finestra del suo
studio, cosa quanto
mai insolita visto che si trovava al secondo piano. Guardò
fuori. Sopra il
primo tetto della sua dimora stava seduto Shinji, le gambe strette al
petto ed
il viso nascosto.
“Seccatura
che ci fai lì sopra?” chiese sorridendo.
Lo
guardò. Gli stessi occhi chiari della sua donna, resi
più
brillanti dal pianto sommesso.
“Ciao.”
Borbottò.
“Perché
piangi come una ragazzina?” chiese dimenticandosi
totalmente del suo assistente e scavalcando il davanzale della finestra
per
raggiungerlo.
“Hokage,
ma nella sua posizione…” replicò
inutilmente Ibisu
chiedendosi perché si ostinava ad insistere
sull’etichetta quando nessuno lo
ascoltava mai?
“Io
voglio restare, Maru.” Disse appena riprese fiato.
“Shinji
sai qual è il primo dovere di un buon shinobi?”
chiese.
“Compiere
la sua missione fino in fondo non importa a che
prezzo.” Rispose.
“Visto
che io mi fido molto di te. Ti affido un incarico
molto importate e bada che potrei arrabbiarmi se non lo portassi a
termine.”
“Una
missione?” chiese stupito.
“Super
importante. Devi proteggere tua madre.” Gli disse
appoggiando una mano sulla spalla.
“Capisco,
però …”
“Uno
shinobi non chiede il perché gli vengano affidate certe
missioni. Pure io non volevo fare l’Hokage, ma eccomi qua. Ho
la tua parola che
farai del tuo meglio? Fino al momento in cui ci rivedremo?”
domandò serio.
“Te lo
prometto.” Rispose alzandosi in piedi.
“Allora
comportati come si deve.”
Shinji fece
qualche passo in avanti, poi, tornò velocemente
indietro gettandogli le braccia al collo.
“Tu
per me resterai sempre il mio papà.”
Sussurrò prima di
correre via
L’eremita
della Volpe stava finendo di preparare i bagagli,
aveva deciso di partire nuovamente per un nuovo pellegrinaggio. Si era
già
messo la sacca sulle spalle, quando qualcuno bussò alla
porta della sua dimora.
“Bambini
che ci fate qui?” chiese invitando i giovani amici
ad entrare.
“E’
vero che te ne vai?” domandò Hiro che era stato
nominato
portavoce del gruppetto.
“Sì,
ma tornerò in tempo per i vostri esami di Genin.”
Rispose
scompigliando i capelli scuri dell’Hyuga.
“Sono
sei anni!” fecero in coro Feng e Tsugumi.
“Passeranno
in fretta, non temete.” Sorrise.
“No ,
invece!” gridò Hiro.
Tutti si
stupirono, non era da lui esprimere in quel modo
chiaro la sua opinione e tanto meno i suoi sentimenti.
“Non
fate i capricci. Il vostro compito ora è riuscire a
diventare Genin. Questa è l’unica cosa che deve
importarvi.” Rispose accompagnandoli
alla porta.
Tutti i bambini
a parte Hiro, si precipitarono ad
abbracciarlo: “Torna presto.”
“Promesso.”
Rispose baciandoli sulla fronte.
Poi i suoi occhi
azzurri si fermarono a guardare Hiro, gli
era stato insegnato a rimanere freddo in ogni circostanza,
l’esplosione emotiva
di prima era stato un incidente che non si sarebbe più
ripetuto.
“Da te
voglio una promessa, Hyuga.” Gli sussurrò.
“Sarebbe,
Sensei?” chiese usando il tono più gelido
possibile.
“Proteggi
Hinata. Tuo zio non è una cattiva persona, ma a
volte tende ad esagerare.” Ricordò lui sospirando.
“Perché
ti interessa tanto?” chiese mentre un’ombra di
sospetto passava da quegli occhi chiari.
“Per
me è la persona più importante del
mondo.” Bisbigliò.
Hiro
restò fermo a fissare la porta, quell’uomo che lui
reputava straordinario, forse, un giorno avrebbe sposato la sua mamma?
Con
questo pensiero in testa raggiunse veloce i compagni che si erano
già avviati
lungo il vialetto innevato.
Chiedo
scusa, per i
ritardi con cui pubblicherò i capitoli di questa fanfic
rispetto alle altre, ma
trattando di un argomento particolare voglio che sia reso al meglio.
Grazie
a tutti e
continuate a seguirmi.
Tyara
|
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Capitolo 7 *** CAPITOLO 5 ***
Capitolo 5
GENIN PURO SANGUE
Tsugumi dopo
aver salutato gli altri, entrò come una furia in
casa e corse nella sua camera, passando senza salutare i suoi genitori.
Lee,
appoggiò il giornale sul tavolo, sospirando, salì
le scale e bussò alla stanza
della figlia. La sentì singhiozzare ed allora
entrò. La bambina non lo aveva
nemmeno udito.
“Cosa
succede?” chiese cercando di mitigare il tono della
voce, accarezzando la testa corvina.
“Mita
Olpe se ne è andato!” borbottò
sedendosi accanto al
genitore, si asciugò gli occhi e tirò su con il
naso.
“Capisco
che tu gli sia affezionata, ma dovrai abituarti a
vedere partire gli amici e le persone che ami. Questo è il
destino di uno
Shinobi.” Rispose come per cercare di convincere anche
sé stesso. Perché sapeva
che prima o poi anche Sakura e Tsugumi lo avrebbero lasciato per
tornare
dall’Uchiha … quel giorno che avrebbe detto a
Brandon?
“Però
ha detto che sarebbe tornato in tempo per gli esami di
Genin, papà” replicò lei abbozzando un
mezzo sorriso.
Il cuore di Rock
Lee, ebbe un sussulto, era la prima volta
che la bambina lo chiamava in quel modo e ne fu felice di aver avuto
quel
risultato con lei. Le baciò la fronte e la piccola lo
strinse forte come per
imprimere nella sua memoria il calore di quell’uomo che ormai
considerava
importante. Il suo padre carnale l’aveva abbandonata e questo
non poteva
accettarlo, ma ancora non sapeva che Sasuke Uchiha le avrebbe strappato
un
altro pezzo d’anima.
“Se
vuoi porto io Cheza per un po’” disse Hiro, notando
lo
sforzo che stava compiendo Feng.
“Non
vorrei essere un disturbo. Mi spiace di essere caduta.”
Replicò lei, mentre il fratello la faceva sedere su un
tronco.
“Tanto
verrò sgridato solo io.” Borbottò
l’Inozuka sedendosi
su un piccolo spiazzo di terreno dove la neve si era sciolta.
“Ma
…”
“Andiamo
lo sai di essere la cocca dei nostri genitori.”
Continuò seccato il bambino.
“Feng,
adesso non essere cattivo con lei!” la difese Hiro che
comprendeva bene i sentimenti dell’amico.
“Non
ti ci mettere pure tu! Sei fortunato a non avere un
padre!” replicò con noncuranza.
Hiro si morse il
labbro inferiore e portò una mano sul cuore
come per strapparselo, aveva gli occhi lucidi quando tornò a
guardare i due.
“Mi
fai rabbia. Anche se è severo non puoi mettere in dubbio
che ti ama. Prova tu a tornare a casa e sentirti sempre in colpa
perché non sei
come loro.”
“Tua
madre …”
“Mamma
non può far nulla contro la loro arroganza, ma un
giorno cancellerò dai loro volti quell’espressione
di superiorità. Gli farò
vedere, che il mio sangue marcio, vale molto più di quello
di un Hyuga
qualunque!” rispose serrando i pugni.
All’improvviso
da una cunetta di neve comparve un grosso cane
bianco che raggiunse in due balzi il gruppetto.
“Hakamaru!!!
Sei venuto a prenderci? Che bravo.” Disse Cheza
mentre aiutata da Hiro saliva in groppa alla bestia che
partì solo anche quando
anche Feng la raggiunse sulla schiena.
“Ci
vediamo domani.” Gridarono in lontananza.
Era rimasto
solo, ancora. Perché se ne preoccupava? Tanto finiva
sempre in quel modo per quelli come lui che non avevano un padre. Non
avrebbe
voluto mai piangere, ma quel giorno le lacrime sembravano non riuscire
più a
fermarsi. Si rese conto, quanto avesse contato in quegli anni la
presenza dell’Eremita
nella sua breve esistenza. Adesso chi avrebbe asciugato il suo viso? Si
ricordò
della promessa che gli aveva fatto quella sera. Tirò su con
il naso e guardò il
cielo stellato. Ritrovò il coraggio per tornare in quella
grande casa fredda e
proteggere l’unica persona che lo amava: sua madre.
“Ehi
sangue marcio, come fa adesso che il tuo baby sitter ti
ha lasciato?” domandò Toru quando lo vide.
Non rispose.
“Forse,
dovresti lavarti. Magari è quello che allontana tutti
da te.” Aggiunse sarcastica Nana.
Fu allora, che
una forza interiore sembrò esplodere, con un
balzo, il bambino atterrò la cugina. I suoi occhi erano
colore del fuoco ed il
suo corpo pareva bruciasse mentre colpiva quel volto insolente.
Hinata lo
afferrò per un braccio con una forza della quale
Hiro non la credeva capace, lo fece andare a sbattere con la schiena
contro il
muro.
“Adesso
calmati.” Replicò severa.
“Io vi
odio tutti!” gridò correndo nella sua stanza.
La donna,
medicò Nana e poi ascoltò la ramanzina che Neji
le
faceva tutte le volte, quando Hiro si comportava in modo violento.
“Tieni
sotto controllo la tua piccola belva.” Disse gelido.
“La
prossima volta non lo fermo di certo. I tuoi figli si
meritano una lezione.” Rispose guardandolo in viso.
“Da
quel sangue marcio?” chiese sarcastico.
“Tu
sottovaluti Hiro, proprio come non credevi forte suo
padre. Ti devo ricordare quanta terra ti ha fatto mangiare quel
giorno?” aggiunse
sorridendo vittoriosa.
