Up close and personal

di bubysan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte I - Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Parte I - Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Parte I - Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Parte I - Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Parte I - Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Parte I - Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Parte I - Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Parte I - Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Parte I - Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Parte II - Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Parte II - Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Parte II - Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Parte II - Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Parte II - Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Parte II - Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Parte II - Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Parte III - Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Parte III - Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Parte III - Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Parte III - Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Parte III - Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Parte III - Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Parte III - Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Parte III - Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Parte III - Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Parte III - Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Parte IV - Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Parte IV - Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Parte IV - Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Parte IV - Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Parte IV - Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Parte IV - Capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** Parte IV - Capitolo 33 ***
Capitolo 34: *** Parte IV - Capitolo 34 ***



Capitolo 1
*** Parte I - Capitolo 1 ***


“La vita e i sogni sono fogli di uno stesso libro

 

“La vita e i sogni sono fogli di uno stesso libro.

Leggerli in ordine è vivere, sfogliarli a caso è sognare.

Arthur Schopenhauer

 

 

1

 

 

“Si avvisano i signori passeggeri che, per motivi tecnici, il volo AZ1022 per Milano Linate partirà con un’ora di ritardo.”

L’annuncio asettico dell’altoparlante provocò non poco scontento fra le persone presenti nella sala d’imbarco.

“Non posso crederci” esclamò Myriam controllando il monitor situato presso il check-in, nel caso, assai remoto, che si trattasse di un errore. “Avrei potuto dormire un’ora in più.”

Con fare rassegnato, la ragazza prese la ventiquattro ore che aveva lasciato sulla scomoda poltroncina della sala d’attesa e se la mise a tracolla.

Avrebbe fatto volentieri a meno delle trasferte giornaliere a Milano, sopratutto di lunedì. Alzarsi all’alba, uscire alla chetichella e salire in taxi mentre la città era ancora addormentata la entusiasmavano quanto un bagno nell’acqua gelata. Purtroppo il volo delle sette e quarantacinque non le lasciava alternative, unico conciliabile con gli orari dei suoi referenti a Como.

Era ancora presto per chiamare in ufficio e avvisare del ritardo: se non dormivano, erano sicuramente sotto la doccia. Non restava che fare un giro per i negozi del terminal che conosceva a memoria, e cercare qualcosa di interessante da sfogliare in volo.

Nonostante l’aria seria e il tailleur pantaloni, non dimostrava i suoi ventisei anni. Il viso acqua e sapone e i capelli sbarazzini stonavano con la carriera impegnativa che aveva scelto di intraprendere.

Il suo sguardo assonnato cominciò a vagare da una vetrina all’altra. Le commesse arrivavano verso le sette e diverse saracinesche erano ancora abbassate.

Mi ci vorrebbe un buon caffè, penso fra sé mentre copriva con la mano l’ennesimo sbadiglio. Si diresse flemmatica verso il bar, quando qualcosa di insolito attirò la sua attenzione.

Un negozio di giocattoli? Si chiese con stupore avvicinandosi all’esposizione di peluche e bambolotti che sembrava spuntata fuori dal nulla.

Felice del diversivo e dimentica del caffè, entrò nel negozio e cominciò a guardarsi intorno. A Roma posti del genere si contavano sulla punta delle dita, strano non averlo notato prima. Trovava piacevole fare un tuffo nel passato, a quando i viaggi con la fantasia la portavano in mondi esotici e avventurosi. Peccato che, crescendo, si dovesse rinunciare alla magia.

Si aggirò fra gli scaffali, sorridendo alla vista delle Playstation e Nintendo di ultima generazione. Non era mai stata un’appassionata di videogiochi, preferiva di gran lunga i pupazzi raffiguranti i protagonisti dei suoi cartoni animati preferiti. I nuovi modelli di Barbie destarono in lei seri dubbi in merito al loro valore educativo. Che fine avevano fatto i Lego?

“Cerca qualcosa in particolare signorina?” chiese una voce alle sue spalle, facendola sussultare. L’aver girato per strade deserte aveva provocato in lei un progressivo distacco dal mondo esterno.

Poco più basso di lei, con lunghi baffi bianchi che gli conferivano un’aria al contempo simpatica e burbera, il signore che aveva interrotto il corso dei suoi pensieri la fissava con uno strano scintillio negli occhi. O forse era la mancanza di sonno ad alterare la sua percezione della realtà.

“La ringrazio” rispose con una punta di imbarazzo, “stavo dando un’occhiata in giro.”

“Mi è sembrato di capire che stesse cercando i Lego,” insisté lui con fare pacato.

Aveva parlato a voce alta senza accorgersene?

 “Mi stavo chiedendo che fine avessero fatto i giocattoli tradizionali, quelli che hanno accompagnato la mia infanzia” spiegò Myriam, cercando di non sembrare inopportuna.

“Quanti anni ha? Venticinque? Ventisei?” le chiese scrutandola da dietro le lenti spesse.

Annuì con un sorriso. “Probabilmente non è la persona più adatta con la quale affrontare questo discorso, ma mi chiedo se si possa vivere un’infanzia allegra e spensierata a suon di Pokemon e Barbie California Girl.

“Dipende dai punti di vista” ribatté lui. “Più che agli oggetti lei è affezionata ai  ricordi ad essi legati: persino un giocattolo dall’apparenza anonima può farci rivivere tante emozioni.”

La ragazza rimase in silenzio. Il suo ragionamento non faceva una piega, ma ebbe la netta sensazione che credesse poco nella sua affermazione.

“La vedo perplessa” proseguì lui sistemandosi meglio gli occhiali sul naso. “Forse ho qualcosa che farà al caso suo. Mi segua.”

Si diresse verso il retro del negozio. Tirò fuori dalla tasca un grande mazzo di chiavi, ne scelse una e aprì una vetrinetta dall’aria vetusta e impolverata. “Questo le dice nulla?” le chiese porgendole un piccolo albo colorato.

Myriam lo osservò per un attimo. “Non posso crederci” esclamò quindi, lasciando trasparire una genuina sorpresa. “Il manga di Holly e Benji in giapponese.”

Uno sguardo compiaciuto accompagnò la sua scoperta. “Non si tratta di un manga qualunque, bensì del primo numero pubblicato su Shonen Jump nel 1982.”

“Il primo numero,” gli fece eco la ragazza mentre sfogliava le pagine del fumetto in perfetto stato. “Aveva ragione” aggiunse alzando su di lui uno sguardo meravigliato, “basta un attimo per tornare indietro di vent’anni.”

Chissà quanto costava. Sarebbe stata felice di portare quel cimelio con sé, ma dubitava che il prezzo fosse alla sua portata.

“Se vuole posso prestarglielo per un po’.” L’inattesa proposta la colse del tutto impreparata.

Myriam lo guardò con curiosità. Quell’uomo sembrava leggerle nel pensiero. “Vuole prestarmelo?”

“Esattamente. Nel caso se lo fosse chiesto non è in vendita ma, al momento, sembra averne più bisogno di me.

Averne bisogno? Si chiese per un attimo se non fosse vittima di una candid camera.

“Non mi guardi con quella faccia” continuò lui con fare enigmatico, “so benissimo di cosa parlo.”

Di nuovo quel bagliore negli occhi. Non avrebbe dovuto saltare il caffè.

“Lo porti pure con sé. Le terrà compagnia in aereo.”

Era tentata di accettare la strana offerta, ma quel tipo sembrava un po’ svitato. Per non parlare del fatto che accettare prestiti dagli sconosciuti non faceva parte delle sue abitudini.

“Se lo perdessi, o mi dimenticassi di restituirglielo?”

L’uomo baffuto non fece una piega. Richiuse con calma la vetrina e si diresse verso il bancone. Prese una bustina da sotto la cassa e la porse alla ragazza che, non sapendo bene cosa fare, l’aveva seguito in silenzio.

“Ci metta dentro il fumetto, così in valigia non si rovinerà.”

La cosa non aveva alcun senso, ma prese la busta e vi infilò il prezioso albo.

“Non si preoccupi” sorrise nuovamente lui, “quando sarà giunto il momento troverò il modo di rientrarne in possesso. Ora si sbrighi o perderà il suo volo.”

Myriam lanciò un’occhiata distratta, poi sbigottita, all’orologio. Non era possibile che fossero già le otto e trenta.

“Signore la ringrazio molto, in un altro frangente non avrei accettato,” farfugliò mentre si dirigeva verso la porta. “La prossima settimana devo tornare a Milano e passerò a trovarla.”

Non ricevette risposta, ma non aveva tempo per sincerarsi se il negoziante avesse udito o meno le sue parole. Come poteva essere passata già un’ora? L’area shopping pullulava di passeggeri e l’imbarco per il suo volo era iniziato da almeno quindici minuti.

Porca miseria, si rimproverò fra sé dirigendosi di corsa verso il gate. Fortunatamente nella sala d’aspetto c’erano ancora un paio di ritardatari che, data l’attesa forzata, si erano sicuramente assopiti.

C’è mancato un pelo, pensò percorrendo il finger (1) a grandi falcate. Un’hostess l’attendeva sorridente per assegnarle il suo posto.

Una inizio di giornata quanto meno surreale considerò tra sé, mentre le porgeva la carta d’imbarco e si avviava verso il sedile indicatole. Dopo aver inviato un sms in ufficio per avvisare del ritardo, spense il cellulare e sistemò il bagaglio sotto il sedile di fronte al suo.

A dir poco incredibile. Conosciuta per la sua precisione e puntualità, stava per perdere l’aereo. Il tutto per colpa di un bizzarro signore e di un fumetto giapponese.

Notò con stupore che il volo era quasi vuoto. Il lunedì mattina erano soliti accalcarsi uomini d’affari alle prese con quotidiani di alta finanza, computer portatili e palmari di ultima generazione. Era stata persino spostata in business class.

Forse sono partiti su Malpensa, pensò con gratitudine.

Sprofondò nella comoda poltrona e un sorriso le si dipinse in volto. Si sentiva stranamente felice. La vita frenetica che aveva scelto le faceva spesso dimenticare le piccole cose importanti, in grado di farla sentire ancora una ragazzina.

Allacciò la cintura di sicurezza e tirò fuori l’albo di Shonen Jump. L’aereo cominciò a rullare sulla pista. Non vi fece caso, intenta com’era a decifrare qualche ideogramma giapponese qua e là. I personaggi li conosceva sin troppo bene – come dimenticarli? – ma non capiva nulla di quanto riportato nelle vignette.

Potrei farne una copia prima di restituirla, considerò tra sé mentre prendevano quota. La colpiva il forte contrasto le emozioni evocate da quelle immagini e il numero di anni trascorsi da allora. Rievocò il ricordo dei pomeriggi trascorsi a giocare con i suoi amici a Holly e Benji e non poté contenere un sorriso carico di nostalgia.

Litigavamo sempre per il ruolo di fidanzatina di Holly ridacchiò fra sé mentre, una decina di minuti dopo, riponeva il fumetto nella borsa. Appoggiò la testa all’indietro e scivolò dolcemente nel sonno, l’aspettava una lunga giornata.

 

“Stiamo per iniziare la procedura di atterraggio: i signori passeggeri sono pregati di tornare ai loro posti e spegnere ogni dispositivo elettronico”, annunciò improvvisamente una voce all’altoparlante. Myriam sussultò: quanto tempo era passato? Aveva l’impressione di aver dormito per ore, sentiva i muscoli del collo e della schiena più indolenziti del solito.

“L’arrivo all’aeroporto di Narita è previsto fra dieci minuti circa. Siamo in perfetto orario e le condizioni a terra sono buone.

Narita? Aveva sentito bene? Myriam si guardò intorno con fare confuso e intorpidito. L’assistente di volo doveva aver commesso un errore. Le era già capitato di sentire annunci di benvenuto sbagliati, tra città italiane poteva capitare. Confondere Milano con Tokyo era quanto mai bizzarro, eppure nessuno sembrava averci fatto caso.

Fece spallucce, limitandosi a richiudere gli occhi. La conferenza prevista a Como il mese seguente la stava mettendo a dura prova. Le sue giornate erano ormai un susseguirsi ininterrotto di incontri e riunioni. Oggi sarebbe stata la volta delle procedure di sicurezza. L’ospitalità di ministri e segretari di Stato richiedeva un minuzioso studio del cerimoniale, e un forte coordinamento logistico fra le parti coinvolte nel progetto.

Mentre era assorta nei suoi pensieri, l’aereo atterrò dolcemente e si mise a rullare sulla pista fino a fermarsi del tutto. “Alitalia vi da il benvenuto all’aeroporto di Narita,” riprese la voce femminile addetta alle comunicazioni di volo. Myriam inarcò un sopracciglio. Possibile che nessuno le facesse notare l’errore?

“La temperatura esterna è di 22 gradi e sono le quattordici e venti ora locale,” proseguì. “Vi auguriamo un piacevole soggiorno e arrivederci a presto sulle nostre linee.”

Come potevano essere le due passate se erano decollati da Roma poco prima delle nove? Slacciò la cintura di sicurezza e allungò il braccio per recuperare il suo bagaglio. Meglio sbrigarsi e scendere da quella gabbia di matti.

Il corridoio si era misteriosamente affollato, e dovette aspettare un paio di minuti prima di raggiungere l’uscita.

Passando di fronte alla cabina di pilotaggio, non poté fare a meno di lanciare un’occhiata in tralice al personale in piedi vicino al portellone. Sorridevano candidamente, come se nulla fosse accaduto.

“Sayonara signora” la salutò uno steward biondo dall’aria simpatica, “buon soggiorno a Tokyo.”

La ragazza preferì non rispondere. Con quell’equipaggio era fortunata di essere giunta a destinazione sana e salva. Strizzò gli occhi per abituarsi alla forte luce esterna e per poco non cadde dalla scaletta. Di fronte a sé non vi era il terminal di Linate, bensì quello che, presumibilmente, era l’aeroporto di Tokyo.

L’imponente insegna Narita Airport seguita dall’equivalente giapponese non dava adito a equivoci. E il bello era che nessuno sembrava aversene a male.

Fece immediatamente dietro front per chiedere spiegazioni.

“Mi scusi, temo che questo non sia il mio aereo,” disse rivolgendosi allo steward che l’aveva salutata poco prima. Il ragazzo la guardò meravigliato, non doveva accadere spesso che un passeggero si lamentasse di aver raggiunto una destinazione imprevista.

“Come dice signora?” le chiese mentre cercava nervosamente il proprio biglietto nella borsa. “Questo è il volo AZ786 Roma Fiumicino - Tokyo Narita, è impossibile che sia salita a bordo dell’aereo sbagliato.”

“Le assicuro che è andata proprio così” ribatté lei decisa a dimostrare il proprio, seppur irragionevole, punto di vista. Finalmente trovò il biglietto e glielo porse come avrebbe fatto un impiegato di banca con una banconota falsa da cento euro.

“Mi scusi se insisto signora, ma non vi è alcun errore. Il volo corrisponde” confermò lui dando una rapida scorsa al documento di viaggio, prima di restituirlo con un sorriso divertito.

Myriam fissò prima il ragazzo e poi il biglietto con occhi sgranati. Si trattava effettivamente di un volo per Tokyo, il nome scritto a lettere scarlatte sulla ricevuta di viaggio era il suo. Potevano essersi sbagliati all’agenzia di viaggi? Eppure quella mattina si era imbarcata alla volta di Milano, impossibile dubitarne.

Sospirò, dirigendosi a passi lenti verso la navetta passeggeri che l’attendeva, troppo scioccata per formare un pensiero razionale. Senza passaporto né cambio per la notte, era atterrata in Giappone come una profuga colta da temporanea amnesia.

C’era molta gente agli arrivi e non le restò che mettersi in fila. Cosa avrebbe detto quando le avessero chiesto i documenti? La patente che aveva con sé non era sufficiente per varcare i confini nipponici. Frugò nella borsa alla ricerca del portafogli quando – perché stupirsene? – si ritrovò fra le mani il passaporto che lasciava sempre a casa, chiuso a chiave in un cassetto.

Non le restò quindi che affermare all’ufficiale dell’immigrazione di essere in Giappone per motivi di lavoro. Un sorriso, un timbro e via. Solo mentre si dirigeva verso l’uscita si rese conto di aver appena sostenuto, con la massima naturalezza, una breve conversazione in giapponese.

Sto delirando considerò fra sé, cercando di mantenere la calma. Oppure è solo un incubo e tra poco mi sveglierò. Sembrava tutto così reale, ma era certa che non vi fosse nulla di cui preoccuparsi. Quel sogno assurdo sarebbe stato interrotto non appena l’avessero svegliata sul suo volo per Milano.

Mentre si faceva largo fra la folla, chiedendosi se fosse meglio restare in aeroporto o  raggiungere una qualche meta a caso, la sua attenzione fu attirata da un forte vociare presso l’area del ritiro bagagli. Un nutrito gruppo di persone si stava accalcando intorno al primo nastro trasportatore, lo stesso assegnato al suo volo. Alcune ragazzine urlavano in preda all’isteria, e una mezza dozzina di ragazzi firmavano autografi lasciandosi immortalare da cellulari e macchine fotografiche.

“Chissà chi saranno” si chiese Myriam avvicinandosi, per un attimo dimentica delle sue disavventure.

“Non li riconosce?” Si stupì un ragazzo che aveva udito le sue parole. “Non c’è ragazza in Giappone che non darebbe un braccio per uscire con un titolare della nazionale di calcio. Mia sorella è quella con la maglietta rosa che saltella in preda all’eccitazione,” aggiunse indicando un punto poco lontano da loro.

Un sorriso sgomento le si dipinse in volto. Non solo continuava a comunicare in una lingua della quale conosceva solo i primi rudimenti ma, lanciando un’occhiata più attenta ai giocatori, nessuno sembrava avere sembianze asiatiche.

Qualcuno mi spieghi cosa sta succedendo pregò fra sé, sforzandosi di mantenere il respiro regolare.

“Guarda Toshi!” urlò la ragazzina in rosa in preda alla frenesia. “Sono riuscita ad avere l’autografo di Oliver Hutton e di Benjamin Price, le mie amiche moriranno di invidia!”

Per un attimo credé di aver udito male, e sentì la terra mancarle sotto ai piedi. Doveva assolutamente svegliarsi. Come un automa, si diresse verso i ragazzi della nazionale. Il drappello che li aveva circondati fino a qualche secondo prima si stava diradando, e loro conversavano allegramente aspettando gli ultimi bagagli.

Erano alti, slanciati e uno di loro portava un cappellino rosso calato sugli occhi.

“Bruce, sei sempre il solito” esclamò un ragazzo molto carino, dando al vicino una pacca amichevole sulla spalla. “C’era bisogno di portarsi una valigia tanto ingombrante per una trasferta di due giorni?”

“Ti stupisci ancora Holly? Dovresti sapere che Harper è il testimonial ufficiale dell’eleganza Made in Japan” scherzò il ragazzo con il cappellino, provocando l’ilarità generale.

Bruce? Holly?

Myriam sentì un vago ronzio nelle orecchie e le gambe che cedevano sotto il suo peso... poi il buio.

 

 

Note:

(1) Corridoio di collegamento con il terminal, attraverso il quale i passeggeri scendono/salgono sull’aereo.

 

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Capitolo 2
*** Parte I - Capitolo 2 ***


2

2

 

 

“Dottore, si sta svegliando.”

Una voce maschile giunse in lontananza, per poi farsi sempre più nitida.

Aprì piano gli occhi. Era distesa su uno scomodo lettino e il volto di un uomo in camice bianco si trovava a pochi centimetri dal suo.

“Cos’è successo?” mormorò a fatica, cercando di mettere a fuoco la stanza in cui si trovava.

“Ha perso i sensi mentre attendeva i suoi bagagli,” spiegò il medico puntandole contro uno strumento luminoso. “Le pupille mi sembrano a posto. Come si sente?”

“Bene, credo” rispose cercando di alzarsi.

“Non deve affaticarsi” la ammonì con un gesto fermo della mano. “Per poco non batteva la testa nella caduta.”

Myriam sentiva la mente ovattata, non le era mai capitato di svenire. Era come se il suo corpo fosse rallentato.

“Hai sete? Ti porto qualcosa da bere?” le chiese la voce che aveva parlato per prima.

Myriam si voltò lentamente per capire da dove provenisse. Un ragazzo molto attraente la stava guardando con fare amichevole. Chi era?

“Un po’ d’acqua grazie,” rispose schiarendosi la voce. “Ho perso i sensi e sono caduta?” chiese poi rivolta al medico.

“Si è trattato probabilmente di un calo di pressione” spiegò lui aiutandola ad assumere una posizione più comoda, vedendo che la ragazza insisteva per mettersi a sedere. “Per sua fortuna ha potuto contare sugli ottimi riflessi del signor Price e non si è fatta nulla di grave.”

“Il signor Price?” Myriam spalancò gli occhi mentre il ragazzo rientrava nella stanza.

“In persona” rispose lui porgendole il bicchiere d’acqua. “Gli amici mi chiamano Benji” aggiunse, sfoderando un caldo sorriso dal quale traspariva una punta di sollievo.

Myriam sgranò gli occhi, fissandolo in stato di shock. Invece di svegliarsi da quello strano sogno le cose sembravano peggiorare.

“Grazie Benji” disse, cercando di apparire naturale nonostante il suo unico desiderio fosse di scappare a gambe levate e prendere il primo aereo diretto a Roma. “Se non fosse stato per te ora sfoggerei un bel bernoccolo.”

Sorrise di nuovo. “È sicuramente più piacevole prendere al volo una ragazza che non un pallone da calcio.”

Myriam non poté fare a meno di arrossire. La situazione, seppur folle, le metteva di fronte un ragazzo dall’indiscutibile fascino. Cercò di distrarsi rivolgendosi al medico che stava scrivendo qualcosa su di un foglio.

“Dottore posso andare?”

“Certo, ma qualcuno dovrà venire a prenderla” precisò lui, porgendole quella che sembrava una ricetta medica. “E’ probabile che abbia avuto un leggero attacco di panico, dovrà stare a riposo per qualche giorno. Prenda queste pillole ricostituenti e non subisca stress di alcun tipo, mi raccomando.

Stress? Perché mai? Mi sembra tutto normalissimo pensò, trattenendo a stento una smorfia incredula.

“Vuoi che avvisi qualcuno?” le chiese Benji mentre l’aiutava a mettersi in piedi. “La tua famiglia è in città?”

“Non conosco nessuno a Tokyo,” rispose con il mondo che si ostinava a girarle intorno.

“Se è venuta qui per lavoro dica ai suoi colleghi che dovranno fare a meno di lei fino a lunedì prossimo,” aggiunse il medico porgendo a Benji la borsa della ragazza.

“La ringrazio, è stato molto gentile.”

“Dovere” fece il medico con un sorriso, accompagnandoli alla porta. “Se dovessero farle dei problemi, dica loro di chiamarmi.”

“Lo farò senz’altro,” assicurò lei mentre rimuginava sul da farsi. Abituata ad affrontare ogni genere di situazione, quel frangente la lasciava senza parole.

“Te la senti di camminare?” le chiese Benji distraendola dai suoi pensieri.

“Credo di sì” rispose evitando di guardarlo negli occhi.

Si trovava in una città sconosciuta, in mezzo a giapponesi che non sembravano tali e senza la minima idea di dove andare. Come se non bastasse, un personaggio della fantasia le stava cingendo le spalle con un braccio.

Meglio non pensarci. Se non altro stava riacquistando il senso dell’equilibrio.

“Prima di proporti un passaggio potrei sapere il tuo nome?” le chiese con dolcezza, mentre le faceva strada lungo un corridoio semi deserto.

“Scusami, sono imperdonabile” esclamò arrossendo nuovamente e discostandosi un poco. Vivere una situazione surreale non giustificava l’essere maleducata con colui che l’aveva soccorsa in modo così carino, anche se si trattava di un fumetto. “Mi chiamo Myriam.”

“Un nome molto bello, di origine ebraica se non erro,” commentò lui aprendo una porta e lasciandole il passo.

“Come Benjamin” fece lei di rimando provocando l’ennesimo, seducente, sorriso.

Touché. Eppure non ho nulla di ebreo, mi sono chiesto più volte perché i miei mi abbiamo chiamato così.

“Siamo in due” commentò Myriam con una risata. Stavano flirtando.

L’aeroporto era imponente, a dir poco futurista. L’andirivieni brulicante di persone era tipico di uno scalo internazionale di quella portata.

Benji si calò maggiormente il cappellino sugli occhi e le strinse un braccio intorno alla vita.

“Perdonami” disse notando lo suo sguardo interrogativo, “ma se vogliamo arrivare alla macchina senza dare troppo nell’occhio dobbiamo mimetizzarci tra la folla come una coppia qualunque.”

Myriam ripensò all’orda di ragazzine che aveva assalito lui e i suoi compagni e annuì con un cenno del capo.

“I paparazzi si saranno scatenati su Holly e gli altri, la situazione dovrebbe essere più tranquilla.”

Si fecero largo nella confusione con fare discreto e indifferente, riuscendo a raggiungere l’ascensore per il parcheggio multipiano con relativa facilità.

“Ci siamo quasi” disse Benji mentre si dirigevano verso un delizioso fuoristrada blu notte. “Che sciocco sono stato” esclamò fermandosi di colpo. “Non hai altri bagagli?”

Myriam scosse la testa. “Diciamo che si è trattato di un viaggio imprevisto” aggiunse poi, cercando di essere il più sincera possibile.

“Dovresti parlare con mia madre” scherzò lui aprendole la portiera e aiutandola a salire. “Per lei ogni vacanza è una scusa per rifarsi il guardaroba.”

Myriam sorrise. Anche volendo, non aveva con sé soldi a sufficienza per fare shopping a Tokyo.

“Dove ti porto?” chiese lui salendo in macchina a sua volta e mettendo in moto.

La ragazza abbassò lo sguardo con aria scoraggiata. Cosa poteva dirgli? Che non aveva la più pallida idea di come fosse finita in quel posto né di come uscirne?

Sembra uno di quei film degli anni ottanta, in cui il protagonista si ritrova catapultato in una dimensione parallela pensò fra sé, cercando una risposta logica da dare al ragazzo.

Vedendola silenziosa, Benji le venne inconsapevolmente in aiuto. “So che non sono affari miei ma, visto che fino al prossimo weekend devi stare a riposo, non penso sia il caso che tu raggiunga i tuoi colleghi in albergo.”

Myriam non rispose, cercando di capire dove volesse arrivare.

“Potresti stare qualche giorno da me,” continuò mentre uscivano dal parcheggio e imboccavano una strada piuttosto trafficata. “E’ vero che ci conosciamo da poco più di un’ora, ma a casa mia c’è spazio da vendere e avresti modo di conoscere i miei amici e distrarti un poco” aggiunse, cercando di sembrare disinvolto.

La ragazza non credeva alle proprie orecchie. Se qualcuno il giorno prima le avesse predetto quanto stava accadendo in quel momento, l’avrebbe fatto rinchiudere in un manicomio e buttato la chiave in un tombino.

Benji diede al suo silenzio una connotazione negativa. “Sono stato precipitoso, perdonami. Se vuoi dirmi il nome del tuo hotel ti ci accompagno subito.

C’era delusione nella sua voce o anche questo era frutto della sua immaginazione?

“Certo che no, sei molto carino” si affrettò a rassicurarlo lei, “accetto il tuo invito con piacere.” E comunque non saprei in quale altro posto andare.

Stupore e soddisfazione si alternarono sul volto di Benji. “Allora è deciso, sarai mia ospite per il resto della settimana.”

Gli rivolse uno sguardo grato, ormai rassegnata al fatto che non si trattasse di un sogno. La città era reale, le persone che passeggiavano per le strade erano reali e il ragazzo che guidava al suo fianco era decisamente reale.

“Cosa fai di bello nella vita?” le chiese mentre erano fermi ad un semaforo.

“Lavoro per una società di organizzazione eventi e pubbliche relazioni con sede a Roma” rispose Myriam in automatico, chiedendosi cosa stessero facendo i suoi colleghi in quel momento.

“Adoro Roma” commentò Benji ammirato. “Da quando mi sono trasferito in Germania mi capita spesso di recarmi in Italia, e ogni volta ne resto incantato.”

“Vivi in Germania?” Myriam ricordava vagamente che, a un certo punto della serie animata, Benji si era trasferito in Europa.

“Ho come l’impressione che tu non sia un’appassionata di calcio,” fece lui con una punta di divertimento. “Gioco nella squadra del Bayern Monaco, ma sto valutando un paio di proposte che mi sono state fatte di recente. Il mio contratto scade alla fine della prossima stagione” aggiunse poi, vedendo che la ragazza lo guardava con fare interrogativo.

“Sei anche capitano della nazionale giapponese” aggiunse lei, evitando di soffermarsi su quanto assurda fosse quella conversazione. 

“Esatto. È sempre un piacere giocare con i compagni di squadra con i quali sono cresciuto, con Holly ci conosciamo da quando eravamo due ragazzini.

“Si vede che il calcio è tutta la tua vita” disse lei con la massima spontaneità, ricevendo di rimando un sorriso silenzioso. Aveva trascorso interi pomeriggi maledicendo gli infortuni alla gamba che ne ostacolavano i movimenti durante i campionati con la Newteam. A otto anni si era presa una cotta per Holly, ed era arrivata al punto di bisticciare con la sua migliore amica per lui, sognando di entrare nel cartone animato per potergli stargli accanto.

“Siamo quasi arrivati” fece Benji interrompendo il corso dei suoi pensieri.

 

Qualche minuto dopo, Myriam non poté trattenere un “oh meravigliato alla vista della villa di Benji, identica a quella del cartone animato. Stesso cancello, stesso ingresso imponente, stesso piazzale... dove, nel corso del primo episodio, si stava allenando poco prima di ricevere la sfida di Holly.

Benji le aprì la portiera, assicurandosi che non perdesse l’equilibrio mentre scendeva dal fuoristrada.

“Sto bene Benji, davvero” disse Myriam, colpita dalle attenzioni che il ragazzo le dedicava. “Come vi siete conosciuti tu e Holly?” chiese improvvisamente, non riuscendo a resistere alla tentazione di mettere alla prova quello strano mondo.

Benji fissò un punto del parco e un’espressione nostalgica ammorbidì i suoi lineamenti decisi. “Mi stavo allenando con Freddy, mio preparatore personale e grande amico, quando è piovuto un pallone dal cielo, calciato con una forza incredibile da quella peste di Holly.” Benji ridacchiò indicando un punto lontano. “Voleva lanciarmi una sfida in piena regola e, dalla cima di quella collina, pensò bene che un pennarello e una palla l’avrebbero aiutato a raggiungere il suo scopo.”

Myriam si sentì stranamente in colpa per avergli fatto quella domanda. O meglio, per il fatto di conoscere già la risposta. Non era normale, né giusto. Era al corrente di cose che non la riguardavano, sapeva tutto dell’infanzia di colui che le offriva ospitalità, rendendola partecipe di un suo ricordo speciale.

“Tra me e Holly c’è stato un forte antagonismo all’inizio” continuò Benji, ignaro del turbamento della ragazza. “Diciamo pure che non ci sopportavamo. Come spesso accade in questi casi, ci siamo dovuti scontrare più volte prima di diventare amici.

Le partite tra la Newppy e il Saint Francis. Da non credere.

“Emma, sono a casa” chiamò Benji facendole strada dentro casa. L’atrio era degno di una residenza hollywoodiana.

“Signorino Benji, bentornato” lo accolse con un caldo abbraccio un’elegante signora sulla sessantina. “Guardi com’è sciupato. Si vede che in Europa la fanno lavorare troppo.

Benji ricambiò la stretta con enfasi, ignorando il commento tipicamente materno della governante.

 “Emma, ti presento Myriam” disse poi allontanandosi dalla donna.

 “È un piacere conoscerla signora” salutò la ragazza, cercando di mantenere un contegno mentre veniva squadrata da capo a piedi.

“Il signorino Benji non mi ha avvisata del suo arrivo,” commentò Emma con un forte accento inglese e su di un tono che non lasciava presagire nulla di buono. “Si tratterrà qui a lungo?”

“Ha appena varcato la soglia di casa e già le chiedi quando se ne andrà?” intervenne Benji, cercando di stemperare l’imbarazzo che aleggiava nell’aria. “Volevo mostrarle la sua stanza e farla ambientare un po’ prima di lasciare che affronti il tuo terzo grado.”

“L’aria di Monaco non le ha fatto perdere il suo sense of humour,” replicò la donna con fare burbero. “La camera azzurra è stata appena sistemata dalle ragazze.”

“Veramente pensavo alla camera degli ospiti vicino alla mia,” ribatté Benji mentre salivano i gradini di un grande scalone. “Non vorrei che si perdesse in giro per la villa,” aggiunse poi con il chiaro proposito di punzecchiarla.

Myriam non poté far a meno di ridere sotto i baffi alla vista di Emma che, indignata, si fermava lungo il corridoio che stavano percorrendo. Doveva averla presa per una delle tante che, con ogni probabilità, cercavano di irretire il suo pupillo.

“Come preferisce signorino” commentò gelida, prima di allontanarsi. “In ogni caso sa dove trovarmi.”

Riuscì a stento a trattenere una risatina. Se solo avesse conosciuto la sua reale provenienza avrebbe avuto altro di cui preoccuparsi.

“Non fare caso a Emma” si affrettò a spiegare Benji non appena il fine udito della donna fu fuori portata. “Mi ha cresciuto come una madre. Nonostante abbia ventotto anni suonati, continua a comportarsi come se ne avessi dieci.

Myriam sorrise all’idea di una tipica nanny inglese che puniva Benji per le sue marachelle. A quanto pare alcuni aspetti della sua infanzia le erano ignoti. Se ne rallegrò con un sorriso.

La camera che il ragazzo aveva scelto per lei era a dir poco splendida. Luminosa, con un grande letto, morbidi tappeti e un armadio a muro che avrebbe potuto contenere l’intero guardaroba di Jennifer Lopez.

“Questa stanza e la mia hanno la terrazza in comune,” spiegò Benji posando la borsa della ragazza vicino al letto. “Adoro fare colazione qui fuori” disse, aprendo la portafinestra seguito da Myriam.

La vista del parco nel quale era immersa la villa la lasciò di stucco. Seppur in una dimensione parallela, possedere tutto quel verde nel cuore del Giappone non era cosa da tutti.

“Immagino vorrai farti una bella doccia, il tuo bagno è lì,” continuò lui indicando una porta che dava direttamente sulla camera. “Dovrei anche riuscire a trovare dei miei vestiti di qualche anno fa.”

La ragazza lo guardò senza capire.

“Per te, intendo. Non vuoi cambiarti?”

Myriam gli lanciò un’occhiata divertita. “Pensi davvero a tutto eh? Dubito però che tu abbia anche della biancheria femminile,” lo stuzzicò con fare malizioso.

Benji volse lo sguardo verso il pavimento, come se un granello di polvere avesse improvvisamente attirato la sua attenzione. “Vedrò quello che posso fare,” balbettò uscendo dalla stanza. “Più tardi se vuoi ti accompagno in centro a fare compere” proseguì da dietro la porta.

Myriam scoppiò a ridere. L’imbattibile portiere della Newteam e della nazionale giapponese in imbarazzo per un reggiseno e un paio di mutandine. A dir poco fantastico.

Quello strano mondo cominciava a piacerle, pensò mentre si spogliava e apriva il rubinetto della doccia. L’acqua tiepida cominciò a scorrerle lungo il corpo, facendo scivolare via le tensioni accumulate nelle ultime ore.

No, non è affatto male.

 

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Cast della FF

Cliccate sui link sottostanti e si aprirà una finestra con le immagini dei personaggi principali, in ordine di apparizione nella FF, così come li visualizzo nella mia testolina^^

 

Myriam

Benji

 

 

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Capitolo 3
*** Parte I - Capitolo 3 ***


3

3

 

 

“Sembro un maschiaccio” fece Myriam guardandosi allo specchio.

Indossava dei jeans scoloriti, una felpa con cappuccio e un paio di scarpe da ginnastica che avevano visto giorni migliori.

“Questi vestiti stanno sicuramente meglio a te che a me” commentò Benji, trattenendo a stento una risata.

Quando era uscita dalla doccia aveva trovato quelle cose accuratamente piegate sul letto, accanto ad alcuni capi di biancheria intima sui quali aveva preferito non indagare.

Con sua grande gioia, oltre che sorpresa, nel suo portafogli aveva fatto capolino niente meno che una American Express Platinum. Il fatto di non averne mai posseduta una lasciava ad intendere che, in quella realtà, nulla sembrava lasciato al caso.

In attesa di poter comperare qualcosa di più femminile, un’idea le balenò nella mente. “Sai cosa potrebbe migliorare il mio aspetto?” domandò con fare birichino. Cominciava a prenderci gusto.

Benji la guardò incuriosito.

“Il cappellino da portiere della Newteam.” Visto che era in ballo, tanto valeva ballare no?

Il ragazzo sorrise. “Un vero e proprio tocco di classe” considerò, facendole segno di seguirlo.

La camera da letto di Benji era ancora più spaziosa della sua. Incredibilmente ordinata per essere quella di un ragazzo, con trofei e foto di squadra disseminati ovunque.

“Non so più dove metterle” spiegò lui vedendo che Myriam prendeva in mano una piccola coppa dorata. “Per fortuna quelle dei campionati giovanili sono conservate presso la sede della squadra.”

La ragazza stentava ancora a credere che tutto ciò fosse vero. Avrebbe conosciuto Holly e gli altri, con indosso il mitico berretto con la “N”!

“Eccolo qua” disse lui dopo aver frugato in un cassetto. Le si avvicinò e glielo infilò in testa, stringendo un poco la fibbia sul retro perché le calzasse correttamente. “È stato mio fedele compagno in tante partite, trattalo con cura” aggiunse con un’espressione dolce in viso.

Myriam lo fissò trattenendo il respiro. Aveva l’impressione di conoscerlo da sempre e, in un certo senso, era vero.

“Forza, gli altri ci aspettano” la esortò il ragazzo, abbassandole la visiera sul naso con fare scherzoso.

Myriam lo seguì a ruota giù per le scale. Non si sentiva per niente stanca, una doccia rilassante poteva fare miracoli.

“Preparati ad un pomeriggio goliardico” la ammonì Benji entrando nel garage dove, oltre al suo fuoristrada, erano parcheggiate numerose macchine. “I ragazzi tendono a lasciarsi andare quando sono in libera uscita.”

Salirono sul suo fuoristrada e lasciarono la villa ad alta velocità. Si vedeva che Benji era impaziente di giungere a destinazione.

“Siete in vacanza?” domandò poco dopo, curiosa.

“I campionati nazionali si sono conclusi la settimana scorsa e saremo in vacanza fino al prossimo ritiro” spiegò lui senza prestare troppa attenzione alla guida. Sembrava conoscere la strada a memoria.

“Quindi vi godrete un po’ di meritato riposo.”

Il ragazzo annuì con il capo. “La partita di qualifica con la Malaysia è prevista il 10 giugno” aggiunse mentre, qualche minuto dopo, si fermavano vicino a degli imponenti impianti sportivi.

“Qualifica per cosa?” domandò scendendo dalla macchina.

Benji le dedicò un sorriso comprensivo, con l’aria di chi si rivolge a un bambino non molto sveglio. “Per i mondiali 2010.”

Myriam deglutì. I mondiali? Gli stessi mondiali per cui si stava qualificando l’Italia di Marcello Lippi, campione uscente nel 2006?

Si limitò ad assentire debolmente, scendendo dalla macchina e seguendolo in silenzio. Cercando di distrarsi, si chiese se avrebbe avuto l’occasione di incontrare l’insopportabile Mark Lenders e gli altri avversari che la Newteam aveva incrociato negli anni: Danny Mellow, Ed Warner, Philipp Callaghan, i gemelli Derrick... impossibile dimenticare le loro performance acrobatiche. Quanti lividi lei e i suoi amici si erano provocati cercando di imitarli?

“Benjamin Price, non si salutano più le amiche?” chiese improvvisamente una voce femminile alle loro spalle.

“Patty!” salutò il ragazzo voltandosi. Una bella ragazza mora gli si avvicinò per dargli un bacio sulla guancia.

“Come stai campione?”

Myriam osservò divertita la fidanzata storica di Holly, colei che aveva suscitato la sua gelosia tanti anni addietro.

“Non ci presenti il tuo amico?” chiese una seconda ragazza giunta nel frattempo, che però Myriam non riconobbe.

“Ciao Susie, di quale amico stai parlando?” domandò Benji guardandosi intorno.

La ragazza gli diede una leggera gomitata nel fianco in direzione di Myriam.

 “Il mio amico si chiama Myriam” precisò Benji con un sogghigno malizioso, prima di fare le dovute presentazioni.

Susie la guardò con maggiore attenzione e avvampò. “Devi scusarmi! Il fatto è che, vestita così...

“Non preoccuparti” la rassicurò lei, “non è la prima volta che succede.”

Benji la guardò stupito. “Ti hanno già scambiata per un uomo?”

Fu la volta di Myriam di arrossire. “Di solito mi capita quando mi vesto in modo sportivo. L’altezza e i capelli corti non sono caratteristiche molto diffuse fra noi donne.

Benji scoppiò a ridere e lei di rimando gli fece la linguaccia, senza però nascondere una punta di divertimento.

“Non dargli retta” le disse Patty stringendole la mano. “A quanto ricordi sei la prima ragazza che si degna di presentarci,” ammiccò quindi rivolta a Benji.

“Farò finta di non aver sentito,” ribatté lui correndo verso il bordo campo.

Patty gli lanciò uno sguardo affettuoso. “Non cambierà mai” disse rivolgendosi a Myriam. “È più testardo di un mulo.”

“Come vi siete conosciuti?” le chiese Susie mentre si avvicinavano al campo di gioco.

“In aeroporto, mi sono sentita poco bene e mi ha soccorso.”

“Che carino!” commentò Susie allegramente. “Se non sapessi che stiamo parlando di Benji lo definirei un incontro piuttosto romantico.”

Myriam quasi non udì le sue parole. A qualche metro da lei si trovava la vecchia guardia della Newteam. Riconobbe subito Holly e Bruce. Accanto a loro si trovavano, presumibilmente, Tom Becker, Paul Diamond, Ted Carter, Johnny Mason e tutti gli altri... aveva cominciato ad abituarsi alla presenza di Benji, ma vedere il gruppo al completo faceva un certo effetto.

“Ragazzi!” chiamò Patty a gran voce. “Venite qua per favore!”

Si voltarono tutti contemporaneamente. Nonostante gli anni trascorsi, l’ascendente della loro ex manager era rimasto invariato.

“Patty c’è bisogno di urlare a questo modo?” chiese Bruce avvicinandosi per primo. “Non siamo mica sordi.”

“Non lamentarti Harper” lo rimproverò lei con aria di finta minaccia. “Volevo presentarvi una persona molto speciale.”

Decine di occhi si spostarono da lei a Myriam, unico elemento estraneo alla situazione.

“Lei è Myriam, la fidanzata di Benji. Comportatevi bene, o almeno cercate di non fare gli zoticoni come al solito.

La ragazza la guardò senza capire, e per un attimo nessuno disse nulla.

“Non posso crederci” esclamò per primo Holly correndo verso il portiere che, nel frattempo, si era allontanato per prendere un paio di guanti. “Finalmente ti sei deciso a mettere la testa a posto!”

Al commento di Holly, condito da un’energica pacca sulla spalla, si aggiunsero in men che non si dica quelli degli altri compagni di squadra. Myriam non aveva idea di che pesci prendere e preferì che fosse Benji a gestire la situazione.

“Ragazzi, calmatevi. Ragazzi!” tentò di richiamarli all’ordine lui, palesemente in impaccio. Incrociò lo sguardo di una Myriam paonazza, prima di proseguire. “Non vorrei deludervi, ma ci siamo conosciuti oggi in aeroporto.”

L’allegro vociare si interruppe di colpo, e tutti gli occhi puntarono nuovamente la ragazza, il cui unico desiderio era quello di sprofondare sotto terra.

“Ricordate? Si è sentita male e l’abbiamo portata in infermeria,” spiegò Benji rivolto a Holly e Bruce.

“Quella tutta elegante?” chiese quest’ultimo guardandola meglio sotto il berretto.

“Già” confermò Myriam, cercando di frenare i battiti del suo cuore. Che situazione delirante. “So che può sembrare strano, Benji mi ha prestato alcuni suoi vestiti perché non avevo un cambio con me.”

“Piacere di conoscerti,” le sorrise Holly porgendole le mano con fare cordiale. “Questi simpaticoni sono, nell’ordine, Bruce, Tom, Paul, Johnny, Ted, Bob e Alan.”

I ragazzi fecero eco con svariati “ciao” accompagnati da altrettante strette di mano.

“Il piacere è mio” rispose Myriam, felice di non essere più al centro dello stupore generale. “Mi dispiace di aver interrotto i vostri allenamenti.”

“Non ti preoccupare” fece Tom strizzando l’occhio, “è stato un diversivo piacevole.”

“Allora?” li esortò Benji infilandosi i guanti. “Volete fare due tiri in porta o preferite continuare a spettegolare?”

I ragazzi lo seguirono in campo ridacchiando fra loro. Il capitano era visibilmente piccato, meglio non infierire. Almeno per il momento.

Le ragazze presero posto sugli spalti cercando un posto all’ombra, sebbene il sole fosse già basso nel cielo.

“Perdonami Myriam, non volevo metterti in imbarazzo” disse Patty, posandole una mano sul braccio. Sembrava mortificata. “Il fatto è che siete arrivati insieme, portavi il suo cappellino e come al solito sono stata precipitosa.”

La ragazza scosse il capo. “Non preoccuparti, non è successo nulla.”

“Sai che colpo impalmare Benji?” scherzò Susie. Myriam la guardò senza capire. “Price è considerato da tutti pressoché inavvicinabile, come ogni scapolo d’oro che si rispetti. La stampa scandalistica gli attribuisce continui flirt con donne che spesso nemmeno conosce.

“Con il passare del tempo ci ha fatto il callo, per quanto gli capiti ancora di prendersela con qualche giornalista invadente” proseguì Patty con espressione assorta. “E’ sempre stato un tipo solitario, ma siamo convinte che prima o poi cambierà idea.”

Myriam le guardò in silenzio. Quelle affermazioni erano perfettamente in linea con il personaggio, almeno sulla carta. Il ragazzo con il quale aveva trascorso le ultime ore era stato a dir poco adorabile.

“Posso chiederti una cosa?” chiese rivolta a Patty. La ragazza annuì. “Poco fa hai detto che, vedendo questo berretto, hai pensato che stessi con Benji. Come mai?”

Patty sgranò gli occhi, quasi indecisa se risponderle. “Quello non è un berretto qualsiasi, è il berretto. Lo riconoscerei fra mille,” aggiunse con timore quasi reverenziale. “Si tratta di un oggetto al quale Benji tiene moltissimo. Lo ha accompagnato in tutte le sue traversie con la Newteam e, a detta di Holly, non l’ha mai abbandonato nel corso dei primi anni in Germania. Lo sguardo di Patty fissò il vuoto. “Deve essere stato un periodo difficile per lui, dall’altra parte del mondo, lontano da tutto e da tutti. All’epoca era poco più di un bambino.”

Myriam si tolse il cappellino e lo guardò con attenzione. Aveva l’aria un po’ logora, ma il rosso sembrava aver resistito egregiamente agli innumerevoli lavaggi subiti.

“Gli ho chiesto io di prestarmelo” precisò, incerta sul da farsi. Conscia di quanto la sua presenza fosse fuori luogo, voleva evitare a Benji inutili chiacchiere infondate.

“Un dettaglio secondario” replicò Susie ridendo. “Pensa che una volta ho provato a toglierglielo per gioco e per poco non ci restavo secca.”

“È vero” fece Patty unendosi all’amica. “Negli anni si è radicata in noi la convinzione che solo sua moglie sarebbe riuscita nell’impresa.”

Myriam le guardò sbigottita, stringendolo istintivamente fra le dita.

“Alcune sue fan ucciderebbero pur di averlo” proseguì Susie. “Ora che ci penso, credo sia la prima volta che vedo Benji senza.”

“Legge della celebrità” scherzò Patty. “Ora ha il suo modello griffato, è probabile che la Nike lo obblighi a portarlo anche sotto la doccia.”

Myriam volse lo sguardo verso il campo e osservò Benji attentamente. Tra i pali della porta tornava ad essere il protagonista dell’anime che aveva colorato la sua infanzia. Severo e inflessibile, sebbene si trattasse di una scherzosa partita fra amici.

“Sei mai stata in Giappone prima d’ora?” le chiese Patty porgendole una bibita presa poco prima dal distributore.

“No, anche se sognavo da tempo di visitare il vostro splendido paese” rispose Myriam, ringraziandola con un sorriso. Non aveva mangiato nulla da quella mattina, eppure non aveva fame.

La domanda di Patty le aveva ricordato che quello non era un viaggio di piacere, e un Giappone ben diverso l’avrebbe accolta se il giorno prima fosse salita su un aereo alla volta di Tokyo. Era terrorizzata all’idea di essersi volatilizzata dal volo per Milano. Cosa avrebbero pensato i suoi colleghi? E i suoi famigliari?

Non avendo alcun potere decisionale in proposito, sperava con tutta se stessa che la vita proseguisse invariata nella sua dimensione, come in Ritorno al futuro. Al suo rientro avrebbe ritrovato una realtà lievemente alterata, ma nessuno si sarebbe allarmato per la sua assenza.

Si augurava inoltre che, una volta compreso il motivo per cui era stata trascinata in quel mondo, sarebbe riuscita a tornare a casa. Come da copione.

“Che ne dite se stasera andiamo a mangiare un boccone tutti insieme?”

Mentre era immersa nei suoi pensieri, i ragazzi avevano smesso di giocare. Holly si era avvicinato alle tre ragazze e cercava di asciugarsi il sudore con un minuscolo asciugamano rosa.

“Dove hai preso quell’affare?” domandò Patty con fare sospettoso.

“Me lo ha regalato una ragazza mentre venivo qui” rispose Holly chinandosi verso di lei. “Se aspettassi te farei la fine di un barbone,” aggiunse con aria di finto sdegno.

Senza farselo ripetere due volte, Patty scavalcò la ringhiera che la separava dal campo. “Holly se ti prendo...

“Figuriamoci” la canzonò lui correndo verso gli spogliatoi.

“Quei due sono incredibili” commentò Paul, passandosi sulla fronte un asciugamano dalle dimensioni e dal colore del tutto normali.

“Patty si è innamorata di Holly dal primo momento che lo ha visto” spiegò Susie rivolta a Myriam, “il che è accaduto più o meno una vita fa.”

“E lui ci ha messo più o meno una vita per rendersene conto,” aggiunse Paul divertito.

“Allora, cena tutti insieme?” li interruppe Bruce togliendosi i parastinchi.

“Mi sembra il minimo, sono mesi che non facciamo baldoria,” rispose Johnny stiracchiandosi, prima di soppesare Myriam con lo sguardo. “Ho sentito che Benji ti ospiterà nei prossimi giorni.”

“Non so come avrei fatto senza di lui” si affrettò a rispondere lei, cercando di buttare acqua sul fuoco. “Il medico che mi ha visitata ha detto che non dovevo lasciare l’aeroporto da sola e lui si è proposto di darmi un passaggio.”

“Un bel colpo di fortuna” proseguì Johnny con uno strano tono di voce. “E’ risaputo che a Tokyo non esistono né taxi né alberghi.”

“Johnny che vuoi dire?” domandò Susie, stupita dal comportamento dell’amico.

“Niente, lascia stare” concluse lui prima di allontanarsi.

“Non farci caso” cercò di sdrammatizzare Susie, “sono tutti strani oggi, il troppo allenarsi gli da alla testa.”

Myriam scosse lievemente il capo, come a dire che era tutto ok. La diffidenza del ragazzo era più che comprensibile. Per quanto ne sapevano poteva essere la spia di qualche squadra avversaria o, peggio ancora, una giornalista in incognito.

“È bello avere una ragazza in più a cena,” disse Bruce circondandole le spalle con disinvoltura. “Posso avere l’onore di farti da cavaliere?”

“Ma se prima non l’hai nemmeno riconosciuta” si interpose fra loro un Tom fresco di doccia. “Oggi non ero in aeroporto con voi e devo recuperare il tempo perso.”

Myriam rise alla vista dei due ragazzi che bisticciavano. Una boccata d’aria fresca per distrarla dai pensieri che le affollavano la mente.

“Se Benji non ha nulla in contrario” ribatté allegramente, mentre Tom faceva notare a Bruce che doveva lavarsi prima di provare a corteggiare una qualunque ragazza.

“A che proposito?” chiese il ragazzo alzandosi in piedi dopo essersi allacciato le scarpe. Era davvero carino con i capelli bagnati. Più alto dei suoi compagni di squadra, aveva delle bellissime spalle e l’espressione del suo viso, solitamente messa in ombra dalla visiera, era acuta e penetrante.

Si può sapere a cosa stai pensando? si rimproverò Myriam cercando di riprendere le fila del discorso.

“Holly ha proposto di andare a cena insieme” intervenne Tom che, nel frattempo, era riuscito a liberarsi di Bruce. “Se per te non è un problema, mi sarei offerto di accompagnare Myriam.”

Benji li guardò con un’espressione indecifrabile. “Figurati, se a lei fa piacere.”

 “Da Minako come al solito?” propose Bob che, fino a quel momento, era stato in disparte. “Sono mesi che sogno di mangiare del sushi preparato come si deve.”

“Ok, prima però dovrei fare un salto a casa” disse Benji, lanciando una rapida occhiata all’orologio. “Ci vediamo direttamente lì.”

I ragazzi annuirono più o meno tutti contemporaneamente.

“Hai problemi ad andare in moto?” chiese Tom rivolto a Myriam mentre si dirigevano verso il parcheggio.

Tom Becker? In moto?

“No, figurati” rispose Myriam, stupita all’idea del ragazzo in versione centauro. Da Mark Lenders se lo sarebbe aspettato, non certo dal giovane Tom.

“Tieni, metti questo” disse porgendole un casco integrale.

“Grazie” rispose mentre se lo allacciava e infilava il cappellino rosso sotto la felpa. Cercò di ignorare il vago senso di delusione provato alla vista di Benji che saliva in macchina senza di lei. Le attenzioni che Tom le stava rivolgendo non sembravano colpirlo in modo particolare.

“È molto bella” commentò inforcando la Yamaha R1 rosso e argento (2) che doveva avere al massimo qualche mese di vita.

Nami ringrazia” rispose il ragazzo sopra il rombo del motore.

“Le hai dato un nome?” chiese Myriam sorpresa. Aveva penato non poco per convincere il suo ex – all’epoca in cui stavano insieme - a dare un nome alla sua nuova moto. La profonda convinzione, non molto diffusa, che anche gli oggetti avessero una loro anima l’accompagnava da quando era piccola.

“Certamente” gridò il ragazzo abbassandosi la visiera. “Reggiti forte!”

 

 

Note:

 (2) http://www.yamaha-motor.it/products/Motocicli/supersport/yzf_r1.jsp

 

 

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Cast della FF

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Myriam

Benji

Patty

Susie

Holly

Tom

Bruce

 

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Capitolo 4
*** Parte I - Capitolo 4 ***


4

4

 

 

“Ho sempre adorato il saké (3). Perché in Spagna fa schifo?” si lamentò Bruce vuotando l’ennesima bottiglia. Era sbronzo come una spugna immersa nel vino.

A dirla tutta mezza squadra gli teneva allegramente compagnia, e le ragazze avevano il loro bel da fare per impedire che combinassero qualche guaio.

Holly si era persino messo a cantare una vecchia canzone popolare giapponese, seguito a ruota da Johnny e da uno stonatissimo Ted.

Non posso crederci, pensò Myriam fra sé asciugando le lacrime di ilarità che continuavano a imperlarle gli occhi. “Mi stanno venendo i crampi allo stomaco” cercò di dire a Tom, seduto alla sua destra.

“Come dici?” le chiese il ragazzo che non aveva afferrato nulla delle mezze parole pronunciate fra un attacco di risa e l’altro. “Sarai mica brilla?” aggiunse quindi, dandole un affettuoso colpetto sulla fronte.

La ragazza scosse energicamente il capo. Lungi dall’essere lucida, fece mentalmente spallucce. Quando le sarebbe ricapitato di ubriacarsi assieme alla Newteam?

“Non riesco a smettere di ridere” riuscì infine a spiegare tra i sussulti.

Tom sorrise. Ogni cena sfociava immancabilmente nel delirio collettivo, persino Benji aveva alzato il gomito. Seduto fra Susie e Isabella, la fidanzata di Paul, sembrava perfettamente a suo agio. Forse fin troppo.

“Credo che dovrai guidare tu fino a casa” disse all’orecchio di Myriam, mentre quest’ultima cercava di prendere con le bacchette l’ultimo uovo di salmone che aveva nel piatto.

“Oh Tom” sbuffò questa esasperata, alla vista della minuscola sfera rosa che le cadeva sul più bello per la millesima volta. “Mi hai distratta.”

“Non puoi aggrapparti a questa scusa tutta la sera,” scherzò lui. “Guarda, si fa così” spiegò mentre, con estrema naturalezza, catturava con i suoi bastoncini l’agognato oggetto del desiderio e glielo porgeva.

“Ti odio Becker” commentò, facendosi imboccare.

“È sempre un inizio” disse lui divertito. Quella ragazza era particolare. Sicuramente carina e spigliata, ma con qualcosa di insolito. Oppure era l’alcol a fargli quello strano effetto?

“Cosa dicevi prima?” chiese lei interrompendo il corso dei suoi pensieri. “Vuoi che guidi la tua moto? Guarda che in mezzo al traffico so portare a malapena una bicicletta.

Tom scoppiò a ridere. Meglio che prendessero un taxi.

“Intendevo la macchina di Benji.”

“Ah” fece Myriam con un gesto affermativo del capo. “Basta che lui mi indichi la strada.”

La testa le girava un po’, aveva abusato dell'ottimo saké di Minako.

“Dopo andiamo a ballare?” chiese Bruce prendendo Bob a braccetto. Finita la cena, si erano subito adoperati per socializzare con i presenti.

“Non credo sia il caso” rispose Patty, ridendo alla vista dei due ragazzi avvinghiati. Gli veniva sempre la sbornia espansiva. “Meglio rimandare a quando sarete tornati in voi.”

“Sei troppo seria” si lamentò Bob abbracciandola con fare goffo.

“Credo invece che abbia ragione” commentò Holly trattenendo a stento un singhiozzo, “possiamo sempre andare domani.”

“Bel gruppo di amici,” si lamentò Bruce rimettendosi a sedere.

Myriam si voltò verso Benji. Con gli occhi chiusi e la sedia in bilico appoggiata al muro, sembrava in procinto di addormentarsi.

“Vorrei prendere una boccata d’aria” disse la ragazza alzandosi in piedi, cercando di non inciampare fra le sedie. Aveva bisogno di riordinare le idee prima di mettersi al volante di un qualsivoglia mezzo di locomozione.

“Ti accompagno?” le chiese Tom, alle prese con il conto.

“Forse è meglio.”

Non appena fuori, furono avvolti da una leggera brezza primaverile.

“Mi ci voleva proprio” fece lei tirando un profondo respiro, “dentro fa davvero caldo.”

“Questo locale è piccolo, ma ci siamo affezionati,” replicò Tom facendo qualche passo con lei lungo il vicolo. “È tradizione cenare qui ogni volta che torniamo a Fujisawa.”

Myriam sorrise, sollevata all’idea di ignorare quanto fosse accaduto loro negli ultimi dieci anni. Stava scoprendo un mondo che nemmeno Yoichi Takahashi (4) avrebbe mai immaginato.

“Trovo divertente che tu sia ospite di Benji” continuò, parandosi di fronte a lei. Essendo rimasta sul marciapiede, gli occhi del ragazzo si trovarono all’altezza dei suoi.

“Sono d’accordo,” rispose infilando le mani in tasca. Era decisa a discostarsi il meno possibile dalla verità. “La mia partenza per Tokyo è stata improvvisa e non mi aspettavo certo un’accoglienza del genere.”

“Siamo rimasti tutti stupiti, Benji non è tipo da smancerie” proseguì il ragazzo, appoggiando la schiena al muro adiacente l’ingresso del ristorante.

Myriam lo imitò, felice di non dover più affrontare il suo sguardo diretto. “Sindrome improvvisa del buon samaritano?” azzardò buttandola sullo scherzo.

Per tutta risposta Tom inarcò un sopracciglio. “Quell’orso di Benji? Secondo te per quale motivo lo abbiamo assalito quando Patty ti ha presentata come la sua fidanzata?

La ragazza arrossì al ricordo di quanto accaduto quel pomeriggio.

“Impossibile resistere alla tentazione. Il nostro misogino capitano, superiore a tutto e a tutti, che permette a una ragazza di accompagnarlo agli allenamenti? Con indosso il suo berretto porta fortuna? Inconcepibile.”

Un misto di confusione e imbarazzo l’assalì e non poté far altro che fissarlo in silenzio, cercando invano una risposta plausibile alle sue domande.

“Secondo me gli piaci,” concluse a bruciapelo.

Myriam lo fissò a bocca aperta, mentre Tom si portava ad un palmo da lei. “Se fossi sobrio è probabile che non ti parlerei in questo modo, ma non sono sobrio. Conosco Benji da una vita, e posso dirti che mi avrebbe volentieri tirato un pugno quando gli ho chiesto se potevo accompagnarti questa sera.

Non riusciva a credere alle proprie orecchie:

A - era stata catapultata in un mondo parallelo pieno di bei ragazzi

B - i ragazzi in questione erano i protagonisti di “Holly e Benji

C - a detta di Tom, Benji si era preso una cotta per lei

Sento che sta per venirmi un gran mal di testa.

“È stato molto gentile” ribatté lei non appena ebbe recuperato l’uso della parola, “ma non credo di interessargli in modo particolare.”

Tom sorrise, appoggiando una mano sul muro a pochi centimetri dal suo viso e guardandola dritto negli occhi. “Facciamo così” mormorò, “se entro sabato Benji non avrà provato a baciarti, farai coppia con me al ballo di primavera.”

Il cuore di Myriam mancò un colpo. Benji che provava a baciarla? Il ballo di primavera, in coppia con Tom? Quale ballo di primavera?

“Scusami ma non ti seguo.”

“In qualità di capo ufficio stampa della Federazione Calcio, ogni anno Patty segue l’organizzazione di un’importante gala di beneficenza,” spiegò lui con una buffa smorfia. “Come se non bastasse, da qualche settimana mi sono lasciato con la mia ragazza. Se non andrai con Benji, vorrei che accettassi il mio invito.

Un sorriso le si dipinse in volto e finalmente si rilassò. La situazione era surreale al punto che tanto valeva lasciarsi andare e divertirsi.

“Affare fatto” disse allungando la mano destra per suggellare il patto, “sarò la tua damigella.”

“Sempre che Benji non ti inviti prima,” precisò Tom stringendole la mano con la sua.

Sempre che prima non venga rispedita a casa, aggiunse lei fra sé.

Rientrarono nel ristorante. Bruce si era sdraiato su di un divanetto vuoto e russava a più non posso.

Mentre Myriam recuperava il berretto che aveva lasciato sulla sedia, Benji le si avvicinò con passo malfermo. “Andiamo a casa?” Il suo alito sapeva di alcol.

“Benji, non credo sia il caso che tu ti metta al volante” si intromise Tom, vedendolo barcollare.

“Sto benissimo.”

“Se vi precedo fino a casa te la senti di guidare?” insisté il ragazzo rivolto a Myriam. La ragazza si affrettò ad annuire, prima che Benji avesse modo di protestare.

Presero le giacche da una sedia e seguirono Benji verso l’uscita. “Ciao Patty” salutarono entrambi l’amica che cercava di scrollarsi Holly e Bruce di dosso. “Pensi di farcela a rimetterli in piedi?” aggiunse Tom divertito.

“Grazie, non ti preoccupare. I taxi dovrebbero arrivare a minuti” rispose facendo loro cenno di andare.

“Buonanotte allora,” augurò il ragazzo aprendo la porta e lasciando il passo a Myriam, che  si accomiatò dal gruppo con un piccolo gesto della mano.

“Buonanotte ragazzi,” risposero Patty e Susie in coro.

Fuori la temperatura era calata e Myriam si strinse nelle braccia. L’euforia andava scemando, e cominciava a sentire freddo.

Benji era seduto a terra, con la schiena appoggiata a una ruota del fuoristrada.

“Forza capitano, sali in macchina” lo esortò Tom aiutandolo ad alzarsi. Non era da lui ridursi in quello stato.

“Ti ho detto che sto bene.”

Il compagno di squadra gli prese dalla tasca il portachiavi dell’auto e azionò il comando di apertura delle portiere. Un doppio “beep” echeggiò nel silenzio della notte.

Myriam salì al posto del guidatore e si assicurò che Benji allacciasse la cintura di sicurezza.

“Dammi un secondo per mettere in moto,” le disse Tom da fuori il finestrino.

Seguì con lo sguardo il ragazzo che attraversava la strada in un paio di lunghe falcate. Pochi secondi dopo Nami le rombava di fronte.

Girò il contatto e accese le luci. Fortunatamente la macchina di Benji aveva la guida all’occidentale, se avesse dovuto portarla al contrario sarebbero stati guai.

Le strade erano deserte, Fujisawa sembrava dormire sonni tranquilli. Arrivarono a destinazione in pochi minuti. Non credeva che fossero tanto vicini a casa, il suo pessimo senso dell’orientamento dava il meglio di sé quando si trovava in una città sconosciuta.

Cercò il telecomando del cancello e lo trovò nel cassetto del cruscotto. Lanciando un’occhiata a Benji, vide che si era assopito.

“Meglio non entrare con la moto” disse Tom che, nel frattempo, le si era accostato. “Farei troppo rumore. Vengo in macchina con voi e ti do una mano a portarlo su.

“Non penso sia una buona idea” replicò Myriam, rabbrividendo al pensiero di Emma in veste da camera che li rimproverava per aver bevuto troppo. “Dovrei farcela da sola.”

“Sei sicura?” chiese Tom alla vista di Benji addormentato. “Ti lascio il mio numero. Aspetto qua fuori per qualche minuto e, nel caso avessi problemi, ti raggiungo al volo.

Myriam rise fra sé, mentre Tom Becker le dettava il proprio numero di cellulare.

“Perfetto” disse lui, riponendo il telefono nel taschino della giacca, “se non mi chiami entro dieci minuti vado.”

“Grazie mille Tom.”

“Figurati,” rispose lui abbassando la visiera del casco.

Qualche istante dopo parcheggiò l’auto nel garage situato sul retro della villa. Sarebbe stato  sicuramente meglio passare dall’entrata di servizio, ma Myriam non avrebbe poi avuto idea di come raggiungere la camera di Benji.

Dovette scuoterlo leggermente perché desse segni di vita.

“Dove siamo?” biascicò mentre Myriam lo aiutava a scendere dal fuoristrada e si passava un suo braccio intorno alle spalle.

“A casa” rispose lei. “Cerchiamo di non svegliare tutti,” aggiunse posandogli un dito sulle labbra affinché afferrasse subito il concetto.

Raggiunsero la porta di ingresso con relativa facilità. Sebbene Benji non avesse un passo stabile, il suo peso non le gravava addosso come aveva temuto inizialmente.

“Coraggio, ci siamo quasi,” disse infilando nella serratura la chiave da porta blindata.

Il grande scalone era l’ostacolo maggiore. Non si sentiva tuttavia di abusare della disponibilità di Tom. Fece sedere Benji a terra e mandò al ragazzo un sms per rassicurarlo e ringraziarlo nuovamente.

“Dai Benji, ancora un piccolo sforzo” disse tirandolo su.

Raggiungere la sua camera al buio si rivelò un’impresa tutt’altro che facile.

La giornata più allucinante della mia vita! esclamò fra sé mentre lasciava finalmente cadere il pesante fardello sul letto. Era esausta.

Gli si sedette accanto per riprendere fiato. Un energico “ronf” la fece sussultare. Benji russava peggio di Bruce. Si voltò divertita a guardare il ragazzo che, ignaro di tutto, si grattava la testa emettendo strani suoni.

Sembrava un bambino dall’aria innocente e indifesa, se solo lo avessero visto i suoi amici la sua reputazione sarebbe crollata per sempre. Si chinò per sfilargli le scarpe.

Come diavolo se le è allacciate? Borbottò fra sé mentre cercava di disfare il nodo più intricato che avesse mai visto.

Liberati i piedi, gli spostò senza troppe cerimonie le gambe affinché assumesse una posizione più confortevole.

“Non è possibile!” gemette alla vista del ragazzo incastrato nella sua stessa felpa. Doveva aver provato a togliersela mentre lei era concentrata sulle scarpe.

“Benjamin Price, se non fossi stato tanto carino con me ti lascerei dormire così.” Appoggiò un ginocchio lungo il fianco del ragazzo e cercò di tirare via l’indumento prima che lo soffocasse.

Dopo qualche ingarbugliata manovra, erano rimasti bloccati solo la testa e il braccio sinistro. “Mannaggia a te Benji” disse mettendosi a cavalcioni su di lui. Avere a che fare con un peso morto era già faticoso di per sé, senza contare la stanchezza che le era crollata addosso tutta insieme.

“Ci siamo quasi” disse sfilando la manica, “e... fatto.”

Con un ultimo sforzo, la felpa venne via. Si sedette un attimo sulle gambe di Benji, tirando un sospiro di sollievo. Cos’altro poteva succedere? Sorrise tra sé. Gli alieni potevano sempre decidere di invadere la terra in quel momento.

Il suo sguardo tornò sul ragazzo addormentato. L’idea di non rivederlo più le provocò un vago senso di smarrimento. Per lungo tempo si era disinteressata ai suo coetanei, e aveva perso l’abitudine alle scaramucce amorose.

Scrollò le spalle, limitandosi ad archiviare la cosa fra i problemi senza soluzione accumulati nelle ultime ore.

“Sogni d’oro campione” sussurrò con dolcezza, spostando il peso del corpo sulla sinistra nell’intento di scavalcarlo.

Un braccio la fermò a mezza corsa, facendole perdere l’equilibrio. Senza dire una parola,  Benji le circondò la vita e la fece rotolare sotto di sé.

Prima di capire cosa stesse succedendo, le labbra del ragazzo furono sulle sue. Sbarrò gli occhi, incapace di muoversi, mentre una sensazione di calore le si diffondeva in tutto il corpo. Si lasciò trasportare da quel bacio morbido e inatteso senza riflettere, mentre Benji le passava una mano tra i capelli e l’attirava ancora di più a sé.

La sua riserva di ossigeno era ormai agli sgoccioli quando, a malincuore, il ragazzo si staccò da lei. Con estrema lentezza, le fece scivolare l’indice lungo la linea della mascella.

Il buio nascondeva l’espressione degli occhi che la fissavano, ma i battiti del suo cuore non accennarono a rallentare. Con un gemito appena percettibile, le affondò il viso del collo.

Myriam riprese fiato, con il respiro lieve di lui che le accarezzava la pelle. Era piacevole sentirne il peso abbandonato sopra di lei.

“Benji” lo chiamò a bassa voce, senza però ricevere risposta. Doveva essersi addormentato. Indugiò in quel tepore qualche minuto, prima di scivolare via e dirigersi furtiva verso la propria stanza.

Si spogliò in un baleno, tenendo indosso solo la maglietta che il ragazzo le aveva prestato e, finalmente, poté infilarsi nel letto.

Aveva la mente in subbuglio. Benji l’aveva baciata, le era piaciuto ed era tutto sbagliato. Le leggi stesse del tempo e dello spazio erano contrarie ad un qualunque legame con quel mondo, senza menzionare il fatto che, la mattina seguente, si sarebbe potuta risvegliare nella sala d’aspetto di Fiumicino.

Si girò e rigirò fra le lenzuola alla ricerca di una posizione comoda, prima di scivolare in un sonno senza sogni.

 

 

Note:

(3) Tipico liquore giapponese

(4) Autore di Captain Tsubasa

 

 

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Cast della FF

Cliccate sui link sottostanti e vi si aprirà una finestra con le immagini dei personaggi principali, in ordine di apparizione nella FF:

 

Myriam

Benji

Patty

Susie

Holly

Tom

Bruce

 

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Capitolo 5
*** Parte I - Capitolo 5 ***


5

5

 

 

“Lo sapevo” fece Johnny sbattendo un pugno sul tavolo.

“Non puoi esserne certo” disse Susie, cercando di non pensare a cosa sarebbe accaduto non appena tutti avessero visto quelle foto.

Il ragazzo scosse la testa con forza. “Non ti sembra strano che quella Myriam sia spuntata fuori dal nulla e, come se fosse la cosa più normale del mondo, abbia convinto Benji a ospitarla?”

“Che io sappia è stato lui a proporglielo.”  

“Anche ammettendo che sia andata così. Tu accetteresti l’ospitalità di uno sconosciuto a meno che non avessi un secondo fine?

Susie guardò il ragazzo in silenzio. Non aveva poi tutti i torti.

“Tra l’altro sostiene di essere partita per il Giappone all’improvviso,” proseguì lui concitato. “Conosci molte ragazze che prenderebbero un aereo senza portarsi dietro nemmeno un trolley?”

La ragazza si limitò a chiudere il giornale che aveva suscitato la collera di Johnny. In prima pagina troneggiavano due foto. La prima ritraeva Benji e Myriam abbracciati in aeroporto, nella seconda lei era appoggiata a un muro e sembrava che Tom stesse per baciarla.

“Un pasticcio bello e buono” sospirò.

 

* * *

 

Un sottile raggio di luce la perseguitava da qualche minuto. Tenne gli occhi ben chiusi, nella vana speranza di riaddormentarsi.

Si girò nel letto, coprendosi il viso con il cuscino. Sentiva la bocca impastata e i muscoli delle braccia le dolevano. Cos’era successo? I ricordi del giorno prima le si riversarono addosso con la potenza di un fiume in piena, facendola scattare a sedere sul letto.

La camera nella quale si trovava non era né la sua, né quella di un albergo.

Escludendo l’ipotesi del sogno persistente, sembra che debba abituarmi a questa realtà, considerò fra sé mentre spostava le coperte di lato e si dirigeva verso la portafinestra. Trovò il comando di apertura della serranda e pochi istanti dopo un caldo fascio di sole l’abbracciò, facendole strizzare gli occhi assuefatti alla penombra.

Uscì all’aria aperta, stiracchiandosi voluttuosamente. Era una splendida giornata.

“Buongiorno” disse una voce rauca alle sue spalle.

Myriam sobbalzò alla vista di Benji che le si avvicinava, i capelli tutti scompigliati e il viso adombrato da una leggera barba.

“Dormito bene?” le chiese il ragazzo coprendosi la bocca per nascondere un largo sbadiglio.

Myriam annuì con un gesto del capo.

“Mi sento come se fossi stato travolto da un treno” si lamentò lui, sedendosi al tavolo in ferro battuto situato al centro della terrazza. “Sai dirmi come sono arrivato al mio letto?”

La ragazza gli lanciò uno sguardo confuso. Non ricordava nulla?

“Abbiamo alzato tutti un po’ il gomito” rispose evitando di guardarlo negli occhi, “e siamo tornati a casa con Tom.”

Benji la osservò in silenzio, mentre un sorriso malizioso gli piegava le labbra. “Ieri mi sono dimenticato di darti un pigiama.”

Myriam lo fissò senza capire poi, guardandosi i piedi, si rese conto di essere in maglietta e mutandine.

“Potevi dirmelo prima” gridò correndo a nascondersi dietro a una tenda. “Price, dovresti vergognarti.”

La risata cristallina di Benji la raggiunse mentre rientrava in casa a ritroso, cercando di non travolgere nulla al suo passaggio.

“E perdermi questo spettacolo mattutino?”

“Molto divertente” rispose lei in preda all’impaccio più totale. Non pago di averla baciata per poi dimenticarsene, la prendeva in giro mentre girava mezza nuda sulla terrazza di casa sua. Se aveva ancora bisogno di prove sulla veridicità di quel mondo, le erano state servite su un piatto d’argento.

Benji guardò in direzione della stanza della ragazza e il sorriso che aleggiava sul suo viso si spense. Aveva strani ricordi riguardo ai trascorsi della notte precedente. Quanto aveva bevuto?

Myriam sosteneva di averlo riaccompagnato con Tom. Eppure avrebbe giurato che non fosse salito in macchina con loro. Lei lo aveva portato in camera, e poi? Perché sentiva quello strano nodo allo stomaco?

La ragazza fu di ritorno poco dopo con indosso i suoi jeans e le scarpe da ginnastica. Gli lanciò uno sguardo torvo e, per un attimo, ebbe la netta impressione che avrebbe preferito fasciarsi nel piumino d’oca a due piazze.

“Scusa se te lo chiedo nuovamente” domandò mentre gli si sedeva di fronte a braccia conserte. “A proposito di ieri sera...

“Signorino Benji, è permesso?” lo interruppe una voce femminile.

Il ragazzo si voltò in direzione della donna che aveva parlato. “Buongiorno Anna.”

“Buongiorno signorino” rispose la donna facendosi avanti. “Il signor Becker chiede urgentemente di lei.” Non riuscì a finire la frase che Tom fece irruzione con la stessa foga di un pompiere alle prime armi.

“Non avete idea di cosa sia successo” disse tutto d’un fiato. Doveva aver salito le scale quattro a quattro.

Benji gli fece segno di accomodarsi, mentre la cameriera si allontanava. “No, ma immagino tu stia per dircelo.”

Tom gli porse il giornale che teneva in mano. “Andrai su tutte le furie.”

Myriam fissò Benji con curiosità crescente mentre sconcerto e indignazione si alternavano sul suo volto.

“Si può sapere come hanno fatto?”

La ragazza si spostò alle sue spalle per capire cosa lo irritasse tanto. Alla vista delle foto, la mascella le cadde a terra. “Quella sono io?” trasecolò.

“Secondo te?”

“Non è colpa sua” la difese Tom. “Sono venuto prima che ho potuto, volevo evitare che lo scopriste per caso.”

Myriam non riusciva a distogliere lo sguardo da quelle immagini. Mai avrebbe pensato di finire sulla prima pagina di un quotidiano scandalistico. La foto con Tom poi lasciava ampio spazio all’immaginazione, difficile credere che la stesse solo invitando a un ballo di beneficenza.

“Triangolo rosa per gli assi della nazionale” lesse a bassa voce. L’autore dello scoop non aveva dato prova di grande fantasia. “La misteriosa ragazza, in compagnia di Benjamin Price e Tom Becker...” sospese la lettura. Meglio non approfondire.

“Devono averci seguito” sibilò Benji.

“Patty mi ha chiesto se vogliamo fare una smentita ufficiale” disse Tom, cercando di smorzare la tensione crescente. Sapeva quanto Benji odiasse i paparazzi, l’ultima volta c’era mancato poco che colpisse un giornalista con la sua stessa macchina fotografica.

“Non aspettano altro.”

“Preferisci fare finta di nulla?”

Lo sguardo mortificato di Myriam passava silenziosamente da un ragazzo all’altro.

“Temo che non affronterei di buon grado domande sul nostro presunto ménage à trois.” Il tono di Benji era sarcastico e tagliente. “Scusami per prima” proseguì rivolto a Myriam, “ma non riesco proprio a tollerare queste soap opera da quattro soldi.”

La ragazza si limitò a rassicurarlo con un timido sorriso. Tutto sommato l’attacco alieno andava rivalutato.

Tom si appoggiò allo schienale della sedia, incrociando le mani dietro alla testa. “Il lato oscuro della medaglia, si finisce per farci l’abitudine.”

“Beato te. Penso che ci riuscirò mai.”

Myriam tirò un sospiro, con gli occhi fissi sulla copertina. “E’ probabile che ci abbiano visti in aeroporto, e poi seguiti al ristorante.”

La realtà colpì Benji come una randellata in un film muto. In preda alla rabbia, non aveva messo a fuoco l’immagine di destra, che ritraeva Tom e Myriam in un atteggiamento alquanto intimo.

Ricordò. L’aveva baciata e si era addormentato con lei.

Perché poi se ne era andata?

Perché sei un imbecille. La inviti a casa tua un’ora dopo averla conosciuta e la sera stessa, ubriaco, la trascini nel tuo letto. Un vero gentiluomo, non c’è che dire.

Tornò a fissare la foto. Anche Tom l’aveva baciata? Non era abituato a gestire situazioni di quel tipo, e il sottile veleno del dubbio riuscì agilmente a farsi strada nelle sue vene.

“Complimenti Myriam, hai fatto il tuo ingresso ufficiale nell’olimpo delle celebrità.”

La ragazza lo fissò attonita e Benji si maledì subito per il proprio tono di voce. Non aveva alcun diritto di prendersela a quel modo.

“Che ne dite di una buona colazione?” intervenne Tom, con il chiaro proposito di allentare la tensione fra i due. “A stomaco pieno si ragiona meglio.”

Myriam annuì con un debole cenno del capo. Benji pensava che gli stesse complicando la vita e non poteva dargli torto. Stava rapidamente scalando la classifica delle donne più fortunate della storia.

“Sono d’accordo” la distolse lui dai suoi pensieri, “basterà fare finta di nulla e la cosa si sgonfierà da sola.” Per un attimo la osservò in silenzio. “Sarebbe anche il caso di accompagnarti a fare shopping.”

Per poco Tom non cadde dalla sedia.

“Immagini ti sia stufata di andare in giro con i miei vecchi vestiti” si giustificò lui, con l’intento di farsi perdonare la battuta di poco prima.

Myriam abbassò lo sguardo su ciò che aveva indosso. “Quasi me ne dimenticavo,” mormorò.

“Qual è il problema?” chiese Tom non appena le parole presero forma nella sua mente.

“Nulla che non si possa risolvere” rispose Benji. “Ieri le ho promesso che l’avrei accompagnata a comprare qualcosa di più femminile dei miei vecchi jeans.”

L’attaccante abbozzò un sorriso alla vista della maglietta sgualcita nella quale la ragazza aveva sicuramente dormito. “Non vorrei sembrarti invadente” le disse con dolcezza, “ma a casa mia avresti un intero guardaroba a disposizione.”

“Un guardaroba femminile?” azzardò lei cercando di non essere maleducata.

Tom alzò le spalle con disinvoltura. “Dubito che Gisèle rivoglia indietro le sue cose. Anche il mio appartamento a Parigi è disseminato dei regali che riceveva quando stava da me. Se non altro libererò l’appartamento a Tokyo.

Myriam colse un velo di malinconia nelle sue parole e cercò di collegare i puntini fra loro per evitare inutili gaffe. Gisèle doveva essere la sua ex ragazza. Perché riceveva montagne di regali ai quali non attribuiva importanza? Era forse una persona famosa?

Un lampo le attraversò la mente. “Non intenderai mica Gisèle Bundchen?” balbettò (5).

Tom le rivolse uno sguardo mesto. “Pensavo lo sapessi. Le riviste di tutto il mondo seguivano ogni nostro passo.

Gli ingranaggi mentali di Myriam si incepparono per un attimo. In quel mondo, Tom Becker si era lasciato con una delle modelle più famose del suo mondo. Il che significava che, con ogni probabilità, vi erano molti più legami fra le due realtà di quanto avesse immaginato. E se da qualche parte ci fosse stata la sua equivalente?

Preferì ignorare il bizzarro pensiero. “Non seguo da vicino le vicende dei personaggi dello spettacolo” mentì, temendo che le si allungasse il naso. “Inutile dire che mi dispiace.”

Tom scosse lievemente il capo. “Il peggio è passato. Ora che si è fidanzata con il mio omonimo americano i giornali mi lasciano in pace. Almeno fino a oggi,” aggiunse con un occhiolino.

La ragazza sentì il rossore salirle alle guance, trattenendo a stento l’impulso di chiedere se stesse alludendo a Tom Brady (6), il giocatore di football con il quale la Gisèle del suo mondo era in procinto di sposarsi.

“Mi faccio una doccia e andiamo” disse Benji alzandosi in piedi. “Ti do un’altra maglietta di modo che tu possa cambiarti” aggiunse con fare neutro rivolto a Myriam. Era lei che preferiva fare finta di nulla o lui che non aveva il coraggio di affrontarla?

“Ti ringrazio” rispose lei, ignara della confusione che regnava nella mente del giovane. L’idea di portare gli stessi vestiti due giorni di seguito l’allettava pochissimo.

Tom lì seguì mentre rientravano in casa. “Intanto mi avvio, così evitiamo di destare inutili sospetti.”

Myriam lo salutò con un sorriso. Difficile credere che i giornalisti avrebbero continuato a interessarsi a lei. Come potevano le star sopportare l’attenzione continua dei paparazzi? Quasi rimpiangeva la sua vecchia vita. Quasi.  

 

* * *

 

“Lo sapevo” esultò Tom non appena la ragazza uscì dal suo bagno con indosso dei pantaloni neri e una camicetta azzurra corta e avvitata. “Avete praticamente la stessa misura.”

Myriam stentava a capacitarsi di avere libero accesso al guardaroba di Gisèle Bundchen. E poi le top model non portavano la taglia quaranta?

Benji sembrò leggerle nel pensiero. “Avrei scommesso che Gisèle fosse più magra” commentò, sfogliando distrattamente una rivista che gli era capitata fra le mani.

Myriam scoppiò a ridere. “Solo più magra? In questo momento mi sento una pallida controfigura. Questi pantaloni dovevano starle larghissimi” borbottò, indicando il tessuto che tirava al livello dei fianchi.

“A dire il vero l’ho sempre trovata un po’ esile,” ribatté Tom mentre porgeva a Benji una tazza di caffellatte.

Il ragazzo ne aveva bevuto un sorso al volo e per poco non si strozzò. “Certo, come no” lo schernì in mezzo ai colpi di tosse. “Ogni volta che ti invitava alle sfilate eri tronfio come un galletto. Mi è uscito il latte dal naso, ma direi che ne è valsa la pena.

Tom preferì trascurare il commento salace. “Avrai bisogno di una borsa in cui mettere la roba” disse rivolto a Myriam, ignorando deliberatamente l’amico che sghignazzava alle sue spalle.

La ragazza gli lanciò un’occhiata dubbiosa. “Non ti dispiace che porti via queste cose?”

“Perché dovrebbe?” domandò lui allungandole un borsone da palestra. “Ti ho proposto io di prenderle.”

Myriam distolse lo sguardo, indecisa su cosa dire. “A me farebbe un certo effetto vedere addosso a qualcun’altro i vestiti del mio ex.”

Tom fece spallucce. “Se è per questo non credo di averla mai vista due volte con lo stesso abito. Non mi stupirei se molte di queste cose avessero ancora il cartellino.

Nel frattempo Benji si era alzato, e stava dando una rapida scorsa al contenuto dell’armadio. “Vai a capire la vanità femminile.”

Myriam cominciò a raccogliere le cose sparse sul letto e rivolse ad entrambi un caldo sorriso. A conti fatti il nervosismo di Benji era del tutto giustificato, e Tom fin troppo disponibile e premuroso. “Siete dolcissimi, non so come ringraziarvi.”

Gli occhi dei due giovani si incontrarono, per poi cambiare subito direzione.

“Ve lo immaginate cosa penseranno i giornalisti appostati qua fuori quando ci vedranno uscire tutti e tre insieme?” scherzò Tom, cercando di celare il proprio imbarazzo.

“Sono d’accordo” rispose Benji senza prestare la minima attenzione a ciò che aveva detto l’amico.

Myriam sorrise, ma fu subito distratta dalla scoperta di un lungo abito nero protetto da un involucro di plastica trasparente. “E’ bellissimo” esclamò correndo in bagno. “Ci sono pure le scarpe, speriamo che mi stia.”

I due amici si guardarono nuovamente.

“Le fanno con lo stampino...” disse Benji.

“... o siamo noi a non capirle?” proseguì Tom, prima che entrambi scoppiassero a ridere.

Pochi istanti dopo, Myriam contemplava la sua immagine riflessa allo specchio. Quel vestito era da togliere il fiato: accompagnava le sue forme in maniera sobria e sensuale, scendendo fin sotto le caviglie. Una miriade di cristalli Swarovski ne impreziosiva il corpetto la cui scollatura, sorretta da un laccio che le si incrociava intorno al collo, lasciava scoperte le spalle e gran parte della schiena.

Non poté resistere alla tentazione di fare una giravolta. Si sentiva come cenerentola pronta per recarsi al ballo.

“Il ballo!” esclamò tornando alla realtà. Una leggera cappa si abbatté su di lei al pensiero delle braccia di Benji che l’avvolgevano e della scommessa persa da Tom, di cui non avrebbe però saputo nulla. Quell’amnesia post sbronza la intristiva più di quanto non volesse ammettere.

“Ho finito” annunciò un paio di minuti dopo raggiungendo i ragazzi in cucina con il vestito piegato sul braccio, “grazie per la pazienza.”

“Che ne dite di fare un salto al campo di allenamento?” propose Tom con un ghigno divertito.

Lo guardò senza capire, mentre Benji passava oltre e puntava la porta sfuggendo il suo sguardo. “Cosa succede?”

“Ho detto a Benji che formate una coppia perfetta,” spiegò Tom mentre si metteva a tracolla l’ingombrante borsone.

Per poco Myriam non inciampò nel tappeto dell’ingresso, ma il ragazzo sembrò non farvi caso.

“Ti sei resa conto che ieri, da perfetti sconosciuti e in meno di dodici ore, vi siete prestati soccorso a vicenda?”

 

* * *

 

“Ecco i fantastici tre,” li accolse allegramente Bruce non appena arrivarono al ritiro della Newteam.

Tom diede all’amico una sonora pacca sulla spalla. “Non ti si può nascondere proprio nulla, vero Harper?”

Myriam e Benji evitavano accuratamente di guardarsi negli occhi, la situazione non necessitava di ulteriori complicazioni. All’uscita da casa di Tom, come pronosticato dal ragazzo, un paio di paparazzi avevano provato a fermarli, nella speranza di ottenere commenti a caldo dai due calciatori.

Fortunatamente l’accesso agli impianti sportivi era per lo più vietato ai giornalisti, e Myriam poté tirare un sospiro di sollievo.

Corso accelerato: come passare dalle stalle alle stelle e viceversa in meno di un giorno, pensò guardando Benji dirigersi silenzioso verso la porta.

“Tutto ok?” le chiese Patty, vedendola seduta in disparte.

Myriam pensò che con lei fosse inutile nascondere il proprio disagio. “Sono stata meglio” fu la semplice risposta. Ogni altro commento era superfluo, e provare a giustificarsi non l’avrebbe aiutata a guadagnarsi la loro fiducia. L’occhiata che le aveva lanciato Johnny era stata più che eloquente.

“Non ti conosco, ma preferisco crederti estranea a questa storia” disse Patty con fare amichevole. “Vedrai che tra un paio di giorni sarà tutto dimenticato.”

Myriam le rivolse un sorriso riconoscente, prima di dirigere la sua attenzione verso Tom. Superati i primi minuti di scompiglio generale, si era messo a ridere e a scherzare come se nulla fosse accaduto.

“È un ragazzo veramente in gamba,” disse più che altro rivolta a sé stessa.

“Ho sempre pensato che Gisèle non lo meritasse,” commentò Patty sedendo accanto a lei. “È brillante, affettuoso e come avrai avuto modo di intuire, vorrebbe liberarsi dall’etichetta di bello-ricco-e-famoso.”

“Quanto tempo sono stati insieme?”

“Quasi un anno.”

In campo regnava una forte agitazione. Una trentina di ragazzi era giunta alla fase finale della selezione per la Newteam. Susie stava assegnando ad ognuno il proprio numero, e gli aspiranti campioncini ingannavano il tempo saltellando sul posto.

“Non so se Benji ti ha parlato del ballo di sabato” domandò Patty facendola sobbalzare. “Mi è sembrato di capire che lavori nel settore degli eventi. Ti andrebbe di darmi una mano con l’organizzazione?

“Certamente” esclamò Myriam, sorpresa dall’inaspettata proposta. “Sarei felice di rendermi utile.”

“Allora dopo pranzo vieni in ufficio con me, così ti faccio vedere un po’ di scartoffie.”

Myriam annuì, sfiorandosi una tempia con due dita a mo’ di saluto militare. Non aveva mai seguito eventi sportivi, ma non dovevano essere tanto diversi da quelli ai quali era abituata.

“Quella chi è?” domandò un attimo dopo Patty alzandosi in piedi.

Myriam si girò per capire a chi alludesse. Una splendida ragazza bionda si stava dirigendo a passo svelto verso il prato.

“L’accesso alla struttura è vietato durante le selezioni, ma bastano un paio di belle gambe perché gli addetti alla sicurezza perdano la testa” sbuffò l’ex-manager contrariata. “Ehi tu, dove stai andando?” gridò vedendo che questa si accingeva ad entrare in campo.

Myriam la seguì con lo sguardo, imitata dai ragazzi che nel frattempo avevano interrotto il gioco.

Cosa vorrà fare? Si chiese divertita, un istante prima di spalancare gli occhi per lo stupore.

La sconosciuta era corsa incontro Benji gettandogli le braccia al collo e, mentre quest’ultimo la fissava sbalordito, aveva incollato le labbra alle sue.

 

 

Note:

(5) http://it.wikipedia.org/wiki/Gisele_B%C3%BCndchen

(6) http://it.wikipedia.org/wiki/Tom_Brady

 

 

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Cast della FF

Cliccate sui link sottostanti e vi si aprirà una finestra con le immagini dei personaggi principali, come potete facilmente intuire nel prossimo pubblicherò una new entry^^

 

Myriam

Benji

Patty

Susie

Holly

Tom

Bruce

 

 

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Capitolo 6
*** Parte I - Capitolo 6 ***


6

6

  

 

Tutti gli sguardi erano fissi sulla strana coppia. La sconosciuta si era staccata da Benji e lo aveva preso allegramente a braccetto, mente il ragazzo si era trasformato in una statua di sale.

Fu Bruce a interrompere il silenzio calato sul campo da gioco. “Il segreto di Benji è tenerci nascoste le sue donne per poi tirarle fuori dal cappello quando meno ce l’aspettiamo” scherzò, strappando un sorriso ai propri compagni.

Mentre osservava la scena, Myriam si era avvicinata a Tom, alla ricerca inconscia del suo sostegno. Sentendosi prendere per mano il ragazzo si voltò stupito, ma non disse nulla. Visibilmente disorientata, non sembrava del tutto consapevole dei suoi gesti.

“Benjamin, non mi presenti i tuoi amici?” chiese la biondina con una forte inflessione anglosassone.

Il ragazzo sembrò scuotersi dal torpore che l’aveva colpito. “Sì certo” balbettò, sistemandosi nervosamente il berretto in testa. “Questa è Jennifer, una mia amica di New York.”

“La stampa sarà felice di conoscere meglio tutte le tue amiche” disse Johnny, non potendo fare a meno di enfatizzare l’ultima parola.

Benji si divincolò con garbo dalla stretta della ragazza e si diresse verso il bordo del campo. Quella scena avrebbe incrementato i suoi crediti presso gli aspiranti giocatori della Newteam, ma non osava immaginare cosa stesse pensando Myriam in quel momento.

Che non vede l’ora di fare bagagli e andarsene? Anzi, i bagagli non li ha nemmeno disfatti. Maledizione! imprecò fra sé, combattuto tra il bisogno di incrociare lo sguardo della ragazza e la paura di ciò che vi avrebbe letto.

Fu il primo impulso a vincere, ma ciò che vide non gli piacque affatto. Myriam lo stava sì, fissando, ma la sua mano stringeva quella di Tom.

“Questa mattina ti ho visto sul giornale” disse Jennifer seguendolo. “Perché la tua fidanzata si è fatta fotografare con un altro?”

Nell’udire quelle parole, Myriam sentì un brivido correrle lungo la schiena. Tom accentuò la stretta, e solo in quel momento si rese conto di aver cercato conforto in lui, rendendo la situazione più complicata di quanto già non fosse.

“Non è la mia fidanzata” rispose Benji asettico, quasi stesso parlando del tempo, “e lui è Tom, mio amico e compagno di squadra” proseguì indicando il compagno di squadra.

Tom e Myriam non fecero in tempo a scostarsi l’uno dall’altra, che Jennifer aggiunse con fare birichino. “Ora ho capito, siete voi a stare insieme.”

Myriam arrossì violentemente mentre Tom le circondava le spalle fingendo grande disinvoltura. “Siamo una bella coppia vero?”

“Fidanzatino d’America, forse è meglio se torni a giocare” disse Patty prendendo Myriam per un braccio e trascinandola via con sé. “Noi abbiamo del lavoro che ci aspetta.”

 

***

 

“So che la cosa non mi riguarda” fece Patty alzando gli occhi da un preventivo di addobbi floreali, “ma vorresti spiegarmi cosa sta succedendo?”

Myriam le lanciò un’occhiata imbarazzata. Si era immersa nei documenti che Patty le aveva dato per evitare di pensare e, soprattutto, di affrontare l’argomento.

“Non l’ho capito nemmeno io” ammise con un sospiro. “Sono arrivata ieri e ho l’impressione di essere qui da un mese.”

Patty sorrise. “Da quando è stato ingaggiato dal Paris Saint Germain e si è trasferito a Parigi, Tom ha scoperto la sua natura di rubacuori. Le foto con Gisèle sono state pubblicate dai giornali di tutto il mondo e ci siamo abituati alle sue scorribande amorose. Si alzò dalla scrivania per innaffiare un piccolo bonsai. “Puoi scherzare con lui quanto vuoi, ma con Benji è diverso. Dietro la sua facciata di duro è molto sensibile e introverso. Non vorrei che lo facessi soffrire.”

Myriam la fissò in silenzio, stentando a credere alle proprie orecchie. Anche volendo come avrebbe potuto ferirlo? Non ricordava nemmeno di averla baciata.

 

“Ti assicuro che è l’ultima delle mie intenzioni,” assicurò con slancio. Sorrise all’idea del capitano della nazionale giapponese, tra i migliori e più affascinanti giocatori al mondo, che stava male per colpa sua. Quel mondo girava al contrario rispetto a qualunque logica e buon senso.

Patty la riportò alla realtà mettendole di fronte un piccolo raccoglitore. “Mi aiuteresti a contattare i VIP invitati al ballo per verificare che sia tutto a posto?”

“Sicuro” rispose sfogliando le prime pagine, prima di rivolgere a Patty uno sguardo sbalordito. “Avete ingaggiato Michael Bublé?”

La ragazza annuì facendo l’occhiolino. “Non è stato facilissimo ma, per mia grande fortuna, è un appassionato di calcio.”

“Non l’ho mai sentito cantare dal vivo” esultò Myriam battendo le mani, “è fantastico!”

“E molto romantico aggiungerei.”

Un’idea affiorò nella mente di Myriam. L’atmosfera suggestiva della serata doveva essere sfruttata nel migliore dei modi. Si mise a picchiettare una matita sul tavolo. “Come pensate di procedere con la raccolta fondi?”

“I posti a sedere sono a pagamento” rispose distratta Patty che, nel frattempo, si era rimessa al computer.

Myriam soppesò l’informazione per qualche secondo scartabellando le schede delle personalità che avrebbero preso parte all’evento. “Che ne diresti di movimentare un po’ la serata?”

“Cosa intendi per movimentare? Si tratta di una formula standard, il nostro margine d’azione è alquanto ridotto” domandò Patty senza distogliere gli occhi dal monitor.

“Quanto pensi che delle ricche e attempate signore pagherebbero per ballare con Tom o con Holly?” insisté con fare sbarazzino, riuscendo finalmente a catturare l’attenzione di della ragazza. “Si potrebbe organizzare una sfilata per mettere all’asta gli aitanti giocatori della nazionale, e devolvere gli ulteriori ricavi in beneficenza.”

Sul viso di Patty comparve un’espressione intrigata. “Sai che non è male come idea? Le moglie dei politici e degli industriali sono delle viscide incredibili. I ragazzi ci uccideranno, ma vale la pena correre il rischio!

 

***

 

“Ahi, mi fai male! Susie la vuoi piantare?”

“Smettila di frignare Paul, ho quasi finito.”

I ragazzi si alternavano da diverse ore nelle prove degli smoking. La sarta si era sentita poco bene e Susie, fresca di un recente corso per stilista, cercava di sostituirla alla bell’e meglio.

“Quando glielo diciamo?” bisbigliò Patty all’orecchio di Myriam. Quest’ultima era intenta a sistemare i completi da un lato per evitare che si mischiassero fra loro.

“Direi di aspettare la fine delle prove” rispose togliendosi alcuni spilli dalla bocca, “o rischiano di fuggire prima che Susie li abbia sistemati.”

Patty soffocò una risatina all’idea della faccia che avrebbero fatto non appena avessero diffuso la lieta notizia.

“Scusa Myriam, potrei parlarti?” chiese una voce maschile alle loro spalle. Era Tom, al quale il colletto troppo stretto aveva alterato il timbro vocale.

“Certo” rispose, seguendo divertita il ragazzo che continuava a passarsi un dito lungo il collo della camicia per evitare il soffocamento.

“Odio vestirmi da pinguino” mugugnò non appena raggiunsero il salone dove si sarebbe tenuto il ballo.

“Però sei molto chic.

“Ridi pure, ne riparleremo quando avrai i piedi distrutti dai tacchi alti” fece il ragazzo esasperato, cedendo alla tentazione di slacciarsi il papillon.

“Cosa volevi dirmi?” chiese lei incuriosita. Era davvero carino con il cravattino in disordine e la camicia leggermente sbottonata. Dove erano finiti i ragazzi così dalle sue parti?

Tom si passò una mano sulla nuca e abbassò lo sguardo, imbarazzato. “Volevo parlarti della foto e di quanto successo con Benji questa mattina. Mi dispiace per il casino che si è creato.

Gli sorrise dolcemente, passandosi una ciocca ribelle dietro l’orecchio. “Non hai nessuna colpa, né ti devi preoccupare” lo rassicurò, cercando di apparire disinvolta. Era sempre stato così attraente?

“Di cosa state parlando?” chiese improvvisamente Jennifer facendoli sussultare. Sembrava capace di materializzarsi dal nulla nei momenti più inopportuni.

Tom inarcò un sopracciglio, lanciandole una strana occhiata. “Ho chiesto a Myriam di depilarmi, però davanti a te mi vergogno. Ti spiace lasciarci soli?”

Con uno squittio indignato Jennifer fece dietro front, mentre Myriam si mordeva la lingua per non scoppiare a ridere.

“Fino a ieri la vita scorreva tanto tranquilla, ora mi sembra di vivere in una telenovela.”

“Vedrai che si sistemerà tutto” disse Myriam, cercando di infondere alla frase pronunciata più convinzione di quanta non provasse in realtà.

Tom la osservò intensamente, per poi volgere lo sguardo verso la sala delle prove.

“Abbiamo finito” esclamò da lontano Susie, seguita da un coro di sollievo generale.

“Torniamo di là?” le chiese, lasciandole il passo con un gesto della mano.

“Prima però ricomponiti, o Susie se ne avrà a male” lo ammonì Myriam dandogli un pizzicotto nel fianco, felice di essere tornata in sé.

“Stai attenta, al ballo avrò la mia vendetta.”

“Ho già i brividi!”

 

“Io e Myriam dobbiamo farvi un annuncio,” disse Patty non appena fecero il loro ingresso.

Gli sguardi dei presenti passarono da una ragazza all’altra.

“Sabato sera ci sarà una sfilata e voi sarete i nostri modelli.”

“Modelli?” proruppe Benji attonito. Di rientro dai campi di allenamento e con la tuta sporca di erba, in mezzo agli eleganti compagni di squadra sembrava il brutto anatroccolo.

“Hai sentito benissimo” ribadì Patty allegramente. “Dovrete mettervi in bella mostra e far sì che le signore presenti muoiano dalla voglia di vedervi da più vicino, perché poco dopo andrete all’asta.”

I ragazzi si scambiarono degli sguardi allibiti.

“Non fate quelle facce. Ricordate che è per una buona causa,” si giustificò Patty avvicinandosi a Myriam per fare fronte comune.

“Vuoi forse dire che delle signore di mezza età pagheranno per trascorrere la serata con noi?” domandò Benji cupo in volto.

Patty sfoderò il suo migliore sorriso. “Non esattamente. Ognuno di voi avrà il suo carnet di ballo (7) che verrà acquistato dalla miglior offerente.

Il ragazzo la fissò come se lo avesse appena informato della data del suo funerale.

“L’idea non è malvagia di per sé” intervenne Tom nello sbigottimento generale, “ma rischia di essere noioso se ci saremo solo noi maschietti. Propongo di accettare a condizione che vi mettiate anche voi sul piatto della bilancia.

“Sono perfettamente d’accordo,” fece Bruce incrociando le braccia sul petto. “Se dobbiamo metterci in vendita lo farete anche voi.”

Myriam e Patty si lanciarono la tipica occhiata di chi finisce vittima delle proprie macchinazioni.

“Potrebbe essere divertente!” esclamò Jennifer saltellando sul posto.

“Quella tipa non è normale” mormorò Susie rivolta a Myriam e Patty.

“Allora?” le incalzò Tom.

“Noi non siamo famose” ribatté Patty cercando di tirare acqua al loro mulino.

“Sfido uno qualunque dei ricconi che parteciperanno al ballo a farvi questa rimostranza,” ribatté il ragazzo spalleggiato dai compagni.

“Temo che non abbiamo scelta” rispose mogia Patty.

Il meno convinto di tutti sembrava Benji. Myriam cercò di incrociare il suo sguardo, ma lui si ostinava a fissare il vuoto di fronte a sé.

“Benji my dear!” strillò Jennifer buttandogli le braccia al collo. “Sabato mi comprerai tu vero?” domandò senza far caso al senso equivoco della sua richiesta.

Il ragazzo guardò la biondina con imbarazzo, mentre Myriam sentiva una strana morsa stringerle lo stomaco.

 

***

 

“Questo scatolone pesa una tonnellata. Si può sapere cosa c’è dentro?” domandò Myriam asciugandosi la fronte con la mano e arrotolandosi le maniche della camicetta.

Era tutto il pomeriggio che armeggiavano con la preparazione della sala, e i loro sforzi cominciavano a dare i primi frutti.

“Come mai gli operai sono scomparsi?” chiese Susie notando che erano rimaste sole.

Patty starnutì per la polvere alzata inavvertitamente con un canovaccio. “Non lavorano mai oltre le sei del pomeriggio.”

“Ottimo. Mancano tre giorni alla festa e loro si rifiutano di fare gli straordinari.

“Che belli questi centrotavola!” Jennifer aveva preso in mano una delle composizioni, girandola sotto sopra per capire come fossero attaccate le candele.

“Attenta a non farle cadere” la ammonì Patty da lontano, ma la ragazza sembrò non udirla. “Invece di startene lì impalata perché non ci dai una mano?”

“Spiacente, i lavori faticosi non fanno per me” rispose dirigendosi di corsa verso il bar.

“Sono io oppure anche voi vorreste appiccicarla al muro?”

Dai Patty, è solo una ragazzina” cercò di calmarla Susie mentre si accingeva a cambiare di posto a una grossa palma.

“E’ troppo pesante, rischi di farti male alla schiena” la fermò Myriam guardandosi intorno. “Vado a cercare qualcuno che ci dia una mano.”

