Il segreto delle gemelle

di Irenetta98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'invito al terrore ***
Capitolo 2: *** Mistero senza indizio ***
Capitolo 3: *** L'inizio dell'avventura ***
Capitolo 4: *** Fiori e pietre preziose ***
Capitolo 5: *** Luce e buio ***



Capitolo 1
*** L'invito al terrore ***


Prologo
 
Eccomi qui. Spalle al muro, circondata da una decina di brutti ceffi.
Era ovvio che dovesse capitare a me! E ora sono sola contro questi buoni a nulla partoriti freschi freschi da un carcere!!
Ma voi non sapete come mai mi trovo in questa situazione, giusto?
Avete ragione, scusate. Ma lasciate che vi racconti tutta la storia prima di giungere ad ora…
 
 
 
Capitolo 1
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L’INVITO AL TERRORE
 
 
Tutto comincia quando zia Rosetta ci consegna un invito per la festa di Halloween al Castello di Serenella. Io e Marianne siamo ultra eccitate ma come al solito i nostri genitori hanno da ridire.
Mamma Carlotta soprattutto!! Dovreste sentirla, è l’ansia in persona: << Jenny, Marianne. Non vorrete andarci!? Andiamo, due signorine come voi non devono andare a quel tipo di feste… è pieno di gentaglia venuta da chissà dove… dai ragazze, rimanete a casa, vi prego! >>.
Accidenti! Mamma mi dà proprio sui nervi! Meno male che ci pensa sempre babbo ad addolcire il tutto: << Suvvia Totta (la chiama sempre così quando vuole calmarla), le ragazze ormai sono grandi. Sono perfettamente in grado di gestirsi da sole. Forza, l’invito è duro da rifiutare per loro. Lasciacele andare. Non succederà loro nulla di male, fidati! >>.
Innalzerei una statua a mio padre… se solo sapessimo in che situazione ci andremo a rifilare!
Io e Marianne siamo sorelle gemelle. Abbiamo 15 anni. Siamo entrambe con i capelli mori e lunghi. Occhi verdi e pelle abbastanza chiara. Amiamo le avventure e l’azione!! Ci piace sempre ascoltare le meravigliose storie che ci racconta zio Patrick! Parlano sempre di fantastici viaggi pieni di emozioni e c’è sempre un’insidiosa e magnifica avventura dietro l’angolo!
Ci adora anche lui, perché siamo le sue avventuriere e un giorno ci ha promesso che ci porterà in uno dei luoghi in cui si ambientano le sue incredibili avventure!
Tornando alla faccenda, mamma è convinta, anche se dopo molte preghiere nostre e le parole persuasive di babbo Renzo.
Halloween è una festa che adoriamo: ci si può travestire come si vuole, spaventare le persone andando in giro con aria minacciosa, racimolare dolcetti di casa in casa, vedersi con gli amici e ridere ogni volta che vediamo per la prima volta i nostri costumi!!!
Senza indugi, zia Rosetta e zio Patrick ci portano allo spaventoso castello…
Durante il viaggio io e Marianne pianifichiamo tutta la serata, siamo assolutamente elettrizzate e non vediamo l’ora di arrivare. Per non destare sospetti nei nostri accompagnatori, decidiamo di usare i nostri nomi in codice per comunicare: Jrick (che si pronuncia geiric) ed Mrose (che si pronuncia emros). Sono le nostre iniziali miste al nome dei nostri zii preferiti, Patrick e Rosetta.
<< Tutto bene, ragazze? >> ci chiede zio, evidentemente ci ha sentite ridacchiare e sussurrare.
<< Tutto in ordine, zio! >> decretiamo io e Marianne, tutte allegre.
<< Bene, bene >> sorride lui e poi si volta nuovamente, scuotendo la testa.
Io ed Mrose ci guardiamo, circospette: << Jrick, secondo te ha notato i nostri zainetti? >>.
<< Spero di no >> rispondo io << altrimenti siamo fregate! >>.
Zainetti? Vi chiederete voi.
Sì, perché questa di stasera dovrà essere una vera e propria avventura vissuta in piena regola! << Hai controllato che ci sia tutto? >> continua Mrose.
Io la guardo, annuendo sicura.
Silenziosa, apro la cerniera e tiro fuori gli oggetti da dentro il mio piccolo zainetto nero:
una torcia elettrica ad alto consumo e ad ampio raggio sequestrata dall’ufficio del babbo, due taccuini e due matite dotate di una minuscola gomma consumata, due vecchi walkie-talkie riportati alla luce dalla polverosa soffitta e infine le nostre due spille portafortuna: un falco e un’aquila reale.
<< Sì >> rispondo << il cellulare ce l’hai in tasca, vero? >> le domando, facendo intravedere il mio.
<< Affermativo >> conferma lei.
 
