Verità celata dietro un velo di rancore

di Cleopatra Nekomata
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Non credo agli Orchi! ***
Capitolo 2: *** Se Maometto non và alla montagna... ***



Capitolo 1
*** Non credo agli Orchi! ***


Giovedì 16 marzo

Soggetto: Sparizione

Luogo: Villa abbandonata fuori città

Appunti: Ancora sparizioni avvengono laggiù, si tratta di tre ragazzi di scuola media e un uomo di mezza età, un operaio.

Note: Un ragazzo è riuscito a fuggire, farnetica di apparizioni demoniache all'interno della villa.

Marie continuava a battere le lettere della tastiera del suo pc, cercando di mettere insieme delle parole che cercassero di spiegare l'incidente; ma per lei era sempre difficile scrivere dei buoni rapporti per il suo capo, tutti dicevano che era più brava sul campo che non dietro ad una scrivania.

Appena le riuscì di concludere le poche righe richieste, salvò il rapporto e lo spedì al suo capo.

Era un caso molto particolare e Marie lo seguiva ormai da molto tempo. Una strana Villa si erge fuori città, bianca col tetto rosso in buone condizioni all'esterno, ma vicino ad essa si compivano numerose sparizioni. Di giorno e di notte, durante i periodi festivi che feriali; ma cosa più importante non c'erano mai stati testimoni durante tutti questi anni, ma ora...

C'era finalmente qualcuno che era entrato ed era riuscito ad uscirne! Marie però era parecchio perplessa sul da farsi, voleva veramente sentire il ragazzo, ma aveva paura che sarebbe stato inutile. La notizia che le era arrivata fresca fresca, dall'ospedale era di un ragazzino delle medie, con diverse escoriazioni, ferite leggere e alcune bruciature alle mani, che parlava di un demone all'interno della villa. Tanto ne era convinto che era stato trasferito nel reparto di pscichiatria perchè i dottori potessero aiutarlo. Era un bel problema, le ricerche non possono basarsi su presunti demoni o su persone che dicono di averli visti, a maggior ragione se sono internati nel reparto di psichiatria, ma Marie non credeva ai fantasmi ed era intenzionata a parlare col ragazzino quella stessa mattina, anche se era il suo giorno libero ed avrebbe potuto dormire un po' di più.

Prima di ogni altra cosa, però, chiamò la sua migliore amica Yue, che lavorava come una miko in un tempio shintoista. Quella ragazza invece ci credeva ai fantasmi, eccome! Le parlava sempre delle apparizioni che aveva, e non di rado aveva visto dei demoni; così Marie pensò che, con l'aiuto di una miko, il ragazzino sarebbe stato più tranquillo trovando in lei un'amica con cui condividere la sua esperienza "parasensoriale". Marie stava aspettando che Yue le rispondesse e pensava se veramente tutto ciò fosse possibile, ma comunque preferiva avvantaggiarsi per non dover molestare più di tanto un paziente così giovane.

Gli squilli sembravano infiniti, ma Yue finalmente le rispose. -Sei pronta? Passo a prenderti tra un minuto!- si sentì una risatina al di là della cornetta -Il tuo minuto diventa sempre un quarto d'ora, Marie!- sospirò profondamente, perchè sapeva bene che Yue aveva ragione -Non stavolta! Finalmente c'è un indizio e non voglio perderlo- Yue non rispose subito -Ti aspetto- e chiuse la comunicazione.

Marie prese la sua borsa, chiuse a chiave l'appartamento e scese in strada. Il tempio shintoista dove praticava Yue si trovava a metà strada dal suo appartamento e infatti Yue la vide arrivare di corsa e salutandola le disse di cominciare a correre, perchè, si sà, a Tokio i treni non fanno ritardi, mentre loro sì!

Durante il tragitto in treno, Marie ripensò al caso: erano decenni che la polizia aveva a che fare con quelle sparizioni, tutte accomuntate solo dalla casa. Nessuno sapeva se erano scomparsi dentro di essa, o nel bosco adiacente, persino i cani perdevano le tracce appena vicini alla casa, se avevano il coraggio e non si mettevano a guaire addirittura nel vialetto appena passato il cancello.

