Il segreto di Sori

di telesette
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima Parte ***
Capitolo 2: *** Seconda Parte ***
Capitolo 3: *** Terza Parte ***
Capitolo 4: *** Quarta Parte ***
Capitolo 5: *** Quinta Parte ***
Capitolo 6: *** Sesta Parte ***
Capitolo 7: *** Settima Parte ***
Capitolo 8: *** Ottava Parte ***
Capitolo 9: *** Nona Parte ***
Capitolo 10: *** Decima Parte ***
Capitolo 11: *** Undicesima Parte ***
Capitolo 12: *** Dodicesima Parte ***
Capitolo 13: *** Tredicesima Parte ***
Capitolo 14: *** Quattordicesima Parte ***
Capitolo 15: *** Quindicesima Parte ***
Capitolo 16: *** Sedicesima Parte ***
Capitolo 17: *** Diciassettesima Parte ***
Capitolo 18: *** Diciottesima Parte ***
Capitolo 19: *** Appendice comica ***



Capitolo 1
*** Prima Parte ***


Mila e Shiro due cuori nella pallavolo, conosciuta in Giappone come Attacker YOU! ( アタッカーYOU! Atakka YOU! ) è una serie televisiva anime prodotta dalla Knack Production. In Italia la serie è arrivata nel 1986 e trasmessa da Italia 1. La versione animata è in realtà un adattamento del manga originale dell'opera ( molto diverso sotto numerosi aspetti narrativi ), a metà tra il genere sportivo e sentimentale, scritto ed illustrato da Jun Makimura e Shizou Koizumi.
Per le generazioni cresciute con gli anime fino agli anni '90, e in parte anche oltre, la storia di Mila Hazuki ( You Hazuki in originale ) non dovrebbe avere bisogno di presentazioni. La giovane e brillante giocatrice di pallavolo, innamorata perdutamente tanto del gioco quanto del bellissimo Shiro Takiki, votata ad eccellere sempre di più in questo sport fino ad ottenere un posto più che meritato nella nazionale giapponese durante le Olimpiadi del 1988 a Seoul. 
Purtroppo però, visti i tempi in cui ci troviamo, molta gente ignora o definisce "superate" tutte quelle storie incentrate su: impegno agonistico, spirito di squadra, coraggio, determinazione, sacrificio, costanza, sudore, lacrime, sangue e lezioni importantissime... nello sport come nella vita!
Tutta roba sulla quale le intellettuali di oggi, senza nemmeno sapere di che si tratta, ci sputano vergognosamente sopra.
Chiunque sia cresciuto/a con questa serie, non può non guardare con ammirazione alle vicende di Mila e di giocatrici del calibro di: Nami Hayase, Kaori Takigawa, Kira Tsubushi, Sori Shinoda, Yogina Yokono, Rayaka Omori, Vera Oriki, Tullia Kaido... e molte altre ancora.
La serie ha avuto ( ahimé! ) un seguito nel 2008, dal titolo Mila e Shiro - il sogno continua, sempre ad opera ( incredibile ma vero! ) della stessa casa di produzione. La domanda è come mai, dopo più di vent'anni d'attesa, il risultato sia venuto fuori nulla più che un imbarazzante flop commerciale? A parte le opinioni discutibili sulla trama, molte delle quali vanno senza dubbio soppesate secondo vari criteri di valutazione, appare infatti evidente che gli animatori non hanno ben compreso la qualità del prodotto in questione.
Tralasciando la comprensibile e differente maturità di Mila, dopo anni di ritiro forzato a causa dell'infortunio al tendine d'Achille, e che la vicenda si svolge in un contesto chiaramente diverso ( nuove e più giovani giocatrici, nuove squadre, nuovi obiettivi ), è tuttavia imperdonabile la leggerezza con cui gli autori hanno trattato i volti noti provenienti dalla serie originale. Molte caratterizzazioni sono infatti vere e proprie "forzature", cercando  invano di giustificare la presenza di personaggi che NON avrebbero alcuna ragione di muoversi entro quel contesto. A cominciare dall'incongruenza di Nami e Kaori che, dopo aver proseguito la carriera professionistica ( ricordando soprattutto la classe e la caratterizzazione di Kaori, la tecnica impareggiabile e la sicurezza carismatica ), le ritroviamo allo stesso livello agonistico di giocatrici senza alcuna esperienza; pure non molto chiaro il sodalizio tra gli allenatori Daisaku Daimon e Dani Mitamura, dei quali va ricordata la differenza storica sulla rispettiva concezione pallavolistica; l'atmosfera colorata e vivace, in particolare riferimento alla giovane esordiente Glin Wong, da una parte può risultare simpatica e divertente... dall'altra invece, un susseguirsi di tamarràggini assurde come il "Servizio a Giroscopio del Drago" ( il quale sembra uscito direttamente dal "Pugno del Drago" di Goku, degno appunto della serie di Dragon Ball ).
E' vero che i manga ed anime sportivi hanno come caratteristica distintiva proprio l'assurdità di determinate azioni ma, dopo aver dato uno sguardo alla prima e alla seconda serie, appare evidente come le storie alla base siano strutturate in modo totalmente diverso una dall'altra. La cosa migliore sarebbe appunto distinguere le due storie, per apprezzare entrambe secondo gusti e preferenze, senza associare alla prima nulla che appartiene alla seconda e viceversa.
Tra le note di merito della seconda serie va forse il piccolo approfondimento sul rapporto tra Mila e Shiro, i quali appaiono molto più maturi e consapevoli dei propri sentimenti, ma anche qui non si ha modo di vedere quella dolce storia d'amore altresì presente nel ritornello della celebre sigla cantata da Cristina D'Avena.

clicca qui per vedere la sigla italiana:
http://www.youtube.com/watch?v=CnsZ-XpOX5Q

 

Il segreto di Sori

( immagini tratte da internet ) 

 

- Una stupenda alzata per la Shinoda che, con ottima scelta di tempo, supera in elevazione il muro delle avversarie e realizza... Sori Shinoda segna il punto-partita e le Seven Fighters si aggiudicano l'incontro!

La voce del telecronista, subito soffocata dal coro di ovazioni della squadra vincitrice, si perde nel fragore degli applausi da parte del pubblico. Le Seven Fighters si confermano in testa alla classifica ma, nonostante i brillanti successi conseguiti, Sori sembra l'unica a non avere alcuna voglia di esultare.

- Che hai, Sori - chiede Mila preoccupata. - C'è qualcosa che non va?
- Come ?!? No, no... non è niente, solo un po' di stanchezza, credo!
- Ragazze, tutte qui, per favore!
- Subito, Mister !!!

Rispondendo obbedienti al loro coach Mitamura, Mila e le altre si schierano ordinatamente a bordocampo davanti alla panchina. Subito il signor Sashita distribuisce a tutte le salviette per asciugarsi il sudore e, una volta sicuro di avere la loro completa attenzione, Mitamura si mette a fare il suo discorso di ringraziamento.

- Sono molto fiero di voi - afferma l'uomo sorridendo. - Oggi in campo vi siete comportate tutte benissimo: Oki e Yama, buona la ricezione e ottimo il gioco d'anticipo; anche tu, Yogina, vedo che ti muovi molto più in fretta; Sori e Mila, le vostre schiacciate in coppia sono la nostra carta vincente... Continuate a giocare così, sempre al massimo, e la vostra convocazione in Nazionale non sarà certo messa in discussione!
- Grazie, Mister - fece Mila riconoscente.

Sori non disse nulla, gli occhi fissi verso il basso e l'espressione assente, tuttavia lo stesso Mitamura non poté fare a meno di notare l'evidente tristezza nel suo sguardo.

- Sori - esclama. - Malgrado il tuo gioco attivo, m'è sembrato che fossi un po' incerta negli ultimi due set: in difesa tendi a perdere concentrazione e, sulle veloci delle avversarie, ti butti troppo in ritardo... Sei sicura che vada tutto bene?
- Le chiedo scusa, Mister - risponde lei mestamente. - Le prometto che mi impegnerò di più in allenamento, per evitare che ciò si ripeta!
- Non mi sono spiegato - prosegue Mitamura, inarcando appena il sopracciglio. - Se il tuo problema di concentrazione è dovuto a problemi personali, qualcosa che ti turba particolarmente, in qualità di allenatore devo assicurarmi che tu non ne risenta a livello atletico... Ma un allenatore non conta nulla, se le sue giocatrici non ripongono in lui alcuna fiducia!

Gli occhi di Sori tradiscono una profonda incertezza.
Per un attimo sembra quasi voler rispondere ma, esitando nel dare voce ai suoi pensieri, la poverina continua a tenere un ostinato mutismo anche di fronte alle compagne incredule.

- Capisco - taglia corto Mitamura rassegnato. - Nessuno ti obbliga a confidarti, se non te la senti di farlo, ricorda però che le Seven Fighters non sono soltanto un numero cucito sull'uniforme: "gioco di squadra" è anche e soprattutto solidarietà e sostegno reciproco, nel bene e nel male; qui siamo tutti bendisposti nei tuoi confronti, sia io che le tue compagne, spetta a te decidere se accettare o meno l'aiuto che ti viene offerto!
- Mister, io...
- Avete appena giocato una partita molto difficile, e non ci vuole certo un genio per capire che siete tutte molto stanche; per il momento lasciamo perdere il discorso, lo riprenderemo più avanti, adesso andate a cambiarvi e salite sul pullman!

Ciò detto, Mitamura e Sashita si accingono a lasciare il campo da gioco, mentre le ragazze infilano l'ingresso degli spogliatoi. Solo Mila rimane alquanto preoccupata, nel vedere l'amica tanto in crisi, senza sapere come fare per aiutarla.

- Il Mister ha ragione - sussurra Mila, cercando di consolare l'amica in crisi. - Non devi tenerti tutto dentro, quale che sia il problema, possiamo sempre affrontarlo e risolverlo insieme!
- Non è così semplice, Mila - risponde Sori timidamente, accostandosi per bisbigliare all'orecchio della compagna. - Non me la sento di parlarne, e non posso proprio farne parola col Mister!
- Perché? - domanda Mila perplessa. - Non ti capisco, Sori...
- Per favore, non chiedermi nulla!
- Scusami, non volevo metterti a disagio, è che sono preoccupata per te!
- Lo so, sei una vera amica - conclude Sori con un sorriso.
- Lo stesso vale per te!

Nello sguardo buono e gentile di Mila, un'espressione che Sori conosce fin troppo bene, vi è possibile scorgere tutta la sua grande lealtà e la sincerità. Dal momento che le altre sono tutte entrate negli spogliatoi, Sori accarezza per un attimo l'idea di mettere almeno Mila a parte del suo segreto.

- Ascolta, Mila - aggiunge Sori, facendosi estremamente seria in volto. - Se mi prometti di non farne parola con nessuno, ti spiegherò tutto!
- Puoi contare su di me - afferma l'altra, battendosi il petto.
- Vediamoci nel cortile della palestra, dopo cena, anche i muri hanno le orecchie e non mi fido!
- D'accordo, come vuoi...

 

( continua )

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Capitolo 2
*** Seconda Parte ***


Poco dopo essere tornate presso la sede delle Seven Fighters, mentre le loro compagne erano già andate a riposare nelle rispettive camere, Sori e Mila si ritrovarono da sole nel cortile. Ormai era da un po' che le due ragazze giocavano assieme nella stessa squadra: Mila era entrata a far parte delle Seven Fighters subito dopo aver finito le scuole medie, mentre Sori era stata aggiunta alla squadra subito dopo aver terminato le scuole superiori; la differenza d'età fra loro non era tantissima ma, condividendo entrambe lo spirito e la passione di giovani promesse, avevano sviluppato una fortissima intesa e solidarietà reciproca.
Tra di loro c'era un patto: niente segreti, dentro e fuori dal campo di gioco, e aiutarsi l'un l'altra quale che fosse il problema.
Questa volta però, pur vincolata dalla promessa fatta a Mila, Sori non sapeva proprio da che parte cominciare a confidarsi. Si trattava di una questione fin troppo personale, capace oltretutto di mettere a rischio la sua carriera di giocatrice, e se Mila si fosse fatta sfuggire anche solo qualcosa...

