Alcatraz - Inizio e Fine -

di Francis Merman Bonnefoy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Donna avvisata, mezza salvata ***
Capitolo 2: *** Un incontro particolare ***



Capitolo 1
*** Donna avvisata, mezza salvata ***


[TRATTO DA ROLE - GDR - Un profondo grazie, ed un abbraccio alla roler https://www.facebook.com/elektra.l.natchios?fref=ts ]

Era un pomeriggio monotono, insolito, tuttavia, per un solo particolare: Porter non si trovava più travolto da tutti gli altri, per così dire, ''colleghi'' di carcere, anzi, si era ritrovato in un mondo diverso da quello cui egli era abituato.

''L'unico particolare che mi accomuna con questo tempo, è il numero che mi fu affibbiato, niente d'altro.. '' Affermava sempre, tra sé e sé, nel mentre aveva cominciato a mieter vittime.

Era strano, era particolarmente strano e curioso, come i capelli umani, in particolar modo, quelli delle donne dalle lunghe chiome, potessero trapelare in tale uomo, un senso di sinfonia, musica, che avrebbe indotto poi all'archetto del violino suo.

 

Aveva sì e no, iniziato a mieter nuove vittime, non appena si rese conto d'aver ripreso la libertà, lontano da quella maledetta isola, ma ciò non giustificava il fatto che si trovasse nel 2012.

 

Quel giorno, si sarebbe tuttavia concesso una pausa, una passeggiata, per potersi rinfrescare le idee, e lasciarsi alle spalle il passato di prigioniero ad Alcatraz, ma quella nuova tecnologia, quel progresso al quale egli era per niente abituato, lo lasciava a dir poco perplesso, ed un poco.. spaventato, se così si sarebbe potuto dire.

Fu esattamente quel pomeriggio, tuttavia, che si imbatté in una donna, insolitamente bella, ma di cui non gli interessava affatto la bellezza, da lei portante, semmai i capelli. Essi erano molto lunghi, d'un colore castano chiaro, ma era sicuro di averla già vista, giorni prima, leggermente diversa. Alzò le spalle, avvicinandosi a lei, decidendo di non porsi

domanda alcuna, agendo, più che altro, perché la sete di omicidio, era vasta, dentro di sé, ed l'avrebbe dovuta colmare, per la propria persona, e per il suo fidato amico, il suo violino, che poco tempo prima, aveva acquistato da un certo Dick.

 

Con passo spedito, tuttavia assorto, si avvicinò dunque a quella donna, ch'era impegnata ad osservare degli alberi, poco più in là da quella zona. Sembrava molto attenta, a quell'insieme di alberi. << Capelli... >> Disse improvvisamente Porter, osservandola, mentre la donna si toccò la frangetta, con distrazione: << Ehm... ? >>

 

<< Non sono troppo corti.. >> Osservò Porter, avvicinandosi.

 

<< Effettivamente mi piace portarli lunghi... questo è il massimo del taglio che sopporto. >> Ammise la donna.

 

 

Webb Porter la guardò con un certo interesse: << E dimmi... ti piace la musica.. più precisamente.. i violini? >> Chiese, sorridendo appena.

 

La donna annuì convinta: << adoro la musica, sì.. ma di quella classica non sono un'esperta... Tu suoni? >>

 

<< Certamente.. sono un violinista.. >> - Disse, prendendo un sospiro - << Anche se non tanti, sanno apprezzare la mia musica.. sai.. io non seguo qualcosa di specifico.. >> - Disse, avvicinandosi di più - << Io... seguo ciò che ho in testa.. >> - Sorrise mellifluo.

 

La donna osservò la sua espressione, cominciando ad allarmarsi, e chiedendosi se l'uomo fosse più di un genio pazzoide. << Capisco. Hai una carriera solida? Cioè, ti esibisci? >>

 

<< Certamente! >> - Non era la verità. Nessuno era mai riuscito a comprenderlo, o meglio, nessuno era riuscito ad accettarlo, per una qualche carriera, o anche solo per qualche ruolo nella band della prigione, che andasse oltre al principiante, visto che non aveva visto da molto la libertà, a parte quell'ultimo periodo. - << Qualcosa non va, Signorina.... ? >>

<< No, niente. >> Affermò la donna. ''Mai dare corda ai folli.'' Pensò, guardandolo normalmente, sebbene fosse assai dubbiosa.

 

<< Mi era sembrato.. di vederti.... turbata.. Erro, anche questa volta? >> - Non procedette oltre, fermandosi, per aprire la custodia del suo violino, che aveva appresso, estraendovi dapprima lo strumento, infine, l'archetto - << Non sei curiosa, di sentirmi suonare? Almeno, potrò avere un parere... Sai.. non sempre vengo.. apprezzato.. >> Disse. ''Nemmeno in prigione'' Pensò, concludendo, fissando il proprio violino, l'archetto, e poi, nuovamente, i capelli della donna. Sì, era morbosa, la tanta assidua fissa, ch'egli ultimamente stava cominciando a serbare verso i capelli femminili, da quando aveva iniziato a conoscere ed a suonare il fedele violino. I capelli, quelli lunghi e femminili, erano diventati tuttavia una vera e propria droga, come era, d'altro canto, la voglia assurda di uccidere, e di continuare tale atto, forse, in eterno, o almeno, fino a quando non

sarebbe stato fermato, con la morte, molto probabilmente.

