Il Ghiaccio dell'Odio

di Red_Hot_Holly_Berries
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Messaggio ***
Capitolo 2: *** Primo scontro, Primo sangue ***



Capitolo 1
*** Messaggio ***


Il Ghiaccio dell’Odio

Capitolo 1°: Messaggio

Era una bella giornata di primavera e il sole splendeva alto sulla città di Yok Shin.
Quattro giovani camminavano per le larghe vie dei quartieri bassi, scherzando allegramente tra loro e curiosando tra le bancarelle del mercato.
Erano mesi che gli amici non si vedevano, e stavano facendo del loro meglio per riempire il lungo periodo di separazione, narrandosi a vicenda le loro interessanti esperienze.
Killua e Gon, ormai quindicenni, avevano riscosso un notevole successo raccontando delle loro avventure all’interno di “Greed Island”, un gioco virtuale creato dal padre di Gon, che i due erano riusciti a risolvere.
Kurapika, un (fin troppo…sbavv..ndA) avvenente ventenne, aveva parlato del suo lavoro come guardia del corpo e di come negli ultimi tre anni fosse riuscito ad eliminare altri due membri della ”Brigata Fantasma”, l’organizzazione alla quale era legato da un giuramento di vendetta.
Leorio, un distinto uomo di 22 anni, aveva mostrato loro orgoglioso la sua appena ottenuta licenza di medico, descrivendo anche i suoi impegnativi studi di medicina e i suoi progressi nell’uso del Nen.
-Finalmente hai raggiunto il tuo sogno! Sei diventato un medico!- si complimentò Gon, sorridendo.
-Temo di no, Gon. Ho ancora moltissimo da imparare…- Leorio emise un gemito -e ci metterò degli anni!- concluse con tono rassegnato.
-Di sicuro sarà utile avere un amico medico!- commentò Kurapika, dando una pacca sulla spalla all’amico per confortarlo.
-Con le vite che facciamo, è di sicuro comodo!- annuì Gon, agitando con enfasi la sua canna da pesca, da cui non si separava mai.
-Hei, con me la dare in testa!- si lagnò Killua, massaggiandosi la parte lesa.
-Comunque- disse altezzoso il giovane Zaoldyeck- possiamo solo sperare che impari a curare meglio di quanto non usi il Nen!-
-Ma come ti permetti, giovane insolente?- protestò a gran voce Leorio, tirando un pugno in testa a Killua e scatenadno le risate della comitiva.
-Calma, calma, ragazzi…- cercò di rabbonirli Kurapika, ma venne interrotto da un tizio basso coperto da un impermeabile grigio, con un largo cappello floscio ben calcato che gli teneva in ombra gli occhi, che gli tese un volantino pubblicitario con un sorriso cortese.
Il ragazzo lo ringraziò educato, pur non interessato, e gli altri fecero altrettanto.
Ma quando Killua alzò la mano per accennare al tipo che non era interessato, quello gli mise comunque in mano la locandina e, con uno scatto repentino, gli afferrò pure l’altra.
Prima che il ragazzo avesse tempo di realizzare cosa stesse accadendo, quello gli premette qualcosa di duro contro il palmo e gli sibilò all’orecchio: -Urgente. Chiedete del Gatto Bianco.-
Poi, come se nulla fosse successo, ghignando come un demone davanti allo sguardo basito di Killua, lo sconosciuto disse cordiale: -Venite a trovarci!- e si infilò con un guizzo in un vicoletto secondario, sparendo alla vista come inghiottito dal terreno.
-Cosa…?- mormorò stupefatto il ragazzo, sbattendo gli occhi.
-Chi era?- domandò Leorio che, come gli altri, non si era perso la scena.
-Non lo so! Non lo conosco!- protestò lui, guardando con attenzione il volantino.
Una scritta in toni vivaci campeggiava sullo sfondo di un paesaggio di campagna, con tanto di pascoli e fattorie, con un indirizzo scritto in basso.

