LEGAMI DI SANGUE Ketsu no Shippuuden

di Tyara Riddle
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** DA LEGGERE ***
Capitolo 2: *** PROLOGO ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 1 ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 2 ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 3 ***
Capitolo 6: *** ANCORA UNA VOLTA ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 5 ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO 6 ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO 7 ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO 8 ***
Capitolo 11: *** CAPITOLO 9 ***
Capitolo 12: *** CAPITOLO 10 ***
Capitolo 13: *** CAPITOLO 11 ***
Capitolo 14: *** CAPITOLO 12 ***



Capitolo 1
*** DA LEGGERE ***


KETSU NO SHIPPUUDEN

LEGAMI DI SANGUE

PRESENTAZIONE (chiedo scusa in anticipo per il caos che segue)

Eccomi con il prologo del seguito di Kishimoto high school.

Per chi non avesse letto LETTERE DA KONOHA E SUUNA potrebbe avere qualche problema nell’individuare i figli dei vari personaggi di Naruto. Per chi invece le avesse letto premetto che le età delineate verranno rispettate al momento solo nel prologo in quanto nei prossimi capitoli verranno svelati i motivi per cui a 16 anni si trovano in quella situazione.

FATTI SALIENTI ACCADUTI NEL FINALE DI KISHIMOTO HIGH SCHOOL

-          Naruto è diventato il Sennin conosciuto come l’Eremita della Volpe

-          Sakura è morta in un precedente scontro con il gruppo dei serpenti per salvare la vita a Sasuke.

-          Sasuke è diventato Sennin e vive con il suo gruppo di deviati mentali e non si è ancora riappacificato con gli amici di un tempo

-          Shikamaru è l’hokage di Konoha (incredibile ma vero)

-          Il gruppo di Konohamaru ha appena superato l’esame per diventare Chunnin

-          Hiruka insegna ancora all’accademia

-          Kakashi si diverte ancora a leggere i vecchi numeri del paradiso della pomiciata e bocciare tutti gli aspiranti Ganin

 

Bene specificato questo mi pare doveroso fornirvi anche un piccolo schema delle coppie e dei figli da loro generate. Vi saranno cose poco chiare che vi saranno spiegate nel corso della vicenda.

 

CLAN HYUGA

 

Toru e Nana  di otto anni sono i figli gemelli di Neji x Ran Aburame (sorella fittizia di Shino creata da me)

Hiro  di otto anni figlio di Hinata x Naruto (perché porta il cognome della madre lo saprete in seguito)

Neji

Hinata

Ran

 

CLAN INOZUKA

 

Cheza sette anni e Feng di otto anni  figli di Kiba e Tenten

Kiba

Tenten

Nonni

Zia

 

CLAN NARA

 

Shikamaru

Shikaku

Yoshino

 

CLAN LEE

 

Tsugumi Uciha anni otto  figlia di Sasuke e Sakura

Brandon anni sei  figlio  di Rock x Sakura

Gai

Rock

Sakura

 

 

CLAN AKIMICHI

Tabematsu figlio di otto anni di Choji x Ino

Choji

Ino

nonni

 

CLAN SABAKU

Shinji  otto anni   figlio di Shikamaru x Temari

Kuro nove anni e Ayame di sette figli di Gaara x Matsuri

Sasori dieci anni figlio di Kankuro x Tya

Temari

Gaara

Matsuri

Kankuro

Tya

 

Spero di non aver dimenticato nessuno. Se qualcosa non dovesse esservi chiaro potete chiedermelo perché quanto mi ci metto Beutiful mi fa un baffo! ;P

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Capitolo 2
*** PROLOGO ***


KETSU NO SHIPPUUDEN

LEGAMI DI SANGUE

 

PROLOGO.

Toru colpì con violenza il cugino al petto, facendolo volare contro il muro con tale violenza da lasciare il segno sul cemento della recinzione. Hiro sputò un fiotto di sangue prima che il respiro potesse tornare regolare, mozzato da quel terribile colpo.

Hinata scattò in piedi con le mani al petto, negli occhi si leggeva la sua paura, si trattenne dall’urlare. Suo figlio doveva superare quella prova.

 “Ehi sangue marcio, ti arrendi?” chiese sorridendo l’avversario.

“Con chi credi di avere a che fare?” ansimò pulendosi con la mano un rivolo di sangue ad un lato della bocca. Si alzò in piedi barcollando e fissò il cugino dritto negli occhi cerulei e per la prima volta, Toru provò un moto di terrore.

“Io non mi faccio battere da un essere senza cuore come te!” gridò Hiro correndo verso il suo avversario e colpendolo con una tale forza da farlo svenire.

L’arbitro alzò la mano: “Vince lo scontro Hiro Hyuga.”

Il pubblicò scattò in piedi mentre il vincitore correva per tutto il perimetro del campo lanciando baci alle ragazze in tribuna.

Neji nascose il viso tra le mani, imbarazzato dall’atteggiamento dell’erede della casata principale e disgustato dalla bruciante sconfitta del suo primo genito.

“Io me ne vado a casa.” disse rivolto ad Hinata che lo guardava per la prima volta con superiorità.

“A quanto pare quel sangue marcio vale più del tuo.” Aggiunse lei vittoriosa.

L’altro non replicò e lasciò il palco d’onore destinato agli appartenenti del clan.

Hiro raggiunse sua madre, aveva il suo stesso sorriso e i suoi stessi occhi, azzurri come il mare in estate. Provò una fitta intensa al cuore, le gambe le cedettero e cadde in ginocchio.

“Madre, stai bene?” chiese il giovane aiutandola ad alzarsi.

“Sì, non ti preoccupare.” Rispose la donna mentre insieme si dirigevano  verso casa.

La delegazione di Suuna venne accolta dalla segreteria dell’Hokage, Ino sorridendo accompagnò gli ospiti alle loro camere.

Shinji in qualche modo era riuscito ad allontanarsi dal controllo materno ed adesso girava con sguardo annoiato e mani infilate nelle tasche posteriori dei pantaloni, per le strade di Konoha. Chiunque avrebbe riconosciuto in lui il tipico atteggiamento della famiglia paterna. A parte gli occhi acquamarina, eredità dei Sabaku, era il ritratto vivente dell’Hokage all’età di 16 anni. Sua madre per mitigare un po’ quella somiglianza aveva tinto i capelli del figlio di un rosso mogano che comunque non aveva potuto applicare sulle sopracciglia che tradivano la vera natura del colore della sua capigliatura.

Si stese sull’erba fresca, all’ombra di un grande albero ad osservare le nuvole che lentamente passavano sopra di lui. Fu costretto ad ammettere che a Suuna non vi era un cielo tanto limpido. Sospirò tristemente quando una nuvola gli ricordò il viso di Ayame.

“Le ragazze portano solo guai e sono tutte delle seccature!” borbottò levandosi in piedi.

“Parli in questo modo perché non ti ricambia.” Aggiuse all’improvviso Kuro a penzoloni sopra la sua testa.

Shinji scattò in piedi, per poco non gli venne un infarto: “Diavolo ma perché devi sempre fare così?!”

Il rosso sorrise e scese con un balzo dal ramo per sedersi insieme all’amico d’infanzia sull’erba.

“Dovresti lasciare perdere mia sorella, lei ha occhi solo per Sasori.” Non aggiunse –io per te.- Kuro distolse lo sguardo da quel viso che tanto amava.

“Io sono in questa noia di posto perché ha mamma è stato chiesto di fare l’esaminatrice. Non capisco perché abbia insistito per portarmi con sé.”

“Zia Temari ti conosce bene. Non vuole che combini casini in sua assenza come la scorsa estate.” Rise mentre le sue gote pallide assumevano il colore del tramonto.

“Non era certo mia intenzione far crollare il muro della palestra. E far cadere l’enorme cisterna d’acqua che stava nel cortile sopra la sala riunioni dello zio!”

“Certo che quella volta ne abbiamo prese di botte! Le nostre madri erano inferocite e papà …” il rosso smorzò la frase a metà. Shinji detestava parlare del padre, forse, perché non ricordava nemmeno la sua faccia da quando i suoi genitori si erano separati.

“Zio Gaara era furente … per la prima volta su quel viso ho visto una traccia d’emozione.”

“Già mio padre il grande Kazekage ama tutti escluso me.” Borbottò nascondendo il viso tra le ginocchia.

“Adesso non essere esagerato.  Lui …”

“Non cercare giustificazioni che non esistono. Ha un mostro per figlio e si vergogna di questo!”

“Tu non sei un mostro, Kuro.” Replicò serio Shinji.

“Quanto avevo sei anni ho tentato di fare secco, Sasori! Zio Kankuro non mi ha perdonato.” Gridò levandosi in piedi.

“Che peccato.”

“Cosa?”

“Che non sei riuscito ad uccidere quel rompiscatole.”

I due si guardarono per un attimo negli occhi e poi scoppiarono a ridere.

 

“Sei stata veramente brava, Tsugumi.” Disse l’eremita della Volpe.

“Grazie, Naruto-kun.” Replicò arrossendo lievemente.

Il biondo si voltò a guardarla, anche se era una ragazza somigliava al padre e questo non faceva che procurargli un immenso dolore al cuore. Quella piccola gli ricordava il suo più grande fallimento. Non che potesse fargliene una colpa di aver ereditato il fascino e l’abilità innata degli Uchiha. Però, pareva che Rock fosse riuscito ad essere comunque genitore esemplare.

“Torna a casa. tuo padre sarà in pensiero.” Le disse.

“A domani, Sensei!” aggiunse baciandolo su una guancia.

Tsugumi Uchiha aveva il cuore in tumulto, da che ricordasse era sempre stata innamorata del suo Sensei il grande Eremita della Volpe dallo sguardo perennemente triste, ma dal sorriso splendido. Una volta insieme ad altre ragazze era andato a spiarlo mentre si lavava. Muscoli perfetti, su un corpo saldo e snello. Invidiava l’acqua che poteva accarezzarlo e le goccioline impertinenti che seguivano le forme perfette per poi perdersi nelle parti più segrete di lui. Nessuno dei ragazzi della sua età poteva solo paragonarsi a quella perfezione.

“Nana vorrei tanto che si accorgesse di me.” Sospirò.

“Dicono che abbia perso l’amore della sua vita in battaglia.”

“Quanto è romantico, non trovi?” aggiunse in un tono trasognato

“Tu sei tutta matta. Sei la ragazza più carina del villaggio e perdi tempo con un vecchio.”

“Naruto kun non è vecchio.” La rimproverò.

“Mi hanno raccontato che Zia Hinata un tempo fosse cotta di lui.” Ricordò vagamente Nana e proseguì: “Però mio padre mi ha impedito di saperne di più.”

 “Vorrei essere io a fargli dimenticare quel dolore.” Sospirò.

“Una ragazza per bene non dice certe sciocchezze.” Replicò seria Hinata entrando nella camera con un vassoio in mano.

Tsugumi le lanciò uno sguardo d’odio senza saperne il perché, ma non poteva fare a meno di notare che la madre di Hiro era bellissima: fluenti capelli neri ed un fisico asciutto e ben sviluppato. Quanto invidiava quel seno prosperoso!

Il ragazzo entrò in quel momento a torso nudo, per lui abituato ai commenti sarcastici di Nana non era certo un problema sopportare i commenti acidi di quella Uchiha.

C erto che Hiro era cresciuto molto in quei pochi mesi, ed ora il suo fisico era quello di un giovane uomo. Tsugumi arrossì nel rendersi conto di stare fissando quelle  spalle larghe e le braccia toniche.

“Vai a metterti una maglia. Non essere maleducato.” Lo sgridò la madre.

“Subito.” Rispose correndo fuori dalla camera.

“E’ vero che stasera esci con Cheza Inozuka?” chiese Toru quando vide  il cugino sistemarsi il ciuffo scuro davanti allo specchio della camera.

“Sì. La trovo una ragazza veramente carina.”

“Non vorrai provarci, spero!” Toru alzò lievemente il tono di voce, come poteva precederlo ben sapendo quanto gli piacesse?

“Anche se fosse? Non capisco perché tu debba prendertela. Si vede che il sangue marcio ha fascino.” Aggiunse uscendo dalla stanza con il sorriso stampato in faccia.

“Questa è l’ultima volta che mi freghi.” Borbottò chiudendo violentemente la porta.

Fang osservò la sorella, non l’aveva mai vista tanto nervosa per un appuntamento e per di più si trattava del suo migliore amico. Non era nulla di particolare.

“Se ti metti ancora del profumo lo farai soffocare.” Aggiunse iniziando una serie di starnuti provocati dall’aroma che gli pizzicava il naso.

“Dici? Ma poi questo vestito piacerà a Hiro?” chiese incerta.

“Credo che l’unica cosa che noterà è l’odore del piatto di Ramen che l’oste gli preparerà. Nemmeno ti portasse in un ristorante di lusso.” Ironizzò il moro.

“Sei cattivo.” Borbottò lei.

“Inoltre se osasse anche solo sfiorarti, Akamaru gli porterà via il braccio.”  Aggiunse ricordando alla sorella che sicuramente sarebbe andato con loro.

“Al primo appuntamento con il ragazzo dei miei sogni non ho intenzione di andarci con la scorta.”

“Prova a convincere nostro padre.”

“Mamma per favore cerca di farlo capire a papi!” gridò mentre si recava nel soggiorno.

Tenten sorrise, era come tentare di convincere un mulo a spostarsi ed in particolare quando si trattava di sua figlia.

“Scordatelo. Uscirai accompagnata da Akamaru o altrimenti resti a casa.” fu la risposta secca di Kiba alle lamentele.

“Hiro è un bravo ragazzo.” Cercò di ammansirlo Tenten.

“E’ ancora troppo giovane per uscire da sola con un ragazzo!” borbottò osservando di sbieco la figlia.

“Tu sei solo geloso.” Aggiunse la moglie abbracciandolo.

“Quello è il sangue di Kyuubi. Potrebbe essere pericoloso e se le facesse inconsapevolmente del male?”

“Hiro sa dominarsi è un Hyuga infondo.”

“Ma mooooolto in fondo.” Concluse facendo cenno ad Akamaru di seguire la figlia che tentava di uscire senza farsi vedere.

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 1 ***


 

CAPITOLO 1

 

Aveva rifiutato.

Naruto Uzumaki aveva rinunciato

al suo più grande sogno.

Non era mai stato nelle sue corde arrendersi, ma sapeva bene di non avere alcuna alternativa.

Come poteva un mostro diventare Hokage?

Se avesse perso il controllo, quanti dei suoi amici poteva rischiare di uccidere?

Se solo Sasuke fosse tornato le cose sarebbero state differenti.

Ma lui li aveva traditi

O meglio aveva tradito ed abbandonato lui, che fino all’ultimo e con tutte le sue forze aveva cercato di riportarlo a casa.

Il suo primo importantissimo legame

Poi c’era Sakura.

Poi era tornato da quel viaggio solo con il maestro Yamato e Sai, perché lei il suo primo importantissimo amore gli aveva abbandonati una notte per seguire Sasuke.

Quale cuore poteva reggere tanto dolore?

Hinata era stata la sua salvezza e la sua redenzione.

L’aveva tradita, ma pur essendone conscia lei lo aveva accolto ugualmente.

Lei lo amava proprio dello stesso intenso amore che aveva spinto l’amica a tradirli.