 

La donna ebbe di nuovo quella sensazione di allerta. Pericolo che si insinuava sempre più. Sorrise educatamente, al vederlo estrarre lo strumento, e decise di compiacerlo: << A dire il vero, sì. Ora sono curiosa. Suona qualcosa di tuo, di personale... Qualcosa di intimo. >> Concluse, guardandolo con attenzione e curiosità.

 

Webb sorrise: << Il suono più intimo, che tu abbia mai potuto sentire.. si insinuerà nella tua mente, come riesce a fare a me... ne rimarrai incantata.. o almeno.. è ciò che spero.. >> - Disse sorridendo, concentrandosi sul violino suo, iniziando a suonare, delicatamente, in modo che tutta la sinfonia potesse insinuarsi sia dentro ogni percezione della donna che aveva dinanzi, sia in egli stesso, che ne era l'esecutore primario - << Ma.. a breve... questo suono sarà

migliorato.. >> Esordì, lasciando per un secondo, il tempo di parlare, il suono del violino, al suo silenzio, per poi ricominciare, partendo dal punto cui aveva terminato. Non era un suono comune, non erano brani di musicisti classici, conosciuti, o d'altro genere, bensì sue creazioni, che aveva saputo coltivare, prendendo spunto da ogni musica, ch'era riuscito a far trapelare, grazie alla musicoterapia, della Dottoressa Sengupta Lucille. Ora, tuttavia, non era musica,

quella che egli stava esercitando, o meglio, non era quella musica, non era quella segnata da altre persone: era la sua stessa essenza.

 

La donna fu profondamente colpita dalla prima parte di quella sinfonia, lasciando sfuggire un sorriso di approvazione.

Dunque quell'uomo era davvero un geniale compositore, senza dubbio. Ella, tuttavia, sospettava ancora che vi fosse altro sotto.

Anche se i musicisti avevano animi particolari ed una sensibilità fuori dal comune, la greca iniziò comunque a percepire un incedere morboso nella seconda parte della composizione, una strisciante inquietudine che stava accompagnando quelle note, in un crescendo di emozione. Accennò un applauso alla fine, del tutto meritato: << Complimenti sinceri, notevole! Posso chiedere a cosa ti sei ispirato per comporre questa melodia? >>

 

<< Oh.. >> - Sorrise, ai complimenti della donna, per poi, espander esso, in una sorta di ghigno, gelido, poi quasi, tutto d'improvviso, incerto - << E' difficile spiegare.. è qualcosa... di una vita intera.. non so se mi sono.. spiegato.. >> - Disse, prendendosi tempo, per rispondere; grandi sospiri, per poi osservarle ancora la chioma, non riuscendo a far a meno di ardere dal desiderio, di provarli, sul proprio archetto, anche se ella, non ne sarebbe uscita viva, di certo. - << Un ricordo... un ricordo che di notte.. pesa... risuona... brucia.. folgora.. senza l'aiuto suo.. >>

- Disse, indicando il violino - << Sai.. penso, anzi... lo ritengo il mio unico amico.. non può abbandonarti.. non può farlo, perché è legato a te.. solo tu, puoi lasciare la tua traccia, su uno strumento simile.. oltre al fatto che ogni violino, di per sé, non potrà mai avere uno stesso suono.. ecco.. >> - Sorrise ancora, riuscendo a distogliere lo sguardo dai capelli suoi, ed a guardarla negli occhi, freddo, tuttavia, quasi come se stesse per compiere un omicidio a sangue freddo, e che, d'altro canto, era ciò ch'era di intenzione sua compiere - << .. il violinista.. riesce ancor di

più a scaturirne una sua storia.. solo su questo strumento.... nessun altro strumento, a mio parere, potrebbe mai tener a conto un'altra nota di.. sentimento... di proprio vissuto.. >> Le sue risposte, continuavano ad esser tuttavia vaghe, non era riuscito, o non voleva, mostrare la piena ragione di quella creazione sua, musicale? Dopotutto, aveva rivelato che si

trattasse di un ricordo, e dunque, perché si ostinava a rimandare tale spiegazione? Che cosa aveva in serbo? Molto probabilmente, neppur lui, questa volta, pareva certo su cosa avrebbe potuto fare, dapprima. In effetti, troppi pensieri stavano perpetuando nella sua già fin troppo, contorta mente, per poter lasciare spazio al razionale.. oh, non ve n'era mai stata, di ragione, in egli, mai, in quegli ultimi anni. E come spinto dall'istinto, o comunque ciò che non era la ragione a dettar, di certo, lo esortò tuttavia a prenderle improvvisamente i capelli, tirandovi una ciocca, fortemente, quasi a volergliela staccare subito, a nude mani.