Fu delusa nello scoprire che la reception era deserta. Il salone delle feste era distaccato dal grande albergo dove si trovavano, e dubitava fortemente che all’ora di cena qualcuno le avrebbe dato retta per spostare una pianta.

“Posso aiutarla signorina?” disse una voce alle sue spalle.

Felice si voltò di scatto, ma il sorriso le morì sulle labbra. Aveva di fronte a sé l’inconfondibile proprietario del negozio di giocattoli dell’aeroporto.

“Quando ci incontriamo è sempre alla ricerca di qualcosa” commentò lui con fare allegro. Era vestito da perfetto maître d’hotel.

“S...salve” riuscì a balbettare lei.

“Come si trova?” domandò candidamente lui.

“Intende dire in questo mondo?”

L’uomo annuì con fare pacato. “Non mi piace quando una giovane donna si fa prendere troppo dalla carriera. Noto con piacere che si è subito ambientata” aggiunse lisciandosi i baffi. “Comunque basta che mi distragga un momento e la ritrovo subito al lavoro.”

Myriam non poté fare a meno di sorridere. Quel signore aveva il potere di intimidirla e rassicurarla allo stesso tempo. La sua innata curiosità ebbe la meglio. “Mi scusi, lei chi è in realtà?”

Si sentì scrutare da dietro gli occhiali da vista. “Chi sono io? È una bella domanda. Ma, ancora più importante, è capire perché lei è qui.

La ragazza lo fissò in silenzio.

“Il fumetto che le ho dato è il suo passaporto per questa dimensione” spiegò, “e con questo potrà tornare alla normalità.”

Myriam guardò la mano tesa dell’uomo e vide che, al suo interno, brillava una sottile catena in argento. La prese in silenzio e vide che vi era appesa una splendida pietra di luna tagliata a goccia (8). “Con questo posso tornare a casa? In che modo?” domandò incerta.

L’uomo si sistemò gli occhiali sul naso. “Quando sarà giunto il momento capirà da sola.”

“La mia famiglia sta bene?” domandò lei di getto, sentendosi in colpa per non averlo chiesto prima.

“Non si preoccupi, stanno benissimo. Mentre lei si trova qui in visita, nel suo mondo le cose procedono invariate.

Sebbene la risposta corrispondesse a quanto si era augurata, Myriam sgranò gli occhi. Una cosa del genere era davvero possibile?

“Vuole dire che c’è un’altra me stessa che sta vivendo la mia vita?”

“In un certo senso” rispose enigmatico. “Lo scoprirà a tempo debito.”

“Per quanto ancora resterò qui?” chiese lei, temendo che l’uomo potesse scomparire da un momento all’altro.

“Lo scoprirà a tempo debito” ripeté. “Guardi, laggiù c’è un facchino che potrebbe aiutarla,” aggiunse indicando un punto dietro di lei.

Myriam volse lo sguardo nella direzione indicata e agitò un braccio per attirare l’attenzione dell’uomo in uniforme da lavoro. “La ringrazio” disse voltandosi nuovamente, ma il misterioso sconosciuto non c’era più.

 

 

Note:

(7) Al tempo dei grandi balli, ogni signora aveva il proprio carnet sul quale i potenziali pretendenti potevano apporre la propria firma e aggiudicarsi una o più danze nel corso della serata.

(8) http://www.gemstone.org/gem-by-gem/italian/moonstone.html

 

 

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Cast della FF

Cliccate sui link sottostanti e si aprirà una finestra con le immagini dei personaggi principali, con la new entry che avevo promesso^^

 

Myriam

Benji

Patty

Susie

Holly

Tom

Bruce

Jennifer

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** Parte I - Capitolo 7 ***


7

7

 

 

“Sono in ritardo, sono in ritardo” continuava a borbottare guardando freneticamente l’orologio. Il taxi in cui si trovava era stato bloccato nel traffico di Tokyo per più di un’ora e lei si sentiva come il frettoloso Bianconiglio in ritardo per la festa della Regina di Cuori (9).

Finalmente l’auto raggiunse il cancello di villa Price. Se voleva essere puntuale aveva poco più di un quarto d’ora per prepararsi. Fece irruzione in casa con la delicatezza di un tornado, e nella fretta urtò una figura maschile che sembrava uscita dal nulla, perdendo l’equilibrio.

“Ehilà signorina” esclamò Benji trattenendola per un braccio, “quanta foga.”

“Scusami” mormorò Myriam alzando gli occhi sul ragazzo. Dovette dar prova di tutto il suo autocontrollo per non rimanere poco elegantemente a bocca aperta. Vestito di tutto punto e rasato di fresco era bello da togliere il fiato.

Mentre ammirava inebetita il taglio squadrato delle spalle fasciate dallo smoking, l’odore pungente del dopo barba di Benji raggiunse le sue narici facendole provare un leggero senso di vertigini.

“Alla buon’ora” la riportò bruscamente alla realtà. “Cominciavo a credere che ti fossi persa per strada.”

Myriam si staccò dal ragazzo. “Sarò pronta per le otto” assicurò salendo le scale a passo di carica, senza accorgersi del sorriso che aveva curvato le labbra del giovane.

“Sei convinta di poter operare un efficace restauro in così poco tempo?”

“Spiritoso” lo rimbeccò Myriam prima di sparire nel lungo corridoio.

Si buttò sotto la doccia dopo essersi spogliata alla rinfusa. In quegli ultimi giorni lei e Benji si erano a malapena incrociati, lui preso dagli allenamenti e lei dai preparativi per la festa. Ironia della sorte, pur non avendola invitata al ballo le aveva proposto di recarvisi assieme. Tom avrebbe accompagnato Jennifer e, all’ingresso, le coppie si sarebbero invertite.

Chiuse il rubinetto dell’acqua, si avvolse in un morbido asciugamano e mandò il phon a pieno regime. I capelli corti non richiedevano una messa in piega particolare e poté quasi subito dedicarsi al trucco. Benedì la sua buona stella per averle fatto mettere in borsa, prima di partire per Milano, il suo mini beauty con tutto l’occorrente.

Circa venti minuti dopo prese la borsetta nera prestatale da Susie e uscì con passo incerto dalla sua camera. Lo splendido vestito che aveva indosso non mitigava il senso di timidezza che l’aveva colta improvvisamente.

Raggiunse lo scalone ai piedi del quale Benji l’attendeva. Il ragazzo era di spalle con le braccia dietro la schiena e fissava il grande orologio a pendolo dell’atrio. I pensieri di Myriam volarono alla celebre scena di Titanic, in cui Kate Winslet raggiungeva Leonardo Di Caprio per recarsi con lui a una vera festa.

Cominciò a scendere i gradini, schiarendosi leggermente la voce per attirare la sua attenzione.

Benji si voltò di colpo, e un candido stupore lasciò il posto a un luminoso sorriso.

Pensa a qualcosa di brillante, di intelligente... a qualunque cosa che interrompa questo silenzio imbarazzante, annaspò il ragazzo senza raggiungere il risultato sperato. Myriam si era fermata a qualche passo da lui in attesa che parlasse, ma tutto quello che riusciva a fare era rimanere fermo come un idiota. Che gli era preso? Perché non riusciva a togliersi dalla faccia quell’espressione ebete?

Il grande Price è rimasto senza parole?” lo punzecchiò lei divertita.

Benji sembrò tornare finalmente in sé. “Sei bellissima” disse in un sussurro. “Non pensavo  avresti fatto ricorso alla controfigura” aggiunse facendole l’occhiolino e meritandosi un energico buffetto sulla spalla.

“Voglio proprio vedere se colui che mi vincerà sarà del tuo stesso parere,” aggiunse Myriam fingendosi offesa.

“Quel pover’uomo ha tutta la mia compassione” scherzò lui, aiutandola a salire in macchina.

Myriam gli fece la linguaccia, mentre lui chiudeva lo sportello con una risata allegra.

Benji ripensò per un attimo agli occhi color ambra che lo avevano fissato poco prima. Come poteva non averli mai notati? Forse i capelli castani lo avevano tratto in inganno. Forse non erano mai stati abbastanza vicini. Almeno non alla luce del giorno.

Tornò con la mente alla strada. Myriam aveva rispettato il suo silenzio e gliene fu grato. Sembrava che riuscisse a capirlo, come se non ci fosse bisogno di parlare. Eppure si vedevano così poco.

Accese la radio nel tentativo di rianimare la conversazione e la prima canzone venne accolta da lei con entusiasmo. Noncurante di essere stonata come una campana, ne seguì il motivo canticchiando allegramente.

Il ragazzo sorrise fra sé, come gli capitava di rado.

Nonostante il traffico arrivarono puntuali a destinazione. Scesero dal fuoristrada e la ragazza si fermò in piedi accanto lui, mentre si chinava a terra per allacciarsi una scarpa. Nel rialzarsi i suoi occhi incrociarono quelli di lei, ora sulle tonalità del miele, provocandogli un formicolio nella schiena.

“Sei bellissima” ripeté in un soffio.

Darling... eccoti!” esultò improvvisamente una voce femminile alle loro spalle.

Jennifer assalì la coppia con una foga che non aveva nulla da invidiare alle ultras più scatenate della squadra.

Un poco sgomenta Myriam si allontanò dal ragazzo, cercando di ignorare la fitta di gelosia che le aveva attraversato il petto.

“Sarei inopportuno se gridassi al mondo la mia felicità?” le bisbigliò una voce all’orecchio.

La ragazza si voltò, trovandosi di fronte un Tom in splendida forma. Sebbene l’avesse già visto in smoking l’effetto era più che notevole.

“Sembri una fata dei boschi” aggiunse sfiorandole la guancia con un bacio.

“Neanche tu sei tanto male.”

Sensazioni contrastanti si agitavano in lei. Solo un attimo prima Benji aveva occupato ogni suo pensiero, e ora Tom la faceva sentire come una scolaretta al primo appuntamento. Aveva bisogno di fermarsi un attimo e capire.

Benji interruppe il corso dei suoi pensieri. “Dobbiamo sbrigarci, gli altri ci aspettano.”

La vista di Jennifer abbarbicata a lui mo’ di rampicante le strappò una risatina.

 “Madame?” la invitò Tom porgendole il braccio.

Fece scivolare la sua mano sopra il morbido tessuto, tirando un profondo respiro. Li attendeva una serata impegnativa.

 

Il salone delle feste era scintillante, così come Patty, Holly e Bruce che li accolsero all’ingresso.

“Ce l’avete fatta finalmente” esclamò Holly.

“Questo succede a chi vive in periferia,” scherzò Bruce rivolto a Benji.

“Dov’è la tua dama? Perché privarla della tua sfolgorante compagnia?” gli rispose il ragazzo guardandosi intorno.

“Capitano, non è bello farsi beffe delle disgrazie altrui” scherzò Bruce fra le risate generali.

Centinaia di persone vestite da gran sera si aggiravano intorno a loro, facendo brindisi e conversando amabilmente. Stole, broccati e paillette si confondevano con gioielli e acconciature di ogni tipo.

“Devo farvi i miei complimenti” disse Tom rivolto a Patty e Myriam, “avete fatto un ottimo lavoro. Ci vorrebbero quasi gli occhiali da sole.

Entrambe le ragazze lo ripagarono con un sorriso dal quale traspariva stanchezza mista a soddisfazione.

“Manca Susie però, devi dirlo anche a lei” disse Patty prendendo Tom per la mano. “Andiamo a cercarla.”

“Non possiamo rimandare a più tardi?” le chiese prima di venir trascinato via.

“A vederla vestita così nessuno immaginerebbe che è un maschiaccio patentato” commentò Holly, prendendo un calice di champagne dal vassoio di un cameriere che si era avvicinato al gruppetto.

Una calda luce illuminava gli occhi del giovane.

Ogni donna sogna di essere guardata così dal suo uomo pensò Myriam mentre un velo di tristezza le calava sul cuore.

“Andiamo a mangiare qualcosa?” domandò Jennifer tirando Benji per la manica. “Sto morendo di fame.”

Il ragazzo la seguì alzando gli occhi al cielo, suscitando l’ilarità di Myriam e Holly.

“Che coppia singolare” commentò divertito il ragazzo alla vista del capitano che, da lontano, mimava una disperata richiesta di aiuto. “Mi concedi questo ballo?” le chiese posando il calice ormai vuoto.

“Certamente.”

Più alto di lei di quasi una spanna, Holly sembrava più maturo dei suoi compagni. Per un attimo pensò che sarebbe stato bello immortalare quella scena e, viaggiando a ritroso nel tempo, farla vedere alla bambina che era stata. Quella sera ogni cosa sembrava possibile, anche la più irreale.

“Il tuo ciondolo è molto bello” ammirò il ragazzo facendola volteggiare con grazia.

“E’ una pietra di luna” spiegò sollevandola con le dita per mostrargliela alla luce. Emanava un gioco di riflessi quasi magico e non aveva cuore di lasciarla chiusa in un cassetto.

“Non ne avevo mai vista una” proseguì lui riprendendole la mano destra nella sua. “Potrei regalarne una simile a Patty per il nostro anniversario.”

Myriam gli sorrise con dolcezza. L’amore che traspariva nel suo tono di voce non poteva che infonderle fiducia nell’avvenire. “Trovo sia una splendida idea.”

 

Poco lontano, Patty e Tom li osservavano in silenzio.

“Persino un cieco si accorgerebbe che Myriam ti piace molto” disse Patty all’amico, vedendo che non riusciva a distogliere gli occhi dalla ragazza.

Il giovane fu colto da un leggero imbarazzo. “Mentirei se ti dicessi che mi è indifferente.” Si infilò le mani in tasca, mentre il suo sguardo tornava alla coppia che volteggiava sulla pista. “Ma temo che a lei interessi di più Benji.”

Patty non rispose.

“Ogni volta che il capitano entra in una stanza l’atteggiamento di lei cambia, seppur impercettibilmente.”

“L’ho notato anch’io” mormorò infine, dispiaciuta all’idea che Tom potesse rimanerci male.

“Comunque non preoccuparti” la rassicurò, come se le avesse letto nel pensiero. “Va benissimo così.”

La ragazza lo squadrò con stupore.

“Diciamo che Gisele non è stata definitivamente archiviata” spiegò Tom con una piccola smorfia, “e in un altro frangente mi sarei infilato nel primo letto disponibile per dimenticarla. Sono convinto che la presenza di Myriam in qualità di amica sarà un ottimo rimedio.

Patty gli lanciò un’occhiata scettica. “Non mi risulta che tu abbia mai avuto amiche donne.”

“Tu cosa saresti? Un travestito?”

La ragazza non raccolse la provocazione. “Sai benissimo cosa intendo.”

Tom si guardò i piedi tirando un sospiro. “Prima devo mettere un po’ di ordine nella mia vita. Una cosa però è certa, non starò a guardare con le mani in mano. Se Benji non si darà una mossa la nostra diventerà una battaglia senza esclusione di colpi” continuò, facendo scherzosamente vibrare un pugno in aria.

Patty sorrise, tranquillizzata nel vedere Tom sdrammatizzare la situazione.

“A proposito” proseguì Tom con fare ammirato, “non ti ho ancora detto che stasera sei bellissima.”

Patty gli fece l’occhiolino. “Dove non arriva la natura, arriva il tacco dodici.”

Il ragazzo scoppiò a ridere e il suo sguardo si posò su Benji, in balia dell’euforia di Jennifer. “A proposito di belle donne, riesci a immaginarlo alle prese con un corteggiamento in piena regola?”

“Direi di no,” rispose Patty andando con la mente all’organizzazione della sfilata, le cui prove erano saltate per l’arrivo posticipato di svariati giocatori. “Mi chiedo se cercherà di conquistare il carnet di Myriam.”

Tom scosse il capo con rassegnazione. “Quello zuccone non farà mai niente di così eclatante.”

“Neanche se gli dessimo una mano?”

Tom inarcò un sopracciglio mentre la ragazza si allontanava facendogli segno di seguirlo. Lo precedette in una piccola stanza adiacente al salone e chiuse subito la porta alle loro spalle.

“Qualcosa mi dice che dovrei tenere il naso lontano da questa storia” considerò lui perplesso.

Patty finse di non aver udito. “Per evitare che la serata si trasformi nel mercato del pesce, abbiamo pensato di procedere con le aste silenziose.”

Il ragazzo la guardò senza capire.

“Ogni cifra verrà trascritta su un biglietto e mantenuta segreta fino all’assegnazione dei premi” spiegò.

“Vuoi fare un’offerta falsa a nome di Benji?”

Patty lo guardò in tralice. “Ho intenzione di fare di meglio, voglio incrociare la sua con quella di Myriam.”

Un grosso punto interrogativo balenò sulla testa del ragazzo.

“La tua perspicacia è sconcertante” scherzò lei abbassando la voce. “Faremo in modo che Benji vinca il diritto di ballare con lei e viceversa. D’altronde non abbiamo scelta, se vogliamo evitare che si crei una gran confusione. Lui non può comprare Myriam ed essere comprato a sua volta da un’altra.

Frastornato, Tom cercò di seguire il suo ragionamento. “Oltre a essere un piano contorto, non pensi che qualcuno si stupirà dell’incredibile coincidenza?”

Patty liquidò la domanda con un gesto della mano. “Figuriamoci” esclamò. “La stampa andrà in brodo di giuggiole alla vista di Benjamin Price che si sbilancia pubblicamente per una donna e nessuno ci farà caso. Si tratta pur sempre di beneficenza.”

Uno strano rumore attirò la loro attenzione.

“C’è qualcuno?” domandò Patty avvicinandosi alla porta di comunicazione con la sala d’appoggio del catering, prima di aprirla di scatto.

Susie per poco non cadde ai loro piedi.

“Si può sapere cosa stavi facendo?”

“Ehm... senza volere ho ascoltato” bofonchiò cercando di ricomporsi. “Ok, va bene, ho origliato.”

“Non dovevi occuparti delle mogli dei VIP?” la rimproverò Patty mascherando un sorriso divertito.

“Mi sono incuriosita vedendovi entrare qui” ammise Susie con imbarazzo.

“E se mi fossi voluto appartare con lei?” domandò Tom fingendosi indignato, mentre Patty scoppiava in una sonora risata. “A questo punto devi darci una mano.”

“Mi sembra ovvio” rispose Susie, felice di essere coinvolta nell’intrigo. “Sono proprio curiosa di vedere la faccia che farà Benji.”

“Sentitemi bene” li esortò Patty con aria da complotto. “Truccheremo le offerte e, prima che io proclami i vincitori, farete entrambi attenzione a che Myriam e Benji non ci smascherino involontariamente.”

“Complimenti Gatsby, non ti facevo così machiavellica” ridacchiò Tom mentre tornavano in sala.

 

***

 

Myriam si stava divertendo come non mai. Dopo la piacevole scoperta del ballerino che albergava in Holly, aveva cominciato a guardarsi intorno alla ricerca del resto della nazionale.

Gli inconfondibili gemelli Derrick le erano stati presentati da Bruce, assieme a Ed Warner e Danny Mellow, e aveva osservato meravigliata l’arrivo di Philip Callaghan e dell’imponente Clifford Yuma. Notò invece con rammarico l’assenza di Mark Lenders. Era molto curiosa di incontrarlo in carne e ossa, ma nessuno sembrava avere sue notizie.

Nel turbine mirabolante delle presentazioni, quasi non si accorse che era giunta l’ora della sfilata. Cercò Patty con gli occhi, scorgendola sul palco intenta a dare indicazioni a Susie e a Tom.

“Diciamo ai ragazzi di prepararsi?” domandò non appena li ebbe raggiunti.

Patty annuì, mentre Susie spariva dietro le quinte.

Pochi minuti dopo le luci della sala si abbassarono. Un potente faro illuminò Patty che, con un microfono in mano, augurava il benvenuto agli ospiti provenienti da tutto il mondo.

“Rispetto alle edizioni passate, questa sera c’è una grande novità: i giocatori della nazionale hanno accettato di mettere all’asta i loro carnet di ballo. Desidero ringraziarli a nome della Fondazione” annunciò, invitando il pubblico ad applaudirli calorosamente.

“I nostri campioni sfileranno sotto i vostri occhi con un numero appuntato all’occhiello” proseguì, “e noi ragazze terremo loro compagnia in nome della parità dei sessi” aggiunse, suscitando le risate educate degli astanti.

Alla soave melodia dell’orchestra che fino a quel momento aveva fatto da sottofondo, si sostituì una canzone ritmata dalla forte connotazione glamour (10). I riflettori si spostarono da Patty alla passerella, dove una disinvolta Susie si trovava a braccetto di Paul Diamond.

Le uscite, improvvisate sul momento, si susseguirono senza il minimo intoppo. Myriam sfilò sia al fianco di Tom che di Bruce mentre Jennifer, sfoggiando un evidente passato di modella, si esibì con Benji e Johnny, alternandosi poi con Philip, Susie e gli altri. Nessuno si prese troppo sul serio e uno scroscio di applausi seguì infine Holly mentre appuntava il numero sul vestito di Patty, non avendo lei sfilato per poter presentare gli amici.

“Hai avuto un’idea grandiosa” disse questa poco dopo rivolta a Myriam, notando l’andirivieni di persone che presentavano le loro offerte alle hostess.

La ragazza le sorrise, chiedendosi divertita chi sarebbe stato il suo compratore.

“Scommetto che farò guadagnare la fondazione più di te,” la stuzzicò Tom per distrarla da Patty che si allontanava alla chetichella.

“Vedremo” lo sfidò Myriam, ridendo all’idea di quanto fosse poco probabile che facessero un’offerta importante per ballare con lei. Sempre che ne facessero una, pensò con un pizzico di timore.

Una decina di minuti dopo Patty fece tornare tutti sul palco mentre, come convenuto, Tom e Susie si appostavano accanto agli ignari Benji e Myriam.

“Sono pronte le buste” annunciò al microfono mentre Susie gliele porgeva. “Per galanteria inizieremo con le damigelle. Il carnet della nostra manager Susie, colonna portante della Newteam, viene vinto da... Ryo Takeshi, per duecentocinquantamila yen (11)!” lesse ad alta voce dopo un attimo di suspense.

La ragazza si fece avanti con un piccolo inchino, cercando di celare il rossore che le era salito alle guance.

“La sottoscritta invece è stata vinta da... Hiroshi Masato, per la modica somma di trecentomila yen! La ringrazio signor Masato, è molto generoso da parte sua” disse rivolta ad un simpatico sessantenne che rispose con un lieve cenno del capo.

“Ora passiamo all’incantevole signorina il cui aiuto è risultato quanto mai prezioso per l’organizzazione di questa serata,” annunciò Patty rivolta a Myriam.

Aprì la busta, cercando di rimanere impassibile mentre tirava fuori il biglietto inserito da Susie, sul quale erano scritti il nome di Benji e l’offerta fittizia.

“Il vincitore è...

“Un milione di yen” la interruppe bruscamente una voce.

Tutti gli sguardi si voltarono verso Mark Lenders che, fra lo stupore dei presenti, si era avvicinato alla pedana.

Patty rimase inebetita, mentre l’ex capitano della Toho le sfilava il foglietto dalla mano per leggerne il contenuto.

“Solo trecentomila yen?” disse con scherno rivolto a Benji, che lo guardava interdetto in mezzo agli applausi della folla entusiasta. “Mi deludi Price. La tua ragazza vale così poco per te?”

Il portiere non colse il significato della strana allusione, limitandosi a lanciargli uno sguardo torvo e segretamente confuso.

“Un tempismo sorprendente” disse Bruce rivolto al bruno attaccante, mentre tutti sfoggiavano una finta disinvoltura di fronte ai flash dei fotografi.

“Un vero campione deve sempre farsi attendere” rispose Mark fra le labbra.

“Te le scrivono queste battute?”

“Allora diciamo che avevo intenzione di farmi perdonare per il ritardo,” si corresse avvicinandosi a una Myriam attonita.

Tom e Susie si scambiarono un’occhiata sbigottita mentre la tigre, sfoderando il solito sorriso strafottente, cingeva la vita della ragazza con un braccio.

 

 

Note:

(9) Riferimenti tratti da Alice nel paese delle meraviglie (Lewis Caroll)

(10) Memore di un divertentissimo episodio di Sex and the City, ho scritto questa scena pensando alle note della canzone Got to Be Real di Cheryl Lynn.

La potete sentire al link: http://www.youtube.com/watch?v=-gqKOo-Ih0M

(11) Al cambio attuale, circa 1.800 euro

 

 

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Cast della FF

Cliccate sui link sottostanti e si aprirà una finestra con le immagini dei personaggi principali... quanto siete curiose di sapere chi ho scelto per interpretare la Tigre? Non è stato facile trovare l’attore adatto, lo ammetto... che ne pensate?^^

 

Myriam

Benji

Patty

Susie

Holly

Tom

Bruce

Jennifer

Mark

 

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Capitolo 8
*** Parte I - Capitolo 8 ***


8

8

 

 

“Ora che si fa?” bisbigliò Susie all’orecchio di Patty.

“Non ne ho la più pallida idea” rispose la ragazza in preda allo sconforto. Aveva tenuto Benji per ultimo, confidando in un qualche miracolo. “Ricordi di chi fosse l’offerta più alta?”

Susie scosse penosamente il capo. “Nella fretta ho visto solo la somma.”

“Questo sì che è un guaio” mormorò Patty con un sospiro. In realtà non aveva scelta. A meno che una facoltosa signora non intendesse emulare Lenders, doveva proclamare l’offerta fasulla segnata da Susie sul cartoncino. Deglutì, sfilandolo dalla busta. “Il nostro capitano Price è stato vinto da...” disse esitante.

“Chi sarebbe Myriam?” La voce di Mark echeggiò nella sala. Vedendo che Patty non si decideva a parlare si era inavvertitamente avvicinato al microfono.

Un brusio attraversò la folla.

“Si tratta di lei” fece Patty, riuscendo a stento a indicare la ragazza con un gesto della mano.

Myriam sentì le gambe cederle, mentre centinaia di occhi la osservavano con attenzione.

“Hai comprato tu Price?” domandò Lenders sbalordito, ricevendo di rimando uno sguardo tramortito. Se avesse avuto una pala a disposizione, si sarebbe volentieri sotterrata.

“Ho pagato un milione di yen per dividerti con lui?” continuò a mezza bocca, prima che i flash si scatenassero accecandoli.

Non rispose. Prima doveva capire cosa fosse accaduto.

 

***

 

“Ti rendi conto del casino che abbiamo combinato?” domandò Tom rivolto a Patty.

La cerimonia di assegnazione si era ormai conclusa, ma i giornalisti non accennavano a mollare l’osso.

“Benji ci ucciderà” insisté mentre l’amica cincischiava il proprio abito con le dita, “e Myriam sarà felice di dargli una mano.”

“Posso unirmi alla missione omicida?” li investì Bruce.

I due ragazzi lo guardarono senza capire.

“No dico, avete visto la mia acquirente?” esclamò lui indicando una buffa signora che doveva avere un pessimo rapporto con le bilance. “Chiamate Greenpeace, si sono persi una balena!”

Tom e Patty scoppiarono a ridere.

“Avrà una forte personalità” cercò di consolarlo Tom in mezzo alle lacrime.

“C’è poco da ridere Becker, di forte ha solo la taglia.”

Lupus in fabula” mormorò Tom, mentre la signora in questione si avvicinava per accampare il diritto regolarmente conquistato.

“Vedrai che riuscirai a perdonarmi” scherzò Patty salutandolo con la mano, mentre l’amico veniva trascinato quasi di peso sulla pista da ballo.

“Vado a cercare Benji” disse Tom non appena si furono ripresi. “Dobbiamo sbrogliare questa matassa prima che i nostri accompagnatori ci reclamino.”

Patty annuì con un gesto del capo. Si voltò verso il palco, dove Myriam era assediata da un nugolo di fotografi.

Una mano le arpionò la spalla.

“Gatsby vuoi spiegarmi il motivo di questa disorganizzazione?” Approfittando dello scompiglio generale, Mark era riuscito a svignarsela.

“Ci deve essere stato un errore nell’assegnazione delle buste” mentì lei. Non era il caso di renderlo partecipe delle loro innocenti macchinazioni.

Il ragazzo non sembrò accontentarsi di quella risposta. “Errore un corno. Ho alzato la posta solo per fare dispetto a Price, vedi di trovare una soluzione.

Patty aggrottò le sopracciglia. “La tua nobiltà d’animo mi commuove.”

Lenders scrollò le spalle con indifferenza. “Risparmiami la tua ramanzina. Pensa piuttosto a risolvere questo pasticcio.

 

***

 

Myriam era in preda al panico. I giornalisti continuavano a subissarla di domande alle quali non voleva, né poteva rispondere.

“In che rapporti è con il Signor Price?” le chiese per la seconda volta una sconosciuta, piantandole un microfono in pieno viso.

“Sappiamo che vive in casa sua” aggiunse una reporter lasciando intendere una chiara serie di sottintesi.

Sentì la testa girarle e un’ondata di calore salirle al viso. Come era finita in quella situazione? Doveva esserci un modo per uscirne senza peggiorare le cose.

“La signorina non ha dichiarazioni da fare” li interruppe una voce alle loro spalle.

Lo slancio di gratitudine che provò per quell’intervento provvidenziale la lasciò senza fiato. Non sarebbe potuta rimanere in silenzio ancora per molto.

“Signor Price è la sua fidanzata?” domandarono in vari.

“Si tratta di un’amica” replicò prendendola per un braccio. “Al vostro posto cercherei di concentrarmi sui fini perseguiti dalla serata. Ricordate che i fondi raccolti saranno destinati alla costruzione di scuole e ospedali.

I giornalisti rimasero per un attimo senza parole e lui ne approfittò per trascinarla via con sé.

“Grazie per avermi salvata” disse Myriam a bassa voce, “mi stai facendo male però.” La stretta era premurosa solo in apparenza.

Benji ignorò la sua protesta, dirigendosi verso le quinte del palco.

“Se volevi dare spettacolo ci sei riuscita in pieno” la apostrofò non appena furono lontani da occhi indiscreti.

Myriam scosse il capo disorientata. “Ti assicuro che sono stupita quanto te.”

Benji le rivolse un’occhiata scettica e la sua voce si indurì. “Certo, la tua offerta è finita da sola nella busta.”

“Di sicuro non ce l’ho messa io.” Sapeva di essere nel giusto, il problema era dimostrarlo.

Il ragazzo si appoggiò alla parete, incrociando le braccia sul petto. “Difficile da credere quando lo stesso Lenders ha letto il tuo nome. Se mi avessi chiesto di farti da accompagnatore avrei accettato, non c’era bisogno di tanto clamore.

Lo guardò stralunata, frenando a stento l’impulso di strappargli quell’aria impertinente dalla faccia. Chi si credeva di essere?

“Pensa pure quello che vuoi, ma non ero interessata al tuo prezioso carnet” concluse avviandosi verso l’uscita.

Benji le afferrò un braccio, i suoi modi privi di una qualunque inflessione amichevole. “Ciò non toglie che stasera sono il tuo cavaliere.”

“Che rigore morale” commentò, sarcastica. “Uno di questi giorni ti faranno santo, vedrai.”

Era così arrabbiata che le ci volle un attimo prima di riuscire a muoversi. Si liberò con uno strattone, mettendo fine al discorso.

Uscendo dalle quinte, per poco non andò a sbattere contro Tom che veniva nella direzione opposta.

“Myriam, devo parlarti” cercò di fermarla.

La ragazza lo fulminò con lo sguardo, oltrepassandolo. “Scusami Tom, non è il momento.”

Pochi istanti dopo incrociò Benji. Nemmeno lui sembrava divertirsi granché. “Cos’è successo?” domandò temendo il peggio.

Il capitano gli si parò di fronte, le mani nelle tasche dei pantaloni. “Checché se ne dica, le donne sono tutte uguali.”

Tom lo fissò sbigottito. “Alludi forse a Myriam?”

Benji serrò la mascella e Tom colse la risposta implicita del suo sguardo fisso sul muro. “Avete litigato per questo?” si affrettò a spiegare. “Myriam non ha fatto nessuna offerta, è stata un’idea di Patty e...

Non fece in tempo a finire la frase che Benji lo afferrò per il bavero.

“Un’idea di chi?”

 

***

 

“Eccoti finalmente” si sentì chiamare Lenders da dietro.

Il ragazzo si voltò, e un sincero stupore gli si dipinse in volto alla vista di Myriam che gli sorrideva. “Mi stavi cercando?”

Lei annuì con un sorriso. “Balliamo?”

Per colpa di tutto quel trambusto si era persa l’arrivo di Michael Bublé. Non avrebbe permesso alle illazioni di Benji di rovinarle la serata.

“Come ballerino lascio alquanto a desiderare, ho partecipato all’asta solo per fare innervosire Price” confessò lui, passandosi nervosamente una mano sulla nuca.

“Allora abbiamo uno scopo comune” lo rassicurò lei strizzando l’occhio con aria complice.

Preso alla sprovvista, Mark non capì se stava scherzando. “Pensavo aveste una storia.”

Myriam scosse energicamente il capo.

“E le foto sui giornali?”

Il sorriso di lei si allargò. “Non dirmi che credi a tutto ciò che scrivono.”

Il ragazzo si lasciò scappare una risata. “Ovviamente no.”

“Allora diamogli di che sparlare” suggerì lei, indicando la pista con un cenno del capo.

La voce profonda del cantante jazz l’accompagnò mentre posava la mano sinistra sulla spalla del ragazzo e gli mostrava a che altezza tenere la destra.

“Lasciati portare dalla musica” disse piano, pensando a quanto fosse inverosimile che stesse ballando proprio con la Tigre.

 

***

        

“Gatsby i tuoi giorni sono contati” irruppe Benji come una furia.

Patty si girò in direzione del ragazzo, coprendosi il petto con una mano. “Sei matto? Mi hai fatto prendere un colpo.”

“Non ho ancora cominciato.”

Tom era riuscito a stento a seguirlo tra la folla. L’avevano cercata ovunque, per trovarla infine alle prese con due camerieri in cucina.

“Capisco che tu sia arrabbiato” disse, non appena la piccola questione in sospeso fu risolta.

“Oh no, sono incazzato come una iena” sbraitò lui sbattendo il pugno su un tavolo. Alcuni bicchieri fecero un balzo e tintinnarono ricadendo.

Tom si schierò a fianco della ragazza. Sebbene il capitano fosse un tipo irascibile non capitava spesso di vederlo alterarsi a quel modo.

“Cosa diavolo vi è passato per la testa?”

Patty si sfregò le mani nervosamente. “Mi dispiace che la situazione abbia preso una brutta piega, ti assicuro che eravamo animati dalle migliori intenzioni.” Avrebbe voluto dire qualcosa che potesse salvare almeno in parte la serata, ma non le venne in mente nulla di intelligente.

Benji cominciò a fare avanti e indietro nella stanza, con la stessa serenità di un leone appena messo in gabbia.

“In fondo non è successo niente di irreparabile” azzardò Tom, mantenendosi a debita distanza.

“Questo lo dici tu” sibilò Benji prima di lasciarli soli e sgomenti.

 

***

 

“Benjamin darling, dove ti eri nascosto?” Jennifer lo osservò sgomenta mentre la superava senza degnarla di un’occhiata.

“Capitano, devi aiutarmi” sopraggiunse Bruce, nascondendosi alle spalle del ragazzo che si era appena fermato sul bordo della pista da ballo.

“Cosa avete tutti oggi?” esclamò Benji, sempre più irritato. Non poteva andare peggio di così. Myriam ballava con Lenders che, per inciso, sembrava averci preso un gusto tutto particolare, e lui si sentiva un idiota privo del pur minimo intuito.

“Anch’io sarei nervoso all’idea di dividere la mia quasi ragazza con Mark” considerò Bruce, continuando a farsi scudo con il corpo del portiere.

“Primo” disse Benji guardando l’amico in faccia, “tra Myriam e me non c’è nulla. Secondo, si può sapere cosa stai facendo?

“Cerco di fuggire dal panda.”

Alla vista dell’affabile signora indicata dal compagno, Benji non poté fare a meno di sorridere. Harper era unico. “Non farti ingannare dalle apparenze Bruce, potrebbe avere un fascino nascosto.”

“Ti offri volontario per la ricerca?” lo rimbeccò lui, tranquillizzato nel vedere la sua predatrice allontanarsi in direzione della toilette. “Comunque c’è da chiedersi per quanto ancora vorrai essere amico di tutte le donne alte e belle che ti circondano.”

Benji volse lo sguardo sulle coppie che ballavano, fingendo di non cogliere la sua allusione. “Ti riferisci a qualcuno in particolare?”

“Certo che no, cosa te lo fa pensare?” ironizzò Bruce, dirigendosi a passi felpati verso il buffet.

 

***

 

“Credo di non aver mai visto Benji così furibondo” disse Patty rivolta a Tom. “Dici che dovremmo parlare con Myriam?”

“Per oggi abbiamo fatto abbastanza” affermò Tom. “Meglio che se la sbrighino fra loro, a quanto ho capito hanno litigato.”

Patty sgranò gli occhi. “Addirittura?”

Tom annuì con un gesto del capo. “Non so se c’entra anche Mark.”

La ragazza sospirò mentre osservava da lontano la coppia ballare. Per quanto strano fosse, sembravano trovarsi a loro agio.

“Patty” la chiamò Tom assestandole una leggera gomitata nel fianco, “arrivano altri guai.”

La ragazza volse lo sguardo nella direzione indicatale dall’amico. Benji si stava rapidamente avvicinando a Myriam e Lenders.

 

***

 

“Visto? Non è poi così difficile” disse la ragazza rivolta a Mark. La situazione era migliorata già dalla seconda canzone, riuscivano persino a muoversi a tempo.

“Chi l’avrebbe mai detto” considerò lui guardandosi i piedi. “Sei un’ottima insegnante.”

Myriam scoppiò a ridere. “Un’insegnante alquanto costosa.”

Piacevolmente sorpreso, Lenders la seguì a ruota. Oltre a essere carina era anche simpatica. Price non capiva nulla in fatto di donne.

“Come mai vivi da Benji?” le chiese all’improvviso.

La ragazza sentì scemare il suo buon’umore. Quella domanda l’avrebbe perseguitata fino alla fine dei suoi giorni e l’ultima cosa che voleva era parlare di lui. “È una storia lunga.”

Mark ignorò il tentativo di cambiare discorso. “Abbiamo tutta la sera” insisté con malcelata curiosità.

“Non credo proprio Lenders.”

Si voltarono entrambi di scatto verso Benji, in piedi accanto a loro. La sua espressione tradiva una rabbia controllata, pronta ad esplodere di lì a poco.

“Vorrei parlare un momento con la mia dama.”

“Non è la tua dama” puntualizzò Mark serafico, “al massimo puoi ritenerti il suo cavaliere.”

“Resta il fatto che dobbiamo chiarire alcune cose.”

“Non mi sembra che muoia dalla voglia di appartarsi con te.”

Con uno sforzo visibile Benji riuscì a mantenere il controllo. “Non trovi sorprendente che riesca a parlare senza muovere le labbra? Può rispondere da sola, non ha bisogno di un avvocato.

Myriam gli si piantò di fronte con i pugni appoggiati sui fianchi. Il grande Price si mette in testa una cosa e il mondo intero deve fermarsi?” Il suo sguardo avrebbe incenerito un iceberg.

Un lampo di rimorso attraversò gli occhi del ragazzo. “Vorrei solo parlarti.”

Quel tono arrendevole riuscì a fare breccia nel muro di collera eretto dalla ragazza. “Va bene, andiamo fuori.”

Dopo essersi scusata con un Lenders attonito, si diresse a passo spedito verso la terrazza dell’albergo.

 

***

 

“Capitano, cosa sta succedendo?”

Danny continuava inguaribilmente a chiamarlo come ai tempi delle superiori. Lo stupore suscitato dalla vista di Mark che ballava con una ragazza si era trasformato in irresistibile curiosità dopo l’intromissione di Price.

“Non ci crederai Danny, ma per la prima volta ho visto Price seriamente preoccupato” rispose Lenders cercando invano di recuperare il suo piglio disinvolto.

L’amico non poté fare altro che unirsi alla sua incredulità.

 

***

 

Furono accolti da un vento fresco, che aveva dissuaso più di un invitato dal seguire il loro esempio.

Myriam si lasciò cadere su una panchetta, massaggiandosi una caviglia. “Maledetti tacchi” borbottò sfilandosi una scarpa. Avrebbe dovuto ascoltare Tom e comprare dei sandali bassi.

“Posso?” chiese Benji accennando al posto vuoto accanto a lei.

La ragazza annuì serrando la mascella. Si guardarono in silenzio, senza tradire alcuna emozione.

“Non so da che parte cominciare” ammise lui con semplicità. Il suo volto era teso, e per un breve momento le sembrò vulnerabile.

“Mi permetterei di suggerire un diplomatico ‘scusami per averti accusata ingiustamente’.” Myriam pronunciò ogni parola con calma, dominando la sua collera.

“Hai ragione. Perdonami.”

La ragazza scrutò il viso del giovane alla ricerca di un qualche segno di arroganza. “Come mai questa ammenda improvvisa?”

Benji si passò una mano fra i capelli, scompigliandoli con gesto inconsapevole. “Tom e Patty mi hanno raccontato tutto.”

Un genuino stupore le si dipinse in volto. “Raccontato cosa?”

Le sembrò di udire un sospiro, ma forse era frutto della sua immaginazione.

“Hanno truccato le offerte per farci trascorrere la serata insieme” proseguì lui dopo una breve pausa.

La ragazza avvertì un vago senso di panico salirle in petto. Tom e Patty si erano accorti di qualcosa?

“Per quale motivo?” balbettò.

Benji chinò il busto in avanti, appoggiando i gomiti alle ginocchia. “Immagino volessero spingerci l’uno nelle braccia dell’altra. Senza volerlo Lenders ha scombinato i loro piani, mentre io pensavo che avessi architettato tutto per attirare l’attenzione della stampa.

“Non è così.” La sua voce suonò più tagliente del voluto. Benji meritava la sua collera, ma un sottile senso di colpa accompagnò il silenzio che seguì.

“Perché ti sei messa a ballare con lui?” le domandò a bruciapelo.

Myriam si irrigidì. “Non sono affari tuoi.”

“Ne sei sicura?”

La ragazza lo squadrò senza capire. Aveva raggiunto il suo scopo, perché quello strano interrogatorio?

“Immagino di sì” rispose mettendosi in piedi. Le caviglie le dolevano, ma si limitò a ignorarle. Voleva mettere fine a quel confronto e tornare alla sicurezza offerta dal salone gremito di ospiti.

Anche il ragazzo si alzò, e due occhi scuri la scrutarono con attenzione. “Avrei voluto farti da cavaliere.” La voce di Benji, calma e profonda, non lasciò trasparire alcuna incertezza.

Myriam sentì la vista annebbiarsi per un momento. “Non capisco” annaspò, “mi è sembrato chiaro sin dall’inizio che saresti venuto al ballo con Jennifer.”

Il ragazzo scosse il capo lievemente, senza distogliere lo sguardo. “Jenny è solo un’amica. Ci siamo conosciuti a Londra una decina di anni fa.

Il cuore di lei mancò un battito. Impossibile. Se si escludevano le prime ore trascorse insieme, non aveva manifestato il minimo interesse nei suoi confronti. Eccezione fatta per il bacio. Già, il bacio.

Provò il violento impulso di fuggire, forse più da sé stessa che da lui, ma Benji la bloccò afferrandola con dolcezza per un polso. Sentì il calore del suo tocco irradiarsi in ogni fibra del suo corpo.

 “Si tratta di Tom?” le domandò improvvisamente, scuro in volto.

Myriam lo fissò sconcertata, il suo castello di emozioni che si sgretolava, come fatto di carte. “Cosa c’entra?”

Benji sembrò interpretare la sua domanda come un’ammissione di colpa. La lasciò andare, con la smorfia di chi si è strozzato con qualcosa e non riesce a mandarla giù.

“Bravo Becker, mi ha battuto sul tempo.”

La realtà la colpì come uno schiaffo, mentre il braccio le ricadeva lungo il fianco. Neanche era arrivata e le attribuiva una storia con Tom? Alle sue spalle, noncurante di condividere il suo stesso tetto? Si morse il labbro inferiore, sforzandosi di ignorare il groppo che sentiva salirle in gola.

“Come puoi pensare una cosa del genere?”

Le labbra di Benji si piegarono a indicare che la sua supposizione era del tutto plausibile. “In fondo siamo due estranei.”

Serrò i pugni indignata. Avrebbe voluto trovare la forza di girare i tacchi e andarsene, ma era sempre difficile fare la cosa giusta. “Hai ragione, siamo due estranei.”

A Benji sfuggì una risatina. “Sei sempre libera di fare i bagagli.”

La forza che un istante prima le era mancata sembrò sommergerla. Si voltò, allontanandosi a passi decisi, prima di dire qualcosa che avrebbe certamente rimpianto.

“Perdonami, non so perché stasera continuo a dire cose stupide.” Il tono serio la fermò mentre stava per varcare la porta scorrevole.

“Forse perché le pensi?” esclamò senza girarsi. “Mi chiedo come Tom avrebbe potuto precederti, non ricordi nemmeno di avermi baciata.” Le parole le erano sfuggite contro la sua volontà. Si coprì la bocca con una mano, ma ormai era tardi.

Troppo sconvolta per rientrare in sala, si diresse verso il parapetto poco distante. Cercò di concentrarsi sul panorama luminoso che si estendeva ai piedi del grattacielo, ma il suo orgoglio ferito le impediva di coglierne la bellezza.

Un brivido le percorse la pelle. La temperatura era scesa di qualche grado, e nella fretta aveva dimenticato di prendere uno scialle.

Fu sorpresa di sentirsi avvolgere da un gradevole tepore. Benji le aveva sistemato sulle spalle la giacca del suo smoking. “Grazie” sussurrò, ricacciando indietro lacrime di dispetto.

Il ragazzo le rivolse un debole sorriso. “È il minimo che possa fare.”

Myriam inspirò a fondo l’aria primaverile che li circondava, alla quale si stava mescolando il leggero profumo di lui.

“Lo ricordo perfettamente” disse Benji in un soffio, ricevendo di rimando uno sguardo turbato. “Per quanto non sia facile ammetterlo, temevo ciò che avresti potuto dirmi.”

Si appoggiò di schiena accanto a lei e proseguì con tono di voce lieve e misurato. “Non sono solito ubriacarmi e non ero certo fiero del mio comportamento. Quando poi ho visto la tua foto con Tom è stato facile trarre conclusioni affrettate.

La ragazza riandò con la mente alla sera del suo arrivo. Sembravano trascorsi mesi, non poco più di due settimane. “Tom non mi ha baciata” replicò monocorde, “siamo stati fotografati mentre stringevamo un patto.”

Fu la volta di Benji di essere confuso.

“Era convinto che fossi interessato a me e che mi avresti invitata al ballo” spiegò. “Mi fece però promettere che, nel caso non ti fossi fatto avanti, sarei stata la sua dama. Non chiedermi su cosa basasse le sue teorie perché non ne ho idea.

Inspirò a fondo la fresca brezza notturna. La frittata era fatta e, per quanto ne sapeva, quella stessa notte sarebbe potuta tornare a casa. Tanto valeva sputare il rospo.

Benji si voltò a guardare le luci della città, i loro corpi vicini tanto da sfiorarsi. “Avrei dovuto parlarti di Jennifer, sono stato mille volte sul punto di invitarti.”

Incredula, Myriam si rese conto che le sue dita stavano stringendo la ringhiera con forza. Allentò subito la presa.  

“Gli uomini sono strani” proseguì lui ignaro, con l’aria di chi si accinge a svelare un segreto. “Riescono ad affrontare uno stadio pieno di tifosi inferociti ma non il rifiuto di una donna. Così mi sono limitato a proporti un passaggio in macchina. Un sorriso impercettibile gli increspò le labbra. “Sono una frana vero?”

Lo fissò per un attimo, prima di scoppiare in una risata che lo mise in confusione. “Abbastanza” esclamò con una punta di divertimento. Persino due adolescenti se la sarebbero cavata meglio di loro.

Il ragazzo sembrò rilassarsi. “Signora” disse con un piccolo inchino, “mi concederebbe l’onore del prossimo ballo? Prometto di non pestarle i piedi.”

Il cuore le balzò in gola. “Con piacere” mormorò appena.

Quando la mano di lei scivolò nella sua Benji ebbe l’impressione di tornare a respirare liberamente. Le sorrise e vide con piacere il colore salirle alle guance.

Si diressero in silenzio verso il centro della pista, mentre le note di What a wonderful world (12) cominciavano a diffondersi nell’aria. Myriam si abbandonò al cerchio protettivo del suo abbraccio, facendosi cullare dalla melodia.

“Posso farti una domanda?” le sussurrò all’orecchio, sfiorandole il collo con il mento.

Con un brivido Myriam sollevò il capo, e i suoi occhi incontrarono quelli di lui in segno di assenso.

Benji aggrottò le sopracciglia. “Chi pagherà il mio carnet alla fine della serata?”

 

 

Note:

(12) Una canzone un tantino inflazionata eppure splendida... cantata da Michael Bublé fa venire i brividi! Vi consiglio caldamente di ascoltarla, rende davvero l’idea^^

La trovate al link: http://www.youtube.com/watch?v=00BsgjqcdDs

 

 

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Cast della FF

Cliccate sui link sottostanti e si aprirà una finestra con le immagini dei personaggi principali, in ordine di apparizione nella FF:

 

Myriam

Benji

Patty

Susie

Holly

Tom

Bruce

Jennifer

Mark

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** Parte I - Capitolo 9 ***


9

9

 

 

“È veramente imbarazzante” considerò Benji mentre la sua penna si muoveva agile sull’assegno filigranato della Deutsch Bank.

“Coraggio capitano, c’è chi sta peggio di te” lo consolò Tom alla vista di Bruce in balia dei saluti della sua accompagnatrice.

La serata si stava avviando verso la conclusione. Gli invitati, giornalisti compresi, se ne erano andati, lasciando la sala permeata di quella strana nostalgia che coglie la fine di ogni festa. Le uniche testimonianze della baldoria trascorsa erano i piatti e i bicchieri sporchi che i camerieri si stavano affrettando a raccogliere.

“Anche quest’anno è andata,” sospirò Patty mentre prendeva il suo scialle da sopra una sedia.

Holly si era messo alle sue spalle e la ragazza gli rivolse un sorriso stanco.

“Trovo alquanto deprimente finanziare io stesso il mio carnet di ballo” scherzò Benji, circondando la vita di Myriam con un braccio.

“Avresti forse preferito andare in pasto alle tue fan?” lo punzecchiò lei con un sorriso.

Holly e Patty si scambiarono un’occhiata di intesa, accogliendo con piacere il cambiamento di umore del capitano. Persino un cactus avrebbe colto l’attrazione che scorreva tra i due giovani, e Benji era solo da molto, troppo tempo.

“Posso dirvi che vi odio tutti ufficialmente?” intervenne Bruce, finalmente libero.

“Sono desolata” esclamò Patty avvicinandosi all’amico. “Nessuno poteva immaginare che la signora Akamai fosse peggio di un cane segugio.”

Bruce scosse il capo, come a cancellarne l’ingombrante ricordo. “Non vedo Lenders. Ero convinto che nessuno mi avrebbe risparmiato una sua battuta.” Si guardò intorno alla ricerca del centravanti. “Chissà cosa starà facendo. Scoprendo il fuoco? Inventando la ruota?”

“Se ci tieni a saperlo, mi chiedevo quando ti sarebbe ricapitato di essere inseguito da una donna.”

Bruce si voltò verso il ragazzo che nel frattempo li aveva raggiunti. “Oggi siamo tutti pronti a dispensare pace e amore, sembra natale” ironizzò, suscitando l’ilarità generale.

“Stasera Mark ci ha lasciati di stucco” aggiunse Ed Warner appoggiando una mano sulla spalla dell’ex capitano. “Non l’avevo mai visto ballare prima d’ora.”

Lenders lanciò all’amico uno sguardo tra l’afflitto e il divertito. “Prima che Price ci interrompesse ho fatto una serie di smorfie che vi giuro, vorrei tanto poter cancellare, ma purtroppo non si può.”

Myriam gli lanciò un’occhiata divertita. “Hai scoperto lo splendido ballerino che è in te” aggiunse, strappando a Mark un largo sorriso.

Il ragazzo la fissò in silenzio per un attimo. “Questa battesimo merita di essere ricordato. Che ne dici di una cena a lume di candela per festeggiare?” domandò con il chiaro proposito di punzecchiare Benji, visibilmente infastidito dal loro scambio amichevole.

“Scordatelo Lenders” intervenne il portiere, accentuando con fare possessivo la stretta intorno alla ragazza.

Per un attimo Myriam lo osservò stupita. Benjamin Price non poteva essere geloso di lei. Forse alcuni frammenti delle antiche rivalità con Lenders salivano a galla, se provocati. Molto più plausibile.

“Non preoccuparti” scherzò Mark senza distogliere gli occhi dalla ragazza, “quando Benji ti avrà rinchiusa nella torre del castello verrò a salvarti.”

Gli amici scoppiarono in un’allegra risata. Non capitava spesso di vedere Price indispettito per una donna. Né tantomeno Lenders nelle vesti di romantico contendente.

Benji trattenne a stento una smorfia indignata per quanto, in fondo, la cosa sembrasse divertirlo. “A quanto pare i miei sbalzi di umore sono diventati di dominio pubblico.”

Tom gli diede una pacca sulla spalla. “E’ diventata una cosa intuitiva a un certo punto.”

Il portiere osservò l’amico con una strana espressione sul volto, ma non rispose. “Andiamo a casa?” domandò infine rivolto alla ragazza al suo fianco.

Myriam smise di ridere, ma un dolce sorriso continuò a illuminarle il volto mentre annuiva in segno di assenso.

 

* * *

 

“Questa volta non dovrai portarmi su di peso.”

La voce di Benji era scherzosa, il ricordo di quella prima notte aleggiava nell’aria. Myriam arrossì. Si stavano dirigendo verso l’ingresso della villa, il cui patio riluceva in maniera insolita. Riflessi argentei si univano alle loro ombre sui gradini di marmo chiaro. Luna piena, pensò la ragazza volgendo per un attimo lo sguardo al cielo.

Una miriade di domande le si affollarono nella mente al pensiero di ciò che l’aspettava aldilà della porta, e sentì i battiti del suo cuore accelerare a ogni passo.

Non appena furono entrati, Benji si allentò la cravatta, slacciando i primi due bottoni della camicia. “È stata una giornata lunga” commentò, posando con gesto automatico le chiavi su un tavolino.

La ragazza gli rivolse uno sguardo silenzioso nella penombra, prima di allungare la mano alla ricerca dell’interruttore. Riuscì a muovere un passo appena, quando si sentì avvolgere dall’abbraccio di Benji. Alle sue spalle, le aveva circondato la vita con tenerezza. La sua guancia era vicinissima e con il mento le sfiorò la spalla nuda.

“Non mi scappi più” mormorò, provocandole un lungo brivido.

“Volevo solo accendere la luce” rispose lei sottovoce, le ginocchia deboli sotto il suo peso.

Benji la fece girare lentamente su se stessa, e affondò lo sguardo nel suo. Myriam deglutì, grata di essere avvolta nell’oscurità.

“Al buio non riesco a orientarmi” cercò di scherzare, mentre il viso del ragazzo si avvicinava provocandole un pericoloso senso di smarrimento.

“Ricordami di regalarti una bussola” mormorò lui, facendole scivolare una mano dietro la nuca.

Si sentì attraversare da una scarica elettrica che la lasciò senza fiato. Per un lungo istante Benji esitò, il viso a pochi centimetri dal suo. L’intensità del suo sguardo si unì al respiro lieve su di lei. Chiuse gli occhi mentre, con misurata lentezza, le labbra di Benji sfioravano le sue, gentili, tentatrici, poi sempre più pressanti. Il sangue cominciò a pulsarle con forza nelle vene, una vertigine incandescente lungo la linea della mascella, sul collo, nell’incavo delicato dietro l’orecchio.

Milioni di scintille le esplosero nella mente. Intrecciò le dita nei suoi capelli attirandolo a sé, ansimando, come se la sua stessa sopravvivenza fosse appesa a quel filo sottile. Se non l’avesse sorretta sarebbe scivolata a terra con lui, sotto di lui...

Un lampo improvviso. Indietreggiò di un passo, facendo pressione sul petto di Benji con movimento gentile ma sicuro.

Il ragazzo la guardò confuso, cercando di decifrare la sua espressione. “Myriam stai bene?” domandò, la sua voce un dolce un sussurro. Anche se non poteva vederlo, la ragazza intuì il leggero sorriso che gli aveva curvato le labbra.

“Non lo so” rispose con sincerità. Pensieri disordinati e incoerenti si univano al violento richiamo del suo mondo interiore.

Benji tirò un debole sospiro e fece scattare l’interruttore. L’atmosfera che fino a pochi istanti prima li aveva avvolti si dissolse, lasciandoli soli ognuno con i propri pensieri.

“Temo di aver perso il controllo, perdonami.”

Gli occhi di Benji erano carichi di incertezza e Myriam sentì lo stomaco chiudersi in una morsa. Non riusciva a trovare le parole, inghiottite dalle forze contrastanti che si agitavano in lei. Scosse lievemente il capo.

“Vorrei potermi accomiatare con eleganza” proseguì lui nella lotta impari contro silenzio e imbarazzo, “ma abitiamo entrambi qui.”

Il suo sguardo le sembrò sorprendentemente tenero. Come se capisse, quando lei stessa stentava a dare un senso al proprio comportamento.

“Perdonami.” Quell’unica parola pronunciata a fatica rimase sospesa a mezz’aria. “Buonanotte Benji” disse con voce strozzata, prima di correre su per le scale.

“Buonanotte” rispose lui, troppo piano per essere udito.

 

Si fermò solo dopo essersi chiusa la porta della stanza alle spalle. Riprese fiato. Le sembrava di trovarsi di fronte un’altra sé stessa, non riusciva a riconoscersi in quegli occhi estranei che la fissavano.

Andò in bagno, si spogliò come un automa.

La sensazione dell’acqua fresca sul viso risvegliò i suoi sensi intorpiditi, liberandola dallo stato di trance in cui era scivolata. Prese un telo di spugna e si asciugò, tornando a guardarsi allo specchio. Le guance arrossate, lo sguardo spiritato e carico di quella luce al contempo sconosciuta e così familiare. Cosa le stava accadendo? Si diresse a passi lenti verso il letto e cercò conforto fra le morbide coperte.

Benji era stato in grado di smuovere qualcosa in lei, di sondare le sue profondità, anche solo per pochi istanti. Respingerlo le era sembrata l’unica via di fuga alle sue paure, affiorate in superficie in modo del tutto inaspettato. Eppure voleva quel bacio quanto lui. Se non fosse stato per il senso di auto conservazione così radicato in lei, si troverebbe nuda nella stanza a fianco.

Tirò il lenzuolo quasi a coprirsi la faccia. Nel buio della camera, immagini dal passato sfilarono in un caleidoscopio confuso di dolore. Da tempo aveva difficoltà ad affrontare un normale rapporto sentimentale, senza contare la discriminante delle dimensioni parallele.

Si girò nel letto più volte, tenendo gli occhi ben chiusi nella speranza di addormentarsi. Proprio quando Morfeo sembrava sul punto di prenderla a compassione, un pensiero le attraversò la mente. Se l’indomani fosse tornata nel suo mondo, Benji sarebbe rimasto solo con i suoi dubbi. Si sarebbe interrogato sulla sua sparizione, attribuendosi ingiustamente ogni colpa.

Non se lo sarebbe mai perdonato. Doveva parlargli.

Uscì dal letto, infilò i piedi nelle pantofole e aprì la porta della sua camera. Affacciò la testa nel corridoio, dove tutto era calmo e silenzioso. Le gambe tremanti, immise aria nei polmoni per darsi coraggio.

In pochi passi fu davanti alla porta di Benji. Accostò l’orecchio al pesante massello ma non udì nulla. Con ogni probabilità dormiva da un pezzo.

Le farfalle si agitarono frenetiche nel suo stomaco, tradendo un’agitazione ai limiti del controllo. Avrebbe voluto voltarsi e tornare da dove era venuta, ma i suoi piedi sembravano incollati al suolo. Perché era così difficile? Doveva solo parlare. Solo affrontare lo sguardo perplesso di Benji. Solo dargli un’ulteriore prova di squilibrio mentale. Bagatelle.

Alzò il pugno per bussare ma lo riabbassò subito. Fece dietro front una, due volte, per ritrovarsi al punto di partenza.

Non poteva andarsene. Chiuse gli occhi, sentì la gola serrarsi e bussò. In realtà sfiorò a malapena la porta, ma era già qualcosa.

Nessuna risposta.

Senza pensarci troppo posò una mano sulla maniglia e spinse verso il basso, accompagnata da un orrendo cigolio. Si fermò, tesa come l’elastico di una fionda carica.

Silenzio.

Aprì la porta quel tanto che le permise di scivolare all’interno della camera. Era immersa in un buio pesto, e se anche Benji fosse stato nudo non avrebbe potuto vedere granché. Un motivo in meno dei centomila per cui provare imbarazzo.

Aguzzò le orecchie alla ricerca di un suono che tradisse la presenza del ragazzo.

Nulla.

Era entrata in quella stanza solo una volta e ricordava che il letto si trovava sulla sinistra. Fece un paio di passi in avanti, tenendo le braccia tese per evitare di andare a sbattere contro qualche mobile.

“Benji” chiamò piano, ma fu subito interrotta da una figura imponente che l’assaliva da dietro.

“Che ci fai qui?” esclamò il ragazzo non appena l’ebbe riconosciuta. Imprecò qualcosa di indistinguibile tra le labbra e la lasciò andare.

Per un attimo Myriam pensò che il cuore avesse abbandonato il suo corpo. Si portò le mani al petto, appoggiandosi alla parete per non cadere.

“Pensavo fosse un ladro” la rimproverò Benji mentre accendeva la lampada sul comodino.

La ragazza strizzò gli occhi per abituarsi alla luce. “Scusami, non volevo spaventarti.”

Non l’aveva mai visto in pigiama o, per l’esattezza, in boxer e maglietta. Distolse lo sguardo, dimentica di essere vestita nello stesso identico modo.

“Cos’è successo?” le chiese, più calmo. Si mise a sedere sul letto e batté il palmo della mano sul posto vuoto accanto a sé, invitandola ad avvicinarsi.

Myriam obbedì docilmente. Doveva crederla pazza. Difficile dargli torto.

“Sei solita aggirarti per le camere di notte? Se l’avessi saputo avrei fatto in modo di trarne vantaggio.

La ragazza sentì un calore familiare salirle alle guance, mentre Benji tratteneva a stento un sorriso divertito. Come poteva scherzare quando lei lo aveva respinto senza una spiegazione? Non meritava tanta indulgenza.

“Prima sono scappata” esordì facendosi coraggio, le lunghe dita delle mani attorcigliate tra loro. “So che può sembrare tutto molto strano” proseguì mentre Benji la osservava in silenzio, “ma ci sono alcune cose che rendono la situazione più complicata di quanto non sembri.”

Il ragazzo le posò delicatamente due dita sotto il mento, alzandole il viso di modo da incrociare il suo sguardo. Per un lungo istante quegli occhi scuri furono l’unica cosa al mondo di cui le importasse davvero.

“Non c’è motivo di aver paura.” La sua voce, roca per il sonno, suonò involontariamente seducente.

Myriam smise di respirare. Poche, semplici parole. Che male c’era a credergli, non fosse che per una notte?

“Ti andrebbe di dormire insieme?” suggerì con disarmante semplicità.

Benji continuò a fissarla, un’espressione maliziosa in volto. “Non temi che possa approfittarne?”

La ragazza sentì la tensione allentarsi insieme ai muscoli del suo corpo, e i battiti del suo cuore tornare alla normalità. “Mi fido di te” rispose a tono, ritrovando un pizzico di sicurezza in sé stessa.

Benji le diede un buffetto sul naso, prima di invitarla ad alzarsi e spostando le coperte di lato. “Non darei tanto per scontato il mio senso di cavalleria, sei nella tana del lupo ormai.”

Myriam rise fra sé mentre si infilava nel letto ancora tiepido. Benji la seguì e le circondò le spalle con un braccio. Posò la testa sul suo petto e lui le premé la guancia sui capelli.

Inspirò profondamente, avvolta nel suo profumo, mentre lui si arrotolava con fare distratto alcune ciocche tra le dita. “Sei molto comodo” scherzò, un lampo birichino negli occhi.

Benji le fece l’occhiolino, allungandosi per spegnere la luce. “A questo servono i duri allenamenti ai quali mi sottopongo ogni giorno.”

Un sorriso carico di dolcezza curvò le labbra della ragazza. Si concentrò su quella sensazione di perfetta felicità, accogliendola dentro di sé quale un raggio di sole che piano piano compare in mezzo alle nuvole.

Rimasero in silenzio per qualche minuto, lasciando che i loro respiri prendessero lo stesso ritmo.

“Hai sempre i piedi così freddi?” domandò lui all’improvviso.

Imbarazzata, Myriam li allontanò di scatto. “Scusami, ho una pessima circolazione. Nemmeno la punta del mio naso si scalda mai.

“Ottimo” la prese in giro tenendola stretta. “Se avessi saputo che eri così...

“Cosa?” lo apostrofò lei fingendosi offesa. “Cosa avresti fatto?”

Benji la abbracciò, facendola rotolare sotto di sé. “Non avrei fatto nulla. Mi piaci così come sei.” Le stampò un allegro bacio sulle labbra e si scostò di lato. “Sogni d’oro” aggiunse in un sussurro.

“Anche tu mi piaci Price” rispose lei riprendendo la sua posizione iniziale.

Cercò di ricordare l’ultima volta che si era sentita così, coccolata e al sicuro, contro ogni razionale aspettativa. Sentì le palpebre pesanti e la vista che si affievoliva. Scivolò in un sonno profondo prima di trovare una risposta.

 

Fine prima parte

 

 

¨ ¨ ¨

 

Cast della FF

Cliccate sui link sottostanti e si aprirà una finestra con le immagini dei personaggi principali, in ordine di apparizione nella FF:

 

Myriam

Benji

Patty

Susie

Holly

Tom

Bruce

Jennifer

Mark

 

 

 

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Capitolo 10
*** Parte II - Capitolo 10 ***


10

10

 

Myriam

 

Avevo più caldo del solito. Una strana sensazione, atmosfere familiari... dove mi trovavo? Le pareti della mia camera si stagliarono inconfondibili nella penombra. Scattai a sedere sul letto, stropicciandomi gli occhi per fugare ogni dubbio residuo. Ero di nuovo a Roma.

Infilai la testa sotto le coperte, assalita da un vago senso di panico. Sapevo che potesse succedere da un momento all’altro, ma in cuor mio speravo il più tardi possibile. Era davvero tutto finito? Mi sentii come un bambino a cui il vento ha soffiato via l’ultimo palloncino.

Tirai un profondo respiro e decisi di alzarmi. Che giorno era? Guardai la sveglia elettronica poggiata sulla scrivania. Domenica. Avevo guadagnato un mese di emozioni e perso uno qualunque della mia vita di sempre.

L’orologio segnava le dieci e mezza. Infilai il morbido accappatoio di cotone dirigendomi verso la finestra. Benji si sarebbe svegliato solo nel suo letto?

Sentii il respiro mancare e mi misi a sedere. Qualcosa di soffice mi accarezzò la gamba. La mia gattina. Sorrisi alla vista della piccola soriana tigrata e la presi in braccio.

“Angelica” mormorai. Fino a quel momento non mi ero resa conto di quanto mi fosse mancata. Con un sonoro miao la micia si divincolò e sparì sotto la trapunta. “Dove scappi?” dissi mentre la inseguivo, chiudendo in un cassetto la tristezza che si era impadronita di me.

Avrei ripreso il solito tran tran quotidiano. Per fortuna era un giorno festivo, non avrei sopportato l’idea di prepararmi e uscire come se niente fosse. Le mura del mio appartamento mi avrebbero fatto da scudo verso il mondo esterno, almeno fino all’indomani. Il tempo di ritrovare una parvenza di equilibrio mentale.

Mi sentivo stanca e demoralizzata. L’idea che esistessero altri mondi oltre al mio, che Benji vivesse in uno di questi, mi avrebbe tormentata per sempre? Sentii gli occhi riempirsi di lacrime e cedetti alla tentazione di sdraiarmi nuovamente, raggomitolandomi sotto la trapunta.

Inspirai lentamente e chiusi gli occhi. Forse il peso che sentivo sul cuore sarebbe diminuito con il tempo. Forse si era trattato di un sogno bellissimo, che rendeva misera e solitaria la vita che fino a poco tempo prima avevo amato.

Affondai il viso nel cuscino e fui scossa da un singhiozzo, seguito da un altro, più acuto e profondo. Mi girai nel letto, invocando un silenzioso aiuto a cui non seguì risposta.

Dopo un tempo che mi sembrò infinito, persi coscienza di ciò che mi circondava e le mie membra si rilassarono un poco. Sentivo gli occhi gonfi e la mente ovattata. Volevo solo dimenticare, rifuggire quel senso di inquietudine che mi stringeva la gola.

Le lenzuola si mossero. Istintivamente allungai una mano, urtando qualcosa di voluminoso.

“Ma cosa...”

Mi voltai nella penombra. Benji. Nel mio letto.

Stavo sognando! O sto sognando ora?

In preda alla confusione, mi alzai su un gomito e guardandomi intorno riconobbi la sua camera. Ero io a trovarmi nel suo letto, non il contrario. Eppure prima mi era sembrato tutto così reale. Stavo forse impazzendo?

Ignaro delle mie giravolte emotive, lui dormiva tranquillo.

Mi venne quasi da ridere per il sollievo. Gli scostai una ciocca di capelli dal viso, provando tenerezza per quell’innocente abbandono.

“Benji?” sussurrai. “Dormi?” Una domanda stupida, ma dovevo assicurarmi che non fosse solo frutto della mia fantasia.

Per tutta risposta, il suo braccio mi circondò la vita attirandomi a sé. “Uhm...” biascicò, le labbra nei miei capelli.

Immobile, inspirai a fondo il suo odore per imprimerlo nella memoria. “Benji” ripetei piano, allungando le dita sul suo fianco sinistro. Forse soffriva il solletico, mi chiesi divertita.

Notai con disappunto la sua totale assenza di reazione. Visto il personaggio, c’era poco da stupirsi. “Capitano Price” insistei con il chiaro proposito di smuoverlo dal letargo in cui sembrava immerso.

“Ogni uomo sogna un risveglio come questo.”.

Sorrisi, incrociando due occhi neri nei quali spiccava una punta di divertimento.

“Ti costava tanto lasciarmi dormire?” Di nuovo quella voce roca e sensuale.

Birichina, annuii con un gesto del capo. Sarei mai riuscita a confessargli che in un altro mondo era solo un fumetto? Il tamburellare del mio cuore tradì la consapevolezza appena acquisita. Non potevo rinunciare a quello sguardo.

“Quasi quasi mi vendico” proseguì, serio in volto. Fece scivolare le mani lungo la mia schiena, fermandosi all’altezza della vita.

Chiusi gli occhi, sentendo un calore familiare irradiarsi in tutto il corpo. Piccoli brividi percorsero la mia pelle e le preoccupazioni che offuscavano i miei pensieri si dissolsero come per magia.

“Smettila immediatamente!” urlai un istante dopo, mentre Benji mi bloccava sotto di sé facendomi il solletico. “Ti prego, lasciami andare!” supplicai in preda alle convulsioni.

“Così impari” mi rimbeccò soddisfatto, mentre cercavo di riprendere fiato asciugandomi le lacrime con le dita. Si avvicinò nuovamente e il suo respiro caldo mi sfiorò le mie labbra. “Mi auguro che la prossima volta che mi pregherai, sarà perché io continui” aggiunse con sguardo eloquente.

Sentii le guance avvampare, arrossendo fino alla radice dei capelli. Cercai di ricompormi mentre lui si alzava, infilando sopra i boxer i pantaloni di una vecchia tuta.

“Ho fame” disse aprendo la porta e scomparendo nel corridoio.

Fissai per un attimo il posto vuoto accanto a me. Si era forse arrabbiato? Trovai l’idea di un’abbondante colazione improvvisamente allettante. Senza soffermarmi troppo sulla sua reazione, tornai nella mia stanza per mettere un paio di jeans e una felpa.

La mia camera era come l’avevo lasciata, in ordine e pulita. Ciononostante, non riuscivo a togliermi dalla mente il sogno di quella notte.

Se fosse un segno?

Mentre scendevo le scale, un delizioso profumo raggiunse le mie narici. Mi fermai per un attimo all’ingresso della cucina. Seduto al bancone su un alto sgabello, Benji sfogliava tranquillamente il giornale. Sembrava un ragazzo qualunque. Non un grande campione, né tanto meno un personaggio della fantasia.

“Oggi avrai l’onore di assaggiare lo strudel di Emma,” disse mentre il timer del forno mi distoglieva dai miei pensieri.

Lo osservai in silenzio aprire l’imponente forno in inox ed estrarre la teglia con estrema naturalezza. Nonostante l’abbigliamento trasandato, i suoi movimenti morbidi tradivano un’agilità fuori dal comune.

Un attraente ragazzo qualunque, riformulai mentalmente cercando di rimanere impassibile. “Ti muovi bene in cucina.”

“Le mie fan sostengono che io sia un uomo da sposare” scherzò, prendendo un coltello affilato e dividendo il tipico dolce austriaco in minuscole parti uguali.

“Aspetti ospiti per colazione?” domandai, ricevendo di rimando uno sguardo interrogativo. Indicai con un dito le piccole fette.

“Non aspetto nessuno, in questo modo il ripieno non cade di lato quando lo addenti.”

Scossi il capo con una risatina. “La Germania ha avuto una pessima influenza su di te.”

Mi fece l’occhiolino, accompagnato da uno dei sorrisi che preferivo. “Non dirlo a nessuno però.”

 

Pochi minuti dopo, nel piatto erano rimaste solo le briciole. Ci dirigemmo in salotto, dove regnava la tipica calma da domenica mattina. Con il suo giornale in mano, Benji prese posto su un divano e, avvicinato un comodo pouf, vi allungò sopra le gambe.

“Cosa farai domani?” domandò mentre mi sedevo accanto a lui. “I tuoi colleghi ti avranno data per dispersa”.

Trattenni il respiro. “Devo sentire a che punto sono” mentii, sentendo la bocca dello stomaco chiudersi in uno spasmo.

“Spero che tu non debba rientrare subito in Italia.”

“Lo spero anch’io” risposi in un soffio. “Che ne dici di andare al cinema questo pomeriggio?” proposi distogliendo lo sguardo e cambiando argomento.

“Volentieri, se non ti spaventa l’idea di vedermi in versione incognito.”

Dimentica per un attimo del mio imbarazzo, lo guardai incuriosita.

“Zuccotto calato sulla fronte, sciarpa e occhiali scuri. Una sorta di maniaco insomma” precisò, riprendendo la sua lettura. “Ieri ho avuto la mia dose di giornalisti, direi che può bastare.”

Mi alzai ridendo, grata per quel diversivo. “Meglio che mi camuffi anch’io allora, così chiamano subito la polizia.”

Benji tornò a guardarmi. “Perché? Sono bellissimo anche vestito da maniaco.”

“Si, certo.”

Posò il giornale sul divano e mi si parò di fronte. “Piccola peste” disse abbassandosi e caricandomi su una spalla, senza darmi modo di reagire.

“Price, non sei normale!” esclamai battendogli i pugni sulla schiena.

“E tu hai un fondoschiena delizioso” mi canzonò con un’allegra sculacciata.

Fummo interrotti da un trillo di cellulare. “Credo sia il mio” disse Benji rimettendomi a terra e tastandosi le tasche dei pantaloni.

Approfittai della sua distrazione per osservarlo con cautela. Indugiai per un attimo sulla linea della sua mascella, perdendo gran parte della conversazione. Chissà cosa pensava della notte trascorsa insieme. Avrei voluto accarezzargli una guancia, chiedergli come si sentisse. Il suo comportamento non lasciava trasparire nulla che non fosse scherzosa amicizia.

“Volevi andare al cinema?” disse improvvisamente riportandomi alla realtà. “Siamo stati invitati alla prima di Twilight (13).”

Gli lanciai un’occhiata stupita. “Twilight il film sui vampiri?”

Benji annuì con aria interrogativa. “Credo di sì. Ma non erano passati di moda?”

“Le storie d’amore non passano mai di moda” ribattei, inarcando un sopracciglio. Possibile che il film fosse in uscita anche lì? Si trattava davvero di un caso interplanetario.

Per tutta risposta una lieve smorfia gli si disegnò sulle labbra. “Storia d’amore? Vuoi dirmi che, in un colpo solo, ho vinto una sessione extra con la stampa e una commedia sentimentale fantasy?”

“Temo di sì capitano. A quanto ne so, i protagonisti sono due adolescenti innamorati e contrastati, in stile Romeo e Giulietta.”

Accolse la notizia con un sospiro divertito. “Prima di accettare, la prossima volta chiederò maggiori delucidazioni al mio addetto stampa.”

 “Vedrai che ci divertiremo” lo rassicurai prendendolo a braccetto, un sorriso nella voce.

 

Qualche ora dopo parcheggiammo in un multipiano dove ci attendeva una lussuosa limousine nera.

“Non avevi detto che il cinema era qua vicino?” chiesi un poco disorientata. Per tutto il pomeriggio Benji era stato l’emblema stesso della calma e della tranquillità, mentre io non stavo nella pelle all’idea della serata che ci attendeva. Il ricordo del mio sogno affiorò per un breve istante in superficie, ma lo ricacciai indietro senza troppi complimenti.

“In effetti si trova a poche centinaia di metri” rispose lasciandomi il passo mentre l’autista ci apriva la portiera, “ma non possiamo arrivare a piedi.”

Non impiegai molto per capire cosa intendeva. Un paio di minuti e le luci della città esplosero intorno a noi. Attraverso i finestrini scuri potemmo ammirare gli schermi multicolori sui quali si alternavano messaggi pubblicitari, foto di modelle e videoclip ispirati al film.

“Sembra di essere agli oscar” pensai ad alta voce, mentre si avvicinavamo al bagno di folla. “Non che ci sia mai stata” aggiunsi mordendomi il labbro inferiore.

Quella mattina mi ero svegliata convinta di essere tornata a casa e ora mi trovavo in abito lungo, seduta accanto a Benji su un sedile in pelle dalle dimensioni imbarazzanti.

La macchina accostò lentamente ai cordoni di sicurezza e le urla aumentarono, non potendo i fan vedere chi si trovasse all’interno dell’abitacolo.

La sua mano coprì la mia in una stretta rassicurante. “Sorridi e andrà tutto benissimo.”

La portiera si aprì su un lungo tappeto rosso e uno scenario che mi tolse il fiato. Star che firmavano autografi, giornalisti, il vociare del pubblico. Tutto in perfetto stile hollywoodiano.

Scendemmo cercando di non rimanere accecati dai flash. Pochi istanti dopo, da una seconda limousine sbarcarono i due protagonisti e nessuno fece più caso a noi. Centinaia di ragazzine andarono in visibilio, invocando i loro beniamini a pieni polmoni.

Presi Benji per un braccio. “Se fossi stato un palo della luce ti avrebbe dedicato più attenzione” non potei resistere alla tentazione di sussurrarli all’orecchio.

Mi guardò in silenzio per un attimo e scoppiò a ridere. “Dovrei portarmi quel tipo in giro, sembra un ottimo diversivo.”

Sono così giovani, notai osservando la coppia di ragazzi con maggiore attenzione. Poco più che adolescenti, Kristen Stewart e Robert Pattinson si guardavano intorno emozionati. Non sembravano preparati a tanto clamore.

Benji interruppe il filo dei miei pensieri facendomi accelerare il passo. Senza che quasi ce ne accorgessimo, i fotografi ci avevano circondati e quella overdose di pubblicità era del tutto superflua. Le mie foto con Tom risalivano a poche settimane prima e non era il caso di incentivare le illazioni dei giornali scandalistici.

Alcuni responsabili della sicurezza ci indicarono l’ingresso per poi ignorarci, distratti dal continuo flusso di arrivi.

A dispetto delle dimensioni imponenti il cinema era stracolmo. Dopo una rapida occhiata ai nostri inviti, una hostess ci accompagnò a una fila situata a pochi metri dal cast, le cui poltrone recavano incisi i nomi in eleganti caratteri dorati.

Dal mio posto potei guardarmi intorno, ammirando le eleganti signore accorse alla prima. Sempre più surreale, pensai nell’istante in cui attori e regista facevano il loro ingresso accolti da un applauso scrosciante.

Sapevo poco della trama del film, tratto da un bestseller americano per teenager che sembrava aver rivoluzionato l’idea del mondo sui vampiri. Una frase della campagna pubblicitaria mi era però rimasta impressa.

Se potessi vivere per sempre, per cosa vivresti davvero?

Le luci in sala si abbassarono fino a spegnersi del tutto.

 

* * *

 

Atmosfere opache e rarefatte. Pioggia.

Calore. Tentazione.

Edward e Bella. Un vampiro, una ragazza. Due anime in lotta contro istinti primordiali, un amore contrastato dalla natura stessa.

Un brivido mi corse su per la schiena. Protetta dalla penombra, lanciai uno sguardo fugace verso Benji, seduto alla mia destra.

Anche noi apparteniamo a due mondi differenti.

Per quanto chiaro sin dal primo istante vissuto insieme quel concetto prese improvvisamente forma, unito al ricordo di quella mattina, penetrando i miei pensieri come una lama. Sentii un grande vuoto farsi largo dentro di me. Suoni e immagini si affievolirono, assorbiti da un silenzio che cancellava ogni cosa.

Lo amo.

Il mio cuore smise per un attimo di battere, prima di accelerare con un balzo e ricadere su se stesso.  Un tantino ammaccato si rialzò, cercando di ricomporsi, prese fiato e ripeté: Lo amo. Potei quasi udirne la voce, limpida e risoluta. Provai una strana sensazione di sdoppiamento, la mia mente uscì per un attimo dal mio corpo, si voltò con aria stupita e fronteggiando il mio cuore gli domandò: Lo ami?

, rispose lui con semplicità.

La mia mente non poté trattenersi dal replicare, con un’ombra di sarcasmo: Sul serio? E da quando?

Conoscevo già la risposta: da quando ci eravamo baciati la sera del mio arrivo. Nonostante sapessi, come Edward nel film, di non avere il diritto di innamorarmi.

Quel pensiero echeggiò nella mia mente, lasciandomi senza fiato. Quanto ancora avrei potuto nascondere la verità? Per quanto ancora il ciondolo che portavo al collo si sarebbe accontentato di tenermi discretamente compagnia?

Il mondo sembrò rallentare fino a fermarsi, tutto si fece sfocato. Un volo senza paracadute.

Le luci si accesero all’improvviso obbligandomi a strizzare gli occhi. Frastornata ripresi a respirare, come di ritorno da una lunga apnea.

Applausi, grida di congratulazioni, ancora applausi. Alle nostre spalle i due personaggi del film sorridevano soddisfatti, in carne e ossa, a due passi da noi.

“Tutto ok?”

Mi voltai di scatto. Benji mi osservava preoccupato.

Impiegai un secondo più del dovuto per rispondere. “S...sì” assicurai in un tremolio involontario.

Benji non sembrò convinto. “Sicura?”

Deglutii, cercando di focalizzare la mia mente su un pensiero razionale. Erano solo attori su pellicola, tutta finzione ed effetti speciali.

“Sei pallidissima” insisté.

La nota di apprensione che avvertii nella sua voce ebbe il potere di riportarmi alla realtà. Sentii le guance riprendere colore e trovai persino la forza di sorridere.

“Grazie Benji, sto bene.”

“La vista del sangue non ti fa un bell’effetto” scherzò lui sollevato. Mi cinse la vita con delicatezza, cercando di farsi strada verso l’uscita. “Immagino tu non abbia fame, forse è meglio se torniamo a casa.”

Annuii con un debole cenno del capo. Stargli vicino rendeva difficile formulare pensieri coerenti. Ora più che mai.

 

 

Note:

(13) Presumo sia superfluo descrivere la trama di Twilight, ma non si sa mai^^

Dunque, dunque: Bella Swan (Kristen Stewart) è una ragazza semplice e introversa, riflessiva e sognatrice. La sua vita cambia radicalmente quando si trasferisce dalla calda Phoenix alla fredda e piovosa Forks, una cittadina del nord ovest degli Stati Uniti dove vive il padre poliziotto. Qui incontra nuovi amici e conosce l’enigmatico e misterioso Edward Cullen (Robert Pattinson). Tra i due si sviluppa una singolare amicizia che ben presto si tramuta in una irresistibile attrazione. Bella non può fare a meno di lui, e nemmeno la scoperta della sua segreta natura di vampiro immortale riesce a dissuaderla.

Diciottenne dal 1918, Edward scopre in Bella ciò che aspettava da sempre: l’anima gemella. La passione tra i due giovani si sviluppa in un precario equilibrio tra la vita e la morte. Edward, combattuto tra l’amore che sente crescere in sé e la sete accecante per il sangue della ragazza. Bella, irresistibilmente attratta da lui e pronta ad abbandonare le sue vesti umane pur di potergli vivere per sempre accanto.

 

 

¨ ¨ ¨

 

Cast della FF

Cliccate sui link sottostanti e si aprirà una finestra con le immagini dei personaggi principali, in ordine di apparizione nella FF:

 

Myriam

Benji

Patty

Susie

Holly

Tom

Bruce

Jennifer

Mark

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** Parte II - Capitolo 11 ***


11

11

 

Benji

 

Il sole era restio ad affacciarsi al nuovo giorno, e l’alito caldo e cadenzato dall’incedere dei miei passi si trasformava subito in leggera brina. Correvo ormai da un’ora senza accusare stanchezza, una strana energia sembrava essersi impadronita del mio corpo. Vivevo in perenne movimento, cercando di concentrarmi solo sulla partita imminente. Qualunque cosa pur di non fermarmi a pensare.

Scorsi in lontananza la familiare gradinata che aveva accompagnato i miei allenamenti di gioventù. Salii i gradini due a due, arrivando in cima in pochi minuti. Mi fermai. Fugisawa era ancora immersa nel sonno.

Piegai il corpo in avanti, toccando con la punta delle dita il suolo di fronte a me. Ci vuole un po’ di stretching, pensai. Sentivo i muscoli delle gambe tirare.

Emisi un profondo respiro e rialzai la testa, passandomi una mano fra i capelli scompigliati dal sudore. Da tempo non mi sentivo così inquieto.

Avevo perso il conto delle fidanzate, vere e presunte, che mi erano state attribuite da quando avevo fatto il mio ingresso nell’olimpo del calcio. I giornali scandalistici di mezzo mondo avevano speculato per anni sulla mia sfera personale. Ragazze bellissime, eleganti, ero in grado di elencarle tutte? Ad essere sincero ricordavo a malapena i loro nomi.

Poi è arrivata Nathalie.

Provai una fitta di rabbia, acuita dal fatto che mi credevo ormai immune a quel ricordo. Perché era tanto difficile dimenticare quella sera?

Avevo maledetto per mesi la settimana della moda a Parigi. Tom mi aveva trascinato a forza e ci eravamo messi nei guai. Prima Nathalie, poi Gisèle. Eravamo ragazzi semplici, lo star system non faceva per noi. Tutte quelle luci... difficile resistere. Nathalie era così seducente, il suo spirito libero di fotografa affermata mi aveva fatto perdere la testa.

Nessun lieto fine ci attendeva al traguardo, la sciocca proposta di matrimonio organizzata con la complicità di Schneider era fallita miseramente. Cosa mi era passato per la testa? Far aprire una gioielleria nel cuore della notte e portarcela con un diversivo? Il tutto per farle scegliere un anello? Dovevo essere impazzito.

Di fronte al suo rifiuto imbarazzato avevo provato uno strano senso di calma. In fondo si trattava solo di una sillaba. Cos’è un semplice no? Non è nulla. Aveva persino seguito un educato grazie. Anziché proporle di sposarmi sembrava le avessi offerto un dolce calorico. Lei era sempre a dieta, tutte lo erano.

In conclusione? Non potendo spazzar via dalla terra lei e l’intero universo femminile, mi ero giurato di non cedere mai più.

Mai più e per nessun motivo.

Avevo chiuso con la trappola dei sentimenti. Meglio qualche avventura di passaggio di stampo meramente fisico, per ingannare tempo e noia.

Ci si può fidare solo dei veri amici.

A ventotto anni il cinismo mi calzava già a pennello.

Tutto mi sarei aspettato tranne l’incontro con Myriam, sconvolgente nella sua casualità. L’avrei notata in condizioni normali? Una donna in carriera come tante, tailleur pantaloni grigio scuro e ventiquattrore a tracolla, fredda e indifferente ai piaceri della vita. Probabilmente no. Anzi, ne ero certo.

Eppure, mentre la soccorrevo, un sentimento che credevo sepolto da tempo si era fatto strada in me. L’istinto di protezione per una donna preda di umana debolezza.

Tutti si erano chiesti cosa le fosse accaduto. L’avevo sollevata fra le braccia e raggiunto rapidamente l’infermeria. Mi ero persino affrettato a rispedire a casa i ragazzi non appena il medico ci aveva tranquillizzati.

Perché volevo stare solo con lei? Perché non vedevo l’ora che si svegliasse?

Nell’orizzonte grigio degli ultimi anni, quella nota di colore mi aveva colpito in modo insolito. Nel mio personale elenco di priorità, l’amore a prima vista arrivava dopo la marmellata di fragole e subito prima dei film di Woody Allen. Ciononostante, senza quasi che me ne rendessi conto, i lineamenti innocenti di quella sconosciuta si erano insinuati in me, arrivando dritti al cuore. Volevo vederla sorridere, conoscere il colore dei suoi occhi.

Occhi color ambra, sospirai evocandoli nella mia mente.

Uno sguardo all’esile mano sinistra abbandonata sul lettino mi aveva rivelato l’assenza di legami importanti.

Mi sarei comportato diversamente se avesse portato la fede o un anello di fidanzamento? Chissà.

Finalmente aveva ripreso i sensi e, dopo i primi istanti di smarrimento, si era affidata a me senza porre limiti né condizioni.

Illogico e avventato, le ho offerto ospitalità. Più folle ancora, lei ha accettato.

Una ragazza misteriosa, che sembrava non avere famiglia né amici. Qualcosa continuava a sfuggirmi.

 

Una folata di vento mi raggiunse in pieno viso, distogliendomi per un attimo dai miei pensieri. Inspirai profondamente e l’aria fredda mi riempì i polmoni. Avrei continuato ad allenarmi per ore, pur di sfuggire a quel senso di inquietudine così nuovo per me. Era bastato un mese perché la mia rassicurante quotidianità venisse stravolta da capo a piedi.  

Il ricordo del nostro primo vero bacio mi perseguitava. Il suo corpo slanciato e femminile si era adattato perfettamente al mio. I fianchi morbidi, la vita sottile, le lunghe gambe, tutto di lei sembrava vibrare di attrazione e sensualità.

L’avrei trascinata con me sul pavimento se solo non mi avesse fermato.

Tanti interrogativi si alternavano nella mia mente. Perché mi aveva respinto, fuggendo senza dare spiegazioni? Il tutto per tornare sui suoi passi e propormi di dormire con lei. Superato lo sgomento iniziale, ero stato felice di assaporare quell’intimità ormai dimenticata.

Ridacchiai al ricordo dell’imbarazzo provato la mattina seguente. Lungi dal volerle forzare la mano era difficile averla accanto, mezza nuda nel letto, senza desiderarla. L’unica via di uscita era stato allontanarmi in maniera quasi brusca. E lei sembrava non aver notato nulla.

Come se non bastasse, la sera della prima di Twilight si era trincerata in un mutismo inspiegabile.

Cosa non darei per poter leggere nei suoi pensieri come il vampiro del film.

Mi allungai in avanti una seconda volta, cercando di liberare la mente. Vano tentativo. Il suo viso cereo a fine proiezione continuava a tormentarmi. Un altro attacco di panico? La storia non presentava aspetti scioccanti, né particolarmente violenti. Doveva trattarsi di altro.

Invece di insistere per andare al party organizzato dalla produzione si era quasi precipitata in macchina, il tragitto di ritorno era stato un alternarsi di silenzi imbarazzati e commenti superficiali sul film.

Avrò detto o fatto qualcosa di sbagliato. Non riesco a capire.

Il casto bacio della buonanotte non era stato di aiuto alla mia volontà ormai ridotta a uno straccio. Ero ossessionato dal desiderio di stringerla a me, accarezzare i suoi capelli, respirarne il profumo.

Invece sono rimasta fermo in mezzo al corridoio come un idiota. Forse si aspettava che facessi qualcosa di più. O forse no. Quella ragazza ha il potere di confondermi. Devo fare qualcosa.

Mi rialzai e ripresi a correre.

 

“Buongiorno capitano” mi accolse sorridendo mentre varcavo la porta di casa.

Anche lei in tuta, mi porse istintivamente il piccolo asciugamano di spugna che aveva sulle spalle. Lo accettai con gratitudine, passandolo sul collo in un gesto automatico. Era asciutto e sapeva ancora di ammorbidente.

Forse stava per uscire pensai, notando con dispiacere che due profonde occhiaie le cerchiavano gli occhi. Il sonno sembrava rifuggire entrambi.

“Buongiorno” risposi infine abbassando lo sguardo. Un vano tentativo di ignorare le sue labbra, che spiccavano nel pallore come una goccia di sangue sulla neve.

Non posso continuare così.

“Facciamo colazione insieme?” domandò lei togliendosi il berretto rosso che l’accompagnava ormai sempre più spesso. Vederglielo indosso mi rendeva fiero e possessivo, quasi si trattasse di un marchio impresso con ferro rovente. Per tutta risposta la precedetti in cucina.

Non riuscivo più a essere me stesso e la cosa mi mandava su tutte le furie. Da sempre abituato a controllare ogni minimo dettaglio della mia vita, oscillavo tra desideri contrastanti. Mandare tutto al diavolo e tornare alla vita di sempre? Dubitavo di averne la forza. Spingere Myriam contro un muro e baciarla fino allo sfinimento? Sarei solo riuscito a spaventarla di più.

“Cappuccino con tanta schiuma spolverata di cacao” mi fece sussultare facendo scivolare sul bancone una tazza a forma di mucca. Gliela aveva regalata Jenny prima di partire, e il manico bianco e nero maculato mi strappò il primo sorriso della giornata.

“Grazie” risposi lanciandole un’occhiata distratta solo all’apparenza. Il suo volto tradiva un certo turbamento, come se fosse persa in chissà quali pensieri. Sembrava così... triste. Ricacciai indietro il desiderio di stringerla a me per darle conforto, sebbene non avessi idea di cosa la turbasse. “Sei andata a correre anche tu?” chiesi mentre ci sedevamo e le avvicinavo la scatola dei biscotti con la mano libera.

“Ho fatto due passi nel parco.” Sembrava svuotata, priva della grinta che l’aveva contraddistinta sin dal primo istante in cui i suoi occhi dorati avevano incrociato i miei. “Non immaginavo che fosse così grande, in primavera deve togliere il fiato.”

Andai con la memoria alla mia infanzia. Tanto spazio per un bambino solo, genitori sempre impegnati all’estero, nessun amico che mi venisse a trovare. Solo Freddy e pochi altri si erano soffermati sui ciliegi in fiore e le rose cresciute con cura da Emma.

“Questa sera partiremo per la Malesia” proseguii, cercando di infondere al tono di voce un’allegria che non provavo. “Patty e Susie verranno con noi e mi farebbe piacere se ci fossi anche tu.”

Notai che Myriam resisteva alla tentazione di guardare altrove. “Grazie per l’invito, vengo con piacere” rispose sostenendo a fatica il mio sguardo.

Cosa ti rende infelice?

Riuscii a stento a trattenere la domanda che tanto mi bruciava.

“Avremo bisogno di un grande tifo” dissi invece.

Dopo un attimo di esitazione, mi posò una mano sul braccio. Accolsi con finta indifferenza il brivido provocato da quel semplice contatto.

“Puoi contare su di me.”

La fissai per un attimo avvicinando il viso al suo, soppesando la sua reazione. Rigida e composta sullo sgabello, le sue pupille sembrarono dilatarsi. Aveva forse paura?

“Lo so” mormorai, prima di sfiorarle la fronte con le labbra.

 

* * *

 

“Bruce, nessuno ti ha detto che partiamo solo per due orni?” scherzò Susie mentre l’amico si trascinava dietro un pesante borsone.

“Potrei sempre incontrare la donna della mia vita” ribatté lui dirigendosi verso il bancone di accettazione. “Non voglio certo sfigurare.”

“Il nostro mister eleganza” intervenne Lenders, assestandogli una sonora pacca sulla spalla.

“Ciao Mark” salutò Myriam rivolta al ragazzo che non vedevano dalla sera del ballo.

Abbronzato e con l’aria rilassata, sembrava reduce più da un lungo soggiorno alle Maldive che da una settimana in Giappone.

“Come sta la mia damigella preferita? Ho visto le tue foto con Price alla prima di un film per ragazzini,” scherzò rivolgendomi un’occhiata eloquente. “Se me l’avesse chiesto, gli avrei consigliato un modo migliore per trascorrere il suo tempo con te.”

Decisi di ignorare la poco velata allusione, ma il sorriso forzato di Myriam non mi sfuggì. Presi con eccessiva forza i bagagli dal carrello per posarli sul nastro trasportatore del check-in. A un osservatore esterno potevamo sembrare una coppia qualunque in partenza per il fine settimana. Avevo voglia di urlare.

La mia attenzione fu improvvisamente catturata da due ragazze che, fra risatine complici e gomitate nel fianco, si erano avvicinate.

“Signor Price?”

Mi voltai, trovandomi di fronte una splendida brunetta sui vent’anni. Alta e snella, un manto di capelli corvini le ricadeva morbido lungo la schiena.

“Potrebbe farci un autografo?”

Quel plurale includeva una biondina dal volto simpatico. “Naturalmente” risposi prendendo la penna e il blocco che mi porgevano con malcelata euforia.

“Una fotografia sarebbe chiederle troppo?”

Senza nemmeno attendere la mia risposta, la ragazza mora mi si piantò accanto mentre l’amica impugnava un cellulare con fotocamera di ultima generazione.

Le passai con noncuranza un braccio sulle spalle. Così bella e non mi faceva il minimo effetto. La cosa si faceva sempre più preoccupante.

“Grazie Benji!” squittì allontanandosi, non prima di avermi schioccato un bacio sulla guancia.

Giovane e intraprendente, pensai divertito.

Volsi lo sguardo in direzione dei ragazzi che si erano allontanati. Myriam era con Mark e mi osservava con espressione indecifrabile.

Se solo ci fosse un modo per scuoterla dal suo torpore.

“Il solito fortunato” esclamò Bruce non appena li raggiunsi. “Ti capitano sempre quelle più carine, non finirò mai di chiedermi come tu ci riesca.”

Sorrisi all’idea di quanto fosse lontano dalla verità. “Non prendertela Bruce, se vuoi te le faccio conoscere.”

“Vi siete scambiati i numeri di telefono?” intervenne Myriam con voce asciutta. Continuava a fissarmi in modo strano. Sentii il cuore mancare un battito.

“Con lui tutto è possibile” scherzò Mark mentre si mettevano in fila al metal detector.

Senza dire nulla, tirai fuori dalla giacca un pezzo di carta colorata e lo sventolai davanti al viso di Harper. “Me lo hanno infilato in tasca pensando che non me ne accorgessi. Lo vuoi?”

Bruce spalancò gli occhi e me lo strappò di mano fingendo disinteresse. “In fondo potrei anche chiamarle, sono pur sempre il miglior difensore della nazionale.”

“Certo Harper, hanno dato il numero a Benji sperando che le chiamassi tu” lo canzonò Susie con dei leggeri colpetti sul capo.

Myriam sembrò ignorare l’allegro scambio di battute. “Si sta facendo tardi” fece notare al gruppo, evitando ostinatamente di incrociare il mio sguardo.

Strana reazione, pensai incuriosito. Lentamente il mio sopracciglio si inarcò, a metà fra stupore e divertimento. Era forse gelosa?

 

* * *

 

“Tieni, questa è la chiave della tua camera” le dissi qualche ora più tardi. L’avevo preceduta alla reception dell’albergo, sbrigando le formalità per entrambi mentre si attardava nella hall con Susie e Patty.

Il volo era stato molto piacevole. Ritrovare i compagni di squadra mi aveva aiutato a distrarmi. Due chiacchiere, un breve sonnellino e ora vedevo il mondo con occhi diversi.

Mi ringraziò, infilando la tesserina magnetica nella tasca posteriore dei pantaloni.

“È vicina a quella delle ragazze, un piano sotto il nostro.”

“Capisco” commentò lei dopo una pausa più lunga del necessario. “Dovete concentrarvi sulla partita, lontano da donne e distrazioni.”

La scrutai senza capire, facendomi distrarre per un attimo dalla piega delle sue labbra.

“Più o meno” risposi sforzandomi di fissarla negli occhi. Li trovai carichi di domande silenziose. Lo stesso sguardo incrociato all’uscita del cinema, la stessa espressione che aveva offuscato la mia vista per giorni.

Le sue guance si colorarono di un delizioso rossore ma non disse nulla.

“Se vuoi posso darti una mano con i bagagli.”

“Grazie, non preoccuparti” mormorò con tono formale. Prese il suo trolley per il manico, dirigendosi a passo svelto verso l’ascensore.

Il mio cuore fece un balzo. Non avevamo scambiato parola per tutto il viaggio, e avevo finito per credere che la reazione in aeroporto fosse stata frutto della mia immaginazione. Meglio contrariata che assente, pensai tenendole il passo.

Myriam mi guardò di sfuggita mentre aspettavamo che la cabina completasse la sua discesa. Sembrava nervosa. Cedetti alla tentazione di provocarla un po’.

“Se domani non ci fosse la partita ti inviterei a cena” dichiarai con noncuranza, mentre le porte dell’ascensore si aprivano.

Per poco Myriam non inciampò nella valigia. “A cena?” Più che una domanda suonò come un’esclamazione.

Trattenni a stento un sorriso. “Certo. Solo che domani devo alzarmi presto. Peccato.”

Una volta entrati premei in sequenza il pulsante 14 e poi il 15, ignorando deliberatamente il suo sguardo interrogativo, che percepivo come se mi stesse toccando. “Camera 1435, cerca di non perderti” la punzecchiai non appena arrivammo al piano, bloccando la cellula fotoelettrica con una gamba.

Myriam si girò verso di me. Mi avvicinai in modo da non toccarla, pur restandole vicinissimo.

“Buonanotte” mi salutò con una forte nota di indecisione nella voce.

“Buonanotte” mi limitai a rispondere facendo un passo indietro, mentre le porte dell’ascensore si chiudevano su di lei.

 

* * *

 

Impossibile rilassarsi. Gli effetti benefici della lunga doccia calda tardavano a farsi sentire. Myriam sembrava turbata, tutt’altro che indifferente al mio comportamento. Cosa la preoccupava? Sapevo che una domanda diretta non avrebbe sortito l’effetto sperato.

Irrequieto, mi girai nel letto. Volevo vederla. La immaginai nella sua stanza, in compagnia di un buon libro. Non era ragazza da discoteca. Più volte Susie aveva tentato, invano, di coinvolgerla nelle sue scorribande notturne.

Diedi un’occhiata alla sveglia: mancavano pochi minuti alle undici. Sul comodino era posata la busta che contavo di darle la mattina seguente.

Forse però... un’idea mi balenò nella mente. Balzai giù dal letto, infilando al volo un paio di jeans e le scarpe abbandonate sul pavimento.

Uscendo dalla camera vidi con sollievo che il corridoio e la rampa di scale erano deserti. Non avevo voglia di incontrare nessuno, né tantomeno di rispondere a domande indiscrete. Scesi di un piano e trovai velocemente la camera 35. Mi accinsi a bussare ma la mano rimase sospesa a mezz’aria.

Non era sola in stanza. La voce di un uomo si alternava alla sua in una conversazione di cui non riuscii a decifrare i contenuti.

Stavo per fare marcia indietro quando udii dei passi avvicinarsi dall’interno. Indietreggiai senza pensare, nascondendomi nell’ombra di un salottino. In quel momento l’ospite misterioso uscì, accompagnato da Myriam che rimase sull’uscio.

“Buonanotte Tom.” Quelle due semplici parole furono come un pugno nello stomaco. Mai si era rivolta a me con tale dolcezza. Non potevo vedere l’espressione dei suoi occhi, ma per un attimo pensai che avrei potuto strangolare il mio amico di sempre.

“Buonanotte My” fece lui di rimando, “sogni d’oro.”

Attesi immobile qualche minuto, respirando a fondo per mantenere il controllo. Quando avvertii che l’onda omicida si era ritirata, uscii dal mio nascondiglio improvvisato e bussai con più enfasi del necessario.

“Ti sei dimenticato qualcosa?” La domanda morì sulle labbra di lei non appena aprì la porta e mi vide.

Sentii il mio corpo diventare freddo come ghiaccio. Se cercavo una prova di colpevolezza, l’espressione atterrita sul suo volto era più che sufficiente. Qualcosa si incrinò dentro di me.

“Disturbo?”

Faticai a riconoscere la mia voce.

“No... è che...” balbettò lei senza venire a capo di nulla.

Sebbene non fossi stato invitato a farlo entrai, dirigendomi verso il letto disfatto. “Aspettavi forse qualcuno?”

Myriam si limitò a seguirmi con passo incerto. “Non dovevi andare a dormire presto per essere in forma domani?”

Sentii un sorriso amaro piegarmi le labbra. “Ero venuto per darti questa.” Così dicendo, tirai fuori dalla tasca dei pantaloni la busta sigillata, posandola sul cuscino.

Incrociai lo sguardo smarrito di lei e ogni tassello andò collocandosi al suo posto. Serrai la mascella, odiandomi per ciò che provavo. Stava tradendo la mia fiducia con uno dei miei più cari amici e io provavo solo un disperato bisogno di stringerla a me.

“Hai visto Tom?” Una stilettata più che una domanda.

Tremò leggermente, il viso pallido nonostante nella stanza facesse molto caldo. “Perché questo interrogatorio?”

Mi avvicinai continuando a fissarla, vestito di quella maschera impassibile che mi costringevo a portare. “Voglio solo sapere se lo hai visto.”

Myriam incollò per un attimo gli occhi al pavimento. “E’ venuto a trovarmi e abbiamo parlato un po’. Se ne è appena andato.” Tornò a guardarmi, un vortice di oro fuso che mi lasciò stordito. “Quando prima hai bussato pensavo fosse lui.”

Trattenni il respiro. “Avresti preferito che lo fossi?”

Per un breve istante sospeso nel tempo mi chiesi se volevo davvero che rispondesse alla mia domanda.

Se dicesse di sì?

Mi lanciò uno sguardo sconcertato. “Come ti viene in mente una cosa del genere?”

Lucido, avrei colto la nota di apprensione nel tremito della sua voce. Ma il veleno della gelosia aveva preso possesso nei miei pensieri.