 
Mentre ci assicuriamo che tutto sia in regola, la macchina dello zio Patrick comincia a sussultare sopra la viuzza ciottolosa che porta al cancello in ferro battuto del Castello di Serenella.
Ci siamo, finalmente.
Io e Marianne apriamo gli sportelli e usciamo saltellando, cercando comunque di mimetizzare i nostri zainetti con l’oscurità.
La zia abbassa il finestrino: << Allora, fanciulle, noi ce ne andiamo. Ricordatevi che torneremo a prendervi verso l’una circa. Non fate sciocchezze o scordatevi che vostra madre cederà un’altra volta alle vostre suppliche. Se avete bisogno di qualsiasi cosa telefonate, siamo     intesi?! >>
Noi ci guardiamo sorridendo e gridiamo all’unisono un: << Sissignora! >> coi fiocchi.
Dunque gli zii fanno retromarcia e si allontanano.
 
Siamo al settimo cielo. Ci avventuriamo nel grande giardino abbandonato del misterioso castello, dal quale sentiamo provenire canzoni in stile metal pesante, grida, risate e vediamo fuoriuscire fasci di luce colorata.
Arriviamo di fronte al portone e notiamo subito due giganteschi maniglioni in oro puro con un meraviglioso simbolo intarsiato rappresentante un’orchidea. Ogni petalo è formato da una pietra preziosa di diverso colore. In passato doveva essere il simbolo della casata che aveva abitato il castello.
<< Jenny >> mi sussurra Marianne << hai visto che splendide pietre?! >>
<< Oh cielo, non chiedermelo! Sono stupende! Doveva essere proprio una famiglia ricca e raffinata… >> rispondo io senza staccare gli occhi dalla maniglia di fronte a me.
Sono letteralmente incantata di fronte a questa meraviglia, mi brillano gli occhi!
<< Ehi guarda!! >> mi picchietta sul braccio << Guarda bene questo piccolo simbolo accanto al petalo con il rubino, non ti sembra una minuscola rappresentazione della morte?! >>
Il suo discorso mi fa trasalire. Con timore mi avvicino al pomello fino ad appannare il metallo con il mio fiato. Sì, effettivamente noto una certa somiglianza con la classica figura in mantello nero, incappucciata e con la falce tra le mani.
Improvvisamente ho un brivido, mi percorre tutta la schiena, dal basso verso l’alto, fino ad arrivare alla nuca. Mi stringo nelle spalle.
Solo ora mi ricordo che siamo fuori dalla porta, immerse in un giardino affogato nell’oscurità della notte, senza alcun grillo ad allietare la tetra atmosfera che proprio adesso è aggravata da un leggero filo di nebbia.
<< Marianne… >> la chiamo in un timido sussurro << Marianne che… che ne dici di entrare? Ho voglia di divertirmi stasera, mica di pensare a tenebrose figurine della morte! Dai, senti che confusione che fanno, voglio unirmi anch’io a quelle grida! Andiamo, Mrose? >>.
Le faccio l’occhiolino.
<< Jrick, accolgo il tuo invito con entusiasmo! Entriamo! >>.
Sollevata, sbatto ripetutamente il maniglione sulla porta fino a che non sento dei risolini provenire dall’interno:
<< E’ arrivato qualcun altro! >>
<< Chi sarà? >>
<< Facciamo loro uno scherzo? >>
<< No, dai, ce ne abbiamo per tutta la sera di scherzi. Non roviniamo tutto ora… >>
<< Chi va ad aprire? >>.
<< Ah, io no! Se poi è uno zombie?!! >>
<< Stupido… >>
E cose simili.
Dopo qualche secondo sentiamo uno scatto e la porta cigola verso l’interno.
Ad aprirci è stata una ragazza molto alta, sui diciotto anni, di un biondo quasi innaturale. I suoi enigmatici occhi azzurri brillano, esaltati dal lucido trucco nero e dalla cera bianca sul viso.
Una pallida veste ricopre il suo corpo snello. È chiaramente travestita da fantasma.
<< Ben arrivate, ragazze! Voi dovete essere Jenny e Marianne… le figlie del signor Renzo Ora Bella. Vi stavamo aspettando! Entrate! Fortunatamente c’è ancora qualcosa da mettere sotto i denti, sulla tavola! >> ci accoglie con entusiasmo, strizzandoci l’occhiolino, indicandoci i ragazzi che partecipano alla festa, tutti intenti a spiluccare di qua e di là da ogni piatto.
Io e mia sorella ci diamo un’ultima occhiata e poi… finalmente varchiamo il portone!