 

Prevedendo una reazione dell'uomo, la donna irrigidì i muscoli, e non si sbilanciò affatto nel contatto con lui. Nonostante il lieve dolore della stretta, resistette impassibile, muovendo per di più ritmicamente il capo davanti a lui, come per testarne la sua indole, e vedere fin dove si sarebbe potuto spingere. Tutto ciò perché intimamente ella aveva già capito di possedere qualcosa in comune con quel misterioso tipo.

 

Perché la donna non prostrava resisteva alcuna? Perché non aveva cominciato a gridare come le altre vittime ch'era stato abituato, egli, in quel periodo ultimo, a mietere? Si fermò, non lasciando la presa da una ciocca di capelli, che aveva preso d'istinto, alle mani, facendole scivolare per tutto il capello, testandone la ciocca. Erano particolari, un liscio che non li avrebbe, tuttavia, spezzati, ma che, invece, ne avrebbe determinato una certa durezza, molto utile per il suo archetto. Qualcosa, tuttavia, lo aveva fatto fermare, dal tentar di strapparle, in un colpo, quella ciocca, non curante del male ch'ella avrebbe sentito. No... questa volta, si era fermato in tempo, come scosso: << Non gridi? Non gridi ancora? Non hai paura di ciò che potrei fare? Eppure... noto nel tuo sguardo, che tu

l'abbia già capito... tu.. sai a cosa mi servono questi..? >> - Le chiese, passando le sue dita, tra i capelli della donna - << ... Credo.. che la risposta, possa esser soltanto che positiva.. mia cara.. >> - Sorrise - << ..E quindi.. non capisco perché tu non stia stridulando.. come il mio violino.. >> - Lasciò improvvisamente la mano, dai capelli suoi, per prendere l'archetto, e cominciare a fissarlo, insistente - << Forse non è adatta a noi.. forse... non lo è.. >> - Che cosa stava facendo? Stava parlando da solo, o peggio, con quell'archetto? ''Noi''? Perché si riferiva al plurale?

L'archetto, fino a prova contraria, non poteva esser posseditore di una vita.. e dunque, cosa stava balzando, in quella così insana mente di Porter? - << ...Ma è comunque strano.. non mi era mai accaduto prima.. >> Scosse il capo, non capendo come potesse esser capitato.

 

Mentre l'uomo teneva tra le mani i suoi capelli, ella fissò intensamente quel suo sguardo folle. La sua prima impressione non era affatto sbagliata, e la rivelazione che aveva davanti era semplice e potente: era un assassino. Di più.

Dato che sembra essere fissato con particolari bizzarri, c'era poco dubbio sul fatto che fosse un serial killer. Un brivido di turbamento percosse la schiena della donna quando, come a sottolineare quell'epifania, il musicista le lasciò la ciocca, per prendere l'archetto. Dunque... era quello il suo scopo? Le donne e la musica. Forse per riprendersi da un vecchio, irrisolto trauma egli aveva usato la musica, e alla fine era riuscito a mischiare

insieme problema e soluzione e ne era venuto fuori...questo: << Vuoi sapere perché non mi agito? Perché io so.

So come ci si sente ad essere la vittima ma anche il carnefice. So cosa significa esercitare un potere tale da togliere l'ultimo respiro a una persona. So cosa vuol dire morire, ma anche uccidere. >>

 

Webb ascoltò attentamente le ultime parole dette dalla donna, con particolare freddezza, nell'espressione dell'uomo, che, tuttavia, dentro sé, capiva e ne percepiva il pericolo imminente. Dopotutto, egli era pur sempre un essere umano, sebbene avesse, a quanto pareva, viaggiato nel tempo, e, come tale, possibile alla morte. Forse, la donna ch'egli aveva

dinanzi, non era la semplice ed insicura persona, non era la donna facile alla morte, facile al perire dinanzi la sua forza cruenta, nonostante egli, come suonatore di volino, tutt'altro sarebbe dovuto esser, che uno spietato assassino, e pazzoide, se fosse stato così, concesso, da descrivere. Abbandonò la vista ultima, dall'archetto suo, preoccupandosi

ancor interiormente, di ciò che avrebbe potuto compiere la donna, non lasciando ancor trapelare il senso di pericolo ch'egli stava avvertendo: non avrebbe dovuto mostrar tale segno di cedimento, perché la situazione, sarebbe potuta tornare tra le mani di Porter, con un'astuzia imminente: avrebbe solamente dovuto coglier l'occasione, ma un dubbio,

lo percosse, ancor.. la morte.. egli vi aveva resistito, un tempo, ma non era stato in grado, mai, di capirne il vero effetto, sulla sua stessa pelle: << Non mi è nuovo questo termine... morire.. penso di averne testato solo un soffio, una carezza.. è così arcana, la paura che voi potete sol minimamente percepire, o sbaglio? Al solo termine,

preoccupandovi, vi celate in un oblio.. disperazione e rammarico continuano a turbarvi, tant'è che.. tale angoscia, subentra nei meandri della vostra mente, persin nel vostro più intimo sogno, ella può essere.. anzi, è in grado di sbandierar all'istante, ciò che diviene l'unica ragione del fallimento umano... >> - Sospirò, sorridendo mellifluo - <