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“La Collina Verde”
Oggi Alle 20,00
Accorrete Numerosi!

-Cosa significa?- si domandò ad alta voce Kurapika, guardando perplesso il suo.
-Non lo so!- ripetè l’altro stizzito, finché non aprì l’altra mano e impallidì vedendo ciò che gli aveva dato l’uomo.
-Che cos’è?- chiese curioso Gon, guardando la grossa moneta d’argento che luccicava nel palmo del suo compagno, su cui era inciso un falco in picchiata.
Per tutta risposta Killua la girò e mostrò agli amici il blasone inciso sull’altro lato: un’elaborata e svolazzante “Z” sovrapposta a due pugnali incrociati.
-Lo stemma degli Zaoldyeck- disse atono il ragazzo dai capelli d’argento.
-Questo è il simbolo dei messaggeri della mia famiglia.- se la infilò in tasca, cercando di apparire noncurante…fallendo clamorosamente.
-Ma di solito non usate gli uccelli messaggeri?- chiese ancora Gon, insistente, ricordando di come in passato Killua avesse usato quel metodo per contattare i suoi parenti.
-Non sempre- tagliò corto l’altro, rigido.
L’amico dai capelli neri non si scompose minimante e tornò alla carica, imperterrito: -E cosa ti ha detto?-
-Ha detto che ha qualcosa di urgente da dirmi…- guardò di nuovo il manifesto.
-Immagino che il luogo dell’appuntamento sia questo locale- disse con un sospiro.
-Che fai? Ci vai?Potrebbe essere una trappola…- gli fece notare Kurapika, pensieroso.
-Non credo…questo è un richiamo ufficiale. Non è saggio disobbedire. E poi- concluse, con una scrollata di spalle -voglio sapere cosa è successo. Anche se temo saranno solo guai…-

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-Dove trovo il Gatto Bianco?- chiese in tono da cospiratore Killua, appoggiato al bancone di lucido legno della locanda.
L’oste lo guardò, e nel suo sguardo vacuo passò come un lampo di comprensione.
-Lì dietro, nella saletta- indicò con il pollice la porta alla sue spalle.
Killua si limitò ad annuire, e fu Kurapika a ringraziare per lui, mentre Gon e Leorio osservavano il locale, in perfetto stile rustico.
L’uomo dietro il bancone rise, cupo -Non ringraziarmi. Non ne hai motivo.- e, con quella sibillina risposta, si voltò ed entrò in cucina senza un’altra paura.
-Andiamo- disse con un sospiro Killua, girando intorno al bancone e aprendo la porta indicata, varcandola seguito dai suoi amici.
I quattro si fermarono in mezzo alla stanza, fulminati da un brutto presentimento.
-Non c’è nessuno- notò nervoso Leorio, cercando qualche presenza umana in quel separè, arredato come il resto del locale.
-Non mi piace…- mormorò Gon, e il biondo Kuruta annuì, perfettamente d’accordo.
-Non siamo soli- li corresse calmo Killua, indicando un angolo del soffitto.
Infatti, sotto i loro sguardi sbalorditi, la macchia d’ombra additata prese forma e si lasciò cadere dietro di loro, chiudendo la porta nella caduta.
-Piacere di rivederti, Killua.- salutò la figura, alzandosi, con voce sottile ma melodiosa…troppo, per un uomo.
E quando la luce colpì il suo viso, gli altri si resero conto di essersi sbagliati…il messaggero non era un uomo: era una ragazza.
Una ragazza di circa 15 anni, dalla figura mascolina e dal seno appena accennato sotto la larga maglietta a maniche lunghe, che aveva i capelli corti e arruffati, del tipico bianco-argenteo degli Zaoldyeck, i tratti fini ma raffinati, e gli occhi di una strana sfumatura tra il blu e il grigio, come un mare in tempesta…cupi, profondi, tormentati…arrabbiati.
Nel complesso era molto simile a Killua…abbastanza da essere il suo riflesso.
-Ma come, Killua? Non mi saluti? Non ti ricordi di me? Di tua sorella?- lo canzonò fredda lei, incrociando la braccia, confermando il sospetto generale.
Ma Killua non pareva in grado di parlare: sotto lo sguardo confuso dei suoi amici, era impallidito (e dire che lui è già kiaro di carnagione…lo diresti un vampiro!! ndA XD) come se avesse visto un fantasma, ed era arretrato di alcuni passi, tremante.
-N…non è p…possibile!- riuscì infine ad articolare, dopo svariati tentativi.
-Tu sei morta!- gridò, facendo spalancare gli occhi agli astanti.
Lei, però, si limitò a scuotere il capo lenta, senza staccare gli occhi dall’altro, come un serpente che incantasse un uccello con i suoi movimenti sinuosi.
-Oh, no…non sono morta.- rise, e la sua risata risuonò come un colpo di diapason, vibrando dentro di loro, stridente, maligna.
-Non sei riuscito ad uccidermi.-