“Non
biasimo di certo lui. Tu sei stata la stolta che si è
donata ad un uomo di basso rango come quello, Generando una esecrata
progenie.”
Hinata lo
schiaffeggiò con violenza: “Il suo sangue
è molto
più nobile di quanto lo potrà mai essere il
tuo!” si alzò lasciando la stanza.
“Farò
abbassare la cresta a quel moccioso che tu lo voglia o
meno. Spegnerò ogni sua speranza di
felicità.” Sussurrò guardando le fiamme
del
camino spegnersi lentamente.
Fu quella notte,
molto tempo dopo questi eventi che il gruppo
dei Serpenti tornò all’attacco e bruciò
mezza Konoha. In quella terribile notte
dove molti giovani morirono, dove Sakura stessa si offrì
come vittima per
salvare Tsugumi. Quella fu la prima volta in cui padre e figlia
incrociarono i
loro sharingan, la notte in cui l’odio della bambina nei
confronti di quell’uomo
che avrebbe dovuto amare crebbe. Aveva ucciso la madre e fatto del male
a Rock
Lee … le uniche persone che si erano sempre prese cura di
lei.
Un sorriso
comparve sul viso di Sasuke quando si accorse del
disprezzo che aveva suscitato in Tsugumi.
“Odiami
e fai crescere dentro di te il desiderio di vendetta.
Così mi renderai fiero di te.”
“No,
non è quello che mi è stato insegnato. Io
diventerò
forte per proteggere le persone che amo. Proprio come mi ha insegnato
Naruto-kun!” rispose fiera.
“Allora
sei una stupida come lui!” rispose Sasuke.
“Solo
perché lui non ha mai rinunciato alla speranza di riportarti
a casa?! Rinunciando al suo sogno pur di riuscirci?”
gridò tra le lacrime.
“Ormai
hai compiuto i dodici anni. Credi ancora alle favole
che girano su quell’insetto?” chiese sarcastico
evitando un kunai che la
ragazzina gli aveva lanciato.
“Naruto
è una persona eccezionale. Non è un vigliacco
come
te! Lui non è mai scappato davanti alle sue
responsabilità.”
“Perché
non ha mai desiderato il potere, ma l’insulso
desiderio di venire accettato. Tu invece, ragazzina, hai un
sogno?” domandò
prima di sparire.
“Vederti
morto.” Bisbigliò tra le lacrime.
Ino Yamanaka
bussò alla porta dell’ufficio
dell’Hokage.
“I
ragazzi con Iruka Umino, la attendono in classe.”
“Grazie,
arrivo subito.” Disse poggiando una lettera con una
grafia composta ed ordinata sul tavolo, da quella distanza si poteva
solo
leggere la firma: Shinji Sabaku.
“Perché?”
chiese voltandosi a guardare l’amico di tante
battaglie.
“Non
credo ti riguardi.” Rispose acido.
“Per
quanto ancora intendi portare avanti questa pantomima?”
domandò contrariata la bionda.
“Fino
a quando le persone che amo non saranno al sicuro.”
“Insomma,
ma hai sentimenti di quel ragazzino non ci pensi?”
Shikamaru si
voltò di scatto: “In ogni dannato istante della
mia esistenza. Preferisco avere il suo odio da vivo che vederlo morto
perché ha
sangue Nara nella vene. Non voglio ritornare più su questa
questione.”
“Agli
ordini.” Sospirò Ino. Gli dispiaceva,
perché anche se l’amico
era bravissimo a nascondere le sue emozioni era anche una persona
sensibile.
Quando
raggiunsero la scuola si accorsero immediatamente che
qualcosa non stava andando per il verso giusto. Hiruka rimproverava un
gruppetto di studenti.
“Come
sarebbe a dire che non volete sostenere l’esame?”
sbottò rivolto ad Hiro.
“Stiamo
aspettando una persona.” Rispose.
“E’
stato sempre un ritardatario. Non possiamo bloccare gli
esami perché ancora una volta non si smentisce.”
Umino era al culmine della
pazienza.
“Di
chi state parlando?” chiese l’Hokage.
“Ci
aveva promesso che sarebbe tornato in tempo!” rispose
Feng
“Quindi
non lo aspettiamo.” Aggiunsero in coro gli altri.
Shikamaru
abbozzò un sorriso e si rivolse ad Hiruka:
“Occupati
prima degli altri gruppi. Minuto più minuto meno non fa
differenza.”
“Anche
lei si è messo d’accordo per farmi impazzire? Va
bene.”
Borbottò entrando.
Fortunatamente
l’Eremita della Volpe giunse poco dopo e le selezioni
procedettero senza problemi.
Hiro porse il
suo copri fronte a Naruto: “Me lo metti?”
chiese arrossendo.
L’uomo
si chinò per allacciarlo dietro la nuca scura del
ragazzino che ora stava per iniziare come tanti il duro cammino per
diventare
un ninja.
“Come
sapete sarete divisi in gruppi di tre. Verrete affidati
ad un maestro di livello superiore al mio. Hokage, può
cortesemente leggere le
formazioni?” domandò Hiruka cedendo la parola
all’uomo seduto accanto a lui.
“Il
Team sette guidato da Kakashi è formato da Lyoko Aburame,
Cheza Inozuka e Toru Hyuga. I nominati sono pregati di mettersi accanto
al loro
insegnante.”
Attese che il
gruppo si posizionasse, notando il disappunto
di Nana di non essere nello stesso gruppo con il fratello.
Proseguì
nella lettura: “Team otto guidato dall’Eremita
della
Volpe è così composto: Feng Inozuka, Tsugumi
Uch…”
“Tsugumi
Lee.” Disse la ragazza rompendo il silenzio.
Tossicchiando
l’Hokage riprese la lettura: “Tsugumi Lee ed Hiro
Hyuga.”
“Mi
scusi su quel foglio ci deve essere un errore.” Aggiunse il
ragazzo dagli occhi azzurro cielo.
“Non
mi risulta. Sei tu il figlio di Hinata,no?” chiese
Iruka.
“Sì,
ma potrei essere assegnato ad un altro gruppo? Oppure perché
non mette Cheza nel mio e manda Tsugumi nell’altro?”
“Siete
stati scelti in base alle vostre caratteristiche
peculiari.”
“Comprendo.
Io però non voglio stare insieme ad un elemento
simile. Pronta a pugnalarti alle spalle in qualunque
momento.” Aggiunse distogliendo
lo sguardo.
“Spero
tu abbia un buon motivo per parlare in questo modo.”
Replicò
Naruto serio.
“Sì.
Anche se ha cambiato il suo cognome rimane una Uchiha e
come tutti sanno sono dei traditori per natura.”
Tsugumi
abbassò la testa sconsolata.
“Non
fare di tutta un’erba un fascio.” Lo riprese
l’Hokage.
“Perché
il suo clan non deve essere discriminato? Se si fosse
trattato di me le cose sarebbero state differenti, vero?”
gridò lui.
“Adesso
stai esagerando.” Continuò Shikamaru.
“Io
posso venire chiamato Sangue marcio, ma guai a toccare
quelli del clan Uchiha, vero?” chiese voltandosi a guardare
Naruto.
“Hyuga
tu …”
“Eremita
anche lei è d’accordo con loro a quanto pare,
no?”
“Hiro
ti pregherei di calmarti. Il tuo primo dovere è
eseguire gli ordini senza contestare.” Rispose
l’Eremita.
“Certo,
signore.” Sbottò seccato tornando a sedersi.
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Capitolo 8 *** CAPITOLO 6 ***
Capitolo 6
“Tu
sei un folle! Se ci beccano finiremo in grossi guai!”
borbottò Kuro.
“Dai
non fare il gattino spaventato.” Lo derise Shinji,
mentre si nascondeva dietro un folto cespuglio a pochi metri dalla
porta del
villaggio di Konoha.
“Non
possiamo entrare senza avere lo speciale permesso
dell’Hokage!
Se ci beccano dei chunin come pensi di cavartela?” chiese il
rosso incrociando
le braccia.
“Parli
esattamente come zio Gaara. Sei noioso quanto lui.”
Replicò Sasori alle spalle.
“Beh
io sono suo figlio. Che pretendi?” rispose squadrandolo
con i suoi occhi chiari come specchi.
“Volete
fare silenzio?” li riprese il compagno davanti.
“Perché
siamo venuti da queste parti?” domandò
improvvisamente Sasori.
“Avevo
voglia di fare
un giro.” Fu la risposta in coro e lapidare degli altri due.
Il primo genito
di Kankuro, mise su il muso. Quei due lo
consideravano la ruota di scorta e non gli piaceva come lo trattavano.
Shinji
con quell’aria sempre annoiata e gonfia di presunzione, Kuro
con quello sguardo
omicida. Erano suoi cugini, ma di certo non lo tenevano molto in
considerazione
e solo perché lui non era abile come loro. In quel momento
comprese come il
padre si era sentito ad avere per fratelli Gaara e Temari: banale.
Certo era
stato difficile per Shinji e Kuro comprendere perché Sasori
fosse stato
assegnato al loro gruppo. Sarà stato un abile marionettista,
ma non aveva mai
spartito nulla con loro, oltre le estenuanti ore di allenamento e poi,
lo
detestavano perché in ogni caso era felice. Non che loro
potessero mai
ritenersi sfortunati, ma dovevano paragonarsi ogni giorno a genitori
che certo
non erano protettivi come zio Kankuro. Il rosso in particolare aveva
sempre
dovuto spartire l’affetto del padre con la sorella minore che
si era rivelata
molto più brava di lui ad interagire con il severo Kazekage.
Era convinto che
per farsi notare doveva essere sempre il migliore in tutto e solo con
Shinji
pareva riuscire ad essere realmente sé stesso,
cioè un ragazzino che cercava
continuamente l’approvazione paterna.
