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Lista capitoli: Capitolo 1: *** 01. Fuga {Ross/Emily} *** Capitolo 2: *** 02. Morte {Nassar/Clarisse} *** Capitolo 3: *** 03. Colti sul fatto. {Jordan/Jerome} *** Capitolo 4: *** 04. Paperella di gomma. {Stephen/Christabel} *** Capitolo 5: *** 05. Malinteso. {Jordan/Fay} *** Capitolo 6: *** 06. Il Cavaliere in una scintillante armatura. {Julian/Megan} *** Capitolo 7: *** 07. Fredda notte invernale. {Fabian/Anna} *** Capitolo 8: *** 08. Fuga {Axel/Eloise} *** Capitolo 9: *** 09. Incubo {Lasaire/Erin} *** Capitolo 10: *** 10. Non è quello che sembra! {Jordan/Jerome} *** Capitolo 11: *** 11. Affetto {Bryce/Sophia} *** Capitolo 12: *** 12. Perversione {Damian/Rafael} *** Capitolo 13: *** 13. Dejà vu {Gil/Lara} *** Capitolo 14: *** 14. Minaccia {Axel/Belladore} *** Capitolo 15: *** +1 Scuoti il bacino! {Bryce/Morton/Haddams} ***
Fandom:
Black Friars. Pairing/Personaggi: Ross Granville/Emily Granville. Rating: Verde. Chapters:1/14+1. Genere: Romantico,
Sentimentale. Words:282 Canon or Fanon?:
Momento decisamente canon, descrive i pensieri di Emily durante la sua fuga
verso le isole di Lionoris, alla fine dell’Ordine della Croce. Note: Questa
è la prima delle quattordici+1 “scene” di vita delle coppiette del Continente. Dico
14+1 perché l’ultima è… un po’ diversa, ecco. Motivo per cui resterà segreta
fino all’ultimo momento. Spero di poter pubblicare regolarmente, al ritmo di
uno o due aggiornamenti a settimana, e spero di riuscire a portare a termine
questo piccolo progetto. Spero sinceramente che mi seguirete!
Tornando a questo primo momento, posso dire di
adorare Ross ed Emily, ma di essere morbosamente gelosa di quest’ultima. Ross è
l’uomo ideale. Mi auguro che la mia gelosia non abbia interferito con la
piccola creatura che leggerete!
Fuga.
Ross&Emily
Aveva
sempre amato viaggiare via mare.
La
sensazione del vento fra i capelli, delle piccole goccioline di acqua sul viso,
il profumo dell’aria salmastra che le riempiva i polmoni e sembrava ripagarla
per tutti i dolori di una vita.
Era
rassicurante, il mare. Soprattutto quello caldo e calmo del sud.
Rassicurante,
proprio come lui.
Forse
era per questo che aveva scelto di correre più a sud possibile, di rifugiarsi
in mezzo all’oceano, nel momento stesso in cui lui si era dichiarato. Forse
voleva trovare una piccola certezza, in modo da non veder crollare tutto ai
suoi piedi.
Aveva
aspettato tanto quel momento, ma non aveva mai immaginato cosa avrebbe provato,
sentendo quelle fatidiche parole lasciare le sue labbra. Nonostante ci sperasse
con tutta se stessa, lentamente la speranza che lui si accorgesse dei suoi
sentimenti si era assopita, diventando solo una piccola emozione da lasciare
sul fondo del cuore, come un rassicurante tremolio, capace, al massimo, di far
venire la pelle d’oca nei momenti di eccessiva vicinanza.
Poi
lui si era dichiarato, parlandole con il cuore in mano e gli occhi sinceri, lasciandola
basita, in preda a delle emozioni che non credeva avrebbe mai provato.
Non
aveva visto altra scelta, allora, se non un viaggio fuori programma, non appena
la situazione si fosse calmata un po’.
Magari
era solo un modo per fargli provare la stessa pena che l’aveva attanagliata per
così tanti anni. Magari voleva realizzare il suo sogno di bambina e ricevere il
suo primo, vero bacio in riva al mare.
Avrebbe
potuto trovare milioni di spiegazioni, per il suo gesto, ma, alla fine, la sua
era stata semplicemente la più romantica, incosciente e speranzosa fuga di tutta una vita.
Fandom: Black Friars. Pairing/Personaggi: Nassar Stuart/Clarisse Granville. Rating: Verde. Chapters:2/14+1. Genere: Triste,
Angst. Words:771 Canon or Fanon?:
Una via di mezzo, considerando che, effettivamente, qualcosa ha fatto cambiare
idea a Clarisse Granville ma che, comunque, nei libri non c’è traccia di questa
discussione.
Note:
Ecco la seconda “puntata” di questa serie di scene, in cui ritroviamo la coppia
di Romeo e Giulietta alternativi del Vecchio
Continente. In tutta sincerità, io non ho mai apprezzato Clarisse Granville e,
dopo aver letto l’ultimo libro, non ho fatto che confermare il senso di
antipatia nei suoi riguardi. Lei e gli altri due del trio delle meraviglie mi
hanno sempre ispirato una certa antipatia ma, nonostante tutto, non posso
negare che la loro sia stata una storia alquanto… tormentata, ecco. Tormentata
ed interessante. Provo una certa pena, verso di lei, perché ha dovuto scegliere
fra ciò che è giusto e ciò che il cuore voleva, una cosa che io non augurerei a
nessuno. Lei ha optato per il cuore e, nonostante si siaripromessa di non ripetere l’esperienza,
anche la Rivolta, in fin dei conti, sarà tutta colpa sua. Spero vivamente che
apprezzerete questo mio lavoro e, soprattutto, mi auguro di non essere
profondata in qualcosa di assolutamente melenso.
PS: Ho creato i bannerini con le “facce” delle due coppie fino ad ora
trattate, giusto per dare una mano ad immaginare. Non sono perfetti, volevo
giusto dare l’idea. Quindi, qui abbiamo Ross&Emily (Lei è esattamente
come l’ho immaginata, per lui è stato difficile, ma
Bloom mi ha sempre ispirato una certa dolcezza, quindi…) e qui abbiamo Nassar&Clarisse (di loro sono
abbastanza soddisfatta, in realtà, ma non credo sia possibile trovare
corrispondenza perfetta)
Morte.
Nassar&Clarisse
Pioveva, quel giorno. Pioveva così forte
che nessuno avrebbe mai potuto notare i solchi salati che le lacrime stavano
lasciando sulle sue guance. Si sentiva tradita, tradita da coloro che, fra
tutti, amava più di ogni altra cosa al mondo. Avevano tradito il loro
giuramento, avevano tradito i loro principi.
« Clarisse! »Nassar
la fermò giusto prima che riuscisse a salire sulla carrozza con le insegne dei
Granville che la stava aspettando, per riportarla alla sua residenza cittadina.
Il ragazzo era pallido, con i grandi occhi grigi sgranati, più dalla
preoccupazione per quello che lei avrebbe potuto dire, che per il senso di
colpa.
« Non toccarmi,
Stuart. Non osare toccarmi. » fece un passo indietro, respingendo con un colpo secco
quelle mani che, da tanto tempo ormai, l’avevano sempre fatta sentire bene, l’avevano
sempre fatta sentire amata ed accettata.
Mostro. Era stata lei a
concedere loro il potere sulle creature. Era stata lei a farli diventare ciò
che erano. Era lei la vera responsabile.
« Non fare così,
Clair. Non è così grave. Era solo una matricola. » il
giovane uomo le si avvicinò ancora, prendendole il viso fra le mani, andando
contro tutte le buone maniere da mostrare in pubblico.
Non che la cosa le importasse. Nulla
aveva più importanza, a quel punto.
« Era un essere
umano. Era una vita, Nassar. Una vita. » la sua voce salì di un paio di
ottave, pronunciando quelle parole. « Come può essere
senza significato? »
La
sensazione di oppressione, che la stava tormentando da quando aveva visto
quelle fiamme - fiamme del colore dell’oro, ciò che lei aveva sempre associato
al potere del Presidio - avvolgere il corpo del giovane Karryl,
aumentò improvvisamente, lasciandola senza fiato. Tutto l’orrore, tutta la
distruzione che il suo vero essere poteva creare le si era riversata addosso come
una pioggia fredda, passando per le mani dell’uomo che amava e del suo amico
più caro.
«
È stato un incidente, non volevamo fargli del male. Lo sai che non feriremmo
mai un innocente, tu ci conosci, tu sai… »Nassar l’aveva presa ancora una volta per le spalle,
costringendola ad avanzare verso di lui. C’era disperazione, nei suoi occhi, perché
la conosceva troppo bene da non capire quanto fosse irreparabile la spacca che
si era creata fra loro.
«
Io so chi siete. Io l’ho sempre saputo, ma ho voluto nascondere a me stessa la
verità. » le parole lasciarono le labbra della giovane
Evocator come un sibilo, un sussurro carico di rabbia
e dolore verso se stessa e la sua natura. « Ho detto
al fratello, Lenner, che vi sareste consegnati alla
giustizia e mi aspetto che lo facciate. Ho giurato di salvare vite, Nassar, non di toglierle. »
«
Clarisse, ti prego… » lui la guardò, gli occhi grigi, stringendo la presa sulle
sue spalle, prima di lasciar scivolare le mani al viso della giovane, in una
lieve ed addolorata carezza. « Puoi davvero mettere
noi… mettere me, dopo di quella
matricola senza nome? » il suo tono divenne
carezzevole, dolce come poche volte era stato e solo per lei. « Io ti amo, Clair. »
Gli
occhi della Magistra erano pieni di lacrime, non solo
di dolore ma anche di rabbia, di rimpianto. Erano lacrime di vergogna. « Lui aveva un nome, Nassar. Lui si chiamava Karryl
Von Dresden. » sussurrò,
disperata, posando le mani su quelle del giovane uomo, quasi volesse
crogiolarsi nel tepore di quella stretta delicata. «
Ed hai ragione, non riesco a mettere lui prima di voi. »
concluse, atona, stringendo la presa ed allontanando le mani di quell’uomo dal
suo viso. Arretrò di un passo, guardandolo in modo vacuo, senza espressione,
vuoto come il suo cuore, in quel momento.
«
Clarisse… »
«
Addio, Nassar. E che Dio mi perdoni per quello che
sto per fare. » detto questo, Clarisse Granville voltò
le spalle all’uomo che, più di tutti, aveva amato e che le era rimasto fedele
fino all’ultimo suo respiro.
Lo
amava, ma non poteva fare altrimenti.
Salì
sulla carrozza di famiglia, chiudendosi lo sportellino alle spalle e senza
guardarsi indietro, temendo di cedere alla vista dei suoi occhi.
« All’Ordine
della Spada » disse, al cocchiere, cercando di mantenere un tono neutrale,
nonostante il suo cuore fosse appena finito in pezzi.
Lo
avrebbe aiutato un’ultima volta, ma non lo avrebbe mai perdonato davvero. Lui
le aveva mostrato la vera natura del suo essere, lui che aveva giurato di
proteggerla per sempre. Non poteva perdonargli l’immenso torto di averle aperto
gli occhi sulla propria natura, con quell’assassinio.
Capitolo 3 *** 03. Colti sul fatto. {Jordan/Jerome} ***
Fandom: Black Friars
Fandom: Black Friars. Pairing/Personaggi:Jerome
Sinclair/Jordan Vandemberg. Rating: Giallo. Chapters:3/14+1. Genere: Romantico,
Commedia. Words:1138 Canon or Fanon?:
Diciamo una Fanon che potrebbe essere una conseguenza di un avvenimento non
esplicitamente canon, ecco. Questa coppia non esiste ufficialmente, ma viene…
accennata, ecco. Questa è una possibile conseguenza ad una loro relazione
clandestina.
Note
in fondo!
Colti sul fatto.
Jordan&Jerome
Era uno dei rari momenti in cui Jordan riusciva a mettere da parte
il suo orgoglio e le rigide regole educative con cui un principe della corona
era costretto a crescere. Era uno dei rari momenti in cui poteva essere se
stesso, con le sue paure, con i suoi veri sentimenti.
Era uno dei rari momenti che poteva trascorrere con Jerome.
« Sei… sei sicuro che non arriverà
nessuno? » chiese, ansimante, lasciandosi spingere con
le spalle verso una colonna, aiutandolo a rinchiudersi in una gabbia da cui mai
e poi mai avrebbe provato a sfuggire. Le labbra di Jerome lo stavano
sottoponendo ad una deliziosa tortura e fu quasi un dolore fisico separarsene,
per consentirgli di rispondere.
« Nessuno. Oggi è la festa di Santa Rose
di Blackmore, sono tutti al borgo. » sorrise, il
giovane rampollo di una delle più antiche famiglie Altierenses,
slacciando, con mano fin troppo esperta, la giacca della divisa da scholarus indossata dal compagno. Erano stati parecchi,
ormai, gli incontri clandestini che li avevano visti coinvolti.
Clandestini.
Non potevano essere altrimenti, Jordan non avrebbe potuto
sopportarlo. Nonostante avesse sistemato le cose, dopo le Feriae ed il ballo, quando aveva baciato Fay, sua cugina, proprio
davanti a lui, non era ancora riuscito a prendere abbastanza coraggio da ammettere
davanti a tutti - davanti ai fratelli, ad Eloise, ai suoi genitori adottivi -
di essere innamorato del giovane uomo che, in quel momento, lo teneva fra le
braccia.
Era già stato difficile ammetterlo a se stesso.
Guardare oltre la vergogna, oltre i giudizi degli altri, gli aveva
richiesto lo sforzo emotivo più grande di tutta la sua giovane vita. Eppure,
una volta passato il momento di confusione, aveva scorto l’amore più dolce, più
coinvolgente e puro che avrebbe mai potuto desiderare.
Aveva visto gli occhi di Jerome e tutto era tornato al suo posto.
Posò le mani sulla camicia immacolata del compagno,
improvvisamente impaziente, tirando fino a far saltare parecchi bottoni e
poter, finalmente, avere un contatto diretto con la sua pelle, con il suo calore.
« Hai fretta, mio bel principe? » la voce
roca, bassa e sensuale di Jerome gli accarezzò le orecchie, l’accento
strascicato del sud gli fece venire i brividi. La presa delle sue mani sui
fianchi del giovane ufficiale di Altieres aumentò e lui rabbrividì, per poi
guardarlo con un sorriso di scuse. « Hai le mani
fredde, mio bel principe. » spiegò, sottraendosi alla
sua presa ed arretrando verso uno dei divani del salotto in cui si erano
rintanati, visto che la stanza del ragazzo era davvero troppo, troppo lontana.
Dopotutto, la servitù era alla cerimonia. Erano al sicuro.