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Capitolo 2
*** Mistero senza indizio ***


Capitolo 2
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MISTERO SENZA INDIZIO
 
 
 
<< Marianne!! Marianne, dove sei?? >>
Accidenti… la musica inizia ad essere troppo assordante. Non ne posso più!
<< Marianne! Marianne, rispondi, che diamine! >> chiamo ancora mia sorella, che però non vedo da nessuna parte. Sicuramente non mi sente per via della musica e non mi vede a causa della folla.
Ci rinuncio, avrei voluto che mi accompagnasse alla toilette per riposarci un po’ le orecchie, ma…
Decido di salire sul balcone, per ammirare il cielo stellato, che stasera è proprio stupendo! Mi appoggio sulla ringhiera. Mentre medito, faccio ondeggiare il bicchiere con la mano, creando divertenti vortici nella bibita all’interno.
È davvero rilassante… questa brezza notturna che mi accarezza i capelli e i rumori che giungono ovattati dal piano di sotto.
E’ così soporifero… così dolce… come una ninna nanna… così armoniosa…così… così…
Gli occhi mi diventano improvvisamente pesanti… non riesco più a tenerli aperti… devo… devo chiuderli!!
Ho tanto sonno…
Il bicchiere mi cade dalle mani e si frantuma in mille pezzi sul vialetto del giardino.
Ecco, sto scivolando nel nulla.
 
 
<< Marianne!!!! Marianne, svegliati!!! Dio Santissimo!! Ma che cosa stavi facendo eh?? Ti appisoli sul terrazzo?? Vuoi sfracellarti al suolo!!? >>
Mi sento scuotere violentemente le spalle.
Ma che cosa… che cosa è successo!!
Gli occhi mi si aprono di scatto. Mi rendo appena conto che sono fra le braccia di una persona, che mi sta stringendo, effettivamente un po’ troppo forte, in ginocchio sulla terrazza.
<< Ma cosa.. cosa… cosa è accaduto? >> domando spaesata, mi ricordo a malapena il fracasso del bicchiere… il senso di cadere nel vuoto…
<< Finalmente, Santo Cielo! Ti sei svegliata! Marianne, mi spieghi cosa stavi facendo?! Hai rischiato di ammazzarti non poco! Fortuna che sono capitato io appena in tempo per vederti abbandonata sulla ringhiera! >> mi spiega la voce concitata e preoccupata di un ragazzo.
<< Cosa… Marianne?! No, no… io sono Jenny. Tu… tu chi saresti?! >> chiedo io, confusa.
Mi giro verso il mio salvatore. Oh, cuore mio, reggimi! Si tratta di un ragazzo sui diciassette anni, di una bellezza più unica che rara. Castano di capelli e di occhi. Aveva un fisico asciutto, era alto e sicuramente aveva una presa fortissima, dal momento che per salvarmi la vita mi ha quasi strangolata!! Rimango per un attimo inebetita, a fissarlo. Le parole mi si sono letteralmente mozzate in gola.
Il ragazzo mi guarda anche lui, sbalordito: << Jenny?! Marianne, stai bene…?!! >>.
Ma il suo tono non è molto convinto.
Io a quel punto, completamente ristabilita, mi alzo in piedi e mi aggiusto l’abito: << Io sono Jenny Ora Bella. Marianne è mia sorella gemella. Siamo identiche, lo so. Per questo credo che tu mi abbia scambiata per lei >>.
Sorrido, guardando la sua faccia stupita.
<< Comunque, grazie mille per avermi salvata. Non so proprio dove sarei ora, se non fosse stato per te! Non chiedermi che cosa mi sia preso, perché non saprei cosa risponderti!! Non ne ho proprio idea! >> concludo, assumendo uno sguardo più dolce.
Noto che lui arrossisce e si passa una mano tra i capelli.
<< Oh scusami, allora… scusami tanto per averti confusa con qualcun'altra. Sono… sono davvero mortificato. Comunque sia… sono contento di essere giunto in tempo. Beh… buon proseguimento della serata e… stai attenta, d’ora in avanti >> balbetta.
Detto questo si allontana, lasciandomi lì, in piedi, come un baccalà.
“Che strano ragazzo” penso “ chissà come fa a conoscere mia sorella. Lei non mi ha mai parlato di qualcuno che corrispondesse alle sue caratteristiche. Comunque sia è davvero molto bello! Mmm… sorellina cara… non è che hai un ammiratore segreto e non lo sai?!!”
Con questo ultimo pensiero, rientro nel castello lasciandomi sfuggire un risolino birichino.
 