- Ascolta, Mila - esclamò Sori, guardando l'amica seriamente. - Quello che sto per dirti è una cosa che nessuno deve sapere, nessuno, soprattutto il Mister... Se si spargesse in giro la voce, sarebbe la mia fine come giocatrice professionista!
- D'accordo, Sori - fece Mila con un lieve cenno di assenso. - Non dirò nulla, te l'ho promesso!

Sori chinò il capo verso il basso, socchiudendo gli occhi e respirando fortemente, dopodiché rialzò di nuovo lo sguardo verso l'amica e cominciò a parlare.

- Ricordi quando sono entrata a far parte delle Seven Fighters, come ci siamo date da fare entrambe per ottenere il posto di schiacciatrice titolare?
- Me lo ricordo - annuì Mila, rammentando fin troppo bene l'impegno e la determinazione necessari ad avere la meglio su una giocatrice del livello di Sori.
- Sia il Mister che il presidente della squadra si aspettavano molto da me: ho dovuto impegnarmi fin da subito, per non mettere in discussione il diritto di essere ammessa in squadra; e non sarei certo arrivata dove sono, se il Mister e il signor Sashita non mi avessero spronata al massimo... e ovviamente è anche merito tuo, Mila, che hai saputo accettarmi assieme alle altre!
- Beh, all'inizio ero un po' invidiosa, lo ammetto - fece Mila con imbarazzo. - Però quando ci siamo date la mano, dopo quell'allenamento massacrante, ho capito subito che eri una ragazza in gamba!
- Ti ringrazio, Mila - sorrise Sori debolmente. - La tua amicizia per me vuol dire molto, perché posso metterti a parte di ciò che più mi preme in questo momento!
- Qual'è il problema, Sori - chiese Mila preoccupata. - Non è da te avere distrazioni in partita, sei sempre molto concentrata, e allora come mai da un po' di tempo sei sempre così pensierosa?

Sori guardò Mila con una luce tremante negli occhi, tanto il pensiero doveva turbarla assai profondamente, tuttavia si fece coraggio e decise di esporre direttamente la natura del suo problema.

- Dimmi, Mila - esclamò. - Come è stato per te, la prima volta in cui hai visto il tuo Shiro?

Mila parve stupita da quella domanda tuttavia, pur arrossendo in volto come un peperone, prese a rammentare ogni singolo istante di quella volta.

- E' stato come entrare in una bellissima favola - sospirò. - Stavo sognando con gli occhi aperti, e il mio "principe azzurro" era lui; stava giocando a calcio, era splendido, e senza saperlo aveva appena segnato due goal: uno nella rete avversaria e l'altro proprio dentro al mio cuore, è stato come...
- ... Come se un fulmine a ciel sereno ti avesse attraversato il petto, giusto?
- Già!

Mila si illuminò in volto con un enorme sorriso.
Sapeva che l'amore è simile per chi ha la fortuna di provarlo, anche se ognuno ritiene il proprio più che straordinario; tuttavia lei era sempre pronta a giocare ai massimi livelli, proprio in virtù del suo amore per Shiro, dunque non riusciva a capire perché l'amore di Sori sortisse in lei un effetto contrario.

- Mila - proseguì Sori gravemente. - Come ti sentiresti se, per ragioni che sfuggono al tuo controllo, tu non potessi dire a Shiro quanto gli vuoi bene e quanto ne sei innamorata?
- Eh ?!?
- Hai capito perfettamente - sottolineò Sori con amarezza. - Quanto ti costerebbe non manifestare i tuoi sentimenti verso la persona che ami con tutta te stessa?
- Sarebbe impossibile - gemette Mila, inorridendo al solo pensiero. - Non credo che ci riuscirei...
- Dunque, pensi di poter anche solo immaginare una simile situazione?
- Sori - fece Mila, sbarrando gli occhi. - Mi... Mi stai forse dicendo che tu... Tu questa situazione la stai vivendo, è così ?!?

Silenzio.
Sori non aveva la forza né di confermare né di smentire.
Mila intuì fin troppo chiaramente la risposta, attraverso l'espressione sul volto dell'amica, cosicché l'afferrò energicamente per le spalle e la esortò affinché dicesse come stavano le cose.

- Perché, Sori - esclamò. - Per quale ragione non puoi dire di essere innamorata? Chi è questa persona, la conosco?
- E' proprio questa la ragione, Mila - mormorò appena Sori. - E' questo il motivo per cui non posso dirglielo...
- Per l'amor del cielo, Sori, chi è ?!?

Sori non fu più capace di trattenere le lacrime, quando il nome le uscì involontariamente dalle labbra, tanto che Mila rimase di stucco nell'apprendere di colpo "perché" Sori non poteva in effetti rivelare il suo amore per questa persona.
Non poteva certo ammettere di essere innamorata proprio del responsabile diretto di tutta la squadra, l'allenatore Dani Mitamura!

 

( continua )

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Capitolo 3
*** Terza Parte ***


Sulle prime Mila pensò di non aver capito bene.
Certo Mitamura era un uomo molto bello ed affascinante, la stessa Mila era solita fantasticare su di lui a volte, ma era anche l'allenatore della squadra... Il regolamento era molto severo, sia per le giocatrici che per i responsabili tecnici, e proibiva tassativamente di avere rapporti e relazioni, onde evitare sospetti e favoritismi che potevano minare la credibilità e rispettabilità degli interessati.
Purtroppo per Sori, non si trattava di una semplice "cotta" da adolescente.
Lei era più grande di Mila e, per quanto difficile da ammettere, il suo sentimento per Mitamura era qualcosa di assolutamente sincero e profondo. Sori aveva scoperto di essere innamorata di lui poco a poco, sin dal giorno in cui l'amministrazione delle Seven Fighters le fece un contratto per entrare a far parte della squadra.

- Quando mi presentarono a te e alle altre, ero troppo concentrata sul fare una buona impressione - spiegò Sori, rammentando il giorno del suo arrivo e tutto ciò che non aveva mai avuto il coraggio di confessare a nessuno. - Il presidente della squadra e gli altri si dimostrarono gentili fin da subito: mi avevano offerto la possibilità di giocare ad alti livelli, con delle condizioni molto vantaggiose, e io non avevo alcuna intenzione di deludere le loro aspettative; Mister Mitamura si era detto ben impressionato dal mio livello e dalla mia preparazione atletica, sostenendo anche lui il mio inserimento in squadra, e io presi subito a considerarlo come allenatore e maestro ma...
- "Ma" ?!?

Sori sospirò.

- Non avevo considerato che, entrando a far parte del gruppo delle giocatrici titolari, mi sarebbe stato ancora più vicino per seguire costantemente i miei progressi; all'inizio non ci avevo nemmeno pensato ma, il giorno che mi presentò alla squadra, rimasi colpita da ciò che disse...
- Sia chiaro che non saranno ammessi dissapori all'interno: chiunque minerà l'unità del gruppo sarà cacciato di squadra!

La voce fredda, il tono secco con cui aveva pronunciato quelle parole, in quel momento Sori rimase profondamente scossa dalla tempra e dal carattere d'acciaio di quell'uomo straordinario.
Dani Mitamura era molto giovane, rispetto a tanti suoi colleghi nelle altre squadre, eppure era già un serio e affermato professionista della pallavolo e conosceva il suo mestiere.
Sapeva perfettamente come raggiungere gli obiettivi che si era prefissato, spronando sempre tutti a dare il massimo dell'impegno agonistico, e certo non era diventato allenatore per caso o tantomeno per raccomandazione.
Sori capì immediatamente che, giocando nelle Seven Fighters, Mitamura si aspettava da lei tutto l'impegno possibile. Ai suoi occhi era una giocatrice in gamba, ma questo non era sufficiente. Per entrare a far parte della squadra a tutti gli effetti, doveva dimostrare di avere: passione, talento, determinazione, voglia di vincere, nonché spirito di gruppo e spirito di sacrificio... esattamente al pari di tutte le sue compagne.

- Quel giorno, il Mister mi diede un'importante lezione - ammise Sori con voce piena di ammirazione. - Non avevo mai sentito nessuno come lui, prima di allora; ero convinta che le giocatrici fossero servite e riverite, "viziate" secondo la loro bravura, invece lui mi fece intendere fin da subito che non dovevo montarmi troppo la testa; se mai un giorno riuscirò ad arrivare alla nazionale, prima di tutto lo dovrò a lui e ai suoi preziosi insegnamenti... non solo per il gioco, ma anche e soprattutto per la vita!
- Sori - fece Mila sottovoce, avvertendo  chiaramente tutta l'emozione con cui l'amica la stava mettendo a parte dei suoi sentimenti più intimi.
- Lo so, è sciocco da parte mia - ammise Sori debolmente. - Pensare che un uomo come Mitamura possa guardarmi con occhi diversi, non dovrei illudermi inutilmente ma... Ma la verità è che io lo amo, Mila, sono innamorata della persona a cui devo tutto; lo amo e non posso dirglielo, anche se lo desidero con tutta me stessa, e devo sforzarmi di accettarlo, capisci ?!?

Gli occhi di Sori si riempirono di lacrime.
Mila non sapeva assolutamente cosa fare o dire, era confusa.
Certo, comprendeva fin troppo bene la difficile situazione: confessando apertamente i suoi sentimenti, specie considerando come i giornalisti fossero sempre alla ricerca di scandali, Sori rischiava di compromettere in modo irreparabile la sua carriera e rovinare sia lei che Mitamura stesso; d'altra parte, tenendosi tutto dentro, era comunque costretta a soffrire in modo indicibile per l'impossibilità di vivere l'amore che tanto desiderava.

- Scu... Scusami, Mila - gemette Sori, sfregandosi il volto col dorso della mano. - Mi dispiace, non è da me lasciarmi andare in questo modo, è stato un momento di debolezza...
- Non preoccuparti - la rassicurò Mila. - Vorrei poterti aiutare, ma non so come!
- Lo so - disse Sori riconoscente, tergendosi le lacrime. - Si... Si è fatto tardi, sarà meglio andare a dormire ora!

Ciò detto, Sori chinò il capo e rientrò lentamente verso i dormitori della squadra.
Mila rimase a guardarla senza dire una parola e, invece di seguirla, si sedette e si accucciò nell'erba umida del cortile.

- Povera Sori - mormorò. - Non è giusto che debba soffrire così tanto, per un amore non corrisposto; se solo potessi aiutarla, ma ho promesso di non dire nulla a nessuno... Che cosa posso fare?

Col peso di quella domanda in testa, Mila sapeva già che non sarebbe riuscita a dormire quella notte.
Sori era giunta alle Seven Fighters come rivale per il ruolo di schiacciatrice titolare ma, nel tempo, aveva finito per diventare un'amica sincera e una persona a lei molto cara.
Certo il Mister non immaginava nemmeno quello che Sori provava nei suoi confronti e, se anche Mila avesse provato a fargliene parola, avrebbe ottenuto solo di complicare ulteriormente le cose.
Apparentemente sembrava proprio non esserci soluzione.
Se Sori non fosse riuscita a mettere da parte i suoi sentimenti, continuando a risentirne sulla concentrazione in campo, rischiava oltretutto di farsi mettere fuori squadra.
Mentre pensava a questo, Mila non poté fare a meno di sentirsi triste per lei e singhiozzare sommessamente.
Solo il lieve frinìre degli insetti e l'aria fresca che soffiava lì attorno le fecero compagnia quella notte.

