That crazy night

di taisa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Unità quattro ***
Capitolo 2: *** Una notte d’inverno ***
Capitolo 3: *** Fino all’alba ***
Capitolo 4: *** Deve restare un segreto ***
Capitolo 5: *** Lo giuro ***
Capitolo 6: *** Più forte dell’istinto ***
Capitolo 7: *** Il sapore della libertà ***
Capitolo 8: *** Fra le sue braccia ***
Capitolo 9: *** Oltre le colline ***



Capitolo 1
*** Unità quattro ***


THAT CRAZY NIGHT

THAT CRAZY NIGHT

*

Unità quattro

*

Regnava uno strano silenzio a quel tavolo.

L’unico angolo in tutto il locale che aveva qualcosa di misterioso e sinistro.

Sembrava che gli occupanti si studiassero tra loro in una strana contemplazione.

Uno di loro centellinò dal suo bicchiere, mentre i suoi occhi passarono in rassegna tutta la locanda.

Smise di guardarsi attorno solo quando scorse ciò che stava cercando.

*

“Ho detto di no!” s’impuntò l’uomo a braccia conserte osservando malamente il suo interlocutore.

L’altro sbuffò “E andiamo, cosa ti costa, si tratta solo di una serata” ribadì questi cercando d’incutere compassione nel compagno.

Il suo sguardo si contorse in una smorfia di disgusto alla sola idea, ringhiò sommessamente volgendo il capo altrove “Ho altro da fare, Kakaroth” cercò infine di dissuaderlo osservando la sua bevanda adagiata sul bancone del bar.

“Mi chiamo Goku” gli ricordò l’uomo dai capelli ribelli, “Perché non riesci mai a chiamarmi con il mio nome, Vegeta” ribadì per l’ennesima volta.

L’altro alzò le spalle incurante delle sue parole “Hai un nome ridicolo” lo prese un po’ in giro sorseggiando dal suo bicchiere.

Goku curvò verso il basso gli angoli della bocca, le sue sopracciglia si aggottarono disegnando sul volto una smorfia semi-infastidita “Antipatico” brontolò scrutando i lineamenti dell’amico.

Vegeta sorrise sotto i baffi, nascosto dal boccale che non aveva ancora rimosso dalle labbra, conscio di aver vinto la, patetica, discussione.

Dopo alcuni istanti di silenzio, che Goku passò ad osservare distrattamente il compagno, Vegeta tornò a posare sul bancone il suo calice.

“In ogni modo” riprese il più giovane dei due guadagnandosi un’occhiataccia seccata da parte dell’altro, “Perché non vuoi venire da me domani sera, Chichi cucina benissimo” propose nuovamente ignorando le occhiate assassine dell’amico.

“Tsk… non ho alcuna intenzione di farmi venire mal di testa a causa della tua isterica moglie” protestò l’altro con una smorfia disgustata in volto.

Goku lo guardò offeso, tornando ad assumere un’espressione contrariata, “Chichi non è isterica” si prodigò a difendere subito la consorte “E’ solo un po’ tesa” cercò di giustificarla poi.

Vegeta gli lanciò un’altra occhiata eloquente, che Goku non impiegò molto ad interpretare.

“Ok, forse alza un po’ la voce… ogni tanto, ma non lo fa perché è isterica” ammise conscio, egli stesso, delle sfuriate della compagna, “Chichi è una persona dolce… quando vuole” aggiunse nel tentativo di aiutarla.

“Sì, come no… dolce quanto un pugno nello stomaco” ironizzò Vegeta borbottando a denti stretti.

“Ehi! Non esagerare!” si mise sulla difensiva l’altro, “Chichi è…” “A tutte le unità, richiesto intervento immediato ai grandi magazzini del centro” lo interruppe la radiolina posta sulla sua spalla.

“Non è lontano, andiamo noi?” domandò Goku osservando il collega, Vegeta alzò le spalle scendendo dallo sgabello sulla quale era comodamente seduto “Sempre meglio che restare qui a parlare della tua patetica vita” rispose sistemandosi la pistola nella fondina.

Goku annuì premendo il tasto che gli permise di entrare in comunicazione con la centrale “Qui unità quattro, saremo sul posto in pochi minuti” annunciò ottenendo un “Ricevuto unità quattro” in risposta.

Alzò la testa per cercare con lo sguardo il collaboratore trovandolo già a due passi dall’uscio del locale “Paga tu Kakaroth” annunciò questi uscendo.

“E… eh no aspetta! Vegeta tocca a te pagare!” protestò, ormai troppo tardi, “Uffa” mormorò quando si accorse di non aver più molta scelta.

*

Un ghigno sadico si dipinse sullo sguardo dell’uomo dagli occhi rossi, “E’ lui” pronunciò con voce fredda e glaciale.

I suoi compagni seguirono lo sguardo di quello che sembrava essere il capo osservando l’uscita del due poliziotti.

Entrambi annuirono comprendendo le intenzioni del comandante, “Sapete cosa dovete fare” aggiunse tornando a sorseggiare la sua bevanda.

*

Vegeta aprì l’anta del suo armadietto con aria annoiata.

L’ambizione della sua vita era proprio quella di vagare per la città a sedare risse tra vecchiette.

Se non fosse stato per Kakaroth una delle due si sarebbe ritrovata all’ospedale, e lui a giustificarsi, per l’ennesima volta, davanti al capo.

Non era uno stupido, sapeva quale fosse il reale compito del suo collega, tenere a freno il suo temperamento, per natura, rissoso e provocatore.

Certamente non era stato il primo ad affiancarlo per tale motivo, ma negli anni, uno dopo l’altro, avevano tutti chiesto di evitare i turni con lui.

Kakaroth era l’unico che era rimasto.

Aveva provato di tutto per liberarsi anche di lui, dal trovargli un nomignolo insensato, all’insultarlo in mille modi ed in ogni occasione.

Eppure, lui, gli era sempre rimasto accanto ed ormai da anni era il suo collega fisso.

Infondo andava bene così, considerando che era l’unica persona della quale riusciva a sopportare la presenza.

Uno che non faceva troppe domande, che aveva capito, ed accettato, il suo modo schematico e monosillabico di parlare.

Con ogni probabilità riusciva addirittura ad ascoltare il suo linguaggio silenzioso.

Perciò quando trovò quel maledetto biglietto nel suo armadietto non si preoccupò di raccontarlo in giro, ma Goku capì che qualcosa non andava solo guardandolo negli occhi.

Quella sera, Vegeta, si allontanò senza dire una parola a nessuno.

Si allontanò stringendo tra le mani quel biglietto con quelle dannate parole scritte in una calligrafia stentata.

Quel maledetto pezzo di carta che cambiò per sempre la sua esistenza.

*

Pioveva quella sera.

Quella pioggia lieve e leggera, fastidiosa.

La senti picchiettarti sul capo, ma è fin troppo ridicolo munirsi di ombrello, eppure essa è sufficiente per infradiciarti.

Vegeta tornò a casa zuppo quella sera.

Bagnato fino al midollo.

Tanto doveva essere rimasto all’aperto per essersi inzuppato fino a quel punto.

Con la testa tra le nuvole e lo sguardo spendo giunse sul pianerottolo davanti alla porta di casa.

I pensieri altrove, mentre, dalla sua divisa, scendevano lente piccole goccioline d’acqua a bagnare il pavimento sottostante.

Osservò l’uscio per alcuni istanti, indeciso se varcarlo o meno.

“Ciao, che ci fai qui?” domandò una voce alle sue spalle.

Vegeta non si mosse, restando immobile nella sua posizione “Nulla” rispose vago.

“Perché non entri?” domandò ancora la figura che si avvicinò di alcuni passi, lui si limitò ad alzare le spalle “Non mi va” fu la risposta secca che diede immerso nel suo mutismo.

Forse anche più del solito.

Ancora pochi passi e la persona si fermò davanti a lui scrutandolo da capo a piedi “Oh! Vegeta, ma sei completamente bagnato! Dove sei stato fino ad ora?” domandò con una punta di sorpresa nella voce.

Vegeta scostò lo sguardo “In giro” si limitò a dire misterioso, come sempre.

Un sospiro spezzò il leggero silenzio.

Ancora qualche passo e la figura si soffermò davanti alla porta, il rumore di chiavi e l’uscio si spalancò, “Coraggio entra” lo invitò con voce ferma.

Vegeta non si mosse, rimase lì, in attesa di qualcosa che nemmeno lui sarebbe stato in grado di spiegare

“Tesoro” lo chiamò questa volta con più dolcezza la figura.

L’uomo alzò il capo incrociando lo sguardo con gli occhi azzurri che lo stavano guardando.

Scrutò i lineamenti delicati della donna che aveva davanti per alcuni secondi “Avanti” insistette lei facendogli un lieve cenno con la testa.

Digrignò i denti in maniera quasi impercettibile, infine decise di entrare.

Quando varcò la soglia la donna richiuse la porta.

Appoggiò la sua borsa sul mobile accanto all’uscita ed osservò l’uomo.

Si adagiò le mani ai fianchi assumendo uno sguardo severo “Dovresti cambiarti… guarda, stai gocciolando su tutto il pavimento” puntualizzò additando l’acqua che si deponeva ai piedi di lui.

Vegeta sbuffò “Non cominciare a darmi ordini, Bulma” si lamentò infastidito dirigendosi verso la camera da letto.

Lei lo guardò vittoriosa, incrociando le braccia.

*

Seduto sul letto a due piazze osservò l’esterno dall’unica finestra nella stanza.

Aveva smesso di piovigginare, ma l’albero appena fuori dal vetro mostrava i chiari segnali di un inverno ormai alle porte.

Lo sguardo ancora pensieroso e le braccia incrociate, non si accorse del cigolare della porta alle sue spalle talmente era assorto.

Si girò solo quando sentì il letto inclinarsi lievemente.

“Allora?” domandò la donna avvicinandosi a lui abbracciandolo alle spalle, “Non mi chiedi nulla?” domandò impaziente adagiando il mento sulla scapola del compagno.

“Cosa dovrei chiederti?” brontolò l’altro con totale indifferenza.

Bulma fece una smorfia staccandosi bruscamente ed incrociando le braccia stizzita “Lo sai” affermò infastidita.

“No, non lo so” si affrettò a risponderle guardandola solo con la coda dell’occhio.

“Come sarebbe a dire?! È tutta la settimana che ne parlo! Potresti almeno degnarti di chiedermelo!” si lamentò lei, ora visibilmente nervosa.

Vegeta inarcò un sopracciglio, quasi a volersi ricordare quale fosse la domanda che doveva porle.

Sbuffò nuovamente, avendo perfettamente compreso che lui non aveva recepito il messaggio.

Forse non si era nemmeno sforzato poi tanto.

Alzò gli occhi al soffitto, tornando poi a guardare l’uomo che aveva davanti con aria oltremodo infastidita “Il bambino Vegeta, il bambino! Insomma, te lo avrò ripetuto un centinaio di volte!” si deplorò contrariata, “Possibile che non t’interessa nemmeno un po’? Non vuoi nemmeno sapere di che sesso è?” domandò infine aggrottando le sopracciglia.

Vegeta restò in silenzio per un po’, distolse lo sguardo tornando a guardare fuori dalla finestra “No, non m’interessa” concluse sdraiandosi, rivolgendole le spalle.

Bulma strinse i denti osservando la schiena del marito con uno sguardo adirato “Sei il solito stronzo. Possibile che non t’interessa manco sapere se è maschio e femmina?! Si tratta pur sempre di tuo figlio maledizione! Cosa devo fare con te?!” protestò sbraitando.

“Una cosa che puoi fare c’è…” rispose improvvisamente lui alzandosi di scatto e guardandola dritta negli occhi “Stai zitta” disse afferrandole la nuca.

“Stronzo” lo insultò gratuitamente prima che lui riuscisse a baciarla.

*

CONTINUA…

*

*

Annuncio subito che questa storia sarà una song-fic. Al momento preferisco non rivelare di che canzone si tratta, anche per non rovinarvi la trama. Quando sarà opportuno aggiungerò i credits, non temete.

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Capitolo 2
*** Una notte d’inverno ***


THAT CRAZY NIGHT

THAT CRAZY NIGHT

*

Una notte d’inverno

*

La pioggia leggera picchiettava contro i finestrini delle auto.

Lo scenario invernale, nel buio della notte, metteva i brividi.

L’ombra dell’albero, spoglio dalle sue foglie, si muoveva leggermente dando l’impressione che qualche creatura notturna fosse nei paraggi.

Pur vero che la creatura più spaventosa è sempre ciò che a prima vista sembra innocuo.

L’uomo mingherlino e dall’aspetto gracile, appostato sotto l’albero, sembrava essere il minore dei mali, invece era il male in persona.

I suoi occhi rossi scrutavano con attenzione l’ambiente circostante senza farsi sfuggire neanche un dettaglio.

Le braccia conserte, il volto impenetrabile, non permettevano a nessuno di leggere i suoi pensieri.

Mosse lievemente il capo solo quando si accorse dei passi che si stavano avvicinando al tronco sulla quale era appoggiato.

“Quanto tempo ci avete messo?!” pronunciò freddo in direzione dei due individui che apparvero davanti ai suoi occhi.

Il più alto dei due si esibì in un piccolo inchino, visibilmente amareggiato “Ci dispiace Freezer” si scusò sbirciando lo sguardo glaciale di quello che era il capo.

“Non importa” rispose infine questi raggelando il sangue nelle vene ai suoi interlocutori, “L’avete presa?” chiese poi tornando a guardare l’imponente edificio che aveva di fronte.