« Le nevi del nord, dopo un po’, prendono possesso di te » sussurrò
Jordan, con un sorriso enigmatico, lasciando scorrere uno sguardo abbastanza
lascivo sul corpo dell’altro, senza preoccuparsi di nascondere il desiderio,
dietro le sue iridi turchine. « Potrebbero prendere
possesso anche di un valoroso gentiluomo del sud. »
Il modo in cui gli occhi grigioverdi dell’altro si accesero, si
incendiarono, a quelle parole, valsero ben più di mille discorsi, più di mille
canzoni, più di mille e mille poemi che inneggiavano all’amore. « Io non
desidero altro, mio bel principe. »
gli sussurrò, passandogli le mani dietro il collo, attirandolo sul divano,
steso sopra di sé, e baciandolo con particolare intensità, per poi sfilargli la
camicia con tutta la delicatezza che doveva avere in corpo, abbastanza da far
innervosire il compagno.
Era sempre così controllato, lui. Sempre così calmo, così pacato,
nonostante Jordan riuscisse a scorgere le fiamme che ardevano sul fondo dei
suoi occhi.
« Ti amo, Jerome »disse, all’improvviso, sollevandosi
leggermente per poterlo guardare negli occhi, aiutato, nel compito, dalle
piccole dimensioni del divano.
Era la priva volta che diceva una cosa simile ad alta voce, senza
rimangiarsi le parole all’ultimo istante, senza farsi prendere dal panico.
E lui, il suo giovane soldato del sud, che mai gli aveva messo
fretta, che mai aveva calcato la mano, forzandolo a prendere delle decisioni,
lui - lui che aveva rischiato di perdere a causa del suo stupido orgoglio da
principe di sangue - gli sorrise come nessun altro
aveva mai fatto in tutta la sua vita, passandogli le lunghe dita fra i capelli
e lasciando che le punte dei loro nasi si sfiorassero, quasi involontariamente,
vista la vicinanza. « Ti amo anche io, mio bel
principe. Adesso più che mai »
« E noi siamo assolutamente lieti di
sentirvelo dire apertamente. » una terza voce, una voce femminile che in quel
momento ebbe l’effetto di un tuono nel cuore della notte, si intromise nella
loro discussione, spaventandoli entrambi al punto che, quando Jerome si alzò di
scatto, per poter guardare oltre la spalliera del divano, verso la porta,Jordan, caduto di
faccia al suolo, rimase immobile come una statua.
« Sono i miei fratelli! »
disse, con tono isterico, in modo quasi involontario, voltando il viso
congestionato dal colpo e dall’imbarazzo verso l’altro ragazzo che,
contrariamente, era impallidito in maniera poco sana.
« Uno solo, in effetti. »
la voce divertita di Bryce Vandemberg arrivò direttamente dalla porta, segno
che lui e la donna che li aveva richiamati velocemente e bruscamente alla
realtà, poco prima, non si erano fatti strada nella stanza. «
E sarebbe felice se voi due vi rivestiste, per rispetto alla signora presente. » aggiunse, beffardo, mentre la donna che lo accompagnava
emetteva un risolino quasi infantile ma, al tempo stesso, agghiacciante.
E, in quel momento, Jordan comprese il pallore di Jerome.
C’era una sola persona di cui quel ragazzo e tutti i suoi cugini -
compresa Sophia - avevano un vago terrore, una persona con la lingua abbastanza
tagliente da saper rimettere in riga anche Gilbert Morgan, quella volta in cui
si era azzardato a corteggiarla.
Margot Sinclair, la sorella maggiore di Jerome.
« E pensare che volevo solo mostrare le
nuove stoffe di Altieres al Principe Bryce. » passi
delicati, rivelati solo dal rumore dei tacchi sul pavimento di marmo,
anticiparono l’arrivo della giovane donna bionda dall’altra parte del divano,
in una posizione perfetta per poter osservare entrambi i ragazzi e riversare su
di loro tutto il suo scherno. Spostò gli occhi dall’uno all’altro per un paio
di volte, prima di soffermarsi, ammiccanti, su Jerome. «
E così voi due siete solo buoni compagni d’armi, eh? Immagino vi abbiamo
interrotti poco prima di un duello a colpi di spada. »
il suo sorriso si allargò in proporzione all’imbarazzo dei giovani.
Bryce Vandemberg la seguì, sistemandosi un ricciolo ribelle sulla
fronte, prima di guardare il sangue del suo sangue. «
Quantomeno, adesso smetterai di fingerti un abile bugiardo, Jordan. Mi stavo
stancando di fingermi interessato alle tue terribili menzogne. Dovresti
prendere qualche lezione da nostra cognata, temo. »
rise e la sua risata sembrò un coro di cherubini in festa. Oppure di creature
infernali tremendamente affascinanti. «Colti sul fatto, fratellino. »
Note: Ho
preferito metterle alla fine, questa volta, anche se non so esattamente perché.
Coooomunque,
se non era abbastanza chiaro, vista la doppia presenza di questa coppia nell’elenco,
io adoro la Jerdan.
Hanno pure un nome ship carino, per l’amor del Cielo.
Io li adoro, è più forte di me. E mi sono sentita una carogna ad interromperli
proprio in quel momento tanto dolce e tenero.
Ma, diciamocelo,
quello era l’attimo più propizio e meno scandaloso.
Margot Sinclair non esiste nei libri, l’ho tirata fuori io (dal mio cilindro magico, woooh) e la amo
come se fosse sangue del mio sangue. Bionda, stronza ma fedelissima ai valori
familiari, il terrore dei più giovani cugini Sinclair, che vedono il lei un
gendarme pronto a fare rapporto alle famiglie rimaste in Altieres. Tutti la
temono e tutti la amano, una cosa molto alla Axel
Vandemberg del Sud, forse, anche se lei non amerebbe nessuno in un modo tanto
distruttivo come Axel fa per Eloise. Nessuno tranne se stessa, credo.
Se ci state pensando,
no, lei e Bryce non formano una coppia (maaaaaybe), più che altro si detestano cordialmente da anni,
discutendo civilmente solo quando l’argomento sono dei tessuti pregiati, con
annessi e connessi. Quindi, loro due sono davvero andati a casa Sinclair per
vedere delle stoffe e solo per caso si sono trovati davanti quella bella
scenetta.
Per quanto riguarda le
facce, basta guardare il bannerino dell’altra mia ff
(The Choice) per avere un’idea di Jerome e Jordan, mentre qui
potete trovare la mia idea di Margot. Bryce per adesso lo evito, tanto
ritornerà presto!
Spero vi sia piaciuta,
ci rileggeremo verso metà settimana con il prossimo episodio!
Capitolo 4 *** 04. Paperella di gomma. {Stephen/Christabel} ***
Fandom: Black Friars
Fandom: Black Friars. Pairing/Personaggi:Stephen
Eldrige/Christabel Von Sayn. Rating:Verde. Chapters:4/14+1. Genere: Romantico, Commedia. Words: 787 Canon or Fanon?:
Fanon, ma non è detto che una cosa simile non sia successa davvero, dopo la
fine della saga!
Note in fondo!
Paperella di gomma.
Stephen/Christabel
Quando Stephen Eldrige entrò nel
palazzetto in cui viveva la più bella rediviva della Vecchia Capitale,
stringendo fra le mani il pacchetto con il regalo che le aveva confezionato con
le proprie mani, sentì, per la prima volta in vita sua, un leggero velo di
ansia coprirgli il cuore.
I più maligni, tra cui Gil e Bryce, che
si professavano suoi grandi amici, avrebbero gioito ad una tale notizia,
vedendoci l’involontaria conferma del fatto che lui, in effetti, avesse un
cuore.
Era ansioso, il giovane uomo, perché era
la prima volta che si ritrovava a regalare qualcosa a qualcuno senza avere un
motivo specifico. Ovviamente, sia nel periodo di Natale che ai compleanni, si
era già visto costretto a passeggiare per le vie della Cittadella per comprare
qualcosa ad uno dei suoi cari, ma mai, in vita sua, aveva costruito qualcosa
per il solo desiderio di farlo o sotto richiesta, come era successo quella
volta in modo specifico.
Probabilmente l’aveva fatto solo ed
esclusivamente perché era stata lei a chiederglielo, in modo molto implicito.
“Mi
piacerebbe così tanto avere compagnia, durante i miei interminabili bagni”,
gli aveva detto, qualche giorno addietro, “che
probabilmente andrei a nuotare con le paperelle negli stagni, se la luce non
rischiasse di ferirmi”.
Così, lui aveva
colto la palla al balzo e le aveva creato la compagnia per i suoi bagni. Ci
aveva messo un po’, considerando varie alternative. Poteva crearle una
paperella di legno, che avrebbe galleggiato sul pelo dell’acqua, esattamente
come una vera, ma che, in tempi non troppo brevi, sarebbe finita col marcire. Aveva
allora pensato ad una lega metallica, imperitura e perfetta da verniciare, ma
completamente inutile, considerando che sarebbe affondata immediatamente.
L’illuminazione
arrivò durante uno dei suoi esperimenti nella “Tana” - Lady Eloise si riferiva
sempre con quell’epiteto poco carino al suo Studio - quando si ritrovò fra le
mani una Hevea brasiliensis, una pianta esotica capace di produrre una sostanza
lattiginosa che, sottoposta a particolari trattamenti, era elastica e
malleabile. Senza contare il fatto che galleggiasse.
Due ore dopo il
ragazzo si era ritrovato fra le mani una paperella fatta di quella sostanza,
verniciata per somigliare ad un esemplare vivo e vegeto capace di far compagnia
alla vampira. Gli aveva messo un fiocchetto al collo, l’aveva nascosta in una
tasca del mantello ed era partito alla volta dell’abitazione della donna
immortale, ritrovandosi, poi, seduto in salotto, aspettando che Christabel
facesse la sua comparsa.
« Stephen! Sono
così felice che tu sia potuto venire. » la bionda vampira arrivò poco dopo,
indossando quella che sembrava essere una vestaglia. Era molto decorata, molto
simile agli antichi abiti tradizionali delle province più ad ovest di Salimarr,
ma comunque una vestaglia.
« Avevo una
cosa da consegnare. » si limitò a dire lui, battendosi la mano sulla tasca
interna, senza azzardarsi a spostare lo sguardo dagli occhi di lei. Aveva
scoperto da tempo, ormai, di non potersi sottrarre a determinate reazioni
fisiche tipiche del genere maschile, quindi tendeva, quantomeno, a limitare le
occasioni in cui il suo corpo avrebbe potuto tradirlo. Dare uno sguardo all’ampia
scollatura della vestaglia era una di quelle.
« Perdonami,
stavo per fare un bagno ma non ho resistito alla tentazione di venire a
salutarti, prima. » lei sembrò leggere le sue emozioni - Bryce si sarebbe detto
meravigliato alla sola idea che lui ne avesse, figurarsi pensare di leggerle -
e si premurò immediatamente di spiegare il perché del suo abbigliamento
vagamente succinto. Poi, però, la curiosità dovette avere la meglio. « Cosa mi
hai portato? »
Senza
sorridere, Stephen tirò fuori il suo regalino, allungandoglielo. Vide gli occhi
gemmati di Christabel allargarsi per la sorpresa e, un attimo dopo, se la
ritrovò ad un passo di distanza, mentre tendeva le mani per sfiorare il
fiocchetto rosa. « Hai detto di volere compagnia durante il bagno. Ti ho
portato la compagnia » spiegò, un attimo dopo, mettendole fra le mani il
regalo.
Inaspettatamente,
lei scoppiò a ridere. Una risata cristallina, come un suono di tanti campanelli
mossi dal vento di una mattina estiva. Si strinse la paperella al petto, prima
di guardarlo negli occhi, andando contro ogni possibile norma di cortesia che
regolava i rapporti fra umani e vampiri. Poi abbassò lo sguardo. « Io volevo
compagnia, ma non era a quella di una paperella che mi riferivo. » con la mano
libera, afferrò quella del ragazzo, lasciando intrecciare le loro dita. «
Verresti con me? »
Nonostante lo
sguardo immobile, l’espressione vacua, chiunque avrebbe potuto notare un vago
rossore sul collo del giovane dottore. Non si tirò indietro, quando lei
cominciò a tirarlo fuori dal salotto, diretta, evidentemente, nella sala da
bagno. « Così potrò verificare la funzionalità della nuova paperella di gomma. »
Note:Io
adoro Stephen. E adoro Christabel. E non riesco a
togliermi dalla testa che sia lei a prendere sempre l’iniziativa, nella “coppia”.
Probabilmente, lui aspetterebbe in eterno, prima di aprire gli occhi su cosa lo
ha sempre legato a quella meravigliosa donna dai capelli d’oro. La paperella di
gomma per un attimo mi ha disorientata, non sapendo bene se fosse in uso, nel
Vecchio Continente, così ho fatto qualche ricerca ed è venuta fuori questa
pianta, da cui veniva estratto il lattice. Se ho scritto una sciocchezza, vi
chiedo di scusarmi.
Per quanto riguarda le facce,
qui potete trovare la
coppietta dell’anno!
Ci rivedremo in settimana per
il prossimo aggiornamento!
Fandom: Black Friars. Pairing/Personaggi:Jordan Vandemberg/ Fayette Mayfield. Rating:Verde. Chapters:5/14+1. Genere: Triste. Words:100 Canon or Fanon?:
Canon, durante il ballo dei Fiori bianchi, quando Jordan ha accettato di
accompagnare Fay al Ballo di Ognissanti.
Note in fondo!
Malinteso.
Jordan/Fay
Credevano tutti che fosse talmente sciocca da non vedere la realtà
delle cose.
Credevano che fosse così superficiale da non comprendere ciò che
le succedeva intorno.
Anche
lui la vedeva così. Anche lui non credeva che potesse esserci altro, dietro
quegli occhi scuri pieni di malizia e divertimento.
Lo
aveva invitato alla festa più importante di Altieres, lui aveva accettato per
stare al fianco di Sophia.
Ma
gli altri non lo avrebbero saputo e, lentamente, lei sarebbe riuscita a farlo
scordare anche a lui.
Ce l’avrebbe
fatta, lo avrebbe conquistato.
Tutto
sarebbe iniziato con quel falso malinteso,
lei avrebbe vinto.
Note:Per questa
coppia ho preferito utilizzare il minor numero di parole possibili, per evitare
di cadere in frasi senza senso (cosa che, ahimè, succede quando l’argomento non
mi prende completamente o quando il personaggio principale - Fay, in questo caso
- non mi va particolarmente a genio) e senza raggiungere un punto. Ho
preferito, quindi, optare per una drabble, cento
parole per spiegare che Fay, in realtà, non sia solo un bel faccino ma che,
dietro sorrisi non sempre reali, si nasconda una donna capace di rigirare a
modo suo gli uomini. Peccato che, in questo caso, il cuore dell’uomo in
questione sia destinato ad un altro uomo. (*Indica
Jerome, in un angolino)* Grazie a chiunque si sia preso la briga di
leggere ciò che scrivo, significa davvero tantissimo, per me!