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Capitolo 2
*** Primo scontro, Primo sangue ***


xAngy92: he, si,è sua gemella....nn ho potuto resistere alla tentazione! hai mai visto shaman king? devoa mmettere che un pò ho scopiazzato da lì... ^_^ e quanto alla storia d'amore...non mi rovinare tutte le sosprese!!!
xlilian_kurapika: in effeti...cn totto il mazzo che ti ho fatto per farmi ascoltare mentre te ne parlavo sn msn...-_-' scusa!! e come detto in qst chappy, temo che la risposta alla tua domnada sull'ntenzionalità sia bbastanza chiaro...
xrikasama: grazie! aggiorneò priam, se ci riesco...
xIryuchan: ç.ç sei troppo buona!1 davvero scrivo così bene?? [vanitosa!! lo sai già cm scrivi... ndtutti (si, lo so...ma mi piace sentrmelo dire!! XD XD ndMe] e cmnq hai ragione...su Killua ce ne sn troppo poce! ma don't worry, ghi pensi mi! e non sai che foruna hai... io sn figlia unica!!!
xshandahar7: tesoro mio, la vecchiaia fa brutti scerzi, lo so.. XD XD lo dimostra il fatto che avevo dimenticato di postare il seguito!! XD

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Capitolo 2°: Primo scontro, primo sangue