Il
figlio di Temari dal canto suo aveva ricevuto l’incarico di
proteggere la madre
e così aveva fatto. In modo tanto minuzioso che nessuno dei
pretendenti che
durante quegli anni si erano fatti avanti erano riusciti a spuntarla.
Per lui
esisteva una sola persona abbastanza degna di poter frequentare la
madre:
Shikamaru Nara. Nemmeno Hidan aveva superato i severi giudizi del
ragazzino e d’altronde
come gli si poteva dare torto? Era ritornato dopo anni per reclamare
una
paternità che non gli sarebbe mai appartenuta. Figuriamoci
se poteva pretendere
addirittura la mano della sua mamma.
“Come
sarebbe a dire che sono spariti?!” il tono di Gaara
suonò alquanto minaccioso
all’orecchio del Jonin incaricato della loro sorveglianza.
“Mi
spiace.”
Balbettò iniziando a sudare freddo.
“Scommetto
che è una idea di tuo figlio. Kuro è troppo
rispettoso dei regolamenti per
disobbedire in questo modo.” Replicò voltandosi a
guardare la sorella.
“Non
dare
sempre la colpa a mio figlio … con loro
c’è pure Sasori a quanto pare.” Si
offese
la bionda.
“Ti
devo
forse ricordare che quella peste la scorsa estate ha quasi distrutto
mezza
Suuna?” aggiunse guardandola e sfoderando un sorriso
divertito.
“Non
ha
certo sfondato il muro della palestra di proposito … non
credevo che il colpo
avrebbe raggiunto il silos d’acqua qui fuori.”
“Sarebbe
stato meglio che avesse ereditato altro dal padre oltre
l’aspetto … magari la
calma.”
“Nemmeno
Kuro è un angelo visto che lo asseconda sempre e comunque!
Dei due da quello
che dici dovrebbe essere quello più ponderato.”
Rimbeccò lei.
Gaara si
voltò a guardare la sorella: “Tu sei mai riuscita
a dire di no a Shinji?”
Temari non
rispose, il ragazzino sembrava aver ereditato le doti più
deleterie di
Shikamaru, oltre alla spiccata intelligenza ed alla sua furbizia. Una
bomba ad
orologeria che andava tenuta sotto stretto controllo.
“Dove
pensi
siano andati?” chiese sospirando.
“Beh
se li
conosco bene, c’è un solo posto.”
Replicò lui tornado a sedere.
“Non
scherzare! Hanno solo 12 anni e non possono aver lasciato il paese del
Vento.” Replicò
secca Temari.
“Tu
sottovaluti troppo quei tre.” Precisò trattenendo
a stento un sorriso,
ricordando che alla loro età loro avevano fatto ben di
peggio.
“Ho
capito
devo andare in missione diplomatica a Konoha.”
Cantilenò la bionda.
Stava per
uscire dall’ufficio, quando il rosso alzò la testa
dallo scritto per dire: “Sorella,
guarda che lo so che sei stata tu a metterlo in testa a
Shinji!”
Temari
restò
bloccata sulla soglia, ma come diavolo ci era arrivato? Senza dire
nulla si
chiuse la porta alle spalle.
Ino Yamanaka
condusse i tre giovani Ganin di Suuna davanti all’hokage,
avevano commesso una
grave infrazione che
regolava i rapporti
tra i vari Stati ninja.
“Che
devo
farne adesso di voi tre? La prima cosa logica sarebbe avvertire Gaara e
poi le vostre
famiglie.” Disse Shikamaru sedendosi al tavolo ad osservarli.
“E’
tutta
colpa di quello scapestrato!” accusò
immediatamente Sasori, indicando Shinji.
Kuro lo
fulminò con lo sguardo. “Non gli dia retta
è stata una mia idea. Sono io il
caposquadra.” Replicò serio.
“Piantala
io
non ho bisogno che ti prenda tutta la colpa.” Si offese il
più alto dei tre.
Iniziarono a
discutere, dimenticandosi dove si trovavano come accadeva ogni volta
che si
cacciavano in qualche guaio.
“Silezio!”
berciò l’hokage irritato. “Siete
più rumorosi di un gruppo di cicale. Volete
rendervi conto che avete violato una delle principali regole? Se non
fossimo
alleati di Suuna ci avreste rimesso la pelle!”
“Ma lo
siete, no?” aggiunse Shinji.
Il Nara
sbuffò
irritato, quel moccioso era davvero troppo furbo per i suoi gusti.
Certo che in
sei anni era cresciuto molto. Fu costretto ad ammettere di esserne
orgoglioso.
“Ino
trova
alle pesti un alloggio, fino a quando non verranno a
prenderli.” Aggiunse seccato.
“Tocca
ancora Cheza ed io ti spacco il grugno!” gridò
Hiro ponendosi in difesa della
ragazza.
“Chi
tu?
Sangue marcio?” rise Toru, sapendo di essere di un livello
superiore a lui.
“Sai
bene
che non poteva pararlo. In particolare se usi il byakugan!”
rispose aiutando la
Inozuka ad alzarsi.
“Sei
troppo
generoso con le racchie.” Ghignò Nana.
Cheza
abbassò la testa, riuscendo a malapena a nascondere le
lacrime che sembravano
voler uscire. Arrossì quando sentì Hiro
stringerla a sé, con dolcezza.
“Non
dare
ascolto a quello che dice. E’ tutta invidia.”
Aggiunse a bassa voce.
L’Inozuka
annuì, sperando che quella sensazione di benessere
continuasse per sempre.
Sentiva il cuore del ragazzo battere. Era un suono che la
tranquillizzava.
“La
perfetta
coppia di perdenti!” rise
ancora Toru.
“Un
giorno
ti farò rimangiare le tue parole!” aggiunse il
figlio di Hinata accompagnando a
casa l’amica.
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Capitolo 9 *** CAPITOLO 7 ***
Il moro si
levò l’abito da Hokage e lo porse alla sua
assistente: “Ino per oggi ho finito con le udienze. Rimanda
qualunque cosa a
domani … tardi.” Precisò conoscendo le
abitudini un po’ troppo mattiniere della
ragazza.
“Ma
abbiamo ancora un mucchio di lavoro arretrato!”
protestò
lei.
“Pure
io.” Maliziò Shikamaru afferrando con un braccio
la
vita di Temari.
“Ciao,
carina” salutò lei vittoriosa appoggiando la testa
sulla spalla.
Lasciarono il
palazzo, per recarsi agli alloggi assegnati ad
i giovani Ganin della sabbia, certo che non avevano la minima voglia di
abbandonare la comoda posizione assunta in ufficio.
“Devo
ammettere che sei un genio.” Aggiunse l’uomo.
“Perché?”
fece ingenuamente lei.
“Sono
invecchiato, ma non sono diventato stupido ad un
tratto. Se volevi vedermi, bastava chiedere.”
“Ora
che lo so …” bisbigliò Temari facendolo
voltare verso di
sé.
“Mendokuse
…” si chinò a baciarla lieve sulle
labbra.
“Ma
Hokage … così in pubblico?!” lo
sbeffeggiò la bionda
fingendosi scandalizzata.
Shikamaru la
spinse contro una nicchia di un muro.
“Non
hai ancora visto nulla …” bisbigliò
affondando le labbra
nel collo.
Temari si
strinse maggiormente a lui: “Quanto siamo
impazienti, oggi. Cry Baby.”
“Sono
mesi che aspetto.” Precisò guardandola in viso.
“Si
tratta solo di poche ore. Poi potrò dedicarmi a
te.”
Sorrise lei sfiorando con la bocca il viso.
“Immagino,
con quella Seccatura da tenere sotto controllo.”
Borbottò mentre riprendevano a camminare.
“Shinji
è un bambino vivace. Tutto il tuo contrario,
però, ha
preso da te in tante altre cose.”
“Sarebbe?
Non mi sembra di essere stato così folle da
ragazzo.” Replicò alzando un sopracciglio.
“Il
senso del gruppo, la responsabilità e
l’intelligenza non
sono caratteristiche dei Sabaku.” Ammise un pochino offesa.
“Tra
intelligenza e furbizia la differenza è minima.”
Si
affrettò a rispondere prima di staccarsi da lei.
Sasori corse ad
aprire la porta ed indietreggiò terrorizzato,
ma tra tutti doveva proprio mandare la zia a riprenderli? Adesso la
ramanzina
sarebbe stata molto più pesante.
“Ciao.”
Balbettò il castano.
“Non
mordo … almeno per ora. Dove sono quegli altri
due?”
chiese entrando e scostando il nipote di lato.
Shinji e Kuro si
mossero velocemente e si nascosero sotto il
letto, prima che qualche oggetto contundente potesse raggiungerli, ma
la donna
sembrava più calma del solito.
“Mamma
stai bene?” chiese il ragazzino facendo capolino dal
suo nascondiglio.
“Avanti
venite fuori. Non farò nulla.” Sospirò
lei.
“Non
mi fido.” Borbottò Kuro da sotto il letto.
“Dai
vieni fuori cugino.” Ordinò Shinji.
“Tu ti
fidi? Quello è senza dubbio un bushin di zia.”
Insinuò
il rosso.
“No
è lei. Vedi che fa ombra? Nemmeno la copia di livello
superiore la possiede. Ergo questa è la mamma.”
Rispose aiutando l’altro ad
alzarsi.
“Un
acuto osservatore.” Aggiunse Shikamaru entrando.
“Ha
preso tutto da sua madre.” Precisò con una punta
d’orgoglio guardandolo di sottecchi.
“Ne
dubito, Temari.” Replicò ironico.
La chiamava per
nome, senza aggiungerci nessuno dei noiosi
suffissi che spesso il ragazzino aveva udito quando parlavano di lei.
Ne era
felice, anche Hidan quando si riferiva alla madre usava il Sama e
questo voleva
dire che poteva ancora sperare.
“Ehi
la pianti di fissarlo come se ne fossi innamorato?!”
borbottò Kuro colpendolo con una lieve gomitata.