Era davvero convinto che ora sarebbe riuscito a ricambiarla senza alcun dubbio nella testa.

 

Vi era stata una notte, sopra tutte le altre che mai il suo cuore avrebbe potuto dimenticare, né il suo corpo cancellare quella dannata sensazione di piacere. Quando si erano fusi in un unico essere, rappresentato dalla vita che dentro Hinata stava prendendo forma.

Piacevoli furono quei nove mesi, erano felici. Naruto voleva donare a suo figlio quella felicità che a lui era stata negata. Un’infanzia tranquilla, ma si era dimenticato di lei … di quel demone volpe che viveva sigillato all’interno di quel corpo.

Sciocco … pensavi davvero di poterti liberare tanto facilmente di me? Il tuo sangue è mischiato con il mio, così come il tuo Chakra … come te anche lui appartiene a me.

Deciso a non permettere che quel marchio infamante gravasse anche sul suo adorato figlio, si era inginocchiato davanti all’orgoglioso Neji, affidandogli quella vita.

Il neonato pianse allontanato dalla caldo torace paterno che gli forniva una fonte inesauribile di sicurezza e fiducia. Strillò con tutto il fiato che aveva in corpo quando le braccia sconosciute lo strinsero.

Nuovamente il cuore di Naruto cedette sotto quell’enorme peso.

Se fosse stato un uomo come tanti sarebbe morto ad un tale strazio, ma lui non lo era mai stato uguale agli altri.

La mano sinistra stringeva con forza il centro del suo petto, come a volersi strappare un cuore che non serviva a nulla ormai. Pianse come poche volte nella sua vita aveva fatto, per la prima volta pareva che lo sconforto si fosse impadronito di lui. Abbandonò Konoha quella notte stessa deciso a non farvi più ritorno. Hinata era tornata nella casa paterna. Doveva restare accanto a Hiro, perché necessario era mantenere vivo in lui lo spirito paterno, che senza ogni remora il cugino avrebbe tentato di cancellare.

“Poi tre anni passano in fretta, vero Naruto-kun?” sussurrò rivolta alle stelle.

 

“Ti rendi conto che mi hanno chiesto?!” Borbottò Shikamaru uscendo dall’ufficio di Tsunade assieme alla moglie.

“Non mi sembra tanto grave, Cry baby. Puoi sempre rifiutare.” Rispose lei precedendolo.

Dei piccoli passi veloci sul pavimento di legno.

“Preso!” gridò una vocina saltando sulle spalle del Nara per aggrapparsi al collo con tutte le forze delle quali disponeva.

“Seccatura, ma non puoi stare più calmo?” chiese voltandosi a guardare il figlio che sfoderò un sorriso a denti stretti. Impressionate come poteva somigliare in quel modo alla madre.

“Tata andiamo al  parco?” chiese mentre con l’agilità di una piccola scimmia gli scivolava in braccio.

Due grandi occhi color acquamarina lo guardavano supplicanti.  Shikamaru sbuffò, a quella piccola seccatura non si poteva rifiutare nulla.

“Va bene. Ma solo se viene anche Mendokuse!” aggiunse passando il braccio libero intorno alla cintola della moglie.

“Io contrariamente ha voi due o degli impe…” la frase restò a metà quando le labbra di Shikamaru si posarono sulle sue.

“Siete sempre due furbacchioni. Va bene.” Borbottò arrossendo.

Quella avrebbe dovuto continuare ad essere la loro vita. La vita che Nara aveva sempre desiderato accanto alla sua Temari e il suo piccolo seccatura. Però a volte il dovere ci impone delle scelte dolorose ed anche se non ci piace siamo costretti a sottomettervi.

“Tu sei uno shinobi della foglia!” gli ricordò quella gelida mattina d’inverno Tsunade.

“Questo che centra con la mia famiglia?!” gridò battendo i pugni sul tavolo.

“Sei Hokage da quanti mesi? Il benessere del tuo paese viene prima di qualunque altra cosa. L’imminente guerra con il paese del vento ci costringe a fare estradare chiunque appartenga a Suuna.”

“Andiamo, non c’è stata alcuna dichiarazione di guerra e Gaara non è tanto folle!”

“Vedo che non sei stato informato del fatto che tuo cognato non è più il Kazekage, ma c’era da aspettarselo che Kankuro te lo nascondesse.” Sospirò la ninjia medico.

“Cosa?” Shikamaru cadde incredulo sulla sedia.

“Un colpo di Stato da parte del gruppo dei serpenti a costretto Gaara e tutti quelli dalla sua parte a fuggire. Ora il nuovo Kazekage è Sasuke Uchiha e punta diritto su Konoha!” spiegò lei con la voce aspra.

“Non capisco che centrino Temari e Shinji.” Continuò fissando il pavimento.

“Loro rappresentano la tua più grande forza, ma anche il tuo punto debole dove è più facile farti male. Non puoi permetterti di avere cedimenti in questa circostanza!”

“Non ho sposato una sprovveduta. Sa benissimo difendersi da  sola.” Replicò serio tornando a guardare la donna.

“Allora se non lo vuoi fare per lei … pensa a tuo figlio. Gaara ora è ospite del Mizukage e sta organizzando la controffensiva, ma fino a quel momento chiunque viva nel paese del fuoco corre il rischio di morire. Devi fare in modo che partano insieme ad Hinata ed Hiro.” Spiegò indicando un gruppo di donne con dei bambini che salivano su un carro.

“Sembra che tu non conosca Temari. Lei non si tirerà indietro e vorrà fare parte della battaglia. Come pensi di convincerla? E’ testarda come un mulo.” Disse l’Hokage guardando fuori.

“So bene che sarà difficile, ma ti conosco abbastanza da sapere che troverai il modo.” Così dicendo Tsunade seguita da Shizune lasciò l’ufficio.

Shikamaru attese che il sole tramontasse prima di tornare verso la sua abitazione, ad ogni passo le gambe sembravano sempre più pesanti e più si avvicinava e più diventava difficile camminare.

“Sei in ritardo.” Lo rimproverò dolcemente lei, non ricevendo risposta si voltò preoccupata. Non era da Shikamaru non replicare.

“E’ tutta colpa tua …” borbottò dopo che la donna aveva messo il bambino a dormire.

“Cosa?” chiese Temari.

“Non avrei dovuto lasciarmi convincere a fare sto schifo di lavoro!” gridò gettando il copricapo dell’Hokage contro il muro.

“Si può sapere che è successo?”

“Succede che tu e quella seccatura mi avete rotto. Stasera esco e  non so quando torno.” Disse infilando la porta.

“Aspetta un minuto.” Temari lo afferrò per il braccio.

“Lasciami in pace. Non hai capito che non vi voglio più intorno?” rispose voltandosi a guardarla.

Temari era allibita dallo strano ed improvviso atteggiamento di Shikamaru: “Tu ora mi dici che ti ho fatto per meritare di essere trattata in questo modo.”

“Sei davvero così tonta? Io ho una relazione con un’altra donna. Così ti è più chiaro?” chiese in tono sarcastico.

“Non pensare che io creda ad una stronzata simile, Nara!” gridò lei che lo conosceva troppo bene per poter credere a quella bugia.

“Sei libera di pensare quello che ti va. Basta che tu ed la seccatura leviate le tende da Konoha.” Rispose acido.

“Shikamaru noi siamo una famiglia. Se c’è qualcosa che ti preoccupa vorrei saperlo.” Sussurrò appoggiando la testa contro la schiena dell’uomo.

“Vai alla tenuta Hyuga con Shinji. Hinata vi sta aspettando. Dovete lasciare più in fretta possibile questo posto.” Rispose lui.

“Pensi che non sia a conoscenza di quello che è successo a mio fratello? Levati dalla testa l’idea che possa partire lasciandoti a combattere da solo.” Replicò decisa.

“Tu devi occuparti della seccatura. Fa come ti ho chiesto. Ti prego Temari  non ho voglia di mettermi a discutere anche su questo.” Borbottò lui.

“Come vuoi. Ma non farci l’abitudine questa è la prima ed ultima volta che prendo ordini da te.” Replicò con un mezzo sorriso.

Shikamaru l’attirò con un gesto deciso a sé, affondando il viso nei suoi capelli: “Ti amo, Mendokuse.” Sussurrò prima di sparire.

Qualcuno bussò, svegliando di soprassalto Rock Lee. Chi poteva essere tanto temerario da uscire in una notte come quella?

“Sakura chan …” sussurrò stupito facendola entrare al seguito di una bambina.

“Ho bisogno di parlare a Naruto.” Disse quando ebbe ripreso fiato.

“Mi spiace, ma non vive più a Konoha da diversi anni.”

“Adesso come faccio?”

“Senti Hinata sta radunando tutte le donne alla sua villa. Potresti andare li. Puoi lasciare la piccolina con me.” Rispose con un sorriso.

“Sasuke mi aveva chiesto di affidarla a Naruto, ma penso che Hinata vada comunque bene.” Rispose l’Haruno.

“Meglio andarci insieme. Così non correrai rischi.” Aggiunse infilandosi la giacca.

Raggiunsero in poco tempo il luogo dell’incontro, ma appena la videro numerose persone le impedirono di raggiungere lady Hyuga.

“Lei non è più di Konoha!” disse Ran Aburame raggiungendo il gruppo.

“Devo parlare con Hinata.”

“Mia cognata non ha nulla da dirti e tanto meno tu a lei.” Replicò secca la moglie di Neji.

“Tu invece di perdere tempo con questa gente dovresti aiutare il maestro Gai nei preparativi.” Disse una seconda.

“Lei è una mia amica non posso permettere che le facciano del male.”

“A questa non capiterà nulla. Lo sanno tutti che è la donna di quel traditore.” Aggiunse una terza.

Hinata attirata dal rumore si fece largo tra la folla: “Sakura! Sei davvero tu?”

“Queste gentili signore ti stavano venendo a chiamare. Ho un favore da chiederti.” Disse Sakura ignorando gli sguardi gelidi delle altre.

“Certo.” Rispose senza alcun dubbio, Naruto non le avrebbe perdonato la mancanza di gentilezza.

“Fino a che tutto questa follia non termina, ti occuperesti di Tsugumi? Della mia bambina?” chiese facendola avanzare tra le braccia di Rock Lee.

“ Sì tanto c’è ancora posto.” Sorrise.

“Perché Naruto non è qui?” le chiese.

Hinata distolse lo sguardo. Come poteva raccontarle in poco tempo tutta la storia?

“Sono in ritardo. Scusatemi.” Disse l’Eremita della volpe apparendo dal nulla.

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Capitolo 4
*** CAPITOLO 2 ***


Capitolo 2

 

“E’ privo di fondamento ciò che hai fatto.” Disse Kabuto appoggiato al muro della stanza.

“Non sei nella condizioni di dare ordini.” Gli ricordò l’Uchiha gettando uno sguardo distratto fuori dalla finestra del suo ufficio di Suuna.

“Nemmeno tu. Sei stato solo fortunato che tuo fratello Itachi abbia deciso di risparmiarti la vita ancora una volta. Quando capirai che non è possibile ribellarsi? Per poco non ti strappava anche l’altro braccio e forse una fortuna che conservi ancora i tuoi occhi.”

Sasuke abbassò lo sguardo sulla manica sinistra che penzolava vuota dalla sua spalla, se non fosse stato per la sua abilità innata, forse, si sarebbe considerato un ninja finito. Aveva subito quasi la stessa sorte di quel maledetto Orichimaru … non avere un braccio rappresentava un ostacolo di non poco conto. Tutto perché si era lasciato commuovere dal pianto di quella frugoletta. Sarebbe stato meglio farla morire che condannarla al destino riservato agli Uchiha. In quel momento la soluzione di allontanare da lui le persone che più amava gli era parsa corretta. Infondo l’aveva strappata a Naruto solo per levarsi un capriccio e comunque non poteva stare più con loro. Prima o poi Kabuto avrebbe tentato di farle del male. Di notte il pensiero di tornare a casa si faceva più forte, ma ormai era davvero troppo tardi per redimersi. Non lo era per Tsugumi e per la sua Sakura.

Itachi, aveva finito la scuola ed era stato capitano degli Ambu, ma dopo la morte di Sasori aveva abbandonato gli studi ed era entrato a fare parte del gruppo dell’Akazuki e per un motivo o per un altro presto ne era riuscito a scalare i vertici diventando il braccio destro di Pain il loro leader. Aveva poi affidato al fratello minore dopo aver stabilito una volta per tutte chi fosse il più forte, il comando del paese del Vento sostituendolo con un abile colpo di Stato a Gaara. Sapeva che questo avrebbe destato l’interesse della volpe, perché anche se erano passati anni, nessuno poteva dimenticare che il loro scopo principale era collezionare biju … mancava solo quello a nove code.

“Abbiamo atteso troppo.” Borbottò Pain

“Naruto non è un avversario da sottovalutare.” Ammise il moro.

“Sai se per caso la volpe a generato?”

“No signore.” Rispose incerto il ninja

“Devi eliminare prima che lo conceda in eredità … altrimenti diventerà impossibile per noi appropriarci di quel potere.” Replicò Pain.

“Per quale motivo, signore?”

“i figli di un biju possono mostrarsi più letali dei loro padri. Il piccolo Kuro del deserto me ne ha dato dimostrazione quando a cercato di proteggere Gaara. Due volpi a nove code ci sterminerebbero senza ombra di dubbio … se solo tuo fratello fosse stato nel pieno delle sue forze … ma ormai senza braccio resta un inutile fantoccio.” Pain chiuse gli occhi, a volte Itachi commetteva degli errori davvero imperdonabili, però in qualche modo riusciva sempre a trovare delle scusanti per le sue azioni insensate.

“Non ha senso … il bambino ha solo tre anni.”

“Proprio quello che intendo.” Concluse congedandolo con un cenno.

 

Solo quando Matsuri lo coprì con un panno, Gaara alzò la testa fulva dal tavolo con la mappa sul quale si era appisolato.

“Che razza di casino ho combinato.” Disse tornando a leggere il mucchio di fogli alla sua sinistra.

“Non dovresti sforzarti così tanto, tesoro. Non ti sei ancora ripreso dalla ferita al fianco.” Disse con tono accusatorio.

“Sono preoccupato per il susseguirsi degli eventi. L’hokage ci raggiungerà a breve e non abbiamo assolutamente concluso nulla. Poi c’è la faccenda di Kuro.” Disse voltandosi a guardare il letto dietro le sue spalle.

“Sarà stato solo un caso.” Replicò lei.

“No. Credimi io conosco bene i poteri di un biju …” nascose la testa tra le mani, chiedendosi perché anche a suo figlio fosse toccata una simile tortura. Si sentì tirare per i pantaloni ed abbassando lo sguardo incontrò quello del bambino.

“Andiamo lascia in pace tuo padre. Deve lavorare.” Sussurrò Matsuri sollevando il figlio, ma anche in braccio alla madre il piccolo pareva più che intenzionato a non mollare la maglia del padre.

Gaara sorrise: “Andrà tutto bene. Presto torneremo a casa.” gli scompigliò affettuosamente la folta chioma rossa, incolta.

Kuro continuò a fissarlo fino a quando Matsuri con lui in braccio non si decise a lasciare la stanza per permettere al marito di lavorare in pace.

Appena si fu chiusa la porta alle spalle, la giovane si sentì mancare. Si era affaticata parecchio in quei giorni e certo non aveva fatto bene all’avanzato stato di gravidanza nella quale si trovava.