-Non sei riuscito ad uccidermi…-
L’accusa lanciata dalla ragazza dai capelli argentati rimase sospesa per un attimo nell’aria, dando il tempo agli astanti di comprenderne il significato.
-Killua…? Cosa…?-domandò basito Gon, girandosi verso il suo amico, rigido e immobile come una statua.
La nuova arrivata rise.
-Non glielo hai detto, fratellino? Non hai mia raccontato ai tuoi cari amici di quando hai cercato di uccidere la tua gemella quando avevamo 6 anni?-
Killua parve farsi ancora più pallido e spaventato sotto lo sguardo colmo d’odio della sorella, ma non distolse gli occhi.
-Mi dispiace! Non volevo ucciderti, te lo giuro! Non me lo sono mai perdonato…- cercò di spiegarle, ma la voce di lei sferzò l’aria come un colpo di frusta:
-Ti dispiace?- sibilò inviperita -Osi dirmi che ti dispiace? Eppure non mi pare che la tua coscienza ti abbia mai infastidito tanto da spingerti a chiederti cosa mi fosse successo, vero?- ringhiò, gli occhi tempestosi ridotti a fessure e le mani che si aprivano e chiudevano spasmodicamente, le unghie allungate fino a diventare artigli.
-Io…- cercò di discolparsi Killua, ma ancora una volta lei lo interruppe con veemenza:
-Non ti sei mai chiesto se fossi sopravvissuta al nostro scontro o sbaglio? No, semplicemente te ne sei andato senza voltarti, limitandoti a lasciarmi morire dissanguata, senza nessun riguardo per me…- davanti a quelle accuse chiunque sarebbe crollato, ma incredibilmente Killua resistette e, anzi, fronteggiò sena tremare l’odio delle gemella, per quanto la sua espressione triste e pentita dichiarassero la veridicità del racconto di lei.
-Che tu ci creda o no, mi dispiace per quello che ti ho fatto- disse con voce sincera, e i suoi amici ammirarono il cambiamento avvenuto negli ultimi anni: del rampollo Zaoldyeck, dell’assassino senza pietà, erano rimaste solo la forza e l’astuzia, ma il cuore compassionevole e la coscienza erano di Killua; suoi e di nessun altro.
-Allora ero del tutto sotto l’influenza della nostra famiglia, e non ne provai nessun rimorso, ma ora che me ne sono liberato vorrei non averlo mai fatto. Ma non per questo ho intenzione di farmi trascinare in una vendetta senza senso. Nonostante tutto sono felice di non avere perso la mia gemellina…- Killua, grazie alla sue parole calme, aveva catturato l’attenzione della sorella e forse l’aveva anche rilassata un po’, ma non era riuscito a mitigare l’odio che intorbidiva i suoi occhi color mare.
E fu allora che Killua fece una cosa che non avrebbe mai dovuto fare.
-È di morte che si nutre la nostra famiglia, e io non voglio più farla ingrassare…-
le disse, avanzando lentamente verso di lei, ritenendo forse che il peggio fosse passato.
Sbagliato.
-…non trovi, Kishka?-
Più veloce di un fulmine, tanto che nessuno poté vederla muoversi, la ragazza si slanciò contro il fratello, artigliandogli la gola e sbattendolo contro un muro, strappandogli un ansito.
-NON-PRONUNICARE-MAI-QUEL-NOME- disse lei a denti stetti, gli occhi che bruciavano di rabbia e gli artigli conficcati a fondo nel collo di Killua, facendo sgorgare piccoli rivoli di sangue.
-Il mio nome è Kikuta! Non Kishka!- pronunciò gelida, e gli altri sobbalzarono davanti all’evidente simbolismo della scelta: la leggenda di Killua (un eroe da cui Killua ha preso il nome ndA) era una famosa favola che si racconta ai bimbi prima di metterli a dormire.

C’era una volta un uomo chiamato Killua, un eroe che aveva dimostrato il suo valore in molte battaglie.
Un giorno gli giunse voce di un drago malvagio che devastava la zona, e decise di andare a ucciderlo e di rubargli il tesoro (già che c’era…ndA ^_^).
Ma, trovata la tana, l’eroe scoprì che il drago era molto più forte di quanto avesse immaginato e, dopo una lunga lotta, il mostro alla fine uccise Killua.
Il nome del drago era Kikuta.