 

( continua )

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Capitolo 4
*** Quarta Parte ***


L'indomani Mila era ancora profondamente scossa.
Ora che Sori l'aveva messa a parte del suo segreto, non poteva certo tradire la sua fiducia e andarne a parlare col Mister. Tuttavia, continuando a giocare distrattamente, Mitamura non ci avrebbe certo messo molto ad estrometterla dalle prossime partite.
Le Seven Fighters non potevano permettersi alcun buco in ricezione.
Allo stato attuale, Sori non era in grado di disputare gli incontri al meglio delle sue capacità. Fosse stata una macchina, avrebbe potuto "spegnere" l'interruttore e concentrarsi solo sul gioco; ma in quanto essere umano, la poverina si ritrovava ora ad attraversare un gran brutto momento.

- Accidenti, non so proprio che cosa fare - mormorò Mila tra sé. - Sori deve essere proprio innamorata del Mister, però non può pensare ad una storia con lui; i giornalisti ci andrebbero a nozze, inventando un mucchio di cattiverie pur di creare uno scandalo, e sarebbero perfino capaci di dire che lei si sia "comprata" l'ammissione in squadra facendo gli occhi dolci...

Mila rifletté un attimo in silenzio.
Solamente lei e le altre sapevano quanto Sori avesse sputato l'anima, per diventare una giocatrice titolare. Sori Shinoda non era assolutamente una ragazza opportunista: tutto quello che aveva se lo era guadagnato con le sue forze, lottando duramente e lavorando sodo; tuttavia ai giornalisti questo non interessava e, mettendo in giro anche una sola voce maligna, non era difficile immaginare come avrebbe reagito l'opinione pubblica.
"L'allenatore Dani Mitamura, contravvenendo a tutte le regole dell'associazione femminile di pallavolo, avrebbe sedotto una giocatrice"... oppure: "Sori Shinoda, promessa autentica della pallavolo nazionale oppure solo una protetta molto intima del suo allenatore?"
Il solo pensiero che i giornalisti potessero scrivere simili falsità, per Mila fu sufficiente a farla avvampare di rabbia.

- Mila - esclamò d'un tratto la voce del coach Mitamura, scrollandola bruscamente dai suoi pensieri.
- Sì, Mister, mi dica!
- Per caso, sai dov'è Sori ? Non l'ho vista agli allenamenti di stamattina e non è neanche venuta a parlarmi in ufficio, malgrado le avessi spiegato che non può tenere una simile lentezza di riflessi in partita!
- Beh, io veramente non...

Mitamura chinò il capo, socchiudendo gli occhi mestamente.

- Mi spiace - esclamò. - Credevo che, come giocatrice, fosse una ragazza di maggiore carattere... Evidentemente mi sono sbagliato sul suo conto!
- No, non è vero - scattò subito Mila. - Sori non è affatto priva di carattere, se si comporta così è perché... ecco...
- Perché cosa? - chiese subito Mitamura, stringendo gli occhi. - Ti ha forse detto qualcosa? Se è così, ti avverto: non l'aiuterai affatto, nascondendo la verità, anzi sia tu che lei rischiate di danneggiare l'equilibrio della squadra; non posso assolutamente schierare delle giocatrici con problemi, specie con un campionato difficile alle porte!

Mila si morse il labbro inferiore con disappunto.
Non poteva infrangere la promessa fatta a Sori, ma non poteva nemmeno permettere che il Mister mettesse entrambe fuori squadra.

- Mi creda, Mister - fece Mila decisa. - Conosco bene Sori, è una ragazza determinata e non è il tipo da trascurare i propri doveri; se anche in questo momento attraversa un periodo difficile, sono certa che ritroverà presto sia la forma che la concentrazione necessaria!
- Capisco, Mila - ammise Mitamura. - E' ammirevole che tu abbia tutto questo affetto verso una tua compagna ma, se Sori non è in grado di separare i suoi problemi personali dal campo di gioco, come allenatore non posso fare affidamento su di lei... Credimi, sono dispiaciuto quanto te, ma le Seven Fighters non ruotano attorno a Sori; la squadra viene prima di tutto, anche di noi stessi, e Sori questo dovrebbe saperlo ormai molto bene!
- Mister, la prego...
- Di' a Sori che, qualunque sia il suo problema, la porta del mio ufficio è sempre aperta - tagliò corto Mitamura, prima di rientrare in palestra. - Non posso aiutarla, se non ha fiducia in me; cerca di convincerla per il suo bene, mi raccomando!

Ciò detto, Mitamura girò le spalle e scomparve oltre l'ingresso.
Mila sbarrò gli occhi preoccupata.
Se solo il Mister avesse immaginato "perché" Sori non poteva confidarsi con nessuno, soprattutto con lui.
Purtroppo non aveva modo di aiutarla.
Poteva solo mantenere il silenzio, cosa non facile vista la situazione, e sperare che Sori riuscisse a superare da sola i suoi problemi sentimentali per non rimetterci il posto da titolare.

- Oh, Sori - gemette Mila. - Ti prego, amica mia, non puoi mollare tutto proprio adesso!
- Mila, che fai, non vieni ?!? - gridò Yama, facendole segno di raggiungerla.
- Sì, eccomi - rispose lei, riunendosi al resto del gruppo per cominciare assieme l'allenamento pomeridiano.

Mentre percorrevano il corridoio, scambiandosi battutine e frecciate per mantenersi di buonumore, le ragazze incrociarono Sori che veniva dalla direzione opposta.

- Sori, non vieni ad allenarti oggi ? - chiese Oki preoccupata.
- Non vorrei che Sashita se la prendesse troppo - fece eco Yama. - Stamattina, non vedendoti, era a dir poco furibondo!

Sori esitò ma, non potendo fare altro, si limitò ad annuire con un cenno del capo.
Immaginando più o meno il suo stato d'animo, mentre le altre proseguirono oltre, Mila prese da parte Sori e le sussurrò nell'orecchio.

- Ti senti bene?

Sori annuì.

- Devi farti coraggio - proseguì Mila. - Tra meno di una settimana ci aspetta la partita di ritorno con le Orient e, se non ti vede più pronta in ricezione, il Mister ti metterà in panchina!
- Certo, hai ragione - ammise Sori piano. - Solo che non è facile, cerca di capire...
- Lo so - concluse Mila tristemente. - Andiamo adesso, le altre ci aspettano!

Sori esitò ancora ma, concordando con la compagna, si fece coraggio ed entrò assieme a lei in palestra.

 

( continua )

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Capitolo 5
*** Quinta Parte ***


Dal momento che non si era unita alle altre negli allenamenti della mattinata, Sashita decise di sottoporre Sori ad un estenuante esercizio nella ricezione. Anche lei, come Mila, era più portata nell'attacco piuttosto che in difesa; ma le palle che Sashita continuava a scagliarle addosso erano talmente veloci da non lasciarle neppure il tempo di respirare.

- Non ci siamo, Sori - urlò il vice-allenatore, puntandole addosso l'indice con severità. - Come pensi di ricevere le schiacciate della Takami, se ti butti così in ritardo ?!?

Sori ansimò stancamente, cercando di rimettersi in posizione, ma Sashita continuò a servire senza darle un attimo di tregua. Dalla panchina intanto, Mitamura non perdeva d'occhio i suoi movimenti. Per ogni palla che Sori riusciva a riprendere, o quantomeno a deviare, altre tre o quattro rimbalzavano miseramente sul parquet a pochi centimetri dalle sue mani. L'allenatore rimase alcuni minuti buoni in silenzio, picchiettando di tanto in tanto le dita sulle braccia conserte, e alla fine ritenne opportuno intervenire personalmente per darle una strigliata ancor più severa.

- Allora, Sori - esclamò calmo Mitamura, alzandosi dalla panchina e rivolgendole uno sguardo di ghiaccio. - Non sono neanche le cinque del pomeriggio, il sole è ancora alto là fuori, perciò mi sembra un po' presto per mettersi a dormire!

Sori non disse nulla, incapace persino di sollevare lo sguardo, tuttavia Mitamura proseguì nella sua ramanzina senza troppi giri di parole.

- Mi sembrava di essere stato molto chiaro - disse. - In palestra si viene per allenarsi, non per ammirare il panorama; se hai intenzione di giocare seriamente, rimettiti subito in piedi e mostrami come sai ricevere!
- Va... Va bene, Mister - annuì Sori debolmente, asciugandosi il sudore dalla fronte e rimettendosi in posizione.

Mitamura fece cenno a Sashita di cedergli il posto sulla pedana di lancio e, come il vice-allenatore si spostò a bordocampo, subito prese a scaraventare contro Sori una schiacciata a dir poco micidiale.
Logicamente, essendo già stanca e affaticata, Sori non riuscì ad intervenire in alcun modo su quel servizio. La palla le rimbalzò addosso, pesandole sulle braccia come se fosse di piombo, e la violenza dell'urto la scaraventò all'indietro.

- Rialzati immediatamente - sentenziò Mitamura impassibile. - Anche la più stanca delle tue compagne avrebbe la forza di respingere quella palla, perciò concentrati e muoviti più svelta sulle ginocchia... Ancora!

Malgrado i suggerimenti dell'uno e la perseveranza dell'altra, le palle lanciate da Mitamura erano di una potenza terribile. Sori fece il possibile per cercare di recuperarne almeno una ma, per quanto ci provasse, non era assolutamente in grado di riuscirci in quelle condizioni di stanchezza.
Mitamura batteva servizi su servizi, con tutta la forza che aveva in corpo, e tutto ciò che Sori riusciva appena a vedere era la bianca scia circolare della palla scagliata contro di lei.
Sulle gambe.
Sulle spalle.
Proprio in mezzo allo stomaco.
Mila e le altre rimasero paralizzate dallo stupore, nel vedere con quanta durezza il Mister infieriva su di lei. Per un attimo Mila credette addirittura di vedere gli stessi occhi di Daimon in quelli di Mitamura; era come se il giovane allenatore, ormai preda di una rabbia inspiegabile, avesse intenzione di fare scontare alla povera Sori una punizione durissima...
In realtà Mitamura, non potendo certo immaginare ciò che le passava per la testa in quel momento, stava solo cercando di fare in modo che si svegliasse e reagisse proprio come in una partita vera.
Di nuovo una pallonata durissima, questa volta proprio in pieno volto, e l'ultima cosa che Sori riuscì a vedere fu una massa indistinta di luci e colori insieme.

- Chi ti ha detto di riposare - tuonò Mitamura, senza smettere di lanciare palloni in rapida sequenza. - Credi che le Orient ti lasceranno forse il tempo per dormire, tra una schiacciata e l'altra?

La povera Sori era riversa faccia in giù in mezzo al campo, incapace di muoversi, e le palle continuarono a pioverle addosso senza pietà.

- Alzati, Sori - gridò ancora il Mister, battendo la palla con la stessa forza di un leone infuriato. - Non abbiamo ancora finito: la tua ricezione non è neanche lontanamente accettabile, devi continuare finché non riuscirai a prenderne almeno una!
- Basta, Mister, la smetta - intervenne dunque Mila, non potendo sopportare oltre quella specie di massacro. - Non lo vede che è svenuta?
- Non ti intromettere, Mila - rispose Mitamura con rabbia. - Se Sori ha intenzione di rimanere in prima squadra, farà bene a darsi una svegliata; il suo gioco e la sua capacità di riflessi non sono neanche la metà di quando è arrivata qui; la sua ricezione sembra quella di una dilettante alle prime armi, non posso credere che questa sia la stessa giocatrice che ho allenato... E' assurdo!

Nel mentre che Sori cercò di rialzarsi, la palla la colpì violentemente alla schiena.
Mila sbarrò gli occhi nel vedere la sua espressione sofferente e, sentendo montare dentro una collera incontenibile, dimenticò per un attimo tutta la deferenza e il rispetto che era tenuta a portare comunque al suo allenatore.