“Sembra che il tuo fratellino o sorellina non abbia più intenzione di aspettare.” Ansimò mentre cercava di contrastare il dolore provocatole dalla contrazione.

 

“Ho parlato poco fa con Shikamaru e mi ha chiesto di scortarvi fino al paese della roccia.” Disse l’Eremita della Volpe tentando di celare il suo disagio nel rivedere Sakura.

“Quindi farai il viaggio con me ed il maestro Gai?” chiese Rock Lee consegnando la bambina alla madre.

“Evidentemente.” Replicò fingendosi rilassato.

“Allora meglio che stai dietro con Lady Hyuga. Non abbiamo nessuno che controlli la coda della carovana.” Suggerì Gai raggiungendoli.

“Non può pensarci Lee?” chiese Naruto terrorizzato all’idea di dover affrontare Hinata.

“No. Meglio che ci vai tu.” Sorridendo il sensei frustò i cavalli.

Tante ore  di viaggio rendevano irrequieti i bambini che cominciavano a scalciare in braccio alle madri. Hiro era stufo di stare fermo ed approfittando di un momento di distrazione di Hinata, sgattaiolò fino alla porta che si aprì non appena il bambino sollevò il chiavistello di sicurezza. Il piccolo volò fuori attaccato con tutte le sue forze alla maniglia poi l’improvvisa frenata ed Hiro volò in aria, mentre le donne si coprivano gli occhi per non guardare. Una caduta simile avrebbe ucciso anche un adulto a quella velocità.

“Non è un pochino presto per imparare a volare?” chiese Naruto afferrando a pochi centimetri dal suolo il piccolo temerario.

“Mita olpe!” rise come se non si fosse nemmeno accorto del pericolo che aveva corso.

“Tutto bene dietro?” chiese Rock Lee raggiungendoli.

“Sì.” Rispose mentre cercava di restituire il piccolo alle braccia della madre. Hiro però non pareva della stessa idea, si aggrappava con tutte le forze alla divisa del biondo, scalciando ogni qual volta Hinata lo strattonava.

“Sai che sei proprio capriccioso, oggi?” lo sgridò esasperata.

Il figlio si voltò a guardarla, mantenendo sempre salda la presa sulla stoffa dell’altro.

“Voio stare mita Olpe!” farfugliò.

La donna sospirò a quanto pare il richiamo del sangue doveva essere veramente potente. Suo figlio non dava tanta confidenza a persone che nemmeno conosceva.

“Ti spiace occupartene tu?” chiese rivolta a Naruto.

“Mi tocca se non voglio comprarmi una nuova divisa.” Replicò notando l’incredibile forza con la quale il piccolo si teneva.

Hiro si arrampicò lesto sulle spalle del biondo che fu costretto in poche parole a fargli da cavalcatura per quasi tutta la giornata. In realtà Naruto trovò piacevole passare quelle ore con suo figlio che gli riempiva la testa di parole senza senso e gridolini di gioia quando notava da quell’altezza degli animali.

Shinji lo fissava tenendo il broncio e mentre tutti gli altri bambini facevano a gara per attirare l’attenzione di quell’adulto tanto divertente, lui si limitava a fissarlo.

“Perché non vai a giocare con loro? Tra poco sarà ora di cena.” Gli disse Temari accarezzando la testa scura.

“Mi annoio a fare quei giochi…” borbottò nascondendo il viso tra le gambe per non fare vedere che stava piangendo.

“Vedrai che presto torneremo a casa.”

“Non dire bugie! Io non sono stupido come quelli!” gridò scattando in piedi e correndo via.

“Shinji non farmi perdere la pazienza!” gridò Temari cercando di afferrarlo per un braccio, ma gli sfuggì ancora una volta.

Il silenzio era calato sul campo a causa di quell’incidente e gli adulti continuavano a guardarsi preoccupati, mentre una esasperata Sabaku tentava di placare le ire di quel figlio.

“Che razza di bamboccio ha tirato su Nara.” La voce sprezzante di Naruto si levò chiara sovrastando anche le urla del bambino che si zittì gettando verso di lui occhiate di disprezzo.

“Sei troppo severo.” Replicò Hinata.

“Davvero? Suo padre e suo nonno rischiano il collo per tutti noi e quello è capace solo di piangere?! Il figlio di un Hokage dovrebbe dare il buon esempio e non pestare i piedi.”

“Ha solo tre anni …”

“Hinata, non esiste solo lui. Vi sono altri bambini qui, ma nessuno fa queste tragedie.” Disse alzandosi in piedi.

Shinji si asciugò gli occhi tirando su con il naso, lasciò che la madre lo prendesse tra le braccia e la guardò negli occhi scorgendovi l’aria di rimprovero di chi l’ha fatta grossa.

“Bene adesso che ti sei calmato è ora di andare a dormire.” Disse con un tono di voce atona.

“Mamma scusa.” Bisbigliò appoggiando la testa sulla spalla prima di chiudere gli occhi.

“Grazie, Eremita.” Disse Temari sorridendo.

“Devo ammettere che sei cambiata da come ti ricordavo.” Replicò il biondo sorridendo.

“Ho esaurito tutte le energie. Se sono qui è solo perché mi è stato imposto.” Aggiunse abbassando lo sguardo.

“Ehi, Shikamaru sa bene quel che fa. Infondo è il nostro Hokage, no?” disse accarezzando la testa di Shinji e sfoderando uno dei suoi disarmati sorrisi.

“Credici .” concluse Naruto tornando a sedersi vicino al fuoco.

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Capitolo 5
*** CAPITOLO 3 ***


 

Capitolo 3

 

Ci erano voluti cinque anni per poter ricacciare l’esercito di Pain nel paese dei chicchi di riso, meglio conosciuto come Oto e finalmente Gaara aveva ripreso il posto che gli spettava. Certo ne aveva subite parecchio di perdite.

Shikamaru si congedò in fretta, desiderava più che mai andare incontro al gruppo di profughi che stavano tornado a Konoha. Desiderava rivedere Temari e quella piccola seccatura che ormai doveva aver compiuto i sei anni. Pure Shikaku e Yoshino erano impazienti di rivedere il nipote.

Shinji ed Hiro che erano diventati praticamente inseparabili da quando il primo aveva salvato la vita al piccolo Hyuga caduto nel fiume un anno prima, corsero a perdifiato fino al campo dove tutti erano seduti a cenare.

“Eremita arriva l’Hokage!” gridò Hiro.

Temari alzò la testa di scatto, facendo cadere per terra il contenuto del suo piatto.

“Mamma stai bene?” chiese Shinji.

“Sì tutto a posto non preoccuparti e resta al mio fianco.” Disse alzandosi in piedi.

Tenten si sistemò i capelli e quando vide il marito profilarsi all’orizzonte iniziò a correre per raggiungerlo seguita da Feng e cheza che a malapena conoscevano il viso del padre. Dietro di lui comparvero anche Neji, Shikaku, Yoshino ed infine lui. Non portava vesti ufficiali, ma una semplice maglia di rete con una giacchetta verde ed i pantaloni in tono. I capelli si erano allungati, ma continuava a portarli legati sopra la testa. La solita camminata svogliata e priva di interesse per quello che accadeva intorno, anzi ne pareva addirittura infastidito.

Incrociò una sola volta il suo sguardo con quello della Kunnoichi di Suuna per poi tornare ad ascoltare il resoconto di Rock Lee e Naruto. Avrebbe desiderato più di ogni altra cosa andare da loro, ma il dovere gli imponeva di assolvere prima le cose burocratiche. Inoltre c’era il fatto che Shinji pensava che Hidan fosse suo padre. La decisione era stata presa di comune accordo, però, non giustificava il suo atteggiamento distaccato anche nei confronti di Temari.

Stentò a riconoscerla , quando quella sera dopo aver messo a letto il bambino gli porse il vassoio con dentro del cibo.

“Sei dimagrita molto.” Le disse addentando il panino.

“Già.” Rispose sedendosi accanto a lui.

Nessuno dei due aveva ancora avuto la forza necessaria per parlare, nonostante entrambi avessero sofferto per quella lontananza forzata, ma erano troppo orgogliosi per ammetterlo. Shikamaru si alzò in piedi e con un cenno della mano fece per andarsene, quando si sentì tirare per la maglia. Poi sentì la testa di Temari appoggiarsi alla sua schiena. Un brivido caldo lo percorse.

“Aspetta per favore.” Bisbigliò lei.

“Sono stanco.”

Fu allora che la bionda esplose in tutta la sua furia: “Dannazione! Sono sei anni che non ci vediamo e sai dirimi solo questo?!”

“Io non sono bravo con le parole.” Replicò abbozzando un sorriso.

“Allora mi pianti qui, sola?” gridò ancora.

Temari sussultò quando la mano dell’uomo le sfiorò il viso  accarezzando con il pollice le labbra: “Dai non piangere.”

Lei lo guardò furente, ma possibile che davvero non capiva che cosa voleva sentirsi dire in quel momento?

“Sei proprio uno stupido.” Replicò allontanando la mano con un gesto brusco.

Shikamaru non le permise di continuare con quella ramanzina ed afferrandola per un braccio la tirò contro di sé affondando il viso nei suoi capelli.

“Ho voglia di fare l’amore con te fino a sentirmi esausto. Ho voglia del tuo corpo e dei tuoi baci in un modo che tu non ne hai nemmeno la più vaga idea. Mendokuse mi sei terribilmente mancata.”

Temari restò immobile arrossendo con il viso appoggiato al torace dell’unico uomo che era riuscita ad avere la meglio su di lei in qualche modo. Di quel pigro ed indolente uomo che la faceva impazzire sempre. Perché o parlava poco o decisamente troppo, ma quella sera aveva il bisogno di sentirle quelle parole.

“Non andare più via, Shikamaru.” Bisbigliò iniziando a singhiozzare.

Poi un rumore alle loro spalle li fece girare, Shinji era lì in piedi davanti a loro con una espressione corrucciata sul viso. Lo infastidiva dover dividere la sua mamma con quello sconosciuto. Uffa lo aveva lasciato solo per stare con quello che poteva essere pure l’Hokage, ma che non si poteva prendere certe libertà con SUA madre.

Tentò di scappare ma Shikamaru lo afferrò per la collottola della maglia, anche se scalciava come un ossesso la presa era troppo salda per potersi liberare.

“Sei un bel maleducato, sai?”

“Tu lascia in pace mia madre!” ringhiò in risposta.

“Sei proprio una piccola seccatura a volte.” Continuò l’uomo.

All’improvviso il bambino si fermò, voltandosi a guardarlo. Non sapeva bene il perché, però quello sconosciuto aveva un tono di voce familiare. Poi quel modo di trattarlo … aveva conosciuto tanti adulti che avevano provato a sostituirsi ad Hidan, ma nessuno pareva esserci riuscito meglio di lui. Continuava a tenerlo bloccato a mezz’aria. Si convinse anche di ammirarlo, poiché in pochi riuscivano ad ottenere quel genere di attenzioni da sua madre, da che ricordava lui.

“Tu mi piaci.” Replicò improvvisamente.

“Potrei saperne la ragione visto che ti sto sgridando?” chiese l’Hokage lasciando la presa.

“Io non avevo mai visto mia madre sorridere.” Borbottò arrossendo.

“Non è un po’ tardi per stare sveglio.” Lo rimproverò Temari mentre le gote si imporporavano.

“Che madre seccante!” rispose Shinji dileguandosi prima che la donna lo colpisse dietro la testa.

A stento Shikamaru riuscì a trattenere un sorriso.

“Tu non provarci nemmeno a dargli corda!” ringhiò lei a pochi centimetri dal suo viso.

“Però come smentire?” ironizzò iniziando a correre.

“Vieni un po’ qui Hokage dei miei stivali!” gridò la bionda inseguendolo con il pugno alzato.

Si girò all’improvviso bloccandole le braccia a mezz’aria : “Non c’è dubbio che sono a casa.”

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Capitolo 6
*** ANCORA UNA VOLTA ***


Capitolo 4

ANCORA UNA VOLTA

 

Sakura era tornata a casa, ora aveva formato una famiglia insieme a Rock Lee che di lei era sempre stato innamorato e che aveva accolto di buon grado anche la piccola Tsugumi ed adesso aspettava tra pochi giorni la nascita del loro primo figlio. Certo, era comico pensare come tutto fosse cambiato durante quegli anni e di come il lungo conflitto con l’Akazuki avesse cambiato tutti. Perfino l’indolente Shikamaru … era il loro Hokage … Asuma ne sarebbe certo stato fiero, ma infondo lo aveva sempre saputo.

“Fermi.” Ansimò Shinji con le mani appoggiate alle ginocchia

“Non lo prenderemo mai quel dannato gattaccio ed addio ramen gratis!” borbottò Hiro sedendosi per terra.

“Fatica sprecata. Perché non tiri fuori una delle tue geniali idee, cugino.” Disse improvvisamente Kuro.

Shinji si sedette sul tappeto d’erba socchiudendo gli occhi …

“Che fa dorme ora?” domandò l’Hyuga.

“No, testa quadra. Stai zitto per un secondo.” Rispose il Sabaku colpendo l’amico con un leggero scappellotto.

Il moro si alzò in piedi aprendo di scatto gli occhi: “Ci occorre del pesce.” Deciso iniziò a camminare ignorando il gatto, che incuriosito dal loro atteggiamento li seguì.

Arrivarono sulla sponda del fiume. Shinji indicò a Kuro un punto preciso del torrente: “Riesci a creare un argine?”

Il rosso lo guardò ironico: “Che razza di domande fai, ovvio.” Bastò un gesto della giovane mano per creare un muro di sabbia che si solidificò al contatto con l’acqua.

“Anche da questa parte.”

Alcuni pesci restarono intrappolati nel laghetto artificiale, guizzando per cercare una via di fuga. I bambini si nascosero in mezzo al fogliame ed attesero. Il gatto si avvicinò alla riva, incuriosito dai pesci che saltellavano come matti.

“Hiro lo vedi il flusso del chakra?” sussurrò Shinji rivolto al compagno.

“Sì.”

“Dimmi quando cambia d’intensità.”

“Adesso!”

Shinji lanciò la polvere da sparo che fece sussultare l’animale che rizzato il pelo corse in direzione opposta, finendo dritto tra le braccia di Hiro.

“Torniamo dall’Hokage.” Disse Kuro.

Ibisu era restato ad osservarli per tutto il tempo, era stato nominato loro osservatore per tutto il periodo in cui i bambini di Suuna si fossero trattenuti. Erano davvero un ottimo Team loro tre. Sapevano collaborare alla perfezione. Tutti erano indispensabili per la riuscita della missione. Rilasciò quindi all’hokage un rapporto soddisfacente. Peccato che non sarebbero potuti restare insieme per molto.

Ayame Sabaku la figlia più piccola del Kazekage aveva già compiuto tre anni. Era intraprendete e molto curiosa per cui Matsuri aveva un bel da fare per accudirla. Kuro senza dubbio alla sua età era stato più tranquillo. Gaara si caricò la figlia sulle spalle, altrimenti quel giorno sarebbe stato impossibile partire per Suuna e si erano assentati già da troppo tempo.

“Sorella verrai con noi?” chiese vedendo che si caricava sulle spalle il grosso ventaglio.