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Dopo un lungo silenzio, rotto solo dagli ansiti dei due Zaoldyeck, alla fine Killua chiese con voce roca: -Davvero mi odi così tanto?-
In tutta risposta lei ghignò come un demonio, avvicinandosi ancora di più a lui, fino a ridurre a una spanna la distanza tra i loro corpi, e aumentando ancora di più la stretta sul collo del gemello, facendolo rantolare.
-Oh, sì, fratellino…non sai quanto. Ti odio per ogni volta che ho sofferto per causa tua, per ogni attimo di vita che mi è stato tolto…- sussurrò lei con tono gelidamente dolce, che trasudava rabbia e veleno, mentre premeva il suo corpo sinuoso (per quanto poco… prospera, non è priva di fascino, quella ragazza… ndA ^_^ ) contro di lui, annullando ogni distanza tra loro fino a che Killua non poté sentire il respiro stranamente freddo della gemella sul viso.
-Ti odio perché per colpa tua mi è stato impresso il Marchio della Maledizione…- gli mormorò Kikuta in un orecchio, e a quella confessione Killua spalancò gli occhi, sbiancando in viso e, non osando spiccare parola, chiese silenziosamente aiuto ai suoi amici, che fissavano immobili la scena come incapaci di reagire.
-Perché a causa mia? Come posso averti fatto questo? Io pensavo fossi morta! - disse Killua, ritrovando alla fine la parola dopo lo sbigottimento iniziale.
-È proprio per questo- gli rispose lei con un sorriso degno di un lupo, freddo e calcolatore, prima chi chinare il capo e poggiare le fredde labbra alla base della gola di lui, facendolo rabbrividire e agitarsi nel tentativo di liberarsi di quella creatura dalla pelle fredda come ghiaccio, che di sicuro non poteva essere la sua gemella.
Ma la stretta di lei era fortissima, e così lui rimase inerme nella sua presa, sentendola succhiare il sangue che gli scorreva lungo il collo indifeso e leccare con rapidi colpi di lingua le ferite.
Senza contare che quel freddo innaturale gli stava facendo perdere la sensibilità.
-Basta!- gridò alla fine Killua, cercando di allontanare il braccio di Kikuta che lo teneva per la gola con una mano e tentando di afferrare il polso dell’altra mano della gemella che gli bloccava la sua, rimpiangendo in cuor suo di non poterle sferrare dei calci perché gli si era avvinghiata troppo stretta contro perché fossero efficaci.
Con questa manovra Killua riuscì ad esercitare una pressione abbastanza forte da farla allontanare un po’ da sé, pur restando in una posizione di inferiorità rispetto alla ragazza.
-Non darmi un altro motivo per ucciderti- ringhiò lei, leccandosi il sangue dalle labbra.
E in quel momento Killua ebbe l’illuminazione, che probabilmente gli salvò la vita: perché mai Kikuta non lo aveva ancora ucciso, se lo odiava così tanto?
Forse perché non poteva?
E ciò poteva essere solo se…
-Ti hanno vietato di uccidermi.- scandì ad alta voce lui, rilassando i muscoli contratti e guardandola fermamente negli occhi.
Kikuta ringhiò di nuovo, furiosa e frustrata, e lo mollò di scatto, allontanandosi da lui con un unico fluido movimento che la portò dall’altra parte delle sala, in un silenzioso assenso.
Sorpreso dalla mossa repentina e incredibilmente sollevato che la sua intuizione fosse giusta, Killua barcollò e Gon lo agguantò per un braccio appena in tempo per impedirgli di cadere a terra.
-Tutto bene?- gli chiese il moro, e l’altro annuì, tastandosi cauto il collo, pensoso.
Gli ordini diretti della famiglia Zaoldyeck non si potevano ignorare, e la pena per chi li infrangeva era immediata e spietata.
Evidentemente nemmeno Kikuta, per quanto fosse forte e rosa dall’odio, osava andare contro quella volontà.
Alzando gli occhi, Killua vide la gemella seduta comodamente al tavolo come se nulla fosse, leccandosi la punta delle unghie macchiate di rosso, tornate di dimensioni normali.