 
Inutile. Non riesco proprio a trovarla, quella birbante di mia sorella! Chiedo ovunque in giro, ma nessuno sa dove sia.
Mi siedo pensierosa su uno scalino, mentre la musica adesso è roboante e i ragazzi si urtano continuamente, ballando e ridendo come non mai.
Come un flash mi torna alla mente il rischio così grosso che ho corso sul balcone.
So cosa è successo, a dire la verità.
Lo so, e non mi piace per niente.
Dovete sapere, che io e mia sorella abbiamo strane capacità comunicative. Non siamo telepatiche ma riusciamo a provare le stesse sensazioni ed emozioni, anche inconsapevolmente e senza sapere cosa stia facendo l’altra.
Quello di prima, il mio, è stato un mancamento. Marianne è svenuta da qualche parte!! Per questo voglio trovarla, accidenti!! Chissà in che guaio s’è cacciata, quella testarda della mia gemella!!
Mentre sono afflitta da questi inquietanti pensieri mi sento dare una pacchetta sulla spalla, che mi riporta alla realtà come un fulmine!
<< Marianne! >> mi volto con un sorriso speranzoso.
Invece, mi accorgo che si tratta della ragazza che ci ha aperto l’ingresso, quando siamo arrivate.
<< No, sono Judith! Che stai facendo qui, tutta sola? Dov’è tua sorella? >> mi chiede lei, sempre con il suo tono amichevole.
Sospiro: << Sai, è proprio quello che sto cercando di capire anch’io! Non ho la più pallida idea di dove sia andata a finire, Marianne >>.
Non le dico che ho avuto quell’incidente sul balcone, né di avere la sensazione, quasi certa, che Marianne sia in grave pericolo. Se non fosse vero niente, la spaventerei inutilmente.
Judith si siede accanto a me. Vedo che si arriccia i capelli e per un attimo perde il suo caldo sorriso.
Ma lo ritrova immediatamente: << Sai cosa, questa serata sta diventando un po’ monotona. Non so assolutamente che cosa fare, mi sto annoiando. Che ne dici se cerchiamo assieme tua sorella? Per lo meno non stiamo qui ferme a rigirarci i pollici!! >>
Io la guardo. Judith è davvero simpaticissima. Molto “bambina” per la sua età. Ma mi piace!
Accolgo la sua proposta e ci mettiamo alla ricerca di Marianne.
 
 
Perlustriamo tutto il salone, chiedendo di lei a chiunque ci capitasse a tiro. Ma niente, neppure l’ombra della mia Mrose!
Comincio ad inquietarmi parecchio. Sì, è testona, ma non è da lei non farsi vedere per così tanto tempo.
Alla fine io e Judith ci ritroviamo sedute sullo stesso scalino, deluse ma soprattutto preoccupate.
<< E’ ovvio che non è qui >> dice ad un certo punto lei.
Io mi volto a guardarla. Cos’avrà in mente?
<< Sì, a quest’ora l’avremmo senz’altro trovata e sgridata!! Ma qui non c’è. La cosa è paurosa, Judith. Dove sarà finita? >> chiedo, oramai con la voce tremolante.
Lei distoglie lo sguardo da me per fissarlo su un punto vuoto. Poi mi risponde: << Dobbiamo cercarla altrove, Jenny. Uscita dal castello di Serenella non può esserlo di sicuro: le porte sono state tutte chiuse, quelle per l’esterno. E’ qui dentro, Jenny. C’è!! La troveremo, vedrai! >> mi passa un braccio sulle spalle, per rincuorarmi.
Ormai è quasi sicuro che ci si è messa da sola, nei pasticci. Si deve essere allontanata per esplorare qualche luogo interessante del castello ed è caduta in qualche trappola.
Mi sento sconfortata.
 

 
Aspetta, però! Marianne non partirebbe mai per una possibile avventura senza equipaggiarsi adeguatamente! Perciò, se è nei guai davvero, di sicuro non troveremo il suo zainetto dove li avevamo lasciati appena arrivate!! Mi domando solo perché non sia venuta a chiamarmi per andare insieme…
Prendo la mia amica per mano e la trascino a corsa sul posto.
Proprio come immaginavo!! Lo zainetto di mia sorella è sparito!!
<< Judith!! È qui dentro, sta sicuramente… cercando delle cose. Dobbiamo trovarla, e subito! Prendi questa >> le dico, mentre tiro fuori la torcia elettrica di nostro padre e gliela lancio.
<< Una torcia? Jenny, non mi piace questa storia. Non avrai mica intenzione di visitare l’intero castello! Con tutte le sue stanze… buie… No, davvero, Jenny cara, è una pazzia e lo sai. L’intera ala ovest del castello è pericolante ed è severamente proibito recarvisi!!! >>, adesso Judith mi sembra davvero terrorizzata.
<< Beh, mi dispiace Judith, ma è proprio là che stiamo andando. Sono quasi certa che Marianne si trovi laggiù. Quindi, prendi la torcia e non farti vedere da nessuno. Usciremo dal salone senza farcene accorgere!! >>.
Detto questo, mi metto lo zainetto sulle spalle e tiro Judith dietro di me. Arriviamo di soppiatto alla porta che si affaccia sulle scalinate principali e… entriamo!!

