Wraith

di lyy223
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Non potevo crederci. ***
Capitolo 2: *** Ero sola. ***
Capitolo 3: *** "Ti prenderò!" ***
Capitolo 4: *** Mi aveva in pugno. ***
Capitolo 5: *** Muoviti! ***
Capitolo 6: *** Il libro. ***
Capitolo 7: *** Ctonie. ***
Capitolo 8: *** Troppi penseri mi frullavano nella testa. ***



Capitolo 1
*** Non potevo crederci. ***


Sentivo il letto muoversi.
Forse era solo un sogno.
Il dormiveglia fa brutti scherzi.
Sì, era sicuramente così.

Di nuovo.
Stavolta era diverso, lei si lamentava.
Mia cugina che era a letto con me, si lamentava.
Lamenti quasi impercettibili per chi era al di fuori della stanza. Vicini invece per me che ero di fianco a lei.

Di nuovo.

Scocciata mi girai.
Era seduta sul letto, con le ginocchia al petto. Tutto il corpo era coperto dal piumone, solo la testa era scoperta.
Stava osservando con molta attenzione la stanza. Il suo sguardo scrutava ogni singolo spazio illuminato dal sole pomeridiano.
Tremava.
Il suo viso, il suo delicato viso era contratto in una smorfia.
-Che succede?-, le chiesi confusa.
-Nulla.. torna a dormire-. Le sue parole erano dure e dirette, segno che stava nascondendo qualcosa.
-Parla!-.
-Ne sei sicura? Potrebbe essere la tua condanna...-
-Certo! Ne sono sicura. Che sarà mai? Voglio sapere il motivo per cui ti lamenti!  Maledizione, non riesco a riposare!-.

-Qualcosa...-, mentre stava per pronunciare la frase si fermò. Si guardava attorno. Iniziò a fissare lo schermo del televisore. Passò poi a fissare il telefonino.
-Ne sei proprio sicura?-, mi disse.
Io non le risposi. Conosceva la risposta.
-Qualcosa... qualcosa mi perseguita-.
Cercavo di trattenermi dal ridere. Lei se ne accorse.
-Perché non mi credi? Tutte quelle storie che vengono raccontate nei libri, attorno ad un falò, sono tutte vere. Io le sto vivendo sulla mia pelle-.

Non potevo crederle. Non avevo mai creduto a tutte quelle leggende. Eppure qualcosa dentro di me mi diceva che quella bellissima ragazza ventitreenne, mi stesse confidando la verità.
Vedevo nel suo sguardo una richiesta di aiuto.

-Cosa intendi con quel Qualcosa? -
-Un demone...un demone mi perseguita-.
Stava per scoppiare in lacrime. 
Aveva pronunciato quella frase con un tono di sconfitta e di rassegnazione.
-Si presenta sempre quando sono a letto. Potrebbe essere già qui. Forse è già qui-.
Io incredula inizia ad osservare la stanza. 
Era tutto normale.
-Quando decide di attaccare... sulla TV...-, indicò con lo sguardo quel grosso televisore al plasma appeso alla parete e si fermò per qualche secondo.

-Sulla tv compaiono delle immagini mostruose. Teste sanguinanti, corpi maciullati, cadaveri putrefatti-.
-E poi?-.
L'ascoltavo con molta attenzione, ancora non potevo crederci che mi stesse dicendo quelle cose.
-Poi..poi il cellulare viene scaraventato dall'altra parte della stanza. Non so il motivo, forse non vuole che io chieda aiuto...-.

-Infine viene da me. Prende possesso del mio corpo. È come se avessi delle convulsioni. Cerco di combattere, ma è tutto inutile. Sento un pesante dolore provenire dal cuore. È come se mi stesse, a poco a poco, divorando l'anima-.
Rimasi sconcertata da quella confessione. Ancora non ci credevo. La fissavo senza fiatare.
Non c'era nessuna parola che potessi dire.
Nulla.

Si voltò di scatto.
-Eccolo!-.
 

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Capitolo 2
*** Ero sola. ***


-Eccolo! -, esclamò nuovamente.

Può sembrare patetico quello che sto per raccontare. Sicuramente assomiglierá ad una favola per bambini.
Vi assicuro però che sullo schermo, spento fino a quel momento, come per magia, apparvero delle immagini raccapriccianti.

Sangue, sangue dappertutto.
Corpi, teste, arti.
La morte era la padrona di quelle scene come unica protagonista.
Solo con l'immaginazione potete comprendere l'opprimente visione delle scene che si susseguivano su quel gigantesco schermo.