Il grassoccio annuì “Sì. È filato tutto liscio” confermò ancora scrutando i lineamenti del piccoletto.

“Molto bene…” sibilò sinistro, mentre un ghigno meschino si dipinse sul suo volto seguito da una risata ancor più vile.

Freezer allungò la mano, provvista di guanto, verso i suoi complici “Dammela” ordinò facendo cenno con le dita.

*

“Tesoro, preferisci pesce o carne per cena?” domandò la donna affacciandosi alla porta del salotto.

“Non vedo quale sia la differenza” brontolò lui cambiando svogliatamente canale.

Bulma lo guardò storcendo la bocca in una smorfia “Uno vive nei mari, l’altro no” rispose canzonatoria dopo un sonoro sbuffo.

“Ah davvero… e pensi di andare a pescalo di persona?!” bofonchiò l’uomo senza degnarla di uno sguardo.

La donna si appoggiò le mani ai fianchi osservando lo schienale del divano dietro la quale giungeva la voce del consorte, “Senti un po’ tu, hai intenzione di fare lo spiritoso ancora per molto?” protestò portandosi, con passo pesante, davanti all’uomo.

Vegeta scostò lo sguardo, solo per vedere lo schermo del televisore che lei stava coprendo “E tu hai intenzione di blaterare ancora per molto?” replicò di rimando pigiando nuovamente il tasto del telecomando.

Bulma lo guardò nervosa e, senza esitazioni, spense l’elettrodomestico che stava attirando l’attenzione del marito, “Ehi!” protestò lui sedendosi ed incrociando le braccia.

“Non c’è nessun ehi! Ti ho fatto una domanda semplicissima, sarebbe gradita una risposta, che non si limiti ad essere insensata e priva di fondamento!” lo rimproverò severa osservandolo con sguardo risentito.

Vegeta la guardò per alcuni secondi, tornò a sdraiarsi dandole le spalle, “Fa come accidenti ti pare” si limitò a dire appoggiando il capo sul bracciolo del divano.

Bulma sbuffò appoggiandogli una mano sulla spalla “Questa non è una risposta concreta” si ribellò contrariata.

La mano di lui si avvinghiò sul polso della compagna in un guizzo veloce e repentino.

Bulma si ritrovò sdraiata tra lo schienale del divano e l’uomo “Cosa credi di fare razza di…” “Voglio l’antipasto” annunciò lui portandosi sopra la donna e fissandola negli occhi.

Lo sguardo di lei si ammorbidì improvvisamente “Ah sì? E cosa dice il menù?” si limitò a scherzare con un sorriso beffardo, ma dolce, mentre le sue braccia si attorniarono al collo dell’uomo.

“Che posso prendermi ciò che voglio” rispose stampando sul suo volto un sorriso simile a quello di lei, complici.

“E tu cosa vorresti?” insistette lei divertita, “Tutto” concluse Vegeta appoggiando le labbra sul collo della donna.

*

Con parsimonia, il direttore, aprì l’anta della cassaforte allo scopo di smistare le banconote raccolte in un giorno di lavoro.

Normale routine, pertanto era abituato a maneggiare quei preziosi foglietti di carta.

Alle sue spalle un uomo in divisa, solerte nel suo lavoro di guardia incaricato a controllare l’incasso giornaliero.

Osservava, appena fuori dalla cassaforte, con aria decisa, l’interno della banca deserta.

Uno sparo improvviso lo colse di sorpresa, senza avere il tempo di porsi delle domande si accasciò al suolo privo di vita.

Il colpo mise in allarme anche il principale, che agitato si voltò.

La sua mano pigiò, istintiva e repentina, sul tasto di allarme, ma la figura minuta che apparve all’interno dell’armadio blindato lo freddò con un colpo solo.

“Zarbon, Dodoria, prendete i soldi e andiamo” ordinò ascoltando ancora il rumore della pioggia all’esterno dell’edificio.

Freezer alzò lo sguardo osservando la telecamera, conscio che essa non stesse svolgendo il proprio dovere, anche l’allarme era rimasto silenzioso.

*

Vegeta uscì dal bagno ancora con un asciugamano adagiato sul capo.

Percorse in silenzio il corridoio della casa fino a giungere in cucina, dalla quale sopraggiungeva un delicato aroma di pesce.

“E’ quasi pronto” annunciò Bulma appena lo sentì entrare nella stanza, si voltò a guardarlo scrutandolo da capo a piedi “Tesoro, sei pregato di metterti una maglietta prima di cena” gli ricordò additandolo curvando un lembo delle labbra verso l’alto.

L’uomo sbuffo evidentemente infastidito, “Sei seccante” protestò ringhiando, “E tu sei sfiancante” replicò di rimando lei tornando alla cena ancora sul fuoco.

Il campanello richiamò l’attenzione di entrambi e Bulma non si lasciò sfuggire l’occasione.

Si voltò nuovamente a guardarlo spegnendo il gas dei fornelli, “Tu vai a metterti qualcosa addosso, io vado ad aprire” attese alcuni secondi prima di conseguire una reazione da parte dell’uomo che, si limitò ad intersecare svogliatamente le braccia, “Vai e non brontolare, o preferisci andare ad aprire?” gli propose in una specie di ultimatum, conscia che la seconda opzione non era di certo quella che avrebbe maggiormente gradito.

Vegeta, infatti, reagì come ella aveva preventivato, girò i tacchi tornando da dove era venuto dirigendosi verso la camera da letto.

Bulma l’osservò allontanarsi vittoriosa, un sorriso soddisfatto si dipinse sul suo volto e, con aria trionfante, si diresse verso l’ingresso.

“Sì?” domandò sbirciando dallo spioncino sulla porta, “Polizia, apra” ordinò prontamente una voce dall’altra parte dell’uscio.

Deglutì sonoramente quando i suoi occhi visualizzarono gli uomini in uniforme appostati appena fuori dalla soglia.

Una pessima sensazione le fece venire i brividi da capo a piedi, la sua mano aprì lentamente la porta trovandosi di fronte lo sguardo severo del poliziotto che le aveva appena risposto intimidatorio.

Non aveva paura degli agenti, ne aveva uno in casa, ma quello strano atteggiamento non poté fare a meno di metterla in guardia.

“Cosa volete?” domandò con un certo timore, più spaventata dalla risposta che dai poliziotti stessi.

“Lei è la signora Bulma Brief?” domandò l’uomo che sembrava essere il capo, “Sì, sono io. Cosa volete?” rispose cercando di mantenere la calma.

L’uomo la scrutò da capo a piedi “Suo marito è in casa?” continuò a restare sul vago senza lasciar trapelare nulla dal suo sguardo che restava fermo ed impassibile.

Bulma restò in silenzio per qualche secondo, deglutì silenziosamente, “Sì è in casa” rispose sempre più timorosa.

L’agente fece un passo in avanti, scostò la donna a lato e fece cenno ai colleghi di entrare.

Ehi! Che state facendo?! Non potete entrare così in casa mia!” protestò cercando di fermare gli uomini appena varcarono la soglia.

L’uomo che le aveva parlato fino a quel momento le impedì di muoversi oltre la porta “Se ne stia buona qui” ordinò nuovamente con aria seria.

*

Accompagnato da uno sbuffo, Vegeta, uscì dalla camera da letto indossando una canottiera, così come gli era stato richiesto.

Non capiva per quale accidenti di motivo doveva indossarla una maglietta, infondo, lui, non aveva di certo freddo.

Ok, era inverno, ma che importanza aveva? Lui stava bene.

Tutta colpa di Bulma che gli ripeteva in continuazione quanto questo suo vizio di girare a torso nudo, anche d’inverno, le facesse venire freddo solo a guardarlo.

Che idiozia.

Scosse la testa soprappensiero, mentre una piccola increspatura delle sottili labbra lo portarono, inconsciamente, a sorridere.

Quando alzò lo sguardo, però, quel leggero sorriso si dissolse in un attimo.

Gli uomini in divisa che gli andarono incontro lo costrinsero a crucciare lo sguardo in maniera infastidita “Che volete?” domandò subito intuendo una specie di pericolo.

Nessuno gli rispose, prima ancora di capire cosa stesse succedendo si ritrovò, letteralmente, con le spalle al muro.

“Signore, l’abbiamo trovato!” sentì urlare uno degli agenti che lo stava tenendo stretto per un polso.

“Che state facendo idioti! Lasciatemi!” ordinò divincolandosi nel tentativo di liberarsi della presa dei suoi assalitori.

“Bene, bene, bene… sapevo che prima o poi avresti commesso un errore, Vegeta” irruppe una voce, famigliare, che lo fece desistere dal tentativo di svincolarsi.

“Kyui” mormorò a denti stretti osservando il poliziotto che avanzò verso di lui facendo roteare le manette sull’indice di una mano.

Kyui si fermò a pochi passi dall’altro “Non sai quanto ho sperato che commettessi uno sbaglio” sibilò mentre strinse le catene attorno ai polsi dell’altro, “Ti dichiaro in arresto” mormorò soddisfatto.

“Che cosa?! Non dire idiozie bastardo! Io non ho fatto nulla!” protestò cercando, nuovamente, di scansarsi dalle prese dei suoi, ex, colleghi.

La mano di Kyui si appoggiò pesantemente sul volto dell’uomo costringendolo ad aderire lo zigomo alla parete, “Bada a come parli, Vegeta. Io rappresento la legge, tu sei solo uno sporco rifiuto” insistette con un ghigno divertito.

“State sbagliando! Lui è innocente, non potete accusarlo!” si ribellò Bulma, tenuta alla larga da alcuni agenti.

Lo sguardo di Vegeta, per quanto gli fosse concesso, si posò su di lei, lei e la sua solita aria decisa ed un po’ provocatoria.

Anche lo sguardo di Kyui si rivolse verso la donna “Vegeta, sei accusato di rapina, saluta la tua bella moglie” concluse cinico tornando a guardare l’uomo.

*

They came for him one winter's night.
Arrested, he was bound.
They said there'd been a robbery,
his pistol had been found.

*

CONTINUA…

*

*

Sweet Memole 87: accidenti quanto entusiasmo, grazie ^^. Dai cosa ti fa pensare che i tuoi dubbi verranno svelati all’ultimo, queste sono cose che non faccio mai… ehm… Riguardo la canzone, il titolo non è quello della storia, ma come vedi ho già cominciato ad inserirla, quindi puoi giudicare tu se è quella che pensavi.

*

CHiBI cHU: credo dovrai aspettare ancora un po’ prima di sapere esattamente di che canzone si tratta, intanto dovrai accontentarti di una strofa ^^

*

sexxxychichi: ti ringrazio, spero che l’aggiornamento non si sia fatto attendere troppo a lungo

*

lilac: ma non mi dire?! Non avevo proprio capito che fossi curiosa ^^. Allora, come prima cosa, sapevo che Vegeta poliziotto ti avrebbe lasciato un po’ spiazzata, ma come vedi la situazione è già cambiata XD (non era poi così precisa a quanto pare). Per quel che riguarda la canzone misteriosa… vediamo che sa fare la tua sfera. Grazie per avermi fatto notare la svista, come vedi ho corretto ^^

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Capitolo 3
*** Fino all’alba ***


THAT CRAZY NIGHT

THAT CRAZY NIGHT

*

Fino all’alba

*

Con passo svelto camminava per i corridoi.

Il suo sguardo vagava nella speranza di scorgere una figura familiare.

E dire che quella persona non avrebbe mai dovuto trovarsi lì, non in quella situazione.

Per qualche insano, ed insensato, motivo, si convinse che era colpa sua.

Era proprio nel suo carattere incolparsi di cose della quale in realtà non era responsabile.

Una mania morbosa che lo costringeva sempre a pensare di essere la causa di eventuali problemi ai suoi cari, ed ai suoi amici.

Mentalmente si stava maledicendo, quasi in maniera ossessiva, seppur, dentro di lui, sapeva benissimo di non averne alcuna colpa.

Era come cercare il cosiddetto ago in un pagliaio, ricercando all’infinito qualcosa che lui aveva fatto o non fatto e che aveva causato della sofferenza inutile alle persone che amava.

Se avesse tagliato il prato quel giorno, Gohan, quando aveva cinque anni, non si sarebbe sbucciato il ginocchio inciampando sulla radice di un albero, nascosta tra l’erba.

Se non avesse spostato leggermente quel vaso, non sarebbe mai caduto rischiando di ferire seriamente Chichi.

Se solo quel giorno avesse accompagnato Vegeta a casa forse lui non si sarebbe trovato in quell’assurda situazione.

Si fermò solo quando intravide la figura che stava cercando.

La donna era seduta davanti alla porta degli interrogatori.

Lo sguardo chino, disperso nel vuoto, in preda a chissà quali pensieri, le mani adagiate sul ventre, quasi a farsi coraggio accarezzando la creatura che stava crescendo con lei.

“Bulma” la chiamò appena riprese fiato avvicinandosi e fermandosi davanti all’amica.

Lei alzò solo leggermente lo sguardo, ancora un po’ confuso, “Goku” sussurrò flebile incrociando gli occhi neri del compagno di giochi.

Goku si chinò davanti a lei, le adagiò le mani sulle ginocchia e la guardò con aria comprensiva “Stai bene?” domandò, forse troppo inopportuno, o irriflessivo, ma Bulma sapeva che tale gesto era solo il manifestarsi di una preoccupazione genuina.

Lo rincuorò con un sorriso leggero, nel tentativo di non fargli pesare quella domanda posta troppo ingenuamente “Sì, sto bene” mormorò con voce quasi impercettibile.

