The Girl Behind The Scars

di IlaOnMars6277
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Immobile ***
Capitolo 3: *** Birra & Sigarette ***
Capitolo 4: *** Perchè lo fai? ***
Capitolo 5: *** Fango & Vaniglia ***
Capitolo 6: *** Brutale Verità ***
Capitolo 7: *** Feste in maschera ***
Capitolo 8: *** Tracce nell'erba ***
Capitolo 9: *** Terapia di Coppia ***
Capitolo 10: *** Vulnerabile ***
Capitolo 11: *** Non dirlo a nessuno ***
Capitolo 12: *** Cluedo ***
Capitolo 13: *** L'armadio vuoto ***
Capitolo 14: *** Doppia Personalità ***
Capitolo 15: *** Apparenze e Apparizioni ***
Capitolo 16: *** Nuove Letture ***
Capitolo 17: *** Sottovalutata ***
Capitolo 18: *** Arrivi e Partenze ***
Capitolo 19: *** Binari ***
Capitolo 20: *** Annegare ***
Capitolo 21: *** Pensieri e Parole ***
Capitolo 22: *** E' tutto quello che ho ***
Capitolo 23: *** Distante ma Vicino ***
Capitolo 24: *** Gossip ***
Capitolo 25: *** Tristi Visioni ***
Capitolo 26: *** Sangue Freddo ***
Capitolo 27: *** Riaffiorare ***
Capitolo 28: *** Occhi negli occhi (Parte 1) ***
Capitolo 29: *** Occhi negli occhi (parte 2) ***
Capitolo 30: *** Non pensare ***
Capitolo 31: *** Tv Spazzatura ***
Capitolo 32: *** Assassina ***
Capitolo 33: *** Dissimulare ***
Capitolo 34: *** Vie di fuga ***
Capitolo 35: *** Amico, amante, complice ***
Capitolo 36: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO

"Io davvero non capisco.." Dice Shannon mentre afferra le bacchette e colpisce la batteria, improvvisando, per scaldarsi prima del soundcheck.
"Anzi no, forse posso capire il fascino che ha su di te questa città, ma tu ne sei ossessionato. Cosa ti porta a venire qui quasi tutti i mesi?"
Jared sistema l'asta del microfono posizionata troppo in alto, collega qualche cavo e si avvicina per rispondere "Lo hai detto tu stesso, mi affascina.."
"D'accordo..ma non hai risposto alla domanda" osserva Tomo parlottare con i tecnici, non ha vie di scampo dalla curiosità del fratello "Non ti piace questa città?" Cerca di raggirarlo con un'altra domanda. Shannon si acciglia un secondo per poi tornare a concentrarsi e rispondere "Non ho detto questo. Ogni nazione che visitiamo ha qualcosa di speciale..nessuna é più bella o più brutta, ma...tu esageri!" Alza le spalle e si limita a mormorare "Non so... c'é qualcosa qui..che mi ha catturato e stregato.."

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Capitolo 2
*** Immobile ***


                                                             IMMOBILE


5 mesi prima



Jared

Mi  sveglio con un gran mal di testa, istintivamente muovo la mano per cercare sollievo ma non riesco a muoverla e capisco di essere legato. Mani e piedi bloccati da corde resistenti che sfregano sulla pelle irritandola e provocando un terribile bruciore.
La benda sugli occhi mi oscura la vista.
Gli unici sensi a mia disposizione sono l’udito e l’olfatto. Le voci che riesco a sentire in lontananza non sono chiare come il pungente odore di muffa mescolato a quello di caffè, insieme sono nauseanti, non quanto la certezza di essere stato rapito. Ogni movimento è impossibile, l’unica cosa positiva è il morbido materasso sul quale sono sdraiato supino. Ruoto il piede destro sul sinistro con molta fatica e la testa pulsa ancora più forte, vorrei sbuffare ma anche la bocca è imbavagliata. Devo rimanere tranquillo senza farmi prendere dalla paura, ma nessun pensiero positivo riesce a calmarmi. Le voci si avvicinano leggermente e riesco a distinguere quella  profonda di un uomo che si esprime in modo concitato.
Una voce femminile risponde  furiosamente.
Quando si avvicinano ancora di più, riesco a distinguere anche le parole.
“….non mettermi i bastoni fra le ruote o te ne pentirai amaramente”
“ Non sei tu che comandi!” la donna ha diminuito il tono di voce ma rimane autoritario e fermo
“ Neanche tu se è per questo. Quali sono le tue mansioni?”
“ Accertarmi che stia bene e prendermi cura dell’ostaggio”
“Allora fai quel che devi e non interferire. Porta da mangiare e accertati che non stia male, poi vattene”
“ Devo rimanere qui”
“ Devi controllarmi?”
“ Probabilmente dobbiamo farlo a vicenda”
L’uomo sbuffa rumorosamente, poi aggiunge “ Qui, quello che fa le cazzate non sono io”
“Ho sempre agito secondo il protocollo”
“Il PROTOCOLLO?” il tono dell’uomo aumenta d’intensità “ Allora rileggitelo, perché deve esserti sfuggito qualcosa. Senti…cerca di non fare cazzate, occupati dell’ostaggio e cerca di parlare il meno possibile con me. Questa storia finirà prima ancora di iniziare, così noi torneremo ad ignorarci; per il mio bene ma soprattutto per il tuo”
“ Per il mio?” la voce femminile diviene un sussurro.
“ Si il tuo, non vorrei ti facessi male”
Alla minaccia non segue alcuna risposta, solo il rumore di passi sul pavimento che si allontanano. Dopo qualche secondo avverto  il cigolio di una porta e una leggera luce penetra nella stanza. Un movimento d’aria mi fa capire che c’è qualcuno accanto al materasso; poi due mani abbassano la benda sugli occhi rivelando due occhi verdi spruzzati di pagliuzze dorate. Ha un cappuccio nero sul viso ma riesco a vedere una   bocca piccola ma carnosa che si sta piegando in un leggero sorriso forzato e le labbra si schiudono per parlare: “Come ti senti?” .La voce è calda e bassa mentre  la pelle fresca delle mani mi sfiora la mandibola per togliermi la stoffa dalla bocca  per permettermi di parlare, ma le parole sembrano non voler uscire. La donna ignora il  silenzio scrutando tutto il mio corpo disteso ed inerme per tornare poi a fissarmi negli occhi, ripetendo la domanda “Come ti senti?” e aggiunge “Hai fame? Sete? Devi andare in bagno?”
Scuoto la testa leggermente.
La donna annuisce dicendo “Tra non molto rimpiangerai di aver detto di no” lo dice più a se stessa, sussurrando. Si siede sul letto, raddrizza la schiena e sul viso appare un’espressione seria “Secondo la prassi dovrei rimetterti la benda sugli occhi e fare in modo che tu stia zitto, ma non è il mio modo di fare. Se hai qualche richiesta chiedi solo a me e se provi ad urlare o a fare qualche mossa falsa ti pianto una pallottola in fronte, sono stata chiara?”
Annuisco ripetutamente ma la donna mi incalza “Rispondimi. Hai capito?” Mi schiarisco la gola e riesco a proferire un debole “Si” avvertendo la gola secca e la necessità di bere; sussurrando  chiedo dell’acqua.
La donna annuisce ed esce dalla stanza per rientrare dopo pochi secondi con un bicchiere colmo d’acqua fresca, mi aiuta a sollevare il collo per bere, inclinando il bicchiere leggermente per permettermi sorsi brevi e ripetuti.  L’acqua che sfiora la gola secca sembra scacciare anche un po’ del mal di testa con cui mi era svegliato e improvvisamente avverto anche il morso della fame ma non dico nulla; appoggio la testa sul cuscino osservando la donna posare il bicchiere su uno sgabello.
“ Comunque io sono Chloe..tu ti chiami Jared vero?”
In un impeto di coraggio rispondo “Come se non lo sapessi”. La donna sorride beffarda “Vedo che cominci a reagire, temevo di doverti prendere a schiaffi. Comunque facevo solo conversazione”
“Perché dovrei conversare con te?”
“Perché abbiamo molto tempo libero mentre aspettiamo e dobbiamo occuparlo in qualche modo, ma se non ti piace parlare ti lascio solo con i tuoi pensieri”
Ignoro la risposta ironica.
“Aspettare cosa?” Chloe si acciglia e con fare saccente risponde “ Il riscatto, cos’altro? Pensavi di essere finito in un club sadomaso?”
Ancora una volta ignoro l’ironia che poco si abbina a questa situazione, in un’altra occasione avrei persino apprezzato questo modo di fare; non mi viene altro da dire se non che “Non sono così ricco come sembro”
Chloe ride sommessamente e, alzandosi, commenta “O forse…non vuoi sembrare così ricco come sei”.
Si avvia verso l’uscita, si chiude la porta alle spalle e la stanza ricade nel buio pesto, lasciandomi in balia dell’ignoto.






***** Spazio autore*****
Come avrete notato, rispetto al prologo, è cambiato il POV. Sarà così per ogni capitolo, volevo provare a fare qualcosa di diverso dal mio solito e con un ritmo più incalzante.speriamo l'esperimento funzioni. A presto ;)

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Capitolo 3
*** Birra & Sigarette ***


BIRRA & SIGARETTE


Will

Sono ore che rileggo le stesse righe di questo dannato libro e ogni volta non capisco una parola. Sono distratto e con la testa tra le nuvole nonostante cerchi di concentrarmi. L’attesa è la parte più stressante di questo lavoro, tranne forse per gli imprevisti; quando ci sono quelli l’adrenalina scorre a fiumi e non riesco mai a controllarmi, non come John o Chloe. Sono seduti di fronte a me cercando di ammazzare il tempo che sembra essersi fermato; il silenzio è imbarazzante tra di noi ma credo di essere l’unico ad avvertire questa sensazione, visto che loro sembrano tranquilli. Uso il verbo ‘sembrare’ perché li conosco, non sono mai tranquilli come sembrano, soprattutto Chloe. E’ seduta con le gambe incrociate su una vecchia poltrona di questa casa, i capelli castani le coprono metà viso inclinato in avanti, è concentrata a districare un laccio delle sue vecchie e logorate converse, le stesse che portava quando la conobbi.
Una sera d’inverno, uno di quei giorni in cui non usciresti neanche se fuori ci fosse una donna nuda ad aspettarti a gambe aperte; forse esagero, in quel caso uscirei. Comunque quel giorno mi trascinai a forza al compleanno di mio cugino, festeggiava in un pub poco distante da casa mia. Eravamo in pochi, qualche suo amico dell’università, un paio di colleghi di lavoro, la sorella e la fidanzata. La serata procedeva tranquillamente tra birra e chiacchiere; presi una sigaretta dal pacchetto e  feci segno agli altri che uscivo a fumare. Fuori c’erano altri due ragazzi che discutevano animatamente, mi allontanai dalle loro chiacchiere girando l’angolo e nella via semibuia scorsi Chloe con la schiena contro il muro, stava respingendo John che, con una birra in mano, le ringhiava puntandole un dito contro. Mi sentì in dovere di proteggere quella ragazza in balia di un uomo evidentemente arrabbiato e su di giri, probabilmente per l’alcol; mossi un piede per raggiungerla quando la sua mano si mosse verso la guancia di un John, poco dopo, incredulo. Indietreggiò, lasciando lei libera di tornare in strada per chiamare un taxi.
La mia sigaretta era finita senza che avessi fatto più di due tiri, la gettai a terra pestandola con il piede e feci per tornarmene dentro ma John mi bloccò afferrandomi per una spalla “Che cazzo guardavi eh?” . L’alito pesante mi fece capire che il ragazzo era li da parecchio a bere, così decisi di non reagire pesantemente e di scrollarmelo il più gentilmente e velocemente possibile, “Nulla..ero uscito a fumare e ora sto rientrando nel locale. E’ il compleanno di mio cugino Paul”. Lasciò la mia spalla, alzò un sopracciglio e chiese del tutto pacato, come se l’uomo che mi aveva toccato poco prima fosse un’altra persona “Ce l’hai una sigaretta anche per me amico?” . Grato del cambiamento d’umore mi tastai la tasca dei jeans, trovai il pacchetto e glielo porsi. Lui ne afferrò un paio ed io allungai l’accendino accendendolo su quella che aveva tra le labbra. “Grazie amico..tieni per te quello che hai visto. Non succede spesso”.
Il tempo mi ha portato a smentire quella frase, succede molto spesso, ma gli schiaffi che prende John non provengono mai dalle mani di Chloe, ma dalla sua bocca; quella lo ferisce più di ogni altra cosa. Ogni volta che discutono lui ha sempre l’ultima parola, ma è lei ad aver vinto; credo che John non se ne accorga e che a lei vada più che bene così. Non ho mai visto una coppia di fratelli più diversi tra loro e così poco amorevoli l’un l’altro, a volte penso proprio che si odino per qualcosa che riguarda il passato, ma non indagherò mai, non se voglio vivere a lungo.
Due occhi interrogativi puntano i miei e mi rendo conto di esser stato sorpreso a fissarla, arrossisco leggermente per l’imbarazzo e sposto lo sguardo su John, chiuso in un dialogo silenzioso tra lui e l’oggetto che sta fissando da più di mezz’ora: il telefono.
Chloe sbuffa, si riavvia i capelli dietro le spalle e viene verso di noi. Si siede accanto a me ma si rivolge a John “Quando smetterai di fissarlo squillerà”. John grugnisce senza guardarla e mi dice “Levamela di torno prima che la rimandi a casa a calci in culo”.
Non capisco perché debba essere sempre scontroso nei suoi confronti, non ha poi tutti i torti, fissare quel telefono fa salire l’ansia anche a noi. “Dai John…faccio un caffè, lo vuoi?”
Chloe appoggia i piedi sul tavolo “Preparargli una camomilla Willy, non vedi come è teso?”
Mi piace come lei sappia affrontare le situazioni ma non sa mai quando è il momento di starsene al suo posto, questa era una di quelle occasioni. Guardo John sperando che non faccia mosse azzardate, lo vedo lanciarle un’occhiataccia poi respirare un paio di volte ed infine rispondermi “Si, lo prendo anche io il caffè”.
Annuisco e scappo verso la cucina; non ho voglia di caffè ma devo fare qualcosa per distrarmi, soprattutto ora che la tensione tra quei due è salita al massimo, non mi abituerò mai, nonostante sia così ogni volta. Lei conosce benissimo suo fratello e sa dove colpirlo per fargli più male, mentre lui reagisce sempre nello stesso modo: minacce e occhiate assassine. Riesco sempre a prevedere le sue reazioni, al contrario della sorella; non reagisce mai nello stesso modo o come ci si aspetta. Penso sia questo a mandare John fuori di testa e fargli perdere ogni battaglia verbale, a meno che non sia una strategia d’attacco anche questa. Al momento sembra il pensiero che più mi allontana dalla noia e dalla mia preoccupazione maggiore: perché ancora non si è messo in contatto nessuno con noi? Siamo qui da ieri sera ormai e ancora nessuno dei nostri ci ha chiamato per delle novità. Stavolta sarà più difficile del previsto, l’avevo già capito da quando ho visto Chloe arrivare in questa villa; l’ultima volta che l’hanno mandata la situazione è sfuggita di mano.  Ignoro il brivido che mi attraversa la schiena nel momento in cui rivivo la scena di quell’uomo sdraiato a terra in una pozza di sangue; quell’immagine mi tormentò a lungo portandomi a voler lasciar perdere questi affari, finché John mi convinse a tornare. Devo a lui una parte della mia vita, se non lavorassi per quest’uomo ed il suo capo probabilmente sarei a dormire sotto un ponte.
Scuoto la testa per togliermi dalla testa questi pensieri e torno nell’altra stanza con il caffè. Noto che Chloe non c’è e John afferra il suo caffè con velocità commentando “Non capisco perché debba essere qui” soffio nel bicchiere per raffreddarlo, prendo tempo perché non so cosa dire ma lui continua, sollevandomi dall’imbarazzo “L’ultima volta ha fatto un casino, era stata esonerata da questi incarichi…” non finisce la frase e beve un sorso di caffè.
Il suo tono di voce sembra più deluso che irritato, provo a dire qualcosa di sensato “Magari le è stata data un’altra possibilità…” decisamente non è nulla di sensato ma John pare gradire una conversazione in questo momento, infatti risponde “è come se la stessero dando anche a me allora, perché mettono alla prova i miei nervi. Lui lo sa quanto mi irrita quando…quando..non sta zitta” sorrido leggermente e lui lo nota “Ti faccio ridere Willy?”
Perché si ostinano a chiamarmi così ancora devo capirlo, non sono un cane, anche se alle volte preferirei esserlo “No, è quello che hai detto. Non puoi vietarle di parlare”
Lui sbatte il pugno sul tavolo e un po’ del suo caffè fuoriesce dal bicchiere “ No non posso, ma quanto vorrei farla tacere! Ma prima o poi ci riuscirò…stanne certo”
Il tono confidenziale che aveva poco fa è sparito e il suo sguardo si è rabbuiato come raramente ho visto, è il classico sguardo che usa quando le cose non vanno come vorrebbe e deve trovare un piano da mettere in atto. Scosso dalla brutta sensazione che ho, cerco di farlo ragionare “Prima o poi si stancherà e allora non avrai bisogno di farla stare zitta” non mi guarda e non mi risponde, finisco il mio caffè scottandomi la lingua e sperando che Chloe faccia quello che ho detto.
Fisso il paesaggio di campagna fuori dalla finestra, le nuvole scure si avvicinano preannunciando un bel temporale che ci terrà compagnia per il resto del pomeriggio.
Chloe torna tra di noi e chiedo “Come sta l’ostaggio?” Lei lascia il cappuccio nero sul tavolo “Sta bene, sta dormendo. Credo che uscirò a prendere qualcosa da mangiare” guardo John che la osserva accigliato ma non dice nulla, toccherà a me porre la sua domanda inespressa “Abbiamo già del cibo, perché prenderne altro?” lei sbuffa come se fosse la decima volta che me lo ripete “ Mi ha detto di essere vegano, quindi andrò a prendergli qualcosa che possa mangiare”.
Prima che io preveda la sua mossa, John si alza scaraventando la sedia a terra “ Non siamo al ristorante! Mangerà quello che abbiamo, altrimenti morirà di fame il bastardo!” Chloe non si è scomposta per nulla, porta una ciocca castana dietro l’orecchio e risponde con calma “Se muore col cavolo che avrai i tuoi soldi e perderai anche il lavoro” John gira intorno al tavolo per andare dalla sua parte, mi alzo di scatto e lo trattengo per una spalla “John…rilassati..” la mia voce tradisce l’ansia che ho represso fino ad ora.
Lui mi guarda, respira a fondo, toglie le mie dita dalla sua spalla, alza entrambe le mani  mostrando i palmi dicendo “Non la tocco, voglio solo che sappia chi comanda qui…” Chloe si alza avvicinandosi abbastanza da poterlo sfiorare con la propria pelle, sono tentato di fermare anche lei prima che lo tocchi scatenando la sua ira repressa, ma mi sorprende ancora una volta; si limita a guardalo dicendo “Esco a comprare qualcosa, prendo la moto, sarò di ritorno fra meno di mezz’ora”. Prende la giacca ed esce di casa tranquillamente.
Temo che John stia per mandare in aria la casa con la solo forza del pensiero ed infatti, prendendo a calci la sedia di fronte, la manda a schiantarsi sulla poltrona; fa per riprenderla con le mani per accanirsi contro l’oggetto inanimato immaginando che sia qualcun altro, quando il telefono squilla. Aspetto che torni indietro per rispondere ma si limita a fissarmi, mi avvicino e al terzo squillo rispondo, una voce roca e fin troppo familiare ci da il segnale  che stavamo aspettando “ Cominciate a prepararvi, la cena è quasi pronta”.

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Capitolo 4
*** Perchè lo fai? ***


 PERCHE’ LO FAI?
 
Jared

Sono stato svegliato da un rumore, qualcosa che cadeva a terra, poi quell’uomo che urlava e di nuovo qualcosa che si schiantava.
Un telefono ha squillato per poco e poi il silenzio.
La testa ancora mi pulsa in modo orribile, come se non dormissi da giorni nonostante abbia dormito più oggi che in tutta la mia vita. Chloe è venuta a farmi visita poco fa portandomi da mangiare un sandwich al pollo, le ho detto che non mangio carne prevedendo del sano menefreghismo per i miei gusti alimentari; per tutta risposta ha fatto spallucce ed ha risposto che avrebbe trovato qualcos’altro da darmi. Non so cosa pensare, probabilmente arriverà qui con del veleno ed io rimpiangerò di non essere stato zitto e aver mangiato quel cavolo di panino.

Fuori si è alzato un vento forte, gli alberi sfiorano le pareti della casa producendo un rumore sinistro, le raffiche sono cadenzate, sembra vadano quasi a ritmo con una melodia. Questo pensiero mi rattrista, guardo la stanza in cui sono rinchiuso e immagino di non poter più rivedere casa mia e la mia famiglia, di non poter più fare quello che voglio. Penso a mio fratello e al colpo che gli sarà venuto quando ha capito cos’era capitato, penso a mia madre e ai miei amici, alla mia fidanzata Kate. Poi di colpo penso che sarò finito anche sui giornali o forse è troppo presto, spero che la notizia non sia trapelata, anche se notizie sulla mia morte se ne leggono quasi tutti i giorni. Quasi sorrido all’idea che questa volta potrebbe essere vero e nessuno ci crederà perché già accaduto troppe volte; forse è meglio così, ritarderà il panico che potrebbe crearsi intorno alla mia famiglia. Che gli diano tutti i soldi che vogliono pur di farmi tornare a casa, non ne posso più di essere qui. La corda comincia a fare davvero male, è legata troppo stretta ed ho i muscoli indolenziti, non sono abituato a stare fermo per così tanto tempo. E pensare che ieri neanche volevo uscire a fare una passeggiata, ma avevo una strana voglia di starmene per i fatti miei e in casa c’era troppa gente, così sono uscito senza una meta precisa. Mentre camminavo solo con i miei pensieri ho avuto la sensazione di essere osservato, ma ormai è una sensazione che mi accompagna sempre quando sono fuori casa. Solo quando ho preso un sentiero sterrato come scorciatoia mi sono sentito colpire alla testa, tutto è diventato buio e mi sono svegliato in questa stanza spoglia e legato come un salame. Che mi osservassero da giorni? Stavano aspettando che uscissi da solo? Vogliono solo i miei soldi? Mi chiedo perché non abbiano puntato a qualcuno più ricco, avrebbero potuto estorcere più denaro e con più facilità. Chloe ha detto che stiamo aspettando solo il pagamento del riscatto, sarà vero? Non riesco a fidarmi di quella ragazza nonostante non mi abbia mai fatto del male…..ma che dico? Potrebbe essere stata lei a darmi una botta in testa, potrebbe essere persino lei il capo.
Penso al suo sguardo gelido e alla sua poco velata minaccia di farmi fuori quando la vedo entrare in camera, accendere la luce e lasciare un sacchetto di plastica sullo sgabello, l’unico pezzo d’arredamento della camera, oltre al letto.
“Allora…” si schiarisce la voce “Ho preso un po’ di roba: spaghetti di soia con una salsa appiccicosa, un hamburger vegetale e delle patate fritte. Ci ho preso?” sembra quasi che le interessi farmi contento, annuisco inalando l’odore del cibo, non mangio da ieri pomeriggio. Tira  fuori le confezioni di cartone e le mette sul letto dove si siede anche lei, mi fissa dubbiosa poi prende un coltellino dalla tasca dei jeans che indossa.
Che cavolo…
Mi afferra le mani e taglia la corda con un secco strattone, mi afferra una mano con le sue dita gelide e le passa sulla pelle arrossata del polso “Cerco qualcosa da mettere su questi rossori, tu intanto mangia..torno subito” si alza rapidamente ed esce sbattendo la porta e girando la chiave un paio di volte. Dove pensa che vada con i piedi legati?
Stiracchio le braccia intorpidite e mi massaggio i muscoli del corpo, afferro il cartone dell’hamburger e lo addento. Come mando giù il primo boccone sento lo stomaco aprirsi e la fame aumentare, finisco rapidamente e mi butto sugli spaghetti ancora caldi.
Lei rientra con un tubetto fra le mani e si siede sul letto rigirandoselo tra le dita  mentre mi guarda mangiare; la ignoro pensando solo a sfamarmi prima che la sua apparente gentilezza svanisca e porti via tutto questo cibo.
“Vuoi una coperta? Fuori sta piovendo…sentirai freddo fermo qui” il suo improvviso cambio di voce mi fa voltare a  guardarla come se fosse un’altra persona, si fissa le mani poi alza lo sguardo verso di me. Gli occhi non si soffermano nei miei ma vagano sul resto del mio viso come se fosse in imbarazzo o in colpa non saprei dire; come incontra il mio sguardo incerto torna ad essere irreverente “ Devo scrivertelo o hai capito?” si porta le ginocchia al petto e aspetta.
“Si sento un po’ freddo”
Sorride
“Ok, finisci di mangiare così porto via questa roba”. Si alza e cammina lentamente per la stanza, avanti e indietro, aspettando che io finisca tutto.  Si stiracchia alzando le braccia e noto una pistola infilata nel retro dei jeans, freddo metallo a contatto con la sua pelle chiara; un brivido mi attraversa e mi fa passare l’appetito.
Sposto il cartone con i rimasugli di cibo e appoggio la schiena al muro.
“Finito? Non ne vuoi più?”
Scuoto la testa per  rispondere, lei prende i contenitori e li getta nella busta a terra. Si siede sul letto e mi afferra i polsi spalmando la crema, le sue mani sono ancora fredde ma piacevoli sulla pelle irritata dalla corda, non mi guarda in viso, si limita a spalmare la crema con i pollici. E’ distratta e sovrappensiero mentre compie questi gesti, le blocco una mano e lei si irrigidisce fissandomi negli occhi. I suoi sono lucidi e le pupille sono dilatate, i miei pensieri si tramutano in parole “Perché lo fai?” lei sfila la mano dalla mia presa “Che cosa?” Indico il polso che stava toccando pochi istanti fa e lei alza le spalle “è il mio compito…assicurarmi che tu stia bene..” sembra imbarazzata, sono tentato di fare altre domande ma il ricordo della pistola che porta in giro con sé mi frena.
Si alza, prende la busta di plastica per terra e aggiunge “Non ti rilego i polsi altrimenti sarebbe stato inutile mettere la crema…non fare cazzate mi raccomando” il tono di voce è tornato gelido e distaccato. In uno slancio di coraggio, azzardo una richiesta “Mi allenteresti un po’ le corde intorno alle caviglie? Altrimenti dovrai mettere della crema anche là” cerco di essere più supplichevole possibile, lei si volta e mi guarda soppesando la richiesta; poi viene verso di me chinandosi a soddisfarla. Si allontana per uscire ma prima di aprire la porta sussurra “Non fare cazzate, manderesti tutto a puttane”.

Spenge la luce e chiude la porta a chiave, dopo avermi inchiodato con uno sguardo furioso.








********
Grazie mille a chi sta seguendo la storia, perdendo qualche minuto di tempo prezioso. E un grazie ulteriore a chi perde ancora più tempo a scrivere due righe per farmi sapere che ne pensa, ho bisogno di sapere cosa pensate dei personaggi, degli eventi (anche se per ora sta accendendo poco, tranquilli non attenderete molto), e della mia scrittura ^_^ Quindi, fatevi avanti e dite tutto quello che vi passa per la testam non può che essermi utile :-P

Al prossimo capitolo...

Ilaria

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Capitolo 5
*** Fango & Vaniglia ***


FANGO & VANIGLIA


John


“Cosa ti ha detto?” chiedo a Will mentre riaggancia il telefono con sguardo assente.
“Che possiamo procedere” si siede passandosi una mano tra i capelli rossicci.
“Bene…” finalmente abbiamo qualcosa da fare. “Tu occupati della cena, io mi occupo del resto..”
“Del resto?” Non posso condividere i piani con tutti, solo io devo fare quanto mi è stato detto.
“Si, ordini precisi. Non fare domande. Chloe dov’è?”
Will mi fissa senza parlare, poi si gratta la testa con fare nervoso “Non lo so. Era con l’ostaggio, l’ho vista uscire dalla stanza e dirigersi verso il retro, credo sia ancora là”
Che cazzo ci è andata a fare fuori? Lo sa che non dobbiamo farci vedere.
 “Ok, devo allontanarla. Non approverà quello che devo fare e voglio evitare che mandi a monte i piani”.
Supero Will per uscire sul retro ma lui mi domanda con voce preoccupata “Perché non approverà?”

Lo ignoro e raggiungo la porta-finestra che da sul giardino poco curato sul retro di questa casa. Mi provoca ricordi felici camminare per queste stanze, ricordi legati alla mia infanzia, dove non sapevo ancora nulla del mio futuro e speravo di diventare potente come mio padre. All’epoca non lo conoscevo come lo conosco ora, ma la sua severità ed il modo in cui gli altri lo trattavano, lo rendevano potente ai miei occhi di bambino. Facevo ogni cosa mi veniva detta, ogni ordine impartito da mio padre veniva eseguito senza domande, volevo essere come lui e dovevo iniziare a diventare il figlio preferito se speravo di somigliargli almeno un pò. L’unica che non faceva mai quello che le veniva ordinato era mia sorella; ogni cosa che diceva nostro padre era come benzina su una fiamma, Chloe era come la brace ancora accesa, bastava poco per farle prendere fuoco sparando scintille da ogni parte. Spesso le scintille  mi colpivano in modo indiretto, se urlava contro nostro padre mi sentivo in dovere di prendere le sue parti finendo così in una lite enorme. Papà sapeva che lo stavo difendendo ma non diceva nulla, almeno finché la mamma era tra noi. Quando il Creatore la chiamò a sé le cose cambiarono, soprattutto per lei.
Avevo quindici anni e cominciavo a capire come funzionasse il mondo, Chloe ne aveva otto e si rinchiuse nel mutismo più assoluto, finché non cambiò tattica: attaccare chiunque, per qualsiasi ragione. Io ero la sua vittima preferita e continuo ad esserlo, soprattutto da quella notte di sei anni fa in cui finimmo entrambi in ospedale. Aveva oltrepassato il limite scappando in strada e rovesciandomi addosso del vino con tanto di insulti. La situazione si riscaldò, non riuscì ad ignorare quello che aveva detto con quella sua lingua velenosa ed entrambi ci avventammo l’un l’altro nella casa silenziosa: nessuno a divederci, nessuno a farci ragionare. A nostro padre, quando arrivò all’ospedale, dissi che avevamo avuto un incidente su strada; ci aveva creduto finché non tornammo a casa e vide in che stato era ridotto il salotto. I vetri rotti di bottiglie e bicchieri scricchiolavano sotto i suoi piedi mentre si aggirava nella stanza, guardava le sedie rovesciate, le tende strappate, il vino versato un po’ ovunque ed i piccoli schizzi di sangue sui muri immacolati. Io lo fissavo a disagio mentre Chloe era scappata nella sua stanza al piano superiore. Ricordo con sconvolgente precisione lo sguardo di mio padre passare dal muro a me, rimasto in piedi accanto alla porta socchiusa dell’entrata; mi fissò gelidamente cercando di regolare il respiro spezzato; non capivo se fosse più arrabbiato per la mia menzogna o per quello che era realmente successo che, ci scommettevo, aveva sicuramente capito. Aspettai a disagio che si scagliasse su di me ma non lo fece, spostò lo sguardo sull’orologio che aveva al polso e disse con voce chiara ed autoritaria “Vai a dormire, è tardi”. Non me lo feci ripetere due volte, salì le scale ed entrai in camera mia sentendo mia sorella singhiozzare nella sua. Non mi sentivo in colpa per quello che avevo fatto, se l’era cercata quella vipera; -Avrei dovuto staccarle la lingua- mi ripetevo come un mantra mentre ero sdraiato sul letto e guardavo il soffitto. Il taglio sul viso, simile a quello che le avevo lasciato io, mi faceva più male di prima e le costole, che lei aveva riempito di calci, cominciavano a dare fastidio ma mi addormentai lo stesso. Prima di chiudere gli occhi sentì mio padre parlare al telefono, diceva di aver bisogno del dottore.
 
“Chloe…ho bisogno che tu vada a prendere altra corda” le dico, uscendo fuori e mettendo piede nel giardino ingiallito. E’ in piedi di spalle, fissa la valle ai suoi piedi masticando una gomma. Sentendo la mia voce stringe la mano in un pugno stretto poi libera le dita e le infila nella tasca dei jeans, si volta rispondendo “Nello sgabuzzino ce né a volontà, prenditela da solo” respiro forte, sapevo sarebbe stato difficile. Cerco di mantenermi calmo e chiedo le cose con gentilezza, forse cambierebbe la sua reazione. “Non quella che abbiamo qui, me ne serve dell’altra..più piccola. Quella che usiamo per gli imballaggi” , lei aggrotta le sopracciglia poi sorride, non mi piace; non mi sorride mai. Si avvicina lentamente sfilandosi gli occhiali da sole, incrocia le braccia al petto e chiede “Perché vuoi allontanarmi? Cosa devi fare?”

Merda! Strega di merda!

Cerco di mantenere un contegno e ci riprovo “La corda che abbiamo è troppo grande, non ne servirà molta…giusto qualche metro se ci fosse la possibilità di uno spostamento”. Lei è ancora davanti a me, si tiene a distanza di sicurezza ma mantiene il sorriso sulle labbra, quel sorriso che dice –Ti ho capito fratello!- e la cosa mi infastidisce come non mai; perché riesce sempre a capire cosa ho in mente? Perché non riesco a fare lo stesso anche io?
“Quando ci sposteremo, sempre se ce ne sarà bisogno, verranno a prenderci e potranno portare loro la corda. Mi è stato detto di non allontanarmi da qui, ordini diretti; sai cosa significa” Mi spazientisco. “L’altra volta non te n’è fregato un cazzo degli ordini diretti! Hai fatto comunque come volevi..cosa cambia stavolta? Esci da questa casa e se non torni con quello che ti ho chiesto te ne pentirai”
Si avvicina di qualche passo  ed  i suoi capelli frustati dal vento profumano di vaniglia, anche la mamma aveva lo stesso odore; scuoto la testa infastidito dai miei stessi pensieri.
“L’altra volta sarei dovuta rimanere, visto quello che stavi per fare” poi un’idea la fa sobbalzare e allargare gli occhi, piega le labbra in una smorfia schifata e sussurra “Stai per rifarlo? Ecco perché vuoi allontanarmi…” indietreggia scuotendo la testa come se volesse scacciare quel pensiero e chiude gli occhi; quando li riapre hanno preso fuoco e sbraita “Sei un animale!! Non serve fare del male fisico…avrai i tuoi soldi del cazzo!” Non ne posso più e l’afferro per un braccio “Abbassa la voce! Vuoi che ci sentano?”
“Lasciami subito o ti pianto una pallottola in bocca!” Serra la bocca in una riga retta perfetta, il respiro affannoso e gli occhi verdi resi più chiari dalle lacrime appena accennate mi riportano a quella notte di qualche anno fa. Le lascio il braccio consapevole che anche a lei è stata fornita una pistola e mi allontano.