Freddo.
Brividi.
Brividi lungo la schiena.
Il mio istinsto mi diceva di scappare.
Ma non ci riuscivo.
Era come se fossi immobilizzata su quel letto, che fino a poco tempo prima appariva così accogliente.

Lei, accanto a me, aveva gli occhi bassi.
In attesa.
Sapeva quello che l'attendeva.

Un rumore, fortissimo.
Sobbalzai.
Il telefono era finito contro la parete di fronte a noi.
Distrutto.
-Questa volta è infuriato. Me l'aspettavo. Non dovevo raccontarti nulla. Mi aveva avvisata. Me la sono cercata. Sono una stupida.-.

Sospirò.
La fissavo, spaventata.
Cadde con la schiena sul materasso come se qualcuno l'avesse spinta.
Era distesa.

Iniziò a fare movimenti bruschi. Si lamentava.
Le lacrime le scendevano sul viso.
Gli occhi pieni di paura.
Allungò una mano, mi stava chiedendo aiuto.
Non sapevo cosa fare.
Inarcò la schiena per il dolore.
Si lamentava ancora, ma in modo differente da prima.
I suoi lamenti crescevano di intensità e di durata ogni secondo di più.

Dovevo chiedere aiuto.
Non volevo lasciarla lì da sola ma dovevo fare qualcosa.
Decisi allora di andare in cucina. Prima di andare a letto avevamo lasciato tutti giù, stavano aiutando mia madre e mia zia nel prepare dei dolci.
Scesi di corsa le scale.

In cucina non c'era nessuno.
Erano tutti spariti.
 " Come era possibile? Dove erano finiti? "

Urlavo i loro nomi. Nessuna risposta. Nessun segno di vita.

Tornai di nuovo in camera di corsa.
Entrai.
Mia cugina non c'era più.
Mi avvicinai al letto.
Immobile ed incredula lo guardavo.
" Ma che diavolo sta succedendo?"

Sono sola. Le uniche parole che mi passavano per la testa erano queste.
Sentivo però che quelle parole non erano frutto della mia ragione, era come se qualcuno le stesse infondendo nella mia mente. Era come se qualcuno fosse riuscito ad entrarvi ed adesso ne aveva il pieno controllo.

Ero ancora paralizzata.
Non riuscivo a respirare.

Qualcosa o qualcuno alle mie spalle mi stava fissando.
Il suo sguardo era una fitta insopportabile che mi penetrava la nuca.

Avevo paura.
Non volevo voltarmi.
Si avvicinava.
Sempre più vicino. Pochi metri ci dividevano.

L'angoscia e la paura avevano preso il sopravvento. Non sentivo più nulla.
Quella Cosa Incombeva, sempre più pressante.
Stava per prendere il sopravvento.

"NO! Sono più forte, vincerò!" Pensavo.
Non potevo neanche immaginare cosa mi riservasse il futuro.

 

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Capitolo 3
*** "Ti prenderò!" ***


Perché proprio a me?
avevo fatto qualcosa di grave nella mia breve vita per meritarmi tutto questo?
Perché il fato ce l'aveva così tanto con me?

Prima mia cugina.
Poi la mia famiglia sparisce all'improvviso.
Farò anche io la
stessa fine?
Il mio destino ed il loro è strettamente legato?

Quella cosa si avvicinava.
 Il sole entrava dalle finestre alle.mie spalle proiettando l'ombra di quell'essere sul muro candido.
Sapevo che stava per agire.

"Scappa! Scappa!"
La vocina della mia testa mi urlava queste parole.
"Ti prenderò" Aggiungeva un'altra vocina.

Fissavo l'ombra per capire quale sarebbe stata la sua prossima mossa.
Quella figura nera aveva dei contorni indefiniti.

Improvvisamente però cambiò forma.
Si trasformò in un essere umano.
Riuscivo a riconoscere diverse parti del corpo: il busto, le spalle, le braccia.

Mi prese con forza il braccio, mi fece voltare.
Vidi un volto angelico.
Un uomo bellissimo che qualunque donna sarebbe riuscito a conquistare.
Il mio sguardo si tuffava nei suoi occhi grigi.
I lineamenti angelici nascondevano la sua vera natura.
Mi guardava.
Anche io facevo lo stesso.

-Allora, fintalmente ci incontriamo-.
Pronunciò quelle parole con tanta fierezza e soddisfazione.
Come se avesse vinto una gara.
Teneva stretto il mio braccio come se stesse tenendo in mano un trofeo.
Il trofeo della sua salvezza.

Non riuscivo a liberarmi.
In verità non ci provai nemmeno.
Ero affascinata da quell'uomo.
Appena i miei occhi si erano posati sul suo viso, nulla aveva più importanza.