Il suo divertimento era palese mentre faceva vagare lo sguardo da Kurapika, in piedi davanti a lei pronto a usare le sue catene, a Leorio, impegnato a cercare una medicazione per le ferite di Killua, al duetto formato dal suo gemello Gon.
-Ma che gran bella compagnia, fratellino- lo schernì lei con tono millefluo e sarcastico.
-L’unico dotato di un certo potenziale è questo- indicò con un cenno svogliato della testa Kurapika -ma gli altri…- la ragazza inarcò le sopracciglia, facendogli capire ciò che pensava, forse alludendo al loro piccolo scontro.
Ma Killua non rispose alle provocazioni, nutrendo vera amicizia per i compagni di viaggio e sapendo che nessuno di loro era intervenuto poco prima solo per timore di peggiorare la situazione, non per codardia.
-Dove li hai trovati?- domandò ancora Kikuta, non facendo caso al mutismo del fratello, stravaccandosi sulla sua sedia, una gamba oltre il bracciolo, parlando come se ci fossero solo loro due.
-Sono miei amici- le disse alla fine lui, freddo quasi quanto lei, liberandosi del sostegno di Gon e sedendosi davanti alla gemella, facendo un cenno agli latri di fare altrettanto.
-Davvero?- disse lei, arricciando gli angoli delle bocca come per trattenere un sorriso amaro.
-Mi stupisce davvero molto che un essere opportunista e infame come te abbia degli amici- insinuò Kikuta, allegramente.
Guardandola, Killua sentì la rabbia crescere dentro di sé, ma cercò di dissimularla. Poteva sopportare di essere insultato da quella ragazza, ma lasciava che si criticasse i suoi amici così a buon mercato.
Ma fu Leorio a tirarlo fuori da quella situazione:
-Io sono Leorio- si presentò, sordo ai mugugni del giovane, tendendo un grosso cerotto a Killua, che se lo applicò al collo riconoscente.
-Il mio nome è Kurapika, del Clan Kuruta- disse il biondo, agitando pigramente le dita in aria, facendo tintinnare sinistramente le catene, gli occhi fissi su Kikuta in una minaccia implicita.
-E io mi chiamo Gon Freecs- dichiarò allegro il ragazzo moro, forse non consapevole della tensione nell’aria, dando una pacca alla sua canna da pesca, appoggiata alla sedia.
Ma se ldue prime presentazioni avevano ottenuto con unica reazione della nuova arrivata un inarcarsi del sopracciglio e uno sbuffo annoiato, la terza catturò tutta la sua attenzione.
-Freecs? Sei per caso figlio di Jin Freecs?- domandò, veramente sorpresa.
Ma di sicuro non lo fu quanto il ragazzo, che la guardò con gli occhi sgranati.
-Conosci mio padre?- chiese di rimando, tendendosi verso di lei.
In tutta risposta Kikuta gettò il capo all’indietro e rise fino a piegarsi in due sulla sedia.
-Cosa c’è di tanto divertente?- le chiese Killua seccato, tuttavia intimamente affascinato da quella risata, così diversa da quella che poco prima lo aveva gelato…era vera, calda.
-Niente, niente- lo blandì lei, ansimando per riprendere fiato.
-È solo che…Dio, non mi sarei mai aspettata di trovare il figlio di Jin qui- si voltò verso il moro, ancora sghignazzando.
-Lui sa che lo stai cercando, ma credo che ti abbia sottovalutato- gli ammiccò sorridendo.
-Hai detto di chiamarti Gon, giusto? Bene Gon, mi dispiace dirti che lo hai mancato di soli 3 giorni. Che sfortuna! È partito per un altro dei suoi folli viaggi…- disse scuotendo la testa, con uno strano scintillio negli occhi.
-Caspita! Da quanto lo conosci?- esclamò Gon, eccitato. -Da svariati anni, ormai. Ci siamo conosciti qui a York Shin durante l’asta di…hummm…- la ragazza si interruppe un attimo e contò qualcosa sulla punta delle dita. -5 anni fa. Dopo abbiamo insieme un paio di volte e mi ha insegnato alcune cose nel tempo libero...posso dire di conoscerlo abbastanza bene. In effetti mi ha detto di avere un figlio da qualche parte, ma non avrei mai immaginato…- ridacchiò ancora.
-Mi piacerebbe parlarti di Jin, ma temo non sia possibile, adesso. Dobbiamo andare, come immagino mio fratello abbia ormai capito.- disse, lanciando un’occhiata glaciale al gemello.
-Dov’è che dobbiamo andare?- chiese curioso Gon, ma Kikuta lo interruppe con secco cenno della testa.