 Torno in cucina,  Will sta fumando appoggiato al bancone mentre mescola qualcosa in una pentola, lo supero senza proferire parola e lui rispetta il mio silenzio, forse ha sentito e visto tutto, forse ha anche lui qualcosa da ridire ma non me ne frega niente, devo solo aspettare di essere solo.

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Capitolo 6
*** Brutale Verità ***


 BRUTALE VERITA’


Will


Non ricordo il momento in cui presi la decisione di ignorare l’istinto, di lasciarmi scivolare le cose addosso senza ragionare sui segnali che l’istinto stesso mi mandava.
Se non l’avessi fatto ora non sarei qui a capire come aiutare John nel suo intento, è uscito e via sms mi ha chiesto di allontanare Chloe da questa casa e che, se non lo avessi fatto, sarebbero stati guai seri per me.
Quando iniziai a lavorare per lui il mio istinto mi diceva di rifiutare, di non mischiarmi in queste cose, che non ero tagliato per questo lavoro delicato e pericoloso. Ne ebbi la conferma quando Kevin, un altro dei nostri, mi consegnò una pistola, dicendomi “Questa è tua, benvenuto”.
Da quando si entra a far parte di una famiglia regalandoti un’arma?
A quel tempo inghiottì la saliva,  afferrai il freddo metallo sorridendo e beccandomi una pacca affettuosa sulla spalla. Il capo mi ricevette nella sua libreria senza troppe cerimonie, era seduto alla scrivania e parlava al telefono impartendo ordini; sembrava stesse discorrendo del cambio delle stagioni invece che di rapine, soldi sporchi e affari segreti. Mi indicò la sedia di morbido velluto verde di fronte alla scrivania ed io ci adagiai le mie chiappe tremanti d’ansia e aspettativa. Le pareti intorno a me erano foderate di scaffali con libri di ogni colore e misura, oggetti da collezionismo e, nell’unica parete libera, di quadri con un tema unico: il mare. Indubbiamente viveva nel lusso e Dio solo sa come si era procurato quei soldi, il pensiero mi fece rabbrividire ed il capo, con un semplice click su un telecomando bianco, fece partire i riscaldamenti confondendo il mio gesto per una reazione al fresco primaverile. Quando chiuse la telefonata, senza salutare l’interlocutore, raddrizzai la schiena e piegai le labbra in un sorriso di circostanza; lui se ne fregò e cominciò a parlare delle sue aspettative nei mie confronti “Will, mi aspetto da te serietà, disciplina e responsabilità. Questo non è un lavoro in cui si può sbagliare e avere un’altra possibilità; raramente do un’altra opportunità” fece una pausa ad effetto per farmi capire il concetto, poi proseguì con tono più leggero “Mi hanno detto che sei uno che impara in fretta, che sai stare al tuo posto e che non parli molto. Sono tutte doti ricercate in questo campo, spero di riporre la mia fiducia nell’uomo giusto e di non dovermene pentire; ovviamente parlo anche per John, visto che è stato lui a consigliarti”
Io annuì velocemente “Bene, ci siamo capiti. Puoi andare, il mio tempo è terminato; ho delle cose da fare”. Mi alzai lentamente aspettando che mi porgesse una mano da stringere ma aveva già tirato fuori dal cassetto dei fogli e li stava ispezionando ignorandomi completamente; bofonchiai un –grazie- e uscì da quella stanza. Sospirai forte chiudendomi la porta alle spalle e cercai il pacchetto di sigarette nella tasca interna della giacca. Una voce femminile mi fece trasalire “Cercavi queste?” Mi voltai e vidi Chloe  appoggiata al muro accanto alla porta della libreria, mi stava porgendo il pacchetto che afferrai all’istante. Quando la guardai meglio,  riconobbi la ragazza che litigava fuori dal pub con John e le sorrisi, lei capì che l’avevo riconosciuta e disse “E’ bastato condividere un suo segreto per comprarsi la tua fiducia? O più di uno?”
La guardai sbalordito, come faceva a sapere? Aveva sentito che John mi aveva chiesto di mantenere il segreto sulla lite al pub? Mi aveva visto guardarli sconcertato? Si riferiva a qualcos’altro? Come…
“Mi serviva un lavoro..” la cosa più banale che potessi dire, ma era la verità.
“Sei stato fortunato, se ti avessi presentato io a mio padre non avresti avuto per certo il lavoro senza affrontare qualche prova sul campo”
Mio Padre?
“Quello là dentro era tuo padre?” Ero sbalordito, non ne avevo idea, non sapevo molte cose a quel tempo.
“Era? Perché è morto? Spero abbia lasciato almeno un testamento prima di tirare le cuoia” la sua freddezza non mi sfuggì.
“No, sembra più che in salute” lei sorrise.
“Peccato, speravo in una bella notizia. Così ora lavori per noi?” ignorai la domanda e mi lasciai andare alla curiosità “Quindi John lavora per tuo padre? Siete sposati?”
Lei si rabbuiò come se l’avessi insultata “Pensi che sceglierei mai un tipo come lui? No…è solo mio fratello” Mi sentì in dovere di scusarmi anche se ancora non capisco per cosa “Scusami..io credevo..”
 “Quello che hai visto non era un litigio dettato dall’amore, ma dall’odio. Quello che la mia famiglia riversa su di me da anni, troppi”
Alzò il mento per salutarmi e se ne andò.
In quel momento capì che il mio destino era segnato e che lo avevo scelto io.
 

Vedo Chloe uscire dalla stanza dove teniamo l’ostaggio, non l’ho più visto da quando l’ho trascinato incosciente dentro casa, se ne occupa lei e sembra felice di farlo, anche se non userei quell’aggettivo rivolgendomi a lei, non credo di averla mai vista sorridere di spontanea felicità.
Si dirige in cucina con passi lenti per uscirne, dopo qualche secondo, con una bottiglia piena d’acqua e due bicchieri vuoti; si siede accanto a me e li riempie avvicinandomene uno. Non mi guarda, fissa il suo bicchiere bevendo a piccoli sorsi, ha dei segni scuri sotto gli occhi gonfi e rossi. “Ti senti bene?” Continua a bere mugugnando “Mmh mmh”.
Devo provare a mandarla via prima che torni John, altrimenti saranno dolori per me “Dovresti riposare un po’, sembri veramente stanca. Posso fare qualcosa?” Lei finalmente mi guarda, lasciando il  bicchiere sul tavolo, sospira e vedo gli occhi verdi diventare lucidi “Sono preoccupata…ho delle strane sensazioni”
Ci risiamo con la storia delle sensazioni!  Forse John non esagera quando dice di allontanarla. “E’ solo una sensazione, vedrai che andrà tutto bene. Presto pagheranno, noi lasceremo che il ragazzo torni a casa e ce ne staremo tranquilli per un bel po’” lei non sembra beneficiare delle mie parole rincuoranti “E poi Willy? Cosa accadrà quando ci chiameranno dicendoci di prenderne un altro o di andare a fare qualche rapina? Tutta questa storia ricomincerà da capo, con le mie solite brutte sensazioni, tu che cerchi di consolarmi, John che non capisce un tubo e papà che ci manda ad ammazzarci, fregandosene” Ha ragione ma è il nostro lavoro, almeno io ho scelto di essere qui e devo farne mene una ragione. “Tuo padre ha scelto noi perché si fida, dovrebbe essere di conforto sapere che non ha chiesto ad altri di occuparsi di faccende delicate e che gli stanno a cuore” Ride, quella risata rabbiosa che precede una risposta sagace ; improvvisamente le labbra si piegano in una smorfia ed il suo viso si dipinge di tristezza “A lui non frega un cazzo di nessuno”.
Dovrei fare in modo che se ne vada ma sono rari i momenti in cui rimaniamo soli e lei sembra incline alla conversazione “Tuo padre mi disse che non è un tipo da seconda possibilità. Come mai sei qui?” Sembra sorpresa dalla mia domanda ma risponde “Immaginavo me lo avresti chiesto..” mi guarda e continua “Devo guadagnare fiducia da parte di mio padre; è l’unica soluzione che ho trovato per avere un po’ di libertà. Ma credo che sia tempo perso…Come ripeteva sempre mia madre. Mi manca.…lei saprebbe cosa fare. Riusciva sempre a fare quello che voleva aggirando le assurde regole, vorrei poter avere la sua stessa abilità” .

Mi spiazza, completamente.

Non aveva mai parlato di lei, nessuno ne ha mai parlato in mia presenza. Gli occhi le si arrossano di lacrime trattenute e scappa dal mio sguardo incredulo, non ho mai visto Chloe in questo stato e non so come comportarmi. Getto il mio imbarazzo nel bicchiere d’acqua bevendo fino a metà, mi concentro per dire qualcosa che non sia banale o troppo personale “Sicuramente ti sta guardando ed è fiera di sua figlia, sei una ragazza forte e coraggiosa” dal suo sguardo indispettito capisco di aver fallito miseramente “Willy non credo alle favole da un bel pezzo, mia madre ormai sarà diventata uno scheletro attorno a del letame…” immaginavo che fosse realista ma non così brutale nell’esporlo, finisco l’acqua nel mio bicchiere, l’aria sembra essersi surriscaldata dopo queste rivelazioni; lei continua, fissando il tavolo “ …e, anche se esistesse un aldilà in cui tu credi, non sarebbe per nulla fiera di me, soprattutto dopo quello che ho appena fatto” alza la testa guardandomi attentamente e sposta il suo bicchiere al centro del tavolo.

Un’altra vampata di caldo mi assale.
 
“Hai caldo Willy? Io sto gelando” ed altrettanto gelido è il suo sguardo mentre mi rendo conto di quello che ha fatto.
Mi porto una mano alla fronte imperlata di sudore, le dita mi formicolano e faccio per alzarmi ma le ginocchia cedono e cado a terra rannicchiandomi su me stesso, la gola è in fiamme e lo stomaco brucia come se qualcuno ci avesse appiccato del fuoco. Vedo la figura sfocata di Chloe che si alza per piegarsi su di me e sussurrarmi all’ orecchio “Mi dispiace Willy. Non mi avete lasciato altra scelta” la sento allontanarsi ed io chiudo gli occhi perso nell’oblio.

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Capitolo 7
*** Feste in maschera ***


FESTE IN MASCHERA


Jared


Le onde si infrangono sui miei piedi infreddoliti, ma l’acqua dell’oceano è ancora più fredda; cerco di ritirarli ma dall’acqua escono un paio di mani che li afferrano tenendoli stretti. Vorrei allontanare quelle dita affusolate ma le mie braccia sono legate e dai polsi sgorga del sangue che cade sulla sabbia e in un secondo le onde lo trascinano via. Le mani salgono sul mio corpo tastandomi le gambe, poi l’addome ed infine il viso. Sono gelide come l’oceano e non voglio che mi tocchino ancora, ruoto la testa da una parte all’altra cercando di sfuggire alla loro presa ma sono bloccato e inevitabilmente mi afferrano tirandomi i capelli.

Mi sveglio di soprassalto e due occhi verdi contornati da un cappuccio mi fissano.

“Jared! Cazzo svegliati!”

E’ Chloe.
Non aspetta che risponda, mi taglia le corde intorno alle caviglie e noto con dispiacere che ha rimesso quelle intorno ai polsi.
“Perché sono di nuovo legate?”
“Non fare domande” mi afferra per un braccio e mi tira su a sedere “Alzati e seguimi, fai quello che ti dico e non ti succederà nulla. Dobbiamo andarcene di qui e abbiamo poco tempo”.
Non capisco..
“Dove stiamo andando?” mi trascina fuori nonostante faccia fatica a camminare, non muovo le gambe da due, tre, quindici…quanti giorni sono passati?
“Ma sei sordo? Ti ho detto di non fare domande..” Si ferma in un salotto arredato con poche cose, una poltrona vecchia e rovinata, una lampada che un tempo doveva  essere stata di un verde brillante ed un tavolo di legno massiccio abbinato a tre sedie dello stesso materiale. Seguo Chloe e la vedo piegata a terra, sta rovistando nella giacca  di un uomo dai capelli rossi disteso senza sensi sul pavimento. Un brivido di paura mi corre lungo la schiena e mi inchioda sul posto, riesco solo a balbettare “e’…è…mo-morto?”
“No. E’ solo svenuto”
Mi afferra il braccio con violenza trascinandomi fuori, il sole è tramontato da poco e comincia a fare buio. Chloe apre lo sportello di un vecchio pick up e mi fa segno di entrare; una volta salito lo chiude con forza ed entra mettendolo in moto .
Non ho niente da dire, sono stordito dagli eventi; il motore romba sotto di noi e ci infiliamo su strada sfrecciando alla velocità della luce.
Mille domande mi ronzano nella testa: perché stiamo andando via? Qualcosa è andato storto? Per la prima volta in vita mia comincio a temere il peggio.
Lei è taciturna, fissa la strada e stringe il volante con forza, ha ancora su il passamontagna nero e non si volta mai a guardarmi. Sembra quasi che sia spaventata ma non credo sia possibile, quello ad essere in pericolo sono io ed è proprio di lei che ho paura.
Guardo il paesaggio andare incontro alla notte e scurirsi, nel cielo nessuna stella ad illuminare l’oscurità. Chloe sterza bruscamente ed entra in una zona in leggera discesa,  con erba alta e pochi alberi; si ferma e mi intima di scendere.
Faccio come  dice, ho il terrore che stia per succedermi qualcosa di brutto, sento la paura mischiarsi al sangue nelle vene e tutta la mia vita  scorre davanti ai miei occhi come immagini alla rinfusa, mi manca il respiro mentre scendo dall’auto e mi guardo intorno cercando un appiglio, qualcosa o qualcuno che possa aiutarmi. Mi volto a cercarla per implorare di lasciarmi stare, di darle tutti i soldi, di darle tutto quello che vuole ma rimango sconvolto quando la vedo ancora nell’abitacolo guardare fisso di fronte a sé; poi prende il telefono, digita un numero e attende…
“Dottore…Sam…Sono Chloe” sembra in imbarazzo “Sto bene” fa una pausa e poi riprende “Stavo venendo da lei ma ho forato una gomma, potrebbe venire a prendermi? Mi trova alla nostra caffetteria” Annuisce un paio di volte, poi interrompe la telefonata e lancia il telefono sul sedile. Riaccende il motore, scende dal pick up e andando sul retro lo spinge verso la discesa più ripida di fronte a noi. Entrambi fissiamo l’auto scendere e prendere velocità finché non sparisce oltre il burrone, pochi secondi di silenzio e poi l’esplosione risuona forte nella valle provocando un forte eco, istintivamente mi volto dall’altra parte per ripararmi il viso.
Lei sta ancora fissando il tragitto che ha portato il pick up a scomparire inghiottito dal buio, sento un fremito di paura quando incrocia il mio sguardo: verde intenso che brilla, nonostante l’oscurità, contro il mio azzurro che immagino per la paura sia diventato più chiaro del solito. Vorrei voltarmi e scappare lontano, potrei farlo, so correre veloce ma non penso riuscirei a schivare le pallottole; quindi rimango fermo a guardarla aspettando la sua prossima mossa. Ha messo KO un suo collega, ha distrutto una macchina e mi ha trascinato qui, qual è il suo piano?

Smette di fissarmi e con un gesto lento ed arrendevole si toglie il cappuccio: una cascata di lunghi capelli castani scendono ad incorniciarle un viso delicato che si sposa perfettamente con le labbra piene ma piegate in una smorfia triste. Il piccolo naso all’insù è arrossato sulla punta e le guance hanno lo stesso colore, solo ora mi rendo conto che è vestita in modo troppo leggero per la temperatura che c’è.
Perché mi sta mostrando il suo volto?
E’ arrivata la mia fine?
La mia espressione deve aver rivelato la mia paura perché, come se mi avesse letto nella mente,  dice “ Non è prudente girare in città con un passamontagna quando non ci sono feste in maschera nei paraggi” fa un sorriso veloce e si avvicina lentamente “Dobbiamo andare e dovremo essere veloci. Prima di domani mattina questa storia sarà finita e, se andrà secondo i miei piani, entrambi saremo liberi”.

Libero.

Libero.

Mi concentro su questa parola come se fosse la parola segreta di qualche combinazione, l’unica che a quanto pare funziona, visto che la seguo verso le strade illuminate della città.








***********
Le cose cominciano ad animarsi...Fatemi sapere cosa ne pensate, ne ho proprio bisogno perchè comincio a dubitare che possa piacere, non so..è la prima volta che scrivo una storia con questi temi un pò noir, quindi mi sento un attimo dubbiosa e allo sbaraglio. Sicuramente finirò di aggiornare i capitoli, ma ditemi cosa ne pensate..così mi faccio un'idea. Grazie in anticipo e un grazie ulteriore a tutti quelli che stanno seguendo e recensendo <3
A presto..

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Capitolo 8
*** Tracce nell'erba ***


TRACCE NELL’ERBA
 

John


Entro in casa come una furia e trovo Kevin di fronte alla porta dello studio, appena si rende conto della mia presenza raddrizza la schiena e si schiarisce la voce “John…che succede?”
“Ho bisogno di parlare con mio padre. E’ nello studio?”
“E’ dentro con un tizio logorroico”  mi fa l’occhiolino.
Non ho voglia dei suoi gossip da strapazzo in questo momento, ho bisogno di parlare con mio padre, deve agire contro quell’arpia di Chloe altrimenti non posso fare nulla.
“Annunciami. Quando sentirà che sono qui vorrà vedermi immediatamente”
Kevin sghignazza “Di sicuro. Parlerebbe anche con un morto pur di non sentire le lamentele di quel tipo”
“Kevin piantala di fare l’imbecille e fai quello che ti ho detto!”
Il ragazzo annuisce diventando improvvisamente serio, bussa piano alla porta ed entra.
Fisso i quadri appesi sopra al divano, paesaggi marittimi in ogni stagione dell’anno, il mio preferito di sempre è quello più in alto di tutti: un uomo su una roccia che fissa l’orizzonte e la distesa d’acqua che li divide, la sensazione di potenza è indescrivibile.
Kevin mi distrae dai miei pensieri dicendomi “Ti sta aspettando”.
“Lo immaginavo”

Mi avvicino alla porta da cui esce un uomo ben vestito in abiti blu scuro, i capelli acconciati in un riporto ridicolo e gli occhi riparati da due lenti scure. Non saluta e non guarda nessuno mentre raggiunge l’uscita ed entra in un’auto dai finestrini oscurati.
Mi chiudo la porta alle spalle e guardo mio padre in piedi accanto alla finestra, dall’espressione che mi rivolge non saprei dire se è più confuso di vedermi qui o più arrabbiato. “Papà..c’è un problema”
“Chloe?” confermo la sua supposizione annuendo un paio di volte.
Lui sbuffa “Non c’era bisogno di venire fin qui, le faccio una telefonata e le dico di raggiungermi”
“Perché l’hai mandata? Lo sai quanto non sia adatta a questa cosa…e in più mi fa saltare i nervi. Mi sono allontanato per evitare di prenderla a pugni”
“Primo: abbassa i toni, ti stai rivolgendo a tuo padre” non mi ero accorto di aver alzato la voce, sussurro delle scuse e lui prosegue “Secondo: devi controllarti, non è possibile che ogni cosa che dica ti faccia irritare, ignorala come faccio io” Papà io non sono come te anche se lo vorrei tanto . “E terzo: ha insistito lei per venire, mi ha quasi supplicato di darle un’altra possibilità. Non credevo a quello che stavo sentendo, tutta la vita ho aspettato che lei fosse fiera di lavorare con noi, che si allontanasse da quel modo di fare così simile a…. Finalmente mi stava dimostrando devozione”
Ed io che ti sono devoto da sempre?
“A me non ha detto le stesse cose, mi sta rendendo il lavoro che mi hai assegnato, più difficile del previsto”
Il suo sguardo si incupisce “Sentimentale e disubbidiente come sua….. madre!” il tono è risentito e disgustato, mando giù la mia stessa saliva rumorosamente e attendo che continui, non so cosa dire. “C’è Will con lei?” Di colpo torno lucido ed annuisco.
Lui prende il telefono, compone rapidamente il numero e attende…mentre aspettiamo io fisso il suo sguardo cambiare: da impaziente diventa sospettoso. Chiude la telefonata e mi guarda; è furioso “Perché cazzo Will non risponde? Corri a vedere cosa è successo!”
Esco correndo dallo studio e dall’edificio, salgo in fretta sulla moto e sfreccio sull’asfalto ricevendo imprecazioni dagli automobilisti inferociti dalle mie manovre incoscienti; non ho tempo per i loro problemi, potrei averne di peggiori.
 

Arrivo alla villa che ormai è buio, le luci dentro sono accese; scendo dalla moto e noto che il pick up non c’è.
Tiro fuori la pistola correndo verso l’entrata posteriore, il corridoio è libero ed entro cercando di fare meno rumore possibile. Nessun suono arriva alle mie orecchie, solo l’ululato del vento che si infila tra il cemento e la grondaia arrugginita; il mio respiro affannoso si unisce ai rumori esterni e proseguo nel salotto, giro l’angolo e scorgo Will disteso a terra. Mi avvicino lentamente impugnando forte la pistola, libero una mano e mi accuccio accanto al corpo per misurare i battiti cardiaci: sento il cuore battere fiocamente sotto i miei polpastrelli.

Dov’è quella stronza?
 
Velocemente mi avvio nella stanza adiacente al salotto, la apro di scatto con un calcio ben assestato e la rabbia si impossessa di me mentre guardo il letto vuoto ed i residui delle corde sulle lenzuola. Tiro un urlo glaciale  liberando parzialmente la mia rabbia repressa, prendo a calci la porta forte, più volte, immaginando ci sia la testa di Chloe al posto di questo pezzo di legno; la colpisco ripetutamente finché non si sgancia dai cardini e si inclina pericolosamente verso di me. Esco dal suo raggio di caduta e vado verso il corpo di Will sentendo il legno schiantarsi a terra in un colpo secco. Mi tremano le mani dalla rabbia mentre compongo il numero di Kevin, ho bisogno del suo aiuto, non posso rivelare quello che è successo, a mio padre. Devo risolvere la questione prima che lo venga a sapere.
“ Kevin! Prendi la mia macchina e vieni alla villa senza essere visto: Will non sta bene, portalo dal nostro medico. Non dire una parola a mio padre altrimenti sai cosa ti succede se non fai come ti dico, siamo intesi?” Kevin dall’altra parte della cornetta mi dice di aver capito e che arriva il prima possibile. Riaggancio prima ancora che finisca di parlare e mi passo la mano fra i capelli.
Dove è andata? Non può essere tanto lontana.

Do un’ultima occhiata a Will, esco e salgo sulla moto.
Accendo le luci e cerco di seguire le tracce che il pick up ha lasciato sulla terra resa morbida dall’acquazzone. I lunghi fili d’erba, che si sono piegati sotto il peso del mezzo, mi aiutano a capire dove si sono diretti finché non raggiungo la strada asfaltata.

Dove vado ora?






**********
Visto che il capitolo è un pò corto a breve posto quello successivo. Cosa ne pensate di John? E del padre? Abbiamo avuto una piccola finestra su di lui ^_^ grazie a tutti...a presto (veramente :P)

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Capitolo 9
*** Terapia di Coppia ***


TERAPIA DI COPPIA


Sam


Chiudo la porta della mia modesta casa facendoli entrare e chiedo “Chi è questo bel giovanotto?” Chloe mi guarda imbarazzata  “Ehm un amico…si chiama Jared” Tendo la mano a stringere la sua “Piacere, sono il dottor Samuel Harvey. Ci siamo già visti da qualche parte? Hai un viso familiare..” lui, confuso risponde “No, non credo”
Chloe si irrigidisce “E’ abbastanza famoso..canta...recita..”
All’improvviso ho un’illuminazione e mi schiaffeggio la fronte “Ma certo!!! Sei sul muro della stanza di mia nipote Josephine! Ecco dove ti avevo già visto!” rido sinceramente della mia poca preparazione in cultura generale; noto che entrambi non partecipano alla mia momentanea euforia.

Osservo attentamente Chloe riavviarsi i capelli ripetutamente in un gesto di disagio e Jared guardarsi intorno intimorito.
“Non eri mai venuta in compagnia..posso fare qualcosa per voi?” la mia educazione ha la meglio sulla curiosità che mi attanaglia da quando ho ascoltato la strana telefonata di Chloe e sono uscito diretto alla nostra caffetteria. L’ho vista spingere in auto questo ragazzo ed entrare anche lei dicendo soltanto “Casa sua, le spiego dopo”.  Non sono solito parlare con i clienti in luoghi pubblici, preferisco che stiano nello studio,  che si concentrino sulle loro sensazioni senza influenze esterne, ma con Chloe ho sempre fatto un’eccezione, per via di quel giorno in cui ci parlammo per la prima volta: una ragazza spaventata, arrabbiata e pessimista, un mix letale. Entrò nel mio studio con passo incerto, mi sorpresi e rallegrai di vederla arrivare da sola, speravo di non  scambiare altre parole vuote con il padre; quando le chiesi come fosse arrivata fece spallucce e disse in un sussurro poco udibile “l’autista di papà”. Le dissi di accomodarsi ma lei continuava a guardarsi intorno spaventata, le spalle rigide e si mordeva continuamente il labbro inferiore. Non ci eravamo mai incontrati da soli, nonostante la conoscessi da quando era nata, ma gli avvenimenti che mi legavano alla sua famiglia facevano di me un ospite poco gradito; la telefonata di suo padre fu la cosa più sconcertante che avvenne in quei giorni. Fu così che decisi di cambiare approccio con lei e portarla in una caffetteria dietro l’angolo, probabilmente di fronte a qualcosa di caldo e con la rassicurante presenza di estranei si sarebbe aperta; così fu, ma con il tempo, ha imparato a selezionare le informazioni e ad eludere le mie domande. Glielo lascio fare, verrà il giorno in cui si fiderà completamente di me e racconterà tutto di sua spontanea volontà; oggi credo proprio che sia uno di quei giorni, perché non è mai arrivata a chiedermi aiuto.

Di colpo apre la porta della mia cucina spingendoci dentro un Jared abbastanza confuso, gli dice di non muoversi di lì e torna da me.
“Sam…ho bisogno del suo aiuto”
“Questo lo avevo intuito. Perché te ne vai in giro con un tizio famoso e vieni da me? Avete problemi di cuore e volete fare terapia di coppia? Non mi avevi mai parlato d…” di colpo mi interrompe “Era un ostaggio, l’ho liberato”
La confessione mi spiazza completamente “Che cosa?” So di cosa si occupa la sua famiglia e speravo davvero di non entrare mai a che fare con queste cose, sono furioso “E cosa dovrei farci io? Sei impazzita?”
“Non sapevo dove andare..dove portarlo..non…non ho nessuno..lo sa” termina la frase bisbigliando e asciugandosi gli occhi umidi. Sospiro pesantemente e la porto nel salotto, le indico la poltrona e mi siedo poco elegantemente sul divano “ Prima di tutto: perché lo ha liberato?” lei mi trafigge con lo sguardo “Dovevo  lasciare che gli facessero del male?”
“No..non intendevo questo. Hai fatto bene a liberarlo ma sto parlando dei tuoi piani. Che cosa avevi in mente di fare?” si riavvia i lunghi capelli mossi  lasciando le dita intrecciate nella folta chioma, fisso la cicatrice sul sopracciglio e ripenso alla difficoltà che feci per tirarle fuori la storia del litigio con il fratello. Scaccio i ricordi e attendo pazientemente che mi risponda “Ho capito che John stava per fargli del male ed ho agito d’istinto..non ho pensato. Solo mentre ero in macchina ho capito che questa potrebbe essere la mia occasione…ho l’opportunità di andarmene lontano, di sparire e ricominciare” mi si stringe il cuore alle sue parole, è da quando la conosco che non parla d’altro: andare via….lontano.
Capisco che l’idea debba essere allettante ma ha scelto un modo poco sicuro di agire, glielo faccio notare “Chloe..ti sei cacciata in un bel guaio. Non bastava scappare e correre verso l’aeroporto più vicino? Perché hai coinvolto anche quel ragazzo?” Mi guarda come se fosse la domanda più stupida del mondo “Non potevo lasciarlo per strada..a quest’ora si saranno già accorti che siamo scomparsi e ci staranno cercando. Se lo trovassero, finirebbero quello che hanno iniziato” fa una pausa e riprende “ Nessuno verrà a cercarci qui, per stanotte rimarremo e domani all’alba lei accompagnerà Jared a casa ed io…io prenderò il primo volo per…ovunque!” Di colpo è tornata fredda e motivata.
“Va bene..possiamo farlo, posso farlo. Potresti andare da mia nipote Jacqueline..”dico, speranzoso, più a me stesso che a lei.
Impercettibilmente rilasso il corpo e le sorrido “Come mai sei di nuovo nella squadra? Pensavo che dopo la scorsa volta non si fidassero più di te” le dita torturano l’orlo della maglietta in un gesto nervoso “Bob ha detto che sarei potuta  uscire solo se avessi lavorato per lui..” alza le spalle, mi guarda velocemente e continua, giustificandosi “Odio rimanere in quella casa..”
Evito di commentare la sua scelta e scelgo un argomento meno difficile “Come stai?”
Lei si alza incrociando le braccia e con un colpo secco chiude le tende della finestra che si affaccia sulla strada “Sto bene..”
“Non mentirmi..me ne accorgo quando lo fai” arriccia le labbra per trattenere un sorriso e sbuffa “Sono spaventata, ho paura che mi trovino…ma sto bene”
“Non credo ti troveranno ma comunque non ti farebbero del male, tuo padre si arrabbierà un po’ , ma poi ti perdonerà come sempre”
Ovvio che lo farà.
“Non mi preoccupo di lui ma di John, uno dei suoi sogni sarebbe spaccarmi la testa”
“E ci era quasi riuscito ricordo..” lei chiude gli occhi ed una smorfia veloce le dipinge il viso, io continuo “Quali altri sogni ha su di te John?”
Lei mi fissa rapidamente spalancando gli occhi poi torna a sbirciare attraverso la tenda di lino “Non lo so” sussurra “So solo che…” inghiottisce rumorosamente, respira forte ed io invece trattengo il fiato attendendo. Le sue labbra sono socchiuse e si muovono impercettibilmente pronunciando lettere mute; gli occhi mi fissano in una supplica silenziosa poi scuote la testa e dice “Chiedo a Jared se ha fame e gli spiego il piano” mi si avvicina “grazie per l’ospitalità, metta la sveglia all’alba”.

Esce dalla stanza e chiude piano la porta. Non era il momento, entrambi sappiamo come sono andate le cose, ma voglio che lo dica, che combatta con la sua stessa paura. Aspetterò quel momento per iniziare ad aiutarla veramente e poi potrò rivelarle la mia di verità.

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Capitolo 10
*** Vulnerabile ***


VULNERABILE


Jared


Sento Chloe avvicinarsi alla porta dello studio dove sono appoggiato con l’orecchio destro per poter ascoltare meglio quello che si stava dicendo con il dottore. In fretta torno a sedermi su una sedia della cucina e fingo di allacciarmi una scarpa.
Entra piano nella piccola cucina dai colori chiari, apre il frigorifero e mentre rovista all’interno mi spiega i suoi piani.
“ Ora mangiamo qualcosa, riposiamo e domani mattina Sam ti riporta a casa sano e salvo. Hai fame?”
“Non molta. Tu che farai?” la domanda la mette a disagio “Andrò all’aeroporto” dice pensierosa e taglia qualche fetta di pane, tira fuori altro cibo dal frigorifero e mi fa segno di servirmi da solo.
Mi alzo e la raggiungo, afferro una mela e la addento “Dove sei diretta?”  chiedo fingendo di non sapere nulla.
“Non lo so. Improvviserò”
“Stai scappando?” lei mi guarda per qualche secondo poi torna a dedicarsi al suo panino senza rispondere.
“Non volevo farmi gli affari tuoi,  era solo per conversare”.
Sorride velocemente e mi scimmiotta “Non eri tu quello che non voleva fare conversazione?” l’espressione divertita coinvolge anche gli occhi e sembra quasi di guardare una persona diversa, di vederla per la prima volta “Potrei aver cambiato idea visto l’evolversi degli eventi”.
Di colpo torna seria rabbuiandosi “Mi denuncerai? Vorrei che non lo facessi, questa…è la mia occ..Per favore non farlo” Si allontana così tanto d alla ragazza che solo qualche ora fa minacciava di trapassarmi con qualche pallottola “Dammi delle buone motivazioni per non farlo”.
Si guarda intorno per cercare ispirazione “Beh non ti ho fatto del male…anzi ti sto liberando. Questa mi sembra la motivazione più importante”
“Questo è vero, ma per crederti, dovrei fidarmi di te”
“Credermi?” mi guarda confusa.
“Chi mi dice che tutto questo non faccia parte del piano? Chi mi dice che questo tuo amico  mi porterà a casa domani? Potrebbe sotterrarmi vivo..” mentre pronuncio queste parole mi immagino legato e gettato in una buca profonda scavata nella terra e rabbrividisco; scaccio via queste immagini.
“Si immagino che dovresti fidarti. Ma…hai altra scelta? Domani saprai se sto dicendo la verità, se arriverai sano e salvo a casa saprai che ero sincera”
“In caso contrario?”
“Non potrai fare nulla perché sarai morto immagino” chiude con troppa forza l’anta del frigorifero facendo tintinnare le bottiglie all’interno e fa per uscire; all’improvviso si blocca e aggiunge “ comunque non priverei mai il mondo di un attore così bravo. Per un attimo avevi ingannato anche me” la mia espressione spaesata deve aver spiegato perfettamente quello che provo perché aggiunge “Non fare il finto tonto, sapevo che stavi origliando” gira i tacchi e se ne và lasciandomi  da solo alle prese con ulteriori dubbi ed un sorriso incerto sulle labbra.
 
Sono troppo nervoso per dormire, vorrei strisciare silenziosamente fuori da questo edificio, potrei telefonare a mio fratello e dargli l’indirizzo…

Mi alzo a sedere e fisso la stanza intorno a me. La luce dei lampioni in strada, dal pian terreno, filtra attraverso le tende bianche e dona un po’ di luce anche fra queste quattro mura spoglie. Deve essere una stanza poco utilizzata o imbiancata da poco. Un armadio imponente è l’unico arredo che sembra essere qui da tempo, il resto è scoordinato con il resto della stanza.
Avrei decisamente bisogno di una doccia, di acqua calda che mi massaggia le spalle portando via momentaneamente tutte le preoccupazioni che tengono impegnata la mia mente, che  impediscono di rilassarmi e riposare.
Striscio lentamente sulla coperta pesante, muovendomi con cautela evitando sonori cigolii del letto.

Chloe sta dormendo su un divano accanto all’armadio. Il petto si alza e si abbassa accompagnando il respiro, ogni tanto sussulta e si irrigidisce poi torna a respirare regolarmente. E’ rannicchiata su se stessa, i capelli le coprono metà viso e l’aria che esce dal naso muove le piccole ciocche castane, le labbra socchiuse e le braccia incrociate. Sembra indifesa e vulnerabile così piegata in poco spazio e mi rendo conto che probabilmente lo è davvero, che la sua spavalderia è soltanto una maschera sapientemente costruita per nascondersi da sguardi inopportuni.
Dalla discussione con il dottore sono riuscito a capire che lavora per suo padre e che vorrebbe allontanarsi da lui; che teme un uomo di nome John che vuole farle del male.
Di colpo ripenso alla voce maschile nella villa  dove ero prigioniero e al modo in cui parlava a Chloe, usare la parola –disprezzante- sarebbe fin troppo leggero.
Immagino una bambina crescere con tante responsabilità facendo qualcosa che odia profondamente; probabilmente ha altri progetti per se stessa, sogni nel cassetto, di cui  qualcuno ostacola il cammino.