Shinji
arrossì distogliendo lo sguardo. Il cugino non poteva
capire, lui un padre lo aveva sempre avuto.
“Kuro
tuo padre era preoccupato. Potevi almeno lasciare due
righe.” Lo riprese Temari.
“Vedo
tanto in pena che ha mandato te.” Replicò acido.
“Non
essere tanto severo con lui. Essere a capo di un
villaggio ninja implica grandi responsabilità.”
“Solo
quando si tratta di me. Guai se sparisse Ayane. Fose
allora si muoverebbe lui stesso per cercare la sua cocca.”
Aggiunse incrociando
le braccia.
“Perché
continui a pensare che non ti ami? Sei molto ingiusto
con lo zio.” Si arrabbiò Shinji.
“Che
ne vuoi sapere tu?” si lasciò sfuggire il rosso.
“Già
… io non posso capirlo. Sai una cosa? Io darei il mio
braccio sinistro per avere la metà dei tuoi
problemi!” aggiunse correndo via.
“Aspetta!
Dai io non volevo dire …” cercò di
scusarsi, ma
l’amico era già sparito.
“La
tua sensibilità è davvero notevole, ma non mi
meraviglia
visto tuo padre…” commentò Sasori.
Kuro si
voltò e lo sollevò a qualche cm da terra:
“Tu non
intrometterti in questioni che non ti riguardano. E ci penserei due
volte prima
di fare il nome del Kazekage Gaara con tanta confidenza davanti a
me!” ringhiò
lasciando la presa.
“Ehi
se lo avesse fatto Shinji non avresti avuto questa
reazione!” protestò il figlio di Kankuro.
“Lui
può permetterselo, tu, no.” Aggiunse serio.
“Si
può sapere il perché? Anche io sono tuo
cugino.” Borbottò
Sasori.
“Non
sei come noi. A te non viene richiesta la perfezione. Zio
Kankuro è sempre stato un mediocre marionettista.”
Temari si
offese, il mezzano dei Sabaku era sempre stato uno
tra i più abili.
“Ragazzino
porta rispetto a tuo zio!” replicò la bionda.
Kuro la
gelò con uno sguardo, in quel momento gli ricordava
tanto il fratello, prima del suo incontro con Naruto: “ Uno
che chiama alle
spalle mio padre mostro … è un
mediocre.” Rispose secco.
Shikamaru
intanto aveva seguito il figlio, lo aveva trovato
nel suo posto preferito, dove da ragazzo passava ore a guardare le
nuvole.
“Ti
sei calmato?” chiese sedendo accanto a lui.
“Sì.”
Borbottò asciugandosi veloce gli occhi.
“Non
pensi di essere troppo severo con te stesso? E con
Kuro?” domandò sdraiandosi a guardare il cielo
rosso del tramonto.
“Sono
solo invidioso. Quando parla in quel modo dello zio,
non lo sopporto.” Rispose imitando l’Hokage.
“Vuoi
molto bene a Gaara?”
“Sì.
Ha sempre cercato di comportarsi come un padre nei miei
confronti. Però non lo è.”
“Non
è facile. Fa due mestieri molto seccanti.”
Sbuffò il
moro mettendosi a sedere.
“Maru,
ti piace la mia mamma?” chiese.
La domanda fu
fatta improvvisa a brucia pelo. Shikamaru si
trovava nel più completo panico, che diavolo poteva
rispondere?
“E’
una buona ambasciatrice e fa bene il suo lavoro.” Rispose
con noncuranza sperando che il discorso terminasse.
“Non
intendo in quel modo. Come donna.” precisò
mettendosi a
sedere sui gomiti.
“Le
femmine sono tutte delle seccature.” Aggiunse alzandosi.
“Capisco.”
Sbuffò stappando un po’ d’erba.
“Adesso
cosa c’è che non va?”
“Maru,
quando ero piccolo mamma ti piaceva. Perché adesso
no?”
“Come
mai ti sei ricordato questa cosa?” domandò
iniziando a
sudare freddo.
“Sei
una delle poche persone che la chiamano semplicemente
per nome oppure usando un soprannome. Questo vuol dire che tra voi
c’è
confidenza.”
“Beh…
la conosco da tanti anni. Essere troppo formale non mi
piace.” Bofonchiò arrossendo.
“A me
piacerebbe, sai.” Ammise tornando a guardare le nuvole.
“Cosa
…” chiese l’Hokage temendo che il
ragazzo la sparasse
grossa.
“Poterti
chiamare papà.” Sussurrò grattandosi
imbarazzato il
naso.
“Sai
mantenere un segreto?” chiese l’uomo.
“Certo!”
replicò scattando in piedi.
“Chiunque
vorrebbe un figlio come te.” Sussurrò iniziando a
camminare, quando improvvisamente sentì la mano di Shinji
aggrapparsi alla sua.
“Lo so
che sono grande, ma posso?” domandò guardando da
un’altra
parte.
Shikamaru
sorrise, era sfacciato proprio come la madre e per
questo gli piaceva.
“Sì
e ti prometto che non lo dirò ad anima viva.”
Bisbigliò scompigliando
i capelli mogano del ragazzo che per la prima volta si sentiva
semplicemente un
bambino.
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Capitolo 10 *** CAPITOLO 8 ***
Il rosso si
presentò, senza nemmeno avvertire nell’ufficio
dell’Hokage, dove una disperata
Ino cercava di far quadrare il mare di appuntamenti saltati a causa dei
tre
Genin e di un insopportabile tifone biondo. Lei amava Choji, ma non
poteva
certo dimenticare che quella era la causa principale del suo fallimento
della
relazione che anni prima aveva avuto con Shikamaru. Era piombata tra di
loro,
proprio al momento più opportuno e molto subdolamente aveva
irretito quello che
al tempo era il suo ragazzo. Shikamaru non era certo uno stupido, ma
con le
donne non ci sapeva fare e Temari era stata astuta nel sedurlo.
Però, la carica
di Hokage e la guerra li aveva tenuti separati per anni, eppure,
contrariamente
ad ogni suo desiderio sembravano più uniti di prima. Ovvio,
il loro legame si
era rafforzato parecchio con la nascita di Shinji, anche se non capiva
perché
entrambi si ostinassero a tenere celata la verità al
giovane. Sussultò quando
la voce di Gaara si fece udire nel silenzio dell’ufficio.
Anche se l’uomo era
cambiato le metteva sempre una certa ansia, continuava ad avere uno
sguardo
omicida in quegli occhi chiari come specchi.
“Buon
giorno.” Disse Ino cercando una scusa per giustificare
l’assenza a quell’ora
dell’Hokage dal proprio ufficio.
“Cercavo
…
Cry Baby lo hai visto?” chiese Gaara senza mutare
espressione, ma la ragazza
comprese che non era una visita ufficiale.
Non
riuscì a
trattenere un sorriso: “In questi giorni, se mi permettete il
paragone è come
un uccel di bosco.” Ironizzò furiosa sbattendo una
pila di documenti sul
tavolo.
“Ti ha
lasciato molto lavoro a quanto pare. Dove posso trovare i miei giovani
fuggiaschi?” domandò poi visto che la cosa non lo
riguardava.
“Se
tutti
quelli che infrangono i trattati venissero coccolati in questo maniera
… ma che
mi aspettavo visto che il capo di quei tre è
Shinji?” si lasciò sfuggire
disperata.
Il Kazekage,
la guardò. Quella sembrava una ragazzina gelosa
più che la segretaria personale
di un Kage. Matsuri mai nella sua vita si era lasciata andare a simili
esternazioni.
“Dove sono?” ripetè.
“A
quest’ora
saranno al campo di allenamento
con
Shikamaru e Temari. Non capisco che motivo abbiano di essere tanto
fiscali.”
Il rosso non
badò all’ultima esternazione della bionda. Voleva
solo riportare a casa il
figlio, Suuna era terribilmente calma senza di lui. Restò ad
osservare le
esercitazioni nascosto dietro un albero.
Sasori aveva
ereditato dal padre un buon dominio del chakra per cui qualunque esercizio che prevedeva
una sua
concentrazione in qualche parte del corpo gli riusciva bene e stava
diventando
un abile marionettista.
Kuro aveva
una particolare predilezione per il domino della sabbia, riusciva ad
asciugare
tramite il chakra il terreno umido del campo fino a tramutarlo in
sabbia ed
utilizzarla per la sua difesa.
Shinji
dominava l’elemento del vento, portava sulle spalle il
ventaglio appartenuto
prima alla madre e come lei riusciva a tagliare senza alcuna
difficoltà alberi,
grazie alla forza che sprigionava.
Era stata
una buona scelta quelli di metterli in gruppo, ma capiva che Sasori non
si era
riuscito a creare un rapporto con i più abili cugini.
Pensava che la sua
debolezza fosse dovuta in buona parte al carattere permissivo di
Kankuro. Come
se non sapesse quanto fosse difficile sopravvivere a Suuna. Lo aveva
viziato e
questo era il bel risultato. I loro rapporti non erano mai stati
idilliaci, ma
il tutto era degenerato, quando Kuro aveva mostrato la sua forza a
Sasori, fino
a quasi ammazzarlo. Per quanto spavento si fosse preso non era stato di
certo
da meno chiamandolo mostro. Questa era stata l’offesa
più grossa che Gaara era
incapace di perdonargli. Tutto avrebbe potuto accettare, anche che
fosse lo
stesso fratello a punirlo, ma non si doveva permettere in alcun modo di
umiliarlo così. Chiunque toccava Kuro meritava solo di
morire.
“Ti
pare un
muro di sabbia, quello?” chiese saltando giù da un
ramo e raggiungendo il
gruppetto.
“Padre
…” il
ragazzo divenne improvvisamente serio.
“Non
cercare
di giustificarti. Hai utilizzato in maniera scorretta la tua
forza.” Cercava di
restare serio, ma aveva il cuore in tumulto, suo figlio gli era mancato.