“Ovviamente. In questo momento il mio villaggio a bisogno di me. Matsuri è troppo impegnata con i bambini per occuparsi delle faccende burocratiche.” Rispose quasi arrabbiata.

“Shinji, ha legato molto con testa ad ananans.” Rise il rosso.

“Shikamaru si offende se lo chiami in quel modo poco rispettoso.” Sorrise senza gioia.

“Se ne farà una ragione.” Replicò secca.

“A sei anni? Può essere maturo fin che ti pare, ma quello …” si interruppe appena in tempo per vedere la porta aprirsi ed i due bambini comparire.

“Buon giorno zio. Ciao mamma.” Salutò entrando, seguito dal silenzioso Kuro che si limitò ad un cenno del capo.

“Tutto bene?” domandò Gaara.

“Sì signore.” Risposero i due.

Kuro odiava sua sorella, perché si attirava sempre le attenzioni del padre. Quella volta non era diversa dalle altre. Cosa faceva di sbagliato per essere tanto ignorato? In realtà era Gaara a non sapere mai come comportarsi con quel bambino che crescendo gli somigliava sempre di più, che vedeva in lui un esempio. Ma che razza di esempio poteva dargli lui? Con Ayame era tutto più semplice, era lei a dimostrargli il suo affetto.

“Andate a salutare tutti. Partiremo tra poco.” Ordinò Temari preparando le valige.

“Io tanto non vengo.” Replicò Shinji.

Tutti si voltarono a guardarlo.

“Come prego?” domandò la bionda.

“Io resto a Konoha.” Ripetè sbattendo i piedi per terra.

“Tu verrai con me e poche storie.” Gridò Temari che non aveva assolutamente voglia di iniziare una discussione su un argomento sul quale non vi era nulla da discutere.

“No.” Gridò il bambino infilando la porta.

Temari sospirò, anche a lei l’idea di andarsene non piaceva, ma aveva dei doveri ai quali non poteva sottrarsi in nessuna maniera.

Shikamaru stava finendo di controllare dei documenti, quando sentì dei singhiozzi provenire da sotto la finestra del suo studio, cosa quanto mai insolita visto che si trovava al secondo piano. Guardò fuori. Sopra il primo tetto della sua dimora stava seduto Shinji, le gambe strette al petto ed il viso nascosto.

“Seccatura che ci fai lì sopra?” chiese sorridendo.

Lo guardò. Gli stessi occhi chiari della sua donna, resi più brillanti dal pianto sommesso.

“Ciao.” Borbottò.

“Perché piangi come una ragazzina?” chiese dimenticandosi totalmente del suo assistente e scavalcando il davanzale della finestra per raggiungerlo.

“Hokage, ma nella sua posizione…” replicò inutilmente Ibisu chiedendosi perché si ostinava ad insistere sull’etichetta quando nessuno lo ascoltava mai?

“Io voglio restare, Maru.” Disse appena riprese fiato.

“Shinji sai qual è il primo dovere di un buon shinobi?” chiese.

“Compiere la sua missione fino in fondo non importa a che prezzo.” Rispose.

“Visto che io mi fido molto di te. Ti affido un incarico molto importate e bada che potrei arrabbiarmi se non lo portassi a termine.”

“Una missione?” chiese stupito.

“Super importante. Devi proteggere tua madre.” Gli disse appoggiando una mano sulla spalla.

“Capisco, però …”

“Uno shinobi non chiede il perché gli vengano affidate certe missioni. Pure io non volevo fare l’Hokage, ma eccomi qua. Ho la tua parola che farai del tuo meglio? Fino al momento in cui ci rivedremo?” domandò serio.

“Te lo prometto.” Rispose alzandosi in piedi.

“Allora comportati come si deve.”

Shinji fece qualche passo in avanti, poi, tornò velocemente indietro gettandogli le braccia al collo.

“Tu per me resterai sempre il mio papà.” Sussurrò prima di correre via

 

L’eremita della Volpe stava finendo di preparare i bagagli, aveva deciso di partire nuovamente per un nuovo pellegrinaggio. Si era già messo la sacca sulle spalle, quando qualcuno bussò alla porta della sua dimora.

“Bambini che ci fate qui?” chiese invitando i giovani amici ad entrare.

“E’ vero che te ne vai?” domandò Hiro che era stato nominato portavoce del gruppetto.

“Sì, ma tornerò in tempo per i vostri esami di Genin.” Rispose scompigliando i capelli scuri dell’Hyuga.

“Sono sei anni!” fecero in coro Feng e Tsugumi.

“Passeranno in fretta, non temete.” Sorrise.

“No , invece!” gridò Hiro.

Tutti si stupirono, non era da lui esprimere in quel modo chiaro la sua opinione e tanto meno i suoi sentimenti.

“Non fate i capricci. Il vostro compito ora è riuscire a diventare Genin. Questa è l’unica cosa che deve importarvi.” Rispose accompagnandoli alla porta.

Tutti i bambini a parte Hiro, si precipitarono ad abbracciarlo: “Torna presto.”

“Promesso.” Rispose baciandoli sulla fronte.

Poi i suoi occhi azzurri si fermarono a guardare Hiro, gli era stato insegnato a rimanere freddo in ogni circostanza, l’esplosione emotiva di prima era stato un incidente che non si sarebbe più ripetuto.

“Da te voglio una promessa, Hyuga.” Gli sussurrò.

“Sarebbe, Sensei?” chiese usando il tono più gelido possibile.

“Proteggi Hinata. Tuo zio non è una cattiva persona, ma a volte tende ad esagerare.” Ricordò lui sospirando.

“Perché ti interessa tanto?” chiese mentre un’ombra di sospetto passava da quegli occhi chiari.

“Per me è la persona più importante del mondo.” Bisbigliò.

Hiro restò fermo a fissare la porta, quell’uomo che lui reputava straordinario, forse, un giorno avrebbe sposato la sua mamma? Con questo pensiero in testa raggiunse veloce i compagni che si erano già avviati lungo il vialetto innevato.

 

 

Chiedo scusa, per i ritardi con cui pubblicherò i capitoli di questa fanfic rispetto alle altre, ma trattando di un argomento particolare voglio che sia reso al meglio.

Grazie a tutti e continuate a seguirmi.

Tyara

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Capitolo 7
*** CAPITOLO 5 ***


 

Capitolo 5

GENIN PURO SANGUE

Tsugumi dopo aver salutato gli altri, entrò come una furia in casa e corse nella sua camera, passando senza salutare i suoi genitori. Lee, appoggiò il giornale sul tavolo, sospirando, salì le scale e bussò alla stanza della figlia. La sentì singhiozzare ed allora entrò. La bambina non lo aveva nemmeno udito.

“Cosa succede?” chiese cercando di mitigare il tono della voce, accarezzando la testa corvina.

“Mita Olpe se ne è andato!” borbottò sedendosi accanto al genitore, si asciugò gli occhi e tirò su con il naso.

“Capisco che tu gli sia affezionata, ma dovrai abituarti a vedere partire gli amici e le persone che ami. Questo è il destino di uno Shinobi.” Rispose come per cercare di convincere anche sé stesso. Perché sapeva che prima o poi anche Sakura e Tsugumi lo avrebbero lasciato per tornare dall’Uchiha … quel giorno che avrebbe detto a Brandon?

“Però ha detto che sarebbe tornato in tempo per gli esami di Genin, papà” replicò lei abbozzando un mezzo sorriso.

Il cuore di Rock Lee, ebbe un sussulto, era la prima volta che la bambina lo chiamava in quel modo e ne fu felice di aver avuto quel risultato con lei. Le baciò la fronte e la piccola lo strinse forte come per imprimere nella sua memoria il calore di quell’uomo che ormai considerava importante. Il suo padre carnale l’aveva abbandonata e questo non poteva accettarlo, ma ancora non sapeva che Sasuke Uchiha le avrebbe strappato un altro pezzo d’anima.

 

“Se vuoi porto io Cheza per un po’” disse Hiro, notando lo sforzo che stava compiendo Feng.

“Non vorrei essere un disturbo. Mi spiace di essere caduta.” Replicò lei, mentre il fratello la faceva sedere su un tronco.

“Tanto verrò sgridato solo io.” Borbottò l’Inozuka sedendosi su un piccolo spiazzo di terreno dove la neve si era sciolta.

“Ma …”

“Andiamo lo sai di essere la cocca dei nostri genitori.” Continuò seccato il bambino.

“Feng, adesso non essere cattivo con lei!” la difese Hiro che comprendeva bene i sentimenti dell’amico.

“Non ti ci mettere pure tu! Sei fortunato a non avere un padre!” replicò con noncuranza.

Hiro si morse il labbro inferiore e portò una mano sul cuore come per strapparselo, aveva gli occhi lucidi quando tornò a guardare i due.

“Mi fai rabbia. Anche se è severo non puoi mettere in dubbio che ti ama. Prova tu a tornare a casa e sentirti sempre in colpa perché non sei come loro.”

“Tua madre …”

“Mamma non può far nulla contro la loro arroganza, ma un giorno cancellerò dai loro volti quell’espressione di superiorità. Gli farò vedere, che il mio sangue marcio, vale molto più di quello di un Hyuga qualunque!” rispose serrando i pugni.

All’improvviso da una cunetta di neve comparve un grosso cane bianco che raggiunse in due balzi il gruppetto.

“Hakamaru!!! Sei venuto a prenderci? Che bravo.” Disse Cheza mentre aiutata da Hiro saliva in groppa alla bestia che partì solo anche quando anche Feng la raggiunse sulla schiena.

“Ci vediamo domani.” Gridarono in lontananza.

Era rimasto solo, ancora. Perché se ne preoccupava? Tanto finiva sempre in quel modo per quelli come lui che non avevano un padre. Non avrebbe voluto mai piangere, ma quel giorno le lacrime sembravano non riuscire più a fermarsi. Si rese conto, quanto avesse contato in quegli anni la presenza dell’Eremita nella sua breve esistenza. Adesso chi avrebbe asciugato il suo viso? Si ricordò della promessa che gli aveva fatto quella sera. Tirò su con il naso e guardò il cielo stellato. Ritrovò il coraggio per tornare in quella grande casa fredda e proteggere l’unica persona che lo amava: sua madre.

“Ehi sangue marcio, come fa adesso che il tuo baby sitter ti ha lasciato?” domandò Toru quando lo vide.

Non rispose.

“Forse, dovresti lavarti. Magari è quello che allontana tutti da te.” Aggiunse sarcastica Nana.

Fu allora, che una forza interiore sembrò esplodere, con un balzo, il bambino atterrò la cugina. I suoi occhi erano colore del fuoco ed il suo corpo pareva bruciasse mentre colpiva quel volto insolente.

Hinata lo afferrò per un braccio con una forza della quale Hiro non la credeva capace, lo fece andare a sbattere con la schiena contro il muro.

“Adesso calmati.” Replicò severa.

“Io vi odio tutti!” gridò correndo nella sua stanza.

La donna, medicò Nana e poi ascoltò la ramanzina che Neji le faceva tutte le volte, quando Hiro si comportava in modo violento.

“Tieni sotto controllo la tua piccola belva.” Disse gelido.

“La prossima volta non lo fermo di certo. I tuoi figli si meritano una lezione.” Rispose guardandolo in viso.

“Da quel sangue marcio?” chiese sarcastico.

“Tu sottovaluti Hiro, proprio come non credevi forte suo padre. Ti devo ricordare quanta terra ti ha fatto mangiare quel giorno?” aggiunse sorridendo vittoriosa.

“Non biasimo di certo lui. Tu sei stata la stolta che si è donata ad un uomo di basso rango come quello, Generando una esecrata progenie.”

Hinata lo schiaffeggiò con violenza: “Il suo sangue è molto più nobile di quanto lo potrà mai essere il tuo!” si alzò lasciando la stanza.

“Farò abbassare la cresta a quel moccioso che tu lo voglia o meno. Spegnerò ogni sua speranza di felicità.” Sussurrò guardando le fiamme del camino spegnersi lentamente.

 

Fu quella notte, molto tempo dopo questi eventi che il gruppo dei Serpenti tornò all’attacco e bruciò mezza Konoha. In quella terribile notte dove molti giovani morirono, dove Sakura stessa si offrì come vittima per salvare Tsugumi. Quella fu la prima volta in cui padre e figlia incrociarono i loro sharingan, la notte in cui l’odio della bambina nei confronti di quell’uomo che avrebbe dovuto amare crebbe. Aveva ucciso la madre e fatto del male a Rock Lee … le uniche persone che si erano sempre prese cura di lei.

Un sorriso comparve sul viso di Sasuke quando si accorse del disprezzo che aveva suscitato in Tsugumi.

“Odiami e fai crescere dentro di te il desiderio di vendetta. Così mi renderai fiero di te.”

“No, non è quello che mi è stato insegnato. Io diventerò forte per proteggere le persone che amo. Proprio come mi ha insegnato Naruto-kun!” rispose fiera.

“Allora sei una stupida come lui!” rispose Sasuke.

“Solo perché lui non ha mai rinunciato alla speranza di riportarti a casa?! Rinunciando al suo sogno pur di riuscirci?” gridò tra le lacrime.

“Ormai hai compiuto i dodici anni. Credi ancora alle favole che girano su quell’insetto?” chiese sarcastico evitando un kunai che la ragazzina gli aveva lanciato.

“Naruto è una persona eccezionale. Non è un vigliacco come te! Lui non è mai scappato davanti alle sue responsabilità.”

“Perché non ha mai desiderato il potere, ma l’insulso desiderio di venire accettato. Tu invece, ragazzina, hai un sogno?” domandò prima di sparire.

“Vederti morto.” Bisbigliò tra le lacrime.

 

Ino Yamanaka bussò alla porta dell’ufficio dell’Hokage.

“I ragazzi con Iruka Umino, la attendono in classe.”

“Grazie, arrivo subito.” Disse poggiando una lettera con una grafia composta ed ordinata sul tavolo, da quella distanza si poteva solo leggere la firma: Shinji Sabaku.

“Perché?” chiese voltandosi a guardare l’amico di tante battaglie.

“Non credo ti riguardi.” Rispose acido.

“Per quanto ancora intendi portare avanti questa pantomima?” domandò contrariata la bionda.

“Fino a quando le persone che amo non saranno al sicuro.”

“Insomma, ma hai sentimenti di quel ragazzino non ci pensi?”

Shikamaru si voltò di scatto: “In ogni dannato istante della mia esistenza. Preferisco avere il suo odio da vivo che vederlo morto perché ha sangue Nara nella vene. Non voglio ritornare più su questa questione.”

“Agli ordini.” Sospirò Ino. Gli dispiaceva, perché anche se l’amico era bravissimo a nascondere le sue emozioni era anche una persona sensibile.

Quando raggiunsero la scuola si accorsero immediatamente che qualcosa non stava andando per il verso giusto. Hiruka rimproverava un gruppetto di studenti.

“Come sarebbe a dire che non volete sostenere l’esame?” sbottò rivolto ad Hiro.

“Stiamo aspettando una persona.” Rispose.

“E’ stato sempre un ritardatario. Non possiamo bloccare gli esami perché ancora una volta non si smentisce.” Umino era al culmine della pazienza.

“Di chi state parlando?” chiese l’Hokage.

“Ci aveva promesso che sarebbe tornato in tempo!” rispose Feng

“Quindi non lo aspettiamo.” Aggiunsero in coro gli altri.

