Photograph

di cele_gingers
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Bruciare. ***
Capitolo 2: *** Sorrisi sinceri. ***
Capitolo 3: *** Vecchie amicizie, nuove amicizie. ***
Capitolo 4: *** Le cose peggiori nella vita ci arrivano gratis. ***



Capitolo 1
*** Bruciare. ***


 

“Brucia” penso.

“Brucia, brucia, brucia.”

Osservo la fotografia accartocciarsi nel fuoco, quasi contorcendosi, e provo un piacere incontrollabile nel vederla bruciare e distruggersi.

“Brucia come ha bruciato il suo abbandono.”

Vorrei allontanare questo pensiero, reprimerlo e ucciderlo come sto facendo negli ultimi mesi, ma non ci riesco. E lo sento, il Dolore, che mi distrugge e scava lentamente nel mio cuore. Getto un’altra foto nel fuoco, osservandola per l’ultima volta. Rivedo il suo viso, il suo viso da angelo che tanto ho amato, e che mi ha portato alla disperazione. I suoi occhi turchesi ed espressivi, i suoi ricci color del grano. Quanto amavo osservarli alla luce del sole, il modo in cui risplendevano. Era in quei momenti che mi accorgevo di amarlo, di amarlo davvero. La foto è ormai cenere, solo un piccolo lembo è rimasto intatto. Getto un'altra foto nel fuoco. Vado avanti in questo modo per tutta la notte, alternando le urla di rabbia al pianto. Ogni tanto osservo frammenti di immagini, che come schegge di vetro mi trafiggono il cuore senza pietà. Qui e là vedo l’ombra di un sorriso sulle sue labbra carnose, le sue mani grandi e protettive che mi avvolgono, il suo sguardo divertito. E i ricordi affiorano, legati l’uno all’altro come in una ragnatela. È inevitabile, questi non possono essere distrutti. Quando anche l’ultima foto è ridotta in cenere, mi siedo sul pavimento ad osservare il fuoco scoppiettare. Il Dolore, che mi accompagna costantemente, preme per uscire allo scoperto, e io lo accontento, lo lascio uscire. Piango, grido, spacco gli oggetti vicini, finché non sono completamente svuotata. A quel punto rimango in silenzio, incantata dal fuoco, senza più lacrime da piangere e parole da gridare. Tutto è immobile nella notte.

Supererai tutto questo” mi diceva la gente. “Tutti finiscono per superarlo prima o poi”

Ma non capivano. Il Dolore non scompariva, anzi aumentava giorno dopo giorno. E la rabbia, rabbia verso di lui che se ne era andato, che mi aveva lasciata sola, che forse non mi amava abbastanza per restare, non accennava ad abbandonarmi. Ormai erano due miei compagni quotidiani, avevo imparato a convivere con loro. Avevo imparato anche a nasconderli all’occorrenza. Se qualcuno avesse visto ciò che il Dolore mi aveva fatto diventare, mi avrebbe sicuramente rinchiuso in un manicomio. Così continuavo ad andare a scuola, cercando con tutta me stessa di passare ogni esame, di arrivare alla sufficienza. La gente mi chiedeva cosa avevo intenzione di fare, una volta terminato il liceo. Io non sapevo rispondere. L’unica cosa che avevo amato quanto Jace era la fotografia, e ora il Dolore aveva distrutto anche questo. Quando tornavo a casa piangevo e gridavo fino ad addormentarmi sul divano. Gli unici a sapere di ciò che mi stava succedendo erano i miei vicini di casa, Martha e John Davies, due anziani signori che cercavano di prendersi cura di me in tutti i modi. Sentivano le mie urla, e alla mattina, quando uscivo di casa per andare a scuola, vedevo Martha guardarmi preoccupata dalla finestra della cucina.

Prima di addormentarmi sul pavimento, l’ultima cosa a cui penso è l’ennesimo ricordo di una banale giornata con Jace, che ora sembra così speciale.

“Allora, hai finito il servizio fotografico? Io voglio il mio gelato.”