Avevo dimenticato tutto ciò che era accaduto pochi minuti prima.
Vuoto totale.

Aveva preso il controllo della mia mente e del mio corpo.

Mi lasciò il braccio.
Le gambe non reggevano il mio peso. Erano indebolite da quel turbinio di emozioni.
Mi lasciai cadere sul pavimento, sbattendo con la schiena contro il comodino.
Chiunque avrebbe urlato dal dolore.
Io non sentivo nulla.

Nessun dolore. Nessun pensiero. Nessuna reazione.

Lui mi fissava, immobile.
Sul viso aveva un sorrisetto compiaciuto.
Probabilmente mi cercava da tempo.

Scrutava ogni singolo mutamento delle mie espressioni.
Non staccava i suoi grandi e magnetici occhi da me.

Invece Io.. Io non riuscivo ad essere razionale, la mia ragione era bloccata.
Si trovava nel vuoto più totale.

Così come il mio corpo.

Cosa avrei potuto fare in quella situazione?
Come potevo uscirne incolume?

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Capitolo 4
*** Mi aveva in pugno. ***


-Finalmente sei mia! Sono libero!-
Il suo sguardo così magnetico si fece violento.
I suoi occhi grigi cambiarono colore.
Diventarono rossi.
Quel rosso si avvicinava al colore del sangue.
Era come se qualcuno avesse fatto cadere una goccia di sangue in un bicchiere di acqua.
Questa si diluì nel grigio dei suoi meravigliosi occhi.

-Anni e anni di ricerche. Troppe Energie spese per cercarti-.
Quelle parole erano piene di sofferenza.
-Cosa vuoi da me?-
-Voglio strapparti l'anima, è mia.. Mia e di nessun altro-.
A quelle parole il mio cuore iniziò a battere molto velocemente. Troppo velocemente.
Sembrava che da un momento all'altro potesse scoppiarmi nel petto.
Era simile al battito di ali di un colibrì.

Si sedette sulla poltrona di fianco alla finestra.
Guardò fuori.
Ammirava il magnifico paesaggio di montagna.

-Se non lo faccio ora, non lo farò più.. mi capisci?-
-Manchi solo tu all'appello. Sei l'ultima della lista. L'ultima-.
-Lista? Quale lista?!-.
Urlai io, disperata.
Non capivo di cosa stesse parlando. Non capivo perché se la stesse prendendo proprio con me.
Perchè c'era scritto proprio il mio nome su quella misteriosa lista?
-Mi serve solo la tua anima e sarò finalmente libero-.
Nei suoi occhi apparvero delle lacrime.
Lacrime amare.
A causa degli anni passati come un nomade in giro per il mondo.
Vagando in cerca di anime.

"Non riesco a capire. Di cosa sta parlando?"-
-Tu vuoi sapere di cosa sto parlando. A cosa ti servirebbe? Tanto non potresti far nulla contro di me. Non potresti far nulla per salvarti-.
Rivolse il suo sguardo a me.
Mi pietrificò.
-Beata ignoranza-, aggiunse in tono ironico. Sul suo viso gli occhi lucidi lasciarono il posto ad un sorriso appena accennato.
"che spettacolo", pensai.
"perchè un uomo così affascinante deve nascondere una natura così malvagia?"
-Smettila di pensare queste cose, ancora non capisci. Io sono colui che ti farà passare a miglior vita-.
"beh, almeno prima di morire vedrò qualcosa di piacevole"
Distolse lo sguardo da me.
Sembrava infastidito dai miei pensieri.

Si alzò bruscamente.
Camminava avanti e indietro per la stanza.
Da una parte all'altra. Contava i passi che dividevano una parete dall'altra.
Stava riflettendo.
Stava forse meditando su come prendere ciò che voleva?

D'improvviso si bloccò.
Immobile.
Sembrava una statua.
La più bella statua che avessi mai visto.
Nessuno nell'antica Grecia era riuscito a scolpire una statua che si avvicinasse alla sua bellezza, alla sua perfezione.

Restava in ascolto, in ascolto di qualcosa che le mie orecchie umane non erano in grado di captare.
Sorrise.
Fissava la parete alle mie spalle.

Poi mi guardò di nuovo.
Si voltò.
Prese tra le mani una delle preziose pietre di cristallo che collezionava mia cugina.
Ci giocherellava.
Io mi sentivo come quella pietra. Lui mi aveva in pugno.

Si fermò, di nuovo era in ascolto.
Quel silenzio era snervante.
Se desiderava ardentemente la mia anima, perchè aspettava tanto?