“Sareste una coppia perfetta.” Rimpiansi subito l’inutile battuta. Che diritto avevo di giudicarla?

I suoi occhi si velarono, cancellando in me ogni residuo di ostilità.

“Mi accusi forse di qualcosa?”

Una supplica triste, priva di qualunque rabbia o risentimento. In quel momento mi sembrò che il muro che ci teneva distanti si fosse inesorabilmente chiuso attorno a lei.

“Non lo so” ammisi. “A volte non so cosa mi prenda, forse è meglio che vada a dormire” mormorai passandole accanto, i nervi tesi quasi da spezzarsi.

Myriam rimase in silenzio. Prima di uscire mi voltai a guardarla, e per un attimo ebbi l’impressione che volesse dirmi qualcosa. “Cerca di concentrarti sulla partita” mi esortò infine in un sussurro appena percettibile.

Credimi avrei voluto dirle, ci ho provato.

E, a proposito, sono disperatamente innamorato di te.

“Nella busta c’è il tuo biglietto. A domani.”

Con un sospiro, mi tirai la porta alle spalle.

 

 

¨ ¨ ¨

 

Cast della FF

Cliccate sui link sottostanti e si aprirà una finestra con le immagini dei personaggi principali... immagino siate curiose di sapere com’è questa Nathalie, ma dovrete attendere la sua comparsa nella FF per poterla vedere. In compenso mi sono divertita a trovare la ‘special guest’ che fa ingelosire Myriam in aeroporto... vi dice qualcosa? Hihi^^

 

Myriam

Benji

Patty

Susie

Holly

Tom

Bruce

Jennifer

Mark

Ragazza aeroporto (special guest)

 

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Capitolo 12
*** Parte II - Capitolo 12 ***


12

12

 

Myriam

 

Il nervosismo di Patty non accennava a diminuire. Quella mattina una serie di imprevisti continuava a ritardare la loro partenza e sembrava a un soffio dall’alterarsi seriamente. “Veniamo in pullman con voi o vi seguiamo in macchina?” domandò infine.

“A questo punto credo sia meglio andare tutti insieme” commentò Benji con distacco.

Lo sciopero di parte del personale dell’hotel e degli autisti sembrava lasciarlo del tutto indifferente. Senza contare il gruppo di fan isteriche che li aspettavano fuori, e i paparazzi che la sicurezza aveva trovato nascosti nella sala del ristorante mentre facevano colazione.

“Forse hai ragione” convenne Patty con un sospiro, “non vedo l’ora che arriviamo allo stadio.”

Un paio di minuti dopo, Lenders indicò un uomo vestito di scuro che faceva loro segno aldilà della porta girevole della hall. “Direi che possiamo avviarci.”

Presi lo zainetto da sopra un divano e mi calai il berretto rosso sugli occhi, sperando che nessuno ne notasse il gonfiore. Mi sentivo infelice, i miei incubi sembravano ormai seguirmi anche di giorno. Abbassai le palpebre, massaggiandomi le tempie per alleviare la tensione che temevo si sarebbe presto trasformata in emicrania.

“Tutto ok?” mi chiese Tom con un sorriso complice. “Se sei pronta andiamo.”

Lo ricambiai in segno di assenso, contenta di non dover affrontare Benji da sola.  

Era in piedi, poco lontano da noi, appoggiato con le spalle a una colonna di marmo. Privo di espressione, fissava il vuoto di fronte a sé.

Cedetti alla tentazione di osservarlo, pentendomene all’istante. Come risvegliato dal suo torpore, Benji ricambiò il mio sguardo con quella che avrei definito curiosità. Punta sul vivo, soppesai l’ipotesi di guardare altrove ma la scartai subito. Era fuori discussione arrendersi a quel modo. Le mani cominciarono a tremarmi e istintivamente serrai i pugni fino a sbiancarmi le nocche.

“Le fan sono quasi peggio dei giornalisti” proseguì Tom con aria divertita, interrompendo involontariamente il nostro scambio silenzioso.

“Hai ragione” dissi pressoché in automatico, senza sapere a quale domanda stessi rispondendo.

Per tutta la notte mi ero interrogata sui motivi che avevano spinto Benji a comportarsi a quel modo. Attraversando la porta scorrevole vidi la mia immagine riflessa nel vetro scuro e provai una fitta al petto.

Quel fantasma ero io?

Distolsi gli occhi come a cancellarne l’inquietante visione, aggrappandomi con tutte le forze alla spallina del mio zaino.

Non appena fummo usciti, decine di ragazze urlanti si riversarono sulla squadra. Accelerai il passo, seguendo Patty e Susie sul pullman parcheggiato fuori.

“Diventano ogni giorno più insistenti” commentò con finto dispetto Bruce mentre, qualche minuto dopo, ci raggiungeva e si metteva a sedere.

“Ma se hai firmato più autografi di tutti noi messi insieme” lo canzonò Tom prendendo posto accanto a lui.

E’ così dolce, non potei fare a meno di pensare osservandolo di sfuggita, avrei molto da imparare da lui.

La sera prima ci eravamo tenuti compagnia parlando a lungo di Gisèle, di quanto fosse difficile per lui dimenticarla quando ogni città era tappezzata dei suoi scatti pubblicitari in bikini. Ciononostante era sempre allegro e incline all’autoironia.

Non appena il discorso si era spostato su di me, rispondere alle sue domande si era rivelata un’impresa tutt’altro che facile. L’idea di perdere Benji mi annichiliva, toglieva ogni possibile slancio alla mia naturale timidezza. Cosa potevo dire? Che ne ero perdutamente innamorata? Che, a conti fatti, era meglio tenere i miei ingombranti scheletri chiusi nell’armadio a doppia mandata?

Tirai un lungo sospiro.

“Potevo forse deluderle?” proseguì Bruce allegro, interrompendo il filo dei miei pensieri. “Mi hanno persino dedicato un sito internet.”

Mark scoppiò in una risata fragorosa. “Un sito internet? A te? Dovevano essere proprio disperate.”

I ragazzi continuarono a scherzare tra loro e poco a poco mi estraniai dal loro vociare, immergendomi nel panorama offerto dal finestrino.

Ripensai al fiume di emozioni che mi aveva travolta poco prima. Non potevo permettere a Benji di avere una tale influenza su di me, bastava una sua occhiata per farmi perdere la cognizione della realtà. Era patetico.

Finsi di non notarlo mentre si sedeva qualche sedile più avanti. Profondamente consapevole della sua presenza, mi sforzai di focalizzare la mia attenzione sulla partita che sarebbe iniziata di lì a poco. Si trattava pur sempre del mio debutto da tifosa giapponese, i miei amici avevano bisogno di me.  

Chiusi gli occhi e inspirai lentamente dal naso, era più semplice pensare a quel modo. Il tempo mi avrebbe aiutata. Prima o poi avrei ripreso il controllo della mia vita.

 

* * *

 

Avevamo da poco varcato la zona destinata alle autorità e alle mogli dei giocatori. Un ampio salotto era stato allestito per garantire i massimi livelli di accoglienza, eppure continuavo a ignorare il buffet, lanciando occhiate frementi verso l’uscita.

Patty si lasciò sfuggire una risatina. “La prima partita non si scorda mai.”

Cercai di sorridere senza grandi risultati. Nessuno sembrava accorgersi del mio progressivo distacco dalla realtà. Scoprivo un talento di attrice di cui non sapevo se rallegrarmi.

Improvvisamente una delle hostess annunciò l’ingresso delle squadre in campo, e sentii le ginocchia cedere sotto il mio peso. Man mano che ci avvicinavamo agli spalti, l’eco dei tifosi si faceva sempre più forte. Il ritmo dei tamburi accompagnava il clamore di migliaia di persone accalcate sulle gradinate.

“Questo stadio è gigantesco” osservai stupita seguendo le ragazze verso i posti a noi assegnati. Il prato, di un verde acceso e immacolato, distava solo poche decine di metri. Il sole illuminava il centro del campo e il vento accarezzava centinaia di bandiere multicolore.

“Guarda, eccoli!” urlò Patty ignorando il mio commento.

Susie alzò gli occhi al cielo e scosse il capo con finta rassegnazione. “Non farci caso, quando gioca Holly non capisce più niente” scherzò.

Le due squadre si erano disposte in fila verso le tribune per le foto di rito, seguite dai rispettivi inni nazionali. Con il cuore in gola, loro così seri e professionali, mi chiesi se quanto accaduto negli ultimi giorni fosse solo uno scherzo della mia immaginazione.

Benji era brillante, seducente, con un sorriso da togliere il fiato. Qualunque ragazza sarebbe stata lieta di buttarsi ai suoi piedi e io, che vivevo in casa sua, sembravo non essere in grado di sostenere una normale conversazione senza che questa sfociasse in dramma.

Lo seguii con lo sguardo mentre, di spalle, si dirigeva verso la porta. Senza quasi accorgermene portai la mano alla base del collo stringendo fra le dita il ciondolo, ormai parte integrante di me. Perché il pensiero di restargli accanto in silenzio attendendo l’ineluttabile mi sembrava d’un tratto un’assurdità?

Il fischio di inizio mi colse di sorpresa, facendomi sussultare. Il sorteggio aveva assegnato il calcio di inizio alla Malesia.

Provai una stretta alla stomaco alla vista di Benji in posizione fra i pali, intento a dare le ultime indicazioni ai ragazzi posti in difesa. In ballo c’era la qualifica ai mondiali del 2010 e io mi trovavo in tribuna d’onore, in un mondo che non era il mio, intrappolata nel senso di impotenza tipico dei sogni in cui si vuole raggiungere qualcosa senza riuscirci.

 

L’incontro di chiusura del primo girone di qualificazione asiatica è iniziato con la squadra malese che imposta la prima azione, con una serie di precisi scambi tra i suoi attaccanti (14).

“Metteteli sotto ragazzi! Cercate di giocare sulle fasce!” La partita era appena iniziata e già Patty non riusciva a stare seduta.

Ecco l’ala destra della Malesia che con una magnifica finta si libera del suo avversario e crossa al centro. Il capitano Talib va allo stacco aereo e in buona coordinazione colpisce magnificamente di testa. Price risponde con un balzo felino e riesce a bloccare la sfera diretta all’angolo basso della porta.

Vedendolo in azione, il petto mi si gonfiò di orgoglio e un brivido mi percorse la pelle. Come una scolaretta alla prima recita scolastica, mi limitai a stringere lo zainetto che avevo in grembo, trattenendo a fatica un urlo entusiasta. Avrebbero vinto, ne ero certa.

Il portiere nipponico passa il pallone al compagno Hutton. Kong interviene sull’attaccante e l’arbitro fischia per fermare l’azione.

“Vai Holly, fai vedere a tutti chi sei!”

A Patty mancavano solo la fascia rossa nei capelli e la bandiera da sventolare per essere la copia perfetta del suo alter ego animato. Io e Susie non potemmo fare a meno di lanciarci un’occhiata divertita.

“È incredibile, Holly sembra avere il pallone attaccato al piede, un vero spettacolo.” Fissavo rapita il giovane giocatore, il cui talento era paragonabile solo a quello di Cristiano Ronaldo. Sorrisi al pensiero che forse, in quella realtà, la punta del Real Madrid era un semplice impiegato di banca.

La squadra Malese non sembra voler subire l’iniziativa nipponica. Un altro fallo sul numero dieci, ci auguriamo che non sia nulla di serio. Hutton si rialza, il peggio sembra scongiurato.

In virtù del fallo subito dal numero dieci la squadra giapponese ottiene un calcio di punizione sulla sinistra del limite dell’area avversaria. La Malesia mette ben sei uomini in barriera. Hutton si accinge al tiro con una lunga rincorsa. Con la sua potenza potrebbe anche tentare un tiro diretto. Finta il tiro Hutton, ed è Lenders ad effettuarlo. Il pallone si dirige verso l’area avversaria... ed è rete!

“Hanno segnato! Hanno segnato!” gridammo alzandoci in coro, trascinate da quella follia che solo i mondiali di calcio possono scatenare, condivisa dai tifosi accorsi da ogni angolo del Giappone.

Holly salutò il settore ospiti con il braccio alzato, prima di essere coperto dalle pacche entusiaste dei compagni di squadra.

Stanno vivendo la loro avventura pensai, sentendo la loro gioia come se fosse mia. Vivono il sogno che li accompagna da quando erano bambini, senza frontiere né limiti.

“Bravo Holly” commentò Patty con gli occhi rivolti all’attaccante, mentre io e Susie tentavamo invano di farla sedere. “Oggi mi aspetto almeno una doppietta.”

I ragazzi ripresero le posizioni iniziali, sempre accompagnati dagli applausi del pubblico in trasferta che sembrava sovrastare quello malese.

Il gioco riprende con un passaggio di Kong al compagno di squadra Omar. Becker interviene sul centrocampista malese e con una finta riesce elegantemente a togliergli il pallone e a portarlo nel vivo della metà campo avversaria. Passaggio millimetrico a Lenders che tenta subito la doppietta, ma viene disturbato dal difensore Yew. La palla torna alla Malesia che cerca di impostare la sua linea di attacco.

La tensione nell’aria era quasi palpabile. Sebbene il Giappone fosse in vantaggio, il gioco era pressante e nessuna delle due squadre sembrava soddisfatta del risultato.

“Non manca molto alla fine del primo tempo” disse Susie guardando l’orologio, “speriamo che segnino ancora.”

“La vedo dura” fece Patty con una smorfia, “si sono chiusi a catenaccio.”

Il doppio fischio dell’arbitro segnò poco dopo l’inizio dei quindici minuti di interruzione, e poté finalmente riprendere posto.                                                   

“Credo che le signore dietro di noi abbiamo rinunciato a seguire il gioco,” osservai indicando discretamente due signore di mezza età che sventolavano l’aria annoiate.

Patty liquidò la questione con un gesto della mano. “Spero solo che Holly stia bene” proseguì quindi seria in viso, “non mi piace affatto come l’hanno preso di mira Kong e Yew.”

Le sue previsioni si rivelarono esatte. Sin dai primi minuti del secondo tempo, i due marcatori sembrarono non perdere occasione di ostacolare Holly e il suo gioco, spesso in modo scorretto. Fortunatamente la presenza di Mark e Tom rendeva loro la vita dura.

I miei occhi si fissarono su Benji, ora più vicino dopo il cambio di campo. Non riuscivo davvero ad abituarmi alla sua veste professionale, per quanto stesse giocando da quasi un’ora. La tuta dai colori improbabili disegnata dallo sponsor non rendeva giustizia al suo fisico, perfettamente allenato ed elastico. I suoi movimenti erano misurati, precisi. Cosa non avrei dato per sfoggiare un decimo della sua sicurezza. Lo osservavo esitante, accompagnata dal timore che potesse scomparire come un miraggio, troppo bello per essere vero.

Siamo agli sgoccioli del secondo tempo e il Giappone è sempre in vantaggio. La Malesia centra il pallone e costruisce subito una nuova azione di attacco. Come avevamo previsto c’è ancora molto agonismo in campo: il Giappone, ancora carico per il goal messo a segno da Lenders, cercherà sicuramente di conquistare il pallone per giocarlo nel miglior modo possibile. Kong per la Malesia perde il controllo di palla e subito Becker ne approfitta, crossando verso Hutton, prontamente smarcato in avanti. Lo stop è ottimo. Il centrocampista è lanciatissimo e sarà difficile fermarlo.

Dai Holly, dai!” Non stavamo più nella pelle. Un’altra rete e il Giappone sarebbe stato il primo del suo girone.

Ora Hutton è affiancato da Becker che lo sostiene nell’azione di attacco, ma i difensori della Malesia non stanno a guardare e sbarrano la strada al numero undici giapponese. Hutton non vede compagni liberi a cui passare il pallone. Si ferma aspettando che qualcuno si smarchi, ma il tempo è praticamente scaduto.

“Non ha tempo per costruire un’azione, deve fare tutto da solo.” Patty seguiva ogni mossa del ragazzo in campo, cercando di contenere lo stato di agitazione in cui versava.

Hutton si dirige minaccioso verso l’area avversaria, ma viene fermato da un pesante intervento di Yew. Il centrocampista nipponico è a terra... ci chiediamo se l’arbitro tirerà fuori il cartellino giallo.

“Lo sapevo, lo sapevo... se prendo Yew gli spezzo le gambe” gridò Patty agitando un pugno in aria, “il ginocchio di Holly è in piena riabilitazione!”

Notai subito il forte pallore che le si dipinse in viso. Sembrava più preoccupata che arrabbiata.

Hutton si rialza zoppicando, e il coach Marshall chiede la sostituzione. Entra in campo il numero quindici Danny Mellow.

“Vado a vedere come sta” disse Patty scappando via.

“Andiamo anche noi?” domandai rivolta a Susie, indecisa se rimanere o seguire Patty.

“Meglio di no” mi rispose scuotendo lievemente il capo. “In teoria nemmeno lei avrebbe accesso all’area medica. E poi la squadra ha bisogno del nostro tifo” aggiunse strizzando l’occhio.

Le sue ultime parole di Susie si persero nel vuoto. La trapassai con lo sguardo, fissando il limite dell’area nipponica dove il numero nove malese era rovinosamente scivolato a terra. “Si può sapere cosa...

Una gran confusione regnava nella nostra area di rigore. Un moto di preoccupazione mi salì fino in gola, lasciandomi senza fiato.

“Sembra si sia scontrato con Johnny” fece Susie voltandosi di scatto, cercando di analizzare la situazione con occhio imparziale.

Contrasto violento tra Mason e Kong... l’arbitro assegna un rigore alla Malesia! Protestano animatamente Mason e Carter.

“Un rigore? Non è possibile!” Balzai in piedi come se la mia poltrona stesse andando a fuoco. Come al rallentatore vidi l’arbitro posizionare la sfera sul dischetto, facendo cenno a tutti di allontanarsi. L’attaccante della Malesia si preparò al tiro, e potei quasi percepire la trepidazione con la quale più di metà dello stadio pregustava il pareggio.

Un silenzio innaturale calò tra gli spettatori. Spostai lo sguardo su Benji, concentrato e pronto a scattare. Doveva parare quel tiro. Oppure Kong doveva sbagliare. Non c’erano alternative plausibili, né tantomeno accettabili. Benji era un campione, ce l’avrebbe fatta. “Forza, forza...” mormorai non sapendo se tenere gli occhi chiusi o aperti.

“Capitano sei tutti noi” borbottò Susie con le dita incrociate davanti alla bocca.

Dopo un attimo di esitazione chiusi gli occhi, cercando di infondergli tutta l’energia che avevo in corpo. Benji può sentirmi? Domandai in un attimo di lucida follia, sentendolo tanto vicino da percepirne quasi i pensieri. Tutta la mia vita sembrava avermi portata a quel momento. Ero certa che ce l’avrebbe fatta, come se lo avessi già vissuto.

Kong prende la rincorsa... Incredibile! Con uno spettacolare intervento l’estremo difensore nipponico blocca il potente tiro mostrando un intuito eccezionale. C’era da aspettarselo da Benjamin Price, il portiere numero uno d’Asia, che adesso si accinge a rinviare il pallone con le mani.

“Grande Benji!” urlai con tutta la forza che avevo in corpo, agitando con enfasi il suo cappellino, dimentica di trovarmi in tribuna d’onore. Una sensazione di pura felicità e rapimento mi pervase, non avevo mai provato nulla di simile. Per un istante fui sommersa dall’irragionevole certezza di poter superare qualunque ostacolo accanto a lui.

Mancano pochi minuti alla fine e il Giappone si porta nuovamente in avanti. Veloci scambi in centrocampo, ostacolati dalla difesa malese che sembra decisa a non cedere. Mellow prende la palla e crossa in direzione di Lenders... ma Yew si fa sotto e destabilizza il numero quindici. Talib approfitta dell’incertezza nipponica e si fa subito sotto conquistando la palla. I difensori della Malesia si portano avanti per aiutare il loro capitano. Talib colpisce il pallone, ma con grande tempismo arriva Denver, che in scivolata blocca il passaggio diretto al numero nove malese. Il pallone si impenna, parte in alto sopra i due contendenti e sembra non voler più ricadere a terra.

“Susie!” esclamai prendendola per una spalla. “Guarda Tom...

“Cosa, dove?”

Con un balzo il ragazzo effettuò un recupero di palla spettacolare, salutato con applausi dal pubblico rimasto con il fiato sospeso.

“Forza Tom!” gridai abbandonando ogni pudore residuo, di nuovo in piedi per seguire meglio l’azione.

La situazione non si sblocca e il tempo è praticamente scaduto. Ma attenzione, Becker è scattato come una freccia cogliendo tutti di sorpresa. Tutti i giocatori della Malesia gli si lanciano addosso per impedirgli il tiro. L’arbitro sta per fischiare la fine. Il numero undici del Giappone riesce comunque a calciare a rete... il tiro sembra molto pericoloso... ed è goal!

Una vera esplosione si scatenò tra i tifosi presenti sugli spalti.

“Sei un mito!” strillai improvvisando un balletto e abbracciando Susie, che nella foga si era spostata in avanti di un paio di file.

“Abbiamo vinto, abbiamo vinto!” continuammo ad esultare, saltando come bambine.

Recuperato un briciolo di calma ci girammo verso i ragazzi che, trionfanti, salutavano la tribuna e il pubblico del settore ospiti. Con il cuore che mi tamburellava in petto, non riuscivo a staccare gli occhi da Benji. Per un attimo, ebbi l’impressione che stesse guardando proprio nella mia direzione.

 

* * *

 

Varcai l’ingresso dell’area riservata agli atleti con le ali ai piedi. Non ricordavo di essermi mai sentita tanto leggera in vita mia. Provavo il bisogno di vedere Benji e averlo vicino, nulla mi importava più. Dovevo toccarlo, assicurarmi che ciò che stavo vivendo fosse reale.

Incrociai un paio di persone che non degnai di uno sguardo, presa com’ero dalla mia ricerca. Un vociare allegro attirò la mia attenzione. Mi fermai di colpo, vedendo comparire Mark e Bruce con ancora indosso le divise sporche di erba.

“Complimenti ragazzi!” esclamai abbracciandoli in preda all’euforia, ricevendo di rimando due sorrisi soddisfatti. “Dov’è Benji?”

“Il nostro apprensivo capitano è con Holly” rispose Mark con un cenno del capo. “Sai com’è fatto, voleva sincerarsi personalmente delle sue condizioni.”

Prima ancora che il ragazzo finisse di pronunciare le ultime parole e senza quasi salutarli mi lanciai nella direzione indicatami. Con forte disappunto, finii in una sala d’aspetto deserta con diverse porte chiuse. Non volevo però tornare indietro a chiedere indicazioni, rischiando così di incrociare Benji senza vederlo.

“Cerchi qualcuno?” domandò una voce calda e familiare. Con il peso dell’ingombrante borsone della nazionale sulla spalla, Benji stava uscendo da quella che presumibilmente era l’infermeria.

Mi limitai a fissarlo, ammutolita dal tumulto di emozioni che si agitavano in me. Gioia, orgoglio, incredulità. La vita mi presentava un sogno aldilà di ogni aspettativa ed ero pronta a correre ogni rischio pur di viverlo. Senza riflettere, prima che insicurezze e mille dubbi mi assalissero, gli corsi incontro buttandogli le braccia al collo.

Benji lasciò cadere a terra la borsa e mi strinse a sé senza dire nulla.

“Vi siete fatti onore” mormorai alzandomi sulla punta dei piedi e baciandolo lievemente sulle labbra. Gli occhi di Benji si allargarono per lo stupore e, sempre in silenzio, mi strinse più forte.

“Sei stato grande” dissi in un soffio, tanto che non fui sicura che potesse sentirmi.

Si scostò da me scrutandomi, serio in viso. Per tutta risposta mi prese una mano, intrecciando le sue dita alle mie.

“I giornalisti ci aspettano.”

 

Fummo accolti da innumerevoli flash che si intensificarono alla vista di Benji che si ostinava a tenermi per mano di fronte a tutti. Sentii un forte rossore salirmi alle guance mentre si allontanava per andare a sedersi a fianco di Freddy Marshall e dei compagni di squadra, al centro del lungo tavolo collocato sul podio. Mi diressi verso il fondo della sala adibita per la conferenza stampa, tenendo gli occhi incollati al suolo ed esprimendo il segreto desiderio di diventare invisibile.

“Siete soddisfatti del risultato di oggi?” La retorica domanda di un giornalista sulla quarantina diede il via alle danze.

“Certamente” rispose Benji serafico, “sebbene alcune azioni fallose si sarebbero potute evitare.”

“Come sta Oliver Hutton?” incalzò una giovane donna alzando la mano.

“Non è successo nulla di grave” intervenne Freddy da dietro gli occhiali scuri, “il suo programma di riabilitazione non subirà variazioni.”

Holly è forte, si riprenderà in un batter d’occhio pensai, augurandomi che Freddy non stesse mentendo solo per evitare che la stampa cedesse a inutili allarmismi.

I ragazzi si alternarono nell’iter delle risposte e il tutto si concluse in poco più di mezz’ora. Appoggiata nell’ombra contro un muro, provai un certo nervosismo alla vista di Benji che, alzatosi dal suo posto, si avvicinava sorridente seguito a ruota da decine di occhi curiosi.

“Vorrei dedicare questa vittoria alla signorina qui presente,” dichiarò passandomi un braccio intorno alla vita e sfoderando un sorriso da grandi occasioni. Per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva.

Dopo il primo momento di sconcerto, la stampa si affrettò a prendere nota della dichiarazione e a immortalarci ripetutamente. E’ molto peggio che alla prima di Twilight, molto, molto peggio. Desideravo sprofondare sotto terra, sentendo le guance avvampare e l’aria mancarmi.

“Possiamo sapere come si chiama la sua fidanzata?” domandò una fotografa dall’aria simpatica.

Fidanzata. Quel sostantivo echeggiò nella mia mente, come un’immagine ripetuta all’infinito tra due specchi posti l’uno di fronte all’altro.

“Myriam” rispose Benji con una dolcezza che in pochi gli conoscevano. Provai un lungo brivido. “Ometto volontariamente il cognome perché gradirei che rispettaste la sua privacy.”

Il tono pacato della sua risposta sembrò soddisfare gli astanti, visibilmente stupiti da quell’annuncio spontaneo e così poco da lui. La mia testa si mise a girare.

“Vado a cambiarmi. Ci vediamo dopo?” mi mormorò Benji all’orecchio trascinandomi fuori con sé e prendendo al volo uno degli ascensori.

Lo fissai con aria incredula. Un largo sorriso gli si dipinse in volto e le fossette che tanto mi erano mancate fecero capolino a loro volta. Difficile credere che fosse reale. Era più probabile che mi svegliassi all’improvviso, vedendolo scomparire in una nuvola di fumo.

Non feci in tempo ad aprire bocca che le porte arrivarono al piano e si aprirono con un tintinnio. “A tra poco allora” mi mormorò Benji all’orecchio, lasciandomi andare a malincuore.

A tra poco” risposi con voce strozzata uscendo nel corridoio. Osservai inebetita la mia sagoma riflessa nell’acciaio satinato delle porte ormai chiuse.

 

Note:

(14) Questo è l’unico capitolo in cui si gioca una partita... provate a immaginare i commenti letti dal mitico telecronista del cartone ^__^

 

 

¨ ¨ ¨

 

Cast della FF

Cliccate sui link sottostanti e si aprirà una finestra con le immagini dei personaggi principali... in ordine di apparizione nella FF:

 

Myriam

Benji

Patty

Susie

Holly

Tom

Bruce

Jennifer

Mark

 

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Capitolo 13
*** Parte II - Capitolo 13 ***


12

13

 

Benji

 

Era difficile, sotto il getto caldo della doccia, convincermi che non si trattasse solo di uno scherzo della mia immaginazione. La logica non era dalla mia parte, né tantomeno il buonsenso. Avevo davvero presentato Myriam alla stampa come mia fidanzata senza nemmeno consultarla? Mi aggrappai al ricordo del suo profumo, alla sensazione del suo corpo contro il mio. Non potevo aver sognato tutto.

Chiusi il rubinetto e rimasi per un attimo a testa bassa, le mani appoggiate alle piastrelle bagnate di fronte a me, mentre rivoli di acqua mi scorrevano sul viso. Cosa succederà ora?

Uscii dalla doccia e scossi il capo nel tentativo di schiarirmi le idee. Alcune goccioline atterrarono sullo specchio coperto di condensa, che mi rimandava un’immagine sfocata quanto i miei pensieri. Infilai l’accappatoio bianco appeso alla porta e presi al volo un asciugamano, passandomelo sul viso.

Ho fatto bene a non seguirla in camera, avrei finito per perdere il controllo. Idee contrastanti si agitavano nella mia mente, era successo tutto così in fretta. Se avessi sbagliato a lasciarla sola? Se fosse tornata sui suoi passi?

Maledicendomi al solo pensiero, aprii la porta del bagno per prendere il rasoio che avevo lasciato in valigia. Trasecolai. Myriam era seduta sul letto, lo sguardo birichino.

I battiti del mio cuore accelerarono. Il ricordo della notte in cui si era intrufolata nella mia camera da letto balenò nella mente di entrambi, e non potei trattenere un sorriso alla vista delle guance di lei che si tingevano di rosso. “Sbaglio o questo mi sembra un déjà vu?”

“Non sbagli” rispose, cercando di mantenere la voce calma senza però riuscirci granché.

Mi avvicinai, strofinandomi i capelli bagnati con l’asciugamano. “Toglimi una curiosità” domandai sedendomi accanto a lei. “Come hai fatto a entrare?”

Il solo pensiero mi recava un senso di sollievo difficile da descrivere, ma dovevo mantenere un tono sobrio e pacato. Nelle ultime ventiquattro l’ho spaventata a sufficienza, considerai con una punta di disagio.

Ignara di ciò che mi passava per la testa, Myriam tirò un profondo respiro. “Ero un po’ nervosa per quello che hai detto a fine conferenza stampa e volevo parlarti. Non vedendoti arrivare ho pensato ti fossi addormentato,” ammise con semplicità.

Faticai a rimanere seduto. Pensava sul serio che potessi ADDORMENTARMI? Le sorrisi, serrando la mascella per non lasciar trapelare il mio sgomento.

“Avrei dovuto aspettare che mi chiamassi ma ero troppo impaziente.” Si morse la punta della lingua prima di proseguire e per un secondo persi cognizione del tempo. Possibile che, nonostante la desiderassi con tutto me stesso, lei non si accorgesse di nulla?

“Ho convinto una cameriera di essere rimasta chiusa fuori dalla tua stanza e mi sono fatta aprire con il passe-partout. All’inizio non era molto convinta, poi si è ricordata di una nostra foto pubblicata sui giornali. Abbassò lo sguardo e il suo tono di voce si fece a malapena percettibile. “La tua dichiarazione di oggi fugherà ogni suo dubbio residuo.”

Oltre l’imbarazzo mi sembrò di leggere nella sua voce una nota allegra, quasi compiaciuta. O forse era ciò che volevo sentire. “Perdonami, temo di aver esagerato. Sono stato presuntuoso e arrogante, hai tutti diritti di essere infuriata con me.

Mi fissò in silenzio con sguardo indecifrabile, esortandomi a continuare. Annaspai alla ricerca delle parole che dessero un senso ad un comportamento che non ne aveva alcuno. “Negli ultimi giorni sono successe tante cose e ti sembrerà assurdo, ma sentivo che chiarendo la situazione di fronte agli altri ogni altro problema avrebbe finito per risolversi.”

La guardai dritto negli occhi e vi lessi uno strano misto di incertezza unita a determinazione. Perché a tratti sembrava odiarmi, per poi tornare da me come se nulla fosse accaduto?

Le avvicinai la mano al viso senza pensare, accarezzandole la guancia con la stessa delicatezza che se fosse stata una bolla di sapone. Fermo, pensai senza riuscire a staccarmi da lei. Avrei voluto avvicinarmi ancora, mille diversi modi di toccarla attraversarono la mia mente ma li ricacciai indietro. Calma.

“Non volevo confonderti le idee” mormorai, allontanando il braccio quel tanto che ero in grado di sopportare. “Magari forzarti un poco la mano...” lasciai cadere nel tentativo di sdrammatizzare la situazione.

Dopo un lungo silenzio Myriam piegò il capo di lato, osservandomi con dolcezza. “Vorrei raccontarti una cosa.” Si alzò dal letto, dirigendosi verso la porta finestra che dava sul balcone. “L’ultima volta che sono stata con un ragazzo risale a più di tre anni fa” aggiunse restando di spalle.

Serrai i pugni impercettibilmente, sorpreso da quell’inaspettata dichiarazione.

“Se ci penso mi sembra passata una vita, mi sento molto diversa da allora. In due anni possono succedere tante cose. Non potevo vederla, ma ebbi la netta convinzione che non fosse facile per lei rivangare quei ricordi. Serrai i pugni impercettibilmente, in bilico tra l’urgenza di capire e un irrazionale moto di gelosia.

“Mi sono sempre reputata una ragazza misurata e razionale, ma il tempo trascorso accanto a lui aveva alterato il mio modo di vedere le cose. Ero innamorata e felice, poco più che adolescente e piena di ottimismo. Il suo tono era gentile, quasi un sussurro. “Quando eravamo insieme stentavo a credere alla mia fortuna, pensavo che un giorno ci saremmo sposati e avremmo avuto un sacco di bambini felici quanto lo eravamo noi.”

La sua voce ebbe un tremito, e l’esile mano si mise a giocare con il cordone della tenda. “Un bel giorno però tutto è crollato, lieto fine compreso. Di ritorno da una serata trascorsa fuori città avemmo un brutto incidente. In seguito mi raccontarono che la nostra auto aveva sbattuto con violenza contro il guardrail, cappottandosi più volte.

Trasalii, un sapore metallico sulla lingua. L’immagine di lei ferita e priva di sensi si fece strada in me, materializzandosi con forza e lasciandomi senza fiato.

Si voltò a guardarmi per un attimo, il volto livido. “Ricordo l’odore acre che mi circondava e la sensazione di piccoli pezzi di vetro in bocca,” riprese dopo un breve esitazione. “Poi il buio. Sono stata in coma due settimane.”

Non potei fare a meno di alzarmi e portarmi al suo fianco per darle conforto. L’abbracciai timidamente da dietro, poggiandole il mento sulla spalla e stringendola a me.

“I medici erano restii a sciogliere la prognosi e la mia famiglia era disperata. Mi sento molto in colpa per averli fatti soffrire così. Qualcosa nella sua voce era cambiato, il tono si era fatto monocorde.

La feci girare su se stessa, osservandola con espressione cupa. “Sciocchezze. Ti saresti preoccupata altrettanto se fosse accaduto a qualcuno di loro.

Chiuse gli occhi, i lineamenti tirati in un mezzo sorriso. Non era un sorriso felice, la sua voce era fredda quando riprese a parlare.

“Il mio ex rimase miracolosamente illeso, tanto che mia madre finì per non sopportare la sua vista. Come se il destino avesse deciso di risparmiarlo e portarle via me.

Provai empatia per quel sentimento materno così facile da condividere. Con estrema delicatezza Myriam si staccò da me, tornando a sedersi sul letto. Attesi in silenzio mentre fissava la finestra. Sembrava stesse cercando di calmarsi.

“Trascorsi i primi giorni, ammise di non potermi vedere in quello stato. Disse che sarebbe tornato a trovarmi solo quando mi fossi svegliata.

Quell’affermazione mi lasciò di stucco. Vigliacco, oltre che bugiardo, pensai immaginando senza difficoltà ciò che sarebbe seguito. Nel vederla così fragile tenni quel pensiero per me, rispettando la distanza che aveva frapposto tra noi.

Mi fissò per un attimo prima di inspirare a fondo. “Le sue telefonate prima insistenti si diradarono e l’unico a mantenere i contatti con lui fu mio fratello. Ripresi conoscenza dopo quattordici giorni. Ho ricordi confusi di quel periodo, familiari e amici si alternarono al mio capezzale in una girandola continua. Alzò nuovamente il capo, la sua espressione lontana da me. “Lui non c’era. Lo feci chiamare, disse che era fuori per lavoro e che non vedeva l’ora di rivedermi. Tu gli avresti creduto?” mi chiese mentre la fissavo tramortito.

Annuii con scarsa convinzione, spaventato dal tono stridente della sua voce.

“Sono stata un’ingenua, degna protagonista di una telenovela messicana di terz’ordine.” Sorrise, divertita dalla propria auto valutazione. “Quando venne a trovarmi mi disse che aveva conosciuto una ragazza.”

Un epilogo intuibile. Non sapevo se provare pena o sdegno per quello sconosciuto a cui avrei volentieri spaccato la faccia.

D’un tratto Myriam sembrò spezzarsi, serrando i denti fra loro. Quando riprese a parlare la sua voce era diversa, ogni segno di indulgenza era scomparso. “Invece di urlargli contro rimasi in silenzio. Credo di aver persino sorriso quando, aggrappandomi a una qualche parvenza di orgoglio, gli ho chiesto di non farsi più vedere.

Si voltò a guardarmi, come se si fosse ricordata della mia presenza. Ero certo che il mio volto fosse pallido quanto il suo.

Scrutai smarrito quegli occhi spenti, senza sapere come sfogare l’insopportabile senso di indignazione che mi stava assalendo. Volevo quel bastardo fra le mani, fargli passare per sempre la voglia di riprovarci. “Se non ha avuto la decenza di sparire all’inferno ce lo accompagno volentieri” sibilai.

Myriam scosse il capo poi, lentamente, la sua espressione si addolcì. “Mi ha cercata solo una volta, circa un anno dopo, per ammettere il suo errore. Avevo imparato a mie spese che lo stress post-traumatico può giocare brutti scherzi. Chiedeva un’assoluzione e gliel’ho concessa, prima di cancellarlo dalla mia vita. Osservò il vuoto per un momento, tanto distante da sembrare un’illusione, dimentica di avermi accanto.

Strinsi le labbra. L’aver perdonato quel figlio di puttana non cambiava nulla. Un trauma del genere poteva lasciare segni indelebili, non c’era da stupirsi che ogni tentativo di entrare nella sua sfera intima la gettasse nel panico.

“Stai bene?”

La sua domanda giunse da lontano, mi ci vollero un paio di secondi per capire che era rivolta a me.

Lei voleva sapere se io stavo bene?

“Certo” mentii.

Come potevo stare bene? Come potevo accettare che uno sconosciuto l’avesse abbandonata nel peggiore dei modi, nel momento in cui aveva più bisogno di lui? Sentii una rabbia feroce pulsare nelle tempie.

Dovette intuire il mio stato d’animo, perché la sua voce si incrinò.

“Perdonami, mi sono lasciata trasportare.”

Le lanciai un’occhiata inorridita. “Perdonarti io? Non dire sciocchezze.” Rimpiansi subito l’eccesso del mio slancio. Avrei voluto proteggerla, cancellare quei brutti ricordi. Mi avvicinai con incedere lento, soppesando le sue reazioni per capire quando fermarmi.

Mi fissò con espressione indecifrabile mentre, tornato sul letto accanto a lei, le circondavo le spalle con un braccio.

“Anche se non sembra ho la pelle dura” annunciò con orgoglio.

Un gattino arruffato convinto di poter sfoderare gli artigli di una tigre. Se non fosse stato per la stretta allo stomaco che mi attanagliava sarei scoppiato a ridere.

Rimanemmo seduti in silenzio e finalmente sentii i muscoli del suo corpo rilassarsi. Le sfiorai i capelli con un bacio ad occhi chiusi, cercando di svuotare la mente alla ricerca di un appiglio al quale aggrapparmi.

“Non ho mai voluto respingerti” disse in sussurro appena udibile.

Stupito da quell’ammissione spontanea mi scostai da lei, incontrando i suoi occhi color ambra. Vorrei poterti dire quanto sei importante per me.

Qualcosa mi frenò. Una strana luce vibrava laddove mi sarei aspettato timidezza. Paura? Senso di perdita? Sembrava lo sguardo di chi si appresta a pronunciare parole di addio. Avvertii un senso di inquietudine all’idea che potesse ritrarsi ancora, non sarei riuscito a sopportarlo.

“Myriam, stammi bene a sentire.” Presi fiato, cercando di ammorbidire il tono della mia voce. “Non so cosa ti passa per la testa ed è probabile che non lo sappia mai. Di una cosa però sono certo, non permetterò a un fantasma di renderti infelice.

Mi rivolse uno sguardo colmo di gratitudine che forse non meritavo.

“Perché sei così buono con me?”

Sentii un velo di tristezza calarmi sul cuore. A tal punto era stato ferito il suo amor proprio? Meglio che il suo ex non mi capiti mai fra le mani. Volsi via lo sguardo, temendo potesse leggervi l’astio che sentivo crescere in me.

“La cosa ti stupisce? Perché non dovrei tenere a te, o volere la tua felicità?

Non rispose subito. Sembrò soppesare a lungo le mie parole.

“Non so se sono pronta, se lo sarò mai. Trovare nuovamente la forza di affrontare l’amore? Di vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo, abbandonando ogni resistenza e mettendo il mio cuore nelle mani di un altro? Potrei aver persino dimenticato come si fa. Quando avevo sedici anni ero senza alcun dubbio più sicura di me.

“Certo che lo eri,” dissi scostandole una ciocca di capelli dal viso. “Eri molto giovane e molto stupida. Solo i giovani e gli stupidi sono sicuri di ciò che fanno. E’ più facile lasciarsi andare se non si ha cognizione del rischio che si corre. Pensi davvero che due esseri umani possano amarsi senza complicazioni? Quando un uomo e una donna cercano di stare insieme è complicato. L’amore lo è sempre. A volte i nostri cuori si spezzano, ma fa parte del gioco.

Stentai a riconoscermi in quelle parole. Io che dispensavo saggi consigli? Per un attimo mi sembrò di vedere gli sguardi sconcertati dei miei amici. Eppure non mi importava. Sorrisi tra me, fissandola dritto negli occhi. “Avere un cuore spezzato è sempre un buon segno. Significa che perlomeno ci abbiamo provato.

Myriam abbassò lo sguardo, titubante. “Il mio cuore si è spezzato così tanto che fa ancora male. Non ti sembra folle? Avere un cuore spezzato dopo più di tre anni dalla fine di una storia?

Nonostante le sue parole ebbi la netta impressione che fosse più leggera, come se si fosse tolta un peso. Mi concentrai sul suo respiro regolare, suoi tratti distesi del suo volto. Stava riprendendo colore.

“Ascoltami bene” dissi tirandole su il mento con delicatezza. I suoi occhi erano scuri, le pupille dilatate. “Parli con un ragazzo che, fino ad oggi, ha avuto come unico grande amore un pallone. Chi è il più folle dei due?”

Un timido sorriso le piegò le labbra.

“Fino ad oggi?” ripeté, mordendosi il labbro inferiore.

Quella vista mi distrasse per un momento, ma feci uno sforzo per restare concentrato. Come suonavano diverse quelle parole, dette da lei.

Le cinsi con delicatezza la vita attirandola a me. Dovevo sembrare disinvolto, se le avessi detto ciò che provavo mi avrebbe preso per pazzo. Meglio buttarla sullo scherzo.

“Diciamo che ve la battete.” Bugiardo.

La sentii tremare contro di me. Aveva forse freddo? Mi allontanai un poco per scoprire che stava ridendo, e non potei fare altro che osservarla incuriosito.

“Un pallone come rivale... viste le premesse, c’era da aspettarselo.”

Non so perché, la cosa suonò tanto divertente alle orecchie di entrambi che scoppiammo a ridere come bambini.

 

 

Note:

Per questo capitolo ho tratto ispirazione da “Eppure sentire” di Elisa. Sebbene il capitolo sia visto attraverso gli occhi di Benji, è un po’ come se la versione silenziosa di Myriam fosse in parte rappresentata dal testo della canzone (http://www.youtube.com/watch?v=oQCMSBhuMaU)

 

 

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Cast della FF

Cliccate sui link sottostanti e si aprirà una finestra con le immagini dei personaggi principali... in ordine di apparizione nella FF:

 

Myriam

Benji

Patty

Susie

Holly

Tom

Bruce

Jennifer

Mark

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 14
*** Parte II - Capitolo 14 ***


14

14

 

 

“Due mesi senza giocare?” esclamarono in coro Tom e Bruce.

La smorfia di Holly parlava da sola, ma lui rispose ugualmente. “Così hanno detto.”

Il fallo subito il giorno prima aveva in parte compromesso la riabilitazione del crociato destro, suo flagello da quasi un anno. “Il medico ha prescritto riposo assoluto per una settimana, o l’infiammazione rischia di cronicizzarsi.”

“Dovrai rimettere le stampelle,” osservò Susie costernata.

Fortunatamente la prima partita prevista a calendario si sarebbe tenuta dopo l’estate. “Avrò tutto il tempo di riprendermi, non vi preoccupate.”

Il sorriso tirato di Holly rivelò che aveva bisogno di riposare, il dolore doveva averlo tenuto sveglio gran parte della notte. I ragazzi si accomiatarono, lasciandolo alle cure amorevoli di Patty.

“Questa non ci voleva.” Tom serrò la mascella con rabbia. “Per una partita di qualificazione poi.”

Gli infortuni di gioventù avevano lasciato profondi segni sul fisico dell’attaccante. Myriam ricordava bene le partite giocate allo stremo delle forze, con fasciature strette a spalla e caviglia, spesso all’insaputa dei compagni di squadra.

 “Si rimetterà presto, non temete” intervenne Benji serio, mentre uscivano dal retro per evitare la stampa accalcata all’ingresso. “Holly non è tipo da rimanere fermo a lungo.”

“Un po’ lo invidio” intervenne Bruce attirandosi una serie di sguardi perplessi. “Riceverà le coccole delle infermiere più carine del reparto ortopedia.”

Dopo un primo momento di stupore i ragazzi scoppiarono in una risata fragorosa.

“Bruce peggiora sempre” commentò Susie scuotendo il capo.

“Non lo credevo possibile,” scherzò Tom di rimando.

Cercando di tornare seria, Myriam percepì il clima di serenità generale. Ormai primi nel loro girone, li attendevano due settimane di vero relax. Se non fosse stato per l’infortunio di Holly avrebbero sicuramente passato il giorno a brindare allegramente.

Pochi minuti bastarono invece perché il gruppetto si sciogliesse, ognuno con i propri impegni per il pomeriggio. La calura estiva si univa all’umidità, e l’idea di sedersi a mangiare non allettava nessuno.

Benji si avviò in silenzio verso la macchina e lei lo seguì in silenzio.

“Hai programmi per i prossimi giorni?” chiese Benji aprendole la portiera, prima di fare il giro e salire a sua volta.

Gli lanciò un’occhiata incuriosita. Benji non faceva mai domande a caso, stava sicuramente tramando qualcosa. Ripensò al loro volo di rientro e un sorriso le piegò le labbra.

Complice una forte perturbazione, l’aereo sul quale viaggiavano aveva ballato fino all’arrivo a Tokyo. Mentre il panico dilagava tra i passeggeri, Benji aveva insistito per tenerla stretta tra le braccia, giocherellando con i suoi capelli e sussurrandole parole dolci all’orecchio. Tale l’abitudine a volare trovava quel trambusto esagerato, ma si era presto arresa alla voce carezzevole del ragazzo.

Come sono sdolcinata pensò tra sé, incrociando due occhi scuri che la fissavano in attesa di una risposta. “Nessun programma,” si affrettò a negare con un gesto del capo. Era certa che i battiti del suo cuore fossero udibili a chilometri di distanza ma si rifiutò di pensarci.

Il ragazzo avviò il motore senza distogliere lo sguardo da lei. Myriam deglutì abbozzando un timido sorriso, del tutto inconsapevole dell’immagine che poteva offrire a un osservatore esterno. Irradiava luce interiore. Energia potente, istintiva.

Benji si schiarì la voce, uscendo dal parcheggio e concentrandosi sulla strada. “Che ne diresti di una vacanza in barca? Comincia a fare troppo caldo per i miei gusti.

“Noi due soli?”

“Sì.”

Il ragazzo trattenne il fiato per un attimo. Si sarebbe lanciato da un treno in corsa piuttosto che veder spegnersi quel bagliore ambrato negli occhi che lo osservavano con stupore.

“Ok.”

Semplice e concisa. Nessun cambiamento nel tono di voce, nessun segno apparente di tensione. Espirò nuovamente. “Ok per la barca, oppure ok partiamo da soli?”

“Ok per entrambi.”

“Affare fatto allora” concluse il ragazzo con un sorriso mozzafiato.

Myriam lo guardò senza riuscire ad aggiungere altro. La portata della decisione appena presa le si insinuò nelle vene. Avrebbero davvero trascorso più giorni in barca, senz’altra compagnia che il mare? Stentava a crederlo. Il profilo rilassato di Benji alla guida contrastava con le piroette del suo stomaco. Forse aveva sognato. “Non ho l’abbigliamento adatto,” mormorò non appena ebbe recuperato l’uso della parola.

Benji si voltò verso di lei, sembrava divertito. “Dubito che il guardaroba di Gisèle offra molto in tema velistico, stavolta mi toccherà davvero accompagnarti a fare shopping.”

La ragazza sprofondò nel sedile lanciandogli uno di quegli sguardi che, se solo si fosse potuta vedere, avrebbe senz’altro cercato di reprimere.

 

* * *

 

Era mattina presto. Il sole si stava arrampicando dolcemente nel cielo, inondando di luce l’insenatura dove si erano ancorati per la notte.

Benji scese dal letto e si sgranchì le lunghe braccia. Una delle cose che amava sopra a ogni altra era fare il bagno appena sveglio. Uscì dalla cabina con passo leggero e si cambiò, indossando il costume messo ad asciugare la sera prima.

Fuori il silenzio era interrotto solo dallo sciabordio delle onde contro la chiglia e dallo stridio dei gabbiani che volavano in lontananza.

Si tuffò con una spinta dei potenti muscoli delle gambe, sparendo sott’acqua per riemergere alcuni metri più avanti. Iniziò a nuotare con lunghe e possenti bracciate, allontanandosi dalla barca.

L’acqua era fresca e limpida, e Benji si lasciò trasportare dalla sensazione di incredibile libertà che il mare riusciva a infondergli. Erano partiti da quasi una settimana e nulla sembrava poter guastare la magia del tempo trascorso insieme a Myriam. Per quanto condividessero castamente la cabina di poppa era certo che con un po’ di pazienza tutto sarebbe andato per il verso giusto.

Nuotò per diversi minuti, prima di scorgere una sagoma familiare che lo chiamava salutandolo con la mano.

“Buongiorno signorina” rispose poco dopo mentre, risalito a bordo, si scrollava i capelli passandovi le dita per riordinarli.

La ragazza gli si avvicinò, sfiorandolo con un bacio. Reagì al sale senza quasi accorgersene, passandosi la punta della lingua sul labbro inferiore. “Buongiorno a te.”

Una luce intensa illuminò lo sguardo del giovane. Noncurante del pigiama della ragazza, le circondò la vita con un braccio e la attirò verso di sé.

Myriam trattenne a stento una risatina.

“Sto cercando di sedurti, gradirei che prendessi la cosa più seriamente,” commentò Benji senza scomporsi. La ragazza gli passò una mano dietro l’orecchio, presentandogli con aria divertita un’alga rimasta impigliata tra i suoi capelli.

Un largo sorriso si fece strada sul volto di Benji. “Basta così poco per fermarti? Forse sei ancora addormentata, vediamo come rimediare al problema.

Un che di inaffidabile gli balenò negli occhi e Myriam si sciolse dall’abbraccio facendo un passo indietro. “Fermo Price, niente colpi bassi prima di colazione.”

Il ragazzo ignorò il monito e la sollevò da terra senza difficoltà.

“La mattina ti prende sempre così?” protestò lei a mezz’aria. “Sono ancora in pigiama!” Non fece in tempo a finire la frase che, con un agile balzo, Benji catapultava entrambi in acqua. “Cavernicolo” annaspò pochi istanti dopo fra le risate di lui, “quando scendiamo a terra ricordami di regalarti una clava.”

Benji si arrampicò su per la scaletta, senza smettere di ridere. “Così impari” la rimbeccò aiutandola a salire. Non appena fu a portata di braccio, la ragazza lo colpì sulla spalla con finta rabbia.

“Potresti almeno passarmi un asciugamano?” domandò gocciolando sul ponte.

Mentre aspettava con il braccio teso, notò una trasformazione nell’atteggiamento di Benji. La spensieratezza era scomparsa, lasciando il posto a un’espressione indecifrabile.

“Tutto ok?”

Le bastò un attimo per vedersi con i suoi occhi. Bagnata dalla testa ai piedi, la maglietta  incollata alla pelle, praticamente nuda in pieno giorno. Si coprì il petto con le braccia, mentre il viso le andava a fuoco.

Benji si scosse dal suo torpore e volse via lo sguardo con imbarazzo. “Scusami, non ci avevo pensato,” ammise porgendole un ampio telo di spugna.

La ragazza vi si avviluppò a mo’ di mummia, cercando di sembrare meno stupida di quanto si sentisse in realtà. Lui, abituato a ogni tipo di donna e avventura, stava dimostrando pazienza e nervi di acciaio. Lei sembrava bloccata ai pudori dell’adolescenza. Sentì un’onda di frustrazione montarle dentro.

“Sai che appena sveglio mi funziona solo un neurone,” cercò di sdrammatizzare Benji con una smorfia buffa.

Myriam abbassò gli occhi, e un timido sorriso le piegò le labbra. “Mi cambio e ti preparo la colazione.”

Scese sotto coperta e infilò un leggero vestito azzurro sopra al bikini. Si fermò un attimo a guardarsi allo specchio, incrociando lo sguardo della sconosciuta che solo Benji sapeva evocare. Sparite le occhiaie, il naso leggermente spellato dal sole e lontano, molto lontano il ricordo delle notti passate a sognare un futuro che fino a pochi giorni prima sembrava impossibile.

Inspirò a pieni polmoni e aprì la porta, dirigendosi verso la piccola cucina. Pochi minuti dopo il profumo di caffè arrivò fin sul ponte, decretando l’inizio della giornata.

“Grazie mille,” disse Benji mentre le prendeva dalle mani una tazzina fumante e un piatto pieno di biscotti.

Myriam si sedette a poppa accanto a lui. Doveva parlare del più e del meno e non pensare. Soprattutto non pensare al suo torso abbronzato e ancora nudo, la linea dei suoi muscoli si perdeva in un disegno armonico che le toglieva il fiato. “Pensi che andremo in paese a fare un po’ di spesa?” fu la prima domanda che le venne in mente.

Benji le fece l’occhiolino. “Come preferisci. Tu sei la mente e io il braccio, tu comandi nell’ombra mentre io agisco alla luce del sole.

La ragazza gli lanciò un’occhiata allegra. “Vuoi vedere cosa sono riuscita a fare ieri sera?” Prima ancora che potesse risponderle, gli mise in mano un pezzo di cima che aveva tenuto da conto la sera prima.

“Un nodo da parabordo, complimenti” la canzonò, divertito dai suoi tentativi andati a vuoto con nodi più difficili. “Sei quasi pronta per la Coppa America.”

Alla sola idea Myriam scoppiò a ridere e lo sguardo di Benji si illuminò. Vederla felice gli faceva sciogliere il cuore. Era così espressiva, così piena di passione. Le circondò la vita con un braccio per darle un bacio, ma qualcosa attirò la sua attenzione. Alcune nuvole in cielo si stavano addensando, non lasciando presagire nulla di buono.

Si allontanò da lei con dolcezza. Myriam lo seguì con lo sguardo mentre raggiungeva agilmente la prua e azionava il comando elettrico per sollevare l’ancora.

“Prendi il timone e punta verso il promontorio” le ordinò da sopra una spalla.

Ubbidì, senza capire cosa lo stesse preoccupando. Cominciava ad avere un po’ di dimestichezza con le manovre in movimento, ma non era solito lasciarla sola al timone.

Poco dopo le era di nuovo affianco. “Dannazione,” esclamò azionando a vuoto il pulsante di accensione del motore. “L’elettrovalvola si è inceppata.”

La ragazza aggrottò le sopracciglia. “Non parte?”

“Sembra di no” rispose lui serio. “Direi che siamo nei guai.”

Myriam abbozzò un sorriso incredulo. Il sole brillava nel cielo e fino a pochi istanti prima il suo unico problema era stato tenere a bada i propri ormoni impazziti. “Che bello, è sempre un piacere iniziare la giornata con una buona dose di ottimismo.”

Benji non raccolse la scherzosa provocazione. In quelle condizioni avrebbero dovuto manovrare a vela fin dentro il porto, distante diverse miglia. La migliore volontà del mondo poteva non rivelarsi sufficiente nel caso il tempo fosse peggiorato.

“In marcia” concluse serrando la mascella. “Prima ci avviamo, prima arriviamo a destinazione.”

Myriam osservò in silenzio l’espressione indurita sul suo volto, cercando di assimilarne il repentino cambiamento. Provava fiducia estrema in Benji ed era certa che seguendo le sue istruzioni alla lettera tutto sarebbe filato liscio.

Rimase al timone mentre il ragazzo eseguiva le manovre con misurata lentezza, le mani  tese sotto i piccoli guanti che le aveva fatto indossare. In meno di mezz’ora il vento si era alzato di dieci nodi e il cielo si era parzialmente oscurato.

Nonostante il salvagente sentiva freddo e la salsedine le tirava la pelle, ma la concentrazione necessaria a tenere la rotta la rendeva immune alle oscillazioni del ponte. Si scambiarono poche parole, strettamente necessarie, veleggiando con onde sempre più alte fino a un piccolo villaggio di pescatori.

Sorrise alla vista del porticciolo, concedendosi un breve momento di relax. Benji lasciò le scotte (15) e le prese il timone dalle mani. Senza che glielo chiedesse si affrettò a sistemare i parabordi, camminando bassa per evitare di finire in acqua sul più bello.

Non appena superato il faro, i grandi massi che delimitavano l’ingresso delle imbarcazioni li accolsero nella loro cerchia protettiva. Grazie all’aiuto di un solerte ragazzino, poterono ormeggiare senza troppe difficoltà.

Myriam sentì le ginocchia tremare per la tensione accumulata, e si lasciò cadere a terra lanciando un sospiro di sollievo. Le prime gocce di pioggia le bagnarono il viso e le accolse con un sorriso. “Siamo stati fortunati.”

“Puoi dirlo forte” considerò Benji scivolando accanto a lei, affatto turbato dalla pioggia che si stava trasformando in acquazzone. “Senza quel ragazzo e con la tua abilità velistica avremmo girato su noi stessi per il resto della vacanza.”

“Grazie, non so vivere senza essere trattata male.”

Per tutta risposta Benji l’attirò a sé. Una folata di vento lì investì ma non vi fecero caso. “Sei stata bravissima, sono fiero di te.”

Myriam alzò lo sguardo, incrociando quello di lui. Provò un formicolio allo stomaco, unito a un ormai familiare senso di vertigine. Dopo un primo attimo di esitazione avvicinò le labbra alle sue, calde e morbide, e chiuse gli occhi, mentre lui la stringeva tanto da accorciarle il respiro.

 

* * *

 

“Fa meno male con uno strappo secco,” insisté scontrandosi con la diffidenza di Benji. Erano due giorni che doveva togliersi un cerotto e non c’era modo di convincerlo. La colla nera gli si appiccicava ai peli e continuava a lamentarsi. “Saresti pronto a giocare una partita con la spalla lussata e hai paura di un po’ di adesivo?”

Il ragazzo la guardò in cagnesco. “Che c’è di male?”

Myriam provò a non ridere ma fallì. Si era fatto un taglietto mentre aiutava il manovale a sistemare il quadro del motore e sembrava che avesse perso l’uso dell’arto. Se fossero stati ancora in porto le avrebbe chiesto di accompagnarlo al pronto soccorso. “Possibile che voi uomini facciate tante storie alla vista di una goccia di sangue?”

Visibilmente ferito nel suo amor proprio, Benji le porse il braccio. La ragazza prese un lembo del cerotto con la punta delle dita e tirò con forza. “Mi sa che mi sbagliavo” disse con una piccola smorfia, cercando di restare seria alla vista del polso depilato e di Benji che imprecava tra sé.

“Non dovevo darti retta” disse infine quando il bruciore si attenuò. “Se ne sarebbe andato con l’acqua di mare.”

Si, certo” fece lei di rimando. “Magari con l’aiuto di qualche squalo.” Guardò Benji con un sorriso. Seduti a prua potevano ammirare il profilo del sole prossimo al tramonto, ma qualcosa sembrava distrarlo. “Stai bene?”

Si, perché?”

Gli spostò con le dita un ciuffo di capelli ribelli. “Stai aggrottando la fronte. Lo fai solo se qualcosa ti preoccupa.”

Le circondò le spalle con un braccio, attirandola ancora più vicina. “Vorrei che questa vacanza durasse per sempre,” rispose cogliendola di sorpresa. “Tu hai qualcosa che mi fa sentire a casa” proseguì, divertendosi a fissarla mentre cercava di vincere l’ennesimo attacco di rossore.

Myriam pensò a qualcosa di brillante da dire ma non le venne in mente nulla. Con un sospiro si concentrò sul mare e il ragazzo rispettò il suo silenzio.

Nemmeno lei sarebbe mai voluta scendere da quella barca. Una volta superata la sua corazza di feroce riserbo scopriva un uomo complesso e adorabile, capace di scavarle nell’animo e accogliere le sue paure con infinita tenerezza. Al solo pensiero di perderlo sentì lo stomaco stringersi in una morsa.

La fissò con intensità crescente, prima di aprirsi nel sorriso che preferiva. “Tutto questo entusiasmo mi commuove.”

“Benji, io...

“Cosa?”

“Niente.”

“Conosco quel niente. Non è niente, è qualcosa. Tu cosa?”

Il rollio della chiglia sembrò accentuarsi nella sua mente. Non disse nulla. Si limitò ad alzarsi, porgendo al ragazzo la mano destra. Benji si mise in piedi, seguendola nella cabina che avrebbero condiviso per l’ultima notte. Mancandole il coraggio di esprimersi ad alta voce i suoi gesti avrebbe parlato per lei. Lo voleva, aveva bisogno di lui.

La luce del tramonto creava strane ombre intorno a loro, tutto era dei toni del rosa e dell’arancio. Myriam gli prese il viso tra le mani e lo baciò dolcemente, conscia del desiderio che sentiva crescere dentro di sé.

Sempre in silenzio Benji la strinse fino a che i loro corpi non aderirono perfettamente. Le sfiorò il collo con tanti piccoli baci, facendole scorrere la mano sulla schiena, mentre lei gli slacciava uno ad uno i bottoni della camicia. Un lento sorriso stirò le labbra del giovane allorché incontrò lo sguardo di lei, perduto di emozione.

Con un brivido Myriam gli scostò il cotone dalla pelle, passandogli le dita sul petto. Inspirò profondamente. Sapeva di mare.

Si sentiva nervosa, ma non era la stessa sensazione di timore che l’aveva bloccata tante volte. Un calore irradiava il suo corpo, generando una violenta sensazione di aspettativa. Trasalì al contatto delle labbra che il suo collo reclino aspettava inconsciamente e, senza quasi accorgersene, cominciò a respirare con affanno.

Si sdraiarono, senza staccarsi l’uno dall’altra. Da quel momento Myriam cessò di appartenersi. Chiuse gli occhi, aprendosi alle emozioni inafferrabili di una realtà sospesa tra lo spazio e il tempo.

 

* * *

 

Scrutò nella penombra il volto della ragazza addormentata al suo fianco. Mai aveva provato una tale urgenza mista a infinita tenerezza. I primi baci e le carezze erano stati il preludio di una passione crescente, che li aveva portati a fondersi nel primo vero abbraccio della sua vita.

Era quello l’amore? Evocò il ricordo di infatuazioni effimere quanto il battito d’ali di una farfalla. Immagini di volti femminili si confusero tra loro in un panorama indistinto e lontano. Sorrise.

Le sue labbra si posarono lievi sui capelli di lei. Fu improvvisamente colto da un timore istintivo, come se potesse sfuggirgli, quale sabbia tra le dita. Provò un’irrazionale fitta di gelosia e trattenne a stento l’impulso di svegliarla per riportarla a sé.

“Benji” lo chiamò.

Si bloccò per un attimo, fissando i suoi occhi chiusi. Si era svegliata? La sua voce cristallina non lasciava adito a dubbi.

Myriam sospirò, muovendosi inconsapevole nel sonno. “Benji” mormorò dolcemente.

Lo stava sognando. Il cuore gli tamburellò nel petto.

“Resta” sussurrò. “Non andare... ti prego.”

Lo stava sognando e voleva che restasse con lei, nel suo sogno.

Cercò di dare un senso ai sentimenti che d’un tratto lo sommersero, ma nessuna parola era potente abbastanza da definirli. Per un lungo momento si lasciò andare, annegando in quel vortice misterioso.

Quando riaffiorò in superficie sentì che non sarebbe mai più stato lo stesso. Guardò fuori, stupito che fosse ancora buio, che il sole non fosse sorto insieme a lui.

Pensò ai suoi genitori, all’amore che li aveva sempre uniti. Trent’anni di matrimonio e ancora si guardavano come il primo giorno. Sarebbe stato così anche per lui. Avrebbe amato la ragazza stesa al suo fianco per il resto della vita.

Fissò rapito la sua espressione inconsapevole, sentendo l’amore per lei fissarsi in ogni fibra del suo essere.

Dormiva più serena ora, un leggero sorriso disegnato sulle labbra.

 

 

Note:

(15) La scotta è un termine marinaresco che designa una cima, ovvero una corda che permette la regolazione delle vele di un'imbarcazione.

 

Per la parte finale di questo capitolo ho tratto ispirazione dalla canzone dell’ultima scena di Twilight, “Flightless bird, American mouth”, che potete ascoltare al link http://www.youtube.com/watch?v=7FddRcJwlT4.

 

 

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Cast della FF

Cliccate sui link sottostanti e si aprirà una finestra con le immagini dei personaggi principali... in ordine di apparizione nella FF:

 

Myriam

Benji

Patty

Susie

Holly

Tom

Bruce

Jennifer

Mark

 

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Capitolo 15
*** Parte II - Capitolo 15 ***


15

15

 

 

“Fa un certo effetto non trovi?”

Il volto di Patty era sorridente e rilassato, mentre Myriam sentiva il mondo intero ruotarle attorno. In giro per fare delle compere, erano state fermate e fotografate da diversi giornalisti. Non riusciva a crederci. Sembrava tutto così irreale.

Forse il segreto era farci l’abitudine. Patty era cresciuta con Holly e il suo amore con lei, trovarsi al centro dell’attenzione sembrava non farle il minimo effetto.

 “Finché siamo tra donne è tutto ok” proseguì l’amica fermandosi davanti a una vetrina. “I problemi nascono quando ti fai vedere in compagnia di un uomo. A meno che non si tratti di un parente stretto si scatenano illazioni di ogni genere.

Myriam annuì con fervore. “Ricordo bene quando mi hanno fotografata con Tom.” Sorrise al pensiero di quanto la sua vita fosse cambiata da quel giorno. Con il campionato alle porte, Benji le aveva proposto di seguirlo in Germania. Stentava ancora a crederci.

“Hai deciso cosa fare?” sembrò leggerle nel pensiero Patty.

Arrossì violentemente. “Seguirei Benji in capo al mondo” confessò senza riuscire a guardarla negli occhi.

Tornare in Europa sarebbe stato un po’ come avvicinarsi a casa, per quanto l’idea di separarsi dalla New Team le pesasse. Fortunatamente Tom era di base a Parigi e le occasioni per vedersi non sarebbero mancate. Lanciò all’amica uno sguardo triste. “Mi mancherete da morire.”

Patty la strinse in un abbraccio affettuoso. “Che ne dici di un po’ di shopping per consolarci?”

Il suo volto si illuminò. “Direi che è un’ottima idea.”

Entrarono in un rinomato negozio di scarpe senza accorgersi che un uomo in jeans e occhiali scuri le aveva seguite da lontano. Con piglio soddisfatto accostò il cellulare all’orecchio e, pochi istanti dopo, una macchina si avvicinò al marciapiede per farlo salire, prima di allontanarsi a gran velocità.

 

* * *

 

Si sentiva leggera come una piuma. Persino il fumetto di Captain Tsubasa era passato in secondo piano, nascosto sotto una pila di vestiti nel suo armadio.

Confortata dalla calda intimità della sua stanza si sdraiò sul letto a pancia in giù, con davanti il portatile prestatole da Patty. Alla fine dell’anno si sarebbe tenuta un’importante mostra sul calcio giapponese e si era subito proposta di darle una mano. Abituata alle più noiose conferenze istituzionali, gli eventi sportivi rappresentavano un piacevole diversivo nel tempo trascorso da sola.

All’avvio del programma di posta fu accolta da un elenco interminabile di email.

“Buonasera signorina” la distolse Benji dai suoi pensieri. Di rientro dagli allenamenti e con i capelli ancora sudati, si sedette sul letto accanto a lei macchiando il copriletto di verde.

A quella vista Myriam scoppiò a ridere. “Emma ne sarà felice.”

“Felice di cosa?” Gli bastò seguire lo sguardo della ragazza per capire a cosa alludesse, prima di scattare in piedi. “Potevi avvisarmi che avevo la tuta sporca.”

Myriam inarcò un sopracciglio. “Certo... e tu ricordami di non andare in giro nuda per strada, soprattutto di notte.”

Un lampo divertito attraversò gli occhi del giovane. “Percepisco un leggero tono di sarcasmo, ma non voglio farci caso. Avevo tanta voglia di vederti che non mi sono nemmeno fatto la doccia,” proseguì avvicinando il viso a quello di lei.

La ragazza lo fissò intensamente mentre le loro labbra si avvicinavano. “Si sente” non poté fare a meno di burlarsi di lui, meritandosi una sonora sculacciata.

Benji si fece improvvisamente serio. “Dovrei andare a Monaco per qualche giorno.”

Il sorriso le morì sulle labbra, mentre il singolare del verbo dovrei echeggiava nella sua mente. Cercò di ricacciarlo indietro. “Problemi con la squadra?” domandò sedendosi accanto a lui.

“Devo incontrare il nuovo allenatore. Ha appena firmato il contratto e vuole vedermi per discutere la formazione. Abbiamo acquistato diversi giocatori e sente tutti occhi puntati addosso.

Si risolse a spegnere il computer, smettendo di fingere un interesse che non provava. Non si era mai separata da lui per più di un giorno, e l’idea di saperlo in un altro continente le sembrò d’un tratto insostenibile. “Fantastico, sarà un’occasione per conoscerlo meglio.” Cercò di sembrare entusiasta ma non doveva averlo convinto, un sorriso aleggiava sugli angoli delle sue labbra.

Le sollevò il mento con un dito e la baciò con dolcezza. Myriam trattenne il respiro, aggrappandosi a quell’istante così perfetto.

“Più di venti ore di volo in tre giorni, mi sento stanco solo a pensarci” proseguì Benji con una smorfia. Tornò a fissarla negli occhi. “Che ne dici di una cenetta romantica per farmi perdonare?”

Annuì con il capo. Sono solo tre giorni pensò tra sé, doveva essere ragionevole. Solo tre giorni.

 

Myriam fissò l’orizzonte, contemplando la notte scura e limpida. Benji aveva scelto un ristorante sulla Bulgari Ginza Tower, il cui tetto a terrazza vantava l’unico giardino all’Italiana di Tokyo.

Vasi profumati di piante aromatiche e luci soffuse rendevano l’atmosfera raffinata senza eccedere. Ultime pennellate di un quadro già perfetto, la doppia tovaglia in lino bianco e i candelabri in argento massiccio non sfuggirono al suo occhio esperto.

Gustarono in silenzio pietanze ricercate della cucina giapponese, innaffiate da un Chardonnay Livon scelto con cura nella più completa carta di vini che avesse avuto occasione di scorrere.

“Vedo che la tua abilità con le bacchette è migliorata” le disse Benji mentre si destreggiava abilmente tra una portata e l’altra.

Sentì le guance avvampare al ricordo della sua prima cena con lui. “Speravo non te ne fossi accorto” considerò timidamente.

Benji si appoggiò allo schienale della sedia, sollevando il calice di cristallo in un brindisi silenzioso. “Ero ubriaco, non cieco.”

La fissava tanto intensamente da provocarle un brivido lungo la schiena. Avendo perso la voce in un punto imprecisato tra le posate e il bicchiere, si limitò a seguire il suo gesto.

Un lampo improvviso spezzò l’incantesimo. Una coppia seduta a qualche tavolo di distanza li stava fotografando come se niente fosse. Benji si alzò in piedi, dirigendosi verso l’uomo con la macchina digitale. La ragazza non riuscì a sentire lo scambio di opinioni, ma il diverbio sembrò trovare facile risoluzione.

“Tedeschi in vacanza, pensavano di aver disattivato il flash” spiegò tornando a sedersi con calma. I tratti del suo viso non tradivano il minimo disappunto. Ne fu sorpresa, Benji non era solito concedere immagini della propria intimità. “Mi dispiace solo che tu debba sopportare queste scene.”

“Figurati, non è colpa tua” lo rassicurò, coprendo una mano del ragazzo con la sua.

“Prima o poi si stuferanno.”

Myriam inarcò un sopracciglio. “Certo, quando avrai novanta anni e perso tutti i denti.”

Scoppiarono entrambi in un’allegra risata e gli occhi di Benji tornarono a posarsi su di lei. “Mi mancherai piccola peste, non sai quanto.” Una punta roca colorò la sua voce e Myriam non poté far altro che sorridergli con tutto il cuore.

“Anche tu mi mancherai capitano, vedi di tornare al più presto.”

 

* * *

 

La stanza era immersa nel silenzio. Myriam si alzò, nonostante il suo istinto le consigliasse di poltrire ancora. L’alone di severità che aleggiava in casa contribuiva ad alimentare in lei un senso di soggezione, tutti si alzavano presto e non voleva essere da meno.

Infilò una felpa di Benji che le coprisse almeno in parte le gambe e lasciò la stanza del ragazzo alla chetichella. Trovava conforto nel dormire tra le sue lenzuola, ma per nulla al mondo avrebbe voluto che Emma la scoprisse.

Domani Benji sarà di nuovo qui pensò tra sé mentre, pochi istanti dopo, il getto caldo della doccia dissipava i suoi pensieri nel vapore.

Non appena fu pronta accese il cellulare per chiamare Patty. Non ricordava il luogo dell’appuntamento fissato in mattinata. Il display si illuminò, accompagnato dal tono di arrivo di un messaggio. Tom l’aveva cercata alle sette e trenta. Incuriosita, digitò il numero e si avviò verso il garage. Il telefono suonò libero per pochi istanti appena.

“Era ora” esordì senza salutarla, “ti sembra l’ora alla quale alzarsi?”

Myriam inarcò un sopracciglio. “Buongiorno Tom, anche a me fa piacere sentirti” rispose salendo in macchina.

Il ragazzo ignorò la sottile ironia. “Sei a casa?”

“Sto andando da Patty” disse cercando di districarsi tra cintura e auricolare. Guidare seduta dal lato del passeggero era già complicato senza l’aggravante di una conversazione esterna.

“Fermati alla prima edicola che incontri.”

Perplessa, la ragazza sbatté le palpebre. Non capiva se stesse scherzando. “Cosa succede Tom? Tutto ok?”

Il telefono rimase muto per un attimo. “Temo di no” sospirò lui, “ti raggiungo appena riesco a liberarmi.”

Riagganciò senza dare a Myriam il tempo di chiedere spiegazioni. Non le aveva nemmeno detto cosa comprare in edicola.

Guidò cercando di mantenere la calma, aiutata dal navigatore che le aveva regalato Benji per evitare che si perdesse nelle intricate strade di Tokyo. Ferma a un semaforo, tamburellò le dita sul volante, impaziente che scattasse il verde. Cosa avrà voluto dire? Si domandò, seguendo con sguardo distratto un gruppetto di ragazzine che attraversava a pochi metri da lei. Qualcosa attirò la sua attenzione. Una di loro teneva in mano una rivista.

Accostò al primo parcheggio disponibile, schizzando fuori dalla macchina come se stesse andando a fuoco.

“Oh, mio, dio” furono le uniche parole che riuscì a pronunciare entrando nel chiosco più vicino. Sulla parete di fronte a lei troneggiava l’ingrandimento della copertina che ritraeva Benji a tutta pagina e, in più piccolo, al suo fianco la sera di Twilight. “Matrimonio a sorpresa per il capitano della nazionale” lesse ad alta voce mentre il pavimento la inghiottiva.

 

“Dovreste denunciarli” esplose Patty. “Certi giornalisti andrebbero radiati dall’albo.”

“Gatsby è nota per la sua capacità di comprendere e perdonare il prossimo” cercò di sdrammatizzare Tom senza però sortire l’effetto sperato.

Myriam si limitò ad alternare lo sguardo dall’uno all’altra. Faticava a pensare tanto si sentiva disorientata. Patty era l’unica a sapere, l’unica con la quale si fosse confidata. Nemmeno Benji era a conoscenza della sua decisione, voleva aspettare il suo rientro per dirgli di sì, che si sarebbe trasferita con lui a Monaco. Ora tutti i giornali ne avrebbero parlato. Ci sarebbero state speculazioni di ogni genere e Benji avrebbe finito per cambiare idea. Un’ondata di panico le salì nel petto.

“A chi lo hai detto oltre me?” proseguì Patty con veemenza.

Tom sgranò gli occhi. “C’è qualcosa di vero in questa intervista?”

Nonostante desiderasse solo tapparsi le orecchie e scappare via, Myriam rimase immobile, lo sguardo perso nel vuoto. “Alcune cose.”

Il ragazzo la squadrò, sempre più incredulo. “Pensate davvero di sposarvi in segreto una volta arrivati in Germania?”

“Certo che no!” esclamò scuotendo il capo. “Benji mi ha solo chiesto di seguirlo a Monaco per l’inizio del campionato e non gli ho ancora risposto.” Non appena il senso di quelle parole raggiunse il suo livello cosciente si ammutolì. Stava davvero sminuendo la proposta più importante mai ricevuta?

Patty si lasciò cadere su una sedia e incrociò le braccia al petto. “Bisogna capire come è avvenuta la fuga di notizie, escludo a priori che Benji ne abbia parlato con chicchessia.”

“A meno che non ci fossero microspie nella macchina di Benji non capisco davvero come la stampa lo abbia scoperto.” Myriam ripensò con rabbia alla foto scattata dal turista tedesco durante la loro cena, in bella mostra nell’inserto speciale.

“Microfoni direzionali?”

La domanda di Tom rimase per un attimo sospesa nel vuoto. “Dove eravate quando ne avete parlato?”

“Io e Benji?”

“No, tu e Patty.”

Le due ragazze si scambiarono occhiate sgomente. “In giro per negozi” rispose Patty per prima. “Secondo te qualcuno ci ha spiate?”

“E’ molto probabile” considerò Tom appoggiandosi allo schienale della sedia. “Con la giusta attrezzatura sarebbe bastato seguirvi a una decina di metri di distanza.”

Myriam scosse il capo stordita. Avevano sentito e trascritto tutto nei minimi dettagli. I suoi pensieri, i suoi dubbi, le sue speranze. Seguirei Benji in capo al mondo... ripeté fra sé sentendo un brivido gelido scivolarle lungo la schiena.

“I conti tornano” concluse Patty con un sospiro, “Benji non la prenderà bene.”

“Magari la rivista non viene distribuita in Europa” azzardò Tom con una smorfia.

Myriam scosse il capo. “Con la fortuna che ho, gliela consegneranno all’aeroporto chiedendogli un commento a caldo.”

Tom le si sedette accanto, circondandole le spalle con un braccio. “Allora il problema, quello vero, sarà come avvisarlo cercando di evitare troppi danni fisici.”

 

* * *

 

Si chiuse la porta alle spalle. Non aveva testa di mettersi al lavoro e, dopo essere stata riconosciuta più volte in strada, si era decisa a tornare a casa.

Aveva provato a chiamare Benji ma senza successo. Sebbene fosse solito alzarsi all’alba per allenarsi, il cellulare risultava staccato e non aveva idea di come raggiungerlo.

Un macigno le pesava sullo stomaco. Le era bastato fermarsi a comprare la rivista perché gli acquirenti in fila la additassero incuriositi, al solo pensiero dell’accoglienza che avrebbero riservato a lui si sentì mancare.

Salì le scale fino alla camera da letto augurandosi che, a differenza delle cameriere, Emma non fosse incline ai pettegolezzi.

“Bentornata” fu il saluto che l’accolse mentre poggiava la giacca sul letto.

Si voltò di scatto. Benji era appoggiato alla finestra e la fissava con occhi immobili.

“Ti aspettavo domani mattina” fu l’unica cosa che riuscì a dire. Forse non la migliore a giudicare dall’espressione indurita del giovane.

“Ho pensato che ci fossero validi motivi per anticipare il volo, non credi?”

Myriam si gelò sul posto. La tensione era tale da sembrare una terza presenza nella stanza.

“Immagino tu abbia letto l’intervista” concluse debolmente. Avrebbe voluto provare la sua stessa rabbia ma non ne era capace. Se solo avesse tenuto la bocca chiusa, la loro intimità non sarebbe stata violata. “Posso spiegarti.”

Benji strinse i pugni fino a farsi sbiancare le nocche. “Cosa significa tutto questo?”

Solo allora Myriam notò la rivista che teneva controvoglia tra le mani, come se qualcuno gliela avesse imposta lì per lì. “Posso spiegarti” ripeté.

Benji ignorò la confusione che albergava negli occhi di lei e, aprendo una pagina a caso, cominciò a leggerne le prime righe. “Benjamin Price è l’uomo che aspettavo da tempo. Non vorrei precipitare troppo le cose... certo, il matrimonio è nel nostro futuro...

La ragazza boccheggiò. Una cosa era leggere quelle frasi, un’altra sentirle uscire dalle labbra di lui. “Non puoi pensare che abbia detto quelle assurdità.”

Le puntò gli occhi addosso. Non c’era indulgenza nella sua collera, né tanto meno riusciva a controllare il ritmo forsennato delle sue pulsazioni. Non sapeva se essere più arrabbiato per ciò che aveva letto o per il fatto che sembrasse così calma.

“Vuoi dire che si sono inventati tutto.”

Sentì il sangue abbandonare il suo corpo. “Quasi tutto” ammise. “Ho parlato solo con Patty, l’ultima volta che siamo uscite insieme. Devono averci spiate.”

Per tutta risposta Benji gettò il giornale a terra. “E di cosa avreste parlato di grazia? Del nostro matrimonio? Dei figli che avremo un giorno? Avrei gradito essere messo a conoscenza di tali progetti.

Una viva incredulità si dipinse sul volto della ragazza. “Perché invece di processarmi non cerchi di capire cosa sia successo?”

Benji parve soppesare le sue parole. “Dove si trova la tua famiglia?” domandò con più enfasi del necessario. “I giornalisti cominciano a credere che tu sia spuntata fuori da nulla, e a questo punto risulta alquanto difficile dargli torto.”

Le pupille di lei si dilatarono. “Non mi sembra il momento di affrontare questo discorso.”

“Ti prego, puoi essere un po’ più vaga?”

Myriam gli voltò le spalle, chiudendosi in un silenzio furibondo.

“Brava, così è più vago.”

“Sento forse una punta di sarcasmo?” sbottò lei tornando a fissarlo.

Benji inarcò un sopracciglio. “Che donna perspicace.”

La ragazza aprì la bocca per rispondere a tono ma cambiò idea. “E’ bello sapere che certe cose non cambiano, sono dei punti fermi. La luce del sole, i pianeti che girano, la tua arroganza. Fingerò che questa conversazione non sia mai avvenuta, quando vorrai parlarne con calma sai dove trovarmi.

Benji le si piantò davanti, vicino quasi da sfiorarla. “Non guardarmi con quell’aria accondiscendente, come se fossi al di sopra di tutto.”

Myriam si sentì vibrare dalla collera. “Vuoi sapere cosa penso?”

“Me lo diresti comunque.”

“Capitano Price, sei talmente incentrato su te stesso da non vedere a un palmo dal tuo naso” ringhiò. “Pensi davvero che voglia incoraggiare la fantasia della stampa?” Nulla era più lontano dalle sue intenzioni, avrebbe dovuto saperlo. Semplicemente, non si fidava di lei.

Benji non rispose, limitandosi a fissarla. Era splendida, anche arrabbiata. Un lampo malizioso si accese nei suoi occhi.

Fermamente decisa a chiudere il discorso, Myriam fece per aprire la porta. Il ragazzo scattò in avanti richiudendola con un tonfo secco. “Si può sapere perché litighiamo sempre?”

La ragazza sentiva crescere in sé un calore tale da fondere ogni cosa, mentre lui d’un tratto sembrava divertito. “Non lo so, ma stavolta è una cosa seria. Avresti fatto meglio a restare in Germania.

Uscì come un tornado. Benji rimase immobile per un attimo, consapevole di non poterla seguire senza aggravare ulteriormente la situazione. Con un sospiro rientrò in stanza, chiudendosi la porta alle spalle.

Appoggiò la schiena al legno massello, battendo un pugno che gli rimandò un rumore sordo. Il profumo di lei aleggiava nell’aria, la stanza così vuota ora che se ne era andata.

In aereo si era ripromesso di affrontare il problema con lucidità e sangue freddo, ma invano. Una scintilla dei suoi occhi ambrati era sufficiente a farlo cadere nel tranello, trascinato da una collera che stentava a riconoscere. Scivolò a terra cercando di recuperare la calma, mentre andava con il ricordo alla mattina del giorno precedente.

 

Tutto era iniziato con Nathalie.

Se l’era ritrovata davanti alla porta di casa, a quasi due anni dal loro ultimo incontro. Mentre se ne stava imbambolato a fissare quell’ospite inattesa, lei si era accomodata sfoggiando la naturalezza dei vecchi tempi.

“Ciao Benjamin.”

Il suo nome in francese gli era sempre suonato estraneo.

“Ciao Nathalie” l’aveva salutata seguendola in salotto. “A cosa devo l’onore?”

La ragazza si era seduta sul divano invitandolo a prendere posto accanto a lei. “Sono arrivata ieri per un servizio fotografico e ho pensato di approfittarne per vedere qualche amica. Sai che Heidi è a Monaco?”

“Heidi Klum?” domandò retorico. Aveva temuto per un attimo che tra le amiche in questione ci fosse Gisèle. Rimpiangeva ancora di averla presentata a Tom, e si sarebbe risparmiato volentieri l’ennesimo fashion show in compagnia delle due avvenenti fanciulle.

La sua ex fidanzata aveva sorriso con candore. “Non conosco altre Heidi.”

Per la prima volta realizzò quanto lei e Myriam fossero diverse. Non era amore ciò che aveva provato a suo tempo per la sofisticata fotografa, solo una mera illusione. Illusione che aveva inseguito a scapito di ogni logica, pagando a caro prezzo la sua testardaggine.

“Ho chiamato il tuo concierge e mi ha detto che eri arrivato da poco. Volevo farti gli auguri di persona” aveva proseguito lei, meritandosi uno sguardo incuriosito.

“Auguri per cosa?”

Nathalie aveva agitato l’aria intorno a sé come se l’argomento fosse tanto ovvio da non meritare spiegazioni. “Inutile fare il finto tonto Price, nell’ambiente lo sanno tutti ormai.” Non fece caso allo sguardo di crescente interrogazione del giovane. “Volevo essere la prima, visto che domani l’articolo farà il giro di mezzo mondo.”

Per celare il suo sconcerto Benji aveva dato fondo a tutta la diplomazia acquisita nel corso degli anni. “Ti prego Nathalie, illuminami.”

“Dove pensate di sposarvi?” aveva proseguito imperterrita. “Se posso permettermi, suggerirei una spiaggia romantica in Indonesia.”

Vedendo che Benji si ostinava a rimanere in silenzio, gli aveva accarezzato un braccio con fare complice. “Devo ammettere di essere un po’ gelosa, quando ho visto la tua foto con lei ho ripensato a come ci siamo lasciati. So di aver fatto una stupidaggine, spero tu non ce l’abbia ancora con me.

“Ormai è acqua passata” aveva risposto con un sorriso forzato.

Il resto della conversazione era vago nei suoi ricordi. Il commiato forzato da Nathalie, la telefonata all’agenzia di viaggi, il rientro anticipato.

Non c’era voluto molto perché l’iniziale senso di inquietudine si tramutasse in sconcerto. La locandina che annunciava l’uscita dello scoop campeggiava in tutte le edicole dell’aeroporto, tradotta in più lingue di quante se ne parlassero sul pianeta.

Devo essere finito in un incubo pensò tra sé mentre prendeva posto in prima classe, lontano da curiosi e ficcanaso.

 

 

Note:

Per accompagnare questo capitolo ho scelto “Gold” degli Spandau Ballet (http://www.youtube.com/watch?v=ntG50eXbBtc&feature=fvst) e “Wild Boys” dei Duran Duran (http://www.youtube.com/watch?v=M43wsiNBwmo)

Sono un po’ retrò... che posso farci?^^

 

 

¨ ¨ ¨

 

Cast della FF

Cliccate sui link sottostanti e si aprirà una finestra con le immagini dei personaggi principali... finalmente posso dirvi chi interpreta Nathalie, a mio parere tra le più temibili rivali in amore che si possa avere^^

 

Myriam

Benji

Patty

Susie

Holly

Tom

Bruce

Jennifer

Mark

Nathalie

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 16
*** Parte II - Capitolo 16 ***


X

E così siamo arrivati all’ultimo capitolo della seconda parte! Inutile dire che nella terza ne succederanno delle belle... E’ un po’ di tempo che non leggo recensioni però, la storia non vi piace più?

So di non essere stata di molte parole recentemente (il tempo purtroppo è tiranno, sorry) ma sappiate che poi mi deprimo e perdo l’ispirazione... recensite pliz^^

 

Quasi dimenticavo... per chi riprende la lettura direttamente da questo capitolo, una sorpresa a fine pagina!

 

 

16

 

 

Aveva una pessima cera.

“Capitano, non hai specchi in casa?” ridacchiò Tom invitandolo a entrare e ricevendo di rimando uno sguardo torvo.

“Molto spiritoso” commentò Benji attraversando l’ingresso e puntando direttamente la cucina. Aveva i capelli in disordine e profonde occhiaie gli solcavano il volto. “Non ho chiuso occhio tutta la notte, avrei bisogno di un caffè triplo.”

“Ok, ok” desisté Tom seguendolo. Era mattina presto, le vacanze agli sgoccioli, eppure entrambi giravano per le rispettive case già da un pezzo. Quando Benji lo aveva chiamato per chiedergli se poteva passare aveva già fatto colazione, una decina di chilometri di corsa ed era fresco di barba. Benji sembrava invece aver dimenticato l’uso del rasoio. “Caffè ristretto?” domandò prima di inserire una cialda nella Nespresso nuova di zecca.

“Grazie” rispose l’amico mentre qualche istante dopo gli porgeva una tazzina fumante.

“Ringrazia piuttosto la mia fan Yoko.”

Benji inarcò un sopracciglio. “Le fan ora regalano elettrodomestici?” domandò alla vista della tipica schiuma da espresso italiano.

Tom strizzò l’occhio. “Solo se nelle interviste dichiari che vai matto per il caffè.”

Resistere alla tentazione di imitare George Clooney nella famosa pubblicità non fu roba da poco e Benji sorrise, grato per quella parentesi rilassante. Aveva bisogno di parlare con qualcuno, di schiarirsi le idee.

Myriam, Myriam, Myriam. Non riusciva a pensare ad altro da quando avevano discusso. O forse sarebbe stato più onesto ammettere che occupava ogni suo pensiero da quando si erano conosciuti.

Ora non solo era scomparsa, ma si ostinava a non rispondere al telefono.

Perché si comportava sempre come un idiota? Abituato da sempre a bastare a sé stesso, gli risultava difficile ammettere quanto si sentisse irrequieto senza di lei.

Ricordava l’espressione sul suo volto quando, in aeroporto, lo aveva salutato sorridente con la mano. Al di là del vetro, aveva provato un senso di mancanza fisica quasi dolorosa al pensiero di non vederla per tre giorni. Se non fosse stato per il proverbiale senso logico che lo contraddistingueva sarebbe rimasto, mandando al diavolo tutto e tutti.

Una volta preso posto in prima classe aveva appoggiato la tempia al finestrino, seguendo con sguardo assente le procedure di imbarco dei bagagli tra i quali spiccavano sempre valigie dai colori improbabili. Senza che quasi se ne accorgesse i suoi pensieri erano andati all’inverno precedente, quando Patty aveva fatto il diavolo a quattro perché si recasse in Giappone per conoscere la primogenita di Julian e Amy, freschi di matrimonio e già pronti a metter su una squadra di calcetto targata Ross.

Nel bel mezzo del campionato e privo dell’entusiasmo che si confaceva a un’occasione del genere, aveva volato da un continente all’altro per presentarsi alla loro porta con tanto di fiori e cioccolatini. Senza quasi salutarlo e prima ancora che potesse tirarsi indietro, la raggiante neo mamma gli aveva messo in braccio una bimbetta di pochi mesi appena.

Tra le risate di Julian aveva lanciato uno sguardo perplesso a quel fagottino leggero come una piuma. Era abituato ad Amy e Julian come coppia, così come tutti sapevano che prima o poi Holly e Patty si sarebbero sposati, ma un figlio era un’altra cosa. Un gorgoglio di approvazione aveva accompagnato il suo timido accenno di ninna nanna, suscitando in lui un irragionevole desiderio di paternità.

Di rientro in Germania aveva accarezzato il pensiero di avere un giorno una figlia, e il sorriso gli si era accentuato all’idea di quanto ne sarebbe stato geloso. La realtà si era però duramente scontrata con quella nuova ambizione paterna. L’esperienza con Nathalie gli aveva dimostrato quanto fosse pericoloso illudersi di aver incontrato la persona giusta, la donna con la quale costruire un futuro luminoso e privo di ombre.

“Terra chiama Benji, terra chiama Benji” lo chiamò Tom. “Mi senti?”

Tornò in sé, incrociando due occhi che lo fissavano divertiti. “Forte e chiaro” rispose con un sorriso. Il cambiamento di umore fu subito chiaro all’amico che si accingeva a preparare un altro caffè.

“Immagino non abbiate ancora fatto pace.” Tom non aveva bisogno di spiegazioni per intuire il suo stato d’animo, e Benji non era tipo da lasciarsi andare a uno sfogo spontaneo.

“In barca siamo stati benissimo, non capisco.” Scosse la testa, fissando il vuoto per un attimo. “Secondo te perché discutiamo tanto?”

“Ha passato troppo tempo con te” lo punzecchiò Tom. “Sei un misogino scontroso e suscettibile, come volevi che si comportasse? Quella povera ragazza ha tutta la mia comprensione.”

Benji scoppiò a ridere, impossibile non riconoscersi nelle sue parole. “A mente fredda so cosa dovrei fare, come dovrei comportarmi. Poi la guardo e mi sento quasi posseduto. Divento irascibile e diffidente. A tratti persino geloso.”

Tom fece una smorfia divertita. “Perché di solito come sei?”

“Sfotti pure, un giorno o l’altro capiterà anche a te.” Benji incrociò le braccia e si appoggiò al bancone. Tom lo fissava, d’un tratto serio in volto.

“Ti è mai capitato di guardare una donna e vederla come circondata di luce?”

Benji gli lanciò un’occhiata interdetta, prima di volgere via lo sguardo. Perché quella domanda? Come poteva sapere? “So che non ha alcun senso ma... sì, mi è capitato.” Difficile ammettere una cosa del genere, persino al suo più caro amico.

“Myriam, immagino.”

Un tuffo al cuore. Era così palese? Sono patetico, non poté fare a meno di pensare mentre annuiva in silenzio, conscio dello spettacolo che offriva all’amico. Sospirò. Era tutto così complicato. Un tempo bastava così poco per essere felici. “Non so cosa fare, quando se ne è andata era fuori di sé.”

“Devi avere pazienza, aspettare che sia lei a cercarti” rispose Tom, affrontando l’argomento con tutta la delicatezza di cui era capace. “Quei giornalisti vanno senz’altro denunciati, ma non dovresti partire sul piede di guerra ogni volta che finite in copertina. Dubito sia facile per lei, come per chiunque, confrontarsi con il tuo mondo.”

Benji tirò l’ennesimo sospiro, giocherellando con il cucchiaino di acciaio. “Lo so, avrei dovuto affrontare l’intera situazione con più calma.” Rimase in silenzio per un attimo, osservando la propria immagine riflettersi sulla superficie opaca. “Sono stato il primo a presentarla come mia fidanzata, eppure avrei gradito che tenesse per sé certe affermazioni.”

“A quali ti riferisci?”

“Al matrimonio, ai figli. Sebbene le abbia chiesto io di trasferirsi a Monaco con me, l’idea che potesse condividere con estranei aspetti intimi della nostra vita mi ha fatto perdere il controllo. Ci ho provato, non sai quanto, ma non riesco a fare a meno di chiedermi cosa l’abbia spinta a dire quelle cose.

Tom soppesò per qualche secondo la domanda che aveva in mente. “Sei certo che sia stata lei, che non si siano inventati tutto? Ne avete parlato?”

Dopo un primo attimo di esitazione, Benji negò con il capo.

“E’ probabile che non le pensi nemmeno. Senza un riscontro concreto la stampa si arrenderà e tutto tornerà come prima.

Il portiere ammutolì, come se tanta ragionevolezza fosse troppa persino per lui. “Secondo te non c’è nulla di vero in quello che hanno scritto?”

“Puoi scommetterci la prossima Champions League. Dovresti conoscerla ormai, non è tipo da cercare attenzione, tantomeno a questi livelli.

Gli occhi dell’amico non mentivano, Benji registrò le sue parole mentre queste si insinuavano nei dedali della sua coscienza, pronte a dargli la pace che tanto agognava. Eppure qualcosa continuava a sfuggirgli. Un ronzio lontano, la sensazione distorta e compagna delle premonizioni irrazionali che finiscono per rivelarsi fondate.

Cosa non quadrava nel discorso di Tom?

Si sentì attraversare da un lampo, come se ogni elemento di un quadro astratto, collocandosi al proprio posto, gli avesse presentato un’immagine del tutto imprevista. “Forse... forse ho capito” mormorò dopo una lunga pausa.

Si alzò in piedi, muoversi lo aiutava a pensare. Una nuova consapevolezza si stava facendo strada in lui e voleva coglierne ogni sfumatura. “Se ti dicessi che non sono le affermazioni dei giornalisti ad avermi irritato?”

Tom lo seguì con gli occhi senza rispondere. Aveva tutta l’aria di una domanda retorica.

“E’ stato come trovarsi in maniche corte in mezzo a una bufera” proseguì Benji ragionando ad alta voce. “L’insopportabile senso di mancanza che ho provato prima ancora di partire, Nathalie che si è presentata a casa mia per farmi gli auguri.”

“Hai visto Nathalie?”

Benji incrociò lo sguardo dell’amico ignorando la sua domanda, alla ricerca del filo di un discorso contorto quanto irrefutabile. “Sembra folle anche a me, ma non è tanto l’idea del matrimonio a sconvolgermi, quanto leggerlo nero su bianco senza averne prima parlato con Myriam. Che potesse confidare ad altri i nostri progetti, questo mi ha mandato su tutte le furie.

Tom faticò a non sorridere di fronte a una così singolare dichiarazione. “Dove vuoi andare a parare? Non dirmi che stai pensando quello che credo tu stia pensando.

Benji scrutò l’amico con aria confusa. “Ovvero?”

Tom gli si avvicinò, assestandogli una sonora pacca sulla spalla. “Se non è l’idea del matrimonio a spaventarti ma una serie di paranoie senza senso, cosa vorrà dire secondo te?”

Il portiere scosse lievemente il capo. “Non saprei. Non ne ho idea. Dovrei chiederle di sposarmi?”

Tom non riuscì a trattenere una risatina.

“E se dicesse di no?” proseguì Benji, rivolto più a sé stesso che all’amico.

“Vedo che ti piace prevedere il peggio in ogni occasione capitano. Se vuoi il mio parere non è di questo che dovresti preoccuparti. Benji abbozzò una smorfia e lo guardò con aria interrogativa. “Hai affrontato di peggio nella tua vita. Pensa a Mark Lenders, alle partite con la Toho.

I tratti tesi di Benji si rilassarono. Tom era incredibile, nulla sembrava buttarlo giù. “Dici che dovrei comprarle un anello?”

L’attaccante scoppiò in una sonora risata. “In questi casi è buona usanza non presentarsi a mani vuote. Ti accompagno, in questo stato finiresti per comprarle un collare per cani.

 

* * *

 

“Anche a te sembrano tutti uguali?”

Una distesa di diamanti di diverso taglio e dimensione faceva mostra di sé su un lungo ripiano rivestito di velluto nero.

“Conosce la misura della sua fidanzata?” domandò con voce misurata la commessa che li seguiva da una ventina di minuti circa. Nonostante li avesse riconosciuti subito, il suo ruolo le imponeva discrezione assoluta.

“Direi proprio di no” rispose Benji con crescente confusione. “Come faccio a sceglierlo?”

Tom fece spallucce, smarrito quanto lui. “Se chiedessimo consiglio alle ragazze?”

Benji scosse il capo senza distogliere lo sguardo dagli anelli. “Diventerei senz’altro lo zimbello della città.”

Uscirono ringraziando e si fermarono su una panchina poco distante. “Pensavo fosse più facile” considerò Benji con aria mesta. “Non è un caso che abbia proposto a Nathalie di sceglierselo da sola, non capisco nulla in fatto di gioielli.”

Quanto tempo sembrava passato da quella sera? Non certo due anni. Una vita, forse più di una lo separavano da quei ricordi.

Tom sorrise alla vista dell’amico in quello stato per un semplice anello. Non conoscendo limiti di spesa, la scelta poteva ricadere su qualunque modello. Ma quale fosse quello giusto, nessuno tranne la destinataria poteva saperlo.

“Price, Becker, avete un talento naturale per restare nascosti” li interruppe una voce familiare.

“Gatsby, qual buon vento?” la salutò Benji con un cenno della mano. La giornata era iniziata male e proseguiva anche peggio. Mancava solo l’ennesimo reporter a documentare il tutto e avrebbe fatto bingo.

“Myriam è rimasta a dormire da me stanotte. Stamattina però è uscita senza dire nulla e ora non risponde al cellulare” spiegò, sedendosi vicino a loro. “Vi siete chiariti?”

Benji le sorrise con gratitudine, sollevato al pensiero che Myriam non avesse passato la notte in qualche albergo. “Purtroppo non che io sappia.”

Era molto strano che non rispondesse nemmeno a Patty.

Inutile preoccuparsi, ha solo bisogno di stare da sola.

Doveva convincersene, non aveva scelta.

“Come mai da queste parti?” domandò Patty incuriosita. Non erano soliti passeggiare per il centro di Tokyo, meta di fan e paparazzi.

“Potremmo chiederti la stessa cosa.”

“Siamo di fronte al mio ufficio.”

I due ragazzi sollevarono gli occhi, rendendosi conto che il loro pellegrinare senza meta li aveva portati di fronte alla federazione.

“Non avete risposto alla mia domanda” insisté lei. Patty non era conosciuta per mollare l’osso facilmente.

“Abbiamo una setta segreta, roba da maschi” rispose Tom agitando l’aria di fronte a sé, “tu non puoi capire.”

La ragazza lanciò un’occhiata pensierosa a Benji. Non lo aveva mai visto in quello stato, nemmeno nei momenti più bui. La sua grinta lo aveva sempre aiutato a superare infortuni e sconfitte, non era da lui starsene con le mani in mano. Perché non andava a cercarla maledizione?

“In compenso capisco quando non sono gradita” ribatté calma, “vi lascio alle vostre cose da uomini.”

Mentre si alzava, Tom diede a Benji una gomitata nel fianco. “Perché non le chiedi di darti una mano?” bisbigliò. “Patty ci sa fare.”

Un barlume di speranza si accese in lei. Forse non tutto era perduto.

“Si può sapere cosa state complottando?”

Lo sguardo di Benji passò dalla ragazza alla gioielleria che si trovava alle loro spalle. Senza pensarci troppo si alzò, prendendola per un braccio e conducendola di fronte alla vetrina che poco prima aveva attirato l’attenzione sua e di Tom.

“Price, cerca di essere più chiaro” borbottò lei, guardandosi intorno senza capire.

Il ragazzo si limitò a indicarle alcuni anelli esposti.

Patty sgranò gli occhi. “Vuoi dire che...” tale lo stupore, non riuscì a completare la frase.

Benji mise fine alla conversazione con un leggero strattone. Seguito a ruota da Tom, la trascinò dentro senza ulteriori commenti.

 

* * *

 

Il pendolo dell’ingresso suonò le otto quando entrò in casa. Aveva saltato il pranzo e la sonnolenza da fuso orario cominciava a farsi sentire. Si diresse in cucina e aprì la porta del frigo, dove lo attendeva un piatto di lasagne pronto per il microonde. Grazie Emma, pensò con lo stomaco che brontolava per la fame.

Cenò rapidamente e si diresse in camera. Dopo una giornata del genere sognava solo una doccia calda e dei vestiti puliti.

“Bentornato” lo salutò una voce familiare.

Si voltò verso la ragazza seduta sul letto. Gli appostamenti reciproci stavano diventando un’abitudine.

“Bentornata anche a te” si limitò a salutarla di rimando, contenendo a stento l’impulso di avvicinarsi e prenderla tra le braccia. “Patty ti cercava, dove sei stata?”

“Volevo starmene un po’ per conto mio, ma un fotografo mi ha seguita per tutto il giorno” rispose lei senza scomporsi.

“Davvero?”

“Davvero. Mi ha tallonata finché non ho perso la pazienza.”

Benji appoggiò una spalla al muro, osservandola divertito. Sembrava più calma, sebbene il suo sguardo non tradisse alcuna emozione. “Lo hai affrontato? A mani nude?”

Myriam rispose senza badare allo scherzo. “Sono riuscita a prenderlo in contropiede, sfilargli di mano la macchina fotografica e frantumarla a terra. Dice che sporgerà denuncia ma non mi importa.”

Il ragazzo scoppiò a ridere, mentre una smorfia soddisfatta aveva la meglio sulla compostezza di lei.

Le si sedette accanto, ben attento a non sfiorarla. “Ho un ottimo avvocato, nel tempo si è specializzato in cause di questo genere.” Sentì il cuore scaldarsi alla luce del debole sorriso che le aveva strappato.

Myriam lo fissò in silenzio per un lungo istante. “Perché non ti fidi di me?” chiese quindi a bruciapelo.

Il portiere spalancò gli occhi, sorpreso da quella domanda così diretta. “Mi fido di te” rispose con sincerità.

“Eppure dai subito in escandescenza se qualcosa ti irrita, non provi mai a parlarne.”

Benji ripensò alla sera del ballo, a quando in albergo credeva di averla colta in flagrante con Tom. Stesso copione, stesse battute. “Non sono abituato a ragionare in due” ammise.

La ragazza abbassò lo sguardo. “Immagino che la mia intervista fasulla non sia stata facile da digerire.”

Non poté fare a meno di sorriderle, felice di quella piccola tregua. “Diciamo che, in una scala da uno a dieci, si è meritata un bel nove e tre quarti.”