“Sei proprio un bambino, e va bene, prendiamo questo gelato. Volevo solo scattarti qualche foto!”

“Ok, ma adesso voglio vederle, anche se sono sicuro di essere venuto benissimo”

“Come siamo modesti oggi! Eccole, guarda.”

“April, tu hai un talento. Insomma, guarda queste foto! Non puoi semplicemente continuare a fare finta di niente, è ovvio che questo è quello che vuoi fare nella tua vita, ciò per cui sei tagliata.”

Quel giorno, per la prima volta, avevo ammesso con me stessa che la fotografia era la strada che volevo prendere. E tutto grazie a Jace, che con poche, semplici parole mi aveva aperto gli occhi.

Con la mente riassaporo quei ricordi, dal sapore amaro causato dalla perdita. Chiudo gli occhi e sussurro: “Perché sei morto, Jace?”

Poi sprofondo nel sonno.




Grazie a chiunque sia arrivato fino a qui. Questa "cosa" mi è venuta fuori mentre ero a casa ammalata e delirante, inoltre è la mia prima storia pubblicata su EFP e stò ancora cercando di capire come funziona il sito, quindi per piacere, abbiate pietà. Recensite e mi renderete la persona più felice di questo mondo. Cercherò di aggiornare il prima possibile. See you soon, Cele.

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Capitolo 2
*** Sorrisi sinceri. ***


La mattina dopo mi sveglio sdraiata sul pavimento, in posizione fetale. Il trucco è colato lungo le mie guance e i vestiti sono sgualciti e stropicciati. Osservo per un momento le braci nel caminetto prima di rendermi conto di essere in ritardo. Comincio a correre per la casa, cercando disperatamente di prepararmi velocemente per non perdere l’autobus. Esco di casa dieci minuti dopo, senza neanche aver toccato cibo. La corsa verso la fermata è estenuante, ma quando arrivo a pochi metri di distanza vedo l’autobus partire. Corro più veloce, urlo con tutte le mie forze, ma l’autista non si ferma, anzi accelera come per prendersi gioco di me. Frustrata e senza fiato, mi siedo sulla panchina lì vicino respirando a pieni polmoni. Alla fine sbotto: 

“Al diavolo la scuola, oggi me ne sto a casa!”

La signora di fianco a me si gira a guardarmi confusa, ma non mi importa. Mentre cammino verso casa l’unica cosa che riesco a pensare è: “una giornata partita così male non può che peggiorare.”

E infatti sembra peggiorare. Mentre cerco le chiavi di casa sparse nello zaino, Martha si avvicina con un sorriso finto. Sotto la sua facciata posso vedere l’agitazione e il panico.

“Ieri sera mi ha sentito, sarà preoccupata per me.”

“Chissenefrega, nessuno le ha chiesto di farlo.”

Reprimendo il disagio per i miei pensieri acidi verso di lei, cerco di ascoltarla mentre mi parla di suo nipote, che verrà a stare da lei per un mese. Fingo di essere felice per lei e sorrido a ogni sua parola.

“Non pensavo che avesse figli”

Persa nei miei pensieri, la sento appena dire:

“Dovresti conoscerlo, è un bravo ragazzo. E voi, beh, potreste uscire insieme qualche volta”

Il sorriso mi si congela sulla faccia. Mi trattengo dall’urlarle contro per non ferirla. Invece le rispondo calma che non intendo uscire né con suo nipote, né con nessun altro. Ascolto distrattamente le sue obiezioni, poi invento una scusa per andarmene. Ma so che non si arrenderà senza prima ritentare. Sono mesi che cerca di farmi uscire con qualche ragazzo o con le amiche, come se questo bastasse a cancellare tutto il Dolore in un colpo solo.

“Non mi interessa, è ancora troppo presto. Sarà sempre ancora troppo presto. E poi scommetto che suo nipote è un povero sfigato”

Esausta dalla corsa di qualche ora prima, mangio qualcosa e mi addormento sul divano con la televisione ancora accesa. Un paio di ore dopo vengo svegliata dal suono fastidioso del campanello. Ancora stordita dal sonno, vado ad aprire, prima di rendermi conto che è la famiglia Davies al completo, con tanto di nipote. Ma ormai è troppo tardi per fingere di non aver sentito il campanello, così sfoggio un sorriso convincente e mi presento.