- Che diavolo le prende, insomma? - chiese Mila furibonda. - Vuole forse ucciderla ?!?
- Ti ho già detto di non intrometterti - sottolineò Mitamura con voce tagliente. - Ti avverto, Mila: ancora un'altra parola e sei fuori dalle Seven Fighters!

Sentendo la minaccia di Mitamura, malgrado il dolore insostenibile alla schiena, Sori fece appello alla forza della disperazione per impedire che Mila facesse qualche sciocchezza irreparabile.

- Mi... Mila - mormorò. - Per carità, non dire altro... Io... Io sto bene, non preoccuparti...

Nella palestra scese improvvisamente il più totale silenzio.
Perfino il signor Sashita era incredulo, nel vedere l'espressione di sofferenza sul volto della ragazza. Sori fece appello a tutte le sue energie residue pur di rialzarsi, nonostante fosse a malapena in grado di reggersi sulle gambe, e nessuno sapeva spiegarsi come ancora potesse sostenere un simile sforzo.

- Sori - fece Mila preoccupata, sorreggendola con entrambe le mani. - Non posso vederti così, è assurdo come ti sta trattando!
- No, io... Voglio continuare!
- Eh ?!?
- Ti prego, Mila, lascia stare - gemette Sori con un filo di voce. - Se... Se non sono concentrata, è solo colpa mia; il Mister ha ragione, devo impegnarmi molto di più per dimostrare di essere una giocatrice professionista...
- Ma se continui così, rischi di crollare per lo sfinimento!

La vista annebbiata e l'espressione stremata sul volto, Sori si costrinse a non gettare la spugna per nessun motivo.
Malgrado l'insistenza di Mila infatti, rispose semplicemente all'amica di lasciarle fare come credeva e soprattutto di non mettersi nei guai per cercare di aiutarla. Mila non poteva far altro che ammirare questa sua tenacia e, chinando lo sguardo con rispetto, si fece da parte per permetterle di rimettersi in posizione.

- Sono... Sono pronta, Mister - disse Sori, guardando Mitamura con una luce carica di rinnovata determinazione. - Quando vuole!

 

( continua )

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Capitolo 6
*** Sesta Parte ***


Mitamura valutò attentamente lo sguardo di Sori.
La ragazza era sfinita, il suo corpo mostrava vari segni di cedimento, eppure lo stava supplicando di continuare ad allenarla. In circostanze normali, il Mister sarebbe andato avanti a servire senza esitazione; dietro a tutta quella durezza ed eccessiva severità infatti, Mitamura voleva che Sori recuperasse gli stimoli e la concentrazione per tornare a giocare ai suoi soliti livelli... Ma dal momento che Sori era tanto in crisi, andare avanti così era praticamente inutile.
Sori sbarrò gli occhi incredula, nel momento in cui l'uomo lasciò cadere la palla ai propri piedi con un tonfo sordo.
Mitamura si passò mentalmente una mano sul capo, deluso e amareggiato come non mai, convinto di aver fallito in modo clamoroso nel suo ruolo di allenatore. Vedendo che non aveva più intenzione di allenarla, Sori capì immediatamente che costui aveva frainteso.

- La prego, Mister - esclamò lei, non appena costui le voltò le spalle. - Mi faccia giocare, la prego...
- Esci dal campo, Sori - rispose Mitamura gelido.
- No - gemette la ragazza con occhi sbarrati. - La supplico, mi dia un'altra possibilità...

Mitamura rispose con uno scatto a dir poco violento e rabbioso.

- E' inutile - gridò. - In questo momento non sei neanche l'ombra del numero 6 che è entrato a far parte di questa squadra; sto solo sprecando tempo con te, perciò esci dal campo e lascia allenare le tue compagne!

Per Sori quelle parole ebbero lo stesso effetto di una pallonata sui denti.
"L'ombra del numero 6"...
Pensare che era così felice, il giorno che Mitamura le consegnò personalmente l'uniforme con quel numero cucito sopra.
Il suo numero.
Lo stesso che il giovane Mitamura portava sulla propria maglia, all'epoca in cui ancora giocava come titolare nella sezione maschile della pallavolo per professionisti.
Disse che era orgoglioso che una giocatrice del suo livello portasse proprio quel numero, che si sentiva enormemente fiero di essere il suo allenatore, e che non vedeva l'ora di assistere alle sue prodezze in campo.
Che bella delusione gli aveva dato, invece!
Non solo non poteva stargli vicino come compagna, ma adesso neppure come giocatrice.
Tutto ciò per cui aveva lavorato e combattuto duramente, gli sforzi e i sacrifici per dimostrarsi degna della sua stima e della sua fiducia, tutto era stato spazzato via miseramente assieme ai palloni che giacevano immobili in fondo alla palestra.

- La prego, Mister - mormorò Sori, incapace di sollevare lo sguardo ed incontrare quello dell'uomo che le stava urlando contro. - Io... Io voglio giocare... La prego!
- E come pensi di giocare, con la testa altrove, spiegamelo ?!?

La voce di Mitamura era ferma e dura allo stesso tempo.
Sori avrebbe voluto parlare, spiegargli quanto realmente ci tenesse a giocare ( non solo per lei, ma anche e soprattutto per lui ), ma non poteva.
Non poteva mettere da parte le barriere che separavano una giocatrice dal suo allenatore, per quanto il suo cuore battesse forte al pensiero di quanto egli fosse vicino e lontano allo stesso tempo, e non sapeva neppure come replicare alle dure parole dell'altro.

- Hai dimenticato perfino le basi di questo sport - urlò ancora Mitamura, assicurandosi che lei sentisse chiaramente tutta l'amarezza e il profondo disprezzo nel tono della sua voce. - Come posso tenerti in squadra, se non giochi col cuore e non ti concentri unicamente sulla palla? Dici di voler giocare, ma è chiaro che stai pensando a tutt'altro; ti è stato chiesto se vuoi confidarti, ma è evidente che non hai fiducia nella tua squadra e neppure nel tuo allenatore; forse non siamo abbastanza per te, non posso indovinare quali sono i tuoi problemi, ma questo tuo atteggiamento è inammissibile e certo io non sono disposto a tollerarlo!

Ad ogni parola, Sori provava il fortissimo desiderio di urlare.
Le labbra le tremavano.
Il cuore batteva innumerevoli pulsazioni al minuto.
Certo, la rabbia di Mitamura era più che comprensibile, specie considerando il silenzio che ancora lei si ostinava a mantenere. Agli occhi del Mister, quel suo mutismo era la prova inconfutabile della sua debolezza.
Se Sori non aveva nessuna intenzione di confidarsi, lui non poteva far altro che agire di conseguenza.
Dani Mitamura non provava alcun piacere, nel rivolgersi tanto aspramente ad una sua giocatrice. Era addolorato, anche se non quanto Sori, e tuttavia non poteva venir meno ai suoi obblighi di allenatore nell'interesse di tutta la squadra.

- Sono veramente allibito, Sori - esclamò piano Mitamura, chinando il capo con rammarico. - Sul serio, non so più cosa pensare di te, mi hai molto deluso...

Silenzio.
Ogni attimo, ogni istante di quel forzato mutismo era come una tortura per lei. Se solo avesse potuto dirglielo... ma non poteva, non poteva farlo assolutamente, e questo era assai peggio di qualsiasi rimprovero.

- D'accordo, Sori - esclamò infine Mitamura, ormai rassegnato. - Come allenatore, credo di avere fatto tutto ciò di umanamente possibile: forse il mio modo di fare ti sembra troppo duro, perciò pensi che non sarei mai un buon confidente per te; mi dispiace, lo dico sinceramente, credevo che avessi una considerazione maggiore del sottoscritto!
- No, Mister, non è come pensa...
- Non importa - tagliò corto Mitamura. - Ad ogni modo, se non riesci a controllare le tue emozioni sul campo, è inutile che continui; da oggi torni a far parte delle riserve e, se neanche questo riesce a scuotere il tuo amor proprio, considererò chiuso il discorso!

Ciò detto, Mitamura se ne andò via senza aggiungere altro.
Sori rimase a guardarlo, immobile, incapace di proferire parola.
Perché?
Perché non poteva dirglielo chiaramente?
Perché non poteva metterlo a parte di ciò che provava?
Nessuno era in grado di comprendere, nessuno a parte Mila che pure non poteva farne parola con lui o con chiunque altro, e tutto d'un tratto il sogno di Sori si era trasformato in un incubo.

- "Non sei neanche l'ombra del numero 6 che è entrato a far parte di questa squadra"...

Il suono di quelle parole bruciava ancor più delle lacrime che presero a scorrerle lungo le guance.
Sori non poté fare a meno di piangere.
Mitamura non immaginava neppure lontanamente di essere una fonte di gioia e tristezza tanto grande per lei.
Neppure le lacrime bastavano a consolarla.
Il mondo sembrava esserle improvvisamente crollato addosso, lasciandola senza energie, eppure non aveva nemmeno la forza per mettersi a gridare.
Anche perché piangere o gridare non avrebbe certo cambiato le cose.
Invece di migliorare, la situazione era addirittura peggiorata.
Ora che non faceva più parte delle titolari, il Mister non la riteneva più nemmeno meritevole di considerazione.
Era finita!

- Oh, Sori - singhiozzò Mila, piangendo a sua volta per lei e per ciò che stava provando in quel momento.

Da che aveva cominciato a giocare a pallavolo, impegnandosi anima e corpo per sé stessa e per il suo adorato Shiro, Mila non avrebbe mai creduto possibile che lo sport  che tanto amava potesse "dividere" una persona dall'oggetto dei suoi desideri.
Per Sori doveva essere terribile.
Amare un uomo che neanche sapeva di essere amato.
Soffrire per un uomo ignaro dei suoi sentimenti.
Essere costretta a mantenere il silenzio, malgrado questo avesse un prezzo fin troppo alto da pagare.
Per la prima volta, Mila si rese conto di quanto amara potesse essere la pallavolo.
Poteva sacrificare tutto, sull'altare di questa disciplina: la giovinezza, gli svaghi, il cibo, il tempo libero, e più facilmente quel burbero brontolone disfattista di suo padre Toshiko...
Ma come poteva sacrificare anche l'amore ?!?

 

( continua )

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Capitolo 7
*** Settima Parte ***


Mitamura rimase a lungo seduto nel suo ufficio a riflettere.
Lo sguardo gli cadde accidentalmente su alcune foto e ritagli di giornale che ingombravano la sua scrivania. Qui vi era ancora la foto di Sori, assieme all'articolo del suo acquisto presso le Seven Fighters, e accanto tutti i resoconti e le valutazioni del presidente della squadra e del consiglio di amministrazione che avevano tanto puntato su di lei per vincere la nuova stagione di campionato.
L'allenatore prese in mano la foto, ignorando l'articolo e osservando l'espressione fiera e sorridente sul volto della ragazza. Pensare che erano passati solo pochi mesi da allora e, per quanto poteva vedere adesso, la sua giocatrice numero 6 era praticamente irriconoscibile.

- Sori - mormorò Mitamura sommessamente. - Che cosa ti sta succedendo, perché non puoi confidarti con me che pure sono il tuo allenatore? Non riesco proprio a capire...