“Ma
guarda
un po’. Un altro infiltrato. Dovrò rivedere le
misure di sicurezza.” Rise
Shikamaru stringendo la mano all’amico.
“Sono
venuto
a prendere le future forze militari di Suuna ed ovviamente il mio
consigliere.”
Specificò lui scompigliando la testa mogano di Shinji.
“Ok.
La
vacanza sembra proprio finita.” Sospirò Temari.
“Ma
dai zio!
Possiamo benissimo allenarci anche qui.” Protestò
il più alto dei Sabaku.
“Shinji
non
rispondere al tuo Kazekage.” Lo riprese la madre.
“Uffa,
però!” borbottò ancora ricevendo uno
scappellotto dalla bionda di Suuna.
“Fino
a
quando non superate le selezioni per diventare Chunin non potete
lasciare in
maniera tanto sconsiderata il villaggio. Ci sono delle missioni di
grado D che
vi aspettano fanciulli.” Ricordò Gaara.
“Che
seccatura! Ma non si può evitare di lavorare tanto? Zio le
missioni di grando D
sono una barba.” Brontolò Shinji.
“Non
riesci
a tenere il becco chiuso, vero?!” chiese Kuro.
“Come
vuoi.”
Mise il muso.
“Dai
non
fare l’offeso.” Si scusò il rosso, ci
teneva troppo all’amicizia del cugino per
vederlo abbattuto.
“Partiamo
subito?” chiese Temari.
“Sarebbe
il
caso. Non è sano per l’Hokage trascurare tanto il lavoro
d’ufficio.” Aggiunse guardandolo.
“Sei
passato
prima da Ino?” chiese il moro deglutendo.
“Ci
sono un
mucchio di documenti che ti aspettano.” Precisò
ricordando l’espressione della
ragazza.
Quelli erano
i momenti in cui Shikamaru avrebbe volentieri strozzato Naruto per aver
rifiutato la carica, capiva le sue motivazioni, però avrebbe
dovuto evitare di
fare il suo nome come possibile candidato.
“Allora
vado. Cercate di non cacciarvi nei guai.” Disse rivolto ai
giovani Genin.
Shinji si
chiedeva perché mai non avesse salutato la madre, in quei
giorni pareva aver
notato nuovi sviluppi nel loro rapporto, ma forse si era sbagliato
… perché era
quello che LUI desiderava. Si morse un labbro, irritato per la sua
ingenuità.
“Padre,
volevo scusarmi … io non pensavo seriamente quelle
cose.” Borbottò Kuro
raggiungendo il Kazekage.
Gaara non
rispose, si limitò a circondargli con un braccio le spalle
ed appoggiare la
testa a quella del figlio. Comprendeva le sue ragioni ed ammirava che
riuscisse
ad ammettere i suoi errori. Konoha era un toccasana per tutti quelli
che vi
mettevano piede. Non aveva perso le sue doti taumaturgiche, visto che
l’orgoglioso Kuro aveva trovato il coraggio di chiedere
scusa. Era un Sabaku
molto di più di quanto si poteva aspettare da lui. Un futuro
capo.
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Capitolo 11 *** CAPITOLO 9 ***
FIRST DATE
Hiro
deglutì nervoso, quanto era carina Cheza in quel
vestitino nero. Vestiva sempre con dei maglioni che nascondevano quelle
forme
morbide. I pensieri che passarono in quel momento per la testa del
ragazzo lo
fecero sudare. No! Era la sorellina di Feng e quindi intoccabile
… merda.
“Sembri
nervoso.” la ragazza si sistemò un ciuffo ribelle
dietro l’orecchio.
“Nah
… solo che non ti avevo mai vista indossare un vestito
…”
“Come?”
“No!
No! Hai frainteso!”
“Scusa
mi hai per caso visto senza?!”
“Io
… beh… non intendevo quello! Solo che non me lo
aspettavo
…”
“Ma
che stai blaterando? Hiro sei diventato rosso.”
“Pensavo
… dunque … che … se
…”
“Se
cosa? Insomma ma che ti prende stasera?”
“Toru
ti vedesse … insomma …”
“Che
centra quello spocchioso ora? Voglio il tuo giudizio non
il suo!”
“Dai
non arrabbiarti … stai bene.” Concluse tornando a
concentrarsi sul suo piatto di Ramen.
Non si era
accorta che gli occhi di Hiro non riuscivano a
staccarsi dalle sue forme aggraziate e percepivano anche il
più piccolo dei
suoi movimenti, anche quello insignificante di sistemarsi
l’orlo del vestito
bordato di pizzo.
“Oggi
sei stato grande all’esame finale di selezione dei
chunin! Non avevo mai visto nessuno darle in quel modo a Toru-sama! Se
lo
meritava proprio!”
“Non
essere cattiva con lui ... mio cugino non è poi
così
insopportabile. Credo lo diventerei anche io se mio padre fosse
Neji-sama.”
“No!
Tu non potresti mai non piacermi!”
s’infervorò lei prendendo
le mani tra le sue, più sottili e delicate ed
avvicinandosele al petto.
“…”
“Hiro
tu sei la persona più buona al mondo che io
conosca!”
“mmmh
smettila ora!” si liberò con un gesto involontario
e
brusco dalla stretta di lei.
“Scusa
…” bisbigliò abbassando la testa e
stringendo con le
mani il lembi dell’abitino, si vedeva che stava trattenendo
le lacrime.
“
…no … e che… dai scusa …
volevo festeggiare con te la mia
promozione … perché …”
farfugliava frasi incoerenti quella sera.
La ragazza
tornò a guardarlo, aveva gli occhi selvaggi del
padre e la linea dolce del viso della madre che in lei si fondevano
alla
perfezione, risultando nell’insieme gradevole, e, cavoli
quella sera il ragazzo
non poteva distogliere gli occhi da lei.
“
… immagino riguardi Tsugumi, no?”
domandò gelida.
“
eh?... Veramente …”
“Ci
avrei scommesso! Se quella non vede quanto tu sia
speciale è tonta come tutti gli Uchiha!”
gridò scattando in piedi.
“Cheza
…”
“Scusa
devo proprio andare! Andiamo Akamaru!” chiamò la
ragazza
correndo fuori.
“Aspetta
… ma perché sei cosi … calmati e dai
vuoi
ascoltarmi?!” gridò correndole dietro.
Il grosso cane
bianco mostrò i denti quando Hiro afferrò
Cheza per un braccio costringendola a voltarsi.
“A
cuccia.” Ordinò.
L’animale
obbedì senza però perdere di vista il ragazzo.
“Si
può sapere adesso perché piangi, uh?”
“Cavoli
ma sei davvero stupido! Feng a ragione dicendo che
hai la testa fra le nuvole … sei peggio di quello sfaticato
di Shinji-Sama!”
“Che
centra ora quel tizio di Suuna? … ti ha dato
fastidio?!”
“Magari
ci avesse provato! Il nipote del Kazekage … avrei
potuto trasferirmi nel paese del vento e…”
“…..”
Akamaru
addentò una caviglia del ragazzo che fu costretto ad
allontanarsi con la forza da Cheza.
“Cagnaccio
rognoso!” berciò seccato.
“Ti ha
fatto molto male? Cattivo Akamaru!” lo rimproverò
lei,
mentre il cane cercava di giustificarsi. “non esistono scuse
per il tuo
comportamento! Non mi stava aggredendo!”
Il grosso cane
non pareva della sua stessa opinione, d’altronde
gli ordini impartiti da Kiba erano stati perentori. Afferrò
la padroncina per
il collo del vestito se la tirò in groppa.
“Adesso
che ti prende?!” gridò offesa
“Forse
è tardi. Ci vediamo domani, Inozuka.”
Salutò Hiro mentre
si allontanava zoppicando lievemente a causa del morso ricevuto.
“come
sarebbe a dire Inozuka?” sussurrò mentre calde
lacrime
bagnavano la pelliccia di Akamaru
Lui
uggiolò come per consolarla.
“E’
tutta colpa tua! Quindi non cercare di fare
l’innocentino!”
replicò mentre si avviavano insieme verso casa.
“Mat?”
borbottò Tsugumi quando allungando una mano non
percepì più il corpo del ragazzo. Nessuna
risposta.
La giovane
Uchiha si strofinò gli occhi assonnati, la stanza
era deserta, il suo fidanzato si era dato nuovamente alla macchia,
accadeva da
un po’ di giorni ormai. Dopo aver fatto l’amore il
ragazzo spariva e tornava
velocemente a casa sua. Non ricordava esattamente quando quel ragazzo
così
somigliante al suo amato Eremita, fosse entrato nella sua vita e conil
passare
il tempo, lui, leniva in parte il grosso dolore di non poter avere
l’unico
essere che sembrava completarla. Lei amava il suo Mat, però
non era Naruto. Nessuno
sarebbe stato mai come lui.
Naruto
starnutì guardandosi intorno, nessuno pareva averlo
udito. Si sentiva un ragazzino ed anche adesso che era un Sennin
trovava
ridicolo dover andare a trovare la sua donna di nascosto come quando
era un
ragazzetto imberbe. Ricordò di quando aveva fatto quasi a
pugni con Kiba in
quella stanza, era sempre stato così geloso di lei? Allora
non era poi maturato
molto e comunque se qualcuno lo avesse visto lo avrebbe certo scambiato
per un
pervertito.
“non
è comico Ero-sennin?” chiese guardando il cielo
stellato.
“Sei
in ritardo.” Disse Hinata affacciandosi al parapetto
della finestra, i capelli sciolti sulle spalle, indossava uno yukata
decisamente audace per una come lei. Si intravedevano le sue voluttuose
forme
nascoste dalla leggera stoffa.
Naruto
inghiottì la saliva imbarazzato, cavoli per lei gli
anni sembravano non passare mai, era sempre incantevole anche ora che
aveva
superato la mezza età.
“Dove
si trova Hiro?” chiese incapace di distogliere lo
sguardo dalla procace scollatura.