 

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Capitolo 3
*** L'inizio dell'avventura ***


Capitolo 3
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L’inizio dell’avventura
 
 
 
Il silenzio ci cala addosso come un sipario. L’aria diventa improvvisamente umida e fredda.
Le scalinata principale è avvolta nel buio come, del resto, l’intero ingresso.
Mi sento inspiegabilmente attratta da questa atmosfera gotica. Il tappeto rosso che percorre le scale come un fiume sanguinolento, le finestre aperte sulla Luna piena, la cui luce spettrale filtra silenziosa lasciando intravedere la fitta polvere che invade il pavimento, gli arazzi squarciati dal tempo, che ondeggiano alla brezza notturna, simili a supplicanti anime dannate…
Judith accende velocemente la torcia e si mette con le spalle al muro. Non credo sia la ragazza più coraggiosa del mondo…
Io frugo nello zaino, tiro fuori il cellulare e… proprio come sospettavo: il segnale è letteralmente defunto. Continuo a cercare la mia spilla con le dita; ad un certo punto mi sento pungere l’indice. Eccola, finalmente!! La mia bella spilla portafortuna, un meraviglioso falco coperto d’oro e dalle ali argentate. Senza di quello, mi sentirei persa.
<< J- Jenny… è… è spaventoso qui… s- se- sei proprio sicura di voler proseguire? >> balbetta la mia amica, che continua a spostare il fascio di luce da una parte all’altra.
Io mi limito a sospirare.
Ad un certo punto sento un lieve gracchiare proveniente dal mio zaino. Metto una mano dentro ed estraggo il walkie-talkie.
La lucina rossa è accesa, segno che l’apparecchio sta ricevendo qualcosa dal suo “compagno”, ovvero… il walkie-talkie di Marianne!!
I fruscii e i rumori gracchianti continuano, ma non si riconosce niente che possa assomigliare ad una parola o qualcosa di simile.
<< Accidenti!! Mrose!! Mro… Marianne, ci sei?! Rispondi! >> sussurro, dando scossoni al walkie-talkie e picchiettandolo con insistenza.
Ma niente.
Improvvisamente i rumori scompaiono e la luce rossa si spegne. L’apparecchio si è ammutolito.
<< Niente da fare. Non riceve più nulla. Judith, sono molto preoccupata per mia sorella. Prima mi stavo quasi divertendo, perché io ho sempre amato le avventure e i misteri. Ma adesso ho la seria paura che si trovi in qualche guaio. Quindi, non mi risparmierò nelle ricerche. Mi spingerò in ogni ala di questo dannato castello e la troverò! So che hai molta paura, se vuoi aiutarmi, vieni con me. Altrimenti torna dentro, non voglio obbligarti >> dico a Judith, con una serietà e una franchezza che quasi mi stupisco da sola!
Lei mi guarda, senza un’espressione particolare. Poi vedo che si toglie la veste bianca. Se la sfila di dosso e la getta nell’oscurità.
<< Sono una fifona, Jenny. Ho paura di tutto. Sento uno scricchiolio e grido, sbatte una porta dietro di me e mi si rizzano i capelli in testa. Però riconosco quand’è il momento di sopprimere le proprie paure ed avere coraggio. E credo che questo sia uno di quei momenti. Forse non sarò la compagna migliore per un’avventura paurosa come questa, ma se si tratta di dover salvare qualcuno, anche se non fosse in pericoli troppo grandi, stai pur certa che non mi tiro indietro! Adesso andiamo, la veste mi impediva di muovermi bene. Ora sono pronta, muoviamoci >>. E questo è stato il primo discorso da vera adulta che io abbia mai sentito pronunciare a Judith.
Detto questo, ci incamminiamo sicure verso la scalinata che porta al primo piano.

 

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Capitolo 4
*** Fiori e pietre preziose ***


Capitolo 4
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Fiori e pietre preziose

 