Si avvicinò a me.
L'aria diventò fredda.
Avevo la pelle d'oca.

Decise di sedersi alla mia sinistra.
Adesso potevo osservare meglio i suoi lineamenti.
Non riuscivo a staccare gli occhi dal suo viso.
Il suo fascino demoniaco aveva già rapito il mio cuore, ci voleva poco per prendere anche l'anima.

Ecco, quelli sarebbero stati gli ultimi istanti della mia vita?
Era davvero arrivata la mia fine?

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Capitolo 5
*** Muoviti! ***


-Sai, non sono il solo a cui interessi-.
Mi voltai per guardarlo.
Comparve sul suo viso un ghigno poco rassicurante.
-Ci sono tanti, tanti altri che ti cercano.Però sei fortunata che ti abbia trovato io. Almeno non patirai molto dolore quando prenderò quello che mi serve-.
Il suo ghigno si fece ancora più accentuato.
-Credo che tra un po' non saremo solo noi due in questa casa-.
Mise la pietra in tasca, si alzò e uscì dalla stanza.
Andò al piano di sotto.
Mi alzai anche io con molta fatica. 
"Cosa devo fare adesso?"
Era il momento giusto per scappare.
Non sapevo quando sarebbe tornato.
Mi affacciai alla finestra, per capire se era uscito fuori.
E invece vidi tre ombre nere avvicinarsi alla casa.
Come era successo prima, anche queste ombre avevano dei contorni indefiniti.

Aiuto.
Chi erano?
Mi stavo avvicinando silenziosamente alla porta della camera.
Mi comparve all'improvviso di fronte.
- Cosa stai tentando di fare, ragazzina? Zitta zitta volevi svignartela, vero?-
Soffoco una risata.
- Tu signorina, prendi tutto quello che ti serve. Dobbiamo andarcene velocemente-.
Non sapevo cosa fare. Avevo la testa nel pallone, come se avessi preso una sbronza.
-Veloce!- mi urlò contro.
Stavolta era visibilmente agitato.
Vide la mia valigia di fianco all'armadio, la aprì.
Mi fece segno di avvicinarmi.
Presi giusto un paio di scarpe e un jeans.
Si abbassò e prese anche un giubbotto pesante.
Poi Mi tirò per il braccio.
Mi strattonava con forza.
Mi trascinò giù per le scale.
Mi portò fuori dalla casa.
Ci dirigevano verso il bosco.
Un'ultima volta mi voltai ad osservare quella deliziosa casa in cui avevo trascorso tutte le vacanze di natale da quando avevo cinque anni.
Avevo passato lì tanti momenti felici.
Mi tornarono in mente tutti i pupazzi di neve fatti con mio padre, mio zio e mia cugina. 
Tutte le torte preparate con mia mamma e mia zia.
Tutti pranzi di Natale passati insieme.
Adesso invece loro non c'erano più.
Non li avrei più rivisti.
Un groppo in gola mi prese.
Stavo per scoppiare a piangere.
Rallentai il passo.
-sei una pappamolle! Tutte a me capitano!-
Mi prese in braccio.
Sembravo una bambina nelle sue braccia.
Mi sentivo al sicuro.
Eppure lui voleva solo la mia anima.

Non si sentiva alcun suono.
Era come se io e lui non fossimo in quel bosco.
Gli aghi di pino non scricchiolavano sotto i suoi piedi.
Quando In lontananza si sentivano le voci di coloro che avevano deciso di fare una passeggiata nel bosco, lui cambiava direzione.
Voleva passare inossevato.
E ci riusciva benissimo.

Ero stanca.
Non riuscivo a tenere gli occhi aperti.
Mi addormentai nelle sue braccia.

-ehi-
"sentivo una voce in lontananza che mi chiamava, era rivolta a me?"
-ehi, bella addormentata! Non posso portarti per sempre in braccio-.
Mi svegliai.
Vidi i suoi grandi occhi grigi che mi fissavano.
Dove era finito quel rosso sangue?
-Alla buon ora...-
Ci trovavamo in una sorta di pargheggio.
Mi teneva ancora in braccio, ma era seduto su una panchina.
Mi fece sedere dall'altra parte della panchina.
-Metti questo, altrimenti congeli-.
Mentre mettevo il giubotto che aveva preso dalla mia valigia, guardai il cielo.
Il sole stava quasi per tramontare dietro le montagne.
"Ma quanto eravamo lontani dal cottage?"
Si guardò in giro.
-Resta qui, arrivo subito. Non provare a scappare.-
Non c'era nessuno.
Questa volta non provai a scappare, sapevo che sarebbe riuscito comunque a catturarmi.
Non volevo farlo arrabbiare.
Avevo visto cosa aveva fatto a mia cugina.
Sinceramente non volevo che facesse la stessa cosa a me.
Anche se sapevo che in cuor mio l'avrebbe fatto.