Hinata ridendo
lo afferrò per il kimono, tirandolo dentro la
camera, il peso li fece franare sul morbido letto.
“Sa
badare a sé stesso.” Bisbigliò
intrecciando le gambe con
quelle di Naruto.
“hai
decisamente un buon profumo.” Bisbigliò con la
bocca
appoggiata alla pelle diafana.
Hinata emise un
suono compiaciuto, erano settimane che
aspettava quel giorno, da quando aveva iniziato a preparare i ragazzi
per la
selezione dei chunin si erano visti poco ed il peso di Naruto sopra di
lei le
era mancato. Quelle grandi mani rassicuranti che accarezzavano il suo
corpo, l’umidità
della lingua dentro di lei, le dolci spinte che si facevano via via
sempre più
ritmate e passionali, il caldo corpo che cadeva sopra di lei al
concludersi
dell’amplesso. Eppure era stata dura possedere tutta quella
felicità e rimaneva
il fatto che Hiro non sospettava minimamente del fatto che il suo
Sensei fosse
l’amante della madre. Era sempre stato geloso e temeva che
venendolo a
scoprire, il delicato rapporto che c’era tra di loro si
potesse rompere.
“Naruto
mi porteresti via con te?” sussurrò una notte.
“Dove
vorresti scappare, tesoro?” chiese voltandosi
“Potremmo
girare per un po’ il mondo. Solo tu ed io.”
Naruto si
puntellò sui gomiti: “che diremo ad
Hiro?”
“Sarà
impegnato con il capitano Yamato in varie missioni e
quindi sarà pochissimo al villaggio. Questo è
quanto ha detto l’Hokage a Neji.”
“Sì
ma come giustifichi il fatto che te ne vai in compagnia
del suo sensei? Non mi risulta che sia a conoscenza della nostra
relazione.”
“Tipo
come nessuno doveva sapere di Asuma e Kurenai?” chiese
ridendo.
“E’
così evidente a tutti che ti amo?”
“Per
tua sfortuna sì.” Rispose appoggiando la testa sul
suo
torace.
“Senti
lo sa pure il galantuomo che dorme al piano di sotto?”
domandò.
“Naturalmente.
Tu hai tutti i diritti di stare qui con me.
Poi sono abbastanza adulta per avere una vita privata.”
Rispose addormentandosi.
Naruto non
sapeva che la realtà era diversa, da quando Hiro
aveva battuto il figlio di Neji in quel duello, l’uomo aveva
perso ogni diritto
sulla cugina ed ora il potere della casata era tornato nelle mani di
Hinata.
Questo faceva di Hiro il nuovo signore della casata principale in caso
la madre
si fosse assentata.
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Capitolo 12 *** CAPITOLO 10 ***
CAPITOLO 10
LE SECCATURE AL SUO PROPRIETARIO
Kuro era
furioso! Nessuno pareva in grado di fermarlo e
Sasori non riusciva nemmeno più a difendersi. Tutti erano
restati immobili, non
era abitudine, intervenire durante un diverbio nella famiglia del
Kazekage.
Una folata di
vento impetuoso fece volare il figlio di Gaara
contro una parete di roccia e l’ira del giovane parve
spegnersi.
“Che
cazzo stai facendo?!” gridò Shinji appoggiandosi
al
grosso ventaglio.
“Tu,
da quando difendi Sasori?” borbottò offeso.
“Ma ti
è dato per caso di volta il cervello? Lo stavi per
ammazzare. Si può sapere che ti prende?”
“Voglio
sapere se è vero Shinji-kun.” Chiese rimettendosi
in
piedi e pulendo i vestiti dalla sabbia.
“Che
cosa?” chiese l’altro.
“Che
chiederai a mio padre il permesso di trasferirti a
Konoha.”
Shinji
sospirò, non ne aveva ancora parlato con nessuno,
infondo a parte poche persone nessuno avrebbe sentito la sua mancanza.
“Sì.
Ma non volevo che venissi a saperlo in questo modo.” Rispose
guardando inviperito Sasori.
“Perché
te ne vai?” chiese mentre entravano nella sala dove
c’erano
i loro genitori.
“Non
fraintendere. Io amo Suuna, ma l’Hokage non è
certo tipo
che accetta facilmente simili richieste, senza contare che dopo il
lavoro per
me si raddoppia. Che seccatura!”
“Allora
perché non resti con me?”
“Kuro
a me piace un sacco fare squadra con te. Però adesso
sento il bisogno di andarmene.” Disse legandosi i lunghi
capelli a ciuffo.
“Che
fine a fatto la tua coda bassa?” chiese Temari
squadrandolo severa. Non gli piaceva quando in qualche dettaglio
ricordava il
padre.
“Dai
mamma che male faccio? Sono molto più figo
così!”
scherzò lui.
“Povera
me.”
La bionda
restò a guardarlo e cavoli se somigliava al suo ninja
pigro ogni giorno di più, se non fosse per il colore
tendente al rossiccio dei
capelli e gli occhi verdi, quello sarebbe stato il ritratto vivente di
un Nara.
Anche nei tratti del viso gli somigliava molto e questo per lei era
fonte
segreta di dolore, essere la sorella del kazekage la teneva per lunghi
periodi
lontana da lui.
“Vengo
pure io con te.” Disse Kuro.
“Scordatelo
proprio. Se devo pensare anche a te è la fine.”
Rispose
Shinji.
“Tu
non devi pensare a me.”
“Allora
mi rovini la piazza, ti va meglio detta così?”
borbottò.
“Si
può sapere che intendi?”
“Dai
non fare il finto tonto. Ai presente le Seccature, no?
Se vieni anche tu …”
“Non
ricominciare. Senti non è colpa mia se alle ragazze
piacciono i belli e tenebrosi.” Lo beffeggiò.
“Primo
io sono figo quanto te! Secondo non voglio una
seccatura qualunque e terzo non voglio ragazzine urlanti che sfondano i
miei
delicati timpani.” Precisò infilando le mani nelle
tasche posteriori.
“La
tua è solo invidia mio caro.”
“Non
ho nulla da invidiare a te.”
“Certo
che ce l’hai!” cinguettò Ayane entrando
e guardandolo
con superbia. Era la ragazza di Sasori e la sorella di Kuro, ma non
sopportava né
il fratello né quella specie di cugino.
“Sarebbe?”
chiese mettendo le mani sui fianchi ed alzando un
sopracciglio.
“Un
padre che ti faccia abbassare la cresta!” rispose Sasori.
“Stronzetta.”
Borbottò Kuro.
“Lasciala
perdere. Non importa.”
“Per
quanto tu Shinji possa cercare di somigliare a quell’uomo
mettiti in testa che non è tuo padre. Poi non so cosa ci
possa essere di tanto
interessante in uno sfaticato come quello.”
Continuò imperterrito Sasori.
Shinji non
perdeva mai la calma, ma quando osavano insultare
qualcuno che per lui era un eroe, il suo cervello andava letteralmente
in tilt.
Estrasse un kunai e lo puntò alla gola di Sasori mentre Kuro
aveva fermato
Ayane.
“Non
farlo mai più se ci tieni alla pelle! Prova ancora a
dire una sola parola cattiva su di lui e ti taglio la gola. Non me ne
frega se
per questo diventerò un ninja esiliato.”
Ringhiò a pochi centimetri dal suo
viso.
“Adesso
smettila, Shinji.” Ordinò Gaara seccato dalla
confusione.
“Subito,
Kazekage-sama.” Rispose riponendo nella cintola il
kunai.
“Possibile
che tu proprio non riesca ad andare d’accordo con
tuo cugino?” lo sgridò la madre.
“Come
puoi accettare che ne parli in questo modo?! Ma che ci
parlo a fare con te che hai preferito la tua carriera a
lui?!” gridò in preda
dalla rabbia.
“Non
ti permettere di usare quel tono con me!”
“Scusa
madre. Però quello che ci ha rimesso sono stato
esclusivamente io! A te forse può bastare vederlo per le
selezioni dei chunin,
ma a me no! Domani quando arriveremo per le finali io non intendo certo
ripartire!”
“Farai
quello che dico io, invece!”
“la
vedremo. Sono stufo di essere trattato come un ragazzino!”
rispose salendo le scale che portavano alla sua camera.
“Ma lo
sei!” la voce acida di Temari giunse poco prima che si
chiudesse seccato la porta alle spalle.
Gaara
continuò a guardare la sorella, forse aveva sbagliato a
chiederle di continuare a restare dopo la sua nuova salita al potere,
avrebbe
fatto meglio a farla restare con lui.
“Mi
spiace è tutta colpa mia.” Disse.
“No.
Solo che sta diventando ingovernabile ed io sono stanca
di doverci litigare tutti i santi giorni.” Sospirò
sedendosi.
“Alla
sua età è più che naturale essere
ribelli.” Aggiunse dolcemente
Matsuri.
“Però
…”
“Però
che tu lo voglia o meno il richiamo del sangue si sta
facendo sentire. Sarebbe il caso che gli dicessi la
verità.”
“Non
è così semplice, Matsuri. Penserà che
lui non lo abbia
voluto, quando invece è stata una decisione presa per
proteggerlo.”
“Essere
padre e Kage non è una cosa che riesce bene a
tutti.”
“Non
è questo. I figli dei Kage sono sempre in pericolo, per
questo molto spesso si preferisce tener nascosto di avere una
famiglia.” Replicò
Gaara.
“Ma tu
…”
“Io
… già Matsuri. Se non l’ho fatto
è perché sono convinto
che la mia famiglia sia forte. Ma stiamo per perdere un anello
importate della
catena.”
“Non
permetterai a Shinji di proseguire in questa follia!”
chiese Kuro.
“Ormai
mi sembra grande per poter decidere da solo.”
“Allora
perché io, no?” domandò Kuro. Insomma
lui sapeva la
verità sulle origini del cugino ma non ne aveva mai fatto
parola con lui, ma lo
trattavano in maniera differente.