<< Ahia! Accidenti, mi hai pestato il piede! >> sussurra Judith, soffocando uno strillo.
<< Scusa >> le dico, per niente interessata a lei.
Abbiamo appena passato il corridoio centrale del primo piano e adesso ci stiamo spostando verso l’ala est.
L’atmosfera è davvero lugubre. Migliaia di ragnatele decorano ogni singola trave, ogni singolo mobile, ogni singola crepa; almeno un dito di polvere ricopre il pavimento di ogni stanza; non si sente volare una mosca, a parte i nostri passi leggeri, che si aggirano furtivi per il palazzo. Il fascio della torcia elettrica illumina diversi quadri. Alcuni di essi, mostrano volti urlanti, disperati, in una macchia indistinta di persone, frutto della folle mente dell’artista.
Un quadro in particolare attira la mia attenzione. Mi avvicino con cautela. Si tratta di un meraviglioso ritratto, il ritratto di una giovane. I delicati boccoli, biondi come il sole, ricadono leggeri sul delizioso viso della ragazza; lo stupendo abito blu, tipico dell’età ottocentesca, dà un tono nobile e rispettoso alla sua indossatrice; le mani, tempestate di gioielli magnifici, sorreggono delicatamente un minuscolo libriccino bordeaux.
È un quadro davvero bello. Gli occhi della giovane donna, azzurrini come la brina d’inverno, sembrano penetrare lo sguardo dell’osservatore, tristi e malinconici, come a voler annunciare eventi terribili, disgrazie imminenti.
<< Lei è la Principessa Serenella. Serenella di Torralta >> parla improvvisamente Judith.
<< Come lo sai? >> chiedo io, continuando ad ammirare la donna.
Judith alza un dito verso la cornice in sontuoso oro: << Lo vedi? È scritto lì, sulla targhetta argentata >>. Mi avvicino meglio, strizzo gli occhi e leggo:

 

Serenella di Torralta

1790
Ritratto di Sir Nicholas De Cavour

 

 

Dunque era lei la padrona del castello, prima che andasse in rovina.
Poi sposto gli occhi sul curioso libricino che sorregge la principessa. Sembrerebbe un normale volumetto senza alcuna caratteristica particolare. A parte... a parte quello strano simbolo disegnato sulla copertina. Lo osservo meglio: è un'orchidea bianca. Che strano, sono sicura di aver già visto quel disegno da qualche parte. Ma non mi ricordo dove! Continuo ad osservarlo ma, per quanto mi sforzi, non riesco a ricordarmi dove l'ho già visto. Improvvisamente sento un breve fruscio nel corridoio alla mia destra. Mi volto di scatto. Judith non c'è più!
<< Judith! Judith! Dove sei?! >> mi metto a sussurrare. Nessuna risposta. Avanzo qualche passo verso la prima porta a sinistra del corridoio est. << Ehi, Judith! Judith, ci sei?!! >> chiamo ancora. Per tutta risposta, si ripete il fruscio di prima. Quasi rimpiango di aver dato a lei la torcia, adesso non vedo quasi più un accidente! Sono arrivata alla porta. Non sono sicura di volerla aprire o no, ma se voglio scoprire l'origine di quel rumore devo farlo. Stringo la mia spilla tanto da farmi diventare le nocche bianche e giro il pomello. Apro lentamente e sento uno spiffero d'aria provenire dall'interno. È completamente buio.
Poi sento ripetersi il fruscio, ma... ma... non è davanti a me...!

<< Ehi Jenny! >> urla una voce.

Il mio grido fa tremare le fondamenta del castello. Mi volto terrorizzata e vedo Judith con gli occhi sbarrati che mi punta la luce in faccia. Mi ritraggo abbagliata e perdo l'equilibrio, cadendo per terra come una pera cotta. Così facendo, spingo la porta, che si richiude con un colpo spaventoso.
<< Jenny, ehm... stai bene? >> mi chiede lei. Io mi rialzo in piedi massaggiandomi l'osso sacro. << Ma sei impazzita? >> le urlo contro, arrabbiata. << Hai rischiato di farmi collassare sul posto! Dove diamine eri finita, eh? E perché diavolo non rispondi quando ti chiamo!!! >>, sono davvero adirata!! Judith abbassa lo sguardo, visibilmente dispiaciuta. << Scusa >> mi dice << non volevo spaventarti. Ma ho trovato questo >> e mi porge un oggetto.
Mi avvicino e vedo che si tratta di una specie di sacchettino. In realtà, quando lo prendo in mano, mi accorgo che è un pezzo di stoffa marroncino chiuso a mo di sacchetto. Lo apro e vedo che al suo interno è custodito un sassolino rosso brillante.
Mi domando se...
<< Illuminalo >> ordino alla mia compagna, che non esita ad eseguire. Alla luce della torcia, noto che il sassolino è in realtà una pietruzza, e più precisamente un rubino! Non so dire se si tratti di un'imitazione o se sia vero, ma me lo metto comunque in tasca. Poi esamino il tessuto. È marrone e ha una piccola sbavatura di gesso bianco al centro...
Di colpo lo lascio cadere. È un pezzo dell'abito di Marianne!! L'ho riconosciuto, perché sul lato destro c'è una piccolissima “M” ricamata in marrone scuro!
<< E' passata di qui! E' passata di qui, Judith! E ha trovato questa pietra così simile a un rubino! Se l'ha tenuta vuol dire che sicuramente serve a qualcosa! Dobbiamo assolutamente trovarla! Capisci?!! >> esulto a Judith, tutta eccitata. Lei però, mi sembra meno entusiasta: << Io mi preoccupo soprattutto del fatto che abbiamo trovato un lembo del suo abito strappato. Insomma... non credo che adesso si sia messa a sfregiarsi il vestito così bello che porta addosso senza un motivo! Questa faccenda mi piace sempre meno... >> dice.
Ma io non la sto ad ascoltare e sono impaziente di proseguire nella ricerca. Perciò, rimetto il rubino nella stoffa e infilo tutto nello zaino. Poi, ci incamminiamo a passo spedito verso una delle camere del corridoio est.