“Piacere io sono April.”

“Edward, ma tutti mi chiamano Ed”

Edward è un ragazzo cicciottello e dai capelli rossi, con in mano solo una borsa e una chitarra dall’aria rovinata a tracolla.

“Non ci posso credere, non gli hanno neanche dato il tempo di mettere giù le borse per farmelo conoscere

Non so se essere scocciata o onorata della cosa. Nel dubbio lancio un’occhiata di fuoco a Martha e John, alle spalle di Ed, ma mi accorgo che stanno cercando di allontanarsi senza farsi vedere.

“Cavolo, quei due potrebbero aprire un’agenzia di incontri”

Mi arrendo e li lascio perdere fingendo di non averli visti, e torno a chiacchierare con Edward. Mentre mi parla osservo i suoi occhi: turchesi, quasi come quelli di Jace. Ma gli occhi di Ed sono più dolci, mancano della sfumatura grigia che rendeva gli occhi di Jace simili al ghiaccio. Intenta ad osservarli, mi rendo conto che Ed aspetta una risposta ad una domanda che neanche ho sentito.

“Cosa scusa?”

“Eri distratta, vero? Ti ho chiesto se ti andrebbe di accompagnarmi a scuola domani. Sai, anche io frequento l’ultimo anno, ma non so neanche dove si trovi la scuola e come arrivarci e qual è la mia aula e…”

Ed sembra imbarazzato, non sa cosa aggiungere. Questo ragazzo, dagli occhi dolci e l’abbigliamento più brutto che abbia mai visto, mi sta quasi implorando di dire qualcosa, qualsiasi cosa. Per tranquillizzarlo acconsento ad accompagnarlo, ed un sorriso sincero mi si dipinge sulle labbra quando mi saluta timido con la mano prima di entrare in casa.

“Da quanto tempo non sorridevi sinceramente, April?”

 

 


Hola gente! ok, questo è il secondo capitolo, dove finalmente fa la sua comparsa il nostro Sheeran! *partono applausi entusiasti*  Spero che vi piaccia, e se volete recensire ricordatevi che non vi mangio! Bene, quello che dovevo dire l'ho detto (cavolo ma perchè lo spazio dell'autrice è sempre così imbrazzante?!) ora vado a svaligiare il frigo di casa mia. Appena posso aggiornerò, scuola permettendo. Besos a todos, Cele.

 

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Capitolo 3
*** Vecchie amicizie, nuove amicizie. ***


 

 

 

La mattina dopo mi sveglio nel mio letto. Stupita, penso all’ultima volta che ho preferito il letto al divano.

“Deve essere stato mesi fa, prima che Jace…”

La verità è che il letto mi ricordava le notti insonni passate abbracciata a lui coperti dal piumone, e il ricordo bruciava ancora troppo.

“Ma questa mattina mi sono svegliata con il sorriso”

Mi ritrovo a pensare a Ed, a quanto sia stato carino e amichevole con me ieri. Era da tanto tempo che non parlavo con qualcuno della mia età. Dopo essermi preparata velocemente esco di casa, in ritardo come sempre. Quasi vado a sbattere contro di lui, che mi stava aspettando davanti all’uscio di casa.

“April, siamo in ritardo! Ti eri dimenticata che dovevamo fare la strada insieme, vero?

“Cavolo, cavolo, cavolo!”

“Ma no, ti pare, me ne ricordavo perfettamente! Forza andiamo, o perderemo l’autobus”

Un po’ correndo e un po’ trascinandoci arriviamo alla fermata. Appena vedo l’autobus arrivare scoppio a ridere dal sollievo, contagiando anche Ed. Con le lacrime agli occhi salgo sull’autobus facendomi largo tra la calca per trovare un posto dove sedermi. In quel momento l’autobus frena bruscamente davanti ad una fermata. Io perdo l’equilibrio, finendo addosso a Ed con tutto il mio peso.