“Se ti
dicessi è perché sei mio figlio, può
bastarti come
giustificazione?” chiese Gaara.
“No.”
Borbottò gonfiando le guancie.
“Lui
è un ragazzo che mette la logica davanti a tutto e non
è
impulsivo come te.”
“Madre,
ma noi siamo sempre stati insieme e se lui se ne va …
resto solo.”
“Tu
hai tanti amici.”
“Certo
un sacco di galoppini idioti.” Replicò ricordando
la
schiera di ipocriti che gli correva dietro.
“Non
smette di essere tuo cugino solo perché si trasferisce
in un’altra città.” Aggiunse Temari.
“Tanto
a Konoha ci lascio uno dei miei soldati più
fidati.” Aggiunse
il Kazekage facendo fatica a nascondere
un sorriso.
“Chi
sarebbe?” chiese Ayane.
“Temari
Sabaku, la conoscete? Non ho voglia di sentirla
brontolare per tutto il viaggio di ritorno e poi … ho voglia
di lasciare … come
si dice? Sì, le seccature al suo proprietario.”
Concluse tornando nel suo
studio.
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Capitolo 13 *** CAPITOLO 11 ***
Fu il rumore
metallico dei kunai scivolati dalla mano di Hiro
a fare voltare i due.
“Scusate
non volevo disturbare.” Disse chinandosi a
raccogliere le armi da lancio e cercando di trattenere le lacrime.
Naruto
appoggiò una mano sulle spalle del ragazzo, ma
l’allievo lo scostò bruscamente: “Non
toccarmi mai più! Avevo ragione quando
dicevo che portava guai! Che mi potevo aspettare da una
Uchiha?!” gridò mentre
gli occhi cominciavano a bruciargli.
“Aspetta
un minuto, ragazzino!” lo riprese Naruto.
“Non
è certo a me che devi delle giustificazioni!”
tentò di
liberarsi dalla stretta senza successo.
Fu allora che
Hiro perse letteralmente il controllo di sé,
iniziò a pugnalare l’uomo più volte al
petto con la mano libera sotto lo
sguardo spaventato di Tsugumi, l’eremita non si difendeva
lasciava che
continuasse a colpirlo.
“Hiro…”
“Ti
odio! Ti odio!” e solo quando un fiotto di sangue si
mischiò con le sue lacrime, fece cadere il kunai lordo di
sangue a terra.
L’eremita
non aveva fatto nulla per difendersi ed ora a
malapena si reggeva in piedi.
“Tu
sei un mostro!” urlò Tsugumi colpendolo con uno
schiaffo
e correndo a chiamare uno dei ninja medici.
Naruto si
appoggiò al muro, aveva numerose ferite e faticava
a respirare, restava a fissare il suo aggressore. Quegli occhi li
conosceva
bene, anche i suoi erano così quando si sentiva tradito da
qualcuno nel quale
aveva sempre creduto … Sasuke.
“Ti
sei calmato?” ansimò prima di tossire per lo
sforzo.
“Io…”
continuò a fissarsi le mani sporche di sangue e cadde
in ginocchio con il corpo che era scosso da violenti singhiozzi.
“Mi
spiace. Anche i Sensei possono
sbagliare. Io non sono la persona
perfetta che tu credi.” Rispose dando voce alle domande di
Hiro.
“Tu,
sapevi tutto di me … Sapevi quanto mi piacesse Tsugumi!
Eppure le hai permesso di baciarti!” singhiozzò.
“Non
era certo voluto. Hiro per quanto possa essere stato
paragonato al grande Jinaraya non sono che la sua pallida
ombra… pure in
questo.” Sorrise debolmente.
“Scusami
… Naruto-sama.” Bisbigliò Hiro.
“Avvicinati.”
Sussurrò avvolgendo il ragazzo in un abbraccio.
“sono
un mostro?” chiese mentre si aggrappava disperato a
quel chimono.
“Non
più di quanto lo sia io stesso. Ho promesso a tua madre
che ti avrei difeso.”
“Avevi
tutto il diritto di ferirmi!” rispose guardandolo.
“Purtroppo
quando si tratta di te, io non son più capace di
ragionare, sai?” gli scompigliò la chioma scura.
“Vuoi
una mano?” chiese.
“Andiamo
da nonna Tsunade.” Rispose uscendo appoggiato
all’Hyuga mentre Tsugumi entrava insieme a due ninja medici.
“Sta
bene, Eremita?” chiese uno dei due.
“Solo
un po’ affaticato.” Rispose con noncuranza
ignorando la
barella che i due portavano per continuare a camminare verso
l’infermeria.
Tsugumi non
capiva come potesse preferire appoggiarsi a
quella specie di mostro invece che a lei.
Hinata
entrò come una furia, non riusciva a nascondere le sue
emozioni, ormai il tempo in cui arrossiva era del tutto svanito.
“Allora
mi spieghi cosa è successo? Ho incontrato la giovane
Lee e mi ha detto che è stato nost… mio figlio a
ferirti.” Si corresse appena
in tempo prima che il ragazzo si voltasse colpevole a guardarla.
“No
abbiamo solo avuto una piccola divergenza
d’opinioni.”
Hiro lo
guardò riconoscente, allora lo aveva perdonato, ma
per loro sfortuna la donna conosceva abbastanza entrambi da sapere che
gli
nascondevano qualcosa.
“Che
mi state nascondendo?” chiese portando le mani sui
fianchi.
“Nulla,
mamma.”
“Insomma
ma perché non ci credi, Angelo mio?” chiese Naruto
con un sorriso furbo.
Hinata
guardò verso Hiro che non pareva per nulla stupito dal
modo in cui l’uomo l’aveva chiamata come se fosse
una cosa naturale.
“Voi
due non me la raccontate giusta.” Sospirò
arrendendosi.
“Visto
che Bachan ha finito di medicarmi che ne dite di
andare a mangiare un bel piatto di Ramen?” domandò
l’Eremita alzandosi in piedi
e circondando con entrambe le braccia le spalle dei due.
“Sensei
…” lo sguardo del giovane si rabbuiò.
“Che
c’e?” chiese il biondo.
“Da
quando siete tanto in confidenza con mia madre?”
domandò
puntando lo sguardo sul braccio di Naruto attorno alle spalle della
donna.
Hinata
cambiò colore e l’Eremita della Volpe
levò velocemente
il braccio da quella piacevole posizione.
“Io…
e lady Hinata siamo amici da tanto tempo che mi è venuto
spontaneo.” Balbettò sperando che credesse alle
sue parole.
“Ma
voi due mi avete preso per cretino? Inoltre non
permetterei mai a nessuno che non fosse Emita Olpe di stare con la mia
mamma.” Rise
facendo la linguaccia.
“Bhe
vogliamo andare?” aggiunse la donna spingendoli fuori
dall’infermeria per rompere l’imbarazzante silenzio
complice che si era creato.
Il giorno
successivo all’arrivo della delegazione di Suuna
per ci sarebbe stata una festa al villaggio di Konoha per celebrare
l’arrivo
degli ospiti. Quell’anno era stato scelto il paese del fuoco
come luogo dove
commemorare la fine dell’Akazuki e la pace tra tutti i
villaggi ninja.
Shinji che
solitamente portava sempre i capelli sciolti, rubò
dal cofanetto di Ayane uno dei suoi elastici per i capelli. Sapeva che
sua
madre non voleva che si facesse la coda alta, ma pensò di
essere abbastanza
grande per poter decidere in piena libertà il suo look.
Kuro si stava
sistemando i capelli con il gel davanti alla
specchiera, avvicinò maggiormente il viso alla superficie
liscia per sistemare
un ciuffo ribelle. Era sempre stato terribilmente perfezionista e
vanitoso,
specie quando i due si sfidavano a far strage di cuori femminili come
quella
sera.
Ovviamente erano
due bellezze totalmente differenti: Kuro
aveva ereditato i lineamenti delicati del padre ed anche i suoi modi,
ma il suo
fisico era molto più infatile se paragonato a quello di
Shinji nel quale si
intravedevano già i tratti di un giovane uomo. Queste
differenze non avevano
però mai creato problemi di sorta tra i due ed erano anche
differenti per
quanto riguardava la scelta delle ragazze. O meglio da un po’
di tempo Kuro
aveva scoperto di essere più interessato ai ragazzi
… no, uno solo gli piaceva
e sapeva che era un amore senza speranza. Avrebbe tanto voluto essere
la sua
Seccatura, ma sapeva che il cuore di Shinji era già occupato
… dalla sua
dannata sorella che ovviamente non si era mai accorta di nulla. Ayane
era
sempre stata un grosso problema per lui. In qualche maniera riusciva a
rubargli
sempre la scena, anche quel giorno quando si presentò a casa
insieme a Sasori.
Pure quel giorno, Shinji era rimasto impassibile ad ascoltare i due che
chiedevano
al Kazekage il permesso di frequentarsi. Solo chi lo conosceva bene
poteva
vedere il velo di tristezza calato sugli occhi acquamarina. Ma ora non
era
tempo di pensarci avrebbe fatto di tutto per vederlo sorridere di
nuovo, e,
forse, per questo, il padre aveva acconsentito alla richiesta di
trasferimento.
“Kuro-chan
ma che ti prende?” chiese il ragazzo dai capelli
mogano voltandosi verso il cugino.
“Nulla.”
Replicò abbozzando un sorriso.
Era insolito che
il figlio del Kazekage non scattasse quando
lo chiamava in quel modo, lo aveva sempre terribilmente infastidito.
Però era
una delle libertà che solo Shinji poteva prendersi e nessun
altro.
“Possibile
che tu non guardi mai dove cammini?! Forse hai
bisogno di un bel paio di occhiali, Inozuka!”
borbottò Nana.
“Sai
penso che tu abbia ragione. Bisogna essere cieche per
non essersi accorte del tuo culo da elefante.”
Replicò Tsugumi aiutando Cheza a
rialzarsi.
“Cosa
fai in compagnia di questa gentaglia?”