Ignoro questi pensieri e mi chino a raccogliere le scarpe che infilo maldestramente mentre mi avvicino alla porta.


Un urlo spezza il silenzio tetro della casa e Chloe si sveglia scattando subito in piedi, mi guarda sbarrando gli occhi e mi fa segno di tacere; mi guarda di traverso dopo aver notato che indosso le scarpe ma non dice nulla, si tasta il corpo in cerca di qualcosa ed alza gli occhi al cielo irritata.
Il mio cuore inizia a battere velocemente mentre si avvicina e mi spinge nel corridoio.
La moquette attutisce i nostri passi ma non il mio respiro agitato. Lei cammina piano, davanti a me, apparentemente padrona si sé, si sporge oltre il corrimano in legno della scala ed improvvisamente mi riporta indietro verso la stanza da letto; mi appoggia le mani sulle spalle e sussurra “Esci dalla scala antincendio e scappa, corri e non ti voltare. Ok?”
Annuisco poco convinto “E tu?”
Sembra delusa, quasi incerta sulla situazione; continua a fissare le scale, dal piano di sotto provengono dei lamenti. Scuote la testa “Vai..devo aiutare Sam. Fa come ti dico”.
Lo sguardo che mi rivolge è denso e autoritario, lo vedo nonostante la poca luce; provo pena e paura per la ragazza di fronte a me.

Provo ancora più paura per la mia vita, quindi annuisco e punto la scala antincendio.


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Capitolo 11
*** Non dirlo a nessuno ***


NON DIRLO A NESSUNO


Chloe


Sam è disteso a terra, gli occhi chiusi e l’addome si alza e abbassa impercettibilmente; sarei quasi sollevata di vedergli fare quel movimento se non ci fosse tutto quel sangue sul pavimento proprio sotto la sua testa.
So che è azzardato da parte mia abbassare le difese ma non posso impedire al mio corpo di raggiungere Sam e chinarmi su di lui per assicurarmi che sia vivo. Gli sfioro il polso ed i battiti lenti e leggeri come piume mi inchiodano sul posto; un leggero pizzicore si impossessa dei miei occhi finché la visuale è completamente annebbiata dalle lacrime. E’ colpa mia, non avrei mai dovuto coinvolgerlo, l’unica persona che mi ha aiutata senza forzare la mano, senza urlarmi contro, senza mai fare domande. Solo ora mi rendo conto di quanto mi sia affezionata a lui, solo ora che mi sta scivolando fra le dita. Una lacrima lascia il mio viso per posarsi sulla  guancia di Sam che lentamente e con fatica apre gli occhi, gli sorrido cercando di rasserenarlo e lui cerca di stringere le dita intorno alla mia mano.
E’ fredda e gliela sfrego tra le mie… “Sam resisti, chiamo aiuto, starai bene non preoc..” un calcio sulle costole mi manda  a sbattere contro il muro e tossisco tenendomi la parte dolorante.
Mi volto e vedo John, con la pistola in mano, fissarmi sorridendo malignamente, come se trovasse la situazione selvaggiamente affascinante e divertente.
“Eccola qui la nostra eroina!” vorrei rispondere, ma solo provare a parlare mi provoca delle fitte lancinanti, lui continua a parlare girando intorno ad un Sam sempre più bianco e sudato “Ma non sei l’eroina perfetta che pensi di essere, di solito gli eroi agiscono da soli. Tu hai dovuto chiedere aiuto.. Ah Ah..non si fa” si piega verso di me scuotendo il dito indice a destra e sinistra, la gestualità che si userebbe con un piccolo bambino disubbidiente.
“John..lascia che chiami un’ambulanza per lui. Prenditela con me” sorride beffardo ed un brivido mi scuote la schiena, conosco quell’espressione.
“Lo farò ragazzina e te lo meriti per ovvie ragioni. Ma non credo che chiamerò qualcuno per il tuo amico sanguinante qui..credo che sia un ulteriore punizione vederlo morire davanti ai tuoi occhi mentre non puoi fare nulla per lui” si china ad afferrarmi i capelli e mi porta a pochi centimetri dal viso di Sam. Sento ogni singolo capello che si sfila dal mio corpo  ma non importa, non fa male quanto vedere la sofferenza negli occhi del mio amico che lotta per sembrare forte di fronte a me, anche in questa occasione.
Mi sorride con fatica e sussurra “Non è colpa tua..sarebbe accaduto prima o poi”.
John sembra non sentirlo ed urla “Guarda come lo hai ridotto! Tu ed il tuo caratteraccio!” poi mi trascina lontano lasciandomi cadere pesantemente a terra. “Adesso vediamo quanto sei coraggiosa senza una pistola in mano a proteggerti!” mentre lo dice infila la sua nei jeans e mi afferra di nuovo, stavolta per la maglietta, sbattendomi la schiena contro il muro. Mi manca il fiato, vorrei urlare ma non ne ho la forza; lui mi blocca alla parete e sento il suo alito sul viso “Vediamo di divertirci un po’ sorellina” .

No! Non di nuovo!

Cerco di divincolarmi dalla sua presa ma i ripetuti colpi mi hanno indebolita, provo ad urlare con l’ultimo  sforzo; il grido strozzato mi muore in gola quando lui mi tappa la bocca con la sua mano. Il contatto mi fa spalancare gli occhi, non mi ero resa conto di averli chiusi da quando mi ha sollevata da terra; guardo quelle iridi color fango fissarmi inferocite “Dove cazzo hai nascosto l’ostaggio? Dimmelo!” mi urla in faccia.
Io scuoto la testa.
“Non vuoi dirmelo? Bene, allora ti fotterò così impari a fare di testa tua!” Mi gira sbattendomi la faccia contro il muro ruvido che ad ogni mio tentativo di liberarmi mi sfrega la pelle; si appoggia di peso sul mio corpo e lo sento provare a togliermi i pantaloni infilando le dita nella carne con forza.

Non posso rivivere tutto questo, scalcio e spingo lontano il suo corpo, ma mi ha chiusa in una gabbia; nessun movimento mi permette di liberarmi.
Di colpo chiudo gli occhi e le immagini di quella sera scorrono veloci nella mia mente: le urla, i suoi occhi inferociti, la bottiglia di vino vuota a terra, io che la rompo a metà per difendermi, lui che si scaglia contro di me urlando, io che lo taglio con il vetro spesso, lui che mi butta a terra disarmandomi, le lacrime calde che scorrono a fiumi sul mio viso, la repulsione per chiunque nell’ospedale avesse provato a toccarmi, lo sguardo consapevole di mio padre di chi sa la verità e se ne frega.
Smetto di lottare e prego che finisca in fretta, lo sento trafficare con la lampo dei suoi jeans quando veniamo entrambi catapultati a terra, cado sul mio braccio destro e John poco più lontano da me: il bottone dei jeans aperti, la braccia spalancate sul pavimento, gli occhi chiusi.

Non si muove.

Una mano gelida mi afferra il braccio sinistro, con uno strattone cerco di scappare dalla presa, mi giro e incrocio due occhi azzurri.
“Jared!”
E’ in piedi di fronte a me e tiene un lungo bastone di legno tra le mani, quando nota che lo sto fissando lo lascia cadere a terra e si inginocchia alla mia altezza “Stai bene?” sembra imbarazzato e preoccupato allo stesso tempo.
Annuisco.
“Perché sei qui?”
“Un grazie può bastare..” mi porge la mano che io ignoro, cammino carponi fino a Sam che ha gli occhi chiusi; gli sfioro una guancia e le lacrime tornano a scorrere. Mi sorprende sentire la mano di Sam che stringe la mia di nuovo, tiene gli occhi chiusi e riesce a parlare a malapena “Chloe..cassaforte”
“Non ho bisogno di nulla Sam” mi volto verso Jared “Chiama l’ambulanza, subito!” Sam protesta “Lascia…stare. Pensa a scappare” gli accarezzo una guancia e lui apre gli occhi “E’ importante…apri la cassaforte, devi capire, devi sapere”
Che cosa vuole che sappia?
“Sam..cosa vuoi dirmi?” Lui tossisce forte “Su tuo padre…devi sapere”
Cosa ha fatto mio padre?
“Sam…dimmelo..” mi guarda intensamente e una lacrima solitaria gli riga la tempia, cade a terra e si mescola al suo sangue “Ho fatto quello che ho potuto, forse non tutto…mi dispiace..” finisce la frase in un soffio e chiude gli occhi.

No no no..non è possibile.

Scuoto il corpo ormai senza di vita di Sam, lo chiamo a gran voce ma non reagisce. Lo adagio sul pavimento e osservo le mani macchiate del suo sangue, sono scossa dai singhiozzi perché capisco che è veramente così, sono stata io ad ucciderlo.
Percepisco Jared inginocchiarsi al mio fianco e sfiorarmi una spalla, sfuggo dalla sua presa e lo guardo. I miei occhi spalancati per l’orrore si specchiano nei suoi agitati e spiazzati da tutto quello a cui ha assistito, respira velocemente come me, alza di nuovo una mano per toccarmi ma la rimette subito giù.
Mi sussurra piano, come se fossi una bambina “Dobbiamo andarcene”; il pericolo grava sulle nostre spalle come un macigno, sono consapevole che dovrei alzarmi e correre più lontano possibile, ma quando vedo Jared voltarsi a controllare il corpo di John sdraiato a terra, solo una frase riesco a pronunciare bisbigliando “Non dirlo a nessuno, ti prego”.










**********
Allora, finalmente è arrivato il POV di Chloe che qualcuno aveva richiesto ed atteso con pazienza. Il capitolo è un pò forte ed ora sapete  cosa "lega" i due fratelli, anche se non tutto il passato è stato svelato.
Cosa accadrà ora? Come reagireste voi nei panni di Chloe o di Jared?
Ringrazio tutti quelli che mi hanno sostenuta finora e che continueranno a farlo, sopratutto chi mi ha sopportata e supportata durante la stesura..sono stata una rompipalle xD
Ringrazio anche tutti quelli che leggono silenziosamente, lo so che ci siete e continuo a scrivere anche per voi ^^
Un grazie generale e alla prossima <3

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Capitolo 12
*** Cluedo ***


CLUEDO


Jared
 

-- Non dirlo a nessuno ti prego – Capisco a cosa si riferisce.

“No, non lo dirò. Te lo giuro” lei annuisce bisbigliando un ‘grazie’ e cerca di alzarsi sulle gambe malferme. Mi avvicino lentamente per aiutarla ma mi blocca mostrandomi il palmo insanguinato, si mette in piedi inspirando forte e mi fissa con gli occhi arrossati e sbarrati dalla paura “Per favore non toccarmi…ti ringranzio ma non toccarmi”.

Annuisco e distolgo lo sguardo quando lei si sistema la maglietta ed i pantaloni, guardo l’uomo che ho atterrato  giacere a terra immobile e respirare piano, non l’ho ucciso per fortuna anche se per un attimo avrei voluto farlo. Quando l’ho sentita urlare avevo già un piede fuori dalla finestra, mi si è gelato il sangue ed ho agito d’istinto; ho afferrato il manico della scopa dietro alla persiana e sono sceso a capire cosa stesse succedendo. La scena che mi sono trovato davanti aveva del surreale: il dottore steso a terra in una pozza di sangue, Chloe con la faccia al muro che piangeva e quest’uomo che la teneva ferma provando a slacciarsi i pantaloni. Il braccio che impugnava il pezzo di legno ha reagito prima che il cervello calcolasse i pro ed i contro della mia azione.

“Dobbiamo andarcene…ma dove?” la voce di Chloe mi riporta alla realtà, sta camminando avanti e indietro nell’atrio con passo spedito.
“Il dottore ha parlato di una cassaforte..”
Lei si acciglia “Non abbiamo tempo”
“Ma potrebbe essere importante” si blocca a riflettere sulle mie parole, poi annuisce e mi fa segno di seguirla nello studio dove solo poche ore prima lei parlava con il dottore.
La seguo nella stanza calda ed accogliente e mi fermo accanto  a lei quando si blocca di fronte ad un quadro per toglierlo dal gancio e depositarlo a terra delicatamente. Il dipinto che raffigura il volto di una donna nasconde una piccola cassaforte a muro.
“Forza aprila così ce ne andiamo” Chloe mi fissa con le mani a mezz’aria “Non ho la password” Sbarro gli occhi e lei continua “Non me l’ha detta..”
“Forse già la sai, per questo non l’ha ripetuta” Lei scuote la testa nonostante sia assorta nei suoi pensieri, io la incalzo “Un nome, una data, un numero..” mi guarda aggrottando le sopracciglia, sembra delusa, impaurita e arrabbiata nello stesso momento; all’improvviso il suo sguardo si fa serio “Perché avrei dovuto saperla? Perché non mi ha detto niente in tutto questo tempo se era tanto importante?”  da un pugno al muro “Andiamocene subito”.
Ignoro le sue domande, non saprei cosa rispondere, non sono affari miei. “Prova ad inserire il suo nome, la sua data di nascita..probabilmente è qualcosa di semplice”.
Lei rimane ferma a fissare la parete come se potesse esplodere da un momento all’altro; il tempo scorre inesorabilmente, così la sposto in malo modo e mi piazzo di fronte allo schermo che mi aiuta, mostrandomi cinque trattini bassi dove andrebbero inseriti i numeri o le lettere.
“La sua data di nascita?” chiedo.
“ Ventisette luglio del cinquantasette” risponde lei freddamente mentre la sento aprire dei cassetti e  rovistarci all’interno. Premo in serie i numeri che mi ha detto, lampeggiano un secondo e poi scompaiono, dando spazio di nuovo ai cinque trattini.
“Il nome di qualche dottore famoso che stimava?”
“Jared lascia perdere” è arrabbiata, mi volto a guardarla accanto a me appena in tempo per vederla prendere il quadro per rimetterlo al suo posto. La donna castana nel dipinto mi fissa con i suoi occhi verdi intensi ed il suo caldo sorriso emana una sensazione di pace e serenità, seguo le mani di Chloe che lo stringono ed incontro il suo sguardo interrogativo; due occhi verdi resi ancora più chiari dalle lacrime trattenute.

Di colpo le blocco il braccio che tiene il dipinto e mi allungo a digitare cinque lettere: C H L O E.

Lo schermo lampeggia una volta per poi tornare a mostrarmi i trattini bassi.
“Pensavi di aver avuto una buona intuizione?” alza gli occhi al cielo, mi sposta e rimette il quadro al suo posto.
“La donna nel dipinto sembravi tu, pensavo fosse un indizio”
“Jared non stiamo giocando a Cluedo, adesso andiamocene prima che ci trovi qualcun altro. La fortuna non va sfidata”
“E se fosse importante?”
“Sam ha detto che riguarda mio padre. Visto che non voglio averci a che fare, diciamo che i segreti sono morti con lui e amen. Forza, muoviti” mi meraviglio della freddezza del tono di voce, ma il corpo ancora tremante tradisce la sua recita.
“ Dove andiamo?” lei si guarda intorno pensierosa poi risponde convinta “Mi farò venire un’idea strada facendo”.
La seguo nell’atrio dove giacciono i corpi dei due uomini. L’unica soluzione che mi è venuta in mente non le piacerà, “Ho avuto un’idea” esclamo, mentre Chloe fruga nella giacca di John estraendone un cellulare. Controlla il polso dell’uomo “Andiamo a casa di un mio amico fidato, ti nascondo lì finchè non si sono calmate le acque e potrai andare in aeroporto” scuote la testa “Sarebbe un pericolo per voi, tu andrai a casa; io a New York, ho una vecchia conoscenza da quelle parti” si alza e mi raggiunge mentre toglie la sim dal telefono e va a gettarla nello scarico del bagno. La seguo e continuo “Non puoi partire ora, se hanno denunciato la tua scomparsa non puoi avvicinarti agli aeroporti” scarica e mi fa segno di tacere, quando il rumore dello scarico termina risponde “Ho già deciso. Tu a casa ed io a New York. Storia chiusa” .
Mi afferra per la manica e usciamo in strada, è ancora buio ma i lampioni sono già spenti, lei chiude la porta e scende in fretta gli scalini raggiungendomi “John era cosciente ..il polso è debole, non sapevo se stesse ascoltando o meno. Comunque hai ragione, quindi accetto di venire con te..solo che, come faccio a sapere che non mi porterai direttamente alla polizia?” inclina la testa da un lato stringendosi nella maglietta leggera ed io trattengo un sorriso “Dovrai essere tu a fidarti di me stavolta”.

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Capitolo 13
*** L'armadio vuoto ***


 L’ARMADIO VUOTO


Chloe


Il taxi si ferma di fronte ad una villa chiara a due piani, il piccolo giardino di fronte ospita aiuole fiorite e piccole piante ornamentali. Seguo Jared fino all’entrata guardandomi intorno nervosamente; non credo ci abbiano seguiti ma ormai sono solita comportarmi così. Il buio ha lasciato spazio al debole chiarore dell’alba spazzando via anche le nuvole nere della notte precedente; ma non la mia paura. Dopo aver suonato un paio di volte il campanello di casa,  Jared mi parla “puoi fidarti di loro, io mi fido ciecamente”.
Non abbiamo parlato per tutto il tragitto, siamo rimasti chiusi nei nostri pensieri lanciandoci occhiate dubbiose attorno a noi.
“Non sei tenuto a farlo” si acciglia.
“Sto ricambiando il favore”
Capisco cosa intende ma si sbaglia “Mi hai già aiutata…”
Vorrei ringraziarlo innumerevoli volte per quello che ha fatto, per non essere scappato e avermi lasciata al mio destino; ma non riesco ad essere lucida, formulo milioni di pensieri al minuto ma nessuna frase coerente fuoriesce dalla mia bocca. “Ne parleremo quando saremo al sicuro”.
“Cosa racconterai al tuo amico?”
“Improvviserò..” mi sorride lesto e preme di nuovo il campanello.
Una luce affiora improvvisamente dall’interno e dei passi trascinati si avvicinano alla porta che si apre rivelando un uomo alto con una barba scura. Il suo sguardo infastidito viaggia su di noi velocemente finché non si ferma su Jared e rapidamente cambia diventando sorpreso, sollevato ed infine felice coinvolgendo anche le labbra a schiudersi in un sorriso. Lo attira a se stringendolo tra le braccia e strofinando le mani affusolate sulla schiena. “Maledetto stronzo, che fine avevi fatto?” si allontana quel tanto che basta per guardarlo in viso “Un imprevisto..” lo liquida lui e alza le spalle. Si sposta leggermente per permettere al suo amico di notarmi, cosa che fa subito alzando un sopracciglio “Tomo questa è Chloe…una mia amica. Se ci fai entrare ti spiego, ho un favore da chiederti”. L’uomo non dice nulla, ci invita ad entrare e chiude la porta appena varco la soglia, trovandomi in una stanza accogliente; la luce delle scale illumina leggermente i divani rossi ed il grande tavolo accanto, sul quale troneggia un vaso con dei fiori profumati.
Jared mi spinge verso i divani e Tomo si accomoda di fronte a me guardandomi di tanto in tanto.
“Tomo scusa per l’ora, ma non sapevo da chi andare. Vorrei chiederti di ospitare Chloe un paio di giorni, finché non sarà pronta per partire” mi sento una bambina disubbidiente che è scappata di casa, il tono dolce di Jared non aiuta e neanche quello di Tomo che invece di fare domande risponde semplicemente “Certo..può stare nella stanza degli ospiti finché vuole. Nessun problema”.
Quale persona ospita a casa gente che non conosce senza fare domande?
Sorrido leggermente imbarazzata e lui fa lo stesso, poi alza gli occhi verso le scale “Vicki tesoro, guarda chi c’è qui?” . Una donna scende rapidamente gli scalini con indosso i pantaloni del pigiama ed una felpa enorme, si ferma di fronte a noi e abbraccia Jared velocemente regalandogli un sorriso entusiasta “Eravamo tutti in pensiero per te. Cosa è successo? Dove sei stato?” mentre parla guarda me con la coda dell’occhio ed io distolgo lo sguardo, mi sento di troppo; perché ho accettato?
“Ve lo spiego con calma. In quanti sanno che sono sparito?”
Vicki si siede accanto a Tomo che risponde “Solo noi, Shannon, , Kate e gli altri che sono da te” Jared annuisce pensieroso.
Il silenzio è rotto solo dal cinguettio che viene dall’esterno, ormai il sole illumina perfettamente la strada e le poche case nel vicinato.
Tomo si schiarisce la voce e si rivolge a sua moglie indicandomi “Faresti vedere la stanza degli ospiti a Chloe? Rimarrà qui un paio di giorni..” la donna annuisce seria e, alzandosi, mi fa segno di seguirla.
Lascio il divano velocemente, senza guardare nessuno e la seguo silenziosamente verso il piano di sopra, quando arrivo alla fine delle scale sento Tomo che sussurra “Che cazzo succede? Spiegamelo”.
 

Entro in una stanza piccola ma ben arredata: un letto ampio accanto alla porta, un armadio scorrevole, una scrivania ed una poltrona chiara accanto alla finestra chiusa. Rimango sulla porta ad osservare la donna che tira fuori una coperta blu dai cassetti dell’armadio e la lascia delicatamente sul letto. “Puoi mettere le tue cose nell’armadio, è vuoto” mi sorride timidamente “Ehm..grazie ma non ho nulla con me” di colpo si acciglia “Avrai bisogno di qualcosa di pulito da indossare, posso darti qualcosa di mio se vuoi..” Oh no, è davvero troppo..
“Non preoccuparti, non starò qui a lungo” Questo è poco ma sicuro!
Lei scuote impercettibilmente la testa.
“Sicuramente vorrai fare una doccia..ti prendo degli asciugamani puliti e te li lascio nel bagno qui di fronte” sospira forte, mi sorride di nuovo ed esce chiudendo la porta.
Di colpo tutta l’agitazione si concentra negli occhi e scoppio in un pianto disperato, mi accascio sul pavimento freddo e mi tappo la bocca per nascondere i singhiozzi. La casa è ancora silenziosa e non voglio esser sentita, semplicemente non vorrei piangere ma non riesco a smettere. Mi prendo la testa fra le mani e  premo forte, come se questo potesse bloccare le lacrime che inarrestabili scorrono sulle guance e cadono sui pantaloni che ormai indosso da quelli che sembrano giorni composti da milioni di ore. Sembrano passati mesi, tutte le preoccupazioni hanno reso i giorni terribilmente lunghi. Ma chi voglio prendere in giro? Tutta la mia vita scorre al rallentatore, nella costante attesa che succeda qualcosa che mi cambi la vita, che mi liberi da me stessa e dalle mie paure. Pensavo di scappare lontano e invece sono ancora qui, più incasinata di prima e sto mettendo in pericolo anche altre persone. Abbraccio le gambe portandomele al petto e cerco di respirare, sperando che i singhiozzi cessino di far tremare il mio corpo.
La porta cigola e alzo la testa asciugandomi in fretta gli occhi umidi, incrocio lo sguardo di uno Jared sbigottito e sorpreso; mi alzo goffamente e mi siedo sul letto mentre lui entra chiudendosi la porta alle spalle.
“Scusami, ero venuto a vedere se ti fossi sistemata..non credev..” lo blocco “è tutto ok, sto bene. Ho solo bisogno di riposare”. Annuisce serio grattandosi la testa in evidente disagio “Sto andando a casa, ripasso in serata per vedere come stai” .
“Non ho bisogno della balia, so badare a me stessa” dico imbronciata, lui sorride “che cavolo ridi?” alza le mani come per arrendersi e risponde “So perfettamente che sai provvedere a te stessa, solo…. non fare cavolate”
Chi pensa di essere? Mio padre?
“Ascolta…” mi alzo e proseguo “avermi dato un posto dove passare la notte non ti da il diritto di darmi ordini, chiaro?” Lui trattiene una risata, alza il pollice ed esce lasciandomi sola.


Lascio che l’acqua calda massaggi le mie spalle contratte, appesantite dalla paura, dalla rabbia, dall’ansia.. Lascio che accarezzi la pelle del viso, che lavi via il sangue dalla mie mani colpevoli, che cancelli quello che la mente si rifiuta di dimenticare. La fronte sulla parete non accusa il colpo, sono della stessa temperatura: gelide come le mani di Sam che si stringono intorno alle mie, tremanti e fragili. Gli occhi umidi e compassionevoli, che celano segreti mai rivelati, mi fissano attoniti.
Fatico a respirare mentre la rabbia e la delusione sgomitano per possedermi, lotto contro di loro ma perdo inesorabilmente  e sbatto i pugni sul muro freddo e bagnato; stringo i denti provocandomi fitte e scosse fastidiose.

Segreti, bugie, pericolo, costrizioni, dolore e rimpianti: ecco di cosa è fatta la mia vita.

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Capitolo 14
*** Doppia Personalità ***


 DOPPIA PERSONALITA’

Tomo



Sento Jared scendere le scale frettolosamente e gli vado incontro “Stai andando a casa?”
“Si”
“Ha chiamato Shannon mentre eri di sopra, non sono riuscito a resistere e gli ho detto che eri qui, sta arrivando” fa spallucce  “Ok, meglio” afferra una sedia e ci si siede, si versa da bere e spilucca il cibo che ho preparato per la colazione.
Mia moglie è fuori in giardino, la vedo camminare nel prato tenendo il telefono tra la spalla e l’orecchio mentre sistema alcuni rami rampicanti che sporgono troppo. Mi siedo anche io e mi verso del caffè “Racconterai anche a Shan la stessa versione della storia?” Jay scuote la testa “Non capirebbe, sai com’è fatto. E’ di larghe vedute ma tende ad essere troppo protettivo nei miei confronti” annuisco “Non avrebbe tutti i torti, non conosci quella ragazza. Non sai per certo se puoi fidarti” smette di mangiare, si pulisce la bocca e mi guarda negli occhi con quel suo modo di fissarti che sembra trapassarti l’anima “Non hai assistito a quello che ho visto io, sapevo che esiste il male ma…è stato troppo” sospira e chiude gli occhi come se le immagini che sta ricordando siano insopportabili “ Se avessi visto una persona indifesa messa alle strette, costretta a sopportare cose che non vorresti sapere, cosa avresti fatto? La persona che ho imparato a conoscere avrebbe reagito come sto facendo io adesso; ed io ti avrei aiutato come stai facendo tu con me” il suo sguardo è duro e supplichevole allo stesso tempo.
Non so di cosa parla, non so cosa ha visto e non credo di volerlo sapere “Anche se la persona di cui parli voleva ucciderti?” sbuffa.
“Non lo avrebbe mai fatto”.
“Come lo sai?” Se penso che ha rischiato di morire mi si rizzano i peli sule braccia.
“Lo so e basta!” sbotta “ha avuto molte occasioni e possibilità per farlo, ma ha deciso di aiutarmi  rischiando la sua stessa vita. E non importa se egoisticamente l’ha fatto per se stessa, per fuggire dalla sua condizione, per salvarsi la pelle. L’ha fatto e gliene sono grato. Non sapeva dove andare, non conosce nessuno. L’unica persona che avrebbe potuto aiutarla non c’è più ed ho fatto l’unica cosa che mi è venuta in mente”
“Cioè portarla con te” concludo per lui.
“Presto partirà, lascerà questa città per ricominciare da capo; come è giusto che sia. Dimenticheremo questa storia e torneremo tutti alle nostre vite” parla in fretta e senza guardarmi.
Finisco il mio caffè senza rispondere, perso nei miei pensieri.
E’ lui a riscuotermi “Non avevate capito che ero stato rapito? Pensavo che quando fosse  arrivata la richiesta di riscatto sarebbe stato chiaro” parla tranquillamente come se discorresse del tempo, mi acciglio e rispondo titubante “Jared…non è mai arrivata nessuna richiesta. Nessuno si è messo in contatto con noi” si rabbuia improvvisamente aggrottando le sopracciglia “con nessuno? Neanche con mia madre?”
“No! Tua madre non sa nulla. Abbiamo cercato di tenerla all’oscuro sperando che tu ti facessi vivo al più presto; ti abbiamo cercato in lungo ed in largo..”
 “Come se fosse colpa mia” si imbroncia come un bambino ed io trattengo un sorriso.
“Quando sei scappato con la tua bella rapitrice potevi almeno trovare un telefono, un cellulare, un piccione …per avvertirci che fossi vivo!” non volevo arrivare a rimproverarlo ma sembra non rendersi conto della preoccupazione che ha scatenato in tutti noi; la povera Emma era più pallida del solito.
“Mi sono fatto trascinare dagli eventi.. Scusa se pensavo a salvarmi la pelle!”
Non voglio litigare quindi gli sorrido e cerco di sdrammatizzare “Pensa… se ti avessero ammazzato, casa tua sarebbe diventata meta di pellegrinaggio e poi giardino botanico!”
Lo sguardo serio e composto lascia spazio all’ilarità appena intuisce la mia battuta e scoppia in una risata fragorosa, rido anche io sollevato di vederlo tranquillo e rilassato, anche se apparentemente.
Si asciuga le lacrime provocate dalle risate inaspettate e mi da una pacca sulla spalla “Mi era mancato il tuo umorismo del cazzo!” gli riempio il bicchiere di spremuta mentre lui continua a parlare “ Ho veramente avuto paura di morire, per la prima volta nella mia vita. E’ stato veramente orribile ed illuminante. Mi ripetevo che non rischiavo nulla, che gli servivo vivo per avere dei soldi, ma ora che mi stai dicendo che non siete stati contattati da nessuno; non ne sono così tanto sicuro”
“Probabilmente lo avrebbero fatto a breve..Tu e la delinquente non gli avete dato tempo” manda giù un sorso e risponde convinto “Hanno avuto tutto il tempo, siamo scappati stanotte” non so cosa rispondere, ho solo domande alle quali neanche lui può avere delle risposte.
Probabilmente sta pensando quello che penso io, ma nessuno dei due riesce a trasformare il pensiero in parola, sarebbe spaventoso e diventerebbe reale, troppo reale da poter digerire.

Solo una voce femminile conferma i nostri dubbi riempiendo il silenzio teso e pesante che si è creato.
“Volevano ucciderti” un bisbiglio che sembra un urlo.
Ci voltiamo entrambi ad osservare Chloe alla fine delle scale, vestita come poche ore fa ma con i capelli umidi. Le labbra tese in una smorfia di disgusto e gli occhi pieni di scuse silenziose.
Sono io il primo a rispondere “Ne sei certa? Perché mai avrebbero dovuto farlo?”
Si stringe nelle spalle “Perché qualcuno ha pagato affinché lo facessimo” usa il plurale.
Fisso Jared che mi da le spalle, ancora voltato verso di lei, non riesco a vedere la sua espressione ma si è irrigidito.
“Sapevi che volevano ammazzarlo?” Muove la testa per dissentire e, passandosi una mano tra i capelli, risponde “Non ne sapevo nulla, vi ho sentiti parlare ed ho capito” mentre parla sposta lo sguardo da me a lui, lo guarda con aria di scuse indietreggiando leggermente. Sfiora con la schiena la ringhiera e si ferma respirando affannosamente “Non ne sapevo nulla, te lo giuro. Ti ho portato via perché avevo paura che potesse succedere ma non ne avevo la certezza”.
Jared si alza di scatto raggiungendola con un paio di falcate “ Hai già preso parte a cose del genere? Hai già aiutato ad uccidere?” il gelo e la rabbia nella sua voce fa rabbrividire anche me che non riesco a vedergli il volto, vorrei alzarmi e tranquillizzarlo ma sono bloccato sulla sedia, appesantito dalla situazione.
Lei sfugge al suo sguardo e si sposta di lato ma lui l’afferra per un braccio alitandole sul viso “Dimmelo”.
Il cambio di personalità al quale assisto mi lascia basito, la donna indifesa e contrita di qualche secondo fa, si fa da parte, sostituita da una persona rabbiosa e ribelle; fissa la mano di Jared e ripete lentamente “Lasciami..Lasciami subito” lui non si muove e lei lo strattona “Ti ho detto di lasciarmi. Ti avevo chiesto di non toccarmi” lui la molla di scatto e lei furiosa gli vomita un fiume di parole “Che cazzo vuoi saperne tu? Pensi di essere in un film..dove l’eroe salva la donna in pericolo , poi diventano amici e c’è il lieto fine? Questa è la realtà! Ho fatto cose di cui non vado fiera e non devo rendere conto a te. Non ho chiesto io di venire qui, non ti ho chiesto io di aiutarmi, non ho mai voluto nulla da nessuno! Quindi smettila di essere offeso dal mio passato perché non mi conosci e non puoi avere pretese di nessun tipo, solo per non essere scappato dalla finestra e aver fatto l’eroe! Vuoi una medaglia al valore? “ si ferma, respira e continua abbassando leggermente la voce “Si, le mie mani sono sporche di sangue; se è questo che vuoi sapere. Cosa ti aspettavi?”

Allarga le braccia sbattendole subito lungo i fianchi, mi guarda ed esce fuori correndo.

Jared è ancora in piedi nella stessa posizione, fissa la porta arricciando le labbra, chiude gli occhi e sospira.



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Capitolo 15
*** Apparenze e Apparizioni ***


APPARENZE E APPARIZIONI


Chloe


Mi volto prima che le lacrime raggiungano la via di uscita attraverso i miei occhi e scappo lontano dai giudizi e dalle incomprensioni. Apro la porta e mi scontro contro un corpo caldo che impreca ad alta voce ma mi prende saldamente prima che la mia faccia tocchi il suolo. Mi aggrappo alle braccia di quest’uomo che mi tira su senza fatica “Ehi stai attenta! Tutto bene?” Annuisco imbarazzata e sfuggo subito al contatto.
Indietreggio leggermente bofonchiando qualcosa che neanche io comprendo.

Di colpo si volta e abbraccia Jared che ci ha raggiunto fuori, lo stringe forte mentre lui mi fissa un attimo intensamente poi si rilassa nella stretta e ricambia il gesto affettuoso con delle pacche sulle spalle forti dell’uomo. Questo lo lascia per guardarlo “Cazzo che spavento…non sparire più! Ok che alle volte sei insopportabile fratello, ma non fino a questo punto” Jared sorride timidamente mentre l’uomo continua a far domande “Dove sei stato? Perché non hai chiamato? Stai bene? Perché non mi hai avvertito subito?”
Tomo tossicchia per attirare l’attenzione “Shan calmati..Venite dentro, parleremo di fronte ad un’abbondante colazione”.
Jared viene trascinato dall’uomo all’interno, Tomo si sposta per farli passare poi mi guarda e mi invita ad entrare con un cenno della testa, sorride appena e mi bisbiglia “Sarai affamata..potrai andartene più tardi se vorrai”
Ancora tremante ed arrabbiata entro di nuovo in casa e mi siedo lontana da tutti intorno alla tavola imbandita. Tomo e la moglie rientrano bisbigliando e si siedono anche loro cominciando a mangiare. Mi allungo a prendere un po’ di caffè e quando la bevanda scende lungo la gola mi rendo conto di quanta fame abbia. Come se mi avesse letta nel pensiero, Vicki mi porge del pane e dei biscotti; li afferro e comincio a mangiare in religioso silenzio.
Lascio che sia Jared a riempire l’aria di parole. Racconta al fratello un sacco di frottole sapientemente condite di dettagli e aneddoti che lui sembra accettare; presto mi estraneo dalla realtà e mi chiudo in me stessa a riflettere.