sconforto.. non oggi.. non ancora.. non riuscirai ad ammazzarmi, come.. è chiaro, che io non riuscirò ad ammazzare te.. >> -La osservò ancora, ritoccandole i capelli, tuttavia, tirandoli ancora, come sempre più attratto - << ... In un certo senso.. trovo così tanto paragonabile la tua vita alla mia.. ma forse, in chiave lievemente diversa.. non pensavo... non avrei mai minimamente pensato, di trovare una persona, sulla faccia della terra, in grado di esser così simile a me.. ma quanto, saremo mai simili? Vi potrebbe esser una crepa, che divide le nostre due esistenze? >> - Chiese,

quasi più a se stesso, che a lei, aumentando la presa della sua mano, senza nemmeno rendersi conto, che avrebbe potuto anche averle fatto male, ma poco importava.. molto probabilmente non avrebbe osato ucciderla, ed era un fatto tanto raro, quanto probabile, anche per uno come Porter, che non era uno stolto, ma pareva serbare un minimo di sensibilità, o percezione dell'affare, che avrebbe potuto stringere, se solo si fosse fermato in tempo. Morire? Uccidere? Erano cose che non gli importavano, perché, qualcosa d'altro, pareva ora preoccuparlo: voleva sapere di lei, prima di pensar di ucciderla, o tentarvi, almeno, l'atto criminale - << ... Raccontami di te.. >> Posò l'archetto,

così come il resto che lo stava circondando, dei suoi così insoliti, quanto comuni strumenti assassini.

 

Ella osservò attentamente ogni espressione che si alternava sul volto dell'uomo. Egli era senza dubbio colpito dal comportamento della donna, quasi ammirato, e ne fu facilmente indovinabile la ragione: per una rara volta aveva di fronte un giustiziere e non una mansueta possibile vittima. La donna ascoltò allora le sue parole, intimamente turbata e affascinata simultaneamente, prestando attenzione ai discorsi del suo interlocutore il quale alterna lucidità a impalpabile follia onirica. Provando a indovinare la greca avrebbe detto che forse egli fosse scampato alla morte da piccolo,

forse proprio nell'origine del suo trauma, e questa è un'altra cosa che hanno in comune: non si può rimanere sani dopo un faccia a faccia con la fine. La stava lasciando però dominare un po' troppo, quella conversazione, così finalmente decise di agire: poggiò una mano su quella di lui, contornandola in una stretta decisa e facendo allentare la presa sui propri

capelli; la guidò poi sul collo lentamente, ed infine la lasciò tornare verso di lui. Senza movimenti bruschi, perché sapeva di star giocando col fuoco, ma con la consapevolezza di poterlo rendere inoffensivo agilmente: << A quanto sembra abbiamo entrambi incontrato un nostro bizzarro simile. Ebbene senti qui. Questa che sto vivendo è la mia seconda vita: la mia precedente è finita per mano di colui che per primo provai a uccidere. Eppure sono qui, sono tornata dall'ombra e per sempre vivrò in bilico tra quel luogo e questo. >> Sussurrò lei, il tutto con lentezza, attendendo la sua reazione.

 

Webb non prostrò resistenza alcuna, al gesto della donna, come se quei capelli, non vigessero più, o meglio, non in quel momento, di quel magnetismo, che dapprima avevano esercitato agli occhi di Porter. L'uomo la guardò, si limitò a ciò, osservando ogni movimento del viso suo, labbra comprese, cercando di trapelare il contenuto delle parole d'ella. Anche lei, senz'ombra di dubbio alcuno, aveva visto il volto di quell'oscura amica, che prima o poi avrebbe incontrato tutti: la morte. La morte, amica indesiderata, che, tuttavia, prima o poi, ognuno non avrebbe potuto resistere, dal familiarizzare, un'amica intima, quanto terribile, incombente, dalla quale, tuttavia, vi era una via di fuga, cui, a quanto pareva, entrambi avevano destato appiglio: << Io.. non sono mai stato nell'ombra.. io sono l'ombra.. è diverso.. io sento di dover mostrare a tutti ciò che la morte è in grado di far provare, prima che essa possa abbattersi su di loro.. ho preso il suo posto, o meglio, ho deciso di autoproclamarmi tale, e la cosa, mi piace a dir poco.. E' appagante, inoltre, sentire come lo stridulo di una donna, possa essere paragonato a quello del dolce suono d'un violino.. e ciò non mi può che far pensare, ad un possibile collegamento con essi.. come se il violino stesso, il mio violino, sia stato donna, un tempo... un'anima risieda in lui, tant'è che la ricerca appagabile di questo suono, sia ancora nel mio repertorio.. DEVO sentire quel suono, dalla bocca tua.. ma so che, almeno.. non oggi.. no.. oggi non sarò in grado di soddisfare questo mio bisogno.. ed impazzirò.. forse sarò io a gridare, e non solo per questo... forse griderò perché.. non sono... solo..? >> - Era una domanda, era tuttavia, un'affermazione, al contempo. Egli non avrebbe potuto ucciderla, perché erano simili, in verità, era come se egli avesse inanzi, la sua proiezione, rivolta al femminile, anche se forse, non era toccata loro una stessa quasi-morte. I suoi occhi si illuminano di una luce assetata di sangue, impossibile da placare, in quanto, si era appunto reso conto, di come la donna lo avrebbe