“Maledetta la mia mancanza di equilibrio! Cavolo, che figura.”

Sorrido imbarazzata verso di lui e mi rialzo. Per tutto il tragitto rimane in silenzio, guardando verso il finestrino. Sembra preoccupato, e mi ritrovo a desiderare di poterlo far sentire meglio. Quando scendiamo, aspetto che la folla di persone si allontani e mi avvicino. Comincio a parlare a tutta velocità, cercando di distrarlo dai suoi pensieri. Riesco persino a farlo ridere, e ogni volta sento lo stomaco in subbuglio. Arrivati a scuola, gli indico la sua classe e mi dirigo verso la mia. Quando entro tutti i miei compagni si girano verso di me, e cala un silenzio imbarazzato. Succede quasi ogni giorno, e ogni volta la loro pietà mi colpisce dritto al cuore. Vorrei solo che facessero finta di niente, che le cose tornassero come prima. È vero, non sono mai stata troppo amichevole con nessuno di loro, mi limitavo a delle chiacchierate superficiali. Nessuno di loro mi conosceva davvero, e mi andava bene così. Pensavo di non aver bisogno di nessuno, non se avevo Jace…e Leo.

Leo era il migliore amico di Jace, quasi un fratello per lui. La prima volta che lo vidi, lo odiai con tutta me stessa. E non perché fosse antipatico, ma perché fu chiaro da subito che era geloso di Jace. Ogni volta che lui mi abbracciava, o mi teneva per mano, Leo faceva di tutto per allontanarci. Jace sembrava non accorgersene, così evitai di parlargliene. Ma più passava il tempo più mi accorgevo di non poter odiare Leo solo perché amava Jace quanto me. E così, quasi senza accorgermene, diventammo inseparabili. Quando litigavo con Jace lui sapeva sempre cosa dire o fare per risolvere tutto. E questo mi faceva stare peggio, perché sapevo quanto avrebbe voluto essere al mio posto. Ma quando lui se ne andò, le cose cambiarono. Leo soffriva quanto me, e nessuno dei due poteva aiutare l’altro. All’inizio provammo a vederci, finendo la serata ubriachi a piangere su una panchina. Poi divenne chiaro che la cosa non era sana o produttiva. Così, senza aver bisogno di dire nulla, smettemmo di cercarci. Lui continuò con la sua vita e io con la mia. Imparammo a gestire da soli il Dolore. So bene che lui soffre ancora, esattamente come me, ma ho paura a cercarlo. Qualcosa tra noi è cambiato, il Dolore ha rovinato anche quest’amicizia. E adesso non mi è rimasto nulla, se non la pietà della gente che mi sta intorno.

Dopo ore di inferno sui libri, e un’insufficienza in storia, cammino veloce fuori dall’aula, senza salutare nessuno. Per la terza volta dall’inizio della giornata, vado a sbattere contro Edward.

“Levati dalle scatole!”

“Ma cosa ti prende? Volevo solo aspettarti per tornare a casa insieme!”

“Scusa, non avevo visto che eri tu”

“Non ci posso credere, sono un disastro. Ora penserà che sono una pazza scorbutica.”

“E se anche lo pensasse? Non ti è mai importato del parere degli altri, April.”

Mentre torniamo a casa chiacchieriamo, ma lui sembra distratto come stamattina. Alla fine non ce la faccio più, e gli chiedo il motivo delle sue preoccupazioni. Sul viso gli si dipinge un sorriso triste.

“Oh non è niente, sono solo un po’ triste. Sto avendo dei problemi con la mia ragazza, lei non appoggia la mia passione per la musica, dice che la mia è una perdita di tempo. Quando ho deciso di venire qui a Dartford lei si è arrabbiata con me. Dice che non mi importa di lei, ma non capisce che anche la mia carriera è importante. Trasferendomi qui per un po’ potrò essere vicino a Londra, una città piena di opportunità per i musicisti. Cantare davanti a un pubblico è il mio sogno da sempre. Non ci rinuncerò per colpa sua.”