Me ne andrò quanto prima, tutto questo è ridicolo, tanto quanto la piazzata di quell’esaltato; non è nessuno per poter giudicare la mia vita, tanto meno comprenderla. Non conosce nulla del mio passato e, anche se ne fosse al corrente, non capirebbe comunque. Bisogna viverle certe esperienze per capire fino in fondo cosa ti lasciano dentro, come ti plasmano; sembrerebbe un discorso da vittima che io non voglio essere, ma non lascerò che qualcuno possa giudicarmi e calpestarmi in quel modo. Non l’ho mai preso in giro, sapeva cosa facevo, può prendersela solo con se stesso se adesso deve affrontare un problema che porta il mio nome. Lo aiuterò anche stavolta: andandomene e sparendo dalla sua vita, prima me ne vado e prima saranno tutti al sicuro; entro pochi giorni dimenticheranno tutto e riprenderanno le loro vite normalmente.

Qualcuno mi picchietta sulla spalla distraendomi dai miei pensieri, incrocio due occhi verdi che mi osservano con curiosità “Sei con noi? Jared mi stava dicendo che sei la cugina di Tomo..come mai non ci siamo mai incontrati prima?”
La cugina di chi? Oh santo cielo!
“Ehm..si..una cugina alla lontana. Non viaggio spesso, anzi, a dir la verità non sono mai uscita da casa mia” almeno non sto mentendo del tutto come stanno facendo gli altri con lui.
“Beh, vieni a trovarlo più spesso” Ma sta ammiccando?
Questa sceneggiata sta finendo nel più ridicolo dei modi, perché non gli racconta la verità?
Sorrido imbarazzata e finisco di mangiare quello che ho nel piatto, non mi sono resa conto di aver mandato giù porzioni da leone, anche Shannon se ne accorge e me lo fa notare “Mangi tanto per essere così magra. Quando sei arrivata?”
Perché fa tutte queste domande?
“Questa mattina…sul presto”
“Deve sembrarti strano tutto quello che sta succedendo. Beh non preoccuparti, quando si tratta di mio fratello è la prassi, anche se stavolta si è superato” ride incontrollatamente sbattendo la mano possente sul ginocchio di Jared che risponde con un sorriso tirato;  scompare appena incrocia il mio sguardo.
“Tranquillo, anche a casa mia ne succedono di cose strane” rispondo con un mezzo sorriso e mi alzo, non sopporto la compagnia di altre persone così a lungo, non sono abituata. Mi scuso ed esco fuori nel giardino laterale, respiro a fondo beandomi del vento leggero che mi scompiglia i capelli; all’interno le chiacchiere hanno ripreso il loro flusso, così passeggio sull’erba tagliata di recente e raggiungo un dondolo di legno.

Devo partire quanto prima, ma dove vado? Potrei andare veramente a New York e poi da lì partire verso l’Europa. Prelevare dei soldi dal conto di mio padre potrebbe essere azzardato ma non ho contante con me, i risparmi che ho accumulato nel tempo sognando questo momento, sono nascosti in camera mia e di certo non rischierò di essere scoperta mentre cerco di recuperarli. Dovrò prelevare in fretta e correre sul primo volo disponibile, poi deciderò il resto quando avrò messo chilometri di distanza fra me, questa città e chi la abita. Un pensiero fluttua nella mia testa da stanotte, la cassaforte. Vorrei riuscire ad aprirla prima che qualcun altro arrivi a profanarla e a nasconderla da occhi indiscreti e curiosi come i miei; la curiosità di sapere la verità di cui parlava Sam mi perseguita anche se ho detto il contrario. Voglio sapere cosa contiene di così misterioso quell’aggeggio metallico, devo sapere perché Sam ha aspettato così tanto prima di mettermi al corrente.
Perché proprio ora?
Le sue parole strozzate mi tornano alla mente chiare come illuminate dal sole di mezzogiorno ‘ devi capire…devi sapere..su tuo padre.. Ho fatto quello che ho potuto, mi dispiace’ .
A cosa si riferiva?
Alla sua impotenza nel tenere John lontano da me in quel momento?
Per non avermi detto la verità prima di morire?
Per cosa era dispiaciuto?

“Mi dispiace”

Per un attimo credo che sia il mio cervello a riportare le parole di Sam in vita, ma il timbro di voce differente mi avverte che non sono più da sola.
Jared si è seduto accanto a me facendo muovere il dondolo pigramente.
“Mi dispiace, non avrei dovuto reagire in quel modo”.
Non riesco a guardarlo, ma immagino il suo volto scrutarmi in attesa che io dica qualcosa, so cosa dovrei dire ma non riesco a formulare la frase; eppure sono sempre stata brava a ferire le persone attraverso questo mezzo. Mi rendo conto, in questo momento, che è sempre e solo quello che ho fatto: difendermi.
Non so nulla di come ci si rivolga alle persone quando non bisogna minacciarle, terrorizzarle o allontanarle; questo pensiero è quanto di più triste e veritiero abbia mai capito di me stessa e per un attimo rimpiango di esserci arrivata. Lui smette di dondolare il sedile sul quale siamo seduti “Hai ragione, non ti conosco e non so nulla di te. Ma…la notizia ha aggiunto altra paura a quella che ho provato in questi giorni e sono esploso. Non mi sto giustificando, cerco di spiegare solo come mi sono sentito”
Invidio che lui riesca a farlo così facilmente, vorrei descrivere anche io come mi sento ma è quanto di più difficile abbia mai fatto mettere insieme tutti i pensieri alla rinfusa che vorticano nella mia testa e creare una frase di senso compiuto; basterebbe dire che dispiace anche a me essere stata così maleducata.
Sospira un paio di volte e si muove per alzarsi “Sono stata costretta ” riesco a dire senza ragionare, senza filtrare le parole.
Lui si risiede lentamente senza parlare ed io riprendo “Mio padre inveiva continuamente contro di me, dicendomi che ero una figlia ingrata, inutile e debole come mia madre” riprendo fiato continuando a fissare il tappeto verde sotto ai miei piedi “ parlava così perché non sapeva che fosse mia madre a consigliarmi di non andare. Un giorno venne nella mia stanza e mi disse che aveva un lavoro per me e che se non lo avessi fatto non sarei stata degna di appartenere alla sua famiglia; ripeteva con voce gelida che era stato troppo gentile e compassionevole con me. Sbigottita lo ascoltavo parlare e mi chiedevo quale concezione avesse della gentilezza; a scuola vedevo i padri dei compagni di classe venire a prenderli a fine lezione, portarli in vacanza, a fare un pic nic la domenica. A me non succedeva mai e mi chiedevo continuamente cosa facessi di così sbagliato; capì che non sarebbe stato fiero di me finché non fossi andata con lui. Così accettai il lavoro approfittando dell’assenza di mia madre, lei non avrebbe approvato. Mi disse di andare con gli altri e seguire quello che mi avrebbero detto di fare. Rapirono una donna, la imbavagliarono e mi spedirono da lei per tranquillizzarla, pensavano che comunicare con un’altra donna le avrebbe fatto bene. Ricordo perfettamente il terrore nei suoi occhi, le lacrime silenziose, gli scatti nervosi del corpo legato. Mi pentì subito di aver accettato ma ormai non potevo andarmene, quindi decisi di rimanerle vicino il più possibile ed aiutarla a stare meglio. Il pagamento del riscatto tardò ed io passai tanto tempo con lei, così tanto da affezionarmi. Ero giovane, ingenua e impreparata a tutto quello. Un pomeriggio entrarono nella stanza e la presero con forza trascinandola sul pavimento, la fecero parlare al telefono con qualcuno nonostante lei non riuscisse ad esprimersi tra i singhiozzi ed i lamenti. Mi alzai di scatto e chiesi di smetterla, uno dei nostri mi abbaiò di tacere e puntò la pistola su di lei.
Fece fuoco.
 Il sangue si propagò velocemente, la donna svenne e lui la mollò sul pavimento incalzando al pagamento chiunque ci fosse dall’altra parte della cornetta. Io reagì d’istinto, mi buttai contro di lui, perdemmo l’equilibro e cademmo entrambi a terra. L’arma scivolò verso di me, l’afferrai e gli sparai all’addome” riprendo fiato alzando e abbassando il petto velocemente, asciugo le lacrime che silenziose hanno solcato le mie guance e finalmente guardo Jared negli occhi; sono lucidi e mi scrutano con serietà e tenerezza.
“Non voglio essere compatita ma devi sapere che non tutto è come sembra”
Deglutisce rumorosamente e mi sfiora la mano delicatamente, aspetta di vedere la mia reazione e quando nota che non sfuggo alla sua presa, la stringe.
Annuisce serio ma poi si arrende ad un sorriso timido.
Sorrido impercettibilmente anche io e stringo la sua mano morbida e calda.

“JAY!!” una voce stridula mette fine alla conversazione, una donna bionda ed alta  irrompe nel giardino.
Jared lascia la mia mano ed esclama “Kate!”

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Capitolo 16
*** Nuove Letture ***


NUOVE LETTURE


Will


Accendo la luce al neon della stanza d’ospedale che prende vita  dopo un paio di lampi.
Mi avvicino lentamente al letto e mi siedo sulla sedia grigia.
John sbatte gli occhi un paio di volte distogliendo lo sguardo dal soffitto e incrociando il mio.
“Come stai?” tossisce un paio di volte per schiarirsi la voce “Come vuoi che stia? Sono mezzo rincoglionito dai farmaci e incazzato nero”
“Intendevo dire fisicamente..senti dolore?” pigramente muove gli arti e risponde “Credo che i farmaci plachino abbastanza il dolore”
Non ha una bella cera: il colorito pallido risalta maggiormente le occhiaie scure intorno agli occhi , il livido sulla fronte ed i piccoli graffi sparsi.
Non chiede come stia io, le cose che gli interessano sono altre.
“Dobbiamo trovare quella troia ed il suo amichetto”
Annuisco “Ci stiamo già pensando, non preoccuparti”
“Bene. Cerca in ogni angolo della terra e quando l’avrai trovata portala da me. Invece il ragazzo riempilo di legnate, poi uccidilo e buttalo in un fosso”
“Credo che i piani siano altri” si acciglia e mi guarda non capendo a cosa mi riferisca.
“Tuo padre ha già dato ordini in merito. La stiamo già cercando..” Si tira su a sedere con fatica “Bene, quanto prima sarò di nuovo da voi a comandare l’operazione” Mi schiarisco la voce in imbarazzo, mi alzo e cammino intorno al letto “Non credo che sia una buona idea..”
“Che intendi dire..?” Sbuffo e prendo coraggio “Qualcuno dovrà dirtelo prima o poi e credo che debba farlo io…Tuo padre ti ha tolto l’incarico e l’ha passato a me” .
Alza piano la testa, la scuote leggermente ed un sorriso amaro gli dipinge il volto di un’espressione raccapricciante “Ma che bravo il mio amico..” fa un piccolo applauso e continua “Non vedevi l’ora che arrivasse questo momento eh?”
“John, sono ordini di tuo padre. Pensi che avrebbe accettato un No come risposta? Non essere stupido..” .
Stringe i denti.
“Non osare!!” alza la voce ed un colpo di tosse lo prende alla sprovvista “John, non ho mai voluto rubarti il posto, sai quanto non mi piace essere al centro dell’attenzione”
“Lo so? Non so più niente! Credevo che mio padre mi stimasse…”
“L’ultima parola che ha detto riguardo a te è stata: deluso”
“Deluso da cosa? Ho fatto il possibile per cercarla, riportarla a casa e trovare quel pezzo di merda che mi ha quasi ammazzato! Da cosa sarebbe deluso? E perché non è qui a dirmelo?” il tono di voce è salito ancora, lui comincia ad essere paonazzo per la  rabbia e per lo sforzo che fa per parlare.
“ E’ deluso perché gli hai tenuto nascosti i tuoi piani, hai agito da solo e ti sei lasciato sfuggire la situazione di mano. Sono state queste le uniche parole riguardo quest’argomento” John si fissa le mani che sfrega nervosamente, tace e scuote la testa impercettibilmente.
“John..io..”

“Sparisci”

“John..cos’altro avrei dovuto fare?”

“Ti ho detto di sparire” non urla, non inveisce. Questo mi fa rabbrividire ancora di più.
Annuisco anche se lui non può vedermi ed esco dalla stanza lasciandolo solo.

In corridoio c’è Kevin ad aspettarmi, appoggiato con la schiena al muro. Come lo raggiungo mi affianca e mi segue.E’ eccitato per la sua nuova posizione, non ha mai lavorato sul campo e questa è la sua occasione per dimostrare quanto vale, o quanto non sia in grado di fare nulla.
“Come ha preso la notizia?”
“Come vuoi che l’abbia presa..”
“Gli passerà vedrai. Cosa devo fare?”
Mi fermo di fronte alla porta d’uscita dell’ospedale ed osservo il tramonto.
No che non gli passerà, non risolve mai così i suoi problemi. Il suo silenzio rabbioso mi mette in allarme più di qualsiasi urlo, gesto o imprecazione avrebbe potuto usare.
“Vorrei capire cosa c’è che non va in quella famiglia” mentre lo dico, la consapevolezza che ogni mio gesto sia stato sbagliato infila le radici nei miei pensieri. Ogni cosa che ho fatto si ripercuoterà su di me presto o tardi.
“Bob respira ossigeno e sputa fuori odio. Cosa ti aspetti abbia insegnato?” Guardo Kevin con insolita ammirazione per la metafora e lui sorride “Sono poetico è? Non è farina del mio sacco, l’ho sentito in un film alla tv l’altra sera mentre mia madre, in camera sua, si stava scopando la sua nuova conquista”
“Mi sembrava strano. E comunque farò finta di non aver sentito il resto della frase”
Lui alza le spalle “Seriamente Willy, non farti domande se non vuoi ritrovarti in una fossa”
“Voglio solo capire cosa spinge quei due ad odiarsi così tanto”
Kevin non risponde, si limita a porgermi una cartella azzurra.
“ Che roba è?” l’afferro e la apro per vederne il contenuto “Forse la risposta alle tue domande. Era a casa del dottore, l’ho trovata dopo aver ripulito tutto. Cercavamo qualche indizio e l’ho presa, è su Chloe, ci sono appunti, dichiarazioni, riflessioni su di lei.”
“Il dottore era il suo strizzacervelli?”  sfilo un foglio dalla pila e sfioro la calligrafia filiforme di una stilografica.
“Che ne avesse bisogno era chiaro a tutti. Dentro c’è anche una sorta di diario che il dottore scriveva personalmente, ma da quel poco che ho letto è sempre su di lei” .
Annuisco e rimetto tutti i fogli nella cartella.
“Will, non ho detto a nessuno ancora di questa cosa, devo riferire o no? Aspettavo di chiederlo a te” Guardo Kevin con insolita ammirazione un'altra volta “Hai fatto bene. No non parlarne, ci penserò io a riferire se necessario” Lui sorride fiero di se stesso e scende i gradini; lo seguo fuori respirando forte, facendo entrare aria nei polmoni, ringraziando che ancora io sia qui a respirare.
Non ce l’ho con Chloe per avermi messo ko, sapeva che l’avrei fermata se avessi scoperto cosa stava per fare.
“Bob ha detto di dirti che, prima di cercare Chloe, devi tornare in casa del dottore e fare una cosa per lui”
“Sarebbe?”
“Aprire la cassaforte che abbiamo trovato, vuole essere sicuro che non ci sia nulla che riguardi lui”
Sbuffo spazientito.
“Sono diventato Lupin per caso?”
Lui ride disinvolto e mentre si incammina verso la sua auto risponde “Diventa chi ti pare ma credo ti convenga aprirla”
Ancora una volta devo dargli ragione.
Lo guardo entrare in macchina ed allontanarsi verso il cielo ormai scuro, il sole è stato inghiottito dal mare e le luci cominciano ad illuminare l’oscurità che incombe. Salgo nella mia auto e accendo la luce per poter dare un’occhiata ai fogli nella cartella azzurra. La scrittura leggibile e chiara racconta di quanto tempo lei abbia passato con lui e mi rendo conto di quanto io poco ne sappia sul suo conto. Sfilo da una tasca laterale un quaderno più piccolo, con la copertina stropicciata e lo sfoglio velocemente. L’odore di inchiostro che mi impregna le narici, è troppo forte per essere li da tanto tempo. Torno alla prima pagina ed incomincio a leggere rapidamente: "Siamo seduti uno di fronte all’altra e lei si guarda intorno con aria smarrita, ha le mani nascoste dalle maniche troppo lunghe della felpa che indossa e che continua a torcere dall’interno. Le ho fatto qualche domanda per tastare il terreno ma risponde a monosillabi, sarà difficile estrapolarle qualcosa, ma ho avuto pazienti peggiori. Quello che più mi preoccupa è il motivo per cui sono stato scelto io per questa analisi. Dovrei scrivere questi appunti sul suo profilo psicologico originale ma credo che Bob vorrà ispezionarlo per tenerla sotto controllo, quindi trascriverò solo quello che ritengo opportuno. Questo quaderno serve a me per fare mente locale sul suo stato, quanto servirà a lei in futuro per avere un quadro generale della sua evoluzione; sperando che si fidi di me e rimanga abbastanza tempo per aiutarla”
Giro pagina velocemente, avvinto dalla curiosità e continuo a leggere: “Oggi è molto più tranquilla, mi ha detto che è stata ritirata da scuola per aver picchiato due compagne di classe che le avevano fatto qualche domanda sulla madre. Mi ha spiegato che si sentiva meglio mentre le picchiava ma, di essersi  sentita in colpa subito dopo, avrebbe voluto chiedere scusa ma se ne vergogna. Non riflette molto quando agisce, a differenza di quando deve parlare, pondera bene quello che dice, scegliendo accuratamente cosa dire e cosa, invece, tacere.”
A piè di pagina c’è una nota: “Oggi è venuto Bob a farmi visita, non mi aspettavo di vederlo così presto e che venisse di persona. Mi ha salutato molto freddamente chiedendomi solo di vedere la cartella di Chloe, gli ho detto che avrei potuto fargli un breve riassunto, ma lui ha voluto che gli consegnassi quello che avevo scritto. Si è seduto sulla poltrona immergendosi nella lettura, l’orologio scandiva i secondi insieme al battito del mio cuore durante l’attesa. Quando ha terminato la lettura mi ha riconsegnato la cartella e senza salutare si è congedato. Nessun commento, nessuna richiesta, nessuna spiegazione…eppure l’ultima volta che ci incontrammo non fu così taciturno”

Lo squillo del cellulare mi fa sobbalzare, come se fossi stato scoperto.  Agguanto tutti i fogli alla rinfusa e li chiudo nella cartella insieme al quadernino. Guardo lo schermo e rispondo sapendo già cosa sentirò: nessuna domanda, solo ordini abbaiati senza spiegazioni.

Le domande non sono mai abbastanza ed io sto incominciando a farmene troppe, quella che occupa più spazio nella mia testa è solo una: tutto questo è davvero così inevitabile?

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Capitolo 17
*** Sottovalutata ***


SOTTOVALUTATA


Chloe


“No! Non alzare le fruste altrimenti schizzi la panna ovunque!”

“Scusami…te l’ho detto che non ho mai cucinato in vita mia!” afferro un fazzoletto e ripulisco il piano della cucina impiastricciato di panna liquida.
Avevo avvertito  Tomo di non mettermi a cucinare, ma ha insistito così tanto che non sono riuscita a fargli cambiare idea. Mi affretto a ripulire il casino non accorgendomi che le fruste sono ancora in funzione, le agito in aria e Tomo, invece di imprecarmi dietro, scoppia in una risata fragorosa. Spengo l’aggeggio infernale che stringo nella mano e mi volto verso il punto indicato dal mio pseudo cugino.
Mi immobilizzo di fronte alla figura di fronte a me.
Il viso di Jared è ricoperto di panna e persino i capelli sono impiastrati del liquido biancastro. “Potresti riporre l’arma per favore? Sta sgocciolando sulle mie pantofole”
Abbasso lo sguardo.. 
“Merda!”
Getto tutto nel lavandino mentre Tomo si asciuga le lacrime ancora piegato in due dalle risate. “Merda, Jared. Avevo detto a Tomo che ero un disastro in cucina..”
“Allora siete in due!” esclama lui tra una risata e l’altra.
“Ah-ah molto simpatico. Mi avete sporcato ed ora ridete anche?”
“Io non sto ridendo!”
“Ehi, è stata lei a sporcarti!” smette di ridere ed entrambi finiamo ricoperti di panna, dopo che Jared ci lancia il contenuto della ciotola che stavo provando a montare.
Tomo ricomincia a sbellicarsi di risate rincorrendo un Jared spaventato che non vuole farsi abbracciare; girano intorno al tavolino come due bambini.
“Smettila croato o ti butto fuori dalla band!”
“Come se ne fossi capace! Vieni qui…fatti dare un abbraccio..”
Il buonumore coinvolge anche me ed un sorriso spontaneo alleggerisce la mia espressione, sento i muscoli del viso tendersi come non avevano mai fatto ed esplodo in una risata genuina. Scatto verso Jared che mi da le spalle e lo abbraccio con l’intenzione di sporcarlo completamente ed aiutare Tomo a completare il suo piano. Lui batte le mani entusiasta del mio coinvolgimento nei giochi, ci raggiunge e afferra Jared dall’altro lato.

“Vi state divertendo?”

Ci sleghiamo rapidamente quando Kate compare in cucina, le braccia sui fianchi, il volto corrucciato e lo sguardo indispettito. Smettiamo di ridere e cerchiamo di sistemare il casino della cucina.
“Si, finchè non sei arrivata tu” risponde Tomo mentre prende altra panna dal frigo. Jared gli lancia un’occhiataccia ma l’amico alza le spalle.
“Posso dare una mano?” si avvicina al fidanzato con un fazzoletto cercando di togliergli i residui dai vestiti. “Credo che farò prima a fare una doccia e cambiarmi” sfila la maglietta dalla testa con una mossa veloce ed io distolgo lo sguardo; afferro un cucchiaio di legno e mi concentro a mescolare il sugo che bolle nella pentola non prima di aver visto Kate lanciarmi un’occhiata di fuoco. Con voce forzatamente suadente dice “Posso farti compagnia nella doccia tesoro?” Sento Jared rispondere “Non mi sembra il momento…” Tomo termina la frase per lui “visto che la cena sarà pronta tra poco”
Guardo con la coda dell’occhio Jared scomparire oltre le scale e Kate mi osserva con sguardo gelido.
“Ci vorrebbe del basilico qui…” dice Tomo tra se e scompare in un’altra stanza fischiettando mentre io torno a far finta di mescolare la poltiglia rossa. L’odore che emana risveglia il mio stomaco.

“Allora sei la cugina di Tomo?” si è seduta su una sedia e mi guarda sospetta.
Le gambe fasciate dai jeans sono accavallate sapientemente ed ondeggia il tacco alto, rimasto sospeso in aria, con fare nervoso. Si sistema la camicia rosa cipria, sfiorandola con le unghie laccate di rosso e sposta una ciocca dorata dietro al collo. “Si..cugina lontana” rispondo annoiata; se sta cercando di mettermi a disagio non ne uscirà vittoriosa.
“Perché non ti ho mai vista?” sbatte le ciglia truccate e incrocia le braccia che le strizzano i seni. “Non vengo mai a trovarlo…non ho mai viaggiato molto” cerco di risultare il più normale possibile mentre mento.
“Probabilmente gli altri si saranno bevuti questa storia ben costruita, ma io no tesoro” Sorrido, per nulla divertita.
“Mi sorprendi, ti facevo più stupida” rapidamente si alza per arrivare a pochi centimetri da me “Non mettere le mani su quello che è mio, hai capito?”
“Parli della cena?” lei strizza gli occhi, probabilmente pensando  che sia una mossa intimidatoria  “Ti spezzo le braccia e mi ci faccio una borsa”
Esplodo in una risata poco signorile “Certo che ne hai di fantasia eh Kate!”
Scuoto la testa e le infilo nella mano il cucchiaio di legno “Volevi aiutare? Ecco…renditi utile!”
Esco nel cortile ed il fresco mi solletica le guance accaldate.

Non ho mai avuto a che fare con una donna gelosa del proprio uomo, non ho avuto mai a che fare con un uomo  o meglio, con un uomo che proverebbe qualcosa per me, l’idea non mi ha mai sfiorata. Di cosa si preoccupa poi? Una donna come lei non dovrebbe temere una come me, non se ha qualche debito o mi minaccia. Con dispiacere noto che non vado molto a genio alla razza femminile. Con le donne non mi sono mai trovata molto bene, non hanno mai avuto parole carine per me che volevo solo passare inosservata. Hanno sempre avuto da ridere sul mio fisico o sul mio comportamento: sei troppo magra, hai il seno troppo piccolo, sei sgraziata, non ti trucchi mai, mangi troppo velocemente, hai le braccia lunghe,..e potrei continuare per giorni.
Chi ha deciso come bisogna essere? Sono come sono, da quando è un problema?

Sfioro i petali di una rosa rossa di uno dei tanti cespugli che crescono intorno al giardino. Sembra di essere fuori dal mondo, fuori dal mio mondo. Per la prima volta mi aggiro senza paura in una casa piena di estranei, sembrano tutti così legati e socievoli da mettermi in soggezione. Soprattutto quando guardo Jared e Shannon; basta osservarli un attimo per capire quanto si vogliano bene e quanto tengano l’uno all’altro, qualcosa che io non conosco minimamente; anche se credo di essermi affezionata un po’ nonostante non ne avessi  intenzione e le poche ore condivise con tutti.
 Sarà dura lasciare tutto questo e ricominciare da sola ma lo devo a me stessa.
Se riuscissi, Sam sarebbe fiero di me.

Il buio ha inghiottito le sagome dei tetti delle case della via buia e deserta, non c’è nessuno in giro visto l’ora di cena. Solo un ragazzo passeggia di fronte casa, è di spalle con il cappuccio della felpa tirato su. Cammina avanti e indietro ripercorrendo i suoi stessi passi senza alzare lo sguardo, sembra stia aspettando qualcuno. Quando un’auto gli sfreccia accanto ad alta velocità, alza leggermente la testa per osservarla ed incrocia il mio sguardo.
Ci blocchiamo entrambi come due statue.
Mi ha riconosciuta, ed io ho riconosciuto in quel volto da ragazzino, quello di Kevin.

Merda!

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Capitolo 18
*** Arrivi e Partenze ***


ARRIVI E PARTENZE


Tomo


“Ho trovato solo il basilico in polvere. Ce lo faremo andare bene”
Entro in cucina e trovo solo Kate seduta sul divano che fa zapping alla tv del tutto disinteressata. “Dov’è Chloe?”
“La signorina è qui fuori” neanche mi guarda mentre  risponde.

Esco in cortile e controllo rapidamente da ogni parte. Di Chloe nessuna traccia. Mentre sto rientrando per dirne due a Kate, presumendo abbia detto qualcosa di troppo, mi accorgo del cancello leggermente aperto. “No!”
Corro all’interno e mi blocco di fronte alla vincitrice del premio stupidità “Cosa hai detto a Chloe?” Non risponde, continuando a cliccare con foga sui pulsanti del telecomando. Le sfilo l’aggeggio di mano, lei impreca ma continua a non rispondere. “Che cosa le hai detto?” finalmente mi guarda “Quello che merita!”
“Sai cosa meriteresti tu invece?”
“No cosa? Sentiamo..”
Sto per aprire bocca quando Jared appare in salotto “Cosa succede qui?”
“Non trovo Chloe” mi guarda spalancando gli occhi e si riavvia i capelli nervosamente. “Sarà andata a farsi un giro..non mi preoccuperei” interviene Kate annoiata.
Lui la ignora e, afferrando un paio di giacchetti, dice “Tomo vieni con me..andiamo a cercarla” Getto il telecomando che ho in mano sul divano evitando di colpire Kate, nonostante avessi voluto il contrario, e lo seguo. Lei si alza contrariata “Ma che ti prende? Perché vai a cercarla?” Supero Jared che tiene la porta aperta e lo sento rispondere “Non metterti in mezzo Kate, rimani qui” chiude la porta e mi segue in strada.
 
“Controlliamo all’aeroporto” fa scattare la cintura di sicurezza.
Accendo il motore e mi immetto in strada. “Kate le ha detto qualcosa. Pensi abbia capito?” Guardo con la coda dell’occhio Jared che scuote la testa e si riavvia i capelli in continuazione.
Non risponde e decido di non infierire con le domande; probabilmente si sente responsabile per la sua incolumità. Non dovrebbe, mi sembra una ragazza che sa badare a se stessa; anche se mentre penso questo mi rendo conto di non sapere tutto quello che è successo e che lui ne sappia sicuramente più di me.
Cosa l’ha spinta ad andare via?
Aveva detto che sarebbe partita presto per non metterci in pericolo ma speravo avvertisse. Improvvisamente un dubbio si fa strada nella mia mente, vorrei non averlo mai pensato, ma potrebbe essere l’unica soluzione a spiegare questo comportamento. “E se l’avessero presa?”
Jared sospira ed annuisce.
“L’avevi già pensato?” Annuisce ancora.
“Allora perché stiamo andando all’aeroporto?”
Finalmente parla, nonostante la voce bassa, riesco a sentirlo “Non so dove cercarla, non so nulla di lei” la sconsolante verità mi ammutolisce.
Entro nel parcheggio delle partenze e spengo la macchina seguendo Jared che si è già catapultato fuori.
L’edificio è colmo di persone che camminano in tutte le direzioni, chi trascina dietro di sé chili di valige, chi invece passeggia tranquillamente chiacchierando al telefono o con qualcuno al suo fianco. Tutte le sedie sono occupate da persone che attendono annoiate intrattenendosi in ogni modo. Il chiacchiericcio fa da sottofondo ai rumori che ormai, grazie agli svariati viaggi, ho imparato a sopportare. Sarà difficile trovarla in questa folla di gente, ammettendo che sia davvero qui. “Dividiamoci, chi la trova per primo chiama l’altro” propone Jared; annuisco e mi dirigo nella parte opposta.

Cammino veloce, controllando ogni volto, beccandomi anche qualche occhiata contrariata per la mia troppa curiosità. Troppe volte il cuore mi balza in gola quando credo di averla trovata, riconoscendo qualche suo dettaglio in altre persone. Inciampo un paio di volte, troppo concentrato per guardare dove vado.
Dopo mezz’ora mi fermo e controllo che il cellulare abbia squillato senza che me ne accorgessi. Lo schermo restituisce soltanto il mio riflesso, quello di un uomo che non sa cosa sta facendo.
Una donna anziana mi si avvicina cauta con l’indice alzato “Mi scusi..posso chiederle un’informazione?” Annuisco e sorrido per incalzarla “C’è un altro aeroporto oltre a questo?” l’accento forzato mi fa capire che deve essere una turista “Si, ma è un po’ lontano. Dovrebbe prendere il treno o il taxi per raggiungerlo” * si acciglia guardandosi intorno, poi mi sorride “Credo mi converrà allora, molti voli qui sono stati cancellati. La ringrazio” alza la mano per salutarmi e si allontana verso l’uscita, trascinandosi dietro il pesante bagaglio.
No, signora, grazie a lei!!
Afferro il cellulare e avvio la chiamata rapida, Jared risponde al secondo squillo “La stazione dei treni o l’altro aeroporto! Ci vediamo alla macchina!”
Raggiungo l’automobile e trovo Jared già li appoggiato allo sportello, apro ed entriamo in fretta.
“Credi sia alla stazione?”
“Lo spero, altrimenti dovremo lasciar stare”
“No!”
“Se lei non ti ha avvisato probabilmente non voleva esser trovata. Ci hai pensato?”
“E se lei si fosse stata allontanata con la forza?”
“Ormai sei convinto e non riuscirò a farti cambiare idea..” dico spazientito, quando si mette in testa qualcosa è una battaglia persa in partenza.
“Non sono convinto, ma voglio accertarmene..”
“E come intendi fare? Cercarla in tutta la città?”
“Se necessario..” sbuffo spazientito “Non è una tua responsabilità!”
“Le ho detto che l’avrei aiutata…voleva farsi aiutare..”
“Potresti aver capito male”
“No, ho capito benissimo invece” smetto di rispondere, il tono di voce serio e concentrato che ha usato mi lascia senza parole. Probabilmente non so qualcosa o mi sfugge.
Mi limito a guidare nel traffico, cercando di fare più in fretta possibile. Ogni opzione potrebbe essere quella giusta, non deve infilarsi in cose più grandi di lui, soprattutto quando non è responsabile di niente e nessuno.
Svolto fluidamente nel parcheggio della stazione semideserto e scendiamo per cercarla all’interno.

Solo qualcuno seduto sulle panchine fissa il vuoto aspettando. Mi stringo nella giacca quando un treno sfreccia senza fermarsi, alzando un vento gelido. Seguo Jared che si avvicina ai binari per controllare tutte le panchine occupate. Una famiglia con un bambino, un uomo in giacca e cravatta che parla al telefono, due ragazzi che schiamazzano, un anziano signore che legge il giornale, ed una ragazza con il cappuccio alzato sulla testa che si guarda intorno.
Jared di fronte  a me si blocca quando riconosce Chloe.

“Voleva essere aiutata eh?”








*Immagino non ci sia un altro aeroporto vicino all'altro ma ho dovuto inventarmelo ai fini della scena, sorratemi.




Come va? Vi sto perdendo lungo il tragitto o ci siete ancora? ^_^ Grazie a chi recensisce e chi legge la storia senza dirmi nulla, ma se vi va lasciatemi due parole, anche per dirmi cosa vi piace e cos ainvece vi fa schifo xD Al prossimo capitolo! :*

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Capitolo 19
*** Binari ***


 BINARI

Chloe


Sarebbe una bugia dire che non me lo aspettavo.
Sarebbe più stupido affermare che ho agito d’istinto proprio per evitare questa situazione, ma gonfio i polmoni di aria nuova e affronto quello sguardo deluso e arrabbiato che mi inchioda. La scena da film che volevo evitare mi viene incontro insieme all’uomo che, inevitabilmente, si pone la domanda più ovvia, ma non riesce ad esprimerla una volta seduto accanto a me. Rimaniamo in silenzio per qualche secondo aspettando che uno dei due dica qualcosa di stupido.