Shikamaru abbozzò un sorriso e si rivolse ad Hiruka: “Occupati prima degli altri gruppi. Minuto più minuto meno non fa differenza.”

“Anche lei si è messo d’accordo per farmi impazzire? Va bene.” Borbottò entrando.

Fortunatamente l’Eremita della Volpe giunse poco dopo e le selezioni procedettero senza problemi.

Hiro porse il suo copri fronte a Naruto: “Me lo metti?” chiese arrossendo.

L’uomo si chinò per allacciarlo dietro la nuca scura del ragazzino che ora stava per iniziare come tanti il duro cammino per diventare un ninja.

“Come sapete sarete divisi in gruppi di tre. Verrete affidati ad un maestro di livello superiore al mio. Hokage, può cortesemente leggere le formazioni?” domandò Hiruka cedendo la parola all’uomo seduto accanto a lui.

“Il Team sette guidato da Kakashi è formato da Lyoko Aburame, Cheza Inozuka e Toru Hyuga. I nominati sono pregati di mettersi accanto al loro insegnante.”

Attese che il gruppo si posizionasse, notando il disappunto di Nana di non essere nello stesso gruppo con il fratello.

Proseguì nella lettura: “Team otto guidato dall’Eremita della Volpe è così composto: Feng Inozuka, Tsugumi Uch…”

“Tsugumi Lee.” Disse la ragazza rompendo il silenzio.

Tossicchiando l’Hokage riprese la lettura: “Tsugumi Lee ed Hiro Hyuga.”

“Mi scusi su quel foglio ci deve essere un errore.” Aggiunse il ragazzo dagli occhi azzurro cielo.

“Non mi risulta. Sei tu il figlio di Hinata,no?” chiese Iruka.

“Sì, ma potrei essere assegnato ad un altro gruppo? Oppure perché non mette Cheza nel mio e manda Tsugumi nell’altro?”

“Siete stati scelti in base alle vostre caratteristiche peculiari.”

“Comprendo. Io però non voglio stare insieme ad un elemento simile. Pronta a pugnalarti alle spalle in qualunque momento.” Aggiunse distogliendo lo sguardo.

“Spero tu abbia un buon motivo per parlare in questo modo.” Replicò Naruto serio.

“Sì. Anche se ha cambiato il suo cognome rimane una Uchiha e come tutti sanno sono dei traditori per natura.”

Tsugumi abbassò la testa sconsolata.

“Non fare di tutta un’erba un fascio.” Lo riprese l’Hokage.

“Perché il suo clan non deve essere discriminato? Se si fosse trattato di me le cose sarebbero state differenti, vero?” gridò lui.

“Adesso stai esagerando.” Continuò Shikamaru.

“Io posso venire chiamato Sangue marcio, ma guai a toccare quelli del clan Uchiha, vero?” chiese voltandosi a guardare Naruto.

“Hyuga tu …”

“Eremita anche lei è d’accordo con loro a quanto pare, no?”

“Hiro ti pregherei di calmarti. Il tuo primo dovere è eseguire gli ordini senza contestare.” Rispose l’Eremita.

“Certo, signore.” Sbottò seccato tornando a sedersi.

  

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Capitolo 8
*** CAPITOLO 6 ***


Capitolo 6

 

“Tu sei un folle! Se ci beccano finiremo in grossi guai!” borbottò Kuro.

“Dai non fare il gattino spaventato.” Lo derise Shinji, mentre si nascondeva dietro un folto cespuglio a pochi metri dalla porta del villaggio di Konoha.

“Non possiamo entrare senza avere lo speciale permesso dell’Hokage! Se ci beccano dei chunin come pensi di cavartela?” chiese il rosso incrociando le braccia.

“Parli esattamente come zio Gaara. Sei noioso quanto lui.” Replicò Sasori alle spalle.

“Beh io sono suo figlio. Che pretendi?” rispose squadrandolo con i suoi occhi chiari come specchi.

“Volete fare silenzio?” li riprese il compagno davanti.

“Perché siamo venuti da queste parti?” domandò improvvisamente Sasori.

“Avevo voglia  di fare un giro.” Fu la risposta in coro e lapidare degli altri due.

Il primo genito di Kankuro, mise su il muso. Quei due lo consideravano la ruota di scorta e non gli piaceva come lo trattavano. Shinji con quell’aria sempre annoiata e gonfia di presunzione, Kuro con quello sguardo omicida. Erano suoi cugini, ma di certo non lo tenevano molto in considerazione e solo perché lui non era abile come loro. In quel momento comprese come il padre si era sentito ad avere per fratelli Gaara e Temari: banale.

Certo era stato difficile per Shinji e Kuro comprendere perché Sasori fosse stato assegnato al loro gruppo. Sarà stato un abile marionettista, ma non aveva mai spartito nulla con loro, oltre le estenuanti ore di allenamento e poi, lo detestavano perché in ogni caso era felice. Non che loro potessero mai ritenersi sfortunati, ma dovevano paragonarsi ogni giorno a genitori che certo non erano protettivi come zio Kankuro. Il rosso in particolare aveva sempre dovuto spartire l’affetto del padre con la sorella minore che si era rivelata molto più brava di lui ad interagire con il severo Kazekage. Era convinto che per farsi notare doveva essere sempre il migliore in tutto e solo con Shinji pareva riuscire ad essere realmente sé stesso, cioè un ragazzino che cercava continuamente l’approvazione paterna.  Il figlio di Temari dal canto suo aveva ricevuto l’incarico di proteggere la madre e così aveva fatto. In modo tanto minuzioso che nessuno dei pretendenti che durante quegli anni si erano fatti avanti erano riusciti a spuntarla. Per lui esisteva una sola persona abbastanza degna di poter frequentare la madre: Shikamaru Nara. Nemmeno Hidan aveva superato i severi giudizi del ragazzino e d’altronde come gli si poteva dare torto? Era ritornato dopo anni per reclamare una paternità che non gli sarebbe mai appartenuta. Figuriamoci se poteva pretendere addirittura la mano della sua mamma.

“Come sarebbe a dire che sono spariti?!” il tono di Gaara suonò alquanto minaccioso all’orecchio del Jonin incaricato della loro sorveglianza.

“Mi spiace.” Balbettò iniziando a sudare freddo.

“Scommetto che è una idea di tuo figlio. Kuro è troppo rispettoso dei regolamenti per disobbedire in questo modo.” Replicò voltandosi a guardare la sorella.

“Non dare sempre la colpa a mio figlio … con loro c’è pure Sasori a quanto pare.” Si offese la bionda.

“Ti devo forse ricordare che quella peste la scorsa estate ha quasi distrutto mezza Suuna?” aggiunse guardandola e sfoderando un sorriso divertito.

“Non ha certo sfondato il muro della palestra di proposito … non credevo che il colpo avrebbe raggiunto il silos d’acqua qui fuori.”

“Sarebbe stato meglio che avesse ereditato altro dal padre oltre l’aspetto … magari la calma.”

“Nemmeno Kuro è un angelo visto che lo asseconda sempre e comunque! Dei due da quello che dici dovrebbe essere quello più ponderato.” Rimbeccò lei.

Gaara si voltò a guardare la sorella: “Tu sei mai riuscita a dire di no a Shinji?”

Temari non rispose, il ragazzino sembrava aver ereditato le doti più deleterie di Shikamaru, oltre alla spiccata intelligenza ed alla sua furbizia. Una bomba ad orologeria che andava tenuta sotto stretto controllo.

“Dove pensi siano andati?” chiese sospirando.

“Beh se li conosco bene, c’è un solo posto.” Replicò lui tornado a sedere.

“Non scherzare! Hanno solo 12 anni e non possono aver lasciato il paese del Vento.” Replicò secca Temari.

“Tu sottovaluti troppo quei tre.” Precisò trattenendo a stento un sorriso, ricordando che alla loro età loro avevano fatto ben di peggio.

“Ho capito devo andare in missione diplomatica a Konoha.” Cantilenò la bionda.

Stava per uscire dall’ufficio, quando il rosso alzò la testa dallo scritto per dire: “Sorella, guarda che lo so che sei stata tu a metterlo in testa a Shinji!”

Temari restò bloccata sulla soglia, ma come diavolo ci era arrivato? Senza dire nulla si chiuse la porta alle spalle.

 

Ino Yamanaka condusse i tre giovani Ganin di Suuna davanti all’hokage, avevano commesso una grave infrazione  che regolava i rapporti tra i vari Stati ninja.

“Che devo farne adesso di voi tre? La prima cosa logica sarebbe avvertire Gaara e poi le vostre famiglie.” Disse Shikamaru sedendosi al tavolo ad osservarli.

“E’ tutta colpa di quello scapestrato!” accusò immediatamente Sasori, indicando Shinji.

Kuro lo fulminò con lo sguardo. “Non gli dia retta è stata una mia idea. Sono io il caposquadra.” Replicò serio.

“Piantala io non ho bisogno che ti prenda tutta la colpa.” Si offese il più alto dei tre.

Iniziarono a discutere, dimenticandosi dove si trovavano come accadeva ogni volta che si cacciavano in qualche guaio.

“Silezio!” berciò l’hokage irritato. “Siete più rumorosi di un gruppo di cicale. Volete rendervi conto che avete violato una delle principali regole? Se non fossimo alleati di Suuna ci avreste rimesso la pelle!”

“Ma lo siete, no?” aggiunse Shinji.

Il Nara sbuffò irritato, quel moccioso era davvero troppo furbo per i suoi gusti. Certo che in sei anni era cresciuto molto. Fu costretto ad ammettere di esserne orgoglioso.

“Ino trova alle pesti un alloggio, fino a quando non verranno a prenderli.” Aggiunse seccato.

 

“Tocca ancora Cheza ed io ti spacco il grugno!” gridò Hiro ponendosi in difesa della ragazza.

“Chi tu? Sangue marcio?” rise Toru, sapendo di essere di un livello superiore a lui.

“Sai bene che non poteva pararlo. In particolare se usi il byakugan!” rispose aiutando la Inozuka ad alzarsi.

“Sei troppo generoso con le racchie.” Ghignò Nana.

Cheza abbassò la testa, riuscendo a malapena a nascondere le lacrime che sembravano voler uscire. Arrossì quando sentì Hiro stringerla a sé, con dolcezza.

“Non dare ascolto a quello che dice. E’ tutta invidia.” Aggiunse a bassa voce.

L’Inozuka annuì, sperando che quella sensazione di benessere continuasse per sempre. Sentiva il cuore del ragazzo battere. Era un suono che la tranquillizzava.

“La perfetta coppia di perdenti!”  rise ancora Toru.

“Un giorno ti farò rimangiare le tue parole!” aggiunse il figlio di Hinata accompagnando a casa l’amica.

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Capitolo 9
*** CAPITOLO 7 ***


Il moro si levò l’abito da Hokage e lo porse alla sua assistente: “Ino per oggi ho finito con le udienze. Rimanda qualunque cosa a domani … tardi.” Precisò conoscendo le abitudini un po’ troppo mattiniere della ragazza.

“Ma abbiamo ancora un mucchio di lavoro arretrato!” protestò lei.

“Pure io.” Maliziò Shikamaru afferrando con un braccio la vita di Temari.

“Ciao, carina” salutò lei vittoriosa appoggiando la testa sulla spalla.

Lasciarono il palazzo, per recarsi agli alloggi assegnati ad i giovani Ganin della sabbia, certo che non avevano la minima voglia di abbandonare la comoda posizione assunta in ufficio.

“Devo ammettere che sei un genio.” Aggiunse l’uomo.

“Perché?” fece ingenuamente lei.

“Sono invecchiato, ma non sono diventato stupido ad un tratto. Se volevi vedermi, bastava chiedere.”

“Ora che lo so …” bisbigliò Temari facendolo voltare verso di sé.

“Mendokuse …” si chinò a baciarla lieve sulle labbra.

“Ma Hokage … così in pubblico?!” lo sbeffeggiò la bionda fingendosi scandalizzata.

Shikamaru la spinse contro una nicchia di un muro.

“Non hai ancora visto nulla …” bisbigliò affondando le labbra nel collo.

Temari si strinse maggiormente a lui: “Quanto siamo impazienti, oggi. Cry Baby.”

“Sono mesi che aspetto.” Precisò guardandola in viso.

“Si tratta solo di poche ore. Poi potrò dedicarmi a te.” Sorrise lei sfiorando con la bocca il viso.

“Immagino, con quella Seccatura da tenere sotto controllo.” Borbottò mentre riprendevano a camminare.

“Shinji è un bambino vivace. Tutto il tuo contrario, però, ha preso da te in tante altre cose.”

“Sarebbe? Non mi sembra di essere stato così folle da ragazzo.” Replicò alzando un sopracciglio.

“Il senso del gruppo, la responsabilità e l’intelligenza non sono caratteristiche dei Sabaku.” Ammise un pochino offesa.

“Tra intelligenza e furbizia la differenza è minima.” Si affrettò a rispondere prima di staccarsi da lei.

Sasori corse ad aprire la porta ed indietreggiò terrorizzato, ma tra tutti doveva proprio mandare la zia a riprenderli? Adesso la ramanzina sarebbe stata molto più pesante.

“Ciao.” Balbettò il castano.

“Non mordo … almeno per ora. Dove sono quegli altri due?” chiese entrando e scostando il nipote di lato.

Shinji e Kuro si mossero velocemente e si nascosero sotto il letto, prima che qualche oggetto contundente potesse raggiungerli, ma la donna sembrava più calma del solito.

“Mamma stai bene?” chiese il ragazzino facendo capolino dal suo nascondiglio.

“Avanti venite fuori. Non farò nulla.” Sospirò lei.

“Non mi fido.” Borbottò Kuro da sotto il letto.

“Dai vieni fuori cugino.” Ordinò Shinji.

“Tu ti fidi? Quello è senza dubbio un bushin di zia.” Insinuò il rosso.

“No è lei. Vedi che fa ombra? Nemmeno la copia di livello superiore la possiede. Ergo questa è la mamma.” Rispose aiutando l’altro ad alzarsi.

“Un acuto osservatore.” Aggiunse Shikamaru entrando.

“Ha preso tutto da sua madre.” Precisò con una punta d’orgoglio guardandolo di sottecchi.

“Ne dubito, Temari.” Replicò ironico.

La chiamava per nome, senza aggiungerci nessuno dei noiosi suffissi che spesso il ragazzino aveva udito quando parlavano di lei. Ne era felice, anche Hidan quando si riferiva alla madre usava il Sama e questo voleva dire che poteva ancora sperare.

“Ehi la pianti di fissarlo come se ne fossi innamorato?!” borbottò Kuro colpendolo con una lieve gomitata.

Shinji arrossì distogliendo lo sguardo. Il cugino non poteva capire, lui un padre lo aveva sempre avuto.

“Kuro tuo padre era preoccupato. Potevi almeno lasciare due righe.” Lo riprese Temari.

“Vedo tanto in pena che ha mandato te.” Replicò acido.

“Non essere tanto severo con lui. Essere a capo di un villaggio ninja implica grandi responsabilità.”

“Solo quando si tratta di me. Guai se sparisse Ayane. Fose allora si muoverebbe lui stesso per cercare la sua cocca.” Aggiunse incrociando le braccia.

“Perché continui a pensare che non ti ami? Sei molto ingiusto con lo zio.” Si arrabbiò Shinji.