Solo allora, Goku, si accorse che quella era una domanda piuttosto inutile, ed ancora una volta si maledisse per essere stato così indelicato, sentendosi, inutilmente, colpevole del malumore dell’amica.

“Vegeta dov’è?” domandò poi, solo dopo aver deglutito segretamente, Bulma si passò una mano tra i capelli azzurri scostando lo sguardo ansioso dall’uomo “E’ lì dentro da ore” rispose cercando di ricacciare le lacrime da dove venivano, alludendo alla porta davanti alla quale sedeva.

Goku si voltò osservando la soglia in cui era rinchiuso l’amico e collega, tornò a volgere lo sguardo all’amica osservandola con aria seria.

Si alzò senza staccare gli occhi dalla donna “Bulma, provo ad entrare, voglio vedere come vanno le cose. Ti farò avere notizie appena posso, va bene?” la rassicurò accendendo una piccola speranza all’altra che annuì fermamente.

*

“Te lo ripeto per l’ultima volta… dove ti trovavi all’ora della rapina?!” domandò un esasperato poliziotto, dopo aver sbattuto ripetutamente il palmo della mano sul tavolo.

“Non ricordo” rispose lapidario Vegeta incrociando le braccia ed osservando il suo interlocutore con aria annoiata.

L’agente, dalla bassa statura, ringhiò innervosito dall’atteggiamento, imperturbabile, dell’indagato.

“Sta calmo Guldo, non vedi che lo fa solo per provocarti?” lo tranquillizzò un collega appoggiato ad una delle pareti.

Vegeta lanciò uno sguardo al gigante aggrottando le sopracciglia.

Il piccoletto ansimò per alcuni secondi osservando seccamente l’uomo seduto al centro della stanza.

Quanto lo irritava quel tipo!?!

Era davvero un borioso antipatico, chi si credeva di essere?!

“Hai ragione, Rikoom, scusa” si giustificò tornando apparentemente più disteso.

“Tsk, che piccola palla di lardo” lo prese in giro in maniera sfrontata l’indagato, senza la minima esitazione.

La porta si aprì leggermente e la testa di Goku sbirciò all’interno della stanza.

“Ehm, scusate il disturbo” si scusò subito, passando lo sguardo sui vari occupanti della stanza, soffermandosi sull’amico, che al contrario si volse altrove.

Goku entrò completamente, chiudendosi la porta alle spalle “Sentite ragazzi, posso parlare da solo con Vegeta per un minuto?” chiese additando lo specchio alle spalle del collega posto sotto accusa.

I due poliziotti si guardarono l’un l’altro, poi tornarono ad osservare il giovane in attesa di una risposta.

Guldo avanzò verso il collaboratore più ingenuo, alzò lo sguardo nel tentativo di guardarlo negli occhi “Non se ne parla, l’indagine è nostra” s’impuntò, sapendo di avere l’altro sotto tiro.

Goku scostò lo sguardo verso Vegeta, ancora intento a non guardarlo.

Ci pensò un po’, “Che sia solo un minuto” intervenne Rikoom, scostandosi dalla parete.

Cosa?! Non è giusto!” protestò il piccoletto, mentre, al contrario, Goku sorrise soddisfatto “Basterà” confermò annuendo fermamente.

“Andiamo Guldo” ordinò il colosso uscendo dalla stanza seguito dalle proteste dell’altro.

Goku attese di essere da solo con il collega prima di rivolgergli la parola, “Ascolta Vegeta, devi dirmi cos’è successo, così posso aiutarti” si offrì subito, senza mezzi termini.

“Non direi stronzate, non puoi aiutarmi” s’impose l’altro guardandolo di sottecchi.

Il poliziotto si avvicinò a lui appoggiandosi al tavolo “Ci deve essere qualcosa, non hai un alibi?” insistette.

Vegeta lo guardò dritto negli occhi, le sopracciglia crucciate e lo sguardo serio, “No Kakaroth, non esiste nessun alibi” disse scandendo bene ogni parola.

Intanto, la luce dell’alba filtrò timidamente tra i vetri della finestra.

*

They marched him to the station house,
he waited for the dawn.
And as they led him to the dock,
he knew that he'd been wronged.
"You stand accused of robbery”,
he heard the bailiff say.
He knew without an alibi,
tomorrow's light would mourn his freedom.

*

“Un processo?!” esclamò sbalordita fissando il compagno dritto negli occhi, “Cosa vuol dire?” chiese poi, inutilmente, con l’intento di fare più chiarezza nella sua testa tra pensieri confusi e frastornati.

“Vuol dire che ci saranno tante persone simpatiche che decideranno sulla mia inutile vita” spiegò arcigno senza muovere un muscolo facciale.

La irritava quando faceva così, sembrava che non gl’importasse nulla della propria vita, né della sua famiglia.

“Insomma Vegeta! Piantala di fare il qualunquista, mi dici come intendi risolvere la situazione?” gli sbottò contro irritata additandolo quasi tremante dal nervoso.

Vegeta continuò a restare immobile davanti a lei, quasi fosse una cosa da tutti i giorni essere accusato di rapina, “Ti ho già detto che non c’è soluzione” rispose scostando lo sguardo.

Aveva imparato a convivere con questo suo dannato atteggiamento e aveva anche imparato ad affondarlo, a testa alta, come era solita fare.

Bulma aggrottò la fronte, incurvando le labbra in una strana, ed indispettita, smorfia, “Sei impossibile Vegeta, quando fai così ti prenderei volentieri a calci!” protestò incrociando le braccia, visibilmente convinta delle sue parole.

Sospirò, alcuni secondi dopo, guadagnandosi un’occhiata seccata da parte di lui che si limitò ad osservarla in silenzio, “Almeno posso sapere che prove hanno contro di te?” chiese, esteriormente, più tranquilla e rilassata, nonostante nella sua mente stesse meditando di avvelenargli il cibo con qualche sostanza mitigante, ammesso che ne esistessero.

“La sua pistola d’ordinanza è stata trovata a pochi isolati di distanza” spiegò Goku, conscio che l’amico non avrebbe di certo risposto alla domanda della moglie.

Vegeta lo uccise col solo sguardo, intimandogli, ormai troppo tardi, di tacere.

“La sua pistola?!” domandò sconcertata la donna radiografando il marito, quasi fosse un alieno venuto da chissà dove.

Il consorte ignorò l’esclamazioni della donna, convincendosi che la sua presenza nella stanza fosse solo frutto della propria immaginazione.

Goku fissò di sottecchi l’amico in attesa che elogiasse la propria innocenza, ma Vegeta tacque.

*

Over the hills and far away,
for ten long years he'll count the days.
Over the mountains and the seas,
a prisoner's life for him there'll be.

*

CONTINUA…

*

*

Direi che, a questo punto, è inutile continuare a nasconderlo. La canzone è “Over the hills and far away” dei Nightwish

*

dianatabo: non parlerei troppo di mancati avvertimento se fossi in te. Sorvolando sulle tue immagini alla full monty, sono contenta che la storia ti piaccia. In quanto all’avvocato difensore… vuoi farlo tu?

*

Sweet Memole 87: ti ringrazio come sempre, sono contenta che la descrizione della coppietta ti piaccia, soprattutto per aver riconosciuto i personaggi originali in un AU, mi fa molto piacere ^^. Parlando della canzone ora puoi confermarmi se è quella che avevi intuito

*

CHiBI cHU: finalmente il titolo della canzone è stato svelato, un mistero in meno ^^, inoltre ti ringrazio per i complimenti, troppo gentile

*

bulma_92: non temere, quando hai tempo e voglia puoi tranquillamente leggere e recensire i miei aggiornamenti, non c’è nessun obbligo. Riguardo a Vegeta invece, ancora non si sa cos’ha fatto…

*

lilac: ok ok… ti concedo anche questo punto per aver individuato la canzone (non c’è nessuno che si offre di rubarle la sfera?!?). A parte questo ti ringrazio nuovamente, sono contenta che la descrizione di coppia ti sia piaciuta e, soprattutto, sono contenta di riuscire a mantenere i personaggi IC. Detto ciò mi auguro che la mia idea di song fic continui a piacerti ^^

*

Feleset90: grazie mille ^^ sei molto gentile, spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto

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Capitolo 4
*** Deve restare un segreto ***


THAT CRAZY NIGHT

THAT CRAZY NIGHT

*

Deve restare un segreto

*

Bulma si adagiò le mani sulla fronte, gli occhi chiusi e la testa bassa immersa in chissà quale pensiero.

Deglutì sonoramente, nel silenzio della stanza, osservando la lastra di legno del tavolo, sulla quale, aveva appoggiato i gomiti.

“Che ti prende?” domandò una voce alla sue spalle facendola sobbalzare per lo spavento.

La donna si voltò incrociando gli occhi torvi dell’uomo che, a braccia conserte, l’osservava adagiato allo stipite della porta.

“Non mi sembrano domande da fare” disse ovvia scostando lo sguardo altrove “Domani… tu potresti…” ammise subito le sue inquietudini tornando ad osservare le rigature del tavolo.

Vegeta restò a fissarla immerso nel suo solito mutismo ostinato.

Bulma volse improvvisamente il capo verso di lui tornando a fissarlo negli occhi, “Insomma Vegeta, possibile che tu non abbia la minima paura?! E se la sentenza di domani dovesse essere sfavorevole?!” domandò alterata senza riuscire a nascondere il suo terrore chiaramente leggibile dal suo sguardo, oltre che nelle sue parole.

L’uomo esitò qualche istante prima di rispondere, “Tsk, non metterti a piagnucolare adesso, lo sai che non lo sopporto” brontolò indelicatamente accigliando lo sguardo.

Bulma si morse il labbro inferiore in segno di ulteriore nervosismo, mentre la sua mano si strinse saldamente a pugno.

“Vegeta… dov’eri quella notte?” domandò improvvisamente lei chinando lo sguardo per non guardare gli occhi di lui, “Che t’imp…” “Smettila di rispondermi così!” sbottò poi scattando in piedi.

Vegeta arcuò un sopracciglio colto alla sprovvista, lei sbatté violentemente una mano sull’asse di legno “Sono mesi… mesi, Vegeta, nella quale continui a ripetermi che non sono affari miei, che non mi deve interessare! Bè sai che ti dico, a me interessa! E lo sai perché?! No? Te lo dico io, perché sono tua moglie e la cosa riguarda anche me! E nel caso non te ne fossi accorto, io… noi siamo la tua famiglia!” sbraitò sull’orlo del pianto, mentre una mano si adagiò sul ventre, ormai visibilmente gravido.

Il silenzio regnò nella stanza per alcuni secondi.

Bulma ricacciò dentro tutte le sue lacrime, tornando volutamente ad osservare il compagno negli occhi.

Era la prima volta che Vegeta vide in quegli occhi azzurri tanta rabbia, istintivamente distolse lo sguardo, mentre un nodo gli si strinse in gola.

“Faresti meglio ad andartene allora” replicò gelido, ingoiando quel magone che lo aveva, per un attimo, fatto sentire colpevole.

Le lacrime che la donna aveva rispedito al mittente un secondo prima tornarono prepotentemente a farsi sentire e questa volta non riuscì a trattenerle.

Una dopo l’altra scesero lungo il suo candido volto, mentre, alle sue spalle, lo sbattere della porta d’ingresso le fece intuire di essere rimasta sola.

*

A lungo osservò i suoi lineamenti.

A lungo cercò di conoscere le sue riflessioni, sempre celate da un fitto mistero.

A lungo studiò i suoi movimenti, come se essi potessero spiegargli le motivazioni che lo spingevano a tanto.

“Smettila di fissarmi!” sbottò improvvisamente l’altro guardandolo malamente e con aria nervosa.

“Scusa” si giustificò subito distogliendo lo sguardo tornando a guardare la bevanda che aveva tra le dita.

Con la coda dell’occhio si accorse che l’amico fece altrettanto, lentamente tornò a voltarsi scrutando furtivamente lo sguardo triste che si era dipinto sul volto dell’altro.

“Allora…” cominciò a parlare alzando lo sguardo fingendo di non aver notato quella punta di rammarico negli occhi dell’amico, “Mi spieghi perché mi hai trascinato qui a quest’ora? Gohan mi stava insegnando a giocare a scacchi… ehm, per la verità non ci stavo capendo granché, ma lui sembra davvero bravo” disse grattandosi la nuca in segno d’imbarazzo.

“Piantala Kakaroth. L’ultima cosa che voglio è sentirti parlare a vanvera” brontolò l’altro, accompagnato da un piccolo suono gutturale, tornando alla sua solita espressione crucciata.

Goku fermò le sue chiacchiere e tornò a fissare l’altro, “Ah no?! Allora si può sapere perché mi trovo qui? Non certo per una questione di compagnia, immagino, tu non sei il tipo ch…” “Insomma, vuoi stare zitto?!” proruppe nervosamente Vegeta fissando l’amico in modo cupo.

“Si tratta di Bulma, vero? Avete litigato?” intuì subito ricominciando ad osservare i lineamenti dell’altro.

Vegeta tornò con lo sguardo al suo bicchiere “Idiozie” si affrettò a smentire roteando il calice.

Goku fissò per alcuni secondi le sue dita, poi volse lo sguardo verso il volto dell’altro “Vegeta, esattamente perché sei qui?” domandò all’improvviso diventando serio.

Vegeta incrociò i suoi occhi visibilmente perplesso, “Questa potrebbe essere la tua ultima serata di libertà e la stai passando in un bar ad ubriacarti. Per quale motivo poi?! Perché hai discusso con tua moglie?” gli face notare in modo diretto l’uomo dai capelli disordinati.