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Capitolo 5
*** Luce e buio ***


CAPITOLO 5

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Luce e buio

 

 

La palla luminosa della torcia rimbalza qua e là sui vari ornamenti del largo passaggio, illuminando fitte ragnatele e coltri di polvere che ricoprono quei colori spenti dal tempo.
Ormai i suoni della festa non ci arrivano più all'udito, gli unici sinistri rumori che accompagnano la nostra esplorazione sono il ticchettare delle nostre scarpe sul pavimento di pietra e i cigolii delle fondamenta dell'antico castello. Sembra di essere in un altro mondo.

Siamo in un altro mondo.

 

L'atmosfera surreale mi avvolge come una gelida coperta. Le stanze sono innumerevoli, i corridoi immensi e improvvisamente la dimora della principessa Serenella mi appare molto più enorme di quel che credessi avendola osservata dall'esterno.
Nel frattempo, siamo arrivate in quella che ha tutto l'aspetto di una dismessa sala da ballo: l'area è immensa, al centro si erge una larga piattaforma circolare disseminata di alcuni resti di quella che si direbbe una statua disintegrata; il balcone, da dove siamo arrivate noi, è molto in alto rispetto al piano terra e la ringhiera sinistra è in parte ceduta. Esaminandola meglio mi accorgo che è fatta d'oro finemente decorato e ancora scintillante nonostante gli anni.
E tutto questo universo è immerso nella quiete e nell'oscurità più totali.

Io e Judith scendiamo la scalinata destra, che ci pare la più sicura, e raggiungiamo la piattaforma. Punto il fascio di luce sul pavimento e i detriti riemergono dall'abisso del buio. Nulla sembra fuori posto.
<< Siamo a un vicolo cieco >> sbuffa Judith mettendosi a sedere per terra con un tonfo al centro dell'area, sollevando un violento sbuffo di polvere che le chiude la gola facendola tossire come se la stessero strangolando. Io compio diversi giri su me stessa:<< Non è possibile che fino ad ora non abbiamo incontrato nessuno. Non è possibile. Non abbiamo avuto la percezione del benché minimo movimento, suono, sibilo... niente! Assolutamente niente! >> mi irrito tirando un calcio alla testa della statua e sollevando l'ennesima nuvola di detriti. Quella fa un volo di pochi metri e atterra sul suolo pesantemente, ma senza scalfirsi, emettendo un rumore sordo, bizzarro, come se avesse colpito un vaso vuoto, per poi rotolare un po' più in là.
Incuriosita, scendo dalla piattaforma e mi avvicino con cautela al punto in cui è caduta la testa della statua. Il mio sguardo penetra nella polvere, individuando una sorta di rilievo su una delle mattonelle. Mi metto la torcia fra i denti e con entrambe le mani scosto i detriti che coprono quella che a prima vista sembrerebbe una macchiolina indistinta ma che, puntando bene la luce, riconosco come una piccola orchidea bianca in leggero rilievo rispetto al pavimento.
Curiosa, la sfioro con la punta delle dita. All'immediato contatto, l'orchidea si abbassa con uno scatto secco, come se avessi premuto un pulsante, e la mattonella si scosta lentamente, mossa da un meccanismo, rivelando un doppio fondo nascosto.
Un doppio fondo nascosto! In preda all'eccitazione compulsiva, mi affaccio sulla piccola apertura con la testa, sempre stringendo fra i denti la torcia elettrica, e sul fondo del cubo un debole riflesso verdognolo mi restituisce lo sguardo. Allungo la mano e percepisco al tatto che si tratta di un oggetto assai piccolo, non liscio.... sfaccettato. Forse una pietra?
<< Judith ho trovato... ho trovato qualcosa. Aspetta >> ansimo alla mia compagna mentre tento di recuperare il misterioso oggetto.
Appena ritraggo la mano per controllare, un rumore secco e forte mi fa arrivare il sangue al cervello dal terrore. Mi volto di scatto appena in tempo per vedere la piattaforma spalancarsi sotto Judith e inghiottirla nel suo buio stomaco con un grido acutissimo, che si affievolisce sempre di più.
<< JUDITH! >> l'urlo mi si strozza in gola, mentre mi precipito sull'orlo della voragine inciampando sui pezzi di marmo e su me stessa.
Cado in ginocchio sul bordo del precipizio e, con le mani tremanti, punto la torcia spostando il raggio a destra e a sinistra. La luce si sposa con il buio più totale e una sottile coltre di polvere aleggia sulla bocca profonda come il pentolone di una strega.
<< Oh no... J-Judith... >> sussurro.
Sono talmente sconvolta che quando mi accorgo dei passi in corsa dietro di me è ormai troppo tardi. Due mani mi danno un improvviso e violento spintone ed io mi ritrovo a precipitare nell'ignoto, senza nemmeno riuscire a gridare.