Lei tornò a guardarlo, gli occhi colmi di qualcosa che non riuscì a decifrare. “Benjamin Price.”

Trattenne il fiato, quando lo chiamavano con il suo nome completo era sempre un pessimo segno.

“Dovremmo cercare di affrontare insieme le situazioni difficili,” proseguì Myriam con tono più dolce di quanto lui avrebbe sperato. Intrecciò le dita fra loro, rivolgendogli uno sguardo di sincera apprensione. “Non volevo ferirti, sono mortificata per quello che è successo.”

“Lo stesso vale per me, perdonami” rispose, cercando di assimilare quanto appena udito. Tra le sue labbra la parola insieme acquisiva un senso del tutto nuovo.

“Mi sono confidata con Patty perché la tua proposta mi aveva colta di sorpresa, avevo bisogno di parlarne con qualcuno” ammise lei con candore. “Mai avrei pensato che potessero spiarci con tanta facilità.”

L’espressione del ragazzo si addolcì. “Non deve essere stato facile nemmeno per te, avrei dovuto pensarci.” Un timido sorriso le increspò le labbra, ma Benji sentì che qualcosa non andava. “Cosa succede piccola peste? Non dirmi che sei ancora triste.”

“Sì,” appena percettibile. “Sono triste.”

“Quanto deve durare questa storia?” sussurrò lui, accarezzandole i capelli con una mano. “La vita è breve, non dovremmo passarla a discutere.”

“Forse hai fatto male a chiedermi di seguirti in Germania,” azzardò lei fissando un punto imprecisato del tappeto.

Benji la interruppe con un bacio, al quale lei rispose con una nota di esitazione. Possibile che non capisse quanto fosse innamorato di lei?

Glielo hai mai detto chiaramente? Domandò una vocina nella sua testa mentre si inebriava del sapore delle sue labbra. Così dolci, così fresche. Non si sarebbe mai stancato di baciarla, mai.

Avrebbe potuto fare a meno di lei? Vivere senza il suo sorriso complice, le sue allegre provocazioni?

Il suo cuore mancò un battito.

Ammetterlo a sé stesso era stata una sfida, dirlo ad alta voce avrebbe reso la cosa assoluta, irreversibile.

Prese il coraggio a due mani, cercando di non pensare alla prima volta che aveva compiuto quel gesto, al doloroso rifiuto di Nathalie, all’astio che ne era conseguito. Inspirò profondamente e, parandosi di fronte a lei, poggiò un ginocchio a terra prendendole la mano sinistra fra le sue. Niente panico Price, cerca di restare lucido.

La ragazza lo fissò interdetta. “Benji ti senti poco bene?”

La guardò come se si stesse perdendo un concetto ovvio.

“Perché stai per terra?”

Proprio non capiva. Testa dura la sua, per questo era pazzo di lei. O la va o la spacca pensò, frugando nella tasca dei pantaloni e volgendo verso l’alto il palmo della mano.

Alla vista della scatolina scura Myriam ebbe un sussulto. “Cosa significa?”

Benji sorrise, calmo. “Quello che sembra.”

Dimentica di respirare, il cuore continuò a battere solo perché non dipendeva dalla sua volontà. Come in trance fece scattare la chiusura del piccolo involucro, e la luce colpì le faccette del solitario in un affascinante gioco di rimbalzi, abbagliandola.

“Oh.” Una risposta alquanto inadeguata, ma non le venne in mente nulla di meglio.

Mai avrebbe immaginato, nemmeno nei sogni più stravaganti, che Benjamin Price si sarebbe potuto inginocchiare ai suoi piedi per chiederla in moglie. “Io... non so cosa dire” balbettò, seguendolo istintivamente sul pavimento. “Sono...” sentì la testa girare mentre annaspava alla ricerca di una frase dal senso compiuto, “confusa.” Funzionò. Non aveva senso ciò che stava accadendo.

L’espressione di Benji si fece se possibile più intensa. “Sei sempre stata brava con le parole, non smettere proprio ora.”

Non poteva accettare, non senza avergli detto la verità. Che futuro poteva offrirgli? Impossibile. Gli ingranaggi della sua mente si incepparono, fino a quando non incontrò due occhi scuri che anelavano una risposta.

“Ti penso anche quando sei con me. Ti guardo e sento crescere la consapevolezza che in ogni donna ho sempre cercato te. Mi mancavi ancora prima di conoscerti... Vuoi sposarmi?

La sua volontà capitolò, ormai priva di forze. Avrebbe voluto piangere, urlare, fuggire. 

Benji non posso, perdonami.

Era l’unica risposta possibile.

“Sì” fu l’unico suono che riuscì a emettere.

Il ragazzo la scrutò per un attimo trattenendo il fiato. “Scusa, cos’hai detto?”

Myriam lo fissò in silenzio, la gola bloccata da un nodo soffocante. Era ancora in tempo per fare la cosa giusta. “Non hai sentito?” riuscì a mormorare.

Il viso di Benji si illuminò di un sorriso che non lasciava adito a dubbi. “Ho sentito benissimo, voglio solo fartelo ripetere.”

“Sì” ripeté con un filo di voce. Come poteva fargli questo? Come? Abbassò gli occhi, sentendosi sprofondare in un abisso di vergogna. Meritava fiducia, lei, che solo pochi istanti prima aveva osato incalzarlo, criticarlo?

“Non vuoi aggiungere qualcosa?” le chiese alzandosi e tirandola su. “Qualcosa di saggio e utile?”

Myriam si limitò a scuotere il capo, le mani fredde come il ghiaccio.

“Niente? Nessun commento o previsione per il futuro?”

“Perché dovrei?” domandò tornando a guardarlo negli occhi, nei quali lesse un amore incondizionato che non meritava.

“Perché sei così saggia che non puoi evitarlo.”

Myriam cominciò a tremare, cercando di ignorare il cuore che aveva ripreso a galopparle nel petto. Il viso di Benji erano così vicino che ne sentiva il respiro sul volto. “A volte rendi impossibile odiarti.”

Il sorriso del ragazzo si trasformò in una risata allegra. “Lo so. D’altronde è inevitabile, fa parte del mio fascino.”

Myriam inarcò un sopracciglio. “A volte invece lo rendi molto facile.”

Per tutta risposta il ragazzo le prese nuovamente la mano sinistra tra le sue. Sentì il respiro mancarle mentre le faceva scivolare l’anello lungo l’anulare sinistro. Vedendola così indifesa e incredibilmente bella Benji, ormai senza parole, si chinò a baciarla con dolcezza.

Devo dirgli la verità pensò lei pochi istanti dopo, affondando il viso nella sua spalla. Mentre la cullava sentì le lacrime imperlarle gli occhi, e la strana sensazione di perdita che accompagna i perfetti momenti di felicità.

 

Fine seconda parte

 

 

Note:

Per questo capitolo ho pensato a “Who do you love” di Chris Rea, che potete ascoltare al seguente link: http://www.youtube.com/watch?v=NjSd5nd1Y_0&feature=related

 

 

¨ ¨ ¨

 

Cast della FF

Cliccate sui link sottostanti e si aprirà una finestra con le immagini dei personaggi principali, così come li visualizzo nella mia testolina^^

 

Myriam

Benji

Tom

Patty

Susie

Nathalie

Holly

Bruce

Jennifer

Mark

Amy (special guest)

Julian (special guest)

 

 

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Capitolo 17
*** Parte III - Capitolo 17 ***


X

Dunque dunque... diamo inizio alle danze con il primo chappy della terza parte! Sono felicissima delle recensioni ricevute, spero che questa fase di “riscaldamento” vi piaccia^^

A fondo pagina le mie risposte: grazie per il supporto e per i bellissimi complimenti! Mi rende felice pensare che i miei personaggi regalino emozioni anche a voi^^

Purtroppo non riesco ad aggiornare quanto vorrei, ma vi assicuro che faccio del mio meglio per pubblicare solo quando sono veramente convinta... Buona lettura e fatemi sapere cosa ne pensate!

 

 

17

 

Myriam

 

Il mondo sembrava rilucere in maniera opaca, come dopo un’eclisse solare. O forse erano i miei occhi a variarne la percezione? Figure scontornate, colori incerti. I miei piedi si trascinavano nella polvere di quello che sembrava un deserto lunare.

Una voce in lontananza. Strizzai gli occhi, facendomi ombra con la mano. Sentivo la testa ovattata e le gambe pesanti, come nei sogni in cui vorresti correre per salvarti, per raggiungere una meta lontana, eppure resti piantato a terra e senti il bisogno disperato di aggrapparti a qualcosa per andare avanti.

Cercai di avanzare, lentamente. Gocce di sudore mi imperlavano la fronte. Sentivo caldo, tanto caldo.

La voce chiamò nuovamente. Un suono famigliare, gradevole.

Posso farcela, pensai caparbia.

Un piede dopo l’altro, con forza. Le gambe sempre più pesanti.

Improvvisamente fui libera.

Buio intorno a me. La voce era scomparsa. Dove mi trovavo? Boccheggiai, cercando di orientarmi nell’oscurità. Il panico cominciò a prendere il sopravvento.

“Benji?” Chiamai. Un sussurro appena udibile.

Un istante dopo correvo alla cieca, senza sapere dove, né perché.

“Benji” chiamai con più convinzione.

Il nulla mi circondava. Sentii una stretta allo stomaco, mi fermai.

“Benji!” L’urlo mi morì in gola, non riuscivo a respirare. Mi guardai intorno con frenesia crescente, come presa in un vortice.

Shhhh.” Una mano sul braccio, rassicurante.

Mi voltai a fatica, le palpebre restie ad obbedire. Tesi le mani in avanti, in cerca del contatto di poco prima.

“Non mi lasciare” pregai in preda al terrore.

Mi sentii avvolgere in un caldo abbraccio. “E’ solo un sogno” sussurrò una voce rauca e familiare.

I miei occhi si aprirono nella penombra della camera da letto. La prima cosa che capii è che non ero sola. Mi girai e affondai il volto nel petto di Benji, sapendo che il profumo della sua pelle avrebbe allontanato l’incubo meglio di qualunque altra cosa.

“Hai fatto un brutto sogno?” mormorò fra i miei capelli.

“Sì” bofonchiai, sospirando soddisfatta mentre le sue braccia si stringevano intorno a me.  

“Vuoi raccontarmi?”

Non c’erano parole per descrivere il senso di smarrimento che faticavo a scrollarmi di dosso. Passai una mano sul cotone leggero della sua maglietta. Un guizzo appena percettibile dei suoi muscoli mi fece capire che la carezza era gradita. Insinuai le dita tra il tessuto e la sua pelle, alla scoperta del fisico atletico e asciutto che sempre mi toglieva il fiato. Come poteva un ragazzo del genere voler sposare proprio me?

Deglutii a quel pensiero.

“Brancolavo nel buio, ricordo di averti chiamato.”

Alzai leggermente il capo e i miei occhi incrociarono quelli di lui.

“Non riesci a fare a meno di pensarmi, ti capisco.” Mi punzecchiò.

Gli ero troppo vicina per prenderlo sul serio. Mi accoccolai nell’incavo del suo braccio e lui appoggiò la guancia alla mia fronte.

“Price, il tuo ego è tanto invadente che quando dormiamo insieme faccio gli incubi.”

Per tutta risposta mi strinse a sé con forza e, scivolandomi sopra, tracciò con un dito la curva della mia mascella. Non riuscii a trattenere un brivido e la pelle d’oca mi tradì. “Ti ci dovrai abituare,” mormorò soddisfatto accarezzandomi il fianco con indolenza.

La mia risposta pronta fu coperta dal suo bacio, leggero e fugace solo in apparenza. Senza che potessi allontanarlo, e lungi dal volerlo, smisi di respirare mentre le sue labbra giocavano con le mie, morbide e sensuali. Sentii la mente vacillare nel vuoto.

Due occhi allegri tornarono a fissarmi, mentre cercavo di riordinare i pensieri senza riuscirci. Un silenzio carico di emozioni calò tra di noi, e Benji sembrò travisare la mia assenza di reazione.

“Ho fatto qualcosa di sbagliato?”

Abbassai lo sguardo, sentendo un forte rossore salirmi alle guance. Fortunatamente al buio non poteva vedermi. Deglutii nuovamente. “No è che... mi fai impazzire.” Lo avevo detto. Ci ero riuscita.

Per tutta risposta ricevetti un sorriso compiaciuto. “Davvero?”

Incorreggibile. Non sapevo se baciarlo o picchiarlo. “Vuoi un applauso?” Domandai cercando di mantenere un minimo di contegno.

Benji rise allegramente. Una di quelle risate che riempiono il cuore. Amavo quell’uomo, al solo pensiero dei suoi occhi su di me sentivo lo stomaco riempirsi di farfalle e le gambe farsi di burro.

“L’idea di farti impazzire mi basta” commentò tornando serio. Mi accarezzò la spalla nuda con il dorso della mano, mentre con l’altra scivolava sotto la maglietta con movenze pigre solo in apparenza.

Avvicinò nuovamente il viso al mio e il lieve respiro tra le sue labbra cancellò ogni mia razionalità residua. Inarcai la schiena e, passandogli le mani intorno alla nuca, lo attirai a me con tutte le mie forze.

“Ti amo Benjamin Price.”

Sentii i suoi muscoli irrigidirsi per un attimo sotto al mio tocco. Senza pensare, mi ero dichiarata per la prima volta. Avevo sì accettato la sua proposta di matrimonio, senza però pronunciare le due paroline fatidiche. Un forte senso di libertà sembrò pervadermi, non diedi alla paura il tempo di insinuarsi in me. Lo amavo.

Benji immerse i suoi occhi neri nei miei, rimanendo a pochi centimetri da me. Rimase sospeso così a mezz’aria, per un tempo che sembrò durare in eterno. “Anch’io ti amo piccola peste. Ti amo da morire.”

Sorrisi. Benji posò dei lievi baci agli angoli dei miei occhi che avevano tradito subito le mie emozioni. Scese sulle guance, delicato come un elfo, e giù fino alla mia bocca. Ricambiai con passione, fino a perdere cognizione di dove finiva il mio corpo e iniziava il suo.

 

* * *

 

“E’ davvero bellissimo.”

Sorrisi provando una punta di imbarazzo. Gli occhi di Tom avevano un che di indefinito, non avrei saputo dire cosa gli passasse per la testa. Nonostante avessimo trascorso il pomeriggio insieme era stato di poche parole, cosa a dir poco strana per il chiacchierone a cui ero abituata.

Non riuscivo ad accettare l’idea di separarmi da lui, al solo pensiero sentivo qualcosa incrinarsi dentro di me. Vederlo così silenzioso rendeva tutto ancora più difficile. Non mi importava cosa pensasse dell’anello, eppure non osavo chiedere altro.

“Grazie, so che hai contribuito alla scelta.”

Scosse il capo e un sorriso più convinto gli illuminò il volto. Spuntò persino la fossetta alla quale mi ero tanto affezionata. Ce l’aveva solo da un lato, e doveva aver fatto innamorare più di una ragazza.

“Il merito è di Patty. Ero indeciso quanto Benji, te lo assicuro.

Fu la mia volta di sorridere, ma i miei pensieri indisciplinati volarono al trasloco in corso, al matrimonio che aspettava solo di accompagnarsi a una data sul calendario. Ogni volta che mi assopivo, o più semplicemente chiudevo gli occhi per qualche istante, temevo che ogni cosa intorno a me scomparisse, lasciando il posto alla realtà che tanto più mi perseguitava quanto cercavo di dimenticarla.

Avevo ripercorso le parole del misterioso vecchietto almeno un milione di volte, alla ricerca di un qualunque indizio o sfumatura che potesse guidarmi in quella dimensione.

Quando sarà giunto il momento capirà da sola, aveva detto. Lo scoprirà a tempo debito, aveva risposto alla mia domanda diretta su quanto stesse accadendo. E ora che più avrei avuto bisogno di una bussola nel mare della mia confusione ero sola, con un diamante da due carati al dito.

“Non è carino fingere di starmi accanto quando la tua mente è chiaramente impegnata altrove.”

I miei occhi misero a fuoco il viso di Tom, a pochi centimetri dal mio. Scoppiai a ridere, allontanandomi un poco. “Mi hai spaventata!”

“Scusami, non era nelle mie intenzioni” rispose serio, anche se l’espressione birichina dei suoi occhi scuri rivelava esattamente il contrario.

Tom aveva il raro potere di farmi stare bene anche in situazioni assurde come quella che stavo vivendo. Abbassai lo sguardo per un momento, un velato senso di colpa nella voce. “Hai ragione, non sono di grande compagnia.”

Non rispose subito. Il sole era ormai prossimo al tramonto, e il crepuscolo accarezzava il parco giochi di Fugisawa con i suoi morbidi giochi di luce.

Tom sembrò assaporarne per un lungo istante il sapore. Alzò le braccia stiracchiandosi, prima di tornare ad appoggiare la schiena alla panchina sulla quale eravamo seduti da un po’. Alcuni bambini si stavano attardando e le mamme facevano non poca fatica a trascinarseli dietro.

“Quanto era più semplice la nostra vita da piccoli?”

La domanda mi sfuggì dalle labbra prima ancora che la mia mente potesse filtrarla. Non era giusto coinvolgere Tom in riflessioni senza senso quando qualunque ragazza al mio posto si sarebbe candidata ai cento metri ostacoli, tali i salti di gioia.

“Noi uomini siamo fortunati” rispose lui senza scomporsi, ignorando il filo dei miei pensieri. “Ci facciamo meno problemi e affrontiamo le cose come capitano. In alcuni casi ci basta un pallone per essere felici,” aggiunse facendomi l’occhiolino.

Gli rivolsi uno sguardo divertito. “Solo in alcuni casi?”

Incrociò le mani dietro la testa, tornando serio. “Alle volte anche a noi capita di voler tornare bambini,” mormorò fissando un punto lontano nei suoi ricordi. “Tornare ai tempi dell’innocenza, a quando non vi era nulla che potesse dividere due amici.”

Accolsi quelle parole con un silenzio stupito, come se il gelo della prima tramontana d’autunno fosse improvvisamente calato tra di noi.

Lo osservai mentre chiudeva gli occhi, perso in chissà quali pensieri. Il mio Tom era triste per qualcosa che mi sfuggiva. Provai per un attimo l’irrefrenabile desiderio di abbracciarlo ma rimasi dov’ero, schiacciata dal peso delle bugie di cui avevo disseminato il mio cammino in quel mondo.

“Si è fatto tardi, è ora di rientrare” dissi infine, fingendo una leggerezza che ero lungi dal provare.

Tom si passò una mano tra i capelli e tornò in sé, lanciandomi un’occhiata allegra che mi fece dubitare di aver sognato tutto. “Hai ragione, se vuoi ti do uno strappo a casa.”

I suoi occhi grandi e dolci mi fissavano, ma rifiutai con un cenno del capo. “Grazie Tom, preferisco fare due passi.”

“Come vuoi” rispose prima di avvicinarsi e darmi un lieve bacio sulla guancia. “A domani My.”

Lo seguii con lo sguardo mentre si allontanava, raggiungendo con lunghe falcate la moto parcheggiata vicino al cancello del parco. Agitai la mano in segno di saluto mentre si infilava il casco e accendeva il motore.

Pochi istanti dopo non c’era più.

Alzai gli occhi al cielo e inspirai a fondo l’aria che si era fatta più fresca. Lassù, tra le nuvole, qualche timida stella teneva compagnia alla luna nascente.

Cosa avrà voluto dire? Non potei fare a meno di chiedermi mentre mi incamminavo verso casa. Con un lungo sospiro accantonai quel pensiero e tirai su il bavero della giacca, affrettando il passo.

 

“I have nothing, nothing, if I don’t have you...” (16)

Impossibile resistere alla tentazione di canticchiare Whitney Houston, nonostante il risultato fosse pessimo. Avevo acceso l’ipod per cercare di non pensare troppo e cantare mi aiutava a svuotare la mente.

La notte era ormai alle porte e con essa le sue ombre, che contribuivano ad appannare la mia visione del mondo. Villa Price era a poche decine di metri eppure sembrava irraggiungibile. Mai come il primo giorno mi ero sentita tanto estranea a quel mondo. Ferma da qualche minuto sul marciapiede opposto, non avevo il coraggio di procedere.

Abbassai lo sguardo sulla mano sinistra e, senza quasi pensarci, sfiorai con le dita della destra il ciondolo che portavo al collo. Quei due gioielli potevano coesistere nella mia vita, nel mio cuore?

Chiusi gli occhi al pensiero di come avrebbe reagito Benji quando gli avessi detto chi ero, da dove venivo. Inspirai profondamente, cercando di trattenere le lacrime il cui peso mi soffocava da giorni. Prima o poi, ne ero certa, avrebbero trovato la strada che negavo loro.

Ripresi a camminare, attraversando il viale deserto. Con un cenno della mano salutai il custode e varcai il piccolo cancello pedonale.

“In mezzo alle pagine, di questo mio libro ci sei tu...(17)

Accolsi la canzone successiva senza quasi pensare, preferendo il sentiero tra gli alberi alla strada asfaltata. Sentii le parole scorrere sulle labbra come se fossero mie. “Davvero difficile lasciare i ricordi andare giù, quasi sicuramente tu mi dirai di no... Ti chiedo solo un istante, ancora un po'...

Le mie gambe si rifiutarono di procedere. Rimasi in piedi, lo stomaco in subbuglio. Un forte senso di nausea mi assalì bloccandomi il respiro, mi piegai in avanti per riprendere il controllo. Il castello di carte che avevo eretto negli ultimi mesi sembrò crollarmi addosso in quell’istante sospeso nel vuoto. Delicato equilibrio spezzato da una lieve folata di vento.

Sarei mai riuscita a guardare Tom negli occhi e dire anche a lui ciò che meritava di sapere? Ripensai al suo sguardo triste e provai una fitta al cuore.

Perché tutto questo? Mi chiesi per la milionesima volta, riprendendo a camminare. Poco dopo sentii la ghiaia crepitare sotto le mie scarpe. Ero arrivata a casa.

Casa. Strinsi i pugni e, nel profondo del mio essere, capii che dovevo lottare. Se mi era stata data anche solo una possibilità di successo l’avrei colta. Un solo modo per sopravvivere, lo avrei trovato.

Cercai invano le chiavi in borsa, forse rimaste in macchina il giorno prima. Suonai il campanello e attesi qualche istante, ma non accadde nulla. Benji era sicuramente in camera ed Emma impegnata nei preparativi della cena. Presi il cellulare ma non feci in tempo a digitare il numero che la porta si aprì. Sollevai lo sguardo e rimasi pietrificata.

La ragazza più bella che avessi mai visto si trovava in piedi di fronte a me, e trentadue denti candidi come neve mi abbagliarono mentre il mio cervello cercava di riattivare le proprie sinapsi inceppate.

“Ciao, devi essere Myriam” mi salutò spostandosi di lato per farmi entrare.

Appena udii il mio nome uscire dalla sua bocca capii di essere nei guai. Chi era? Che ci faceva in casa?

“Sì, sono io. Ci conosciamo?”

Appena udii la domanda uscire dalla mia bocca, capii quanto fossi gelosa.

“Sono Nathalie, una vecchia amica di Benjamin.”

Non potei non notare l’inflessione sulla parola amica. Qualcosa nel suo sguardo lasciò intendere che erano stati qualcosa di più, molto di più. E quell’accento francese? L’adrenalina cominciò a scorrermi nelle vene come un ottovolante impazzito.

Avanzai di qualche passo, posando la borsa sulla consolle in ingresso. I suoi occhi mi seguirono divertiti.

“Benjamin è al telefono.”

Perché continuava a chiamarlo in francese? E, soprattutto, perché la cosa mi infastidiva tanto?

“Il tuo anello è molto bello” saltò di palo in frasca, cogliendomi di sorpresa.

Istintivamente volsi lo sguardo verso il basso e provai un brivido mentre, con delicatezza, sollevava la mia mano sinistra per metterla alla luce. “Un diamante purissimo dal taglio perfetto.” Sorrise compiaciuta, angelo fra i mortali, le ali celate per non essere scoperta.

“Bentornata” chiamò l’unica voce in grado di fermare i battiti del mio cuore. Mi voltai di scatto e Benji mi circondò la vita con un braccio, posando le labbra sulle mie in un gesto che mi lasciò senza parole.

Non mi baciava mai di fronte ad altre persone.

Stooop! Riavvolgiamo il nastro e ricominciamo per quelli seduti in fondo, pensai sbigottita. Se avessi avuto il fermo immagine, quello sarebbe stato il momento di usarlo.

“Ciao” balbettai mentre Benji puntava il salotto senza lasciarmi andare.

Con la coda dell’occhio vidi che Nathalie ci seguiva, affatto sorpresa del comportamento atipico dell’amico.

Ci sedemmo tutti e tre sul grande divano in pelle, io al centro. Mancava solo che entrasse la cameriera e il cast della commedia era completo.

“Com’è andata la giornata, peste?”

Peste? In pubblico?

Potei sentire lo stupore dipingersi sul mio volto mentre vacillavo sotto il suo sguardo. Se mi avesse strappato i vestiti di dosso e presa così, senza dire altro, credo che non avrei saputo ribattere.

“Bene” risposi con un filo di voce.

“Hai conosciuto Nathalie” proseguì, come se fossimo soli nella stanza.

Annuii con un gesto del capo, sempre più confusa. Mi sentivo parte di un gioco di cui ero l’unica a ignorare le regole.

Accolsi con sollievo il lieve colpo di tosse di Nathalie, mirato ad attirare l’attenzione su di sé. Finalmente Benji mi liberò dalla forza del suo sguardo.

“Vorrei farti i miei complimenti Benjamin.” Fece una pausa, mentre anch’io mi voltavo a guardarla. “Ad essere sincera non so se a piacermi di più è la ragazza o l’anello.”

Il senso di sollievo si dissolse all’istante. Benji aggrottò le sopracciglia e fissò le mie mani.

“In entrambi i casi hai dato prova di grande gusto” proseguì Nathalie con tono pacato. “E’ stata lei a sceglierlo?”

Sentii Benji irrigidirsi impercettibilmente e mi sforzai di rimanere in silenzio. Due titani si stavano confrontando e io ero il campo di battaglia.

“No, ho chiesto consiglio a Tom e Patty.”

Semplice e conciso. Mi sarei aspettata un commento provocatorio, non una risposta che sapeva di giustificazione.

L'espressione di lei non mutò di una virgola, mentre il mio sguardo passava dall’uno all’altra come in una partita di tennis.

“Buon per te” si limitò a commentare, “e per lei.”

Senza aggiungere altro si alzò, prendendo il soprabito da una poltrona poco distante. “Non disturbarti” fermò Benji con un gesto della mano, vedendo che accennava ad alzarsi per accompagnarla. “Conosco la strada.”

Uscì dal salone con passo leggero e potei udire distintamente la porta di ingresso chiudersi con un piccolo tonfo. Se non fosse stato per la discreta scia di profumo che si era lasciata alle spalle, avrei dubitato che fosse esistita davvero.

Benji sembrò finalmente rilassarsi e io recuperai l’uso della parola.

“Chi era?” Mi sforzai di non suonare petulante.

Scrollò le spalle, guardandomi con una strana espressione negli occhi. “Una vecchia amica.”

“Non so perché questa risposta non mi stupisce.”

Il mio apparente distacco fu tradito da una nota acuta che non riuscii a trattenere e la cosa sembrò divertirlo.

“Eravamo fidanzati, circa una vita fa.”

Trattenni il fiato mentre il divano mi inghiottiva. “Fidanzata?”

Nella mia mente esplosero mille immagini di abbracci infuocati tra Benji e la dea che, in jeans e maglioncino, mi aveva fatta sentire il più brutto dei brutti anatroccoli.

La risata di Benji interruppe il corso dei miei pensieri, e non potei trattenermi dal lanciargli uno sguardo torvo. “La cosa ti fa ridere?”

“Un po’” ammise cercando di tornare serio. “Lo sai che sono molto immaturo.”

Non potei fare a meno di sorridere. “Se la metti così Price, io sono molto gelosa.”

“Davvero? Perché dovresti?” Tornò ad abbracciarmi, percorrendo con il naso la linea del collo, inspirando il mio profumo e lasciandomi senza parole. “Indubbiamente Nathalie è molto sexy” proseguì, le sue labbra sull’orecchio.

Mi allontanai quel tanto che bastava per assimilare il concetto. “Molto sexy?”

Di nuovo quelle immagini. Benji e Nathalie nudi, ansimanti, sudati. Scossi il capo cercando di visualizzare un prato fiorito, un monastero di campagna, invano. “Scusami, devo andare a vomitare.” Mi alzai di scatto e per poco non inciampai nel tappeto.

Benji mi afferrò al volo e scoppiò nuovamente a ridere.

Non risposi, limitandomi ad ascoltare il suono della sua risata, imprimendola nella memoria. Un velo di tristezza mi calò sugli occhi, e lui sembrò subito accorgersene.

“Peste perdonami, non volevo farti arrabbiare.”

Aveva frainteso, ovviamente.

“Si tratta di una storia che risale a diversi anni fa, io e Nathalie ci siamo conosciuti a Parigi” spiegò mentre rimanevo in silenzio, le parole bloccate in qualche remoto angolo della mia coscienza. “E’ un’amica di Gisèle, l’ex di Tom. Siamo stati insieme un paio d’anni, in un’altalena continua che mi faceva impazzire. Ero molto giovane sai?”

Immaginai un Benji poco più che ventenne, sedotto dal fascino di una città lontana anni luce da quella in cui era cresciuto. Mi avvicinai lentamente e gli accarezzai la guancia con il dorso della mano. Chiuse gli occhi e la strinse con la sua, posandovi una scia di piccoli baci che accolsi con un brivido.

Tirò un profondo respiro e i suoi occhi tornarono su di me. “Arrivai persino a chiederle di sposarmi.”

Trasalii, sentendo il cuore mancare un battito.

“Credevo di amarla, ma era solo un’illusione” aggiunse notando il mio improvviso pallore. “L’ho capito grazie a te.”

Spalancai gli occhi e Benji mi attirò a sé, cingendomi le spalle con un braccio. Gli posai la testa all’altezza del cuore, concentrandomi sul suo respiro regolare.

“Ho capito il mio errore quando ti ho stretta a me la prima volta.”

Sentii la sua guancia premere contro i miei capelli e mi resi conto che avevo gli occhi umidi. Lottai contro l’angoscia che si stava impossessando di me, inutilmente. Il mio conto alla rovescia era iniziato, e nulla avrei potuto fare per fermarlo.

 

 

Note:

(16) Non ho nulla, nulla, se non ho te (http://www.youtube.com/watch?v=736nor4ALeY&feature=fvst)

(17) “Lasciala andare”, bellissima canzone di Irene Grandi, che potete ascoltare al seguente link: http://www.youtube.com/watch?v=BOwRdPstVR8

 

 

¨ ¨ ¨

 

Cast della FF

Cliccate sui link sottostanti e si aprirà una finestra con le immagini dei personaggi principali:

 

Myriam

Benji

Tom

Nathalie

Patty

Susie

Holly

Bruce

Jennifer

Mark

 

In risposta alle recensioni ricevute recentemente^__^

 

berlinene

Bentornata! Grazie per la recensione sempre stimolante, sono corsa a correggere gli errori che hai segnalato^^

Mi dispiace che il taglio troppo “jet set” della storia non ti sia piaciuto, ho cercato di rendere la cosa quanto più penosa possibile ai miei personaggi, e ammetto di essermi divertita non poco :-P

Su un punto hai ovviamente ragione: i calciatori in Giappone non sono assolutamente VIP, ma nel “mio” mondo, la nazionale giapponese ha vinto i mondiali del 2002... i nostri beniamini sono campioni apprezzati in tutto il mondo, un po’ come i calciatori dalle nostre parti (vedi Cristiano Ronaldo, che cambia donna come cambia vestito... non che mi stia simpatico, intendiamoci -___-). Se ci pensi Tom è stato fidanzato con Gisèle Bundchen^^

Per la scena della proposta, ho cercato di pensare a una proposta di matrimonio coerente con i personaggi, non troppo melensa ma allo stesso tempo dolce: sono davvero felice che vi sia piaciuta tanto^^

Ciaoooooooooo^^

kelly

Hahaha... la tua recensione mi ha fatto morire dal ridere... (è proprio simpatica ^___- ndTom) ^___^ (Buby me la presenti O___o ndBruce) =___= (preferivo Tom ndKelly ^___-)

Scherzi a parte, sono davvero felice che la mia storia e i miei personaggi ti piacciano tanto! Se continui a recensire potrei anche farti conoscere Mark-Colin ^___-

Grazie per aver seguito la mia storia, capisco perfettamente il concetto “gli impegni mi prendono tanto tempo” in quanto il mio lavoro e gli impegni personali mi lasciano bene poco da dedicare alla mia ff. Ogni weekend cerco di ritagliarmi qualche ora, ma non sempre ci riesco (e finisci per trascurarci ;___; ndMyriam/Benji/Tom).

Sempre in tema di personaggi, se ti diverte veder soffrire Benji (che, detto tra noi, non è che apprezzi più di tanto ^_____^) nei prossimi capitoli avrai pane per i tuoi denti *___*

Kissini anche a te!^^

selanna

Grazieeee!!!!! Grazie davvero per i dolcissimi complimenti^^

Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto, mi sto addentrando nella parte più complessa della storia e mi auguro che l’ispirazione non mi tradisca sul più bello... hehe^___^

Bacetti e a presto!

purple

Ti sei letta tutti i capitoli di un fiato? E’ il sogno di ogni autore che pubblica una storia... grazie davvero! Spero continuerai a seguire i vari aggiornamenti ^__^

Purtroppo per il tanto lavoro vado un po’ a rilento, ma farò il possibile per aggiornare con regolarità!

 

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Capitolo 18
*** Parte III - Capitolo 18 ***


18

Eccoci arrivati al capitolo da me tanto temuto... innanzi tutto mi scuso per il ritardo nell’aggiornamento, ma oltre alla difficoltà rappresentata dall’episodio che segue, ho avuto davvero tanto da fare in ufficio^^;

Un ringraziamento speciale a chi mi ha aggiunta tra le storie preferite e tra quelle da ricordare. Spero davvero che questa mia ultima “fatica” vi piaccia... mi fate sapere cosa ne pensate pliiiiz?^^

Buona lettura!

 

 

18

 

Benji

 

Uno, due, tre, quattro, cinque... Era il terzo ciclo da cento. La corda vibrava nell’aria, quasi invisibile, e il movimento coordinato di mani e piedi non richiedeva ormai il minimo sforzo.

Hold me, Thrill Me, Kiss Me, Kill Me... (18) La musica degli U2 risuonava nelle mie orecchie, accompagnando con ritmo perfetto l’esercizio che altrimenti mi avrebbe tediato. Quasi estraneo a me stesso, inspirai a fondo l’aria pungente e carica di umidità del parco vicino a casa. Gocce di sudore mi scendevano lungo la nuca, fino a fermarsi nell’asciugamano che tenevo intorno al collo.

Sessanta, sessantuno, sessantadue... Uno squillo persistente si aggiunse alla chitarra elettrica, irrompendo nel limbo della mia concentrazione. Cercai di ignorarlo, sperando che chiunque mi stesse cercando desistesse dal suo intento. Solo un seccatore poteva chiamarmi prima delle otto del mattino, mentre ero nel pieno del mio allenamento.

Settanta, settantuno, settantadue... Lo squillo insisté, caparbio.

Smisi di saltellare e presi il telefono dalla tasca, augurandomi che fosse una cosa importante. Inarcai un sopracciglio alla vista del nome visualizzato sul display.

“Dovresti sapere che a quest’ora mi alleno” esordii senza troppi convenevoli.

“Buongiorno Benjamin” rispose lei senza scomporsi. “Sono in aeroporto, volevo salutarti.”

La mia espressione si ammorbidì. Stava partendo, finalmente. “Rientri a Parigi?”

“Sì” mormorò, e la sentii sospirare.

“Tutto ok Nathalie?” Non era da lei comportarsi a quel modo. Negli ultimi giorni mi aveva cercato di continuo, presentandosi persino a casa senza essere invitata. Avrei fatto volentieri a meno di presentarla a Myriam, ma non mi aveva lasciato altra scelta.

“Più o meno.” Un secondo sospiro. “Mi mancherai.”

Lasciai cadere la corda a terra e mi passai la mano libera tra i capelli umidi. Per due anni mi aveva ignorato nonostante vivessimo a un’ora di aereo e ora diceva che le sarei mancato? Fu la mia volta di sospirare.

“Non dire sciocchezze Nathalie. Te la caverai benissimo, come sempre.”

All’altro capo della linea echeggiò un alto parlante. Ultima chiamata per il volo Air France.

“Questa volta è diverso Benjamin.”

Non riuscii a trattenere un brivido. Avevo a lungo desiderato che mi dichiarasse il suo amore, trascorrendo notti insonni e scorgendo il suo volto in ogni ragazza che incrociavo per strada.

“Sono sempre stato un capriccio Nat, mi vuoi solo perché sai di non potermi avere.”

Un lungo silenzio seguì le mie parole. Non poteva essere seria, vedeva in me solo il vecchio giocattolo a cui aggrapparsi perché i genitori si accingono a buttarlo via.

“Chi è quella ragazza? Da dove proviene?”

Fu il suo tono di voce a colpirmi, più che le parole in sé. “Non vedo perché la cosa debba interessarti. Myriam è italiana, la sua famiglia si trova a Roma.

“Ascoltami bene Benjamin, non sono una delle tante ragazzine che puoi liquidare con un colpo di spugna.” Fece una pausa e mi resi conto che stavo trattenendo il respiro. “Ho chiesto ai ragazzi di Condé Nast (19) di indagare un po’, e quella ragazza sembra comparsa dal nulla.”

Il sangue mi si gelò nelle vene. I ragazzi a cui si riferiva avevano accesso a un imponente network di giornalisti e informatori, nessun segreto rimaneva tale se l’obiettivo era di svelarlo. “Sei forse impazzita?”

“Perdonami. Ho ceduto alla curiosità di saperne di più su colei che ha preso il mio posto nel tuo cuore.

“Non c’era alcun posto da prendere, tanto meno il tuo.” Il tono della mia voce stridé come gesso su una lavagna. “Buon viaggio Nathalie.”

Riagganciai senza aspettare una sua risposta. Riposi il blackberry in tasca e raccolsi la corda da terra, mentre un sottile disagio si faceva strada dentro di me. Non avevo più affrontato l’argomento con Myriam perché sapevo di metterla in difficoltà, al solo pensiero di elencare gli invitati al matrimonio si defilava. Persino scegliere la città dove si sarebbe svolta la cerimonia sembrava un’impresa impossibile.

Mi incamminai verso casa, quando la tasca vibrò nuovamente.

“Pensavo di essere stato chiaro” risposi con fare brusco.

“Scusami Benji, non volevo disturbarti.”

La dolcezza di quella timida voce mi riportò subito su toni più affettuosi. “Peste non ce l’avevo con te, non mi disturbi affatto.”

“Meglio così.” Potei quasi vedere i tratti del suo viso rilassarsi. “Chi ti ha fatto arrabbiare?”

Sospirai, soppesando per un attimo le mie parole. “E’ una lunga storia, troppo lunga per essere raccontata di prima mattina. Come mai sei già sveglia?”

Per quanto vaga, la mia risposta sembrò bastarle. “Emma è in fibrillazione per la nostra partenza. Le ho detto che potevo fare i bagagli da sola, ma non ha voluto sentire ragioni.

Scoppiai a ridere, quasi dimentico del mio malumore. “Per rimanere in tema la mia assistente ci ha prenotato il volo per Monaco. Partiamo lunedì mattina alle nove, così abbiamo il weekend per sistemare le ultime cose e salutare tutti,” proseguii attivando l’auricolare e dando un’occhiata distratta all’elenco di messaggi in arrivo. “Se preferisci puoi raggiungermi alla fine della prossima settimana, non c’è fretta.”

“Lunedì va benissimo” si affrettò a rispondermi con foga, strappandomi un sorriso.

“Se ti faccio una domanda prometti di non arrabbiarti?” le chiesi a malincuore, tornando con il pensiero alle parole di Nathalie.

“Dipende.”

“Non vale come risposta, ho bisogno che tu me lo prometta a prescindere.”

La sentii ridacchiare. “Spara, so che riuscirai in ogni caso a sorprendermi.”

“E’ una critica o un complimento?”

“E’ la tua migliore qualità.”

Trattenni il fiato per qualche istante, sapendo già che si sarebbe irrigidita. Forse al telefono sarebbe stato diverso, dovevo tentare. “Quando saremo in Europa vorrei conoscere i tuoi genitori.”

Un breve silenzio precedette la sua risposta. “Non è il tipo di domanda che mi aspettavo.”

“Allora è una richiesta. Una seria, formale, insistente richiesta che sono disposto a fare in carta bollata. Sono un ragazzo all’antica, e preferirei non dovermi presentare a tuo padre in chiesa di fronte al prete.

Myriam sembrò soppesare le mie parole. “Ne parliamo dopo a casa, ok?”

Di nuovo quel tono spaventato. “Certo, sarò lì a momenti.”

“Sono in macchina, devo vedere Patty in ufficio. Ci vediamo tra un paio d’ore.”

“Certo Peste, a più tardi.”

Riagganciai, fissando il telefono in silenzio. Era imbarazzante vedere quanto il mio mondo fosse vuoto senza di lei. La mia intera esistenza ruotava intorno alla sua, non più intorno alla mia.

Scossi il capo, cancellando senza nemmeno leggerlo l’ultimo messaggio di Nathalie.

 

Una decina di minuti dopo varcai la soglia della mia camera, e trovai metà del guardaroba piegato ordinatamente sul letto. Mi spogliai, infilandomi sotto il getto ristoratore della doccia.

Era stato un bene che Myriam fosse uscita così di buon’ora. Sentivo il bisogno di schiarirmi le idee prima di affrontare l’argomento a quattr’occhi. A tratti la sentivo così sfuggente da volarmi via di mano, l’idea che nemmeno dei professionisti ne fossero venuti a capo generava in me un profondo senso di preoccupazione.

Qual era il problema? Cosa la tratteneva? Forse aveva dei problemi familiari di cui si vergognava e che preferiva nascondere. Di qualunque cosa si trattasse dovevamo parlarne e affrontarla insieme. Avrei fatto qualunque cosa pur di proteggerla, ma avevo bisogno di sapere contro cosa o contro chi combattere.

Chiusi il rubinetto e, dopo essermi asciugato, infilai un paio di vecchi jeans e un maglione che Emma cercava di buttare da anni.

Rientrando in camera la trovai indaffarata con le valigie, neanche dovessi partire per il giro del mondo. Incrociai il suo sguardo di disapprovazione alla vista dei pantaloni scoloriti, e il mio sorriso si tramutò in risata.

“Emma è inutile, sai che ci sono affezionato.”

La governante scosse il capo, affatto divertita. “Come preferisce signorino Benji, ormai è grande per decidere come vestirsi.”

Mentre cercavo di tornare serio, notai una strana busta poggiata sulla scrivania. “Di cosa si tratta?” domandai prendendola in mano. Era semi trasparente e conteneva una rivista.

“Le ragazze l’hanno trovata a terra mentre sistemavano gli indumenti della signorina Myriam, vedendo che si trattava di una vecchia rivista sportiva hanno pensato che fosse finita per sbaglio tra le sue cose. Se così non fosse la riporto subito in camera della signorina,” concluse interpretando il mio sguardo interrogativo.

Scossi il capo, porgendole la busta. “E’ la prima volta che la vedo.”

Emma si avvicinò con passo misurato. “Non vorrei sembrare inopportuna, mi ha incuriosito il fatto che trattasse di calcio a fumetti.”

Abbassai lo sguardo e capii a cosa si riferisse Emma. “Shonen Jump, Gennaio 1982” lessi ad alta voce. Mai sentita nominare. Nel 1982 avevo meno di un anno e Myriam non era ancora nata. Quella rivista apparteneva senz’altro a qualche vecchia collezione di mio padre.

“Grazie Emma, puoi lasciarla a me. Non credo sia nulla di importante.”

La donna annuì, prima di ritirarsi e lasciarmi solo.

Avevo a disposizione un’ora abbondante senza impegni e quella rivista sembrava caduta dal cielo per distrarmi. Sfogliai le prime pagine, scoprendo che si trattava di un fumetto per ragazzi. Sorrisi all’idea che mio padre, all’epoca poco più che trentenne, avesse quel genere di interessi. Stavo per chiuderla quando arrivai alla storia riportata in copertina (20).

Un giovane appassionato di calcio, sai che novità, ridacchiai tra me leggendo le prime righe. Il protagonista era nuovo in città e si aggirava per le strade palleggiando con disinvoltura. Proprio come Holly, pensai per un attimo al ricordo del nostro primo incontro. Arrivato a fine pagina osservai incuriosito l’ultima vignetta, che riportava una dicitura singolare. Campo sportivo della città di Fugisawa.

La storia si snodava intorno alla disputa per l’unico campo di allenamento disponibile tra due squadre di calcio giovanile. Proseguii la lettura e, mettendo a fuoco l’immagine successiva, il sorriso mi morì sulle labbra. Un ragazzo più alto degli altri, con guanti da portiere e cappellino in testa, sfidava con fare borioso il gruppo che chiedeva il permesso di allenarsi.

Hai dimenticato il nostro accordo per l’uso di questo campo? Lessi con crescente stupore. La squadra vincitrice dell’ultima partita avrebbe avuto il diritto di usarlo. Vi abbiamo battuto per dieci a zero, e adesso che cosa volete?

Echi di ricordi lontani, uniti ad una strana sensazione di déjà vu. Perché la ragazza mora con la fascia tra i capelli aveva un’aria familiare? Cosa c’era scritto sul cappellino?

Sgranai gli occhi alla vista delle iniziali che in un primo momento mi erano sfuggite, e il ricordo di quel giorno giunse così improvviso da mozzarmi il fiato. Il confronto con i capitani delle varie squadre della scuola dal quale ero uscito vittorioso, Holly che mi sfidava calciando il pallone dalla collina, lasciando tutti con un palmo di naso per la potenza del tiro.

Il tutto raccontato dal punto di vista di Holly. Villa Price era chiaramente riconoscibile anche dall’alto, così come Freddy con i suoi inseparabili occhiali da sole, nel parco insieme a me.

Sfogliai rapidamente le pagine successive. I miei amici erano lì, disegnati nero su bianco e riconoscibilissimi nelle espressioni. Eppure nel 1982 portavamo tutti i pannolini. Si trattava forse di uno scherzo?

 

* * *

 

“Sono tornata!” chiamò una voce allegra dalla mia camera da letto.

Le lanciai uno sguardo distante, perso nei pensieri che avevano accompagnato le ultime ore.

“Patty mi ha detto che verrà a trovarci con Holly alla fine del mese” proseguì raggiungendomi in terrazza. “Sono davvero felice, mi mancherà tantissimo.”

Appoggiò la schiena alla balaustra e mi rivolse un’occhiata insicura. La mia assenza di reazione doveva aver colpito nel segno.

“Benji, tutto ok?” Il suo tono di voce rivelò un’apprensione sincera, ma non mi mossi. Volsi lo sguardo verso il parco, gli avambracci sul parapetto e il busto lievemente piegato in avanti.

Myriam mi posò una mano sulla spalla, sempre più colpita. Non ero solito accoglierla con tale freddezza. “Price, vuoi dirmi cos’è successo?”

Sorrisi tristemente, mentre rievocavo la scena di quella mattina. “Vuoi dirmelo tu?”

Mi guardò con occhi smarriti, facendomi vacillare per un istante. “Sei arrabbiato per quello che ti ho detto al telefono?”

Risposi con una domanda, sapendo che lo avrei subito rimpianto. “Perché non vuoi che conosca la tua famiglia?”

Myriam si allontanò leggermente, le labbra contratte come a scacciare un brutto ricordo.Perché non capiresti, penseresti che sono matta.”

Il mio cuore mancò un battito. Era la prima volta che affrontava l’argomento senza deviare. “Posso fare uno sforzo, sai?”

Un debole sorriso accompagnò il mio goffo tentativo di scherzarci su, suscitando in me un senso di sollievo difficile da descrivere. “Vorrei saperlo comunque. Per favore?” Sospirai, in attesa.

Un’ombra le calò sul volto, quasi impercettibile. Sostenere il mio sguardo le costava enorme fatica. “Se te lo dico mi odierai.”

Un’angoscia improvvisa mi strinse il cuore. Attento Price, attento, ripeté una vocina nella mia mente. Sentivo che nulla di buono sarebbe emerso da quella conversazione, e per poco non cedetti alla tentazione di cambiare argomento.

“Pensi che non ti ami abbastanza da capire?”

Myriam si voltò, dandomi le spalle e avvicinandosi al tavolo in ferro battuto, alla ricerca di quelle parole che sembrano sfuggirla. D’un tratto qualcosa attirò la sua attenzione ed ebbi come l’impressione che il mondo intorno a noi rallentasse.

Fece qualche passo in avanti e, con mano tremante, prese la strana rivista che era quasi scomparsa dai miei pensieri.

Mi avvicinai a lei ma non riuscii a profferir parola. I suoi occhi erano vuoti come il ghiaccio, il tipo di sguardo di chi ha appena assistito a un terribile incidente. Una delle sue mani si aggrappò al tavolo in cerca di sostegno.

Preoccupato, le afferrai un braccio facendola girare lentamente su sé stessa. “Peste, ti senti bene?”

Sembrò tornare in sé e mi guardò, il volto di un pallore spettrale. “Devo dirti una cosa. E’ una cosa brutta.”

Un cupo presentimento mi assalì ma rimasi in silenzio. Se avessi aperto bocca le avrei chiesto di tacere e non sarebbe stato giusto. Dovevo sapere. Per lei, per noi.

Si staccò da me, inclinando il capo da un lato. Seguii con lo sguardo la curva del suo collo, quella linea morbida e delicata in cui amavo perdermi.

“Ricordi il giorno in cui ci siamo conosciuti?”

Preso alla sprovvista mi limitai ad annuire in silenzio.

“Ti ho mentito. Non ero in Giappone per lavoro.”

Aggrottai le sopracciglia, sempre più confuso. “Non capisco dove vuoi arrivare.”

“Quando quel giorni partii da Roma la mia destinazione era Milano, non Tokyo.” Deglutì, continuando a fissare il vuoto di fronte a sé. “Dovevo recarmi a Como per un convegno ma ero molto stanca e mi sono addormentata in volo. Al mio risveglio mi sono ritrovata qui e, in preda a un attacco di panico, sono svenuta.

La presi per le spalle, scuotendola lievemente. “Myriam di cosa stai parlando?”

I suoi occhi mi guardarono senza vedermi.

“Dì qualcosa” pregai.

“Benji, noi apparteniamo a mondi diversi.” Alzò la mano che stringeva ancora la rivista, esortandomi a guardarla. “La vedi questa? Me l’ha data un misterioso signore prima che salissi sull’aereo. Si lasciò sfuggire un singhiozzo e cercò di fare del suo meglio per sorridermi, ma il suo labbro inferiore stava tremando. “Mi disse che prima o poi sarebbe tornata a prenderla.”

“Peste, ciò che dici non ha alcun senso, cerca di spiegarti meglio.” La mia bocca era secca, come se avessi ingerito un pugno di sabbia.

Myriam tirò un lungo sospiro, portando la mano sinistra al suo inseparabile ciondolo. “Hai letto ciò che c’è scritto? Non ti è sembrato strano che questo fumetto parlasse di te, di Holly? Si tratta del primo numero della serie, pubblicato pochi mesi dopo la vostra nascita.

Non risposi.

“Benji, nel mio mondo tu...” Le parole si fermarono a mezz’aria, come reticenti a compiere il loro dovere.

“Ti rendi conto di ciò che stai dicendo?” Urlai quasi, lasciandola andare.

Si passò velocemente il dorso delle mani sulle guance, cercando di ricacciare indietro le lacrime. “So che sembra impossibile, ma vengo da un mondo in cui la fantasia di certe persone è in grado di dar vita a storie bellissime. Storie di amicizia tra un portiere invincibile e un grande attaccante.”

Scossi il capo, chiedendomi chi di noi due stesse perdendo il senno. Ripensai a ciò che aveva detto Nathalie poche ore prima. Quella ragazza sembra comparsa dal nulla. Parole che ora sembravano provenire da un sogno lontano.

“Perdonami Benji” proseguì lei posandomi una mano sul petto. “Ti giuro su ciò che ho di più caro che non ho mai voluto farti soffrire.”

Il suo sguardo mi fece deragliare. In quel fumetto erano racchiusi segreti di cui nessuno poteva essere a conoscenza, lo avevo letto con i miei occhi. Tessere di un mosaico impazzito rotearono nella mia mente. “Nel tuo mondo si raccontano storie su di noi?”

Sentii un grande vuoto impossessarsi di me, prima che la realtà esplodesse come un fuoco di artificio. “Chi sei tu?”

Indietreggiai, spaventato.

La speranza sorta nello sguardo di Myriam si spense quasi immediatamente. “Sono sempre la stessa Benji, credimi. Ho solo ricevuto un grande dono.”

Cercai di focalizzarmi su un concetto alla volta. “Un dono?”

“Poterti conoscere, vivere questi mesi meravigliosi accanto a te, accanto a tutti voi” proseguì con voce rotta. “Non so per quanto ancora potrò restare.”

Mi sentivo come un motore ingolfato, la cui batteria ormai scarica esala l’ultimo respiro. Ciononostante ebbi la netta sensazione che, per quanto inconcepibile, la sua confessione fosse sincera. Accolsi quella consapevolezza come una condanna a morte.

“Benji” mormorò, avanzando di qualche passo.

La fermai con un gesto secco della mano. “Stai lontana da me.”

Mi fissò con gli occhi di una bambina che ha smarrito i propri genitori tra la folla. “Benji ti prego, dicevi che avresti provato a capire.”

Scoppiai a ridere, una risata spezzata. “E’ un po’ difficile in queste condizioni, non credi?”

Un moto di nausea mi prese alla bocca dello stomaco. Rientrai in casa, troppo sconvolto per restarle accanto.

“Ti prego Benji” supplicò quasi mentre cercava di seguirmi, “parlami.”

“No. No. Non voglio parlare, capito?” La mia voce non era né un urlo né un rantolo, ma una sorta di combinazione dei due. Mi aveva mentito sin dall’inizio, ingannato oltre i limiti dell’immaginabile. “Tu non sei... non fai parte di questo mondo. Non sei la ragazza che credevo, della quale mi sono innamorato. Niente di tutto ciò ha senso.”

Le mie mani tremavano incontrollate. Sbattei un pugno contro la parete, alla ricerca di un dolore fisico che cancellasse quell’insostenibile senso di irrealtà che pervadeva ogni fibra del mio corpo.

“Non avrei mai voluto mentirti Benji, devi credermi.” Si aggrappò al braccio che mi era ricaduto lungo il fianco.

Annaspai, alla ricerca di parole che potessero descrivere ciò che provavo, ma nulla era abbastanza potente.

“Benji” ripeté cercando di ricacciare indietro le lacrime, “lascia che ti spieghi.”

Volsi via lo sguardo. Mi sentivo come di pietra, incapace persino di respirare. “Cosa vorresti dirmi ancora? Che sono solo un fumetto, un personaggio delle favole?

“Tu sei molto di più, e lo sai.” La voce le si spezzò. “Io ti amo.”

Feci spallucce, il gelo nelle vene. “Non c’è alcuna possibilità per noi, alcun futuro.”

Mi afferrò nuovamente per un braccio, obbligandomi a voltarmi. “Benji guardami. Guardami ti dico!” urlò. Sollevai lentamente gli occhi fino a incrociare quelli di lei, e per un attimo affogai nelle lacrime che le rigavano il volto. “Non ho idea di ciò che ci aspetta. Sono lontana dalla mia famiglia, dalla mia vita, dai miei amici. Sono però certa di una cosa, ti amo e voglio starti vicino.

Per tutta risposta mi limitai a fissare un punto lontano, ormai irraggiungibile per entrambi. “Non ha più importanza” dissi con una voce che non riconobbi. “Forse è meglio che tu te ne vada.”

Un silenzio assordante invase la stanza.

Myriam indietreggiò come se l’avessi schiaffeggiata, lo sguardo più ferito che se l’avessi fatto. “E’ davvero quello che vuoi?”

Una manciata di parole sospese nel nulla.

La ragazza che aveva toccato le corde più profonde della mia anima mi lanciò un ultimo sguardo. Potei quasi sentire la maschera arida e impassibile di cui mi ero vestito. Era troppo. Più di quanto potessimo sopportare senza impazzire.

Posò la mano sulla maniglia e aprì la porta. Un attimo dopo non c’era più.

Fissai lo spazio vuoto lasciato da lei. Rimasi immobile per un tempo che sembrò infinito, prima di trascinarmi verso il letto con l’incertezza di un anziano sotto il peso degli anni.

Spostai un cuscino con fare meccanico e la mia mente registrò il suo profumo. Se avessi chiuso gli occhi avrei potuto sentirla ancora accanto a me.

“È solo un incubo e tra poco mi sveglierò” mormorai in un singhiozzo, mentre mi accasciavo nascondendo il viso tra le mani. Una lacrima mi inumidì le dita, seguita da un’altra e un’altra ancora.

Nel mio cuore si era spenta ogni luce.

 

 

Note:

(18) http://www.youtube.com/watch?v=q5KPH1JzsUA&NR=1

(19) Editore noto a livello mondiale per testate quali Vogue, Glamour, GQ e Vanity Fair.

(20) Non avendo a disposizione il manga, per questa scena mi sono ispirata al seguente video su youtube (http://www.youtube.com/watch?v=9iaqu8QKgkQ). Vi prego di perdonare eventuali imprecisioni rispetto alla versione originale^^

 

Per la seconda parte del capitolo ho pensato a “And you my love” di Chris Rea, che potete ascoltare al seguente link: http://www.youtube.com/watch?v=KDl63Wgrqf0&feature=related

 

 

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Cast della FF

Cliccate sui link sottostanti e si aprirà una finestra con le immagini dei personaggi principali:

 

Myriam

Benji

Tom

Nathalie

Patty

Susie

Holly

Bruce

Jennifer

Mark

  

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Capitolo 19
*** Parte III - Capitolo 19 ***


Finalmente riesco a pubblicare il capito in pieno stile “The day after”, sperando che vi piaccia!!!

Inutile dire che ricevere ben 7 recensioni in così poco tempo mi ha resa felicissima, spronandomi a scrivere in ogni momento libero delle mie giornate (il tempo è sempre tiranno purtroppo) :-(

Ringrazio voi tutte che mi leggete, chi ha inserito la storia tra le preferite e quelle seguite, con un pensiero speciale a Benji79 che mi ha segnalata tra le storie scelte (nelle quali sono stata inserita, yuppi!) e per il concorso per il miglior personaggio originale.

Sono davvero commossa... grazie a tutteeeeeee!!!

Come al solito, buona lettura e fatemi sapere cosa ne pensate... sappiate che se smettete di recensire poi mi viene l’ansia da prestazione^^

 

 

19

 

Myriam

 

Il giorno più lungo sembrò allungarsi ancora. Mi chiesi se sarebbe mai finito.

Era come se sul mondo fosse improvvisamente calato il silenzio. Rivoli di pioggia mi colavano sul viso, passanti frettolosi alla ricerca di un riparo incrociavano il mio cammino come fantasmi nell’oscurità.

Alla fine era arrivato, l’oceano di dolore. La sponda opposta tanto lontana da non riuscire nemmeno a immaginarla. Ora che avevo fallito nel mio intento ero come una scatola vuota.

Mi sentivo estranea a me stessa e provavo un bisogno bruciante di piangere. Eppure se non volevo diventare vulnerabile dovevo resistere.

Sarei voluta correre via fino a farmi scoppiare i polmoni pur di sfuggire a quel peso soffocante che mi opprimeva il petto, ma i piedi mi pesavano come macigni e sentivo il corpo più stanco di quanto non fosse mai stato. Un passo dopo l’altro mi muovevo verso una destinazione ignota.

Come, quando ero salita su quella giostra impazzita? Mi ero illusa che ne sarei uscita indenne, crogiolandomi in sogni irrealizzabili.

Che ti avevo detto? Domandò d’un tratto la mia mente al mio cuore in frantumi. Non devi fare di testa tua, quante volte devo dirtelo?

Osservai la scena dall’alto, come scissa dal mio corpo. Volsi lo sguardo al mio cuore convinta che si sarebbe alzato, rispondendo fiero che in ogni caso ne era valsa la pena.

Con mio stupore rimase a terra, anche lui senza parole.

Avevo perso. Sfiorai con la mano il ciondolo pietra di luna, unico testimone del mio ridicolo amore. Non aveva più senso lottare, fingere. Tanto valeva tornare a casa.

Parole sconnesse mi raggiunsero da una dimensione lontana. Chiusi gli occhi per un lungo istante, cercando di ignorarle. Ero stanca. Una voce mi chiamava e avrei voluto che tacesse, lasciandomi vagare sospesa tra i miei pensieri.

“Myriam, Myriam rispondimi!”

Feci uno sforzo e misi a fuoco la vista.

Ciao Tom pensai, mentre un lieve sorriso mi increspava le labbra. Forse stavo sognando. Il mio dolce Tom. Sentii che mi prendeva per le braccia, scuotendomi con forza. Non si trattava quindi di un sogno.

“Mi sono sgolato per chiamarti. Non mi hai sentito?”

Le sue domande rimasero senza risposta e qualcosa in me dovette allarmarlo perché spalancò gli occhi preoccupato. Alzai una mano per accarezzargli il volto, ma la debolezza ebbe la meglio e il braccio mi ricadde esanime lungo il fianco.

“Cosa ci fai sotto questa pioggia torrenziale? E’ successo qualcosa a Benji?”

Negai con un gesto del capo, cercando di ritrovare la voce. Benji stava bene, almeno fisicamente. Ci sarebbe stato tempo per le spiegazioni.

“Cos’è successo?” Ripeté prendendomi per le spalle, l’espressione sempre più sconvolta.

Il mio aspetto doveva essere peggiore di quanto pensassi. “Nulla Tom” mormorai con un fil di voce. “Sta bene, davvero.”

Mi fissò lungamente prima di annuire. Doveva essere bastata come risposta.

Trattenni il fiato in attesa della domanda fatidica sul perché mi trovassi in quello stato pietoso. Invece mi attirò a sé, stringendomi contro il suo petto.

All’inizio fu peggio. Una parte di me preferiva il silenzio e l’apatia, più semplici da gestire. Quel calore invece mi reclamava, obbligandomi ad affrontare la realtà. Scoppiai a piangere senza quasi accorgermene, scossa da singhiozzi tanto forti da spezzarmi. Le braccia di Tom erano il mio unico contatto con il mondo esterno, dighe di un fiume in piena che doveva fare il suo corso.

Non so quanto tempo trascorremmo così, in silenzio. Poi, come in una nuvola, arrivò un dolce sollievo a calmare il dolore.

“Ha smesso di piovere. Vuoi che ti riporti a casa?” Mi chiese infine continuando a cullarmi.

Attese con pazienza che riprendessi coscienza del mio corpo, di ciò che ci circondava. Una strada anonima, mi chiesi come fosse riuscito a trovarmi. Inspirai a fondo e levai lo sguardo fino a incrociare il suo.

“Preferirei restare con te.”

Si limitò a sorridermi, uno di quei sorrisi che ti scaldano nel profondo. Mi prese per mano e, poco più avanti, vidi parcheggiata la sua macchina. Aprì la portiera e mi aiutò a salire, come se avesse paura che alla benché minima distrazione potessi farmi del male.

Guidò lentamente, un braccio intorno alle mie spalle, mentre con le lacrime finivo di inzuppargli la camicia già fradicia. Per tutta la strada cercai di riprendere il controllo. All’inizio sembrò impossibile, ma non mollai. Almeno per qualche minuto, continuavo a ripetermi. Dovevo farcela.

Riuscii a calmare i singhiozzi, seppur non a contenerli del tutto. Le lacrime invece non si fermavano, con loro non sapevo da che parte cominciare.

Persi cognizione del tempo, fino a quando non ebbi la certezza che ci fossimo fermati.

“Dove siamo?” La mia domanda poco più di un gemito.

“A casa mia” rispose aiutandomi a scendere. Barcollai fino all’ingresso, poi fui in grado di camminare da sola. All’idea di non dover affrontare Benji mi sentii traboccare di riconoscenza e recuperai un poco le forze.

Puntai direttamente l’ascensore, ricordando che il suo appartamento si trovava a un piano elevato, non raggiungibile a piedi. Gli occhi mi bruciavano e la parvenza di controllo alla quale mi aggrappavo cominciò a vacillare. D’un tratto mi sentii sollevare da terra e, sotto al mio orecchio, il suono rassicurante di un battito cardiaco. Avvolta da quel tepore fluttuai nell’aria, finalmente libera dal peso che mi opprimeva.

Poco dopo sentii una superficie soffice contro la pelle, e la sensazione di sicurezza abbandonarmi. Il panico recuperò subito terreno, ma un braccio forte mi fece piegare in avanti e qualcosa di duro e freddo premé contro le mie labbra. Con uno sforzo aprii gli occhi e vidi che Tom cercava di farmi bere qualcosa.

“E’ un leggero calmante, ti farà bene.”

Priva della forza di controbattere, mandai giù l’acqua in cui era stata sciolta la medicina. Non appena ebbi finito Tom mi aiutò a sistemarmi sul cuscino, prima di coprirmi con la grande trapunta a due piazze.

“Se hai bisogno di qualcosa sono di là” mi disse piano all’orecchio.

Senza pensarci gli posai una mano sul braccio, trattenendolo debolmente. “Resta” pregai in un sussurro appena percettibile, “per favore.”

Non protestò e si sdraiò accanto a me. Mi accoccolai sul suo petto e trovai subito conforto nel calore del suo corpo.

“Dormi ora,” mormorò accarezzandomi i capelli.

Il calmante cominciava già a fare effetto, Tom doveva aver sbagliato i dosaggi. Ciononostante vidi con chiarezza il quadro di tutte le bugie, di ogni errore che avevo commesso, dal più piccolo al più grande. Avevo sbagliato tutto, mentendo a me stessa e a coloro che mi volevano bene.

Tom mi avrebbe soccorsa a quel modo se avesse saputo la verità?

Rimase in silenzio, tenendomi stretta e mormorando parole di cui non riuscii a cogliere il significato. La mia testa si fece sempre più pesante, fino a quando il sonno non ebbe il sopravvento.

 

Il mattino portò con sé il sole e una piccola speranza, se non il sollievo che mi auguravo. Aprii gli occhi, strizzandoli per abituarmi alla luce. Mi girai nel letto e Tom non c’era più. Sentii il suo odore tra le lenzuola e inspirai a fondo il morbido tessuto che mi avvolgeva. Senza di lui cosa ne sarebbe stato di me?

Tornai con la mente al giorno precedente e una fitta lancinante mi attraversò il petto. Benji avrebbe mai trovato la forza di perdonarmi, di capire?

Il tempo guarisce tutte le ferite, diceva sempre mio nonno, animo dolce e saggio che aveva accompagnato in maniera discreta tutta la mia vita e alla cui mancanza non ero mai riuscita ad abituarmi.

Mi guardai intorno. Era la prima volta che mi trovavo nella camera da letto di Tom e sorrisi all’idea di quanto rispecchiasse il suo carattere. Semplice e disordinata, piena di ricordi e di amore.

Forse è uscito pensai, in risposta al silenzio che aleggiava in casa.

Provai ad alzarmi ma il movimento fu troppo brusco, e un forte senso di vertigine mi incollò al letto per qualche istante. Inspirai e misurai la forza nelle gambe, prima di tentare nuovamente. Quando fui sicura di potermi reggere in piedi mi avventurai piano per le stanze adiacenti, ignorando il pavimento freddo sotto i piedi scalzi. Oltre alla felpa, Tom doveva avermi sfilato scarpe e calzini nel sonno.

“Ciao” lo salutai, trovandolo finalmente in cucina. La mia voce era rauca e mi schiarii istintivamente la gola. I miei occhi, finalmente asciutti, incrociarono il suo sguardo inquieto.

Si limitò a versarmi una tazza di tè, aspettando che fossi io a parlare.

“Sto meglio” lo rassicurai, “non so come ringraziarti.”

Un sorriso colmo di dolcezza gli illuminò il viso e dovetti trattenermi dal corrergli incontro e buttargli le braccia al collo. Mi limitai invece a prendere posto accanto a lui, osservando con stupore la tavola imbandita in onore di un appetito che ero lungi dal provare.

“Mi dispiace che tu mi abbia vista così” dissi accarezzandogli un braccio con la mano, “non volevo farti preoccupare.”

Tom sospirò, girando il cucchiaino nella tazza più a lungo del necessario. “Quando ieri ti ho vista sotto la pioggia ho avuto davvero paura.” Mi fissò, turbato. “Stavo rientrando a casa e una macchina di fronte alla mia ha inchiodato, clacsonando a più non posso. Mi sono affacciato per capire cosa fosse successo e ti ho vista. Hai attraversato senza nemmeno guardare.”

Il tono della sua voce era carico di apprensione e non potei fare a meno di abbassare lo sguardo per la vergogna. Con un dito mi sollevò il mento, affondando i suoi occhi neri nei miei. “Rischiavi di essere investita e quando ti ho chiamata non hai avuto la minima reazione, sembravi uno zombie. Vuoi dirmi cos’è successo?”

Un groppo in gola mi impedì per un attimo di respirare. Non avevo la forza di affrontare anche la sua ira, eppure meritava di sapere.

“Benji mi ha detto andarmene.” Il solo pronunciare quelle parole mi annientò e sentii il bisogno di chiudere gli occhi, come se potesse aiutarmi a cancellare i ricordi del giorno prima.

Tom non si scompose, doveva aver tratto le sue conclusioni e di certo non poteva trattarsi di un semplice battibecco. “Per quanto sia uno zuccone arrogante, mi riesce difficile credere che ti abbia cacciata di casa.”

Presi il coraggio a due mani e tornai a guardarlo. “Ti assicuro che ha tutte le ragioni del mondo, me lo sono meritato.” La mia affermazione colse nel segno e l’espressione di Tom si irrigidì per la sorpresa.

“Benji ti ama profondamente, cosa puoi aver fatto di tanto grave?” Per un attimo rimase in silenzio, come folgorato da un’improvvisa consapevolezza. “Hai cambiato idea? Non vuoi più sposarlo?” Scosse il capo senza darmi il tempo di intervenire. “Non avrebbe comunque senso. Solo se l’avessi tradito potrei spiegarmi un tale comportamento.”

Scossi la testa lievemente, in cerca delle parole giuste. “Non si tratta del tradimento che intendi tu, però ci sei andato molto vicino.” Una sincero stupore gli si dipinse in viso e mi affrettai a spiegarmi meglio. “Non c’è nessun altro Tom, te lo assicuro.”

Sembrò rasserenarsi, ma non parlò subito. Per un attimo dimentica dei miei guai mi limitai a osservarlo. Di nuovo quell’ombra, sensazione astratta che sfuggiva alla mia comprensione e di cui non riuscivo a percepire il reale significato.

Poi più nulla, la sua adorabile fossetta fece capolino cancellando quel disagio come se non fosse mai esistito. Prese le mie mani tra le sue e si accorse che erano gelide. “Immagino non sia facile, perché non cominci dall’inizio?”

La sua voce carezzevole ebbe la meglio sui mille dubbi che mi tormentavano. “Non sarà facile per nessuno dei due.” Feci una pausa e il silenzio attento di Tom mi indusse a continuare. “Prima di iniziare posso chiederti un favore?”

Serio in volto, si limitò ad annuire.

“Prova a pensare che si tratti solo di un sogno, dimentica di essere cosciente.” Socchiusi gli occhi e la mia voce tremò leggermente. “Lasciati andare e pensa che tra poco ti sveglierai.”

La stretta intorno alle mie mani si fece più forte e per un istante mi persi nella profondità del suo sguardo. Avrei dato qualunque cosa purché non smettesse di credere in me, di volermi bene come io ne volevo a lui.

Tirai un profondo respiro. “Da quando vi ho conosciuti sono una persona diversa. Prima mi limitavo a sopravvivere, giorno per giorno, senza quasi accorgermi che la vita mi scorreva accanto, silente. Ora sono felice, ma non so per quanto ancora potrà durare.” Pronunciai le ultime parole con un sorriso amaro sulle labbra. Il mio cuore sembrava appeso a un filo sottilissimo e fragile che ormai solo il dolore teneva legato.

“Vengo da un mondo molto lontano” mormorai. Tom mi passò con delicatezza il dorso della mano su una guancia, e solo allora mi accorsi che alcune lacrime mi rigavano il volto. “E’ accaduto come d’incanto, non ne conosco il motivo. Per quanto sia difficile da spiegare, non faccio parte della vostra realtà, sono una sorta di aliena in visita.” Cercai di sorridere, mentre sprofondavo nella consapevolezza che prima o poi mi sarei risvegliata da quel sogno bellissimo.

“Se tutte le aliene fossero così carine ti chiederei di invitarmi sulla tua navicella spaziale” mi interruppe Tom, che fino a quel momento aveva ascoltato senza batter ciglio.

Non potei fare a meno di ridere fra un singhiozzo e l’altro. “Come farò senza di te? Non voglio lasciarti Tom.”

Quella domanda lo colpì come un colpo in pieno petto, più di ogni mia precedente dichiarazione. Distolsi lo sguardo, incapace di sostenere il suo. Le parole di Benji non avevano smesso un attimo di ossessionarmi ed ero terrorizzata all’idea che anche lui potesse odiarmi.

“Perché dovresti lasciarmi?”

“So che sembra impossibile, ma sono nata e vissuta in una realtà diversa dalla vostra. Mi è stata data la possibilità di viaggiare da una dimensione all’altra, per questo nessuno sa da dove provengo.”

Si passò una mano fra i capelli, guardandomi con fare incredulo. “Vuoi dirmi che esistono dei mondi paralleli, come nei film?”

Mi ci volle qualche istante per ritrovare la voce. “A quanto pare sì, e io ne sono la prova. Immagina che sia salita su una macchina del futuro, solo che anziché muovermi nel tempo sono giunta sin qui.”

“Com’è possibile?” Domandò nuovamente, incapace di assimilare la notizia.

“Ti giuro che se lo sapessi farei di tutto per restare con voi,” dissi cercando di mandar giù il nodo che mi soffocava. Fu la mia volta di prendergli una mano e fissarlo dritto negli occhi. “Se mi sarà data la possibilità di scegliere non esiterò un solo istante, ma temo non dipenda da me. Potrei dover tornare a casa da un momento all’altro” spiegai asciugandomi le lacrime con la manica, “per questo Benji ha detto che non vuole più vedermi.”

Tom si alzò in piedi, allontanandosi di qualche passo. Trattenni il fiato, temendo che fosse sul punto di mandarmi via anche lui.

“Hai parlato di macchina del tempo” riprese con tono posato avvicinandosi alla finestra, senza però riuscire a guardarmi. “Immagino si trattasse solo di un paragone.” Non riuscii a rispondere ma il mio silenzio fu più eloquente di qualunque parola. “Dobbiamo impedire che il processo che ti ha portata qui si inneschi al contrario” concluse serio, tornando a sedersi accanto a me.

Gli rivolsi uno sguardo stupefatto. “Davvero mi credi, non pensi che sia matta?”

Per tutta risposta si limitò a farmi l’occhiolino. “Hai detto che si trattava solo di un sogno, quando ci sveglieremo chiamerò la neuro.”

Stanca di trattenermi lo abbracciai con tutte le mie forze. Era straordinario, non avrei mai potuto rinunciare a lui e al suo spirito allegro. Mi abbracciò a sua volta, tenendomi stretta e lenendo quello che fino al pochi istanti prima mi era sembrato un dolore insostenibile.

Recuperai piano il controllo, cercando con mani tremanti il fazzoletto che mi aveva dato in macchina il giorno prima. “Mi dispiace aver atteso tanto per dirti la verità.”

“Non preoccuparti, deve esserci una soluzione,” disse rivolgendomi un sorrise incoraggiante.

Per tutta risposta mi soffiai il naso. Mi sentivo come un palloncino pieno di elio, pronto a volar via alla prima folata di vento.

Con estrema semplicità mi passò un braccio dietro la schiena, e appoggiare la testa sulla sua spalla sembrò la cosa più naturale del mondo. “Non ho la minima intenzione di perderti, la vita tornerebbe a essere noiosa.” Si mise a giocare con una ciocca dei miei capelli mentre il tono pacato della sua voce colava come balsamo sul mio cuore, i cui pezzi sparsi cominciavano a ricomporsi. “Potrei anche dimenticarti, ma ci vorrebbe un po’ e non mi va.”

Scoppiai a ridere e mi allontanai un poco da lui. “Che carino che sei, quasi commovente.”

“Non ti scaldare, fa parte del programma «aiuta una donna in difficoltà».”

“Scemo.”

“Correggo, in grossa difficoltà.”

Gli diedi un buffetto sul braccio per poi baciarlo sulla guancia. “Grazie Tom.”

Mi fissò con finta aria sorniona, dandomi una leggera schicchera sul naso. “Non ti ci abituare però. Ora raccontami in dettaglio come sono andate le cose.”

Ci spostammo in salotto e cercai di fornirgli il maggior numero di dettagli possibili, soffermandomi anche su aspetti in apparenza trascurabili. Rimasi stupita dal suo approccio razionale, quando la mia storia di razionale aveva ben poco.

“La chiave di tutto sembra il fumetto” concluse infine, “il ciondolo serve solo a riportati a casa e non è ciò che vogliamo.”

Portai istintivamente la mano al collo. “Bisognerebbe ritrovare il signore che me lo ha dato, ma l’ho rivisto una sola volta mentre preparavamo il salone per il ballo. Disse che a tempo debito avrei avuto le risposte a tutte le mie domande.”

“Non ci resta che trovarlo. Ricordi cosa stavi facendo quando è apparso? L’elemento scatenante potrebbe essere un tuo comportamento.”

Scossi il capo, sforzandomi di ricordare. “La prima volta mi trovavo in un negozio di giocattoli,” mormorai ripercorrendo a ritroso i momenti vissuti prima di salire sul volo che aveva stravolto la mia vita. “La partenza era stata ritardata e per ingannare il tempo ho fatto un giro dei negozi del terminal. L’unico aperto era proprio il suo, e mentre mi guardavo intorno fantasticando tra me ha cominciato a farmi domande strane sui ricordi della mia infanzia, fino a propormi di prendere in prestito il primo numero della vostra serie.”

Tom sorrise e non ebbe bisogno di dire altro perché ne capissi il motivo. Non aveva gradito l’idea di essere protagonista di un cartone animato, avevo dovuto rassicurarlo più volte sul fatto che la storia si incentrasse essenzialmente sulle partite di calcio, con scarsi riferimenti alla vita privata. In ogni modo non doveva essere facile da accettare e lui sembrava riuscirci egregiamente.

“Sono proprio curioso di dargli un’occhiata, conoscendo il capitano non mi stupisce che l’abbia presa così male.”

Provai una fitta al petto che cercai di ignorare. Non era quello il momento di auto commiserarsi. “Se Benji non gli ha dato fuoco, non dovrebbe essere difficile soddisfare la tua curiosità.”

“La risposta potrebbe essere in quelle pagine, dobbiamo andare da lui.”

Abbassai lo sguardo, il cuore che mi tamburellava in petto. “E’ stato molto chiaro quando ha detto che voleva avere più nulla a che fare con me.”

Tom agitò l’aria di fronte a sé con noncuranza. “Price è sempre stato orgoglioso, con il tempo gli passerà.”

“E’ proprio questo il punto, non sappiamo quanto tempo abbiamo ancora.”

Si avvicinò, tendendomi la mano. “Allora sbrighiamoci.”

 

 

Note:

Per questo capitolo ho tratto ispirazione dal tema di Titanic, film bellissimo per quanto un po’ passato di moda... quante di voi hanno pianto guardandolo?^^ Il tema di Rose è davvero commovente, spero che piaccia anche a voi: http://www.youtube.com/watch?v=OSZCFFpix2g&feature=related.

 

¨ ¨ ¨

 

In risposta alle bellissime recensioni ricevute per l’ultimo capitolo^__^

 

benji79

Grazie benji79, per le varie recensioni e segnalazioni. Sono molto felice che la storia ti piaccia, e devo ammettere che anch’io invidio un po’ Myriam^^;

So che il confronto con Benji è stato triste e turbolento, però vedrai che avranno tempo per chiarirsi. Ciao e al prossimo capitolo!

Selanna

Che onore... riportare addirittura un passaggio del capitolo!!! Grazie davvero, anch’io mi sono commossa descrivendo la scena tra questi due zucconi^^

Diciamo che con Tom le cose sono andate meglio, spero che nessuno si sia depresso troppo nel frattempo^^ Sono molto felice che questa parte della storia vi stia piacendo, se hai tempo magari fammi sapere cosa pensi di quest’ultimo capitolo. Baciiii!!!

Berlinene

Ora anche Tom sa che se ne dicono di belle su di loro... a questo punto potrei anche presentartelo :D

Ammetto che la situazione mi diverte un mondo e sono felice che diverta anche te. Se fosse poi possibile presentare uno dei nostri baldi giovani ai propri genitori sarebbe davvero il massimo, quasi quasi ci faccio un pensierino e realizzo un seguito della storia nel nostro mondo... hehe^^

Lady Snape

Sorryyyyyyyy!!! So che la fine del capitolo 18 è stata terribile, ma non avevo scelta. Spero di averti consolata un poco con quest’ultimo episodio :-)

Nemmeno io, prima di scrivere questa storia, avevo mai pensato al lato negativo della faccenda: il fatto è che dopo un po’ i personaggi prendono vita e fanno un po’ quello che gli pare. Purtroppo è venuto fuori un bel casino e ora tocca che venirne fuori in qualche modo^^

Grazie mille per i bellissimi complimenti, spero che la storia continui a piacerti!

fulmy

Eccomi giunta alla recensione più complicata... Innanzi tutto ti ringrazio di cuore per i bellissimi complimenti che mi fai, e sinceramente non ho trovato il tuo discorso confuso. Il semplice fatto che tu ti sia posta così tante domande mi ha trasmesso un forte “attaccamento” alla storia, il che non può farmi altro che piacere. Oltretutto ogni opinione mi permette di arricchire la storia con punti di vista diversi dal mio^^

Ma andiamo per ordine:

1) L’aver dato un volto ai personaggi: mi collego alla risposta data a Brennan, in cui spiego che la scelta di pubblicare le foto è stata alquanto travagliata. Mi sono chiesta a lungo se “imporre” il mio punto di vista alle lettrici, dato che il bello di un racconto sta proprio nel lasciare ampio spazio alla fantasia. Ho però pensato che spesso il lato divertente dei film tratti da romanzi sta proprio nel vedere che volto lo scrittore (o la scrittrice) ha voluto dare alle sue “creazioni”. So bene che nessuno dei personaggi mi appartiene, se non Myriam e un paio di new entry, però ho pensato che sarebbe stato gradito a qualcuno e mettendo le foto in fondo ho pensato che fossero più facilmente “ignorabili”^^

2) Mischiare il mondo reale con quello del manga: l’idea di fondo era proprio creare un po’ di confusione, oltre a togliermi qualche soddisfazione personale (ve la immaginate Megan Fox che viene piantata in asso dal suo ex? XD). La mia storia non vuole essere una versione realistica del manga, bensì un piccolo viaggio in una dimensione parallela in cui tutto è possibile. Se mi fossi attenuta solo ed esclusivamente alla storia originale, avrei avuto difficoltà a trasmettere il senso di confusione provato da Myriam nel confrontarsi con questa realtà così diversa eppure in fondo molto simile alla sua. Se ci fai caso in diverse occasioni lei rimane stupita dei parallelismi tra il proprio mondo e quello di Benji, e il caso di Twilight è uno di questi. Così anche voi vi sentite più vicine a lei, no?

Per quanto riguarda invece l’allusione all’alieno, l’idea mi ha divertito molto e ti dedico il relativo scambio di battute tra Myriam e Tom^^

Non vorrei invece deluderti quando mi chiedi se ho già pronto il resto della storia: purtroppo ho alcuni pezzi di capitoli scritti qua e là, ma non sono sicura al 100% del finale da dare alla storia, essendo ancora in ballo l’ipotesi di un seguito. Posso però dirti che non escludo nulla a priori, e che quanto da te suggerito potrebbe anche verificarsi... chi lo sa?^^

Ciao ciao e a presto!!!

Bex

Grazie Bex, sono onorata di ricevere tanti complimenti e incoraggiamenti, anche perché mentre scrivevo gli ultimi capitoli mi ero buttata un po’ giù. Sapere che riesco a trasmettervi le emozioni che provo nello scrivere mi riempie di gioia, soprattutto se mi dici che ti viene naturale immedesimarti in Myriam. L’idea era appunto provare a regalare un piccolo sogno a tutte voi che, come me, avete sognato ad occhi aperti davanti a uno dei nostri anime preferiti.

Grazie ancora di cuore, spero che continuerai a seguirmi!^^

Brennan

Benvenuta Brennan, è sempre un piacere sentire il parere di nuove lettrici! L’idea del mondo parallelo mi ronzava in testa da molto prima che iniziassi a scrivere questa fic. Come ho detto nel primo capitolo, da piccola ho davvero sognato di fidanzarmi con Holly, e litigavo con la mia migliore amica per lui!!! Che buffo... Sono anche molto contenta che ti piacciano le foto dei protagonisti: le ho selezionate nel tempo e ho dubitato a lungo se pubblicarle o meno. In fondo è giusto che ognuno immagini ciò che vuole, e non volevo “forzare la mano” a nessuno. A un certo punto però ho pensato che forse a qualcuno avrebbe fatto piacere entrare ancora di più nella mia testolina matta^^

Sul fatto del collegamento repentino tra Myriam e Benji, so che all’inizio possa essere sembrato un tantino forzato. Il fatto è che lei viene spedita in Giappone per un motivo preciso, si tratta quindi di una sorta di incontro “pilotato”. Spero di non deludere le tue aspettative!!!

Grazie e a presto!

 

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Capitolo 20
*** Parte III - Capitolo 20 ***


Ok, è ufficiale: i miei protagonisti hanno preso il sopravvento e ormai fanno quello che vogliono

Ok, è ufficiale: i miei protagonisti hanno preso il sopravvento e ormai fanno quello che vogliono. Vi posso assicurare che la trama originale prevedeva un capitolo molto diverso da quello che vi apprestate a leggere... A questo punto la domanda sorge spontanea: dove mi porteranno?^^

Complice una lieve influenza sono rimasta a casa con molto più tempo libero del solito, riesco quindi a pubblicare in anticipo e sono molto curiosa di sentire cosa ne pensate. Le recensioni ricevute negli ultimi 2 capitoli mi hanno fatto riflettere su alcuni aspetti della storia che non avevo colto appieno, vi ringrazio!

Vediamo se la piega che stanno prendendo gli eventi vi aggrada... fatemi sapere^^

 

 

20

 

Tom

 

Quella situazione era a dir poco assurda, del tutto priva di logica, eppure le credevo. Non aveva alcun senso ma non potevo farne a meno. Pensiero silente da alcune settimane, nel vederla sotto la pioggia in quello stato mi ero arreso all’evidenza.

Mi stavo innamorando di lei. O forse ne ero innamorato da un pezzo ma avevo semplicemente ignorato il problema, convinto che prima o poi si sarebbe risolto da solo. Qualunque fosse la spiegazione non l’avevo accolta di buon grado. Che lei venisse o meno da un’altra dimensione passava in secondo piano rispetto all’essere fidanzata con uno dei miei migliori amici.

Ero quasi riuscito a prenderla con filosofia, ritagliandomi a pennello il ruolo di amico perfetto, non potendo in alcun modo rivelarle la verità. Se l’avessi fatto avrei finito per distruggerla, ne ero certo.

Ora mi stava seduta accanto, rannicchiata in se stessa come un gattino spelacchiato. Convincerla ad andare da Benji era stato l’unico pensiero lucido delle ultime ore. Dovevano fare pace, altrimenti sarei impazzito. Se davvero lui l’avesse lasciata, non avrei resistito oltre. La tentazione di baciarla mi aveva ossessionato tutta la notte mentre la stringevo a me, nel mio letto. Era stata senza alcun dubbio la notte più lunga della mia vita, e forse anche della sua. Respirare il suo profumo, vederla così indifesa e abbandonata nel sonno mi aveva portato sull’orlo della scissione tra il mio io razionale e quello emotivo.

Lei e Price dovevano fare pace, solo così avrei trovato la mia.

“A cosa stai pensando?” mi chiese con un debole sorriso. Potevo percepire fisicamente la sua tensione, una corda di violino avrebbe vibrato con minore intensità. Provai un stretta allo stomaco che rispedii subito al mittente.

“Pensavo a quello che mi hai detto prima” mentii, aggrappandomi all’unico argomento sensato che mi venne in mente. L’assurdità della sua tesi cozzava con la mia serena accettazione e, per quanto si sforzasse, non riusciva a farsene una ragione. Erano ben altri i problemi che mi tenevano impegnato, se fosse venuta da Plutone non avrebbe fatto alcuna differenza.

“Sei troppo tranquillo” insisté confermando la mia tesi, “mi fai quasi paura.”

Staccai per un attimo gli occhi dalla strada per posarli su di lei. Arrossì lievemente, e la fitta allo stomaco si fece se possibile più intensa. Cerca di contenere gli ormoni Becker, l’adolescenza è finita da un pezzo. Sorrisi a quel pensiero, prima di volgere via lo sguardo. “Se preferisci ti porto dritta in ospedale, reparto di igiene mentale.”

Per tutta risposta mi diede uno buffetto sulla spalla. “Spiritoso.” Improvvisamente si rabbuiò. “Credi che Benji vorrà parlarmi?”

Ecco, meglio tornare su argomenti meno scivolosi. Mi sentii sdoppiare, in un dialogo parallelo condotto dalla mia mente provata dal sonno e dal suo profumo che mi impregnava i vestiti.

“È semplicemente arrabbiato. Fa un sacco di storie, come tutti gli uomini. Vedrai che gli passerà.” Deve passargli, altrimenti non rispondo delle mie azioni. A proposito, vuoi sposarmi?

“Lo credi davvero?”

Fermi al semaforo, feci l’errore di incrociare il suo sguardo supplichevole. “Ne sono certo.” In alternativa potrei rapirti e portarti su un’isola lontanissima e deserta.

Due occhi ambrati mi fissarono, colmi di sincera gratitudine. “Grazie Tom, sarei persa senza di te.”

“Figurati.” Sempre che quell’idiota del nostro capitano non decida di tornare sui suoi passi. In tal caso niente isola.

Scossi il capo, cercando di riordinare le idee. Dovevo calmarmi, o avrei finito per fare una stupidaggine.

Perso nei miei pensieri, guidai fino all’ingresso di villa Price. Stavo per scendere e salutare il custode quando Myriam mi fermò con un gesto della mano. Livida in volto, avrebbe preferito entrare in una gabbia di tigri affamate piuttosto che varcare quel cancello.

Rimasi al mio posto, improvvisamente conscio di quanto fosse difficile quel momento per lei. Cedetti alla tentazione di accarezzarle una guancia, provando un brivido al contatto. “Si sistemerà tutto, vedrai” affermai con assoluta sincerità. Volevo il suo bene, così come volevo che Benji fosse felice. Mi sarei fatto da parte, a patto che si decidesse a lottare per lei.

Attesi diversi minuti che si calmasse, fino a quando il silenzio non diventò ridicolo. Non volevo essere il primo a romperlo, ma sembrava non avessi scelta se volevo che parlasse di nuovo. “Se non te la senti possiamo sempre fuggire insieme” dissi infine, questa volta ad alta voce.

Riuscii a strapparle un sorriso, e per un attimo fui tentato di dirle che non scherzavo affatto.

“Attento, se me lo chiedi una seconda volta potrei anche accettare.”

Aria, ho bisogno di aria.

“Facciamo una terza e non se ne parla più.”

Scoppiò a ridere, dandomi un bacio sulla guancia. Rimasi immobile, funambolo improvvisato a venti metri di altezza senza rete. Calma Becker, calma, ripetei come un mantra.

“Sei pronta?” domandai cercando di riprendere il controllo delle mie funzioni vitali.

Il suo sorriso si spense. “Non direi, ma temo di non avere scelta.”

Diedi un colpetto di clacson rimanendo in macchina, nel timore che se la desse a gambe sul più bello. Percorremmo il viale interno in silenzio, fino al parcheggio.

Sembrava una statua di cera per quanto era pallida. “Non dirmi che hai cambiato idea” la pungolai, cercando di non pensare a come sarebbe stato non averla più accanto. Per un attimo la immaginai radiosa, percorrere la navata di una chiesa di campagna fasciata in un semplice abito bianco. Perfetto, ci mancava solo questa.

Strizzai gli occhi per cancellare quella visione. “Andiamo?” O andiamo o mi sposi, deciditi.

Il suo labbro inferiore tremò per un attimo, le ci volle tutto il coraggio che aveva in corpo per guardarmi negli occhi e rispondermi. “Ok, ma vorrei che gli parlassi prima tu.”

Io? Dovrei convincerlo a perdonarti, quando l’unica cosa che vorrei in questo momento è portarti via con me? Mi sa che non ci siamo capiti.

“Va bene” dissi invece, sapendo che non avrei potuto negarle nulla, “ma ad una condizione.”

Mi fissò in trepidante attesa.

Se non ti perdona fuggiamo insieme. “Cascasse il mondo tra dieci minuti mi raggiungi, non ho intenzione di venirti a prendere.”

Il suo volto si illuminò. “Affare fatto.”

Scesi dalla macchina senza aggiungere altro, sapendo che altrimenti le avrei fatto la vera domanda che avevo in mente. La sua risposta non sarebbe probabilmente stata la stessa, ma forse mi sarei sentito più leggero.

Mi diressi a passi veloci verso l’ingresso, chiedendomi da che parte iniziare il discorso. Speriamo che almeno Price sia in casa. Una giovane cameriera mi aprì la porta con un sorriso che ricambiai distrattamente, prima di notare un lieve rossore tingerle le guance. A tratti dimenticavo di sortire un certo effetto sul genere femminile.

Concentrati Becker, non è il momento di flirtare con la prima ragazza che incontri.

Chiesi di Benji e mi venne indicata la porta del salone che dava sul giardino. Ringraziai e mi diressi con discrezione verso l’ampia veranda dove era solito ritirarsi a leggere nelle giornate di sole.

Lo trovai con una rivista in mano, e per un lungo istante sembrò ignorare la mia presenza.

“Ciao Benji” salutai con semplicità.

Alzò lo sguardo incrociando il mio, rimanendo seduto. “Ciao Tom. Qual buon vento?”

Un vento di tempesta, pensai alla vista delle profonde occhiaie che gli solcavano il volto. Tutte le mie velleità amorose si spensero come una fiammella esposta a corrente improvvisa. Un dolore profondo albergava negli occhi del mio amico, riflesso perfetto di quello che tanto mi aveva spaventato in Myriam la sera prima.

“Da un po’ di tempo a questa parte hai un aspetto terribile quando ci vediamo.” Benji non raccolse la provocazione. “Pensavo avessimo superato la parte difficile.”

Immobile, si limitò a fissare il vuoto di fronte a sé. “Lo pensavo anch’io.”

Mi avvicinai di qualche passo, attratto dalla rivista che aveva in mano. “Posso?” domandai semplicemente, come se non vi fosse bisogno di spiegazioni.

“Accomodati” rispose porgendomi il fumetto.

Mi ci vollero alcuni minuti per assimilare le implicazioni di ciò che stavo tenendo in mano. Immagini e testi scorrevano sotto i miei occhi increduli. Un conto era sentirselo raccontare, un altro vederlo scritto nero su bianco. Sfogliai le pagine in trance, quasi dimentico di non essere solo.

“Interessante, non credi?”

La sua domanda mi fece sussultare. Mentre leggevo Benji si era alzato, e ora mi stava di spalle con le mani incrociate dietro la schiena. Fui felice che non potesse vedere l’espressione sul mio volto, così come era probabile che volesse nascondere la propria.

Scossi il capo, con la profonda convinzione che nulla sarebbe più stato lo stesso. Presi il coraggio a due mani e mi buttai. “Myriam mi ha raccontato tutto.”

Come immaginavo non si voltò, continuando a fissare il parco di fronte a sé. “Quello che desidero in questo momento è non parlare di lei. Sto bene così.”

“Non è possibile capitano, una cosa del genere devasterebbe chiunque.”

“Ti ha chiesto lei di curare le sue pubbliche relazioni o ti sei offerto volontario?”

Rimasi colpito dalla durezza del suo tono di voce, ed ebbi la netta impressione che non fosse nemmeno in grado di pronunciare il nome di Myriam. “L’ho convinta io a parlarti, è rimasta in macchina ma tra poco sarà qui.”

In men che non si dica me lo ritrovai di fronte, e per un attimo ebbi l’impressione che volesse bruciarmi vivo.

“Come osi intrometterti?”

Serrai la mascella, sentendo la rabbia montare. “Hai anche solo la più vaga idea di quello che Myriam ha passato nelle ultime ore?”

Potei quasi percepire la lotta interna che lo dilaniava, ma la parte oscura sembrò prevalere. “Non mi interessa.”

Lo bloccai per un braccio prima che potesse allontanarsi. “Cosa pensi di fare?”

Benji si liberò con uno strattone. “Me ne vado.”

“E dove?”

“Non ti riguarda! Voglio andarmene ok? Non so dove, né per quanto. Non so niente di niente, tranne che non voglio vederla.

Mi interposi tra lui e la porta. “Non puoi continuare a scappare, devi parlarle.”

“Becker, togliti di mezzo.”

“Smettila di pensare solo a te stesso” sibilai, fuori di me.

Strinse i pugni, forse per trattenersi dal colpirmi. Non avrei chiesto di meglio che rendergli pan per focaccia. “Stai facendo l’errore più grave della tua vita. Se non la pianti di fare i capricci la perderai per sempre.

Con mio estremo stupore riuscii a far breccia nella sua maschera inflessibile. “Sta davvero così male Tom?”

Abbassai lo sguardo in segno di assenso. Il ricordo del suo viso stravolto e rigato dalla pioggia mi perseguitava.

Benji mi oltrepassò in silenzio, fermandosi in mezzo alla stanza. “Dove si trova ora?”

Aveva capitolato. Una parte di me ne fu felice, ma non potei esimermi dal provare tristezza per ciò che ne sarebbe conseguito. “In macchina. Le avevo detto di raggiungerci ma temo non ne abbia avuto il coraggio.

“Cosa faccio, le dico che ho cambiato idea?” domandò improvvisamente insicuro.

Mi concessi il lusso di un mezzo sorriso. “Le donne adorano gli uomini che cambiano idea, come nei film. Perché credi che gli piacciano tanto?”

Mi rivolse uno sguardo grato prima di uscire. Non ebbi la forza di seguirlo. Un conto era rallegrarmi per la loro riappacificazione, un conto assistervi in prima persona. Con il tempo avrei superato la cosa.

Tornai fuori, respirando a pieni polmoni l’aria fresca dell’autunno ormai alle porte. Ripensai al pomeriggio trascorso con lei solo pochi giorni prima. La vita è davvero più semplice quando si è bambini.

“Non la trovo.” La voce allarmata di Benji giunse inaspettata alle mie orecchie.

“Come sarebbe non la trovi? Era in macchina.”

“A meno che tu non intenda nel bagagliaio, nella la tua Z4 (21) non c’è.”

Lo guardai stupito e la mia espressione sembrò divertirlo.

“Hai una nuova macchina invisibile? Se sei un super eroe dimmelo, ormai nulla può stupirmi.

“C’è poco da scherzare Price” ribattei serio, “deve essersene andata a piedi mentre parlavamo.”

Benji impallidì. “Forse ci ha sentiti.”

“Sei un idiota” lo interruppi. “Se non la troviamo ti spezzo il collo con le mie mani.”

 

* * *

 

Benji

 

Mi sentivo preda di uno stato di ansia perenne al quale non ero affatto abituato. Avevamo girato la città in lungo e in largo, invano. Tom non mi rivolgeva la parola di più di un’ora e potevo anche capirne il motivo.

Difficile descrivere il senso di colpa che avevo provato nell’udire il racconto del suo incontro con Myriam. Accecato dal mio amor proprio, non mi ero soffermato neanche un istante su come lei potesse aver vissuto gli ultimi mesi accanto a me, sopportando le mie domande, vivendo ogni giorno come se fosse l’ultimo.

“Se fosse tornata a casa?” La domanda uscì flebile dalle mie labbra, quasi augurandosi di non ricevere risposta.

“A casa tua no di certo” rispose Tom senza distogliere gli occhi dalla strada, “e da me abbiamo già controllato.”

Soppesai per un attimo le mie parole. “Intendevo casa sua.”

Il silenzio che seguì fu tanto pesante da togliermi il respiro, ed ebbi la netta sensazione che Tom provasse la stessa cosa. Mi sforzai di reprimere un istintivo moto di gelosia. Se Myriam era ancora tutta intera lo dovevo a lui.

“Spero di no. Se così fosse non potrei mai perdonartelo.

Non ebbi la forza di rispondere. Anche Tom l’amava, ne ero certo. Tenni quel pensiero per me, aggrappandomi alla speranza di poter essere ancora geloso in futuro, anziché annientato dalla solitudine e dal rimorso.

“Rifletti” domandò, duro. “Dove potrebbe essere?”

“Non ne ho idea, sono ore che ci penso. Abbiamo rivoltato l’intera città.”

“A meno che non si sia dissolta nel nulla, deve pur trovarsi da qualche parte. Cerchiamo di ragionarci un attimo. Era sconvolta, si sarà nascosta in un posto dove si sente al sicuro, dove a nessuno verrebbe in mente di cercarla.

“Nemmeno a noi.” Passai velocemente in rassegna tutti i posti dove eravamo stati insieme, senza grandi risultati.

“Conviene che ci separiamo” concluse Tom accostando al primo marciapiede.

“Vuoi che scenda?”

“Sì, tanto vale procedere a caso. Chi la trova per primo avvisa l’altro.”

Feci a malapena in tempo a chiudere lo sportello che l’auto era già partita. Mi ha letteralmente scaricato. Se il frangente non fosse stato dei più tragici avrei riso della mia penosa situazione.

Cercai di orientarmi, guardandomi intorno. Ero lontano dal centro, in uno dei quartieri nuovi della città. Pensai con amarezza che il momento più allegro della giornata era stato scoprire in Tom un rivale in amore. L’idea che potesse essere più adatto a lei, più responsabile e affettuoso, mi colse del tutto impreparato.

“Peste perdonami” pregai a voce alta. “Prometto che se riuscirò a trovarti farò di tutto per renderti felice, anche se ciò volesse dire rinunciare a te.”

Provavo una rabbia sorda al pensiero delle tante occasioni perse, di come l’avevo cacciata e aggredito Tom quella mattina. Avevo detto cose orribili, al solo pensiero che Myriam avesse udito ogni cosa sentivo le ossa liquefarsi.

Così impari Benjamin. La voce di Nathalie echeggiò nelle mie orecchie. Snobbarmi per una marziana qualunque.

Scossi il capo nel tentativo di zittirla. L’autonomia del mio equilibrio mentale era ormai agli sgoccioli.

Avrei dato qualunque cosa pur di tornare al nostro ultimo momento felice, tenerla stretta a me e non lasciarla andare più. Ripensai alla nostra vacanza in barca, alla prima volta che avevamo fatto l’amore, quando avevo capito di non poter vivere senza di lei.

Mi colpì, come un fulmine.

Senza quasi ragionare mi guardai intorno alla ricerca di un taxi. La giornata volgeva al termine e le strade si stavano svuotando. Mi misi a correre, digitando nel frattempo il numero del servizio informazioni.

Fu il disco di attesa più lungo del mondo, le mie dita stringevano il telefono come se fosse stato l’unico appiglio in uno strapiombo di cento metri.

Finalmente il taxi arrivò, e dovetti fare uno sforzo sovrumano per indicare l’indirizzo all’autista in maniera comprensibile. Il traffico mi fu amico e arrivai a destinazione in meno di venti minuti, sebbene sembrassero trascorse intere giornate da quando mi ero separato da Tom.

Pagai la corsa senza nemmeno guardare il tassametro e schizzai fuori dalla macchina. Il porto era semi deserto e corsi a pieni polmoni fino al molo dove era ormeggiata la mia barca, felice di poter sfogare in qualche modo il panico che si era ormai sostituito al sangue nelle mie vene.

Provai un tuffo al cuore alla vista di Sheelala (22). Potei quasi vedermi, in piedi al timone accanto a lei, ebbro di ottimismo per il futuro che ci attendeva. Prima che riuscissi a coglierne le varie sfumature l’immagine si dissolse, inghiottita dal timore che tutto fosse andato perduto per sempre.

Aprii il tambuccio (23) che mi scordavo sempre di chiudere a chiave e scesi sotto coperta. Il generatore era staccato e mi ci volle qualche istante per abituarmi al buio.

Era la mia ultima possibilità.

Ti prego, ti prego fai che sia qui.

Mi avvicinai piano alla cabina che avevamo condiviso poche settimane prima, e chiusi gli occhi trattenendo il fiato. Posai la mano sulla maniglia e spinsi piano verso il basso.

 

 

* * *

 

Myriam

 

Riuscii finalmente a trovare una coperta, raggomitolandomi nel letto.

Era ancora buio quando mi svegliai. Mi sentivo confusa ma sapevo che non era ancora mattina. Cercai di allungarmi, voltandomi verso l’oblò. La notte era scura, le nuvole offuscavano la luna impedendo alla sua luce di schiarire il cielo.

“Scusami” mormorò così piano che la sua voce rimase parte dell’oscurità. “Non volevo svegliarti.”

I miei muscoli si contrassero e mi tirai istintivamente indietro. Si trattava senz’altro di un’allucinazione. Chiusi gli occhi, sperando che non se ne andasse, finché la mia mente non registrò il suo inconfondibile profumo.

“Benji, sei davvero tu?” balbettai quasi, aspettando che la furia ci travolgesse. Con mia grande sorpresa la placida atmosfera della cabina non si alterò, potevo quasi sentire nell’aria la dolcezza del nostro ritrovarsi, del suo respiro su di me.

Non c’era tensione tra i nostri corpi. Eravamo immobili, vicini senza toccarci. Il vuoto lasciato dalla sua lontananza aveva un sottofondo amaro che solo ora avvertivo pienamente.

“Come hai fatto a trovarmi?” domandai cercando di mettere a fuoco il suo viso.

“Perdonami.”

Cercai la sua mano a tastoni e, trovandola, intrecciai le dita alle sue. Si avvicinò a me, circondandomi con le braccia e attirandomi sul suo petto.

“Perdonami” ripeté.

“Non c’è nulla da perdonare” gli sussurrai all’orecchio. Cedetti alla tentazione di avvicinare le labbra alle sue, sfiorandole piano. Mi sentii tornare in vita, dolce risveglio dal letargo invernale.

“Quanto siamo stupidi?” domandò staccandosi un poco da me. Mi accarezzò la guancia con il dorso della mano.