“Cosa intendi dire?” chiese infine cercando d’intuire il motivo delle parole appena dettegli.

Goku crucciò lo sguardo “Ascoltami Vegeta, non so perché abbiate litigato. E non so nemmeno cosa ti costringe a non rivelare il tuo alibi, ma so una cosa, da domani potresti non vederla più per diverso tempo. È questo quello che vuoi?” chiarì senza mezzi termini.

Vegeta scostò lo sguardo “E allora?! Cosa m’importa” mentì gelido, seppur solo apparentemente.

“Bè, come vuoi. Resta pure qui ad ubriacarti se ti fa stare meglio” concluse Goku sorseggiando la sua bevanda e volgendo il capo altrove.

Alcuni secondi e sentì la sedia accanto alla sua scostarsi.

Quando tornò a guardarla essa era rimasta vuota, sulle sue labbra si dipinse un piccolo sorriso.

*

La casa era tetra e silenziosa.

Il buio irreale faceva sembrare le mura più grandi e desolate.

Un piccolo singhiozzo sembrò scuotere le pareti più violentemente di un terremoto.

L’unica forma di vita era la presenza, più simile ad uno spettro, di una sagoma rannicchiata sul proprio letto.

“Stupido… testone” mormorò a testa china la donna, mentre con una mano si liberò delle lacrime che, nonostante tutto, stava ancora cercando di trattenere.

Il chiavistello della porta la fece sussultare.

Rapida eliminò ogni traccia di pianto, almeno superficialmente, portando lo sguardo sulla porta della propria camera che non tardò ad aprirsi.

“Sei ancora qui a perdere tempo?” proruppe la voce dell’uomo che apparve sulla soglia.

Quella era la sua una contorta, ed inconsueta, maniera di chiedere scusa.

Bulma storse lo sguardo arricciando la bocca in una smorfia “No, tempo di dire a quello zuccone, egoista, prepotente di mio marito che è uno stronzo e me ne vado” rispose derisoria incrociando le braccia.

Vegeta guardò altrove, sbuffò, seguito da un piccolo ringhio, “Tsk, cosa ti fa pensare che intendo star qui ad ascoltare i tuoi isterismi?” brontolò sbirciando l’espressione di lei con la coda dell’occhio.

“I… isterismi?!?” strepitò l’altra afferrando il cuscino e scagliandolo contro il consorte, che evitò senza nessuna difficoltà l’arma impropria, “Idiota!” gridò la donna senza alcuna reale cattiveria.

Vegeta si avvicinò a lei, fermandosi solo a pochi passi dal letto, “Isterica” bisbigliò adagiando le mani sullo schienale, costringendo la donna a guardarlo negli occhi.

Bulma lo fissò per alcuni secondi, aveva almeno un milione di risposte, un milione d’insulti pronti a colpire il bersaglio in maniera fulminea, ma lei non disse nulla.

Improvvisamente sentì nuovamente le gotte bagnarsi dalle lacrime.

Afferrò il colletto dalla maglietta del compagno ed appoggiò il volto sulla spalla di lui, “Vegeta… ti rendi conto che domani…” bisbigliò in apprensione.

L’uomo la costrinse a staccarsi, la obbligò a guardarlo negli occhi “Domani è domani” concluse enigmatico conducendola ad incrociare le labbra con le sue.

*

He knew that it would cost him dear,
but yet he dare not say.
Where he had been that fateful night,
a secret it must stay.
He had to fight back tears of rage.
His heart beat like a drum.
For with the wife of his best friend,
he spent his final night of freedom.

*

Chissà da quanti minuti stava fissando il vuoto in maniera così ostinata.

Minuti? E se fossero ore?

Che importava da quanto, era lì e basta.

Lo fissava intensamente, tanto da non vedere più ciò che i suoi occhi riflettevano.

Ormai osservava solo i suoi stessi pensieri.

Tutti quei se che lo stavano torturando.

Se quella sera non avesse letto quel bigliettino.

Se non avesse ceduto.

Se avesse semplicemente raccontato alla polizia qualunque cosa.

Se non fosse così dannatamente orgoglioso da impedirgli di raccontare la verità.

Ok, forse l’ultima non era importante.

Non esisteva nessun se quando si parlava del suo orgoglio.

Eppure, se non fosse così orgoglioso avrebbe anche potuto gridare al mondo la sua spiegazione.

“Vegeta” farfugliò la donna striata nel letto accanto a lui, “Dormi” le ordinò di rimando senza voltarsi a guardarla.

Bulma non prese nemmeno in considerazione l’ordine, si sedette accanto a lui, comprendo le nudità con le lenzuola.

Nessuno dei due aggiunse altro, lei appoggiò delicatamente il capo sulla spalla del compagno, ed entrambi fissarono i propri pensieri.

“Ora puoi dirmelo” esordì lui, apparentemente fuori ogni contesto.

Bulma lo fissò disorientata, le ci vollero alcuni secondi prima di sussurrare un “Dirti cosa?” piuttosto confuso.

Anche Vegeta impiegò qualche attimo prima di rispondere, “Maschio o femmina?” domandò infine con lo sguardo perso nel vuoto.

La donna scrutò i suoi lineamenti per alcuni istanti, affondò il viso nella schiena di lui restando in silenzio, “Maschio, vero?” intuì lui, percependo le parole dal suo mutismo.

Bulma annuì.

*

CONTINUA…

*

*

bulma9: non posso che ringraziarti per aver letto quasi tutte le mie storie, ne sono lusingata. Inoltre sono contenta che il mio modo di scrivere ti piaccia. In quanto a questa storia non temere, avendo letto altre mie storie saprai sicuramente che nulla è mai dato per scontato ^^

*

luisa87: bellissima non saprei, ma nel suo piccolo spero che continuerà a piacerti

*

CHiBi cHu: sicuramente l’atmosfera non è delle più allegre, ma ogni cosa a tempo debito

*

Feleset90: curiosità soddisfatta da questo nuovo capitolo, che come sempre mi auguro sia di tuo gradimento

*

lilac: quali idiozie?! Non so di cosa parli XD chissà se le tue intuizioni sono giuste, è ancora presto per scoprire cos’è successo esattamente quella notte. Intanto ho approfondito un po’ il rapporto tra Vegeta e Goku. Riguardo a quest’ultimo sono contenta che il suo stato d’animo ti sia piaciuto.

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Capitolo 5
*** Lo giuro ***


THAT CRAZY NIGHT

THAT CRAZY NIGHT

*

Lo giuro

*

Quando si sedette su quella panca di legno pregò con tutto se stesso che all’uscita tutto sarebbe tornato come un tempo.

Quando si sedette su quella panca di legno osservò la nuca dell’amico seduto davanti a sé, domandandosi, per l’ennesima volta, quale fosse il motivo del suo silenzio.

Quando si sedette su quella panca di legno si scoprì rammaricato di non essere, lui stesso, seduto al posto di quello che era un grande amico.

Tutto ciò che gli fu concesso era di sperare, con tutto se stesso, che andasse tutto bene, malgrado quella spiacevole sensazione che distruggeva ogni più recondita illusione.

Pertanto non poté fare altro che sedersi su quella panca di legno ed aspettare.

Attendere col fiato in gola il battere del martelletto sull’enorme scrivania, ad opera dell’uomo in toga nera.

Gli era inevitabile, ancora una volta, maledirsi sentendosi impotente di fronte a tale situazione.

Si sentiva soffocare dalla cravatta che non era abituato a portare o dalla tensione che l’opprimeva in maniera ben più asfissiante.

La sua mente si soffermò su un unico pensiero: è colpa mia.

Non aveva alcuna ragione per pensarlo, eppure continuava ad esserne, inutilmente, convinto.

Sapeva che nulla sarebbe cambiato, sapeva che il suo era un pensiero inefficace ed irrilevante, ma non poteva fare a meno di sporcare, volontariamente, la propria coscienza pur di sentirsi, insensatamente, sollevato.

Un circolo vizioso che non lo avrebbe mai portato a nulla.

Goku si concesse un profondo sospiro, socchiuse gli occhi e pregò.

*

Quando si sedette su quella panca di legno pregò con tutta se stessa per il buon esito di quella sentenza.

Quando si sedette su quella panca di legno non poté fare a meno di osservare le spalle di lui chiedendosi il perché di molte cose.

Quando si sedette su quella panca di legno pensò al perché si trovasse lì in quel momento.

Non era abituata ad aspettare le decisioni degli altri.

Era una cosa che non sopportava, che non concepiva.

A lei piaceva essere padrona si se stessa e il dipendere dagli altri la facevano sentire impotente, debole.

Forse era per questo che lo aveva pregato tante volte di rivelare i suoi segreti, di spiegare al mondo le sue motivazioni.

Tutto fiato sprecato, lo sapeva dall’inizio.

Sapeva che quello zuccone non si sarebbe mai abbassato a giustificare le sue gesta, che fosse colpevole o innocente.

Nella sua mente il pensiero più persistente era solo uno: non portatemelo via.

Le sarebbe mancato, le sarebbe mancato eccome, ma con ogni probabilità questo, lui, non lo avrebbe mai saputo, non dalla sua viva voce almeno.

Lo malediva per il suo stramaledetto orgoglio, ma lei era altrettanto orgogliosa.

Bulma strinse i denti e sperò.

*

Non fece nessun piega quando si sedette su quella sedia.

Nessun turbamento, nessuna indecisione, nessun ripensamento.

Lui si sedette e basta, osservò l’uomo vestito di nero in attesa della sua sentenza.

Finse di non sentire gli occhi di due persone puntate sulla sua schiena.

Finse di non accorgersi della loro delusione, delle loro speranze.

Finse di non notare il loro affetto.

Rimase lì, immobile, a fissare lo scorcio dell’aula che aveva davanti a sé.

Di quello che successe quella sera lui non si pentì di nulla.

Forse avrebbe rifatto tutto passo dopo passo.

Forse avrebbe cambiato qualcosa.

Di sicuro il suo silenzio sarebbe, per sempre, rimasto tale.

Temeva più di ferire il suo orgoglio, confessando ciò che era accaduto in quelle fatidiche ore, rispetto agli anni che, con ogni probabilità, avrebbe passato dietro le sbarre.

Ed il suo sguardo, ancora una volta inaccessibile, non si scompose nemmeno dopo aver sentito quella parola, colpevole, pronunciata così severamente ed in maniera inappellabile.

Vegeta si alzò da quella sedia, senza alcuna resistenza si lasciò legare quei freddi bracciali ai polsi.

Il suo orgoglio era salvo.

Solo allora, per una frazione di secondo, si voltò guardandosi alle spalle.

Fu solo allora che incrociò gli occhi neri e innocenti dell’amico di sempre e quelli azzurri e inquieti della moglie.

Nella sua mente ci fu spazio per un solo pensiero: ritornerò, lo giuro.

*

Over the hills and far away,
he swears he will return one day.
Far from the mountains and the seas,
back in her arms he swears he'll be.
Over the hills and far away.

*

“Sei sicura di sentirti bene?” domandò apprensivo osservandola con lo sguardo di chi si sentiva responsabile.

Lei scosse la testa dipingendo sul suo volto un sorriso, visibilmente falso, “Sto bene Goku, non devi preoccuparti per me” lo rassicurò cercando, goffamente, le chiavi nella sua borsetta.

Goku la squadrò da capo a piedi, persino a lui era lampante quanto l’amica d’infanzia stesse mentendo.

Osservò i suoi occhi azzurri celati da un velo di tristezza che si ostinava a nascondere agli altri, inconsapevole, di non riuscire a mascherarla a sufficienza.

“Ma dove diavolo sono!” imprecò la donna trasformando parte della sua malinconia in un piccolo gesto di rabbia.

“Bulma…” richiamò la sua attenzione l’altro reclinando leggermente il capo, “Cosa?!” rispose scorbutica lei riservandogli un trattamento che non meritava.

Goku si avvicinò al portone rigirando nel chiavistello l’oggetto che lei stava nervosamente cercando.

Solo allora, Bulma, si ricordò che quello stesso gesto lo aveva compiuto appena qualche istante fa, prima che Goku s’informasse sul suo stato d’animo.

Forse era per quello che le aveva posto quella domanda.

In silenzio osservò la porta aprirsi lentamente, mostrandole a poco a poco, l’interno della propria casa.

“Senti, Bulma, se hai bisogno di qualcosa, qualunque cosa, sai che puoi contare su di me” la rassicurò l’amico appoggiandole delicatamente una mano sulla spalla.

Bulma annuì.

Lo sapeva, non aveva bisogno che lo dicesse, “Grazie Goku” mormorò flebile chinando malinconicamente il capo.

Restarono in silenzio per alcuni secondi, prima che la donna tornò a volgere il capo verso gli occhi dell’altro, “Goku, puoi andare a casa ora” disse scostando lo sguardo altrove.

Goku capì le sue intenzioni, fece un passo indietro e si allontanò “D’accordo” rispose senza staccare gli occhi dallo sguardo vacuo di lei.

“Allora ci sentiamo” lo salutò la donna prima di sparire dietro la porta di casa.

Lui fissò quella porta per alcuni istanti, sospirò pesantemente alzando il capo al soffitto.

Dopo alcuni secondi girò i tacchi e svanì dal pianerottolo.

*

Bulma adagiò la schiena al legno dell’uscio.

I suoi occhi passarono in rassegna l’intera casa.

Si accorse, suo malgrado, che quelle mura le sembravano enormi, troppo grandi per una sola persona.

Lentamente si lasciò scivolare al suolo, maledicendo l’uomo che non avrebbe condiviso con lei quelle mura per diverso tempo.