“Pensavo volessi essere salvata. Devo essermi sbagliato”
“Capita anche ai migliori” non lo guardo e non voglio guardarlo, vedrei solo un’espressione delusa e mi conosco a tal punto da sapere come mi comporterei; farei di tutto per giustificare la mia impulsività con scuse banali, lontane anni luce dalla verità.
“Si, ma non ci si fa mai l’abitudine” le parole che non dice sono quelle che rimbombano nella mia testa e cerco di scacciarle scuotendola.
“Mi deluderesti se riuscissi a farlo” parlo come se lo conoscessi da un’infinità di tempo, come se importasse qualcosa.
“La delusione è sempre dietro l’angolo” ottima scelta di parole per uno che non vuole affrontarmi, o forse sono io a non volerlo.
“Dipende da che punto si guarda la vita. Per qualcuno può essere una delusione, per altri una liberazione” Immagino qualcuno ascoltare la nostra conversazione dall’esterno e trattengo un sorriso nel capire che non afferrerebbe nulla del nostro discorso, solo parole vuote.
“Da qualsiasi punto la guardi rimane sempre una delusione, nonostante ti riempiano di belle parole”
“Dietro alle parole che non dici, si nasconde l’incomprensione che genera le delusioni…ma…”
“Per questo bisogna essere sempre chiari”
“ma…a volte non sono necessarie per spiegare l’ovvietà”
“E’ ovvio per te Chloe” mi volto appena per vedere i suoi occhi congelarmi all’istante e accusarmi in un muto urlo disperato, mi sta implorando di spiegare, di aprirgli la mia mente. Dovrei spiegare che sono fuggita per non metterlo in pericolo, che me ne vado per dimenticare. Dovrei dirgli che se mi aprissi con lui, quel poco che basterebbe per fargli capire; sarebbe difficile ricominciare da capo, da sola. Mi appoggerei a lui finché non sarei in grado di farcela da sola e non sarebbe quello che voglio. Ho bisogno di prendere in mano la mia vita, di dimenticare tutto quello che mi ha portata nel presente che sto vivendo, tutti gli errori, tutte le scelte incoscienti e non.
Dovrei dirgli che sarei sollevata di sapere che c’è lui ad aiutarmi, a dammi forza; ma mi lascerebbe andare una volta saputa la verità?
Posso mettere a rischio la mia decisione solo per togliere quell’espressione abbattuta dal suo viso? Posso farlo solo per non sentirmi in colpa; perché sento già di essere in debito con lui?
So la risposta da quando si è seduto accanto a me, la so da quando ho deciso di nascondermi dietro a parole prive di senso.
“Un giorno sarà ovvio anche per te”
Rilassa il viso e la ruga tra le sopracciglia sparisce, ma non la sua insistenza.
“Non sono tutti interessati a capire, ci si stufa facilmente se non si ha un po’ di motivazione” sospiro, colpita dalle parole sapientemente scelte per ferirmi nell’orgoglio.
“E quale motivazione porta te ad essere così insistente?” probabilmente non si aspettava che fossi così diretta, inclina la testa da una parte fingendo di soppesare la risposta.
“La convinzione che lasci credere agli altri quello che vogliono, nascondendoti dietro ai loro giudizi solo per non metterti in gioco” distolgo lo sguardo dal suo, quando assume l’espressione da –colpita e affondata- .
Sta dicendo quello che pensa di me o cerca di provocare una reazione?
“Sai bene le regole di questo gioco perché ne sei l’indiscusso vincitore da anni?” Sorride vittorioso.
“Solo con chi non merita le mie attenzioni. Tu lo fai con chiunque”
Guardo velocemente l’orologio della stazione “Non sei fuori dall’orario delle visite, dottore?”
“Quando ci sono certe urgenze non bado a cose futili come il tempo” mi alzo in piedi per allontanarmi dal suo sguardo vittorioso, sta cercando di farmi esplodere come è già successo. Ha capito come far scattare la molla incastrata tra le parole ed i pensieri, devo resistere ancora qualche minuto, finché non arriverà il treno che metterà distanza tra me e questa assurda situazione.
“Sei giunto a qualche conclusione oltre all’ovvietà del mio brutto carattere?”
Si alza anche lui mantenendo però qualche passo di distanza da me, come se avesse paura di avvicinarsi.
“Nessuno ha detto che è brutto, volevo solo farti notare quante energie sprechi” non capisco e lui se ne accorge perché prosegue “sarebbe più semplice mostrarti per quello che sei anziché fingere” se sta cercando di farmi arrabbiare ci sta riuscendo, ma non sarà altrettanto facile farmi vacillare.
“E se io non stessi fingendo?”
Accorcia la distanza tra di noi facendo qualche passo verso di me.
“Vorrebbe dire che la bella persona nascosta in te, è stata solo un miraggio”
“No, forse ti sei fatto  un’idea sbagliata. Nessuna persona nascosta dietro ad atteggiamenti costruiti, solo un uomo con una fervida immaginazione, che crea aspettative troppo alte. E’ per questo che rimani deluso, non è colpa delle incomprensioni” 

Un fischio in lontananza ci riporta alla realtà, il treno rallenta per entrare in stazione e le altre persone intorno a noi si avvicinano per prepararsi a salire.
Jared si sposta di lato per lasciare libero il passaggio ma non smette di osservarmi, la sua risposta è lì pronta per essere ascoltata e ricordata. Il treno, alle mie spalle, apre le porte attirando al suo interno le persone come una calamita.
Tutti, tranne me.
Lo respingo come fosse del mio stesso polo, come se salire portasse ancora più negatività al mio stato attuale scosso da quello opposto, che è Jared. Mi fissa a braccia conserte aspettando che faccia la mia scelta, sembra che io sia sotto esame. La mia decisione influenzerà tutto quello che verrà ed io ho pochi secondi per schierarmi. Vorrei che lui avesse avuto l’ultima parola, potrei incolparlo di avermi portato a fare una scelta affrettata ma, tristemente, mi rendo conto che la scelta non c’è mai stata, che non mi ha mai chiesto di scegliere, solo di ammettere che avesse ragione.

Lo accontento voltandomi e salendo, dimostrandogli che non mi metto in gioco lasciandogli credere quello che vuole.
Annuisce mentre le porte si chiudono con un sonoro schiocco, il treno fischia attirando l’attenzione su di se e si allontana.

La sua delusione nasce dalle false aspettative che riversava in me. Ma quando speri in te stesso, la delusione è ancora più alta dell’aspettativa stessa.
Qualsiasi decisione avessi preso l’avrebbe lasciato, prima o poi, con un espressione delusa sul volto.

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Capitolo 20
*** Annegare ***


ANNEGARE

Will



“ Che cosa?”
“Mi sono voltato a cercare il cellulare per chiamarti ed è sparita!”
“Dov’era? Ti ha visto?”
“Era a casa di Milicevic, dove mi avevi detto di controllare. Mi ha visto…si..”
“Merda!”
Kevin mi guarda in attesa, aspetta che gli dica cosa fare, come se lo sapessi.
“Controlla le registrazioni degli aeroporti e delle stazioni, non mi viene in mente nient’altro”
“E se fosse ancora qui?” sbuffo e mi gratto la testa ripetutamente, come se il gesto mi aiutasse a far chiarezza nei pensieri.
“Pedina quel Leto, se sa dov’è, ci porterà da lei”
Kevin annuisce un paio di volte e lascia il mio appartamento.

Non siamo stati abbastanza rapidi e scaltri.
Non lo sono stato e ne pagherò il prezzo.
Riprendo posto al tavolo della cucina e riapro lentamente il fascicolo del dottore, ho dato importanza a questi documenti quando dovevo impiegare le mie energie a cercarla.
Da quando ho iniziato la lettura non riesco a smettere, sono affascinato come di fronte ad un film psicologico, in cui il protagonista ha bisogno di uno spettatore colmo di empatia per riuscire ad essere capito.
Riprendo il segno che ho lasciato quando Kevin è entrato in casa mia.

- ….mi ripete spesso che si sente come se non riuscisse a formulare frasi di senso compiuto quando deve parlare di lei, che ogni parola è chiara nella sua testa ma quando la trasforma in suono, ne esce modificata. Oggi ho provato un approccio diverso, mi ha detto che le piace leggere, quindi le ho chiesto di trovare in un libro la risposta alla domanda che le feci e alla quale non ho avuto risposta: Se potessi osservarti dall’esterno, come ti vedresti?
E’ tornata il giorno dopo con un libro tra le mani, si è seduta in attesa, visibilmente nervosa. Un foglio tra le pagine era stato usato come segnalibro e le parole scelte erano sottolineate a matita:
….i capelli umidi  la avvolgono come uno scrigno, dopo che è risalita in superficie a prendere aria. Rischia di annegare nelle lacrime che non versa, con la testa costantemente sott’acqua, ogni respiro è rischioso perché non sa mai se riempirà i polmoni di ossigeno o di veleno. Non vedo i suoi occhi, non vedo il suo sorriso. E’ sola, persino quelli che si definiscono amici non sentono l’acqua che la spinge in profondità, i nemici la tengono per i capelli in modo che lei non risalga. Annaspa in cerca di aria pulita, non le piace la profondità oscura che vede sotto i suoi piedi e non vuole afferrarla. Il suo più grande nemico è se stessa, quella parte di lei affascinata dall’oscurità, ha paura che se ne innamori e voglia raggiungerla, quando invece vorrebbe solo risalire a galla e respirare alla luce del sole
-
 
Guardo l’orologio, infilo la giacca e mi dirigo all’appuntamento.
 
La porta è aperta, entro e me la richiudo alle spalle.
Bob è al telefono, alza lo sguardo verso di me, mi invita ad avvicinarmi ed io eseguo.

Mi fisso i piedi aspettando che finisca la telefonata, incrocio le braccia al petto per darmi coraggio.

Sento il rumore del telefono che viene riposto e il silenzio mi invita ad alzare lo sguardo verso l’uomo vestito di tutto punto di fronte a me.
Non mi guarda quando inizia a parlare “Ti ho convocato per una richiesta urgente, ma abbiamo un attimo di tempo in cui tu puoi aggiornarmi su eventuali novità”.
Sempre così impostato e freddo.
“Kevin ha trovato Chloe ma gli è sfuggita, non sappiamo dov’è in questo momento, ma ci siamo messi già in moto per trovarla. Per quanto riguarda la cassaforte, ci sto lavorando” prima di venire qui avevo già deciso inconsciamente che sarei stato freddo e distante come lui, per quanto possibile. Alza leggermente un sopracciglio prima di riprendere a parlare “Sfuggita? In che modo?”
“Era in una delle zone poste sotto sorveglianza da quando mi ha dato l’incarico, ha riconosciuto Kevin ed è scappata senza che lui se ne accorgesse. E’ stata scaltra, veloce e silenziosa” mi sento in obbligo di aggiungere questo particolare, forse per difendere Kevin.
“E’ sempre stata scaltra, avreste dovuto saperlo ed essere preparati a questo, non mi aspettavo nulla di meno da lei” sembrerebbe quasi orgoglioso se non avessi riconosciuto quel cipiglio infastidito nel suo sguardo.
“Quello che mi preme di più è la cassaforte, voglio il suo contenuto al più presto possibile” Chiunque avrebbe un fremito di inquietudine di fronte alla durezza del tono di voce di quest’uomo, persino chi non lo conosce e non sa di cosa sta parlando, persino me.
“Sono già all’opera, credo di riuscire ad aprirla entro domani”
“Credi?” fa una pausa mentre incrocia le braccia al petto “Non devi crederlo, devi esserne sicuro. Mi aspetto di sentire solo sicurezze da parte tua, anche quando non ce ne sono; perché non ho tempo di soppesare le tue parole, non ho tempo di cercare di capire quello che vuoi dirmi. Quindi ti faccio una domanda e tu risponderai con chiarezza: domani avrò in mano il contenuto della cassaforte?”

Devo dare la colpa a qualcosa, potrebbe essere il vino che ho degustato nel pomeriggio insieme alle letture pesanti, o al mio stato di incazzatura verso il mondo  e verso chi maneggia il potere come se fosse una racchetta da tennis, o alla televisione spazzatura che tutte le sere mi accompagna verso l’oblio.
Devo dare la colpa a qualcuno, potrebbe essere mia madre che non mi ha mai detto come ci si comporta, o gli amici poco presenti che si affacciano solo quando sono nella merda ed hanno bisogno del mio pragmatismo, o le ex fidanzate che mi davano del debole ogni volta che c’era qualcosa che non andava tra di noi.
Devo dare la colpa a me stesso, potrebbe ed è la consapevolezza di chi sono a farmi agire d’istinto senza nascondermi dietro a stupide parole costruite per far colpo o per intendere quello che ho soltanto pensato. Sono stato silenzioso troppo a lungo ed ho scelto un momento sbagliato per essere curioso.
Parlo poco e quando lo faccio è sempre il momento meno adatto.

“Perché non lascia sua figlia al suo destino e si concentra sul suo lavoro? Visto che ha già tante cose a cui pensare, sarebbe un peso in meno ed una buona azione in più”

Il silenzio che segue le mie parole è pesante come un macigno e mi spinge ad aderire alle sedia, a diventare un tutt’uno con lei.
Guardo Bob spostare lo sguardo sulle pareti della stanza, come se stesse cercando la risposta o un’arma per farmi fuori. Quando finalmente parla mi rendo conto che cercava solo la pazienza che non lo contraddistingue “Chi risponde con una domanda non ha una risposta. Questo è male, sia per te che per me. Più per te ovviamente. Ti basti sapere che Chloe è affare mio e tu sei un estraneo ai miei occhi per poter dire come comportarmi con lei. In altri tempi avrei aperto il secondo cassetto della mia scrivania, preso la  glock 19 e ti avrei sparato in fronte senza troppa fatica. Ti conosco da troppi anni e ti farò un’altra domanda sperando che tu risponda stavolta: vi è sfuggita o l’avete lasciata scappare?”
Mi rendo conto di sudare freddo quando stringo le mani tra loro, umide e gelide.
Il sospetto nei suoi occhi aumenta ad ogni mio respiro.
“No ci è sfuggita, ha riconosciuto Kevin e deve aver capito che era li per sorvegliarla. Probabilmente era pronta alla fuga per esser stata così veloce”
“O siete stati voi troppo lenti?”
Alzo le spalle in muto assenso e lui prosegue “lascia perdere le vostre mancanze e occupati della cassaforte. Non aprirla finché non sono sul posto, a quanto pare ho un curiosone di fronte a me e non lo sapevo” il disprezzo nell’aggettivo pesa più della minaccia velata di poco fa.
Smette di guardarmi come se non valesse la pena sprecare del tempo con me e, alzandosi, continua a parlare con rinnovato vigore “ Dopo esserti occupato di questa urgenza, passerai ad un altro problema venutosi a creare qualche ora fa. L’ospedale mi ha informato che John non era nella sua stanza. Cercalo, trovalo e portalo qui da me. E’ ora che la sua condotta venga riequilibrata”
Non annuisco, non rispondo.
Devo solo eseguire e lui sa che lo farò.
Mi alzo con fatica cercando di raggiungere la porta, ho bisogno di aria fresca, di respirare e distendere gli arti rimasti immobili e tesi per troppo tempo. Afferro la maniglia ma lui ha qualcosa da aggiungere “Will…ti tengo d’occhio” .
Annuisco più a me stesso e senza rispondere mi catapulto fuori.
Qualcuno mi parla mentre raggiungo il giardino di fronte l’abitazione, ma non ascolto. Alzo il volto verso il cielo e respiro a fondo per cercare di calmarmi, il vento fresco asciuga il sudore freddo della mia fronte e porta via quella strana sensazione di oppressione che ormai mi segue ovunque, anche mentre dormo; come la scorsa notte. Prima di svegliarmi spaventato e con il fiato corto, stavo sognando di camminare tra la folla. Non sapevo dove stavo andando ma ero curioso di arrivare alla fine della strada, tutte le persone mi venivano incontro, urtandomi, in un unico flusso di carne umana. Non avevo paura, non facevo caso a tutto quello, l’unico obiettivo era arrivare al termine del tragitto e ci sarei anche riuscito se qualcuno non mi avesse afferrato per un braccio. Nessuno, nel flusso di persone, si è accorto del cambiamento. Una mano fredda mi tirava verso di se, verso il buio di un angolo della strada, la mano di Chloe. Quando finalmente l’ho guardata negli occhi, il sogno è cambiato; non eravamo più in strada ma in una casa, la stessa che ci ha visti protagonisti di tante discussioni, di orrori e di confessioni. Il suo volto era piegato in una smorfia di delusione e disprezzo, i lividi violacei stonavano con il suo sguardo pieno d’odio.
Volevo parlare ma lei lo fa prima di me “ti odio, come tu odi te stesso”, ho aperto la bocca per replicare ma lei ha continuato “ti odio, non posso che odiarti”.
Mi sono meravigliato “perché mi odi?” ha sbuffato e si è avvicinata “perché odio chiunque mi odi”. L’ho afferrata per le spalle “io non ti odio..te lo giuro”  le labbra si sono schiuse ma non sono uscite parole, solo sangue che si è riversato a terra, ha ruotato gli occhi e mi è caduta tra le braccia senza vita. Continuavo a ripetere forsennatamente, mentre scuotevo il suo corpo freddo, che non la odio, che non ha fatto nulla, che non l’ho mai odiata, che non so cosa fare… 
Non sono riuscito a svegliarmi finché il liquido rosso non è arrivato alle mie labbra e mi ha tolto il respiro.

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Capitolo 21
*** Pensieri e Parole ***


PENSIERI E PAROLE

Jared


“Spiegami perché sei corso da lei, me lo devi”
“Per l’ennesima volta Kate, non lo capiresti”
“Tu prova a spiegarmelo”
Sbuffo spazientito per l’ennesima volta, sono due ore che litighiamo sulla stessa questione, quando vorrei soltanto distrarmi e non pensare.
“Non c’è nulla da spiegare, avevo una questione aperta con lei, ora è tutto sistemato e smettiamo di parlarne per favore”
“Jared non farmi incazzare, quale questione?” sono una persona paziente, ma quando si supera il limite è giustificata una reazione spropositata, sto proprio evitando che arrivi.
“Se c’è qualcuno che deve essere incazzato, quello sono io. Ti sei intromessa in affari che non ti riguardano, hai permesso che se ne andasse dicendole chissà cosa ed io sono dovuto andare a rincorrerla in lungo ed in largo. Se avessi tenuto quella cazzo di bocca chiusa, adesso non avrei nessun problema e non saremmo qui a litigare!”
Si umetta le labbra un paio di volte prima di parlare lentamente, scandendo le parole con cura “Stai dando la colpa a me? Non ti vergogni? Sei sparito per giorni senza avvisare e quando torni ti trovo in compagnia di una donna che finge palesemente di essere una vostra conoscenza; mi ha trattata in modo arrogante e maleducato…io mi sono solo difesa per avvertirla di tenere giù le mani da quello che è mio. Poi lei se ne và, per ragioni a noi sconosciute, e la colpa è mia?”
“Ti sei sentita in dovere di avvertirla di qualcosa che è solo nella tua testa, esageri come al solito” il mio tono è tornato calmo e indifferente, ma sento che la tensione è alle stelle, una parola di troppo e perderei il controllo, questa discussione deve finire quanto prima, potrei dire cose di cui mi pentirei.

“Qualcun altro sarebbe fiero del mio comportamento, ma tu no..Devi sempre complicare tutto!” cammina per la stanza riavviandosi i lunghi capelli, li annoda intorno alle mani per poi lasciarli cadere come vogliono. Quando, finalmente si ferma, mi osserva sbattendo le ciglia ripetutamente. Aspetta che io parli.
“Hai reagito come una bambina, come se avesse voluto rubarti un lecca-lecca. Non sono di tua proprietà”

Sorride amaramente mentre si avvicina, il sorriso svanisce quando mi guarda strizzando gli occhi come è solita fare “E’ per questo che non vuoi sposarmi..Perchè potrei avere potere su di te?”
“Non ne avresti anche in quel caso”
“Mio padre può mandarti sul lastrico con uno schiocco di dita, lo sai vero?”
“Me lo ricordate ogni fottuto giorno”
“Non mi hai mai amata, sono solo un passatempo per te”
Sbuffo, la guardo accigliato sperando che smetta di assillarmi con questi discorsi già sentiti. Ma lei continua imperterrita, come una furia.
“Ti sono servita solo per entrare nelle grazie di mio padre, stai con me solo perché sta producendo il vostro schifosissimo album! Mi hai scopata solo perché eri nella merda fino al collo e non sapevi come fare!”
“Non è così… Sai bene che non sapevo fossi sua figlia finché non me lo hai presentato” parlo con calma, quasi annoiato, cercando di metterla di fronte all’evidenza.
“Questo è quello che mi hai sempre detto…”
“E’ la verità. Adesso le cose sono cambiate, tu mi stai continuamente con il fiato sul collo..”
“Ed è per questo che sparisci per spassartela con altre ragazze? E inoltre, mi stai ancora dando la colpa! Non credo che non sapessi chi ero..non ci ho mai creduto e mai ci crederò!”
“Se non ci credi perché sei stata con me? ….Perché sei ancora qui?”
Afferra la giacca sulla sedia, la infila con gesti nevrotici  e sbatte la porta dietro di se lasciando la casa nel silenzio assoluto. Mi getto di peso sul divano e strofino il viso, nascondendo gli occhi chiusi con l’avambraccio. In questo momento vorrei solo scappare lontano dove nessuno mi conosce, ma so già che i problemi mi inseguirebbero anche in capo al mondo.

Fino a qualche giorno fa mi preoccupavo di sopravvivere, ora lotto contro la rabbia; verso una fidanzata che non amo più da tempo capitatami tra i piedi perché non so tenermelo nei pantaloni; troppo impegnato nel mio lavoro l’ho sempre messa in disparte affievolendo i sentimenti verso di lei; ho un album in uscita ed una delinquente che ho aiutato a scappare. Il viso di Chloe si mi piazza di fronte come in una diapositiva tremolante, gli occhi verdi lucidi di lacrime trattenute si alternano a quelli sprezzanti e duri di una donna testarda, cinica ed arrabbiata con il mondo.
Salendo sul treno voleva dimostrarmi che avevo ragione?
Ci era quasi riuscita finché non ho notato, nel suo sguardo, un lampo di rammarico. E’ bastato quello a farmi capire che non voleva salire su quel treno, l’ha fatto per orgoglio verso se stessa e non perché fosse giusto, voleva e vuole essere aiutata ma è troppo testarda e negativa per ammetterlo.
Dove diavolo è andata?
Sta bene?
Perché mi faccio queste stupide domande?
So il motivo per cui lo faccio ma non voglio ammetterlo, non voglio credere di sentirmi responsabile, che abbia bisogno di me. Ha vissuto e combattuto da sola tutto questo tempo e ce l’ha fatta sempre, non sarà il mio aiuto a risolvere i suoi problemi, i conflitti con se stessa e con gli altri. Le immagini nella casa del dottore tornano ad invadermi i pensieri come se volessero spazzare ogni ragionamento sensato. Gli occhi spalancati in preda al terrore, il corpo scosso da brividi di paura e tensione, i gesti veloci e insensati dettati dall’incertezza. Nasconde la paura e la fragilità dietro alla  spavalderia, riesco a vederla perfettamente senza la maschera, riesco a scorgere una donna ferita e sola che non vuole chiedere aiuto, che vuole farcela da sola, ma a che prezzo?
Risulterò estenuante, banale e scontato se cercassi di farle cambiare idea?  
Non posso lasciare che tutto rimanga in sospeso con una virgola, avrei voluto essere ascoltato senza dover dosare il linguaggio, dando sfogo ai miei pensieri e alle mie convinzioni senza usare parafrasi e parole inzuppate nel miele, avrebbe dovuto ascoltare anche se le parole avessero fatto male come una lama infilata in una ferita mai chiusa. Se raccontassi la storia ad un estraneo mi direbbe di dimenticare ed andare avanti, mi direbbe che sono fuori di testa, che tutta questa situazione è oscenamente strana e pericolosa ma io risponderei che mi trovo a mio agio nelle situazioni strane, che mi piace sguazzare nell’adrenalina e nella follia, che adoro rendermi indispensabile, che godo dei comportamenti imprevedibili degli altri, che mi nutro di sfide contro me stesso, che sono pazzo. Lo sono quanto lei che crede di avermi fermato, dandomela vinta.

Faccio scivolare il braccio dalla testa al torace mentre guardo mio fratello camminare adagio verso di me, fermarsi e sedersi lentamente sul divano; mantenendo qualche centimetro di distanza fra i nostri corpi.
“Da quanto eri nei paraggi?” la mia voce roca rivela quanto tempo abbia perso qui seduto a rimuginare con me stesso.
“Abbastanza” poi si schiarisce la voce ed il suo sguardo preannuncia un discorso che ho già sentito e che non voglio ascoltare di nuovo.
“Non ha mia tenuto conto di chi sei veramente..Non sei legato a lei, sai che…”
Lo interrompo prima di ascoltare la paternale che ho già sentito mille volte “Non mi sono comportato bene con lei ultimamente..” a quanto pare non vuole rinunciare nel dimostrarmi che il discorso lo sa a memoria quindi mi blocca dicendo “ La prima a non comportarsi bene è stata lei, nascondendoti i preparativi per un matrimonio di cui neanche ti aveva parlato! Sai perché l’ha fatto..ora te ne rendi conto più di prima”
“Partecipiamo alla gara degli stronzi?”
Sospiro e ripeto con voce cantilenante “ Entrambi sappiamo perché non ho mai chiuso con lei e questo lo ritengo un comportamento poco galante. A questo punto, ho perso il punteggio…ma credo di essere in netto vantaggio nella classifica degli stronzi”
“David non manderebbe mai a puttane la collaborazione all’album solo perché non stai più con sua figlia. Non è il genere di persona che mescola vita privata e lavoro. Sei tu a farti scrupoli”
“Tu credi? Aveva finanziato le nozze qualche mese fa…te lo sei dimenticato?”

Shannon si avvicina afferrandomi un braccio e catturando così la mia attenzione, lo guardo negli occhi, un colore familiare; che sa di casa, di pace e sicurezza.
“Non sacrificare la tua vita privata per noi. Se le cose dovessero andare male, troveremo un modo ma..non farla così tragica. Non ci mollerebbe mai adesso, l’album uscirà tra qualche settimana, significherebbe una perdita di denaro anche per lui. Non preoccuparti e lascia che quella sanguisuga platinata affondi gli artigli nella schiena di qualcun’altro!”
Osserva gli angoli della mia bocca piegarsi leggermente all’insù sentendo il nomignolo che ha usato e, dandomi una pacca sulla spalla, esclama “Forza! Alza quel culo e andiamo a lavorare!! Non avrei mai pensato di dire io una cosa del genere a te!”

Si esibisce nella sua risata più coinvolgente e, rincuorato dalle sue parole, lo seguo in studio.




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Capitolo 22
*** E' tutto quello che ho ***


 E’ TUTTO QUELLO CHE HO

Chloe


Il vetro freddo a contatto con la mia tempia sembra aiutare il mal di testa che mi sta attanagliando, chiudo gli occhi e cerco di rilassarmi. Sono minuti o ore che cerco di serrare le palpebre ma le spalanco ad ogni minimo rumore. Il vagone è occupato da un paio di persone oltre me, ci ignoriamo a vicenda come se avessimo stipulato un accordo prima di salire. Un vecchio signore è immerso nella lettura di un quotidiano spiegazzato e non alza gli occhi neanche quando una donna, poco più avanti, lascia cadere distrattamente a terra un paio di occhiali.
Mi massaggio le tempie con vigore sperando che il metodo, visto durante una pubblicità in televisione, faccia effetto; non so se le mani congelate aiutino o meno ma devo pure fare qualcosa mentre aspetto la mia fermata; che non so quale sia. Ormai dovrei essere abituata a vivere nell’incertezza, dovrei avere una sorta di familiarità con questa sensazione, eppure non riesco a star tranquilla, non trovo una posizione comoda e controllo ogni volto che incrocio davanti a me. A volte mi sembra di vedere un paio di occhi azzurri che mi osservano malinconicamente ma la visione scompare appena confesso a me stessa che è impossibile quanto improbabile.
La porta dello scompartimento si apre lasciando entrare un giovane ragazzo alto e snello, chiuso in un giacchetto blu. Si strofina le mani e si guarda in giro con curiosità finché il suo sguardo si ferma su di me, sorride e mi si siede accanto dicendo “è libero? Posso?” senza aspettare la mia risposta, che si limita ad una alzata di spalle, si siede e tira fuori dallo zaino un computer portatile.
“Porto sempre con me un pc, è utile avere qualcosa da fare in questi casi” .
Abbozzo un mezzo sorriso e torno a fissare il paesaggio attraverso il finestrino.
Tutti sembrano in dovere di spiegare i loro gesti  ad un estraneo, ma non si ritiene indispensabile farlo quando si ha a che fare con persone a cui si tiene.
“Era lei la ragazza alla stazione con Leto?”
Mi volto velocemente verso il ragazzo che mi sta guardando con un sorrisetto furbo e curioso, non rispondo e lui continua “Sembrava che vi stesse dicendo addio o una cosa del genere, siete amici?”
“Lei fa domande così dirette a chiunque?” incrocio le braccia in attesa di una risposta.
“Sono solo una persona curiosa, non volevo metterla a disagio, era solo una mia curiosità” termina la frase battendo le dita sulla tastiera.
“E’ una persona curiosa sicuramente, ma mi sento di aggiungere che è anche maleducata” alza le sopracciglia e, continuando a scrivere, chiede “ Dal tono di voce che stai usando, sembra proprio che abbia colto nel segno, siete amici e vi stavate dicendo addio”
In altri casi lo avrei afferrato per il gomito portando il braccio a compiere una rotazione così innaturale da farlo urlare per il dolore ed implorarmi di lasciarlo stare; in questo caso mi limito a rispondere “Sai, un vecchio detto dice che facendosi i cazzi propri si può vivere fino a cento anni. Probabilmente tu non arriverai ai cinquanta” mi alzo con slancio e raggiungo la porta, camminando per altri scompartimenti poco affollati.
Prima che possa sedermi, il treno frena lentamente, si ferma ed apre le porte. Senza pensare mi infilo in una uscita e scendo allontanandomi velocemente dal mezzo. Un cartello mi dice che sono scesa alla stazione di Luoisville.
 
Tiro su il cappuccio della felpa e cammino per le strade senza una meta, non so dove andare e cosa fare.
Una voce nella testa continua a ripetere “Avevi già un posto dove stare”, scuoto la testa per mandarla via e rispondo a me stessa ad alta voce “smettila! Non c’era altra soluzione”. Un uomo mi osserva aggrottando le sopracciglia e avvicina il bambino, che tiene per mano, stringendolo a sé. Le vie sono quasi deserte, un vento gelido si è alzato e scuote con forza gli alberi alti e dai lineamenti scuri, mi abbraccio forte massaggiandomi le braccia per donare un po’ di calore agli arti infreddoliti; devo trovare un posto riparato per passare la notte. Un albergo scadente sarebbe andato benissimo se solo avessi avuto qualche soldo con me, avrei potuto almeno dormire al caldo in un letto, dovrò accontentarmi di un giaciglio improvvisato.

“Forza difenditi!” una voce maschile piuttosto vicina mi fa sobbalzare, mi avvicino lentamente all’angolo di un vicolo in penombra e osservo la scena: un ragazzo in piedi, con una chitarra in mano, è leggermente piegato a guardare qualcosa ai suoi piedi, spalanco gli occhi quando mi accorgo che è un uomo rannicchiato su se stesso che ansima e tossisce.
“Perché dovrei ridartela?” il ragazzo inveisce contro l’uomo sferrandogli un calcio sulle gambe, lui si rannicchia di più massaggiandosi la parte lesa e sussurrando “E’ tutto quello che ho..per favore..” per tutta risposta riceve un calcio in pieno petto che gli provoca colpi di tosse ancora più forti. Non mi ero accorta di stringere i pugni con tanta forza finché non rilasso le mani per afferrare un ferro arrugginito nel cassonetto. Non ragiono, agisco d’istinto camminando lentamente alle spalle del ragazzo che non si è accorto della mia presenza. Il mio corpo rispolvera i vecchi comportamenti strisciando lentamente contro il muro, con leggerezza innata; trattenendo il respiro. L’uomo a terra alza leggermente il viso quando si accorge della mia presenza prima del ragazzo che, voltandosi, riceve un colpo ben assestato in pieno volto.
“Che cazzo!” urla e sbraita mentre si sfiora il viso cosparso di sangue fuoriuscito dal naso “Che cazzo mi hai fatto, puttana di merda!” estrae un coltello dalla giacca e si scaglia contro di me brandendolo; blocco il colpo con il ferro stretto nelle mie mani e lo colpisco all’inguine con il piede, per distrarlo. Il metodo funziona, lui si accascia su se stesso e ne approfitto per concentrare tutta la forza sul colpo che riceve sulla schiena. Cade a terra ansimante insieme al coltello e alla chitarra che non aveva mollato. Mi avvicino svelta ad allontanare la lama dalle sue mani, me ne impossesso e lo minaccio “Striscia via verme schifoso!” Non se lo fa ripetere una seconda volta, piegato in due dal dolore corre, malfermo, verso l’entrata del vicolo, non prima di aver lanciato un’occhiata imbevuta d’odio ad entrambi.
Getto lontano la lama e l’arma improvvisata che ancora stringo tra le mani. Raccolgo lo strumento musicale logoro e sporco e lo porgo all’uomo a terra che si massaggia le costole.
“Questa deve essere tua”
“Grazie..mi hai salvato la vita” allungo una mano per aiutarlo ad alzarsi.
“Non ti avrebbe ucciso, non preoccuparti” lascio la sua mano appena, barcollando, riesce a rimanere in posizione eretta, alzo il mento per salutarlo e mi avvio verso la strada illuminata.
“Ragazza! Fermati!” Mi blocco “Cosa c’è?”
“Dove hai imparato a lottare come un ragazzo?” si avvicina camminando a fatica stringendo a se la vecchia chitarra.
“Una donna deve pur difendersi..”
“Non sei di qui vero?”
“No, sono appena arrivata. Sto cercando un posto dove passare la notte....”
L’uomo si avvicina e riesco a vederlo in viso, ha la barba lunga e grigia cosparsa di peli bianchi e neri, gli occhi color cioccolato sono piccoli e contornati da una pelle rugosa, ma mi osservano con curiosa bontà. Mi sorride rivelando una dentatura piuttosto sana per essere un uomo che vive per strada, o almeno è quello che ho pensato osservando gli abiti sporchi e logorati.
“Mi chiamo Peter…tu?”
“…sono Tess”
“Vieni con me Tess, c’è un posto per senzatetto che ti accoglierà di certo”

Mi supera zoppicando sull’asfalto del marciapiede ed io lo seguo stranamente fiduciosa ed arrendevole.







*********
Come va? Ci siete ancora? siete vivi? XD
Le strade di tutti si sono seprate a questo punto della storia e ognuno deve avere a che fare con i propri demoni, chi esistenti e chi astratti...Le loro strade si incroceranno di nuovo? John che fine avrà fatto?
Per qualsiasi dubbio, domanda, critica, clero o altro..sono qui!
ps: Grazie per il sostegno continuo!!! <3

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Capitolo 23
*** Distante ma Vicino ***


DISTANTE MA VICINO
 
Will

“Hai controllato anche gli aeroporti? …..Controlla se usa la carta di credito, prima o poi il contante finirà, non è abituato alla miseria.”
Riaggancio il telefono e torno a fissare l’uomo che lavora da qualche ora all’estrazione della cassaforte.

Nessuna traccia di John, nessuna traccia di Chloe; le cose non potrebbero andare meglio di così!