Damie.
Ps: Questa è la mia idea
di Fay! Per Jordan, basta cercare nei capitoli precedenti! ;)
Capitolo 6 *** 06. Il Cavaliere in una scintillante armatura. {Julian/Megan} ***
Fandom: Black Friars
Fandom: Black Friars. Pairing/Personaggi: Julian
Lord/Megan Linnet. Rating: Verde. Chapters:6/14+1. Genere: Commedia. Words:583 Canon or Fanon?:
Fanon, anche se credo che Julian sarebbe proprio capace di una cosa simile! Note: Il
mio ritardo è imperdonabile. Davvero imperdonabile. Chiedo umilmente perdono,
ma l’università mi ha talmente sconvolta da succhiarmi via tutta la gioia di
vivere e la fantasia. Ho raccolto tutto il mio coraggio e mi sono decisa a
scrivere questa cosina che, in tutta sincerità, non mi soddisfa
particolarmente. Mi scuso ancora tantissimo per il ritardo e spero che
apprezzerete questo mio piccolo tentativo!
Grazie per la pazienza!
Il cavaliere in una scintillante armatura.
Julian&Megan
Nessun uomo dotato di
facoltà mentali nella norma osava guardare negli occhi Megan Linnet per più di
cinque secondi.
Nessuno osava
rivolgerle più parole del necessario, terrorizzato all’idea di venire fulminato
da uno dei suoi sguardi assassini.
Nessuno avrebbe mai
pensato di porsi in mezzo alla sua strada, a meno che non avesse desiderato
avere una morte molto lenta ed estremamente dolorosa.
« Buongiorno, Onorabile Megan! »
Nessuno sano di mente
avrebbe fatto qualcosa del genere, ma Julian Lord non era assolutamente da
considerarsi come tale.
Come ogni mattina,
lui la aspettava all’uscita del Collegio di Maderian e la accompagnava, a due
rispettosi passi di distanza - no, non per educazione ma per semplice istinto
di conservazione - e con un enorme sorriso ad illuminargli il viso da
mascalzone, fino all’Ospedale della Misericordia, per poi correre via, per
poter seguire le proprie lezioni.
Incredibilmente,
riusciva a presentarsi alla fine di ogni turno, ronzandole intorno come una
piccola ape dispettosa, alla ricerca di un po’ di miele che, probabilmente, non
avrebbe mai e poi avuto. Non da quel fiore.
Accadde, però, che,
una mattina di dicembre, l’Onorabile Megan scordasse in camera la relazione per
il Dominus di Tanatologia, su cui aveva tanto, tanto lavorato. Desolata ed in
tremendo ritardo, la giovane dottoressa non aveva visto altra speranza se non l’allegro
giovanotto che continuava a ronzarle intorno. Mentre la tormenta imperversava,
fuori dalle mura della Misericordia, Julian Lord si era imbarcato l’ignobile
impresa di raggiungere il Collegio Maderian e portare, in tempo per la Nona, la
tanto agognata relazione alla legittima proprietaria. Ma lui non se ne
preoccupò né diede segno di essersi risentito di un compito tanto ingrato e
tanto - vista la neve che precipitava sulla Vecchia Capitale - gelido,
mostrandosi invece lieto come un bambino la mattina di Natale.
Il motivo della sua
gioia fu immediatamente chiaro la mattina dopo a tutti i giovani dottori del
pronto soccorso, che se lo ritrovarono su uno dei lettini, febbricitante e
delirante, assistito da una vagamente scocciata - o forse divertita? - Dottoressa
Linnet, che tentava, invano, di impedirgli di decantare ad alta voce circa
tredici diversi sonetti d’amore.
« Oh, mia diletta,
mia amata! La tua presa delicata sul mio braccio irradia il mio cuore di puro
ed eterno amore! »
« Credo che la febbre
sia salita, gli hai lasciato un livido e lui continua a definire la tua come “presa
delicata” » Eloise Vandemberg alzò gli occhi al cielo, pronunciando quelle
parole e rammentando, con divertimento, l’incontro fatto con il ragazzo il
giorno precedente. Era stato lui stesso a prendere il compito dalla borsa della
donna, per poi fare avanti ed indietro, sotto la neve, per potersi ammalare e
ricevere le sue cure.
« Ha quello che si
merita. Avrebbe potuto indossare un mantello, invece di andare a passeggio
sotto la neve con solo la camicia » Stephen Eldrige passò di lì in quell’istante,
borbottando quelle poche parole e sgusciando velocemente via, per raggiungere
la sua Tana. Anche lui era a conoscenza del riuscito piano del giovane Lord,
probabilmente.
« Beh, lui non ha un
mantello bianco, per questo è rimasto in camicia » mormorò quindi, criptica, la
destinataria di tante delicate parole d’amore, lasciandosi andare ad una
risatina secca e vagamente ironica. « Sai, lui è il mio cavaliere in una scintillante armatura. Anche se, la prossima volta
che deciderà di farsi ricoverare, preferirei che si rompesse qualcosa,
piuttosto che prendere la febbre. Quando sono così storditi non sentono dolore.
»
Fandom: Black Friars. Pairing/Personaggi: Re Fabian/Regina Anna. Rating: Verde. Chapters:7/14+1. Genere: Romantico. Words:507 Canon or Fanon?:
Canon, suppongo. Fabian e Anna devono essere una delle coppie più adorabili
dell’intero fandom! Note: In ritardo di un giorno, ma ce
l’ho fatta! Anche per questa settimana, il piccolo angolo di Black Friars che
ho ritagliato nel mio cervello è stato spazzato a dovere e questo è quello che
ne è venuto fuori! In tutta sincerità, io adoro Fabian ed adoro Anna, che
sembra essere - per quel po’ di descrizione che abbiamo avuto - una vera
regina. Spero di non aver deluso le aspettative di nessuno! Fatemi sapere se ci
sono curiosità/Perplessità/Altro!
Grazie per la pazienza!
Fredda notte invernale.
Fabian&Anna
La regina Anna di
Aldenor non credeva che si sarebbe mai abituata al terribile clima invernale
che aveva trovato nella sua nuova casa.
Per carità, lo
spettacolo che era il Castello di Aldemar a dicembre era unico, impossibile
anche solo da immaginare, nel castello di suo padre, a Mistran. Niente
ghiaccioli sulle finestre, niente neve pallida nei giardini o laghi
completamente ghiacciati su cui pattinare. A svegliarla era il profumo dei
ceppi aromatici lasciati bruciare nei grandi camini, il freddo del mattino che
riusciva a penetrare fin nelle ossa, nonostante le coperte.
A Mistran, Anna era
cresciuta con il profumo dell’arrosto alle erbe, con le mele caramellate che
riempivano enormi vassoi, durante le grandi cene e i pranzi ufficiali. Era
cresciuta con il verde dei pini e degli abeti ad oscurare la visuale della sua
cameretta ed il rumore del fiume a riempire il silenzio delle notti buie.
Però non aveva mai
sentito la mancanza di casa, non davvero. Non aveva mai sentito davvero freddo,
ad Aldenor.
« La mia regina ha le
mani fredde. » una voce calda, al suo orecchio, la fece sorridere
immediatamente, spingendola a rigirarsi fra le pesanti coltri del suo letto
matrimoniale ed affondare il viso nel petto del marito, Re Fabian. « Posso
chiedere l’onore di riscaldarle? »
« I Re non devono
chiedere nulla. » fu la semplice risposta di lei, condita da un dolce e leggero
sorriso. « Nessuno può dirvi cosa fare. »
Con un movimento
fluido ed incredibilmente delicato, Fabian portò le braccia intorno al busto
della moglie, stringendola di più a se, per poi poggiare il viso contro il suo
collo, facendole venire la pelle d’ora per il contatto con il suo respiro
incandescente. « Il Re è sempre stato sottomesso alla sua regina. Lo è stato
dal momento in cui l’ha vista arrivare al Castello, con quel buffo cappello
piumato, e lo sarà per il resto della sua vita. » le sussurrò, dolcemente,
baciandole la porzione di pelle dietro l’orecchio con un riguardo degno di un’effige
sacra. Poi, all’improvviso, ridacchiò, allontanandosi il necessario per poterla
guardare negli occhi. « Era davvero brutto quel cappello, amore mio. »
Anna, contagiata dal
divertimento del marito, alzò gli occhi al cielo e, con una stizza puramente
scenica, gli puntò l’indice al petto. « Era un pezzo di alta sartoria mistranenses. E tu eri un brutto caprone
che si intendeva molto più di armi che di abiti. »
« Non sono cambiato,
temo »
« Non sei cambiato
affatto. »
I due giovani sovrani
si guardarono, sorridendosi con incredibile amore. Poi, lui le prese le mani
nelle sue e se le portò alle labbra, baciando entrambi i dorsi. « Tu, invece,
diventi ogni giorno più bella ed affascinante. »
« E tu sei sempre più
adulatore. » mormorò quindi la giovane donna, tornando a nascondere il viso nel
petto del marito e chiudendo gli occhi, per lasciare che tutti i suoi sensi si
rilassassero ed entrassero in contatto con lui, il suo vero calore in quella fredda notte invernale.
Fandom: Black Friars. Pairing/Personaggi: Axel/Eloise. Rating: Verde. Chapters:8/14+1. Genere:
Romantico. Words:507 Canon or Fanon?:
Canon, poco ma sicuro. Dubito che Axel non abbia pensato a certe cose, nei
pochi anni in cui Eloise era “in fase di rifiuto”. Note:Non mi piace molto, devo ammetterlo.
Davvero, non mi piace. Spero solo che voi lo reputerete quantomeno
soddisfacente. Perdonatemi, davvero. E grazie a tutti coloro che continuano a
seguirmi in questa piccola e pazza avventura. Vi adoro tutti!
Dormi con un occhio aperto.
Axel&Eloise
Arrossiva
ogni volta che lui poggiava i suoi occhi sul suo viso.
Arrossiva,
ricordando i momenti che, la notte prima, avevano condiviso, nascosti fra le
coltri del letto che, da anni, condividevano, contro tutte le buone maniere ed
il buon senso.
Eloise
non arrossiva più, guardandolo. Non abbassava più lo sguardo, non gli sorrideva
languidamente.
Eloise lo
amava, però, su questo non c’erano dubbi.
Vedeva il
suo amore ogni volta che il suo sguardo indugiava su di lui per un momento di
troppo, prima di scostarsi, in preda alla rabbia. Lo vedeva quando sentiva il
tremito nella sua voce, ogni volta che gli parlava. Lo vedeva nei suoi sogni,
quando ancora lei sorrideva e si poggiava al suo petto con fiducia.
Eloise lo
amava di notte, ma presto sarebbe riuscito a fare realtà del sogno.
Presto.
Presto avrebbe dato vita a ciò che agitava le loro notti.
Dormi con un occhio aperto, mia
Eloise, perché arriverò quando meno te lo aspetti.
Fandom: Black Friars. Pairing/Personaggi: Comandante Lasaire/Erin. Rating: Arancione. Chapters:9/14+1. Genere: Horror
(Almeno credo). Words:696 Canon or Fanon?:
Canon, il comandante stesso ha affermato di aver visto, più volte, i giochetti
strani che Erin sapeva fare nei suoi sogni. Note:Io
sono una fifona per natura, scrivere una cosa simile mi ha fatto spaventare. Sono
consapevole che non sia esattamente un lavoro di Stephen King, ma, capitemi,
avevo una colonna sonora tutt’altro che rassicurante. Diciamo che mi sono
auto-impressionata. Probabilmente non è questa gran cosa
horror, però… beh, abbiate pietà. Mi scuso inoltre per il ritardo, a
breve dovrò dare il mio primo esame e sono stata.. uhm…
incatenata ai libri. Grazie a tutti coloro che si limiteranno anche solo a
leggere! Vi adoro tutti!
Incubo.
Lasaire&Erin
La risata era cristallina, portata dal vento come
foglie in autunno. Leggera, lo richiamava durante il suo sonno,spingendolo verso la
bella foresta di aceri che si stagliava di fronte a lui.
La sirena del sogno lo guardava, sorridendo con
dolcezza ed innocenza, mentre arretrava fra gli alti alberi, una mano distesa
verso di lui, chiedendo, silenziosamente, di seguirla.
Lui l’avrebbe seguita ovunque, anche all’inferno.
Le vesti
candide le fluttuavano intorno alle snelle caviglie, quasi fosse stato il vento
stesso a farla volteggiare. I suoi capelli del colore dell’edera splendevano
sotto la luna candida, i suoi occhi violetti riscaldavano il suo cuore fin nei
più reconditi angoli.
Oh, era
così bella, fra i fiori di campo, chiusi per la notte. Era così bella, così
candida, che gli sembrò quasi un peccato riuscire a raggiungere la sua mano per
stringerla nelle sue. Temeva di corrompere quella perfezione, lui che era
indegno, lui che era un peccatore il cui unico pregio era la devozione verso
una tale creatura.
Danzarono
leggiadri, in quella radura dall’erba fresca, circondati dal profumo dei fiori
e dal soffiare leggero della brezza fra le foglie. Danzarono, con la natura
come unica direttrice d’orchestra, mai stanchi, mai
sazi della bellezza che li circondava.
Poi, d’un
tratto, lei sorrise e l’incanto si spezzò.
Pioggia
di sangue si abbatté su di loro, ma il cielo non era nuvoloso.
Caldo,
denso come se fosse appena sgorgato dal cuore di un uomo innocente, colava su
di loro, colava su di lei, macchiando le sue vesti candide del rosso della
morte, macchiando i suoi capelli del colore della notte, trasformandoli in
lingue di fuoco infernale. I suoi denti erano zanne affilate, il loro candore
macchiato del sangue innocente di una povera e sventurata vergine. I suoi occhi
violetti erano diventati neri come l’oblio, densi dei peccati di tutto il
mondo.
Demone,
demone dell’inferno più recondito, lo stringeva fra le sue braccia d’acciaio
con la forza di dieci uomini.
Soffocava,
soffocava mentre il mostro, con una mano artigliata, gli perforava il petto,
stringendo il suo cuore. Soffocava, mentre il mostro ghignava, sibilando come
il peggiore dei serpenti del Tartaro, le vesti, un tempo
candide, macchiate del sangue piovuto dal cielo - sangue di sacrifici
innominabili, sangue versato in nome della peggiore delle crudeltà - e del suo,
che sgorgava dalla ferita al petto come un fiume mortale.
« È mio »
Con uno
scatto del polso, il suo cuore venne strappato via, perforato dagli artigli
mortali come tante spade avvelenate. Veleno, era quello a sgorgare dal muscolo
appena rubato. Veleno, nero come la pece, denso più del fango, scorreva fra le
dita della creatura infernale, macchiando irrimediabilmente quella piccola
parte dell’abito ancora candido.