Il mio respiro si era fatto irregolare. “Molto.”

Le sue labbra si spostarono nell’incavo della mia mascella, proprio sotto l’orecchio. Trattenni a stento un gemito.

“Davvero stupidi” sussurrò contro la mia pelle.

Annuii tra i suoi baci, passandogli le mani sulla nuca, dimentica dei terribili momenti appena trascorsi.

Mi passò le dita lievi sul braccio, poi sul fianco e intorno alla vita, tracciando piccoli centri concentrici, giù fino alla coscia. Senza che potessi reagire passò una mano sotto al ginocchio e mi tirò su la gamba, sistemandola sopra i suoi fianchi.

Ogni fibra del mio corpo si tese, e un calore familiare si irradiò sulla pelle sotto le sue dita.

“Perdonami.”

Prima che potessi rispondere, prima che potessi anche solo concentrarmi per dare un senso alle sue parole, mi fece rotolare su un lato, salendomi sopra. Piegò leggermente la testa per permettere alla punta della lingua di scendermi lungo il collo, tracciandone con dolcezza il profilo. Baciò ogni centimetro della pelle con esasperante lentezza, spostandosi in alto fino al piccolo punto sensibile alla base dell'orecchio. Cominciai a respirare forte, al limite del controllo.

“Potrebbe sentirci qualcuno” riuscii a biascicare.

Benji ignorò la mia debole protesta, avvicinandosi di nuovo e tracciando la linea delle mie labbra con la lingua. Sentivo il suo peso su di me, leggero perché appoggiato in parte su una gamba. Il mio cuore batteva tanto forte che temevo potesse esplodere da un momento all’altro.

Inspirai profondamente, cercando di riordinare i miei pensieri. Cos’era successo? Perché aveva cambiato idea?

Dovette percepire il mio cambiamento di umore perché si scostò da me, sdraiandosi sulla schiena con le mani dietro alla testa. Riuscivo a vederlo ora, un raggio di luna attraversava l’oblò e illuminava la parete di fronte a noi.

“Grazie a Tom ho capito di essermi comportato da perfetto idiota” spiegò, leggendomi nel pensiero. “Quando sei scomparsa c’è mancato poco che mi piantasse una pallottola in mezzo agli occhi. Abbiamo messo la città sottosopra per trovarti.

Sospirai, appoggiandomi al cuscino e fissando il soffitto. Non avrei dovuto interromperlo, forse trascorrere la notte insieme avrebbe reso tutto più semplice. Alla luce del sole i problemi sembrano più facili da risolvere. O forse no.

Benji si spostò di lato, la guancia destra nel palmo della mano. Mi sentii catturare dalla forza del suo sguardo e, senza che mi avesse nemmeno sfiorata, il sangue riprese a pulsare veloce nelle vene.

“Come ti sei sentita?”

Tornai a guardarlo con curiosità. “A cosa ti riferisci?”

“Al passaggio tra i nostri mondi. Devi aver pensato di avere qualche rotella fuori posto quando sei arrivata qui.”

Un senso di sollievo mi pervase da capo a piedi. Riusciva a scherzare, nonostante tutto.

“Mettiamola così, ho vissuto momenti migliori.”

Ripercorsi con la memoria il mio arrivo a Tokyo. Un’altra me stessa, un'altra vita. “Solo scendendo dall’aereo mi sono accorta che qualcosa non andava, non avevo certo collegato la cosa al fumetto.” Sospirai al ricordo, cercando di scrutare la sua espressione nell’oscurità. “Mi trovavo nell’aeroporto e nel paese sbagliato, parlavo una lingua a me sconosciuta e nulla aveva senso. A un certo punto vi ho visti, con le fan che si agitavano e gridavano i vostri nomi. Ho pensato di essere impazzita, poi il mondo ha cominciato a girarmi intorno.

“Attacco di panico.” La sua voce mi sembrò così calma. “Così disse il dottore. Se solo avesse saputo, avrebbe chiamato il primo psichiatra disponibile.

Non riuscii a trattenere una risatina. “Forse dovresti cercarne uno tu, e alla svelta.”

Potei sentire il sorriso nella sua voce mentre mi baciava la fronte. “Forse.”

Mi strinse nuovamente a sé, con dolcezza.

“Cosa facciamo ora?” trovai la forza di chiedere. Il mio cuore batté in modo quasi doloroso mentre attendevo la sua risposta.

“Non lo so.”

Provai un brivido lungo la schiena, accompagnato da uno strano presentimento che scacciai infilando il naso nell’incavo del suo collo. Rimanemmo così abbracciati, in silenzio, in attesa di un domani che avrebbe portato con sé più domande che risposte.

 

 

Note:

(21) Sportiva a 2 posti di casa BMW (http://www.bmw.com/it/it/newvehicles/z4/z4/2009/introduction.html), Tom ce lo vedo benissimo alla guida^^

(22) “Festa di primavera” in lingua elfica. Se siete curiose di vedere quale barca ho scelto per Benji, cliccate sul link seguente: http://www.x-yachts.com/seeems/3696.asp.

(23) Apertura e relativa porta o scorrevole per scendere sottocoperta.

 

Per questo ho capitolo ho tratto ispirazione dalle seguenti canzoni:

Tom --> Mad About You” di Sting (http://www.youtube.com/watch?v=eaATtWLcGew&feature=related)

Benji -->  “Iris” dei Goo Goo Dolls (http://www.youtube.com/watch?v=FpO9MSEWpxc)

Myriam -->Halleluja” cantata da Elisa (http://www.youtube.com/watch?v=KWIPwxipQpI) 

 

¨ ¨ ¨

 

In risposta alle sempre super-motivanti recensioni ricevute per l’ultimo capitolo^__^

 

Bex

Grazie Bex! Questo capitolo arriva prima del previsto, spero di non aver deluso le tue aspettative^^

Che mi dici di Tom? Non ho potuto farci nulla, mi ha preso la mano e si è ribellato al ruolo che volevo attribuirgli inizialmente... che faccio con lui ora? Aiutoooooooo^^;

Cmq anch’io mi chiedo spesso perché ragazzi così scarseggino nella realtà, quasi quasi organizzo un charter per il mondo di CT e vi invito tutte con me^^

Grazie ancora per i bellissimi complimenti e a presto!

Fulmy

Grazie a te per gli spunti di riflessione che mi hai dato. Come detto nell’introduzione, sentire il vostro punto di vista mi aiuta a dare alla storia migliori sfaccettature^^

Sono molto contenta che la mia risposta sia stata esaustiva, e che la storia ti abbia appassionata tanto. Se la cosa può consolarti, siamo in due a non dormirci la notte! Hehe...

Spero che la reazione di Tom non ti abbia sconvolta troppo, vediamo cosa succede ora. Ciao ciao e a presto!!

benji79

Ciao Benji79! Spero tu sia contenta che Benji e Myriam abbiano fatto pace... ma con Tom ora come facciamo? Aiutatemi e trovare una soluzione, non posso mollarlo così che mi viene tristezzaaaaaaa!!! ;___;

Grazie ancora per la bellissima recensione e a presto spero!

berlinene

Dunque dunque... vogliamo iniziare da Mark? Tra un paio di capitoli ritroveremo un po’ tutti i personaggi, fammi sapere per tempo che organizzo^^

Scherzi a parte, sarebbe divertente inserirti in un cameo: se mi dici come ti chiami e mi dai qualche indicazione per descriverti fisicamente ci provo!

Tornando alla tua recensione, grazie mille come sempre per i complimenti: in effetti mi sono depressa un po’ a raccontare il punto di vista di Myriam, spero che il “trittico” di quest’ultimo capitolo ti sia piaciuto. Spero soprattutto che Tom continui a piacerti, si è fatto prepotentemente strada nella storia...

Ciao ciao e a presto!

Lady Snape

ROTFL... la tua recensione mi ha fatto sbellicare. E’ VERISSIMO, Tom ha sempre avuto quella faccia con sorriso fisso, da cui il pensiero “che caxxo te ridi?” un po’ alla Verdone ^__^;;

Digressioni comiche a parte, sono davvero felice che il “mio” Tom ti sia piaciuto, e spero che anche la svolta di quest’ultimo capitolo sia risultata convincente. Come detto nell’intro, in parte la storia è stata sviata dai miei personaggi: per quanto possa sembrare strano, è stato come se lui non ci stesse a rimanere in disparte e, fino a quando non gli ho dato il giusto spazio, non sono riuscita ad andare avanti. Staremo a vedere... se hai qualche consiglio fatti avanti, perché sono un po’ in crisi -__-

Ciao e alla prossima!

 

¨ ¨ ¨

 

Cast (parziale) della FF

Piccolo reminder, just in case^^

 

Myriam

Benji

Tom

 

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Capitolo 21
*** Parte III - Capitolo 21 ***


X

Già sento le proteste per questo capitolo... Vi avevo avvisate quando ho detto che ormai i personaggi sono fuori controllo e fanno ciò che vogliono, giuro che non è colpa mia^^;

Info di servizio: la nota 24 riporta un link importante, non aspettate di arrivare alla fine per cliccarlo.

 

Fatemi sapere cosa ne pensate... sono davvero in ansia!! Buona lettura^^

 

 

21

 

Myriam

 

“Pensi sia il caso di rimandare la partenza?”

Sapevo che la mia domanda non aveva una risposta logica, ma mi era impossibile pensare ad altro. Se fossi salita sull’aereo per Monaco sarei poi atterrata a Roma, nel mio mondo? Tremai al solo pensiero.

“Non credo” rispose Benji alzando lo sguardo dal suo portatile, “credi che cambierebbe qualcosa?”

Rimasi in silenzio, indecisa se rispondere o meno.

“Non dirlo perché so che lo pensi” mi anticipò con un sorriso.

Punta sul vivo, non riuscii a stare allo scherzo. “Non lo penso perché è del tutto ininfluente.”

Erano ore che navigava su internet alla ricerca di qualunque informazione sulla teoria dei mondi paralleli, dalla meccanica quantistica ai romanzi di fantascienza. Dentro di me sapevo che non avrebbe fatto alcuna differenza, ma capivo il suo bisogno di razionalizzare la situazione in cui ci trovavamo.

Con mio estremo stupore, Benji sembrava accettare le conseguenze del mio racconto. Al suo posto forse non sarei stata così comprensiva. Non senza difficoltà, mi aveva raccontato della notte trascorsa dopo la nostra separazione. Lunghe ore alternate tra sonno e veglia avevano messo a dura prova i suoi nervi già scossi dalle mie rivelazioni.

Ero stata più volte sul punto di chiedergli se fosse stato Tom l’ago della bilancia nella sua indecisione, senza però andare fino in fondo. Per quanto mi avesse perdonata, qualcosa di impercettibile si era insinuato tra noi, come se un velo invisibile lo trattenesse dall’avvicinarsi troppo a me.

Il cellulare squillò improvvisamente, interrompendo il corso dei miei pensieri.

“Svelta, accendi la tv!” Dovetti allontanare la cornetta dall’orecchio per non rimanere assordata dalle urla di Patty. “Canale 7, ci sentiamo dopo.”

Mi allungai per prendere il telecomando e, una volta acceso, rimasi a bocca aperta davanti allo schermo. Tom era in mezzo ai flash dei fotografi, in piedi accanto a Giorgio Armani. Re Giorgio, come lo chiamavamo dalle nostre parti.

“Che succede?” domandò Benji senza lasciare il computer al quale sembrava ormai legato indissolubilmente.

“Tom è in televisione” mormorai mentre cercavo di seguire l’intervista.

Benji non commentò la notizia, di certo abituato all’attenzione mediatica riservata all’amico. Da parte mia stentavo a capacitarmi dell’ennesimo parallelismo tra i nostri mondi. Giorgio Armani sarebbe potuto essere chiunque in quella realtà, un idraulico, un gelataio. Non poteva fare proprio a meno di essere uno stilista famoso.

Prima che avessi il tempo di interrogarmi su una mia eventuale versione parallela, il promo dello spot partì. Per poco non mi cappottai. Tom era il nuovo testimonial della fragranza maschile Diamonds for Men.

I quasi sessanta secondi in bianco e nero sfilarono sotto i miei occhi allibiti (24). Tom era sempre stato così sexy? Deglutii alla vista dei suoi addominali scolpiti, subito coperti da una morbida camicia di alta sartoria. Ripensai per un attimo alla sera del ballo, al fascino sottile che mi aveva colpito vedendolo in smoking.

La scena finale chiudeva in bellezza. Uno stuolo di ragazze adoranti, lo sguardo da playboy inconsapevole e seducente. Se si fosse potuta prendere una licenza dalle leggi della fisica, la mia mascella avrebbe toccato il suolo.

“Ma quanto è figo?” esclamò nuovamente Patty alla quale avevo risposto come un automa. “Credo che Susie stia correndo a casa sua.”

“Ho visto” balbettai senza riuscire a staccare gli occhi dallo schermo. “Davvero Susie sta andando da lui?” domandai a scoppio ritardato, chiedendomi perché la cosa mi infastidisse tanto.

“Sì, e ti dirò di più” ridacchiò lei più divertita che mai. “Se non conoscessi Tom da sempre, Holly avrebbe di che preoccuparsi.”

Faticai a reggere lo scherzo, la mia mente ancora annebbiata dallo stupore. Hard to resist (25) sosteneva il claim visualizzato sull’ultima immagine. Come dargli torto.

“Sono sicura che Gisèle rosicherà tantissimo” proseguì Patty senza far caso alla mia mancanza di reazione. “Sarebbe anche capace, vedendolo così, di tornare sui suoi passi.”

“Visto il tipo non mi stupirebbe” risposi infine. “Quando ha girato lo spot? Non me ne ha mai parlato.”

“Credo un paio di mesi fa. Lo conosci, anche se ci ha fatto l’abitudine non ama mettersi in piazza.

Sospirai, cercando di dirottare la conversazione sulla festa prevista per il giorno successivo, ultimo ritrovo collettivo prima della stagione invernale. L’idea di salutare tutti ufficialmente mi metteva a disagio, ma rappresentava una valida alternativa agli addominali scolpiti del mio amico Tom.

“Ci vediamo domani pomeriggio al locale ok?” si accomiatò Patty con il solito piglio organizzativo.

“Certo, a domani.”

Riagganciai, persa nei miei pensieri. Tom mi aveva evitata negli ultimi giorni, non lo vedevo dalla mattina in cui ci eravamo recati a casa di Benji.

Quella che era nata come una vaga impressione stava prendendo sempre più corpo. Potevo capire il riserbo legato allo spot pubblicitario, per quanto si trattasse di un’omissione dalle gambe corte, ma rifiutare tutti i miei inviti? Era diventato impossibile persino parlargli al telefono.

“Tutto ok peste?”

Senza quasi accorgermene mi ero alzata dal divano, e Benji mi aveva raggiunta abbracciandomi da dietro. Reclinai un poco la testa, appoggiandomi al suo petto.

“Lo sai che Tom è il nuovo testimonial della campagna profumi uomo di Armani?” domandai senza voltarmi. Per un attimo lo sentii irrigidirsi, ma forse era solo la mia immaginazione.

“Ne avevo sentito parlare. Non sapevo che la trattativa fosse andata in porto.

“Mi manca, sai?”

Seppur con delicatezza Benji si allontanò, avallando l’impressione avuta poco prima. L’argomento Tom era diventato quasi tabù nelle nostre conversazioni.

“Qualcosa non va?” Scosse la testa, evitando accuratamente di incrociare il mio sguardo. “Si vede lontano un miglio che stai nascondendo qualcosa Price, sputa il rospo.”

“Credo che dovresti parlargli” mormorò passandosi una mano sulla nuca.

Il suo tono di voce mi spaventò. “E’ successo qualcosa a Tom? Sono giorni che mi evita come la peste.” I nostri occhi si incrociarono, e un lungo brivido accompagnò la strana luce che vidi riflessa nei suoi.

“Vai da lui.”

Alla vista della sua mascella serrata capii che non avrebbe approfondito oltre l’argomento. Mi avvicinai, sfiorandogli le labbra con un bacio. “Ci vediamo più tardi” mormorai in un soffio.

Più preoccupata che mai, presi la borsa sul tavolo in ingresso e mi diressi in garage senza nemmeno guardarmi allo specchio.

Non appena salita in macchina, avviai il motore e infilai l’auricolare del telefono con un unico gesto. “Ciao Susie, come stai?” domandai non appena mi rispose.

“Bene Myriam, grazie. E’ un po’ che non ci vediamo, venite domani?”

La festa di fine estate era diventato l’unico argomento di conversazione del gruppo, non si parlava d’altro. “Certo, non mancheremmo per nulla al mondo. Hai visto Tom per caso?” chiesi con finta leggerezza, per quanto era lampante che fosse il motivo della mia telefonata.

Perché lo chiedi a me? Siete stati inseparabili fino a ieri, se non vuole vederti ci sarà un motivo.

Trasalii, prima che la vera risposta di Susie giungesse alle mie orecchie.

“Ci siamo sentiti prima, volevo passare a trovarlo ma stava uscendo.”

“Ti ha forse detto dove era diretto? Vorrei fargli una sorpresa.” Bugia, tremenda bugia. Persino un bambino di due anni sarebbe scoppiato a ridere.

“Al mare mi sembra, credo per un appuntamento” rispose dopo una breve pausa che la mia immaginazione colorò con tutte le tinte dell’imbarazzo.

“Grazie mille Susie, ci vediamo domani.”

Mentre la salutavo i miei pensieri erano già altrove. Quel debole indizio era quanto di più vicino fossi riuscita ad arrivare a Tom negli ultimi giorni. Accesi il navigatore e inserii la prima località marina dell’elenco, in attesa di un’intuizione che prima o poi sarebbe venuta.

Cercai di concentrarmi sulla guida, fino a raggiungere la super strada che portava fuori città. Nonostante fosse venerdì pomeriggio, la bella stagione si era ormai conclusa, e il traffico con lei.

Volai con la mente al mese precedente, quando Tom si era messo in testa di insegnarmi a fare surf, e un sorriso mi piegò le labbra. A nulla erano valse le rimostranze sul mio scarso senso dell’equilibrio, testardo qual era Becker l’aveva presa come una sfida personale.

Avevo riso a crepapelle quando si era presentato in bermuda e camicia hawaiana, improbabile domatore di onde con cd dei Beach Boys al seguito. Poche ore dopo mi aveva invece sorpreso con una tecnica da manuale, e diverse ragazze avevano seguito con interesse i suoi disperati tentativi di tenermi fuori dall’acqua.

Alla strada di fronte a me si sostituirono frammenti delle nostre risate, degli scherzi e inseguimenti sulla spiaggia. Non avrei dovuto infilargli il granchietto nel costume pensai, mordendomi la punta della lingua con un pizzico di rimorso.

Il volto sorridente di Tom mi aveva sempre accompagnata, in pochi mesi l’attaccamento che provavo nei suoi confronti si era trasformato in un sentimento indefinibile di dolce possesso. Non era forse gelosia quella che provavo all’idea che potesse fidanzarsi e allontanarsi da me? Avevo accolto con gioia il diradarsi delle sue confidenze su Gisèle, ma avrei mentito a me stessa nel definirmi pienamente altruista. Con i pettorali in bella vista sulle televisioni di mezzo mondo sarebbe rimasto single per poco, ne ero certa.

Le immagini della pubblicità fecero capolino nella mia mente, lasciandomi per un attimo senza respiro. Mi sentivo così strana, gli eventi degli ultimi giorni avevano alterato la mia percezione della realtà. Superato lo shock iniziale la verità si era presentata a noi in tutte le sue sfaccettature, alcune delle quali difficili da digerire.

“Dobbiamo trovare una soluzione Becker, non voglio perderti” pensai ad alta voce, aggrappandomi al volante.

La voce del navigatore mi riportò con i piedi per terra, indicandomi di svoltare a destra alla prima uscita. Mi guardai intorno, in cerca di qualche punto di riferimento. Seduta sul sedile del passeggero non avevo fatto caso alla strada percorsa con Tom, ma ricordavo un cartello turistico con una ragazza in kimono che mi aveva colpito per la sua bellezza.

Forza, forza, pregai cercando di non finire fuori strada. “Eccolo” esultai avvistandolo alcuni minuti dopo. Per mia fortuna non lo avevano rimosso, né sostituito.

Presi l’uscita successiva e seguii le indicazioni per la spiaggia. Con Tom avevamo costeggiato il lungomare per un po’, prima di fermarci in un parcheggio lontano dagli stabilimenti più frequentati. Non si trattava di una località balneare di grido e il suo travestimento lo rendeva immune agli sguardi delle fan, ma le precauzioni non erano mai troppe.

Seguii la strada deserta, così diversa nei miei ricordi, e in pochi minuti raggiunsi la meta. Con un groppo in gola mi arresi all’evidenza. La sua auto non c’era.

Spensi il motore e rimasi in macchina, indecisa sul da farsi. Il paesaggio mi era vicino nella sua malinconia. Il cielo plumbeo, il vento tra i cespugli, tutto sembrava riflettere il mio stato d’animo. Non me la sentivo di tornare subito a casa, avevo bisogno di camminare e schiarirmi le idee.

Scesi dall’auto e dovetti alzarmi il colletto della camicia per ripararmi un poco dal freddo. Nella fretta ero uscita senza giacca. Avanzai con passo lento verso la spiaggia e, superata la piccola duna che mi separava dal mare, provai un tuffo al cuore. La moto di Tom era parcheggiata poco lontano, vicino ad alcuni alberi che l’avevano inizialmente nascosta alla vista.

Trotterellai per un centinaio di metri, guardandomi intorno fino a quando non lo vidi.

Era solo e guardava il mare, le mani infilate nelle tasche del giubbotto, i capelli scompigliati dal vento. Mi fermai a osservarlo da lontano, come ad imprimere la sua immagine nella memoria. Anche se non avesse più voluto rivolgermi la parola, sarebbe sempre stato il mio Tom.

Avanzai lentamente, sentendo il cuore stringersi a ogni passo.

“Ciao Tom” salutai, la voce poco più di un sussurro.

Pensai che non mi avesse sentito, fino a quando non si voltò a guardarmi. Per un attimo sembrò non vedermi, anche se mi trovavo a pochi passi da lui.

“Ciao My” rispose piano, senza avvicinarsi.

“Finalmente ti ho trovato.”

Fece un passo in avanti, gli occhi socchiusi per il forte riverbero. “Come sapevi che ero qui?”

“Susie mi ha detto che stavi andando al mare e ho ripensato alle nostre lezioni di surf” spiegai, sforzandomi di provare davvero il buonumore simulato. Una scolaretta alla prima recita scolastica avrebbe tenuto la scena con maggior sicurezza.

Per tutta risposta mi rivolse un sorriso forzato.

“Mi sei mancato Becker.”

“Anche tu mi sei mancata.”

Mi avvicinai ancora, fin quasi a toccarlo. Senza smettere di guardarmi mi scostò una ciocca di capelli dal viso, passandomela dietro l’orecchio. Perché era tutto così difficile?

“Perdonami Tom, non volevo farti soffrire.”

Un lungo silenzio. “Non è colpa tua.”

Morivo dalla voglia di abbracciarlo, di dirgli che sarebbe andato tutto bene, ma qualcosa di profondo mi frenava. Forse non si trattava di lui, né di Benji, ma della mia paura di superare il punto di non ritorno. Ora che anche loro sapevano dovevo giocare a carte scoperte, fare i conti con la realtà.

Mi strinsi nelle spalle, trattenendo a stento un brivido. Non feci in tempo a ribattere che Tom si era tolto la giacca per mettermela sulle spalle.

“Così prendi freddo” protestai, mentre il calore del suo corpo si trasferiva al mio attraverso il tessuto.

“Sono forte, mica uno scricciolo come te.”

Accolsi con gioia la mia fossetta preferita, nel suo primo vero sorriso dopo giorni di silenzio. “Grazie, non dovresti essere sempre così buono con me.”

Con mio stupore il sorriso si spense, e nel suo sguardo tornò la malinconia di pochi istanti prima. “E’ più forte di me.”

Provai un altro brivido, molto diverso dal precedente. “Non lo merito.”

Si avvicinò un poco, accarezzandomi la guancia con il dorso della mano. “Non dire sciocchezze.” Prima che potesse allontanarsi presi la sua mano tra le mie.

“E’ più forte di me” gli feci eco sorridendo debolmente. Eravamo alla resa dei conti, percepivo il suo dolore e non potevo accettare che lo affrontasse da solo.

Mi fissò in silenzio. “Siamo due stupidi” disse con lo stesso tono che aveva usato Benji l’ultima notte in barca. Il parallelismo mi stupì.

“Forse” risposi avvicinandomi ancora. Tom non si mosse. “Sappi che non ti libererai di me tanto facilmente.”

Abbassò lo sguardo, e nonostante mi stesse di fronte lo sentii più distante che mai. “Ho cercato di non pensarci, di negarlo, ma non ci riesco, non ce la faccio.”

Qualcosa dentro di me si spezzò. “Non puoi dire sul serio.”

Tornò a guardarmi, negli occhi un misto di rabbia e disperazione. “E’ più forte di me” ripeté.

Indietreggiai di un passo, incredula. Davvero lo avrei perso? Scossi il capo, sforzandomi di mantenere la calma. “Sono io Tom, non una persona qualsiasi. Non punire entrambi per qualcosa su cui non abbiamo controllo.

Non rispose, continuando a fissare l’orizzonte. Sentivo gli occhi bruciare ma mi sforzai di non cedere alle lacrime, ne avevo versate fin troppe e Tom non meritava di vedermi piangere ancora.

“Non è come pensi” mormorò infine. “Negli ultimi giorni c’è mancato poco che impazzissi. Sapevo che un distacco era necessario, ma a volte mi sentivo morire. Sorrise tristemente. “Davvero non capisci?”

Gli rivolsi uno sguardo confuso, non osando avvicinarmi. Cosa mi sfuggiva? Un’improvvisa consapevolezza mi assalì, lasciandomi senza fiato. Mi coprii istintivamente la bocca con una mano e Tom tornò a guardarmi, le labbra piegate in un sorriso amaro.

“Per questo ti ho evitata, per non vedere quell’espressione sul tuo volto.”

Scossi il capo con determinazione. “Non dire così Tom, ti prego.”

Si voltò di spalle, avanzando di qualche passo. “Mi sono chiesto mille volte cosa sarebbe accaduto se ti avessi conosciuta in un altro frangente. Sarebbe stato diverso?” Si chinò a raccogliere un sassolino, prima di lanciarlo verso le onde che si infrangevano sulla riva. “Ti saresti innamorata di me?”

Lo fissai in silenzio per un istante. Avrebbe meritato il mondo intero, e non un pezzo del mio fragile cuore. Mi avvicinai. Senza dire nulla gli presi una mano e me la poggiai sul petto, il palmo aperto perché potesse sentire i battiti del mio cuore.

“Tom Becker, tu sei qui e lo sarai sempre.” Una lacrima traditrice sfuggì al mio controllo e la sentii rotolare piano sulla guancia. “Non so cosa ci avrebbe riservato un altro destino, ma sei parte integrante del mio cuore e della mia vita.”

Le sue braccia mi accolsero nella loro cerchia protettiva, stringendomi con dolcezza. “Ti amo My” mormorò tra i miei capelli, “anche se ho fatto di tutto per evitarlo.”

Inspirai a fondo il suo profumo, concedendomi una parentesi di debolezza. Avevo lasciato una realtà e una vita senza amore, per esserne circondata oltre ogni ragionevole aspettativa in un mondo che non mi apparteneva. L’equilibrio dei sentimenti che mi circondavano doveva ristabilirsi, e il prezzo da pagare sarebbe stato altissimo.

Mi allontanai quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi, pronunciando le parole senza soffermarmi sulle possibili conseguenze. “Per un solo istante, in una sola vita, vuoi essere il mio cavaliere?”

I suoi occhi scuri e profondi si spalancarono per la sorpresa, rivelando tutto ciò che mai avrebbe confessato a parole e vincendo ogni mia resistenza residua. Lo fissai a mia volta, del tutto ignara dell’espressione che il mio volto gli offriva.

Mi sollevai sulla punta dei piedi avvicinando il viso a quello di lui, e il suo respiro accelerò. In bilico tra sogno e realtà le nostre labbra si sfiorarono, l’uno alla ricerca dell’altra, finché Tom non mi strinse fino a farmi aderire completamente al suo corpo. Gli passai le mani tra i capelli attirandolo a me, fondendo in quell’unico abbraccio che mi sarei mai concessa e che volevo essere suo.

Il mio cuore apparteneva a Benji, nulla avrebbe alterato la natura dei miei sentimenti, ma per un secondo che sembrò dilatarsi all’infinito ebbi l’impressione che io e Tom fossimo una persona sola. La sua felicità era la mia, così come il suo dolore.

Forse lo amavo anch’io. Per questo non potevo accettare di perderlo né immaginare la mia vita senza di lui. Lo amavo più di quanto avrei dovuto, ma non abbastanza. Non abbastanza perché cambiasse qualcosa, ma sufficiente per far soffrire entrambi. Per ferirlo come mai avrei voluto.

Gioia e dolore si combinarono in un turbine quasi tangibile, finché le sue labbra non si staccarono dalle mie. Aprii gli occhi e incrociai i suoi che mi fissavano meravigliati.

“Myriam, io...

Lo zittii posandogli l’indice sulle labbra. “Non dire nulla.”

Si chinò per baciarmi ancora, le mani sul mio volto, le labbra gentili, esitanti. Le sue braccia mi circondarono e mi tenne stretta a sé mentre mi mormorava all’orecchio. “Un bellissimo primo e ultimo bacio, non lo dimenticherò mai.”

Contro il suo petto, dove non poteva vederle, due lacrime solitarie si fecero strada sulle mie guance.

 

 

Note:

(24) Conoscete sicuramente lo spot, ma forse non nella versione lunga^^ (http://www.youtube.com/watch?v=5mUSt24oBJA)

(25) Irresistibile

 

Per scrivere la seconda parte del capitolo ho ascoltato “She’s like the wind” di Dirty Dancing a ripetizione (poi ditemi che non è adatta^^) à http://www.youtube.com/watch?v=yfg97-5uhFQ

A fine pagina le parole in inglese e a seguire la traduzione.

 

¨ ¨ ¨

 

In risposta alle sempre bellissime recensioni ricevute per l’ultimo capitolo... grazie come sempre per il supporto morale!!! ^__^

 

Brennan

Tranquilla, puoi fare tutti i commenti a caldo che vuoi ^__-

Capisco il tuo punto di vista, Benji non è conosciuto per il suo carattere facile e comprensivo. E’ vero però che la situazione in cui si trovano non dipende da nessuno, e il pezzo che gli fa Tom è solo la goccia che fa traboccare il vaso... Non dimentichiamo che ha trascorso tutta la notte a rimuginare, la sua non è più una reazione dettata dall’istinto. Cmq all’inizio di questo capitolo si capisce che le cose non possono tornare come prima, che qualcosa è cambiato. Per quanto triste spero che la parentesi con Tom ti sia piaciuta, fammi sapere!

Bex

Grazieeeeee!!! Ce l’ho messa tutta per postare anche stavolta con una certa velocità, appena riesco a ritagliarmi del tempo per me mi metto a scrivere isolandomi dal mondo^^

Tom meritava un capitolo per sé, come già detto in precedenza non mi ha permesso di tenerlo in disparte^^;

Mi sento in ogni caso di rassicurarti: Benji e Myriam sono anime gemelle e troverò il modo (anche se non so ancora come) per consolare il nostro Tom (credo che dopo aver visto lo spot non potrai che confermare la tua candidatura :-P).

Come sempre i tuoi complimenti mi lasciano senza parole, grazie ancora per aver votato la mia storia: chissà che non passi il 1° turno... sarebbe bellissimo!!!!

Baci baci e non vedo l’ora di sapere cosa pensi di quest’ultimo capitolo^^

benji79

Grazie benji! Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto, sono stata molto un dubbio su come articolare il chiarimento tra Myriam e Tom... è stato talmente meraviglioso nel capitolo precedente che dovevo “ricompensarlo” in qualche modo^^

Concordo sul fatto che Benji e Myriam dovrebbero sforzarsi di vivere giorno per giorno, ma non è facilissimo accettare una situazione del genere. Inizialmente la storia prevedeva un’evoluzione più rapida degli eventi ma, quando mi ci sono trovata, ho sentito di dovermi soffermare di più sui loro sentimenti.

Staremo a vedere con il prossimo capitolo... fammi sapere cosa ne pensi! Ciao ciao!

Fulmy

La mitica Luisa e le sue recensioni chilometriche... davvero fantastica.

Ebbene sì, il nostro Tom-cotto-bollito-e-stralesso ha avuto il suo capitolo dedicato, glielo dovevo proprio perché non ha approfittato della situazione nel capitolo precedente. So che può far ridere, ma sia lui sia Benji hanno preso forma nella mia mente, e non riesco a fargli fare niente che vada contro la loro “volontà”. Mentre scrivevo la bozza di questo capitolo pensavo che Tom, preso dalla passione, avrebbe baciato Myriam e che lei avrebbe “subito” maggiormente la cosa. Le cose invece sono andate in maniera diametralmente opposta, e sono stati loro due a portarmi per mano. Devo ammettere che è stato uno dei capitoli che mi ha emozionato di più scrivere^^

Per quanto riguarda Benji mi ha fatto troppo ridere il tuo commento sulla territorialità maschile: hai perfettamente ragione... se non fosse stato per Tom il nostro Price non sarebbe rinsavito così facilmente ^__-

Ora tocca trovare il modo di consolare il nostro Becker, ma almeno essendosi chiarito con Myriam non dovrà più far finta di nulla. Ancora non so cosa succederà nei prossimi capitoli, sono molto indecisa. Magari chiediamo un suggerimento a tuo marito? ;-) Trovo cmq che hai interpretato molto bene i caratteri dei personaggi, e il mio modo di vederli conta ben poco rispetto a come li vedete voi. Sono davvero felice di averli resi così “comunicativi”, ogni recensione che ricevo mi riempie di gioia e merita la giusta attenzione.

Grazie ancora e a presto!!

Berlinene

LOL... un sacco di ammmmòre anche in questo capitolo, per quanto condito con tanta confusione :-P

Benji è super *hot* ma anche Tom non scherza... che ne dici?

Per il cameo ti ho risposto via mail, fammi sapere! ;)

 

¨ ¨ ¨

 

She’s like the wind

 

She's like the wind through my tree
She rides the night next to me
She leads me through moonlight
Only to burn me with the sun
She's taken my heart
But she doesn't know what she's done

Feel her breath on my face
Her body close to me
Can't look in her eyes
She's out of my league
Just a fool to believe
I have anything she needs
She's like the wind

I look in the mirror and all I see
Is a young old man with only a dream
Am I just fooling myself
That she'll stop the pain
Living without her
I'd go insane

Feel her breath on my face
Her body close to me
Can't look in her eyes
She's out of my league
Just a fool to believe
I have anything she needs
She's like the wind
(Repeat and fade)

Lei è come il vento

 

Lei è come il vento tra i miei alberi

Cavalca la notte al mio fianco

Mi conduce attraverso il chiaror di luna

solo per bruciarmi con il sole

Sta prendendo il mio cuore

ma non sa quello che ha fatto

 

Sentire il suo respiro sul mio viso

Il suo corpo vicino a me

Non posso guardarla negli occhi

Non è alla mia portata

Solo un pazzo potrebbe credere

Che io ho qualcosa di cui lei ha bisogno

Lei è come il vento

 

Mi guardo allo specchio e tutto ciò che vedo

è un giovane vecchio uomo con solo un sogno

Mi sto solo illudendo

Che lei fermerà il dolore

Vivere senza di lei

Mi farebbe impazzire

 

Sentire il suo respiro sul mio viso

Il suo corpo vicino a me

Non posso guardarla negli occhi

Non è alla mia portata

Solo un pazzo potrebbe credere

Che io ho qualcosa di cui lei ha bisogno

Lei è come il vento

 (Coro)

 

 

 

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Capitolo 22
*** Parte III - Capitolo 22 ***


Lo sapevo che con il mio ultimo capitolo avrei fatto arrabbiare qualcuno... vi assicuro che il mio intento non era tradire Benji, bensì dare il giusto spazio a sentimenti contrastanti che non potevo assolutamente ignorare. Ho immaginato il confronto tra Myriam e Tom tantissime volte, ma in nessuno degli scenari possibili le cose si risolvevano senza un minimo di complicazioni.

Spero di farmi perdonare con ciò che segue, anche perché mi sono presa qualche licenza “birichina” più del solito. Non credo che per questo la storia meriti di passare al rating rosso, ma non volendo offendere nessuna vi pregherei di farmi sapere se sia il caso di cambiare il rating a tutta la storia^_^;

 

Prima di lasciarvi alla lettura, un ringraziamento speciale a Benji79, Bex, Florence e Brennan che hanno votato Myriam come miglior personaggio originale. Anche se non ho passato la 1° fase del concorso, la cosa mi ha riempito di orgoglio! Ringrazio naturalmente anche tutte coloro che mi hanno recensito e anche chi mi legge fedelmente in silenzio – rimandando a fine capitolo per le risposte.

 

Ora bando alle ciance e buona lettura!^_^

 

 

22

 

Myriam

 

Era ufficiale. Avevo fatto un casino. Un casino di quelli che sembrano irrimediabili ed effettivamente lo sono.

Se avesse fatto una qualche differenza avrei sbattuto la testa contro il primo muro di casa, nella speranza che vi entrasse un po’ di buon senso. Cosa mi era preso? Avevo baciato Tom. Non un bacetto qualsiasi, un bacio vero. Di quelli che ti entrano nell’anima e sono restii ad andarsene, come gli inquilini morosi che fanno la disperazione dei loro proprietari.

Ero rientrata tardi la sera precedente e, con mia sorpresa, Benji non mi aveva chiesto nulla. Si era limitato ad abbracciarmi, quasi timido, come se dubitasse qualcosa e preferisse non sapere. O forse era solo la mia mente, condita da uno schiacciante senso di colpa, a giocarmi brutti scherzi.

Quando i suoi occhi avevano incrociato i miei ero certa che vi avesse letto la verità. Eppure non aveva detto nulla. Il mio cuore si era fatto piccino piccino, e la mia mente aveva giubilato nell’impartirgli la solita lezione di morale.

Certo che sei proprio antipatica, può succedere a tutti di sbagliare.

A me non succede mai.

Il mio cuore aveva sbuffato incredulo, e non ero riuscita a trattenere un sorriso di fronte a quel battibecco surreale. Le pensi davvero le cose che dici o te le scrive qualcuno?

Forse lui era l’unico a sapere che avevo fatto la cosa giusta. Non per compassione, ma perché Tom era la persona più importante per me dopo Benji. Volevo che sapesse che non era solo, che avremmo trovato una soluzione, anche a costo di apparire volubile e superficiale agli occhi di Benji.

Nelle ore successive al bacio io e Tom avevamo parlato a lungo, con la serenità dei vecchi tempi, come se ci fossimo buttati alle spalle la parte più difficile di una maratona nel deserto. Avrebbe trovato la donna della sua vita, ne ero certa. Con il mio gesto avevo dimostrato di essere una ragazza reale, a tratti maldestra, non un miraggio da inseguire.

Forse lo sapeva anche Benji, per questo mi aveva mandata da lui. Avevamo trascorso la notte abbracciati, ritrovandoci per la prima volta dalla mia confessione. Mi ero separata da lui quella mattina con la consapevolezza che se fossi tornata indietro avrei fatto lo stesso, ripetendo quello che solo razionalmente era un errore.

“Tutto ok My?” La voce di Patty mi riportò alla realtà. “Hai deciso come ti vestirai stasera?”

Le sorrisi di cuore, grata per quel diversivo. “Non ci ho ancora pensato.”

“Sei un caso disperato” disse scuotendo il capo con rassegnazione. “Hai ancora i vestiti di Gisèle?”

Annuii, cercando di celare il mio imbarazzo. Non mi sembrava il caso di portarli con me a Monaco e avevo preferito lasciarli lì, vestigia di un allegro passato che mi aveva accolta in quel mondo tanto tempo addietro.

“Fammi dare un’occhiata.” Non feci in tempo a fermarla che Patty si lanciò nel guardaroba ormai semi vuoto. “Vediamo un po’. Che ne dici di questo?”

“Mi sembra un tantino appariscente,” ridacchiai alla vista del profondo décolleté nel satin rosso scarlatto.

“Questo?”

Negai con il capo, divertita all’idea che Patty volesse mandarmi in giro vestita come una moderna Marilyn Monroe.

“Ci siamo, ho deciso. A questo non puoi dire di no.”

Spostai lo sguardo dal vestito al volto trionfante della mia amica. Teneva in mano un morbido tubino grigio azzurro, con la scollatura all’americana che lasciava le spalle scoperte.

“Forza, provalo” ordinò spingendomi in bagno quasi a forza.

Mi spogliai di corsa, spaventata all’idea di rimanere troppo a lungo sola con i miei pensieri. “Che ne dici?” domandai rientrando in camera.

“Stai benissimo” rispose una voce familiare. Alzai lo sguardo, incrociando quello di Benji che sembrava accarezzarmi da lontano.

Risposi con un sorriso, sentendo il calore salirmi alle guance.

“Bene, ora che il problema è risolto posso levare le tende.” Patty raccolse le sue cose, facendomi l’occhiolino prima di uscire. “Vi lascio piccioncini, ci vediamo più tardi.”

Benji si avvicinò lentamente, prima di prendermi tra le braccia. Era bellissimo. Il suo sorriso, gli occhi, la linea delle spalle. Amavo tutto di lui. La sua presenza pervadeva la fibra stessa dell’esistenza, come se ogni mio respiro nascesse e morisse con lui. Inspirai a fondo, cercando di recuperare il controllo.

“Questo vestito è troppo corto, sono geloso.”

Il cuore mi batteva forte in petto, ed esitai un attimo prima di incrociare il suo sguardo. Sapevo che stava scherzando, ma non riuscii a rimbeccarlo a dovere. “Ti amo Benji, lo sai vero?”

Un attimo di esitazione, non si aspettava una risposta del genere.

Devi forse dirmi qualcosa? La mia mente fresca di medaglia d’oro all’ultimo campionato per suggeritori.  

“Sì, anche se adoro sentirtelo dire.”

La sua voce. Oddio, la sua voce. Quella nota roca e sensuale, ghiaccio sulla pelle accaldata dall’estate.

Deglutii.

“Ti amo più della mia stessa vita.”

Con una forza che lasciò stupiti entrambi mi sciolsi dal suo abbraccio. Benji sarebbe mai stato veramente mio? Avrei dato qualunque cosa in mio possesso per non ferirlo ancora, ma era giusto che sapesse. Non tanto per scaricarmi la coscienza, quanto perché Tom era il suo più caro amico. Dovevo spiegargli che non aveva alcuna colpa.

Si limitò a guardarmi, con quel suo sorriso disarmante. “Ti amo anch’io peste, ma ammetto che sto cominciando a preoccuparmi.”

Avanzai di qualche passo verso la finestra, osservando le prime foglie degli alberi tinte di rosso. Di lì a un mese il parco di villa Price avrebbe preso i toni caldi dell’autunno, e non sarei stata lì per ammirarlo.

“Ieri io e Tom abbiamo parlato a lungo.”

Tornai a guardarlo e con mia sorpresa l’espressione dei suoi occhi si addolcì, facendomi perdere per un attimo il filo dei miei pensieri.

“Posso immaginare quale sia stato l’argomento principale della conversazione.”

Trattenni il fiato. “Davvero?”

Annuì con un gesto del capo, avvicinandosi un poco. “Si è innamorato di te.” Pronunciò le parole con una calma che per poco non mi stordì.

“Da quando lo sai?”

Si passò una mano tra i capelli, preda di un improvviso imbarazzo. “L’ho capito il giorno in cui è venuto a parlarmi, con l’intento di farmi ragionare. Troppa enfasi nelle sue parole, troppo trasporto per un semplice amico.

Lo osservai in silenzio, più confusa che mai. “Perché allora mi hai mandata da lui?”

“E’ un’ottima domanda” ammise più a sé stesso che a me. “Negli anni Tom mi ha insegnato a essere meno rigido e inflessibile, forse anche meno egocentrico. Se siamo tornati insieme lo devo in gran parte a lui.

Non potei fare a meno di fissarlo stupita.

Quando mi ha detto di andare da Tom, sapeva. Sapeva e non ha detto nulla.

Quasi colpita nell’orgoglio, provai subito vergogna per il mio egoismo. “Tom merita la gratitudine di entrambi” mormorai con un fil di voce.

Benji scosse il capo. “Non si tratta solo di questo. Ho pensato che forse lui ti avrebbe reso felice. La sua voce non era fredda né distante, ma aveva un accento solenne.

Rimasi per un attimo senza parole, sentendo un buco nero farsi largo nel mio petto e assorbire ogni luce. “Come hai potuto anche solo pensare una cosa del genere?”

“Il pomeriggio in cui sei scomparsa ho davvero temuto di averti persa per sempre. Ho anche capito che la tua felicità era più importante della mia, che Tom poteva offrirti una vita più stabile e serena.” Mi rivolse uno sguardo carico di tenerezza. “Conoscendolo ero disposto a correre il rischio, anche se ammetto che non è stato facile saperti con lui.”

Ero senza parole. “Ti amo Price.” Mi avvicinai, e lo abbracciai passandogli le braccia intorno alla vita.

“Vi siete baciati?” domandò in un soffio.

Una pausa. Il buco sempre più nero, la mia anima persa per sempre. “Sì” mormorai. “E’ stata tutta colpa mia.”

“Lo immaginavo.” Non un’ombra di rancore nella sua voce, né di risentimento.

Levai lo sguardo su di lui, senza quasi riconoscerlo.

“Pensi davvero che non abbia notato come lo guardi, quanto siete legati l’uno all’altra? Un bacio era il minimo che potesse accadere, anche contro la volontà di Becker.

Aprii la bocca per parlare ma cambiai subito idea. Benji aveva ragione.

“Ciò non vuol dire che non ne sia geloso.” Mi sorrise, stringendomi a sé. “Quando sei tornata ho capito che avevi fatto la tua scelta, e questo mi basta. Immagino non sia stato facile.”

Mi scostai un poco da lui. “Ti sbagli Benji, l’idea di lasciarti non mi hai mai nemmeno sfiorata.”

Le sue labbra mi zittirono con un bacio, dal quale emersi senza fiato. Lo fissai per un lungo istante e capii che non avrebbe sopportato oltre. Qualunque cosa avessi condiviso con Tom sarebbe rimasta solo mia e sua, tra un passato ormai chiuso e un futuro parallelo che non ci apparteneva.

“Meglio così” rispose Benji, interrompendo il corso dei miei pensieri. “Ciò detto, spero che stasera tu non vada in giro a baciare tutti quelli che ci proveranno con te.”

Spalancai la bocca indignata, prima di lanciargli un’occhiata che sapeva di armistizio. “Sei incorreggibile.”

Inarcò un sopracciglio. Sembrava divertito. “Abbiamo un paio d’ore prima della festa, che ne dici di impiegarle in maniera costruttiva?”

Impiegai un istante di troppo per cogliere il senso della sua allusione. Non feci in tempo a rispondere che mi aveva presa di peso e adagiata sul letto poco distante.

“Cosa hai mente di preciso?” lo provocai cercando di mantenere un tono di voce distaccato, subito tradito dai battiti accelerati del mio cuore.

“Fammi pensare” mormorò mentre infilava una gamba tra le mie e mi passava le mani dietro la schiena alla ricerca della zip. La tirò giù con lentezza esasperante e per un attimo temetti che si fosse incastrata.

Sentivo il suo respiro caldo su di me, e il mio farsi sempre più irregolare. Gli sfilai la camicia dai pantaloni e accolsi con gioia il contatto della sua pelle. Le sue dita scorrevano tentatrici sotto l’abito che si ostinava a tenermi indosso, come se per lui non facesse alcuna differenza. Ansimai mentre con la lingua percorreva la linea della scollatura, anelando un contatto più profondo.

Gli passai le mani sulla schiena, prima di concentrarmi sui bottoni della camicia che gli avrei volentieri strappato di dosso.

Piano peste, non ci corre dietro nessuno” sussurrò nell’orecchio, provocandomi brividi in tutto il corpo.

Sempre più impaziente lo attirai sopra di me, riuscendo finalmente a liberargli il torace. Fu la mia volta di provocarlo con la punta della lingua, e il suo respiro affannato mi eccitò ancor più delle sue carezze.

Il suo corpo mi copriva ormai interamente, e ansimai mentre cercavo di slacciargli la cinta dei pantaloni. Avrei potuto baciarlo all’infinito, perdermi nel suo sapore così unico e inebriante. Ci allontanammo solo i pochi istanti necessari per liberarci di jeans e vestito, e fu come tornare a respirare dopo un’apnea prolungatasi troppo a lungo.

Non riuscii a trattenere un gemito al contatto esteso con la sua pelle. Avrei voluto liberarmi subito della biancheria intima ma mi aveva bloccato entrambe le mani sopra la testa, facendomi perdere cognizione dello spazio e del tempo intorno a noi. Sempre tenendomi stretta tracciò una scia di piccoli morsi lungo il collo, fino alla bretella del reggiseno, che afferrò con i denti facendomela scorrere lungo la spalla.

La sua lingua riprese la strada della tortura e per poco non gridai quando si soffermò sulla linea del seno.

“Ti odio Price” ansimai in preda al piacere più assoluto.

“Lo so.”

Riluttante a lasciarmi andare, continuò a tenermi per i polsi con una mano, al fine di liberare l’altra e passarla lieve su di me, con piccoli movimenti verso il basso, fino a soffermarsi sulla pelle elastica e sensibile intorno all’ombelico. Inarcai la schiena ma sembrò ignorarmi, proseguendo lungo la coscia per poi risalire e fermarsi sui fianchi.

“Devo forse supplicarti?” mormorai, fissandolo negli occhi resi ancora più scuri dal desiderio.

“Puoi sempre provare” rispose con voce roca, tradendo la propria eccitazione.

Strusciai una gamba contro la sua, facendola risalire lungo il fianco, attirandolo a me. Era al limite, potevo sentirlo.

Con un mugolio molto esplicito mi fece rotolare su un fianco, liberandomi lentamente degli slip. Le sue dita si insinuarono in me lasciandomi senza fiato, fino a quando non fummo entrambi sul punto di esplodere.

Sentivo la sua eccitazione premere contro il mio ventre, e mi mossi in modo da poterlo accogliere con tutta me stessa.

“Ti amo peste” mormorò mentre mi lasciava andare i polsi, e mi prendeva per i fianchi entrando piano dentro di me.

Ci unimmo in un abbraccio senza fine, dondolando sull’orlo dell’abisso con movimenti lenti e profondi, accelerando fino a quando non fondemmo l’uno nell’altra, prima di ricadere sul letto, ansanti e sconvolti.

“Un giorno o l’altro mi farai morire.” Incrociai il suo sguardo al contempo languido e divertito, prima che mi coprisse le labbra con il primo bacio casto della giornata.

“Se la metti così non potremo più giocare insieme, non vorrei averti sulla coscienza.”

Per tutta risposta gli diedi un buffetto sulla spalla e Benji scoppiò a ridere. Cercai di trattenere un sorriso ma fallii. Lo amavo davvero con tutto il cuore.

Poggiai la testa sulla sua spalla e chiusi gli occhi. Ero cosciente del tempo che scorreva inesorabile, e non volevo sprecare un solo minuto che mi veniva concesso insieme a lui.

 

* * *

 

“Odio avere sempre ragione.”

Sentii un rossore familiare salirmi alle guance mentre notavo lo sguardo ammirato di Holly su di me. Nonostante Patty gli stesse vicino, gongolando per l’ennesimo successo di fata madrina che aveva trasformato cenerentola in reginetta del ballo, non potevo fare a meno di tornare bambina in sua presenza.

“Grazie” risposi timidamente.

“Guarda chi c’è” proseguì Patty allegramente. “Non pensavo sarebbero venuti tutti quanti.”

Mi voltai incuriosita, e il mio sguardo si posò sulla Toho al gran completo. “Chi è quella ragazza?” domandai alla vista dell’unica figura femminile in loro compagnia.

“E’ la sorella minore di Mark” rispose Patty lanciando un’occhiata nella direzione da me indicata. “Bruce si è preso una cotta terribile per lei un paio di anni fa, ma non lo ha mai degnato di uno sguardo. La simpatia deve essere un tratto genetico della famiglia Lenders.

Sorrisi alla vista di Mark che non vedevo dal rientro dalla Malesia. “Come stai tigre?” domandai avvicinandomi, non vista.

“Che sorpresa” esclamò voltandosi. “Come sta la mia istruttrice di ballo preferita?”

“Benone grazie.” Ero davvero felice di vederlo, mi riportava a quando la mia vita era meno complicata, anche se a suo tempo avrei stentato a crederci.

“Posso presentarti mia sorella?” domandò mentre la ragazza mora intravista poco prima si avvicinava.

“Ciao, sono Irene.” Incrociai il suo sguardo vispo e indagatore. “Mark ci ha parlato molto di te. Sembra che tu sia riuscita, nell’ordine, a fargli ballare un lento e ad ammansire l’indomabile Price. Non so di quale impresa stupirmi di più.”

Le rivolsi un sorriso allegro, presentandomi a mia volta. Prima che potessimo riprendere la conversazione, fummo interrotti dall’irruenza di Bruce.

“Ciao Irene, è una vita che non ci si vede!”

Mark si passò la mano tra i capelli, nascondendo una punta di divertimento. Non doveva essere nuovo a scene del genere.

“Ciao Harper, ti sei fidanzato?” rispose lei prendendo un bicchiere dal vassoio di un cameriere.

Bruce si schiarì la voce, mentre io e Mark osservavamo la scena come due spettatori al cinema. Mancavano solo i popcorn.

“Diciamo che sono in trattativa,” si barcamenò lui con un certo imbarazzo. “Anche se per te sarei disposto a cambiare idea. Cosa fai domani sera?”

“Sono impegnata.”

“Dopo domani?”

“Impegnata.”

La ragazza si allontanò verso il bar, seguita a ruota da Bruce di cui riuscimmo a udire le ultime parole. “Ok però non supplicarmi, è imbarazzante.”

Fu impossibile trattenersi oltre e scoppiammo entrambi a ridere.

“Quando Bruce scoprirà che si è fidanzata ufficialmente con Ed, saranno dolori.”

Ed Warner! Realizzai divertita che non avevo avuto ancora modo di conoscerlo. L’imbattibile portiere acrobatico, con la mèche di capelli sempre a nascondergli l’occhio sinistro.

Lenders si voltò verso di me, le labbra arricciate in una buffa smorfia. “Si stanno sposando tutti, la cosa mi preoccupa. Persino Price ha capitolato” aggiunse indicando la mia mano sinistra con l’indice, quasi accusando il mio solitario di brillare in maniera eccessiva. “Non dirglielo, ma contavo su di lui per mantenere alta la bandiera di noi scapoli incalliti.”

Mi sforzai di sorridergli mentre il mio umore scendeva in picchiata. Non poteva sapere che con ogni probabilità i fiori d’arancio ci sarebbero stati preclusi.

“Scusami, vado a salvare Harper. Irene è sul punto di fargli fare una brutta fine.

La vista di Mark in veste di fratello protettivo mi risollevò un poco, e seguii divertita l’ingresso di quello che era presumibilmente Ed Warner. Mi avvicinai un poco, notando un’incredibile somiglianza con Johnny Deep. Accanto a lui Danny Mellow e i gemelli Derrick, resi quanto mai riconoscibili dai prominenti incisivi.

Scossi il capo con un sospiro. Non mi sarei mai abituata a vederli tutti insieme in carne e ossa.

“La nazionale giapponese al completo, proprio un bel quadretto.”

Provai un brivido, voltandomi in direzione di quella voce sconosciuta. Il mio cuore si fermò, ed ebbi la netta impressione che non avrebbe ripreso a battere mai più.

Il vecchietto dell’aeroporto mi fissava da dietro i suoi occhiali, reso quasi irriconoscibile dal completo scuro e dall’elegante papillon di seta nera.

 

 

Note:

Per rimanere in tema Dirty Dancing, per il confronto tra Benji e Myriam mi sono ispirata alla canzone “Hungry eyes” (http://www.youtube.com/watch?v=6oKUTOLSeMM)

 

¨ ¨ ¨

 

Cast della FF

Cliccate sui link sottostanti e si aprirà una finestra con le immagini dei personaggi principali, in ordine di apparizione nella FF:

 

Myriam

Benji

Patty

Susie

Holly

Tom

Bruce

Mark

Ed (special guest^^)

 

 

Bex

Perdono, non volevo ucciderti! O meglio, Myriam e Tom chiedono ufficialmente perdono per aver turbato la tua quiete mentale^^

So di aver giocato un po’ sporco con lo spot pubblicitario... il nostro Tom è uno spettacolo della naturaaaaa!!!! Anche se sono sposata, l’idea di incontrarlo in una realtà parallela non mi dispiacerebbe affatto^^

Scherzi a parte, spero che quest’ultimo capitolo abbia chiarito un po’ la situazione sentimentale della storia: non è facile per Myriam affrontare un futuro perennemente in bilico, e scoprire i sentimenti di Tom non è stato semplicissimo. Spero a questo punto che il confronto con Benji ti sia piaciuto!

Grazie come sempre per i meravigliosi complimenti, attendo con ansia di sapere cosa pensi di queste ultime pagine^^

benji79

Ebbene sì, Tom ha fatto il grande passo... per quanto Myriam ami Benji indissolubilmente, Tom ha fatto in parte breccia nel suo cuore. La situazione non è semplice, ma in qualche modo le cose si sistemeranno... staremo a vedere^^

Ciao ciao e a presto!

Fulmy

Ciao cara! Sono felice di sentirti dire che la pensi come i nostri personaggi... l’attimo di debolezza effettivamente ci stava, anche se non viene vissuto con superficialità.

Non è semplice vivere alla giornata, con emozioni e paure sempre a fior di pelle. Ho cercato di immedesimarmi il più possibile in lei, per capirla e rendere le sue sensazioni “reali”. Non è facile nemmeno per Tom, né tantomeno per Benji, e ne deriva un mix di grande confusione. Ora poi le cose si complicano ulteriormente, e le tue previsioni potrebbero rivelarsi in parte esatte... quindi basta con la lettura del pensiero, se non vuoi rovinarti la sorpresa ^__-

Grazie mille per i super complimenti, e chissà che un giorno tu non trovi il tempo di scrivere una tua storia!

Lady Snape

Mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa. Lo so, lo so, sono da prendere a calci entrambi, e ti assicuro che ho provato a fermarli ma non c’è stato verso.

Un bacio è una cosa molto intima, ma è anche vero che la situazione è tanto assurda da giustificare in parte la debolezza dei due malcapitati. E il povero Tom... sempre così dolce e presente, potevo forse ridurlo a semplice tappezzeria? Non mi sembrava giusto tirarlo in causa solo quando faceva comodo ai nostri due zucconi ^___-

Per il resto spero che tu possa perdonare Myriam, non lo ha fatto in mala fede (e poi dico, lo hai visto Tom??? :-P)

Scemenze a parte, grazie come sempre della bellissima recensione, spero di tornare a sentire presto il tuo parere!

Florence

Ciao Flo!!! Sono stra-felice che tu abbia trovato il tempo di leggere la mia storia, sono davvero curiosa di sapere cosa ne pensi andando avanti. Ti ringrazio ancora del voto per il miglior personaggio originale, e che la mia protagonista ti sia piaciuta, oltre al fatto di trovarla convincente nonostante l’assurdità di ciò che si trova a vivere.

Un bacio grande e ci sentiamo via gtalk^^

Brennan

Eccomi con il mio ultimo capitolo cara, sperando che ti abbia rincuorata un po'. Ci ho messo qualche giorno in più a postare in quanto il confronto Benji-Myriam ha richiesto un certo impegno (sono ancora tutta sudata... XD)

Scherzi a parte, come hai visto niente paparazzi e niente triangolo alla Twilight. Benji è l’unico vero amore di Myriam nonostante la parentesi di debolezza (data la situazione in continuo divenire e il fisico del nostro Tom... un po’ ci sta, non credi?^^)

Il nostro Tom meritava un po’ di attenzione, gli voglio troppo bene! E cmq un modo per consolarlo lo troveremo. Sono felice che ti sia piaciuto come ho definito il suo personaggio, nella mia testa è un ragazzo talmente delizioso da venirmi più che naturale descriverlo così.

Spero che anche questo capitolo ti piaccia: visto che sei un filino, ma solo un filino pro-benji, penso proprio di sì :-)

Dulcis in fundo, un ringraziamento speciale da Myriam, che è un po’ arrossita per i complimenti e i voti ricevuti. Mi ha detto di dirvi che ne è lusingata e che l’aiutate con il vostro supporto a vivere questa situazione difficile che si sta complicando sempre di più ;-)

 

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Capitolo 23
*** Parte III - Capitolo 23 ***


23

Insieme al capitolo 18, in cui Benji scopre la verità sulla provenienza di Myriam, questo è quello che mi spaventava maggiormente. Vi avviso subito: mentre scrivevo ho avuto la vista appannata per tutto il tempo, il che non depone a favore di una lettura allegra e rilassante ;__;

Non mi dilungo oltre lasciandovi alle righe che seguono... un abbraccio forte a tutte voi che mi accompagnate in questa bellissima avventura!

 

 

23

 

Myriam

 

Lo fissai in silenzio, talmente spaventata da non riuscire a parlare.

“Una festa bellissima, i miei complimenti” proseguì lui, quasi distratto. L’angelo della morte nei panni di un ometto qualunque, con il quale scambiare convenevoli sorseggiando un aperitivo.

“Perché è venuto?” domandai, un’ottava al di sopra del solito tono di voce.

“Ho pensato fosse giunto il momento di rientrare in possesso dei miei effetti personali.”

Una lama di ghiaccio mi trafisse da parte a parte. Non potevo crederci. Ogni luce intorno a me si spense, lasciandomi sola con lui nella grande sala.

Si avvicinò al mio orecchio con fare complice, io troppo sconvolta per mantenere le distanze. “Sono in troppi ormai a conoscere il nostro piccolo segreto, non crede?”

Chiusi gli occhi per un istante, cercando di mantenere la calma. “Questo cosa significa?” Le mie labbra si rifiutavano di formulare la domanda che mi rimbalzava nella testa come la pallina impazzita di un flipper.

Mi fissò da sopra le lenti, prima di bere l’ultimo sorso di prosecco. “È ora di tornare a casa.”

Strinsi il bicchiere con forza, se al posto del vetro ci fosse stato cristallo si sarebbe frantumato in mille pezzi. Come il mio cuore.

“Questa è la mia vita, non può portarmela via.”

Un sorriso pacato ammorbidì i tratti del volto segnato dalle rughe. “Fino a che si vive nel presente ci si illude che le separazioni non esistano. Ha trovato le sue risposte, il mio compito è terminato.

Mi sentii vibrare per l’indignazione. “Non può giocare in questo modo con i nostri sentimenti.”

Chi si credeva di essere, dio forse?

Per tutta risposta si arricciò la punta dei baffi con le dita. “Pensavo di essere stato chiaro. Una visita è per definizione di breve durata e prevede un ritorno alla normalità. Davvero credeva che ci saremmo dimenticati di lei?

Dimenticati? Chi siete voi?

Il mondo intorno a me si tramutò in vortice, come quel lontano giorno in aeroporto. Inspirai a fondo. Dovevo rimanere lucida, convincerlo a lasciarmi libera di decidere, a non portare via ogni mia ragione di esistere.

“Benji non accetterà che me ne vada, vorrà venire con me,” azzardai al colmo della disperazione. Il sottomarino stava affondando, dovevo uscirne al più presto se non volevo inabissarmi con esso.

Per un attimo credetti di scorgere dispiacere nel suo sguardo mansueto. “Non potrà farlo. Nel mondo dal quale proviene Benjamin Price è un personaggio inventato, se la seguisse resterebbe intrappolato nel fumetto. Vuole davvero che ciò accada? Fossi in lei penserei bene a cosa dirgli prima di congedarmi da lui.

Silenzio intorno a me, dentro di me. Il nulla mi abbracciava e sentivo che presto avrei risposto al suo richiamo.

“Mia cara, questo viaggio ha aperto il suo cuore, risvegliandolo dal suo torpore. Nessuno cancellerà i vostri ricordi, resteranno sempre con voi. Prima accetterete la vostra separazione, prima ricomincerete a vivere.

Avrei voluto urlare, supplicarlo di cambiare idea. Anche se vicina la sua voce giungeva come ovattata, fuori campo. Volevo lottare per me, per Benji, ma ero prigioniera di una verità ineluttabile. La lama penetrò ancora più in profondità, fermando i miei battiti. Non potevo crederci. Il dolore era tale da sprigionare luce nella mia mente.  

“Sarò sincero, non credevo che la situazione sarebbe precipitata in questo modo. Purtroppo nessuno può farci nulla, entro mezzanotte il suo ciondolo spezzerà l’incantesimo, come in tutte le fiabe che si rispettino.

Si versò da bere, considerando chiusa la conversazione.

Sentii il terreno mancarmi sotto i piedi. Frasi sconnesse urtarono tra loro mentre annaspavo alla ricerca di qualunque argomento in grado di farlo tornare sui suoi passi. Cosa sarebbe rimasto di me senza Benji?

Ero sul punto di gettarmi ai suoi piedi quando una mano si posò sulla mia spalla, facendomi voltare istintivamente.

“Ciao My, è un pezzo che ti cerco.”

Come inebetita, fissai Tom per un istante di troppo. Senza rispondergli tornai con lo sguardo al buffet ma il vecchietto non c’era più. Lo cercai con lo sguardo tra la folla, in preda al più limpido distillato di terrore.

“Tutto ok? Sembri un fantasma.”

Cominciai a tremare come una foglia e Tom capì che doveva trattarsi di qualcosa di grave. Mi prese con delicatezza per un braccio, guidandomi tra la folla fino alla finestra più vicina. Senza perdermi d’occhio aprì i vetri, esortandomi a respirare una boccata di aria fresca.

“Vuoi dirmi che succede?”

Faticai a trovare le parole. “Il signore del fumetto... era qui” balbettai.

Sgranò gli occhi incredulo. L’espressione sul mio volto non era certo foriera di buone notizie.

Le parole uscirono contro la mia volontà. “Ha detto che entro mezzanotte tornerò a casa.” Mi sentivo priva di forze, ogni mio pensiero schiacciato da una cappa di piombo.

“Ci lascerai?” La domanda di Tom giunse alle mie orecchie e impiegai un’eternità per elaborarne il reale significato. “Deve esserci un modo per impedirlo.”

Scossi il capo in silenzio. “Mi resta poco tempo, devo trovare Benji.”

Tom si limitò ad abbassare lo sguardo, dal quale traspariva una tristezza infinita. “Capisco.” Leggero come il tocco di un elfo, mi passò la mano sulla guancia. “Ci incontreremo di nuovo, ne sono certo.”

Chiusi gli occhi per non piangere, e quando li riaprii incontrai il suo dolce sorriso. “Lo spero Becker” gli sussurrai nell’orecchio stringendomi a lui, “lo spero con tutto il cuore.” Inspirai a fondo, allontanandomi un poco e fissando i suoi occhi carichi di emozione. “Arrivederci Tom.”

Feci un passo indietro e trovai la forza di sorridergli, prima di voltarmi in cerca di Benji, la gola chiusa in un nodo che mai si sarebbe sciolto. Non avevo idea di cosa ci saremmo detti, né di come lo avrei convinto a lasciarmi andare. Mi guardai intorno, la mente annebbiata ed estranea a ciò che mi circondava. Suoni e luci arrivavano a me distorti, immagini sovrapposte e sfocate come in un gioco di specchi, labirinto senza via di uscita.

Finalmente lo vidi e mi fermai a osservarlo. Era in piedi e sembrava subire amabilmente le chiacchiere di alcune ragazze sconosciute, forse sue conoscenti o semplici fan. I tratti del suo volto erano morbidi, il sorriso rilassato e sereno, gli occhi colmi di un’indefinibile energia. Non lo avevo mai visto così. Le difese abbassate in quanto, semplicemente, inutili. Avevo di fronte l’uomo della mia vita e mi apprestavo a lasciarlo per sempre.

Provai un moto di profonda gelosia per ognuna di loro, che senza rendersene conto avrebbe continuato a condividere il suo mondo, respirando la sua stessa aria, scaldandosi sotto i raggi dello stesso sole.

Cosa avrei potuto dirgli? Che ero sul punto di andarmene? Avremmo vissuto gli ultimi istanti antecedenti la mezzanotte come due condannati alla ghigliottina?

Non era ciò che volevo. Vedere il dolore dipingersi sul volto che tanto amavo, di nuovo, per colpa mia. I miei occhi lo abbracciarono in quell’ultimo istante di serenità inconsapevole. Benjamin Price, inavvicinabile e dolcissimo, aveva saputo parlare alla mia anima fredda come ghiaccio antartico. Dal gelido blu al calore del rosso, passando per tutte le tonalità del viola, mi aveva riportata in vita.

Capii improvvisamente le parole del mio misterioso carnefice. Il mio cuore era tornato a battere. Per spegnersi subito dopo, si era scordato di aggiungere. L’esplosione di una Supernova prima di morire.

Avanzai di qualche passo. Devo trovare la forza, devo, continuava a ripetere una voce estranea nella mia testa.

Non riuscivo a pensare a nulla di più insensato del separarmi da lui. Quanto mi apprestavo a compiere avrebbe distrutto entrambi, ma era l’unico modo perché accettasse la mia partenza senza ostinarsi a seguirmi.

“Benji, devo parlarti” dissi sfiorandogli il braccio. Una serie di sguardi infastiditi si posarono su di me, mentre i due occhi intorno ai quali ruotava il mio piccolo universo cancellarono per un attimo ogni timore.

Certo peste” disse prima di scusarsi e seguirmi in giardino, felice che lo avessi distolto dalla banalità della precedente conversazione.

Ogni passo mi allontanava dalla vita luminosa che avremmo potuto condividere. Il rumore dei tacchi sulla ghiaia ci accompagnò fino a una panchina poco lontana, mentre le note di La Vie en Rose risuonavano distanti nella sala.

Des yeux qui font baisser les miens, un rire qui se perd sur sa bouche, voilà le portrait sans retouche, de l’homme auquel j’appartient.(26)

Non potei fare a meno di canticchiare a bassa voce. “Il est entré dans mon cœur, une part de bonheur, dont je connais la cause... c’est lui pour moi, moi pour lui, dans la vie. Il me l’a dit, l’a juré, pour la vie!”

Era tutto vero. Il ritratto del mio amore per lui, per la vita, per sempre. Gli appartenevo, nulla e nessuno avrebbe potuto togliermi tale convinzione, né spegnere l’amore che era sbocciato in me.

“Sei stonata come una campana, ma le parole sono bellissime.”

Una luce incantevole brillava nei suoi occhi, e mi limitai a fissarlo in silenzio. Potevo concedermi ancora qualche istante di felicità.

“Anche tu mi sei entrata nel cuore. Io e te, insieme, per sempre.”

Una lacrima sfuggì al mio controllo, e mi passai subito le dita sulla guancia. La vita non sarebbe stata mai più rosa senza di lui, mai più. Ci sedemmo in silenzio, guardandoci negli occhi, ognuno cercando di leggere i pensieri dell’altro. Fu lui il primo a parlare.

“Te ne vai vero?”

Inspirai profondamente, la mente in subbuglio nel tentativo di dargli una risposta coerente. Pochi istanti gli erano bastati per sondare le profondità del mio animo spezzato. “E’ giunto il momento. Non potrò venire a Monaco con te.” Nonostante tutti i miei buoni propositi, sentii la vista appannarsi.

I suoi occhi si spensero e un moto di nausea mi salì in gola.

“Torni nel tuo mondo” proseguì, ogni parola separata e distinta dalle altre. Piccole gocce di una stalattite in bilico sul mio cuore.

Scossi la testa meccanicamente, cercando di non piangere. Mi ci vollero un paio di minuti prima che riuscissi a parlare di nuovo. “Sai che non voglio, devo farlo.”

“Vengo con te” disse con semplicità.

Dovetti dar fondo a tutta la mia volontà per non rifugiarmi sul suo petto e supplicarlo di tenermi con sé ad ogni costo. “Non puoi, Benji. Dove sto andando non c’è posto per te.”

“Il mio posto è dove sei tu.”

Avrei voluto urlare, gridargli tutto il mio amore. “Nel mio mondo non esisti” dissi invece, pur sapendo che lo avrei ferito.

“Non dire sciocchezze.” La voce gli si ruppe per l’emozione. “Sei tutta la mia vita peste.”

“E tu sei solo un personaggio della fantasia” replicai, odiandomi per ciò che stavo facendo.  Era il mio ossigeno, la mia linfa vitale. Se volevo salvarlo, non avevo scelta.

“Deve esserci un modo!” implorò come se le parole gli esplodessero nel petto. “Non puoi lasciarmi così.”

Fissai il suolo per un momento. Sapevo che, una volta tornata a casa, avrei vissuto solo a metà. Ma forse lui ce l’avrebbe fatta, con il tempo il mio ricordo si sarebbe sbiadito. Meraviglioso com’era non sarebbe rimasto solo, nessuna donna sana di mente glielo avrebbe permesso.

Mi morsi il labbro inferiore e finalmente alzai gli occhi dall’abisso nel quale stavo per gettarmi. Qualcosa doveva essere cambiato in me, perché mi rivolse uno sguardo smarrito.

“Benji, non voglio che tu venga con me.” Parlai con voce lenta e fredda, osservandolo mentre assorbiva ciò che gli stavo dicendo.

Un pausa accompagnò le mie parole sospese nell’aria.

“Non vuoi?” azzardò, confuso per il suono sconnesso di quella frase contro natura.

Il mio cuore si accasciò, esanime. Ti voglio più della mia stessa vita, avrebbe voluto dire, e per questo devo lasciarti andare. Il pensiero di vedere tutti i suoi sogni andare in pezzi, che lui stesso potesse spegnersi mi diede la forza di continuare.

“No” riuscii a dire. Fu come se una mano si fosse introdotta nel mio petto, soffocandomi dall’interno e strappando con violenza quel poco che vi era rimasto.

Mi fissò con aria sconvolta e dovetti volgere via lo sguardo per non cedere. I suoi occhi scuri erano profondi, colmi di un dolore che avrei voluto riflettere nei miei.

“E le tue parole di questa mattina?”

Fui sorpresa dalla sua voce improvvisamente calma. Stavamo superando il punto di non ritorno e nulla aveva più senso. Per nessuno dei due.

Guardai lontano, i rami di un salice piangente danzavano al ritmo del vento. Ripensai alle parole di Tom. Forse in qualche luogo lontano ci saremmo rivisti. In un altro mondo, un’altra vita, saremmo stati felici.

“Ti amo Benji” continuai, annaspando per non soffocare. “Ma è giunto il momento di tornare a vivere. Non possiamo rimanere appesi in perenne incertezza, preda dei capricci del destino. Non vuoi sposarti, avere dei figli?”

“Certo. Li voglio con te.” La sua voce ormai solo un sussurro. “E’ te che voglio sposare.”

Incrociai il suo sguardo, attraverso la maschera di ghiaccio che avevo deciso di indossare. Era per il suo bene, non dovevo pensare a me. Avrei avuto tutto il tempo per piangere, ora dovevo essere forte. Per lui.

Con la morte nel cuore mi sfilai l’anello che mi aveva donato. Presi la sua mano destra tra le mie e ne aprii il palmo posandovelo all’interno, prima di chiudergli le dita su quel piccolo tesoro che tanto aveva rappresentato per me.

“Non farlo.” La consapevolezza del suo dolore fu come acido nelle vene. “Non farmi questo.”

Smisi di respirare, in bilico tra luce e ombra, la battaglia ormai agli sgoccioli. “Non sei l’uomo giusto per me. Ho bisogno di certezze che tu non puoi darmi.

Per un attimo rimasi stupita che non scoppiassimo entrambi a ridere per la mia affermazione. Non poteva credere a tali sciocchezze, se solo avessi potuto mi sarei schiaffeggiata da sola.

Invece accadde l’impensabile, e il suo sguardo brillò di una luce che aveva ben poco di umano.

“Se è ciò che vuoi.”

Annuii con un gesto del capo. Il mio intero corpo divenne insensibile, come se mi avessero appena tagliato la testa e non potessi sentire più nulla dal collo in giù.

“Ti chiedo solo un favore” disse piano.

“Qualunque cosa.”

“Che porterai questo anello con te.” Me lo rimise in mano e sentii la mente incrinarsi, i miei occhi sciogliersi per un attimo, solo un attimo, nei suoi, con un’intensità che mi sconvolse.

“Va bene” mormorai, un suono appena udibile alle mie orecchie.

Sembrò capire, perché un debole sorriso gli piegò le labbra, senza però raggiungere i suoi occhi. “Anch’io voglio farti una promessa. Non ti dimenticherò mai, neanche se dovessi vivere in eterno.

Forse la terra si mise a tremare, perché tutto intorno a noi vacillò, l’aria stessa si fece tremolante. Il sangue mi pulsava forte nelle tempie e sentii la vista acuirsi, come se ogni luce si moltiplicasse all’infinito. Cercai di respirare normalmente, invano.

“Non vuoi salutare gli altri?” chiese con dolcezza, alzandosi lentamente senza toccarmi.

Deglutii, cercando di mantenere una certa distanza fra noi, almeno nella mia mente. Avevo un’unica certezza. Se non si trattava di un incubo ero pronta per la camicia di forza.

“E’ meglio di no, gli addii non sono mai stati il mio forte.” Un debole sorriso si fece largo sul mio viso. Li avrei portati tutti con me, ci sarebbe sempre stato spazio per loro nel mio cuore.

“Ciao Benji” salutai piano, prima di cambiare idea e dirgli tutta la verità. Mi trascinai via, dilaniata dal senso di perdita, lasciandomi dietro una parte di me, ancora in piedi accanto a lui. Fissai entrambi per un lungo istante, cercando di imprimere quell’immagine nella memoria. L’unica foto che avremmo mai avuto insieme.

Mi sforzai di sorridere. Per un attimo ebbi l’impressione che si sarebbe avvicinato per fermarmi ma rimase immobile.

Immersi i miei occhi nei suoi per l’ultima volta e, sul punto di perdere definitivamente il senno, strinsi fra le dita la pietra di luna che avevo al collo anche quella sera. Frammenti dei mesi trascorsi insieme presero forma, spiriti buoni che si accomiatavano dopo averci tenuto compagnia in silenzio.

“Ti amo.” Allungò una mano verso di me, come se volesse colmare la distanza che ci separava.

“Ti amo anch’io” singhiozzai, troppo piano perché potesse udirmi. La mia mano si protese verso la sua nello spazio che ci separava. Come se fossimo connessi, l’eco del suo dolore si insinuò profondo dentro di me.

Ci fu una brezza leggera, innaturale. Spalancai gli occhi, strizzandoli istintivamente per proteggerli dalla luce del giorno. Il parco in cui avevo trascorso lunghi pomeriggi della mia infanzia aveva preso il posto del salice piangente. Le foglie degli alberi si mossero leggermente sotto il soffio gentile del vento autunnale.

Ero tornata a casa.

Sentii l’erba sotto le ginocchia e il palmo delle mani, e poi sotto le mie guance. Speravo di svenire, ma non mi venne concesso. Le onde di dolore che mi avevano sfiorata poco prima si innalzarono fino a coprire la mia testa, sovrastandomi.

Non riuscii a riemergere.

 

 

Note:

(26) Occhi che fanno abbassare i miei, una risata che si perde sulle sue labbra, ecco il ritratto senza ritocchi dell'uomo al quale appartengo [...] E’ entrato nel mio cuore, una parte di felicità, di cui conosco la causa... è lui per me ed io per lui, nella vita, me lo ha detto, lo ha giurato, per tutta la vita!

(http://www.youtube.com/watch?v=6ueZat3fFW0)

 

Per la seconda, tristissima parte di questo capitolo mi sono ispirata alla dolcissima canzone “Now and forever” di Richard Marx, che potete ascoltare al seguente link: http://www.youtube.com/watch?v=8fB6JMOFdmk&feature=related

 

Un’ultima nota a chiusura: ho scritto la prima bozza di questo capitolo diversi anni fa, ogni riferimento fatti e persone esistenti o similari è del tutto fortuito!^__^

 

¨ ¨ ¨

 

Cast della FF

 

Myriam

Benji

Tom

 

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In risposta alle sempre bellissime recensioni ricevute per l’ultimo capitolo... vi prego, non abbandonatemi in questo momento difficile!

 

 

Berlinene

Grazie!!! Mi ritrovo pienamente nelle tue parole. Non solo la storia, ma tutti i personaggi mi stanno crescendo fra le mani, acquistando una dimensione sempre più reale e quasi indipendente dalla mia volontà. Soprattutto Benji. Myriam è una trasposizione di me stessa nei vari avvenimenti, quindi è abbastanza normale che reagisca come una persona “vera”. Con Benji è un’altra cosa. Mi sembra quasi di sentirlo, nelle sue parole, nei suoi sorrisi. La scena in cui Myriam lo lascia è stata quasi fisica per me, mi sono commossa realmente.

Spero ovviamente che abbia sortito un effetto simile anche su di voi... *Sadismo allo stato puro* ^__^

Tornando ad argomenti ameni, mi fa piacere che il tuo cameo ti abbia divertito come a me ha divertito scriverlo. Johnny non è niente male come fidanzato, e devo dire che si è palesato spontaneamente, non ho dovuto faticare molto per trovarlo. *Irene chiede che lo mandi da lei* ^__-

Grazie ancora per i complimenti e a presto!

benji79

Grazie come sempre, anche se so che sarai arrabbiatissima per quanto appena accaduto... se non vorrai scrivere alcuna recensione capirò! Spero che tu riesca a perdonare questo momento molto triste, nella speranza che le cose migliorino per i nostri personaggi^__^

Sappi cmq che Benji e Myriam si amano troppo per subire passivamente il proprio destino...  ciao ciao e a presto!!

Brennan

Grazie grazie grazie! Sono felice che la scena tra Myriam e Benji ti sia piaciuta, ed effettivamente lui ha imparato molto dal rapporto con lei. Quante di noi non hanno, per amore, smussato almeno in parte le proprie convinzioni? Questi due si amano sul serio, e tale sentimento li porta in parte a comportarsi in maniera autodistruttiva. Il vero amore fa soffrire purtroppo, altrimenti non credo sarebbe tale.

Per quanto riguarda Johnny invece, come detto a Berlinene, è stato frutto di ispirazione repentina. Cercavo un ragazzo intrigante con i capelli mori e lunghi e ho pensato a lui... Google immagini ha fatto il resto^^

Irene sembra aver gradito... hehe! Ciao ciao e a presto!

Bex

Grazie Bex, dolcissima come sempre! Le tue recensioni mi riempiono il cuore, davvero. Dopo ogni pubblicazione mi collego ogni due secondi per vedere chi ha scritto... e le tue parole mi spingono a scrivere con sempre più passione!

So già, purtroppo, che non sarai felice di quanto scritto in questo capitolo tristissimo ma, come detto a benji79, ho fiducia in Myriam e Benji e so che in qualche modo ne verranno fuori. Ciò detto, ti prometto che farò in modo di presentarti Tom, in questo mondo o nell’altro ^__-

Baci baci e alla prossima!!! PS: in bocca al lupo con gli esami!

 

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Capitolo 24
*** Parte III - Capitolo 24 ***


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Eccoci qui, pronte al confronto con il mondo reale... Scrivere il precedente capitolo mi ha intristito talmente che mi sono subito immersa in questo. Intendiamoci, non che sia più allegro, ma avevo un assoluto bisogno di proseguire la storia rispetto a dove ci eravamo lasciate. Fatemi sapere cosa ne pensate pliz, mi fa così strano scrivere un capitolo in cui Benji non è presente... vi manca quanto manca a me?

Come sempre grazie mille a tutte voi, a chi legge, recensisce e inserisce la storia tra le preferite e quelle seguite... grazie di cuore!


Per questo capitolo mi sono ispirata a delle musiche bellissime di Ryuichi Sakamoto, provate a cliccare sui link situati all’inizio di ogni passaggio, accompagneranno la vostra lettura così come hanno accompagnato me mentre scrivevo... soprattutto la prima e l’ultima, semplicemente splendide ^__^

 

 

24

 

Myriam

 

~ Solitude ~

 

Nulla. Non provavo nulla. Il tempo trascorreva lento, fiocchi di neve nel silenzio del letargo invernale cullavano l’incedere dei miei giorni.

Vivevo nell’attesa.

Attesa di un domani che portasse petali di fiori, un soffio di primavera tra le candide nuvole. Attesa dei primi riflessi di luce sul mare, calore e magia di un sogno che nasce all’alba, ove tutto sembra possibile.

Quando ti perdi nei boschi impieghi del tempo per capire cos’è accaduto. Prima cerchi di convincerti che ti sei allontanato solo di qualche passo, che di lì a poco ritroverai il sentiero. Poi cala la notte, ancora e ancora, finché giunge il momento di ammettere che sei tanto lontano da non sapere più da che parte sorge il sole.

Mi chiedevo spesso se il dolore sordo che mi soffocava sarebbe scomparso, se finalmente avrei iniziato a piangere. Forse veniva concesso solo un numero di lacrime per persona e io avevo esaurito il mio. Mi muovevo nel mondo come una scatola vuota, sorridendo ai colleghi, conversando con parenti e amici, conducendo una vita in apparenza normale.

Un’attrice esemplare.

Ero rientrata al lavoro come se niente fosse accaduto, ritrovando le stesse facce e gli stessi problemi. Con mio stupore nessuno aveva notato la mia assenza.

Sei mesi mi erano stati donati in sogno, un solo giorno di vita mi era stato sottratto.

Con il trascorrere del tempo cose all’apparenza stupide si erano rivelate in tutta la loro importanza. Non aver fatto caso al suo gusto di gelato preferito, al dopo barba posato in bagno. Come in un nuovo rituale, provavo ogni profumo che mi passava tra le mani alla ricerca della fragranza unica che lo contraddistingueva.

Una sera a casa mi ero sorpresa a rimirare l’anello che conservavo gelosamente nascosto, unica testimonianza del mio viaggio insieme al ciondolo e all’abito scelto da Patty. Avevo fissato lo splendido diamante ignorando come mi fosse finito tra le mani, piccolo tesoro di inestimabile valore.

Pochi ricordi mi rimanevano del giorno che aveva segnato il mio ritorno nell’Ade. Dopo minuti o forse ore di completa incoscienza mi ero alzata da terra, pulendo braccia e ginocchia dai fili d’erba. Fortuna aveva voluto che fossi finita in un angolo remoto del parco, lontano dai sentieri battuti.

Erano trascorse poco più di due settimane, e già non ricordavo la strada percorsa per tornare a casa. Quando non ti importa di ciò che accade, il senso del tempo assume altre forme.

Feci scivolare l’anello lungo l’anulare sinistro, provando un brivido al pensiero che mai più uomo avrebbe compiuto quel gesto unico e meraviglioso. Solitario come il mio cuore, brillava inconsapevole di non poter adempiere il ruolo per cui era stato concepito.

Se solo avessi potuto, lo avrei volentieri scambiato per una foto che ritraesse Benji, anche di quelle terribili in formato tessera. Cercai di evocare il suo viso sorridente e una stilettata mi attraversò il petto piegandomi in due.

Ripresi fiato, attendendo il ritorno dell’apatia. Perché sarebbe venuta, fedele compagna di ogni giornata. Di notte mi concedevo uno strappo alle regole che mi ero imposta per non scivolare nel baratro della follia. Sola nel letto, la testa affondata nel cuscino, andavo incontro ai ricordi abbracciandoli, davo loro il benvenuto fino a che il mattino non ci avesse nuovamente separati. Al buio potevo quasi udire la sua voce accanto a me, sussurrargli parole dolci come se potesse udirmi. Sapevo che mi sarebbe costato, ma ero pronta a correre il rischio.

Vivevo per quei rari istanti di conforto, in cui mi rifugiavo evocando piccoli dettagli o intere conversazioni, accarezzandone la dolce intimità. Così come durante il giorno mi sforzavo di non pensare a lui, di notte lottavo per non dimenticare l’esatto colore dei suoi occhi, il calore della sua pelle, il tono inconfondibile della sua voce. Il mio cuore era l’unico rifugio dal quale nessuno avrebbe mai potuto cancellarlo.

Perché se c’era una cosa che mi teneva in vita era il pensiero che da qualche parte, sebbene troppo lontano, lui continuasse a vivere. Ne avevo bisogno più di qualunque altra cosa al mondo. Potevo sopportare tutto, ma non che il suo ricordo svanisse.

Riposi l’anello al suo posto e mi sdraiai sul letto, in attesa che il dolore venisse a me. Era una sensazione strisciante, saliva lentamente fino ad abbracciarmi, togliendomi il respiro. Le mani gelide, mi raggomitolai sotto le coperte stringendo le ginocchia al petto per non andare in frantumi.

Era triste pensare di non essere più la protagonista della mia vita. Forse tra alcuni anni sarei emersa da quel torpore, guardando ai mesi trascorsi con lui come al periodo più bello della mia vita, a qualcosa di prezioso che mi era stato concesso e per cui sarei stata grata in eterno. Forse un giorno avrei trovato la forza.

Per il momento potevo solo aggrapparmi a quell’illusione, andando avanti e sperando di tornare a piangere.

 

* * *

 

~ Forbidden Colours ~

 

“Terra chiama Myriam, terra chiama Myriam” ripeté una voce al mio fianco. “Ci sei?”

Mi voltai bruscamente, lanciando un’occhiata sgomenta al collega che per un attimo aveva preso le sembianze di Tom.

Mi manchi da morire Becker.

“Non prendi il tuo trolley?”

Lo fissai senza capire, prima di notare l’addetto alla sicurezza che mi squadrava con impazienza. Ripresi coscienza di dove mi trovassi, recuperando il bagaglio dal nastro dei raggi X insieme al mio computer portatile. Proprio io, da anni abituata a volare, affrontavo ogni viaggio come una novellina.

“Faccio fatica a riconoscerti” proseguì lui levando gli occhi al cielo. “Questa tua ansia improvvisa è ridicola, te ne rendi conto?”

“Hai ragione” mormorai abbassando lo sguardo. Nessuno poteva immaginare il motivo dell’agitazione che mi coglieva prima di ogni partenza, nella speranza che la destinazione finale non fosse quella riportata sulla carta di imbarco.

Avevo perlustrato l’aeroporto di Fiumicino infinite volte alla ricerca del misterioso vecchietto, senza il minimo risultato. Nemmeno la mia indagine presso la società aeroportuale aveva dato i suoi frutti. Nessun negozio di giocattoli aveva mai locato uno spazio presso di loro, dovevo senz’altro essermi confusa con un altro scalo.

Trascinai la piccola valigia fino alla sala di imbarco, accogliendo con piacere la stanchezza di fine giornata. Con un po’ di fortuna mi sarei addormentata in volo.

“Vogliamo dare un’occhiata alla presentazione per domani?” domandò il mio incubo personale non appena prendemmo posto a bordo.

Se solo non avessimo fatto la fila insieme al check-in, pensai con un sospiro. “Sono stanca Pat, se non ti dispiace vorrei riposare un poco.”

“Sono stanco anch’io, ma domani abbiamo l’incontro con il cerimoniale.” Mi rivolse uno dei suoi famosi sorrisi. L’invidia nell’aria era stata quasi tangibile quando l’addetto alle prenotazioni ci aveva consegnato biglietti e voucher alberghieri. Chissà quante voci avrebbero accompagnato la nostra trasferta in coppia. Italiano di origini irlandesi, con i suoi capelli corvini e gli occhi verdi Patrick era il protagonista incontrastato delle fantasie di mezzo ufficio. La metà femminile più qualche indeciso.

“Ti prometto che domani arriverò presto in ufficio” risposi nascondendo a stento uno sbadiglio, “e porterò i cornetti per farmi perdonare” conclusi appallottolando la giacca contro il finestrino a mo’ di cuscino, ignorando bellamente il suo sguardo stupito. Non doveva ricevere spesso rifiuti da una donna.

Mi lasciai cullare dal rumore dei motori, e quando l’aereo iniziò a rullare sulla pista persi cognizione del tempo e di me stessa. Un carosello di immagini accompagnò il mio graduale abbandono, volti incrociati quel giorno, conversazioni prive di significato.

Era sufficiente chiudere gli occhi per vedere quelli di Benji, mi appariva spesso in sogno ed era come essere di nuovo al suo fianco. A tratti cedevo alla parte più oscura della mia mente e lo immaginavo alle prese con l’inizio del campionato, quasi indifferente alla mia partenza, circondato da fan ansiose di cancellare il mio ricordo.

Il senso di spossatezza accumulato nel corso della giornata mi impedì di rilassarmi come avrei voluto. In un’altalena tra sonno e veglia cambiai più volte posizione, fino a che il rumore del carrello sotto di noi mi riportò alla realtà. Mi ci volle un attimo per rendermi conto di avere la testa appoggiata a sinistra anziché a destra, come quando mi ero addormentata. Quasi al rallentatore tornai in posizione eretta, mettendo a fuoco due occhi chiari che mi fissavano in silenzio.

Cercai di recuperare un minimo di contegno ma quasi certamente arrossii, potei capirlo dallo sguardo divertito che mi ero indubbiamente meritata.

“Scusami, non volevo” borbottai, per niente contenta della situazione in cui mi ero messa. Cercare rifugio sulla sua spalla non era stata una gran mossa, per quanto involontaria. Dato il personaggio avrebbe senz’altro colto l’occasione per fare battute inappropriate.

“Chi è Benji?”

Rimasi per un attimo senza parole, spiazzata da quella domanda così diretta e inattesa.

“Lo hai nominato più volte nel sonno” spiegò con una punta di imbarazzo di cui non l’avrei creduto capace.

Continuava a fissarmi e dovetti fare uno sforzo per riordinare i miei pensieri recalcitranti. “E’ il mio ex ragazzo” risposi d’un fiato, cercando di ignorare la fitta che mi attraversò tutta. In fondo era vero, si poteva dire che ci eravamo lasciati. In tutti i sensi possibili.

“Capisco. Non volevo essere inopportuno.”

Patrick volse via lo sguardo e ne apprezzai l’improvvisa discrezione. Dovevo avere una faccia davvero terribile perché capitolasse a quel modo.

In pochi minuti fummo fuori dal terminal e, con il solo bagaglio a mano, raggiungemmo rapidamente l’area taxi. La fila avanzò scorrevole e fui grata che abitassimo ai due estremi della città. Avevo bisogno di stare da sola.

Lo salutai e salii in macchina poco prima che iniziasse a piovere. Dopo i primi convenevoli l’autista mi lasciò ai miei pensieri. Appoggiai la fronte al vetro e cercai di svuotare la mente, mentre un velo di condensa si espandeva e contraeva al ritmo del mio respiro.

Le giornate si stavano accorciando e i fari delle auto tingevano la strada rosso. Arrivati in città ci bloccammo nel traffico dell’ora di punta. Sospirai, portando la mano al ciondolo senza quasi accorgermene, tale era ormai l’abitudine di averlo al collo. Giocai con la pietra passandomela fra le dita, spostando lo sguardo da una vetrina all’altra.

Registrai inconsciamente la fisionomia di una ragazza alta e mora che usciva da un centro commerciale e per poco non mi strozzai con la catenina. Patty.

“Patty!” chiamai schizzando fuori dall’auto come un centometrista in falsa partenza. Pagai la corsa senza nemmeno chiedere la ricevuta e mi trascinai dietro il bagaglio, improvvisamente leggero come una piuma.

Svoltai l’angolo e nella foga per poco non urtai contro una signora che veniva in senso opposto. “Patty” chiamai nuovamente e la ragazza si voltò.

Difficile descrivere la delusione che si impossessò di me non appena mi accorsi, strano a dirsi, di averla scambiata per un’altra. Mi squadrò con aria interrogativa mentre le spiegavo l’accaduto, omettendo alcuni particolari quali la mia incipiente follia.

Mi appoggiai al cofano di una macchina e solo allora realizzai di essere tutta bagnata, oltre a non avere l’ombrello con me. Non riuscii a trattenere un sorriso e le parole di una famosa canzone fecero capolino dalle mie labbra. “Più in basso di così, c’è solo da scavare.” (27)

Ripresi a camminare con calma, ignorando la pioggia che mi bagnava il volto e i vestiti. Se anche mi fossi raffreddata non avrebbe fatto molta differenza. Mi fermai a un incrocio, in attesa che scattasse il verde, per tornare sulla strada principale e fermare un secondo taxi.

Senza quasi pensare, intonai nella testa il notturno di Chopin che preferivo (28). Mi capitava spesso quando mi sentivo triste, il pianoforte era sempre stato uno sfogo alla melanconia.

Potei quasi udire le singole note cadenzare i miei passi, fin quando levai gli occhi da terra e mi bloccai di colpo, trovandomi di fronte l’ultimo posto dove avrei mai creduto di entrare. Inspirai profondamente, indecisa sul da farsi. La tentazione di fuggire era forte, ma sentivo di dover restare.

Varcai la porta lasciando il trolley all’ingresso e mi guardai intorno nel negozio quasi vuoto. Alcuni ragazzi ridacchiavano a pochi metri da me, forse chiedendosi cosa facesse una giovane donna in completo scuro, fradicia come un pulcino, in una fumetteria.

Me lo chiesi anch’io mentre, come sotto ipnosi, mi dirigevo verso la sezione dei manga. Scorsi i titoli velocemente, fino a trovare quello che cercavo. Le mie mani tremarono mentre prendevo l’ennesima ristampa del primo numero dallo scaffale. Chiusi gli occhi per un attimo, concentrandomi sulla sensazione della carta sotto le dita.

I brevi dialoghi in italiano avevano sostituito gli ideogrammi giapponesi, ma le immagini erano le stesse. Senza quasi accorgermene accarezzai il profilo di un giovane Benji, sentendo lo stomaco stringersi alla vista del cappellino che aveva finito per regalarmi, tanto me ne ero innamorata. Se solo avessi potuto scegliere, sarebbe stato quello l’oggetto che avrei portato via con me.

“Le interessano i fumetti degli anni ottanta? Posso farle vedere qualcos’altro” mi interruppe una voce maschile.

Mi voltai verso uno dei ragazzi notati poco prima. Visto da vicino sembrava più maturo, l’aria simpatica di chi non capisce come comportarsi con una strana cliente giunta in orario di chiusura.

Abbassai lo sguardo sul fumetto che avevo in mano, chiudendolo con rispetto. “Grazie, prendo questo.”

“Ma è per ragazzi” protestò amabilmente, “parla solo di calcio.”

Gli rivolsi un sorriso colmo di dolcezza. “Lo so.”

Uscii solo dopo aver protetto il mio piccolo cimelio nella plastica. Non avevo una foto di Benji, ma quei disegni sarebbero sempre stati miei.

La fortuna sembrò volgere dalla mia parte e pochi minuti dopo un taxi si fermò, portandomi a casa. Ero esausta ma, a modo mio, felice. Mi concessi una lunga doccia prima di cena, rendendomi conto di non avere fame nonostante la lunga giornata. Provai a sforzarmi, in vista del giorno successivo che prevedeva una serie di incontri a cavallo del pranzo, ma al primo boccone provai uno spiacevole senso di nausea.

Troppo stanca per insistere infilai il pigiama e per poco non crollai prima di arrivare al letto.

 

* * *

 

~ Energy Flow ~

 

“Dottoressa, crede che un mese sia sufficiente?”

Se non fosse stato per la sonora gomitata assestatami da Patrick nel fianco, non mi sarei nemmeno resa conto che si stessero rivolgendo a me. Non gradivo gli appellativi tipici della pubblica amministrazione, e faticavo a riconoscermi in quel titolo. I dottori salvano vite, non organizzano eventi avrei voluto rispondere, ma non sarebbe stato appropriato.

“Faremo del nostro meglio” rispose il mio solerte collega, impeccabile nel suo gessato Armani.

Scossi il capo, conscia che quel mondo non faceva più per me. Se prima sentivo di nuotare nel mio elemento, ora non potevo soffrire le esteriorità tipiche del nostro ruolo.

“Ci sentiamo la prossima settimana” si accomiatò da noi il capo della segreteria al quale risposi con un sorriso di circostanza, consapevole di non aver registrato una singola informazione rilevante in tutta la conversazione.

“Non so cosa ti sia preso, da qualche giorno sei parecchio strana” mi rimproverò Patrick mentre recuperavamo i nostri documenti all’ingresso dell’edificio.

“Lo so” risposi appellandomi al sorriso di prima, “non è un bel periodo.”

Di solito funzionava, lasciar intendere a un uomo di avere problemi sentimentali era il modo migliore per frenare sul nascere ogni curiosità.

“Mi dispiace vederti così.”

Feci spallucce, sentendomi a disagio. Perché mi scrutava a quel modo?

“Capita” fu la mia laconica risposta.

“Quel Benji è un idiota.”

Sgranai gli occhi, indecisa se sorprendermi più per l’espressione del suo sguardo o per il tono della voce, quasi carezzevole. In ultima istanza potevo sempre dargli una botta in testa per aver parlato a sproposito.

L’occhiata che gli lanciai non fu delle più tenere, e si affrettò a ritrattare.

“Scusami, non sono affari miei. Fino a ieri non sapevo nemmeno che fossi fidanzata.

Rimasi in silenzio, gli occhi incollati a terra. Non ero in grado di sostenere una qualunque conversazione su Benji, non ancora. Il solo pensiero vigile mi scindeva in due, sradicando ogni barlume di normalità che faticosamente ricostruivo, giorno per giorno.

Patrick vedeva in me una ragazza ferita. Io non vedevo niente.

Improvvisamente sentii due dita sotto il mento, che con pressione gentile sollevarono il mio viso verso il suo.

“Mi dispiace” ripeté semplicemente, e potei percepire dal tono di voce che era sincero. “Non era mia intenzione farmi trasportare, né tanto meno giudicare una situazione di cui non so nulla.”

Gli sorrisi, incapace di emettere qualunque suono. Se fossi stata ancora umana una lacrima avrebbe solcato il mio volto, ma non accadde nulla. Forse era ciò che lo colpiva di più, dato lo sguardo compassionevole che mi rivolse.

Non ero poi così brava come attrice, e in qualche modo quel pensiero mi sollevò.

“Ti do uno strappo a casa?”

Gli occhi di Tom si sostituirono ai suoi per un attimo, lo sguardo di quel pomeriggio nel parco. Un brivido accompagnò la proposta, seppur priva di qualunque sottinteso e, come allora, rifiutai con un cenno del capo.

Mi congedai ringraziandolo, dirigendomi a passo svelto verso la fermata dell’autobus. Poco dopo mi sfrecciò davanti in scooter e ci salutammo con un gesto della mano.

L’attesa fu più lunga del previsto e mi alzai il bavero della giacca per proteggermi dal freddo che cominciava a farsi pungente. Finalmente l’autobus arrivò e fui felice di trovare un posto a sedere. Mi sentivo sempre più spossata, svuotata di ogni energia. Evitai il riflesso nel vetro di fronte a me, non avevo bisogno di ricordare quanto le occhiaie segnassero i miei occhi spenti.

Scesi sotto casa e mi fermai al supermercato per una spesa veloce, aggirandomi per i reparti riempiendo il carrello alla rinfusa. Il mio frigo vuoto avrebbe apprezzato comunque.

Di fronte allo scaffale dei cosmetici osservai incuriosita le maschere per il viso disponibili, pensando che forse un tentativo mi avrebbe fatto bene. Non avevo mai indugiato nella cura del corpo, in questo ero decisamente un maschiaccio. Il ricordo di Susie che mi scambiava per un ragazzo nel nostro primo incontro si infilò di soppiatto tra i miei pensieri, velando di nostalgia i miei passi verso la cassa.

Notai con disappunto che la fila si estendeva per diversi metri. Appoggiai gli avambracci all’impugnatura del carrello, sospirando mentre il mio sguardo errava distratto intorno a me.

Dopo un paio di minuti la persona che avevo di fronte avanzò. Ero sul punto di fare altrettanto quando qualcosa attirò la mia attenzione. Un pensiero piccolo, silente, la cui vocina docile pretendeva di essere ascoltata. Non ne colsi subito il senso, finché non misi a fuoco le confezioni colorate a meno di un metro da me, quanto mai riconoscibili agli occhi femminili.

Il sangue mi si gelò nelle vene non appena realizzai quello che la mia mente distratta aveva eluso per oltre una settimana.

 

~ The Sheltering Sky ~

 

Due righe. Non una, due. Due due due. Si trattava di un incubo. Non poteva essere altrimenti. Semplicemente, non poteva.

Aprii il rubinetto dell’acqua fredda e mi sciacquai il viso. Chiusi gli occhi. Li riaprii. Lo specchiò mi rimandò un’immagine pallida, distorta. Guardai nuovamente lo stick di plastica. Due righe.

Appoggiai la schiena contro il freddo muro di piastrelle, lasciandomi scivolare a terra. Due maledettissime righe. Trattenni il fiato, cercando di riordinare i pensieri. Doveva trattarsi di un errore.

Tutti i test sono forniti di una ''finestra di controllo'' che ha la funzione di confermarne la corretta esecuzione.

La farmacista era stata chiara. Mi abbracciai le gambe, poggiando il mento sulle ginocchia.

Il risultato è positivo quando accanto alla linea di controllo ne appare un'altra.

Impossibile, vero?

Il valore di affidabilità è superiore al 99%.

Credeva forse di rassicurarmi? Sentii lo stomaco contrarsi in uno spasmo accompagnato da nausea. Mai alzai di scatto coprendomi la bocca con la mano e avvicinandomi al lavandino. Falso allarme.

Inspirai profondamente e raccolsi la borsa da terra. Dovevo mantenere la calma.

Cercai le chiavi della macchina e uscii di casa. Avevo bisogno di prendere aria, di allontanarmi e capire cosa fare.

Cosa dovevo fare?

La domanda echeggiò nella mia testa mentre mettevo in moto. Era tardi e le strade semi deserte, guidare mi avrebbe aiutato a fare ordine nella mente. Come se fossi abituata a girare di sera, senza una meta precisa. Sola.

Non riuscii ad andare lontano prima che guidare divenne impossibile.

Quando non fui più in grado di vedere, accostai sulla destra e lasciai che la macchina si fermasse per inerzia. Mi accasciai sul volante e tutta la debolezza, tutte le incertezze che avevo trattenuto nelle ultime settimane si riversarono come un fiume in piena la cui diga è stata aperta da una mano invisibile.

Una parte di me non avrebbe mai accettato la separazione da Benji, né sarebbe mai guarita.

Nessuno avrebbe dovuto vedermi in quello stato.

Ero incinta.

 

 

Note:

(27) Tratta dalla canzone “Salirò” di Daniele Silvestri (http://www.youtube.com/watch?v=YkpycXtk-bs)

(28) Chopin, Nocturne n°20 http://www.youtube.com/watch?v=CqdcDGmtJqI&feature=related

 

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Cast della FF

 

Myriam

Benji

Patrick

 

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In risposta alle sempre bellissime recensioni ricevute... grazie per il supporto morale in questo momento così delicato!