Maledicendolo perché non avrebbe mai visto quelle stesse pareti riempirsi di giochi e della vitalità di un bambino che sarebbe presto arrivato.

Imprecò, contro se stessa, per essere così dannatamente legata a quello stupido egoista.

*

Over the hills and,
over the hills and,
over the hills and far away.

*

Il rumore dei passi riecheggiava gelido tra i corridoi.

Il tintinnio dei catenacci, ai polsi ed alle caviglie, produceva un suono metallico ad ogni suo movimento.

Lui camminava con la testa alta davanti a sé, incurante degli sguardi dei detenuti che l’osservavano da dietro le sbarre, riservandogli ogni sorta di commenti.

Forse qualcuno lo aveva anche riconosciuto, forse qualcuno era finito in quel posto dimenticato proprio a causa sua.

Che importanza aveva, infondo, lui non avrebbe mai e poi mai tremato, né avrebbe mai mostrato loro alcuna paura o debolezza.

“Siamo arrivati” annunciò un secondino fermandosi davanti a quella che sarebbe diventata la sua stanza.

Vegeta osservò distrattamente oltre barre, in attesa di essere liberato dagli ingombri.

Quando la porta si chiuse alle sue spalle non si voltò, si limitò ad ascoltare i passi degli agenti allontanarsi sempre di più dalla sua cella.

“Guarda guarda chi abbiamo qui…” proruppe nei suoi pensieri una voce dal timbro sgradevole, “Il nuovo arrivato è un piccoletto, hai visto Radish” continuò questi apparendo dalla branda più bassa di una specie di letto a castello a tre piani.

L’energumeno, pelato, che apparve si alzò in piedi ed osservò il nuovo venuto dall’alto al basso con aria di sufficienza.

Vegeta alzò lo sguardo verso di lui, senza scomporsi troppo incrociò le braccia.

Dalla branda più alta apparve un secondo detenuto che, con un balzo, scese affiancando il compagno di cella.

Radish osservò allo stesso modo il neo-arrivato, sogghignando con aria soddisfatta pregustando già un sano divertimento.

“Ho visto, Nappa. Penso che la permanenza qui sarà un po’ meno noiosa” esordì scoppiando in una fragorosa risata, accompagnato dall’amico.

Vegeta osservò i due giganti, poi volse lo sguardo alle tre brande “Ehi capellone, sposta la tua roba, da adesso sto io in alto” ordinò gelido smorzando le risate degli altri due.

“Scusa, puoi ripetere?” chiese sconvolto il diretto interessato fissandolo con occhi sbarrati.

“Sei sordo? Ti ho detto di levarti” ripeté aggrottando nervosamente le sopracciglia, “Non mi piace ripetermi” aggiunse poi seguito da un piccolo ringhio.

Radish e Nappa si guardarono l’un l’altro disorientati.

Nappa tornò a guardare l’ex-poliziotto sorridendo in maniera ostile “Sentilo il piccoletto, ma chi ti credi di essere?!” mormorò allungando una mano verso di lui, “Iniziamo subito col darti una bella lezione” aggiunse suscitando l’ilarità del compagno.

Vegeta gli fermò il braccio prima che esso potesse raggiungerlo, strinse la presa facendo cambiare espressione all’altro, “Non osare toccarmi, insetto” sogghignò nefasto.

*

CONTINUA…

*

*

bulma_92: per il momento Vegeta non sembra intenzionato a rivelarci cos’è accaduto quella sera, pertanto rimane ancora un mistero. Tornando a noi, ho capito cosa intendi e mi fa piacere constatare che questo mio modo di far scoprire le cose un po’ alla volta si noti, quindi ti ringrazio ^^

*

luisa87: accidenti che esagerata, non mi sembra di essere nulla di speciale infondo. Però mi fa molto piacere sapere che qualcuno ha iniziato a scrivere dopo aver letto alcune delle mie storie, mi lusinga. Davvero, grazie mille!

*

bulma9: troppo presto per parlare di finale ancora, quindi la tua domanda troverà risposta a tempo debito ^^. Grazie per aver notato l’atmosfera triste tra i personaggi, ma soprattutto, grazie dei complimenti.

*

Dragonball93: da dove cominciare, allora innanzi tutto ti ringrazio molto per i complimenti, ma secondo me esageri, non è nulla di così straordinario, faccio solo quel che posso ^^. A parte questo sono contenta che ritieni i personaggi ben caratterizzati e ti ringrazio anche per questo. Per quel che riguarda l’idea invece, mi è venuta in mente dopo aver ascoltato per la millesima volta questa canzone e l’ho interpretato a modo mio.

*

bulma90: ringrazio anche te per i complimenti sono contenta che la storia ti piaccia. Mi fa piacere sapere, inoltre, che ritieni la complicità tra Bulma e Vegeta, protagonisti di questa storia, abbastanza verosimile da ricordarti quelli originali, pertanto di ritenerli IC.

*

Feleset90: grazie ^^ sei molto gentile

*

lilac: senti, se inizi anche a rispondere da sola alle tue domande mi spieghi io che ci sto a fare? Tu e i tuoi dubbi, ma dico, non ti fidi? Temo che la risposta non mi piacerà… Scherzi a parte, e vaneggiamenti da settimana enigmistica anche, ti ringrazio come sempre, perché, al solito, hai inquadrato perfettamente il nocciolo della questione. Sia per quel che riguarda i rapporti tra i vari personaggi, sia per la questione “drammaticità”

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Capitolo 6
*** Più forte dell’istinto ***


THAT CRAZY NIGHT

THAT CRAZY NIGHT

*

Più forte dell’istinto

*

Zarbon osservò il tavolo ricoperto di carte e cianfrusaglie di ogni genere.

Studiò la cartina che ricopriva gran parte della superficie, soffermandosi sui diversi scarabocchi che avevano un significato recondito, almeno per chi non ne conosceva l’origine.

Alzò lo sguardo incrociando quello del compagno dall’ossatura robusta intento a decifrare anch’egli qui singolari schizzi.

Il capo roteò fino ad individuare il terzo membro della banda.

Freezer osservava, come gli altri due, i ghirigori che lui stesso aveva fatto.

“Questo è il nostro piano” annunciò infine l’uomo dalle fattezze minute, suscitando la curiosità degli altri due.

Anche Dodoria sollevò il capo per osservare il compagno “Esattamente cosa dobbiamo fare?” domandò ingenuamente.

Il piccoletto lo fulminò con uno sguardo gelido, ma assassino, imponendogli di tacere, o quantomeno, di non porre domande idiote.

“Funzionerà?” si informò coraggiosamente Zarbon avendo decifrato, in maniera più corretta, le macchie sul pezzo di carta che stavano studiando.

Anche a lui Freezer riservò uno sguardo agghiacciante, ma gli risparmiò l’essere ucciso dai suoi occhi “Ne dubiti Zarbon?” chiese pacato e sibilino.

L’uomo dai lunghi capelli scosse il capo “No Freezer, certo che No. Mi stavo solo chiedendo…” cominciò a dire additando il cerchio rosso nella quale era raffigurata la banca centrale, “Mi chiedevo… come facciamo ad illudere la sorveglianza?” esternò i suoi dubbi in maniera timorosa.

Freezer proruppe in una risata quasi divertita, glaciale, tanto da ibernare all’istante qualsiasi cellula del corpo.

Zarbon lanciò un’occhiata al socio che deglutì visibilmente agitato.

“Ho pensato anche a quello non temete” spiegò poi il piccolo capo adagiandosi una mano al mento, “Avremo la collaborazione di un poliziotto” chiarì sorridendo nefasto.

“Corruzione?” domandò ancora Zarbon sgranando gli occhi.

Lo sguardo di Freezer non poteva definirsi nulla di promettente, “Che cosa patetica… non intendo regalare il mio denaro a nessuno, soprattutto ad uno sporco piedipiatti… no… no, ho altro in mente” dichiarò, mentre le sue labbra si piegarono in un ghigno.

“Sai già chi interpellare?” domando infine Dodoria, “Ovviamente” concluse il piccoletto con aria soddisfatta.

*

Quelle stupide vecchie gli avevano fatto venire mal di testa.

La sua giornata non poteva essere peggiore di così.

Appena giunse negli spogliatoi del commissariato spalancò la porta col rischio di spaccarla.

“Andiamo Vegeta, cerca di calmarti adesso” provò a tranquillizzarlo il collega agitando le mani nella speranza di placarlo.

“Non dirmi cosa devo fare Kakaroth!” gli sbraitò contro l’altro furente, “Spiegami perché capitano sempre tutte a noi queste idiozie?!” si lamentò poi aprendo il lucchetto del suo armadietto.

Goku alzò leggermente la testa, si adagiò una mano al mento assumendo un’espressione ingenua “Ehm… perché eravamo nei paraggi?” cercò di rispondere seriamente ad un quesito che di risposte non ne aveva.

Vegeta si fermò ad osservarlo per un secondo prima di aprire l’anta “Stai zitto Kakaroth” ordinò esasperato spalancando, finalmente, l’armadietto.

Il collega si grattò la nuca “Guarda che sei stato tu a chiederlo” gli fece presente con aria sincera.

Vegeta non rispose.

“Ehi, Vegeta, stai bene?” domandò cercando di sbirciare la sua espressione, “Sì” mormorò monosillabico l’altro.

Goku osservò i suoi movimenti, lo vide infilarsi un pezzo di carta in una tasca, lo vide liberarsi della sua pistola riponendola nel suo armadietto, tutto in maniera quasi ingiustificata.

“Me ne vado a casa” annunciò torvo passando accanto all’amico che rimase sorpreso dal suo repentino cambio d’umore.

“V… va bene” sussurrò in risposta Goku, mentre osservava il collega sparire alla fine del turno.

Istintivamente il suo sguardo tornò all’armadietto dell’amico.

Distratto, non fece caso a quello strano poliziotto dalla corporatura robusta che lui non aveva mai visto.

L’agente restò lì anche dopo che, lo stesso Goku, lasciò la stanza.

*

Vegeta estrasse il bigliettino dalla tasca per rileggerlo nuovamente:

Fine turno, dietro il bar.

Lascia pistola armadietto, o lei muore.

Poche parole, telegrafiche, ma fin troppo chiare.

Deglutì rigirando quella che risultava essere il retro di una foto.

Scatto che raffigurava lei, Bulma.

Dentro casa, la sua casa, in un momento come un altro, durante la sua vita quotidiana.

Quei bastardi, chiunque essi fossero, la stavano tenendo d’occhio.

La fotografia risaliva quasi sicuramente ad alcuni giorni prima, riconosceva il maglione che indossava, riconosceva il rossetto sulle sue labbra e riconosceva il programma televisivo che lui stesso stava guardando alle sue spalle.

Digrignò i denti accelerando il passo, come se arrivare prima potesse risolvere la situazione che, da lì a poco, avrebbe compromesso la sua esistenza.

Quando entrò nel vicolo lo constatò buio e deserto “Ehi! Io sono qui! Codardi venite fuori!” urlò in un ordine pronunciato con parole ferme e decise.

Si guardò attorno in maniera nervosa, benché cercasse di nasconderlo.

L’unica cosa che vide fu un biglietto.

Disattiva tutti gli allarmi e le telecamere della banca centrale

stanotte, o lei…

Istintivamente girò quella che si rivelò essere un’altra fotografia.

Ancora lo stesso soggetto, in un giorno diverso, in un momento diverso.

“Ehi bastardi! Perché non venite allo scoperto invece di nascondervi! Cos’è avete paura? Eh? Ehi!!” urlò al vento stringendo forte i pugni.

Una piccola goccia scese lentamente dal cielo.

Un’altra la seguì a breve distanza.

Poi tante altre.

Vegeta restò a fissare la volta celeste deglutendo sonoramente.

Cosa fare ora?

*

Conosceva lo stile.

Era fin troppo famigliare per i suoi gusti.

Fu come tornare indietro in un angosciante flashback.

Si ricordò suo padre tornare a casa una sera.

Era arrabbiato, lo sentì parlare di un bigliettino, lo sentì raccontare, a sua madre, che era stato preso di mira da loschi individui che lo avevano minacciato.

Lo aveva sentito affermare che quei pazzi stavano mirando alla sua famiglia, ma che lui si sarebbe ribellato.

Non lo aveva più visto da quel giorno.

Lui e sua madre scomparvero, nel nulla, senza dare più notizie.

Era abbastanza grande per capire, quando successe, ma ancora troppo piccolo per agire.

Dovette affidarsi alle indagini della polizia, di un certo Ginew, un tizio che lui aveva sempre sostenuto essere corrotto.

Troppo piccolo per essere ascoltato.

Non avrebbe commesso gli stessi errori.

Aveva un piano, ma doveva essere svelto.

Avrebbe ubbidito al loro ordine, giusto per darsi il tempo di cercare il luogo dalla quale venivano scattate le foto, era li che si nascondevano, ne era assolutamente sicuro.

Lo stavano tenendo d’occhio e non c’era posto migliore se non vicino al bersaglio.

Vegeta era sicuro di sé, troppo.

Troppo orgoglioso per cedere davanti ad un ricatto senza cercare una soluzione.

Orgoglioso in maniera ossessiva.

Non avrebbe permesso nemmeno al suo istinto di prevaricare, quello che gli suggeriva di tornare a casa, che gli suggeriva di andare a cercare lei.

Quando sentì le sirene della polizia fu ormai troppo tardi.

Bagnato fradicio si rese subito conto di aver fallito.

Si rese subito conto che quelle sirene indicavano la sua sconfitta.

Maledicendo sé e il mondo intero tornò a casa, conscio che non sarebbe più stato lo stesso.