Il tecnico intento ad estrarre la pesante cassa di metallo si blocca, sfila la maschera di protezione e si rivolge a me con tono pacato “Ne avremo per un bel po’, non è cosa da poco”
Annuisco e lui riprende il lavoro asciugandosi in fretta la fronte imperlata di sudore con la manica della maglietta.


Mi aggiro per la casa del dottore senza un’intenzione precisa, entro nella cucina e osservo il bancone occupato da qualche utensile, il resto della stanza è ordinato, troppo ordinato, quasi maniacale. Nel corridoio sono state eliminate tutte le tracce di sangue, non si nota più nulla, ogni cosa è stata riordinata con cura e parsimonia.
Bob sa il fatto suo quando si tratta di ripulire scene del crimine, far sparire corpi senza vita ed io sono un suo complice.
Qualcuno commenterebbe “e adesso te ne accorgi?” e farebbe bene a darmene di santa ragione.
La verità è che l’ho sempre saputo ma ero indifferente, quasi arrendevole ai fatti osceni ai quali ho assistito e preso parte; finché lei non mi ha mostrato, indirettamente, che c’era un altro modo di fare, oltre a questo.
Sfioro la porta di una stanza da letto e accendo il lampadario che rischiara la stanza di una luce tenue e giallognola.
Il letto è sistemato e sembra non venga usato da mesi, sul comodino pochi oggetti: una sveglia, una bottiglia d’acqua ed un libro. Quello che attira il mio sguardo è la scrivania, utilizzata per esporre cornici di varie forme e dimensioni. La più grande ritrae un ragazzo con due persone più grandi, la donna gli somiglia e, sfiorandola, intuisco siano il dottore con i suoi genitori. Altre cornici ritraggono persone in bianco e nero, in foto segnate dalle caratteristiche dell’epoca in cui sono state scattate, tra di loro una piccola foto a colori attira la mia curiosità: una cornice gialla e verde abbraccia la foto di una bambina seduta sulla terra fresca, ha il volto piegato e concentrato sul lombrico che tiene stretto fra le dita cicciottelle. Altre foto che ritraggono il dottore in età più avanzata sono sul retro, accompagnato da altre persone o da solo con stupendi paesaggi alle sue spalle, uno in particolare lo ritrae con una donna e, con mia sorpresa, riconosco Bob. Quest’ultimo tiene una mano appoggiata sulla spalla del dottore che, a sua volta, stringe sia l’uomo alla sua destra che la donna. Raggianti sorridono all’obiettivo, tranne Bob che, con qualche ruga in meno e qualche capello in più, riserva anche a quella giornata un’aria austera e annoiata.
La voce dell’uomo che stava lavorando alla cassaforte mi fa sobbalzare “Si è aperta!”

Lascio la cornice al suo posto e corro nello studio, osservo il coperchio aperto con forza e lascio che sia l’uomo di fronte a me a vuotare il suo interno dicendo “C’erano solo queste due lettere dentro..”
“Com’è possibile? Non può esserci un doppio fondo o qualcosa che nasconda un altro vano?”
“No signore..ho già controllato. E’ una cassaforte molto semplice, non c’è nient’altro”
“D’accordo..dammi qua” afferro le lettere, su una delle quali c’è scritto ‘Per Sam’.
“Signore io andrei, ha altro da chiedere?”
“Ho solo una curiosità..si può risalire alla password?”
“No mi dispiace..”
“Allora chiudila e poi hai finito, grazie”


Fisso le lettere che stringo tra le mani e, senza nessuna esitazione, le apro  leggendo il contenuto.







*Lo so sono una stronza a finire il capitolo così, ma non si legava con il prossimo ed ho dovuto tagliare, chiedo perdonoooooooooooo!!! ^_^ Arriveranno capitoli più lunghi, giuro!! Anzi, alcuni sono anche troppo lunghi. Comunque...vi rendo partecipi del fatto che abbiamo passato la metà della storia, quindi siamo in discesa...resistete ancora un pò e grazie mille per essere ancora tutti vivi XD*


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Capitolo 24
*** Gossip ***


GOSSIP
 
Chloe


Muovo le dita intorpidite dal freddo di fronte alla fiamma scoppiettante del camino acceso mentre la sala del dormitorio si svuota e, pian piano, cade nel silenzio.
“Tess…nei vuoi?”
Afferro dalle mani affusolate e nodose di Peter una tazza di tè e mi stringo nella coperta.
Mi ha condotta in questo posto dove di solito lui passa la notte, presentandomi a quelli che, come lui, non hanno un posto dove stare. L’arredamento è essenziale ma c’è tutto: divani, letti, tavolini cosparsi di giornali, televisione e soprattutto bagni puliti. Soffio sulla bevanda calda mentre Peter si siede su una sedia di legno allungando i piedi sul bordo del camino.
“Cosa ti porta in questa cittadina modesta? Sei scappata di casa?”
Non è arrogante, ne pretenzioso; sembra solo voler fare conversazione.
“In un certo senso si…”
Annuisce come se avesse ascoltato questa storia altre volte.
“E’ da tanto che giri da sola?”
“No, un paio di giorni..”
“Non sei una di molte parole eh?” sorride bonariamente infilando tra le fiamme un pezzo di legno.
“Non mi piace parlare di me, tutto qui”
Si alza lentamente sbadigliando, lascia la sua coperta in un angolo e mi dice “Il dormitorio femminile è in fondo al corridoio…buonanotte e grazie”
“Ehm..grazie a te” mi sorride e lascia la stanza ormai vuota.
 
 
La luce del sole che filtra dalla finestra riscalda la pelle del mio viso mentre mi stiracchio nel letto, non sento più freddo come quando mi sono addormentata dopo una doccia bollente. Il contatto con l’acqua calda mi ha rilassato i muscoli indolenziti dal freddo pungente avvertito nelle ore in cui vagavo senza meta, vestita in modo troppo leggero per il clima attuale. Osservo i movimenti delle altre donne nella stanza, deve essere tardi perché quasi tutti i giacigli disponibili sono vuoti e sistemati; ci sono solo due bambine che ancora dormono placidamente e due donne che rassettano bisbigliando per non svegliarle. Quando si accorgono che sono in piedi mi salutano timidamente ed io ricambio imbarazzata.

Nel salone non trovo il trambusto della sera prima, qualcuno sta mangiando silenziosamente, altri conversano pacatamente accanto al fuoco che, prima di andare a dormire, si era spento.
Scorgo Peter accanto alla porta della cucina, parlare con una donna bassa che indossa un grembiule macchiato di cibo. Appena si accorge della mia presenza si allontana dalla cucina e mi raggiunge indicandomi una delle sedie libere intorno al tavolo di legno scuro, al centro della stanza.
“La colazione è già stata servita, ma in cucina c’è ancora qualcosa. Ho chiesto a Stephanie di portarci qualcosa da mangiare insieme. Hai dormito bene?”
“Si, non dormivo così tanto da…” abbozzo un sorriso “non credo di aver mai dormito così tanto”
“Ottimo. Qui sei al sicuro, nessuno verrà a cercarti in questo luogo..” si interrompe per ringraziare la donna che ci porta del pane con delle salse, prima di andare via, guardandomi accigliata mi dice “è rimasto solo questo, la colazione di solito è alle 8, non siamo in albergo”.
Peter ride divertito afferrando il piatto con il cibo e porgendomi due fette di pane “Non farci caso, è la donna più buona e compassionevole che io abbia mai conosciuto, ma esige il rispetto delle regole”.
Addento la colazione annuendo, questo deve essere il primo pasto che faccio da troppe ore.
Ieri non ho trovato nulla, l’orario della cena era già passato; non avrei comunque chiesto nulla, era già una fortuna aver trovato un posto dove dormire, secondo le mie aspettative avrei passato la notte su una panchina al freddo.
Consumiamo il pasto in silenzio, Peter non mangia molto, presumo si sia già nutrito durante l’orario stabilito, si limita a rimanere in silenzio accanto a me salutando, di tanto in tanto, qualche conoscente che entra nella struttura.
“Conosci tutti in questo posto?” si meraviglia impercettibilmente per la mia domanda ma risponde immediatamente “ Si, conosco molte persone. Alcuni vengono qui da anni, altri sono solo di passaggio. Quando mi hai incontrato avevo accompagnato uno di loro alla stazione..”
“Lavori per questa struttura?”
“Nessuno qui lavora, ci diamo una mano l’un l’altro… Io sono qui da quando ho perso il lavoro e di conseguenza la casa con tutti i miei averi”
“Suonavi?”
Un sorriso malinconico compare sul suo volto accentuando le rughe intorno agli occhi “No, insegnavo a suonare..” il sorriso svanisce lasciando solo la malinconia mentre si perde nei ricordi tristi che devono essere riaffiorati.
“E non hai trovato nessun’altro impiego?” afferro l’ultima fetta di pane, raccogliendo con le dita anche le briciole nel piatto.
“No, finché non ho trovato questo posto e sono rimasto qui. Ho visto che c’era bisogno di aiuto e ho deciso di unirmi a loro” sorride di nuovo scacciando l’espressione triste di poco prima, uno sguardo sereno prende il suo posto.
Annuisco e sfuggo alla vista della sua espressione soddisfatta che sembra urlare ‘sono fiero di quel che faccio’; quella che non vedrò mai sul mio volto.

Un uomo molto più anziano di lui e leggermente gobbo si avvicina a salutarlo, è basso e corpulento, i baffi lunghi si uniscono al resto della barba nascosta parzialmente da una grossa sciarpa di lana nera. Si siede al lato opposto del tavolo fissandomi.
Peter se ne accorge ed esclama “Lei è Tess, Tess…questo è George. E’ qui da almeno un paio di anni ed il più informato tra di noi, visto la sua passione per le notizie di cronaca”.
Lo sguardo vispo di George si riempie di soddisfazione quando Peter elogia le sue capacità di informazione e tira fuori un giornale dall’interno della giacca, dicendo “Non solo di cronaca, e proprio per confermare quanto detto dal mio caro amico qui..vorrei mostrarvi cosa ho letto stamane sul quotidiano, credo possa interessarvi” sbatte il foglio al centro del tavolo e, indicando con l’indice paffutello la foto in bianco e nero a piè di pagina, inizia a leggere l’articolo
“L’eclettico artista Jared Leto, che ormai sappiamo fidanzato con la figlia di uno dei più richiesti produttori musicali, il famoso David Smith Jones, è stato immortalato in stazione mentre conversava con una misteriosa donna. La nostra fonte ci dice che sembravano essere molto intimi in quello che aveva tutta l’aria di essere un addio. La donna è poi salita sul treno insieme alla nostra fonte che è riuscita a scambiare qualche parola con lei. Ha riferito di essersi indispettita riguardo le domande che le sono state fatte in maniera molto generale, ammettendo indirettamente di conoscere il signor Leto. Dopo essere stata scoperta si è allontanata scendendo alla stazione di LoiusVille”

Sconvolta afferro il giornale strappandolo dalle mani malferme di George e osservo la foto che ritrae Jared di spalle guardare un treno fermo e me, intenta a fissarlo con un’espressione indecifrabile.
Il titolo dice ‘Jared Leto, un nuovo amore?’

Non provo fastidio verso il titolo scandalistico, ne verso il ragazzo che ha raccontato tutto per qualche manciata di monete, ne verso la stretta allo stomaco che ho avvertito nell’osservare la foto; ma verso la consapevolezza che il mio viso è assolutamente nitido e riconoscibile.




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Capitolo 25
*** Tristi Visioni ***


TRISTI VISIONI
 

Will


Scorro freneticamente le immagini registrate degli aeroporti cercando di scorgere volti conosciuti, mentre le due lettere pesano come macigni nella tasca dei pantaloni.

Appena tornato a casa ho riferito di non aver trovato nulla nella cassaforte e che sarà consegnata direttamente a Bob. So già che mi sono cacciato nei guai ma non  importa, non potevo lasciare che arrivassero a lui, non dopo averle lette.

La lettera per il dottore, non rivela nulla di importante e niente che riguardi Bob.
La lettera scritta da Sam è un altro paio di maniche, solo una frase che troneggia sull’enorme spazio bianco ‘ Chloe, recati all’indirizzo a piè di pagina e chiedi a Jacqueline, lei saprà cosa dirti’.

I volti di sconosciuti scorrono velocemente sullo schermo, non alzano mai lo sguardo verso la telecamera, troppo di fretta o concentrati su loro stessi. Pigramente mi chiedo come facciano gli addetti alla visione dei filmati, che fanno questo tutto il giorno; dopo dieci minuti di questo andirivieni ho già il vomito.
John sembra essersi volatilizzato e, per qualche strana ragione, trovarlo è diventata la mia priorità. Leto è costantemente sotto controllo ma non si allontana mai troppo dalla sua abitazione mentre di Chloe non si hanno tracce da quando è fuggita dopo aver riconosciuto Kevin.
Ammetto con me stesso che entrambi, fratello e sorella, sono particolarmente bravi a scomparire.

Quando guardo i volti delle persone nello schermo mi rendo conto di cercare il viso di John, forse perché ho il presentimento che trovando lui troverò anche lei, sono quasi certo che sia sulle tracce di Chloe per poterla riportare a casa e dimostrare al padre che le sue capacità non vanno sottovalutate. Ho sempre storto il naso di fronte alla devozione e all’ammirazione che John ha per suo padre, non ci trovo nulla di ispirante nel seguire le orme di un uomo del genere, ma chi sono io per giudicare?
In fin dei conti non so nulla su nessuno di loro, non me ne è mai importato nulla ed ora, che ho di fronte un altro enigma, rimpiango di non essermi mai interessato a quello che accadeva intorno a me.

Trovare Bob sulle foto del dottore mi ha confuso, anche se leggendo sugli appunti del medico avevo scorto varie volte il suo nome e il riferimento ad incontri passati.
Bob e il dottor Harvey si conoscevano già , prima che Chloe andasse in cura da lui, e lui scrive degli appunti segreti da non mostrargli perché non vuole metterlo al corrente dei pensieri della figlia. Poi abbiamo Bob che chiede insistentemente di aprire la cassaforte credendo di trovare chissà cosa sul suo conto e le lettere che giacciono sul comodino lo smentiscono. Nessuna menziona il suo nome, lui non è coinvolto nella vita di nessuno a dispetto delle sue convinzioni; se non servissero a me per capirci qualcosa, sarei quasi curioso di mostrargli le lettere per urlargli contro ‘ Vedi? Non sei nei pensieri di nessuno, egocentrico!’
Mentre rido, immaginando quale soddisfazione potrebbe darmi farlo sul serio, noto un volto familiare sullo schermo; blocco l’immagine e la ingrandisco.
Riconosco Leto ed il suo amico aggirarsi nell’aeroporto, seguo i loro movimenti da più telecamere nel momento in cui si separano;  sembrano cercare qualcuno con urgenza finché non escono entrambi dall’edificio da soli.

Che cercassero anche loro Chloe?

Salto letteralmente in piedi al suono del citofono che mi prende alla sprovvista, lascio il computer e mi avvio velocemente e con circospezione alla porta, non aspetto nessuno.
Rilasso i muscoli e tiro un sospiro di sollievo quando il volto di Kevin fa capolino da dietro la porta e si insinua nell’appartamento velocemente.

“Will…hai una faccia! Sembri un cadavere” gli indico il divano ignorando il commento ma lui scuote la testa “No grazie, sono di fretta. Hanno avvistato Chloe” mi porge un foglio di giornale strappato dove appare una foto di lei con un treno alle spalle.
“Leggi l’articolo, dice che è scesa a Louisville; è il giornale di oggi”
Leggo rapidamente “Non avevamo messo Leto sotto sorveglianza?”
“Deve essere successo prima..”
Annuisco intuendo che deve essere andato in stazione dopo aver lasciato l’aeroporto.
“Non sembri felice” fisso Kevin che mi osserva in trepidante attesa ma noto un sorriso furbo nascondersi tra le labbra, nonostante lo stia trattenendo.
“Che significa? Parla..”
Kevin alza le mani per discolparsi “Niente..niente..dico solo che dovresti essere felice di averne trovata almeno una.. Ho come il sospetto che questa non sia una buona notizia per te..”
“Avevo altre priorità..”
“Non è che ti sei infatuato?” il sorriso che cercava di nascondere riesce a vincere e svetta trionfante sulle sue labbra arrossate dal freddo esterno.
“Pensi che questo sia un gioco? Non ci stiamo divertendo qui, ci sono in ballo delle vite ed io mi sono rotto i coglioni di questa storia. Quindi, per rispondere alla tua affermazione, hai ragione! Non sembro felice, perché non lo sono..Prendi le tue cose, andiamo a Louisville”.
Kevin torna serio dopo aver ascoltato il mio scatto di collera e commenta, in tono professionale “Avverto il capo?”
“Non abbiamo tempo, potrebbe aver già lasciato la città, dobbiamo andare subito prima che si sposti, lo chiameremo dall’automobile” afferro il giacchetto mentre il cellulare, sul tavolo della cucina, squilla. Inserisco il vivavoce per poter avere le mani libere di infilarmi le scarpe.
“Si? Ti ascolto”
Uno dei nostri uomini risponde “Sono Alan, devo metterti al corrente che John ha usato la carta di credito per comprare un biglietto aereo”

“Orario di partenza?”

“Tra mezz’ora”

“Destinazione?”

“Louisville”.

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Capitolo 26
*** Sangue Freddo ***


SANGUE FREDDO
  
Chloe


“Qui sei al sicuro..non ti troveranno” Peter è sulla porta del dormitorio femminile da qualche minuto mentre mi guarda raccogliere le poche cose che avevo.
“Tu non capisci, mi cercherebbero ovunque” si gratta la barba scettico.
“La città non è tanto piccola, ti cercherebbero per giorni. E se arrivassero qui, diremo di non averti vista”
“Non si fermerebbero di fronte a nulla” confesso in un sospiro mentre lo osservo cambiare espressione.
“Contro chi ti sei messa?” Scuoto la testa per fargli intuire che è meglio non chiedere, meno sa e meno rischia la vita. Annodo i lacci delle scarpe con uno strattone e mi avvio verso l’uscita della stanza, sorpassandolo. Mi afferra un braccio delicatamente costringendomi a fermarmi. “Finché sei qui possiamo proteggerti..”chiudo gli occhi per non ancorarmi al suo sguardo buono e compassionevole prima che le lacrime di frustrazione fuoriescano incontrollate, il nodo alla gola non mi permette di respirare come vorrei e il petto si alza e abbassa più velocemente. Avverto la sua mano callosa sfiorarmi i capelli in un gesto fraterno e consolatorio, mi ritraggo in imbarazzo e scaccio via una lacrima nascosta tra le ciglia “Ho fatto passare troppo tempo da stamattina, avranno visto il giornale… saranno già qui, devo andarmene..”

Entro nella sala comune attirando gli sguardi di qualcuno, li ignoro e, a testa bassa, mi dirigo verso l’uscita. L’adrenalina è tornata a scorrere nel mio corpo, a velocizzare i sensi ed i movimenti permettendo alla paura di afferrarmi.
E’ Stephanie a bloccare l’uscita e a rischiararmi dai miei pensieri.
“Dove stai andando?”
“Ancora non lo so…” scuote la testa accompagnando con essa il dito indice che  muove di fronte al mio viso. “Tu non vai da nessuna parte. Ho appena mandato via un ragazzo che ti stava cercando. Gli ho detto che qui non c’è nessuno anche se….ha usato un nome diverso per identificarti” conclude la frase socchiudendo gli occhi.
“Quale ragazzo?” ignoro il riferimento alla bugia riguardo il mio nome e mi appiattisco contro il muro nascondendo il corpo alla vista esterna.
“Cercava una certa Chloe, alta, capelli castani, occhi verdi, magra e taciturna”
“Che cosa gli hai detto?” la mia voce suona più isterica di quanto immaginassi.
“Che ricordo tutti quelli che entrano qui dentro e che non ti avevo mai vista..”
“E’ bastato questo a mandarlo via?” scettica ma leggermente sollevata rilasso i muscoli del corpo beandomi del respiro che si sta normalizzando.
“E’ stato un po’ insistente ma se n’è andato..si.. Non prima di dirmi che, se ti avessi vista, avrei dovuto riferirti che alloggerà al Regency fino a domani mattina”
“Me lo descriveresti?” sbuffa annoiata ma risponde lesta e sbrigativa “Alto, magro, capelli castani, barba incolta, occhiali da sole scuri” alza le sopracciglia e torna in cucina borbottando tra se.

John mi ha trovata e si aspetta che vada in albergo?
Forse Bob lo ha mandato a recuperarmi senza farmi del male..probabilmente perché vuole essere lui a punirmi per tutte le azioni sconsiderate nei suoi confronti. Scivolo contro il muro che mi sorreggeva e infilo le mani tra i capelli mentre decido cosa fare. Ho di fronte a me una scelta facile: prendere di nuovo il treno e mettere più chilometri possibili tra me e lui, rischiando che venga a cercarmi qui un’altra volta,  mettendo a soqquadro questo posto. Oppure potrei procurarmi un’arma ed incontrarlo, avrei l’occasione di vendicarmi una volta per tutte. Un brivido mi percuote la schiena raddrizzandomi dalla  posizione curva e scomoda che avevo assunto, sollevo la testa liberandola dalla stretta delle mie mani fredde ed incrocio lo sguardo di Peter, carico di incomprensione e aspettativa. Mi tende una mano che afferro con decisione, portandomi di fronte a lui con inaspettata forza; mi sorride dolcemente aspettando che parli.
“Peter..ho una richiesta da farti ma ti prego, non fare domande e non cercare di fermarmi” si acciglia ma annuisce serio.
“Puoi procurarmi una pistola?”
 
 

Il Regency svetta tra gli edifici più bassi intorno a lui, le bandiere americane svolazzano tranquille con il debole vento del tardo pomeriggio. Fisso la porta d’entrata girevole e la donna riflessa nei vetri lucenti: le occhiaie attenuate dal sonno recuperato hanno abbandonato leggermente i miei occhi lucidi e vispi che fissano il loro riflesso con disprezzo. Gli abiti sgualciti rivelano palesemente l’uso frequente che poco si adatta al luogo che ho di fronte, dal quale escono donne vestite in modo impeccabile e uomini d’affari fasciati da completi che profumano di tintoria. E’ quello che non vedo, tuttavia, a confortarmi. Tra l’elastico dei jeans e la pelle della schiena avverto il freddo del metallo che irradia coraggio alle mie membra tremanti e stanche. Non è stanchezza fisica, è il limite assoluto che è stato sfiorato dalla mia pazienza, dalla sopportazione che ho investito nei pericoli quotidiani da quando ho intrapreso questa strada, affidandomi solo all’istinto: lo stesso che mi ha portata qui ad affrontare il primo dei miei tanti problemi.
Oltrepasso la porta e mi guardo intorno spaesata, il soffitto alto e le pareti chiare mi si chiudono addosso mentre cerco di liberare la mente per essere più fredda e concentrata possibile. Alcune persone accomodate sui divanetti rossi, al centro della hall, mi osservano accigliate squadrandomi dall’alto in basso, li ignoro e mi avvicino alla reception mettendomi in coda dietro ad una coppia che attende di sapere in che camera alloggerà.
Mi rendo conto, in questo istante, che non so cosa dire.
L’uomo e la donna di fronte a me, afferrano la chiave e si dirigono verso la larga scalinata di marmo ed io avanzo fino al bancone di legno chiaro “Mi chiamo Chloe, credo che un vostro ospite mi stia aspettando..ha lasciato disposizioni?” finisco la frase incamerando aria, non riesco più a ricordarmi come si respira.
L’uomo in divisa scura annuisce serio e controlla un foglio lasciato in un angolo del bancone “Si, il signore la sta aspettando. Stanza 209 al quinto piano” Annuisco ingoiando la saliva e premo il pulsante dell’ascensore. L’attesa è insostenibile, non posso attardarmi facendo le scale. La porta si apre accompagnata da un suono ed entro premendo il tasto cinque. L’ascensore sale velocemente accompagnando la salita con una musica allegra che stona con il mio umore ed il ritmo delle mie dita che, nervose, tamburellano sul freddo corrimano. Con un leggero contraccolpo si ferma e apre la porta rivelandomi un lungo corridoio che percorro lentamente, i passi attutiti dalla moquette chiara e dal vociare che arriva dalle stanze che mi lascio alle spalle mentre cerco la 209.
Il corridoio svolta a destra  in un percorso senza uscita, racchiudendo nell’angolo la stanza che mi separa dall’incertezza del futuro. Estraggo l’arma assicurandomi che non ci sia nessuno nei paraggi e, con mano finalmente ferma e concentrata busso sul legno chiaro.
 Stringo la mandibola e la pistola nella mano destra mentre ascolto i passi provenire dall’interno avvicinarsi, la serratura scatta e la porta si apre.
Apro la bocca per imprecare ma, quando incrocio un paio di occhi azzurri familiari,  riesco solo a balbettare:
 “T...Tu?”












******************
Salve!! Vi aspettavate che fosse lui? Se si sto perdendo smalto e devo recuperare, se no mi esibisco nella mia risata satanica preferita "Muahahahaah".
Convinti che fosse John, come lei, cosa avreste fatto? Lo avreste affrontato o avreste messo chilometri di distanza fra lui e voi? Io probabilmente, avrei scelto la seconda opzione.
Adesso che questi due si sono ritrovati cosa succederà? Come la prenderà Chloe? Quale sarà il piano d'attacco del secco? A voi la parola ed i pronostici :D
Ho postato un pò prima rispetto al solito, visto la settimana frenetica in vista dei concerti..spero che possiate andare tutti e che vi divertiate come matti!! Intanto colgo l'occasione per ringraziare tutti quelli che seguono la storia e che commentano con animo e passione! Adoro leggere i vostri pronostici e le vostre reazioni *-* Ringrazio tutti quelli che leggono silenziosamente, so che ci siete anche se non vi fate sentire..e ringrazio tutti quelli che sono appena approdati nella storia e se la sono letta tutta d'un fiato! ^_^ Resistete ancora un pò, ci stiamo avvicinando all'arrivo...in lontanaza scorgo la bandiera a scacchi...quindi stringete i pugni ancora un pò!! Magari al prossimo capitolo vi do una news scoppiettante, per rimanere in tema marSiano "Big Announcement Coming soon" xD

Grazie mille ancora a tutti, buon ritorno su marte...e alla settimana prossima! :*

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Capitolo 27
*** Riaffiorare ***


RIAFFIORARE


Will


Attendo fuori dallo studio che Bob mi riceva, cammino sul marmo costoso ripercorrendo i miei stessi passi minuto dopo minuto mentre aspetto di rimanere soli.
Ho bisogno di preparare un discorso per discolparmi dalla fuga di John ma non c’è nulla che possa dire che mi libererà dalla condizione in cui mi sono infilato con le mie stesse mani. Sono intrappolato nelle mie stesse decisioni, lasciandolo all’ oscuro sono venuto meno agli ordini e ai patti stabiliti. L’unica mossa sensata è stata mandare Kevin a Louisville, sperando che quel pivello riesca a trovarlo. Non rischierò la vita finché non avrò portato a termine la missione, solo una volta finita mi faranno fuori gettando il cadavere in qualche fossa e aspettando che marcisca divorata dai vermi.
Una parte di me è convinta di meritare questa fine, l’altra si sgretola avvinta dalla paura della morte che non aspettava sarebbe arrivata così presto. Un uomo arrendevole, ecco cosa sono, non ho mai lottato per qualcosa in cui credo perché non ho mai creduto in nulla.

Mi avvicino alla spessa porta senza nessuno a sorvegliarla come invece è di solito e avvicino l’orecchio per intuire se manchi molto alla mia strigliata.
Una voce cupa e familiare sta dicendo che è tutto sotto controllo; l’altra che appartiene ad un altro uomo, che non conosco, sta rispondendo in un modo talmente colorito da incuriosirmi e far aderire l’orecchio ancora di più.
“Avevi dato la tua parola che questa faccenda sarebbe stata semplice e veloce, come bere un bicchier d’acqua”
“Ci sono stati degli imprevisti, te l’ho già spiegato..”
“Oh si..tua figlia..quella troia maledetta! Se fosse stata la mia l’avrei frustata fino a farle implorare pietà”
“Lo avrei fatto anche io se non fosse fuggita..”
“Portandosi dietro Jared! Li ho visti sai..sul giornale..”
“L’ostaggio è continuamente monitorato, appena sarà il momento finiremo quello per cui mi hai pagato”
“E cosa stai aspettando?”
“Di avere tutti gli uomini competenti a mia disposizione, ho degli affari più urgenti..”
“Come ti permetti? Ti ho pagato una piccola fortuna!”
“E pensi di avere potere su di me? Potrei farti fuori in questo istante e nessuno sospetterebbe di me. Quindi rimani al tuo posto, sono un uomo di parola, finirò quello che ho iniziato, ci vorrà solo più tempo del previsto”
“Bob..non è minacciandomi che mi chiuderai la bocca”
“No certo, ma si da il caso che io registri tutte le conversazioni con i miei clienti, come sto facendo in questo momento e se, per puro caso, tu volessi andare  a raccontare i miei affari sporchi alla persona sbagliata, saprei come ricattarti”
“Capisco.. Bene, allora attendo tue notizie. Ah Bob! Dimenticavo… non vedo e sento Jared da molte ore..Nessuno vuole dirmi dove sia andato…” l’uomo tace per alcuni secondi e poi riprende “Dalla tua espressione deduco che non ne eri al corrente, dovrei forse suggerirti di controllare i tuoi scagnozzi o sceglierne di più leali”
“Grazie per il consiglio, lo terrò a mente” commenta in modo sarcastico nascondendo la vena irritata.

Dei passi lenti  si avviano verso la porta, stacco l’orecchio e istintivamente esco fuori dall’abitazione senza voltarmi indietro.
Raggiungo l’automobile tenendo a bada il fiatone e mi infilo nell’abitacolo per proteggermi da sguardi indiscreti. Osservo un uomo scendere i pochi gradini e salire alla guida di una macchina scura.
 Non posso fuggire dalle mie responsabilità, mi seguirebbero ovunque.
Ma se le mie priorità cambiassero e mi prendessi la responsabilità di azioni che provengono solo e soltanto da mie decisioni?
Spinto da una nuova consapevolezza metto in moto la macchina e percorro la strada in retromarcia, nascondendola dietro alla siepe alta che abbraccia il giardino dell’enorme tenuta. Faccio quello che avrei dovuto fare dall’inizio, quello che in cuor mio ho sempre saputo.
Ignoro il cellulare che squilla ininterrottamente, affronterò poi le conseguenze di questa scelta, ora devo fare la sola cosa sensata che mi sia mai passata per la testa.

Scendo dall’abitacolo e mi avvicino circospetto all’abitazione, cercando di entrare senza esser visto.

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Capitolo 28
*** Occhi negli occhi (Parte 1) ***


OCCHI NEGLI OCCHI (parte 1)


Jared



E' sorpresa di vedermi, quasi scioccata azzarderei.
Il volto spaventato ed indifeso si trasforma, corrotto dall'ira.
"T…Tu?"
Seguo la curva del braccio destro arretrando alla vista della pistola stretta nella sua mano.
"E' per me quella?" Si riscuote ed infila l'arma nei pantaloni velocemente.
"Che cazzo ci fai qui?" Mi sposta bruscamente entrando nella stanza, richiudo la porta e la seguo mentre si aggira nervosamente nel poco spazio "Anche io sono felice di vederti..".
"Come mi hai trovata!?" Mi siedo sul bordo del letto mentre lei cammina avanti e indietro evitando di guardarmi "Sul giornale c'è un articolo su.."
"di noi.. lo so.."
Interrompe bruscamente me e le sue falcate ritmate, mi fissa spazientita proseguendo "che cosa vuoi?" Alzo le spalle con fare innocente e la invito a sedersi con un gesto della mano, ma lei scuote la testa per rifiutare e mi guarda aspettando che risponda "volevo solo accertarmi che stessi bene".
"Hai detto a Stephanie che mi aspettavi qui.."
"E ti sei procurata una pistola?"
"Non era per te..era per.."
"E hai pensato bene di venire qui a duellare? Ottima mossa.."
Mi alzo spazientito e arrabbiato per il suo comportamento; non ha un briciolo di buon senso.
"Non dirmi quello che devo fare..ci eravamo detti addio e...tu non dovresti girare da solo!"
Mi volta le spalle nascondendomi chissà quale espressione e raggiunge l'alta finestra che da sulla strada. Indossa gli stessi abiti con i quali l'ho conosciuta, sorrido a me stesso ammettendo che é stata una buona idea prenderle degli indumenti puliti.
"Questi sono per te..immaginavo avessi ancora la stessa roba addosso" le passo la stoffa e mi allontano dal suo sguardo sorpreso ma circospetto.
"Non dovevi..non ho bisogno d'aiuto"
" Si che ne hai..se solo lo capissi.."
Mi lancia un'occhiata esasperata sedendosi su una delle poltroncine in fondo al letto, di fronte a me ed io faccio lo stesso; sostenendo il suo sguardo di sfida.
"Allora? Cosa vuoi? Parla!"
"Sono qui per portarti a casa con me" spalanca gli occhi e sorride beffarda
"Sbagliato, ritenta"
"E' la verità"
"E cosa dovrei fare a casa con te? Sentiamo.."
Non mi guarda e parla esasperata come se si rivolgesse ad un bambino.
"Ti accompagnerei alla polizia a denunciare le persone che ci inseguono e quelle che ti hanno fatto del male" finalmente mi guarda ma é impaurita, stringe le braccia al petto per chiudersi in difesa "Stanno inseguendo me e nessuno mi ha fatto del male" si sforza di essere fredda e glaciale ma vedo soltanto paura nei suoi occhi "Non mi riferisco al male fisico.."
Si alza di scatto raggiungendo la porta, appena capisco le sue intenzioni le ostacolo i piani mettendomi tra lei e l'uscita.
"Togliti di mezzo, non sono affari che ti riguardano.."
"Invece si..c'ero anche io, posso testimoniare" si riavvia i capelli nervosamente e bisbiglia tra i denti con voce resa rauca dalla rabbia "tu non c'eri.."
Chiude gli occhi, sospira e urla "fammi uscire!"
La verità si fa strada a gomitate nei miei pensieri fino a tramutarsi in parole "E' già successo..non era la prima volta!" Non è una domanda ed il suo sguardo che sfugge al mio é la conferma.
Tutto ad un tratto diventa la mia ragione di vita insistere e portarla via "quante volte é già successo?" Spalanca gli occhi e si allontana, la seguo incalzandola "quante volte?"
"Lasciami in pace!"
Si volta, arretrando ad ogni mio passo verso di lei, respira forte e cerca una via d'uscita muovendo velocemente gli occhi.
"Chloe..dimmelo" parlo lentamente come se fosse un animale selvaggio da domare, sento che sta per esplodere e non mi interessa che abbia una pistola con sé, il volto impaurito stretto in una smorfia supplicante non preannuncia nessuna mossa pericolosa.
"No, smettila.."
Mi avvicino ancora.
"Di me puoi fidarti..dimmelo per favore" le sfioro un braccio delicatamente mentre la vedo arrendersi avvicinando il corpo al mio, le accarezzo anche l'altro braccio finché non alza la testa e mi guarda atterrita, abbasso le difese pronto ad accogliere la sua resa ma l'unica cosa che accolgo è solo un pugno in pieno naso.
Il dolore arriva dritto agli occhi e porto le mani sul viso mentre la porta cigola e si chiude in un tonfo pesante, le finestre vibrano e riflettono il mio volto deturpato dal sangue.