“Mi ci
ha costretta mio padre a dare una mano a questa.” Rispose
la mora con un sorriso disgustato.
Hiro
pensò che l’Inozuka stava decisamente meglio in
quel
grazioso vestito bordato di pizzo che in un soffocante Kimono da
cerimonia.
“Guarda
che è del tutto inutile che ci provi, il sangue
marcio quelle come te non le calcola neppure.”
Sghignazzò Nana seguita da
Tsugumi.
Cheza
arrossì quando notò gli occhi di Hiro puntati su
di
lei, avrebbe voluto scoppiare a piangere, ma perché dovevano
essere sempre
tanto cattive? Credevano che non si rendesse conto che
un’addestratrice di cani
non poteva puntare al principe Hyuga? Perché da quando aveva
battuto Toru quel
titolo spettava esclusivo di diritto al Sangue Marcio.
“Dovresti
sorridere, altrimenti la tua piccola Hikaru si
preoccupa.” Bisbigliò Hiro porgendole la cagnolina.
“Come?”
alzò gli occhi stupita.
“Tuo
padre mi ha detto che il cucciolo di Akamaru che ti
aveva regalato è morto per una malattia e così
… so che non può sostituire Kyo
però almeno ti farà tornare il
sorriso.”
“Grazie.”
“Bravo
Sangue Marcio. Fai anche la carità ai pezzenti,
ora?”
Hiro lo
afferrò per il bavero del Kimono, proprio nel momento
in cui Kiba e Naruto giungevano dalla piazza principale.
“Tu
osa solo parlare male degli Inozuka e ti giuro che la
prossima volta non
mi limito a romperti
il naso, cuginastro!” ringhiò Hiro mentre i suoi
occhi diventavano rossi.
Naruto
trascinò via figlio con la forza, il giovane demone
dentro di lui pareva ormai deciso a battagliare con chiunque gli
fornisse l’occasione
e questo non poteva accadere.
“Papà
hai visto che mi ha regalato Hiro?” Trillò Cheza
mostrandogli la cagnolina.
“Ma
che bravo.” Borbottò intanto pensava:
quelle due pesti mi hanno sottratto un cucciolo! Quando torna a casa
Feng mi sente! Però la sua bambina aveva ritrovato
il sorriso e questo per lui
era importante.
Quando i ragazzi
della delegazione della sabbia giunsero alla
festa cercarono immediatamente i loro genitori.
Choji
lanciò una lieve gomitata all’Hokage indicando
l’entrata.
Shikamaru si voltò seguito da Temari che stava discutendo
con lui.
Shikaku diede
voce a ciò che tutti pensarono: “Sicuramente
ora nessuno dubiterà che quel ragazzo a sangue Nara nelle
vene.”
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Capitolo 14 *** CAPITOLO 12 ***
Furono presi
letteralmente d’assalta da un gruppo di
ragazzine urlanti, Kuro si nascose dietro il cugino per evitare di
essere
travolto.
Shinji si fece
largo tra le kunnoichi sorridendo con Kuro
attaccato saldamente al suo braccio.
“E’
la tua fidanzata?” chiese Nana notando una chioma rossa
spuntare alle spalle del mogano.
Il giovane
figlio del Kazekage divenne del colore dei suoi
capelli mentre si staccava dal lui.
“Non
credo siano affari che ti riguardano, Hyuga.”
Replicò
secco.
“Quanto
sei scortese con una signora!” replicò lei ad alta
voce.
“Io di
signora non vedo nessuno. E poi lo sanno tutti che a
me piacciono le ragazze alte e formose. Spiacente non sei il mio
tipo.”
“Come
osi?”
Ma il ragazzo
parve non ascoltarla, si diresse verso il gruppo
del quale facevano parte Hiro e Feng, ignorando totalmente il resto
delle
ragazze. Mentre si allontanavano Kuro si voltò e fece la
linguaccia.
“Cheza
lo sai che stai proprio bene in kimono?” si
complimentò Kuro che pareva all’improvviso aver
perso l’iniziale timidezza.
Hiro si
voltò a guardare i due che si scambiavano sguardi
complici, se solo ci avesse provato lo avrebbe steso …. Ma
che pensava? Lui era
innamorato di Tsugumi e non dell’Inozuka. Allora
perché nel suo stomaco
sembrava stesse prendendo forma un mostro?
“Dai
piantala, Hyuga! Le ha fatto solo un complimento.”
Replicò Shinji notando la reazione del ragazzo.
“Che
vai a pensare?”
“Da
quando sei diventato biondo?” chiese notando la
capigliatura dell’amico che fino a qualche ora fa era scura
come quella del
clan del quale era diventato erede di prima linea.
“Penso
che sia una tonalità che mi doni molto di più
della
precedente. Inoltre mi piace cambiare spesso colore di
capelli.” Replicò
sistemandosi il copri fronte.
“Vieni
Kuro dobbiamo andare a salutare l’Hokage. Siamo ospiti
non scordarlo.” Sussurrò afferrando il cugino per
un braccio. Sasori e Ayane si
trovavano già sul posto. Temari quando li
vide arrivare si rabbuiò.
“Buona
sera.” Dissero raggiungendo il gruppo di adulti.
“Ti
sei attardato più del solito.” Lo riprese
immediatamente
Temari squadrandolo da capo a piedi. Anche se la cosa la infastidiva
era
davvero orgogliosa di suo figlio, aveva ereditato le caratteristiche
migliori
di loro due.
“Scusa.
Kuro è stato un’ora in bagno.”
“Shi-kun!!!
Non è vero ci metti tu delle ore a prepararti!
Hai tirato fuori l’intero guardaroba prima di
decidere!” sbuffò il rosso.
“Sai
che hai la lingua lunga, seccatura?”replicò
colpendo con
un lieve cricco la fronte.
“Non
ti permettere! Ricorda con chi stai parlando!”
“Sì
con un nanetto!” rise.
“Nella
botte piccola c’è il vino buono, sai?”
“Peccato
che la tua zucca sia vuota.” Lo prese ancora in
giro.
“Razza
di spilungone presuntuoso!”
Matsuri
tentò di calmare i due, ma diventava inutile quando
cominciavano una discussione nessuno sembrava riuscire a zittirli a
parte…
“Basta.”
Disse Gaara in tono neutro.
I due
continuarono a guardarsi in cagnesco ma smisero di fare
rumore.
“Vi
ricordano qualcuno?” bisbigliò Choji verso
Shikamaru e
Temari.
“Non
dire sciocchezze!” replicarono i due stizziti.
“Uguali.
Meglio identici.” Rise Shikaku seguito dagli altri.
Choji non sapeva
quanto in si fosse avvicinato alla realtà,
per quanto potessero litigare una cosa era certa non riuscivano a stare
separati per molto tempo. Questo veniva percepito più da
Kuro che era di animo
sensibile, mentre Shinji aveva bandito quel genere di emozione da
quando Ayane
si era fidanzata con Sasori.
Tsugumi e Nana
con loro grande scorno dovettero ammettere che
quei Sabaku alla fine non erano poi tanto malaccio, peccato che
frequentassero
i perdenti ed in particolare Hiro. Anche se avrebbero dovuto portargli
rispetto, era nel loro sangue disprezzarlo più che qualunque
altra persona, ma
nessuno lo detestava più di Toru che vedeva in lui il
continuo ostacola alla
sua relazione con Cheza Inozuka, per quanto la disprezzasse
pubblicamente era
comunque innamorato di lei.
“Fatti
un po’ guardare ragazzino.” Disse
l’Hokage rivolto a
Shinji con finta severità.
Come sempre
accadeva questo metteva lievemente
in crisi, quel giovane che pareva sempre
invece tanto sicuro di sé, erano quei dannati pozzi neri che
quando lo
fissavano sembravano poter leggere le sue sensazioni e questo non gli
piaceva.
Però questo accadeva perché quella era
l’unica persona per la quale provasse un
profondo rispetto dopo la madre.
“Allora?”
domandò impaziente di ricevere il giudizio.
“Si
potrebbe dire che è tuo figlio tanto ti somiglia.”
Sbottò
all’improvviso Ino raggiungendoli.
Un pesante
silenzio calò sul gruppo di adulti che lanciarono
una occhiata severa alla donna che come al solito non teneva mai la
bocca
chiusa.
“No.
Io ero decisamente più bello.” Replicò
serio Shikamaru
facendo scoppiare tutti a ridere.
“Ma
che razza di presuntuoso!” aggiunse Temari.
“Che
ho detto di male. Solo perché è tuo figlio non
è
perfetto. Riconoscilo.” Sorrise lui.
“Questa
te la faccio pagare.” gli sussurrò Temari a denti
stretti.
Avevano sempre
cercato inutilmente di farlo fesso, ma era
chiaro per Shinji che tra quei due c’era più della
semplice amicizia per la
quale spacciavano la loro relazione e perché poi? Shikamaru
rimaneva l’unica
persona degna di ricoprire il ruolo di padre e compagno per lui.
Inoltre era
abbastanza grande da capire che la madre non volesse restare sola ad
attendere
notizie quando andava in missione e non saperla sola in caso della sua
prematura morte lo rassicurava.
A loro insaputa
però qualcuno stava tramando nell’ombra per
spezzare il delicato equilibrio instauratosi tra due così
diverse generazioni.
Presto altre verità sarebbero state rivelate da un Sennin
che apparteneva al
loro passato. Avrebbero superato anche questa crisi? I loro legami
sarebbero
rimasti così solidi?
ALLORA COME PER
LE ALTRE FANFIC NON SO QUANDO POTRò AGGIORLA
ANCORA.
DEDICO QUESTO
CAPITOLO A MATT DARKWIND E TALPINA PENSOSA CHE
MI COMMENTANO
SEMPRE CON ENTUSIASMO.
RINGRAZIO CHI HA
INSERITO QUESTA STORIA TRA I PREFERITI
E COLORO CHE LA LEGGONO.
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