Passandosi una mano sugli occhi e sospirando forte, Mitamura rimise la foto sulla scrivania e rimuginò a lungo in silenzio.
Da che Sori era entrata a far parte della sua squadra, mostrando di avere talento da vendere, grandi capacità tattiche e adattamento ai vari schemi di gioco, non c'era modo di spiegarsi questo suo improvviso calo di prestazioni...
Che cosa mai poteva turbarla?
La domanda era come un chiodo nel cervello per il povero Mitamura, il quale non riusciva proprio a darsi una risposta, eppure non si rassegnava alla decisione necessaria di metterla nel gruppo delle riserve.
Sori era una ragazza straordinaria e una giocatrice eccellente.
Mitamura ricordava ancora con quanta grinta e determinazione lei sapesse giocare, impegnandosi a fondo e senza mai risparmiarsi, perciò non poteva assolutamente vederla in queste condizioni. Per quanto ciascuna giocatrice fosse uguale ai suoi occhi, Sori gli ricordava in un certo senso i suoi trascorsi sul campo: lo stesso sguardo, la stessa tenacia, lo stesso spirito combattivo...
Anche Mila era così ma, considerata la differenza di età tra le due ragazze, Sori era senza dubbio molto più matura di lei. In fin dei conti, Mila era ancora poco più che una ragazzina ( piena di vitalità ed energia, con tanta voglia di vincere, ma anche impaziente e con atteggiamenti un po' troppo infantili ); mentre Sori aveva finito da poco le superiori, peraltro diplomandosi col massimo dei voti, e dunque più matura sia fisicamente che caratterialmente.
Vedendola giocare, Mitamura prese ancora più a cuore il desiderio di allenarla e di trasmetterle tutta la sua esperienza. Aveva grandi progetti per lei, più o meno gli stessi risultati che sperava per Mila; e certo si aspettava una maggiore fiducia, circa i problemi che la affliggevano così tanto.

- Eppure non posso credere di essermi sbagliato così tanto, nella mia capacità di giudizio... Deve esserci una spiegazione molto importante, per questa crisi improvvisa, se solo riuscissi a scoprire di che si tratta!
- E' permesso? - domandò una voce da dietro la porta, subito dopo un leggero bussare.
- Entra pure, Sashita - rispose l'altro.

Il vice-allenatore entrò dunque nell'ufficio e, leggendo chiaramente in volto la sua preoccupazione, Mitamura ne indovinò i pensieri prima ancora che costui aprisse bocca.

- Non pensi di essere stato un po' troppo duro, Dani ?
- Penso di aver fatto l'unica cosa possibile, nell'interesse della squadra - sottolineò Mitamura con voce atona. - Tra meno di una settimana abbiamo la partita con le Orient e la loro schiacciatrice di punta, Monia Takami, è una che non scherza; allo stato attuale, Sori non è assolutamente in grado di ricevere le sue schiacciate e, se non trova anzi il modo di riprendersi alla svelta, sarò costretto ad escluderla da tutte le partite del campionato!
- Speriamo di no - disse subito Sashita, aggiustandosi gli occhiali sul naso. - Lei e Mila sono oggi la nostra offensiva migliore: il loro attacco fintato in coppia e le loro schiacciate individuali possono fare la differenza tra la vittoria e la sconfitta...
- Appunto - ribadì l'altro. - Mila e Sori insieme sono un'arma formidabile ma, se una delle due non gioca ai massimi livelli, la ricezione subisce un buco notevole... e un'avversaria furba come la Takami non ci metterà molto a capire qual'è il nostro punto debole!
- Dunque non intendi proprio tornare sulla tua decisione?

Per tutta risposta, Mitamura si alzò e andò nel bagno subito accanto l'ufficio. Qui si lavò frettolosamente la faccia, concentrandosi soprattutto sulla sensazione dell'acqua fresca addosso, e rimase a guardarsi nello specchio con espressione fin troppo triste.

- Non è una decisione che ho preso volentieri - spiegò con una punta di rammarico nella voce. - Ma non posso tenere una giocatrice tanto distratta in prima squadra, a rischio di danneggiare le altre, perciò non ho altra scelta!
- E se fosse solo un problema transitorio - ribatté Sashita. - Malgrado ora sia in crisi, può darsi che Sori riesca a recuperare stimoli e concentrazione necessari... Non sei d'accordo?
- Ne dubito - sottolineò l'altro, passandosi l'asciugamano sul volto bagnato. - Ha lo sguardo smarrito, confuso, quasi non riusciva neppure a guardarmi negli occhi; i suoi riflessi sono ottenebrati da qualche pensiero, qualcosa che non può o non vuole rivelare, e in queste condizioni non può scendere in campo... L'annienterebbero, se la facessi giocare adesso!
- E allora cosa suggerisci di fare?

Mitamura socchiuse gli occhi e, prima di rispondere, ripensò alle parole con cui aveva salutato Sori nel suo primo giorno.

- "Mi aspetto grandi cose da te" - le aveva detto allora. - "So che farai onore al tuo numero, giocando col massimo impegno, ma rammenta anche questo: non sarai da sola ad affrontare i problemi, sia io che la squadra saremo sempre presenti, per poterti aiutare in qualsiasi momento"...

Ora era Mitamura a sentirsi quasi in colpa, in un certo senso.
Se Sori non aveva mantenuto la promessa che gli aveva fatto, per un motivo o per l'altro che al momento gli era ignoto, lui certo non aveva certo il diritto di abbandonarla a sé stessa.
Era il suo allenatore e, come tale, doveva fare qualcosa per aiutarla ad uscire dalla sua crisi.

- Vedrò di parlarle, più tardi - esclamò. - Così non può continuare!

 

( continua )

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Capitolo 8
*** Ottava Parte ***


- E' permesso? - domandò Sori, bussando debolmente alla porta dell'ufficio di Mitamura.
- Certo, Sori, entra pure!

Malgrado l'esitazione, Sori spinse piano la porta e rimase ferma sulla soglia.
Se Mitamura non l'avesse espressamente mandata a chiamare, certo lei non avrebbe mai avuto il coraggio di affrontarlo, specie dopo aver subito da lui quella severissima strigliata. Costui le fece segno di avvicinarsi alla scrivania e, anche se impassibile in volto, la sua voce aveva comunque un che di rassicurante.

- Voleva vedermi, Mister?

Mitamura annuì.

- Prego, accomodati - disse lui, invitandola a sedersi.
- No, grazie, preferisco stare in piedi...
- Sori, immagino tu sappia già il motivo per cui ti ho fatta chiamare - cominciò subito Mitamura, senza girarci troppo intorno. - Per quanto io possa essere severo a volte, non sono tipo da trascurare né i rapporti umani né tantomeno la comprensione; con questo non voglio dire di essere un "santo", commetto anch'io i miei errori nel trattare con le persone, ma non per questo sono incapace di venire incontro a chi attraversa un momento difficile!

Sori chinò il capo, senza tuttavia dire nulla.

- Dal momento che sei una ragazza intelligente, trovo dunque inutile tergiversare troppo sull'argomento - sottolineò l'allenatore, inarcando severo il sopracciglio. - Mi sono espresso duramente con te perché, non sapendo la natura del tuo problema, il mio compito è quello di aiutarti a mantenere la dovuta concentrazione in campo; è anche vero che, non conoscendo i dettagli di ciò che ti turba, come coach posso fare ben poco per te!
- Me ne rendo conto - ammise Sori mestamente. - Le chiedo scusa ma...
- Per favore, lasciami finire - proseguì Mitamura. - Se si tratta di qualcosa di strettamente personale, qualcosa che giustamente non vuoi rendere noto a tutta la squadra, ebbene non intendo parlarti in veste di allenatore... Ma piuttosto come amico, se pensi che ciò possa esserti in qualche modo liberatorio!

Sori ebbe un sussulto.
La generosità e il buon cuore di Mitamura erano impagabili ( più o meno quanto la sua bonaria ingenuità! ), e proprio per questo Sori soffriva maggiormente nel tenergli nascosta la verità, tanto che costui cominciò a temere persino che la ragazza soffrisse di un qualche male incurabile... e curiosamente aveva quasi colto nel segno.
Quello di Sori altro non era che Mal d'Amore, per il quale non esiste che un unico rimedio.
Peccato che, agli occhi di lei, Mitamura fosse irraggiungibile.

- Per favore, Sori - mormorò l'allenatore, con voce piena di affetto e sincero interessamento. - Anche se probabilmente non mi crederai, tengo molto a te: mi sei stata affidata, non come "strumento" per vincere delle partite ma come una giocatrice bisognosa di affinare il proprio talento; il mio interesse nei tuoi riguardi, passando chiaramente dalla tua forma atletica, va anche e soprattutto alla tua serenità; io voglio realmente aiutarti, devi credermi, perché il tuo benessere mi sta molto a cuore!
- A... Anche lei mi sta a cuore, Mister - rispose Sori sottovoce, senza tuttavia suonare sentimentale o melodrammatica.
- Sono contento di sentirtelo dire - sorrise Mitamura, senza ovviamente aver afferrato il reale concetto dietro alle parole dell'altra. - Ma, se è così, non vedo il motivo del tuo silenzio!
- I... Il fatto è che...

Sori strinse nervosamente il pugno contro il fianco.
Mitamura era lontanissimo anche solo dall'immaginare che i suoi sentimenti per lui andavano ben oltre la gratitudine e la riconoscenza di una giocatrice verso il proprio allenatore.
Il concetto si poteva riassumere in appena due parole.
Con due semplici parole, Sori avrebbe potuto mettere fine una volta per tutte alla morsa che le attanagliava il petto.
Pareva tutto così semplice, eppure difficile allo stesso tempo, e le parole erano come "congelate" sulla sua lingua.
Mitamura attese pazientemente ma, come ebbe notato il sottile rivolo luccicante negli occhi dell'altra, scattò in piedi preoccupato.

- Sori - esclamò. - In nome del cielo, che ti succede ?!?
- Mister, io... Mi creda, non so come dirglielo, è più forte di me...
- Calmati, adesso - fece lui, cingendole piano le spalle con entrambe le mani, nel tentativo di rassicurarla. - Di qualunque cosa si tratti, puoi contare su di me: mi sono fatto un preciso impegno nei tuoi confronti, quello di sostenerti in caso di bisogno, e hai la mia parola che niente di ciò che dirai uscirà dalle mura di questo ufficio!
- Oh, Mister...

Così forte.
Così generoso.
Così bello e affascinante.
Per un attimo Sori, dimenticando di essere una giocatrice al cospetto del suo allenatore, si abbandonò completamente nelle sue braccia. Mitamura rimase interdetto, non appena lei affondò il volto in lacrime contro il suo petto, e solo allora cominciò ad intuire finalmente qualcosa.
Il modo in cui Sori stava piangendo non era fraintendibile.
Le dita si strinsero istintivamente sulla candida maglia, quasi nel timore che egli l'allontanasse da sé, e di nuovo sollevò il capo per guardarlo con occhi pieni di lacrime. Prima che l'altro potesse fare o dire qualcosa, Sori si lasciò sfuggire dalle labbra ciò che non avrebbe mai pensato di potergli rivelare altrimenti.

- Io l'amo, Mister - gemette. - Sono innamorata di lei, è questa la verità!

 

( continua )

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Capitolo 9
*** Nona Parte ***


Mitamura sbarrò gli occhi allibito.
Sulle prime pensò di aver capito male.
Sori non poteva parlare sul serio, certo intendeva dire diversamente.
Sì, doveva per forza essere così, senza dubbio.
Forse intendeva dire di essersi affezionata a lui oltremodo e, senza volerlo, l'emozione le aveva strappato di bocca parole con tuttaltro significato.

- Sori - esclamò piano Mitamura, cingendole le spalle con fare paterno. - Sei una ragazza molto sensibile, questo l'ho capito, e mi commuove un simile affetto da parte tua; adesso però calmati, asciugati gli occhi, e sediamoci davanti ad una buona tazza di té!

Sori scosse la testa.
Evidentemente non aveva capito nulla.
Come poteva essere così ottuso?
Eppure lei era stata sincera.
Nonostante avesse appena messo a nudo i suoi sentimenti, con uno sforzo incredibile oltretutto, lui ancora non capiva ( o non voleva capire ) quanto lei fosse seria.
Del resto lo temeva.
Dani Mitamura era l'allenatore delle Seven Fighters, un uomo con dei doveri e delle responsabilità precise nei confronti di ognuna delle sue giocatrici, e dunque non poteva anche solo concepire una relazione con una ragazza poco più che diciottenne.