“Che ne vuoi sapere tu?” si lasciò sfuggire il rosso.

“Già … io non posso capirlo. Sai una cosa? Io darei il mio braccio sinistro per avere la metà dei tuoi problemi!” aggiunse correndo via.

“Aspetta! Dai io non volevo dire …” cercò di scusarsi, ma l’amico era già sparito.

“La tua sensibilità è davvero notevole, ma non mi meraviglia visto tuo padre…” commentò Sasori.

Kuro si voltò e lo sollevò a qualche cm da terra: “Tu non intrometterti in questioni che non ti riguardano. E ci penserei due volte prima di fare il nome del Kazekage Gaara con tanta confidenza davanti a me!” ringhiò lasciando la presa.

“Ehi se lo avesse fatto Shinji non avresti avuto questa reazione!” protestò il figlio di Kankuro.

“Lui può permetterselo, tu, no.” Aggiunse serio.

“Si può sapere il perché? Anche io sono tuo cugino.” Borbottò Sasori.

“Non sei come noi. A te non viene richiesta la perfezione. Zio Kankuro è sempre stato un mediocre marionettista.”

Temari si offese, il mezzano dei Sabaku era sempre stato uno tra i più abili.

“Ragazzino porta rispetto a tuo zio!” replicò la bionda.

Kuro la gelò con uno sguardo, in quel momento gli ricordava tanto il fratello, prima del suo incontro con Naruto: “ Uno che chiama alle spalle mio padre mostro … è un mediocre.” Rispose secco.

Shikamaru intanto aveva seguito il figlio, lo aveva trovato nel suo posto preferito, dove da ragazzo passava ore a guardare le nuvole.

“Ti sei calmato?” chiese sedendo accanto a lui.

“Sì.” Borbottò asciugandosi veloce gli occhi.

“Non pensi di essere troppo severo con te stesso? E con Kuro?” domandò sdraiandosi a guardare il cielo rosso del tramonto.

“Sono solo invidioso. Quando parla in quel modo dello zio, non lo sopporto.” Rispose imitando l’Hokage.

“Vuoi molto bene a Gaara?”

“Sì. Ha sempre cercato di comportarsi come un padre nei miei confronti. Però non lo è.”

“Non è facile. Fa due mestieri molto seccanti.” Sbuffò il moro mettendosi a sedere.

“Maru, ti piace la mia mamma?” chiese.

La domanda fu fatta improvvisa a brucia pelo. Shikamaru si trovava nel più completo panico, che diavolo poteva rispondere?

“E’ una buona ambasciatrice e fa bene il suo lavoro.” Rispose con noncuranza sperando che il discorso terminasse.

“Non intendo in quel modo. Come donna.” precisò mettendosi a sedere sui gomiti.

“Le femmine sono tutte delle seccature.” Aggiunse alzandosi.

“Capisco.” Sbuffò stappando un po’ d’erba.

“Adesso cosa c’è che non va?”

“Maru, quando ero piccolo mamma ti piaceva. Perché adesso no?”

“Come mai ti sei ricordato questa cosa?” domandò iniziando a sudare freddo.

“Sei una delle poche persone che la chiamano semplicemente per nome oppure usando un soprannome. Questo vuol dire che tra voi c’è confidenza.”

“Beh… la conosco da tanti anni. Essere troppo formale non mi piace.” Bofonchiò arrossendo.

“A me piacerebbe, sai.” Ammise tornando a guardare le nuvole.

“Cosa …” chiese l’Hokage temendo che il ragazzo la sparasse grossa.

“Poterti chiamare papà.” Sussurrò grattandosi imbarazzato il naso.

“Sai mantenere un segreto?” chiese l’uomo.

“Certo!” replicò scattando in piedi.

“Chiunque vorrebbe un figlio come te.” Sussurrò iniziando a camminare, quando improvvisamente sentì la mano di Shinji aggrapparsi alla sua.

“Lo so che sono grande, ma posso?” domandò guardando da un’altra parte.

Shikamaru sorrise, era sfacciato proprio come la madre e per questo gli piaceva.

“Sì e ti prometto che non lo dirò ad anima viva.” Bisbigliò scompigliando i capelli mogano del ragazzo che per la prima volta si sentiva semplicemente un bambino.

 

 

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Capitolo 10
*** CAPITOLO 8 ***


Il rosso si presentò, senza nemmeno avvertire nell’ufficio dell’Hokage, dove una disperata Ino cercava di far quadrare il mare di appuntamenti saltati a causa dei tre Genin e di un insopportabile tifone biondo. Lei amava Choji, ma non poteva certo dimenticare che quella era la causa principale del suo fallimento della relazione che anni prima aveva avuto con Shikamaru. Era piombata tra di loro, proprio al momento più opportuno e molto subdolamente aveva irretito quello che al tempo era il suo ragazzo. Shikamaru non era certo uno stupido, ma con le donne non ci sapeva fare e Temari era stata astuta nel sedurlo. Però, la carica di Hokage e la guerra li aveva tenuti separati per anni, eppure, contrariamente ad ogni suo desiderio sembravano più uniti di prima. Ovvio, il loro legame si era rafforzato parecchio con la nascita di Shinji, anche se non capiva perché entrambi si ostinassero a tenere celata la verità al giovane. Sussultò quando la voce di Gaara si fece udire nel silenzio dell’ufficio. Anche se l’uomo era cambiato le metteva sempre una certa ansia, continuava ad avere uno sguardo omicida in quegli occhi chiari come specchi.

“Buon giorno.” Disse Ino cercando una scusa per giustificare l’assenza a quell’ora dell’Hokage dal proprio ufficio.

“Cercavo … Cry Baby lo hai visto?” chiese Gaara senza mutare espressione, ma la ragazza comprese che non era una visita ufficiale.

Non riuscì a trattenere un sorriso: “In questi giorni, se mi permettete il paragone è come un uccel di bosco.” Ironizzò furiosa sbattendo una pila di documenti sul tavolo.

“Ti ha lasciato molto lavoro a quanto pare. Dove posso trovare i miei giovani fuggiaschi?” domandò poi visto che la cosa non lo riguardava.

“Se tutti quelli che infrangono i trattati venissero coccolati in questo maniera … ma che mi aspettavo visto che il capo di quei tre è Shinji?” si lasciò sfuggire disperata.

Il Kazekage, la guardò. Quella sembrava una ragazzina gelosa più che la segretaria personale di un Kage. Matsuri mai nella sua vita si era lasciata andare a simili esternazioni. “Dove sono?” ripetè.

“A quest’ora saranno al campo di  allenamento con Shikamaru e Temari. Non capisco che motivo abbiano di essere tanto fiscali.”

Il rosso non badò all’ultima esternazione della bionda. Voleva solo riportare a casa il figlio, Suuna era terribilmente calma senza di lui. Restò ad osservare le esercitazioni nascosto dietro un albero.

Sasori aveva ereditato dal padre un buon dominio del chakra per cui qualunque  esercizio che prevedeva una sua concentrazione in qualche parte del corpo gli riusciva bene e stava diventando un abile marionettista.

Kuro aveva una particolare predilezione per il domino della sabbia, riusciva ad asciugare tramite il chakra il terreno umido del campo fino a tramutarlo in sabbia ed utilizzarla per la sua difesa.

Shinji dominava l’elemento del vento, portava sulle spalle il ventaglio appartenuto prima alla madre e come lei riusciva a tagliare senza alcuna difficoltà alberi, grazie alla forza che sprigionava.

Era stata una buona scelta quelli di metterli in gruppo, ma capiva che Sasori non si era riuscito a creare un rapporto con i più abili cugini. Pensava che la sua debolezza fosse dovuta in buona parte al carattere permissivo di Kankuro. Come se non sapesse quanto fosse difficile sopravvivere a Suuna. Lo aveva viziato e questo era il bel risultato. I loro rapporti non erano mai stati idilliaci, ma il tutto era degenerato, quando Kuro aveva mostrato la sua forza a Sasori, fino a quasi ammazzarlo. Per quanto spavento si fosse preso non era stato di certo da meno chiamandolo mostro. Questa era stata l’offesa più grossa che Gaara era incapace di perdonargli. Tutto avrebbe potuto accettare, anche che fosse lo stesso fratello a punirlo, ma non si doveva permettere in alcun modo di umiliarlo così. Chiunque toccava Kuro meritava solo di morire.

“Ti pare un muro di sabbia, quello?” chiese saltando giù da un ramo e raggiungendo il gruppetto.

“Padre …” il ragazzo divenne improvvisamente serio.

“Non cercare di giustificarti. Hai utilizzato in maniera scorretta la tua forza.” Cercava di restare serio, ma aveva il cuore in tumulto, suo figlio gli era mancato.

“Ma guarda un po’. Un altro infiltrato. Dovrò rivedere le misure di sicurezza.” Rise Shikamaru stringendo la mano all’amico.

“Sono venuto a prendere le future forze militari di Suuna ed ovviamente il mio consigliere.” Specificò lui scompigliando la testa mogano di Shinji.

“Ok. La vacanza sembra proprio finita.” Sospirò Temari.

“Ma dai zio! Possiamo benissimo allenarci anche qui.” Protestò il più alto dei Sabaku.

“Shinji non rispondere al tuo Kazekage.” Lo riprese la madre.

“Uffa, però!” borbottò ancora ricevendo uno scappellotto dalla bionda di Suuna.

“Fino a quando non superate le selezioni per diventare Chunin non potete lasciare in maniera tanto sconsiderata il villaggio. Ci sono delle missioni di grado D che vi aspettano fanciulli.” Ricordò Gaara.

“Che seccatura! Ma non si può evitare di lavorare tanto? Zio le missioni di grando D sono una barba.” Brontolò Shinji.

“Non riesci a tenere il becco chiuso, vero?!” chiese Kuro.

“Come vuoi.” Mise il muso.

“Dai non fare l’offeso.” Si scusò il rosso, ci teneva troppo all’amicizia del cugino per vederlo abbattuto.

“Partiamo subito?” chiese Temari.

“Sarebbe il caso. Non è sano per l’Hokage trascurare tanto il  lavoro d’ufficio.” Aggiunse guardandolo.

“Sei passato prima da Ino?” chiese il moro deglutendo.

“Ci sono un mucchio di documenti che ti aspettano.” Precisò ricordando l’espressione della ragazza.

Quelli erano i momenti in cui Shikamaru avrebbe volentieri strozzato Naruto per aver rifiutato la carica, capiva le sue motivazioni, però avrebbe dovuto evitare di fare il suo nome come possibile candidato.

“Allora vado. Cercate di non cacciarvi nei guai.” Disse rivolto ai giovani Genin.

Shinji si chiedeva perché mai non avesse salutato la madre, in quei giorni pareva aver notato nuovi sviluppi nel loro rapporto, ma forse si era sbagliato … perché era quello che LUI desiderava. Si morse un labbro, irritato per la sua ingenuità.

“Padre, volevo scusarmi … io non pensavo seriamente quelle cose.” Borbottò Kuro raggiungendo il Kazekage.

Gaara non rispose, si limitò a circondargli con un braccio le spalle ed appoggiare la testa a quella del figlio. Comprendeva le sue ragioni ed ammirava che riuscisse ad ammettere i suoi errori. Konoha era un toccasana per tutti quelli che vi mettevano piede. Non aveva perso le sue doti taumaturgiche, visto che l’orgoglioso Kuro aveva trovato il coraggio di chiedere scusa. Era un Sabaku molto di più di quanto si poteva aspettare da lui. Un futuro capo.

 

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Capitolo 11
*** CAPITOLO 9 ***


FIRST DATE

 

Hiro deglutì nervoso, quanto era carina Cheza in quel vestitino nero. Vestiva sempre con dei maglioni che nascondevano quelle forme morbide. I pensieri che passarono in quel momento per la testa del ragazzo lo fecero sudare. No! Era la sorellina di Feng e quindi intoccabile … merda.

“Sembri nervoso.” la ragazza si sistemò un ciuffo ribelle dietro l’orecchio.

“Nah … solo che non ti avevo mai vista indossare un vestito …”

“Come?”

“No! No! Hai frainteso!”

“Scusa mi hai per caso visto senza?!”

“Io … beh… non intendevo quello! Solo che non me lo aspettavo …”

“Ma che stai blaterando? Hiro sei diventato rosso.”

“Pensavo … dunque … che … se …”

“Se cosa? Insomma ma che ti prende stasera?”

“Toru ti vedesse … insomma …”

“Che centra quello spocchioso ora? Voglio il tuo giudizio non il suo!”

“Dai non arrabbiarti … stai bene.” Concluse tornando a concentrarsi sul suo piatto di Ramen.

Non si era accorta che gli occhi di Hiro non riuscivano a staccarsi dalle sue forme aggraziate e percepivano anche il più piccolo dei suoi movimenti, anche quello insignificante di sistemarsi l’orlo del vestito bordato di pizzo.

“Oggi sei stato grande all’esame finale di selezione dei chunin! Non avevo mai visto nessuno darle in quel modo a Toru-sama! Se lo meritava proprio!”

“Non essere cattiva con lui ... mio cugino non è poi così insopportabile. Credo lo diventerei anche io se mio padre fosse Neji-sama.”

“No! Tu non potresti mai non piacermi!” s’infervorò lei prendendo le mani tra le sue, più sottili e delicate ed avvicinandosele al petto.

“…”

“Hiro tu sei la persona più buona al mondo che io conosca!”

“mmmh smettila ora!” si liberò con un gesto involontario e brusco dalla stretta di lei.

“Scusa …” bisbigliò abbassando la testa e stringendo con le mani il lembi dell’abitino, si vedeva che stava trattenendo le lacrime.

“ …no … e che… dai scusa … volevo festeggiare con te la mia promozione … perché …” farfugliava frasi incoerenti quella sera.

La ragazza tornò a guardarlo, aveva gli occhi selvaggi del padre e la linea dolce del viso della madre che in lei si fondevano alla perfezione, risultando nell’insieme gradevole, e, cavoli quella sera il ragazzo non poteva distogliere gli occhi da lei.

“ … immagino riguardi Tsugumi, no?” domandò gelida.

“ eh?... Veramente …”

“Ci avrei scommesso! Se quella non vede quanto tu sia speciale è tonta come tutti gli Uchiha!” gridò scattando in piedi.

“Cheza …”

“Scusa devo proprio andare! Andiamo Akamaru!” chiamò la ragazza correndo fuori.

“Aspetta … ma perché sei cosi … calmati e dai vuoi ascoltarmi?!” gridò correndole dietro.

Il grosso cane bianco mostrò i denti quando Hiro afferrò Cheza per un braccio costringendola a voltarsi.

“A cuccia.” Ordinò.

L’animale obbedì senza però perdere di vista il ragazzo.

“Si può sapere adesso perché piangi, uh?”

“Cavoli ma sei davvero stupido! Feng a ragione dicendo che hai la testa fra le nuvole … sei peggio di quello sfaticato di Shinji-Sama!”

“Che centra ora quel tizio di Suuna? … ti ha dato fastidio?!”

“Magari ci avesse provato! Il nipote del Kazekage … avrei potuto trasferirmi nel paese del vento e…”

“…..”

Akamaru addentò una caviglia del ragazzo che fu costretto ad allontanarsi con la forza da Cheza.

“Cagnaccio rognoso!” berciò seccato.