Annaspò
alla ricerca di ossigeno, consapevole del vuoto che risiedeva nel suo petto. Il
mostro sorrise, quando lui si rese conto di essere morto. Sorrise, sentendo i
versi sordi che, caparbio, produceva nella speranza di rinvigorire i propri
polmoni con aria fresca. Non respirava, non poteva farlo. E lei, quella sordida
creatura, gioiva della sua agonia, perché tanto più lui si dibatteva, tanto più
il veleno sgorgava dal cuore che gli aveva strappato via. La vide leccare via
un rivolo nero che, impertinente, era scivolato lungo il suo braccio, fino all’incavo
del gomito.
« Ne voglio ancora »
Quando
gli squarciò il collo, la pioggia di sangue aumentò di intensità. Più la
creatura succhiava, più il liquido che il cielo riversava su di loro diventava
caldo, denso, vivo. Volle dar di stomaco, ma, con orrore, si rese conto di non
avere più una gola con cui farlo. Non aveva neppure uno stomaco o una bocca. Il
mostro, lentamente, lo aveva ridotto in piccoli pezzi, lasciando che solo il
suo capo restasse fermo, bloccato dalle sue mani artigliate e colme di sangue e
veleno.
«Adesso resterai con me. »
Quando si
risvegliò, vide, per un momento, la bella fanciulla dai capelli neri e gli
occhi di ametista. Fu un solo istante, prima che realizzasse di essersi
rinchiuso nuovamente nelle gabbie dell’illusione del Presidio.
Era stato
solo un incubo, ma a lui sembrò di
poter ancora a percepire la presa ferrea di quelle mani, macchiate di sangue,
sul viso.
Capitolo 10 *** 10. Non è quello che sembra! {Jordan/Jerome} ***
Fandom: Black Friars
Fandom:
Black Friars. Pairing/Personaggi: JordanVandemberg/Jerome Sinclair. Rating: Giallo. Chapters:10/14+1. Genere: Commedia. Words:1078 Canon or Fanon?: Fanon, però nel mio
cuore è una cosa realmente successa alla fine dei libri. Sono perfettamente
convinta di quello che dico, nessuno mi farà cambiare idea v.v. Note:Come
promesso, non ho trascurato di aggiornare anche questa! Mi sono divertita un
mondo, perché, essendo un essere senza cuore, mi piace interrompere le due bestiole
sul più bello. Anche se questa volta non ho esattamente messo freno alla
lussuria, ecco… leggerete, non preoccupatevi. Qui ho introdotto l’altro mio OC,
il fratello maggiore di Jerome e Margot, l’uomo capace di farmi stringere il
cuore. L’uomo con cui ho una relazione odi et amo (In
cui l’odi è a causa dell’enorme ingiustizia data dalle
scelte di vita che suddetto signorino ha fatto) ed il cui nome è Henri
Sinclair, di cui potete vedere il bel faccino qui.
Beh, che dire… spero
vi piaccia!
Non è quello che sembra.
Jordan&Jerome
« Non capisco perché stavolta
Sophia ha preteso di avere anche noi due al seguito. » Jordan Vandemberg era
tutt’altro che contento, mentre, seduto su un muretto nel
cortine interno della Chiesa di Nostra Signora della Notte insieme a Jerome
Sinclair, attendeva che la sua migliore amica, accompagnata
dal fidanzato, facesse il suo ritorno dalla cripta in cui riposava la sua
antenata. Era tradizione, ormai, che una volta alla settimana la principessa si
recasse presso la fondatrice della sua famiglia, per renderle omaggio e ringraziarla
della pace che aveva riportato sulla terra. Generalmente, però, si faceva
accompagnare solo da Gabriel e da Julian, che aveva ricevuto l’incarico di sua
guardia personale da parte di Axel e Bryce Vandemberg, con la benedizione di Jordan stesso.
« Julian è impegnato
negli allenamenti, visto che non ha mai ricevuto addestramento militare, come
noi. E Gabriel l’ha chiesto a me, tu ti sei semplicemente aggregato. » Jerome, dal canto suo, non si era scomposto più di tanto,
comodamente seduto al suo fianco, mentre puliva la spada con un panno di pelle.
Gli dedicò un sorriso vagamente divertito, senza neppure guardarlo. « Non lamentarti, mio bel principe, se soffri per un male
che ti sei scelto da solo. Potevi andare ad allenarti con Julian, lo sai. » continuò, osservando, dopo aver messo la spada sotto un
raggio di luce, per verificare il proprio lavoro.
Jordan sbuffò leggermente, spostando la lama da
davanti al suo viso ed osservando il compagno con le sopracciglia inarcate. « Avevi detto che sarebbero stati dentro per pochi minuti e
poi, se ti avessi fatto compagnia, saresti venuto ad allenarti con me. A porte chiuse, soldato. » mugugnò, dedicandogli uno dei migliori sorrisi maliziosi
che avesse mai fatto.
Le cose erano cambiate parecchio, da quando si
erano riappacificati ed avevano portato la loro relazione ad un livello
superiore. La famiglia di entrambi sapeva e nessuno aveva osato giudicare.
Certo, Jordan non era assolutamente sicuro di avere l’approvazione del padre
adottivo, ma lo sguardo affettuoso di Lady Weiss, insieme a quello carico di
comprensione di Fabian ed Anna, erano stati più che sufficienti. I parenti di
Jerome - quantomeno i suoi familiari più stretti e quasi tutti i cugini -
avevano sempre saputo, per loro non era stato un grande trauma.Un giorno, se mai si
sarebbe sentito pronto a rivelare il suo amore al mondo, avrebbe avuto
accanto tutti coloro che lo amavano.
« Beh, loro non sono
ancora tornati, temo quindi che il nostro allenamento debba essere rimandato. » il giovane di Altieres ridacchiò, stringendosi nelle
spalle e, finalmente, alzando gli occhi in quelli del compagno. « Non è passato molto tempo da quando ero io ad inseguirti
per ottenere attenzioni, adesso sei tu a cercare di ritagliare ogni minuto
possibile. È divertente, non trovi anche tu? »
aggiunse, facendogli l’occhiolino e mettendo da parte la spada, perfettamente
lucidata. Si alzò in piedi, per poter stirare i muscoli della schiena.
Jordan continuò ad osservarlo con un cipiglio
divertito e giusto vagamente scocciato. « Sei
terribile, soldato. Ti compiaci tanto delle mie pene, vero? Avrei dovuto
pensarci due volte, prima di ammettere di amarti e rifiutare le grazie della
piccola e dolce Fay. » mormorò, suadente, osservando,
con piacevole compiacimento, l’ombra oscurare lo sguardo del compagno.
Dopotutto, l’essere stato preferito a Fayette era ancora una ferita aperta, per
lui. Una ferita che bruciava come l’inferno, che ancora lo rendeva nervoso,
nonostante fossero le sue braccia ad accoglierlo, nel cuore della notte, non quelle
della cugina.
Con un paio di passi gli fu di fronte,
prendendolo per il bavero del mantello leggero che stava indossando lo
costrinse ad alzarsi in piedi. Era più alto di lui,cosa che lo costrinse a guardarlo dal
basso, simulando una sottomissione che non c’era mai stata , fra loro. Sentendo
dietro le ginocchia il bordo del muretto, Jordan non fece alcun movimento verso
di lui, nonostante fosse sul punto di perdere l’equilibrio.
« Rimpiangi forse il
tuo amore, mio bel principe? » gli chiese, con un
ringhio feroce, stringendolo quasi con violenza, facendo sfiorare le loro
labbra quasi per sbaglio, senza concedere nulla di più che una forte ondata di
acuto desiderio.
Fu con un gemito roco ed un « Mai » che Jordan si
slanciò verso le sue labbra, tirandolo verso di sé con un tale impeto da
perdere l’equilibrio e far finire entrambi per terra, oltre il muretto.
Atterrarono con un verso soffocato, Jerome praticamente disteso sul compagno,
scosso da risate irrefrenabili particolarmente rare, collegate a lui. Aveva il
viso rosso a causa della sorpresa, dell’imbarazzo e del divertimento.
Dopotutto, erano finiti, uno sopra l’altro, dietro un muretto nel cortile
interno della chiesa. Lui era in maniche di camicia - lucidare la spada con la
giacca dell’uniforme era un vizio che aveva perso da tempo - e, visto
l’attentato psicologico che il compagno di aveva teso
poco prima, entrambi erano in evidente stato di nervosismo corporeo.
« Interessante
posizione. Non ci siamo molto abituati, vero? » gli
domandò il più giovane dei Vandemberg, con un sorrisino divertito, scostandogli
i capelli dal viso.In risposta, ottenne
solamente una tonalità di rosso più accesa sul viso dell’altro e qualche
mugugno risentito, attutito dalle pelle del suo collo,
contro cui Jerome aveva nascosto il viso. « Coraggio,
non è così imbarazzante, abbiamo visto cose peggiori. »
« Sono curioso di sentirle,
suddette cose. In confessione, dove vedrò entrambi molto presto. » ancora una
volta, una voce a Jordan praticamente sconosciuta - però maschile - pose fine a quel vago momento di intimità, facendoli gelare
sul posto. Entrambi voltarono gli occhi verso la fonte della voce, riuscendo a
scorgere, prima di tutto, un paio di stivali neri, perfettamente intonati al
saio che il frate dell’Ordine della Spada stava indossando.
« Non ci sono miei fratelli,
stavolta, vero? » domandò laconicamente Jordan, senza
la forza di guardare in faccia colui che li aveva trovati in una posizione
tanto equivoca.
« No, c’è solo il mio. » mugugnò il suo compagno, alzando lo sguardo per incrociare
quello azzurro di Henri Sinclair, Tenente dei Frati Neri, fratello maggiore di
Margot e Jerome e prima causa di disperazione delle giovani dame di Altieres.
Bello come un sogno, aveva deciso di seguire la propria vocazione e porre la
propria vita al servizio della Santa Patrona di Altieres, la bella dama bruna
che li aveva salvati più volte dalle creature del presidio.« Se può essere
d’aiuto, non è quello che sembra,
fratello. »
Fandom: Black Friars. Pairing/Personaggi:Bryce
Vandemberg; Sophia Blackmore. Rating: Verde. Chapters:11/14+1. Genere: Commedia. Words:1897 Canon or Fanon?:
Sinceramente, non lo so o.o Una cosa del genere
potrebbe essere successa, no? Dopotutto, tante cose nobiliari Sophia non poteva
saperle. Note:Buon Nataaaaaale! Dopo essermi presa un po’ di ferie, sono
ritornata! Come il carbone di Babbo Natale, io non manco mai. L’ispirazione per
questa shot è arrivata guardando Orgoglio e
Pregiudizio, ho preferito scrivere velocemente, prima di dimenticare tutto. E,
comunque, io adoro le danze di fine ottocento. Le amo.
E l’idea di Bryce e della mia Margot che ballano e si maledicono era troppo… troppo,
per non essere assecondata. Per quanto riguarda le facce, credo che per Sophia
basti rivedere l’immagine messa per Clarisse, nel capitolo 2, poiché le due
sono praticamente identiche, mentre questo
è il mio adorato Bryce (◡‿◡✿)Spero davvero che vi piacerà!
Ps: ad un certo punto si fa riferimento al fatto
che Margot sia stata erede al trono insieme a Gabriel. Nel mio cervello, i loro
genitori avevano cercato di preparare l’allegra coppietta, perché qualcuno
sarebbe comunque dovuto salire al trono. Ma Margot non voleva e, quindi, quando
Sophia è spuntata, è stata fra i primi a sostenere Sophia, in Altieres. Non
ricordo di averlo mai spiegato apertamente, quindi meglio togliere ogni dubbio v.v
Affetto.
Bryce&Sophia
« Un, due, tre, un, due, tre! Sophia, ho detto a destra, non a sinistra! »
la voce melodiosa del suo tutore scandiva il tempo della danza che, da almeno
quattro ore, Sophia Blackmore stava disperatamente tentando di imparare. Si
trattava del ballo tipico di Altieres che ogni brava regina avrebbe dovuto
imparare fin dai primi passi e che lei, per ovvie ragioni, non sapeva neppure
esistesse. Nei balli che aveva già tenuto presso la residenza cittadina, questa
danza non era mai stata suonata, poiché Ashton era
ben consapevole della sua mancanza e non voleva spingerla ad un imbarazzo
inopportuno, ma quella situazione di stallo non sarebbe potuta durare in
eterno, lei avrebbe dovuto imparare, prima di essere incoronata.
Con
enorme orrore della ragazza, per rimediare a questa sua mancanza, una mattina,
durante le feriae,
Bryce Vandemberg si era presentato presso casa sua, portandosi dietro l’affidabile
Morton ed un estremamente divertito Jordan, che si era accomodato in un
angolino, con il suo allegro compare, e non aveva fatto altro che fissarla con
un divertimento spaventoso. Nell’istante in cui sbagliò, ancora, lo stesso passo, alle orecchie della ragazza arrivarono le
risate dei migliori amici, chela fecero avvampare come poche volte in vita sua.
Quanto avrebbe voluto che Gabriel fosse rimasto al suo fianco per insegnarle a
danzare a modo loro e per difenderla da quei due bifolchi! Ma i doveri del
futuro generale delle sue truppe erano troppi per permettergli quella breve
fuga, non aveva speranze.
«
Fate poco gli spiritosi, voi due! Non avete neppure la minima idea di come si
inizi questa danza! » gli sbraitò contro, perdendo,
però, il conto dei passi, calpestando il piede del suo ballerino e causando, in
lui, una serie di elegantissimi improperi nel dialetto di Aldenor, che la
futura regina comprendeva perfettamente. Era da ammirare come Bryce non
perdesse la grazia neppure in certi momenti.
« Sophia! »
« Mi
dispiace, signore, ma quei due imbecilli mi
distraggono! » si scusò immediatamente, tirando fuori
l’espressione più triste e dispiaciuta di cui fosse in possesso, sperando -
come faceva sempre, dopotutto - di riuscire a colpire l’animo dolce del giovane
uomo o, meglio ancora, il suo terrore viscerale per le lacrime di donna.
Non
avrebbe mai smesso di ringraziare Lady Eloise per l’aiuto che le aveva dato,
rivelandole il punto debole del suo tutore.
«
Lord Jerome Sinclair e Lady Margot Sinclair, principessa. »
la voce di Alexis arrivò all’improvviso, anticipando di qualche istante la
comparsa dei due biondi cugini Sinclair, evidentemente chiamati in soccorso da
Bryce. Cosa voleva fare, quel folle? Farle notare
ancora di più la sua incompetenza, rispetto alla grazia ed alla perfezione di
Lady Se-non-fossi-spuntata-tu-avrei-sposato-Gabriel-e-sarei-stata-ReginaSinclair? Non era già abbastanza
umiliante avere il fratello adottivo ed il migliore amico a fissarla?