Se solo il suo orgoglio non avesse prevaricato sull’istinto…

*

CONTINUA…

*

*

sexxxychichi: dubito che riesca ad inserire delle scene Goku-Chichi in questa storia. Mi dispiace, ma temo che in questo caso non ci sarà molto spazio per loro

*

Feleset90: possiamo dire che ci sei andata vicino, in un certo senso è qualcosa di “bello” ^^

*

bulma9: non so se è possibile impazzire di curiosità, ma per evitare qualunque responsabilità eccoti il nuovo capitolo con tanto di spiegazioni ^^. Spero non ti abbia deluso e ti ringrazio per i complimenti

*

bulma_92: no, non devi aspettare molto per scoprire cos’è successo quella notte, come vedi il mistero è stato svelato. Comunque sono contenta che questa storia ti stia piacendo.

*

Dragonball93: Vegeta è testardo e orgoglioso, infatti continua a starsene zitto, ma gli avvenimenti di quella sera sono ormai usciti allo scoperto, spero non ti deluda. La condanna di Vegeta era scontata, ma non credo che i suoi compagni di cella lo impensieriscano tanto ^^.

*

lilac: vabbè, allora continua a parlare da sola ormai fai tutto tu… ma tu guarda! Ricomponiamoci e facciamo le persone serie (non ridere). Ho pensato che raccontare la sentenza tramite i tre punti di vista potesse risultare più interessante e sono contenta che tu l’abbia apprezzato. Per quanto riguarda le tue curiosità… bè risponditi da sola XD

*

Sweet Memole 87: il segreto è un intero tubetto di colla vinilica, ti assicuro che fa restare incollato chiunque. E per la serie: questa potevo anche risparmiarmela, andiamo avanti… come vedi, una volta tanto, vi ho risparmiato di dover aspettare l’ultima riga dell’ultimo capitolo ^^.

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Capitolo 7
*** Il sapore della libertà ***


THAT CRAZY NIGHT

THAT CRAZY NIGHT

*

Il sapore della libertà

*

“No, no e no! Trunks, cattivo, non si fa! Forza, restituiscimela!” s’impose mostrando al bimbo il palmo della sua mano, “Ubbidisci alla mamma, Trunks” insistette ancora la donna osservando il figlio con aria severa.

Il piccolo Trunks curvò i lati della boccuccia verso il basso, esibendosi in un’espressione imbronciata.

Nascose le piccole manine dietro la schiena e scosse violentemente il capo in segno di diniego.

“Trunks!” lo richiamò ancora una volta Bulma ormai esasperata dai diversi minuti di trattative con il piccolo ribelle.

Messo alle strette, il monello, optò per la fuga girandosi di scatto, nel tentativo di dileguarsi.

La sua andatura era goffa ed ancora un po’ insicura, impedita, fra l’altro, dall’ingombrante pannolino non gli permise di allontanarsi troppo dalla furente mamma.

Bulma lo sollevò dal terreno, causando i piagnistei del bambino che, nell’ennesimo tentativo di opporsi, cominciò a scuotere gambe e braccia nella speranza di essere lasciato.

Il tentativo del rivoltoso si dissolse dopo l’ennesimo richiamo della donna, “Ora basta! Trunks, restituiscimi subito quella forbice” gli intimò rigorosa.

Trunks guardò la mamma sbattendo gli occhietti azzurri mettendole il broncio offeso da una regola che non capita.

Distratto non si rese subito conto di essere stato derubato del suo nuovo giocattolo, ignorando la pericolosità delle sue lame.

“Ecco, questa la prendo io, grazie” esclamò vittoriosa ponendo l’arma fuori dalla portata del tornado in pannolino.

Certe volte si stupiva di come quella piccola peste riuscisse a giungere nei punti più impensabili della casa, e dire che stava sempre molto attenta a dove conservava gli oggetti, soprattutto quelli acuminati e pericolosi.

Bulma rimise al suolo il figlio sospirando stancamente.

Trunks osservò la mamma dal basso, sul suo volto si dipinse una notevole punta di contrarietà crucciando lo sguardo.

La donna tornò ad osservare il bimbo, in un lampo si accorse di quanto, quell’espressione infastidita, somigliasse terribilmente a quella del padre.

Socchiuse gli occhi mentre, il volto del marito, si disegnò nitida nella sua mente… le mancava.

Quando volse nuovamente lo sguardo verso il figlio si accorse che il piccolo uragano si era già dissolto.

Trunks, infatti, si era già arrampicato su una sedia della cucina, rovesciando una tazza di caffè sul foglio che la madre stava scrivendo.

*

Era da qualche minuto ormai che fissava il soffitto esteso sopra la sua testa.

Sdraiato sulla sua branda, all’ultimo piano del singolare letto a castello, si perse nei suoi pensieri.

Nemmeno il rumore proveniente dall’esterno della cella, nel corridoio in metallo, bastò a distoglierlo dalle sue meditazioni.

“Posta” annunciò il guardiano colpendo le sbarre per richiamare l’attenzione dei carcerati.

Fu Radish il primo ad avvicinarsi.

Il capellone scese dalla cuccia centrale e si avvicinò alla grata, “Chi è il fortunato?” mormorò con una punta di sarcasmo appoggiando il capo sulle barre.

Il guardiano di turno lesse il nome del ricevente sulla busta, tornò a guardare l’interno della cella, “Vegeta, è per te” annunciò ignorando l’altro prigioniero che farfugliò qualcosa d’infastidito.

Vegeta distolse lo sguardo dal soffitto, “Non m’interessa” brontolò scostandosi su un lato dando le spalle a tutti gli altri.

“Non vuoi nemmeno sapere di chi è?” intervenne il pelato cercando di sbirciare l’espressione dell’altro dal centro della stanza.

La risposta di Vegeta fu un lapidario “No”, suscitando lo sgomento generale.

Nappa si voltò a guardare l’amico dai lunghi capelli neri, Radish, a sua volta, alzò le spalle posando lo sguardo sul fattorino che aveva già introdotto la missiva all’interno delle sbarre.

“Che faccio?” domandò quest’ultimo, restando immobile, indeciso sul da farsi.

“Sei nuovo vero?” domandò l’omone al centro della cella, il guardiano annuì, e Nappa tornò a guardare l’amico in una specie di ordine silenzioso.

Radish comprese l’ordine ed allungò la mano afferrando la lettera dalle mani del secondino, “Fa sempre così” spiegò in un bisbiglio leggendo il nome del mittente.

L’inesperto portalettere sbatté gli occhi perplesso, osservò uno dopo l’altro i tre uomini che decisero di ignorare la sua presenza, pertanto non gli restò altro da far che passare alla cella successiva.

“Oh, è di nuovo quella donna” informò Radish guardando la schiena del compagno, “Non mi riguarda” s’impuntò questi senza spostarsi di un millimetro.

Nappa e Radish si guardarono a vicenda alzando simultaneamente le spalle, il capellone si limitò ad adagiare il messaggio sul piccolo tavolino, prima di tornare agli affari propri.

*

Each night within his prison cell,
he looks out through the bars.
He reads the letters that she wrote.
One day he'll know the taste of freedom.

*

Era buio da qualche ora ormai e, Vegeta, rimase a fissare l’esterno della sua prigione.

C’era poco da guardare in realtà, le stelle brillavano limpide in cielo, oltre quelle null’altro.

Solo prati e colline a perdita d’occhio, lontano dalla città e dalla gente.

Erano reclusi, anche solo guardare dalla finestra li faceva sentire tali.

Gli mancava, un po’, guardare oltre i vetri della sua stanza, osservare le fronde dell’albero che ricopriva parte della sua visuale.

Poteva osservare le strade conscio di poterle percorrere in qualunque momento grazie a quel diritto comunemente chiamato libertà.

Buffo come si fosse ormai quasi dimenticato di essa.

Sbuffò, infastidito dai suoi stessi pensieri scostando lo sguardo sul tavolino alle sue spalle.

Impiegò un solo attimo prima di accorgersi di quella busta bianca adagiata sull’asse di legno.

Il suo sguardo si mosse verso le brande, per accertarsi, inconsciamente, che i suoi compagni di cella fossero profondamente assopiti.

Nuovamente ricominciò ad osservare quella busta, con un guizzo della mano l’afferrò con decisione.

Ci vollero alcuni secondi prima di decidersi ad aprirla, restò a fissare il nome di lei scritto in maniera chiara ed ordinata.

Dentro di sé rise, lo divertiva sempre notare come l’esterno della busta si presentava in maniera impeccabile, ma al suo interno era un’insieme di scarabocchi e parole difficili da interpretare.

Qualche volta aveva addirittura incrociato qualche schizzo a bordo pagina.

Proprio come lei, perennemente disordinata e distratta, che regolarmente si riprometteva di mettere tutto in ordine, ma che, altrettanto regolarmente, non faceva mai.

Così come le lettere che gli mandava, più o meno costantemente, continuamente concluse con frasi del tipo: P.S. scura tesoro, volevo riscrivertela, ma non ne ho avuto il tempo, spero si capisca ugualmente.

Terribilmente da lei.

E come volevasi dimostrare anche quella lettera presentava dei chiari segni di riconoscimento.

Un’enorme chiazza di caffè estesa su tutta la seconda pagina con la nota: questa è opera di Trunks, sottolineando il fatto che, per una volta, la distratta non era stata lei.

*

La missiva si rivelò una lettera come le altre.

Nulla di nuovo dunque, i soliti aggiornamenti sulla vita oltre le colline che vedeva dalla sua finestra.

Di come Trunks abbia imparato a camminare e correre, anche troppo veloce a detta della madre.

Di come andava il suo lavoro, e per informarlo di qualche novità sulla casa.

Addirittura delle note sulla vita di Kakaroth, giusto per renderlo partecipe di ciò che accadeva anche al suo unico amico.

Righe scritte a tratti allegri altri malinconici e, benché lei cercasse di nasconderlo, la chiara punta di nostalgia era limpidamente intuibile dalle sue parole.

La conosceva fin troppo bene per non avvertire i suoi stati d’animo.

Infine una piccola foto.

Un’immagine che ritraeva lei e il piccolo Trunks in riva la mare, con tanto di nota, sul retro, di dove, come, quando e perché era stata scattata.

Vegeta rigirò più volte quell’immagine, ogni volta lo faceva con un certo timore, come se voltando l’immagine si sarebbe trovato ad affrontare l’ennesima minaccia.

Quello era diventato un riflesso incondizionato.

“Mmm… così è lei quella che ti scrive ogni tanto” mugugnò d’improvviso una voce alle sue spalle.

Vegeta strinse la foto, riducendola ad una pallina di carta, si voltò incrociando lo sguardo con un sonnolento Nappa, fulminandolo appena i suoi occhi neri, e profondi, si posarono sull’energumeno.

“Ehi ehi, calmati non ti arrabbiare” si predispose subito l’omone mettendo, letteralmente, le mani avanti.

Il piccoletto tornò a guardare oltre le sbarre, facendo tirare un sospiro di sollievo all’altro, “Lei è… tua moglie, giusto?” domandò Nappa avviandosi verso l’angolo adibito a bagno, passando il più lontano possibile dal suo interlocutore.

Vegeta non rispose, sbirciò la fotografia ancora accartocciata nella sua mano, “Sì” rispose infine in un sibilo sussurrato.

Nappa lo guardò per alcuni secondi, “Sei fortunato… è una bella donna” constatò, inappropriato, pentendosi un istante dopo, sentendosi penetrare, alle spalle, dagli occhi di fuoco dell’altro.

“Ehm… volevo dire… sei fortunato che ci sia qualcuno fuori da qui” cercò di rimediare goffamente sventolando le mani bagnate dall’acqua con la quale si era appena sciacquato.

Vegeta sembrò calmare il suo istinto omicida, chinò il capo ed osservò la lettera che ancora stringeva tra le dita.

“Chi lo sa” concluse enigmatico stracciando i pezzi di carta e la fotografia, disperdendo poi i tanti coriandoli fuori dalla finestra.

*

CONTINUA…

*

*

Dragonball93: no, la storia non è finita, come puoi vedere. Riguardo alla frase del testo che citi tu io l’ho interpretata già alcuni capitoli fa, quindi non c’era “pericolo”

*

bulma_92: eccolo il seguito ^^, spero ti sia piaciuto. Grazie come sempre

*

haruhi96: l’istinto gli diceva di tornare a casa, ma lui non l’ha fatto per orgoglio, se si fosse comportato diversamente avrebbe avuto un alibi

*

bulma9: spero che l’attesa non sia stata troppa. Come vedi la storia sta prendendo una piega ancora diversa e, spero, possa piacerti anche così

*

Feleset90: Goku e Bulma sono all’oscuro di tutto come vedi. Spero che il seguito ti sia piaciuto ^^

*

lilac: segnatelo sul calendario, sto per rispondere alla tua domanda XD. Semplicemente per Freezer, Vegeta, era una pedina sacrificabile, ciò che gli sarebbe successo non lo riguardava. Per il resto, grazie come sempre ^^

*

bulma90: tranquilla, perdonata per la mancata recensione ^^. Grazie per i complimenti e spero ti sia piaciuto anche questo capitolo

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Capitolo 8
*** Fra le sue braccia ***


THAT CRAZY NIGHT

THAT CRAZY NIGHT

*

Fra le sue braccia

*

“Bulma, Bulma!” la richiamò una voce che la costrinse a voltarsi.

I suoi occhi intravidero una figura famigliare che la raggiunse di corsa.