potuto fermare, sia con le parole, sia coi fatti. Era, per una volta, spiazzato - << Poche donne, sono state in grado di mettermi in difficoltà... una, ora, non è più tra noi.. e le mie mani, ne rammentano ancora, il rosso colore, e l'esangue odore, che si era intensificato in loro.. quella sensazione.. >> - Strinse una mano, ghignando, bieco, privo di sentimento, o ragione, perché assuefatto dall'odio, dalla disperazione esaltata. - << .. Il respiro.... negato.. come ella aveva fatto a me.. Oh.. penso che la mia vendetta, non avrebbe potuto concludersi lì.. e così fu.. ancor oggi, se ne avessi la possibilità, ricompierei simili atrocità, per risentire, in ogni mia vittima, la sua essenza.. un'essenza che si dissolve, tra le mie mani, un suono vocale, rotto.. rotto dall'impossibilità di gridare,

senza emetter strani gorgoglii, senza senso.. perché ostacolati dall'acqua.. ed infine.. la morte sua... dopo quel lucido grido.. e quei capelli dapprima fluttuanti.. diventati sol più.. mero mezzo, del mio violino.. di quell'anima femminile, unita a corde.. ed a musica.. anche se, ancora, a quel tempo, non avevo scoperto la mia anima gemella.. lui... >> - Indicò il violino, ora contenuto nel suo apposito contenitore, ma decifrabile d'esser tale strumento, in quanto la forma stessa della custodia, ve lo destava- << .. Ma forse, sarò sempre e solo un pazzo, come d'altro canto, è di consuetudine descrivere un uomo, o peggio, un mostro come me. Erro forse? Quale folle, potrebbe tentar di comprendere la mia intricata mente, se non uno coi miei stessi difetti? Eppur, io, non mi considero difettoso.. gli altri, a mio parere, lo sono, e lo saranno sempre, perché la loro mente non riesce affatto ad aprirsi, ampliando i propri orizzonti, a qualcosa che scorre, oltre il razionale.. loro.... pensano d'avere il mondo nelle proprie mani, eppure.. si sbagliano... ma una cosa è certa.. Alcatraz, ha solo formato in me, un altro senso d'odio.. un odio che va oltre la vendetta.. e che nemmeno tu, mia cara, potresti mai immaginare.. MAI! >> - Esclamò, trasformando il suo sguardo freddo,

in uno caldo, poi cupo, come se tutta l'oscurità del mondo, della società, dei pregiudizi, e dell'odio stesso, formato da quest'ultimi, si fosse amalgamato nell'animo e, peggior caso, nella psiche di Porter, già disturbato abbastanza, per poter contenere un simile oblio, un simile male, che avrebbe riversato contro le sue future vittime, ma non contro la donna che aveva davanti.. perché.... non avrebbe potuto ucciderla.. qualcosa glielo impediva, sebbene il desiderio di sentirla gridare,

e vederla affogare, come la sorte ch'era spettata alle recenti vittime, madre sua compresa, era toccata loro. Non oggi, avrebbe continuato a ripetere a mente, osservandole ancor i capelli, tuttavia, senza sfiorarne neppur una parte: ora, essi, erano intoccabili, come se quel magnete, avesse cambiato polo, improvvisamente, e fosse divenuto ormai spento, privo d'un legame, tra lui, le mani sue, e la chioma di quella donna. - << Sono ancora un folle... e lo sarò sempre.. tuttavia.. >> - Ghignò,

non prima d'aver fatto un passo indietro, impetuoso, senza neppur riflettervi un secondo in più. Non smise, tuttavia, d'osservarla, cercando, questa volta, di leggere negli occhi di lei. Ma Porter, non aveva mai provato a spingersi oltre, tentando d'entrar all'animo femminile, o meglio, a quello d'una persona: lui aveva da sempre ucciso, senza porsi problema alcuno, sulla vita passata delle vittime sue, o su qualsiasi turbamento che esse avrebbero potuto possedere. Lui, voleva vederle morte, e solo essa, la morte, egli era solito concedere. Ma, a lei, egli, stava concedendo la libertà, o.. qualcos'altro? >> - << Sono un'ombra... e come tale.. tu... forse.. nemmeno mi stai vedendo.. forse sono un'illusione.. sì.. io sono un'illusione.. >> - Disse, scuotendo il capo, ridendo improvvisamente: era una risata, gelida, tuttavia, una risata priva di sentimento, come se in essa vi fosse racchiuso tutto l'odio, tutto il fanatismo, in una volta sola - << Un'ombra del passato! >> Disse, per poi scuotere nuovamente il capo, fuggendo improvvisamente, con violino ed archetto, lontano da quella donna. Per non ucciderla, perché troppo simili fra loro, avrebbe dovuto evitarla, evitar i capelli di lei, e tutto ciò che la riguardava, ma non avrebbe smesso di uccidere.