L’astio
con cui fissò la cugina dovette essere evidente, visto il modo in cui Bryce le
strinse il braccio, ammonendola con lo sguardo. Ma come poteva controllarsi, se
anche il maledetto inchino di quella… quella… sabotatrice indiretta di
matrimoni era perfetto?
«
Siamo venuti non appena possibile, principessa. Il principe Bryce ci ha chiesto
di farvi compagnia, ma deduco che si sia dimostrato incapace di insegnarvi la
nostra danza. » l’antipatia che la principessa
aspettava per se stessa, si rivelò essere diretta al giovane uomo al suo
fianco, che, in risposta, dedicò alla giovane donna uno sguardo sprezzante, che
divenne astio quando lei si avvicinò a Sophia, prendendola a braccetto. « Dopotutto, cara cugina, non è possibile chiedere ad un uomo
dei monti di fare un lavoro da Altierenses, non
credete anche voi? » aggiunse, con voce gentile e
cospiratoria, facendole un occhiolino complice che la lasciò a dir poco
perplessa.
«
Attenta alle vostre parole, Signora. Se fosse stata un uomo vi avrebbero
causato una sfida a duello. Non approfittate del vostro status, soprattutto perché
non siete più erede al trono. » la voce del principe
Vandemberg era controllata, ma, con sorpresa, Sophia notò un accenno di rabbia
incrinarla. Di solito lui perdeva il controllo solo quando lei era in pericolo
o qualcuno sporcava uno dei suoi abiti nuovi, le offese - soprattutto quelle
così lievi - di solito lo facevano ridere.
« Non
ho bisogno di essere l’erede di un regno, per sentirmi realizzata con me
stessa. » Margot gli dedicò un sorriso tirato,
soddisfatta di avergli causato una simile reazione, prima di voltarsi verso il
fratello. « Vieni, Jerome, la principessa deve
imparare. Facciamole vedere come danziamo noi in Altieres. »
disse, con un leggero sorriso, lasciando la principessa accanto al suo tutore
ed avvicinandosi al fratello che, dopo un ultimo sguardo verso Jordan - davvero
credevano che nessuno avesse compreso il loro rapporto? -, si era a sua volta
avvicinato, dopo aver fatto un cenno al servitore seduto al piano.
Quando le
prime note risuonarono nell’aria, lui fu il primo a muoversi, facendo un
elegante e grazioso inchino, seguito dalla sorella. Passo dopo passo, movimento
dopo movimento, Sophia iniziò a perdersi nella bellezza della danza, stregata
dalla fluidità con cui i ballerini si spostavano l’uno intorno all’altra,
andando a tempo con la musica in modo assolutamente impeccabile. Era
incredibile come i passi sconclusionati che lei aveva provato a ripetere, poco
prima, sembrassero avere assoluto senso, in quell’istante. Incredibile,
assolutamente incredibile.
«
Sophia, cara. » la voce di Bryce, bassa, per non
disturbare i due ballerini, la fece quasi trasalire, costringendola ad un
sorriso imbarazzato. « Mi concederesti l’onore di
questo ballo? » le chiese lui, gentilmente, sorridendole con una dolcezza così
disarmante da spingerla ad accettare immediatamente, senza neppure pensare a
cosa stava facendo, senza preoccuparsi del fatto che
non avesse provato la danza, che non avesse memorizzato i passi.
Era
ancora talmente rapita dalla magia cui aveva assistito, che iniziò davvero ad
imitare i cugini, muovendosi al ritmo della danza con una grazia che non
credeva di possedere - ma, dopotutto, Bryce Vandemberg avrebbe fatto sembrare
aggraziato persino un elefante - e con una maestria che le era totalmente
nuova.
Quando la
musica si concluse, il primo suono che arrivò alle sue orecchie fu la risata
estasiata del suo tutore, che, ilare come poche volte si era concesso di
essere, si chinò in avanti, lasciandole un bacio sulla guancia carico di gentilezza
ed affetto. « Sapevo che ce l’avresti fatta! Dovevi
solamente renderti conto dell’insieme. Dopotutto, ce l’hai nel sangue. » le mormorò, con gioia, mentre i complimenti dei cugini e
dei migliori amici cominciavano a farsi strada nelle sue orecchie. Margot le
strinse la mano, con gentilezza, dicendole quanto fosse stata brava ed
aggraziata e come avrebbe fatto morire di invidia tutte le donne presenti ai
futuri ricevimenti.
« A
questo punto, credo di dover chiedere alla mia futura Regina se desidera
concedermi l’onore di accompagnarla in una seconda prova. »
la voce calma e gentile di Jerome la spinse a guardarlo e sorridergli,
lanciando un’occhiata divertita a Jordan. Il principino in questione non fece
altro che alzare gli occhi al cielo, per poi fare l’occhiolino a Sophia, mentre
lei si avvicinava a Jerome, per procedere con la danza.
Il
terrore che fosse riuscita, la prima volta, solo grazie al suo tutore, si
rivelò infondato nel momento stesso in cui riuscì a seguire perfettamente il
ritmo con cui il cugino la stava guidando. Non era poi così difficile, una
volta presa la strada giusta e compreso il ritmo. Lei aveva solo bisogno di
capire bene cosa fare, prima di ripetere, e Bryce l’aveva sempre saputo, per
quel motivo aveva invitato la sua più acerrima nemica.
Nemica
con cui, se ne rese conto solo in quel momento, stava danzando, al loro fianco.
E, per quanto l’orgoglio le dolesse e soffrisse nell’ammetterlo, per quanto
potesse considerarsi brava, con estrema difficoltà avrebbe potuto raggiungere
la bellezza e la grazia che Bryce Vandemberg e Margot Sinclair possedevano. Già,
da soli, facevano invidia a qualunque essere dotato di occhi e capace di
intendere e di volere, insieme erano semplicemente angelici.
« Avete la grazia di un elefante, Milord. »
« Voi
avete la finezza di uno scarabeo stercorario, Milady. »
Peccato
che, ogni qualvolta aprissero bocca, cominciassero ad insultarsi come due
semplici contadini della periferia della Vecchia Capitale. Con grazia, certo.
Quando la
musica si fermò, fu la principessa Sophia ad applaudire, insieme al compagno di
danza ed ai due migliori amici, perché un’esibizione involontariamente
incredibile come quella cui avevano assistito doveva essere obbligatoriamente
esaltata, in qualche modo. I due ballerini in questione non si scomposero,
sorridendo gentilmente ed inchinandosi, come se avessero voluto davvero dare spettacolo
- cosa non da escludere, considerando i soggetti - per poi separare la stretta
con cui ancora erano legati ed allontanarsi, per dirigersi verso il fratello,
lei, e verso la pupilla, lui.
Quando
Bryce le arrivò accanto, le posò un braccio sulla spalla, spingendola a
riprendere la posizione iniziale. Sophia sapeva che avrebbero dovuto provare
ancora molte, molte volte, perché lui non si sarebbe accontentato di qualcosa
inferiore alla perfezione.
«
Siete stato fenomenale, signore. Siete sicuro di voler ballare di nuovo con me?
Non voglio sfigurare. » ammise, sincera, osservando la
giovane cugina con la coda dell’occhio, sentendo rinascere, in sé, l’astio con
cui l’aveva accolta e che era stato momentaneamente sostituito dalla sorpresa.
Ma Bryce scosse il capo, sorridendole gentilmente e cominciando a condurla
intorno alla sala, a tempo di danza.
«
Sciocchezze. Preferisco mille volte danzare discretamente con te, piuttosto che
perfettamente con lei. » la rassicurò, con una
risatina, facendola volteggiare. « La tua compagnia è nettamente migliore,
nonostante io continui a sostenere che tu debba prendere esempio da tua cugina,
poiché ha- »
« L’educazione, il buongusto ed i modi di una
vera regina, lo so, signore, me lo dite sempre. Come
mi dite anche che sarebbe preferibile se io non diventassi così… acida. » lo interruppe la ragazza, sorridendogli divertita,
muovendo le mani per assumere la posizione richiesta da quella figura. Lui alzò
gli occhi al cielo, annuendo leggermente.
«
Resta come sei, Sophie, perché è possibile imparare a danzare, a parlare nuove
lingue e addirittura a governare, ma non si può imparare ad essere persone gradevoli. Sei perfetta, da quel punto
di vista. » la rassicurò, con dolcezza, sfiorandole il
viso in una leggera carezza, carica di affetto quasi paterno. La principessa
non si premurò di sottolineare che, nonostante il carattere particolare, sua
cugina non fosse poi così terribile, visto quanti, al
collegio, smaniassero per passare anche solo dieci minuti in sua compagnia. Dopotutto,
aveva la possibilità di ricevere dichiarazioni di affetto improvvise e
continue, quando lei era vicino. Forse doveva all’astio che Bryce aveva per
Margot buona parte del suo amor proprio, da quando era stata riconosciuta come
Principessa ereditaria.
Quando la
musica si concluse, Bryce espresse il suo apprezzamento con un sorriso
entusiasta e lasciandole un bacio sulla fronte. «
Sarai una regina incredibilmente apprezzata e stimata, adesso non ci sono più
ragioni per cui il tuo popolo potrebbe criticarti. »
le disse, inchinandosi come si soleva fare solo davanti ai regnanti, causandole
anche una stretta al cuore. Dietro di lui, si rese conto, con un sussulto, che
anche gli altri si fossero inchinati, chi con serietà e rispetto - come nel
caso di Jerome, chi con gentilezza - come Margot -, chi, infine, con
divertimento - come i suoi due cosiddetti migliori amici.
Lo
sguardo d’affetto che il suo tutore
le dedicò, valse più di una qualsiasi riverenza.
Fandom: Black Friars. Pairing/Personaggi:Damian
Assange; Rafael Valance; Damian/Rafael; Rafael/Emelyn (accenni). Rating: Arancione. Chapters:12/14+1. Genere: Introspettivo, Erotico (Beh, moooolto
soft). Words:1493 Canon or Fanon?:
Fanon, almeno credo. Se poi, in segreto, questi due si siano divertiti alle spalle della povera Kristian, beh… non sono affari
nostri, no?
Note:Saaaaalve
e buon anno! Per iniziare in bellezza, ecco una coppia che scoppia, una ship che ho amato tantissimo ma che, in questo capitolo, mi
ha fatta un po’ penare. Avevo taaante possibilità,
davanti. Davvero, davvero tante. Dovevo uccidere Emelyn?
Dovevo farla partecipare ai giochi? Non ne avevo la minima idea. Non mi sono
potuta spingere troppo oltre per via del raiting
generale, scrivere una rossa non è possibile, quindi mi sono arrangiata così,
spero apprezzerete lo stesso <3 Emelyn mi sta un
po’ antipatica, devo ammetterlo, anche se non raggiunge affatto i livelli di
Fay. Credo che nessuna riesca a raggiungerli. Perdonatemi se questo capitolo
ferirà una delle vostre coppiette preferite <3
Ah, auguri a tutte le befane,
per domani!
Perversione.
Damian&Rafael
C’era
silenzio in quella stanza, da quando lei era andata via. Un silenzio
opprimente, che non faceva altro che ricordargli quanto, in realtà, lui fosse
solo. Certo, non avrebbe mai e poi mai smesso di ringraziare Damian per il
meraviglioso regalo che gli aveva fatto, concedendogli di passare il resto
della sua vita con la donna che amava, ma non riusciva ad impedire a se stesso
di pensare che, forse, sarebbe stato meglio se l’avesse persa completamente,
piuttosto che costringere se stesso a vivere solo di notte, passando il giorno
come un cadavere ambulante per le vie della città.
Amava la
sua Emelyn come non aveva mai amato nessuno, in tutta
la sua vita. Ma era stanco, davvero, davvero stanco. Aveva chiuso gli occhi
quando Ned gli aveva detto che la sua esistenza sarebbe
stata completamente sconvolta. Aveva chiuso gli occhi quando, per la prima
volta, aveva visto il corpo della sua amata ricoperto di sangue non suo, negli
occhi una frenesia che non aveva mai visto.
La verità
era che lui voleva indietro la sua Emelyn, ma che la
donna che lo abbracciava, la notte, non era più davvero lei.
Era diventata irascibile, imprevedibile, un momento sembrava la donna più
innamorata del mondo e quello dopo scappava dalla finestra per ritornare solo a
notte fonda, nutrita e con i segni evidenti di una nottata tutt’altro che
tranquilla sulla pelle.
E lui non
poteva dirle nulla, perché, infondo, l’amava. Non le diceva nulla, illudendosi
che fosse solo un momento passeggero, lo stress della trasformazione, a
renderla così diversa. Si illudeva che, un giorno, lei lo avrebbe guardato e
sarebbe tornata ad essere la dolce ed allegra ragazza di Faldras
che gli aveva rubato il cuore.
« Ti
vedo accigliato, mio duca. »
Oh, poi c’era
lui.
Lui che
era stato l’unico a capirlo fino in fondo, l’unico ad aiutarlo quando il crollo
emotivo stava per farlo capitolare. Non Ned. Non
Allen o il giovane Axel. Lui, quel vampiro imprevedibile che non aveva fatto
altro che rendergli la vita un inferno. Lui che gli aveva fatto il dono più
grande di tutti o lo aveva condannato alla dannazione eterna.
«Emelyn è appena andata a caccia. Non ha fatto altro che
urlarmi contro. » disse, semplicemente, senza
spostarsi dal davanzale su cui si era seduto per osservare la meravigliosa luna
che rischiarava la notte della Vecchia Capitale. Sperava, forse, di riuscire a
scorgerla, fra le piccole vie e di potersi rasserenare almeno un po’, impedendo
a se stesso di immaginarla nell’atto di tradirlo per l’ennesima volta.
« Noi
di stirpe Lancaster siamo imprevedibili, oggi deve essere un giorno… no. »
Damian si fece avanti, sfiorandogli il viso con la punta delle gelide dita -
non si era ancora nutrito,evidentemente - ed
accomodandosi sulla poltrona vicina. « Sono certo che
quando tornerà ti butterà le braccia al collo, sbandierando il suo amore
imperituro per te. » aggiunse, con un ghigno divertito
e, molto probabilmente, ironico. Era sempre ironico, il vampiro, quando si
parlava della relazione fra le sua creatura ed il suo
Duca. Forse per lui era uno scherzo divertente, vederli rincorrersi senza mai
prendersi davvero. Forse li vedeva come delle marionette di cui lui era il
burattinaio. Era il vampiro a muovere i fili della loro storia? Possibile. Probabile.
Sicuro.
« Tu non
ti sei mai svegliato, una sera qualunque, urlandomi cose come maledetto
traditore, assassino e… uhm… credo abbia detto una cosa come “mi hai fatta
condannare in eterno” » ribatté l’ex Duca della Chiave, alzando gli occhi al
cielo, prima di sospirare con rassegnazione. Non era la prima volta che uno
scenario simile si abbatteva su di lui. Nonostante non fosse affatto facile, ci
aveva quasi fatto l’abitudine.