L’espressione triste di Ed mi spinge a cercare di consolarlo in tutti i modi. Mentre lui mi abbraccia il mio cuore si ferma, per poi cominciare a battere freneticamente. Provo una sensazione strana, come se il ghiaccio che ho dentro si sciogliesse al contatto con il calore del petto di Ed. Una lacrima scende inaspettata lungo la mia guancia. Lui se ne accorge subito e si ritrae con un’espressione preoccupata sul viso.

“Che ti succede April? È per qualcosa che ho fatto?”

“Non è colpa tua, davvero. Ora è meglio che vada”

Comincio a correre verso il vialetto di casa mia, con Ed che mi segue imperterrito. Gli urlo di andarsene mentre cerco le chiavi di casa nello zaino. Quando le trovo il mio volto è già rigato da numerose lacrime. Cerco di chiudergli la porta in faccia ma lui è già entrato in casa. Stremata, inciampo sul tappeto. Lui mi afferra per il bacino per impedirmi di cadere. Nei suoi occhi vedo la confusione: sta cercando di capire cosa mi è preso, di trovare un modo per farmi smettere di piangere. Tutto questo interesse mi fa sentire ancora più in colpa e cominciò a singhiozzare. Lui mi fa sedere sul divano e cerca di calmarmi. Mi abbraccia finché le lacrime non finiscono. Poi mi tiene semplicemente la mano. Ed è tutto così semplice e naturale che decido di raccontargli tutto.

“Voglio dirti tutto, Ed. Ma ti prego, promettimi che dopo non scapperai, e che non mi guarderai con occhi diversi.”

“Non vado da nessuna parte, April.”

E io gli credo.

 

 

 

HOLA GENTE! lo so, non aggiorno da tantissimo, ho avuto poco tempo tra la scuola e il resto. (ma a voi che ve ne frega?) Comuuunque, spero che il capitolo vi piaccia, e se avete voglia lasciate una recensione! Non so quando riuscirò ad aggiornare, visti gli impegni, ma prometto che questa volta farò passare meno tempo tra un capitolo e l'altro. Un ultima cosa: voglio ringraziare tutte le ragazze che mi hanno dato consigli per orientarmi meglio su EFP e GingerHair_ per avermi creato il banner, non so come avrei fatto senza di voi! A presto, Cele.

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Capitolo 4
*** Le cose peggiori nella vita ci arrivano gratis. ***


kk

- “Ho incontrato Jace un paio di anni fa. Ero incredibilmente stupida, non facevo altro che pensare a me stessa. Avevo amici più grandi. I ragazzi erano i soliti finti duri, con al seguito la ragazza di turno. Io stavo insieme a Steve da qualche mese e ormai ero parte del gruppo. Non mi accorgevo di come lui mi usava, ero cieca. Un sabato sera siamo usciti come al solito per andare a una festa. Steve ha bevuto moltissimo, a fine serata era avvinghiato ad una ragazza del primo anno. Quando li ho visti ho aperto gli occhi, ho visto le cose in maniera più chiara: non volevo più essere l’ennesima stupida presa in giro da Steve, o dal suo gruppetto di amici. Così l’ho mollato. Non che lui fosse molto dispiaciuto, per lui non significavo niente. Sono scappata via dalla festa piangendo. E nel giardino, pieno di coppie nascoste dietro i cespugli, ho notato un ragazzo, seduto sul muretto da solo. Alla luce della luna sembrava un angelo. I suoi occhi…non riesco a spiegare a parole la sensazione che ho provato guardandoli per la prima volta. Avrei potuto rimanere lì per sempre, osservandoli senza stancarmene mai, fino ad annegarci dentro. Lui si è avvicinato ed è rimasto con me tutta la notte, a parlare. Mi ricordo che diceva sempre che quella sera, alla festa, aveva trovato ciò di cui aveva bisogno, e che nulla da quel momento in poi sarebbe riuscito a toglierglielo. Mentiva, ovviamente. Mentiva senza saperlo. In fondo nessuno poteva immaginare ciò che sarebbe successo poi. Una sera, sei mesi fa, ero a casa sua. Ormai era piuttosto tardi, almeno mezzanotte, così decisi di tornare a casa. Lo salutai con un semplice bacio, e adesso vorrei almeno essermi ricordata di dirgli “ti amo”. Circa mezz’ora dopo è cominciato l’incendio. È partito dalla casa del suo vicino, e si è propagato. I pompieri sono arrivati troppo tardi. Anche se non so cosa succedette poi, tutte le notti ho lo stesso incubo: il suo viso trasfigurato dalla preoccupazione, mentre cerca una via di fuga, le fiamme che divampano, fino ad inghiottirlo. Sai, vorrei solo aver provato qualcosa, quella notte, una sensazione che mi avvertisse di ciò che stava succedendo a Jace. Ma non ho sentito nulla di particolare, ho saputo tutto solo un’ora dopo. La prima ad avvisarmi è stata la madre di Jace. Appena ho realizzato ciò che cercava di dirmi in mezzo ai singhiozzi il telefono mi è scivolato ed è andato in frantumi sul pavimento. Poi non ricordo molto di quella notte, a parte la sensazione di vuoto dove avrebbe dovuto trovarsi il mio cuore. Non riuscii neanche a piangere, forse ero troppo scioccata per farlo. Mi sembrava così strano che fosse capitato proprio a noi. Perché a noi? Cosa aveva fatto Jace per meritare quella morte orribile?” -