Si fermò a pochi passi da lei appoggiandosi stancamente le mani sulle ginocchia, “Cavolo, quanto corri” ansimò Goku appena riprese fiato.

“E’ dall’edicola che ti sto seguendo” disse additandosi le spalle, mentre il suo respiro riprese il suo normale ritmo.

Bulma fece mente locale constatando che era almeno da qualche minuto che l’amico stava cercando di raggiungerla, “Ah, scusa, ero soprappensiero” si giustificò poi, ricevendo in risposta un sorriso genuino.

Goku raddrizzò la schiena e si appoggiò le mani ai fianchi “Allora” sopirò “Stai andando a prendere Trunks?” s’informò riprendendo il cammino.

La donna annuì “Sì, e immagino che tu debba fare lo stesso con Goten” suppose, “Indovinato” concordò l’altro alzando l’indice di una mano.

“Chichi ha il turno di pomeriggio per questa settimana, quindi tocca a me occuparmi del piccolo” specificò con una punta d’orgoglio.

Bulma scrutò con attenzione il suo sguardo, lo sguardo di un padre fiero, l’emblema di una famiglia unita ed in piena armonia.

Le sfuggì un sospirò che l’amico non mancò di notare, “Tutto bene?” domando infatti tornando serio.

Bulma accennò un sorriso nel tentativo di camuffare la sua amarezza, “Sì certo, perché non dovrebbe?” cercò di mentire.

Goku fece una smorfia, era ingenuo, ma non era stupido.

Non impiegò molto a comprendere il motivo della sua angoscia, come un lampo nel cielo un solo nome si fece largo tra i suoi pensieri: Vegeta.

Restò a fissarla, mentre lei chinò lo sguardo per illudere gli occhi dell’altro, inconsapevole che fosse ormai troppo tardi per nasconderglielo.

Improvvisamente rialzò il capo, come colta da un’illuminazione, si voltò a guardare l’amico di sempre, senza aggiungere una parola.

“Che c’è?” domandò un perplesso Goku che strabuzzò gli occhi.

Bulma strinse i pugni, sospirò e fissò l’altro con estrema determinazione, “Goku, ho bisogno di un favore” si decide infine a dire.

*

Over the hills and far away,
she prays he will return one day.
As sure as the rivers reach the seas,
back in his arms she swears she'll be.

*

“Quanto durerà il viaggio?” le domandò osservandola mentre infilò un paio di magliette in uno zaino.

“Tutta la giornata. Dovrei arrivare in albergo a notte inoltrata” rispose lei afferrando dei biglietti aerei leggendone gli orari.

Goku annuì più volte, “Pensi di tornare lunedì pomeriggio?” s’informò ancora reclinando leggermente il capo.

“Sera” specificò, “Verrò a riprendermi Trunks martedì mattina, così lo porto io a scuola” spiegò infilando i documenti in una delle tasche del bagaglio.

“Posso portarlo io insieme a Goten, non c’è problema” si offrì l’altro osservando il trafficare dell’amica, “Piuttosto, Bulma, perché non lo porti con te? Credo che a Trunks farebbe piacere conoscere suo padre” domandò senza distogliere gli occhi delle mani minute di lei che si bloccarono all’improvviso.

Bulma restò a fissare le sue stesse dita per svariati secondi, sospirò e tornò a lottare con lo zaino affinché riuscisse a far stare i suoi documenti di viaggio all’interno dello scomparto apposito, “Non è possibile, purtroppo non fanno entrare i minorenni” spiegò cominciando a prendere, insensatamente, a pugni la borsa.

Goku stava per replicare, ma dal piccolo corridoio apparve una testolina dai capelli lilla, “Mamma, posso portare anche le mie biglie a casa di Goten?” domandò mostrando ai due adulti una piccola sfera dalle sfumature arancioni.

Bulma alzò lo sguardo incrociando gli occhi supplichevoli del figlio, poi si soffermò su Goku.

L’uomo osservò prima il bambino, poi l’amica, constatando che la risposta toccava a lui, sorrise “Certo, non dovrebbe esserci nessun problema” acconsentì.

Bulma tornò a guardare il bambino, anticipando il suo entusiasmo, “Basta che non ne perdi altre, continuo a trovarne per tutta la casa. Ieri ne ho trovate ben sette sotto il divano” non mancò di rimproverarlo suscitando un piccolo sbuffo da parte del figlio.

“Va bene mamma” promise il ragazzino prima di sparire nuovamente da dove era venuto.

Ci vollero solo alcuni secondi prima che il piccolo Trunks riapparve dal corridoio.

A testa china strinse le mani a pugno “Mamma” mormorò attirando nuovamente l’attenzione della donna, “Dimmi tesoro” lo esortò a parlare lei.

Trunks sospirò ed alzò nuovamente il capo verso la madre “Cosa vuol dire infame?” domandò con innocenza.

Bulma sgranò gli occhi per lo stupore “Dove hai sentito una parola simile?” chiese allarmata e piuttosto turbata.

Il bambino alzò le spalle, “L’hanno detta a scuola. Mi hanno detto che papà è un’infame perché è in prigione, è vero?” s’informò il piccolo cercando di comprendere lo sguardo della madre che, via via, si fece sempre più sconvolto.

Evidentemente era una brutta cosa.

“T… Trunks, tesoro, chiunque ti abbia detto una cosa del genere è uno sciocco, e non sa nulla sul tuo papà” disse con calma la donna avvicinandosi al figlio ed inginocchiandosi davanti a lui, “Il tuo papà è… lui è… lui…” farfugliò visibilmente in difficoltà.

“Lui è come un cocomero” s’intromise Goku nel tentativo di salvare l’amica, suscitando la perplessità nello sguardo di madre e figlio, che lo guardarono visibilmente confusi.

Goku avanzò verso di loro, adagiò una mano sulla spalla del bambino ed alzò l’indice di una mano “Trunks, a te piacciono i cocomeri?” gli chiese restando serio.

Trunks annuì piuttosto disordinato.

“Ecco, tuo padre è come un cocomero” disse fingendo di avere il frutto per le mani, “Se lo si guarda dall’esterno sembra duro ed ha un guscio molto resistente, ma dentro è soffice e dolce” concluse la sua strampalata spiegazione alzando nuovamente un indice e socchiudendo gli occhi.

Ci vollero alcuni secondi prima che la sua interpretazione fu capita.

Trunks sbatté più volte le palpebre, annuì e sorrise, “Ho capito!” annunciò sparendo nuovamente per i corridoi.

Bulma osservò prima il figlio, domandandosi cosa avesse esattamene capito, poi l’amico.

Rise, avendo chiaramente compreso il riferimento, si alzò, “Un cocomero eh?” mormorò sorridendo, “Non credo che Vegeta apprezzerebbe molto il paragone” ammise divertita.

Goku si adagiò due dita al mento pensieroso “Ehm… in effetti… però a me è venuta fame” chiarì il motivo della suo strano commento sull’amico.

*

Over the hills and far away,
he swears he will return one day.
Far from the mountains and the seas,
back in her arms he swears he'll be.

*

Nappa brontolò qualcosa di sconclusionato quando la porta ferrata gli fu richiusa alle spalle.

“Piantala di lamentarti” gli ordinò Vegeta, stufo di sentirlo lagnare al termine di ogni pasto a causa delle ridotte porzioni.

“Quelli vogliono farci morire di fame, te lo dico io” s’impuntò additandosi alle spalle, ed alzando, di proposito, la voce affinché potessero sentirlo anche i secondini.

Vegeta bofonchiò qualcosa tra sé, presumibilmente epiteti poco carini all’indirizzo del gigante.

Si arrampicò sulla scaletta che portava al suo giaciglio e lì si stese.

“Però devi ammettere che oggi ci è andata bene, abbiamo avuto addirittura due portate” gli fece presente Radish sedendosi al tavolo.

Nappa ricominciò a mormorare, si avvicinò al capellone afferrandolo per il colletto, “Sta zitto idiota!” gli intimò sollevandolo dalla sedia.

Vegeta crucciò lo sguardo, infastidito del baccano causato dai suoi compagni di cella, “Tacete imbecilli!” ordinò riportando il silenzio.

“Vegeta” lo richiamò una voce poco fuori le sbarre.

Il prigioniero roteò le pupille nella direzione del carceriere che lo aveva appena chiamato, “Cosa vuoi?” rispose scontroso, “Hai una visita” specificò l’altro.

*

Over the hills and far away,
she prays he will return one day.
As sure as the rivers reach the seas,
back in his arms is where she'll be.

*

Con i polsi e le caviglie ammanettate percorse il corridoio di metallo accompagnato della guardia che lo aveva richiamato.

Con la coda dell’occhio osservava tutti i carcerati parlare concitatamente con i loro cari.

Lacrime e pianti erano udibili per tutto il corridoio.

Davvero disgustoso!

Per lui, invece, era strano ricevere visite, almeno in quel periodo dell’anno.

La sua città distava molti chilometri dal carcere, quindi doveva accontentarsi di ricevere visite saltuarie durante le festività o le vacanze estive.

Quando arrivò al posto che gli fu riservato per poco non spalancò la bocca dallo stupore.

“Ciao” sussurrò Bulma appena lo vide sedersi, “Che ci fai qui?” domandò lui in maniera distaccata.

La donna fece una smorfia di malcontento “Un semplice ciao sarebbe gradito” brontolò con ironia, offesa dal suo modo di fare.

Eppure le mancava, tanto da farle percorrere chilometri solo per il bisogno di poterlo rivedere.

Bulma osservò le sue mani, incatenate dalle manette, osservò le sue braccia e desiderò di potersi lanciare tra di esse, eppure quella lastra di vetro che li separava le impediva di poterlo fare.

Sembrava una beffa amara, tanti chilometri li distanziavano e quando si trovavano faccia a faccia a lei sembrava di essergli molto più lontano di quando a separarli erano intere catene montuose.

“Tsk, si vede che hai tempo da perdere” rispose irritabile l’uomo incrociando le braccia, osservando quelle di lei.

Ogni volta che veniva a trovarlo riscopriva quanto quelle braccia minute gli mancavano strette attorno al suo collo.

Benché cercasse, con tutto se stesso, di non ammetterlo; nemmeno alla propria coscienza, lei gli mancava, questo era quanto.

Si era ritrovato, più volte anche, a desiderare di poter distruggere quella lastra di vetro per raggiungerla.

Ridicolo.

“Ehi! Io percorro chilometri per venirti a trovare, il minimo della cortesia sarebbe quello di essermene riconoscente, razza d’ingrato” lo punzecchiò lei accigliando lo sguardo.

Le labbra di Vegeta si piegarono in un sorriso sarcastico, “Per quale motivo? Almeno qui dentro posso risparmiarmi di sentire la tua voce stridente. Tu mi fai venire solo un gran mal di testa” la provocò, divertito, avvicinandosi ulteriormente al vetro.

Bulma gli mostrò il dito medio, “Hai ragione, almeno qui dentro non devo correrti dietro per farti assumere un comportamento meno animalesco” rispose con un ghigno, “Trunks è meno problematico di te” aggiunse vittoriosa.

Vegeta grugnì offeso e il volto di Bulma tornò a sorridere, come se la discussione appena fatta non fosse mai avvenuta.

“A proposito di Trunks” esclamò poi la donna frugando nella sua borsa.

Vegeta inarcò un sopracciglio ed attese.

Bulma estrasse un foglio, lo aprì e lo appoggiò sul vetro affinché lui potesse vederlo, “Ti ha fatto un disegno” disse sbirciando l’espressione del marito.

Lui scrutò quello strano scarabocchio, ed assunse un’espressione stralunata cercando d’interpretarne il significato.

La sagoma che, in teoria, doveva essere una figura umana stava abbracciando una specie di palla verde, il significato a Vegeta sfuggì.

“Che cavolo dovrebbe essere?!” chiede confuso.

Bulma rise, “E’ Trunks, che abbraccia un… cocomero” svelò senza nascondere un certo divertimento.

“E io che c’entro?!” domandò sempre più scettico, “Tu sei il cocomero” ammise Bulma scoppiando a ridere, soprattutto quando vide l’espressione indignata dell’uomo seguita da un “Cosa?!” piuttosto innervosito.

Mancava poco, ancora poco e lui sarebbe tornato ad essere un uomo libero, lo sapevano entrambi.

Ancora poco e sarebbero nuovamente stati l’uno tra le braccia dell’altra.

*

CONTINUA…

*

*

bulma9: accidenti, l’hai addirittura riletta due volte?! Grazie infinite, sei davvero gentile, mi fa molto piacere che questa storia ti stia entusiasmando così ^^

*

bulma_92: Vegeta fa così perché è Vegeta ^^ orgoglioso e testardo fino all’ultimo oserei dire. Grazie anche a te

*

Feleset90: come puoi notare tu stessa il tempo trascorre molto velocemente. Come sempre grazie dei complimenti ^^

*

lilac: lo sai che ho un debole per i dettagli e mi fa molto piacere che qualcuno li noti, quindi ti ringrazio per questo. Sono contenta, inoltre, che le diverse scene siano state di tuo gradimento ^^

*

bulma90: ringrazio anche te, sono contenta che l’unione tra testo e trama sia visibile e di tuo gradimento, inoltre ti ringrazio per i complimenti ^^

*

fifi15: grazie per essere diventata una nuova fan di questa piccola storia, ne sono onorata ^^. Sono contenta che la caratterizzazione dei personaggi ti piaccia e spero che anche questo capitolo sia di tuo gradimento.