Mi preoccupavo della pistola quando é lei stessa ad essere un'arma carica e pericolosa.







*Scusatemi ma ho dovuto dividere il capitolo in due parti visto che era un pò troppo lungo, quindi il prossimo arriverà a breve e sarà comunque un pò lunghetto. Quindi mi scuso in anticipo.
Ne approfitto per ringraziarvi per la pazienza e per il sostegno che mi date! Sto lavorando ad una cosa e presto vi dirò cos'è se riesco ad ingranare...
Grazie ancora e a prestissimo!!! (non posso lasciare la questione sospesa così quindi aggiorno veramente presto, non sono così cattiva anche se lo sembro) :P *

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Capitolo 29
*** Occhi negli occhi (parte 2) ***


OCCHI NEGLI OCCHI (Parte 2)


Jared


Mi tampono il naso con della carta umida, nonostante sia più di mezz'ora sdraiato sul letto, il sangue continua ad uscire anche se in quantità grandemente ridotta.
Afferro la bottiglia d'acqua del frigobar e la posiziono sul naso dolorante che si ribella al fresco emanando fastidiose pulsazioni agli occhi e alla testa. Non fastidiose quanto la delusione di non essere riuscito nell'impresa e non essermi reso conto dei suoi piani, eppure non stava fingendo quando si è arresa alla mia vicinanza, non mi sono sbagliato quando ho visto il suo sguardo sgretolarsi e chiedere aiuto in una muta richiesta.

Mi alzo lentamente cercando di capire se, quelli che sento, sono leggeri colpi sulla porta o é la mia immaginazione.
Mi avvicino e dall'altra parte qualcuno mi parla "Avanti apri..lo so che ci sei... "

Apro lentamente scorgendola appoggiata, con la schiena ed un piede, al muro.
Fissa un attimo il mio naso e chiede "posso entrare?"
Le rispondo con un cenno della testa, mi sposto lasciando libero il passaggio e chiudo la porta una volta entrata. Mi siedo su una delle poltrone cambiando posizione alla bottiglia d'acqua che si sta scaldando tra le mie mani.
Si guarda intorno come se cercasse ispirazione e quando finalmente mi guarda, mordendosi le labbra, esclama "te la sei cercata! Mi hai messo alle strette, non riuscivo più a controllarmi.."
Non rispondo e lei prosegue "Non puoi arrivare qui facendomi credere che sia qualcuno che vuole uccidermi e poi uscirtene con quella storia sperando che io non reagisca!"
Sospetto si voglia scusare ma a modo suo, quindi, celando un sorriso, continuo a tacere e ad ascoltare

"Sai quanta ansia, paura e terrore ho provato fino a quando non hai aperto la porta? Ti rendi conto di come mi sono sentita, per tutto questo tempo mentre tu eri qui ad aspettare che arrivassi, senza averne la certezza? Mi sono procurata persino un'arma..avrei potuto far fuoco appena entrata senza controllare chi ci fosse in questa stanza, sicura, che non fossi tu" parla velocemente cercando di controllare il respiro "Sei un pazzo esaltato, ecco cosa! Un pazzo egocentrico, testardo e..." si arrende avvicinandosi "...mi dispiace per il naso" toglie la bottiglia e lo ispeziona chinandosi su di me "fa vedere..non sembra rotto, il sangue si sta fermando" é talmente vicina che sento il suo respiro solleticarmi la fronte

"Chloe.."

Ci fissiamo qualche istante, mi perdo nel verde intenso dei suoi occhi mentre si schiariscono man mano che diventano lucidi.
Interrompe il contatto chiudendoli e si siede accanto a me, afferra la testa tra le mani.
“Non voglio andare alla polizia..non posso..non…” la voce si incrina e smette di parlare.
“No, infatti non puoi…Devi..” mi fissa in silenzio sfiorando la cicatrice sul sopracciglio.
“Te l’ha fatta lui quella?”
Annuisce seria tornando ad affondare la testa fra le mani ed esplode in un fiume di parole che ormai non mi aspettavo di ascoltare.
“Ero sola in casa..non capitava mai; infilai le scarpe e corsi verso l’uscita guardandomi intorno, avevo paura fosse uno scherzo o che sbucasse qualcuno all’improvviso.
Mi gettai nella notte buia, illuminata solo dai lampioni del nostro giardino.
Non mi voltai indietro neanche una volta.
Ero ingenua e senza esperienza, questo non mi fece allontanare dalla strada sicura…
Fu l’errore più grande che potessi fare.
Sentì le gomme di una moto stridere sull’asfalto e fermarsi proprio di fronte a me.
Era John che mi aveva riconosciuta.
Corsi nella direzione opposta, ma lui fu più veloce e mi afferrò trascinandomi in casa.
Il percorso sembrò più corto mentre lui mi tirava per un braccio nonostante mi ribellassi con tutte le forze.
Sferrò un pugno in pieno occhio che mi stordì e feci meno resistenza quando sentì il sangue scorrere lungo il viso.
Lo odiai ancora di più.”
 
Le pause durante il suo racconto si fanno più brevi, mentre torna a rivivere quell’episodio.
Distoglie lo sguardo dal mio, osservando il mondo fuori dalla finestra.
Inspira rumorosamente e continua con voce sprezzante e amara: “Lo odiavo sempre perché inveiva contro nostra madre, come faceva nostro padre.
Rientrò in casa e mi buttò a terra urlandomi contro che ero un’ingrata, una ragazzina viziata, un peso per la famiglia. Carponi raggiunsi la cucina e mi arrampicai a cercare qualsiasi cosa potessi usare come arma; afferrai un bicchiere pieno di liquido scuro e glielo versai in pieno volto mentre lui entrava nella stanza. Questo lo fece infuriare ancora di più, gli occhi si incupirono e cercò di gettarsi su di me; capendo le sue intenzioni mi spostai di lato mandandolo a sbattere contro i mobili della cucina e scappai in salotto. Ero in preda al panico, non avevo armi, non sapevo come difendermi e chi chiamare; senza pensare afferrai per il collo una bottiglia di vino dalla collezione di mio padre, la ruppi a metà versando tutto il contenuto sul pavimento e la puntai contro John.
Rise.
Una risata amara.
Barcollò verso di me suggerendomi quanto fosse ubriaco e disse, leccando il vino che gli era finito sulle labbra – Urla, urla quanto vuoi. Nessuno ti sentirà- "

Si ferma a riprendere fiato, fa fatica a continuare.
Le spalle si incurvano continuando a  nascondere il suo volto in penombra. Respira forte e con voce rotta, riprende  “Cercai di minacciarlo come meglio potevo, volevo spaventarlo per consentirmi anche solo una piccola via di fuga, ma lui non si fece distrarre.
Improvvisamente si scagliò su di me parando il colpo del mio braccio che stringeva la bottiglia e cademmo a terra.
Io cercavo di colpirlo mentre lui…lui..mi riempiva di calci e pugni per farmi stare ferma. Mi insultava e mi percuoteva senza sosta….  quando finalmente raggiunse quello….quello che voleva…. smisi di lottare sperando di avere un cedimento da parte sua.
 Attesi che allentasse la presa su di me, raccolsi il pezzo di vetro e sferzai un colpo senza prendere la mira.
Vidi soltanto del sangue sgorgare dal viso e, mentre si staccava da me, urlava e si contorceva per il dolore.
Corsi a chiamare l’ambulanza che arrivò in pochi minuti.”
Scuote la testa e continua velocemente, con voce flebile e discontinua:
“Non raccontammo quello che era successo, John disse che avevamo avuto un incidente. Tutti cedettero alla nostra bugia, tranne nostro padre. Per quello conobbi Sam il giorno seguente, se ne lavò le mani…come aveva sempre fatto con me” si ferma in preda ai singhiozzi, cercando invano di respirare normalmente.
Le accarezzo una guancia scacciando via le lacrime calde, sorprendendomi di essermi avvicinato senza rendermene conto, e della sua reazione: non si sposta e non fugge al mio tocco, preme la guancia sul palmo della mia mano e si aggrappa al polso, rivelandomi finalmente il volto arrossato e piegato in un’espressione funerea.
Mi avvicino lentamente per dimostrare le mi intenzioni, cancellando ogni traccia, con  le mie dita,  che le lacrime hanno lasciato sulla pelle calda e umida. Mi lascia fare, si arrende al mio tocco, alle mie carezze che avvertono il bisogno di essere delicate come se maneggiassero una piuma. Improvvisamente e cogliendomi di sorpresa,  infila la testa tra il mio collo e la spalla; stringendomi in un abbraccio, lottando contro le lacrime che sgorgano senza esitazione. Ne sento la forza repressa da tempo ad ogni scossa del corpo, stringo più forte per aiutarla, per farle capire che sento la frustrazione, la paura, l’angoscia che la intrappolano.
Non servono parole.
Rimaniamo stretti ascoltando solo i respiri tornare normali.
I cuori, entrambi, decelerare.
Sposta la testa quel poco che basta per guardarmi negli occhi, mi specchio nei suoi dilatati e arrossati dal pianto.
“Vieni con me..” sussurro.
“Io…”
“Vieni con me…” ripeto.
Annuisce un paio di volte e torna a nascondere la testa sulla mia spalla.

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Capitolo 30
*** Non pensare ***


NON PENSARE


Chloe


“E’ ottimo…” dico con la bocca piena, seduta a gambe incrociate sul letto improvvisato a prato da pic nic.
“Lo vedo..respira tra un boccone e l’altro” mi prende in giro Jared mentre afferra una fragola e mi sorride.
Ricambio con una linguaccia.
Mi sento spossata, come se avessi corso per miglia su una strada in salita sotto il sole cocente, ma in pace e rilassata come se il fiume di parole confessate avesse sempre premuto sul mio petto come un macigno che ora è scomparso, lasciando i polmoni liberi di respirare aria pulita.
“Dovrei tornare da  Peter…avevo detto che sarei andata di nuovo al dormitorio”
“Qui c’è un grande letto..” accarezza la stoffa del piumone “..c’è spazio per entrambi”
Mi acciglio e imbarazzata distolgo lo sguardo dal suo, profondo e ipnotizzante.
Concentro la mia attenzione sul cibo e sulla fame che improvvisamente è sparita rimpiazzata da elettrizzanti brividi che mi colgono alla sprovvista. Lascio cadere la forchetta nel piatto con un sonoro tintinnio che spezza il silenzio venutosi a creare.
La sua mano mi sfiora una guancia e torno ad incrociare i suoi occhi fiammeggianti.
“Sei arrossita..” sorride beffardo e cospiratore.
“Non è carino farmelo notare..”
“Non ti avevo mai vista in imbarazzo” mi sposta i capelli e mi solletica il collo con la punta del naso.
“Non è vero..Ho solo caldo…” mi accarezza il braccio mentre lascia umidi baci alla base del collo e risale ripercorrendo lo stesso tragitto. Il mio respiro pesante risuona nella stanza, eco delle emozioni che non conosco e non riesco a controllare mentre lui continua l’avanscoperta attraverso il tessuto degli abiti che indosso.
“Jared…fermati..” sussurro indecisa, deglutisco sonoramente mentre mi perdo nell’azzurro del suo sguardo. “Non ti farei mai del male..”
Mi appoggio al suo profumo che, seppure sconosciuto, mi quieta e rilasso istintivamente i muscoli. Chiudo gli occhi e lascio che le emozioni prendano il sopravvento.
E’ qualcosa di nuovo che mai avrei tollerato.
In molti avevano tentato l’arrampicata lungo le mura che mi sono costruita, che solo ora riesco a vedere con tanta limpidità, come se avessi avuto da sempre lo sguardo annebbiato.
Il tocco dolce ma deciso di Jared, non quello delle sue mani sul mio corpo, ma delle sue parole e della sua persistenza hanno sgretolato i muri adagio, mattone dopo mattone; quello che nessuno era mai riuscito a fare. Infilo la mano nei suoi capelli seguendo l’istinto, abbandono la ragione e, come se mi leggesse nel pensiero, sussurra “Non pensare..lascia fare a me” . Mi lascio cullare dal suo sguardo e rassicurare dalle sue labbra calde e sicure che abbracciano le mie; lascio che le lingue si cerchino perse negli affanni che crescono insieme, il suo alimenta il mio, incredulo e acerbo.
Mi lascio stendere accanto al cibo beandomi del suo peso che mi inchioda sulla soffice coperta, lo stringo a me come se la vicinanza non fosse già abbastanza e, soddisfacendo la mia muta richiesta, sveste il mio corpo ed il suo con lentezza studiata. Bacia ogni parte della mia pelle in fremito soffermandosi sulle cicatrici ed i lividi collezionati da episodi che la mia mente censura, spronata dall’eco delle sue  parole.
Si ferma incatenando lo sguardo al mio e soffia, in un sussurro caldo, che sa ancora di fragola “ Dimmi di fermarmi..”

“Non fermarti..ne ho bisogno”sospiro con voce roca che non riconosco.
 
Incollo le labbra alle sue mentre accolgo il suo corpo trepidante ed eccitato dall’attesa, si unisce al mio cadenzato dai respiri affannosi, zittiti soltanto dalle labbra incollate l’una all’altra in un disperato bisogno.
I corpi si muovono sincronizzati al ritmo dei battiti accelerati dei cuori, incalzati dai gemiti che riempiono il silenzio, abbelliti dai tocchi sulle pelli incandescenti imperlate di leggero sudore. Ansimo nella sua bocca, annebbiata dalle sensazioni contrastanti che provo: paura e incomprensione non dovrebbero sopraffare l'eccitazione ed il desiderio?
'Non pensare….non pensare'
Le parole fanno eco nella mia mente svuotata mentre stringo le gambe intorno alla sua vita, sento il piacere aumentare al ritmo delle sue spinte.  Afferro saldamente i muscoli della schiena, affondando le unghie quando il piacere raggiunge il culmine e rovescio la testa all'indietro, avvertendo a mala pena Jared soffocare un gemito roco contro la mia pelle cosparsa di brividi e la sua lingua risalire dal seno alla guancia accaldata, fino a capovolgere le posizioni e tenermi stretta sul suo petto ancora ansimante. Lascia un leggero bacio sulla punta del mio naso, afferra un lembo della coperta fino a ricoprirci interamente, come se volesse proteggerci dai problemi, dal mondo, da noi stessi.

Come al solito un turbine di parole vaga per la mia testa, ma stavolta nessuno si aspetta che io dica nulla, ci guardiamo per un solo istante prima di crogiolarci nel sonno, un istante che basta per capire che siamo spaventati entrambi da quello che ci lega.
 


Il vento freddo mi scompiglia i capelli, mandandoli in tutte le direzioni, ma non me ne curo. Cammino lenta sui sassi instabili che circondano le rotaie.
Il cielo è cosparso di nubi grigie trasportate dal vento che soffia inesorabile.
Seguo le orme di una donna  di spalle di fronte a me, cammina decisa e fiera dondolando le braccia lungo i fianchi per cadenzare i passi.
Qualche goccia sfugge dalle nubi e mi colpisce il viso, poi la testa, poi un braccio.
Lenta e rumorosa colpisce il suolo asciutto lasciando macchie scure.
Mamma si volta sorridendomi, l’acqua gli scorre sul viso disteso e fiducioso mentre mi invita ad avvicinarmi con un gesto della mano. Sono abbastanza vicina da afferrarla ma un fischio lontano mi fa voltare di scatto.
Un treno sfreccia nella mia direzione.
Lo vedo ingrandirsi velocemente mentre la pioggia mi sferza la pelle e mi inzuppa gli abiti. Non riesco a muovermi nonostante la paura di morire mi attanagli la gola. Non riesco a chiudere gli occhi finché non è a pochi passi da me…

“Chloe!”

Porto una mano sul petto per bloccare i battiti frenetici del cuore mentre alzo la testa dal cuscino e rimango seduta a riprendere fiato.
“Era solo un incubo..” sento la mano di Jared accarezzarmi avanti e indietro la schiena nuda.
“Si..lo so.. ” stringo la coperta intorno al corpo e mi alzo di scatto.
“Dove vai? Tutto bene?” mi guarda contraddetto e sospettoso.
“In bagno..”
“Non hai cambiato idea?”
Scuoto la testa.
“Non ti ho morso la lingua vero?” l’ombra di un sorriso aleggia sulle labbra.
Scuoto la testa, sorrido e arrossisco lievemente, afferro gli abiti ed entro nel bagno per indossarli. Fisso la donna allo specchio: gli occhi lucidi e labbra gonfie ancora tese in un misero sorriso mi ingannano, ma il cipiglio indispettito rassicura che sono ancora me stessa. Mi vesto mentre Jared mi parla dalla camera, distraendomi dall’agitazione che sento scorrere nelle vene “Vuoi partire stasera o domani?”
“Non fa differenza..”
“Io dico di partire subito..” alzo gli occhi al cielo mentre infilo la felpa ed i pantaloni che mi ha portato.
“Se avevi già deciso perché me lo hai chiesto?”
“Per galanteria..dicono funzioni così” sbuffo divertita mentre rubo un po’ di dentifricio, il suo piano per distrarmi sta funzionando.
“Prima vorrei passare da Peter, lo avverto  che sto partendo..” sciacquo la bocca e mi asciugo il viso. La voce di Jared risuona da dietro la porta “ Non credo proprio..”
La apro con decisione e lo trovo che mi fissa cupo, con le braccia incrociate sul petto nudo. “Mi aspetta. E’ stato gentile con me e voglio salutarlo..” sostengo il suo sguardo finché non mi ingabbia al muro con le sue braccia “No, è notte. E’ pericoloso”.
“Anche di giorno lo è. Dove è finita la famosa galanteria?”
“Non mi si addice”
“Hai già avuto abbastanza per oggi da una che poche ore fa voleva romperti il naso a forza di pugni, quindi togliti..”
“E ci sei quasi riuscita. Vengo con te..” sbuffo spazientita.
“Non c’è bisogno, è dietro l’angolo. Saluto, torno qui e partiamo..”
“Mi nascondi qualcosa?”
“No..ma..voglio un momento  di indipendenza e di pausa da te..” si acciglia e mi affretto a continuare prima che fraintenda “ Non mi sto allontanando, tutt’altro.  E’ che..ho sempre fatto tutto da sola…Tutto questo..” indico lui, il letto e poi l’intera stanza “mi confonde..ho bisogno di respirare dieci minuti..” riprendo fiato e aspetto che il suo sguardo cambi, cosa che fa mentre capisce il senso delle mie parole.
“Ok, ho capito, voglio fidarmi. Mi vesto, chiudo la valigia e ti aspetto nella hall” mi rilasso mentre ritira le mani della parete e le adagia sui miei fianchi attirandomi a se.
Ride silenziosamente e mi sussurra nell’orecchio in modo canzonatorio “ che cosa devo fare con te? Eh?” sposta una ciocca di capelli sulla schiena e mi osserva inclinando la testa. Alzo le spalle trattenendo un sorriso “Quello che stai facendo va benissimo..” lo abbraccio velocemente e sfuggo alla sua presa uscendo dalla stanza.



Mi dirigo velocemente verso l’edificio, entro nella sala comune affollata, attirando sguardi curiosi ai quali rivolgo un timido sorriso. Scorgo Peter conversare con una donna minuta, quando incrocia il mio sguardo si congeda gentilmente, raggiungendomi.
“Sono venuta a salutarti..sto partendo..”
“E’ tutto ok? Con il tuo amico intendo..”
Annuisco e lui sorride  accarezzandomi bonariamente una spalla.
“Spero di rincontrarti ancora..”
“Lo spero anche io. Grazie di tutto..”
“Grazie a te”
Avverto una velata tristezza afferrarmi il cuore, la scaccio via voltandomi ed uscendo in strada.


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Capitolo 31
*** Tv Spazzatura ***


TV SPAZZATURA


Jared



Stanco di camminare per la hall, mi siedo su una delle tante poltrone bianche ed accavallo le gambe, in attesa.
Sta andando tutto come avevo previsto, anzi, meglio.
Le immagini di Chloe abbandonata tra le mie braccia che chiude gli occhi in preda al piacere  invadono la mia mente. Il cipiglio severo per un attimo è stato sostituito dallo sguardo selvaggio e denso di contraddizioni, leggevo la sua lotta interiore nei gesti inespressi del suo corpo a tratti invaso da brividi di eccitazione, ed a tratti irrigidito dalla paura. L’arrendevolezza di fronte ai miei tocchi mi faceva sentire potente e responsabile allo stesso tempo; si fida di me.

Alzo lo sguardo al rumore della porta d’ingresso che si apre, aspettandomi di incrociare il suo sguardo ma rimango sorpreso quando incrocio quello di mio fratello.
“Shan che ci fai qui?” mi alzo.
Lui mi raggiunge, cammina quasi marciando.
“No, che cazzo ci fai tu qui? Tomo mi ha raccontato tutto.. Tu sei pazzo!”
Mi strofino il viso sospirando forte.
“Shan, non saresti stato obiettivo se te lo avessi raccontato..”
“Obiettivo? Quella donna ti ha rapito e tu ci fai amicizia?”
“Shhhh…Abbassa la voce. E’ più complicato di così.. Possiamo parlarne a casa?”
“Ah!” urla “Adesso vuoi parlarne? Mi hai raccontato un sacco di stronzate!”
“Una volta risolto questa situazione ti avrei spiegato tutto..”
“Non sono tanto incazzato per le bugie ma preoccupato per la tua sanità mentale..Credevo avessi messo la testa apposto” incrocia le braccia sul petto aspettandosi una giustificazione, ma non ne ho.
“Che vuoi che ti dica? Ho agito d’istinto..” sbuffa.
“Andiamo a casa..” finge di arrendersi, so che riprenderà la discussione quando si sarà calmato.
“Sto aspettando una persona, poi possiamo partire..”
“Chloe?”
Annuisco aspettandomi una reazione spropositata, invece guarda l’orologio e mi chiede “Quanto dobbiamo aspettare?”
“E’ più di mezz’ora che aspetto veramente, doveva essere già qui..”
Alza le spalle facendomi capire che non gliene frega nulla.
“Vieni, andiamole incontro..” afferro la valigia trascinandola all’esterno, verso l’auto parcheggiata in strada. Salgo e metto in moto aspettando che Shannon arrivi con passo lento e annoiato.
“Cosa hai fatto al naso?” sussurra dopo aver chiuso lo sportello.
“Che ore sono?” domando, lui scuote la testa prima di guardare l’orologio al polso e rispondere “ Quasi mezzanotte..”
Annuisco e guido per pochi metri, fino ad accostare accanto alla bassa costruzione.
Spengo il motore e mi avvio, seguito da mio fratello.

La porta è chiusa ma all’interno le luci sono accese e proviene un leggero chiacchiericcio; busso piano e attendo che qualcuno apra. La stessa donna che mi aprì quando venni a cercare Chloe mi si para davanti sbuffando “Ancora tu..cosa vuoi?”
“Sto cercando Chloe..ha detto che sarebbe venuta qui”
“Non c’è nessuno qui, te l’ho già detto” sbuffo spazientito.
“Ha detto che sarebbe tornata da me in hotel una volta salutato un suo amico qui, un certo Peter..”
La donna alza le spalle ignara mentre una voce maschile bisbiglia “Stephanie..qualcuno mi cerca?” lei si sposta lateralmente lasciando spazio ad un uomo anziano “Sei Jared?” Annuisco e lui mi invita ad entrare con un cenno della mano.
La stanza è popolata da poche persone che si voltano a guardarci interessati, li ignoro “Hai visto Chloe? Doveva salutarti e tornare in albergo…” lascio la frase incompiuta quando lo vedo irrigidirsi; si passa una mano nella folta barba e risponde “Si è passata. Più di mezz’ora fa; ha detto che stava partendo..sinceramente credevo venisse con te”.
La rabbia e la delusione prendono il sopravvento quando capisco che se ne è andata senza di me, che mi ha preso in giro, che mi sono fidato delle sue parole.
“Lo credevo anche io..”.

Il silenzio è teso e imbarazzante, Shannon picchietta le dita nervosamente sul tavolo accanto alla sedia dove si è adagiato senza che me ne accorgessi, la televisione emette un brusio di sottofondo molto simile ai pensieri che vorticano nella mia testa.
“Come sta il naso?” chiede l’uomo cercando di spezzare il silenzio.
“Bene..nulla di grave” sussurro inebetito. Fisso mio fratello che mi rivolge uno sguardo da ‘te lo avevo detto’ e aspetta la mia prossima mossa rimanendo immobile.
Come posso essermi sbagliato?
Ho riposto un’altra volta la fiducia nella persona sbagliata?
Mi sono sempre vantato di capire istantaneamente la vera natura delle persone e la delusione che provo è anche verso me stesso. Annuisco ritmicamente verso nessuno in particolare e, senza guardarlo, dico a Shan “Andiamo a casa..non ho più nulla da fare qui”.
Scatta in piedi ritrovando l’energia ed esclama “Alleluja!” .
“Addio..” Peter risponde con un gesto della mano mentre mi volto per raggiungere la porta, ma prima di uscire chiedo “Ha detto dove stava andando?”
Lui scuote la testa “No..mi dispiace..”

Un uomo seduto sul divano scatta in piedi urlando “Ehi ragazzo, ma quello sei tu!!”
Ci voltiamo tutti verso la televisione indicata dall’ossuto dito dell’uomo che, agitato, alza il volume dell’apparecchio dove un uomo in giacca e cravatta snocciola informazioni “….a quanto pare era stato rapito da una banda di malviventi capitanata dall’imprenditore Robert Carter Harris, conosciuto come Bob. Indagato per omicidio, rapimento e riciclaggio di denaro, al momento è ricercato dalla polizia, come i suoi complici: suo figlio John  Carter Harris e William Cross. L’informatore anonimo ha rivelato dettagli che hanno portato ad un altro arresto scioccante, del produttore discografico David Smith Jones, la cui figlia è fidanzata con Leto da più di un anno. Ad incriminare la banda sono state delle registrazioni, consegnate anonimamente alla polizia di Los Angeles. Queste registrazioni testimoniano conversazioni con tutti i clienti e, una di queste, riguardava proprio il signor Jones. Al momento la polizia è sulle tracce degli indagati e dello stesso Leto che, qualche giorno fa, era stato avvistato con Chloe Carter Harris, l’altra figlia dell’indagato principale.
A più tardi per gli aggiornamenti..Buonanotte”

Una pubblicità prende il posto del notiziario e fisso i volti sconvolti e curiosi che mi guardano. 
Solo quando Shannon mi scuote con vigore realizzo di essermi paralizzato “Porca puttana, corriamo a casa..” cerca di essere pragmatico ma avverto nella voce una nota spaventata; riesco solo a sussurrare “David..”.
“Quella puttana di Kate lo sapeva! Torniamo a casa, subito! O ti ci trascino con la forza!” urla afferrandomi per le spalle e scuotendomi. Annuisco e lo seguo in macchina, salgo sul sedile del passeggero mentre lui sfreccia troppo velocemente sulla strada bagnata.
Alzo lo sguardo verso il cielo terso e piovoso, tasto i capelli e la pelle meravigliandomi di trovarli imperlati di pioggia e ascolto Shan parlare concitato al telefono “Chiama subito Ted in caso servisse un avvocato…. No Emma, non serve, stiamo tornando a casa…. Si, sta bene ma è scioccato quanto me. Nessuno si aspettava una cosa simile….Ok grazie..” lancia il cellulare sul cruscotto dell’auto e attraversa un semaforo con il rosso.
“Rallenta Shan..” riesco a dire guardando la scia degli oggetti fuori dal finestrino.
“No, col cazzo che rallento! A questo punto quell’approfittatrice di Chloe ci avrebbe fatto comodo per testimoniare..”
Lo guardo per rimproverarlo del tono disprezzante che ha usato ma ricevo un’altra risposta amara “Dico solo come stanno le cose… Vorrei dirti che non è colpa tua, ma in parte lo è. E sai quanto me che è la verità, lo leggo nel tuo sguardo ” annuisco al riflesso di me stesso nel vetro scuro macchiato di pioggia, il volto serio e la bocca piegata in una smorfia di disgusto.


Nella mia testa tante domande e nessuna risposta.

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Capitolo 32
*** Assassina ***


ASSASSINA
 

Chloe


Apro gli occhi lentamente e vedo le mie gambe unite, scorro lo sguardo fino ai piedi legati insieme da una corda. Cerco di muovere le braccia indolenzite ma non rispondono ai comandi, una corda tiene ferme anche quelle dietro la mia schiena. Sollevo la testa e mi guardo intorno, la stanza è fredda ed illuminata solo da una piccola lampada al neon sul soffitto che emette un ronzio fastidioso, la testa pulsa ritmicamente. Le finestre alte e scure sono ricoperte di fitte ragnatele e mostrano i lampi che illuminano il cielo per pochi secondi.
Scuoto il corpo per cercare di slegarmi e la sedia dove sono seduta si muove con me strisciando sul pavimento sporco e rovinato.
Dove sono?

“Cerca di stare ferma, altrimenti cadi..” una figura scura entra nella stanza da una piccola porta nell’angolo, strizzo gli occhi per mettere a fuoco, ma riconosco la voce quando mi parla di nuovo “Come ti senti?”.
“Kevin” sbiascico “Che cazzo succede? Slegami..” si avvicina e riesco a vederlo, ha un occhio gonfio ed il labbro spaccato, il sangue raggrumato da poco.
“Non posso..mi dispiace. Non…” è spaventato quanto rammaricato “…mi avrebbe ucciso..” annuisco appena comprendo a chi si riferisce.
“Ti ucciderà comunque. Hai solo rimandato l’inevitabile..” sussurro amara.
Un brivido gli percuote il corpo e balza spaventato nella mia direzione appena la piccola porta si apre di nuovo.

“Dovresti ascoltarla… Hai dormito bene angioletto?”
John cammina lento verso di noi, un sorriso fiero sul viso scavato, la barba incolta e gli occhi iniettati d’odio.
 Ignoro la sua frase fissandolo torva ma lui si rivolge a Kevin “Perché cazzo non mi hai avvertito che si è svegliata?”
Non gli lascia il tempo di rispondere, lo colpisce forte sulla mandibola ed il ragazzo indietreggia verso il muro mettendo le mani avanti “Stavo per avvertirti..si è appena..”
“John, smettila! Lascialo in pace..” lo interrompo osservando il pugno dell’uomo stringersi e prepararsi ad un nuovo colpo.
Si blocca per voltarsi e tornare a dedicare la sua concentrazione su di me “Sempre così autoritaria e severa..” il tono schifosamente dolce mi fa venire la nausea “..è così che hai conquistato l’ostaggio?” Sussulto e lui se ne accorge.
“Oh. Tranquilla…a lui non ho fatto nulla, non ancora..” sorride mesto mentre mi sfiora la guancia con il dorso della mano ma cambia espressione appena sferra uno schiaffo che mi piega la testa e brucia sulla pelle fredda.
“Ti ha toccata? urla.
Scoppio in una risata amara e incontrollabile mentre il suo volto contratto dall’ira si trasforma in pura perplessità.
“Sei ridicolo” sputo, mentre non contengo la risata isterica “Per chi hai messo su  questa sceneggiata? Per il tuo ego..?” un ulteriore schiaffo mi colpisce il viso e cado a terra con un tonfo, ancora legata alla sedia di legno.
“Non è picchiandomi che riuscirai a ferirmi. Uccidimi avanti..a chi credi che importi?” appoggio la testa al pavimento cercando di respirare nonostante la posizione scomoda, scruto la sua figura da un’angolazione inclinata seguendo i suoi passi che risuonano sul pavimento scricchiolante.

Fruga nella tasca dei jeans e tira fuori un coltellino.

“Mi servi viva. Devo riportarti da mio padre e dimostrare l’errore disumano che ha fatto, allontanandomi. Vedrà lui cosa fare con te, ma questo non esclude che io possa divertirmi un po’” osserva ammirato la lama accarezzandola con le dita su e giù per la sua lunghezza.

Il cuore mi martella nel petto, la salivazione si azzera del tutto.

Avrei preferito una morte veloce, indolore.
Una lacrima sfugge dalle ciglia cadendo in fretta nei capelli sparsi sul pavimento; vorrei asciugarla e muovo infastidita i polsi che si sfiorano. Mi lascio sfuggire un paio di gemiti di frustrazione quando le corde non cedono neanche di un millimetro e lui si avvicina con sguardo sognante e vendicativo. A pochi passi da me cambia direzione puntando Kevin che urla cercando una via di fuga, John si avventa su di lui ed io chiudo gli occhi ascoltando soltanto i rantoli e le suppliche che scemano sostituite dall’odore acre e metallico del sangue.
Sento afferrarmi i capelli con forza e spalanco gli occhi, il viso di John schizzato di sangue mi compare davanti, stringe e tira di più finché non urlo senza fiato “Quando mi sarò divertito abbastanza con te, troverò quel pezzo di merda del tuo amante, lo taglierò a pezzetti e, se sarai stata brava, te ne regalerò un pezzo. Mentre con il caro Willy dovrò inventarmi un gioco migliore..una vendetta più lenta e divertente. Ha mandato quel pivello di Kevin a fare il suo lavoro..” alza il occhi al cielo concentrandosi “ potrei mandare un pezzo di carne anche a lui, magari un occhio..come avvertimento..che ne pensi?” tira più forte i capelli staccandomene alcuni mentre sento la lama affondare nella carne della coscia; un lento bruciore sale e prude come fuoco, lacrime calde inzuppano il viso ed i capelli trattenuti nelle sue mani.
“CHE NE PENSI?” urla come un animale sul mio viso, poi lascia la presa e la mia testa cade di peso sulle mattonelle.
Non so su quale dolore concentrarmi, riesco solo a sussurrare “Ti prego uccidimi..e fallo in fretta..”.
“Te l’ho detto…Mi servi viva. Mio padre sarà fiero ed io prenderò il suo posto un giorno, amato e rispettato da tutti. E da te”.
“Non puoi comprare il rispetto con paura ed odio…” sbiascico con la vista offuscata dalle lacrime.
“Certo che posso, è quello che farò”.
“Perché tanta rabbia?” inclino la testa con un gemito, per guardarlo in viso.
“Potrei farti la stessa domanda..” spalanco la bocca in un’espressione di ovvietà.
“E me lo chiedi? Dopo quello che mi hai fatto ti aspetti rispetto o persino indifferenza? Lo stesso vale per nostro padre che sapeva tutto e non ha mosso un dito…se fosse successo quando c’era ancora la mamma le cose sarebbero andate diversamente” la conversazione più lunga che abbiamo mai avuto.
Stringo gli occhi per bloccare le lacrime che affiorano sempre quando il viso buono e gentile di nostra madre mi torna alla mente, il suo sorriso incoraggiante e la solarità che la rendeva bellissima ai miei occhi.
“Non nominarla..non bisogna nominarla..” ripete con voce roca e cantilenante.
“Marie voleva bene ad entrambi, non come nostro padre..lui mi ha odiata da quando ne ho memoria..” sussurro in riserva d’ossigeno, la gamba brucia e la testa pulsa.
“Papà la odiava…e la odio anche io..”
“Come puoi dire una cosa del genere?”
“Tu non c’eri quando li ho sentiti litigare nello studio..eri in camera tua a piagnucolare perché papà non voleva portarti allo zoo. Io ero lì, dietro alla porta e ascoltavo..papà le diceva che non poteva pretendere altro da lui, che se avesse osato contraddirlo un’altra volta sarebbe stata la fine per lei e per te..” fissa a terra senza guardarmi, perso in ricordi di cui io non ho memoria.
“Non c’eri neanche quando il dottore venne a casa. Diceva che i patti erano chiari, doveva badare a te e lui non avrebbe denunciato il suo reato.. Urlavano e si minacciavano a vicenda. Smisero di gridare solo quando papà disse ‘E’ colpa tua e di Chloe se Marie è morta’…”

Il viso di Sam, piegato in una smorfia di dolore e delusione, riaffiora nella mia mente assieme all’eco delle sue parole.
 