«
Come potrei darti del traditore, se io stesso ho, alle spalle, un numero
infinito di tradimenti? » principiò il vampiro, alzandosi in piedi e
raggiungendolo con la velocità tipica dei non morti,
portandogli la mano dietro la nuca fino a costringerlo a piegare la testa e
guardarlo negli occhi gemmati. « Come potrei darti
dell’assassino, se io sono un mostro? » pronunciando
quelle parole, fece avvicinare i loro volti, fino a far sfiorare le loro
labbra. « E… beh, credo di essere stato io a dannarti,
mon cher duc. Non
che io rimpianga una sola delle mie azioni, sia chiaro. »
concluse, con una risatina soffiata proprio sulle labbra di Rafael, un attimo
prima che, a conferma delle sue parole, lo coinvolgesse in un bacio lento,
passionale, sconveniente per un milione di motivi e, almeno per Rafael,
incredibilmente desiderato.
Oh,
quante volte si era lasciato andare alla stretta del non morto? Quante volte
aveva mentito a se stesso, convincendosi che fosse stata l’illusione della sua
natura a spingerlo a determinate azioni? Tante, forse troppe. Ma non poteva
permettersi la verità. Non poteva accettare che la sua anima fosse precipitata
a tal punto nel peccato, macchiandosi di nero e rosso, di vergogna e passione.
« Tu,
Rafael? Tu rimpiangi qualcosa? » gli chiese il
vampiro, dopo averlo quasi spinto al limite della follia, con un sorriso furbo
ad incurvargli le belle labbra. Lo aveva fatto alzare dal davanzale e lui
neppure se ne era reso conto, talmente preso dalle emozioni che gli stava
facendo vivere. E, in quell’istante, con quella domanda improvvisa, si era
premurato di spingerlo contro il muro, per impedire, con il proprio corpo, ogni
possibile via di fuga. Non che Rafael volesse davvero fuggire.
«
Rimpiango di non averti tagliato via la testa quando ne avevo la possibilità. » fu il ringhio che Damian ottenne in risposta, insieme ad
un morso sul collo che, ovviamente, gli causò tutt’altro che dolore.
«
Fallo adesso, allora. » con una mossa improvvisa,
Damian si allontanò dalla sua consapevole vittima, aprendo la propria camicia
fino a mostrare il petto nudo all’altro. « Fai di me
ciò che vuoi, mio duca, sono nelle tue meravigliose mani. Tuo servo, per
sempre. » aggiunse, con un sorriso meravigliosamente drammatico, mentre si
lasciava andare sul grande letto della stanza, quasi fosse improvvisamente
morto, « Uccidimi, prendi il mio cuore morto e consegnalo alla Dea Nera! Cosa
può importare ad una creatura ultracentenaria, se non la possibilità di avere
il riposo da una mano amica? Prendi il tuo pugnale e trafiggi il cuore che è
eternamente tuo! » disse, quasi stesse recitando dinnanzi ad una
immensa platea, durante una delle rappresentazioni teatrali della
Vecchia Capitale.
«
Potrei farlo. » Rafael non si fece scoraggiare da quel
suo gioco, sfilando un pugnale dalla fodera attaccata ai pantaloni ed
avvicinandosi fino a montare sopra il non morto. L’unica candela presente nella
stanza fece riflettere il metallo della lama, illuminando brevemente il sorriso
sardonico della creatura immortale. « Potrei
trafiggerti e punirti per avermi condannato ad una vita notturna. » dicendo ciò, fece scorrere la punta della lama sul torace
dell’altro, graffiandolo leggermente. Osservò le piccole
gocce di sangue scuro, molto più scuro di quello umano, scorrere sulla
pelle perfetta, gocciolando sulle lenzuola ancora immacolate. Era uno
spettacolo macabro, inquietante, capace di fargli perdere la testa.
Cosa gli
aveva fatto quella bestia immonda, per trasformarlo in un essere così senza
pudore?
« Ma
non lo farai. » Damian gli passò le mani sui fianchi,
salendo lentamente lungo il busto e portando con sé la leggera camicia che il Duca
aveva indossato per dormire, fino a scoprirlo quasi completamente. « Non lo farai, perché tu mi desideri, mon cher. Desideri evadere dalla prigione di buonsenso in cui ti sei
rinchiuso, evadere dai limiti che la relazione con la nuova Emelyn
ti ha posto. » spiegò, con voce suadente, sfiorandogli
il corpo tonico ed abbronzato con la punta delle candide dita, deliziato nel
sentire il battito cardiaco dell’altro aumentare lentamente, fino a divenire
più forte del rumore del suo respiro. « Tu vuoi
punirla per la sofferenza che ti ha impartito e, per farlo, ti stai servendo di
colui cui lei deve la sua esistenza. Tu vuoi usarmi, mio duca, ed io non ho
nulla in contrario. » con un gesto veloce, scattante,
così improvviso da non poter essere registrato in tempo dai sensi dell’umano,
Damian lo spinse sotto di se, sorridendogli soddisfatto e passandosi la lingua
sulle labbra. « Ma io voglio qualcosa in cambio, lo
sai. »
Rafael
socchiuse gli occhi, mente percepiva i denti della creatura perforargli la
pelle del collo e la sua eccitazione premere contro di lui, consapevole che, a
breve, sarebbe stata a sua volta soddisfatta.
Era
sempre così, dopotutto. Lui cedeva sempre, perché ormai era dipendente da ciò
che lui poteva dargli. Sì, forse lo faceva per vendicarsi di Emelyn. Forse lo sfruttava per porre fine alla smania che
gli si agitava in petto, quando la sua donna usciva dalla finestra per poi
ritornare con addosso il profumo di un altro.
Ma non
poteva più negare che quella spaventosa perversione che lui gli aveva mostrato
fosse diventata il fulcro dei suoi pensieri e dei suoi desideri più nascosti.
Fandom: Black Friars. Pairing/Personaggi: Gilbert
Morgan/Lara Degret. Rating: Verde. Chapters:13/14+1. Genere:
Romantico, Commedia. Words:1945 Canon or Fanon?:
Assolutamente CANON! Dopo quattro libri di corteggiamenti spudorati, alla fine Gil ha trovato un modo per stupire e - forse - conquistare
Lara! Dai, diciamocelo, non avrebbe potuto resistere ad un cavaliere mascherato! Note: Io
ho una specie di amore viscerale per Gil, il piccolo
idiota del gruppo, che raggiunge quasi quello che provo per Ross e Bryce. Diciamo
che è alla pari con Ross ma Bryce è ancora un po’ più in alto, ecco. E Lara è
adorabile. Io la amo alla follia, esattamente come Megan! Sono due donne forti,
sono cool*utilizza un termine davvero poco mainstream*. Spero sinceramente di non deludere nessuno,
con questa mia versione dei fatti!
PS: AVETE LETTO LA NOVELLA? EH?
AVETE LETTO? La nostra Ssignora Madre Autrice ha
pubblicato una novella su Black Friars, incentrata sul primo viaggio di Sophia
in Altieres. Ora, io non amo lei e Gabriel come personaggi (Sì, lo so, sono
strana), nel senso che non sono nella mia top ten, ecco, ma li shippo spaventosamente, quindi è stato un sollievo
constatare che non ci sono stati problemi fra loro. Però *tuono in lontananza,
la “voce” ha l’eco* IO HO VISTO UN SACCO DI CONFERME
JERDAN (Nome ship di Jerome e Jordan, per chi non l’avesse
capito v.v). Magari non ci sono davvero e me le sono immaginate io, però… insomma,
dai, troppe cose che convergono lì. Loro devono esserci. DEVONO. *altro tuono
in lontananza*
Non posso dirvi altro che
LEGGETE, non ho intenzione di spoilerare, anche se,
alla fine, ho fatto un accenno ad una fantomatica missione ad un ballo di Nalvalle, che viene programmata proprio alla fine della
novella!
Dejà vu.
Gil&Lara
Alla
fine, Gilbert era riuscito a bloccarla abbastanza a lungo da chiederle quello
che, da quando Lady Eloise gli aveva parlato, gli premeva sapere. Dopotutto,
aveva provato ogni modo conosciuto per corteggiarla come un semplice ragazzo,
un Morgan fra i tanti, cosa gli costava provare come Cavaliere Mascherato? Non
aveva più nulla da perdere.
Si era
intrufolato furtivamente all’interno dell’ospedale, sfuggendo per un pelo a
Domina Heraclis ed ai suoi occhi di falco - aveva gli stivali leggermente
sporchi di fango, rischiava di essere costretto alle pulizie per una serata
intera - ed aveva raggiunto, grazie alle indicazioni di alcune infermiere che
evidentemente dovevano averlo preso di buon occhio, la sala suture in cui l’unica
donna che avrebbe voluto al suo fianco, per il resto della sua vita, stava
rimettendo in ordine vari attrezzi acuminati con cui lui non avrebbe voluto
assolutamente avere a che fare.
D’altro
canto, era innamorato, ma non sciocco: proporsi mentre teneva in mano aghi e
bisturi sarebbe stata la peggiore idea mai passata per la sua mente di giovane
scapestrato. L’Onorabile Lara era dolce e gentile, se doveva rapportarsi a
chiunque non fosse lui, ma sapeva tramutarsi in una belva spietata come Megan
Linnet, ed era un paragona tutt’altro che confortante,
per lui.
Rimase
fuori dalla porta, osservandola con attenzione, stando ben accorto a non farsi
vedere, in modo che continuasse a muoversi con quella tranquillità e quella
rilassatezza che la rendevano ancora più sensuale e meravigliosa ai suoi occhi.
Un sorriso gli incurvò le labbra, quando si rese conto che la dama stesse
canticchiando la stessa canzone che lui le aveva composto e dedicato qualche
anno fa, riproponendola in svariate versioni ed ottenendo sempre, in cambio, uno
sguardo degno del più infimo verme ed uno schiaffo
sdegnato. Una volta, l’anno precedente, lei lo aveva onorato anche di un
delicatissimo calcio nello stinco che era riuscito dove neppure le minacce di
Axel Vandemberg avevano avuto successo: lo avevano fatto zittire di colpo per
il dolore.
Lara Degret canticchiava e si muoveva delicata per la stanza,
ondeggiando leggermente con i fianchi, andando a tempo con una musica che non c’era,
ma che lui sentiva riecheggiare nell’aria come se la sua banda di amici del
postribolo l’avesse seguito. I lunghi capelli ramati le ondeggiavano sulle
spalle, incorniciandole il bel viso e rendendola incredibilmente simile alle
statue delle Sante che tante volte aveva visto a Delamar,
durante le processioni. Era così bella, così perfetta da rendergli difficile il
guardarla senza sentire una stretta feroce al cuore.
Cosa
avrebbe fatto, se lei avesse continuato a volerlo evitare? Cosa avrebbe fatto,
se lei si fosse sposata con qualcun altro? Oh, non sarebbe voluto essere nei
panni di quello sventurato, perché la sua furia lo avrebbe strappato
prematuramente a questo mondo ben prima di provare le gioie della prima notte. Non
avrebbe permesso che lei, proprio lei, la sua
donna, si concedesse a qualcun altro che non fosse lui. Non l’avrebbe sopportato, il suo cuore si sarebbe spezzato.
Solo lui
avrebbe passato le mani fra quei fili di rame, solo lui avrebbe assaporato i
boccioli di rosa che avevano preso il posto delle sue labbra. Solo lui si
sarebbe immolato come suo eterno schiavo, votando la sua vita alla sua sola
felicità. Lei sarebbe stata la sua regina, lui sarebbe stato il suo giullare,
il suo schiavo, il suo re, se solo lei l’avesse voluto.
« Cosa
diavolo ci fai qui, Morgan? »
evidentemente, si era distratto abbastanza a lungo da perdere il controllo del
proprio corpo e sospirare abbastanza forte da attirare l’attenzione della
fanciulla che, con un balzo ed un ringhio feroce, aveva messo giù gli ultimi
strumenti sterilizzati ed era partita verso di lui, a passo di carica,
puntandogli contro l’indice.
«
Questo è un ospedale, Lady Degret. Qui si curano le
persone ed io sono ferito. » le rispose, serio come
poche volte era stato in vita sua, senza azzardarsi a fare un passo verso o
lontano da lei, senza osare alzare una mano e spostarle la ciocca di capelli
che le oscurava la vista. Era come essere davanti ad una leonessa, un solo
gesto avrebbe potuto distruggerlo.
«
Ferito? A me sembri fin troppo in salute! » un leggero
porpora colorò le guance della ragazza, la cui espressione divenne, se
possibile, ancora più irritata, quando lui si limitò a chinare leggermente il
capo. « Il reparto psichiatrico, come ti ripeto da
anni, Morgan, si trova al piano di sopra. Parla con il dottor Lionnes, ti saprà aiutare. »
aggiunse, acida, quasi avesse ritenuto non abbastanza pungente la prima parte
della sua risposta.
« Il
mio cuore sanguina, Onorabile Lara. Sanguina da anni e solo voi potete porre
fine al mio tormento, in un modo o nell’altro. »
affermò quindi lui, afferrandole delicatamente la mano che ancora era puntata
contro il suo petto e stringendola come se fosse stata fatta di petali di rose.
Con una lentezza che sembrava non appartenergli, si portò il dorso alle labbra,
sfiorandolo con estrema dolcezza e con abbastanza sensualità da far
rabbrividire la giovane donna, con gli occhi sgranati fissi in quelli del suo
corteggiatore storico.
« I
bisturi sono in quella stanza, ti prometto che sarà una cosa veloce e
relativamente indolore. » ribatté allora lei,
strappando la mano dalla presa di Gilbert e fissandolo come se le avesse appena
ucciso il cagnolino da compagnia. Il rossore sulle sue guance aumentò in modo
esponenziale, quando lui, invece che ridere ed insistere con la solita corte
sfacciata, si fece avanti di un passo, alzando le braccia ed intrappolandola
fra se stesso ed il muro, guardandola con serietà e quello che, lei se ne rese
conto con sorpresa, era autentico dolore, quasi disperazione.
« Non
vi servono, vi basta una parola per uccidermi. » il
giovane uomo iniziò a sussurrare, quasi temesse di svegliare qualcuno,
facendole sentire l’odore del cordiale che doveva aver bevuto poco prima di
raggiungerla. Forse era ubriaco, per quel motivo sembrava talmente serio. « Vi ho chiesto di sposarmi quasi ogni giorno, dalla prima
volta che vi ho vista, ma voi mi avete sempre rifiutato. Sempre, a volte anche
con una certa violenza. Mi sono umiliato davanti a voi, ho fatto tutto ciò che
un Morgan avrebbe potuto fare. » continuò, senza perdere
un grammo della serietà con cui aveva iniziato, senza scomporsi nel notare l’espressione
tutt’altro che accondiscendente della ragazza.