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Capitolo 2
*** Un incontro particolare ***


[TRATTO DA ROLE - GDR - Un profondo grazie, ed un abbraccio alla roler https://www.facebook.com/elektra.l.natchios?fref=ts ]

{Erano passati diversi giorni, da quando il violinista, aveva avuto a che vedere con quella strana donna, che, per una volta, non gli aveva scaturito un omicidio. Era strano, dopotutto, per egli, non riuscire nel suo intento, dinanzi una lunga chioma, come quella di lei, ma dopotutto, era andata a finire così, e non avrebbe avuto molto probabilmente, l'onore, di rivederla. Non sapeva, che in realtà, ella, che di nome faceva Elektra, era più vicina che mai a lui, e che, forse, si sarebbero a breve rivisti.} Il suono del violino, si stava propagando sempre più, in quel parco di San Francisco, che, nonostante fossero le nove, della sera, ormai sormontate, aveva lasciato aperti i battenti, a qualche visitatore.

Il violoncellista ne aveva reso subito omaggio, iniziando a suonare ''ciò che aveva in testa'', e passeggiando in somma quiete, quando poi, d'un tratto, nascosto dietro un albero, smise di suonare, notando una figura familiare: era una donna, ma non una qualunque! Si trattava esattamente della donna, che la sera prima, era riuscita a struggere la figura di Porter, per la quale era stato riconosciuto, anni prima.

Eccola, tuttavia, a pochi passi da lui, sebbene lei non si fosse ancora accorta della sua presenza.

Porter, finì perciò per ritrovarsi in bilico. Le strade, dopotutto, erano solamente due: o avvicinarsi a lei, per

continuare il paragone sulle loro esistenze, e scoprirne di più, oppure, come se niente fosse accaduto, allontanarsi dal parco, non facendosi notare, anche perché, se no, non sarebbe di certo uscito di lì, con una come Elektra inanzi.

 

 

 

 

Elektra camminava a passo spedito per il Parco, facendo scricchiolare lievemente il tappeto di foglie dorate stratificato sul sentiero, che tagliava in due quel giardino di San Francisco. Indossava un trench sopra il suo costume di ordinanza, rosso anch'esso, più per non dare nell'occhio che per proteggersi dall'infido vento autunnale che spazzava la città.

Era arrivata qualche giorno prima sulla Costa Ovest per affari personali da sbrigare, e si stava trattenendo qualche giorno in più per godere dell'aria malinconica californiana. Amava passeggiare per le strade meno turistiche, perché la immergevano nella vera atmosfera di quello Stato a cavallo tra sfarzo e decadenza; per questo aveva scelto di percorrere in lunghezza quel Parco un po' periferico. Il suo normale passo svelto rallentò di colpo all'udire una melodia triste e acuta di violino, e il pensiero andò automaticamente all'uomo incontrato la sera precedente. Poteva essere lui a suonare quelle note nel bel mezzo della sera e di quel luogo solitario? Si guardò intorno, cercando di individuare la fonte della musica, avviandosi verso un albero in semioscurità, dietro il quale notò una sagoma. Con la consueta velocità si trasferì alle spalle dell'uomo, sussurrandogli un saluto ironico. << Ci rincontriamo.. allora è destino. >>

 

Porter, scelse di abbandonare il parco, visto che si trovava ancora in tempo. La donna, dopotutto, non lo aveva ancora notato, e fu in quel momento, cui egli fece marcia indietro, che udì quella voce: era la voce di quella donna, che aveva trovato il modo di giungere dietro di lui. Ormai, non avrebbe più potuto abbandonare quel luogo, che, in fin dei conti, gli aveva scaturito dopotutto una quiete, non indifferente. Si voltò, allora, verso di lei, limitandosi ad un sorriso.

Non era un sorriso del tutto grata, la vista dell' uomo, verso la donna, ma era ricolma principalmente di folle curiosità. Non aveva, infatti, terminato quel serbatoio di dubbi, verso quel similar delle loro due esistenze.

<< A volte bisogna credere al destino, altre volte no. Ora.. non saprei proprio cosa pensare. Ma sei qui adesso.. >>

- Osservò, guardandole i capelli - << Sempre più lunghi, a quanto vedo... >> - Osservò, non toccandoli minimamente, e percependo ancora tale impossibilità di farle male alcuno - << Mi domando... cosa tu ci faccia qui.. dopotutto è già molto cupo, in cielo.. >> Disse, per cambiare discorso, riponendo il proprio strumento musicale, nella custodia sua, poi la guardò, in attesa di sapere cosa, ella, aveva in serbo per lui, da dire. Il clima, nel mentre, era tornato lievemente a far trasparire meno vento, che, fino quel momento, aveva saputo solo innalzare coltre di foglie, e sabbiolina, giungente dal terreno. Il cupo, a differenza, vi era stato già da diverse ore, ma era stato reso un minimo vano, dai primi lampioni che si erano illuminati, lasciando a quel parco, una così particolare atmosfera, che avrebbe potuto scaturire nella gente, il desiderio di rimanervici, anche per sempre, ma forse l'eternità, sarebbe potuta anche esser una vera e propria esagerazione.