- Mister, io...
- Non dire altro - la zittì lui, con fare comprensivo. - Ti vedo molto agitata, adesso, forse e meglio riprendere la questione in un altro momento e... Mmm ?!?

Accadde tutto così velocemente.
Sori si buttò così, senza pensare.
Le labbra di Mitamura assieme alle sue, proprio come nei suoi sogni, eppure reali questa volta.
L'uomo, dal canto suo, era completamente spiazzato.
Non poteva immaginare che i sentimenti della ragazza fossero forti sino a quel punto.
Anche se era immobile, lei prese ugualmente ad abbracciarlo.
Anche se era confuso, le labbra di lei erano morbide e piene di passione.
La fanciulla era più che convinta di ciò che stava facendo, e difatti lo stava baciando con tutta sé stessa.
Col corpo.
Con l'anima.
C'era più amore in quel singolo bacio di quanto Mitamura avesse mai concepito nell'arco di tutta la sua vita.
Dolce.
Autentico.
Inconfondibile.
L'amore di Sori era tale da lasciarlo completamente senza fiato.
Se solo non si fosse trattato di lei.
Se solo...

- No, non posso - mormorò il Mister, recuperando in fretta il controllo di sé. - Non posso, è sbagliato, non posso farlo!
- Ma...
- Ti prego, Sori, non fraintendermi - aggiunse lui in fretta. - E' una sensazione bellissima anche per me, davvero è stupendo, TU sei stupenda... solo che non è giusto, non è giusto, capisci ?

Certo, Sori comprendeva.
Comprendeva perfettamente.
All'improvviso si sentiva una tale stupida, per aver anche solo pensato di poter vivere quel sogno nella realtà.
Quanto era stata stupida.
In un attimo aveva rovinato tutto.
Tutto, tutto era finito in quel preciso momento.
Mitamura non l'amava, non poteva amarla, e non l'avrebbe mai amata.
La tristezza si tramutò subito in disperazione, finché lei non fu più in grado di sopportarla oltre, e così cedette all'impulso istintivo di scappare via il più lontano possibile.

- Sori - urlò Mitamura, non appena costei corse fuori del suo ufficio in lacrime. - Sori, aspetta!

Ma le parole, da sole, non potevano certo fermarla.
Sori attraversò il corridoio, uscendo prima nel cortile, e oltrepassò il cancello aperto che dava sulla strada. Mitamura la inseguì sconvolto, tanto quanto lei, chiamandola ripetutamente. Tuttavia lei non aveva alcuna intenzione di fermarsi né di voltarsi indietro.

- Sono una stupida - singhiozzò tra sé. - Una stupida, stupida, stupida...
- Sori, per l'amor del cielo, sta attenta !!!
- Eh ?!?

Nel momento in cui lei si avvide del pericolo, una macchina attraversò l'incrocio a tutta velocità, suonando il clacson all'impazzata.
Sori rimase immobile, in preda al panico, incapace di spostarsi.
La macchina cercò di inchiodare, sfrigolando violentemente le gomme sull'asfalto, ma era troppo veloce per arrestarsi in modo da evitarla.
Era inevitabile.

- Sori, nooo!

Tuffandosi in mezzo all'incrocio con balzo felino, incurante del rischio che egli stesso correva, Mitamura spinse via Sori dalla traiettoria del veicolo. La fanciulla cadde bocconi di lato alla strada e, prima che potesse riaprire gli occhi, l'ultima cosa che sentì fu uno strìdere di pneumatici e un tonfo sordo.
Come rialzò dunque lo sguardo, Sori vide la macchina ferma e, poco distante, il corpo inerte del suo allenatore.

- Mister - urlò, rialzandosi e correndo verso di lui. - Non può essere, non può essere, no!

Sorreggendolo per le spalle, Sori sollevò piano la testa dell'uomo ferito.
Malgrado il duro impatto col veicolo, il conducente era riuscito fortunatamente ad evitare di ucciderlo sul colpo.
Mitamura aveva gli occhi chiusi e un sottile rivolo di sangue all'angolo della bocca.
Sori invocò il suo nome disperata, supplicandolo con quanto fiato aveva in corpo, e per un qualche miracolo le sue preghiere parvero ascoltate.
Mitamura aprì gli occhi stancamente.

- So... ri...
- Mister - gemette Sori, con gli occhi pieni di lacrime. - Mi dispiace, io non...
- Stai... Stai bene? - domandò l'allenatore con un filo di voce. - N... Non sei ferita, vero?
- No, sto bene - annuì lei. - Stia tranquillo, chiamo subito un'ambulanza!

Mitamura sorrise, malgrado la vista appannata, e si sforzò di rimanere il più possibile cosciente.

- L'importante... è che tu stia bene - disse. - S... Se ti fosse accaduto qualcosa, non me lo sarei mai perdonato!
- Oh, Mister...
- A... Anch'io ti amo... Sori - concluse lui, con le sue ultime energie.

Sori provò ad abbracciarlo, a dirgli con esattezza ciò che provava, ma Mitamura era nuovamente svenuto.

 

( continua )

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Capitolo 10
*** Decima Parte ***


L'ambulanza arrivò prima possibile.
Il povero Mitamura era conciato veramente male, tanto che non aveva ancora ripreso conoscenza, e Sori non poté fare altro che salire assieme ai medici onde raggiungere il più vicino ospedale. Incapace di proferire parola, mentre i soccorritori svolgevano il loro lavoro, Sori strinse la mano del suo allenatore mentre gli venivano applicate la flebo e la maschera dell'ossigeno.
Mitamura aveva un brutto taglio lungo la tempia.
La paura più grande era che l'incidente potesse avergli provocato una frattura cranica, se non danni permanenti al cervello, ma era impossibile stabilirlo al momento. Malgrado il bianco veicolo stesse correndo a sirene spiegate, Sori si sentiva in preda ad un'ansia terribile. Mai avrebbe immaginato che potesse accadere una cosa simile e, oppressa dai sensi di colpa, sentiva di essere lei la maggiore responsabile dell'accaduto.
Con quel suono acuto nelle orecchie, e il presagio di una tragedia inevitabile in mente, Sori chiuse gli occhi e pregò sottovoce che il Mister si riprendesse. Giunti finalmente a destinazione, gli infermieri presero la barella e attraversarono la corsia chiamando il codice rosso.

- Non tema, Mister - disse Sori, china sul lettino mobile. - Andrà tutto bene, cerchi solo di riprendersi...
- Signorina, la prego - esclamò un'infermiera, trattenendola bruscamente per le spalle. - Abbia pazienza, ci lasci fare il nostro lavoro!
- Ma...

Prima che Sori potesse anche solo replicare, l'infermiera la ignorò completamente e si affrettò ad aprire le porte affinché i barellieri potessero raggiungere la sala operatoria. Mitamura scomparve oltre il corridoio, lasciando Sori immobile e con gli occhi sbarrati dall'incredulità.
Tutto era accaduto realmente, eppure lei non riusciva ad accettarlo.
Non doveva succedere questo.
Mitamura non poteva morire in questo modo.
Sori avrebbe preferito mille e mille volte essere al suo posto, piuttosto che saperlo in una stanza d'ospedale tra la vita e la morte.
Se solo si fosse fermata ad ascoltarlo.
Se solo gli avesse dato il tempo di parlarle, di spiegarle...
E ora, forse, era troppo tardi per le spiegazioni.
Forse la loro storia era destinata a finire in modo tragico fin dall'inizio.

- No - fece Sori tra sé, scuotendo il capo con rabbia. - No, non è giusto... Non è giusto!
- Sori - esclamò improvvisamente un coro di voci concitate alle sue spalle. - Sori, per l'amor del cielo, cos'è successo ?!?

Le facce stravolte del signor Sashita e di tutta la squadra delle Seven Fighters al completo parlavano da sole.
Una volta appreso al telefono dell'accaduto, Sashita e gli altri erano corsi in ospedale per accertarsi sulle condizioni del Mister. Sori non sapeva cosa dire, lei stessa era all'oscuro delle condizioni di Mitamura, cosicché si limitò a descrivere per sommi capi la dinamica dell'incidente.
Sashita annuì, malgrado la forte preoccupazione per il suo amico Dani, tuttavia si disse sinceramente sollevato che a lei non fosse accaduto nulla di grave.
Dal momento che non potevano fare comunque niente, impegnando in branco i corridoi dell'ospedale, il vice-allenatore chiese ad Oki di riaccompagnare le altre alla palestra. Domani pomeriggio si sarebbe svolta la partita tra la loro squadra e le Orient, incontro valido per le qualificazioni di campionato e perciò impossibile da annullare. Oki e le altre si dissero d'accordo, malgrado l'evidente preoccupazione per la salute del loro Mister, ed obbedirono agli ordini di Sashita.
Solo Mila, leggendo l'espressione distrutta sul volto di Sori, decise di interrogare da sola la compagna per saperne di più.

- Sori, sei sicura di star bene? - domandò Mila, non appena il signor Sashita si allontanò per informarsi sulle condizioni di Mitamura tramite i medici. - Come mai tu e il Mister eravate presso quell'incrocio? Non sarà mica che...
- E' colpa mia, Mila - ammise Sori, incapace di sollevare lo sguardo. - E' tutta colpa mia, non potrò mai perdonarmelo!
- Non dire così - ribatté l'altra severa. - Non sei stata certo tu ad investirlo, non puoi sentirti in colpa per questo!
- Non capisci: Mitamura è finito sotto quella macchina, solo ed unicamente per colpa mia; se non fosse stato per me, lui ora non sarebbe in queste condizioni... Mi sento un mostro!
- Oh, Sori...

Mila poteva solo comprendere lo stato d'animo di Sori, anche se non certo immaginare del tutto come potesse sentirsi. Entrambe si sedettero in sala d'aspetto, col cuore in gola e incapaci di proferire parola, mentre la rossa lampadina posta all'esterno della sala operatoria indicava che Mitamura si trovava adesso sotto i ferri di un intervento chirurgico.
In quella, Sashita si avvicinò alle due ragazze, pallido come un cencio appena lavato.

- Signor Sashita - esclamò Mila, schizzando subito in piedi.
- Allora - fece eco Sori. - La prego, ci dica come sta?
- E' presto per dirlo - sussurrò l'uomo debolmente. - Pare che abbia riportato un trauma abbastanza serio: un grumo di sangue al cervello, lo stanno già operando per rimuoverlo!
- Allora ce la farà - disse ancora Mila speranzosa.
- Non lo sappiamo - rispose Sashita, togliendosi gli occhiali e passandosi le dita sulle palpebre. - Se l'intervento va a buon fine, ha una probabilità di riprendersi oppure...
- Oppure?

Sashita tacque un momento prima di rispondere, segno che l'eventualità sola lo addolorava profondamente, tuttavia non poteva certo nascondere la verità alle ragazze con una pietosa bugia.

- Se il danno al cervello non si dovesse attenuare, anche dopo l'operazione, purtroppo c'è il rischio di coma irreversibile!

Sori sbarrò gli occhi inorridita.
Poiché doveva andare a telefonare in sede, onde informare i dirigenti circa le condizioni critiche di Mitamura, Sashita pregò Mila e Sori di non dire nulla alle altre almeno per il momento. L'indomani i medici avrebbero sciolto la prognosi e, qualunque esito avrebbe avuto l'operazione, la squadra aveva comunque l'obbligo di scendere in campo per sostenere l'incontro.
Sori era già nel gruppo delle riserve e, date le circostanze, Sashita non poteva certo pretendere di schierare in campo Mila come titolare. Sapendo di Mitamura, nessuna delle due ragazze era chiaramente in grado di giocare ai massimi livelli. Sashita aveva ceduto nel rivelare subito loro la gravità della situazione, perché colto da un chiaro momento di debolezza, ma l'indomani avrebbe dovuto sforzarsi di mantenere il silenzio col resto della squadra fino al termine della partita.
Certo nessuna delle Seven Fighters poteva dirsi tranquilla quella notte, ignorando lo stato di salute del Mister, ma ugualmente non aveva senso schierare una formazione destinata a perdere in partenza.