Il padre di Marie, poliziotto prima, ed investigatore privato poi, si era interessato al caso per colpa della figlia di una sua conoscente che vi si era persa. Marie ricordava quei giorni in cui la madre era in angoscia perchè non lo vedeva tornare, e quando si riaffacciò a casa spiegò alla sua famiglia che si era perso nel bosco; ma a Marie soltanto aveva raccontato che aveva provato ad aprire la porta principale, ma essa non si era aperta anche se aveva visto una persona entrarci appena prima di lui. Suo padre era riamasto lì ad aspettare, ma dopo due giorni di appostamento non era uscito nessuno. Qualche volta vedeva delle figure all'interno, ma la cosa che più lo aveva shockato era il fatto che dalla casa non arrivasse alcun rumore: nè urla, nè risa, nemmeno il suono dello sciaquone del bagno. Niente. Marie all'epoca era ancora piccola e sua madre le impediva di andare a giro dopo scuola, e quindi non era mai riuscita a vedere la casa. Solo durante una gita l'aveva vista da lontano. Yue ruppe il filo dei suoi pensieri. -Bella addormentata! Siamo arrivate!-.

L'ospedale era situato in un bel posto, colline verdi e sempre baciate dal sole, un toccasana per le persone malate all'interno. Marie era abbastanza eccitata, la prima testimonianza di quella casa dai tempi di suo padre "Papà, chissà cosa troveremo andando avanti... vorrei che tu fossi qua con me". Un'infermiera molto gentile accompagnò le signorine fino al reparto di psichiatria, appena entrate videro molte persone di ogni età, con vari problemi, ma quello che più sconvolse Marie fu' un paziente seduto alla finestra che piangeva e un'infermiera invano cercava di consolarlo. Le tornò alla mente il padre defunto, ma subito ricacciò quel brutto pensiero da dove era arrivato. Finalmente raggiunsero la stanza del ragazzo. Lo trovarono seduto sul letto, silenzioso fissava un album da disegno che aveva in grembo, e in mano un pastello blu. Marie bussò alla porta. Una donna seduta accanto al ragazzo si alzò e andò loro incontro, -Sì?- Marie tirò fuori il suo distintivo -Buon giorno Signora, sono Marie della polizia, devo fare un paio di domande al raga...- Yue le fece abbassare il distintivo -La perdoni, sa' come sono i poliziotti sempre nel loro mondo di ragionamenti, non vorremmo disturbare- la signora le guardò spaesata mentre si lanciavano occhiataccie, rispose loro -Siete venute per chiedere a Hiroshi della casa?- Marie non perse tempo -Sì signora, mi occupo delle scomparse avvenute in quella villa fuori città e non possiamo perdere ulteriore tempo, devo, chiedere informazioni al ragazzo- la donna guardò in basso -I dottori dicono che la sanità mentale di mio figlio non è buona e che ci deve essere una spiegazione perchè continua a dire che all'interno di quella casa ci siano dei demoni.... la psicologa dice che...- Marie la zittì -Signora per favore... devo sentire suo figlio, qualsiasi sia la sua versione- la donna con uno sguardo misto tra lo sgomento e la sorpresa si fece da parte e lasciò che Marie e Yue si avvicinassero.

Hiroshi non aveva spostato lo sguardo, ma lo fece quando notò due figure avvicinarsi a lui.

Marie gli sorrise -Ciao Hiroshi, mi chiamo Marie, sono della polizia; vorrei rubare un po' del tuo tempo per farti delle domande- Hiroshi la guardò con uno sguardo severo ma cosciente -E' lei che si occupa delle sparizioni alla villa, ho sentito. Tutti dicono che sono diventato pazzo là dentro, ma non è così. Altrimenti se lo fossi sarei morto là dentro!- Marie ebbe un sussulto, ad occhio e croce doveva essere un ragazzo delle medie, come poteva parlare così? Ma sorvolò, prese la sedia e si avvicinò ad Hiroshi che la osservava senza mutare lo sguardo.

-Lei è Yue, una mia amica- la ragazza sorrise sedendosi alla poltroncina di fronte al letto -Ciao Hiroshi!- Hiroshi arrossì, era piccolo ma gli piacevano le ragazze come Yue, anche se non voleva farlo intendere alla madre. -Bene, ti senti pronto?- il ragazzo le fece cenno di sì col capo.