 

 

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L'oscurità mi circonda.
No... non voglio... ancora non me la sento di aprire gli occhi.
L'atterraggio è stato inaspettatamente morbido, non mi sono fatta praticamente niente. Non so dove sono, non so con chi sono, non so perché ci sono! In ogni caso, sto bene.
Socchiudo leggermente le palpebre serrate e un flebile lume intermittente vi si infiltra, risvegliando le mie pupille impigrite dal buio.
Mi accorgo che la luce proviene dalla mia torcia, abbandonata a qualche metro da me, mentre il fascio continua a lampeggiare in modo irregolare, emettendo un impercettibile rumore elettrico.
Mi protendo verso di essa e la scuoto un po', battendo anche qualche colpetto, ma la situazione resta la medesima. Accidenti, questa proprio non ci voleva! Non può rompersi, è l'unica mia fonte di illuminazione! Senza la mia cara torcia Raid ad alto consumo sono perduta.
Mi alzo con fatica a sedere e un soffocato lamento sotto di me mi fa comprendere fin troppo bene il perché dell'atterraggio tanto morbido. Mi scosto velocemente e la mia amica bionda rotola su se stessa fino a posare lo sguardo su di me. Fisso le sue iridi rabbuiate che mi squadrano. È quasi inquietante.
<< Quando usciamo di qui >> muove le labbra senza scomporsi di un millimetro << voglio un buono annuale per il centro benessere di Grow Ville, chiaro? >>
Vorrei ridere ma una dolorosa fitta al fianco destro mi fa capire che forse forse proprio indenne non sono uscita.
Cerco la parete a tentoni. Quando la trovo mi alzo in piedi del tutto e do un ultimo scossone alla torcia. Finalmente il fascio diventa più stabile e l'intermittenza si è attenuata, almeno per ora.
Guardo in alto e un soffitto di oscuro nulla mi fa sentire prigioniera in una gabbia aperta. Il salto non dev'essere stato poi così basso.
Siamo letteralmente sotto terra, in uno dei cunicoli che probabilmente furono costruiti in caso di guerra per il popolo sotto il castello. O forse sono vie che conducono alle segrete?
Fatto sta che in giro non si intravede neppure il minimo spiraglio di luce e l'unica illuminazione viene dalla torcia. In cuor mio prego affinché non mi tradisca proprio ora.
I miei muscoli si rilassano un poco, e questo mi fa avvertire un formicolio alla mano sinistra seguito da una leggera fitta al polso. Mi accorgo che ho tenuto le dita serrate in una strettissima morsa per tutto questo tempo. Attorno a qualcosa.
Apro delicatamente la mano e un debole riflesso verdognolo mi restituisce lo sguardo. Trattengo il respiro. Sul palmo della mia mano sinistra è poggiato un autentico smeraldo dalle mille sfaccettature, meraviglioso, prezioso e, ne ho tutta la sensazione, importante.

Marianne...

<< Ehi, ti sei imbambolata? >> mi sfiora la spalla Judith, destandomi dai miei pensieri.
<< Judith, guarda. È uno smeraldo. Non è... bellissimo? >> le chiedo. È strano, non capisco perché questa pietra mi faccia sorridere così tanto. Cos'ha di speciale?
Judith le lancia uno sguardo torvo e poi alza un sopracciglio:<< Voglio sperare che quella minuscola pietra non sia il motivo per cui siamo precipitate qui... >>
Alzo lo sguardo su di lei e le rivolgo un sorriso colpevole. Per tutta risposta Judith alza gli occhi al cielo e si avvia a tentoni verso un'apertura nel muro.
Si affaccia fuori e la sento sniffare l'aria:<< Puah! Mio Dio, che tanfo nauseante. Spero che queste non siano le fogne, ma di sicuro la puzza non preannuncia una prospettiva migliore >> si ritrae schifata.
In ogni caso, mi guardo intorno, l'unica via accessibile sembra proprio quella e non abbiamo altra scelta se non proseguire e sperare prima o poi di riaffiorare in superficie.
Getto un un'ultima occhiata al mio bellissimo smeraldo e poi impugno la mia amata torcia, inoltrandomi con Judith in un'oscura speranza.

 

 

 

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