- Purtroppo non è possibile annullare l'incontro - sottolineò Sashita con rammarico. - Si tratta delle qualifiche per il campionato nazionale... Anche se non dovessimo vincere, l'importante è uscirne a testa alta!

Sori e Mila non dissero nulla.
Certo sapevano che, in qualità di vice-allenatore della squadra, Sashita non poteva ragionare diversamente. Tuttavia sapevano anche che non era certo orgoglio insensibile il suo: Mitamura e Sashita erano amici da anni, prima che colleghi e tecnici della squadra; nessuno poteva dire di comprendere lo stato d'animo di Sashita, se non immaginando appunto il peso opprimente sul cuore di costui.

- Suppongo sia inutile dirvi di rientrare nel vostro dormitorio, stanotte - osservò dolorosamente Sashita, rimettendo gli occhiali. - Ad ogni modo, ora come ora, non possiamo far altro che apettare!

Ciò detto, Sashita si allontanò senza aggiungere altro.
Sori drizzò il capo verso il soffitto, gli occhi pieni di lacrime e fissi nel vuoto, e non ci voleva molto ad indovinare quali potessero essere i suoi pensieri in quel terribile momento.

- Mister - mormorò. - La prego, non ci abbandoni...
- Coraggio, Sori - fece Mila, cingendo le spalle dell'amica con fare rassicurante. - Lo sai anche tu com'è il nostro allenatore, no? Sono certa... che andrà tutto bene, sì... Andrà tutto bene!

La voce rotta dai singhiozzi, perfino il proverbiale ottimismo di Mila sembrava venire meno questa volta.
Le due amiche si strinsero l'una all'altra, trovando conforto nel dolore reciproco, e pure continuarono ad attaccarsi in silenzio a quella debole speranza.

 

( continua )

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Capitolo 11
*** Undicesima Parte ***


La luce rossa, di là dal corridoio dell'ospedale, indicava che l'operazione di Mitamura stava avendo luogo. Non potendo far altro per lui, Mila e Sori attendevano col cuore in gola, pregando per il buon esito dell'intervento.

- Oh, buon Dio, ti prego - mormorò Sori, giungendo le mani. - Fa che tutto vada bene, proteggilo...

Non avendo parole da dire in tale circostanza, Mila si limitò a stringere la mano dell'amica e a farle coraggio. Sori ricambiò quella stretta piena di affetto, ringraziando in cuor proprio la compagna, e Mila annuì con un sorriso e un lieve cenno del capo.
L'intervento durò praticamente tutta la notte.
Ansiose e preoccupate com'erano, nessuna delle due ragazze riuscì a dormire. Man mano che le lancette dell'orologio scandivano il lento scorrere delle ore, i loro sguardi erano tutti fissi sulla porta chiusa della sala operatoria.
L'attesa era estenuante.
Sori desiderava spegnere quella dannata lampada rossa eppure, allo stesso tempo, aveva una gran paura di vederla spegnersi.
Se l'operazione fosse fallita, se Mitamura non si fosse mai più ripreso da quel terribile trauma, il rischio era che non si svegliasse più. Sori non riusciva neanche a pensare ad un'eventualità del genere, tanto che più volte ebbe la tentazione di mettersi ad urlare, ed improvvisamente la luce rossa si spense...
Le gambe che le tremavano, il corpo letteralmente privo di forze, Sori si alzò in piedi.
Il primo ad uscire fu il chirurgo che aveva operato Mitamura. Questi si calò piano la mascherina dal volto, rivelando un'espressione imperscrutabile ed accigliata, e si avvicinò alle ragazze per informarle.

- L'operazione è andata bene - esclamò semplicemente. - Tuttavia dobbiamo attendere che si svegli, prima di sciogliere definitivamente la prognosi; al momento, purtroppo, non è possibile sapere se il suo cervello abbia subito danni permanenti o meno... Dobbiamo aspettare!

Come ebbe appena finito di dire queste parole, le infermiere condussero fuori la lettiga. Mitamura dormiva, immobile come se fosse morto, e subito Sori si precipitò al suo fianco.

- Mister - esclamò sconvolta. - Risponda, la prego, dica qualcosa!
- Signorina - la rimproverò una delle infermiere, cercando di allontanarla. - Questo è un ospedale, deve calmarsi...
- Nooo!

Temendo che gli occhi dell'altro fossero destinati a rimanere chiusi per sempre, Sori si lasciò andare alle lacrime, stringendo la lettiga con tutte e due le mani. Il dottore non disse nulla, socchiudendo gli occhi gravemente, e tuttavia Mila non poteva vedere l'amica ridotta così.

- Sori - esclamò sottovoce, cingendola per le spalle. - Hai sentito anche tu il dottore, no? E' ancora presto, dobbiamo aspettare!

Lasciandosi cadere in ginocchio, Sori rimase a piangere sul pavimento, mentre il povero Mitamura veniva condotto via dalle infermiere. Anche Mila pianse, stando china su di lei, nel mentre che Sori malediceva la propria impotenza con voce rotta dal singhiozzo.

- Perché, perché lui ?!?
- Sori, io...
- E' a me che doveva succedere, non a lui - urlò. - Non doveva accadere a lui, no, non è giusto... Non è giusto!

Sentendo quelle parole, Mila capì che neppure tutte le lacrime del mondo sarebbero bastate a placare l'animo di Sori.
Non era solo l'affetto, né la comprensibile preoccupazione, bensì l'amore e la disperazione insieme.
Ciò che stava provando in quel momento Sori era lo stesso che avrebbe provato lei, se al posto di Mitamura ci fosse stato Shiro: un dolore straziante, il timore che la persona amata non fosse più per lei, e la triste consapevolezza che né le lacrime o la sua voce potessero raggiungerlo in alcun modo.
Attualmente Dani Mitamura stava dormendo un sonno senza sogni.
Tutto quello che Sori poteva fare era stargli accanto e, secondo il regolamento dell'ospedale, solo e solamente facendo il maggior silenzio possibile.
Poco dopo, dovendo informare Sashita della situazione, Mila telefonò alla sede delle Seven Fighters. L'incontro con le Orient era fissato alle quindici, la squadra stava già salendo sul pullman per recarsi allo stadio, e ovviamente nessuna delle giocatrici era in grado di disputare la partita con la dovuta serenità e concentrazione.
Ciononostante, come ebbe modo di ricordarle lo stesso Sashita, quello di scendere in campo era un dovere cui nessuna di loro poteva sottrarsi.

- Ma signor Sashita, io...
- No Mila, non aggiungere altro - obiettò categorico il vice-allenatore. - Capisco che tu e Sori siate molto scosse per ciò che è accaduto, lo siamo tutti, ma una squadra ha l'obbligo morale di onorare l'impegno preso e scendere in campo!
- Sì, certo lo capisco, però...
- Mi rendo conto che non possiamo fare affidamento su Sori, visto e considerato il suo recente stato di crisi, ma tu sei nel gruppo delle titolari: è già stata annunciata la formazione e, se non ti presenti allo stadio, la nostra squadra verrà squalificata!

Mila si morse piano il labbro inferiore.
Purtroppo Sashita aveva ragione: tutte le sue compagne erano preoccupate per la salute del loro coach Mitamura ma, per quanto pesasse loro, erano comunque tenute a scendere in campo per rispetto verso di lui e verso le avversarie che le attendevano.

- D'accordo - esclamò rassegnata. - Avvisi le altre che l'operazione è terminata, e dica loro che arriverò allo stadio prima dell'inizio della partita!

Ciò detto, Mila riattaccò il ricevitore e procurò di spiegare a Sori la situazione. Chiaramente quest'ultima si disse d'accordo, non potendo certo pretendere che Mila si dividesse, tuttavia la prima non se la sentiva granché di lasciarla sola a vegliare in ospedale.

- Devi andare, Mila - tagliò corto Sori con voce atona. - Hanno bisogno di te in campo!
- Ma io... Veramente...
- Non preoccuparti per me, davvero!

Mila non replicò alcunché.
Era chiaro che Sori avesse ben altro per la testa al momento, bastava leggere l'espressione che aveva sul volto mentre fissava il suo innamorato privo di sensi. Mitamura giaceva nel letto immobile, dormendo come un bambino indifeso, e solo le apparecchiature indicavano che era ancora in grado di respirare.
Malgrado le si stringesse il cuore, tanto per lei che per Mitamura stesso, Mila sapeva di non poter fare nulla con la sua sola presenza.

- Tornerò qui, non appena la partita sarà finita!

Sori annuì.
Entrambe si abbracciarono a vicenda, scambiandosi lievi baci sulle guance, dopodiché Sori rimase da sola a piangere sommessamente sulla sorte dell'uomo che amava. Mitamura non poteva sentirla, forse non avrebbe mai più sentito nessuno, e tuttavia il filo sottile delle sue palpebre chiuse pareva vibrare leggermente ogni volta che il pianto soffocato di Sori si faceva appena più forte.

 

( continua )

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Capitolo 12
*** Dodicesima Parte ***


- Schiacciata vincente della Takami, niente da fare per le Seven Fighters, la Hazuki non riesce a trattenere ed è punto!
- Mila - urlò Oki.
- MILA - esclamarono in coro le altre. - Stai bene ?!?

Sebbene visibilmente provata, a causa della pallonata in pieno volto, Mila si sforzò di annuire e si rimise in piedi.
La partita vedeva le Orient in vantaggio nel primo set per sette a tre: fin da subito infatti, contando la depressione generale che vedeva coinvolta ogni giocatrice della squadra di Mitamura, le micidiali schiacciate di Monia non avevano incontrato alcuna difficoltà nel penetrare la difesa avversaria.
Mila e le altre erano smarrite.
Confuse.
Non erano certo nelle condizioni di dare il massimo, preoccupate com'erano per la triste sorte del loro coach. Mitamura era molto di più che un allenatore, per tutte loro: lui e Sashita erano severi, ma anche comprensivi, ed entrambi avevano a cuore il benessere dell'intera squadra; le Seven Fighters erano come una grande famiglia, perciò era logico che un simile turbamento andasse a incidere profondamente sul morale di tutte.

- Sembra che le Seven Fighters oggi siano parecchio in crisi - osservò dunque il telecronista. - Lei cosa ne pensa, signorina Tajima?
- Certo, non è difficile immaginare la causa, considerato ciò che il vice-allenatore Sashita ha comunicato riguardo le gravi condizioni del coach Mitamura - sottolineò Kyushi gravemente. - Non possiamo certo fingere che le giocatrici siano fatte di ferro, il loro comportamento in campo è frutto di uno stato d'animo perfettamente comprensibile!
- Allora ritiene che questa partita è da considerarsi già decisa in favore delle Orient, giusto?
- E' abbastanza improbabile che le Seven Fighters recuperino stimoli e concentrazione necessari, specialmente la Hazuki che pure è la colonna portante del loro gioco; dovendo fare un pronostico, la bilancia pende a favore della squadra maggiormente determinata!

Lo sguardo pieno di amore materno, Kyushi si sentiva chiaramente vicino a Mila e al peso immane che gravava sul cuore di tutte le sue compagne di squadra.

- Coraggio, figlia mia - pensò. - Se devi giocare, devi farlo fino in fondo; anche se il dolore e l'ansia si trovano altrove, in campo non puoi mostrare alcun cedimento... Devi cercare di reagire!