-Quanti eravate nella villa?-

-In quattro, io, e tre miei compagni di classe: Mika, Takuro e Takeshi. Mika e Takuro erano fidanzati-

-Raccontami: perchè siete andati laggiù? E perchè non siete usciti tutti insieme?-

-Volevamo fare una prova di coraggio: tutti a scuola dicevano che era infestata dai fantasmi, io non ci ho mai creduto, ed ero andato là per dimostrare che si abagliavano... Ma, una volta dentro la porta principale si è chiusa e non voleva saperne di aprirsi. Abbiamo sentito il rumore un piatto che si rompeva, ed io sono andato a vedere. Non c'era nessuno nella cucina, ho pensato fosse stata colpa di un gatto, che per la paura se l'era data a gambe levate e così ritornai nell'ingresso ma i miei amici erano spariti.-

Marie stava annotando i fatti che le sembravano importanti, non aveva intenzione di interromperlo, almeno per ora.

-Li ho cercati, e per primo sono riuscito a trovare Takeshi, ma non parlava tremava e batteva i denti... Non lo avevo mai visto così... Ho continuato a cercare, e quando sono riuscito ad entrare nella biblioteca che si trova vicino alla cucina...-

Hiroshi si fermò un attimo, deglutì rumorosamente, Marie pensò che il ragazzo aveva veramente del fegato, lo ammirava nel segreto dei suoi pensieri.

-L'ho visto... -

-Chi?-

-Il demone... Un demone blu...-

La madre di Hiroshi fece per dire qualcosa, ma Yue la fermò. Lei era quella tra tutti i presenti, che credeva in quello che Hiroshi diceva e come per magia sembrava che anche lui lo avesse capito.

-Che aspetto aveva il demone? Era un uomo che si divertiva a maschersi? Più uomini che volevano farvi del male?...-

-No! Lui è un demone, è troppo alto per essere un umano, troppo crudele per essere un assassino...-

Hiroshi cominciò a piangere, Marie temeva che la madre la cacciasse mentre lei aveva bisogno di altre risposte; fù allora che Yue si alzò e andò vicino ad Hiroshi.

-Hiroshi, tu credi che nessuno di noi ti comprenda, ma io ti capisco bene. I demoni sono sempre pronti ad approfittarsene, sopratutto di chi non crede nella loro esistenza. Io sono una miko e ti capisco, non sono un bello spettacolo da vedere...-

-Ne hai mai visto uno?-

-Molti per la verità, ma piccoli, quasi innocui se trattati col giusto riserbo. Se tu possedessi qualcosa che è stato per molto tempo in quella villa potrei visualizzare il demone.-

Marie e la madre di Hiroshi si guardarono un attimo, ma la donna capì dallo sguardo di Marie che la cosa era seria. Marie credeva fermamente in Yue, se aveva detto quelle cose al ragazzo, voleva dire che le aveva vissute davvero. Il solo pensiero la fece rabbrividire.

-Sì, ho ancora un cacciavite che mi è servito per farmi strada nella villa- Hiroshi scese dal letto e cercò tra le tasche della sua divisa l'oggetto in questione. Quando lo ebbe trovato lo porse a Yue che lo ringraziò.

Yue lo maneggiò, vide il manico nero e giallo, dei più classici; Hiroshi le fece notare che quella punta era intercambiabile e le diede anche l'altra in suo possesso. Yue prese la punta tra le mani e delle immagini la investirono e cominciò a parlarne ad alta voce.

-Vedo... Dell'acqua... Il cacciavite era in acqua... Ce lo ha buttato Lui... Non voleva che nessuno lo trovasse... Non voleva che nessuno uscisse... -

Hiroshi la cominciò a guardare intensamente, con la testa accennava a dei "sì" ma non aveva il coraggio d' interromperla.

-Le sue mani sono grandi... il doppio anche di quelle di un uomo... è alto e fa' paura... il suo viso è ... deforme, deturpato, macchiato... Intriso di lacrime... E di sangue...-

Yue cacciò un urletto d'orrore e di angoscia, Marie stava per toglierle di mano quell'arnese quando l'amica ricominciò a parlarle.