 

 

Bex

Grazie cara, la tua recensione mi ha riempito il cuore. Non solo per i bellissimi complimenti, quanto per aver colto le emozioni che ho cercato di trasmettere con parole davvero difficili da scrivere.

Per rendere l’idea del dolore è necessario concentrarsi e farlo proprio, di modo da comprenderne appieno le piccole sfumature necessarie a descriverlo.

E’ vero che Myriam avrebbe meritato di poter scegliere, ma non era previsto che il suo viaggio potesse estendersi oltre la sua naturale conclusione. Le vie del destino sono però impervie, e staremo a vedere cosa accadrà... ho piena fiducia nel potere del libero arbitrio che i nostri beniamini sapranno esercitare al meglio.

Ti faccio intanto una promessa: se alla fine le cose andranno come spero, ti farò conoscere Tom!

Un bacione e fammi sapere cosa pensi di questo capitolo :-)

Fulmy

Bentornata! Mi sono mancate le tue recensioni, e mi dispiace che tu sia rimasta senza connessione per più di un mese (al posto tuo sarei impazzita :-)

Ebbene sì, il cuore di Myriam è sempre appartenuto a Benji, la parentesi con Tom è stata dettata solo dalla confusione e dall’immenso affetto che lei prova per lui.
Sono felice che la scena d’amore ti sia piaciuta. Non sono solita descrivere particolari intimi, ma mi è salita dal cuore, sentivo che era necessaria prima della separazione.

Sei molto dolce a dirmi che Benji ti ricorda sempre di più tuo marito, non potresti farmi complimento più bello. Ormai lo sento come se fosse vero, visualizzando le sue reazioni ed espressioni in maniera impressionante.

Sul vecchietto stenderei invece un velo pietoso. Nella trama iniziale non era previsto che si “imbastardisse” in questo modo, è venuto fuori cattivissimo e io stessa avrei voluto picchiarlo!

Capisco il tuo punto di vista sul sacrificio di Myriam, per cui proteggere Benji è risultato molto più importante che proteggere se stessa. Sono personalmente convinta che il grande amore sia questo, nella sua magica irrazionalità. La storia comunque non è ancora finita, tranquilla... Ciao ciao e a presto!

Benji79

Ciao benji79! Perdonami se ti ho fatto piangere, non volevo. So che questi capitoli sono molto tristi, ma spesso il buio precede la luce, dobbiamo avere fiducia nei nostri personaggi e nell’amore che nutrono l’uno per l’altra :-) A presto!

Brennan

Lo so, lo so... è tutto davvero straziante, forse troppo per i nostri cuoricini! Il fatto è che quando ti trovi di fronte a un grande amore tutto diventa difficile, e una separazione del genere non sarebbe stata realistica se vissuta con grazia e rassegnazione, non credi?

Per chiarire il tuo dubbio più che legittimo (non sei ottusa, tranquilla!): Myriam vuole evitare a ogni costo che Benji resti intrappolato nel fumetto, visto che il bastardissimo vecchietto le dice che seguendola corre questo rischio. Ovviamente lui la ama e cerca di seguirla, e per dissuaderlo Myriam non ha altra scelta se non quella di fargli credere che non lo vuole, che non può darle certezze in quanto possono essere separati da un momento all’altro. Ovviamente è solo una bugia, però Benji finisce per crederle in quanto anche lui vorrebbe solo renderla felice e capisce quanto la situazione sia difficile... è un po’ contorto, lo so, ma se ci pensi Romeo e Giulietta si sono suicidati a turno perché si credevano morti! (Willie è davvero il migliore :-P)

Non posso svelarti cosa accadrà, ma sicuramente non mancheranno i colpi di scena!

Lady Snape

BWAAAAAAAAA... sono triste anch’io! E diciamo che non si può dire che quest’ultimo capitolo metta allegria. Perdonate il momento cupo, purtroppo non avevo molta scelta per rimanere fedele alla storia e ai nostri personaggi. In questo capitolo abbiamo visto Myriam, nel nostro mondo, da sola. Nel prossimo rivedremo Benji... così potrai dirmi per chi ti dispiace di più ;-)

Concordo sul mettere al rogo il vecchietto ma, così facendo, rischiamo di cambiare il corso della storia... fidati di me, non si tratta di un addio per sempre!

Grazie mille per i bellissimi complimenti, spero che anche quest’ultimo capitolo ti sia piaciuto!

Reki98

Piccola Reki98! Grazie per le tenerissime recensioni, sono divertentissime! Grazie anche per averne scritte 4 di fila, se continui così batterai ogni record! Ciao ciao e a presto, sono molto curiosa di capire a che punto sei nella lettura :-)

 

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Capitolo 25
*** Parte III - Capitolo 25 ***


X

Scusate il ritardo di questo capitolo, negli ultimi tempi ero riuscita ad aggiornare su base settimanale... Tra lavoro e impegni vari stavolta proprio non ce lho fatta anche perché, udite udite, ho ripreso ad andare a cavallo!!! Il che rappresenta più o meno un avvenimento per la sottoscritta, in quanto lultima volta che ho montato seriamente risale al lontanissimo 1995 (mi duole un poco pensare che alcune di voi allepoca erano delle bimbette^__^)

Tornando a noi, il capitolo che segue fa sempre parte della triade Disperazione & Co, questa volta visto dagli occhi di Benji (così come penso saranno i prossimi due, mi è mancato tanto che ho voluto restituirvelo con gli interessi^^).

Prometto che a seguire il tono si smorzerà un poco, anche perché ho versato fin troppe lacrime di recente ^__-

Buona lettura e grazie come sempre a chi mi dedica parte del suo tempo, ho raggiunto quota 127 recensioni e sono commossa!!! Mi raccomando, continuate così, sono fiera di voi^^

Bacetti a tutte!

 

 

25

 

Benji

 

“Benji stai bene?”

Sempre la stessa domanda. Tutti sembravano interessati al mio stato d'animo, manifestando una cantilenante preoccupazione del tutto priva di senso. In particolare l’alcol, assurto a tema principe di ogni conversazione. Il nuovo amico con il quale scivolavo giù per il tunnel della perdita di controllo, l’amore ormai ridotto a un ammasso informe di dolore.

“Benji stai bene?” ripeté la voce.

La stessa domanda, eppure suonò di una nota diversa. Alzai la testa dal tavolo sul quale mi ero accasciato dopo l’ennesima sbronza e notai che, a dispetto di ogni precedente esperienza, il mondo non giocava alla giostra con il mio senso dell'equilibrio.

Ciononostante faticai non poco nel mettere a fuoco gli oggetti circostanti. Concentrati su un punto fisso Price, puoi farcela.

Dopo qualche istante i miei sforzi vennero ripagati, e una figura dai contorni incerti prese forma dinanzi a me. Mi stropicciai gli occhi e li riaprii. Per poco non caddi dalla sedia.

Myriam era in piedi, al centro della cucina.

Un calore di indescrivibile potenza mi abbracciò, impedendomi qualunque movimento. Il vuoto che nemmeno l’alcol era riuscito a colmare si dissolse dolcemente, come se non fosse mai esistito.

Superato il primo momento di shock riuscii ad alzarmi, avvicinandomi di qualche passo. Qualcosa però non quadrava. Nonostante mi sentissi improvvisamente sobrio e nel pieno delle mie facoltà mentali, Myriam sembrava circondata da un alone di luce innaturale.

Allungai la mano verso di lei e, con un sorriso che mi fece balzare il cuore in gola, lei fece lo stesso. Le nostre mani si sfiorarono ma non sentii alcun contatto fisico.

“Sei un'allucinazione, vero?” La domanda sfuggì controvoglia dalle mie labbra, temendo una risposta che mi avrebbe ucciso per la seconda volta.

Non rispose, avanzando un poco, senza staccare il palmo dalla mia mano. Non potevo percepirne il calore, eppure vederla era come un balsamo per le mie ferite, tutto sembrava sopportabile con lei accanto.

Sorrise di nuovo, e mi sembrò di scorgere una lacrima sulla serenità del suo volto. “Non preoccuparti, stai solo sognando.”

La sua voce, la dolce voce della mia piccola peste. Tirai un sospiro profondo, con il desiderio di non svegliarmi più.

“Mi manchi” mormorai, temendo che potesse svanire da un momento all’altro. “La mia vita non ha alcun senso senza di te.”

Prima che potessi dire altro mi fu vicina tanto da sfiorarmi. Sembrava così reale. Avrei dato qualunque cosa in mio possesso, qualunque, pur di stringerla anche solo un istante tra le braccia.

“Torna da me” dissi in un soffio appena percettibile.

Alzò il braccio, e con la punta delle dita mi accarezzò una guancia. Chiusi gli occhi in silenzio, concentrandomi su quell’unico istante prima di morire. Come quando si era dissolta nel vento, quella sera di tanti secoli prima, e il nulla mi aveva inghiottito.

La guardai nuovamente, annegando nella dolcezza di quelle iridi dorate. “Torna da me” ripetei con voce strozzata.

Una seconda lacrima le rigò il volto e il suo sorriso si spense, insieme all'arcobaleno che aveva invaso la stanza. “Non posso” rispose senza muovere le labbra.

La sua immagine sembrò vacillare.

“Peste non andare, ti prego."

I suoi occhi si caricarono di emozione e capii che i granelli di sabbia della nostra clessidra stavano volgendo al termine. Sfiorai l'aria delle sue labbra con un bacio e il sogno si dissolse con le mie illusioni, lasciandomi solo al buio, ancora una volta. Per un attimo accarezzai la tentazione di perdermi in esso.

Peste dove sei?

Ripresi conoscenza, seduto al bancone della cucina, il capo abbandonato sul braccio. Le palpebre pesavano come piombo, nella testa una disarmonia di sorde pulsazioni.

“Benji tutto bene?”

Una voce maschile, conosciuta. Il mondo intorno a me piroettò in una lunga vertigine, fino a fermarsi di colpo. Un déjà vu privo di ogni attrattiva.

“Stai bene capitano?”

Tom mi lanciò un’occhiata preoccupata, tale da superare i livelli di coscienza che avevo frapposto fra me e il regno dei vivi.

“No.” La mia voce rauca suonò come quella di uno sconosciuto.

“Quanto hai bevuto?”

“Quanto serviva per dimenticare.”

“E ha funzionato?”

“No.”

Sentivo lo sguardo perso nel vuoto ma non avevo la voglia, né la forza di focalizzarmi su un pensiero razionale. Le allucinazioni erano ormai le rivali incontrastate del vuoto che si estendeva nella mia anima, falla di una petroliera carica in mare aperto.

Tom si fece avanti, prendendo posto su uno sgabello di fronte a me. “Non puoi continuare così, finirai per impazzire.”

Il mondo riprese a girare, accompagnato da una forte sensazione di nausea.

Cercai di mantenere il controllo. “Non sono affari tuoi Tom. Perché non torni da dove sei venuto e ci resti?

Mi fissò con espressione indecifrabile, deciso a mettere alla prova la mia pazienza. “Pensi sul serio di avere il monopolio della sofferenza umana?”

Gli lanciai uno sguardo torvo, indeciso se dargli o meno ragione. Provavo il disperato bisogno di sfogare il senso di rabbia e frustrazione che covava dentro di me. “E tu pensi di sapere cosa sto provando?"

La mia domanda colpì nel segno. Tom non aveva mai ammesso i suoi sentimenti per Myriam e, invece di essergliene grato, mi sentivo preda di un demone interiore ormai votato all’autodistruzione. "Anche a te sembra di non avere più un cuore da quando se ne è andata?”

Sebbene stesse soffrendo, il che era palese persino nelle mie condizioni, Tom era in pensiero per me. Avrei dovuto sentirmi in colpa, provare vergogna per quelle parole così dure. Eppure non potevo farne a meno. Non ero mai stato il bravo ragazzo io, il vecchio Price era risorto dalle ceneri del nuovo.

I suoi occhi non tradirono alcuna incertezza. “Se anche fosse non te lo direi, ti farebbe solo stare peggio.”

“Nulla potrebbe farmi stare peggio di così.”

Non rispose, limitandosi ad allontanare la bottiglia di whisky semi vuota. “Non credo che così facendo Myriam tornerà, anzi."

Lo fissai in silenzio e un barlume di lucidità mi attraversò la mente. Scossi il capo, scendendo dallo sgabello e mettendo la testa sotto il rubinetto. I fumi dell’alcol si diradarono un poco, in parte annegati nello scroscio di acqua ghiacciata. Afferrai un canovaccio abbandonato sul lavello, passandomelo su viso e collo. Rivoli freddi mi colavano lungo la schiena ma li ignorai.

Tom si alzò in piedi fissandomi, serio in viso. “È proprio questo che uccide lentamente. Il non parlare.”

“Dove trovi la forza Becker?” domandai con sincerità. Non finiva mai di stupirmi, al suo posto avrei sbattuto la porta da un pezzo.

Un sorriso amaro gli piegò le labbra, e una fitta molto simile al rimorso accompagnò il ricordo delle parole pronunciate poco prima. "Avresti fatto bene a prendermi a pugni sin dall'inizio. Perdonami Tom, come amico faccio schifo.”

Mi fissò con occhi carichi di sfida e il senso di colpa si acuì maggiormente.

"Per una volta sono d’accordo. Aggiungerei che non meriti una ragazza come Myriam ma, per motivi a me ignoti, sembra aver scelto proprio te. Smetti di piangerti addosso e fai qualcosa, o cederò alla tentazione di prenderti a pugni sul serio.

Aveva ragione, senza ombra di dubbio. Il problema è che non sapevo da che parte cominciare.

“Non puoi arrenderti così, devi lottare per riportarla indietro” proseguì concitato. “Guarda Holly e Patty, negli anni hanno imparato a superare ogni tipo di ostacolo.”

“Holly e Patty sono i due pezzi mancanti di un puzzle da duemila, noi i pezzi di due scatole diverse finiti per sbaglio nella stessa.”

Tom non riuscì a trattenere una buffa smorfia. Si passò una mano sul mento, come ad accarezzare una barba che non aveva, al contrario di me. La mia capacità di ridurmi a uno straccio sembrava non conoscere limiti.

“Non posso darti tutti i torti Price, la vostra è senz’altro una storia a distanza fuori dal comune. Ciò non toglie che, così come Myriam è venuta da noi, tu dovresti poter andare da lei. Il passaggio tra le dimensioni sembra legato a determinati avvenimenti, tutto sta nel capire quale sia quello più adatto a te.

Mi limitai a fissarlo in silenzio, oracolo di Delfi improvvisato al cui cospetto non potevo che inchinarmi.

“Secondo me dovresti fare qualcosa di eclatante per attirare l’attenzione del nostro misterioso burattinaio. Tipo buttarti da una scogliera... che ne pensi?

Inarcai un sopracciglio, e le mie labbra si piegarono nel primo vero sorriso da settimane. “Cosa c’entra la scogliera?”

Tom fece spallucce. “Non saprei, è un'idea che mi è venuta così. Magari per qualcuno funziona.”

 

***

 

Faceva freddo, il vento si infilava fra i palazzi e non vi era spiraglio che potesse sfuggirgli.

Avevo finito gli allenamenti da un pezzo eppure non riuscivo a tornare a casa. Persino le fan più accanite avevano desistito e il campo era ormai deserto.

Mi alzai, prendendo il borsone per i manici e lanciandomelo dietro la spalla. I compagni di squadra avevano capito che era meglio lasciarmi solo, e non ero stato più coinvolto nelle cene organizzate a turno da mogli e fidanzate.

Le prime partite del campionato avevano segnato una svolta nella monotonia della mia vita. Per quanto paradossale potesse sembrare, non avevo mai dato prova di tanta concentrazione. Ai nostri avversari non era rimasto che difendere la propria porta ad ogni costo, essendo la mia diventata se possibile più inviolabile che in passato.

Sorrisi per un attimo a quel pensiero. La distanza che separava i pali alle mie spalle era sempre stata lo specchio della mia vita. Non permettevo a nessuno di avvicinarmi, né tantomeno di entrare.

La breve visita di Tom si era conclusa il giorno prima, era rientrato a Parigi solo dopo avermi strappato la promessa che entro la fine del mese sarei andato a trovarlo. Essendo l'unico a conoscere il mio segreto si era convinto che parlare con lui mi facesse bene. Strano a dirsi, avevo finito per dargli ragione.

Non erano stati tutti altrettanto comprensivi. Dalla sera della festa, Patty era passata dal non darmi tregua per capire quanto accaduto al non rivolgermi la parola.

Cosa puoi averle fatto per spingerla a scomparire dalle nostre vite senza nemmeno un saluto?

La sua domanda mi aveva ossessionato per giorni, sebbene fossi conscio che il vero motivo della nostra separazione era un altro. I primi giorni avevo odiato Myriam con tutto me stesso per avermi impedito di seguirla nel suo mondo, per poi capire che anche lei, come Tom, aveva ragione.

Cosa avevo da offrirle? Un carattere terribile in bilico tra realtà incompatibili tra loro? Persino tra coppie di uno stesso mondo un terzo dei matrimoni finiva in separazione, la logica e il buon senso erano dalla sua parte. Era giusto che avesse dei figli, un avvenire roseo accanto a un uomo che potesse amarla come meritava.

Purtroppo non sarò mai quell’uomo, pensai mentre l’ennesima fitta mi attraversava il petto.

“Signor Price?”

Mi voltai verso la voce che mi aveva chiamato, incrociando lo sguardo timido di una ragazzina nascosta nell’ombra di un lampione, a pochi passi dal cancello di ingresso agli impianti sportivi. Provai tenerezza nel vederla visibilmente provata dal freddo e dall’attesa.

“Da quanto sei qui?” le chiesi con voce gentile. I miei compagni erano usciti da almeno due ore, speravo non avesse atteso tutto quel tempo da sola e con quel vento. Si sarebbe senz'altro buscata un raffreddore coi fiocchi.

“Un po’” ammise abbassando gli occhi al suolo. “Ci tenevo ad avere il suo autografo.”

Per un attimo dimentico delle mie sciagure posai il borsone a terra e lo aprii, tirandone fuori la felpa di ricambio. Mi avvicinai con cautela, di modo da permetterle di assorbire lo shock che evidentemente la mia vista le provocava.

“Come ti chiami?” domandai coprendole le spalle, prima di piegarmi su un ginocchio per chiuderle la zip sul petto. Sorrisi nel vederla così infagottata, ne sarebbero entrate comodamente altre due come lei.

“Elisabeth” rispose piano, lo sguardo incredulo per ciò che stava accadendo. “Ma tutti mi chiamano Lizzy.”

“Non dovresti andare in giro da sola a quest’ora Lizzy, dove abiti?” Fui il primo a sorridere di quel tono paterno che così poco si confaceva al mio personaggio.

Indicò un punto poco distante. “La mia mamma lavora in quel palazzo, tra poco esce e torniamo a casa.”

“Allora va da lei, non mi muovo finché non ti vedo entrare nel portone. Potrai tornare a vedere i nostri allenamenti tutte le volte che vorrai" aggiunsi subito, vedendo quanto fosse reticente a concludere il nostro incontro. "Parlerò con il responsabile del centro sportivo, te lo prometto."

Un sorriso di genuina sorpresa le illuminò il volto. I giornali non erano soliti dipingermi come una persona tenera e accomodante. Portò le mani alla felpa per restituirmela ma la fermai subito.

“È un regalo, te lo sei meritato.”

Il sorriso si trasformò in pura luce scaldandomi nel profondo, laddove fino a pochi istanti prima c'era stato solo un gran vuoto. Ero un bugiardo, il regalo più prezioso lo stava facendo lei a me.

“Davvero posso tenerla signor Price? Mio fratello non ci crederà mai!”

“Dovrà crederci per forza, questo modello non è ancora uscito in commercio” la rassicurai facendole l’occhiolino. “E poi chiamami Benji, il signor Price è mio padre.”

Esitò per un attimo, prima di buttarmi le braccia al collo e stamparmi un bacio sulla guancia. “Tornerò a trovarla signor Price!” esclamò ignorando la mia richiesta e facendomi sentire di vent’anni più vecchio.

Trotterellò via felice, avrei potuto giurare che i suoi piedi non toccassero terra. Attraversò la strada e, prima di scomparire alla vista, si voltò per salutarmi con la mano.

Ricambiai con un sorriso, grato per quella piccola parentesi di normalità. Price l’invincibile, salvato da una bimbetta allegra e tenace.

Raccolsi nuovamente il borsone da terra, avviandomi con passo lento al fuoristrada parcheggiato poco distante. Lo lasciai cadere nel bagagliaio, prima di salire in macchina e bloccarmi per lo stupore.

Un signore anziano con dei baffi degni di un generale prussiano se ne stava seduto sul sedile del passeggero, sfoggiando la serenità di chi è stato invitato per il tè delle cinque.

Lo fissai con aria interrogativa. Tale la distrazione, mi ero probabilmente dimenticato di chiudere le portiere e doveva averne approfittato per ripararsi dal freddo.

“Questa è la sera del buon samaritano signor Price” disse leggendomi nel pensiero. “Come si sente nei panni di novello benefattore?”

Non potei fare a meno di inarcare un sopracciglio. “Ci conosciamo?”

“Diciamo che la osservo da un po’” rispose enigmatico. “Questa è la prima volta che ci incontriamo, ma presumo abbia sentito parlare di me.”

Come in uno scacchiere all’apparenza criptico, la chiave per lo scacco matto in tre mosse si delineò d’un tratto nella mia mente.

“Lei è...

Annuì prima ancora che potessi completare la frase.

Digli qualcosa Price, dannazione!

Non riuscivo a spiccicare parola. Avevo desiderato incontrarlo per settimane e, ora che ce l’avevo di fronte, non sapevo da che parte cominciare.

 

 

Note:

Essendo Benji appassionato degli U2, ritengo che la canzone più adatta a comunicare il suo stato d'animo in questo capitolo sia la splendida "One" (http://www.youtube.com/watch?v=ftjEcrrf7r0). 

 

¨ ¨ ¨

 

Cast della FF

 

Myriam

Benji

Tom

Lizzy

 

¨ ¨ ¨

 

In risposta alle sempre bellissime recensioni ricevute, stavolta sono quasi più lunghe del capitolo! ^_^

 

 

benji79

Il ritorno alla realtà è duro per entrambi, in questo capitolo abbiamo visto come se la cava Benji (non benissimo direi, per quanto lui non sia incinto ^_^). Spero di non averti intristito troppo, anche perché il colpo di scena finale ci da qualche speranza, no?

Ciao ciao e a presto!

Brennan

Non puoi non riprenderti, come faccio poi senza le tue recensioni? :-)

Benji e Tom mancano a tutte noi, per questo ho fatto in modo di farli tornare velocemente sulla scena... hehe!

Le tue perplessità sulla gravidanza sono più che legittime, sono stata a lungo in dubbio se prendere o meno questa strada. Non volendo spoilerare mi limito a dirti che già nel prossimo capitolo si intuirà il perché di questa mia scelta per quanto, ovviamente, ognuno ha la sua opinione e potresti non essere comunque d’accordo ^__^

E’ carino che ti fossi convinta che Myriam avrebbe trovato il “suo” Benji, ed effettivamente un eventuale seguito della storia potrebbe incentrarsi sui vari paradossi spaziali nei quali mi sono infilata... onestamente non so ancora esattamente cosa succederà, quindi lascio aperta ogni strada.

Bye bye e alla prossima, sono curiosissima di sapere cosa pensi di quest’ultimo aggiornamento!

Fulmy

Hehe... lo avevi intuito, eccome se lo avevi intuito! Quando ho letto quella tua recensione sono stata divisa in due: una parte di me temeva di aver pensato a una trama scontata, mentre l’altra era felice di vedere che non ero la sola a pensarla così!

Sul fatto che il futuro nascituro sarà un collegamento tra il mondo reale e quello di Benji puoi scommetterci, non intendevo certo separarli per sempre! Resta da vedere come e quando questo accadrà... Come sono kattifa!!!! ^__-

Anche perché, effettivamente, la situazione di Myriam non è delle più semplici: trovarsi di nuovo nel suo mondo, da sola e incinta, farebbe disperare chiunque. Però alla fine i vari fili si intrecceranno, e spero che la storia continui ad appassionarvi come ora!

Sono anche molto contenta che la scelta dei personaggi vi piaccia (Emma Watson da ragazzina è DOLCISSIMAAAAA!!!) e che i miei gusti in ambito maschile vi aggradino (se non lo avete riconosciuto, Patrick è l’attore protagonista di “Prison Break”).

Ciao ciao e alla prossima!!!

Bex

GRAZIE GRAZIE GRAZIE! Mi sento ripetitiva nel dire che le tue dolcissime recensioni mi riempiono il cuore, ma è così!

So bene di aver scritto una serie di capitoli tristi ma, premesso che non avevo molta scelta se volevo proseguire nella storia in maniera coerente (pur nella mia follia da dimensioni spazio-temporali-fumettesche), sono felicissima che il tono dei personaggi vi sia comunque piaciuto.

Per restituirvi Benji e Tom ho dovuto lasciar sola la povera Myriam... non ve ne abbiate a male, a breve tornerà in scena anche lei :-) 

Sulla scena in fumetteria mi sono intenerita tantissimo, e speravo sinceramente che facesse lo stesso effetto anche a voi. Ero in dubbio se confrontarla con il fumetto o con il cartone, ma alla fine ho pensato che fosse più dolce ridarle il famigerato primo numero che recentemente ha creato tanti problemi a tutti.

Se si tratta o meno di un dettaglio casuale... sinceramente non saprei, potrebbe anche nascondere qualcosa, ma non ne sono ancora sicura al 100% ^__^

Sul fatto che la gravidanza sia un legame tra i due mondi posso invece risponderti che è assolutamente così, nei prossimi capitoli la questione ovviamente prenderà sempre più forma.

Sono felice che la storia ti appassioni sempre di più, anche perché conto sul tuo supporto morale a ogni aggiornamento!!!

Baci baci e a presto!

Sany

Ciao Sany, benvenuta tra noi! Innanzi tutto complimenti per aver letto la storia tutta d’un fiato, il documento word completo superare le 150 pagine! ^__^

Grazie per il bellissimi complimenti, sono felice che i miei beniamini ti abbiamo emozionata e persino commossa! A questo punto mi auguro che il seguito non ti deluda, se ti va fammi sapere cosa ne pensi ^_^ 
Ciao ciao e a presto!

Lady Snape

La tua recensione è stata deliziosa... e mi onora che la gravidanza di Myriam venga considerata la notizia della settimana :-P

Ebbene sì, i pacchetti colorati altro non erano che i classici assorbenti imbustati, che non ho voluto menzionare chiaramente per non rovinare l’effetto suspense che ho cercato di tenere alto fino all’ultima frase del capitolo. Certo l’allusione alle nausee, alla stanchezza e infine al test lasciano a intendere l’epilogo, ma ci tenevo a mettere il colpo di scena proprio alla fine.

Confermo che la situazione si andrà un po’ complicando, ma il bello è proprio questo no? Ammetto anche che un manga non dovrebbe mettere incinta una ragazza “normale”, ma è anche vero che il mondo che ho “creato” è vero in tutti i dettagli, con molteplici riferimenti comuni (es. Micheal Bublé, gli U2, Giorgio Armani, etc.) quindi diciamo che anche un bimbo concepito con amore ci sta abbastanza ^__-

Spero che il seguito continui a intrigarvi... Ancora grazie!

Dafny

Benvenuta anche a te! Ebbene sì, incinta... di Benji ovviamente. C’è chi se lo immaginava, chi è caduto dalle nuvole, chi ha gradito e chi invece è indeciso. Staremo a vedere se il seguito metterà tutti d’accordo oppure no :-)

Concordo sul sadismo del vecchietto ma tranquilla: per quanto abbiano un po’ tutti preso il sopravvento, sono ancora decisa a non far morire nessuno ^__-

Confermo il lieto fine (non potrebbe essere altrimenti) ma non spoilero nulla per non rovinare la sorpresa. Mi perderò quindi le tue persecuzioni, anche se mi hai fatto talmente ridere che la tentazione di farti uno scherzetto c’è stata... hehe.

Baci baci e alla prossima, fammi sapere cosa ne pensi del finale di questo capitolo...

Florence

Ciao bellissima! Con tutte le tue splendide (e numerosissime) recensioni mi trovo a dover scrivere un romanzo... perdona se ti metto per ultima (di solito rispetto l’ordine cronologico in cui le recensioni vengono inserite) ma quello che segue è un vero e proprio compendio sulla mia fic!^^

Ma andiamo per ordine, traggo gli elementi salienti di tutte le recensioni da te scritte:

Capitolo 10

Hehe... lo sapevo che il riferimento a Twilight ti avrebbe stuzzicato! Diciamo che mi è venuto spontaneo poco dopo aver visto il film, quando ancora non sapevo che si trattasse di un caso “letterario”. Tant’è che a fine capitolo ho inserito una breve sinossi, probabilmente superflua per la maggior parte delle lettrici :-)

Mi divertiva il parallelismo tra Edward/Myriam e Bella/Benji: per quanto basato su presupposti molto diversi, entrambi sono legati dall’appartenenza a mondi diversi e all’apparenza icompatibili.

Probabilmente avrai notato il velatissimo riferimento a New Moon presente in questo capitolo... mi sono troppo divertita a scriverlo!

Capitolo 11

Come hai avuto modo di vedere in seguito non si tratta di un sogno, né lei è in coma. Ho pensato di creare una dimensione parallela fittizia e al contempo reale, in cui far muovere la nostra Myriam prima su toni sbigottiti, poi divertiti e via via più seri.

Capitolo 12

La mitica voce del cronista... sempre lo stesso e misteriosamente onnipresente dalle giovanili agli Europei (che c’entra il Giappone con l’Europa, ve lo siete mai chieste?) fino ai mondiali!

Certo un incontro Benji vs Buffon/Gilardino non sarebbe male... quasi quasi ci faccio un pensierino! :-)

Capitolo 13

L’immagine del lettore tonno mi ha fatto morire dal ridere... diciamo che questo capitolo rappresenta la prima vera svolta di M&B, in cui lei si mette a nudo e lui, da bravo maschietto impulsivo qual è, cerca di capirla e starle vicino. In fondo è una prima volta anche per il lettore, che comincia a conoscerla meglio, comprendendo il perché di tanti suoi atteggiamenti.

Capitolo 14

Sai che mi hai fatto riflettere con la domanda sulla metafora? Non ci avevo pensato razionalmente, ma sicuramente la barca rappresenta una sorta di fuga dalla realtà e di intimità pura con la quale confrontarsi. Il porto sicuro in cui approdano dopo la tempesta è senz’altro un modo per trasmettere il crescente affiatamento dei due e il fatto di aver superato insieme diversi ostacoli verso i quali non erano preparati.

Capitolo 16

Hai ragione, solo Patty poteva risolvere la situazione! Sinceramente ce la vedi a scegliere un diamantino piccino e discreto? Ovviamente no!

E solo Tom poteva aiutare Benji a capire i suoi sentimenti, così come quest’ultimo doveva confrontarsi con i suoi dilemmi interiori prima di capire la vera verità :-)

Capitolo 17

Una sola risposta: abbasso le ex!!!!!!!!!!!!!!

Capitolo 18

Ebbene sì, lo ammetto, sono una scrittrice dagli istinti sadici :-P

Concordo pienamente con l’elenco di persone da mettere al rogo (Nathalie indiscutibilmente al 1° posto e con distacco rispetto al secondo ^__^). Sul fatto che Myriam abbia lasciato in giro il manga, ti vorrei ricordare che lo aveva nascosto tra i vestiti nel suo armadio quasi dimenticandosene, essendosi ormai abituata alla nuova vita.

Le persone ricche però hanno la servitù che gli prepara i bagagli, cosa a cui lei non è abituata e... zac! Succede il fattaccio.

Cmq devi ammettere che è stata una sciccheria dare in mano a Benji il fumetto incriminato, avrei pagato per vedere le vostre facce quando la governante glielo consegna e si capisce di cosa si tratta... l’ho detto o no che sono un po’ sadica? ^__-

Capitolo 19

Ebbene sì, Myriam soffre di foderamento occhis di prosciuttos, sindrome propria di chi ama (corrisposta) un tenebroso bonazzo e ne ha un altro come migliore amico :-P

Diciamo che è un po’ tonta, anche se nel capitolo 21 cerca di dare un senso alla situazione incasinandola ancora di più (effetto collaterale della sindrome di cui sopra).

Capitolo 20

Mi sono troppo divertita con il trittico amoroso!!! Non vedo l’ora di beccare un capitolo dove poterlo riproporre. Se devo dirla tutta, il personaggio più divertente dal quale vedere la storia è Tom, ma purtroppo non posso “utilizzarlo” quanto vorrei.

La tua metafora sulla panatura e capitan findus mi ha fatto letteralmente rotolare dalle risate (nel pan grattato^^)

Capitolo 21

Nel caso non si fosse capito, amo disperatamente Josh Harnett, con il quale farò fuggire Myriam alla fine della storia. SCHERZOOOOOOO!!!

Lo sbavo ci sta davvero tutto, così come il confronto tra i 2 prosciuttini avallato, seppur controvoglia, da un Benji che comincia a capire che il mondo non è solo bianco e nero, e che se ami veramente una persona devi pensare alla sua felicità in maniera altruista. Mi rendo conto che rappresenta un cambiamento epocale per un maschietto abituato a mettersi al centro dell’universo ^__^

In effetti la scena ricorda molto quella tra Bella e Jacob, con la sostanziale differenza che in Eclipse Jake fa di tutto per convincerla, esponendosi al punto da baciarla quasi con la forza, mentre qui è Myriam a forzare un tantino la situazione (come darel torto? :-P).

Capitolo 22

Sono felice di vedere che la pensi come me. La parentesi con Tom, dettata dalla confusione e dall’affetto che lei prova per lui, mette in risalto l’importanza dei sentimenti che M&B provano l’uno per l’altra.

Mark e Bruce poi sono fantastici, se potessi darei loro più spazio.

Capitolo 23

E’ stato il capitolo più triste scritto ad oggi, mi sono dovuta dotare di fazzoletto e mio marito si è seriamente preoccupato vedendomi tirare su con il naso davanti al pc! :-)

Cmq ho risolto il tema della dipartita di Myriam con un escamotage temporale, per cui i 6 mesi vissuti con Benji sono equivalsi ad un unico giorno nel mondo reale. Sinceramente non mi sono posta il problema di lei che non arriva al suo appuntamento a Milano... ooooops!!! Mettiamola così: ho scritto il 1° capitolo nel 2004, una piccola distrazione ci sta :-P

Capitolo 24

Anche questo capitolo è stato abbastanza tosto, far passare la tristezza senza essere lagnosi non è stata una passeggiata. Resta il fatto che lei è disperata, e le DUE linee sicuramente non aiutano!

Spero che anche quest’ultimo aggiornamento ti sia piaciuto, fammi sapere che sono curiosissima!!!

Ora smetto di blaterare, ti sarai probabilmente addormentata 5 capitoli fa ^__^

 

 

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Capitolo 26
*** Parte III - Capitolo 26 ***


Lo so, lo so, finire il capitolo 25 prima che Benji e il famigerato vecchietto avviassero la conversazione è stato un colpo basso, ma non ho resistito alla tentazione di lasciarvi con il fiato sospeso :-P

Lo so, lo so, finire il capitolo 25 prima che Benji e il famigerato vecchietto avviassero la conversazione è stato un colpo basso, ma non ho resistito alla tentazione di lasciarvi con il fiato sospeso :-P

Spero con questo aggiornamento di farmi perdonare almeno un pochino: ci stiamo lasciando alle spalle fiumi di lacrime, e le righe che seguono sono state scritte con uno spirito completamente diverso ^_-

Bacetti a tutti (ebbene sì, ci sono anche ragazzi fra noi, il che mi riempie di sorpresa mista ad orgoglio) e grazie come sempre delle splendide recensioni. Leggo e rileggo ogni cosa che scrivete con grandissima gioia, continuate a scrivere... continuate pliz! ^_^

 

 

26

 

Benji

 

Era come se i muscoli del mio viso fossero preda di una paralisi. Forse per il mio interlocutore non sarebbe stato un problema, ma saremmo rimasti sospesi in eterno se non avesse preso la parola per primo.

"Nessuna domanda o piccola curiosità signor Price? Mi ero preparato a un terzo grado in piena regola."

Provai una sorta di scissione dal mio corpo ed ebbi l'impressione di osservare la scena dall'alto, guardando con stupore l'involucro vuoto sotto di me.

Ti vuoi decidere a parlare o pensi sia meglio che sparisca di nuovo, magari con la convinzione di avere a che fare con un minorato mentale?

Nulla. Ero bloccato in un mutismo ostinato.

"Accettare la mia presenza non deve essere facile" giunse lui in mio soccorso, forse mosso a compassione. "Non sono solito palesarmi in maniera così diretta."

"Chi è lei?"

Complimenti, non c'è che dire. Di tutte le domande che potevi fargli hai scelto la più idiota. Che te ne importa sapere chi sia? Tanto valeva chiedergli quando compie gli anni.

Mi fissò con aria divertita.

Le cose sono due: o ti sta leggendo nel pensiero, facendosi grasse risate, o la tua aria imbambolata lo diverte. Più probabile la seconda. A proposito, chiedigli se ha programmi per Natale, di questo passo rischiate di trascorrerlo insieme.

Trentatre trentini entrarono a Trento tutti e trentatre trotterellando.

Rosso di sera bel tempo si spera.

Tanto va la gatta al lardo che... No dico, ci vogliamo dare una svegliata?

"Non importa chi io sia" rispose, continuando a ridersela sotto i baffi.

Appunto. Dicevamo?

Fortunatamente riuscii a rientrare nel mio corpo, recuperando almeno in parte le mie funzioni cerebrali. "Dove si trova Myriam?"

Ecco, così va meglio. Temevo fossi sul punto di chiedergli per quale squadra tifa.

"Nella sua realtà, come può ben immaginare."

Benjamin Price - Vecchietto malefico: 0 a 2. Vediamo come te la cavi con la prossima domanda. E se fossero solo tre, come i desideri? Ne avresti già sprecate due. Tic tac, tic tac, il tempo corre e sei da punto a capo.

"Posso vederla?"

Rimasero entrambi in silenzio. Il mio interlocutore indeciso sul da farsi e la voce nella mia testa in attesa di aggiornare il tabellone dei punti.

"Dipende."

Il mio cuore mancò un battito.

Colpo di scena! Il nostro portiere apre una breccia nella difesa avversaria e si avvia a una rimonta imprevista.

"Da cosa?"

Il vecchietto mi fissò in silenzio, d'un tratto serio in volto. "Le sembrerà banale signor Price, ma dipende da quanto vorrà mettere a rischio la sua vita corrente."

Un sorriso incredulo mi piegò le labbra, accompagnato dal timore che stessi sognando tutto. Per chi mi prendeva? Tanto valeva consegnarmi le chiavi dell'intera galassia. "Sono pronto a rinunciare a qualunque cosa, questo lei dovrebbe saperlo."

Siamo ai calci di rigore, basta una distrazione per compromettere la vittoria.

La smettiamo? Apostrofai il mio invadente alter ego. Non è una partita.

Ah no? Scusa allora.

"Non abbia fretta di rispondere giovanotto."

Mi limitai a osservarlo, in attesa di capire dove si nascondesse il trabocchetto.

"Nel mondo da cui proviene Myriam, lei esiste solo nella fantasia come antagonista storico del suo amico Hutton. Qui è un calciatore di successo, qui vivono i suoi familiari e amici."

La tentazione di interromperlo fu più forte dei miei buoni propositi. "Per quanto assurdo possa sembrare ne sono consapevole, e se me lo permetterà andrò da lei."

Fu il suo turno di fissarmi, stirandosi la punta dei baffi tra indice e pollice. "Come fa a essere certo di poter rinunciare a tutto su due piedi senza rimpianti?"

Mi ero posto quella domanda almeno un migliaio di volte da quando Myriam se ne era andata, e conoscevo la risposta senza ombra di dubbio.

"Ultimamente ho ripensato a un film visto diversi anni fa e che all'epoca mi aveva annoiato terribilmente. Solo ora ne colgo appieno il significato."

"Un film?"

Forse educazione, forse curiosità. Ciononostante ebbi la netta impressione che mi stesse ascoltando sul serio.

“City of Angels.”

Sorrise, come se non si aspettasse una risposta del genere. “Credo di capire signor Price.”

Volsi lo sguardo di fronte a me, colto da un improvviso pudore. “Preferirei un solo respiro dei suoi capelli, un solo bacio dalla sua bocca, un solo tocco della sua mano, che un'eternità senza” citai liberamente dal monologo di Nicholas Cage (29). “Myriam è colei che avrei chiesto se mi conoscessi abbastanza per sapere cosa chiedere, mi manca più della vita stessa.”

Sembrò soppesare le mie parole. “Uomo lasciato ingiustamente. Se non erro l’ultimo è stato il giovane Werther, fine settecento.”

Tornai a guardarlo negli occhi. “Trova la cosa divertente?”

“Non mi fraintenda signor Price, mi stupisce vederla così determinato ad abbandonare una vita ricca di soddisfazioni per rincorrere una chimera.”

Rabbia e indignazione ribollirono nelle mie vene. “Come osa giudicare ciò che proviamo l’uno per l’altra? Perché non si trova un altro passatempo e la smette di giocare con le nostre vite?”

Sicuro di non aver esagerato? Domandò timidamente la voce di prima.

No, è già tanto che non lo abbia scaraventato fuori dalla macchina.

L’espressione sul suo volto rimase immutata, e mi convinsi che non fosse in grado di leggere i miei pensieri.

“Se Myriam non la volesse più? Se si fosse rifatta una vita e a lei non restasse nulla se non un fumetto in bianco e nero?”

Aveva toccato le uniche corde che potessero alimentare il seme del dubbio, ma dovevo ad entrambi una scelta che sino ad oggi ci era stata negata. Ripensai alla scogliera proposta da Tom e, tutto sommato, il mio salto nel buio ci andava molto vicino. Sorrisi.

“Se davvero non ha alcun dubbio, possiamo fare un tentativo.”

Quell’improvviso cambio di rotta mi lasciò senza parole. Inspirai profondamente, incerto se credergli o meno. Una volta portato a termine il suo piccolo esperimento si sarebbe rimangiato tutto, riportandomi indietro e distruggendo ancora una volta le nostre vite?

“Nessun esperimento signor Price” disse, facendomi ricredere sulle sue presunte capacità telepatiche. “Sono qui perché qualcosa ha cambiato il corso di eventi prestabiliti.”

“A cosa si riferisce?”

“Lo scoprirà molto presto.”

Prima ancora che potessi insistere aprì la portiera e scese dalla macchina. Lo seguii a ruota per chiedergli come e quando sarebbe iniziato il mio viaggio, ma di lui non vi era traccia.

Risalii a bordo e guidai sovrappensiero fino a casa, chiedendomi quando la mia vita aveva preso quell’assurda piega in cui nulla aveva più senso e, soprattutto, quando ero impazzito al punto da non potervi più rinunciare.

Un milione di domande mi frullavano per la testa mentre varcavo la porta di ingresso. Cosa sarebbe accaduto? Avrei continuato la vita di sempre in attesa di venir trasportato in un'altra dimensione? Myriam mi sarebbe comparsa davanti, come per magia, o avevo davvero sognato tutto?

Sospirai, lasciandomi cadere di peso sul letto. Fissai il soffitto rischiarato dalla luce della luna che filtrava dalla persiana semi chiusa. Per la prima volta da tanti, troppi giorni, il peso che mi opprimeva il petto sembrò sciogliersi lasciando il posto a una nuova consapevolezza. Non tutto era perduto, bastava solo crederci.

 

* * *

 

"Come mai quella faccia Price?"

Mi voltai sorpreso verso Karl, mi conosceva troppo bene per non accorgersi del mio strano comportamento. Karl Heinz Schneider, compagno di squadra dai tempi delle giovanili dell'Amburgo e ora capitano della nazionale tedesca, era uno dei miei amici più fidati a Monaco. Avrei tanto voluto che conoscesse Myriam, si sarebbero senz'altro piaciuti.

"Capisco quando vuoi essere lasciato in pace, il che capita piuttosto spesso da quando sei rientrato dal Giappone, ma così non ti avevo ancora mai visto.”

Gli lanciai uno sguardo consapevole, di chi è stato colto in flagrante reato e non può negare l’evidenza a meno di volersi rendere ridicolo. “Lo so Karl, e posso farci ben poco.”

Sorrise, negli occhi azzurri un guizzo di comprensione tipicamente maschile. “Ti va una birra?”

L’articolo indefinito una non era propriamente adatto all’occasione. L’Oktoberfest (30) era iniziata da poco, e con essa l’invasione di ragazzi provenienti da ogni parte del mondo volta a prosciugare le riserve idriche della Bavaria. Eravamo soliti darci a innumerevoli bevute con la squadra e se avessi rifiutato non l’avrebbero presa bene.

“Qualcuno deve pur far fronte all’orda di Unni.”

Mi meritai una sonora pacca sulla spalla e uscimmo dagli spogliatoi per raggiungere i ragazzi che ci aspettavano fuori. Una serata in compagnia mi avrebbe fatto bene, ero solo da troppo tempo con i miei pensieri, attendendo invano che succedesse qualcosa a stravolgere la monotonia dei miei giorni.

Notai un certo scompiglio all’ingresso del centro sportivo. Avanzai di qualche passo, storcendo il naso all’idea di una lunga sessione di autografi e fotografie, ma vidi subito che qualcosa non quadrava. Erano i miei compagni di squadra a circondare una ragazza, e non il contrario. Mi avvicinai ancora e ne compresi il motivo, trattenendo il fiato al pensiero della serata che mi attendeva.

“Ciao Benjamin” mi salutò lei facendosi strada tra i ragazzi, accompagnata da sguardi attoniti di approvazione. Poco importava che fossero single o meno, Nathalie faceva a tutti lo stesso effetto.

“Ciao Nat” risposi volgendole la guancia che le sue labbra sfiorarono con disappunto, avendo chiaramente mirato alle mie.

Mi scostai un poco, il suo corpo flessuoso sembrava cercare il mio come attratto da una calamita. Non potei trattenere un sorriso alla vista delle facce appese dei miei compagni, stupiti nel vedermi tenere a distanza quell’angelo sexy caduto dal cielo.

“Non ci presenti la tua amica?” domandò Karl, rinomato playboy dall’irresistibile savoir faire, ravvivando il doloroso quanto lontano ricordo della presentazione di Myriam alla New Team.

“Ciao, sono Nathalie” mi anticipò lei calcando l’accento sull’ultima sillaba. Un tempo il suo francese mi era sembrato seducente quanto ora mi dava sui nervi. Gli altri sembrarono invece gradire moltissimo, mentre Karl riconosceva improvvisamente la famigerata ex che si era sempre rifiutata di venirmi a trovare in Germania.

Cosa ho fatto di male? Il vecchietto non l’avrà mica confusa con Myriam?

Spaventato, scacciai quel pensiero in coda agli altri che si avvicendavano numerosi nella mia mente. Era passata una settimana dalla sua misteriosa visita, eppure la vita si ostinava a scorrere tranquilla. Se si fosse dimenticato di me? Se, peggio ancora, si fosse trattato dell'ennesima allucinazione?

“Hai programmi per stasera Benjamin?”

Mi voltai verso di lei alzando gli occhi al cielo. Respira Price, respira, puoi farcela. “Stavamo andando a prendere una birra tutti insieme.” Ringraziai il mio angelo custode per aver accettato l’invito di Karl prima di vederla, altrimenti non me la sarei scrollata più di dosso.

“Speravo in una serata più intima” rispose con aria delusa, mentre i miei amici mi fissavano increduli e i miei crediti personali raggiungevano il loro massimo storico.

“Non fare caso al nostro burbero portiere” intervenne Karl prendendola sotto braccio e allontanandola da me con fare complice, “negli ultimi giorni si è comportato in maniera alquanto strana.”

Sapeva che potevo udirlo perfettamente ed ero curioso di capire cosa gli passasse per la testa.

“Nell’attesa che torni in sé perché non ti unisci a noi? Sarà una serata simpatica, vedrai.”

Nathalie ignorò gli sguardi speranzosi che accompagnarono la proposta del centravanti, e pensai che se avesse rifiutato per loro sarebbe stato solo un bene. Mogli e fidanzate potevano tollerare una scorribanda tra uomini, ma non se miss universo si univa a loro.

“Grazie per il pensiero, ma ho un po’ di mal di testa.”

Si scostò da lui con una delicatezza che non le conoscevo, tornandomi vicino senza però stabilire un contatto fisico. “Posso passare la notte da te?”

Inarcai un sopracciglio, mentre i muscoli mascellari degli astanti venivano messi a dura prova. Nessuno si era soffermato sulla sottile differenza tra da te e con te, probabilmente nemmeno lei.

“Gli alberghi di Monaco sono stati presi d’assalto dai turisti, non c’è una camera libera a pagarla oro” si giustificò con occhi da cerbiatta.

Tirai un profondo sospiro, sapendo benissimo dove volesse andare a parare. Non c’era receptionist al mondo che avrebbe resistito a una sua richiesta, ma non volevo mettermi a discutere davanti a tutti.

“Ok, solo per questa notte” risposi cercando di ignorare il lampo di soddisfazione nei suoi occhi verdi. Come si sbagliava, cocciuta di una ragazza. Sarebbe stata senz’altro l’occasione per farle capire una volta per tutte che non saremmo mai tornati insieme.

“Grazie Benjamin” mormorò sfiorando la mia guancia per la seconda volta in pochi minuti. “Vai con loro e divertiti. Se non ti dispiace mi farò aprire dal tuo concierge.”

"Temo di non avere molta scelta.”

Senza quasi attendere una mia risposta si allontanò salutando tutti con la mano, prima di infilarsi in un taxi che era stato felice di attenderla tutto quel tempo.

Non cambierà mai, pensai prima di finire in pasto ai commenti salaci della squadra.

 

* * *

 

Parcheggiai la macchina in garage e, mentre mi dirigevo verso l’ascensore, sentii la tasca vibrare. Tirai fuori il cellulare e sorrisi alla vista del messaggio di Tom.

Hai fatto male a dirle di sì, come minimo ti starà aspettando nuda nella doccia.

Becker aveva dannatamente ragione.

Salii fino all’attico e uno strano silenzio mi accolse una volta entrato in casa. Per un attimo pensai che il mal di testa non fosse una scusa, ma rispedii al mittente quell'impeto di buona fede. Posai le chiavi sul tavolino in ingresso facendo più rumore del necessario. Nessuna reazione. Che dormisse sul serio?

Mi affacciai alla camera degli ospiti, dove si sarebbe dovuta trovare, e cercai di scrutare la sua sagoma nel letto. Faceva buio pesto e le birre bevute resero l'impresa a dir poco impossibile. La quiete in cui era immerso l'appartamento deponeva comunque a suo favore.

Pochi istanti dopo varcai la porta della mia camera e accesi la luce. Tirai un sospiro di sollievo alla vista del letto deserto. Mi sfilai di dosso il maglione, dirigendomi in bagno per farmi una doccia.

La speranza che, prima o poi, si sarebbe aperto un qualche varco dimensionale mi aveva spinto a riprendere una vita quasi normale. A tratti mi chiedevo se fosse così semplice abbandonarsi tutto alle spalle, ma il bisogno di rivedere Myriam era più forte di qualunque dubbio. Lasciai scorrere l'acqua a lungo, svuotando la mente da ogni pensiero.

Chiusi il rubinetto e mi passai un asciugamano intorno alla vita e uno sulle spalle, frizionando i capelli che cominciavano a farsi un po' lunghi e disperdevano gocce ribelli ovunque intorno a me. Rientrai in camera, ridendo al pensiero di quello che avrebbe detto Tom quando gli avessi raccontato che aveva preso un granchio bello e buono.

Ne sei proprio sicuro? Echeggiò la sua voce nella mia testa non appena abbassai mani e asciugamano che ostruivano in parte la visuale.

Nathalie se ne stava sdraiata sul letto in tutta tranquillità, come se presentarsi in lingerie firmata fosse la cosa più normale del mondo.

Poi non dire che non ti avevo avvisato, infierì la voce di Tom con fare canzonatorio.

Perché Becker aveva sempre dannatamente ragione?

Mi ci volle un attimo per rendermi conto che eravamo entrambi semi nudi e che il mio silenzio prolungato, unito allo sguardo fisso su di lei, poteva essere soggetto a diverse interpretazioni.

"Hai intenzione di startene lì in piedi per molto?" domandò Nathalie con voce suadente.

Scossi il capo, andando ad appoggiarmi alla cassettiera di fronte al letto. "Si può sapere cosa ti è venuto in mente?"

I suoi occhi si illuminarono della luce di chi assapora una vittoria imminente. "Mi sembra piuttosto chiaro."

Si mosse impercettibilmente, con il chiaro intento di provocarmi. Sospirai. "Non trovi questa situazione un tantino ridicola?"

Mi lanciò uno sguardo confuso e la sicurezza ostentata fino a pochi istanti prima evaporò come neve al sole. Si piegò in avanti, abbracciandosi le gambe e nascondendo parte del corpo alla vista. "Pensavo ti avrebbe fatto piacere distrarti un poco, so che Myriam ti ha mollato."

Le sue parole riuscirono laddove i suoi gesti e l'ostentata nudità avevano fallito. Sentii il cuore stringersi in una morsa, e distolsi gli occhi da lei alzandomi in piedi.

"Scusami, non volevo" mormorò saltando giù dal letto e venendomi accanto. 

Provai una paradossale sensazione di intimità nell'averla quasi nuda, così vicina, senza desiderarla in alcun modo. Non eravamo mai stati amici io e lei, eppure sentivo una forma di compassione mista ad affetto per quella strana creatura alla quale la natura aveva donato così tanto da renderla insopportabile.

Le cose cambiano Price, cambiano davvero.

"Se mi prometti di rivestirti e limitare le imboscate ti perdono" risposi con un sorriso.

Mi rivolse uno sguardo stupito, come se capisse davvero di aver perso ogni potere su di me.

"L'ami così tanto?"

Annuii in silenzio, un debole sorriso sulle labbra.

"Allora spero che si renda conto del suo errore e torni da te."

La fissai, colpito da quella frase così poco da lei. Si avvicinò un poco e mi posò un bacio sulla guancia, questa volta di proposito. "Sono stata una stupida Benji."

Il mio sorriso si aprì maggiormente. "Ti sei sempre rifiutata di chiamarmi con il mio soprannome."

"Le cose cambiano" sussurrò all'orecchio prima di lasciare la stanza con passo felino.

Non la seguii in salotto, rispettando il suo orgoglio di donna respinta, forse per la prima volta nella sua vita. Infilai un paio di boxer e, non appena sentii il peso piacevole delle coperte su di me, crollai in un sonno senza sogni.

 

La luce filtrava dalla finestra che avevo dimenticato di chiudere la sera precedente, e i raggi del sole autunnale mi svegliarono con dolcezza. Nonostante fosse il mio giorno di riposo ero solito fare qualche chilometro di corsa prima che il traffico invadesse le strade.

Mi alzai prendendo un paio di jeans e una felpa a caso dall'armadio, e mi diressi verso la camera degli ospiti convinto di trovarla ancora chiusa. Rimasi invece stupito nel vedere tutto aperto e in ordine, nessuna traccia residua del suo passaggio.

"Nathalie?" chiamai aggirandomi per l'appartamento. Nulla. Possibile che se ne fosse andata senza una parola? Doveva essersi offesa sul serio.

Tornai in camera da letto e solo allora notai una strana busta posata sul comodino. Lettera di addio strappa lacrime? Per quanto fosse cambiata non era da lei. La aprii strappandone il bordo e ne tirai fuori un cartoncino scritto con grafia di altri tempi.

Non ha atteso invano signor Price.

Appunto, non era da lei. Mi guardai intorno confuso, chiedendomi come fosse arrivato fin lì. Chiamai il numero della lobby ma non rispose nessuno. Presi le chiavi di casa e infilai l’ascensore al volo, curioso di capire chi si fosse introdotto in casa senza che nessuno se ne accorgesse.

Arrivai in breve al piano terra e, vista l'ora, l’ingresso era deserto.

“Ha trovato il biglietto?”

Mi voltai, questa volta senza il minimo stupore. Sapevo già chi mi sarei trovato davanti.

“Le auguro buon viaggio signor Price, porti i miei saluti alla sua giovane signora.”

Non feci in tempo a rispondere al mio baffuto interlocutore che il mondo prese a vibrare. Prima che potessi pensare a un terremoto gli arredi intorno a me scomparvero e il mio corpo si fece sempre più leggero, fino a che ogni cosa non si dissolse nell’aria come lucciole d’estate.


Fine terza parte

 

  

Note:

(29) Immagino conosciate bene il film, purtroppo non ho trovato in italiano la scena a cui Benji fa riferimento. In compenso il video della colonna sonora è bellissimo, e Nicholas Cage pronuncia in inglese le parole fatidiche a conclusione della canzone (http://www.youtube.com/watch?v=FpO9MSEWpxc).

(30) http://it.wikipedia.org/wiki/Oktoberfest

 

¨ ¨ ¨

 

Cast della FF

 

Myriam

Benji – Foto aggiornata, dategli un’occhiata che merita :-)

Nathalie

Tom

Karl Heinz

 

¨ ¨ ¨

 

Prima di rispondere alle vostre meravigliose recensioni, una nota di servizio: dato che Benji è chiaramente sul punto di venirci a trovare, avrei piacere a presentarvelo... Vi va di fare le guest star nei prossimi capitoli?

Non posso ovviamente garantire la stessa presenza a tutti, anche perché chi mi segue con maggiore fedeltà avrà come è giusto che sia la precedenza, ma se mi date qualche info su di voi (nome, caratteristiche fisiche principali, etc.) ci proverò senz’altro.

Sono un po’ matta a indire una sorta di casting virtuale, ma il mondo che ho creato è così divertente che vorrei condividerlo con voi ancora di più! ;-)

 

 

Brennan

Non solo il nostro vecchietto è ricomparso, ma ha finalmente esaudito le nostre preghiere! Mi hai fatto così ridere con i tuoi saltelli, è stata una recensione dolcissima! :-)

Che ne dici di questo capitolo? Sono curiosissima di sentire i tuoi commenti!

Bex

Tesorina grazie! Sono felice che i miei capitoli ti piacciano sempre di più, anche se ormai rasento l’ansia da prestazione ;-)

L’amore che prova Benji per Myriam è davvero immenso e in questo capitolo ne abbiamo diverse prove, una più importante dell’altra. Anche Tom merita l’amore con la “A” maiuscola, sono ancora indecisa su come farlo accadere ma ti assicuro che è un mio cruccio fisso ^_^

La tua domanda sull’amica che Myriam potrebbe portarsi dietro non è affatto stupida, è una delle opzioni alle quali avevo pensato ma che ho finito per scartare in quanto difficile da gestire. Comunque vedremo, se avrai pazienza ho in serbo per te una sorpresa che penso ti piacerà!

Spero che questo capitolo ti piaccia come i precedenti, e grazie come sempre per le tue dolcissime parole. Un bacio e a prestissimo!

Dafny

Un infarto no, ti prego! E allora su Nathalie in biancheria intima cosa avrai pensato? :-P

Dovevo dimostrare in primis a Benji di essere pronto a mettersi veramente in gioco, fargli capire che tutto può cambiare ed essere messo in discussione. Sembrerà buffo ma i miei protagonisti sono un po’ come persone vere ora, non posso prenderli a spupazzarli a mio piacimento. Il suo percorso psicologico era importante per il corretto proseguimento della storia, non sarebbe stato plausibile farlo comparire al fianco di Myriam senza dargli il tempo di valutare appieno i rischi di una scelta del genere. In sostanza ha deciso lui, gli ho solo dato una mano a capirlo :-)

Purtroppo non avevo previsto un approfondimento del personaggio di Lizzy, ma posso dirti con certezza che suo fratello ha rosicato un bel po’ ;-)

Comunque nessuno scherzo, tranquilla, i nostri due protagonisti torneranno insieme, anche se ci sarà da divertirsi con Benji tra noi.

Ho aggiornato più presto che ho potuto, spero di averti fatto piacere! Baci e a presto!

benji79

Grazie!!! Sono felice che il capitolo, sebbene triste, ti sia piaciuto tanto! Spero che questo non sia da meno :-)

La parentesi sull’alcol è stata breve, tanto per chiarire Benji non diventa un alcolista... hehe! :-)

Mi fa molto piacere che la frase sul puzzle ti abbia colpito, mi è venuta mentre ragionavo a quali elementi si incastrassero meglio tra loro (all’inizio ho pensato anche ai lego... :-). Non sono mai stata brava con i puzzle, e la soddisfazione provata nell’inserire l’ultimo pezzo mi ha sempre dato l’idea di qualcosa che si completa. Solo dopo mi è venuta in mente l’idea di pezzi provenienti da scatole diverse, che in teoria non possono combaciare, ma non si sa mai!

Già che siamo la dico tutta, e condivido con voi il ricordo di una favola di quando ero piccola, che parlava di un bambino che aveva un puzzle incompleto in quanto l’ultimo pezzo era di un colore diverso e non combaciava in alcun modo con il resto. A un certo punto incontra un altro bambino, mi sembra proveniente da un altro pianeta, che ha lo stesso suo problema... si scambiano i pezzi “estranei” e si scopre che combaciano perfettamente con i due spazi mancanti, permettendo così ad ognuno di completare il proprio puzzle.

Ho trovato carino prendere spunto da questo racconto, in quanto Myriam e Benji sono così, incompleti nei rispettivi mondi, e riescono ad amarsi solo saltando da una dimensione all’altra :-)

Fammi sapere cosa ne pensi del vecchietto misterioso in questo capitolo... Ciao ciao!

Eilis

Benvenuta Eilis! Sono sempre felice di accogliere nuovi lettori/lettrici che mi leggono in silenzio e a un certo punto si fanno sentire :-)

Grazie per i bellissimi complimenti, questa fic è nata come un gioco, fino a prendere sempre più piede nella mia vita. Ci metto il cuore, davvero, e ogni nuova recensioni mi riempie di gioia, perché significa che i miei personaggi vi trasmettono le stesse emozioni che danno a me.

Spero che il seguito ti piaccia, fammi sapere!

Lady Snape

Ciao Lady! Che bello sapere che riesco a stupirvi, prima di pubblicare un capitolo lo rileggo talmente tante volte che finisce per sembrarmi scontato.

Mi diverte anche un mondo giocare con i vari punti di vista dei personaggi, cambiandone la percezione della realtà a seconda del carattere. A questo punto sono davvero in dubbio se proseguire dal POV di Benji o passare a Myriam... mumble mumble. Una cosa però è certa, Benji sarà presto tra noi ;-)

Bacetti e alla prossima!

ShessomaruJunior

Ciao!! Benvenuto anche a te, sono quanto mai onorata di annoverare tra le file dei miei lettori un baldo giovane ;-)

Mi commuove sentirti definire la mia fic un “capolavoro”, spero continui ad appassionarti e che tu voglia seguirla fino alla fine.

È vero che a Benji gliene capitano di tutti i colori, d’altra parte una storia piatta non divertirebbe nessuno no? A breve lo vedremo alle prese con la nostra realtà: mi sto già pregustando alcune scene...

Fammi sapere cosa ne pensi, un parere maschile mi interessa tantissimo!

Ciao ciao e a presto^^

Florence

Tesoro!!! Grazie come sempre per il supporto, era in fremente attesa del tuo giudizio sull’ultimo capitolo, e mi chiedo cosa penserai di questo sudato aggiornamento (sudato nel senso che ho fatto i salti mortali per pubblicare velocemente e non tenervi troppo sulla corda ;-)

Anche a te è piaciuta la metafora sul puzzle, se leggi la risposta che ho dato alla recensione di Benji79 trovi lo spunto che mi ha dato l’idea (evito di ripetermi per non allungare troppo il brodo :-)

Sulla scogliera invece dovrebbe essere chiaro, in quest’ultimo capitolo, che mi riferissi a una sorta di “salto nel buio”. A parte il riferimento al famoso salto di Bella in New Moon (pensavo fosse più palese, invece non sembra averlo notato nessuno :-P), per convincere il vecchietto Benji è chiamato a dimostrare di essere veramente cambiato.

Prima c’è l’incontro con Lizzy, in cui manifesta un istinto paterno del tutto nuovo e dolcissimo, che segue la sua considerazione sul fatto che non potrà mai essere padre dei figli di Myriam (non sapendo che lei è incinta, povero, altrimenti come dice Fulmy impazzirebbe sul serio).

Poi c’è il pezzo in cui cerca di spiegare a voce le sue motivazioni al vecchietto, fino ad ignorare le avances di Nathalie (alcune ex sono davvero delle str..ze!) e completare così una sorta di percorso ad ostacoli.

Vedrete presto come Benji e Myriam si confronteranno con una nuova dimensione del loro rapporto... ci sarà da divertirsi!

BACISSIMI!!!!!!!

Fulmy

Last but not least, giunge anche la tua recensione... grazie mille! Povero Benji davvero, dai che ora la situazione andrà migliorando, non senza un po’ di divertimento da parte mia nel fargli fare un giro dalle nostre parti (la mia natura di scrittrice sadica fuoriesce a tratti, è più forte di me! :-P)

Scommetto però che ve lo auguravate anche voi... chi non ha sognato di veder comparire Price sulla porta di casa?

Per rispondere alla tua domanda, il vecchietto non appartiene a nessun mondo in particolare, e se la cosa ti può consolare non è di semplice gestione nemmeno per me che ho la storia abbozzata in testa da anni!

Vedo con piacere che la frase sui puzzle ha fatto furore, non pensavo e ne sono felice. Come detto a Florence, la scena con Lizzy era la prima di una serie di “prove”, alle quali il nostro burbero portiere è stato sottoposto per capire quanto fosse realmente pronto a mettere tutto da parte per amore.

Staremo a vedere cosa accadrà... diciamo che con quest’ultimo aggiornamento abbiamo fatto un bel salto in avanti!

Ciao ciao e a presto!

 

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Capitolo 27
*** Parte IV - Capitolo 27 ***


27

Eccoci qua finalmente, questo capitolo è importantissimo e sinceramente non pensavo di riuscire ad aggiornare questo weekend. Come noterete mi è venuto più lungo del solito e ho esitato a lungo se dividerlo in due... poi ho pensato che mi avreste uccisa (giustamente ^_^;) e l’ho tenuto in un blocco unico. A questo punto spero mi ricompenserete con il doppio delle recensioni, verooooo? ^_-

Scherzi a parte, ho letto con gioia le varie adesioni alla mia buffa idea del casting, cercherò di inserirvi tutte in un modo o nell’altro. Vi chiederei solo di portare un po’ di pazienza, alcune di voi potrebbero tardare ad apparire, il che però non significa che mi sono dimenticata.

Un’ultima considerazione prima di lasciarvi alla lettura. Il capitolo è ovviamente ambientato a Roma, in posti che per me hanno un sapore speciale. Chi conosce bene questa città saprà orientarsi senza problema, altrimenti le note a fine pagina vi saranno certamente utili, oltre alla piccola mappa che potete visualizzare al link seguente.

Vi dico solo che l’altro giorno, passando davanti a Villa Borghese (che si trova vicino a casa mia), ho visto la fontana di cui parlo e mi sono immaginata la scena che trovate a seguire... ok, sono ufficialmente pazza!

Ora bando alle ciance, un milione di bacetti a tutti voi e, come sempre, recensite numerosi! ^__^

 

 

27

 

Myriam

 

Stava andando tutto storto.

Come un incubo che non riesci a scrollarti di dosso, apri gli occhi, ci ragioni su ma non c’è nulla da fare. Aspettavo un bambino dall’uomo che amavo, che viveva in un mondo diverso dal mio e non avrei più visto se non in fumetto.

Non disperare, c’è anche il cartone animato precisò una vocina nella mia mente.

Già, il cartone. La tentazione di scaricare da internet qualche episodio era stata forte ma mi ero trattenuta, sebbene non vi fosse un motivo apparente, né tantomeno sensato.

Perché di sensato, nella mia vita, non c’era più nulla.

Il giorno dopo il test ero corsa a fare le analisi del sangue, i cui risultati si trovavano ora sulla mia scrivania, sotto a una pila di estratti conto bancari e bollette della luce che non mi decidevo ad archiviare.

Forse un po’ di ordine mi avrebbe fatto bene, in casa e fuori. Tirai un sospiro e guardai fuori dalla finestra. Le foglie cadevano dai rami trasportate dal vento, piroettando leggere fino a toccare il suolo. In quei momenti non potevo fare a meno di chiedermi come stesse Benji, se si sentisse smarrito quanto me. Con ogni probabilità mi odiava per averlo lasciato a quel modo, e non potevo certo biasimarlo.

Sorrisi debolmente al pensiero di quello che avrebbe detto Tom se mi fossi confidata con lui. Il mio saggio, dolcissimo Becker mi mancava più che mai.

Il suono del cellulare mi svegliò dal torpore di cui avevo vestito la mia domenica pomeriggio. Lo presi in mano guardando con curiosità il nome visualizzato sul display.

“Patrick tutto ok?”

Non rispose subito, e provai una sincera preoccupazione all’idea che fossero sorti dei problemi dopo che lo avevo abbandonato, senza alcun rimpianto, all'ennesimo evento mondano.

“Diciamo di sì, anche se non è vero.”

Il tono scherzoso della sua voce mi tranquillizzò. “È successo qualcosa?”

“La domanda corretta sarebbe: cos’altro può succedere prima di toccare veramente il fondo?”

“Non ti seguo.”

“Certo che non mi segui, mi hai lasciato in pasto a un gregge di persone noiosissime con la scusa del mal di testa. Non ti ho mica chiesto di venire a letto con me, potevi dar prova di maggiore originalità nel mentirmi.

Non potei fare a meno di scoppiare a ridere, lui e le sue battute fuori luogo. “Avevo davvero mal di testa” lo apostrofai. Quanto tempo era che non sorridevo? Troppo, decisamente.

“Hai usato l’imperfetto, ti ho sentito. Il che significa che ora stai bene e puoi venire a darmi una mano.

Mi morsi la lingua per aver parlato senza riflettere. “Patrick Shannon, sei incorreggibile.”

Potei quasi vederlo, quel suo sorriso di uomo affascinante che sa di esserlo e andrebbe preso a schiaffi per il solo gusto di levarglielo dalla faccia.

“Lo so, per questo indosserai un completo con cappello degno del Royal Ascot (31) e verrai a farmi compagnia. Se mi chiedono ancora perché non monto a cavallo pur essendo irlandese giuro che mi metto a urlare.

“Va bene, ma solo perché non mi lasci altra scelta.”

“Ti aspetto.”

Riagganciai, il sorriso ancora sulle labbra. Una boccata d’aria mi avrebbe fatto bene, il tempo fuori era splendido. Infilai al volo dei pantaloni chiari e una giacca assortita, il soprabito sul braccio nel caso la temperatura fosse calata dopo il tramonto.

Il concorso ippico di Piazza di Siena era solito tenersi a fine maggio, e quell’anno la Federazione Sport Equestri aveva deciso di organizzare nella stessa sede un'edizione autunnale il cui ricavato sarebbe stato devoluto in beneficenza.

Nonostante amassi molto l’equitazione mal sopportavo l’etichetta legata a quel tipo di evento, così come il pubblico concentrato più a mettersi in vetrina che non a seguire la competizione.

Parcheggiai la macchina vicino all’ingresso su via Pinciana e mi incamminai a piedi per il viale che portava alla famosa piazza. Villa Borghese (32) era un parco bellissimo, soprattutto quando non era affollato da turisti e corridori della domenica, come mi divertiva chiamare coloro che si mettono a dieta un mese prima della prova costume e corrono con indosso pesanti strati di indumenti nella speranza di sudare e perdere peso.

Inutile dire che non avevo messo piede in un parco da quando ero tornata nel mio mondo. Mi rifiutavo di considerarla realtà, in quanto quella vissuta accanto a Benji mi aveva fatto sentire più viva di quanto non fossi mai stata. Sorrisi alla vista di alcuni bambini in risciò, a bordo dei quali avevo trascorso pomeriggi interi della mia infanzia.

Mi portai istintivamente la mano alla pancia, e provai una fitta al pensiero di ciò che sarebbe accaduto. Un figlio. Ero davvero pronta a diventare madre? Assolutamente no, e ancor meno una madre single. Cosa avrei detto al bambino che sarebbe nato, il giorno in cui mi avesse chiesto del padre? Che non esisteva, che mai si sarebbero conosciuti?

La fitta al petto tornò prepotente e trattenni a stento una lacrima. Ci sarebbero voluti alcuni mesi prima che il mio stato diventasse visibile, nel frattempo forse un miracolo mi avrebbe strappata alla disperazione.

“Era ora” mi accolse Patrick vedendomi arrivare da lontano.

Lo raggiunsi alla fontana dei Cavalli Marini, situata a metà dell'omonimo viale. Stile impeccabile, nonostante fosse in piedi da ore, e sempre elegantissimo. “Almeno quando dormi ti si scompigliano i capelli?”

Mi lanciò un’occhiata divertita. “Che strano modo di provarci.”

Spalancai la bocca per rispondergli a tono ma la richiusi subito, era una partita persa in partenza. “Vuoi spiegarmi questo richiamo di aiuto? Di solito te la cavi benissimo anche da solo.”

Si incamminò verso l’ingresso alle tribune, prendendomi con noncuranza per la vita. “Ti spiacerebbe fingere di essere la mia fidanzata?” domandò con la stessa calma che se avesse chiesto l’ora.  “La mia ex mi insegue da questa mattina e non ne posso più.”

Sgranai gli occhi, incredula. “Tu sei matto come un cavallo.”

“Esagerata.”

Cercai di divincolarmi senza dare nell’occhio ma lui sembrò non farci caso, distribuendo sorrisi pacati agli ospiti che incrociavano la nostra strada. “Scordatelo Pat, lasciami andare.”

Sospirò, allentando la stretta. “Non ti chiedo mica di fare sesso contro il primo albero che incontriamo, solo di essere un po’ carina con me. Per favore?”

Non riuscii a trattenere un sorriso alla vista di quell’espressione da cane bastonato. “Va bene, ma tieni giù le mani.”

Trentadue denti candidi come neve mi abbagliarono, e rimpiansi all’istante di aver accettato quell’assurda proposta.

“Dai My, non può essere così terribile trascorrere un pomeriggio in mia compagnia” disse con dolcezza, facendomi ricredere un poco. In fondo che male c’era in qualche ora di normalità?

Lo seguii fino agli spalti riservati agli sponsor e alle personalità. Signore distinte si sventolavano con ampi ventagli sebbene non facesse così caldo. Le espressioni annoiate sui loro volti la dicevano lunga, e non potei fare a meno di chiedermi perché non fossero rimaste a casa con i loro figli o nipoti, anziché sottoporsi a quella tortura.

L’altoparlante annunciò l’ingresso in campo di un giovane campione e per un attimo dimenticai dove ci trovassimo. Erano trascorsi tanti anni dall’ultima volta che avevo montato a cavallo, e il ricordo della brezza marina tra i capelli mi investì con tutta la potenza dei brividi provati in adolescenza.

“Perché hai smesso?”

Volsi lo sguardo ad incrociare quello di Patrick, stupita dalla sua domanda. “Smesso cosa?”

“I tuoi occhi brillano signorina, scommetto che sei stata una splendida amazzone.”

Scoppiai a ridere per la seconda volta nella giornata. “Come no, avresti dovuto vedermi. Piccolo maschiaccio con i capelli raccolti dentro a un berretto di cotone, jeans strappati e stivali sporchi di salsedine. Un’amazzone con i fiocchi.”

Mi fissò in silenzio, forse sorpreso dalla mia descrizione.

“Tu piuttosto, saresti perfetto. I cavalli irlandesi sono ottimi saltatori.

“Aspetto la fine della gara per mandarti a quel paese o preferisci andarci subito?”

Sbuffai divertita, mentre un cameriere mi passava vicino con dei calici pieni di prosecco.

Un aperitivo signora?”

Patrick allungò la mano per porgermene uno con fare galante e accettai senza pensare che non potevo bere. Una nota di rossore mi salì alle guance, ma lui parve non accorgersene.

“Ciao Patrick, finalmente riesco a salutarti.”

Ci voltammo entrambi, trovandoci di fronte una bellissima ragazza con i capelli corti e castani.
“Ciao Nicole, come stai?” domandò lui tornando a stringermi la vita. La storia della ex doveva essere vera quindi.

Se le scelgono tutte francesi? sospirai tra me, il ricordo dell’incontro con Nathalie più vivo che mai. La mia mente non registrò lo scambio di battute che seguì, troppo presa a non andare in pezzi al pensiero di Benji che tornava sui suoi passi e riconsiderava l’ipotesi calciatore e velina.

“Piacere di conoscerti Myriam” si rivolse a me facendomi tornare con i piedi per terra. Sorrisi educatamente, in risposta alla stretta di mano più ipocrita della storia.

“Scusaci Nicole, ma delle persone ci aspettano” si accomiatò Patrick con eleganza, stringendomi a sé più del necessario. Gli rivolsi un’occhiataccia che si limitò a ignorare, trascinandomi verso le gradinate poco distanti.

“Grazie” sussurrò all’orecchio destro.

“Non c’è di che tesoro, ti dispiacerebbe lasciarmi andare ora?”

“Ad essere sincero un po’ mi dispiace” rispose esaudendo la mia richiesta. Ad occhi esterni avremmo dato l’impressione di due innamorati in tenera conversazione.

Salii i gradini facendo attenzione a non inciampare, non ero stata particolarmente intelligente a mettere i tacchi per camminare sulla ghiaia.

“Aspetta che ti aiuto” mi porse la mano Patrick notando il mio passo malfermo. “Sei già alta di tuo, perché queste scarpe?”

Levai gli occhi al cielo, ignorando il suo aiuto proprio perché aveva ragione. Sul punto di arrivare in cima allentai l’attenzione, compiendo il temuto passo falso. Sarei finita lunga per terra se due braccia salde non mi avessero presa al volo.

“Donne” si limitò a commentare non appena i nostri sguardi si incrociarono.

I suoi occhi verdi mi fissavano, forse in attesa di un cenno di gratitudine, ma rimasi muta a osservarlo. Di nuovo quell’impressione di avere Tom accanto. Provai un incontrollabile moto di affetto nei suoi confronti e, prima che potessi dare un senso ai miei labili pensieri, lo abbracciai con forza.

Sentii i muscoli del suo corpo tendersi per la sorpresa, per poi rilassarsi e ricambiare il mio abbraccio. “Vuoi dirmi cosa ti prende?” domandò tra i miei capelli. “So di essere irresistibile, ma non è da te buttarti fra le mie braccia.”

Non avevo il coraggio di guardarlo in faccia, né tanto meno di dirgli la verità. Mi allontanai un poco e non fece nulla per trattenermi.

“Ho capito, mi hai sempre amato in silenzio e non sai come dirmelo.”

Inarcai un sopracciglio, degna replica dell'espressione tipica di Benji, e gli rivolsi un sorriso riconoscente. Proprio come Tom, Patrick riusciva a sdrammatizzare ogni situazione. “Mi hai scoperta.”

“Lo sapevo” scherzò strizzando un occhio. “Vogliamo fissare la data delle nozze? Purtroppo mi cogli alla sprovvista, ho lasciato l’anello a casa.”

A quelle parole un lacerante senso di vuoto mi attraversò tutta, lasciandomi per un attimo senza fiato.

“Che succede My? Sei pallida come un lenzuolo. Possiamo aspettare, non c’è fretta.”

Mi sforzai di sorridere, per quanto temessi di non risultare credibile. “Sto bene Pat grazie, ho solo avuto un giramento di testa.”

Uno sguardo scettico accompagnò le mie parole e mi strinse nuovamente a sé. Non dovevo piangere, non volevo, eppure l’orlo del baratro era vicino tanto da inghiottirmi.

“Sempre quel Benji? Semmai dovessi incontrarlo gli spiegherò un paio di cosette, stanne certa.

Levai gli occhi su di lui, indecisa se ridere o disperarmi di quella situazione surreale. “Non è colpa sua” dissi infine, “mi ricordi terribilmente qualcuno che ho perso.”

“La tua vita è sempre così allegra?” domandò avvalorando ulteriormente la mia tesi. Patrick doveva essere la reincarnazione di Becker, non vi era altra spiegazione.

Una scossa elettrica mi trafisse da parte a parte. Contro ogni logica, non potevo fare a meno di rivedere l’uno nell’altro. Così come Giorgio Armani e Michael Bublé erano presenti in entrambe le realtà, possibile che Tom e Patrick fossero la stessa persona?

“Dalla tua faccia direi proprio di sì, è meglio che ti accompagni a casa.”

Scossi il capo, troppo sconvolta per parlare. “Grazie Pat, ho la macchina. Tu resta pure, ci vediamo domani.”

Mi fissò, inamovibile. “Non ti faccio guidare in questo stato.”

“Ti prego, ho bisogno di stare un po’ da sola. Ti chiamo appena arrivo a casa.”

Lo vidi combattuto tra due fronti opposti, quasi si sentisse colpevole del mio turbamento.

“Sto bene, davvero” insistetti, sfiorandogli la guancia con un bacio.

Rimase in silenzio mentre mi allontanavo, e mi sentii un verme a lasciarlo senza una spiegazione. Avevo percorso appena un centinaio di metri che le gambe cominciarono a cedere sotto il mio peso. Non ero in condizioni di guidare, Patrick aveva ragione. Vidi poco lontano una fontana circondata da una seduta in travertino e pensai fosse meglio fermarmi e riprendere fiato.

Faticavo a respirare. Se Patrick era Tom allora forse, da qualche parte, anche Benji si celava sotto mentite spoglie. Inspirai profondamente portando le ginocchia al petto. Come trovarlo? E se anche lo avessi trovato, cosa gli avrei detto? Per quanto ne sapevo poteva essere fidanzato, sposato o con figli.

Sospirai. Stavo impazzendo sul serio.

 

* * *

Benji

 

Non era poi tanto diverso.

Un mondo intero ci divideva, eppure Roma sembrava quella di sempre.

Certo, le strade del centro storico non potevano essere comparate a quelle di Monaco, eppure l’aria era la stessa. Non un’altra atmosfera, altri pensieri, un altro modo di vivere.

Una mamma con bambino, capricci per un gelato. Uomini indaffarati al cellulare. Traffico. Il sole. Nulla di scioccante.

Un’unica, grande differenza. In questo mondo viveva lei. L’unica senza la quale tutto perdeva senso. L’unica senza la quale ogni respiro mi opprimeva il petto. La mia rovina. La mia ragione di vita.

Un sorriso mi piegò le labbra. Da quanto non sorridevo? Stavo per rivederla.

Una folata di vento mi accarezzò il volto. Inspirai a fondo, dirigendomi verso il parapetto del ponte pedonale sul quale mi trovavo (33). Di fronte a me la cupola di San Pietro. Trattenni una risata al pensiero che forse solo il Colosseo sarebbe stato più esplicito. Un cliché con una punta di misticismo pensai, osservando l’acqua del Tevere scorrere sotto di me.

L’aurea del crepuscolo conferiva alla scena un’atmosfera dal sapore melanconico, più da addio che non da riunione. L’imponente figura di Castel Sant’Angelo alla mia destra mi ricordò che quelle mura, quelle pietre, avevano osservato lo scorrere dei secoli nei volti di persone comuni quanto lo ero io in quel momento.

Quelle stesse pietre ora mi accoglievano a dispetto di tutte le leggi della scienza conosciute. Cosa le avrei detto quando l'avessi incrociata? Che avevo rinunciato a tutto per lei? Conoscendola, nella migliore delle ipotesi mi sarei meritato una ramanzina coi fiocchi.

Levai lo sguardo al cielo incrociando quello di un angelo. Quasi compassionevole, il freddo marmo sembrò sondare i miei pensieri più profondi. Rimasi immobile per un attimo, indeciso se dirigermi a destra o a sinistra. Improvvisamente fui colto da un ricordo.

La mia scultura preferita è Apollo e Daphne (34), aveva detto un giorno Myriam sfogliando un libro del Bernini che tenevo in camera. Quando mi sento sola mi piace fare due passi a Villa Borghese, e se ho tempo entrare in Galleria a guardarla. È uno dei miei musei preferiti.

Chi aveva diretto la realizzazione degli angeli che mi osservavano dall’alto, la cui immagine aveva accompagnato nei secoli tante anime tristi e votate alla morte?

“Il Bernini” risposi con certezza prima di correre alla ricerca di un taxi.

 

Era come se i polmoni stessero per scoppiare da un momento all’altro. Non ero mai stato sul punto di affogare, eppure la sensazione non doveva essere molto diversa.

Trovare un taxi in pieno centro all’ora di punta era stata un'impresa impossibile. Alcuni passanti mi avevano indicato un autobus che mi avrebbe avvicinato a destinazione, ma dovevo essere sceso alla fermata sbagliata, o più semplicemente lo avevo preso nella direzione sbagliata.

Avevo iniziato a correre a perdifiato senza sapere nemmeno il perché. Nessuno poteva assicurarmi che la mia intuizione fosse corretta, il museo era probabilmente in chiusura. Eppure avevo fretta, e dare libero sfogo alle energie per troppo tempo soffocate sembrava l’unica cosa sensata da fare.

Arrivato alla salita di via Veneto sentii un sapore metallico in bocca, dovevo rallentare. Finalmente vidi in lontananza l’arco romano, dietro al quale mi avevano detto estendersi villa Borghese. Attraversai l'incrocio con cautela, evitando di farmi investire da un’auto sul più bello.

Varcai l’ingresso del parco, il cuore ormai da buttare. Il sole era scomparso all’orizzonte e la luce opaca dei lampioni illuminava le vie interne dove alcuni passanti si attardavano. Deglutii, guardandomi intorno con il fiato corto. L’avrei trovata lì? Una ragazza non avrebbe dovuto aggirarsi di notte per le strade.

Il viaggio dimensionale non ha cambiato la mia natura super protettiva, considerai con un sorriso mentre percorrevo il viale con lunghe falcate.

Passai vicino a una giovane coppia seduta su una panchina e provai un irrazionale moto di gelosia. Per loro era tutto così semplice, mi sarei voluto fermare a spiegar loro quanto fossero fortunati a potersi amare liberamente.

Tirai un sospiro, notando con la coda dell’occhio un ragazzo in completo scuro che si dirigeva verso una delle uscite del parco. Nonostante l’aspetto distinto doveva avere più o meno la mia età, e certamente sapeva dove si trovasse la Galleria Borghese.

“Mi scusi” lo avvicinai, le parole intramezzate dal fiatone.

Si voltò a guardarmi, visibilmente infastidito per essere stato fermato. L’aria preoccupata, sembrava andare di fretta. “Si?”

“Cercavo la Galleria Borghese, saprebbe indicarmela?” Nonostante la drammaticità del momento sorrisi nell’udire quella frase uscire dalle mie labbra in italiano, sperimentando sulla mia pelle lo stupore del sentire propria una lingua mai parlata prima.

Mi indicò un palazzo dalle mura chiare che si trovava alla fine del viale. “Ce l’ha di fronte.”

Lo ringraziai ma sembrò non ascoltarmi nemmeno. Si allontanò rapidamente, lasciandomi nuovamente solo con i miei pensieri.

Mi diressi verso la costruzione di imponente bellezza decantata più volte da Myriam, provando un tuffo al cuore ad ogni passo. Come immaginavo il piazzale era deserto e il museo chiuso da un pezzo. Mi sedetti su una panchina, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e la fronte sui pugni chiusi. Come trovarla? Non avevo idea di dove abitasse, in una città con milioni di persone avrei potuto cercarla all’infinito senza successo.

Inspirai profondamente prima di alzarmi. Restarmene seduto con le mani in mano era del tutto inutile. Mi guardai intorno in cerca di un’ispirazione latitante, e decisi di attraversare il prato in direzione dell’ingresso intravisto poco prima. Dovevo pur trovare un posto dove dormire.

Portai istintivamente la mano destra alla tasca posteriore dei jeans e mi accorsi di avervi infilato il portafogli con le carte di credito. Se non fossero state valide sarebbe stato un pasticcio bello e buono. Non un giorno della mia vita mi ero posto il problema del denaro, l'idea di ritrovarmi senza un centesimo rendeva la situazione ancora più surreale di quanto già non fosse.

Mi incamminai lentamente, cercando di non dare ascolto al pessimismo della mia voce interiore. Non avevo viaggiato da una dimensione all’altra per giocare a mosca cieca, né tanto meno per scervellarmi su questioni economiche. Così come Myriam aveva incontrato me in aeroporto speravo che il destino, o chi per lui, la conducesse sulla mia strada.

Perso tra i miei pensieri, fu il gorgoglio dell’acqua ad attirare la mia attenzione. Strizzai gli occhi, distinguendo a pochi metri di distanza una fontana circondata da una sorta di panchina a pianta circolare. Come mosso da una forza invisibile superai la siepe che avevo costeggiato e avanzai di qualche passo, riuscendo a distinguere una figura femminile piegata su se stessa.

Avanzai ancora, finché il mio cuore non smise di battere. Era lì, era lei, in carne e ossa. Ne ero certo come sapevo che senza aria sarei morto soffocato.

Mi avvicinai in silenzio, il corpo tramutato in gelatina. Non sembrò accorgersi della mia presenza e piccoli singhiozzi viaggiarono nell’aria fino a me. Stava piangendo? Provai un’altra fitta al petto. Ero ormai certo che affogare fosse meno doloroso.

Mi fermai a qualche metro di distanza, del tutto privo del coraggio che mi aveva portato fin lì. Quante volte avevo desiderato quel momento nelle ultime settimane? Sarei voluto correre da lei e abbracciarla ma il mio corpo era sordo a ogni richiamo, le parole che avevo immaginato di dirle cancellate per sempre.

Ci sarebbe stato posto per me nella sua vita, ora? Quale futuro ci attendeva? Forse avrebbe visto un fantasma in me, persa nel mondo di ombre che aveva accolto entrambi quando ci eravamo separati.

Strinsi i pugni e riuscii ad avvinarmi un poco. Alcune foglie secche scricchiolarono sotto i miei piedi, risvegliandola dal suo torpore. Alzò lo sguardo nella mia direzione. I suoi occhi, la mia vita. Non potevo scorgerne il colore, eppure l’oro che aveva accompagnato ogni mio sogno da quando la conoscevo giunse fino a me.

Rimase muta, immobile. Per un attimo che si dilatò all’infinito colsi dettagli del suo viso che temevo di non rivedere più. Le piccole ciocche ribelli che sfuggivano al suo controllo, le sopracciglia sottili, il mento fiero anche nell’abbandono. Credeva che fossi uno scherzo della sua immaginazione? Provai una tenerezza infinita al solo pensiero, eppure non riuscii a profferir parola.

Avanzai ancora e mi seguì con sguardo incerto mentre mi accovacciavo di fronte a lei. Una folata di vento portò il suo profumo sino a me e capii che qualunque prezzo da pagare sarebbe stato nulla in confronto a ciò che la sua mancanza avrebbe comportato. Non chiedevo altro alla vita che tenerla tra le mie braccia e renderla felice.

Trovai la forza di sorriderle, mentre mi fissava con espressione turbata.

“Perché mi fai questo?”

Colsi un senso di rabbia nella sua voce, che alle mie orecchie suonò come lo scampanellio di una chiesetta tra i boschi.

“Perché?” ripeté senza darmi il tempo di rispondere.

Lentamente, per non spaventarla, allungai una mano verso il suo viso. Rimase immobile e la sentii irrigidirsi. Senza parlare, le accarezzai una guancia con il dorso della mano, trovandola umida al tatto e odiando il mondo intero per ciò che aveva passato lontana da me. Nessuna parola avrebbe potuto esprimere il dolore profondo che albergava nei suoi occhi e che era anche il mio.

“Peste sono io” mormorai infine.

Incredula, mi guardò per un lungo momento senza capire, gli occhi dilatati per lo stupore.

 

 

Note:

(31) Ascot è la corsa più famosa del mondo, la sua storia risale al 1711, e ogni anno anche la famiglia reale vi prende parte. È il maggiore evento mondano del calendario britannico e l'interesse della stampa per ciò che fanno e che indossano i partecipanti spesso supera l'attenzione dedicata alla gara vera e propria.

(32) http://it.wikipedia.org/wiki/Villa_Borghese.

(33) http://it.wikipedia.org/wiki/Ponte_Sant%27Angelo.

(34) http://it.wikipedia.org/wiki/Apollo_e_Dafne_(Bernini).

 

Per scrivere questo capitolo ho tratto ispirazione, per la parte di Myriam a “Honesty” di Billy Joel (http://www.youtube.com/watch?v=B7Kgg_fckbk) e per Benji a “One crowded hour” degli Augie March (http://www.youtube.com/watch?v=hV_WMkzjLK8).

Spero vi piacciano, sono entrambe molto belle :-)

 

¨ ¨ ¨

 

Cast della FF

 

Myriam

Benji

Tom

Patrick

Vecchietto malefico^^

 

¨ ¨ ¨

 

In risposta alle vostre dolcissime recensioni, tengo a ringraziarvi anche per le adesioni alla mia pazza idea del casting!!! ^__^

(Nota: ho scritto le risposte velocemente per pubblicare prima di cena, perdonate eventuali refusi e ripetizioni)

Dafny

Ciaoooo!!! Finalmente si sono ritrovati, hai visto? Ho tergiversato a lungo sulla reazione di entrambi quando si fossero visti, e alla fine sono stati loro a guidarmi :-)
Per quanto riguarda i viaggi temporali non temere, l’unica licenza che mi sia presa riguarda il trascorrere del tempo, a volte simmetrico e altre volte no. Quindi nessun invecchiamento precoce per nessuno dei due!

Grazie anche per la dettagliata descrizione che mi hai dato e tranquilla, non verrai inserita tra le fan sfegatate del nostro campione. Anche perché, se devo dirla tutta, nel nostro mondo lui non gioca a calcio... almeno non negli stadi ^__-
Baci baci e sono curiosa di sapere se questo capitolo ti è piaciuto!

Benji79

Ebbene sì, i nostri beniamini si sono appena ritrovati, e ne sono felicissima! Descrivere la loro separazione è stata molto dura da scrivere, te lo assicuro. Certo Benji ha dimostrato un grandissimo coraggio a rinunciare alla sua vita, staremo a vedere cosa succederà e cosa ha in mente il famigerato vecchietto, a cui ho finalmente dato un volto^^

Grazie mille per i complimenti sul dialogo tra Benji e la sua mente, così come per le battute di Tom: hanno fatto ridere un sacco anche me!

bex

Tesoroooooo!!! Tranquilla, siamo in due a fare le deficienti^^

Sono contenta che l’ultimo capitolo ti sia piaciuto, compresa la mia scelta di far comparire il nostro Karl... approvi la mia scelta di Paul Walker? Avevo in mente lui sin dall’inizio e non vedevo l’ora di farlo entrare in scena.

E così i nostri due beniamini si sono ritrovati... sono così felice! So che ve la prenderete un po’ con me per aver chiuso il capitolo nei primi momenti dell’incontro, ma avevo bisogno di un po’ di tempo per elaborare il seguito. Non è facile descrivere questo momento sospeso nel tempo, Benji tra di noi è un po’ complicato da gestire, molto più che far interagire Myriam con il mondo del cartone.
Sono ancora molto indecisa su come fargli scoprire che presto diventerà papà... vediamo cosa ne pensa Myriam :-)

Tra l’altro sarà molto divertente inserirvi una ad una nei prossimi capitoli! Non potevo certo far approdare Benji nella nostra realtà e farlo interagire solo con sconosciuti ;-) Spero vi divertirete a scoprirlo con me, per quanto tengo a ribadire che l’ordine di apparizione non è legato a nessuna questione di importanza, bensì alla logica che darò al proseguire della storia.

Un bacione grande e grazie come sempre per le tu dolcissime parole. A presto!!!

brennan

Mi fai troppo ridere! Quando hai detto “mi sembra uno di quei programmi quando intervistano quei tipi in discoteca e gli chiedono cose tipo: meglio batman o l'ape maya?” ho ripensato a “The Club”... conosci? Dai un’occhiata a questo splendido link: http://www.youtube.com/watch?v=GJUyXccpV5M

Tornando alla tua recensione, sono felice che il riferimento a City of Angels ti abbia emozionata. In effetti quelle splendide parole pronunciate da Benji hanno un loro perché :-)

Vederlo così deciso ha sorpreso anche me, come dicevo nel capitolo precedente, non potevo catapultarlo in un altro mondo senza che ne fosse prima realmente convinto. E beh... non mi ha lasciato proprio alcun dubbio!

Il dialogo a sfondo calcistico è venuto fuori spontaneamente, cercavo un modo per sdrammatizzare un poco la scena e sembra che ci sia riuscita. Anche in questo capitolo le battute di Patrick hanno lo stesso scopo, altrimenti è troppo deprimente :-P

La tua proposta sul comitato di benvenuto è stata a dir poco esilarante! Ammetto che non mi dispiacerebbe indugiare in qualche scena surreale tra Benji e le tue “fan” del nostro mondo, ma al momento il nostro protagonista dovrà affrontare diverse situazioni non banali, e non vorrei mettere troppa carne al fuoco. Cmq ho già in mente come inserirti, anche se non posso dirti ancora in quale capitolo ti si vedrà :-)

Baci e alla prossima!

Eilis

Grazie Eilis!!! Mi fa così tanto piacere sentirti definire i miei capitoli “meravigliosi”: troppo buona, grazie! Sono felice di essermi fatta perdonare con l’ultimo capitolo, così come spero che l’aver concluso quest’ultimo aggiornamento sul più bello non vi dispiaccia troppo :-P

Ho scritto le varie scene a villa Borghese immaginandole come in un film. Quando Benji percorre il viale verso Galleria Borghese passa a pochi metri da Myriam senza saperlo... per questo ho inserito la mappetta guida, così anche chi non è pratico della zona può rendersene conto almeno un po’. Se solo avessi potuto farvi fare un giro nella mia testolina vi sarebbero venuti i brividi come a me :-)

Grazie anche a te per l’adesione al comitato di guest star, avrei solo bisogno di sapere quanti anni hai per collocarti meglio fra i vari personaggi. Il fatto che il tuo nome sia irlandese ti avvicina al personaggio di Patrick... hehe!

Grazie ancora per i tuoi complimenti e a presto spero!

Fulmy

Ciao cara! Sono felicissima che il capitolo ti sia piaciuto, così come la scelta di dare tempo a Benji di analizzare bene i propri sentimenti prima di catapultarsi in un mondo così diverso dal proprio. In fondo Myriam si è ritrovata nella dimensione del fumetto quasi per gioco, senza valutarne inizialmente le implicazioni. Per il nostro capitano le cose non sono invece così semplici... vediamo come saprà cavarsela!

Ho anche accontentato la tua richiesta sul vecchietto: spero non ti dispiaccia se non ho optato per il maestro di karate kid (ho guardato su internet e si scrive “Maestro Miyagi”) ma, sebbene non abbia mai inserito una sua foto (mi sono focalizzata di più sui nostri maschietti :-P) ho sempre avuto in testa Anthony Hopkins. Purtroppo nelll’unica foto con i baffi che ho trovato ha anche la barba, quindi non corrisponde propriamente alla descrizione che ne faccio. L’espressione degli occhi e il volto enigmatico però ci sono tutti ;-)

Grazie anche per la tua descrizione, non appena possibile inserirò anche te.

Ciao ciao e a prestissimo!

sany

Ciao Sany! Sono contentissima di averti emozionata così tanto, spero che anche questo aggiornamento sia stato all’altezza.

Ti assicuro che aggiorno più spesso che posso, è un periodo molto intenso e, con la bella stagione, passo più tempo fuori casa che non in inverno... ma ce la metto tutta!

Baci baci e a presto!^^

Florence

Ciccia! Mi dispiace che il primo tentativo di recensione sia andato a vuoto, e ti ringrazio per aver insistito.

Sono così felice che il capitolo ti sia piaciuto tanto, ogni tanto mi chiedo se riuscirò a tenere vive le vostre aspettative nel seguito della storia… trasmettere le emozioni di Benji in questo difficile frangente non è stato banale, spero che anche stavolta i suoi sentimenti risultino veri e palpabili.

Mi soffermo sulla virata presa da Nathalie, dicendoti che sì, per come la vedo io la nostra panterona si è resa finalmente conto dello spessore di Benji, avendolo lei sempre dato per scontato, un po’ come un giocattolino. Nel momento in cui la respinge con dolcezza si rende finalmente conto di averlo perso, e non può fare che buon viso a cattivo gioco. Cmq si tratta di lei, non del vecchietto trasformato. Ho pensato, senza dilungarmi troppo sulla cosa, che qualcuno le avesse detto della partenza di Myriam (Tom incontrandola a Parigi?) e che lei avesse pensato di cogliere l’occasione per intrufolarsi nella vita di Benji.

Mi fa anche stra-piacere che il dialogo Benji-Cervello di Benji ti abbia divertito tanto, come a me ha divertito un mondo scriverlo! Ci stava un allentamento della tensione, altrimenti ci saremmo tutti un po’ sparati :-P

Mi sono anche ammazzata nello scrivere la frase del giovane Werther... felice che tu l’abbia raccolta! Spero che quest’ultimo aggiornamento ti emozioni come i precedenti, oltre a far vedere che Benji non è stato inghiottito dal fumetto... che c’entri in qualche modo il pargoletto in arrivo? Hehe... bacioni e alla prossima!

CrImInAlSmOoTh

Hehe... scegliere Mark Lenders non è stato facile, a un certo punto sono stata colta da folgorazione e ho capito che solo Colin poteva rendergli giustizia.

Sei arrivata alla scena in cui compare brevemente Ed Warner? Ha riscosso molto successo anche lui^^

Che mi dici degli altri personaggi? Sono curiosa di sapere a che punto della storia sei arrivata... non sei morta vero? :D

Cmq ti capisco quando dici che vorresti essere al posto di Myriam, ci sono momenti in cui guardo lo schermo sospirando, chiedendomi perché è solo una storia di fantasia! ^___-
Grazie mille per le carinissime recensioni e a presto!

 

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Capitolo 28
*** Parte IV - Capitolo 28 ***


Vi chiedo perdono!!! Scusate il ritardo, purtroppo si sono susseguiti alcuni eventi che mi hanno impedito di pubblicare quando avrei voluto. Prima una settimana di lavoro delirante, poi una trasferta in Svizzera, per concludere con una serie di problemi di connessione wireless -__-

Mi perdonate, vero? Spero che questo capitolo così importante, complicato e divertente da scrivere vi piaccia. Nella stesura iniziale era previsto che, una volta ritrovati M&B, la storia giungesse più o meno a conclusione (come temuto dalla nostra Fulmy^^). Negli ultimi capitoli ho invece sentito crescere qualcosa e la sfida presentata dal mondo reale mi ha stuzzicato non poco, oltre alle vostre "richieste" di un finale non proprio alle porte.

E sia... vediamo come se la cavano i nostri beniamini in quella che Nene definisce giustamente "vile realtà" ^__-

Un bacio grande a tutti e buona lettura!!!

 

28

 

Benji

 

“Non puoi, tu... è impossibile” balbettò Myriam in maniera sconnessa.

Mi alzai in piedi, prendendole una mano fra le mie e attirandola dolcemente a me. Timidi e impacciati, ci fissammo come se fosse la prima volta per entrambi.

Con estrema cautela Myriam appoggiò la testa sulla mia spalla e inspirò a fondo, incredula. Io stesso stentavo a capacitarmi di averla così vicina, dovevo darle il tempo di assimilare la mia presenza.

Il profumo della sua pelle entrò in me come un raggio di sole in una casa abbandonata da anni. Avevo ritrovato il mio posto nel mondo e il cuore continuava a battermi furiosamente nel petto. La strinsi più forte, posandole piccoli baci tra i capelli.

“Ho capito” disse infine con voce calma. “Sto sognando e tra poco scomparirai. Questa è la mia condanna, nelle vite precedenti devo aver fatto del male a tanta gente. Se sei un angelo posso esprimere un desiderio?”

L’allontanai un poco per poterla osservare meglio. Un lieve sorriso ammorbidiva i tratti del suo volto, gli occhi velati di lacrime.
“Vorrei non svegliarmi più.”

Trattenni il fiato, cercando di recuperare il filo dei miei pensieri. “Peste non stai sognando. So che è difficile da credere, ma sono qui con te.”

Scosse il capo, preda di un timore inconfessabile. “Sto impazzendo, vero?”

Cercai di trattenere un sorriso ma fallii. Proprio non riusciva a capacitarsi che fossi lì in carne e ossa, in un mondo diverso seppur così simile al mio. Avvicinai le labbra alle sue e chiuse gli occhi, immobile. Mi fermai a pochi millimetri da lei, assaporando quell’attimo per cui sarebbe valso buttarsi da qualunque scogliera. Capii il perché delle prove imposte ai principi azzurri delle fiabe. Avevo attraversato i rovi del bosco fatato fino a raggiungere la mia principessa.

La sfiorai piano, con estrema delicatezza, il contatto accompagnato da una scarica elettrica quanto mai familiare. Non appena la sentii rispondere al bacio premetti con maggiore insistenza e la sua bocca si schiuse accogliendomi in tutto il suo calore.

Myriam si aggrappò a me e aumentai la stretta, passandole le mani lungo schiena e fianchi mentre lei mi attirava sempre più a sé, ansante. Avrei voluto che quel bacio non finisse mai, e fondemmo l’uno nell’altra finché il bisogno di respirare non divenne più forte della nostra sete.

“Benji, sei davvero tu?” domandò con voce flebile. Dovetti sorreggerla perché non cadesse a terra.

“Si peste, sono io.”

I suoi occhi si accesero per lo stupore. “Com’è possibile?”

La presi per mano, conducendola alla panchina sulla quale l’avevo trovata. Mi osservò come incantata, docile al mio tocco.

“Il simpatico vecchietto ha finito per muoversi a compassione, dandomi la possibilità di venire da te.” Cercai di mantenere un tono leggero, non volevo si sentisse in alcun modo responsabile della mia scelta.

Myriam abbassò lo sguardo, continuando a stringere la mia mano. “Lo hai conosciuto?”

Inspirai prima di rispondere. “Me lo sono ritrovato in macchina una sera mentre tornavo a casa dagli allenamenti. Si vede che gli piace stupire con le sue apparizioni.”

Sembrò rilassarsi un poco, sebbene continuasse a sfuggire il mio sguardo. “Cosa ti ha detto?”

Soppesai le parole, conscio che il timore delle mie rivelazioni le impedisse di rilassarsi e lasciarsi andare. “Ha messo in discussione le mie motivazioni, forse per mettermi alla prova.” Mi passai la mano libera tra i capelli, spostando il peso del busto in avanti. “Non ero esattamente un bello spettacolo, dopo che te ne sei andata la vita ha preso a scorrere in maniera strana, diversa. Credo sia stata la mia disperazione a chiamarlo.”

I suoi occhi tornarono a posarsi su di me, colmi di una tristezza dalle insondabili profondità. “Mi dispiace” disse in un soffio.

Provai ad abbracciarla ma la sentii subito irrigidirsi. Tutte le mie paure affiorarono in superficie e il tempo sembrò dilatarsi all’infinito, lasciandomi appeso al filo sottile dell’incertezza.