- “Le cose peggiori nella vita ci arrivano gratis, April.” -

Mentre dice quella frase Ed sembra così sincero, nei suoi occhi non vedo pietà, ma comprensione. Parlargli è stato così facile, e ora mi sento diversa, più rilassata, come non lo ero da mesi. Così decido di raccontargli tutto: gli parlo della mia famiglia e della mia vecchia vita. Gli racconto del rapporto con i miei genitori, divenuto instabile dopo la morte di Jace. Gli dico persino che spesso sto a guardare il telefono, senza avere il coraggio di rispondere, perché ho paura che se parlassi con loro capirebbero quanto sto male. Quando hanno deciso di trasferirsi in Irlanda, ho rifiutato di andare con loro. La cosa più saggia da fare sarebbe stata seguirli, iniziando una nuova vita e cancellando la vecchia, ma non potevo lasciare quella città, tutti i ricordi e i momenti vissuti con Jace. Gli parlo di Leo, soprattutto di Leo. Della nostra amicizia, del modo in cui guardava Jace, di come si scostava i capelli corvini quando gli finivano sul viso. Quando ho finito mi sento completamente svuotata, senza più nulla da dire, ma non è una brutta sensazione: quando non hai nulla, non hai nulla da perdere.

Quando fuori il sole sta ormai tramontando, Ed si alza senza dire nulla, mi posa un bacio sulla fronte e se ne va. Quanto è strano questo ragazzo. È diverso dagli altri. Ma forse è una delle poche persone che mi piacciono davvero.

Quella notte, un nuovo viso mi appare negli incubi. È quello di Ed, intrappolato tra le fiamme, la faccia trasfigurata dal terrore.

 

 

 

 

NO, NON SONO MORTA. è passato più di un mese, mi verogno tantissimo, sul serio. questo capitolo non mi convinceva per niente, così ho aspettato a pubblicare, sperando in un colpo di genio lol alla fine mi sono arresa e l'ho pubblicato...non è il massimo, lo so. il punto è che non riesco più a continuare questa long, un pò per mancanza di tempo e un po per mancanza di ispirazione. non so, sto pensando di farla concludere tra pochi capitoli, perchè nonostante le idee non mi manchino, la mia testolina bacata non riesce a trasformarle in parole... ho cambiato anche qualcosina, questo capitolo non è centrato, come avrete notato. ah, e poi ho tolto il grassetto nei discorsi diretti, visto che in molte mi hanno consigliato di farlo. se vi va leggete, recensite blablabla eccetera. auf wiedersehen, cele_gingers x

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