 

Elektra rivolse per un attimo lo sguardo al cielo, appena sopra il lampione vicino a loro, constatando che in effetti si trovavano in un Parco male illuminato, piuttosto isolato e quasi per nulla frequentato. Tornò poi a guardare l'uomo con estrema curiosità, rispondendo laconicamente: Il momento per riflettere e per agire, e per discorrere con semi-sconosciuti in un Parco. >> - Atteggiò le labbra in un sorriso obliquo, tremendamente desiderosa di continuare quella conversazione. La sua innata predisposizione a tenere tutto sotto controllo, le imponeva di scoprire di più sul musicista, ne voleva conoscere personalità e abitudini.

Ciò che aveva appena intravisto sotto la sua scorza di genialità, era inquietante al punto giusto da interessarla.

Continuò a guardarlo fisso. - << Cosa ci fa un violinista a spasso, invece? In cerca di ispirazione? >>

 

Webb le sorrise appena, osservandola:  << ..Beh.. la sera e la notte, sono momenti dell'intera giornata, decisamente affascinanti, e tanto privi di confusione, cosa che non si potrebbe dire per il resto delle ore... non credi anche tu? >> - Domandò, non togliendole lo sguardo di dosso; guardò, tuttavia poi, verso la custodia del violino suo, per scaturir alle proprie labbra, un mezzo sorriso, che non pareva ricco di felicità, bensì d'un malsano piacere, verso qualcosa che avrebbe voluto far avverare, in quell'istante, e che, mai avrebbe potuto veder compiuto, per fortuna della donna.

Lo sguardo, cadde poi, ancora una volta, senza rendersene conto, verso la chioma della donna.-

<< ...Ispirazione.. temo che essa non sia che monotonia.. questo parco, in fin dei conti, mostrerebbe solo ciò che da una vita riesco a sentire, nel celato suono del silenzio, e che a quanto pare riesco ad attutire, grazie alla danzante sinfonia di queste foglie tanto variopinte. Chissà se esso sia un bene.. o un male.. >> Chiese, più a se stesso, che alla donna che aveva dinanzi.

 

Dunque aveva bisogno di un suono che coprisse la melodia perennemente presente nella propria testa, per questo aveva quell'espressione afflitta e sognante allo stesso tempo. Capiva cosa significasse sentire e vedere cose che gli altri non percepivano, e sapeva che non era affatto un dono, quanto un tormento: << So cosa intendi, non è piacevole avere i pensieri in un mondo e i sensi in un altro. >> - Accennò un sorriso amaro. -

nuovo rivolta verso i suoi capelli, ma non ne era preoccupata al momento. Prevaleva la curiosità di conoscere quel soggetto così sottilmente complicato, nonostante l'inquietudine strisciante tra loro. Nel caso si fosse reso necessario, comunque, anche lei sarebbe potuta diventare pericolosa. Più del solito. - << Mi piacerebbe sapere qualcosa in più su di te. Cosa si cela dietro il misterioso violinista, insomma... >>

 

<< Misterioso? Non penso di essere così tanto misterioso.. ma in fin dei conti.. hai dopotutto tutto il diritto di.. sapere.. forse.. >> - Forse.. qualcosa, in egli, iniziava a sentir di potersi fidare di lei, e nonostante la sua indole lo esortasse a compiere un macabro omicidio, molto probabilmente, quel giorno, Webb sarebbe riuscito a tener a bada, il celato mostro, racchiuso in sé.

Le scrutò, ancora una volta, i capelli, per poi guardarla negli occhi, e limitarsi ad annuire, come se le precedenti parole della sua interlocutrice, non contenessero altro che verità, seppur d'amara natura, quasi aspra, visto che la vita non gli aveva sorriso mai, e non era un dono, la sua capacità musicale, semmai, una vera e propria maledizione.

Ma quanto, egli, avrebbe potuto, raccontarle di sé? Forse, era davvero un pazzo, forse anche lei avrebbe finito col pensare egualmente agli altri, senza comprenderlo, e si sarebbe allontanata. Qualcosa, in Webb, avrebbe voluto che ciò non potesse capitare; perché? - << Non qui.. non qui, in questo contorto silenzio.. non qui.. >> - Continuò a dire, quasi infastidito. Dopotutto, egli avrebbe continuato a sentirsi graffiar l'udito suo, ma lei, molto probabilmente, mai sarebbe stata in grado di percepire tale fastidioso suono, quasi simile ad un vociare, nella propria testa.

Era anche vero che a volte, anche Webb era in grado di provar a ''sentire la musica in testa'', eliminando quel tanto odiato acufene, ma non in quel momento, visti i troppi pensieri, per aggiunto, che in egli stavano vorticosamente vagando nel profondo della sua psiche: tutte quelle donne, ch'egli aveva ucciso, quelle grida, in un attimo, erano tornate come un boato. Non avrebbe, tuttavia, recato divergenza alcuna: lei, non avrebbe comunque sentito nulla. - << Non saprai mai, cosa vuol dire, però. La gratificante musica, che una persona può suonare armoniosa, proprio un attimo prima, dell' ora fatale. È così.. soddisfacente.. non riuscirò mai a descrivere appieno, un momento simile.. ed è per questo, che ripeterò.. >> I suoi occhi puntarono sulla custodia, ora chiusa, del suo fidato violino, ed un ghigno vi si stampò, sulle labbra di Porter, un ghigno che sembrava possedere una dolce tristezza, mista ad un'inquietante cattiveria, e voglia d'uccidere; forse, cattiveria, dopotutto, non sarebbe mai stata una buona spiegazione, semmai.. era l'istinto incontrollabile, che lo avrebbe per sempre spinto, a simili gesti, come un fumatore, non si sarebbe scollato per nulla a quel mondo, dalla propria amabile sigaretta.