Peste, non mi vuoi più?

“La sera della festa il vecchietto mi ha quasi minacciata, spingendomi a lasciarti e a dirti quelle cose orribili.”

La fissai in silenzio, temendo il peggio. 

“Disse che se fossi venuto nel mio mondo saresti rimasto intrappolato nel fumetto” proseguì con voce tremula porgendomi, inconsapevole, la chiave di tutti gli interrogativi che mi avevano tormentato nelle ultime settimane. “Sosteneva che qui sei solo un personaggio della fantasia e seguendomi la tua vita sarebbe andata distrutta.”

Provai un moto di infinita tenerezza alla vista dei suoi occhi spaventati. “Sto bene non vedi? Sono vivo e vegeto e, se devo dirla tutta, ho anche una gran fame.”

Presa alla sprovvista, Myriam scoppiò in una risata argentina che mi riempì il cuore.

“Price sei unico” disse lanciandomi un'occhiata affettuosa e arruffandomi i capelli. “Siamo ai limiti del paradosso cosmico dimensionale e tu pensi al cibo? Non è da te.”

Sorrisi curioso vedendole inarcare un sopracciglio, l’avevo contagiata.

“Si può sapere come mi hai trovata?”

La prima domanda razionale alla quale potevo fornire un’altrettanto razionale risposta. “Ricordavo la tua passione per questo parco, me ne hai parlato tanto.”

Tornò a fissarmi seria, gli occhi lucidi. Mi avvicinai un poco, sfiorandoli con le labbra come a cancellare ogni brutto ricordo per sempre. “Mi sei mancata da morire peste. Ti amo, lo sai?”

Il più meraviglioso dei sorrisi le si dipinse sul volto trasfigurato dalla gioia. “Sei venuto fin qui per dirmi questo?”

“C’è forse un motivo migliore?”

Scosse il capo, senza riuscire a fermare le lacrime. “No” sussurrò dolcemente.

 

* * *

Myriam

Era come se un misterioso direttore d'orchestra avesse dato il via e mille stelle si fossero messe a brillare tutte insieme nel buio delle mie giornate. Non sapevo se urlare per la felicità o rimanere in silenzio, cercando di non farmi notare e sperando che chiunque si fosse burlato del mio destino fino a quel momento dimenticasse la mia esistenza.

Benji era con me, nel mio piccolo appartamento. Aveva dormito nel mio letto, usato la mia doccia e guardato la mia tv. Benjamin Price, l’idolo di tutte le ragazze della mia età cresciute con la passione per il calcio professata da un fumettista giapponese.

Benjamin Price.

Inutile dire che mi ero chiusa un giorno in casa con lui dandomi malata in ufficio, troppo emozionata per poter anche solo mettere un piede fuori dalla porta. Fortunatamente la spesa fatta qualche giorno prima era rimasta pressoché intatta, e avevo riso trovando Benji in cucina, alle prese con i miei fornelli e il mio frigorifero.

Con il tempo mi ero abituata a vederlo muoversi nel suo mondo, tra i suoi amici e colleghi. Ben altra storia averlo accanto a me, nella banale quotidianità. Semplicemente surreale.

“Hai fame?”

La domanda giunse inaspettata alle mie orecchie da tempo assuefatte al silenzio. Mi voltai di scatto, trovandomelo davanti. I capelli ancora bagnati, lo sguardo birichino e il sorriso mozzafiato che aveva accompagnato ogni notte da quando ero tornata a casa.

Deglutii, annuendo con un gesto del capo, sebbene il mio stomaco fosse più chiuso che mai. Perché mi sentivo così impacciata? Era sempre lo stesso, il ragazzo che amavo alla follia e credevo perduto per sempre. Eppure non riuscivo a capacitarmi della sua presenza, nel timore che da un momento all’altro potessi svegliarmi e rendermi conto di aver sognato tutto.

“Peste stai bene?”

Mi abbracciò con dolcezza, e non potei fare a meno di abbandonarmi a quella cerchia protettiva nella quale ogni altra cosa perdeva importanza. Sapevo che non avremmo potuto vivere a lungo sospesi, ma ero intenzionata a godermi quei momenti di assoluta e perfetta felicità senza pensare troppo al futuro.

“Sì” risposi levando lo sguardo a incontrare il suo. Ci sarebbe voluto del tempo per abituarci alla nuova dimensione della nostra vita, a gestire le complesse emozioni che si agitavano in noi. La notte precedente, sdraiati l'uno di fronte all'altra, ci eravamo limitati a fissarci dolcemente negli occhi fino a che il sonno non aveva preso il sopravvento.

"Ho preparato un piatto di spaghetti, spero di non averli scotti troppo." Il suo sorriso si accentuò, forse in risposta all'espressione ebete che aveva preso possesso del mio volto. Difficile abituarsi a sentirlo parlare la mia lingua.

"La tua voce suona quasi diversa in italiano" mormorai. Decisamente impacciata, ai limiti dell'involuzione allo stato mono cellulare.

Sveglia Myriam, sveglia. Dov’è finito il tuo spirito brillante?

Perché, ne ho mai avuto uno?

Benji ridacchiò, scostando la mia sedia per farmi sedere e mettendosi all'altro capo del tavolo. "Fa un certo effetto anche a me, dovrò farci l'abitudine."

"Te la cavi piuttosto bene per essere solo un fumetto" lo punzecchiai strizzando un occhio.

Visto? Va già molto meglio!

Ok mi è chiaro il concetto. Puoi andare ora, grazie.

"Ci ho pensato a lungo, e vorrei chiederti una cosa."

Lo fissai curiosa, divertita nel vederlo districarsi abilmente con la forchetta. Se continuava così avrebbe meritato la nazionalità ad honorem, portandoci alla vittoria nei mondiali 2010. Poco ma sicuro.

"Puoi farmi vedere un episodio del cartone animato?"

Per poco non mi strozzai, e il sorso d'acqua appena bevuto mi uscì dal naso. "Stai scherzando?"

Sgranò gli occhi con innocenza, preoccupato nel vedermi tossire ripetutamente. "Certo che no, perché dovrei?"

Le lacrime agli occhi mi battei il petto, prendendo tempo. "Non ti fa impressione l'idea di vederti disegnato?"

"Non credo ci sia molta differenza con il fumetto, sono molto curioso. Vanità maschile mista a narcisismo?"

"Ok Price, se lo dici tu. Ti dispiacerebbe se prima sistemassimo qui in cucina?"

Sentivo il bisogno di aggrapparmi a un barlume di normalità. Così come la pacata accettazione di Tom mi aveva a suo tempo messa a disagio, la tranquillità di Benji mi spiazzava più di quanto avrei voluto. Lui, selvatico e combattivo, sembrava d’un tratto la versione attraente di un guru tibetano. Erano gli ormoni a rendermi così apprensiva? Deglutii al pensiero, avvicinandomi al lavello le spalle rivolte a Benji nel goffo tentativo di nascondere il mio turbamento.

Avevo deciso di tacere la gravidanza almeno per qualche giorno. Lungi dall'aver assorbito io stessa lo shock, non volevo stravolgere il delicato equilibrio entro cui Benji muoveva i suoi primi passi.

Sebbene avesse intrapreso consapevolmente un viaggio che avrebbe trovato giusta rappresentazione solo in un dipinto di Salvador Dalì, l'euforia iniziale avrebbe presto ceduto il passo a una moltitudine di interrogativi senza risposta. L’amore e il coraggio dimostrati nel lasciarsi ogni cosa alle spalle mi avevano scossa profondamente, ed ero intenzionata a concedergli un po’ di serenità prima di renderlo partecipe di una tale rivelazione.

"Ho avviato la lavapiatti, ora non hai più scuse" mormorò cingendomi la vita da dietro e riportandomi alla realtà.

Ruotai di centottanta gradi, fino a trovarmelo di fronte. "Ne sei proprio certo Price?"

Mi sfiorò le labbra con un dito, provocandomi un lungo brivido. "Assolutamente."

Per quanto la cosa mi lasciasse perplessa, gli lanciai un'occhiata divertita. In fondo che c'era di male? Se fosse stato a portata di mano, forse anch'io avrei voluto conoscere il mio alter ego della fantasia.

"Ok allora." Mi diressi in camera seguita a ruota da lui. Accesi il computer e avviai la connessione a internet.

"Non avevi detto che veniva trasmesso in tv?" domandò candidamente prendendo posto sul letto accanto a me.

"Certo, la serie originale è stata trasmessa per anni e credo che la replichino ancora di pomeriggio, solo che non ne ho nessuna registrazione." Stavo davvero per guardare un episodio del cartone animato con Price seduto al mio fianco?

"Perché ridi?"

Scossi il capo. "Tra poco capirai."

Avviai Youtube e digitai le parole Holly e Benji all'interno del campo di ricerca.

"Sono addirittura nel titolo?"

Annuii, senza riuscire a guardarlo in viso. Una miriade di risultati comparirono sotto i suoi occhi increduli e non potei resistere alla tentazione di selezionare il video Contropiede Benji Price / Newteam - Muppet (35).

Collocai il portatile sulle sue ginocchia, pregustando la storica scena che qualunque fan della serie aveva impressa a ferro e fuoco nella mente.

I primi fotogrammi rimandarono le immagini di Mark Lenders pronto a chiudere le sorti di una finale di campionato agli sgoccioli, poco prima che il portiere della Newteam gli soffiasse la palla nel contropiede più chiacchierato della storia del calcio.

"Sono davvero io questo?" domandò Benji osservando il suo omonimo in tuta rossa e gialla sfrecciare verso la porta avversaria, con tanto di inconfondibile cappellino e palla ai piedi.

"Chi altri avrebbe osato un'azione del genere?"

"Ricordo bene quella partita" mormorò in un soffio, senza riuscire a staccare gli occhi dallo schermo. "Ci sono tutti! Holly, Bruce, Freddy... come mai il campo sembra non finire mai? Si direbbe quasi che corro in salita."

Scoppiai in una risata così forte da meritare il suo sguardo sconcertato. "È la domanda che si pongono migliaia di ragazzini da generazioni. Se non sai rispondere nemmeno tu direi che abbiamo un problema."

"La voce fuori campo da spazio persino ai miei pensieri. A quanto pare ero proprio convinto di portare la squadra al pareggio.”

Evitai ogni commento per non distrarlo dalla magia del momento.

“Guarda Ed Warner! Anche Tom è buffissimo con i capelli da porcospino. Gli occhiali di Freddy sono perfetti, sebbene non possa dire lo stesso della gestione dei tempi tra le varie azioni. Passano cinque minuti dal colpo di testa al goal, Holly ha il tempo di attraversare tutta la metà campo della Muppet."

Lo fissai affascinata mentre rimandava avanti e indietro la barra di navigazione, come un bambino alla scoperta degli effetti della gravità terrestre sugli oggetti. Il mio Benjamin Price guardava divertito uno dei miei episodi preferiti di sempre. Incredibile.

“Chi è questo in pigiama?”

Mi avvicinai allo schermo e non riuscii a trattenere l’ennesima risata. “Si tratta di Julian, seguiva le partite dall’ospedale.”

"Fantastico, meglio di una soap opera! Posso vederne altri?"

Con quello sguardo avrebbe potuto chiedermi qualunque cosa, figuriamoci un desiderio così semplice da esaudire. "Certo Benji, anche tutti."

"Non avevo notato i commenti in basso, alcuni sono esilaranti."

Seguii con lo sguardo l’indice puntato a fondo pagina.

"Ma da dove ha tirato, dalla Cina? Hutton è un monaco Shaolin. Non hanno mica tutti i torti, c'è da chiedersi se l'autore abbia mai assistito a una partita di calcio. Pensa cosa direbbe Becker di fronte a uno spettacolo del genere."

Avevo le lacrime agli occhi. Benji che metteva in discussione l'operato del suo creatore, per non parlare di un trentennio di elucubrazioni sui limiti fisici del corpo umano, era la cosa più divertente che si potesse immaginare.

Rimasi al suo fianco mentre navigava da un video all’altro, fin quando fu impossibile trattenermi oltre. "Ti prego Benji, toglimi una curiosità."

"No, non potevamo volare e no, la palla non si è mai trasformata in un fascio di luce."

"Fammi parlare" balbettai tra un singulto e l'altro. Benji mi fissò in silenzio, in attesa della fatidica domanda. "La catapulta infernale è mai esistita?"

"Ovvero?"

"Le mitiche acrobazie dei gemelli Derrick."

Benji si passò la mano sul mento, sforzandosi di ricordare. "Sono sempre stati molto agili e creativi, ma non ricordo fosse loro concesso di introdurre in campo oggetti ad uso bellico."

Fui sul punto di cadere dal letto. In bilico tra delusione e puro divertimento, caricai un video sulla rinomata evoluzione calcistica degli attaccanti della Hot Dog (36). Per poco non rimasi assordata dalla fragorosa risata di Benji.

"Parliamo di un’elevazione superiore ai dieci metri, e il colpo di testa viene fatto a una distanza angolare dalla quale è impossibile segnare. Voglio conoscere lo spacciatore di Takahashi (37), ha tutta la mia stima."

Per quanto fossi felice che Benji unisse il senso dell'umorismo a un ragionevole distacco, mi dispiaceva veder demoliti i miei sogni di bambina. "Di tutte le possibili reazioni ai video che abbiamo visto, questa è senza dubbio la più sorprendente. Non conto le volte in cui io e mio fratello abbiamo provato la catapulta dei fratelli Derrick" sospirai, quasi tra me e me.

"E non vi siete rotti l'osso del collo? Ora capisco il motivo di tante tue stranezze."

Sgranai gli occhi, fingendomi arrabbiata. "Price tu..."

"Io cosa?" mi abbracciò facendomi cadere all'indietro sul letto.

Non avrei saputo dire se fosse stata la vista del cartone animato a distrarmi, ma bastarono pochi istanti perché dimenticassi ogni cosa, ritrovando la dolce intimità delle notti trascorse insieme nel suo mondo.

Potevo finalmente accoglierlo nel mio.

 

 

Note:

(35) http://www.youtube.com/watch?v=XDBOTvkJZvg&feature=related

(36) http://www.youtube.com/watch?v=0xeH4wWi15M

(37) Per chi non lo ricordasse, Yoichi Takahashi è l’autore di Captain Tsubasa

 

Che dire ragazzi... mi sono TROPPO divertita, spero di aver fatto ridere anche voi!

 

¨ ¨ ¨

 

Cast della FF

 

Myriam

Benji

 

¨ ¨ ¨

 

In risposta alle vostre dolcissime e sempre più numerose recensioni, sono commossa! ^_^

(Nota: anche questa volta sono andata super spedita, perdonate eventuali refusi e ripetizioni. Ho anche cambiato formato per fare più in fretta e non ritardare ulteriormente l’aggiornamento^^)

 

Bex

Grazie tesoro, la tua recensione è arrivata per prima e mi ha emozionato come sempre! Sono felice che il capitolo con Patrick ti sia piaciuto, ho fatto del mio meglio per renderlo più allegro rispetto ai precedenti (non è che ci volesse moltissimo, hehe^^)

Comunque è chiaro, di Tom Becker c'e' ne uno solo e insostituibile!!!

E così Benji è finalmente tra noi, per quanto si dovrà attendere il prossimo capitolo per vederlo interagire con la nuova realtà che lo circonda. In compenso mi sono dilettata nel confronto con il cartone, divertendomi UN MONDO nello scrivere gli ultimi passaggi. Spero che ti piacciano!Grazie come sempre di cuore per le bellissime parole che mi dedichi, non vedo l'ora di leggere la tua prossima recensione!

Un bacio grande, grande!

 

Florence

Bellissima!!! Immagino che leggerai nottetempo anche questo capitolo, sono curiosissima di sapere cosa ne pensi^^

Simao passati dal decadente al surreale alternato al super reale, in un gioco un po' intricato che ammetto avermi divertito moltissimo. La cosa bella di questi capitoli è proprio provare a fondere realtà e immaginazione, ragionando al contrario rispetto a una fic normale.

Spero davvero di riuscire a divertirvi e appassionarvi anche con i capitoli che verranno, non vedo l'ora di sentire cosa ne pensi.

Per rispondere alla tua domanda: non credo che mi addentrerò in dinamiche complesse che prevedono personaggi doppi (tipo Benji1 e Benji2), a meno che non decida di scrivere un seguito a questa fic... chi lo sa?^^

In compenso questa volta sono stata brava e ho completato la scena per bene, senza lasciarvi troppo con il fiato sospeso. Questo anche perché non so bene quando riuscirò a pubblicare il prossimo cap, e non volevo essere linciata :-D

Per quanto riguarda la scoperta di Benji della gravidanza non voglio svelare nulla, staremo a vedere cosa succederà e come reagirà il nostro super portiere.

Inutile dire che mi sono annotata la tua candidatura al casting virtuale, per quanto avessi già in mente di inserirti ^_-

Un super bacio!! Cià cià

 

Dafny

Che ridere il tuo link a topolino! Lo leggevo sempre da piccola, era una vera e propria passione la mia^^

Capisco le tue perplessità, ma devi anche renderti conto che nel nostro mondo Benji non esiste, non posso certo accoglierlo in una super squadra come se niente fosse. A dire il vero pensavo a un torneo di calcetto aziendale... Vedrete vedrete, ci sarà da divertirsi.

Sono felicissima che l'ultimo capitolo ti sia piaciuto molto, e spero che questo non sia da meno. Sono desolata di aver fatto passare ben 10 giorni tra un aggiornamento e l'altro, ma ti assicuro che faccio i salti mortali per mantenere una certa regolarità senza che mio marito mi uccida  *Guido lancia a Buby un'occhiataccia e lei tocca ripetutamente le punte dei 2 indici fra loro*

Mi raccomando fammi sapere cosa pensi dei miei ultimi deliri, sono curiosissima!

Baci baci!

 

Benji79

Visto che Myriam era solo emozionata? Poverina, si credeva vittima dell'ennesima allucinazione! Il nostro Benji si è dimostrato un vero super eroe, stiamo a vedere cosa combina ora... Il fatto che si siano incontrati a villa Borghese ovviamente non era un caso, come non è stato un caso per Myriam conoscere subito Benji in aeroporto.

Penso che se li avessi fatti girare in tondo per un capitolo o due non avreste esattamente gradito...

Ciao ciao e alla prossima!

 

Chiaretta78

Benvenuta Chiaretta mia coetanea! Dire che la tua recensione mi ha commosso è un pallido eufemismo... Non solo le tue parole mi hanno emozionata tantissimo, ma spero che nessuno se ne avrà a male se dirò che la tua dolcissima recensione è una delle più belle che abbia mai ricevuto!

Sono felice di averti comunicato qualcosa di bello e che i miei personaggi siano entrati in sintonia con te. Spero davvero che continuerai a seguirmi senza dover fare le ore piccole, andando avanti da un capitolo all'altro non dovrebbe succedere ;-)

Un bacio grande e a presto, spero di sentire ancora la tua voce!

 

Eilis

Piccola Eilis! Sono felicissima che l'ultimo capitolo ti siq piaciuto tanto, e spero che anche questo ti emozioni e diverta altrettanto. Certo, la componente drammatica è un po' venuta meno, lasciando spazio a situazioni e sentimenti più stabili... spero di annoiarvi con il nuovo ritmo dei prossimi capitoli :-)

Grazie ancora e a presto!!!

 

Brennan

Carissima no preoccuparti, la tua recensione mi ha fatto come al solito scoppiare dalle risate. Spero davvero di riuscire a rendere questo tuo senso dell'umorismo con il cameo che ho in mente di dedicarti ^_-

Immagino che fossi preoccupata che Pat ci provasse, ma non sarebbe stato coerente con la linea che ho dato alla storia e ai personaggi. Non un solo momento ho pensato di far ingelosire Benji con un espediente così Biutifullo. Non avrebbe convinto me come dubito fortemente che sarebbe piaciuto a voi. Già per il bacio con Tom è scattato il putiferio, figuriamoci con Pat!!!

Grazie come sempre per i tuoi bellissimi complimenti, spero che questo capitolo ti sia piaciuto senza metterti ansia ;-)

Alla prossima!
PS: telepatia... mi sono collegata ora e ho letto del tuo sfogo: sto ancora ridendo... mi sbrigo subito e pubblico! :-)

 

Fulmy

Cara! Stavolta non sei stata l'ultima, tranquilla :-)

Anzi, ti ringrazio per trovare sempre tempo per me nonostante la bimba e il lavoro! Sono felice che l'atmosfera di Roma ti sia piaciuta (ponte S. Angelo è il mio preferito e ho la fortuna di avere l'ufficio praticamente di fronte) e Galleria Borghese è uno splendore. Anni fa’ ero solita passeggiare per villa Borghese durante la pausa pranzo, e la conosco come le mie tasche. Spesso con i colleghi ci portavamo i panini sedendoci a mangiare proprio dove Myriam incontra Benji... Nulla è lasciato al caso!

Anche nei prossimi capitoli mi diletterò nel descrivere vari scorci della città, mentre in quest'ultimo li ho fatti rimanere a casa (al posto loro chi non avrebbe fatto lo stesso?).

Rispondo alla tua domanda, alla quale ho risposto in parte nel mio commento alla recensione di Benjo79. A parte che nessuno si sarebbe divertito granché a vederli girare in tondo per un capitolo o due, ma preferisco di gran lunga dilettarmi nel proseguimento della storia, non credi? Non ho intenzione di finirla subito, anche perché non credere che sarà tutto così semplice.

Lo sforzo che faccio sin dall'inizio della storia è cercare di dare ai personaggi vesti e reazioni realistiche, il fatto che Benji abbia rinunciato alla sua carriera non sarà semplicissimo da gestire... Abbi fede :-)

Grazie anche per i complimenti sui miei gusti in fatto di uomini! Diciamo vhe quando hai l'intera Hollywood a disposizione non è difficile trovare baldi giovani, ma per il vecchietto ho dovuto cercare un po' prima di esserne convinta.

Ciao ciao e alla prossima!

 

Berlinene

Ciao Nene! Ti immagino nel costume ninja appollaiata sui rami di un albero a seguire la mia storia^^

Ovviamente tranquilla, anche se recensisci di tanto in tanto mi fa super piacere sapere che segui la storia con interesse. In effetti al momento sei l’unica a poter vantare un cameo nel mondo di Benji&C, sebbene io speri di far divertire tutte comunque! ^__-

Grazie mille per i bellissimi complimenti, sentir parlare di vette di perfezione mi ha fatto venire i brividi! Sono anche lieta che l’ironia di cui vesto i miei personaggi risulti efficace, non riuscirei a farli troppo melensi (già con questo capitolo dovrò una serie di rimborsi dentistici per carie insorte...^__^;)

Mille bacini anche a te e a presto!

 

ShessomaruJunior

Bentornato Guerriero! Non temere, anche se perdi un capitolo di tanto in tanto non me la prendo... l’importante è che continui a essere dei nostri, conto su di te!

È vero che di combattimenti non ce ne sono, però in questo capitolo mi sono dilettata in diversi riferimenti alla serie che penso ti piaceranno!

Purtroppo sul fronte della Nera Signora mi tocca deluderti, non morirà nessuno :-P

Alla prossima!

 

Lady Snape

Lady bentornata! Mi sei mancata, e sono sempre felice di vederti rispuntare all’orizzonte! Condivido in pieno il commento sul periodaccio, ti dico solo che ho scritto pezzi di questo capitolo in macchina, in aeroporto, in aereo e in albergo! Ci mancava solo qualche parola scritta a testa in giù in posizione yoga e vincevo il premio per la scrittrice No limits di EFP :-D

Ovviamente ti ringrazio per i tuoi carinissimi commenti, oltre al più che esplicito “aaaaahhhhhhhhhh” ;-)

Il nostro Benji non poteva certo continuare a soffrire così, per quanto il suo viaggio non sarà tutto rose e fiori... si vedrà! So di essere stata cattivissima a chiudere il cap. 27 sul più bello, spero di essermi rifatta con quest’ultimo aggiornamento che completa la scena senza particolare suspense, se non la curiosità di sapere cosa combineranno una volta usciti da casa.

Bacini e a prestissimo!

 

Sany

Ebbene sì, ci siamo arrivati finalmente!!! Spero di non aver deluso le tue aspettative, ci ho messo un sacco a descrivere lo scambio di sguardi, l’incredulità di lei, il bacio... se penso che per leggere quel passaggio bastano 30 secondi mi prende male :-D

Scemenze a parte, spero ti sia piaciuto! Come sempre grazie per le tue dolcissimi parole e fammi sapere cosa pensi di quest’ultimo aggiornamento... Bye bye!

 

Kara

Benvenuta Kara! Sono molto contenta che la storia ti piaccia, e ti ringrazio per la recensione preliminare.

Spesso si attendo di leggere fino all’ultimo capitolo disponibile prima di commentare, così invece posso cogliere le impressioni in itinere e farmi un’idea dei vari punti di vista sui personaggi.

Con riferimento ai tuoi commenti, grazie innanzi tutto per i complimenti. Sono quasi più felice di farvi ridere che quando, ahimè, vi rattristo facendomi magari versare qualche lacrima. Sono molto curiosa di sapere cosa pensi del resto della storia, se ti va fammi sapere.

Per quanto riguarda le caratterizzazioni dei personaggi, così ti lascia perplessa in Genzo? Ovviamente si tratta della mia personale visione del suo personaggio, che si basa anche sull’età non più giovanissima che presuppone un atteggiamento più maturo e forse meno spigoloso alle cose (per quanto fino a metà storia sia bello tosto...).

Il mio Taro lo amo alla follia, te ne accorgerai proseguendo la lettura. Ryo è divertentissimo da scrivere, peccato che capiti di rado in quanto personaggio secondario. Anche Johnny tenderà un po’ a scomparire dalla trama... spero non ti dispiaccia troppo!

Grazie ancora per i complimenti e se ti va fammi sapere del resto :-)

 

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Capitolo 29
*** Parte IV - Capitolo 29 ***


Ragazzi che dire, sono mortificata per questo imperdonabile ritardo. In parte delusa dal recente mondiale, in parte esaurita dal caldo e dal troppo lavoro, ho perso l'ispirazione. Quando ho pubblicato il capitolo 28 tutto avrei pensato (o perlomeno sperato) tranne che pubblicare questo aggiornamento a fine luglio e con la nostra squadra fuori dai mondiali come ultima del proprio girone. Non sapete quanto avrei voluto accogliere le vostre richieste e mandare in campo i nostri beniamini a supporto di quei tonni dei nostri giocatori!

Pazienza, spero che vi divertiate con questo passaggio di vita 'reale' in cui compaiono le prime guest star... ovviamente i personaggi sono stati adattati alla trama, immaginate di interpretare un ruolo nella mia fic^__^

Purtroppo temo che non potrò aggiornare prima del ritorno dalle vacanze, quindi auguro a tutti voi una splendida estate!!! Prima di partire spero che troviate un attimo per recensire, sono molto curiosa di sapere cosa ne pensate... Un bacio e buona lettura!

 

 

29

 

Myriam

 

"Vuoi raccontarci cosa è successo o dobbiamo staccare la lampada al neon dal soffitto e puntartela contro?"

Imbarazzo, imbarazzo, profondo imbarazzo. Florence mi guardava con l'aria di chi la sa lunga e, dati i miei recenti trascorsi da zombie, non aveva dovuto ricorrere a tutto il suo acume per notare il sorriso che mi si era stampato in faccia a mo' di paresi.

Le lanciai uno sguardo di sguincio e il suddetto sorriso si accentuò.

"Che domande Flo, ha fatto sesso. Anche l'armadio a muro se ne è accorto" la canzonò Alessandra, detta Carrie per motivi alquanto ovvi agli amanti della serie TV Sex and the City.

Sentii le guance avvampare, spostando gli occhi da una all'altra. Amiche, colleghe e compagne di stanza, avrebbero fatto impallidire Torquemada in persona se avessi tentato di nasconder loro la verità. Beh, tutto sommato qualche piccolo particolare poteva rimanere segreto, onde evitare il ricovero psichiatrico.

"Ovvio, tutt'è capire con chi. So che sei stata a piazza di Siena con Pat, se mi dici che hai una storia con lui ti uccido a mani nude."

Scoppiai a ridere al solo pensiero. Florence aveva una cotta per il nostro affascinante collega da tempo ormai immemore. Inutile dire che l'intero ufficio ne era a conoscenza, eccezion fatta per il diretto interessato. "Tranquilla, Pat non c'entra nulla."

Mi guardò in cagnesco, per il puro gusto di marcare il punto. "Allora chi dobbiamo ringraziare per questo miracolo?"

"Buongiorno carissime" salutò una voce familiare affacciandosi alla nostra porta. "Vedo che stai meglio My, bentornata. Se ti va più tardi ci prendiamo un caffè così mi spieghi che fine hai fatto l'altro giorno" aggiunse con un largo sorriso prima di proseguire in direzione della sua stanza.

Lupus in fabula. Rivolsi un cenno educato a Pat, mentre con una mano cercavo di scuotere Florence dal suo torpore. "Se ne è andato, puoi rilassare il viso."

"Non cambiare discorso" insisté Carrie inesorabile.

"Dopo mi spieghi questa cosa del caffè" bofonchiò Florence poco convinta dal mio sguardo innocente.

Scivolarono con le sedie sul linoleum fino piazzarsi di fronte alla mia scrivania, gli occhi spalancati in attesa della grande rivelazione. "Sputa il rospo" dissero in coro.

Abbassai lo sguardo, cercando riparo dietro al monitor del computer. Lultima volta che mi avevano vista lo stato di allerta era sul punto di passare a DefCon 1 (38) e non cera da stupirsi che ora fossero tanto curiose. Avrei voluto prepararmi meglio al terzo grado, ma un'urgenza improvvisa sul progetto che stavo seguendo mi aveva obbligata ad affrontare la realtà senza pensarci troppo. A fine mese dovevo pur sempre pagare affitto e bollette.

"È una storia lunga" mormorai infine.

"Molto spiritosa. Sappi che non uscirai da questa stanza finché non ci avrai spiegato quello che ti è preso nelle ultime settimane e chi ti ha presa fino a ridurti in questo stato."

Fissai prima Carrie e poi Florence, nel tentativo di dare un filo logico ai pensieri e censurare la componente sovrannaturale prima che mi prendessero per pazza. "Si chiama Benjamin" mormorai in preda all'impaccio più totale.

Seppur controvoglia, lo avevo lasciato a casa quella mattina, dopo avergli messo in mano una guida della città e il mio numero di cellulare. Per un po' l'avremmo vissuta entrambi come una vacanza, al momento avevo ben altro di cui preoccuparmi.

"Iniziamo con le basi" scandì Florence come se avesse a che fare con una bambina di due anni. "È figo? Come vi siete conosciuti? Quanti anni ha? Cosa fa nella vita?"

"E soprattutto, ha un sacco di fratelli o amici single da presentarci?" aggiunse Carrie lasciando a intendere che l'ultima risposta rappresentava il vero ago della bilancia.

Deglutii, lo sguardo fisso sul mouse che agitavo a vuoto da un paio di minuti ormai. "Ci siamo conosciuti in aeroporto, il sette dicembre compirà ventinove anni, è figlio unico e gioca a calcio."

"Calcio professionista? La cosa si fa interessante. Potremmo quasi perdonargli l'assenza di fratelli se ci presentasse i compagni di squadra."

"Magari troviamo la sua foto su internet" considerò Florence tornando al suo posto e digitando qualcosa sulla tastiera. "Cognome?"

"Price" risposi in automatico, pentendomene all'istante. Tre giorni con Benji mi avevano fatto dimenticare persino come mi chiamassi, figuriamoci regole elementari quali l'omissione del suo vero nome.

Per poco Carrie non rovesciò la tazza di tè che aveva in mano. "Ho sentito bene? Benjamin Price? E fa il calciatore? Certo che i suoi genitori gli vogliono un gran bene, chissà quanto lo avranno preso per i fondelli da piccolo."

Florence fece una piccola smorfia, distogliendo gli occhi dallo schermo. "Google mi da solo immagini del cartone animato purtroppo, nessuna traccia del tuo fusto. Per quale squadra gioca?"

Mi morsi la lingua per non rispondere Bayern Monaco. Ci mancava solo che lo prendessero per un calciatore di fama mondiale. Non feci in tempo ad accantonare quel pensiero che provai una fitta al petto. Benji era un calciatore di fama mondiale, nel suo mondo.

"Yuhuuuuuu, c'è nessuno?"

Tornai in me, incrociando due paia di occhi che mi fissavano con curiosità crescente. "È una squadra tedesca dal nome strano, non riesco mai a ricordarmelo." Bingo.

"Ah" commentarono entrambe vedendo sfumare i propri sogni di gloria. "Almeno è un figo da paura?"

Ero sul punto di rispondere quando notai qualcosa di strano nella loro espressione. Fissavano entrambe un punto alle mie spalle, improvvisamente dimentiche della domanda appena fatta.

"Buongiorno" udii pronunciare dall'unica voce in grado di scuotermi da capo a piedi. "Disturbo?"

Mi voltai verso la porta, seguendo gli sguardi imbambolati delle mie amiche. Benji era fermo sullo stipite e sorrideva, facendomi sentire la donna più fortunata dell'intero universo, dimensioni parallele incluse.

"Ciao Benji" lo salutai timidamente, alzandomi per accoglierlo. "Come mai da queste parti?"

"Mi mancavi."

Ok, è ufficiale. Nel viaggio tra i due mondi ha battuto la testa. "Anche tu mi manchi" risposi sottovoce, ben sapendo che due radar stavano seguendo ogni nostra più piccola mossa, "ma sto lavorando."

"Che stupidaggini, non darle retta" si intromise Carrie scattando in piedi e allungando la mano per presentarsi. Sono Alessandra ma puoi chiamarmi Carrie. Sei proprio sicuro di non avere fratelli?"

Benji le sorrise, presentandosi a sua volta. "Sono figlio unico perché?"

Beata ignoranza maschile.

"Nulla, era tanto per fare conversazione. Cosa fai per pranzo? Voglio sperare che ti unirai a noi."

Nel frattempo anche Florence si era fatta avanti per presentarsi e, piazzatasi alle spalle di Benji, manifestava la sua evidente approvazione con i pollici rivolti verso l'alto.

"Molto volentieri grazie" rispose lui ridendo sotto i baffi. Era palese che si divertiva un mondo nel vedermi arrossire e quel pensiero bastò per farmi avvampare ancora di più.

"Ottimo, prendo la borsa e andiamo" disse Carrie seguita a ruota da Florence.

"È solo mezzogiorno" obiettai senza ottenere il minimo risultato. Le ragazze presero Benji a braccetto scortandolo verso l'uscita. Che dio ce la mandi buona, pensai fra me seguendoli giù per le scale.

Lungo la strada notai con sgomento che non vi era donna, dalla receptionist alla cameriera del ristorante, indifferente al suo fascino. Dalle sue parti era abbastanza normale, essendo lui un personaggio pubblico, e avevo quasi dimenticato quanto risultasse attraente agli occhi femminili. Ci sedemmo a un tavolo situato in fondo alla sala, semi deserta vista l'ora.

"Ok piccioncini, vogliamo sapere tutto" esordì Carrie senza mezze misure, spalleggiata dall'amica Fritz che annuì ripetutamente a rimarcare l'interesse condiviso.

Benji scoppiò a ridere, segno che la trovava molto simpatica. In fondo si assomigliavano, entrambi irruenti, volitivi e fin troppo diretti. "Non sono solito lasciarmi andare a confidenze femminili, Myriam saprà senz'altro soddisfare ogni vostra curiosità."

Provai un brivido nell'udirgli pronunciare il mio nome e il ricordo di quando ci eravamo appena conosciuti mi investì in pieno. "Ok, però evitate di farmi morire di vergogna" capitolai con sguardo supplichevole. Subire il loro terzo grado in presenza di Benji era la cosa più imbarazzante che potessi immaginare. Subito dopo veniva il farlo nuda di fronte al resto dell'ufficio.

"Da quanto vi frequentate?" domandò Florence dopo aver lanciato un'occhiataccia alla cameriera che continuava a ronzarci intorno sebbene avessimo ordinato da un pezzo.

"Un po' più di sei mesi" rispose lui contraddicendo ogni suo buon proposito.

Inutile dire che lo fissammo tutte e tre sconvolte, e gli ci volle un paio di secondi prima di comprendere la portata della sua gaffe. "Si tratta di una storia a distanza però" cercò di rimediare, sebbene fosse ormai tardi.

"Non ve ne ho parlato prima perché la cosa era piuttosto complicata" mentii, cogliendo l'occasione per assestare un calcio in direzione della gamba di Benji. Accusò il colpo senza lamentarsi un istante, e dubitai di aver colpito al suo posto la base del tavolo.

"Posso immaginare" bofonchiò Carrie visibilmente dispiaciuta, mentre Florence rimaneva in silenzio. Eravamo solite condividere ogni più insignificante messaggio dell'altro sesso, al loro posto mi sarei sentita senza dubbio tagliata fuori. Difficile spiegar loro che i sei mesi incriminati si erano ridotti a uno solo dei nostri giorni. Mai avrebbero perdonato un silenzio così prolungato, e a ragione.

"Già ora di pranzo?" domandò una voce maschile alle nostre spalle. Io e Benji ci voltammo, trovandoci Patrick davanti. Florence ammutolì all'istante, avendolo probabilmente visto arrivare, sfogando il proprio turbamento su un povero tovagliolo che aveva senz'altro visto giorni migliori.

"Vuoi unirti a noi Patrick?" domandò Carrie cogliendo l'occasione con grande maestria. Non capitava spesso di vederlo solo e lo sguardo adorante di Florence non sfuggì nemmeno a Benji. "Oggi siamo beate fra gli uomini."

Con nostro stupore accettò l'offerta, mettendosi a sedere a capotavola alla mia destra e sinistra di Florence, in bilico tra tachicardia e soffocamento. "A dire il vero vado un po' di fretta, ma mangio un boccone volentieri." Come se lo notasse solo ora, rivolse un cenno di saluto in direzione di Benji.

Mi affrettai a incrociare le presentazioni. "Patrick lui è Benji. Benji ti presento Patrick, un nostro collega."

Fu un istante, ma ebbi la netta impressione che si scrutassero come se si fossero visti in precedenza. Ciononostante Benji mantenne un'aria rilassata, mentre Patrick assunse un'espressione che avrei definito quasi di fastidio. Rammentai la sua battuta, quando mi aveva vista pallida e sconvolta, convinto che Benji fosse colpevole del mio stato e meritasse una bella lezione. Gli Irlandesi sono uomini di parola, devo ricordarmi di dirlo a Flo.

"Ciao Patrick" salutò Benji con fare pacifico, "credo tu mi abbia indicato la strada un paio di giorni fa."

"Vi siete già incontrati?" non potei fare a meno di domandargli, cercando di non suonare troppo sorpresa. Come potevano conoscersi?

Benji annuì con un gesto del capo. "L'altro giorno, mentre ti cercavo a villa Borghese."

Patrick inarcò un sopracciglio, e nei suoi occhi balenò l'ombra di un ricordo. "Mi hai chiesto dove si trovasse il museo. Peccato non aver saputo allora chi fossi."

Fissai prima l'uno e poi l'altro senza capacitarmi di una tale coincidenza, cogliendo nel tono di Pat un'evidente provocazione.

"A sentire voi i parchi vanno frequentati di più la domenica pomeriggio" esordì Carrie strappando a tutti un sorriso.

"Cosa fai nella vita Benji?" domandò Pat, pacato solo in apparenza. Lo conoscevo abbastanza per intuire che qualcosa non andava. Per carattere era solito limitarsi a ignorare gli esponenti del suo stesso sesso, soprattutto se percepiti come potenziali rivali.

Benji incrociò il mio sguardo solo un istante prima di rispondere, e realizzai quanto fossimo stati ingenui a non concordare le risposte alle domande più scontate. "Gioco a calcio, ma niente di serio."

Sai com'è, dalle mie parti sono un fuori classe ma sto cercando di smettere per rimanere accanto alla mia ragazza, che tra parentesi è incinta ma preferisce tenere la notizia per sé. Sai per caso se esistono gruppi di sostegno per calciatori anonimi?

Chiusi gli occhi per un attimo, respirando a fondo e mettendo a tacere la vocina nella mia mente. Avremmo trovato una soluzione, prima o poi.

"Davvero? Ti andrebbe di unirti al nostro torneo di calciotto interaziendale?"

Trattenni a stento una risata. Tanto valeva chiedere a Gigi Buffon di giocare in incognito su una spiaggia del litorale romano.

"Non ho mai giocato a calciotto, in cosa consiste?"

Mi limitai a osservare entrambi in silenzio, e gli sguardi incuriositi di Carrie e Florence lasciarono a intendere di aver sospeso la questione dei sei mesi in attesa di nuovi sviluppi.

"Si tratta di calcio a otto, anziché a undici, con regole semplificate. In che ruolo giochi?"

Benji sembrò ignorare il tono di malcelata sufficienza di Patrick. "Solitamente sto in porta, ma volendo posso improvvisarmi attaccante."

A quelle parole un sorriso si aprì sul mio volto, e incrociando il suo sguardo vi lessi il ricordo del contropiede visto insieme su youtube.

"Il nostro portiere è molto bravo e la squadra è al completo. Ad alcuni nostri amici manca il terzino destro, che li ha dovuti lasciare per impegni di lavoro. Ti va di unirti a loro?"

"Perché no, sembra divertente."

Florence si risvegliò dal proprio torpore, lasciando me e Carrie con un palmo di naso. "Possiamo venire a vedervi giocare?"

Era la prima volta che apriva bocca in presenza di Pat e lui stesso si voltò a guardarla stupito. L'espressione sul suo volto mutò e le sorrise con dolcezza, mentre sulle guance di lei scorrevano tutti i colori dell'arcobaleno.

"Certo, anche se non credo vi divertirete molto."

"Lo dici tu Shannon, porteremo i pon pon e organizzeremo una coreografia con i fiocchi."

Lanciai un'occhiata perplessa in direzione di Carrie, le cui doti di coordinamento lasciavano alquanto a desiderare.

"Non ho mica detto che ballerò, per quello ci siete voi." Florence si unì al mio sguardo perplesso ma lei non si scompose. "Che gusto c'è ad avere un'idea se non mette in imbarazzo nessuno?"

 

* * *

 

Sempre più assurdo, eppure il cuore batteva come se fosse la prima volta. La prima volta che posavo gli occhi su di lui. La prima volta che il suo sorriso, unica luce nel freddo buio di una caverna, mi scaldava il petto. La prima volta.

Si muoveva in campo, un banale campo di calcetto romano, ed era lui. Il mio amore. Non riuscivo a capacitarmi di averlo accanto. Per quanto ancora sarebbe rimasto? Il solo pensiero mi toglieva il fiato, lasciandomi priva di forze. Vivere alla giornata sembrava l'unica soluzione plausibile per non impazzire eppure, prima o poi, avrei dovuto dirgli che sarebbe diventato padre. E un figlio avrebbe richiesto ogni attenzione, l'amore più indissolubile e incondizionato. Non certo un impegno da gestire alla giornata.

Forse raggiunto dai miei pensieri Benji si voltò a guardarmi, strizzando l'occhio e pregustando il divertimento che sarebbe venuto. Il cuore mancò un battito. Possibile che una manciata di mesi soltanto ci separasse dai mondiali e dallo stadio di Kuala Lumpur dove, capitano della nazionale, aveva disputato la partita contro la Malesia? 

Lo osservai palleggiare con scioltezza. Sembrava felice, nulla del suo comportamento lasciava ad intendere che il mio mondo gli stesse stretto, che i suoi compagni e gli agi ai quali era abituato gli mancassero. Possibile che l'amore e una partita tra dilettanti fossero sufficienti? La logica si scontrava con il fiabesco romanticismo che ammantava la nostra vita da quando mi era comparso davanti come in sogno. Difficile non temere che svanisse da un momento all'altro, lasciandomi sola una seconda volta. 

Scossi il capo, cercando di ignorare la violenta stretta che mi attanagliava il petto e concentrandomi su ciò che gli occhi vedevano e la mente faticava a razionalizzare. Sarebbe stato così divertente dire ai ragazzi in campo con chi si apprestavano a giocare, forse più entusiasmante ancora che disquisire sulla catapulta infernale e la curvatura del campo secondo Takahashi. Sorrisi al pensiero che Pat aveva negato a Benjamin Price di difendere la propria porta. Se solo avesse saputo.

"Ciao Myriam" salutò una voce squillante alle mie spalle.

Mi voltai ricambiando il saluto. La sorella minore di Pat prese posto alla mia sinistra. Era una ragazza deliziosa, anche lei mora con gli occhi verdi, poco più di vent'anni e uno stuolo di ammiratori al seguito. 

"Come stai Eilis? Non mi aspettavo di vederti qui. Sei venuta a fare il tifo per Pat?"

"Certo che no" rispose lei con una piccola smorfia. "Due amici dell'università giocano nella squadra avversaria e, già che ci sono, ne approfitto per dare un'occhiata in giro. Sai per caso dirmi chi è quel ragazzo pazzesco? Se scopro che è un amico di Pat lo uccido per non avermelo presentato."

Non ebbi bisogno di seguire il suo sguardo per capire di chi stesse parlando. Forte di una nuova quanto inconsapevole dolcezza, Benji mieteva vittime senza quasi accorgersene. Ciononostante gelosia e possesso sembravano fuori luogo quanto un sacchetto di plastica nel limpido mare artico.

"Giù le mani Eilis, Benji è proprietà privata" puntualizzò Carrie con il solito tempismo. Le rivolsi uno sguardo carico di gratitudine. Di comune accordo con Florence aveva soprasseduto sul silenzio delle ultime settimane, intuendo che la mia reticenza aveva radici più profonde di quanto non lasciasse trapelare la mia recente rinascita.  

Eilis mi fissò allibita e per poco non scoppiai a ridere. "Davvero state insieme? Dimmi che non credete nella monogamia, un tipo così va condiviso con il genere femminile."

"Mettiti in fila ragazzina" ribatté Carrie lanciandole un'occhiata divertita.

La piccola Shannon mi lanciò uno sguardo di sincera ammirazione. "Complimenti My, tienitelo stretto. Se lo lasci anche solo un minuto non garantisco il rispetto del territorio. Più tardi me lo presenti?"

Annuii con un gesto del capo, volgendo l'attenzione al campo di gioco. I ragazzi erano schierati nelle rispettive metà campo e sorrisi alla vista di Benji che ricopriva il ruolo storico di Harper, e a come Bruce avrebbe commentato l'avvenimento. In fondo era meglio non dare troppo nell'occhio, cosa pressoché impossibile per lui stando in porta.

Pat diede il calcio di inizio e la palla passò da un piede all'altro con un certo disordine. Per un paio di minuti Benji si limitò a seguire l'azione dalla sua posizione di difesa. Sebbene si muovesse appena ogni muscolo era calibrato al millimetro, e la differenza di stile era lampante. Unico a non stonare con la propria presenza, Pat alimentava la persistente quanto illogica somiglianza con Tom. 

Sospirai. Non solo Becker mi mancava come il sole in inverno, ma Benji sembrava trarre forza dal suo elemento ancor più che nei tanti momenti in cui avevo avuto modo di ammirarlo in precedenza. Senza uniforme, con scarpini improvvisati e fuori dai pali che era solito difendere a costo della propria incolumità, la passione traspariva da ogni suo gesto in maniera quasi dolorosa. Il calcio era la sua vita, nulla e nessuno avrebbe mutato tale realtà. 

Il cuore si spezzò alla penosa consapevolezza che tutto l'amore del mondo non avrebbe colmato quel vuoto a lungo e che, presto o tardi, sarebbe tornato a casa. Senza di me.

"È davvero carino, dovrebbe fare il modello o l'attore." Le parole di Carrie si insinuarono tra i miei pensieri e mi resi conto di aver semplicemente smesso di respirare. "La prossima volta che parti ti accompagno e fingo un malore, chissà che non capiti la stessa fortuna anche a me. Flo che ne pensi?" domandò volgendo la sua attenzione verso l'amica in religiosa contemplazione. "Florence Maxwell, sei ancora tra noi?"

"La stiamo perdendo" risposi al suo posto, dandole una pacca sulla spalla e cercando di ignorare il lato oscuro della mia mente. "Se continua così non tornerà più allo stato vigile."

"Spiritose. Oggi ho fatto grandi progressi."

Carrie annuì come una madre rivolta al figlio meno sveglio della prole. "Continua così e forse tra una decina d'anni lo inviterai a uscire."

Florence fece spallucce. "Nel frattempo mi godo la partita. Devo ancora decidere se mi piace di più in giacca e cravatta o in calzoncini corti."

"Nessun dubbio a riguardo" sentenziò Carrie autorevole. "Meglio nudo, così sai cosa aspettarti."

Scoppiai a ridere, attirando l'attenzione di Eilis che seguiva con attenzione l'evolversi della partita. "Di chi state parlando?"

Florence divenne paonazza e Carrie sventolò l'aria con la mano tesa a minimizzare il discorso. "Ehi My, lo sai che il tuo Benji non gioca affatto male?" commentò con un tono serio che poco le si addiceva.

Mi voltai in direzione del campo e non potei che darle ragione. Del tutto ignaro dello spettacolo che offriva ad occhi esterni, Benji si muoveva come un gatto all'inseguimento di un topo giocattolo, gli occhi vigili e fin troppo consapevoli. I passaggi di palla si susseguivano morbidi e precisi, suscitando un inevitabile stupore che in pochi minuti dilagò dal campo agli spettatori.  

Solo Patrick sembrava troppo preso dal gioco per accorgersene. Ogni tentativo di arrivare in porta si infrangeva contro un muro di gomma, fin quando l'arbitro non fischiò fallo per un intervento che sembrava dettato più dal nervosismo che da un'effettiva necessità.

"Che razza di modi sono?" si risentì Eilis alla vista del difensore a terra al quale Pat aveva allungato un braccio per aiutarlo ad alzarsi. 

La partita sembrava bloccata su un diplomatico zero a zero, Benji auto relegatosi in difesa e il resto della sua squadra schierato in attacco. Gli avversari, Patrick in testa, sembravano aver dimenticato lo spirito goliardico dell'incontro, e persino dagli spalti potevamo percepire il crescendo di tensione in campo. 

Sullo scadere del primo tempo Pat tentò l'ennesimo dribbling, fermato dall'irresistibile gioco di gambe di Benji accompagnato dal doppio fischio dell'arbitro. Non c'era da stupirsi che si sentisse frustrato, chiunque non fosse a conoscenza della sua reale identità avrebbe provato la medesima rabbia.

"Si stanno avvicinando, me lo presenti?"

Mi ci volle un attimo per capire a cosa alludesse Eilis. Alla vista del rossore che le si era dipinto sulle guance provai una gentile compassione per la sua giovane età, piena di incanto e aspettative verso il futuro che l'attendeva.

"Benji ti presento Eilis, la sorella di Pat."

"Ciao Eilis, tuo fratello è un osso duro" rispose lui avvicinandosi con aria divertita. Per un attimo scollegai il cervello, chiedendomi se il suo sorriso fosse sempre stato così luminoso.

"Ciao" rispose lei fissando il suolo e stringendogli la mano, titubante. Non l'avevo mai vista abbassare gli occhi di fronte a nessuno, e ne attribuii la colpa alla realtà che rendeva il mio capitano più intrigante di quanto non fosse umanamente accettabile.

"A questo punto voglio capire una cosa" intervenne Carrie smorzando l'atmosfera sospesa che si era andata formando. "Quando passerai in attacco? Persino un cieco si accorgerebbe che ti stai trattenendo."

Benji si passò la mano fra i capelli sudati. "A dire il vero preferisco stare in porta" ammise con sincerità, e la morsa allo stomaco reclamò l'attenzione che cercavo disperatamente di negarle.

"Perché non chiedi il cambio?" domandò Pat avvicinandosi alle sue spalle. Tutti gli occhi puntarono il ragazzo, e non potei ignorare la tensione che albergava in ogni muscolo del suo corpo. Un cavaliere pronto a difendere il proprio onore e quello del regno, la sua indolenza un ricordo ormai lontano, al punto che mi domandai se lo avessi mai conosciuto davvero.

"Non vorrei abusare della gentile ospitalità che mi è stata riservata" ribatté Benji serrando impercettibilmente la mascella. 

"Se lo dici tu."

Uno scambio di sguardi tipicamente maschile sugellò il rapido scambio di battute, come se un diverso significato si celasse sotto parole all'apparenza innocue.

"Perché non vai in porta?" insisté Eilis unendo i palmi delle mani con un piccolo saltello. "Se la partita dovesse finire in parità andreste ai rigori e Pat avrebbe pane per i propri denti."

Incollai gli occhi sul volto di Benji, e potei percepire la tentazione di raccogliere la sfida resa ancor più esplicita dal silenzio che aveva accompagnato le parole di Eilis. Forse convinto di dover vendicare chissà quale ingiustizia, Pat puntava allo scontro diretto.

"Dai Benji sarà divertente" lo esortarono Carrie e Florence quasi all'unisono.

I nostri sguardi si incrociarono e Benji lesse in me il timore che qualcosa andasse storto, richiamando l'attenzione del nostro amato vecchietto.

"Va bene" rispose con un mezzo sorriso, rivolto più a sé stesso che non a me.  

Priva del coraggio di dissuaderlo pensai che la medesima sfida gli era stata fatta da Holly tanti anni prima. I cicli della vita si ripetono, non potei fare a meno di considerare mentre Benji infilava i guanti prestatigli dal primo portiere, prima di incamminarsi serio verso la porta. 

 

 

Note:

(38) DefCon è un acronimo statunitense che significa stato di difesa (Defense Condition) e indica lo stato di allerta delle Forze Armate degli Stati Uniti. Lo stato di allarme comprende cinque gradi, dove l1 è il più elevato, ed è segnalato visivamente nella camera ovale della Casa Bianca e in tutti i comandi militari.

 

Per scrivere questo capitolo ho tratto ispirazione dalla dolcissima "Words don't come easy" di F. R. David che potete ascoltare al seguente link: http://www.youtube.com/watch?v=nNGWH-bAEuM

Per quanto concerne il cast, mi sono concessa una divertente ricerca sulle "mie" guest star in versione cinematografica! ^_^

 

¨ ¨ ¨

 

Cast della FF

 

Myriam

Benji

Patrick

Florence

Carrie

Eilis

 

¨ ¨ ¨

 

In risposta alle splendide recensioni ricevute... grazie per seguirmi anche quando non riesco ad aggiornare quanto vorrei!^__^

(mi si sta scaricando la batteria del portatile e sto scrivendo più veloce che posso, perdonate gli eventuali refusi^^)

 

Eilis

Ciao cara! Non potevi saperlo ma mi hai fatto compagnia per gran parte del capitolo... Mi sono così divertita a scrivere di te, Florence e Carrie^__^

Sono felice che l'ultimo capitolo ti sia piaciuto, provavo il bisogno di allentare la tensione e sembra che vi sia riuscita. Ora sono curiosissima di sapere se ti piace il tuo personaggio e se l'attrice che ho scelto per interpretarti ti aggrada. Non conoscendovi sono andata a sensazione^__^

Grazie come sempre per le tue dolcissime parole e a presto!

 

benji79

Ciao benji79! Che ridere leggere i tuoi commenti sull'ultimo capitolo, ero convinta che vi avrebbe divertito come ha divertito a me scriverlo. Mi sono chiesta a lungo come gestire il loro incontro e, romanticismo a parte, mi sono chiesta cosa avrei fatto se mi fosse capitata realmente tale fortuna.

Non ho pensato a fargli vedere l'episodio del gol in rovesciata, però credo di aver trasmesso cmq l'idea delle pause infinite e assurde tra un'azione e l'altra :-)

Tocca organizzare un viaggio in Giappone per intervistare Takahashi o, in alternativa, il suo spacciatore di fiducia...

 

Carrie_brennan

Carissima!! Ecco la mia seconda guest star, anche tu mi hai tenuto un sacco compagnia, aiutandomi a smorzare la tensione tra i personaggi... Grazie^^

Posso senza alcun dubbio dire che adoro il tuo personaggio, e spero che la cosa diverta anche te. Mi sono presa più di una licenza sulla scelta dell'attrice, non avendo molti elementi fisici dai quali partire. Che ne pensi?

Sono molto contenta che il capitolo in cui M&B si ritrovano ti sia piaciuto, anche a me mancavano tantissimo le loro scene dolci, ironiche e divertenti. Sicuramente Benji sta evolvendo, lontano dalla sua solita vita sta acquisendo una nuova consapevolezza di sé e dei suoi sentimenti, e mi piace davvero tanto scriverlo. Se non fosse per la mancanza di Tom, la nuova situazione sarebbe quasi perfetta^_^

Mi dispiace solo che la dose periodica della mia storia si faccia attendere più di quanto vorrei, spero che a settembre riuscirò a riprendere i soliti ritmi. Un bacione!

 

Fulmy

Ciao Fulmy! Che bello che il loro incontro ti sia piaciuto tanto, ci ho messo un sacco a scrivere i brevi paragrafi in cui, increduli ed emozionati, finalmente si ritrovano. Il pezzo dei video su youtube poi è stato TROPPO divertente... Continuavo a ridere fra me, e mio marito ha cominciato a pensare seriamente che fossi diventata matta!^_^;

E così sogni di cantare la sigla del cartone al nostro Benji? Beh... Potrebbe essere divertente, visto che ho in mente di farti fare la cantante anche nella mia fic. Staremo a vedere^_-

Per quanto riguarda i mondiali, purtroppo non ho fatto in tempo a fare avere a Benji e Holly la cittadinanza italiana... Ma non sarebbe male rivedere i mondiali in chiave diversa nella storia, che ne dici?

Scherzi a parte, come dici tu il difficile deve ancora arrivare, per quanto Myriam cominci già a condire i suoi pensieri con le prime paranoie... Come dicevo, staremo a vedere. Ciao ciao e alla prossima!

 

Ladyvale

Grazie per la carinissima recensione, sono felice di sapere che la storia ti appassiona e che l'ultimo capitolo ti sia piaciuto tanto! Sarebbe molto divertente far venire dalle nostre parti altri personaggi del manga, ma non vorrei creare confusione e scadere nel ridicolo.

Al momento temo che dobbiate accontentarvi di Benji^__^

Grazie ancora per la recensione e se ti va fammi sapere cosa pensi di quest'ultimo capitolo. Ciao e alla prossima!

 

Dafny

Ciao Dafny! Se qualcuno deve sentirsi in colpa quella sono io, è passato più di un mese dal mio ultimo aggiornamento e mi vergogna come una ladra :-(

In effetti il capitolo 28 è venuto più corto rispetto agli altri, e ho cercato di rimendiare con quest'ultimo che invece è un pochino più lungo. Spero che, dopo il video del cartone, anche la partita di calciotto sia di tuo gradimento, colmando almeno in parte la tua "crisi di astinenza" ;-) Baci e a prestissimo!

 

bex

Tesorina!!! Grazie per le tue parole deliziose, e perdona il mostruoso ritardo nell'aggiornamento. Non ci crederai, ma con la pressione bassa che mi ritrovo, il caldo rendeva i miei personaggi tesoro mosci quanto me. La prima stesura del capitolo era a dir poco TERRIBILE, con Benji e Myriam pallide ombre di sé stessi. Ammetto che farli interagire con il nostro mondo è stato più difficile del previsto, in quanto andava costruito tutto da zero, senza nessuno degli "appigli" soliti a cui si può fare affidamento nelle fic.

Spero cmq che gli esami siano andati bene, e che questo aggiornamento rappresenti un diversivo nelle giornate di ozio estivo ^__^

Come vedi Myriam non ha ancora trovato il modo di dire a Benji che aspetta un bambino e, ovviamente, la cosa andrà complicandosi maggiormente (altrimenti che divertimento c'è ^_-). Come alla nostra beniamina, anche a me manca tantissimo Tom, solo in parte "sostituito" da Pat. Purtroppo dovremo portare un po' di pazienza prima di rivederlo, e ricordo bene che sei disponibile a consolarlo, tranquilla ;-)

Ti mando un bacio grandissimo e resto intrepida attesa dei tuoi commenti che mi emozionano sempre tantissimoooooooo!!!!

 

Lady Snape

Ciao Lady! Sei carinissima a seguire la storia con pazienza e dedizione, e mi scuso per essere sparita nel nulla tanto a lungo. Spero che durante le vacanze trovi cmq il tempo per leggere quest'ultimo capitolo e per dirmi cosa ne pensi! Dopo l'urlo e la risata, chissà cosa mi dedicherai stavolta :-)

Lo sai che ai mondiali ho pensato anch'io divertita che il Giappone era andato più avanti di noi? Non che ci volesse molto purtroppo, ma devo dire che Casillas mi è sembrato un ottimo Benji... E il bacio che ha dato alla sua fidanzata in diretta TV mi ha fatto morire!!!! Che dici se faccio la stessa cosa con Benji e Myriam? Hehe... Ciao ciao e a presto!

 

simplyunica

Benvenuta mia nuova piccola fan! Devo dire che mi dispiace che tu abbia iniziato a leggere la mia storia proprio nel mezzo del mio blocco dello scrittore (si fa per dire^^), spero che continuerai a seguirmi nonostante la lunga pausa!

Mi fa sempre stra-piacere sentire che la si è letta quasi tutta di un fiato, anche perché si sta facendo piuttosto lunghetta, e non è un'impresa affatto banale.

Posso chiederti se l'evoluzione dei personaggi ti è piaciuta? Sono cresciuti molto rispetto ai primi capitoli, e sono ovviamente troppo dentro alla trama per viverla come un lettore esterno che legge tutto con continuità :-)

Mi diverte sentirti pessimista, gli ho complicato proprio la vita ai nostri poveri personaggi. Posso cmq dirti con tranquillità e senza guastarti la sorpresa che ci sarà un lieto fine, per quanto non so ancora quanto lontano. Spero continuerai a seguirmi, anche solo per ritrovare il nostro Tom che manca a tutte moltissimo!

In risposta alle tue domande: no, Myriam non è mai stata in coma, la sua esperienza, per quanto surreale, è del tutto vera. Per quanto concerne la scelta di Benji non vorrei rovinarti la sorpresa, e scoprirai nei prossimi capitoli se si pentirà o meno della sua scelta.

L'attore che lo interpreta è in realtà un modello brasiliano poco conosciuto in Europa. Per anni è stato il testimonial di Armani in brasile, e purtroppo ora è un poco invecchiato rispetto alla foto che ho scelto. Ora non ricordo il suo nome, entro il prossimo aggiornamento lo recupero e te lo scrivo.

Un'ultima cosa: non scusarti minimamente per la vena pessimista né tantomeno per la lunghezza dei tuoi commenti, ti assicuro che mi fanno piacerissimo e mi spronano a scrivere in ogni mio momento libero! Quando pubblico un capitolo mi collego ogni giorno nella speranza di trovare una nuova recensione^__^

 

Florence

Ciccia!!! Non parliamo di ritardo che vorrei sotterrarmi... Allora, che ne dici del tuo alter ego virtual-cartaceo e dell'attrice che ho scelto per te? Sono curiosissima di sentire i commenti...

Tornando alla tua precedente recensione, mi hai fatto sbellicare dalle risate, e sono felice che la mia idea di "fugace contemplazione" su youtube ti sia piaciuta!

Sono anche felice di leggere che tutte vi aspettavate risposte ai dilemmi che da sempre ci tartassano, il che vuol dire che il mio Benji è davvero convincente^__-

Per quanto concerne il tuo dubbio espresso con sintassi da premio nobel della fisica, ti dirò che non sono ancora certa di come far rimanere insieme i nostri protagonisti... I dilemmi da risolvere, non in ultimo le modalità in cui Myriam svelerà a Benji la sua imminente paternità, non sono da poco. Qualche suggerimento? ^__^

Un bacio grandissimo!!!!

 

AryYuna

Benvenuta AryYuna, e grazie per la carinissima recensione! Non preoccuparti per aver aspettato un po' prima di recensire, l'importante è che tu l'abbia fatto ^__^

Sono felice che il personaggio di Myriam ti piaccia, cerco di infonderle tutto il coraggio che posso e di recente, con tutte le cose che le sono capitate, non è stato facile. Ciò detto, credo fermamente che chiunque di noi farebbe volentieri a cambio con lei, non credi?

Per quanto mi concerne, non avrei mai potuto usare i nomi del manga, in quanto non li ho mai sentiti come "miei". L'argomento è stato dibattuto in diverse recensioni, e sono felice di sapere che la pensi come me :-)

Come detto a Simplyunica, mi dispiace solo che la frequenza di aggiornamento abbia recentemente subito una forte battuta di arresto. Ora con le ferie avrò più tempo ma starò spesso in giro, conto di aggiornare tra fine mese e i primi di settembre.

Cercherò di tornare sul personaggio di Mark, e su tutti i ragazzi che ci siamo lasciati lontano, non appena possibile. Non temere, anche se non vedranno altri episodi del cartone non mancheranno altre situazioni divertenti.

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Capitolo 30
*** Parte IV - Capitolo 30 ***


Rieccomi, di rientro da una splendida vacanza in Turchia! In giro per bazar, siti archeologici e calette turchesi sono stata colta dall'ispirazione per questo aggiornamento più calcistico del solito ma denso di avvenimenti. Purtroppo, data la piega presa dal capitolo, non mi è stato possibile inserire nuove guest star. Cercherò di rimediare non appena possibile.

Spero che le vostre vacanze siano state spettacolari e che questa lettura vi consoli almeno un po' del rientro a casa/ufficio/scuola/università^__^

Fatemi sapere cosa ne pensate, nelle ultime settimane le vostre recensioni mi sono mancate tantissimo! Lady Snape, Fulmy, Sany, Eilis... se non tornate faccio come la particella di sodio della pubblicità ^__-

Bacini a tutti!^^

 

 

30

 

Benji

 

Una situazione quanto mai bizzarra. Era un po' come essere tornati a scuola, quando il calcio era solo un gioco e, per quanta passione ci mettessimo, si alternava alle nostre vite di studenti. Sebbene non fossi mai stato un tipo spensierato, mi ero dimenticato cosa significasse prendere le cose alla leggera.

Mi trovavo su un campetto qualunque, con avversari la cui preparazione era assimilabile alla Newppy prima maniera. Eccezion fatta per Patrick che, strano a dirsi, mi ricordava qualcuno di cui non riuscivo però a cogliere i lineamenti.

La mia piccola peste gli piaceva, era lampante, e non potevo certo biasimarlo. Probabilmente non aveva gradito il mio rientro in scena, credendomi forse un ex indeciso e un tantino bullo. Sorrisi divertito all'idea di quanto, tutto sommato, quel mondo fosse simile al mio.

Volsi lo sguardo agli spalti in attesa dell'ennesima pausa di gioco. Avevo parato i primi tiri in porta cercando di non addormentarmi in piedi, nella speranza che Patrick si decidesse a fare sul serio. Myriam mi fissava intensamente, a tratti preoccupata, nonostante giocassi ben al di sotto degli standard tenuti in allenamento. Date le dimensioni ridotte del campo, prevedere le mosse degli attaccanti avversari era fin troppo semplice. Stare in difesa si era rivelato di gran lunga più divertente.

Un movimento sulla destra attirò la mia attenzione. La seconda punta, di cui non ricordavo il nome, si era fatta avanti smarcando il ragazzo che aveva preso il mio posto sulla fascia arretrata. Bastò un'occhiata alla posizione del piede e la traiettoria del pallone si delineò prima ancora che partisse il tiro. Spostai il peso del corpo lateralmente con ostentata lentezza e fermai il colpo con entrambe le mani, di modo da mantenere ad occhi inesperti una parvenza semi dilettantistica.

Se Holly e Tom mi vedessero riderebbero a crepapelle pensai in un lampo divertito, per non parlare di Lenders. Mi sembrò quasi di udire le parole di scherno accompagnate dalla sua tipica smorfia beffarda.

Stavo per tornare con l'attenzione agli spalti quando qualcosa mutò nell'aria. Fu solo un istante, ma sentii un formicolio diffondersi lungo la schiena e tutti i sensi allertarsi. Mi voltai mentre Patrick, in un contropiede da manuale, smarcava uno dei difensori come fosse stato un palo della luce. La gamba destra si liberò agilmente da un mal riuscito tentativo di scivolata e, con tutto il peso spostato in avanti, tirò un colpo che mi lasciò di stucco.

La mia presunzione era seconda solo ai duri allenamenti ai quali mi sottoponevo. Mi tuffai istintivamente in avanti, bloccando il pallone a meno di un metro dalla linea di porta. Rialzandomi non potei esimermi dal lanciare un'occhiata ammirata al ragazzo, ricambiata da un gesto di comprensibile esasperazione. Aveva dimostrato un livello di prontezza e precisione fuori dal comune. Peccato che un simile talento andasse sprecato.

Rimisi il pallone in gioco con un guizzo di entusiasmo, ma gli scambi ripresero il solito iter prevedibile e dovetti trattenere più di uno sbadiglio. Come previsto dalla sorella di Patrick il risultato rimase in assoluta parità e solo i rigori avrebbero potuto decidere le sorti della partita. Attesi con pazienza che venisse assegnato l'ordine di tiro, fin quando l'arbitro non indicò la porta difesa nel corso del secondo tempo.

Sorrisi al pensiero di non aver mai preso posto fra i pali con tale tranquillità, provando un bonario senso di colpa nei confronti del primo avversario intento a posizionare il pallone sul dischetto. Lanciai uno sguardo in direzione di Myriam e rimasi stupito nel vederla in piedi. Dopo un primo istante di sconcerto, capii. Non aveva paura che segnassero, bensì del contrario. Parare cinque rigori su cinque era un'impresa impossibile per un portiere normale. Forse la cosa migliore per non destare sospetti sarebbe stato permettere loro di segnare almeno un gol.

Non il primo però pensai lanciandomi sulla sinistra, direzione intuita fin dalla rincorsa presa dal numero sette.

Un coro di applausi accompagnò la parata da me enfatizzata in maniera quasi comica. Possibile che nessuno oltre Myriam notasse le mie movenze grottesche?

La voce di Lenders giunse alle mie orecchie tanto nitida da sembrare vera. Ti sei ridotto a giocare con un branco di dilettanti Price, non ti manca il tiro della tigre? Scossi il capo per respingere la risposta prima che questa si delineasse chiara nella mia mente.

Anche il primo tiro da parte nostra andò a vuoto, finendo un paio di metri oltre il palo. Sospirai, non potendo certo permettere che l'altra squadra passasse in vantaggio. Alla mia seconda parata seguì finalmente il primo gol e, con la morte nel cuore, decisi di permettere a un emerito quanto inconsapevole ragazzetto di violare la mia rete. Un attimo prima che questo si mettesse in posizione incrociai lo sguardo di Patrick, carico di una rabbia che aveva eguali solo nella mia misurata rassegnazione. Per quanto l'intera situazione fosse contraria a ogni principio sportivo, non meritava l'affronto di vedere un altro riuscire laddove aveva più volte fallito.

Ero certo che ci saremmo affrontati per ultimi e tornai sulla decisione appena presa. Parai il terzo tiro, atterratomi dritto fra le braccia e, sempre sull'uno a zero, mi limitai a lasciar volare il quarto sopra la traversa.

Alcuni minuti dopo non potei fare a meno di associarmi alle lodi espresse da Patrick nei confronti del proprio portiere. Nervi saldi e riflessi pronti gli avevano permesso di contenere lo svantaggio che altrimenti ci avrebbe portati a vincere prima che la tornata di cinque rigori venisse completata.

Il momento tanto atteso da entrambi era giunto. Con gesto automatico sistemai i guanti intorno ai polsi, cercando con la punta delle dita il cappellino purtroppo assente. La serenità che fino a quel momento mi aveva contraddistinto si diluì in tensione controllata.

Tornai nuovamente tra i pali, flettendo le gambe un paio di volte per ammorbidire le articolazioni, quando la voce di Patrick interruppe il mio cerimoniale.

"Che ne dici di cambiare un po' le regole Benji?"

Lo guardai con aria interrogativa. "Cosa proponi?"

"È lampante che ti stai annoiando, perché non sostituire il rigore con un vero confronto a due?"

Un brusio percorse la piccola folla di spettatori mentre un sorriso si apriva sul mio volto. Spavaldo ma simpatico, il ragazzo. Potevamo così cogliere due piccioni con una fava. Io divertirmi un po' e lui riuscire a segnare senza che perdessi troppo la faccia.

Che Lenders non lo venga mai a sapere, fu l'augurio che accompagnò il mio cenno di assenso.

"Perfetto. Parto dal centro campo e ci confrontiamo in qualunque punto sia di tuo gradimento."

"Ci sto."

Volai con i ricordi al primo incontro con Roberto Sediño che, tanti anni addietro, mi aveva insegnato a non sottovalutare nessun avversario. Chissà che Patrick non stupisse tutti con un'impeccabile rovesciata.

Myriam mi esortò da lontano e percepii nel suo timbro di voce un timore più che legittimo. Tranquilla peste, nessun'acrobazia fuori dal comune.

Il mio avversario si posizionò sul dischetto centrale e poco dopo l'arbitro fischiò, dando inizio alla sfida.

Senza che quasi me ne rendessi conto i contorni del campo si fecero più nitidi nel mio spettro visivo, cancellando ogni elemento di disturbo. Seguii i movimenti di Patrick come al rallentatore, per un attimo indeciso se uscire dall'area di rigore, ma rinunciando subito per conferirgli un vantaggio che livellasse il confronto.

Si avvicinò con falcate calibrate che non lasciavano a intendere con quale piede avrebbe tirato e d'un tratto capii chi mi ricordava. Il fisico e i movimenti flessuosi di Tom sembravano rivivere in quel ragazzo, sebbene la tecnica dei due attaccanti non fosse in alcun modo paragonabile.

Quel pensiero mi strappò un moto di soddisfazione, facendomi accettare di buon grado il gol che mi apprestavo a subire. Avanzai di qualche metro, le mani protese in avanti e pronto a lanciarmi in direzione del calcio che credevo imminente, ma Patrick mi prese alla sprovvista avvicinandosi ancora. Lo fissai stupito accelerare la sua corsa, fino a puntare la gamba sinistra a terra e prendere lo slancio per tirare una cannonata con il destro.

Scattai anticipando di una frazione di secondo il contatto con il pallone, sottovalutando l'effetto che mai avrei creduto potesse infondere alla sfera un calciatore non professionista.

Vidi la traiettoria variare quel tanto che bastava per eludere il mio raggio di difesa. Complimenti, Becker sarebbe fiero della somiglianza pensai un istante prima di toccare l'erba. L'abitudine più forte di ogni ragionevole risoluzione, senza nemmeno pensare diedi un impulso con tutta la forza del braccio alla mano sinistra e, quasi mi apprestassi a fare una capriola al contrario, sentii il peso del corpo tornare indietro come se da casa avessero attivato il rewind con il telecomando.

Myriam mi ucciderà, pensai sentendo la punta del piede destro toccare il pallone in corsa, deviandolo verso l'alto. Non feci in tempo a rialzarmi che Patrick mi raggiunse e spiccò un salto, pronto a colpire di testa e centrare la porta incustodita.

Siamo in ballo e tocca ballare, perdonami peste.

Con un istante di ritardo recuperai l'equilibrio e scattai in aria, il braccio teso per colmare la differenza di altezza dovuta al contro tempo. Preso alla sprovvista ma senza perdersi d'animo Patrick si protese in avanti, sbilanciandosi completamente e colpendo il pallone in malo modo prima di ricadere su di me.

Una violenta fitta al volto precedette il contatto con il suolo e solo l'esperienza accumulata negli anni mi permise di scostarmi, evitando così di venir schiacciato dal peso dell'improvvisato acrobata.

"Scusami Benji, ho perso l'equilibrio" disse poco dopo con un'occhiata di sincero imbarazzo, e fui il solo a controllare dove fosse il pallone.

L'orgoglio ferito mi dolse più del colpo ricevuto. La sfera bianca e nera era ferma sulla linea di porta, persino un alito di vento avrebbe potuto farla entrare.

"Benji stai bene?"

La voce allarmata di Myriam cancellò per un attimo la bruciante sconfitta.

"Sì, certo" risposi passandomi l'avambraccio sulla fronte per detergerla dal sudore. Solo allora notai la maglia intrisa di sangue.

"Hai preso una botta fortissima, vado a recuperare del ghiaccio e la cassetta del pronto soccorso" disse Eilis prima di assestare un sonoro scappellotto a Patrick che continuava a fissarmi con aria contrita.

Hai avuto la tua vendetta, ora siamo pari fu il muto messaggio che gli lanciai con lo sguardo, ed ebbi la netta impressione che venisse colto alla perfezione.

"Siediti Benji. Non è normale che sanguini tanto, dobbiamo tamponare la ferita."

La voce di Myriam giunse flebile alle mie orecchie. "Tranquilla peste, mi sono rotto l'arcata ciliare un migliaio di volte" replicai mentre mi premeva la sua felpa sul volto. Si sarebbe macchiata tutta e le avrebbe fatto ancora più impressione.

"Allontanati My, non sei famosa per la tua resistenza al sangue" aggiunse Carrie cercando di prendere il suo posto. Provò a protestare ma, come predetto da entrambi, la vista del cotone a chiazze vermiglio le provocò un istintivo moto di panico misto a nausea, resa quanto mai visibile dall'intenso pallore del viso.

"Carrie ha ragione, allontanati per favore."

Feci appena in tempo a prenderla per la vita che mi svenne fra le braccia.

 

A dir poco frustrante. Per la prima volta capivo cosa si provasse a vestire i panni di uno sconosciuto qualunque.

Dopo un breve quanto frenetico viaggio in macchina eravamo arrivati al vicino pronto soccorso, dove un paio di infermieri avevano preso Myriam in consegna caricandola su una sedia a rotelle che aveva visto tempi migliori. Se Florence non mi avesse fermato avrei fatto il diavolo a quattro per portarla dentro io stesso, arrendevolezza che avevo rimpianto non appena scoperto che in ospedale gli accompagnatori attendono in una squallida saletta la caritatevole attenzione del primo medico disponibile.

Con rammarico mi ero arreso all'evidenza. Ero abituato a cliniche immacolate, con personale deferente e pronto a soddisfare con solerzia ogni mia richiesta. Anche privo della veste di capitano della nazionale il nome della mia famiglia avrebbe aperto ogni porta e, ora che ne avevo più bisogno, non potevo contare su alcun ascendente per convincerli a farmi entrare, o perlomeno a tenermi informato sul suo stato di salute. La vista delle profonde occhiaie che solcavano il suo volto diafano mi aveva gelato il sangue, e l'ansia era cresciuta a dismisura quando diversi minuti dopo aveva stentato a riprendersi.

"Benji, stai facendo un solco nel pavimento."

Mi voltai verso Carrie e non potei trattenere un sorriso. Ci conoscevamo appena, eppure aveva il dono di capire come e quando sdrammatizzare una situazione.

"La nostra My ha la pelle dura, non preoccuparti" aggiunse Florence forse più per rassicurare sé stessa che non me.

Seppure con alcune censure difficili da dissimulare, Myriam mi aveva raccontato le settimane successive al suo ritorno alla normalità. Rammentai la preoccupazione espressa a suo tempo da Tom e Karl nei miei confronti e non avevo difficoltà a credere che, volendole molto bene, fossero entrambe inquiete temendo una sorta di ricaduta.

Feci qualche passo verso l'accesso all'area medica nella speranza che qualcuno venisse a darci notizie ma non ebbi fortuna. Tirai un profondo sospiro e mi guardai intorno senza riuscire a sedermi. La luce al neon si diffondeva conferendo ai muri un'aria verdognola, che ben si accompagnava all'odore di medicinale di cui persino i vestiti risultavano pregni.

"Hai una faccia terribile Price" mormorai incrociando l'immagine riflessa nella vetrata antistante la sala di accettazione. I pantaloncini sporchi di erba, la felpa infilata al volo sulla maglietta e tutta macchiata. Per non parlare del sangue rappreso intorno al sopracciglio e le due farfalle (39) che mi ero sistemato da solo, la fronte abituata a ben altri infortuni, ormai tinte di rosso. Sorrisi tra me e me, abbassando il capo al pensiero di cosa avrebbe detto Tom vedendomi in quello stato. Il mio amico mi mancava, dannazione.

"Un'infermiera, finalmente."

L'esclamazione di Carrie interruppe il filo dei miei pensieri. Non feci in tempo ad avvicinarmi che la signora sui cinquanta abbondanti quanto la sua linea scosse il capo con fare risoluto. "Solo i parenti possono entrare." Nemmeno un picchetto di protesta le avrebbe fatto cambiare idea, era palese.

"Siamo fidanzati e tra qualche mese ci sposiamo" dissi tutto d'un fiato. Qualunque cosa pur di farle cambiare idea.

Tre paia di occhi mi scrutarono alla ricerca di un'esitazione che evidentemente non trovarono, in quanto l'infermiera si fece da parte e, con un cenno risoluto, mi esortò a seguirla.

"Ottima idea" bisbigliò Florence con voce tanto bassa da essere udita da me solo. Tirai un sospiro di sollievo per essere stato creduto solo in parte, evitando così l'ennesima catastrofe diplomatica.

Poco dopo arrivammo a una porta socchiusa. Trattenni il fiato ed entrai. Myriam era stesa su un lettino, e alla vista delle piccole ventose che le avevano applicato sul petto provai una stretta al cuore, tenerezza mista a preoccupazione per la fragilità che quel corpo a me così caro emanava inconsapevole.

Avanzai di qualche passo senza staccare gli occhi da lei, prima di prenderle una mano con delicatezza. Frammenti di immagini presenti e passate si confusero tra loro lasciandomi tramortito.

"Non è nulla di grave, stia tranquillo." La voce dell'infermiera giunse come ovattata e, voltandomi, ci volle un istante per metterla a fuoco. Mi fissava con gentilezza, più che mai convinta della mia veste di futuro marito. "Chiamo il dottore così potrà darle ulteriori delucidazioni."

La ringraziai con un cenno del capo, incapace di profferir parola.

Non appena fummo soli realizzai che il silenzio della stanza veniva interrotto da un leggero pulsare elettronico. Seguii con lo sguardo l'origine del suono e notai l'ECG portatile che tracciava il battito della mia piccola peste.

Mi stupii a pensare che la vita di entrambi era appesa a quei timidi beep e trattenni a stento l'impulso di prenderla tra le braccia e stringerla a me. Con estrema delicatezza, quasi avessi timore di romperla, mi limitai a sfiorare le sue labbra con le mie.

"Come nelle favole" mormorò cogliendomi di sorpresa mentre mi allontanavo a malincuore, "svegliata dal bacio del principe azzurro."

Per poco non scoppiai in una risata liberatoria. Se era in grado di scherzare voleva dire che stava bene davvero.

"Altro che principe azzurro, la prossima volta che mi farai prendere un colpo del genere ti do una botta in testa e la facciamo finita una volta per tutte."

Il tono della mia voce non rese giustizia alla minaccia appena evocata, tanto che Myriam soffocò a stento una risatina. "A darti una bella botta ci ha pensato Pat, sembri un pirata."

Sorrisi con dolcezza carica di un sollievo difficile da descrivere. "Fai bene a ricordarmelo, dovrò quanto prima chiedergli la rivincita."

Sgranò gli occhi per lo stupore. "È riuscito a segnare?"

A quella vista non potei trattenere una smorfia divertita. "No peste, non ha segnato ma ci è andato pericolosamente vicino. Che un ragazzo, seppur di talento, sia riuscito da solo a mettermi in difficoltà non può che rendere onore a lui e preoccupare me." Mi feci involontariamente serio. "Devo appurare se in questa realtà la mia preparazione atletica ha subito qualche contraccolpo."

Un lampo attraversò gli occhi di Myriam e per un attimo temetti che stesse per svenire una seconda volta. La fugace impressione si dileguò subito e, complice la tensione delle ultime ore, mi convinsi di aver sognato. "Vado a dire alle tue amiche che stai bene, erano molto in pensiero."

"Come mai hanno fatto entrare solo te?" domandò con l'aria di chi realizza in ritardo che qualcosa non quadra e ne intuisce improvvisamente il motivo.

Strizzai l'occhio allontanandomi e, sulla porta, lanciai con fare birichino. "Ho detto che a breve ci saremmo sposati."

Mi allontanai prima che avesse il tempo di ribattere, il sorriso sulle labbra.

 

* * *

 

Patrick

 

Non erano fatti miei, e poco mi si addiceva il ruolo di cavaliere senza macchia pronto a difendere la virtù della principessa di turno.

Non erano fatti miei, continuavo a ripetermi.

Che mi era preso di giocare con il fuoco quel pomeriggio a villa Borghese, facendole una seppure scherzosa proposta di matrimonio? Il lampo vitreo colto negli occhi di Myriam non mi dava tregua. Avevo, come tutti, sofferto e causato sofferenze in amore, ma quel distillato di puro dolore mi era entrato nel cuore come un veleno di cui non conoscevo l'antidoto.

La trasferta a Milano aveva confermato i miei dubbi iniziali. Nonostante si sforzasse di apparire normale il suo sguardo spento errava senza meta, quale uno spettro la cui anima è rimasta imprigionata tra due mondi. Mi era sempre stata simpatica, forse per la grinta e la franchezza che la contraddistinguevano, e quando, agitandosi nel sonno, aveva cercato conforto sulla mia spalla, uno strano senso di protezione aveva preso il posto della curiosità iniziale.

Sentivo la mancanza dei suoi sorrisi spensierati. In parte giustificato dal fatto che fosse l'unica in ufficio a non sciogliersi ad ogni mia parola, mi ero concesso qualche battuta in più del dovuto. Mai avrei pensato che fosse così vicina al punto di rottura.

Non era stato facile lasciarla andare in quelle condizioni. Dopo numerose telefonate senza risposta avevo persino pensato di presentarmi sotto casa e citofonarle per sincerarmi che fosse arrivata sana e salva.

Quel Benji. Me ne ero fatto un'idea ben precisa prima di conoscerlo e il nostro breve incontro mi aveva spiazzato. Non sembrava tipo da sedurre e abbandonare, laddove lo avrei pensato sfuggente, il suo sguardo era fiero e determinato. Eppure la tentazione di metterlo alla prova era stata irresistibile.

In campo ce le eravamo date di santa ragione, e controvoglia dovevo ammettere la sua assoluta superiorità tecnica e fisica. Se non altro ho lasciato il segno, pensai con un sorriso velato dal senso di colpa mentre varcavo la porta del pronto soccorso.

Mi guardai intorno alla ricerca di un volto conosciuto fino a incrociare quello di Florence. Avanzai lentamente, cercando di non metterla in agitazione. Era molto timida e parlava appena, forse quell'occasione sarebbe stata utile a rompere il ghiaccio.

"Come stanno Myriam e Benji?" domandai infondendo al mio tono di voce più dolcezza del necessario.

Sebbene la luce al neon avrebbe fatto impallidire un cadavere, notai le sue guance prendere colore. "Bene credo, Benji se l'è cavata con poco. Myriam è ancora dentro ma hanno fatto entrare solo lui."

Prima di rispondere notai con la coda dell'occhio Alessandra che, ferma sulla porta, faceva dietro front convinta di passare inosservata. "Ciao Carrie" salutai deliberatamente ad alta voce. Ero abbastanza convinto di non godere della sua simpatia, e le mie recenti azioni non avevano certo migliorato la situazione.

"Shannon" bofonchiò sentendosi obbligata a prendere posto accanto a noi, "ci hai messo un po' ad arrivare."

"Ho dovuto sistemare qualche scartoffia con il responsabile degli impianti sportivi. Le polizze assicurative sono allucinanti."

"Così impari" mi apostrofò confermando l'ipotesi di poco prima. “Vedo che hai avuto anche il tempo di farti una doccia e cambiarti, ma senza dopo barba sei impresentabile.”

Non raccolsi la meritata provocazione. "Florence mi ha detto che Myriam è ancora dentro. Possibile che non si sappia nulla?"

Un lungo scambio di sguardi accompagnò la mia domanda, e avrei quasi potuto giurare che Florence fosse arrossita ancora.

"Qualcosa non va? Myriam è grave?"

"No no" si affrettò a negare Carrie, "Benji è con lei."

Cercai di ignorare quel senso di fastidio latente che mi accompagnava come una vecchia frattura esposta all'umidità. "Provo ad affacciarmi anch'io."

"Possono entrare solo i parenti" puntualizzò Florence con un cenno della mano.

"Non mi risulta che Myriam e Benji siano sposati."

Le lasciai senza attendere una risposta e, dopo un breve saluto alla guardia che era intenta a leggere il giornale, mi trovai in un lungo corridoio con diverse porte chiuse. Non potendo aprirle una ad una, stavo per fare marcia indietro quando sentii una voce alle mie spalle.

"Il signor Benjamin Price?" Un medico di mezza età si avvicinò, lo sguardo di chi conta i minuti alla fine del proprio turno.

No guardi, sono Oliver Hutton fu il rapido pensiero che mi colse mentre, per un attimo, mi chiesi se stava scherzando.

“In mancanza di un parente stretto le sue amiche hanno suggerito che parlassi con lei.” Mi resi conto che, non solo non scherzava affatto, ma con ogni probabilità faceva riferimento a Carrie e Florence. Proseguì senza convenevoli e non ebbi modo di controbattere. "La sua fidanzata sta bene, abbiamo quasi completato le analisi di routine e i valori sono nella norma. Ha solo la pressione un po' bassa, il che è piuttosto comune nella prima fase della gravidanza. Tenga però presente che dovrebbe evitare di sottoporla a stress eccessivi."

La mia mente, ancora focalizzata sul nome esteso di Benji,  si bloccò del tutto.

"La cosa la sorprende?" proseguì rivolgendomi uno sguardo carico di disapprovazione. Nonostante i miei sforzi, la paresi facciale di cui ero vittima mi rese impossibile sciogliere l'equivoco.

Il medico continuò a fissarmi da dietro i suoi occhiali, prima di sfilarli per dare un peso maggiore alle proprie raccomandazioni. "Sebbene sia molto giovane deve evitare di affaticarsi, il bambino potrebbe risentirne."

"Capisco" riuscii a biascicare mentre le sue parole giocavano a ping pong nella mia testa. Myriam era incinta di Benji che, tra parentesi, si chiamava come un cartone animato degli anni ottanta. Forse l'imminente paternità era il motivo del suo ritorno. Evviva.

Non so per quanto tempo rimasi imbambolato senza spiccicare altro che suoni disarticolati.

"Può andare da lei ora. Per sicurezza la dimetteremo domani, vorrei tenerla sotto osservazione questa notte."

Annuii ringraziandolo. Un pupazzo delle nevi sarebbe stato più espressivo. Rassegnato, mi indicò una porta vicina e, seguendo con lo sguardo il movimento del braccio, notai che Benji si trovava a pochi passi da noi.

Ci fissava in silenzio, come pietrificato.

 

 

Note:

(39) Piccoli cerotti che avvicinano i lembi della ferita e possono essere usati al posto dei punti.

 

 

¨ ¨ ¨

 

Cast della FF

 

Myriam

Benji

Patrick

Florence

Carrie

Eilis

 

¨ ¨ ¨

 

In risposta alle sempre dolcissime recensioni ricevute^__^

 

Carrie_brennan

Sono felice che il tuo personaggio ti sia piaciuto! A me diverte un mondo scriverlo, te lo assicuro :-)
E’ chiaro che il carattere sia diverso, anche perché non ti conosco bene, però ho sempre colto nelle tue recensioni un’irresistibile ironia che ho cercato di trasmettere alla “mia” Carrie.

Per quanto riguarda i fratelli di Benji, purtroppo non se ne vedono all’orizzonte... toccherebbe cercare il suo alter ego nella nostra realtà!^^;

Anche a me lui piace sempre di più, lo sento crescere come personaggio e spero che il capitolo, con tanto di parentesi calcistica, risulti convincente. Credevo sarebbe stato molto più difficile da scrivere, senza venire meno al personaggio né al Benji dell’anime, ma il risultato non sembra malvagio. Ora sono curiosa di sapere cosa ne pensate!

Che ne dici del finale? Cosa farà secondo te?

Bacissimi!

 

Florence

Bellissima! Rispondo finalmente alla tua recensione, sebbene abbiamo già commentato ampiamente sia questo sia il precedente capitolo ^___-

Sono molto contenta che la “mia” Florence ti diverta, vediamo come evolverà il suo rapporto con il nostro Shannon, al momento alquanto confuso per il recente scambio di identità unito alla “lieta” sorpresa... so che concludere il capitolo così è stato un colpo basso, ma il ritmo della storia rischiava di calare e ho dovuto rimediare con un colpo di scena in piena regola:-P
Che ne dici del nostro Benji portiere e di Pat-Tom? Al momento il nostro amato vecchietto se ne sta buono buono ad osservare l’evolversi degli eventi... e io passo il tempo a scervellarmi su come gestire, in ordine cronologico:

1) La reazione di Benji

2) La reazione di Pat

3) La reazione di Myriam

4) Eventuali paradossi cosmico-temporali derivanti dalla presenza del nascituro a cavallo tra i due mondi

Così imparo a non concludere subito la storia con un bel “e vissero felici e contenti”... ma in fondo ci divertiamo molto di più così, non credi?
Ti mando un bacio grande e proseguiamo il discorso via chat^^

 

Dafny

Dolce Dafny! Sono molto contenta di averti fatto ridere tanto, anch’io mi sono divertita niente male a scrivere il capitolo 29^^

E’ bellissimo sapere che, per non “offendere i personaggi”, hai abbassato la pagina mettendoti a ridacchiare fissando lo schermo vuoto: non sai quanto mi ha fatto piacere la tua recensione!

Mi chiedo cosa penserai di quest’ultimo aggiornamento, con il nostro Benji alle prese con rigori e avversari “reali”. Non ho resistito alla tentazione e ci ho messo in mezzo un piccolo infortunio :-P

Prosegue poi la tua storia? Fammi sapere quando la pubblichi che ci tengo a commentarla.

Ciao ciao e a presto!

Bex

Tesoroooooooooooooooooooo!!! Grazie, e ben tornata anche a te! Anche questa volta è passato un po’ di tempo tra un aggiornamento e l’altro, ma scrivere in vacanza è stato più complicato del previsto. Come stai? Hai fatto belle vacanze? Non sai che piacere mi ha fatto leggere la tua recensione scritta dal cell... grazie!!!!!! E complimentoni per gli esami ovviamente^^

Grazie come sempre per le tue dolcissime parole, non vedo l’ora di poter inserire anche te come guest. Purtroppo ci vuole un po’ di pazienza perché, come potrai ben immaginare, ho intenzione di farti interagire con il nostro Tom... non sai quanto mi manca! E’ come se la storia fosse incompleta senza di lui, non trovi?

Spero che la partita, così come l’ho descritta dal punto di vista del nostro campione ti sia piaciuta, fammi sapere cosa ne pensi.

Un bacio grande alla Tom Becker’s futura girlfriend!^^

 

Simplyunica

Ciaoooooo! Sono molto contenta che il cap 29 ti sia piaciuto, e spero che il 30 rappresenti quella “svolta” che ti aspettavi! Dopo la parentesi allegra la storia torna su temi più seri, e ci avviciniamo lentamente al finale.

Ti ringrazio per il suggerimento sui provini, ma prima i due zucconi devono fare un po’ di chiarezza... non dimentichiamoci che il vecchietto è sempre dietro l’angolo^^

Sono felice che l’evoluzione del personaggio di Benji ti convinca, con il passare dei capitoli è diventato sempre più reale, più adulto in un certo senso. In un certo senso è passato dalle vesti di un cartone animato a quelle di un ragazzo in carne e ossa il che, almeno ai miei occhi, lo rende ancora più attraente :-P

Tanto per rimanere in tema, l’attore che ho scelto per interpretarlo si chiama “Reynaldo Gianecchini”, brasiliano e ormai sui 40... le foto che avevo trovato su internet risalgono a diversi anni fa, ma è sempre notevole!^^

Ciao ciao e a presto!

 

Berlinene

Hola carissima! Fa sempre piacere vederti fare capolino tra le recensioni, mi era mancata! Hai passato buone vacanze? Se hai qualche minuto fammi sapere cosa ne pensi del nostro Benji in porta nel mondo reale... ^__-

A bientot!

 

Benji79

Ciao cara! Vedo che hai centrato in pieno la situazione delle tre amiche, mi fa molto piacere che le varie scene del capitolo precedente ti siano piaciute.

Ora sono con il fiato sospeso in attesa di un tuo giudizio sulla partita vista dagli occhi di Benji... che ne dici?

Per quanto riguarda Patrick, spezziamo una lancia in suo favore. E’ un po’ confuso, dispiaciuto per Myriam e non ha idea di chi sia Benji... tra l’altro chi di noi ce l’avrebbe? Io sogno sempre ad occhi aperti che quanto raccontato nella mia storia possa avverarsi, hehe! ^__^
In risposta ai tuoi dubbi, nel prossimo capitolo vedrai la reazione di Benji e di Myriam, ma non si saprà ancora in quale realtà vivranno. Per quanto riguarda il nostro vecchietto, non lo rivedremo prima di un paio di capitoli, tranquilla.

Ciao ciao e alla prossima!

 

AryYna

Figurati cara, non scusarti minimamente per il ritardo. La tua recensione mi ha fatto un mondo di piacere, così come sono contentissima che i nuovi personaggi introdotti nella storia vi divertano tanto. Sento molto la mancanza di Tom e Patty, e dovevo creare delle “spalle” degne per la nostra povera Myriam piena di casini! :-D

Spero non mi uccidiate per come ho fatto finire il capitolo... si accettano scommesse sulla reazione di Benji ;-)

In bocca al lupo per gli esami, e spero che mi farai sapere cosa ne pensi del nostro super portiere!

Ciaooooooooooo!

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Capitolo 31
*** Parte IV - Capitolo 31 ***


Capitolo 31

Chiedo umilmente perdono!!!!! Non avete idea del periodo delirante che sto attraversando, sono stata persino preda del blocco dello scrittore ;___; D'altronde ci stiamo avvicinando alla fine della storia... so di avervi tenuti con il fiato sospeso, ma ho riscritto questo capitolo almeno tre volte. Prima era Benji a non convincermi, poi Myriam ad essere noiosa, e infine la scena finale mi sembrava già vista.

Ora posso reputarmi soddisfatta e sono in ansia di sapere cosa ne pensate. Dovrebbero mancare ancora due, tre capitoli al massimo, e non oso immaginare cosa proverò quando metterò la parola "fine" a questa storia che mi ha accompagnato per anni. Vabbè, non siamo ancora a questo punto.

Un bacio grande a tutti e spero che non vi dispiaccia tornare ai toni cupi che ci eravamo lasciati alle spalle. Spero che i nostri personaggi, ormai più maturi e consapevoli, sappiano comunque stupirvi!^^

 

31

 

Benji

 

Impossibile.

Inconcepibile.

Inaudito.

Suoni ovattati, tempie pulsanti, eco di un cuore che non sentivo più mio. Ogni respiro mi allontanava da lei e, per un attimo, mi chiesi se non fosse solo un brutto sogno.

Myriam era incinta.

Come al rallentatore le luci ondeggiarono, seguite dal pavimento sotto i miei piedi. Avevo bisogno di fermarmi. Avevo bisogno di uccidere qualcuno.

Inspirai profondamente, soffocando nella mia stessa aria. Cosa aveva detto il medico?

Ha la pressione un po' bassa, non deve affaticarsi. Il bambino... il bambino.

Annaspai alla ricerca di un appiglio sulle pareti scivolose della mia mente. Sentimenti indefiniti prendevano forma, confondendosi tra loro un istante prima che riuscissi a coglierne l’essenza.

Non è possibile. Non è possibile, ripetei come un automa. Fino a pochi minuti prima ero da lei, con l'unica preoccupazione di vederla tornare in forze, di riportarla a casa e perdermi tra le sue braccia.

Chiusi gli occhi per un lungo istante. Li riaprii. Patrick stava in piedi a pochi metri da me, dedito a raccogliere consigli e del tutto ignaro della mia presenza alle sue spalle.

Immobile, fissavo la scena con crescente impotenza. Se si fosse trattato di un grottesco equivoco? Se fossi stato io il padre? Mi crogiolai per un attimo in quel pensiero al contempo dolce e delirante. Sì, delirante. Perché le leggi dello spazio e della fisica si sarebbero ribellate a quell’ennesima follia. Perché il silenzio di Myriam era sufficiente a distruggere ogni mia speranza. Perché Patrick faceva parte del suo mondo. Io no.

Il tempo si dilatò fino quasi ad inghiottirmi, una macchia pronta ad oscurare il sole e con esso ogni luce.

Ancora qui Benji?

Poche, semplici parole pronunciate dal vecchio me stesso. Potei quasi vederlo, in piedi di fronte a me, fedele armatura che credevo di aver riposto per sempre. Strinsi i pugni fino a farmi sbiancare le nocche e abbassai lo sguardo, incapace di sostenere il suo.

Ti aveva detto che non sei l’uomo giusto per lei, che vuole sposarsi e avere dei figli. Questo Patrick potrebbe renderla felice, non è poi così male.

Continuò a scrutarmi, compassionevole, e per un attimo mi sembrò di scorgere l'ombra di un sorriso sul suo volto.

Non è meglio se torni a casa? Amici come prima, senza rimpianti. Una stretta di mano e via.

Scossi il capo, la gola bloccata in un gemito. Forse mosso a pietà si dissolse sotto ai miei occhi, non prima di avermi dato una pacca amichevole sulla spalla.

Dai retta a me, torna a casa.

Sentii la mente vacillare. Avevo perso tutto.

“Ciao Benji” mi salutò Patrick dopo essersi schiarito la voce.

Lo fissai senza vederlo, come si potrebbe fissare il fantasma di un castello scozzese di cui si è tanto sentito parlare senza darvi conto realmente. Il medico sembrava essersi volatilizzato, lasciandoci soli.

“Mi dispiace.”

Un filtro tra me e il resto del mondo. Cosa aveva detto? Poco a poco le sue parole penetrarono i livelli superficiali della mia coscienza, ultime gocce di una flebo sul punto di esaurirsi.

Gli dispiaceva?

Lo fronteggiai, un senso di vertigine in ogni fibra del mio corpo. Fece un passo indietro, intuendo che qualcosa non andava, qualcosa di serio.

“Ti dispiace?” sibilai, incapace di ragionare, di dare voce agli ultimi brandelli di umanità che mi erano rimasti. Myriam era mia, mia.

“Non volevo... non sono riuscito...” balbettò.

Un lampo nei suoi occhi, forse riflesso dei miei.

“Myriam è incinta.” Mai avrei pensato di pronunciare tali parole con acredine. Mai avrei pensato che il mio amore, la mia vita, potesse un giorno aspettare il figlio di un altro.

Patrick impallidì, passandosi una mano tra i capelli. Provai un brivido involontario. Possibile che persino in un frangente del genere mi ricordasse Tom?

“Diciamo che sono capitato nel posto sbagliato, in un momento sbagliatissimo.”

L'immagine di Becker si polverizzò e sgranai gli occhi, sentendo il sangue salirmi al cervello. Voleva forse intendere che si trattasse di un incidente del quale lavarsi le mani?

Rosso. Un drappo rosso nell’arena.

Non ebbi tempo di pensare che lui finì a terra, scaraventato dalla forza del mio pugno. Si portò istintivamente una mano al volto, incredulo.

"Si può sapere cosa ti prende Price?"

Mi voltai, incrociando gli sguardi sgomenti di Florence e Carrie. "Lungi dal voler interrompere questo allegro scambio di opinioni, vi esorterei a evitare la corsia di un ospedale. Sempre che non vogliate finire la serata al commissariato."

La tensione negli occhi di Carrie tradì il tono leggero delle sue parole. Non risposi, limitandomi a osservare Florence mentre aiutava Patrick ad alzarsi. Non appena fu in piedi si passò la manica sul labbro dal quale perdeva sangue.

Occhio per occhio, dente per dente Shannon.

Si avvicinò di qualche passo, il volto contratto, lo sguardo percorso da una furia inquieta. "Prima abbandoni Myriam lasciando che si trasformi nell'ombra di sé stessa per poi ricomparire, stravolgendola di nuovo. Perché non torni da dove sei venuto?"

Temendo il peggio Florence si interpose tra noi, frenando sul nascere ogni mia reazione. "Ritieniti fortunato" soffiai a denti stretti, “un tempo avrei fatto di peggio per molto, molto meno.”

Inspirai a pieni polmoni prima di dar loro le spalle e allontanarmi prima che fosse troppo tardi. Mi resi conto che stavo correndo solo quando i muscoli delle gambe si fecero pesanti per la fatica. Levai il volto al cielo e alcune gocce di pioggia mi accarezzarono le guance, unendosi alle lacrime che i miei occhi non potevano più trattenere.

 

* * *

 

Myriam

 

La testa mi girava ma cominciavo a sentirmi meglio. Il breve scontro calcistico aveva innescato un effetto domino sui miei nervi già scossi, e il volto insanguinato di Benji era stata la degna conclusione del nostro primo vero giorno nel mondo reale.

Lo rividi sul campo di calcetto, un leone fiero chiuso in gabbia. Gabbia di cui ero l’unica ad avere le chiavi. Sentii una lacrima rotolare leggera sul viso, seguita da un’altra e un’altra ancora. Non potevo accettare che rinunciasse al suo mondo, tanto valeva sottrargli l’anima e fare di lui ciò che era stato di me prima che le nostre strade si incrociassero. Un guscio vuoto.

“Sei proprio una ruba cuori.” Una voce familiare mi distolse dai malinconici pensieri che avevano accompagnato il mio risveglio.

“Ciao Carrie.”

“Ciao My” fece lei di rimando prendendo posto ai piedi del letto, seguita da Florence che si era limitata a sorridermi. “Ci hai fatte preoccupare.”

Trovai la forza di ricambiare il sorriso. “Mi dispiace.”

“Capita, anche se con i tuoi recenti svenimenti faresti invidia a una damina dell'ottocento. Tanto per rimanere in tema, poco fa abbiamo assistito a un duello in piena regola” aggiunse, storcendo le labbra in una smorfia che non avrei saputo collocare nella scala tra divertimento e preoccupazione. “Il nostro Shannon dovrà portare gli occhiali da sole per qualche giorno. Per sua fortuna spade e pistole sono passate di moda.”

Le rivolsi uno sguardo interrogativo, mettendomi a sedere. “Cosa mi sono persa?”

“Benji lo ha steso con un pugno prima di andarsene di gran carriera” spiegò Florence incrociando le braccia sul petto. “Ora Pat è in sala d’attesa con una borsa di ghiaccio sulla faccia.”

Sentii un nodo alla bocca dello stomaco. Per quanto irruento Benji non era tipo da venire alle mani senza un valido motivo. "Un pugno? Perché?" domandai, la voce appena udibile.

Entrambe fecero spallucce, come se un’impennata di testosterone fosse quanto di più scontato al termine di un’amichevole partita di calcetto. Con la differenza che Benji e Patrick potevano definirsi tutto tranne che amici.

Avvertii uno strano presentimento a cui non seppi dare un nome. “Devo parlare con Pat.”

Carrie inarcò un sopracciglio. “Parlargli? Non ne vale la pena, se la sarà sicuramente cercata. Persino Flo lo ha ridimensionato dopo l'exploit di questa sera.”