“Ti ha fatto molto male? Cattivo Akamaru!” lo rimproverò lei, mentre il cane cercava di giustificarsi. “non esistono scuse per il tuo comportamento! Non mi stava aggredendo!”

Il grosso cane non pareva della sua stessa opinione, d’altronde gli ordini impartiti da Kiba erano stati perentori. Afferrò la padroncina per il collo del vestito se la tirò in groppa.

“Adesso che ti prende?!” gridò offesa

“Forse è tardi. Ci vediamo domani, Inozuka.” Salutò Hiro mentre si allontanava zoppicando lievemente a causa del morso ricevuto.

“come sarebbe a dire Inozuka?” sussurrò mentre calde lacrime bagnavano la pelliccia di Akamaru

Lui uggiolò come per consolarla.

“E’ tutta colpa tua! Quindi non cercare di fare l’innocentino!” replicò mentre si avviavano insieme verso casa.

 

“Mat?” borbottò Tsugumi quando allungando una mano non percepì più il corpo del ragazzo. Nessuna risposta.

La giovane Uchiha si strofinò gli occhi assonnati, la stanza era deserta, il suo fidanzato si era dato nuovamente alla macchia, accadeva da un po’ di giorni ormai. Dopo aver fatto l’amore il ragazzo spariva e tornava velocemente a casa sua. Non ricordava esattamente quando quel ragazzo così somigliante al suo amato Eremita, fosse entrato nella sua vita e conil passare il tempo, lui, leniva in parte il grosso dolore di non poter avere l’unico essere che sembrava completarla. Lei amava il suo Mat, però non era Naruto. Nessuno sarebbe stato mai come lui.

Naruto starnutì guardandosi intorno, nessuno pareva averlo udito. Si sentiva un ragazzino ed anche adesso che era un Sennin trovava ridicolo dover andare a trovare la sua donna di nascosto come quando era un ragazzetto imberbe. Ricordò di quando aveva fatto quasi a pugni con Kiba in quella stanza, era sempre stato così geloso di lei? Allora non era poi maturato molto e comunque se qualcuno lo avesse visto lo avrebbe certo scambiato per un pervertito.

“non è comico Ero-sennin?” chiese guardando il cielo stellato.

“Sei in ritardo.” Disse Hinata affacciandosi al parapetto della finestra, i capelli sciolti sulle spalle, indossava uno yukata decisamente audace per una come lei. Si intravedevano le sue voluttuose forme nascoste dalla leggera stoffa.

Naruto inghiottì la saliva imbarazzato, cavoli per lei gli anni sembravano non passare mai, era sempre incantevole anche ora che aveva superato la mezza età.

“Dove si trova Hiro?” chiese incapace di distogliere lo sguardo dalla procace scollatura.

Hinata ridendo lo afferrò per il kimono, tirandolo dentro la camera, il peso li fece franare sul morbido letto.

“Sa badare a sé stesso.” Bisbigliò intrecciando le gambe con quelle di Naruto.

“hai decisamente un buon profumo.” Bisbigliò con la bocca appoggiata alla pelle diafana.

Hinata emise un suono compiaciuto, erano settimane che aspettava quel giorno, da quando aveva iniziato a preparare i ragazzi per la selezione dei chunin si erano visti poco ed il peso di Naruto sopra di lei le era mancato. Quelle grandi mani rassicuranti che accarezzavano il suo corpo, l’umidità della lingua dentro di lei, le dolci spinte che si facevano via via sempre più ritmate e passionali, il caldo corpo che cadeva sopra di lei al concludersi dell’amplesso. Eppure era stata dura possedere tutta quella felicità e rimaneva il fatto che Hiro non sospettava minimamente del fatto che il suo Sensei fosse l’amante della madre. Era sempre stato geloso e temeva che venendolo a scoprire, il delicato rapporto che c’era tra di loro si potesse rompere.

“Naruto mi porteresti via con te?” sussurrò una notte.

“Dove vorresti scappare, tesoro?” chiese voltandosi

“Potremmo girare per un po’ il mondo. Solo tu ed io.”

Naruto si puntellò sui gomiti: “che diremo ad Hiro?”

“Sarà impegnato con il capitano Yamato in varie missioni e quindi sarà pochissimo al villaggio. Questo è quanto ha detto l’Hokage a Neji.”

“Sì ma come giustifichi il fatto che te ne vai in compagnia del suo sensei? Non mi risulta che sia a conoscenza della nostra relazione.”

“Tipo come nessuno doveva sapere di Asuma e Kurenai?” chiese ridendo.

“E’ così evidente a tutti che ti amo?”

“Per tua sfortuna sì.” Rispose appoggiando la testa sul suo torace.

“Senti lo sa pure il galantuomo che dorme al piano di sotto?” domandò.

“Naturalmente. Tu hai tutti i diritti di stare qui con me. Poi sono abbastanza adulta per avere una vita privata.” Rispose addormentandosi.

Naruto non sapeva che la realtà era diversa, da quando Hiro aveva battuto il figlio di Neji in quel duello, l’uomo aveva perso ogni diritto sulla cugina ed ora il potere della casata era tornato nelle mani di Hinata. Questo faceva di Hiro il nuovo signore della casata principale in caso la madre si fosse assentata.

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Capitolo 12
*** CAPITOLO 10 ***


CAPITOLO 10

LE SECCATURE AL SUO PROPRIETARIO

 

Kuro era furioso! Nessuno pareva in grado di fermarlo e Sasori non riusciva nemmeno più a difendersi. Tutti erano restati immobili, non era abitudine, intervenire durante un diverbio nella famiglia del Kazekage.

Una folata di vento impetuoso fece volare il figlio di Gaara contro una parete di roccia e l’ira del giovane parve spegnersi.

“Che cazzo stai facendo?!” gridò Shinji appoggiandosi al grosso ventaglio.

“Tu, da quando difendi Sasori?” borbottò offeso.

“Ma ti è dato per caso di volta il cervello? Lo stavi per ammazzare. Si può sapere che ti prende?”

“Voglio sapere se è vero Shinji-kun.” Chiese rimettendosi in piedi e pulendo i vestiti dalla sabbia.

“Che cosa?” chiese l’altro.

“Che chiederai a mio padre il permesso di trasferirti a Konoha.”

Shinji sospirò, non ne aveva ancora parlato con nessuno, infondo a parte poche persone nessuno avrebbe sentito la sua mancanza.

“Sì. Ma non volevo che venissi a saperlo in questo modo.” Rispose guardando inviperito Sasori.

“Perché te ne vai?” chiese mentre entravano nella sala dove c’erano i loro genitori.

“Non fraintendere. Io amo Suuna, ma l’Hokage non è certo tipo che accetta facilmente simili richieste, senza contare che dopo il lavoro per me si raddoppia. Che seccatura!”

“Allora perché non resti con me?”

“Kuro a me piace un sacco fare squadra con te. Però adesso sento il bisogno di andarmene.” Disse legandosi i lunghi capelli a ciuffo.

“Che fine a fatto la tua coda bassa?” chiese Temari squadrandolo severa. Non gli piaceva quando in qualche dettaglio ricordava il padre.

“Dai mamma che male faccio? Sono molto più figo così!” scherzò lui.

“Povera me.”

La bionda restò a guardarlo e cavoli se somigliava al suo ninja pigro ogni giorno di più, se non fosse per il colore tendente al rossiccio dei capelli e gli occhi verdi, quello sarebbe stato il ritratto vivente di un Nara. Anche nei tratti del viso gli somigliava molto e questo per lei era fonte segreta di dolore, essere la sorella del kazekage la teneva per lunghi periodi lontana da lui.

“Vengo pure io con te.” Disse Kuro.

“Scordatelo proprio. Se devo pensare anche a te è la fine.” Rispose Shinji.

“Tu non devi pensare a me.”

“Allora mi rovini la piazza, ti va meglio detta così?” borbottò.

“Si può sapere che intendi?”

“Dai non fare il finto tonto. Ai presente le Seccature, no? Se vieni anche tu …”

“Non ricominciare. Senti non è colpa mia se alle ragazze piacciono i belli e tenebrosi.” Lo beffeggiò.

“Primo io sono figo quanto te! Secondo non voglio una seccatura qualunque e terzo non voglio ragazzine urlanti che sfondano i miei delicati timpani.” Precisò infilando le mani nelle tasche posteriori.

“La tua è solo invidia mio caro.”

“Non ho nulla da invidiare a te.”

“Certo che ce l’hai!” cinguettò Ayane entrando e guardandolo con superbia. Era la ragazza di Sasori e la sorella di Kuro, ma non sopportava né il fratello né quella specie di cugino.

“Sarebbe?” chiese mettendo le mani sui fianchi ed alzando un sopracciglio.

“Un padre che ti faccia abbassare la cresta!” rispose Sasori.

“Stronzetta.” Borbottò Kuro.

“Lasciala perdere. Non importa.”

“Per quanto tu Shinji possa cercare di somigliare a quell’uomo mettiti in testa che non è tuo padre. Poi non so cosa ci possa essere di tanto interessante in uno sfaticato come quello.” Continuò imperterrito Sasori.

Shinji non perdeva mai la calma, ma quando osavano insultare qualcuno che per lui era un eroe, il suo cervello andava letteralmente in tilt. Estrasse un kunai e lo puntò alla gola di Sasori mentre Kuro aveva fermato Ayane.

“Non farlo mai più se ci tieni alla pelle! Prova ancora a dire una sola parola cattiva su di lui e ti taglio la gola. Non me ne frega se per questo diventerò un ninja esiliato.” Ringhiò a pochi centimetri dal suo viso.

“Adesso smettila, Shinji.” Ordinò Gaara seccato dalla confusione.

“Subito, Kazekage-sama.” Rispose riponendo nella cintola il kunai.

“Possibile che tu proprio non riesca ad andare d’accordo con tuo cugino?” lo sgridò la madre.

“Come puoi accettare che ne parli in questo modo?! Ma che ci parlo a fare con te che hai preferito la tua carriera a lui?!” gridò in preda dalla rabbia.

“Non ti permettere di usare quel tono con me!”

“Scusa madre. Però quello che ci ha rimesso sono stato esclusivamente io! A te forse può bastare vederlo per le selezioni dei chunin, ma a me no! Domani quando arriveremo per le finali io non intendo certo ripartire!”

“Farai quello che dico io, invece!”

“la vedremo. Sono stufo di essere trattato come un ragazzino!” rispose salendo le scale che portavano alla sua camera.

“Ma lo sei!” la voce acida di Temari giunse poco prima che si chiudesse seccato la porta alle spalle.

Gaara continuò a guardare la sorella, forse aveva sbagliato a chiederle di continuare a restare dopo la sua nuova salita al potere, avrebbe fatto meglio a farla restare con lui.

“Mi spiace è tutta colpa mia.” Disse.

“No. Solo che sta diventando ingovernabile ed io sono stanca di doverci litigare tutti i santi giorni.” Sospirò sedendosi.

“Alla sua età è più che naturale essere ribelli.” Aggiunse dolcemente Matsuri.

“Però …”

“Però che tu lo voglia o meno il richiamo del sangue si sta facendo sentire. Sarebbe il caso che gli dicessi la verità.”

“Non è così semplice, Matsuri. Penserà che lui non lo abbia voluto, quando invece è stata una decisione presa per proteggerlo.”

“Essere padre e Kage non è una cosa che riesce bene a tutti.”

“Non è questo. I figli dei Kage sono sempre in pericolo, per questo molto spesso si preferisce tener nascosto di avere una famiglia.” Replicò Gaara.

“Ma tu …”

“Io … già Matsuri. Se non l’ho fatto è perché sono convinto che la mia famiglia sia forte. Ma stiamo per perdere un anello importate della catena.”

“Non permetterai a Shinji di proseguire in questa follia!” chiese Kuro.

“Ormai mi sembra grande per poter decidere da solo.”

“Allora perché io, no?” domandò Kuro. Insomma lui sapeva la verità sulle origini del cugino ma non ne aveva mai fatto parola con lui, ma lo trattavano in maniera differente.

“Se ti dicessi è perché sei mio figlio, può bastarti come giustificazione?” chiese Gaara.

“No.” Borbottò gonfiando le guancie.

“Lui è un ragazzo che mette la logica davanti a tutto e non è impulsivo come te.”

“Madre, ma noi siamo sempre stati insieme e se lui se ne va … resto solo.”

“Tu hai tanti amici.”

“Certo un sacco di galoppini idioti.” Replicò ricordando la schiera di ipocriti che gli correva dietro.

“Non smette di essere tuo cugino solo perché si trasferisce in un’altra città.” Aggiunse Temari.

“Tanto a Konoha ci lascio uno dei miei soldati più fidati.” Aggiunse il Kazekage facendo fatica a  nascondere un sorriso.

“Chi sarebbe?” chiese Ayane.

“Temari Sabaku, la conoscete? Non ho voglia di sentirla brontolare per tutto il viaggio di ritorno e poi … ho voglia di lasciare … come si dice? Sì, le seccature al suo proprietario.” Concluse tornando nel suo studio.

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Capitolo 13
*** CAPITOLO 11 ***


 

Fu il rumore metallico dei kunai scivolati dalla mano di Hiro a fare voltare i due.

“Scusate non volevo disturbare.” Disse chinandosi a raccogliere le armi da lancio e cercando di trattenere le lacrime.

Naruto appoggiò una mano sulle spalle del ragazzo, ma l’allievo lo scostò bruscamente: “Non toccarmi mai più! Avevo ragione quando dicevo che portava guai! Che mi potevo aspettare da una Uchiha?!” gridò mentre gli occhi cominciavano a bruciargli.

“Aspetta un minuto, ragazzino!” lo riprese Naruto.

“Non è certo a me che devi delle giustificazioni!” tentò di liberarsi dalla stretta senza successo.

Fu allora che Hiro perse letteralmente il controllo di sé, iniziò a pugnalare l’uomo più volte al petto con la mano libera sotto lo sguardo spaventato di Tsugumi, l’eremita non si difendeva lasciava che continuasse a colpirlo.

“Hiro…”

“Ti odio! Ti odio!” e solo quando un fiotto di sangue si mischiò con le sue lacrime, fece cadere il kunai lordo di sangue a terra.

L’eremita non aveva fatto nulla per difendersi ed ora a malapena si reggeva in piedi.

“Tu sei un mostro!” urlò Tsugumi colpendolo con uno schiaffo e correndo a chiamare uno dei ninja medici.

Naruto si appoggiò al muro, aveva numerose ferite e faticava a respirare, restava a fissare il suo aggressore. Quegli occhi li conosceva bene, anche i suoi erano così quando si sentiva tradito da qualcuno nel quale aveva sempre creduto … Sasuke.

“Ti sei calmato?” ansimò prima di tossire per lo sforzo.

“Io…” continuò a fissarsi le mani sporche di sangue e cadde in ginocchio con il corpo che era scosso da violenti singhiozzi.

“Mi spiace. Anche i Sensei  possono sbagliare. Io non sono la persona perfetta che tu credi.” Rispose dando voce alle domande di Hiro.

“Tu, sapevi tutto di me … Sapevi quanto mi piacesse Tsugumi! Eppure le hai permesso di baciarti!” singhiozzò.

“Non era certo voluto. Hiro per quanto possa essere stato paragonato al grande Jinaraya non sono che la sua pallida ombra… pure in questo.” Sorrise debolmente.