“Su tuo padre…devi sapere..”


“Ho fatto quello che ho potuto, forse non tutto…mi dispiace..”

Il macigno torna a premere sul cuore e lo stringe in una morsa di dolore, dolore fisico. La gamba che pulsa e brucia, la testa che batte forte e la stretta delle corde sulla pelle sono una carezza confrontate alle fitte che intaccano l’anima come un coltello affondato lentamente.
Non ho più lacrime da versare, non ho più fiato da sprecare, non ho più spavalderia da mostrare..solo rabbia e inquietudine per le cose che non so. Una vita passata a difendermi dagli altri quando il pericolo più grande per me stessa ero io; una vita di segreti e bugie.

Guardo Kevin che giace rannicchiato a terra con gli occhi spalancati in una pozza di sangue, uno dei tanti cadaveri che mi lascio dietro come la bava di una lumaca.

Una lumaca spoglia, senza casa.

La porta si spalanca improvvisamente facendomi sobbalzare;  uno sparo inaspettato colpisce John alle spalle, gli trapassa il ginocchio e, con un urlo disumano, s’accascia a terra rivelando l’incursore notturno.

“Will..” sussurro .

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Capitolo 33
*** Dissimulare ***


DISSIMULARE
 
Shannon


“Allora signor Leto, riconosce alcuni di questi volti tra quelli dei suoi rapitori?”

Osservo Jared seduto di fronte ad un uomo della polizia che distribuisce foto in bianco e nero, ne afferra una scrutandola con cautela dicendo con voce monotona “Glielo ripeto, avevano tutti il passamontagna..”
“Si ma conosceva la signorina Harris, Chloe Carter Harris. Come mai?” lancio un’occhiata al nostro avvocato che stringe il braccio di mio fratello.
E’ il chiaro segnale che vuole spronarlo a dire la verità, come gli ha consigliato prima di venire qui. Si è fatto raccontare tutto l’accaduto, nei minimi dettagli, anche se dubito che Jared non abbia omesso nulla. E’ stato irremovibile di fronte alla richiesta di Ted ‘ Devi dire quello che ha fatto la ragazza, se è lontana probabilmente non riusciranno mai a prenderla’. Continuava a rispondere che lei non aveva fatto nulla, che l’avrebbe messa in un ulteriore pericolo inutilmente, nonostante l’avvocato insistesse nel raccontare anche quel dettaglio per evitare che la polizia seguisse la pista sbagliata e sospettassero di lui.

“Ho incontrato la ragazza in stazione per la prima volta, mi ha chiesto un autografo, non so se stava fingendo o no..” dice in tono sicuro, sfoderando le sue doti da attore. Scuoto la testa impercettibilmente quando mi guarda con la coda dell’occhio, e continua.
“Ho sentito dei nomi però…”
Il poliziotto congiunge le mani con pazienza e gli fa segno di proseguire.
“Un Bob ed un John…quest’ultimo era sicuramente nella casa dove mi tenevano legato”
“D’accordo. E come è tornato a casa? Avete pagato il riscatto?”
“Sono scappato. Mi hanno slegato per andare in bagno e sono fuggito dalla finestra..”
Il poliziotto alza le sopracciglia soppesando l’informazione, immagino sia abbastanza incredulo e dubbioso sulla veridicità delle sue parole ma finge di crederci.
“D’accordo, può andare per ora. Si tenga a disposizione per ulteriori domande” mio fratello si alza ed io lo imito.
“Ho già detto tutto quello che so” aggiunge prima di raggiungere la porta.
“Sarebbe dovuto venire subito da noi a denunciare l’accaduto, forse avremmo potuto catturare alcuni di loro a quest’ora”
“Nessuna traccia?” chiede Ted.
Il poliziotto scuote la testa “Nessuno..sembrano essersi tutti volatilizzati. L’indagato principale è scomparso e nessuno lo ha visto lasciare la sua abitazione, il figlio ha usato la carta di credito per acquistare un biglietto aereo per Louisville ma i miei uomini lo stanno ancora cercando, la figlia è stata avvistata l’ultima volta con il suo cliente e questo William Cross non era nella sua abitazione; la sua auto è stata trovata abbandonata accanto alla villa dell’indagato principale. Ecco quanto”
“Tenete qui David?” chiedo, vorrei scambiare quattro chiacchiere con quel pezzo di merda.
“Si ma non potete vederlo. C’è la figlia però..la terremo qui per stanotte, è sospettata anche lei”
“Portatemi da lei..” dice Jared freddo e risoluto.
Mi avvicino lentamente sfiorandogli un braccio “Lascia stare Jay, vai a casa.. Se vuoi ci parlo io..” ma lui scuote la testa come avevo previsto e indietreggia leggermente lasciando che l’uomo in divisa lo preceda.
Anche Ted si unisce ed io li seguo trascinando i piedi.

Non mi piace questo posto, ho i brividi da quando sono entrato.
Non mi piace neanche questa situazione incerta, sono tutti a piede libero, questo significa che potrebbero essere ovunque; anche dietro l’angolo. Pronti a finire quello che avevano iniziato.

Camminiamo di fronte a stanze  chiuse da porte anonime e numerate.
E’ simile alle stazioni di polizia dove sono stato spesso, ricordo quando presi a pugni quel bullo più ubriaco di me che aveva pestato mio fratello. Qualcuno, fuori dal locale, ci vide fare a botte e chiamò la polizia, quando arrivarono eravamo già pieni di lividi e sangue e ci trascinarono in quel luogo spoglio e anonimo. Quando arrivò nostra madre rifilò uno schiaffo ad entrambi prima di chiederci come stessimo e cosa fosse successo. Sorrido a quel ricordo, immaginando quale paura le abbiamo fatto prendere. Dai lividi sul viso di Jared capì che lo avevano preso a pugni di nuovo e intuì il motivo della mia presenza, lo avevo difeso un’altra volta, senza pensare alle conseguenze mi ero accanito contro quel ragazzo robusto e grassottello.
Il brutto vizio di difenderlo è rimasto nei miei modi di fare, anche se ora se la cava egregiamente da solo; tranne quando si incaponisce per qualcosa.

Entriamo in una stanza arredata in modo più caldo e confortevole, trovando Kate seduta in un angolo che sorseggia un caffè; quando ci vede scatta in piedi.
“Jay..non ne sapevo nulla! Te lo giuro!”
Sposto mio fratello e le punto un dito addosso “Brutta…” ma lui mi blocca “Ci penso io Shan..” e si siede accanto a Kate “Veramente non ne sapevi nulla?” lei scuote la testa “Te lo giuro. Non so perché l’ha fatto..non mi ci fanno parlare. Ultimamente non parlava bene di te, sai…dopo la storia del matrimonio; ma non pensavo arrivasse a fare..” le sfugge un singhiozzo e affoga le labbra nel caffè caldo.
“Che cosa diceva?” le chiede mentre le strofina la mano sulla schiena per incoraggiarla “Cose sconclusionate.. che non meriti il successo, che mi ero innamorata di uomo egoista..che dovevo lasciarti perché il tuo successo era momentaneo e sarei dovuta stare con qualcuno con più talento...che la gente finge di amare la vostra musica solo per vedere il tuo bel faccino..e..e…” spalanca gli occhi come se avesse avuto un’idea e guarda Jared negli occhi “…e…che presto, molto presto la vostra musica sarebbe stata più famosa di te” lui sospira chiudendo gli occhi, si alza, e rivolgendosi al poliziotto dice “Lasciatela andare..”
“Non possiamo, dobbiamo fare degli accertamenti. Non sta a lei decidere, le verrà assegnato un avvocato di ufficio”
“Non c’è bisogno, ha già un avvocato” risponde indicando Ted che annuisce.
Kate bisbiglia un grazie, rimanendo seduta e rigirandosi il caffè ormai tiepido tra le mani.
Sento mio fratello dire “Te lo devo per il comportamento che ho avuto nell’ultimo periodo..”
“Mi dispiace..per tutto..”
“Dispiace anche a me” si volta uscendo dalla stanza e lo seguo, senza salutare nessuno, lungo il corridoio che porta all’uscita.
E’ notte fonda, afferro il cellulare e controllo l’orario, le cinque e mezza.
“Andiamo a dormire..sarai stanco”
Si ferma di fronte all’automobile “Sento che potrei scalare una montagna nonostante dentro mi senta completamente svuotato”
“E’ l’adrenalina..” dico lasciandogli una leggera pacca sulla spalla.
“No, è diverso.. Sembra rabbia, mista a dubbio e convinzione”
Sospiro immaginando a cosa si riferisca “J per favore, lascia stare. Hanno detto che probabilmente è fuggita in un altro paese prima che scattasse la denuncia, non potrà rimettere piede qui senza essere riconosciuta” si acciglia inchiodandomi con sguardo severo “Sento che non è così e devo insistere, glielo devo. Se non fosse stato per lei, tu ora parleresti con la mia lapide” apre lo sportello ma si ferma nuovamente quando rispondo adirato.
“Una buona azione non ne cancella altre cento brutte ”.
Chiude la macchina con un tonfo che risuona per la strada deserta e si avvicina furioso “Quindi nessuno ha diritto ad un’altra possibilità nella vita? Mi stai dicendo che sperare di avere una vita diversa da quella che si ha è sbagliato?”
“Non c’entra nulla con il discorso che stiamo facendo..”
“Invece è proprio di questo che stiamo parlando, solo che non lo capisci. Sono stato io il primo a non capire…” termina la frase in modo pacato, accarezzando quasi le parole.
“Ti sei preso una cotta eh?”
Apre la bocca per rispondere ma la porta si spalanca, spinta dal capo della polizia che ci raggiunge e parla rivolgendosi a mio fratello “Le manderemo un agente a casa, per controllare la situazione..” Jared annuisce ringraziando anche se so che l’idea non gli piace.
La ricetrasmittente del poliziotto emette un suono acuto e veloce, lui preme un pulsante e sentiamo “Stiamo mandando delle volanti a Portland, sono stati localizzati due indagati”
Jared scatta sull’attenti ed esclama “Vengo anche io!”
“No lei non va proprio da nessuna parte.. La terremo aggiornato” e fa segno ad uno dei suoi uomini di seguirlo.
“Jay, per favore.. Andiamo a casa..” sussurro in una supplica.
“Non posso starmene fermo ad aspettare..” incrocia le braccia cercando con lo sguardo, attorno a sé, un’idea per fare come vuole lui.
Sospiro pesantemente, arrendendomi di fronte alla sua testardaggine  “Avanti..Sali in macchina..”
“No..Shan..”
“Sali in macchina….Prima che io torni a ragionare sensatamente..” capisce le mie parole e, sorridendo, si affretta ad aprire lo sportello.


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Capitolo 34
*** Vie di fuga ***


VIE DI FUGA


Will


Mantengo la mira sul corpo di John stesso a terra, si tiene la gamba sputando insulti e bestemmie, mentre mi avvicino lentamente verso Chloe. Mi chino tirando fuori dalla tasca un coltellino e taglio cautamente le corde.
“Come stai?” si massaggia i polsi liberi mentre taglio le corde intorno alle caviglie.
“Kevin..”bisbiglia, cerca di tirarsi in piedi sulle gambe instabili, eludendo la domanda. Guardo nell’angolo indicato dalle sue dita tremanti e scorgo Kevin in una pozza di sangue, mi avvicino inorridito fissando gli occhi spalancati.
 
L’ho mandato a morire.

“Will..dammi una mano..” Chloe richiama la mia attenzione mentre sta legando John che si agita e cerca di colpirla vomitando insulti coloriti.
“Brutta puttana! Avrei dovuto ucciderti!”
“Sta zitto..” gli sussurra mentre stringe forte per tenerlo fermo, le passo altra corda con cui ferma le gambe. John è disteso a terra e si dimena forsennatamente “Strisci come un serpente…”commento quando mi guarda con occhi pieni d’odio.
“I serpenti sono intelligenti Will..” risponde Chloe mentre si alza con fatica controllando la ferita alla sua gamba.
“Il piccolo Willy si è innamorato e vuole fare l’eroe..ma morirai come quel cane del tuo amico lì per terra!” dice rantolando; la rabbia sale ad offuscarmi la vista e mi scaglio contro di lui brandendo il coltello che ho in mano.
Chloe afferra il mio polso destro e sussurra “Lascialo stare..Non ne vale la pena. Le nostre mani sono già abbastanza insanguinate..” gli occhi arrossati sfuggono ai miei, per la prima volta non sono intimidito dalla sua presenza e capisco perché: sembra un’altra persona. La severità ed il gelo che le avevo sempre visto mostrare con orgoglio sono scomparsi, davanti a me c’è una donna intimorita ed arrendevole.
“Devi portarmi a casa anche tu? Forza…” mi porge le mani unendole insieme mollemente.
Scuoto la testa “No…Non voglio portarti da nessuna parte.. Sono venuto a fare quello che andava fatto” si acciglia e ritira lentamente le mani stringendole al petto.
“Come ci hai trovati?” il dubbio prende forma sul suo volto segnato da lacrime quasi asciutte.
“Kevin mi aveva chiamato, prima che cadesse la linea l’ho rintracciato..”
“Dove siamo?”
“A Portland”
Annuisce guardandosi intorno, posa definitivamente lo sguardo sul fratello “ Chiama la polizia.. Avremmo dovuto farlo da tempo..”
“L’ho già fatto” si volta sbalordita ed io mi affretto a tirar fuori dalla giacca la busta, gliela consegno e lei l’afferra titubante.
“Staranno arrivando quindi prendi quella busta, dentro ci sono dei documenti falsi, un biglietto aereo e due lettere. In una di quelle c’è l’indirizzo al quale devi recarti una volta arrivata.. Non so dirti altro. Devi sbrigarti..”
Scuote la testa guardando il contenuto della busta “E tu? Qui c’è solo un biglietto..”
“Ti raggiungerò, non preoccuparti..” cerco di sembrare più convincente possibile approfittando della sua distrazione e confusione. Un barlume della vecchia Chloe fa capolino quando alza lo sguardo e commenta “Stai mentendo..”.
Non c’è tempo per i giochi e per i discorsi.
“Non ti sto mentendo, fa quello che ti dico. La lettera è del dottor Harvey, probabilmente a quell’indirizzo ci sarà un suo amico o parente che potrà darti ospitalità.. Vai adesso!” .
“Non posso partire..devo cercarlo…spiegare..”
“Chi?”
“Jared…” dice timidamente.
“Sta bene..Alcuni dei nostri lo tenevano d’occhio ed è tornato a Los Angeles. Pensa a te e prendi quel fottuto aereo!”
Annuisce sospirando pesantemente, infila la busta nella tasca dei pantaloni e mi abbraccia. Rimango basito ed incredulo di fronte al suo gesto, un braccio sulle spalle e l’altro intorno al torace mi stringono leggermente ed io faccio altrettanto in un gesto goffo ed imbarazzato.
Scioglie presto l’abbraccio “Salvati Will..Posso salvarti, vieni con me”, sorrido alle sue parole e le rispondo “Lo hai già fatto..” si acciglia ma non insiste, arretra e corre verso la porta.

“Sei un idiota..la polizia sta arrivando e la lasci andare?” ignoro John ed il suo commento stupido, ma lui continua “Ti avevo dato un lavoro, una famiglia…è così che mi ripaghi? Forza Willy..slegami e ti darò un’altra possibilità. Possiamo scappare insieme e continuare quello che sappiamo fare meglio, da un’altra parte..Avanti..”
“No John.. E’ quello che tu sai fare meglio.. Io ho sempre seguito gli ordini come uno stupido, senza farmi domande o pretendere di meglio per me stesso. Non ho mai cercato risposte che non siano state ovvie o chiedermi il perché di tante cose. L’ho capito troppo tardi e pagherò per la mia stupidità..”

Le finestre alte e strette si illuminano di blu e rosso, sento i freni delle auto ed i passi leggeri e cadenzati dei poliziotti. Mi siedo a terra, gambe incrociate, aspettando che ci prendano.
 
Veniamo trascinati fuori di peso, ammanettati ed accompagnati in auto.  Il corpo di Kevin mi passa accanto coperto da un telo e non posso che darmi la colpa, non ho fatto in tempo ad aiutarlo. Mi rendo conto tristemente che non sapevo nulla di lui, della sua vita, dei suoi interessi, della sua famiglia o dei suoi affetti. Fisso gli uomini in divisa impartire ordini e , alcuni, lasciare, partendo con una sgommata, il luogo ormai quasi illuminato interamente dal sole che sta sorgendo. Abbandono la schiena sul sedile posteriore dell’auto sospirando, ripetendomi che questa è stata la cosa più giusta che io abbia mai fatto in vita mia.
Finalmente la volante si mette in moto, gira intorno alla recinzione e, mentre rallenta per mettersi in coda, intravedo nella penombra una figura che mi sembra di conoscere; gli occhi azzurri mi fissano attraverso i vetri della macchina che mi sta trascinando via, il suo sguardo confuso ed adirato si lega al mio triste ma soddisfatto.

Da quanto tempo Leto era li a guardare?








**********
Ci siamo! E' quasi finita, forse mancano due capitoli...
Vi do una buona notizia, anzi spero sia buona (XD) sto scrivendo il sequel! Non riuscivo a staccarmi da questi personaggi, avevano ancora qualcosa da dire e da fare, quindi mi sono spremuta il cervello per creare una nuova storia che possa essere all'altezza e migliore di questa! Spero che seguirete anche quella come avete fatto con questa. Fatemi sapere se la notizia vi fa piacere e se vi piace la piega che ha preso questa storia ^_^
Grazie mille a tutti, quando ci risentiremo avremo letto anche l'epilogo! a presto!!!! <3
 

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Capitolo 35
*** Amico, amante, complice ***


AMICO, AMANTE, COMPLICE

Jared


Busso delicatamente alla porta bianca di fronte a me, arretro leggermente quando sento dei passi dell’altra parte. L’uscio si apre e scorgo una donna minuta, dai capelli dorati che mi chiede qualcosa in francese.
“Ehm..Mi scusi, cercavo Chloe. Sono un amico..Jared Leto..”
Si acciglia e arrossendo violentemente risponde “E’ a Père-Lachaise, in Rue du Repos, non molto lontano da qui. Puoi arrivarci a piedi..” si congeda con un sorriso chiudendo la porta lentamente.
Scendo rapido i gradini, inserendo la via sul navigatore del cellulare, due minuti a piedi, perfetto.

Le foglie secche scricchiolano sotto i miei passi svelti, sistemo il cappuccio sulla testa per ripararmi dall’aria fresca del tardo pomeriggio e svolto a destra in una stradina poco abitata. Il posto che devo raggiungere è in fondo alla via, accelero la marcia riponendo il telefono nella tasca. Quando la strada termina mi trovo di fronte ad un muro imponente, un cancello in ferro battuto che nasconde al suo interno un cimitero. Controllo di nuovo la via per essere certo di aver capito bene, attraverso l’incrocio ed entro, scegliendo una delle stradine di mattoni. Gli alberi spogli circondano le mura alte, il vento leggero solleva le foglie creando una soave melodia di sottofondo che accompagna il silenzio. Questo posto è immenso, come faccio a trovarla? Ho intrapreso un viaggio di ore per raggiungerla, ed ora che è a pochi metri da me non lascerò che sia questo a fermarmi.
Vago per ore nei  viottoli e le strade più larghe sbirciando ogni volto che incontro durante il cammino, per lo più turisti muniti di fotocamere che immortalano le meravigliose sculture. Mi fermo a riprendere fiato, contemplando le nuvole rosse nel cielo, il sole sta tramontando ed i piccoli lampioni prendono vita. Di fronte a me un prato verde, in parte ingiallito dall’autunno inoltrato, quando penso di tornare a cercarla a casa, vedo una donna seduta a terra con le gambe incrociate che fissa due lapidi. Mi avvicino lentamente, pestando di proposito le foglie a terra per avvertirla della mia presenza, quando arrivo non si volta; mi siedo accanto a lei.
“Come facevi a sapere dove fossi?”
“William mi ha dato l’indirizzo e mi hanno detto che eri qui..” Inclina la testa verso di me inchiodandomi con gli occhi arrossati dal pianto.
“E’ in prigione vero?”
“Si..” le afferro una mano infreddolita e la stringo forte.
“Non me ne sarei mai andata di mia spontanea volontà..” capisco a cosa allude.
“Ero deluso, ma dentro di me lo sapevo...Da quanto sei qui? E perché?” ricambia la stretta e indica con il mento le lapidi di fronte a lei. Quella più lucida porta il nome del dottore, Samuel Harvey, quella chiara e più rovinata riporta il nome di una donna Marie Lefevre, la donna nella foto, castana e con gli occhi verdi sorride alla macchina fotografica, spensierata e giocosa. Guardo Chloe e riporto l’attenzione all’immagine un paio di volte prima che lei confermi quello che sto pensando “Si era mia madre.. Sono lapidi simboliche..” sussurra.
“Non capisco..”
“Nessuno dei due è seppellito qui, ma il loro sogno era tornare nella terra natale di mia madre, così sua sorella ha avuto questa idea..”
“Si conoscevano?” chiedo, sono avido di informazioni, ma mi pento di esser stato così curioso allora aggiungo “Se non vuoi raccontare fa nulla..non preoccuparti..”
Fruga nelle tasche del giacchetto e mi porge una lettera scritta a mano “L’ha scritta mia madre a Sam..”
La afferro e leggo.

“Ho iniziato questa lettera in vari modi..Caro Sam, Caro amico, Caro amante, Caro complice…Nessuno di questi andava bene perché tu sei tutte queste persone. Sarà per questo che ci siamo avvicinati, sarà per questo che ci capiamo nonostante le cose non siano andate come speravamo. Sento la tua vicinanza e comprensione anche solo ricordando il tuo sguardo, lasciandomi invadere dai ricordi, seppur rari ma intensi. Non rimpiango nulla della mia vita perché quello che mi hai donato è più importante di tutti gli sbagli e le avventatezze. Proteggi quello che ci sta più a cuore, in qualsiasi modo tu conosca, so che farai quello che credi giusto per entrambi.
Mentre sto scrivendo sorrido imbarazzata pensando che ormai poche persone utilizzano dell’inchiostro su carta per comunicare quello che vogliono dire, o che celano in fondo al cuore. Ma so per certo che rimarrà nel tempo, qualsiasi cosa mi succeda, questa lettera vivrà e lo farà abbastanza a lungo da finire nelle mani di chi saprà custodirla con gentilezza ed affetto.
Un’ultima cosa: per poter mantenere la promessa che ti chiedo, dovrai custodire i nostri segreti per sempre. Nessuno e ripeto, nessuno, verrà a saperlo; perché la metteremmo in pericolo indirettamente. La curiosità e la voglia di giustizia sono armi a doppio taglio come ben sai, e potrebbero portarla alla rovina. In quel caso, nessuno di noi due avrebbe il potere di rimediare. Solo quando sarai certo di non avere altra scelta o che sappia affrontare quello che la vita le ha riservato, potrai liberare il cuore da questo macigno.
Non scriverò ti amo alla fine di questa pagina, ma qualcosa che per me è più importante.
Mi fido di te.                                                                                       Marie”
 
“Parlano di te?” chiedo chiudendo delicatamente il foglio di carta e riconsegnandolo nelle mani di Chloe. Alza il viso arrossato dal vento fresco annuendo “Jacqueline, la nipote di Sam mi ha raccontato tutto..Sam ha conosciuto mia madre quando lei iniziò ad andare in terapia da lui. Era solo triste e demotivata, finché non si innamorarono…” una lacrima sfugge dalla ciglia già umide, la raccolgo con il pollice assaggiandone il sapore salato, come la verità che continua a snocciolare Chloe in un leggero sussurro, non badando ai miei gesti “Bob li scoprì e vietò a mia madre di uscire di casa...non la perdonò ma la trattò con indifferenza finché…”
“Finché?”
“…Non scoprì di essere incinta di me. Bob capì che non ero sua e minacciò di ucciderci. Mia madre lo supplicò fino a scendere a patti…O lei o me.” Sobbalzo alle sue parole ma lei non sembra farci caso, continua a parlare fissando il vuoto “Sam capì cos’era successo per via della lettera, aveva le prove che mamma sapeva quale fosse il suo destino. Minacciò di denunciarlo ma Bob lo comprò con facilità, mi avrebbe tenuta in vita. Questo bastò a lui per fare dietrofront e vigilare su di me” . Scioglie il contatto tra i nostri sguardi lentamente, si siede a gambe incrociate sull’erba, togliendo una foglia stremata dal vento dalla tomba della madre.
“Perché eri in terapia da lui?”Alza le spalle scrollandole “Non lo so..Conoscendo Bob, immagino lo abbia fatto per vendetta, per dimostrare quanti stessi male, per farlo soffrire..”
Giocherella con la foglia che ha tra le mani, la fa in piccoli pezzi riducendola in polvere che poi lascia trascinare via dal vento,  non mi guarda ma continua a parlare “Sai cosa mi fa più rabbia?Che lei non abbia lottato..Si è arresa! Ha lasciato che gli eventi la schiacciassero, ha scelto la via più semplice: morire. Mi ha condannata al senso di colpa decidendo di sacrificare la sua vita,  ha lasciato che fosse Sam a portare il macigno delle sue decisioni…” termina la frase alzando la voce e strappando una manciata d’erba di fronte a lei.
“Forse parlava proprio di questo nella lettera..” si volta indispettita e curiosa facendomi cenno di continuare “..quando dice che avresti dovuto saperlo solo una volta che avresti saputo affrontarlo..”
“Pensi che io sappia affrontarlo ora? No, lo ha fatto solo perché stava morendo..”
“No…ma credo che tu possa imparare da ciò..”
Inclina la testa mentre riflette, il vento le scompiglia i capelli rendendola più affascinante ai miei occhi. Così diversa dalla Chloe che vidi la prima volta dopo che mi tolse la benda dagli occhi. In pochi secondi rivivo i momenti passati con lei, come in una sequenza velocizzata: lei che si stiracchia mostrando la pistola infilata nei pantaloni, lo sguardo di scuse dopo aver confermato che volevano uccidermi, le lacrime calde versate nel mio collo in albergo, il sorriso incerto ed inaspettato mentre giocava con Tomo, le guance arrossate e le labbra socchiuse mentre giaceva sotto di me, il suo sguardo incerto attraverso il vetro del treno, le mani fredde che mi scioglievano la corda, la paura che la attanagliava e la goffaggine mentre cercava di scusarsi per il pugno al naso, le mani insanguinate mentre riponeva al suo posto il quadro sulla cassaforte.
Quasi senza pensarci sussurro “Marie..un nome con cinque lettere..”
Non risponde ma annuisce, nonostante il buio ci abbia quasi inghiottiti distinguo il profilo delicato del naso e le labbra che si rilassano in un sorriso.
Le sposto una ciocca di capelli infilandola dietro l’orecchio e lei mi guarda smarrita, come se si fosse ricordata adesso della mia presenza; le sorrido leggermente e lei chiede “C’è qualcosa di divertente?”
“No..direi di…inaspettato”
Alza le sopracciglia aspettando una spiegazione.
“Tu..”
“Io? E perché mai?”
“Perché mi hai raccontato tutto senza che io ti supplicassi, senza litigare per ore e senza, soprattutto, nasi sanguinanti”
Trattiene un sorriso ma subito torna seria.
“Ormai devo restare qui, dalla nipote di Sam..E’ l’unica persona che conosco che non viva in America..”
Annuisco capendo a cosa si riferisce.
“Non sei ricercata.. Tornerai prima o poi..”
Scuote la testa soppesando le parole da dire “Non tornerei comunque..non ho nulla che mi tiene ancorata a quel paese. Preferisco ricominciare da zero in un’altra città..” Non intendo rispondere quello che mi passa per la testa, sembrerei un liceale alla prima cotta se le dicessi che ci sono io, sarebbe stata lei a dirlo per prima se avesse voluto. Una parte di me, quella che vede una Chloe fragile ed insicura, pensa che sia solo un modo furbo per  allontanarmi. L’altra parte è convinta che sia assolutamente seria e convinta di quel che dice. Si alza ed io mimo il suo movimento.
“Verrò a trovarti allora, mi è sempre piaciuto questo posto..”
“Preferirei che questo fosse un addio..” spalanco gli occhi per un attimo ma ritrovo la compostezza. Il conflitto interiore pende più da un lato quando rispondo “Non pensi di aver sofferto abbastanza?” noto nella mia voce un pizzico di rabbia e dal suo sguardo capisco che l’ha percepito anche lei.
“E questo cosa c’entra?”
“Significa che avevo ragione quando dicevo che ti nascondi dietro al giudizio che gli altri hanno di te. Persino ora che sei libera di scegliere le tue battaglie..”
“Non sono mai stata libera, tanto meno ora” l’afferro per le spalle avvicinandola “Ti ferisci inutilmente, riesco a vedere quello che cerchi di nascondere, non sai fingere così bene come pensi..”
“Abbiamo già fatto questo discorso e ti ho lasciato credere quello che volevi solo per non ferire il tuo orgoglio e metterti in salvo. Mi conosco bene da sapere che è meglio così per entrambi..”
“Sei contraddittoria e fuggi da te stessa non mettendoti in gioco..Non mi ero sbagliato quando ho intravisto la ragazza che si nasconde dietro alle cicatrici che porta..” le sfioro quella che ha sul sopracciglio e lei chiude gli occhi in preda ad una lotta interiore.

Approfitto del piccolo momento di smarrimento e la bacio, soffoco i suoi pensieri stringendo al mio corpo la sua figura esile ed i suoi muscoli rigidi che si sciolgono  appena le nostre lingue si sfiorano, in una danza che diventa audace. Accarezza la mia schiena dolcemente ma afferra i capelli con gesti rabbiosi ed insolenti che mi gridano di smetterla. Li ascolterei volentieri se le sue labbra avide non mi confermassero il contrario, cercano le mie senza regalarsi una pausa per respirare ed il suo corpo si annoda al mio, contraddicendo le sue parole.
Blocco la sua furia; impaziente di dimostrare l’ovvietà dei suoi gesti ma lei mi precede sussurrando “Questo era un bacio d’addio Jared…” indietreggia leggermente sfiorandosi le labbra arrossate.
Prima che si volti aggiungo freddamente, reprimendo il tono disperato “Arrivederci..”
Le si acciglia, in quell’espressione che le ho visto fare tante volte “ Sei così testardo..”
 “Dovresti averlo capito ormai..”
Annuisce, lottando contro gli angoli delle labbra che vorrebbero tendersi in un sorriso “E’ una battaglia persa..” mormora.
 
Alza la mano in segno di saluto e si volta scomparendo tra le stradine poco illuminate del cimitero.

“Lo vedremo” bisbiglio in una semplice promessa confessata al vento e alla notte che mi fanno da testimoni.







*********
Al prossimo capitolo che sarà l'epilogo. Rimando i ringraziamenti fatti come si deve alla prossima :)

 

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Capitolo 36
*** Epilogo ***


Prima di iniziare la breve lettura, consiglio di rileggersi il prologo se non lo ricordate...

EPILOGO

5 mesi dopo

"Io davvero non capisco.." Dice Shannon mentre afferra le bacchette e colpisce la batteria, improvvisando per scaldarsi prima del soundcheck.
"Anzi no, forse posso capire il fascino che ha su di te questa città, ma tu ne sei ossessionato. Cosa ti porta a venire qui quasi tutti i mesi?"
Jared sistema l'asta del microfono posizionata troppo in alto, collega qualche cavo e si avvicina per rispondere "Lo hai detto tu stesso, mi affascina.."
"D'accordo..ma non hai risposto alla domanda" osserva Tomo parlottare con i tecnici, non ha vie di scampo dalla curiosità del fratello "Non ti piace questa città?" Cerca di raggirarlo con un'altra domanda.
Shannon si acciglia un secondo per poi tornare a concentrarsi e rispondere "Non ho detto questo. Ogni nazione che visitiamo ha qualcosa di speciale..nessuna é più bella o più brutta, ma...tu esageri!" Alza le spalle e si limita a mormorare "Non so... c'é qualcosa qui..che mi ha catturato e stregato.."


"Qualcosa o qualcuno?" Inclina la testa e sorride malizioso.
"E' cosí magnetica e imprevedibile, quando sembra di conoscerla perfettamente ecco che ti sorprende rivelando un lato di se che non avevi mai scorto, bella ed enigmatica nella sua apparente semplicità..." Spalanca gli occhi quando Jared torna a posare lo sguardo, vacuo e perso nei ricordi, su di lui. Sorride bonariamente "Stiamo ancora parlando di Parigi o della ragazza che ci fissa dalla gradinata?" Jared segue il punto indicato dal batterista ed incrocia lo sguardo di Chloe che lo saluta.
 Torna al microfono, chiude gli occhi ed intona le parole che ha nascosto alle orecchie di chi non vuol sentire, suona gli accordi che gli ricordano perché si è spinto ad inseguirla..


“She walked outside
Among the men
Finding me,
Your last...

Ten million miles,
Her way was close
To her inside...

Can't you see?
Her life is
Broken...
Try to believe,
Nothing is over...”*


Riapre gli occhi e, guardandola, risponde alla domanda del fratello
" Stavo parlando di entrambe".
               
                                                            


The End?
 
 
 
* Pregando per una Rivolta
E’ uscita fuori
Tra gli uomini
Alla fine ha capito.
10 milioni di miglia
Siamo così vicini alla sua interiorità?
Puoi vederlo?
La sua mente è a pezzi
Cerca di crederlo
Niente è finito.



Alloraaaaa!!!! E' finitaaaa!!!!!! Come va?? Siete vivi??
Dunque, come avrete notato ho messo il punto interrogativo alle parole "the end" perchè, come già accennato, sto scrivendo un sequel e spero possa piacervi!! ^_^
Intanto ringrazio tutti quelli che hanno seguito e preferito!!
In particolare chi ha recensito:

arwen85
Closer to the edge
LexieEchelonMF
__Anonymous
angela46
step17
aleale00
perrysplugs
Christine_L
nike07
Vale_Rose_Mary
Ila_Chia_Echelon
PrincesMonica

+ CutePoison85 che mi recensiva in diretta! xD
Grazie mille a tutte, con le vostre parole incoraggianti ed i vostri complimenti mi avete spronato ad andare avanti !!!  Alla prossima, sperando di essere di nuovo tutti qui!!! <3 <3

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