“Non esageriamo” si intromise quest’ultima sentendosi tirare in causa. “È bellissimo anche con un occhio nero.”

Carrie non riuscì a trattenere una risatina, prima di proseguire. "Non solo la nostra Florence lo ha aiutato ad alzarsi, tenendolo per mano un'intera manciata di secondi, ma si è frapposta fra lui e Benji quando ha capito che il tuo portiere voleva rifargli i connotati."

Florence arrossì violentemente. Avrei dovuto rallegrarmi per l'avvenimento epocale, ma la leggerezza delle loro parole non riuscì a contagiarmi. Spostai le gambe e il lenzuolo di lato, apprestandomi a scendere dal letto. Dovevo scoprire cosa fosse accaduto.

“Dove pensi di andare signorina?” mi fermò subito Carrie. “Sei svenuta ricordi? Devi stare a riposo, se il medico ti vede in piedi ci farà una ramanzina. Non dovremmo nemmeno essere qui.”

“Ho avuto un mancamento Carrie, non un infarto. Devo parlare con Pat.” Ci fissammo per un lungo istante e ciò che lesse nel mio sguardo bastò a farle cambiare idea. Avvicinò un paio di ciabatte, sostenendomi per un braccio mentre mi mettevo in piedi. Chiusi gli occhi ispirando a fondo, fin quando non sentii di avere recuperato un minimo di controllo. Uscimmo dalla stanza e attraversammo il corridoio senza dare nell’occhio, complice l’ora tarda.

Semi sdraiato sullo scomodo schienale e in parte appoggiato al muro alle sue spalle, Patrick era rimasto solo nella sala di attesa. Feci cenno a Carrie e Florence di lasciarci, certa che la mia indagine avrebbe avuto maggiori probabilità di successo se condotta a porte chiuse.

Mi avvicinai lentamente, recuperando a ogni passo l’equilibrio che sembrava avermi abbandonata. Presi posto accanto a lui prima di lanciargli una timida occhiata. “Ciao Pat.”

Non rispose subito, limitandosi ad abbassare la borsa del ghiaccio e assumendo una posizione più rigida. Sussultai alla vista del livido bluastro che si estendeva dal labbro superiore allo zigomo. Senza pensarci levai la mano verso di lui, sfiorando la pelle tumefatta con la punta delle dita. “Ti ha ridotto proprio male.”

Rimase in silenzio, l’aria distante di chi ha rinunciato a sfuggire ai propri pensieri.

“Cos’è successo?” domandai in un sussurro.

“Non lo so” disse infine, continuando a fissare il muro di fronte a noi.

Con uno sforzo sovrumano cercai di sdrammatizzare. "Prova a svuotare la mente Shannon, non dovrebbe essere difficile per te."

Accolsi con gioia il debole sorriso che fece capolino, accompagnato da un’occhiata di sguincio che riportò indietro il Pat che conoscevo. “Fai poco la spiritosa.”

Rinfrancata, sorrisi a mia volta. Forse si era trattato di una scazzottata come tante, non avevo motivo di preoccuparmi.

“Come mai sei in piedi?” Fu il tono a stupirmi più che la domanda.

Sospirai. Era evidente che fossi preoccupata di capire il motivo del loro litigio. “Carrie mi ha detto che vi siete presi a pugni.”

Profondamente a disagio, si passò una mano tra i capelli. “Non ci siamo presi a pugni, è stato lui a colpire me.”

Di nuovo quel presentimento sordo e strisciante. Benji era allegro quando ci eravamo lasciati, quali parole potevano giustificare un cambiamento tanto repentino? Pat abbassò lo sguardo e il mio senso di impotenza crebbe a dismisura.

"In parte me lo sono meritato, avrei dovuto chiarire subito l’equivoco.”

"Non capisco, cosa intendi?"

“Mentre venivo da te ho incrociato il tuo medico e mi ha scambiato per Benji, mettendomi al corrente di cose che non avrei dovuto sapere, o per lo meno non scoprire a quel modo.”

Sgranai gli occhi. “Cosa ti ha detto?” Avvertii il rossore salirgli alle guance, e una timidezza che non gli apparteneva bloccare le parole sul nascere. “Patrick cosa ti ha detto?” ripetei, cercando di non alzare la voce.

“Che aspetti un bambino” rispose in un sussurro, senza riuscire a guardarmi negli occhi. “Mi sono scusato con lui, ma era fuori di sé.”

“Lui chi?” balbettai in preda al panico. “Il medico?”

Come temevo negò con un cenno del capo. “Quando gli ho detto che si era trattato solo di una sfortunata coincidenza mi ha colpito.”

La gola si seccò e per un lungo istante pensai che i polmoni si sarebbero rifiutati di ricevere aria, il cuore di battere, il cervello di funzionare. Per sempre.

“Benji ha sentito tutto?”

“Credo di sì, anche se la sua reazione mi è sembrata eccessiva.”

Continuò a parlare ma le parole furono coperte dal sordo pulsare delle mie tempie. Benji sapeva del bambino e pensava che Patrick fosse il padre.

Scattai in piedi. “Dammi le chiavi della macchina.”

Mi squadrò da capo a piedi, ignorando la mia mano tesa. “Hanno versato degli acidi nell’acqua dell’ospedale? Tu non vai da nessuna parte.”

“Se non vuoi che chiami un taxi e giri da sola di notte dammi le chiavi della tua macchina,” minacciai ai limiti dell’isteria. Benji era fuori da qualche parte, sconvolto e convinto che lo avessi tradito restando incinta, il tutto senza fargliene parola.

Patrick si alzò con un sospiro, lasciando la borsa del ghiaccio sulla sedia. “Ho la vaga sensazione che non riuscirò a dissuaderti, né tantomeno a farti notare che non si lascia un ospedale senza essere stata dimessa.”

Scossi il capo lentamente e lui ebbe la forza di sorridermi.

"Andiamo allora, ma a una condizione. Quando sarà tutto finito dovrai spiegarmi cosa ti ha fatto quel Price."

Rimasi in silenzio, limitandomi ad annuire.

 

Il rumore cadenzato dei tergicristalli accompagnava il susseguirsi dei miei pensieri, calandomi in uno stato di trance dal quale avrei preferito non svegliarmi.

Benji poteva essere ovunque. Conosceva poco la città, con quel tempo potevo solo augurarmi che avesse trovato un riparo sicuro. Restava da capire quale.

Si può essere più codardi di così?

La fronte appoggiata al finestrino, mi chiesi se la mia missione nel mondo fosse provocare confusione e sofferenza a coloro che amavo. Se solo fossi rimasta al mio posto nulla di male sarebbe accaduto e Benji avrebbe continuato la sua vita di sempre, da campione qual era, senza le altalene dimensionali alle quali lo avevo costretto.

Mi voltai verso Pat, il cui profilo si stagliava contro i fari delle macchine nella corsia opposta. Non una parola era stata scambiata da quando eravamo saliti in macchina e non potei fare a meno di pensare al tragitto similare percorso con Tom, in una vita tanto lontana da non sembrare mia.

Anche in quel frangente avevamo percorso diversi chilometri senza profferire parola, fino a raggiungere villa Price. Allora non avrei potuto immaginare una prova più difficile del rifiuto di Benji ma, come spesso accadeva da quando ci eravamo conosciuti, sembravano non esserci limiti al peggio.

Ripensai per un attimo al nostro primo incontro, alla prima sbronza, al primo bacio. Quanta spensieratezza velata di tensione, quante incomprensioni prima che i sentimenti che provavamo l'uno per l'altra ci impedissero di continuare la farsa di cui eravamo protagonisti inconsapevoli. Possibile che fosse trascorso meno di un anno?

Non avevo idea di dove cercarlo, di come affrontare la confessione che avrebbe cambiato le nostre vite. Perché ero certa, con ogni fibra del mio essere, che venendo a conoscenza del suo futuro di padre avrebbe rinunciato a tutto pur di restarmi accanto.

"Non piangere, vedrai che lo troveremo." La voce vellutata di Pat mi accarezzò con la stessa dolcezza che se avesse asciugato le mie lacrime con la punta delle dita.

Mi voltai a guardarlo, riconoscente, passandomi il dorso di una mano sulle guance. "Grazie Pat, davvero."

"Figurati" rispose in un sussurro, senza distogliere gli occhi dalla strada.

Forse era davvero l'alter ego di Tom, il mio angelo custode. Come era successo in precedenza con lui, sentivo di dovergli una spiegazione. "Non è come pensi" mormorai.

Ero un impiastro, il vero Tom mi avrebbe presa per le spalle e scossa fino a farmi tornare la ragione.

Pat mi fissò per un breve istante. "Come sai cosa penso?"

"Sai che aspetto un bambino da Benji" Un brivido serpeggiò lungo la schiena nel pronunciare quelle parole ad alta voce. "Non mi ha abbandonata, sono stata io a lasciarlo."

Potei quasi percepire le sue mani stringere il volante più del necessario. "Avrai avuto le tue buone ragioni."

Al ricordo il mio cuore mancò un battito. "Purtroppo sì, ha sofferto molto a causa mia. Devo trovarlo e dirgli la verità."

Ci fermammo a un semaforo e il ticchettio sempre più insistente della pioggia sul parabrezza si unì ai nostri respiri. Mi voltai verso Pat e ciò che vidi alle sue spalle cancellò ogni pensiero. Diretti verso casa mia, stavamo costeggiando la parte nord di villa borghese. A un centinaio di metri da noi, nascosta dal buio e dagli alberi, si trovava la nostra fontana. Il luogo magico dove Benji era comparso nel mio mondo, quando avevo creduto che si trattasse dell'ennesima, crudele allucinazione.

"Ti prego Pat, accosta" supplicai mentre scattava il verde.

Mi lanciò uno sguardo confuso, prima di mettere la freccia e fermarsi lungo il marciapiede. "Non penserai di uscire sotto il diluvio in pigiama da ospedale?" Gli bastò un'occhiata nella mia direzione. "Sì che lo pensi, svitata di una donna."

Sentii le lacrime imperlarmi nuovamente gli occhi e, per tutta risposta, ottenni un immeritato sorriso. "Presumo tu sappia cosa stai facendo, ti aspetto qui."

Annuii con un gesto del capo e, mentre aprivo la portiera mi afferrò per un polso. "Prendi la mia giacca almeno." Senza attendere una risposta si sfilò il giubbotto e me lo porse con tanto di occhiolino. "Non fare sciocchezze ok?"

Trattenni a stento un singhiozzo. "Grazie Becker." Non ebbe il tempo di reagire che ero già fuori.

 

Sentivo l'acqua scorrermi lungo il corpo come in sogno. Attraversai la strada di corsa, varcando il grande cancello in ferro battuto. I lampioni illuminavano il viale deserto e mille gocce di pioggia scorrevano nel loro alone di luce. Stranamente non sentivo freddo né paura a trovarmi in un parco nel cuore della notte. Avanzai di qualche passo, guardandomi intorno alla ricerca di una figura conosciuta.

Fui sul punto di superare le siepi sulla destra e tagliare per il prato, ma mi resi conto di avere ancora ai piedi le ciabattine che Carrie mi aveva fatto indossare in ospedale. Feci il giro lungo rimanendo sulla parte asfaltata e, nonostante i miei sforzi, la visibilità era pessima. Se qualcuno mi avesse incrociata, vestita a quel modo e senza nemmeno un ombrello, avrebbe senz'altro chiamato la polizia. A dare manforte a quel pensiero ci pensò la pioggia che si intensificò ancora, formando piccoli ruscelli che mi bagnarono i piedi fin quasi alle caviglie. Tanto valeva camminare sull'erba.

Una poltiglia fangosa accolse l'idea appena messa in pratica ma era tardi per tornare indietro. Incespicai fra i ramoscelli caduti, facendo attenzione a non scivolare sul manto di foglie morte. Se non fosse stato per la debole luce che giungeva dalla strada avrei perso il senso dell'orientamento.

Un ultimo sforzo e ci siamo.

Mi fermai a pochi metri dalla fontana, preda di un timore improvviso. Se non l'avessi trovato? Se fosse tornato a casa senza dirmi nulla, senza che potessi dirgli nulla?

Levai il volto al cielo e lasciai che la pioggia lavasse ogni mia paura. Inspirai a pieni polmoni, tremando con tutto il corpo. È solo il freddo, cercai di convincermi avanzando ancora. Non feci in tempo a superare le panchine di travertino che una voce mozzata giunse alle mie spalle.

"Cosa ci fai qui?"

 

¨ ¨ ¨

Cast della FF

 

Myriam

Benji

Patrick

Florence

Carrie

 

¨ ¨ ¨

 

In risposta alle ultime super dolcissime recensioni!!!

(cercherò di essere meno prolissa del solito perché altrimenti la pubblicazione del capitolo va davvero per le lunghe^^;)

 

Berlinene

Ciao tesoro! Rileggendo la tua recensione mi sono accorta che l'ultimo aggiornamento risale a settembre... Che vergogna! Prometto che il prossimo arriverà prima, mi sento troppo in colpa^^

Grazie come sempre per le tue dolcissime parole. In questo capitolo si alternano i pov di Benji e Myriam, era diverso tempo che non passavo dall'uno all'altra in successione. L'idea era fornire il punto di vista di lei sia nel tragitto in macchina, simile a quello fatto con Tom dopo che gli ha detto la verità sulle sue origini, sia a villa borghese dove in precedenza eravamo stati "portati" da Benji. Spero che ti piaccia!

Tanti bacini e spero di beccarti su msn un giorno o l'altro^^

 

Bex

Tesoroooooooooooooooooooooooo!!!!! Sorry sorry-ssimo, non ho nemmeno risposto alla tua ultima mail, merito di essere messa in punizione^^

Spero di farmi perdonare un pochino con questo capitolo, per quanto la fine sia decisamente dispettosa. Prometto che il prossimo aggiornamento sarà più celere, anche perché il cap 32 contiene lo snodo principale della vicenda.

Inutile dire che, prima della fine, potrai incontrare il tuo Becker... Non lo diciamo al tuo boy, tranquilla!^__- Grazie come sempre per i dolcissimi complimenti che mi riempiono il cuore. Un bacione e a prestissimo!!!!

 

Dafny

Ciao Dafny! Peccato tu abbia deciso di non pubblicare la tua one shot, chissà che non ti torni l'ispirazione^__^

Siamo quindi giunti al confronto finale tra Myriam e Benji... Perché ormai i nodi devono venire al pettine, e vanno prese decisioni importanti. Staremo a vedere.

Dando un'occhiata ad altre fic mi sono resa conto che Benji è sempre "intoccabile": mi sento quasi in colpa per tutto quello che gli ho fatto passare, ma sono convinta che ci volesse proprio un bello scossone per renderlo più “umano”.

Baci baci e alla prossima!

 

AryYuna

Ciao Ary! Il nostro Benji ne sta passando davvero di cotte e di crude... Prima il mondo parallelo, poi Myriam che lo lascia e ora questo... Come detto a Dafny mi sento un po' cattiva, ma vedrete che ne sarà valsa la pena^^

Passando a Pat anche a me piace sempre di più, sarà per la similitudine con Tom, o per il fatto che cerca di aiutare Myriam difendendola a modo suo. Cmq non potevo permettergli di segnare, quello no! Mark avrebbe deriso il nostro Benji per tutta l'eternità!

Sono contenta che la battuta "No guardi, sono Oliver Hutton" ti sia piaciuta, è stato un suggerimento di Florence e l'ho colto al volo :-)

I riferimenti esterni al cartone sono spassossimi, fanno un po’ da contrappeso all’assenza di tutti gli altri personaggi di CT nella vita reale. Ora sono curiosa di sapere cosa pensi di questo ultimo aggiornamento... A prestissimo!

 

Eilis

Ciao Eilis, mi fa molto piacere che i pensieri durante la partita e il colpo di scena finale ti siano piaciuti! Sono desolata di avervi fatto aspettare così tanto, mi rendo conto che l'effetto suspense decade se passa troppo tempo, ma sono stata davvero incasinata.

Spero che la descrizione del panico di entrambi ti abbia emozionato. Ora che Benji ha scoperto la verità vediamo cosa succederà nel confronto con Myriam^^

Bacio grande e fammi sapere cosa pensi di questo aggiornamento!

 

Fulmy

Cara come stai? Mi è dispiaciuto un sacco sentire che sei stata poco bene! Inutile dire che mi sono sentita onoratissima nel leggere che appena ti sei potuta alzare hai letto gli ultimi aggiornamenti della mia fic! :-)

Spero che questo cap 31 sia all'altezza delle aspettative, ci ho messo davvero tanto prima di convincermi a pubblicarlo. Come detto nell'intro le prime versioni erano fredde e poco convincenti, o molto ripetitive rispetto a scene passate. I miei due protagonisti mi fanno davvero tanta tenerezza, sarà per questo che li immagino fradici come pulcini sotto la pioggia scrosciante?

Cmq è vero che Myriam nel mondo di Benji era molto più a suo agio, chi di noi non lo sarebbe? ;-) Vorrei davvero tanto tenermi Benji e far venire anche Tom ma temo non si possa... Staremo a vedere. Cmq la storia non è ancora molto lunga, non posso tenere i poveri B&M appesi all'infinito!

Un bacio grande e riguardati, mi raccomando.

 

Benji79

Ciao Benji79! Sono felice che la partita ti sia piaciuta, non è facile descrivere scene calcistiche (almeno per me, ci capisco poco purtroppo) e avevo paura che non risultasse, se non avvincente, credibile. Per rispondere alla tua domanda Benji si è sentito sconfitto perché Patrick, ai suoi occhi un principiante, lo ha messo in seria difficoltà, arrivando quasi a segnare. Diciamo che essendo Pat l'alter ego di Tom, la cosa si giustifica un po', ma Benji non ne ha la certezza.

Anche a me dispiace molto contenere il talento di Benji, e rifletto questo disagio nei pensieri di Myriam, quando si sente in colpa per avergli in un certo senso "rovinato la vita". Cmq povero Pat, non si è spacciato volontariamente per Benji. Più semplicemente non ha avuto modo di reagire in tempo e dire al medico la verità. Staremo a vedere quello che succede... Alla prossima!

 

Miss Rose

Benvenuta Miss Rose! Sono desolata per questo lungo ritardo, soprattutto dopo la tua immersione nei 30 capitoli precedenti... Mea culpa! Spero che non abbandonerai la storia sul finire, sono sempre felice di sentire nuovi pareri e ricevere recensioni da nuove lettrici :-)

Grazie molte per i bellissimi complimenti che mi fai, non sai che piacere leggerli! Sentirti dire poi che la trama potrebbe essere un film o addirittura una saga... Sono arrossita fino alla punta dei capelli XD

Mi auguro che questo ultimo aggiornamento sia all'altezza dei precedenti e di ritrovarti fra le prossime recensioni. Prometto che pubblicherò il prossimo capitolo in molto meno tempo!

 

Florence

Ciccia come stai? Non ti vedo più online, che fine hai fatto? Cmq quest'ultimo aggiornamento lo dedico a te, a tutto il tempo trascorso a darmi consigli e a sistemare ciò che non andava.

Spero proprio che il risultato finale ti piaccia, sono curiosissima di sentire cosa ne pensi.

Cmq tranquilla, la pazienza di Florence verrà ricompensata, nessun infarto in vista! ^___-

Bacissimi e a prestissimo! ^__^

 

Scoutina

Benvenuta anche a te Scoutina! Anche a te vanno tutte le mie scuse per avervi accolte involontariamente con il ritardo di pubblicazione più clamoroso da quando ho ripreso questa storia in mano. Sono felicissima di sentire che hai letto tutti e 30 i capitoli di seguito, mannaggia a me e al blocco dello scrittore. Sembra banale descrivere uno stato di ansia, forse più di uno gioioso. Invece questi passaggi finali tra Benji e Myriam sono stati tostissimi... Sarà che ci avviciniamo alla conclusione della storia, o semplicemente che sono cresciuti, non saprei.

Capisco che la storia fosse più divertente nel mondo di Benji, ma avevo come obiettivo sfidare lo spazio tempo e vivere anche la nostra realtà. Grazie ancora per la tua recensione, spero ce ne saranno altre in futuro^^

 

Carrie_Brennan

Mia piccola Carrie! Ti ho appena scritto in risposta alla tua ultima recensione. Mi hai fatto morire dal ridere! Come ti dicevo sono scappata con Benji, lasciando tutti con un palmo di naso... *risata diabolica* Scemenze a parte, purtroppo si è trattato semplicemente di delirio da ufficio misto a blocco dello scrittore, forse dovuto al poco tempo per me di questi ultimi due mesi.

Spero che questo ultimo aggiornamento ti piaccia e valga un pochino l'attesa... Un bacio grande grande e a presto!

 

Lady Snape

Ciao Lady! Trovi che la situazione sia abbastanza complicata? Come prevedevi il nostro Benji ha perso le staffe e, libero dai vincoli dell'amicizia, si è permesso con Pat lo sfogo rasentato con Tom... Data la situazione e il caratterino del nostro portiere, direi che un bel cazzotto ci stava tutto (povero Pat!^^)

Vedo che anche tu condividi il pensiero di molte: la nostra realtà è davvero troppo stretta per Benji... Cosa succederà ora che scoprirà la verità? Ricomparirà il vecchietto?

Ciao ciao e a presto!!!

 

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Capitolo 32
*** Parte IV - Capitolo 32 ***


CT32

Sorpresa! Eccomi qui un po’ prima di quanto poteste aspettarvi, con il climax più sospirato della mia storia di “scrittrice” ^__^

Ho lavorato giorno e notte a questo aggiornamento, resistendo alla tentazione di intramezzarlo con altri avvenimenti. Ci tenevo che accompagnaste i nostri protagonisti nel loro turbinio di paure e scoperte senza distrazioni.

Spero davvero che vi piaccia, è forse l’ultimo capitolo in cui vi verrà voglia di picchiarmi per sapere come va a finire^^

Una piccola cortesia: prima di iniziare la lettura potete ripercorrere il passaggio finale del capitolo precedente, da quando Myriam e Patrick sono in macchina? La scena è unica e se avessi potuto non l’avrei interrotta a metà.

Attendo con ansia le vostre recensioni!

 

 

32

 

Myriam

 

"Hai definitivamente perso il lume della ragione?"

Mi voltai lentamente verso di lui. Sebbene la sua sagoma fosse tutto ciò che riuscivo a distinguere potevo sentire il suo sguardo pungente su di me, quasi mi stesse toccando. Avrei voluto dire qualcosa, qualunque cosa, ma la pioggia e il vento presero il posto delle parole.

Si avvicinò afferrandomi per un braccio, strattonandomi quasi, con rabbia. Sentivo la forza controllata dei suoi muscoli, avrebbe potuto spezzarmi senza il minimo sforzo.

"Benji" mormorai cercando di mantenere l'equilibrio. Lo avevo portato al punto di rottura. Oltre c'era solo la follia, per entrambi.

"Ragazzina incosciente e sconsiderata, cosa ti passa per la testa?" Più che una domanda suonò come un'accusa. "Perché mi sono innamorato di te? Perché?"

Lo fissai senza fiato, barcollando all'indietro mentre mi lasciava andare. Sembrava odiarmi più di quanto odiassi me stessa, sarebbe bastata un'unica, piccola spinta per allontanarlo da me per sempre.

Abbassai lo sguardo, incurante dei brividi che mi scuotevano da capo a piedi. "Hai ragione Benji. Ho rovinato tutto."

Lo sentii gemere, il suo dolore nelle vene, un cuore spezzato riflesso del mio.

Si voltò di spalle frapponendo una maggiore distanza tra noi, forse per paura di farmi del male. Riuscivo a stento a intravedere la sua schiena ma ero certa che fosse scossa dai miei stessi fremiti. Incredibile quanto due persone potessero amarsi e distruggersi allo stesso tempo.

Mi chiesi come fossimo giunti a quel punto. Immagini sfocate dei nostri momenti insieme sfilarono di fronte ai miei occhi. Forse stavo per morire, il mio dolore troppo grande per un fragile essere umano.

Un’unica, piccola spinta mi bisbigliò una vocina all'orecchio. Se ne sarebbe andato portando la mia anima con sé, nel mondo che tanto amavo. Almeno lei avrebbe rivisto Tom. Il mio Tom.

Rimase immobile. In bilico sul baratro dell’esistenza abbassò i pugni, resa di un pugile stanco di combattere.

"Come hai potuto peste?"

Persino la pioggia sembrava condividere la nostra desolazione. Cosa avrebbe lui fatto al mio posto? Esitai, scissa tra le catene della verità e la bugia che poteva renderlo libero. Qualcosa si spezzò dentro di me, prima che un familiare senso di vertigine si impossessasse della mia mente.

Cercai di restare in piedi, focalizzando ogni pensiero sulle pulsazioni che mi esplodevano in petto. Chiusi gli occhi e per un lungo istante ogni cosa intorno a me scomparve. La pioggia, il vento, il dolore. Solo il silenzio. Inspirai a fondo, alla ricerca di ciò che ero stata, quando il controllo era tutto e ogni decisione il risultato di scelte ponderate. Ad un tratto capii.

Quella Myriam non esisteva più. Il motivo per cui l'intero universo sembrava porci di fronte a un bivio era semplice, cristallino. Non eravamo più noi a decidere, saremmo diventati genitori e Benji meritava di sapere la verità.

Un tono di voce saldo che non mi apparteneva sovrastò le intemperie. "Il bambino che aspetto è tuo Benji, Patrick non c'entra nulla."

Una semplice dichiarazione volta a cambiare il corso dei nostri destini, privandolo di tutto ciò per cui aveva sempre lottato. Ero davvero una ragazzina egoista, eppure al suo posto avrei preteso la stessa sincerità.

Benji rimase in silenzio. Non ebbi il tempo di dare fiato ai polmoni che mi fu accanto, come pietrificato. Non osavo toccarlo eppure avrei voluto stringerlo a me, ripetergli quanto lo amassi fino a perdere la voce.

"Cosa hai detto?" domandò, quasi a sé stesso, facendomi dubitare di aver sentito bene.

Deglutii. "Sono incinta Benji, aspetto il nostro bambino." Il suono di quelle parole arrivò dolce alle mie orecchie, lasciandomi stordita.

Un susseguirsi di emozioni sul suo volto, così forti e intense da farmi dubitare di aver scelto bene. Avrei forse dovuto mentire, decidere per lui? I battiti del mio cuore rallentarono, come a scandire ogni istante di quel silenzio lungo una vita.

"Nostro figlio?" balbettò infine prendendomi per le spalle, forse più incredulo di quanto fossi stata nel veder comparire sotto ai miei occhi la seconda riga del test, sola nel bagno di casa. "Nostro figlio?" ripeté prima di schiacciarmi contro il petto scosso dai singhiozzi.

Affondai il viso nelle pieghe della sua felpa, cercando di convincermi che sarebbe andato tutto bene, a scapito di ogni logica. Nulla poteva colmare il vuoto che il calcio avrebbe lasciato nella sua vita, nemmeno l'amore più sincero. Noncuranti del futuro le sue braccia mi strinsero con forza e l'acquazzone sembrò diradarsi.

Mi allontanai un poco, alla ricerca dei suoi tratti nel buio. Zuppo come un pulcino, la fronte non medicata, lo sguardo spiritato e carico di un dolore tanto profondo da togliere il respiro. Lo fissai a lungo prima di abbassare gli occhi sul mio pigiama verde e le gambe coperte dal fango. Un triste spettacolo davvero.

"Com'è possibile?" domandò in un sussurro di incredulità.

Sentii il suo sguardo su di me e lo caricai di tutte le accuse che sapevo di meritare. "Me lo sono chiesta un milione di volte, cercando di capire cosa fosse meglio per te, per lui. Perdonami Benji, sembra che qualunque cosa faccia non riesca a evitare di ferirti."

Scosse il capo, avvicinandosi senza toccarmi. "Quando il medico ha spiegato a Patrick il motivo della tua debolezza è stato come se mi strappassero il cuore dal petto. Ho persino ceduto alla tentazione di credere che anche lui, come Tom, fosse più adatto a renderti felice. È giusto che tu abbia accanto qualcuno del tuo mondo."

Gli lanciai un'occhiata incredula. Sosteneva di non meritarmi quando ero in grado di portargli solo sofferenza. Diedi fondo a tutto il mio coraggio e gli sfiorai la guancia con le dita, risalendo fino alla ferita causatagli da Patrick.

"Mettitelo bene in testa Benjamin Price. Sei l'uomo più arrogante che conosca e a volte vorrei prenderti a pugni come hai fatto tu con il povero Pat, nella speranza di far entrare un po’ di sale in quella zucca dura. Ma sei anche l'unico a conoscere il linguaggio del cuore, del mio cuore. Hai preso rischi inimmaginabili senza esitare un istante, trascinandomi in un mondo pieno di luce al quale non potrei rinunciare come non si può rinunciare al calore del sole." La mia voce tremò. "Ti amo più di ogni altra cosa ma non posso accettare che il prezzo della nostra felicità siano tutti i tuoi sogni, la tua vita così come l’hai sempre conosciuta."

Mi osservò a lungo prima di scostarmi con le dita una ciocca bagnata dalla fronte, le labbra piegate in un sorriso la cui dolcezza era pari solo a quella dei suoi occhi. "È peggio di una tragedia greca, al confronto Romeo e Giulietta erano due dilettanti."

Il groppo che avevo in gola si sciolse in una risata alla quale Benji rispose subito, arcobaleno nel cielo cupo che ci sovrastava.

"È vero peste, prima di incontrarti avevo il pieno controllo su tutto. Non è sempre facile accettare quanto le cose siano cambiate, ci sono momenti in cui mi chiedo se l'amore che provo sia normale e la risposta mi ha spaventato in più di un'occasione." Fece un passo in avanti e mi circondò la vita attirandomi a sé, cullandomi quasi. "Prima ho mentito, non c'è giorno che non ringrazi il destino di averti portato sulla mia strada. Sono anche pronto a ricominciare da capo, con te."

Lo fissai in silenzio, i suoi occhi scuri carichi di una devozione disarmante.

"Avremo davvero un bambino?"

Per tutta risposta annuii e Benji mi strinse più forte ancora, appoggiando la guancia sulla mia testa. "Come al solito sono stato uno stupido, ho tratto conclusioni affrettate e stavo per perderti di nuovo. Ti amo peste, troveremo una soluzione."

Ero in procinto di sciorinare una serie di banalità sconnesse sui miei sentimenti per lui quando starnutii violentemente. "Credo di aver esagerato stasera, sono proprio una ragazzina incosciente."

"Incosciente e sconsiderata" puntualizzò sollevandomi da terra. "Ti prenderai una polmonite se continuiamo a restare qui. Sembra che tu abbia guadato un fiume."

Sorrisi al pensiero che il nostro rapporto non sarebbe mai cambiato. Eravamo fatti per scontrarci e amarci allo stesso tempo, nulla di ciò che avevamo condiviso si sarebbe potuto definire noioso.

Ti amo Benjamin Price, pensai tra me mentre cercavo rifugio nella sua spalla.

Tutta la tensione, tutte le paure accumulate nelle ultime ore si dissolsero nel calore del suo abbraccio. Avrei voluto fargli tante domande, assicurarmi che stesse bene e prendermi cura di lui, ma il mio corpo la pensava altrimenti. 

Il battito del suo cuore giungeva pacato attraverso il tessuto fino a me, come una ninna nanna. Sospirai, lottando contro le palpebre che sentivo sempre più pesanti, quasi fossi sotto anestesia. Il dondolio spedito dei suoi passi ebbe la meglio sui miei sforzi e i contorni del suo viso si confusero tra le lacrime, fin quando la stanchezza non ebbe il sopravvento.

 

* * *

 

Benji

 

La stringevo fra le braccia, chiedendomi se avrebbe mai smesso di sconvolgermi con le sue rivelazioni. Tornai sul viale alberato e mi fermai un attimo a osservare il suo volto rilassato, le gote rosse nonostante la temperatura fosse calata ancora. Il suo innocente abbandono si mescolò a una calma interiore del tutto nuova per me, compagna della certezza che si sarebbe risolto tutto per il meglio.

Sono qui perché qualcosa ha cambiato il corso di eventi prestabiliti.

Le parole del misterioso vecchietto mi avevano ossessionato per giorni dopo il nostro incontro in macchina, senza che riuscissi a decifrarle. Ora capivo il motivo per cui, al passaggio tra le due realtà, non ero rimasto intrappolato nel fumetto.

Presto sarei diventato padre. Padre di un figlio nato a cavallo tra due mondi, scherzo del fato che mi aveva permesso di sfidare le leggi dello spazio tempo e tornare da lei.

Tirai un profondo respiro, cercando con lo sguardo l'uscita del parco e chiedendomi come fosse riuscita a trovarmi quando io stesso faticavo a ricordare la strada percorsa sin lì. Fili invisibili sembravano legarci al di là di ogni logica, forse anche del destino.

L'amore vince su tutto.

Sorrisi tra me, principe azzurro improvvisato. Non potevamo aver superato tutte quelle prove invano, avrei portato in salvo la mia principessa e saremmo vissuti per sempre felici e contenti.

"Qual buon vento signor Price?"

Le ultime parole famose.

Serrai la mascella, riconoscendo subito la voce alle mie spalle. Mentre mi voltavo fui colto da un unico pensiero. La prossima volta vedi di stare zitto Benji.

"Capisco la sua predilezione per le apparizioni a effetto ma non le sembra di essere alquanto inopportuno? Myriam ha la febbre alta, ha bisogno di un bagno caldo e di coperte asciutte."

Fu come parlare al vento. Il vecchietto si avvicinò, facendomi segno di sedermi su una panchina poco distante e sfoderando un grande ombrello con la destrezza di un prestigiatore. Prima che potessi protestare lo aprì e si avvicinò fornendoci un riparo improvvisato. Per quanto fosse un fardello piacevole Myriam cominciava a pesare e mi arresi al suo invito, tenendola stretta nella speranza di trasmetterle un po' di calore. Dovevamo tornare in ospedale al più presto.

"La credevo capace di interrompere la pioggia, un ombrello è fin troppo umano."

"Preferirei non dare nell'occhio giovanotto, ma posso esaudire parte della sua richiesta."

Abbassai lo sguardo e vidi con stupore la mia piccola peste avvolta in una morbida trapunta, i capelli asciutti e lucenti come seta. Prima di perderla non sapevo cosa fosse la paura ed ero inerme di fronte a quell’uomo che aveva ogni potere su di noi. Cedetti all’impulso di stringerla a me, sperando che continuasse a dormire.

"A cosa dobbiamo questa visita? Se fosse comparso qualche minuto fa avrebbe avuto il piacere di conversare con entrambi." Dovevo provocarlo, mostrarmi forte e impedirgli di portarmela via. Mi sarei fatto uccidere piuttosto.

"Signor Price, non sia melodrammatico per favore."

Strinsi i pugni. Avevo dimenticato le sue capacità telepatiche. "Lei non mi dia motivo di esserlo. Gradirei inoltre che uscisse dalla mia testa."

"Mi perdoni, è la forza dell'abitudine." Appoggiò un braccio sullo schienale della panchina, volgendo lo sguardo alla mia piccola peste. "Che mi dice di questa recente esperienza? La vita da queste parti le sembra soddisfacente?"

Preso alla sprovvista, inarcai un sopracciglio.

"Non si può fare conversazione al giorno d'oggi?"

Faticavo a restare seduto ma, per non svegliare Myriam, mi limitai a spostare il peso in avanti. "Le sembra il momento di fare due chiacchiere? La mia fidanzata sta male, è scappata dall'ospedale nelle sue condizioni pur di venirmi a cercare e, anziché riportarla indietro e assicurarle le cure necessarie, sono su una panchina a rispondere alle sue stupide domande."

Il mio interlocutore non diede segni di impazienza. "Devo darle ragione, la situazione non è del tutto normale."

"No che non lo è. È molto, molto peggio."

"Non si sente forse a suo agio in questo mondo?"

Una sirena di allarme echeggiò nella mia mente. "Non sta a lei preoccuparsi delle mie capacità di adattamento, sto benissimo."

"Ne è sicuro? Il suo lavoro, i suoi amici e familiari, il prestigio del suo nome. Nulla di tutto ciò le manca?"

Nonostante fosse trascorsa appena una settimana non potevo negare l'evidenza, ma vi erano cose per cui valeva il sacrificio, checché ne pensasse Myriam. Posai gli occhi sul suo volto sereno e inconsapevole. "Mentirei se dicessi che non mi mancano, ma la mia vita è con lei. Con lei e con nostro figlio."

Nostro figlio. Ci sarebbe voluto del tempo per abituarmi all'idea, ma sentii crescere nel petto la consapevolezza che avrei fatto qualunque cosa in mio potere, qualunque, pur di proteggere entrambi e renderli felici. Myriam aveva affrontato da sola momenti di sconforto che potevo a stento immaginare, e io l’avevo ripagata facendo a botte con quello che presumibilmente era l’unico uomo degno di offrirle una spalla in mia assenza.

Devo convincerlo, devo.

Abbandonato ogni orgoglio permisi alle lacrime che mi pungevano gli occhi di fare il loro corso. "Sono la mia famiglia ora. Prenda ciò che vuole ma non me li porti via, la prego. Mi permetta di restare con lei."

Rimase in silenzio per un attimo, un’espressione indecifrabile sul volto. "Se le chiedessi di decidere ora, su due piedi, se tornare nella sua realtà portando entrambi con sé cosa risponderebbe?"

Preso in contropiede sgranai gli occhi, chiedendomi se si trattasse di una domanda a trabocchetto.

"Nessun tranello, risponda sinceramente."

Abbassai lo sguardo sul mio prezioso fagotto, consapevole che qualunque mondo sarebbe stato perfetto con lei accanto. "La ringrazio per la gentile offerta ma, per quanto tentato di accettare, non è una decisione che posso prendere da solo."

Si stirò i baffi, una strana luce negli occhi. Per un attimo mi ricordò babbo natale, così come lo aveva sempre dipinto mia madre nelle fiabe della vigilia. Mi stupii che non si mettesse a nevicare e potei quasi sentire il tintinnio delle renne intorno a noi.

"Sono felice di constatare che avete imparato la lezione."

Gli rivolsi uno sguardo attonito. "Quale lezione?"

"Avete messo a repentaglio le vostre certezze, e con esse il presunto equilibrio al quale vi ostinavate ad aggrapparvi come se fosse l'unica via percorribile." Avvicinò una mano alla fronte di Myriam e per un attimo un alone di luce le illuminò il volto. "Senza la giusta dose di rischio l'amore non può sbocciare, lo avete capito entrambi aprendo il cuore l'uno all'altra. Mi è dispiaciuto separarvi ma ero certo si trattasse di una prova necessaria. Non si gioca con le dimensioni parallele a cuor leggero."

Spalancai la bocca, sempre più incredulo. “Cosa vuol dire?”

“Che vi siete conquistati la possibilità di scegliere il vostro futuro.”

Mi ci volle più di un secondo per assimilare la portata delle parole che accolsi con il sollievo di chi intravede la tanto agognata oasi dopo mesi nella polvere del deserto. Forse divertito dal mio evidente stato confusionale, un largo sorriso gli si dipinse in volto.

"Ci siamo chiesti a lungo se lasciare che il destino seguisse il suo corso, ma la vostra testardaggine ci ha spinti a qualche licenza poetica." Volse un dito al cielo facendomi l'occhiolino. "Dubito che qualcuno se ne avrà a male."

Si alzò lentamente, chiudendo l'ombrello per rivelare ai miei occhi un limpido manto stellato. Quasi non mi accorsi che anche i miei abiti erano asciutti e puliti, persino le macchie di sangue erano scomparse.

"Quando Myriam si sveglierà potrete decidere in quale mondo crescere vostra figlia."

Lo fissai per un attimo sgomento, ma non sembrò fare caso al lapsus rivelatore. Sempre che si trattasse di un lapsus.

"La scelta presenta molte rinunce per entrambi, è giusto che sia condivisa. Mi duole pensare che non sarò presente per vederla sorridere ma so che avrà in volto il perfetto riflesso dei suoi occhi, Benjamin. Le porti i miei saluti e le mie scuse, non avrei mai voluto causarle dispiacere. Si tratta degli inconvenienti del mestiere."

Non mi aveva mai chiamato per nome ed ebbi la netta sensazione che non ci saremmo più rivisti. Con estrema delicatezza spostai Myriam da un lato, adagiandola sulle doghe in legno anch’esse asciutte. Per quanto frastornato volevo stringergli la mano e dimostrargli in minima parte la mia gratitudine, ma quando mi voltai era scomparso.

Sorrisi.

Non sapevo che gli angeli avessero i baffi.

Tornai con lo sguardo alla panchina, prima di piegarmi sulle ginocchia. Myriam dormiva, l’emblema stesso della serenità, e mi sentii sopraffatto da un dolce senso di protezione misto a possesso. Le accarezzai una guancia e sentii che la febbre era passata. Sospirai, sollevato, prima di prenderla nuovamente tra le braccia e dirigermi verso il cancello poco distante.

La temperatura sembrava più mite, come se l’umidità del parco fosse evaporata magicamente. Levai il volto al cielo con una risatina.

Trasformare un freddo temporale in una tiepida notte estiva... non dà nell’occhio questo?

Per tutta risposta una stella cadente attraversò il firmamento, dandomi il tempo di esprimere il desiderio che più mi stava a cuore.

Avanzai di qualche passo, prima di notare una figura maschile dirigersi verso di noi. Nonostante la stanchezza si stesse impossessando dei miei sensi riconobbi il passo spedito di Patrick. Non mi stupii che avesse accompagnato Myriam nelle sue scorribande, degno alter ego dimensionale del mio amico Becker.

Gli rivolsi un sorriso stanco, faticando a mettere a fuoco i tratti del suo volto mentre si avvicinava. Forse avrebbe soprasseduto sul nostro ultimo scontro, e l’indomani avrei avuto modo di chiedergli scusa per il terribile equivoco in cui ero caduto senza dargli modo di spiegarsi.

Quando mi fu di fronte i nostri sguardi si incrociarono per un lungo istante e, per quanto fisicamente impossibile, potei sentire le mie pupille dilatarsi per lo stupore.

“Tom?”

 

 

Note:

Per scrivere questo capitolo mi sono ispirata, nell’ordine, a:

- “Sheltering sky” di Ruichi Sakamoto, colonna sonora del film di Bertolucci “Un tè nel deserto” (http://www.youtube.com/watch?v=9brZtaBgwQ0)

- “Primavera”, splendida composizione di Luigi Einaudi che mi fa venire la pelle d’oca ogni volta che la sento (http://www.youtube.com/watch?v=IYCL8ONwH5M)

- “I don’t wanna miss a thing” degli Aerosmith, colonna sonora di Armageddon (http://www.youtube.com/watch?v=Vo_0UXRY_rY).

 

 

¨ ¨ ¨

Cast della FF

 

Myriam

Benji

Patrick

Vecchietto malefico^^

Tom

 

¨ ¨ ¨

 

Non faccio fatica a immaginare le vostre face appese in questo momento... mi perdonate?^^

Un grazie speciale a tutte voi che mi seguite nei miei altalenanti momenti di ispirazione!

 

 

Benji79

Ebbene sì, il nostro tonto portiere ha creduto che Myriam aspettasse il figlio di Patrick... ma ovviamente gli voglio troppo bene per farlo soffrire più di qualche ora, così come non ho voluto tenere voi troppo sulle spine, se non per il tempo fisico di scrivere il nuovo capitolo e pubblicarlo.

Che ne pensi? Spero di essere riuscita a stupirvi ancora! ^___^

 

Sany

Mi è dispiaciuto così tanto pubblicare il capitolo e scoprire poco dopo che non si visualizzava... non ho davvero idea di cosa sia successo, e spero che questo capitolo non incontri gli stessi problemi.

Tornando alla tua recensione, lo so che Benji è a dir poco irritante a volte, e mi sono tolta la soddisfazione di far dire a Myriam ciò che tutte noi pensiamo^^

In compenso è adorabile e spero che i vari risvolti del capitolo ti siano piaciuti!

 

Carrie_brennan

Non ti devi preoccupare cara, ti pare che facevo tornare benji a holly-benjinopoli? Piuttosto ho portato anche qualcun a farci visita... Come mi diverto, questi ultimi capitoli sono spassosissimi, per quanto molto difficili da scrivere^^

Stavolta non vi ho lasciate tanto in sospeso, ma lo scotto da pagare è una fine sempre più vicina... Mi prende il magone solo a pensarci! Baci baci e a presto!!

 

Scoutina

Ciao Scoutina! Stavolta ho aggiornato velocemente, spero di essermi fatta perdonare con il lieto fine zuccheroso -doveroso^^

Che ne pensi dei sali e scendi dei nostri personaggi? Dalle stelle alle stalle e di nuovo alle stelle in appena due capitoli! Ciao ciao e sono curiosa di sapere cosa ne pensi.

 

Dafny

Perdonooooooooo..... So che sono stata bastardissima a lasciarvi con un palmo di naso all'ultimo capitolo, ma avevo in testa quest'ultimo aggiornamento e contavo di farmi perdonare a breve^^

Il nostro povero Pat le ha prese di santa ragione, Benji dovrà fare ammenda e la nostra Myriam smetterà finalmente di friggersi il cervello con tutte le sue paranoie... Hehe!

Che ne dici? Fammi sapere^^

 

Bex

Tesorinaaaaaa!!!!  La tua recensione mi ha come al solito riempita di gioia e NON VEDO L'ORA di leggere i tuoi commenti a quest'ultimo capitolo, non solo per il lieto fine ma per il finale inaspettato (in parte anche per me, lo giuro^^;)

Sono felice che i miei colpi di scena vi piacciano tanto, rimugino su ogni capitolo talmente tanto prima di pubblicarlo che finisce sempre per essere scontato ai miei occhi. Sentirvi dire che non è così mi fa stra-piacere.

Cmq Benji ha scampato il pericolo di essere ucciso, e ora vediamo che succede con tutte queste novità sul piatto. Non voglio ancora pensare all'epilogo, se a te mette tristezza pensa a me! Sob...

Un bacione e a prestissimo!!!

 

Miss_Rose

Sono felice di sentirti dire che la storia sta mantenendo un giusto livello di suspence e tensione, ho ragionato talmente tanto su come farla finire che ogni situazione mi sembra quasi scontata.

Sono curiosissima di sapere cosa ne pensi di questo aggiornamento, che ho pubblicato in tempi celerissimi considerando il periodo lavorativo delirante.

Ciao ciao e, se ti va, fammi sapere quali sono i tuoi pensieri sul finale della storia^^

 

Fulmy

Sono commossa!!!! Che dire... Anche solo sentirti dire che potresti chiamare la tua seconda bimba Myriam mi ha fatto venire i lacrimoni di commozione... Grazie cara, sei a dir poco dolcissima.

Inutile dire che la bimba di B&M è una bimba (e non un bimbo) in onore alla tua :)

Sono contenta che l'ultimo cap relativi colpi di scena ti siano piaciuti, così come spero di continuare a stupirti!

Fortunatamente il blocco dello scrittore sembra superato, e mi sto concentrando sul dare a tutti i miei amati personaggi il finale che meritano, e non oso pensare a come mi sentirò quando la storia sarà finita... Sigh!

Un bacio grande e fammi sapere cosa ne pensi :)

 

Florence

Bellissima! Alla fine ci ho messo un po' di più a pubblicare, ma ce l'ho cmq fatta prima del weekend :)

Grazie come sempre per la recensione super analitica e puntuale, sei sempre fonte di grande ispirazione! Alla fine i nodi sono venuti al pettine, i nostri beniamini si sono chiariti, il vecchietto ha fatto ordine, magari a seguito di una bella ramanzina ai piani alti come dicevi tu :) E poi è venuto a trovarci qualcun altro... Cosa succederà ora?

Un bacione e a presto!!

 

Lady Snape

Ciao cara, hai recensito appena in tempo perché pubblicassi il cap successivo!

Ebbene sì, c'è stato il cazzotto, l'ennesimo equivoco, il nostro Benji da prendere a schiaffi, il povero Pat innocente e Myriam che cerca di mettere la toppa :)

Ora però è tornato il vecchietto, stavolta nelle sue vere vesti e siamo tutti più felici... Sempre che non mi diciate che il finale è scontato e stucchevole perché ci resto troppo male ;)

C'è da dire effettivamente che il nostro amato portiere non può assolutamente vivere un'esistenza normale e andava fatto qualcosa!

Bacetti e alla prossima^^

 

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Capitolo 33
*** Parte IV - Capitolo 33 ***


CT33

Perdonate l'ennesimo ritardo, siamo quasi giunti alla fine e mi sono ripromessa di pubblicare l'epilogo nel più breve intervallo possibile per non tenervi troppo sulle spine. Il lavoro sta assorbendo molto del mio tempo, oltre alla nuova casa nella quale mi dovrei trasferire quest'estate^^

Pensate che durante le vacanze di Natale (sembra passata una vita) sono stata al museo internazionale dei manga di Kyoto e, con un’emozione difficilmente descrivibile, ho tenuto in mano e sfogliato il primo numero originale di Captain Tsubasa. Proprio la stessa copia che il vecchietto "presta" a Myriam nel capitolo che da il via alle avventure dei nostri beniamini... Mio marito mi ha quasi presa per pazza, lasciandomi sola alle mie elucubrazioni^^;

Ora il Giappone è in preda alla più grande catastrofe naturale della sua storia e non posso fare altro che sentirmi piccola piccola di fronte a tanto dolore. Spero che questo mio penultimo capitolo vi doni il sorriso, insieme agli scatti clandestini (fatti con poca luce purtroppo) della copertina del prezioso cimelio e della sfida tra Holly e Benji in versione originale.

Buona lettura e fatemi sapere cosa ne pensate.
Mi si stringe il cuore al pensiero che a breve sarà tutto finito e le vostre recensioni avranno un sapore ancora più speciale!

 

 

33

 

Tom

 

Chiave nella serratura, interruttore, luce. Lascio scivolare il borsone a terra e mi chiudo la porta alle spalle. Ormai la routine quotidiana è un susseguirsi di gesti estranei ai miei pensieri. Persino sul campo da gioco sono un automa e, forse per la prima volta, mi trovo a dare ragione a Price.

Sono più forte di quanto riesca a ricordare. Un super eroe nei suoi primi giorni di trasformazione, i muscoli carichi di energia sul punto di esplodere. Comprendo Lenders e la potenza del suo tiro, il controllo di un corpo più felino che umano.

Sorrido. Un sorriso amaro che non raggiunge gli occhi.

Il led del telefono di casa segnala i messaggi ricevuti in mia assenza. Mi dirigo in cucina ignorandolo, apro il frigo e stappo una lattina di birra. Metallo umido sui polpastrelli. Provo piacere nel sentire il liquido fresco scendermi giù per la gola.

Benji sarebbe dovuto arrivare ieri sera. Ho provato a chiamarlo diverse volte ma la linea risulta ostinatamente libera, il che può voler dire due cose. Si è definitivamente chiuso in sé stesso oppure è riuscito a raggiungerla.

Questo pensiero mi ronza in testa da giorni, piccolo tarlo di sottofondo. In macchina, con gli amici, durante gli allenamenti. Sento che qualcosa è cambiato.

Chiudo gli occhi. È così facile evocare il profumo dei suoi capelli, la sensazione della sua figura esile contro di me. Accarezzo il ricordo dei pomeriggi in spiaggia, momenti che hanno scandito l'evoluzione del nostro rapporto.

Mi mancano le nostre risate. Dove sei My?

Scuoto la testa, cercando di cancellare pensieri pericolosi ai quali cedo il passo con crescente facilità. Il tempo sembra prendersi gioco di me anziché lenire le mie ferite. Stringo i pugni, dirigendomi in camera da letto. Sebbene non ne abbia alcun bisogno mi infilo sotto la doccia abbandonando i vestiti sul pavimento.

Ruoto il miscelatore verso destra, i palmi aperti sulle piastrelle, lo sguardo fisso sui rivoli che mi scendono lungo le gambe. Il gelo che mi attanaglia si impossessa della mia pelle in uno strano equilibrio che offusca ogni pensiero.

Trascorrono diversi minuti accompagnati solo dal mio respiro e dal rumore dell'acqua. Chiudo il rubinetto e prendo un asciugamano a caso, incurante del marmo che sembra quasi caldo sotto ai piedi.

Cado di peso sul letto, chiedendomi se non sarebbe più saggio distrarsi in compagnia di qualche bella ragazza. Persino Gisèle si è fatta viva, suscitando in me una certa ilarità. Lo spot girato per Armani sembra aver ipnotizzato l'intero genere femminile.

Scuoto i capelli per liberarli almeno in parte dall'umidità e infilo un paio di jeans sopra i boxer, seguiti dalla felpa di ordinanza indossata a pelle. Qualche istante dopo mi trovo fuori di casa in pieno ottobre Parigino, alla ricerca di una sana febbre e un po' di calore.

Il quartiere è stranamente silenzioso, la luce dei lampioni si riflette sull'asfalto bagnato. Deve aver smesso da poco di piovere.

"Signor Becker?"

Mi volto nell'udire il mio nome, trovandomi di fronte una ragazza sui vent'anni. Le sorrido, chiedendomi come possa avermi trovato a quest'ora di notte. Muovo un passo verso di lei e, nonostante il buio, noto un certo rossore salirle alle guance. Con sforzo evidente, distoglie l'attenzione da un granello di polvere ai propri piedi e torna a guardarmi.

"Sono una sua grande fan, ho sempre sognato di poterla incontrare."

Le sorrido, accentuando il suo imbarazzo. "Per favore, chiamarmi Tom e dammi del tu. Non sono affari miei, ma cosa ci fai in giro da sola in piena notte?"

Ha uno sguardo al contempo dolce e vivace, accompagnato da un lieve accento straniero, forse italiano. Rimane in silenzio per un lungo istante prima di prendere il coraggio a due mani.

"Sono a Parigi in vacanza e non volevo perdere l'occasione di conoscerti” disse tutto d’un fiato. “Mi vergogno un po' ad ammetterlo ma ho domandato al concierge dell'albergo dove alloggio se sapesse dove abiti. Mi ha dato il tuo indirizzo insieme a questo biglietto, chiedendomi di consegnartelo. Deve conoscerti piuttosto bene, sembrava certo che ci saremmo incontrati."

Incuriosito, abbasso lo sguardo sulla piccola busta che tiene in mano. Nel prenderla le sfioro le dita e uno strano brivido mi serpeggia lungo il braccio. "Come ti chiami?" domando estraendo un cartoncino privo di intestazione.

"Benedetta, ma tutti mi chiamano Bex."

Non rispondo. Le mani iniziano a tremare mentre gli occhi assimilano gli ideogrammi scritti con calligrafia veloce e sicura. "Hai detto che è stato il concierge del tuo albergo a darti questo biglietto?"

Bex annuisce, quasi spaventata dall'espressione dipinta sul mio volto.

"Dove alloggi?"

"All'hotel du Pantheon" mormora con un fil di voce.

"Grazie Bex, il messaggio che mi hai portato è molto importante."

Rimane impalata a fissarmi mentre mi avvicino per darle un veloce bacio sulla guancia. "Spero di aver occasione di rivederti. Ti sono debitore."

Mi allontano di corsa senza darle modo di rispondermi, devo attraversare la città e ho poco tempo a disposizione.

Rinuncio subito al taxi, troppo lento per i miei gusti, e corro verso la fermata della metro più vicina. Sebbene indossi per metà la divisa della squadra nessuno sembra riconoscermi, complice l'ultima corsa della serata. Una ventina di minuti dopo raggiungo la mia fermata e, saliti i gradini dell'uscita due a due, non mi resta che percorrere un centinaio di metri per raggiungere la meta.

Vedendomi passare alcuni giovani in fila davanti a un bistrot mi chiamano a gran voce, per mia fortuna il vento gelido li dissuade dal venirmi dietro. Arrivo finalmente sulla piazza e mi soffermo per un istante sul monumento dall'ampio colonnato che custodisce le spoglie di Victor Hugo. Ricordo ancora la prima e unica volta che vi sono entrato, quasi per caso, appena dopo il trasferimento a Parigi.

Cerco con gli occhi l'insegna dell'hotel, notandola subito sulla destra. Varcato l'ingresso sono quasi stupito di trovare la reception deserta, sebbene le dimensioni dell'albero non giustifichino un servizio di portineria notturna. Suono il campanello ma nessuno risponde.

Mi guardo intorno nella penombra alla ricerca di un qualunque segno di vita. Avrò sbagliato hotel? Avanzo di qualche passo finché noto una luce provenire dal seminterrato. Scendo le scale, chinando la testa per non sbattere contro il soffitto basso, e raggiungo quella che si presenta come un'angusta saletta comune, forse riservata alla colazione.

A volte ci si stupisce di quanto l'immaginazione superi la realtà. Libri che danno vita a film deludenti, stelle dello spettacolo che di persona si rivelano in tutta la loro banalità. Mi trovo al cospetto dell'autore della missiva, chiedendomi se non sia entrato nella mia mente prima di decidere quali sembianze adottare.

"È un piacere fare la sua conoscenza signor Becker. Mi duole averla fatta correre fin qui, vuole bere qualcosa?"

Rimane seduto al suo posto e non posso fare a meno di inarcare un sopracciglio, ogni presentazione superflua. "Non ho sete, grazie." Si tratta di una menzogna, persino un bambino se ne accorgerebbe.

"Come preferisce."

Sembra divertito. Appoggio la schiena al muro, incrociando le braccia sul petto. "Nel biglietto diceva che avevo tempo fino a mezzanotte per raggiungerla. Perché mi ha fatto venire fin qui?"

"Provi a indovinare."

Il tono condiscendente è come benzina sul fuoco del mio nervosismo. Come devo comportarmi? Capisco d'un tratto la confusione descritta dai miei amici, l'impotenza provata al cospetto di quell'ometto dallo sguardo pungente e dai lunghi baffi.

Cedo alla tentazione di provocarlo. "Considerando ciò che ha fatto a Myriam e Benji deve annoiarsi sul serio per tirare in ballo anche me. Che ne dice di trovarsi un passatempo più adatto a un signore della sua età? Un bel torneo di bocce?”

Scoppia in una fragorosa risata, senza darmi il tempo di rimpiangere le mie parole.

"Ho sempre apprezzato il suo spirito di adattamento signor Becker. Nonostante in questa storia la si possa definire parte lesa, fino a qualche giorno fa il sorriso non l'aveva mai abbandonata."

Devo ricorrere a tutto il mio auto controllo per non tirarlo su per il bavero e appiccicarlo al muro. "Mi prende in giro?"

Per tutta risposta si sistema gli occhiali sul naso. "Checché se ne dica questa situazione non mi diverte affatto. L'ho chiamata per rimediare almeno in parte a quanto da me, seppur involontariamente, provocato." 

Mi avvicino, stringendo i pugni. "Cosa vuol dire?"

Sorride, lanciandomi uno sguardo che oserei definire complice. "Farò l'ennesimo strappo alle regole per permetterle di dare un senso a ciò che è accaduto e, se necessario, di prendere congedo da colei che ha scombussolato le vite di noi tutti. Torni pure a casa, pensiamo a tutto noi."

Rimango senza fiato, pelle di serpente abbandonata dopo la muta. Vorrei chiedere spiegazioni ma so che sarebbe inutile, così come è inutile che rimanga imbambolato a fissarlo.

Mi congedo con un breve cenno del capo, silenzio forzato dall'emozione. Ogni passo verso l'uscita è carico di dubbi, lancio lo sguardo verso l'orologio della hall che segna l'una esatta. Le porte scorrevoli si aprono per lasciarmi il passo e infilo le mani in tasca, lo sguardo perso nel vuoto. Sono fuggito per paura che cambiasse idea?

Il mio sguardo errante si sofferma su una lattina abbandonata. La centro con un calcio, scagliandola violentemente contro il muro.

Cosa intendeva per strappo alle regole? penso tra me seguendone la traiettoria fino al ciglio della strada.

Levo lo sguardo al cielo e rimango di stucco.

Il Pantheon è svanito, così come il viale che ho percorso uscendo dalla fermata della metro. La strada è stretta e anch'essa bagnata, alcune pozzanghere lasciano pensare a un violento acquazzone. Il profilo di un bosco si staglia a una decina di metri da me. Non ho la più pallida idea di dove mi trovo, né tanto meno della direzione in cui andare.

Se fosse solo un sogno? Forse sto più semplicemente delirando nel mio letto. Non ho mai incontrato il vecchietto, né la biondina sotto casa. Sono capitato in una fiaba e il lupo mi sta aspettando tra gli alberi.

In poche falcate raggiungo un semaforo e attraverso la strada, attratto da un imponente palazzo bianco che ho l'impressione di aver già visto da qualche parte. Il sorriso sulle labbra, trotterello lungo il viale di ingresso del parco, quando vedo avvicinarsi una figura maschile con un grosso fagotto in braccio. In preda a uno strano presentimento, sento le sopracciglia aggrottarsi. Deve trattarsi di un sogno particolarmente realistico perché potrei giurare che si tratti di Benji.

Rallento il passo fino a fermarmi del tutto. Non faccio in tempo a chiedermi cosa o chi stia tenendo in braccio che me lo trovo di fronte, più stupito di quanto non lo sia io.

"Tom?"

 

* * *

 

Myriam

 

Era come se il senso di vuoto provato negli ultimi due mesi non fosse mai esistito. Fluttuavo in un limbo di calore soffuso, immune a ogni dolore. Il mio corpo era pura luce e, sebbene non potessi vederlo, sentivo che Benji era con me.

La sua mano mi accarezzò i capelli. Tocco lieve, quasi impalpabile, sul quale concentrai tutta me stessa.

Dove sei Benji?

Non rispose e le carezze cessarono, sostituite da un calore diverso seppur familiare.

Cosa succede?

Aprii gli occhi, improvvisamente conscia del sonno in cui ero caduta non appena mi aveva accolta tra le sue braccia. Dove mi trovavo? Un volto mi sovrastava ma avevo difficoltà a coglierne i lineamenti. Contorni incerti si frapponevano fra il mio stato di coscienza e il mondo circostante.

"Ho sperato tanto di rivederti. Non pensavo ci sarei riuscito davvero."

Il cuore mi balzò in petto prima ancora che potessi riconoscere quella voce. Strizzai gli occhi e li riaprii, mettendo a fuoco colui che mi abbracciava contro ogni ragionevole logica.

"Tom?" balbettai, incredula e riconoscente anche solo di poterlo incontrare in sogno.

Rimase in silenzio e, di fronte ai suoi dolci occhi scuri che mi fissavano, capii quanto mi fosse realmente mancato.

"Com'è possibile?" domandai mentre, senza parole, mi stringeva con forza tale da placare  almeno in parte la frustrazione generata dalla mia debolezza.

"Non lo so ma va bene così."

La sua voce. Unica, allegra, inimitabile. La voce del mio Tom. Non stavo sognando.

Mi sciolsi dal suo abbraccio quel poco che bastava per osservarlo in volto. I capelli bagnati e in disordine, la fossetta che adoravo, il sorriso che mi aveva strappato un pezzo di cuore per sempre.

"Com'è possibile?" ripetei, i pensieri più sconnessi che mai. Poi un lampo. "Sono forse tornata a casa?"

Casa. Perché ormai ne ero certa, la mia casa era con loro. "Benji dov'è?" domandai d'un tratto guardandomi intorno.

Tom scoppiò in una risata allegra. "Siamo alle solite. Attraverso lo spazio dimensionale per vederti e tu pensi a Benji."

Provai una stretta al petto, affondando il volto nella sua spalla. "Hai ragione Tom, perdonami."

Il suo petto vibrò e capii che stava ridendo. Mi passò due dita sotto al mento, obbligandomi a incrociare il suo sguardo. "Mi sei mancata My, non puoi immaginare quanto."

Sfiorò la mia guancia con il dorso della mano e mi sforzai di ricacciare indietro le lacrime che non chiedevano di meglio che fare capolino copiose.

"Non sono venuto fin qui per farti piangere, che fine ha fatto il tuo spirito pungente?"

Ero solo una femminuccia, dannazione. Alzai il mento, cercando di ricompormi. "Scommetti che se mi ci metto riesco a farti commuovere?"

Tom scoppiò a ridere e lo seguii a ruota, sciogliendomi dal suo abbraccio e sedendomi accanto a lui. Quella che era nata come una presa in giro si trasformò in un lungo scambio di sguardi e fui grata per l'assenza di Benji in un momento che era solo nostro.

"Mi sei mancato Tom" mormorai con voce appena udibile.

Avvicinò il viso al mio e i nostri nasi si sfiorarono. Trattenni il fiato.

"Avevo appena cominciato a divertirmi, le mie fan saranno disperate per questa riconciliazione."

Spalancai la bocca, prima di dargli un buffetto di finta indignazione sulla spalla.

"Credimi Becker, questo mondo pullula di avvenenti fanciulle. In men che non si dica avrai frotte di nuove fan pronte a tutto pur di conquistare la tua attenzione."

Mi voltai in direzione di Benji che sembrava spuntato fuori dal nulla, riconoscendo d'un tratto l'ingresso e la sala principale di un pub dove avevo festeggiato il mio compleanno alcuni anni prima.

"Siamo ancora a Roma" mormorai tra me, ignorando la sua battuta.

"Certo My, dove volevi che fossimo?"

Registrai la terza voce un istante prima che il mio sguardo si posasse su Patrick, intento a prendere posto al nostro tavolo.

"Pat?"

Tranquilla My, puoi farcela. Ora arriva il mago Merlino e sistema tutto.

Mi squadrò con una punta di irritazione. "Hai presente Patrick Shannon, il collega della stanza accanto che si è improvvisato autista notturno aiutandoti a evadere dall'ospedale? Forse è il caso che ti riportiamo indietro, reparto amnesie selettive."

Deglutii chiedendomi se l'universo, così come lo conoscevamo, fosse sul punto di implodere. Il calendario Maya si sbagliava, per la fine del mondo non era necessario attendere il 2012.

Inconsapevole di trovarsi sull'orlo di un probabile paradosso cosmico Tom protese la mano nella sua direzione. "Ciao Patrick, in attesa che Myriam recuperi l'uso delle sue facoltà mentali mi presento. Sono Tom Becker." 

Per poco Pat non si ribaltò, ritraendo la mano che aveva alzato istintivamente per presentarsi a sua volta. "Se è uno scherzo vi assicuro che non è divertente."

Benji, che nel frattempo si era seduto al mio fianco, scoppiò a ridere ricevendo di rimando un paio di occhiate confuse. La somiglianza tra i due ragazzi era tale che chiunque fosse entrato in quel momento li avrebbe presi per fratelli.

"Uno scherzo? Perché mai dovremmo scherzare?" Lo stupore genuino di Tom sembrò non sfuggire a Patrick, che per un attimo dubitò di aver capito bene.

"Prima Benjamin Price, poi Tom Becker. Manca solo Oliver Hutton e siamo al completo."

Serrai le labbra tra i denti per non ridere, mentre Benji mi assestava una gomitata nel fianco. Dal canto suo Tom aveva l'aria sempre più confusa, forse chiedendosi in quale occasione quel ragazzo avesse conosciuto Holly.

"Se vuoi possiamo chiamarlo, a San Paolo dovrebbe essere pomeriggio."

Impossibile resistere oltre. Io e Benji scoppiammo in una fragorosa risata che venne accolta con la frustrazione tipica di chi non riesce a cogliere uno scherzo molto divertente.

"È una lunga storia" spiegò lanciando uno sguardo eloquente all'amico. "Puoi anche non crederci" proseguì rivolto a Patrick, "ma anche Tom gioca a calcio e abbiamo un amico che si chiama Oliver, primo attaccante del San Paolo."

Per quanto recasse una verità bizzarra e difficile da accettare, il tono serio di quella risposta sembrò sedare la curiosità di Patrick. "I vostri genitori si sono messi d'accordo? Con dei nomi così non potevate che darvi al calcio."

Per un attimo mi chiesi se non fosse il caso di dirgli la verità. Era senz'altro più facile accettare uno strano caso di omonimia che non l'esistenza di dimensioni parallele, ma dopo tutto quello che aveva fatto per me era giusto svelare almeno in parte l'origine di tanta confusione.

"È davvero una lunga storia Pat, più lunga di quanto tu possa immaginare. Benji e Tom sono calciatori professionisti, vivono molto lontano da qui. Il loro talento è paragonabile a quello dei protagonisti del cartone animato con cui siamo cresciuti."

Patrick mi fissò con occhi di un verde tanto scuro da sembrare nero e, con mia grande sorpresa, non rise né mi fissò con aria stralunata. Forse il duello calcistico di quella sera aveva fatto scattare qualcosa in lui e, proprio come me quel giorno a Narita, sembrava volere mettere alla prova quello strano susseguirsi di eventi.

"Esiste davvero un calciatore di nome Oliver Hutton?"

Prima che potessi rispondere abbassò lo sguardo sulla felpa di Tom e riconobbi a mia volta lo stemma del Paris Saint-Germain. "È la nuova divisa vero? L'ho notata in partita un paio di giorni fa."

Forse memore dei miei racconti Tom si limitò ad annuire, lasciando a me la parola.

"Benji gioca per il Bayern Monaco, primo portiere e capitano della nazionale giapponese."

Pat assimilò le mie rivelazioni in silenzio. "Immagino ti sarai divertito durante la nostra partita, un gigante in mezzo ai ragazzini."

Benji lo fermò con un gesto della mano. "Hai un talento e una forza di volontà fuori dal comune Pat, c'è mancato poco perché segnassi. Con la giusta preparazione atletica metteresti in difficoltà i portieri di mezzo mondo."

Tom sgranò gli occhi, forse più stupito di quanto non lo fossi io nel vedere che Pat, appassionato di calcio sin da bambino, non accennava a dichiarare i nomi dei veri giocatori delle squadre da me elencate.

"Ho sentito bene capitano? Ha quasi segnato mentre tu eri in porta?"

Che si trattasse o meno di una partita ufficiale, quando si parlava di calcio i ragazzi erano soliti rivolgersi a Benji con il suo appellativo professionale.

"Sì Tom e ti dirò di più. Il suo stile è molto simile al tuo."

Si fosse messo a nevicare nel bel mezzo del locale, Tom non se ne sarebbe accorto. Mentre cercava di ricomporsi, mi voltai verso Pat che si gustava la scena con evidente soddisfazione.

"Sarebbe lui l'amico al quale ritenevi assomigliassi tanto?"

Trattenni una risatina. "Proprio così."

L'attaccante della New Team si barricò dietro a un'aria di finto distacco. "Non vedo alcuna somiglianza se non per il fatto che, impegnandomi seriamente, anche io potrei mettere Benji in difficoltà."

Sentendosi chiamare in causa il portiere gli assestò una sonora pacca sulla spalla. "Tranquillo Becker. Ho detto che Pat ha uno stile simile al tuo, non che giocate allo stesso livello. Sei cresciuto con un pallone ai piedi, il paragone non sussiste."

Le parole di Benji sembrarono rassicurarlo e provai una certa impressione nel vederli entrambi così seri. Erano mesi che non assistevo ai loro allenamenti, presa com'ero dai miei problemi avevo quasi dimenticato che il calcio non era certo un gioco per loro.

"Ho detto a Carrie e Florence che stai bene, volevano raggiungerci ma ho pensato avessi voglia di riposare un poco" cambiò discorso Pat.

Se non fossi stata seduta tra Benji e Tom gli sarei saltata al collo per ringraziarlo. Provavo un estremo bisogno di rimanere sola con loro e valutare il da farsi senza ulteriori complicazioni.

"Vi do uno strappo in ospedale?" proseguì infilandosi la giacca.

Tom mi lanciò uno sguardo preoccupato ma non chiese spiegazioni. Forse lui e Benji si erano parlati mentre dormivo.

"Grazie Pat, domani andrò a spiegare l'accaduto. Ora preferisco tornare a casa."

"Prendiamo un taxi, non preoccuparti" rincarò la dose Benji, "oggi hai fatto fin troppo."

Con l'eleganza anglosassone che lo contraddistingueva, Pat intuì che la sua presenza non era più gradita e si alzò con un sorriso. "È stato un piacere ragazzi, spero di aver presto l'occasione di incontrare anche Holly e perché no, Mark Lenders? A questo punto presumo esista anche lui." Mentre si avvicinava per salutarmi, i ragazzi ebbero il buon gusto di non rispondere alla sua domanda.

"Vedi di non fare altri danni My, stasera abbiamo fatto il pieno" aggiunse prima di accomiatarsi con un gesto della mano.

Benji e Tom lo seguirono con lo sguardo e non potei fare a meno di cogliere una certa ammirazione nello sguardo di entrambi.

"Andiamo a casa peste?" domandò Benji porgendomi la mano. "Ho una cosa molto importante da dirti, ma prima devo far vedere una cosa al nostro Becker."

Sul volto mio e di Tom si dipinse una sincera curiosità e Benji scoppiò nell'ennesima risata.

"Le puntate della nostra serie animata, naturalmente."

 

"Dovete presentarmi il tipo che ha ideato queste acrobazie, voglio farmi spiegare un paio di cose" ripeté Tom asciugandosi le lacrime per l'ennesima volta. "Posso scaricare il filmato del doppio calcio con Holly? Vorrei provare a mandarglielo via mms."

Mi limitai a guardarlo di sguincio. "Nonostante si dicano meraviglie del nuovo iPhone, dubito che possa mandare messaggi interdimensionali."

"Si può sempre tentare. Steve Jobs sarebbe felice di sapere che i suoi apparecchi riescono a comunicare tra mondi differenti."

"Piantala di blaterare Becker e dimmi cosa pensi del tiro della tigre" intervenne Benji liquidando l'argomento con un gesto della mano.

Il solo nome sembrò evocare una miriade di immagini esilaranti e Tom dovette sforzarsi di restare serio. "Dico che dobbiamo tenere il più assoluto riserbo in proposito. Se solo Lenders scoprisse che, in qualche luogo remoto dell’universo, i suoi tiri sono tanto potenti da strappare una rete e bucare un muro avremmo chiuso. Ce lo ritroveremmo tra i piedi in un batter d'occhio e non sarebbe facile liberarsene."

Un attimo di silenzio accompagnò l'immagine di Mark alle prese con sperimentazioni disperate sui campi da calcio nostrani. Difficile immaginare qualcosa di più comico.

"C'è una cosa che non mi torna" proseguì Tom, serio.

"Solo una?" domandò Benji inarcando un sopracciglio.

"Perché hanno dato una voce da donna al mio personaggio?"

Io e Benji ci fissammo per un attimo cercando di mantenere il controllo, ma fallimmo miseramente e a Tom non restò che unirsi a noi.

"Vivi in uno strano mondo My, non c'è che dire."

Per quanto innocente, la considerazione di Tom ebbe il potere di riportarmi alla realtà. Il mio sguardo dovette rabbuiarsi perché il tono della conversazione si fece subito più serio.

"Non ci hai ancora spiegato come sei arrivato fin qui."

Tom sembrò soppesare per un attimo le parole di Benji. "Il vostro amico comune ha mandato una deliziosa biondina a cercarmi, prima di lasciare a intendere con tono misterioso che avrei avuto modo di dare un senso a questa storia." I suoi occhi si posarono su me e non potei fare a meno di abbassare i miei. "Non capisco però cosa intendesse quando ha aggiunto che, se necessario, avrei potuto prendere congedo da te. Ci siamo appena ritrovati."

La sua voce tremò in maniera appena percettibile e provai una stretta al cuore per il modo in cui lo avevo salutato prima di lasciare il loro mondo.

In risposta alla tensione che aleggiava nell'aria, Benji incrociò le dita della mano destra con le mie. 

"Ricordi la cosa importante che volevo dirti?"

Un lungo silenzio seguì le sue parole e non potei fare a meno di trattenere il fiato. Un incipit del genere non lasciava presagire nulla di buono.

"Non resterai più sola peste" disse con piglio enigmatico, "questa volta la decisione spetta a te.”

Mi ci volle un attimo per registrare le sue parole e lì per lì pensai di aver capito male. "Cosa vuoi dire?"

Un dolce sorriso si disegnò sul suo volto e mi resi conto che la stretta della mia mano si era fatta più forte del necessario.

"Te lo avrei detto prima, ma l'arrivo di Becker mi ha distolto come al solito dai miei doveri."

Mi voltai istintivamente verso Tom, riflesso perfetto dello stupore che sentivo crescere sul mio volto. "Spiegati meglio Price."

"Mentre dormivi il nostro vecchietto è comparso dal nulla, facendo strane domande sulla mia vita con te, sui nostri desideri. A un certo punto mi ha spiazzato, proponendomi di portarti con me e tornare insieme nel mio mondo."

Sentii il sangue defluire dal corpo e trattenni il respiro, ormai pronta per i mondiali di apnea. "Hai rifiutato?"

Benji annuì senza darmi il tempo di reagire. "Non volevo decidere per te."

"Ma è chiaro che Myriam vuole tornare a casa!"

Ci voltammo entrambi in direzione di Tom, il cui trasporto lasciò subito il posto a un velo di tristezza. "Sapeva che sarei tornato indietro da solo, per questo mi ha detto che avremmo avuto modo di salutarci" mormorò, forse pensando ad alta voce.

Benji scosse il capo, un'espressione serena in volto. "Dipende da Myriam. Se lo vorrà resterò qui con lei, altrimenti potremo tornare a casa tutti e tre."

Lo fissai incredula, preda di un tremore improvviso. "Ti stai prendendo gioco di me?"

"Non lo farei mai."

I suoi occhi scuri. La mia anima, la mia perdizione.

"Dipende davvero da me?"

Annuì per la seconda volta con una calma che non gli era propria. "Ricorda ciò che mi hai detto quando ci siamo ritrovati peste, non prendere una decisione a cuor leggero. In un modo o nell'altro dovrai rinunciare a una parte di te, della tua vita."

Mi lanciai tra le sue braccia senza pensare. "Torniamo a casa Benji."

"Anche se odio ammetterlo, Benji ha ragione. Così facendo non potrai più vedere la tua famiglia, i tuoi amici."

La voce pacata di Tom attraversò i livelli di coscienza che mi separavano dal mondo reale, qualunque esso fosse. Osservai prima l'uno, poi l'altro, senza parole.

"Ora è tutto chiaro. Benji si è rimesso al tuo giudizio, cosa molto strana per lui, e sembra che tocchi a me aiutarti a prendere la giusta decisione. Sarei lieto che qualcuno mi spiegasse cosa ho fatto di male nelle mie vite precedenti."

La vena di ironia nella voce di Tom mi scaldò il cuore, d'un tratto freddo come ghiaccio.

"Vogliamo fare testa o croce?" domandò, il tono più leggero di quanto non lasciassero trasparire i suoi occhi.

Mi sforzai di sorridere, sentendomi scindere in due parti distinte. La me stessa che avrebbe varcato senza esitazione il portale dimensionale e colei che, per la prima volta, aveva il lusso di scegliere.

 

 

¨ ¨ ¨

Cast della FF

 

Myriam

Benji

Patrick

Vecchietto malefico^^

Tom

Bex

 

¨ ¨ ¨

Scansioni del fumetto originale del 1981

 

Copertina 1

Copertina 2

Sfida tra Holly e Benji

 

¨ ¨ ¨

 

Mi stavo chiedendo una cosa... in questo capitolo posso rispondere alle recensioni ricevute nell’ultimo (ovvero il 32). Come farò a rispondere a quelle ricevute per il prossimo, ovvero l’epilogo e conclusione di questa lunghissima storia?

Si accettano consigli!

PS: come al solito perdonate i refusi, sono ansiosa di pubblicare^^

 

bex

Tesorinaaaaaaaaaa!!!! Chiedo umilmente perdono per questo ritardo imperdonabile (questa frase non si può sentire^^). Ti risparmierò tutte le noie legate ai miei deliri lavorativi e impegni personali e vado subito al sodo.

Ero convinta di finire la storia con questo capitolo, ma non mi è stato possibile. Dovevo sistemare un po’ di cosine, e quindi è venuto fuori un epilogo (34°) inaspettato. Cercherò di pubblicare il più presto possibile, e comunque di non far passare più di 2 settimane (altrimenti mi sparo prima che lo facciate voi^^).

Sei contenta di essere comparsa finalmente? Avrei tanto voluto vedere la tua faccia mentre Tom ti bacia sulla guancia... hehe!!!

Mi ha inoltre fatto stra-piacere che il mio ultimo cap strappalacrime ti sia piaciuto. Anch’io a tratti mi chiedo cosa proverò quando mettereò il punto finale a questa storia che mi ha accompagnata per così tanti anni. Sicuramente scriverò altro, ti farò sapere^^

Tornando ai nostri beniamini, mi dispiace averti delusa: non sono tornati nel mondo di Benji e Tom, tutta la scena si è svolta sempre a Roma (non sai che ridere ogni volta che passo davanti all’ingresso del parco e immagino i miei personaggi^^)

Grazie come sempre per le tue dolcissime parole di conforto, non vedo l’ora di sentire cosa pensi di questo capitolo un po’ di transizione, in cui tutti i nodi cominciano a venire al pettine. So che probabilmente ci resterete male che la storia non si concluda subito, ma non volevo tirarla via così, tanto per.

Per quanto riguarda la tua richiesta del finale, potrò soddisfarti almeno in parte... stanne certa!

Bacissimi!!!

 

Carrie_brennan

Carrie come stai? Grazie mille per gli auguri, sono desolata di rispondere con tanto ritardo. Pensa che quando ho letto la tua ultima recensione ero in hotel a Kyoto :-)

Sono felice che il dialogo tra Benji e il vecchietto ti abbia emozionato, avevo un po’ paura che risultasse troppo “stucchevole”. Per quanto riguarda il nostro Tom, questo capitolo vi permette di capire come è giunti sino a loro. E’ un personaggio che adoro, spero concordi con me che non potevo lasciarlo in disparte sul gran finale!

Un bacione e a prestissimo!!!

 

benji79

Ciao Benji79! Sono felice che la scena principale dell’ultimo capitolo ti sia piaciuto. Ormai ci avviamo seriamente alla fine e i nostri personaggi sono cresciuti, non li sento più come i “ragazzi” dell’inizio della mia storia.

Spero che la mia decisione di non concludere la storia con quest’ultimo capitolo non vi dispiaccia, non ho mai amato i finali troppo veloci, dopo una lunga storia è giusto che i personaggi trovino tutti un loro equilibrio e si dia un senso anche al loro finale.

Ancora un pizzico di pazienza e arriveremo all’agognato epilogo^^

Ciao e alla prossima!

 

Florence

LOL... la tua recensione mi ha fatto troppo ridere.

The winner is il vecchietto malefico... chi lo avrebbe mai detto? Anche in questo capitolo svolge un ruolo quanto mai di rilievo, permettendo anche al nostro Tom di trovare alcune risposte. Onestamente non mi sembrava giusto lasciarlo appeso e in secondo piano, dopo tutto quello che ha passato ho preferito posticipare l’epilogo di un capitolo ma permettergli di ritrovare Myriam e Benji nel mondo di lei.

Sono felice che l’evoluzione dei personaggi ti sia piaciuta. Come dicevo a Benji79, in questi 6 lunghi anni (ne è passato di tempo da quando ho pubblicato il 1° capitolo!) i miei beniamini sono cresciuti e così la loro percezione del mondo che li circonda. Myriam è diventata più consapevole, Benji più maturo e Tom... Tom ha il mio amore incondizionato!^^

Rileggendo la tua recensione mi sono soffermata sul tuo commento relativo al fatto che Myriam dorme durante il confronto tra Benji e il vecchietto. La mia scelta non è stata casuale, Benji doveva confrontarsi da solo con i suoi dubbi e capire fino a fondo cosa era disposto a perdere per lei. Se Myriam fosse stata sveglia, avrebbe risposto subito alla proposta del vecchietto di rimandarli indietro, mentre entrambi devono riflettere più seriamente a come costruire il loro futuro di coppia.

O almeno è così che la vedo io, per quanto si tratti di una semplice fic, ci ho messo talmente tanto il cuore da non voler buttar giù il finale in maniera “superficiale”.

Riguardo al nostro Tom... spero che tu abbia trovato in questo capitolo la risposta alle tue domande. Nelle sue varie scelte, Myriam ha sempre trovato in lui un confidente affettuoso ed equilibrato (oltre che innamorato), mi sembrava giusto dargli lo spazio che meritava anche alla fine.

Cmq ci siamo quasi, tra poco scriverò la parola “fine” a questa storia. Mi commuovo al solo pensiero... un bacione e grazie!

 

Dafny 

Ebbene sì, il nostro Tom è tornato!!! Non hai idea quanto mi sia mancato, non vedevo l’ora che tornasse. Mentre scrivevo la fine del capitolo 32 mi ha tirato la giacchetta guardandomi male, e non ho potuto fare altro che rimetterlo in pista^^

Il nostro povero Patrick purtroppo non regge il confronto, e mi sono troppo divertita a scrivere la scena di tutti e 4 al pub. Impossibile inoltre resistere alla tentazione di fargli commentare il tiro della tigre... quanto mi mancherà questa storia.

Non preoccuparti per la lunghezza dei tuoi commenti, anche poche parole riescono a trasmettermi l’affetto che traspare per i miei personaggi.

Baci baci e alla prossima (e ultima... sob!)

 

Scoutina

Mi fate arrossire con tutti questi complimenti... e mi viene anche l’ansia da prestazione perché ho sempre paura che il capitolo successivo non sia all’altezza. In questo momento poi sono particolarmente fragile, in quanto ci avviciniamo pericolosamente alla fine. Vi prego, ho bisogno del vostro supporto morale!^^

Apprezzo molto il fatto che tu non dia per scontato il loro ritorno a casa. Per quanto sia la scelta più naturale, non mi sembrava giusto darla per scontata. Tutte le scelte comportano delle rinunce, e proprio per questo ho allungato un pochino questo finale che altrimenti sarebbe risultato frettoloso.

Farò del mio meglio per pubblicare l’epilogo entro un paio di settimane.

Baci baci!

 

Miss_Rose

Ciao Rose! Arrossisco nel sentirti dire che tutto è perfetto... quest’ultimo capitolo è meno denso di avvenimenti, spero che ti sia piaciuto comunque!

Come già detto, sentivo il bisogno di mettere un po’ di ordine prima della scelta finale e definitiva, e il nostro vecchietto mi ha chiesto di fare un’altra apparizione. Non ho saputo dirgli di no^^...

Fammi sapere cosa ne pensi... Ciaoooo!

 

berlinene

Ciao tesoro! Questa volta ci ho messo una vita a pubblicare... sorry! Dopo aver pubblicato 2 capitoli di seguito mi sono bloccata per una serie infinita di motivi. Ma tant’è, sono davvero felice di sentirti dire che ciò che scrivo ti piace sempre di più (sto prendendo lo slancio per il gran finale, hehe^^)

Questa volta niente miele, qualche battuta e un po’ di ordine fra i vari stati d’animo. Staremo a vedere cosa succederà nel nostro epilogo… Bacissimi!!!

 

sany

Grazie Sany, spero che questo capitolo ti sia piaciuto... è un po’ di transizione, e prepara al gran finale che ho già cominciato a scrivere.

Anche a me dispiace molto che la storia stia per finire, ma non vedo l’ora di poterla stampare su carta e rileggerla tutta con calma.

Ciao ciao e a presto!!!

 

Lady Snape

Ciao Lady! Tanta azione, molti fatti e una lunghissimaaaaaaaaaaa pausa. Sono tornata, arrivata quasi alla fine, e pronta per nuove avventure^^

Scherzi a parte, il solo pensiero che il prossimo capitolo sarà l’ultimo mi fa venire i lacrimoni... Ma tutte le storie hanno una fine, e questa mia si è protratta molto più a lungo del previsto.

Spero che il ritorno del nostro Tom sia stato all’altezza delle tue aspettative, e sono curiosa di sapere cosa pensi dell’incontro con la nostra Bex: in fondo anche lui meritava di incontrare una gentil donzella, non credi?

Baci baci e alla prossima!

 

 

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Capitolo 34
*** Parte IV - Capitolo 34 ***


E così siamo giunti al termine di questa storia che mi ha accompagnata per più di sei, lunghissimi anni. La maggior parte di voi lha conosciuta solo di recente, se penso che ho pubblicato il primo capitolo nel 2004 devo trattenere qualche lacrimuccia di commozione.

Tutto è iniziato con un brutto incidente e la ricerca di un senso alla vita così come la conoscevo. La mia vita da allora è cambiata e in meglio, forse questa storia mi ha portato fortuna.

Dato che la stiamo buttando sul melenso (come potrebbe essere altrimenti?^^) vorrei chiedere a tutti voi un grande favore: ho scritto e descritto i miei personaggi con il cuore, sentendoli miei e vedendoli crescere nel filo degli anni. Ciò che avete letto è parte di me e sono felice di averlo condiviso con voi. A fine lettura vi chiederei di lasciare una recensione, seppur brevissima, per permettermi di conoscere anche coloro che mi hanno letto fedelmente in silenzio.

Se i miei personaggi vi hanno tenuto compagnia, fatto sorridere o emozionare anche solo un po, dedicatemi un minuto del vostro tempo di modo che possa, se non darvi un volto, sapere che mi avete accompagnata con affetto e pazienza.

Do un bacio grande a tutti voi e, con un pizzico di tristezza, vi lascio alla lettura dellepilogo e ultimo capitolo, un po più breve del solito (il mio cuore non ha retto oltre...).

I saluti a fine pagina!

 

Epilogo

 

Tom

 

Il cravattino mi andava stretto, così come il ruolo impostomi da quella coppia di matti. Doppio testimone di nozze, a dir poco assurdo. Come se fare da testimone normale non fosse abbastanza.

L'unico aspetto positivo della faccenda era lo spettacolo di un Benji fuori di sé, tanto nervoso da apparire quasi comico. Persino Lenders si era limitato a un paio di battute non raccolte e, arresosi all'evidenza, aveva liquidato come inutile ogni tentativo ulteriore.

"Se guardi un'altra volta l'orologio ti stacco il braccio" bisbigliai tra i denti, ben consapevole di combattere una partita persa in partenza.

"Hai ragione Becker" mugugnò il diretto interessato lanciando un'occhiata al mio polso sinistro.

Scossi il capo divertito. Nemmeno la finale dei mondiali lo avrebbe ridotto in quello stato, ne ero certo come sapevo che Myriam aveva fatto la scelta giusta.

I giorni trascorsi nel suo mondo mi erano rimasti impressi come un lungo sogno molto realistico, vissuto tra il divertimento e la paura che tutto potesse finire sul più bello. Benji era cresciuto, a tratti quasi irriconoscibile. Vederlo muoversi in casa di lei come un ragazzo qualunque, in perfetto equilibrio con sé stesso anche in assenza del calcio, mi aveva fatto capire che ora era Myriam al centro del suo mondo, insieme alla bimba che presto avrebbero avuto.

In piedi al centro della cucina, in pigiama con lo spazzolino da denti in bocca, mi era apparsa radiosa al mio primo risveglio in quella strana realtà. Camminare per strada senza essere riconosciuto aveva un sapore speciale, e visitare Roma al suo fianco aveva agilmente scalato la classifica dei più bei pomeriggi trascorsi insieme.

Come nel migliore degli incantesimi eravamo tornati amici. Potevo abbracciarla senza sensi di colpa e nel suo sguardo cogliere tutta lallegria dei primi tempi. Forse il nostro amico vecchietto ci aveva messo lo zampino... nessuno ci avrebbe mai detto la verità ma ne ero felice.

Avevo persino avuto modo di conoscere le sue migliori amiche, così simili a Patty e Susie da lasciarmi senza parole. Mi ero chiesto in più di unoccasione se i diversi mondi non fossero che semplici percezioni di una medesima realtà, ma mi ero ben guardato dallesprimere tale pensiero ad alta voce.

Lasciarsi tutto alle spalle era stata per Myriam una prova durissima, nonostante Benji le fosse rimasto accanto trascurando partite e allenamenti non aveva aperto bocca per settimane.

Dove hai messo gli anelli?

La domanda di Benji mi riportò con i piedi per terra e dovetti trattenere lennesimo sorriso.

Per la milionesima volta Price, sono al sicuro nella tasca della mia giacca. Devi stare tranquillo.

Fu come parlare al vento.

Se fossero troppo stretti? Se durante la cerimonia non riuscissi a infilarle la fede al dito?

Mi schiarii la voce, cercando di soffocare una risata. Il matrimonio verrebbe annullato e non potreste sposarvi mai più.

Benji sgranò gli occhi, prima di aprirsi in un largo sorriso. Perdonami Tom, sono solo un po nervoso.

Certo Benji, solo un po.

Unelegante figura femminile fece il suo ingresso, dirigendosi verso la sagrestia e distogliendo la mia attenzione dal futuro sposo.

Chi è quella ragazza? Non lho mai vista, è una tua parente?

Benji seguì il mio sguardo cercando di capire a chi mi stessi riferendo. Credo sia la wedding planner che Patty ha coinvolto nellorganizzazione, se vuoi più tardi te la presento.

Accolsi con stupore il suo tono leggero, Benji sembrava tornato in sé.

Tom, puoi venire per favore?

Mi voltai incrociando gli occhi seri di Patty. Certo, che succede?

Myriam chiede di te.

La seguii in silenzio, non prima di aver notato limmediato irrigidimento di Benji, subito ricalatosi nelle vesti di pinguino impacciato.

Ci sono problemi?

Patty scosse il capo con un sorriso. Vuole solo parlarti.

Attraversammo la chiesa fino al portico e, in fondo al vialetto, intravidi una macchina ferma. Lasciai Patty sulla scalinata e mi diressi a passo svelto verso il cancello di ingresso.

Non dirmi che ti è preso il panico pre-matrimoniale scherzai aprendo lo sportello.

Furono le mie ultime parole.

Fasciata in un lungo abito color avorio, il trucco appena accennato sul viso in parte coperto dal velo, Myriam era lemblema stesso della purezza. Ripensai per un attimo alla visione avuta tanto tempo prima, nella quale lo sposo ad attenderla allaltare ero io, e sorrisi. Un sorriso aperto e carico di tutto laffetto che provavo per lei.

Grazie per essere venuto Tom mormorò. Vorrei chiederti un favore.

Annuii con un cenno del capo, prendendole una mano tra le mie.

Ti andrebbe di accompagnarmi in chiesa? Non ce la faccio da sola.

Per giorni Patty aveva provato a dissuaderla dal percorrere la navata da sola ma non cera stato verso di convincerla. Nessun uomo avrebbe preso il posto di suo padre in quel momento così delicato della sua vita.

Ora voleva affidarsi a me.

Gli occhi lucidi per lemozione, dovetti trattenermi dal prenderla tra le braccia. Sarebbe un onore.

Un timido sorriso fece capolino sul suo volto. Grazie Tom.

Feci cenno allautista di dirigersi verso lingresso dove si era radunata una piccola folla che non vedeva lora di accoglierla.

Sei bella da togliere il fiato My, li stenderai tutti. Benji è davvero un uomo fortunato.

Percorremmo il breve tragitto in silenzio, accompagnati dal crepitio della ghiaia sotto le gomme. Non eravamo ancora scesi dallauto che Patty si era precipitata ad assicurarsi che labito non si sporcasse al contatto con il suolo.

“È tutto perfetto Patty, grazie.

Figurati cara, il merito è anche di Bex.

Nelludire quel nome mi voltai, incrociando un paio di occhi azzurri dallaria conosciuta.

Non posso crederci, cosa ci fai qui?

Vi conoscete? domandò Patty distogliendo per un attimo lattenzione dalle pieghe dello strascico.

Ci siamo incontrati a Parigi tre mesi fa rispose lei, rossa come un tizzone.

Fai la wedding planner?

Certo che no Becker sbuffò Patty. Bex lavora per la Federazione Italiana ed è a Tokyo per uno scambio internazionale, le ho proposto di aiutarmi a organizzare alcuni eventi tra cui il matrimonio proseguì, lanciando unocchiata eloquente in direzione di Myriam alla quale avrei dovuto porgere il braccio. Avrete modo di parlare durante il ricevimento, il futuro sposo e duecento invitati ci aspettano.

Sorrisi tra me mentre sentivo la mano di Myriam scivolare sul tessuto della mia giacca.

Il mondo è davvero piccolo.

Prima ancora che potessimo muovere un passo, le prime note della Romanza per Violino di Beethoven echeggiarono nellaria (40).

Ho sempre trovato la marcia nuziale un po' stucchevole mi bisbigliò Myriam allorecchio mentre, il cuore traboccante di emozione, la guidavo lungo la navata tra i volti sorridenti dei nostri amici.

Con un ultimo sforzo ricacciai indietro il groppo che mi premeva in gola e le posai due baci sulle guance, prima di consegnarla al migliore amico che stentavo a riconoscere nelluomo commosso ed ebbro di gioia in piedi di fronte a me.

Auguro a entrambi ogni felicità” fu lauspicio pressoché silenzioso che mormorai, ricevendo in cambio i sorrisi più luminosi che si potessero immaginare.

Presi posto al fianco di Benji, mentre dal lato di Myriam si erano schierati Holly e Patty, anchessi freschi di nozze.

Udii a mala pena le parole del sacerdote, l'attenzione attirata dai lunghi baffi dellorganista. Prima ancora che riuscissi a cogliere la sua reale identità strizzò locchio nella mia direzione, lindice teso sulle labbra protese in un silenzioso shhhh.

Era. Tutto. Perfetto.

 

* * *

 

Vecchietto Malefico

 

Mi sembra di aver sistemato tutto.

Quasi tutto.

La voce filtrava tra le nuvole, sapevo che lo scompiglio da me creato mi sarebbe valso diversi passi indietro nella gerarchia degli angeli celesti. Non mi era più dato rivolgermi direttamente al Sommo, troppo adirato per gli innumerevoli interventi spazio temporali dei quali non mi sarei però mai pentito.

Ero felice dei rischi corsi, lamore di quei due ragazzi meritava una possibilità. La piccola Charlotte cresceva felice, amata dai genitori e dai tanti zii che stravedevano per lei.

No, non mi sarei mai pentito delle scelte fatte, avrei avuto tempo e modo di redimermi.

Sono certo di non aver tralasciato nulla insistetti.

E questo?

La domanda fu seguita da un breve fascio di luce, al centro del quale comparve un fumetto la cui copertina conoscevo fin troppo bene.

Non vi sembra di essere un tantino pignoli?

Rimasi senza risposta. Lo raccolsi, divertito allidea che la storia aveva avuto inizio con il primo volume e stava per concludersi, almeno per me, con lultimo. Lo presi in mano e ne sfogliai le ultime pagine. Trattenni un sorriso divertito mentre cancellavo con lindice alcune scene, sostituendole con altre.

Il lancio del riso, il taglio della torta seguito dal primo ballo dei signori Price. Quasi un album nuziale. La nascita della bimba e il fratellino in arrivo, futura stella del calcio per la gioia di mamma e papà.

Ora era tutto sistemato, nemmeno Yioichi Takahashi avrebbe notato la differenza.

 

 

FINE

 

 

Ragazzi, non potete capire quanto sia triste... mi fa troppo impressione questa cosa!

 

Un bacio grandissimo a voi tutti. Sappiate che porterò tutti i vostri dolcissimi messaggi nel cuore e chi lo vorrà potrà contattarmi in privato per commentare e piagnucolare insieme^^

Vi prego consolatemi con le vostre recensioni, mi farebbe davvero tanto piacere sapere che anche voi vi siete un pochino emozionati nel leggere queste ultime parole.

 

Unultima cosa: purtroppo non sono riuscita a inserire Dafny e Fulmy nella trama della storia. Ragazze perdonatemi, ci ho provato ma rischiavo di perdere un po il senso delle relazioni tra i personaggi. Non per questo la vostra presenza è stata meno importante nei difficili momenti di blocco, spero che non ve ne avrete a male e che possa farmi perdonare almeno un pochino inserendo a seguire la vostra versione cinematografica così come me lero immaginata^^

 

Grazie ancora per avermi seguito con devozione e pazienza per tutto questo tempo!

 

Sayonara,

Myriam

(ebbene sì, per chi non lo sapesse il mio vero nome è proprio questo)

 

 

Note:

(40) Si tratta della stessa melodia che ho scelto per lingresso in chiesa il giorno del mio matrimonio^^ (http://www.youtube.com/watch?v=1WleLsO92gE)

 

¨ ¨ ¨

 

Il cast al gran completo, in ordine di apparizione, proprio come nei film!

 

Myriam

Benji

Tom (ammoreeee!)

Patty

Susie

Holly

Tom

Bruce

 Jennifer

Mark

Nathalie

Amy (special guest)

Julian (special guest)

Ed (special guest^^)

Patrick

Lizzy

Karl Heinz

Florence

Carrie

Eilis

Bex

Vecchietto malefico^^

+

Fulmy

Dafny

 

¨ ¨ ¨

 

In risposta alle ultime recensioni ricevute...

(si sente in sottofondo qualcuno che si soffia il naso^^)

 

Miss Rose

Grazie Rose, la tua dolcissima recensione è stata la prima dopo tanti mesi di mio silenzio e mi ha fatto un piacere incredibile.

Sei felice che i nostri protagonisti siano tornati a casa? Per me è un po’ come se mi avessero lasciata, ma sono felice di tutte le emozioni che hanno saputo regalare a voi, oltre che a me.

Ciao ciao e a presto!

 

Dafny

Sono contenta che la copertina No. 2 ti sia piaciuta, non puoi capire che effetto mi ha fatto tenere in mano le copie originali della prima edizione del manga^^
Alla fine sono tornati nel mondo dei nostri mitici calciatori (come avrebbe mai potuto essere altrimenti?). Mi mancheranno immensamente, e chissà che in futuro non scriva qualche capitolo sparso a mo’ di “edizione speciale”.

Mi diverte che consideriate l’omino dei mondi come sempre più malefico, spero che nel finale si sia fatto definitivamente perdonare.

Ciaoooooooo! :)

 

Bex

Piccola Bex, mi fai commuovere ancora di più... le tue recensioni e i tuoi messaggi hanno voluto dire tantissimo per me, grazie ancora.

Ebbene, siamo giunti alla fine. I nostri protagonisti hanno trovato ognuno la felicità e il proprio equilibrio, e il nostro vecchietto la pace che merita.

Hai mai pensato che, in fondo, questo omino misterioso potrei essere io sotto mentite spoglie? La parte finale è proprio mia, l’ho scritta con l’intento di mettere su carta le mie sensazioni verso la fine di questa mia storia così bella e importante per me.

Myriam, Benji e Tom mi hanno regalato emozioni bellissime, e forse è per questo che hanno toccato le corde dei cuori di alcune di voi. Nel corso del tempo hanno preso vita, interagendo con me quasi come degli amici. Per questo è così difficile per me lasciarli andare... Come dicevo a Dafny, chissà che prima o poi io non riprenda il pc in mano per scrivere qualche capitolo speciale tratto qua e là dal futuro dei nostri beniamini? Al momento è presto per dirlo, ma “mai dire mai”.

Ancora un bacio grandissimo e spero di continuare a sentirti in privato via email!

 

Scoutina

Mi dispiace tantissimo che tu abbia potuto pensare che vi avrei abbandonate proprio alla fine! Non solo dovevo a voi la fine di questa lunghissima storia, ma i miei personaggi meritavano una degna conclusione a tutte le loro avventure! :)

La decisione di Myriam dovrebbe aver reso felici tutte voi, e ho preferito omettere le difficoltà legate al dover abbandonare i propri cari lasciandoseli sempre alle spalle. Già vi siete dovute sorbire tutte le paranoie dal mondo di Benji al nostro... non mi sembrava opportuno ricominciare da capo al contrario.

Scherzi a parte, anche il nostro Becker troverà la sua dolce metà, ve lo posso assicurare. Nel caso mi prendesse lo schiribizzo di scrivere qualche pezzo qua e là, sicuramente lui avrebbe un posto in prima fila^^

E infine grazie piccola Scountina per avermi supportata con le tue dolci parole. Sentirti dire che la mia storia è la tua preferita mi ha riempito di orgoglio.

Un bacissimo e a presto!

 

Benji79

Ebbene sì, siamo giunti alla fine... i nostri tre beniamini sono tornati nel mondo di CT. Mi fa molto piacere che il mio ultimo capitolo ti sia piaciuto, era un momento di transizione importante e anche Tom meritava il suo spazio.

Mi sono anche divertita un mondo a far confrontare anche Tom con il cartone animato^^ Chi di noi non si è mai chiesta perché gli avessero affibbiato una voce femminile? Erano forse finiti i doppiatori? Povero il nostro Taro/Becker...

Carine le copertine vero? Vedere tutti i numeri al completo, con la carta un po’ invecchiata, sullo scaffale “1981” mi ha fatto venire un colpo al cuore, un po’ come ora mi sento un po’ triste all’idea di salutarvi.

Ciao ciao e grazie per avermi accompagnata in tutto questo tempo!

 

DazedAndConfused

Bentornata cara! Carino il tuo nuovo nick, e deliziosa la tua recensione! Sebbene tu l’abbia lasciata per il capitolo 27 ti rispondo qui, sperando che ti vada di leggere la storia fino alla fine^^

Grazie per tutti i complimenti che mi fai, sono felice che il mio personalissimo “casting” ti piaccia! E’ davvero divertente avere tutta Hollywood a disposizione per interpretare i nostri personaggi, permettersi il nostro mitivo Johnny Deep per una comparsata non è cosa da poco^^
Cmq tranqui, vai pure serena con il delirio, non ti caccerei mai... anzi! Sono grandicella assai, eppure mi diverto ancora come una matta a scrivere fic, quindi comprendo benissimo ;D

Mi dispiace che alla fine la nostra Myriam ti abbia fatto contenta, ma Benji era sin dall’inizio il suo predestinato. In realtà gli ho cambiato un po’ il carattere strada facendo, rendendolo meno borioso e più dolce. Spero la mia versione non ti dispiaccia!

Per quanto riguarda i cuccioli Price, in quest’ultimo capitolo hai trovato la tua risposta.

Un bacio grande!!!

 

Berlinene

Ciao bellissima!!! Sono felicissima che il mio stile ti piaccia sempre di più, devo ammettere che mi risulta sempre più facile scrivere di getto e mi diletto in esercizi di stile come il passaggio di Tom al presente. Me lo sono immaginato un po’ Memento, luci fredde e soffuse, molto introspettivo in termini di sensazioni, per questo al presente anziché al passato.

L’epilogo invece è quanto di più classico ci possa essere, forse un pizzico banale e retorico, ma sentivo di dover sistemare tutti i punti rimasti aperti.

Nell’ultimo passaggio POV vecchietto poi mi sono divertita un mondo, strizzando l’occhio di autrice a tutti voi^^

Ovviamente i nostri protagonisti sono tornati nel Giappone di CT, non poteva essere altrimenti. Come ti dicevo via msn al momento mi sto dilettando in un tentativo di storia originale che non pubblicherò su EFP, ma chissà che non mi venga voglia di scrivere qualche capitolo qua e là per raccontarvi come vedo i nostri personaggi qualche mese/anno dopo.

Si vedrà, ora è troppo presto per dirlo.

Un bacio grande e a prestissimo!
PS: grazie del consiglio, sono felice di poter rispondere anche alle recensioni dell’ultimo cap tramite l'account!

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