Dalla mia posizione lo vedevo ancora.
Si aggirava tra le macchine.
Voleva rubarne una.
Si avvicinò ad una macchina rossa.
La maniglia sembrava di cartapesta nelle sue mani.
Non oppose resistenza alla sua forza.
Salì in macchina. Dopo pochi istanti riuscì anche a farla partire.
Fece diverse manovre, poi si avvicinò a me.
-Entra- disse sottovoce.
Mi alzai lentamente.
Ero ancora tutta intontita.
Entrai nella macchina calda ed accogliente.
Aveva acceso il riscaldamento
"che carino" pensai.

Osservavo dal finestrino del passeggero i boschi che sfilavano veloci.
Non riuscivo a capire dove eravamo.
-Dove stiamo andando?-
-Vedrai-.
Questa fu l'unica cosa che disse.
La sua espressione si faceva sempre più sofferente.
 A cosa pensava?
Dove eravamo diretti?

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Capitolo 6
*** Il libro. ***


Non ce la facevo più.
Da quante ore eravamo in viaggio?

"Non ce la faccio più, devo andare in bagno" pensai, sentivo che la mia vescica stava per scoppiare.
Dopo pochi minuti parcheggiò.
-Scendiamo dai, altrimenti ti scoppia la vescica- mi disse facendomi l'occhiolino.

Ci avvicinammo ad un piccolo locale, poco vicino all'entrata del ristorante c'era l'entrata del bagno.
Mentre mi dirigevo verso il bagno mi disse -Ti aspetto qui-.
Mi stava con il fiato sul collo.
Sembrava il mio bodyguard.
E che bodyguard.

Dopo essere uscita dal bagno, mentre mi lavavo le mani mi guardai nello specchio.
Non riconoscevo più la ragazza era riflessa.
Non ero io.
Da poche ore la mia vita era cambiata radicalmente.
"Cosa mi aspettava il futuro?" Questa domanda mi tornava continuamente nella testa.
"Cosa aveva in mente quel demone affascinate che mi stava aspettando fuori?"
"Dove stavamo andando?"
Speravo che quelle domande presto avrebbero avuto una risposta.

Uscita dal bagno, lo vidi appoggiato al muro immerso nella lettura di un libro.
Mi avvicinai, lui subito si girò.
Cercai di leggere il titolo di quel libro rovinato dal tempo, ma non ci riuscii.
-Andiamo dentro dai, qui fuori fa troppo freddo per te-.
Entrammo.
Il ristorante era quasi vuoto.
Desolato.
C'erano soltanto due o tre tavoli occupati.
L'arredamento era poco curato.
C'erano molte foto in bianco e nero.
Le pareti erano verniciate con colori sgargianti.
Assomigliava ad un di quei ristoranti che si vedono nei film.

Una cameriera subito si avvicinò.
Ci aveva osservato fin dal primo momento che avevamo messo piede in quella stanza.
Forse perchè era entrato un adone dalla porta che aveva messo in subbuglio i suoi ormoni.
-Caffè?- disse, sfoggiando un sorriso splendente.
-Sì, per lei- Aggiunse lui.
-Offre la casa, caro-.
Ecco, aveva fatto già la prima conquista.
Iniziai a ridere sotto i baffi, mi fulminò con lo sguardo.
-Leggi questo, forse ti aiuterà- disse cercando di distrarmi.
Mi diede il libro che stava leggendo.
'Wraith', questo era il titolo.
-Ti darà tutte le risposte che cerchi quando ne avrai bisogno-.
"ma come? Non voleva prendere la mia anima?"
- Beh, i miei..- fu interrotto dalla cameriera - ecco a voi, desiderate altro?-
- Sì allora può portare una porzione di patine e un paio di sandwich?-
-Certo, torno subito!-
La cameriera sembrava volare tra i tavoli, aveva ritrovato quella felicità che da tanto aveva dimenticato.
-Allora, stavo dicendo... i miei piani sono cambiati. Non per il mio volere, sappilo!- si drizzò sulla sedia, poggiò la schiena vicino alla spalliera, si notava che non era felice di quella decisione.
"Bene, vivrò ancora per un po', fino a quando si stancherà..."
-Smettila di pensare queste cose, sei insopportabile. Puoi dare tregua alla tua mente? Mi faresti un gran piacere-.
"Ma che..."
-Sì, ti leggo nel pensiero se non l'avessi capito- Continuò dopo pochi secondi di silenzio.
-Ah bene..- risposi io, volevo sprofondare dalla vergogna.