-Non è solo un demone... Ce ne sono molti... bassi, alti, grassi, magri, veloci, lenti.... Hanno occhi grandi come i bambini... Occhi pieni di paura, d'orrore... Solitudine...-

Yue tremante e con la voce flebile lasciò cadere per terra parte del cacciavite, il suo tremolio continuò ancora per poter dire ancora qualcosa -Ha fame... Ma non ha fame-. A quelle parole Marie comprese che c'era veramente pericolo e che dovevano agire in fretta.

-Sì, ma come?-

Marie si alzò dalla sedia e ringraziò il ragazzo e la madre per aver concesso loro tutto quel tempo, poi si occupò di portare via Yue che era sconvolta dalle visioni. Ma Hiroshi insistette perchè rimanessero lì. Marie pensò subito che avesse paura di ciò che avrebbero potuto dire in giro o più semplicemente voleva accertarsi che Yue si riprendesse. La fecero sedere sulla poltroncina e Marie le tolse a forza il cacciavite di mano e tutti videro che le aveva provocato delle ustioni, mentre ancora farneticava di sensazioni.

Solo dopo alcuni minuti furono in grado di ripartire e Yue nascondeva le mani in tasca. Marie le aveva detto di passare al pronto soccorso ma, l'amica non volle farlo. Appena usciti le sue mani erano guarite. Marie era impressionata!

-Yue! Le tue mani!-

-E' il suo dolore...-

-Di chi?-

-Del demone blu-

Marie fece una faccia a metà strada trà lo stizzito e il sorpreso, non credeva affatto che potesse essere qualcosa di soprannaturale, ma una sua allucinazione. Così facendo si allontanarono dall'ospedale, dove un ragazzino delle medie stava alla finestra a scrutarle andar via.

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Capitolo 2
*** Se Maometto non và alla montagna... ***


Venerdì 17 marzo ore 21:30

Marie aveva appena finito di stilare l'ultimo rapporto su un caso minore e subito dopo averlo inviato al suo capo, si rimise a studiare il suo blocco degli appunti.

Era ancora abbastanza incredula per quelle ferite sulle mani di Yue, non capiva bene.

Il suo dolore.... I demoni possono provare dolore? Pensò alle migliaia di film horror che aveva visto e in nessuno di quelli c'era un demone o fantasma o zombie che provasse dolore per ciò che faceva, un po' come gli assassini di cui si occupava giornalmente. In pochi erano dispiaciuti di quello che avevano fatto.

Smise di pensare per un attimo a tutto questo. Le ritornò in mente che doveva chiamare sua madre che era in pensiero per lei, era una donna estremamente protettiva: aveva paura che si ammalasse per il troppo lavoro. Le era cara, oltre a lei aveva solo la sua amica Yue. Non le piaceva stringere molti legami... Tornò alla sua scrivania e si mise a scrivere un altro rapporto fino a che una voce non echeggiò sopra la sua testa. -E' tardi!-

-Lasciami in pace, Takamura! Finisco qua e me ne vado. Consegnami pure le chiavi, ci penso io a chiudere l'ufficio.-

-Sei sempre così affabile! Come vuoi, le chiavi sono qui.- Takamura lasciò cadere il mazzo sulla scrivania di Marie, mentre lei non lo degnava di uno sguardo, concentrata com'era sui suoi appunti. Era tra tutti i suoi colleghi quello che cercava sempre di renderla partecipe. Adorava scherzare, infatti la chiamava "Lupo solitario": per il suo amore nei confronti dei lavori solitari. Marie ormai aveva tanta esperienza da poter diventare capitano in un soffio e molti dei suoi colleghi la consideravano già come tale. Ma la sua ossessione per quella villa veniva prima di tutto, non voleva altro che risolverne il mistero. Anche per far trovare pace al suo vecchio, che era morto nella speranza di riuscire a capirci qualcosa.