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Capitolo 9
*** Oltre le colline ***


THAT CRAZY NIGHT

THAT CRAZY NIGHT

*

Oltre le colline

*

“E poi, e poi, e poi… e poi, gli farò vedere tuuuutte le mie macchinine. Ah! Gli farò giocare con i miei videogame, e poi…” “Calmati Trunks” lo zitti una volta per tutte la madre.

Il ragazzino si fermò improvvisamente, dopo l’ennesimo salto, fissò la madre con aria interrogativa sbattendo più volte le palpebre.

Bulma sospirò pesantemente, si adagiò le mani ai fianchi ed osservò il figlio che, da alcuni minuti, non aveva smesso di saltare per tutta la stanza, “Dubito che tuo padre voglia fare tutto questo” disse smorzando l’entusiasmo del piccolo.

Trunks restò a fissare la donna ancora per alcuni secondi, abbassò le braccia, ancora in aria dopo l’ennesima esultanza, e rimase immobile per qualche istante.

I lati della bocca si curvarono incerti verso il basso, sbatté le palpebre senza dire nulla, “Perché?” chiese infine accigliandosi piuttosto confuso.

Bulma si passò una mano tra i capelli azzurri, sospirò, per l’ennesima volta, e si accomodò sul suo letto.

Con una mano fece segno al ragazzino di sedersi accanto a lei e, Trunks, sebbene fosse ancora un po’ titubante, ubbidì.

La madre gli poggiò delicatamente la mano sulla spalla, “Trunks, tesoro” cominciò con un sospiro, “Tuo padre è una persona dal carattere un po’ difficile. Ecco, non voglio che tu ti faccia troppe illusioni su di lui. È una brava persona, a modo suo, ma è terribilmente complicato averci a che fare, tu mi capisci, vero Trunks?” spiegò il più chiaramente possibile attirando il figlio a sé.

Trunks assunse un’espressione piuttosto confusa, non aveva capito tutto ciò che gli era appena stato detto, ma cominciò a domandarsi che razza di persona fosse suo padre.

Intanto si lasciò cullare dal calore materno e dal profumo di lei che riusciva, come sempre, a tranquillizzarlo.

Decise, infine, di annuire lievemente per assicurare alla donna che il messaggio gli fosse arrivato chiaramente.

Bulma sentì la testolina del figlio annuire, sospirò ancora una volta, e riprese a parlare, “Tieni sempre presente, qualunque cosa accada, che lui ti vuole bene, anche se faticherà a dimostrarlo. Prometti che te lo ricorderai?” concluse cercando gli occhi azzurri del bambino.

Trunks incrociò lo sguardo con quelli della donna ed annuì nuovamente, “Papà mi vuole bene, e io ne voglio a lui” sintetizzò nel suo linguaggio fanciullesco.

Bulma sorrise e scostò una ciocca di capelli lilla dalla fronte del ragazzino, “Questo è il mio ometto” disse con una punta di sollievo.

Il suono del campanello distolse entrambi dalla conversazione.

Bulma fu la prima ad alzarsi, guardò la porta della sua camera, poi tornò al figlio, “Deve essere Goku. Trunks, tu vai ad aprire, mentre io finisco di mettere un po’ di cose in valigia, d’accordo?” ordinò.

Trunks non si fece ripetere l’ordine due volte, si issò dal letto e si precipitò verso la porta d’ingresso.

Quando la spalancò si ritrovò davanti proprio la persona che si aspettava di vedere.

Goku gli sorrise gentilmente, gli appoggiò una mano sulla testa scompigliandogli leggermente i capelli.

“Allora Trunks, pronto per il grande evento?” domandò facendo un passo all’interno dell’abitazione.

Il bambino assunse un’aria vittoriosa, “Certo” confermò con fierezza; mista ad una visibile eccitazione.

L’uomo gli regalò un altro sorriso, “Tua madre? È pronta?” chiese poi guardandosi attorno.

“Ha detto che deve mettere ancora un paio di cose in valigia” specificò additando la camera da letto della madre, anzi no, dei suoi genitori.

Goku si adagiò le mani ai fianchi “Perfetto, allora vado a vedere se ha bisogno di una mano per portare le cose in macchina” si offrì raggiungendo l’amica.

*

Over the hills,
over the hills and far away.

*

“Allora Vegeta, ancora pochi minuti e sarai un uomo libero” gli ricordò Radish osservandolo da dietro la ringhiera del suo letto.

Vegeta ignorò il commento restando a fissare l’orizzonte fuori dalla finestra che lo aveva separato dal mondo per diversi anni.

Il suo sguardo, imperturbabile come sempre, non si spostò oltre i picchi delle montagne che si estendevano al di là del cemento della prigione.

Ormai, dopo anni, conosceva a memoria ogni scanalatura ed ogni sporgenza di quelle imponenti valli.

Eppure i suoi occhi continuavano a fissarle, come se potesse giungere oltre qui muri naturali col solo sguardo.

Sembrava strano, in effetti, ancora poco e quelle montagne sarebbero rimaste alle sue spalle, per sempre.

Non si ricordava nemmeno più com’era fatto il resto del mondo, né riusciva ad immaginare come potesse essere il panorama al di fuori della finestra di casa.

Una cosa era certa, niente più montagne o colline, niente più sbarre di ferro per impedirgli di sporgere oltre il capo.

“Ehi Vegeta?!” lo richiamò nuovamente Radish non avendo ricevuto precedente risposta.

Il piccoletto si volse infine a guardarlo, “Che accidenti vuoi?!” sbottò seccato per essere stato distolto dai suoi pensieri.

Radish deglutì, restò in silenzio ad osservarlo “Ti stavo chiedendo…” “Lascia perdere Radish. Vegeta non ci direbbe mai come si sente, dico bene amico?” lo interruppe Nappa volgendosi poi al diretto interessato.

Vegeta si limitò a fulminarlo con lo sguardo “Io e te non siamo amici” non mancò di specificare, rispondendo positivamente all’affermazione appena fatta dal colosso.

“Ok, scusa” s’affrettò a discolparsi l’altro alzando le braccia in segno di resa.

Vegeta tornò ad osservare l’orizzonte immergendosi nuovamente nei suoi pensieri, ma non vi fu tempo di perdersi troppo, un guardiano lo richiamò solo pochi secondi dopo.

Era ora di andare.

*

Con un profondo respiro inspirò quanta più aria poteva.

Alzò le iridi al cielo e lo guardò con occhi diversi, diversi da quelli che aveva fino a pochi minuti prima.

Ora guardava il cielo da uomo libero.

Il rumore delle pesanti porte che si richiusero alle sue spalle non fece altro che avvalorare la sua sensazione di libertà.

Di nuovo un grande respiro, mentre la sua mano si strinse saldamente ad uno zaino, ricolmo dei suoi effetti personali.

Era strano poter indossare nuovamente i suoi abiti, per troppo tempo aveva portato quell’orribile divisa da carcerato.

Anche questa era una sensazione piuttosto gradevole.

“Vegeta” lo richiamò una voce a qualche metro di distanza.

Da quanto non sentiva più quella voce?!

Terribilmente famigliare, non sarebbe mai riuscito a dimenticarla.

Quando si voltò incrociò lo sguardo con la persona alla quale apparteneva quella voce; una di quelle, poche, persone che mai sarebbe riuscito a dimenticare.

“Non avevi niente di meglio da fare che venire fin qui, Kakaroth?” domandò scontroso come suo solito, ma sul suo volto si dipinse un piccolo ghigno che poteva quasi, quasi, definirsi una specie di sorriso.

Goku si grattò la nuca divertito, rise regalando all’amico uno di quei sorrisi che lo rendevano la persona più genuina al mondo, “Sai com’è, avevo voglia di rivedere un vecchio amico” si giustificò mettendo le mani in tasca ed avvicinandosi all’altro.

Vegeta non replicò, restò immobile ed in silenzio, osservandolo mentre lui si fece più vicino.

Una volta raggiunto, Goku, gli mostrò un pugno attendendo una risposta da parte dell’altro.

Recepito il messaggio, dopo aver a lungo osservato la mano dell’amico, Vegeta la colpì a sua volta con un pugno.

Goku sorrise nuovamente; successivamente si voltò per guardarsi alle spalle, “Inoltre sembra, che ci sia molta gente che non aveva nulla da fare oggi” disse sbirciando, con la coda dell’occhio, l’espressione dell’amico.

Vegeta scrutò il punto nella quale si era soffermato lo sguardo di Kakaroth, lì altre due figure erano in attesa di salutarlo.

Bulma, che Vegeta riconobbe al volo, si voltò verso l’altra persona, un bambino, gli disse qualcosa e dopo averlo afferrato per mano lo trascinò accanto ai due uomini.

“Allora” cominciò appena fu abbastanza vicino all’uomo da sentirne il respiro, “Trunks, questo è tuo padre” lo presentò rivolgendosi al piccolo.

Vegeta abbassò lo sguardo verso quello che era suo figlio.

Con occhi impassibili fissò il ragazzino per alcuni secondi.

Trunks, dal canto suo, deglutì incrociando lo sguardo di marmo del genitore tanto sognato.

L’aveva immaginato diverso, dall’aria più gentile, benché sua madre gli avesse più volte ripetuto che si trattava di una persona dall’aspetto minaccioso.

“Vegeta! Non cominciare a terrorizzarlo!” lo punzecchiò la donna avendo percepito una certa inquietudine da parte del figlio.

“Al diavolo! L’ho soltanto guardato!” le urlò contro lui mostrandole un pugno, “Non lo hai guardato, lo hai fulminato con lo sguardo! Non permetterti di spaventarlo mi hai sentito?!” replicò la donna con aria altrettanto minacciosa.

Trunks sussultò preso alla sprovvista, guardò prima uno poi l’altra, “M… mamma” sussurrò piuttosto sorpreso.

Sentì due mani appoggiarsi sulle proprie spalle “Credo che a questo dovrai abituarti” lo avvisò con delicatezza Goku.

Trunks osservò l’uomo con sguardo inquisitorio, mentre a pochi passi da loro imperversava la battaglia.

“Andiamo, lasciamo da soli i tuoi genitori per un po’. Ti va un gelato?” lo distrasse additando una gelateria poco distante.

Trunks annuì lasciandosi trascinare dall’amico di famiglia verso il loro nuovo obbiettivo.

Allontanandosi non poté fare a meno di voltarsi scrutando lo sguardo del padre.

Istintivamente sorrise.

*

“Sei il solito zotico! Non sei cambiato di una virgola, potresti almeno dirgli ciao, cosa ti costa?” sbraitò con rabbia Bulma additando nervosamente il suo interlocutore.

“Non cominciare a dirmi cosa devo fare!” fu la risposta insolente che ottenne.

Bulma pestò un piede al terreno “Se ti comportassi in maniera più civ…” il silenzio che seguì fu causato dall’unione delle loro labbra.

Vegeta le impedì di parlare oltre attirandola a sé come faceva anni prima.

Gli era mancata, cavolo se gli era mancata.

Mai lo avrebbe ammesso, ma sì lei gli era mancata da morire.

Se non si fossero trovati in pubblico si sarebbe preso tutto ciò che gli era mancato in quegli anni.

Nonostante le apparenza, da zotico come lo definiva lei, riuscì a trattenersi.

Si separò lentamente, e di malavoglia, da lei; la fissò negli occhi per un solo istante, poi scostò lo sguardo.

Le era mancato, cavolo se le era mancato.

Con tutta la forza che aveva in corpo si aggrappò a lui, gli cinse il collo con le sue sottili braccia e lo strinse con vigore.

Appoggiò la testa sul suo petto per respirare quanto più del suo profumo poteva.

“Non osare lasciarmi mai più” gl’intimò in un sussurro.

Vegeta si limitò a guardarla, senza nemmeno rispondere all’abbraccio, alzò lo sguardo volgendo gli occhi verso le colline all’orizzonte.

No, non l’avrebbe lasciata, tra poco avrebbero varcato, insieme, quelle colline.

Tra poco si sarebbero allontanati per sempre da quel panorama.

Tra poco quelle scannellature sarebbero diventati solo un ricordo.

Tra poco se ne sarebbero andati lontani da quel luogo, per sempre.

*

Over the hills,
over the hills and far away.

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FINE

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bulma9: spero che la tua pazienza possa essere ricompensata da questo capitolo finale. Inoltre ti ringrazio, ancora una volta, per i complimenti ^^

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fifi15: ti ringrazio davvero tanto, sei estremamente gentile. Per quel che riguarda la lunghezza del capitolo, bè in genere cerco di suddividerli per scena, quindi non sto molto attenta alla lunghezza

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Feleset90: l’allusione alle sfere era voluta, non è stata una tua impressione ^^, grazie per averlo notato. La verità, Bulma, non la saprà mai, come vedi. Per lei resterà un mistero

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bulma_92: ti ringrazio, sono contenta che tu abbia apprezzato la storia del cocomero e, ovviamente, che ti sia piaciuto il capitolo. Spero che anche questo, l’ultimo, sia di tuo gradimento

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lilac: non posso scrivere un AU senza riferimenti all’originale, è più forte di me XD. La storia delle “sette biglie” dovevo scriverla. A parte questo, sono contenta che la storia ti sia piaciuta e spero di non aver deluso le tue aspettative data l’assenza di Freezer nel finale. Grazie come sempre

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Sweet Memole 87: bè, questo capitolo non andrà da nessuna parte, quando avrai tempo sarà qui ad aspettarti ^^. Per quel che riguarda lo scorso capitolo, sono contenta che la storia del cocomero ti abbia divertito, grazie ^^

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bulma90: spero che l’attesa non sia stata troppo lunga e, soprattutto, spero che anche quest’ultimo capitolo ti sia piaciuto. Ti ringrazio per i complimenti

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