“Scusami … Naruto-sama.” Bisbigliò Hiro.

“Avvicinati.” Sussurrò avvolgendo il ragazzo in un abbraccio.

“sono un mostro?” chiese mentre si aggrappava disperato a quel chimono.

“Non più di quanto lo sia io stesso. Ho promesso a tua madre che ti avrei difeso.”

“Avevi tutto il diritto di ferirmi!” rispose guardandolo.

“Purtroppo quando si tratta di te, io non son più capace di ragionare, sai?” gli scompigliò la chioma scura.

“Vuoi una mano?” chiese.

“Andiamo da nonna Tsunade.” Rispose uscendo appoggiato all’Hyuga mentre Tsugumi entrava insieme a due ninja medici.

“Sta bene, Eremita?” chiese uno dei due.

“Solo un po’ affaticato.” Rispose con noncuranza ignorando la barella che i due portavano per continuare a camminare verso l’infermeria.

Tsugumi non capiva come potesse preferire appoggiarsi a quella specie di mostro invece che a lei.

Hinata entrò come una furia, non riusciva a nascondere le sue emozioni, ormai il tempo in cui arrossiva era del tutto svanito.

“Allora mi spieghi cosa è successo? Ho incontrato la giovane Lee e mi ha detto che è stato nost… mio figlio a ferirti.” Si corresse appena in tempo prima che il ragazzo si voltasse colpevole a guardarla.

“No abbiamo solo avuto una piccola divergenza d’opinioni.”

Hiro lo guardò riconoscente, allora lo aveva perdonato, ma per loro sfortuna la donna conosceva abbastanza entrambi da sapere che gli nascondevano qualcosa.

“Che mi state nascondendo?” chiese portando le mani sui fianchi.

“Nulla, mamma.”

“Insomma ma perché non ci credi, Angelo mio?” chiese Naruto con un sorriso furbo.

Hinata guardò verso Hiro che non pareva per nulla stupito dal modo in cui l’uomo l’aveva chiamata come se fosse una cosa naturale.

“Voi due non me la raccontate giusta.” Sospirò arrendendosi.

“Visto che Bachan ha finito di medicarmi che ne dite di andare a mangiare un bel piatto di Ramen?” domandò l’Eremita alzandosi in piedi e circondando con entrambe le braccia le spalle dei due.

“Sensei …” lo sguardo del giovane si rabbuiò.

“Che c’e?” chiese il biondo.

“Da quando siete tanto in confidenza con mia madre?” domandò puntando lo sguardo sul braccio di Naruto attorno alle spalle della donna.

Hinata cambiò colore e l’Eremita della Volpe levò velocemente il braccio da quella piacevole posizione.

“Io… e lady Hinata siamo amici da tanto tempo che mi è venuto spontaneo.” Balbettò sperando che credesse alle sue parole.

“Ma voi due mi avete preso per cretino? Inoltre non permetterei mai a nessuno che non fosse Emita Olpe di stare con la mia mamma.” Rise facendo la linguaccia.

“Bhe vogliamo andare?” aggiunse la donna spingendoli fuori dall’infermeria per rompere l’imbarazzante silenzio complice che si era creato.

 

Il giorno successivo all’arrivo della delegazione di Suuna per ci sarebbe stata una festa al villaggio di Konoha per celebrare l’arrivo degli ospiti. Quell’anno era stato scelto il paese del fuoco come luogo dove commemorare la fine dell’Akazuki e la pace tra tutti i villaggi ninja.

Shinji che solitamente portava sempre i capelli sciolti, rubò dal cofanetto di Ayane uno dei suoi elastici per i capelli. Sapeva che sua madre non voleva che si facesse la coda alta, ma pensò di essere abbastanza grande per poter decidere in piena libertà il suo look.

Kuro si stava sistemando i capelli con il gel davanti alla specchiera, avvicinò maggiormente il viso alla superficie liscia per sistemare un ciuffo ribelle. Era sempre stato terribilmente perfezionista e vanitoso, specie quando i due si sfidavano a far strage di cuori femminili come quella sera.

Ovviamente erano due bellezze totalmente differenti: Kuro aveva ereditato i lineamenti delicati del padre ed anche i suoi modi, ma il suo fisico era molto più infatile se paragonato a quello di Shinji nel quale si intravedevano già i tratti di un giovane uomo. Queste differenze non avevano però mai creato problemi di sorta tra i due ed erano anche differenti per quanto riguardava la scelta delle ragazze. O meglio da un po’ di tempo Kuro aveva scoperto di essere più interessato ai ragazzi … no, uno solo gli piaceva e sapeva che era un amore senza speranza. Avrebbe tanto voluto essere la sua Seccatura, ma sapeva che il cuore di Shinji era già occupato … dalla sua dannata sorella che ovviamente non si era mai accorta di nulla. Ayane era sempre stata un grosso problema per lui. In qualche maniera riusciva a rubargli sempre la scena, anche quel giorno quando si presentò a casa insieme a Sasori. Pure quel giorno, Shinji era rimasto impassibile ad ascoltare i due che chiedevano al Kazekage il permesso di frequentarsi. Solo chi lo conosceva bene poteva vedere il velo di tristezza calato sugli occhi acquamarina. Ma ora non era tempo di pensarci avrebbe fatto di tutto per vederlo sorridere di nuovo, e, forse, per questo, il padre aveva acconsentito alla richiesta di trasferimento.

“Kuro-chan ma che ti prende?” chiese il ragazzo dai capelli mogano voltandosi verso il cugino.

“Nulla.” Replicò abbozzando un sorriso.

Era insolito che il figlio del Kazekage non scattasse quando lo chiamava in quel modo, lo aveva sempre terribilmente infastidito. Però era una delle libertà che solo Shinji poteva prendersi e nessun altro.

“Possibile che tu non guardi mai dove cammini?! Forse hai bisogno di un bel paio di occhiali, Inozuka!” borbottò Nana.

“Sai penso che tu abbia ragione. Bisogna essere cieche per non essersi accorte del tuo culo da elefante.” Replicò Tsugumi aiutando Cheza a rialzarsi.

“Cosa fai in compagnia di questa gentaglia?”

“Mi ci ha costretta mio padre a dare una mano a questa.” Rispose la mora con un sorriso disgustato.

Hiro pensò che l’Inozuka stava decisamente meglio in quel grazioso vestito bordato di pizzo che in un soffocante Kimono da cerimonia.

“Guarda che è del tutto inutile che ci provi, il sangue marcio quelle come te non le calcola neppure.” Sghignazzò Nana seguita da Tsugumi.

Cheza arrossì quando notò gli occhi di Hiro puntati su di lei, avrebbe voluto scoppiare a piangere, ma perché dovevano essere sempre tanto cattive? Credevano che non si rendesse conto che un’addestratrice di cani non poteva puntare al principe Hyuga? Perché da quando aveva battuto Toru quel titolo spettava esclusivo di diritto al Sangue Marcio.

“Dovresti sorridere, altrimenti la tua piccola Hikaru si preoccupa.” Bisbigliò Hiro porgendole la cagnolina.

“Come?” alzò gli occhi stupita.

“Tuo padre mi ha detto che il cucciolo di Akamaru che ti aveva regalato è morto per una malattia e così … so che non può sostituire Kyo però almeno ti farà tornare il sorriso.”

“Grazie.”

“Bravo Sangue Marcio. Fai anche la carità ai pezzenti, ora?”

Hiro lo afferrò per il bavero del Kimono, proprio nel momento in cui Kiba e Naruto giungevano dalla piazza principale.

“Tu osa solo parlare male degli Inozuka e ti giuro che la prossima volta  non mi limito a romperti il naso, cuginastro!” ringhiò Hiro mentre i suoi occhi diventavano rossi.

Naruto trascinò via figlio con la forza, il giovane demone dentro di lui pareva ormai deciso a battagliare con chiunque gli fornisse l’occasione e questo non poteva accadere.

“Papà hai visto che mi ha regalato Hiro?” Trillò Cheza mostrandogli la cagnolina.

“Ma che bravo.” Borbottò intanto pensava: quelle due pesti mi hanno sottratto un cucciolo! Quando torna a casa Feng mi sente! Però la sua bambina aveva ritrovato il sorriso e questo per lui era importante.

 

Quando i ragazzi della delegazione della sabbia giunsero alla festa cercarono immediatamente i loro genitori.

Choji lanciò una lieve gomitata all’Hokage indicando l’entrata. Shikamaru si voltò seguito da Temari che stava discutendo con lui.

Shikaku diede voce a ciò che tutti pensarono: “Sicuramente ora nessuno dubiterà che quel ragazzo a sangue Nara nelle vene.”

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Capitolo 14
*** CAPITOLO 12 ***


Furono presi letteralmente d’assalta da un gruppo di ragazzine urlanti, Kuro si nascose dietro il cugino per evitare di essere travolto.

Shinji si fece largo tra le kunnoichi sorridendo con Kuro attaccato saldamente al suo braccio.

“E’ la tua fidanzata?” chiese Nana notando una chioma rossa spuntare alle spalle del mogano.

Il giovane figlio del Kazekage divenne del colore dei suoi capelli mentre si staccava dal lui.

“Non credo siano affari che ti riguardano, Hyuga.” Replicò secco.

“Quanto sei scortese con una signora!” replicò lei ad alta voce.

“Io di signora non vedo nessuno. E poi lo sanno tutti che a me piacciono le ragazze alte e formose. Spiacente non sei il mio tipo.”

“Come osi?”

Ma il ragazzo parve non ascoltarla, si diresse verso il gruppo del quale facevano parte Hiro e Feng, ignorando totalmente il resto delle ragazze. Mentre si allontanavano Kuro si voltò e fece la linguaccia.

“Cheza lo sai che stai proprio bene in kimono?” si complimentò Kuro che pareva all’improvviso aver perso l’iniziale timidezza.

Hiro si voltò a guardare i due che si scambiavano sguardi complici, se solo ci avesse provato lo avrebbe steso …. Ma che pensava? Lui era innamorato di Tsugumi e non dell’Inozuka. Allora perché nel suo stomaco sembrava stesse prendendo forma un mostro?

“Dai piantala, Hyuga! Le ha fatto solo un complimento.” Replicò Shinji notando la reazione del ragazzo.

“Che vai a pensare?”

“Da quando sei diventato biondo?” chiese notando la capigliatura dell’amico che fino a qualche ora fa era scura come quella del clan del quale era diventato erede di prima linea.

“Penso che sia una tonalità che mi doni molto di più della precedente. Inoltre mi piace cambiare spesso colore di capelli.” Replicò sistemandosi il copri fronte.

“Vieni Kuro dobbiamo andare a salutare l’Hokage. Siamo ospiti non scordarlo.” Sussurrò afferrando il cugino per un braccio. Sasori e Ayane si trovavano già sul posto. Temari quando li  vide arrivare si rabbuiò.

“Buona sera.” Dissero raggiungendo il gruppo di adulti.

“Ti sei attardato più del solito.” Lo riprese immediatamente Temari squadrandolo da capo a piedi. Anche se la cosa la infastidiva era davvero orgogliosa di suo figlio, aveva ereditato le caratteristiche migliori di loro due.

“Scusa. Kuro è stato un’ora in bagno.”

“Shi-kun!!! Non è vero ci metti tu delle ore a prepararti! Hai tirato fuori l’intero guardaroba prima di decidere!” sbuffò il rosso.

“Sai che hai la lingua lunga, seccatura?”replicò colpendo con un lieve cricco la fronte.

“Non ti permettere! Ricorda con chi stai parlando!”

“Sì con un nanetto!” rise.

“Nella botte piccola c’è il vino buono, sai?”

“Peccato che la tua zucca sia vuota.” Lo prese ancora in giro.

“Razza di spilungone presuntuoso!”

Matsuri tentò di calmare i due, ma diventava inutile quando cominciavano una discussione nessuno sembrava riuscire a zittirli a parte…

“Basta.” Disse Gaara in tono neutro.

I due continuarono a guardarsi in cagnesco ma smisero di fare rumore.

“Vi ricordano qualcuno?” bisbigliò Choji verso Shikamaru e Temari.

“Non dire sciocchezze!” replicarono i due stizziti.

“Uguali. Meglio identici.” Rise Shikaku seguito dagli altri.

Choji non sapeva quanto in si fosse avvicinato alla realtà, per quanto potessero litigare una cosa era certa non riuscivano a stare separati per molto tempo. Questo veniva percepito più da Kuro che era di animo sensibile, mentre Shinji aveva bandito quel genere di emozione da quando Ayane si era fidanzata con Sasori.

Tsugumi e Nana con loro grande scorno dovettero ammettere che quei Sabaku alla fine non erano poi tanto malaccio, peccato che frequentassero i perdenti ed in particolare Hiro. Anche se avrebbero dovuto portargli rispetto, era nel loro sangue disprezzarlo più che qualunque altra persona, ma nessuno lo detestava più di Toru che vedeva in lui il continuo ostacola alla sua relazione con Cheza Inozuka, per quanto la disprezzasse pubblicamente era comunque innamorato di lei.

“Fatti un po’ guardare ragazzino.” Disse l’Hokage rivolto a Shinji con finta severità.

Come sempre accadeva questo metteva lievemente  in crisi, quel giovane che pareva sempre invece tanto sicuro di sé, erano quei dannati pozzi neri che quando lo fissavano sembravano poter leggere le sue sensazioni e questo non gli piaceva. Però questo accadeva perché quella era l’unica persona per la quale provasse un profondo rispetto dopo la madre.

“Allora?” domandò impaziente di ricevere il giudizio.

“Si potrebbe dire che è tuo figlio tanto ti somiglia.” Sbottò all’improvviso Ino raggiungendoli.

Un pesante silenzio calò sul gruppo di adulti che lanciarono una occhiata severa alla donna che come al solito non teneva mai la bocca chiusa.

“No. Io ero decisamente più bello.” Replicò serio Shikamaru facendo scoppiare tutti a ridere.

“Ma che razza di presuntuoso!” aggiunse Temari.

“Che ho detto di male. Solo perché è tuo figlio non è perfetto. Riconoscilo.” Sorrise lui.

“Questa te la faccio pagare.” gli sussurrò Temari a denti stretti.

Avevano sempre cercato inutilmente di farlo fesso, ma era chiaro per Shinji che tra quei due c’era più della semplice amicizia per la quale spacciavano la loro relazione e perché poi? Shikamaru rimaneva l’unica persona degna di ricoprire il ruolo di padre e compagno per lui. Inoltre era abbastanza grande da capire che la madre non volesse restare sola ad attendere notizie quando andava in missione e non saperla sola in caso della sua prematura morte lo rassicurava.

A loro insaputa però qualcuno stava tramando nell’ombra per spezzare il delicato equilibrio instauratosi tra due così diverse generazioni. Presto altre verità sarebbero state rivelate da un Sennin che apparteneva al loro passato. Avrebbero superato anche questa crisi? I loro legami sarebbero rimasti così solidi?

 

ALLORA COME PER LE ALTRE FANFIC NON SO QUANDO POTRò AGGIORLA ANCORA.

DEDICO QUESTO CAPITOLO A MATT DARKWIND E TALPINA PENSOSA CHE MI  COMMENTANO SEMPRE CON ENTUSIASMO.

RINGRAZIO CHI HA INSERITO QUESTA STORIA TRA I PREFERITI  E COLORO CHE LA LEGGONO.

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