Lara
aveva lasciato perdere la strana emozione provata nel vederlo quasi disperato,
puntando gli occhi fuori dalla finestra. Dopotutto, era stato sciocco, da parte
sua, credere che quella volta sarebbe stato diverso, che non si sarebbe
proposto come aveva sempre fatto, con il solo scopo di ottenere la sua mano e
provare l’ebbrezza di tradirla apertamente con qualche strana sgualdrina della
cittadella. Non c’era da fidarsi di un Morgan, suo padre lo diceva sempre.
Nessuno
dei due sentì Stephen, poco lontano, allontanarsi con una risatina. Nessuno dei
due, se lo sentì, dimostrò di averlo fatto.
« Se
fossi mascherato, mi sposereste? » la domanda del
giovane la colse completamente impreparata, facendola voltare verso di lui,
confusa e boccheggiante, quasi avesse voluto accertarsi che, effettivamente,
fosse stato lui a parlare e non si fosse immaginata tutto.
In fin
dei conti, più notti si era svegliata dopo averlo sognato nelle spoglie del
cavaliere mascherato che, anni addietro, l’aveva salvata e baciata, al Cimitero
degli Innocenti. Lo sognava arrampicarsi fino alla sua finestra e baciarla con
passione, prima di scappare di nuovo per compiere il proprio compito di
giustiziere in nome della legge ma dalla legge ricercato.
Oh, sapeva bene che una cosa simile fosse assolutamente impensabile. Non avrebbe
mai concesso il suo cuore ad un fuorilegge, come sosteneva di aver fatto sua
nonna. Suo padre non l’avrebbe perdonata. E, comunque, era assai improbabile
che quel valoroso giovane si ricordasse di lei.
« Hai bevuto, Morgan? Quanto hai bevuto? »
gli chiese, sconvolta, cercando di sfuggire, senza successo, dalla prigione in
cui il ragazzo l’aveva intrappolata, ritrovandosi invece stretta ancora di più
a lui, incatenata dai suoi occhi colmi di quella che sembrava aspettativa e,
forse, speranza. « Sei uno screanzato! Lasciami andare
subito! »
« No.
Non questa volta. Non senza sapere se… se con la maschera… »
sussurrò lui, zittendola, iniziando con sicurezza ed esitando sempre di più,
senza portare a termine la frase. « Se tradire un
giuramento mi permetterà di avervi, Lara, che sia così. Forse non dovrò
parlare, forse basterà… forse capirete… » continuò,
sempre più inconcludente, fissandola come se avesse voluto ricevere da lei
delle risposte.
«
Giuramento? Che giuramento? Tu sei impaz-» ogni tentativo di rispondere fu bloccato dalle labbra del
giovane uomo che premevano sulle sue, con impazienza, nervosismo e con una
dolcezza quasi disarmante, in totale disaccordo con la stazza di colui che la
stava stringendo e baciando.
Ancora ad
occhi semichiusi, lui le accarezzò leggermente una guancia, prima di parlare. « Pensateci. Se mi sposereste, mascherato, non dovete far
altro che farmelo sapere. Aspetterò tre giorni, poi, se non avrò vostre
notizie, giuro che non vi disturberò mai più. »
promise, solennemente, per poi piegarsi nuovamente su di lei e baciarla ancora,
con trasporto.
Quando,
poi, si allontanò di colpo, lasciandola lì, sola e boccheggiante, lei non
riuscì ad impedire a se stessa di arrossire ed avere le palpitazioni.
La forte
sensazione di dejà vu provata quando
lui l’aveva stretta era impossibile da fraintendere.
« Dov’è
Gilbert? A quest’ora sarebbe dovuto essere già qui. Rischiamo di tardare al
ballo di Nalvalle. » Axel
ringhiò, occhieggiando l’orologio da taschino con fare nervoso e battendo
nervosamente le dita sul tavolo in legno dell’osteria in cui si erano fermati
per aspettare il quinto compagno.
«
Aveva un incontro con l’avvocato Degret, sai, per il
contratto di matrimonio. » Ross sogghignò, divertito,
ricordando la faccia piena di orgoglio con cui l’altro aveva affermato di avere
quell’impegno in particolare. Dopotutto, era riuscito ad ottenere ciò che, per
anni, aveva bramato. Ancora nessuno riusciva a capacitarsi di come fosse potuto
accadere: la giovane donna lo aveva raggiunto, una mattina, e lo aveva
semplicemente baciato davanti all’intero corpo studentesco, facendo venire un
principio di infarto al principe Bryce e causando uno svenimento nelle sue più
care amiche e colleghe.
«SCORDATELO! Non mi sposerò su una delle
tue stupide navi, Morgan! Dovrai prima uccidermi! Mai! »una voce familiare li fece voltare
tutti e quattro verso la strada, dove stava passando, furiosa come non la
vedevano da quando il fidanzamento era diventato di dominio pubblico, Miss Lara
Degret, forse non
più tanto futura signora Morgan. Alle sue spalle, con il viso da cane
bastonato, camminava il neofidanzato, portando in mano delle carte in cui c’erano
rappresentate varie navi.
« Mia
adorata, se solo mi concedessi un piccolo viaggio… uno piccolo, dal Canale fino alle coste di Delamar
e ritorno! Tutti i Morgan si sono sposati in mare!
Tutti! » stava supplicando l’altro, con il tono
supplice che non utilizzava più da quando aveva ottenuto la mano della ragazza.
Un attimo dopo, lui era crollato in ginocchio, le mani congiunte e l’espressione
da bambino smarrito, completa di broncio. « Ti prego,
mia amata. Ti prego. »
«
Sparisci! »
I quattro
ragazzi all’interno dell’osteria si lanciarono uno sguardo divertito, anche se
quello di Stephen era pieno di commiserazione.
«
Beh, quantomeno avremo da divertirci ancora per molto, molto tempo. » commentò il giovane medico, osservando la ragazza
calpestare senza ritegno il mantello del fidanzato, camminando spedita verso l’ospedale
della Misericordia, per iniziare il suo turno.
« Ho
una fortissima sensazione di Dejà vu,
sapete? » l’affermazione di Bryce venne accolta da un
insieme di grugniti concordi. Quei due non sarebbero cambiati mai.
Fandom: Black Friars. Pairing/Personaggi: Axel
Vandemberg/Belladore. Rating: Giallo. Chapters:14/14+1. Genere: Dark,
Suspance. Words:1187 Canon or Fanon?:
Fanon, però… beh, che Axel abbia gli incubi su Belladore temo sia certo, no? È fanon la cosa della cicatrice che, per essere normale,
sarebbe dovuta accadere nel primo periodo dopo lo scontro con la vampira e non
intorno ai mesi dopo L’Ordine della Croce. Note: Siamo arrivati all’ultimo
capitolo ufficiale. Wow. All’inizio non credevo che ce l’avrei fatta, in tutta
sincerità, eppure eccomi qui! *^* Ed è bellissimo *^* Il prossimo capitolo sarà
una cosa un po’… particolare, ecco. Non vi dico niente, perché è una sorpresa e
deve restare tale fino alla fine v.v
Per quanto riguarda questo
capitolo in particolare, devo ammettere di non essere tanto
avvezza ai generi dark/horror o simili, quindi non sono particolarmente
convinta di ciò che ho scritto, ecco. Perdonatemi, se non vi piacerà! Ma,
dopotutto, scrivere una commedia su Axel e Belladore, incentrata sulla
minaccia, mi sembrava un pochino azzardato, non credete anche voi?
Minaccia.
Axel&Belladore
Era buio.
La luce
sembrava essere stata risucchiata nell’unico punto vicino all’orizzonte dietro
il quale era scomparso il sole, pochi minuti prima. La brughiera attraverso cui
stava cavalcando sembrava infinita, con il buio, inoltre, non riusciva neppure
più a scorgere il sentiero e doveva affidarsi ai sensi del cavallo.
Aveva
attraversato quella scorciatoia, attraverso i terreni della famiglia di Ross,
almeno un centinaio di volte, ma non gli era mai sembrato di perdere così tanto
tempo, per raggiungere Aldenor.
Sembrava
che la terra si fosse dilatata sotto i suoi piedi, mentre correva verso il
palazzo Reale per raggiungere Eloise ed il resto della sua famiglia. Sembrava
che fosse stato aggiunto un altro regno a separarlo da casa. Eppure, sentiva
come familiare ciò che lo circondava, quasi non avesse fatto altro che correre
in tondo, da quando la visuale era sparita.
Non c’era
la luna ad illuminare il suo cammino, solo poche, pochissime stelle sparse in
modo vago, in cui non riusciva a riconoscere neppure una costellazione.
C’era qualcosa, però.
Guardando
il cielo, Axel si aspettava di trovare la stella polare, sua guida nei viaggi
notturni, ma i suoi occhi incrociavano sempre due stelle vicine, così brillanti
da sembrare enormi lumini il cui unico scopo fosse fissarlo. Due fari in una
trapunta oscura che, piuttosto che tranquillizzarlo, sembravano volergli
ricordare quanto fosse solo, in quell’istante, e quanto tutti gli affetti
fossero lontani.
Non
emettevano luce, come delle vere stelle, piuttosto sembravano rendere l’atmosfera
intorno a loro sempre più scura.
Buio,
sempre più buio. Possibile che la notte inghiottisse davvero ogni cosa su cui
cadeva? Possibile che avesse distrutto anche il terreno sotto gli zoccoli del
cavallo?
Cavallo?
Axel non era a cavallo, stava camminando a piedi.
Oppure
no?
Non
riusciva a ricordare.
Non
importava come, lui doveva raggiungere casa, perché la sua famiglia, la sua
adorata moglie, lo stava aspettando. Tutti attendevano solo il suo arrivo, non
avrebbe potuto deluderli. Non l’avrebbe fatto.
Perché lo
stavano aspettando, no?
No, forse
no. Forse nessuno sapeva del suo arrivo. Forse nessuno lo stava aspettando,
credendolo in città.
Un tuono inaspettato,
di cui lui non riuscì ad identificare neppure l’origine, lo fece bloccare sul
posto e, all’improvviso, lui dimenticò dove stava correndo con tanta fretta.
Dimenticò
tutto. Dimenticò dove si trovava, cosa voleva fare e perché stesse indossando
solo degli abiti da notte.
Perché stava
indossando abiti da notte?
Poggiando
le proprie mani sul viso, si rese conto di non ricordare neppure quale fosse il
suo nome. come fosse la sua faccia, di che colore
fossero i suoi occhi o i suoi capelli.
Era
pallido? Era abbronzato?
Chi era,
lui?
Era tutto
così buio, tutto così uniforme e, allo stesso tempo, confuso. Non vedeva nulla
e, allo stesso tempo, temeva di vedere tutto.
Il mondo
era davvero così buio o qualcuno aveva portato via la luce?
Voleva
urlare, voleva chiedere aiuto, ma non ricordava di aver mai imparato a parlare
o quale lingua conoscesse.
Un senso
di opprimente angoscia gli attanagliò il petto, facendolo precipitare in
ginocchio, con il cuore che sembrava voler uscire dalla sua gabbia toracica.
Aveva
paura, ma non sapeva neppure cosa lo spaventasse a tal punto. Era come un
brivido freddo causato da uno spiffero inesistente, come la pelle d’oca
improvvisa che arrivava in momenti di assoluta tranquillità ed era capace di
far nascere inquietudine anche negli animi più pacati.
« Sei
spaventato, Axel? »
Una voce
melodiosa, bella come il canto di un fringuello, pose fine
al silenzio asfissiante che era piombato su di lui, facendogli rialzare il capo
alla ricerca di qualcuno, di qualcosa, che potesse dirgli qualcosa - qualunque
cosa - ed allontanare la sensazione di essere solo in un mondo di oscurità.
« Hai paura, mio giovane principe? »
La voce
non arrivava da nessun luogo in particolare, o, almeno, non uno che lui potesse
individuare. Sembrava uscire direttamente dal terreno su cui lui era
inginocchiato e saturare ogni particella d’aria che stava respirando, fino a riempirgli
i polmoni, fino a saziare una fame che lui non credeva e non voleva
assolutamente avere.
Gli venne
la nausea e non riuscì a capire perché.
Voleva
rispondere, voleva chiedere spiegazioni o aiuto. Voleva che la proprietaria
della voce lo salvasse da quel buio che sembrava volerlo inghiottire.
No, lo
aveva già inghiottito. Non poteva neppure vedere o ricordare se stesso. Però
poteva essere salvato, lo sapeva. Sentiva di essere già stato tirato fuori dai
guai, un’altra volta.
«
Vuoi scappare, Axel? »
Sì! Sì,
lui voleva andare via da quel luogo orribile. Lui voleva chiudere gli occhi -
li aveva già chiusi? - e, nel riaprirli, ritrovare tutto il mondo che sentiva
di aver perso.
Perché esisteva
altro oltre il buio, nel mondo reale, no?
In quell’istante,
si rese conto di non riuscire ad immaginare nulla di diverso dall’oscurità,
nonostante sapesse per certo di aver visto e di aver sognato dei visi, dei
colori, vite diverse…
« Tu
non puoi scappare da me, lo sai. »
No! No,
lui sarebbe scappato, ce l’avrebbe fatta! Non si sarebbe arreso all’evidenza,
non si sarebbe piegato al volere di quelle stelle - quelle stelle dannate che
lo avevano inghiottito nel loro buio maledetto! - e non avrebbe lasciato andare
la presa su se stesso!
Ma non l’aveva
già fatto, dimenticando il suo nome?
«
Credevi di avermi distrutta, ma io tornerò. Io torno sempre. »
Lui non
sapeva a chi appartenesse la voce. Non sapeva dove guardare, nella speranza di
trovare la fonte di quel terribile e bellissimo suono. Non sapeva nulla, non
ricordava nulla, ma l’orrore che lo colpì, come un pugno all’altezza dello
stomaco, ebbe il potere di farlo piombare a bocconi, sconvolto da conati
improvvisi.
«
Tornerò e tu sarai mio. Non sono mai stata davvero distrutta. »
Voleva
piangere, ma non sapeva più come farlo. Voleva buttarsi a terra e sbattere i
pugni al suolo fino a farli sanguinare, ma non credeva di avere, o di aver mai
avuto, delle mani da stringere o un terreno su ci poggiarsi.
Era solo
oscurità, nient’altro. Oscurità perenne, oscurità senza fine capace di
inghiottire qualsiasi cosa. Ed anche lui era stato inghiottito, con una
maestria tale da far si che non se ne accorgesse.
Non era
mai uscito dal buio, nonostante se ne fosse convinto. Quello si era solo messo
da parte, in attesa che lui abbassasse la guardia, per poi sferrare l’ultimo,
poderoso attacco.