La cameriera tornò -prego, buon appetito!- disse.
Notai che ci guardava.
Ci osservava insistentemente.
E lui ci godeva.
Ne era soddisfatto.
Aveva un sorrisetto malizioso, proprio quel sorriso conquistava tutte.
La guardava con la coda dell'occhio.
Ogni volta che rivolgeva lo sguardo verso quella donna sulla cinquantina, lei andava nel panico.
Si notava.
Spesso per l'emozione faceva cadere piatti e bicchieri che si frantumavano fragorosamente a terra.
Ad un certo punto un uomo grande e grosso, probabilmente il proprietario del locale, uscì dalla cucina e le urlò qualcosa in spagnolo.
La donna subito pulì e tornò al suo lavoro.
Comunque  di tanto in tanto rivolgeva lo sguarda dalla nostra parte.

Mentre mangiavo osservavo quel vecchio libro.
Decisi di aprirlo per conoscere finalmente la verità.
Le pagine centrali del libro erano bianche.
-Ma sono bianche.. che significa? Non doveva darmi delle risposte?-
- Guarda le prime pagine-.
- Ma queste immagini.. raffigurano noi-.
-Le immagini compaiono pochi minuti prima che una determinata cosa accada-.
-Ah ho capito, quindi queste pagine bianche rappresentano il futuro-.
-Perspicace!-disse ironicamente.
Sorrise.
Ogni volta che sorrideva, il mio cuore sussultava.
Iniziava a battere sempre più forte.
Era come una droga.

Mi faceva sentire strana.
La paura era in continuo conflitto con la felicità.


Dopo aver pagato, usciti dal locale, mentre ci dirigevamo verso la macchina, la cameriera ancora ci osservava dalla finestra.
"Ma perchè continua a guardare? Non ha un marito questa?".
La cosa stava iniziando a stancarmi.
-Cos'è? Sei gelosa?-
-NO!-.
-Sì, va bene. Dite tutte così voi donne!- disse, continuando a camminare tutto spavaldo in direzione della macchina.
Alzai gli occhi al cielo.
La luna era piena e luminosa, affiancata da piccole stelle. Illuminavano tutto il cielo.
Sarei rimasta per un bel po' a guardare quei gioielli.
-Forza andiamo ragazzina, abbiamo davanti a noi ancora un bel po' di strada da fare!-.
Lui Salì subito in macchina ed io per pochi istanti restai a fissare quello spettacolo Con lo sguardo sognante.
Poi decisi di entrare in macchina.
Sarei rimasta voltentieri ad ammirare quei corpi celesti.
Se però avevamo molta strada da fare, era meglio partire il più presto possibile.

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Capitolo 7
*** Ctonie. ***


Altre ore di viaggio.
Lunghissime ore di viaggio.
 Sfrecciavamo di città in città.
Passando per lunghe strade deserte, costruite nel nulla più assoluto.
Vedevo le persone camminare felici e spensierate.
"Godetevela finchè potete..".
Anche io prima ero come loro.
La mia vita era come quella di tanti altri.
Speravo veramente che la mia vita fosse tranquilla.
Adesso invece mi stavo per avventurare in un mondo nuovo.
Aprii spesso quel libro per capire cosa stesse per succedere, per vedere dove ci stavamo dirigendo.
Ma non compariva nessun disegno nuovo.
Purtroppo.

Finalmente ci fermammo.
Ero stremata dal lungo viaggio.
Un grosso e vistoso cartello ci dava il 'benvenuto'.
Eravamo arrivati ad Atlanta.
Lui continuava a guidare.
Arrivammo nella periferia.
Il quartiere era caratterizzato da molti palazzi abbandonati.
 Riaprì il libro, subito comparì un disegno sfocato.
Assomigliava ad una casa, una di quelle case antiche.

Parcheggiò di fronte ad una vecchia casa fatiscente.
Simile a quella del disegno.
Di un verde sbiadito, composta da tre piani e circondata da un piccolo giardino.
Probabilmente in passato di proprietà di alcune famiglie nobili, si notava dal fatto che sotto il portico vi era uno stemma, un grosso stemma scolpito su un grosso pezzo di legno.
 Appena entrammo nel vialetto, notai molti fiori ben coltivati di fianco alla casa.
"Coloro che abitano in questa casa sono appassionati di botanica a quanto pare. Bene. Adoro i fiori".
 Anche se poteva sembrare una casa poco accogliente, in realtà era il contrario.
Entrati poi questo senso di accoglienza si rafforzò.
Mi sentivo a casa.
Anche se mai ero stata in quella casa.