Appena la sala fu sgombra e anche l'ultimo dei computer spento, Marie divenne nervosa e ansiosa, non le era mai capitato: rimaneva quasi sempre a fare qualche straordinario per arrotondare, ma quella sera le erano venuti i brividi e pensò che fosse per colpa di qualche finestra aperta. Si alzò ed andò a vedere in corridoio, ma erano tutte chiuse. Allora guardò nei bagni ma era tutto sprangato, ripensandoci, Marie capì che doveva essere il nervoso delle ultime settimane. Decise così di chiudere il suo terminale ed andare a casa, ma quando stava per farlo sullo schermo balenò una scritta “Solo tu! Solo tu... andrai fino in fondo... e troverai nell'abisso la verità!” Marie era incredula e si spaventò quando dal terminale sgorgò dell'acqua nera, con uno scatto felino di allontanò, le luci cominciarono a lampeggiare, dapprima forti e poi sempre più piano. Marie cominciò ad urlare -Smettetela non è divertente!- ma non c'era nessuno e non si sentivano eventuali risate; cominciò a correre lungo il corridoio, non lo ricordava così lungo, così... così infinito. Brandiva le chiavi dell'ufficio come se fosse una spada sacra e allora vide uno specchio in fondo al corridoio, era appannato, ma riusciva a riconoscere la sua figura e quella diventava via via sempre più confusa dai toni bluastri.

Fu allora!

Lo specchio riprese la sua lucentezza.

Marie vi guardò attraverso, scorse dapprima se stessa fiflessa ma al posto del corridoio uno sfondo oscuro. Poi dal buio apparve uno strano essere con il viso deforme dalla pelle blu, le era alle spalle ma la sua figura non importava al demone, perchè subito battè le mani contro il vetro che si tuppe con un suono terribile.

La fissava e lei di rimando, con la bocca aperta e gli occhi sgranati.

Lui era lì immobile, col respiro affannato; mentre Marie lo fissava sentiva anche il calore del suo fiato fù allora che cercò di parlare con l'essere -Tu sei...?- ma il demone blu non la fece finire di parlare emise un urlo straziante, la guardò con occhi pieni di dolore e sparì.

Marie sentì tremare il pavimento sotto i piedi, corse istintivamente verso una delle scrivanie nella porta accanto, vi rimase per minuti interminabili. Vide passare una grande ombra oltre quella della scrivania proiettata sul muro. Tremava ora come una foglia. L'ombra tornò indietro, si fermò davanti alla scrivania, Marie riusciva a sentire il fiato corto dell'ombra, ora un rumore di vetro che si infrange. Poi più nulla. La donna era sconcertata, si era sempre rifiutata di credere ai demoni, agli spiriti e a quant'altro, ma questa volta non poteva pensare che fossero solo dei burloni a prenderla in girò. Quando riprese coraggio e uscì da sotto la scrivania notò che le carte erano tutte volate in aria, e lo specchio che divideva quella sala dal corridoio era sbriciolato. Terroriazzata e sconvolta scappò verso la porta d'uscita, passata la porta la chiuse dietro di sè e rigirò la chiave in maniera frettolosa, la estrasse e con immenso sollievo potè scappare da lì.

Venerdì 17 Marzo

ore: 22.35

Marie era sotto la doccia, lasciava che l'acqua le passasse tra i capelli come un tenero amante. La segreteria stava lampeggiando, lei le rivolse un'occhiata dal bagno e tornò a fissare i pomelli della doccia.

"Cos'era? Cos'era successo? Ma sopratutto perchè?" Marie non riusciva a togliersi dalla testa quelle parole "Solo tu... Solo io in fondo all'abisso della verità" perchè solo lei? Si stava chiedendo! Non era l'unica che se ne occupava di quello stramaledetto caso. Forse solo lei avrebbe avuto il fegato di indagare ancora, dopo una "minaccia" parasensoriale.

Continuava a vedere quel volto come un incubo ad occhi aperti... E gli occhi... Dio! Non le erano mai venuti i brividi per uno sguardo, seppure feroce; ma quello... Lo sguardo di chi sà di non avere più nulla da perdere, che desidera altro... A Marie balenarono le parole di Yue dette all'ospedale: "Ha fame... Ma non ha fame", quegli occhi le avevano rivelato che la fame del demone era di vittime!

Era così sovrappensiero che non si era accorta di star digrignando i denti, quando se ne rese conto sciolse la morsa e si promise di portare a termine quella maledetta storia una volta per tutte.

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