-Tu non puoi venire.- affermò con voce decisa, alzando gli occhi su Leorio e Kurapika.
-E neanche voi.-
Un silenzio stupito accolse la sua dichiarazione, poi le parole si accavallarono le une sulle altre: -Lui non va da nessuna parte senza di noi.- protestò Gon.
-E secondo te noi dovremmo lasciare che lui viaggi da solo con te?- ironizzò Leorio.
-Abbiamo sempre lavorato come una squadra. Non mi pare il caso di dividerci adesso- fece notare Kurapika, diplomatico come sempre, sebbene irritato.
M ala voce di Killua superò tutte la altre:- Io con te non vado da nessuna parte, chiaro?- asserì lui con veemenza, incrociando la braccia con aria cocciuta.
-Ti rifiuti?- domandò Kikuta con il suo solito tono gelido…quasi bramoso.
Ma suo fratello non si accorse del pericolo o preferì ignorarlo, e annuì: -Esatto.-
Con tutta la calma del mondo lei infilò una mano in tasca e ne trasse qualcosa.
Gli astanti si irrigidirono, pensando a una qualche sorta di arma, ma lei aprì il pugno per mostrare loro una moneta d’argento uguale a quella data al gemello la mattina.
-Sono un messaggero ufficiale degli Zaoldyeck. Non puoi rifiutarti di venire con me: nostro nonno è morto, ed è stato deciso che tutta la famiglia si riunisca per il funerale e discutere la questione della successione.- disse la ragazza con voce annoiata, lanciando in aria la moneta e riacchiappandola al volo, pigramente.
Killua la guardò, troppo stupito per dirle di smettere con quel giochetto, che gli faceva venire i nervi.
-È morto?- le chiese per conferma, e gli altri non poterono che trovare strana quella conversazione, dove i due fratelli parlavano di un loro parente morto come se si trattasse di un estraneo.
In effetti Killua era molto più sorpreso da quella notizia che non addolorato.
-Cominciavo a credere che fosse immortale, quel vecchio…quanti anni aveva? 90?- disse il ragazzo, rilassando i muscoli e sistemandosi comodo sulla sedia per digerire la notizia e afferrare i possibili risvolti.
-Più o meno, credo. Ma la cosa più importante è che ci saranno senza dubbio dei cambiamenti, ora che il nonno è crepato e che nostro padre ha preso in mano le redini della situazione. Sinceramente non credo che cederà facilmente il titolo di capofamiglia…-
disse in tono divertito Kikuta, mentre i suoi amici li guardavano senza capirci nulla….
-C’era da aspettarselo…anche se è il minore, quell’uomo è molto più forte degli alti zii… senza contare che è sempre stato il preferito del vecchio…- Killua gemette teatralmente, mentre Leorio pensava che più che rapporti familiari, quella sembrava politica.
-Ma perché proprio lui? Non avrò più pace, senza dubbio…- al sentire la legnanze del gemello, lei lo guardò con ben poca compassione.
-Non saresti dovuto fuggire in quel modo, nostro padre non te lo ha mai perdonato. Ma non temere, fratellino caro- lanciò di nuovo al moneta in aria per poi farla sparire in una manica della felpa -papà ha detto che vuole solo parlarti.-
-E tu credi davvero ha ciò che dice?- Killua era palesemente scettico.
-Certo che no, ma tu prendila come una semplice riunione di famiglia. Una simpatica famiglia felice- disse Kikuta in tono malizioso, con un risolino maligno.
Leorio e Kurapika s guardarono a disagio: ricordavano fin troppo bene quanto fosse “felice” quella famiglia di assassini e mercenari.
Gon invece fissava Killua, cercando di capire cosa pensasse il suo amico.
“Non è una scelta facile” pensò il moro con un sospiro, osservando la sua espressione pensierosa, vedendo i suoi occhi incupirsi come quelli della gemella.
-E se comunque mi rifiutassi di venire?- indagò cauto il giovane Zaoldyeck.
Kikuta appoggiò i gomiti sul tavolo e unì le punta delle dita, sogghignando maligna.
E quando parlò, leccandosi le labbra, la sua voce era carica di aspettativa:
-Sai? Speravo davvero che me lo chiedessi…-

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