Quando
riaprì gli occhi e sentì il corpo di sua moglie, al suo fianco, per un attimo
pensò fosse stato solo un terribile, terribile incubo.
Abbassando
gli occhi, però, vide che la cicatrice alla mano - un ricordo del periodo più
nero della sua esistenza - sembrava essersi nuovamente riaperta ed un rivolo di
sangue era arrivato a macchiare la candida camicia da notte che Eloise
indossava.
Forse se
l’era riaperta da solo, dormendo, senza neppure essersene reso conto.
Forse la
sua era solo suggestione.
Ma,
quando si girò su un fianco, per stringere nuovamente la giovane donna a sé,
non riuscì a chiudere occhio per paura di rivedere tutto.
Quella
non era stata una minaccia, ma una
vera e propria promessa.
Capitolo 15 *** +1 Scuoti il bacino! {Bryce/Morton/Haddams} ***
« Mio Dio, Morton
Fandom: Black Friars. Pairing/Personaggi: Bryce
Vandemberg; Alfred Morton; MastroHaddams; Margot Sinclair; Axel Vandemberg. Rating:
Giallo. Chapters:14
+ 1/14+1. Genere: ... Words:1750 Canon or Fanon?:
Cielo, spero davvero sia prettamente canon, perché una cosa simile… sì, insomma…
non può accadere davvero!
Note: Il
mio cervello attualmente si rifiuta di concepire qualcosa da dire, perché,
davvero, siamo arrivati alla fine ed io non voglio. Non voglio scrivere quella
bruttissima parola. E non la scriverò, cascasse il mondo. Non che questo cambi le cose, la raccolta è davvero conclusa… però è
un dolore in meno. Alla fine del capitolo farò il mio bel discorsetto
conclusivo, per ora godetevi questa cosa
e non uccidetemi, alla fine, vi prego!
Scuoti il bacino!
Bryce&Morton&Haddams
« Mio
Dio, Morton. Guardala, non è bellissima? » la voce di
Bryce Vandemberg tremò di emozione, osservando il tessuto candido che rivestiva
quelle forme tanto, tanto amate. Lo stesso maggiordomo sembrava colpito, vista
l’emozione - strana, stranissima ed inquietante - che gli annebbiava gli occhi.
«
Meravigliosa, Signore. Mi domando come abbiate fatto ad attendere così tanto,
prima di sceglierla. Non ci sono parole per esprimere la sua perfezione. » commentò, usando però il solito tono incolore, per poi sistemare
meglio la giacca che il suo datore di lavoro stava indossando. « Non può essere scarmigliato, quando si avvicinerà. »
« Hai ragione, Morton, come sempre. È l’amore della mia esistenza,
sento di aver camminato verso di lei per tutti questi anni, senza neppure
essermene reso conto. » sospirò, sognante, il giovane
principe, sentendo il cuore battere con più forza nel petto. «
La piccola Sophia mi è sembrata entusiasta, sai? Sono così felice che vadano
d’accordo. »
« È
una gioia inaspettata, Signore. » disse, algido, il
maggiordomo, nonostante nascondesse malissimo tutta la sua gioia al pensiero
che fosse finalmente giunta quella giusta, quella che avevano atteso da così
tanto tempo. « Che ne dice di raggiungerla, Signore?
Sono certo che lei non veda l’ora di sentirla dentro di sé. »
« Oh,
sì… non vedo l’ora. »
« Non lo so, Morton. La sento scomoda a livello di fianchi. » Bryce Vandemberg, bellissimo nella sua giacca da camera in
seta e pelle di cammello, stava provando la nuova bara che Mastro Haddams aveva preparato apposta per lui, completa di
incisioni coperte dalla filigrana in oro e pietre preziose.
Era una
bara fatta su misura, che aveva fatto innamorare il principe non appena i suoi
occhi l’avevano vista. Meravigliosa, semplicemente meravigliosa. Se non fosse
stato per il piccolo difetto all’altezza dei fianchi.
«
Doveva cadermi a pennello, non così… dovrò fare quattro chiacchiere con Haddams, per questo! Lo sa benissimo che non riuscirò a
recuperare tanto facilmente questa seta di Salimarr!
O le pietre delle Antiche Signorie! Per avere alcune di queste ho dovuto
litigare con il curatore del museo di Aldenor! »
mugugnò il principe, sul punto di morire di crepacuore per la tristezza
all’idea di dover rinunciare così presto all’unica che avesse avuto la capacità
di conquistarlo a tal punto.
« Se mi permette, Altezza, temo non sia colpa del costruttore di
bare. » disse il maggiordomo, con la solita
espressione da “sentite condoglianze” che, di solito, Bryce apprezzava tanto.
In quel momento, invece, al principe venne un brivido lungo la spina dorsale. « Esattamente come non è colpa delle lavandaie se i vostri
calzoni si sono… ristretti. »
Con uno
scatto a dir poco sconcertato e indignato, Bryce si alzò a sedere, portandosi
una mano al cuore. « Stai dicendo che sono ingrassato,
per caso? » esalò, con la voce rotta da quelle che
sembravano lacrime in procinto di lasciare i suoi occhi turchesi. «Oh mio Dio, sono
ingrassato? »
Con un
inchino rispettoso, Morton non diede segno di essere preoccupato per la reazione
particolare del principe. « Ovviamente no, Altezza,
non siete ingrassato. Probabilmente il cuoco ha imparato a preparare pietanze Altierenses, troppo sostanziose, ed il vostro regale fisico
sta dimostrando in questo modo il vostro disappunto. Non appena lo faremo
presente alle cucine, sono certo che la larghezza sparirà da sola. »
«
Stai facendo ironia, Morton? »
«
Sono spiacente, Altezza, ma l’esorcista sostiene sia normale. » dopo essersi inchinato un’altra volta, l’uomo si avvicinò
e lo aiutò ad uscire dalla bara, tenendo il coperchio sollevato come se,
davvero, fosse in procinto di inumarlo. « Però conosco
un modo per affrettare questo cambiamento e permettervi di entrare
perfettamente nella vostra bara. »
«
Cioè? »
Un
bussare deciso anticipò l’entrata del becchino di fiducia del principe Bryce,
Mastro Haddams, che, allarmato dalle notizie
portategli dalle cameriere - Sua Altezza scontento del
suo capolavoro era una catastrofe, per le sue finanze, soprattutto una volta
presa la decisione di sposare Beth, la sguattera - si era precipitato ai piani
superiori, per provare a rimediare.
«
Avanti! »
Preso un
enorme sospiro, l’uomo aprì lentamente la porta, immaginando il suo miglior
cliente con in mano fatture di altre botteghe,
trovandosi però davanti una scena inaspettata, strana e, a dirla tutta,
vagamente inquietante. « Ho forse scelto un brutto
momento, Altezza? »
«
Unisciti a noi, Haddams. Troverai
che la nostra compagnia sa essere assolutamente soddisfacente ed appagante. » la voce persuasiva e - si vergognò leggermente ad
ammetterlo - sensuale del principe lo indusse a chiudersi la porta alle spalle.
« Con
immenso piacere, Altezza. »
Margot
era appena arrivata alla Residenza cittadina dei Vandemberg, insieme alla
principessa Eloise ed alla sua futura Regina, Sophia, in quanto tutte e tre
avrebbero dovuto dare indicazioni per la festa che si sarebbe svolta nei grandi
saloni del palazzo, quella stessa sera. Erano tutte e tre estremamente liete di
quell’evento, perché avrebbe portato una nuova tranquillità dopo la lunga serie
di sfortunati episodi che avevano colpito le loro vite.
«
Bryce è al piano di sopra. Deve essere lui a dirci quali fiori ha preparato per
questa sera. » mormorò la principessa di Aldenor,
osservando la lunga lista di cose da fare che avevano preparato una volta
lasciato il borgo di Altieres, voltandosi immediatamente verso la giovane dama
bionda, al suo fianco. « Ti dispiace andare a
recuperarlo? Io finirei con il doverlo visitare e Sophia con il dover scrivere
l’ennesimo testamento. Sei l’unica che, al massimo, lo farà scappare via da
quella stanza. »
Margot
rispose con una risatina, inchinando il capo con falso rispetto. « Faccio ciò che posso, Altezza, per evitare di annoiarmi. » commentò, facendo l’occhiolino alla ragazza più giovane,
prima di voltare loro le spalle e dirigersi al piano di sopra, sorpresa nel non
trovare Morton in alcun luogo. Solitamente, infatti, il lugubre maggiordomo era
sempre all’entrata, pronto a prendere loro i soprabiti o fornire una via di
fuga veloce e sicura, a seconda delle richieste. Non credeva che l’avrebbe mai
pensato, ma sentiva la mancanza di quell’individuo così particolare.
«Sì! Così Morton! Continua! Oh, Haddams, ma dove hai imparato a farlo? »
Come
colpita da un fulmine, la giovane si fermò con una mano ancora sospesa
nell’atto di afferrare la maniglia e l’altra stretta a pugno, per poter
bussare. Doveva aver sentito male, ovviamente. Non era possibile che Bryce - lo
stesso con lui lei non aveva fatto altro che accapigliarsi da quasi nove anni -
avesse proprio detto…
« Oh, continua a muoverti così! Mi piace! »
«
Margot? » il principe Axel era appena uscito dalla sua
stanza, con la sua giacca da camera e l’aria da padrone del mondo che lo
contraddistingueva sempre e comunque, trovando la dama del sud con il viso
sconvolto e gli occhi talmente sgranati da sembrare due enormi gomitoli di lana
grigioverde. « Ti senti bene? Bryce ha fatto qualcosa
di sb-»
« Morton, dove hai imparato a fare certe cose? Sei… oh, Dio! »
I due si
guardarono, lui era impallidito esattamente come lei, assumendo anche un
colorito vagamente tendente al verdognolo. Le posò una mano sul braccio, non
sapeva bene se per tenere lei ed impedirle di cadere o avere lui stesso un
supporto. Non era possibile. Davvero, non era possibile.
«Sì! Così! »
« Io
credo che darò di stomaco. » sussurrò lei, portandosi
una mano davanti alle labbra, senza osare staccare gli occhi dal pannello di
legno. « C’è Haddams lì
dentro. Anche Morton lì con lui. Morton. Lo
stesso Morton che ha l’emotività di una pelliccia di volpe. »
mormorò, socchiudendo gli occhi all’ennesimo verso proveniente dall’interno
della stanza. « Immaginavo che l’astio, fra noi, fosse solo… sai… »
« Era
quello che pensavamo tutti. » fu la risposta secca del
principe, che, arretrato inizialmente di un passo, sembrò prendersi
improvvisamente di coraggio. « Non posso crederci che
lui stia… Non possiamo permetterlo. » ringhiò,
furioso, scambiando solo una veloce occhiata con l’altra, che si limitò ad
annuire leggermente, lo sguardo velato da un vago senso di indignazione e
imbarazzo.
Dopo un
ultimo cenno d’accordo, il principe spalancò la porta, sollevando la mano con
l’intenzione di lanciarsi nell’invettiva più lunga della sua vita, che sarebbe
partita con l’essere assolutamente sconsiderato di suo fratello fino ad
arrivare all’assoluta sorpresa nello scoprire che Morton, il loro affidabile
Morton, aveva certe inclinazioni assolutamente indecenti e…
« Ehilà,
fratello, principessa dei miei stivali, qual buon
vento vi porta qui? »
Sua
altezza il principe Bryce stava, in vero, intrattenendo affari fisici con il
maggiordomo ed il becchino di fiducia, all’interno della stanza. Era anche in
maniche di camicia, per essere ancora più pignoli, ed era accaldato per
l’eccessivo sforzo, esattamente come gli altri due. Ciò che nessuno si sarebbe
aspettato, sarebbe stato il vederli tutti e tre intenti a muovere i fianchi a
tempo di una musica non presente ed in modo che avrebbe fatto impallidire anche
la peggiore delle prostitute ancheggianti del Canale.
«
Che… che cosa state facendo? » esalò Axel, stringendo
la presa sul braccio di Margot, preoccupato di finire a terra da un momento
all’altro. I tre, incuranti, continuavano a scuotere fianchi e fondoschiena,
andando a tempo e con agilità incredibile.
« Una
tecnica per snellire i fianchi, Padrone. Si tramanda nella mia famiglia da
generazioni, per permetterci di non sembrare troppo ingombranti. L’ingombro è
scomodo, mentre si celebrano esequie reali. » Morton,
nonostante il vago rossore - inquietante, inquietante da morire - che gli
colorava il viso, non aveva alcun affanno nella voce ed era anche il più agile,
nel trio.
« Non
è meraviglioso? È evidente che sia una tecnica cui è stato iniziato fin da
bambino, dovrò esercitarmi molto, per essere così agile! »
«
Axel, credo tu debba chiamare Eloise. » la voce di
Margot risuonò spaventosa, quasi provenisse dall’oltretomba. In effetti, il
pallore della giovane dama sembrava alquanto spettrale. «
Credo di avere un infarto in corso. »
«
Dovresti provare ad unirti a noi, mia cara. » il tono
di Bryce era affabile, mentre ancheggiava in quel modo tanto ridicolo. « Morton sostiene che sia un ottimo esercizio per il cuore.
All’inizio anche Haddams non è stato bene, ma
guardalo ora! Sembra un bambino! » affermò, candido,
dando una poderosa pacca sulla spalla del becchino che, in effetti, sembrava
divertirsi un mondo.
« Tienimi, Axel, perché io lo ammazzo. »
«
Scuoti il bacino, Margot! Scuoti il
bacino! »
-
Note conclusive
Io non voglio mettere la parola
fine, l’ho già detto prima. Non ne ho la minima intenzione, perché “fine” è una
parola terribile e, per quanto mi riguarda, senza significato. Niente finisce
davvero, finché qualcuno continuerà a pensarci e tenerlo vivo nella memoria. Io
non dimenticherò questo percorso e spero di aver lasciato qualcosa, anche di
piccolo, in chiunque abbia letto.
Mi sembra giusto ringraziare, a
questo punto, chi mi ha aiutata e spronata durante tutto questo lungo e
tortuoso percorso (Parlo di te, Noe, paladina dei miei
vaneggiamenti!) e chi, anche solo leggendo, mi ha dato la forza di andare
avanti. Grazie a tutti, davvero. Se sono arrivata fin qui, non è grazie alla
mia forza di volontà.
Un grazie credo sia dovuto anche a Virginia, senza la quale non sarei
arrivata a conoscere questi personaggi che ho imparato ad amare come se fossero
miei e che hanno contribuito a peggiorare le mie precarie condizioni mentali.
Prima di lasciarvi, però, un avvertimento
(è una minaccia, sì ^-^): potrei avere qualcosa in cantiere. Qualcosa come la
prima long della mia vita, sempre in questo fandom.
Se per caso dovesse capitarvi
davanti… beh, accoglietela bene come avete fatto con la raccolta, ok?