Una vecchia signora ci accolse.
Aveva un vestito azzurro, delicato e leggero.
Anche se sembrava avesse una certa età a causa delle profonde rughe, i capelli erano ancora nero corvino.
 -Finalmente sei arrivato Dev-.
Sembrava felice del suo ritorno.
Forse si era sentita sola.
 -Sì, contenta?- disse lui infastidito.
 "Dev?" mi voltai verso di lui.
Non mi aspettavo un nome così...
Mi fulminò come suo solito.
Si buttò su di un vecchio divano in pelle rossa.
Sembrava volesse stare da solo, a conferma del fatto che lui fosse un tipo silenzioso e solitario.

Subito la padrona di casa pacioccona mi si avvicinò.
-Ciao, io sono Ctonie, piacere di conoscerti-.
-Piacere- risposi io, con un filo di voce.
Quella donna aveva qualcosa di strano.
Sembrava sì dolce e debole, ma sotto sotto nascondeva un'anima forte, combattiva e coraggiosa.
Il suo sguardo la tradiva.
Era come se negli occhi avesse una fiamma che ardeva continuamente.
La fiamma della vita.

-Allora, questo essere burbero e freddo ti ha trattata bene? Spero tu non sia troppo stanca, devo spiegarti diverse cose-.
Lo guardò di sottecchi per vedere la sua reazione.
Lui era immobile sul divano, immerso nei suoi pensieri.
Poi Mi guardò negli occhi.
Rimase qualche istante a fissarmi.
Distolse lo sguardo quando capì che mi sentivo a disagio.
-Forse è meglio se vai a riposare. Sei stanca, si vede. Vieni ti accompagno nella tua stanza-.
Mi sorrise.
La sua dolcezza mi faceva sentire meglio.
Quelle parole dette con tanta dolcezza sembrava che mi avvolgessero, come un dolce abbraccio.
Sapevo che con lei sarei stata al sicuro.

Mi fece segno di seguirla.
Salimmo le scale.
I vecchi gradini di mogano scricchiolavano sotto il nostro peso.
-Non ci far caso per il suo comportamento. Ormai mi ci sono abituata. E' sempre stato così- disse rassengnata.
-No, non si preoccupi signora, non è stato molto burbero- continuai io.
-Signora? Quale Signora? Dove la vedi la signora?- Rise dolcemente.
-Dammi del tu. Non sono poi così vecchia. Ho solo 500 anni-.
Mi fermai, sconvolta
. "500 anni?".
-Anzi no, un po' di più, 515 se non sbaglio. Dopo così tanti anni ho perso il conto-.
Rimasi a bocca aperta.
"515?!"
 -Perchè fai quella faccia? Ah, lui non ti ha spiegato proprio nulla? Ah che sbadato..-.

Attraversammo un corridoio lungo.
Alle pareti c'erano dei vecchi dipinti.
 Alcuni raffiguravano alcuni volti, forse antenati di Ctonie.
Altri invece avevano come soggetti gli dei dell'Olimpo intenti in banchetti.
Mi colpì subito un dipinto: c'era una donna formosa, dai capelli lunghi e mossi che aveva in braccio una piccola bambina, la teneva stretta a se come fosse la cosa più preziosa che avesse.
Così come mi teneva mia madre.
Così come ogni madre tiene stretto il proprio piccolo.
Quel quadro simboleggiava tutto l'amore che una madre prova per la propria creatura.
-Ho notato che ti piace. Quella è Demetra, amava davvero sua figlia Persefone, soffrì enormemente quando le fu sottratta dal dio Ade-.
Dopo poco disse - Adoro i miti greci, forse perchè anche io sono greca-.
Avevo capito che lei era fiera di provenire da quella nobile popolazione che tanto aveva dato all'umanità.

-Ecco, questa è la tua stanza, spero che riposerai bene, domani ci aspetterà una lunga gionata. Vuoi un po' di tè?-.
-No grazie, sto bene così- le risposi subito.
Volevo solo riposare.
Ero sfinita.
Il mio corpo non riusciva più a combattere contro la stanchezza.
Stava per arrendersi.
Mi buttai sul letto.
Mi misi sotto le coperte calde.
Poggiai la testa sul morbido cuscino.
Che paradiso.
Non osservai neanche la stanza.
Il giorno dopo con la luce del sole avrei avuto tutto il tempo di osservare nei minimi particolari quell'antica casa.