 

L'uomo affermò -con somma sorpresa di Elektra- di essere disposto a raccontarle della sua vita, perché lei aveva guadagnato il "diritto" di saperne qualcosa in più. Come si fosse guadagnata quel privilegio non avrebbe saputo dirlo, ma se avesse dovuto tirare a indovinare, ella avrebbe detto che fosse stato a causa della solitudine.

Probabilmente era una delle poche persone che si fossero soffermate a parlare con lui, e ne comprendeva il motivo: era un serial killer, avrebbe spaventato chiunque con quel suo modo di fare ambiguo. Tranne lei. Abituata com'era a convivere con le brutture del suo mestiere, non provava repulsione per quell'uomo fragile. Perché sì, fragile come cristallo le appariva agli occhi, pronto a frantumarsi davanti a una rabbia non contenuta o a scintillare suonando l'amato violino. Ebbene Elektra continuava ad essere internamente incuriosita da quella figura, anelando il momento in cui le avrebbe rivelato qualcosa in più. Cosa non immediata, nonostante le premesse, poiché egli seguitava in un intervallarsi di silenzi trasognati e frasi enigmatiche, che erano sì pittoresche, ma non spiegavano niente della sua misteriosa esistenza. Dato che la domanda diretta non aveva sortito un grande effetto, tentò con un'altra tecnica.

Si avvicinò di un passo al suo interlocutore, alternando lo sguardo tra lui e gli alberi che facevano da sfondo alle loro ombre, e cominciò a parlare con voce bassa e pacata: So cosa vuol dire cercare di convivere con esso e alla fine, inevitabilmente, arrendersi.

Siamo tutti senza scampo davanti alla sofferenza, sia se la subiamo sia se la infliggiamo, perché ogni azione scaturita nel nome della violenza porta ad essa. E noi siamo circondati dalla violenza: verbale, psicologica, immaginata, reale. E fisica, come quella che infliggiamo. >> - Notò una scintilla accendersi nello sguardo dell'uomo e proseguì con tono sempre più moderato. - << L'ultimo barlume di vita, l'ultimo sospiro che esalano le nostre vittime ci appartiene. E ci sentiamo grandi, potenti, infiniti. Ma è un attimo, e dopo torniamo nel buio sconforto. >> Annuendo gravemente gli voltò le spalle, incamminandosi per il sentiero che conduceva nel fitto degli alberi.

 

<< Non raggiungerò mai il buio... mai.. e non è sentirsi.. potenti.. non lo è.. è qualcosa che non puoi comprendere, anche se a quanto pare, tu stessa ne fai parte. >> - Disse, a voce seria, nonostante, come anche ella aveva notato, facesse numerose pause, per lasciarsi scorrere i pensieri, troppo rumorosi, all'interno della propria psiche.

Non quel senso in più, oltre l'udito, ch'egli aveva, non più quel disturbo nel sentire suoni differenti, sebbene nel suo più profondo ancora, nella sua psicologia, così contornata d'assurdo, di incomprensibile nel semplice, una psicologia che avrebbe dovuto esser studiata a fondo, ma che nessuno si era preso mai la briga di ascoltare, credendosi forte, troppo forte e d'intelletto, rispetto a lui.

-- Egli, la notò poi, allontanarsi, incamminandosi verso la direzione, cui ella era provenuta. - << Capisco...... >>

- Disse, non condividendo tuttavia tutte le parole della donna, poi, notò un particolare:

I suoi capelli, stavano fluttuando in quel venticello, che si era librato un poco, in quella pacifica atmosfera notturna.

Quei capelli parevano animati, come pure lo sguardo di Porter, uno sguardo sul folle, uno sguardo nuovamente assetato. -

<< Sono... lunghi.. >> - Si limitò a dire, seguendo il passo della donna, tentando di sfiorarle alcune ciocche da dietro, ma qualcosa, in sé, ancora, tentava di fermarlo. Erano troppo simili. Davvero, Webb, l'avrebbe uccisa? Lei, ch'era così simile a lui, e pareva intenzionata a comprenderlo ed ascoltarlo?

Quale mente folle, avrebbe tentato in un, così freddo e macabro omicidio, a discapito della donna? Lui.

Un sorriso mellifluo, si dipinse sull'intero volto di Webb Porter, ma qualcosa, lo fece ancora distogliere da quel desiderio di gelido assassinio: Lucy Sengupta. -

 

<< Sengupta... >> Disse, fermandosi all'improvviso, quasi come se si fosse appena imbattuto in un fantasma, o qualcosa di simile, insomma.

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