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Capitolo 8
*** Troppi penseri mi frullavano nella testa. ***


Mi svegliai.
I miei occhi erano ancora pesanti a causa della stanchezza.
Li riuscii ad aprire con difficoltà.
"Ma che diavolo? Che ci faccio qui?"

Quella stanza mi era molto familiare. Troppo familiare. Ci avevo passato tanti momenti belli.
Ero di nuovo nella stanza di mia cugina, nel cottage di montagna.
"Ma come è possibile?"

Sentii improvvisamente qualcuno sospirare al mio fianco.
Mi girai di scatto.
Spaventata.
Era mia cugina, avvolta nel caldo piumone bianco candido. Era visibile solo il viso. Sembrava quasi un pupazzo di neve con un volto umano.
Ad un certo punto lei aprì gli occhi.
-Perchè mi fissi? Sembra tu abbia visto un fantasma!- Mi sorrise.
-E lo spirito maligno?-
-Di quale spirito stai parlando? Ti senti bene, cugina?-
-Sì, sto benissimo..- le risposi ancora incredula.
-Sicura?- Mi fissava con quei suoi grandi occhi castani preoccupati.
-Sì sto bene.. vieni qui, mi sei mancata tanto!- la abbracciai.
-Tanto? Ma se sono sempre stata qui! Ma che vai blaterando? Ah, ho capito... hai aperto un'altra bottiglia di Brachetto? Cattiva, te la sei scolata tutta.. potevi conservarne un po' per tua cugina maggiore... sei una birbante!- mi fece l'occhiolino.

Mi alzai.
Scesi giù per le scale velocemente come se stessi facendo lo step.
-Mamma! Zia! Dove siete?-
-Siamo qui!- rispose mia mamma.
Appena la vidi, Le misi subito le braccia al collo. La strinsi forte.
Avevo paura di perderla. Era l'unica persona di cui mi fidavo ciecamente. L'unica che avrebbe ucciso per me. Ed io avrei fatto lo stesso per lei.
-Ma cos'è tutto questo affetto? Tu sei la donna delle nevi.. non è da te!- mentre diceva questa frase, rivolse un'occhiata incredula a mia zia ferma vicino al forno che scrutava ogni nostro movimento.
-Ho capito! Sei così dolce perchè vuoi un biscotto.. devi aspettare, non sono ancora pronti, cara- aggiunse subito mia zia che fraintese immancabilmente il mio comportamento dolce.
-Sei una golosona- disse mia mamma fissandomi.
- Ve li portiamo noi appena saranno pronti- sorrise.

Me ne tornai in camera.Decisi di sedermi sul letto, mia cugina era tornata a dormire quindi potevo riflette in tutta calma.
Ero felice e tranquilla che la mia famiglia fosse ancora con me.
 Ma Non riuscivo a capire dove fossero finiti Dev e Ctonie.

Era tutto un sogno?
Avevo bisogno di conferme.
Iniziai a rivivere nella mia mente tutto cio' che era successo: La scomparsa dei miei familiari, l'arrivo di Dev con il suo essere così pericoloso e rassicurante allo stesso tempo, il furto della macchina, l'arrivo ad Atlanta, la conoscenza di Ctonie... eppure c'era qualcosa che mi sfuggiva.
Un piccolo dettaglio che sarebbe riuscito a darmi la conferma di cio' che era accaduto.
Improvviso come un fulmine a ciel sereno mi tornò in mente una veloce immagine.
Dev mentre prende una pietra dalla collezione di mia cugina.
Una pietra di un azzurro che in base alla luce diventava più forte o meno.
Precisamente non sapevo come si chiamava.
Ero più che certa del fatto che nessuno avrebbe toccato la preziosissima collezione di mia cugina e quindi se mancava una pietra, doveva essere stata per forza presa da lui.
Scattai in piedi.
Mi avvicinai.
C'erano tutte. Ma uno scompartimento era vuoto.
Quella era la conferma.
"quindi tutto quello che ho provato era vero.. meno male, non sono diventata pazza... spero".
Mille pensieri iniziarono a frullarmi nella testa.
Non riuscivo a trovare una spiegazione plausibile.

I miei fitti pensieri furono interrotti improvvisamente dalla voce di mia mamma e mia zia che comparvero all'entrata della stanza con un vassoio pieno di biscotti caldi e fumanti.
Decisi allora di godermi i biscotti e le feste in famiglia.
Se fosse successo davvero qualcosa, prima o poi Dev e Ctonie si sarebbero ripresentati.
Ne ero più che sicura.
Il mio sesto senso diceva cosi.
Ed io ero d'accordo.

 

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