Frattanto Monia e la sua squadra esultavano alla conquista del primo set, dominando anche il secondo con netto vantaggio, tuttavia la bionda attaccante non era certo insensibile allo stato d'animo delle avversarie. Per quanto potesse e dovesse impegnarsi nel gioco, non era affatto fiera di sconfiggere una rivale così demotivata.

- Mila - mormorò tristemente. - Posso immaginare come tu e le altre vi sentite in questo momento, è normale che siate in pena per il vostro allenatore, ma non posso alleggerire le mie schiacciate... Non sarebbe corretto!

Di nuovo Monia batté il servizio.
Di nuovo Mila seguì il movimento della palla con occhi assenti, buttandosi in ritardo, e regalando così l'ennesimo punto alle Orient.

- Mi dispiace, Mila, credimi - pensò Monia tra sé, mentre si accingeva a battere un altro servizio. - Non è una partita, questa, è una sofferenza; in circostanze normali, vorrei tu sapessi che ti sono realmente vicina... Ma quando si è una di fronte all'altra, e il dovere morale ci impone di giocare, la palla dev'essere il nostro unico pensiero!

Purtroppo era così.
Monia non poteva farci niente: vincere una partita già decisa non aveva senso e, tuttavia, abbassare il tono delle schiacciate significava un'offesa nei confronti delle avversarie che erano scese in campo nonostante tutto. Sebbene Mila e compagne non stessero chiaramente giocando col cuore, la loro presenza in campo meritava tutto il rispetto agonistico. Pertanto Monia era "obbligata" a dare il massimo, anche se i suoi occhi piangevano, solo così infatti sapeva di rispettare la dignità delle sue rivali.

- Non è di pietà che hai bisogno - proseguì ancora, menando una micidiale bordata all'angolo morto della difesa. - In campo possiamo solo giocare, anche se ci portiamo dentro il dolore, e anche questo fa parte della pallavolo... Mi dispiace!

Superando dunque in elevazione il vano muro singolo di Mila, Monia schiacciò la palla con tutta la forza che aveva. Questa si abbatté con violenza sul volto del coraggioso numero "7" e, scaraventandola via come un fuscello, segnò il punto che chiudeva definitivamente anche il secondo set.

- Le Orient conducono per due set a zero - gridò la voce del commentatore al microfono. - Se le Seven Fighters non mostreranno segni di ripresa neppure nel terzo set, per loro, la corsa al campionato si può dire ormai conclusa!

Mila alzò gli occhi al tabellone.
Per la prima volta, da che si era già ritrovata in situazioni difficili, non riusciva a trovare la forza per giocare ai suoi soliti livelli.
Anche le sue compagne erano avvilite.
Ormai lo spirito di squadra che le contraddistingueva era pressoché nullo, ogni determinazione era assente, e lo stesso Sashita non sapeva che cosa dire per rincuorare le sue giocatrici.
Poteva forse illuderle con pietose bugie, ignorando lui per primo le attuali condizioni del suo amico?
No, ovviamente.
Quella partita era praticamente già finita, non vi era grinta sufficiente per rimontare, e Mila avvertiva più delle altre un fortissimo senso di colpa.

- Mister - singhiozzò. - Lo so che dovrei fare molto di più, che una sconfitta così è più che umiliante, ma non ci riesco... Non ci riesco !!!

Le altre chinarono il capo in silenzio.
Solo la presenza di Mitamura, o anche il suo tono di voce rassicurante, avrebbe forse potuto cambiare le cose.

 

( continua )

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Capitolo 13
*** Tredicesima Parte ***


Mentre le Seven Fighters giocavano i loro disastrosi primi due set, Sori era rimasta in ospedale a vegliare sul povero Mitamura. Questi giaceva ancora in un letto, completamente privo di sensi, e gli unici segni di vita in lui erano visibili solo attraverso le apparecchiature che registravano le pulsioni e il suo lieve battito cardiaco.

- Mister - mormorò Sori con voce tremante. - Se lei non dovesse svegliarsi, se lei non... Oh, se solo non fossi stata così stupida!

Stringendo la mano inerte di Mitamura tra le proprie, Sori sentiva che avrebbe potuto piangere per lui, anche senza avere più una sola lacrima in corpo.
Non poteva vederlo così.
Era una sofferenza immane, tanto da desiderare che la macchina avesse investito lei al suo posto, e tuttavia non si poteva cambiare ciò che era accaduto.
Che Mitamura non potesse risponderle, né tantomeno vedere la disperazione negli occhi di lei, per Sori era peggio che se l'avessero trafitta al petto. Il volto dell'allenatore, rigido e inespressivo come una fredda maschera avente i suoi stessi lineamenti, era la prova di come egli fosse cieco e sordo al pianto della ragazza.
Dani Mitamura non poteva né vedere né sentire.
Il suo sonno somigliava molto a quello del classico incantesimo, come nelle favole, solo che nella realtà non era sufficiente un bacio per ridestarlo. Da che era rimasta sola con lui nella stanza, quasi nell'ingenua speranza di vederlo aprire gli occhi, Sori aveva sfiorato più volte le sue labbra con le proprie.
Il suo amore era tutto ciò che poteva offrirgli, oltre alle lacrime, eppure non bastava a compiere il miracolo.
Certo però, anche se in modo diverso, Sori non era l'unica a soffrire per quella situazione.
Dalla voce della radio accesa, collegata in diretta con la cronaca sportiva, era possibile constatare come l'intera squadra delle Seven Fighters stesse vivendo in modo evidente quel tragico momento.
La crisi che vedeva coinvolte Mila e le altre gettò Sori maggiormente nello sconforto.
Il suo istinto di giocatrice le rimproverava dentro di non essere accanto alle sue compagne, così come la mente e il cuore le rammentavano tristemente di non poter essere per loro di alcun aiuto.
Non poteva essere di aiuto per nessuno, né per l'uomo che amava né per le altre persone a lei care.

- E' difficile assistere ad un incontro del genere, senza chiedersi che fine abbia fatto lo spirito combattivo delle protagoniste - esclamò la voce del telecronista, commentando amaramente lo svolgimento del primo set. - La squadra delle Seven Fighters ci sembra irriconoscibile, rispetto alle ultime partite giocate: la Hazuki appare molto provata, tanto da non riuscire ad opporre il suo solito gioco con le avversarie molto più motivate, e anche le sue compagne non riescono a rimontare in alcun modo lo svantaggio che vede le Orient dominare questo primo set per 10 a 3...
- Mila, ragazze - gemette Sori sconvolta. - Vi prego, perdonatemi se potete!
- Formidabile la schiacciata della Takami, che coglie di sorpresa la Yamakawa; il primo set si chiude dunque in favore delle Orient, col punteggio di 15 a 3; la possibilità di una rimonta delle Seven Fighters, specie considerato il grave incidente occorso all'allenatore Mitamura, ci appare molto improbabile!

Combattuta com'era, tra il senso di colpa e l'ansia per Mitamura, Sori strinse le dita di questi più intensamente. Il suo corpo era scosso dai singhiozzi, la mano che tremava incontrollabile, tuttavia di lì ad un istante accadde un vero e proprio miracolo.
Nel percepire quel lieve movimento delle dita dell'altro, Sori pensò dapprima ad un'allucinazione.
In realtà, seppur molto debole, il corpo di Mitamura stava dando segni inequivocabili di ripresa.
Da che era sprofondato nelle tenebre dell'incoscienza, l'uomo non sapeva né ricordava quasi nulla dell'accaduto. I suoi ricordi erano fermi ad un unico momento preciso: il bacio di Sori e il calore di lei che gli accendeva il petto.
Il resto, invece, era tutto molto confuso: la strada, l'incrocio, la macchina...
Mitamura rivide parte del proprio incidente, come al rallentatore, allorché le sue labbra mormorarono inconsciamente.

- Sori...

Fu così che la ragazza capì di non avere le traveggole.
Gli occhi di Mitamura erano aperti, seppur debolmente, e costui aveva appena pronunciato il suo nome.
Incapace di esprimere la propria felicità, Sori si lasciò andare a quelle che erano senza alcun dubbio lacrime di gioia.
Mitamura era chiaramente privo di lucidità, avvolto com'era dalle bende intorno alla testa, e anche così il suo primo pensiero andava a colei che teneva tuttora la sua mano tra le proprie.

- Sori - ripeté.
- Sì, Mister, sono qui - rispose lei, baciando più volte la punta delle sue dita.

Purtroppo non era tempo adatto per le effusioni.
Come il dottore e le infermiere si resero conto dell'avvenuto miracolo, infatti, la prima cosa che fecero fu di invitare gentilmente Sori ad abbandonare la stanza. Ovviamente lei esitò, incapace di staccarsi dalle sue dita, ma a quel punto fu proprio Mitamura a scuoterla con poco più che un sussurro.

- Sori... vin... ci...

Sori sbarrò gli occhi.

- Gioca... Vinci - ripeté l'altro, sorridendo stancamente, guardandola con la luce inconfondibile dell'amore negli occhi.

In quel momento Sori capì.
Sin da quando aveva iniziato a giocare da piccola, impegnandosi ed allenandosi per affinare le proprie abilità, anche Sori aveva consacrato tutta sé stessa alla pallavolo. Mitamura lo sapeva bene, sapeva che anche lei era determinata ad affermarsi in questo sport, tanto quanto lo era Mila.
Se il sentimento di Sori nei confronti di Mitamura era finito col diventare qualcos'altro, qualcosa di assai più profondo del semplice legame tra allenatore e giocatrice, la felicità della ragazza passava tuttora attraverso ciò che rifletteva quel candido specchio rotondo del pallone da pallavolo.
Ora, finalmente, Sori sapeva cosa doveva fare.
Doveva giocare, lottare, impegnarsi e vincere... ma non per sé stessa, bensì per entrambi.
Giocare col cuore, scendere in campo e riflettere nel gioco tutta la passione che provava, la stessa passione che le labbra di Mitamura le avevano acceso in corpo con quel primo bacio indescrivibile e meraviglioso.
Mitamura non la stava respingendo, anzi, era esattamente il contrario.
Ciò che Mitamura avrebbe voluto dirle suonava pressapoco come: "Gioca Sori, metticela tutta, vivi la felicità in campo come nella vita; anch'io ti amo e voglio che tu abbia tutte le gioie di questo mondo, senza rimpianti, è questo il mio più grande desiderio"...

- Sì, Mister - disse Sori decisa. - Giocherò e vincerò, farò del mio amore una marcia in più, giocherò con tutta me stessa!

Ciò detto, Sori corse via dall'ospedale, determinata a raggiungere lo stadio prima possibile.
Non era troppo tardi, la partita si stava svolgendo a pochi isolati di distanza, poteva ancora farcela.
Per ciò che provava adesso, niente e nessuno era più in grado di fermarla.

 

( continua )

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Capitolo 14
*** Quattordicesima Parte ***


Come pronosticato dalla Tajima, Mila e le altre erano ben lontane dal giocare con la dovuta concentrazione.
Dopo aver perso i primi due set, con un distacco a dir poco netto, le Seven Fighters stavano appunto subendo l'umiliazione di un terzo set indegno di loro. Le schiacciate di Monia macinavano punti su punti, uno dietro l'altro, allorché Sashita chiamò l'ennesimo time-out.
Le ragazze erano stanche e demoralizzate.
Non potevano continuare così: nessuno osava protestare dal pubblico sugli spalti, conoscendo appunto la grave situazione emotiva, ma faceva ugualmente male vedere delle giocatrici di livello nazionale perdere allo stesso modo di una squadretta rionale; Sashita non sapeva assolutamente che fare, essendo anch'egli in ansia per Mitamura, e la partita si poteva dire già conclusa...

- Ragazze, ragazze, il Mister si è ripreso... Sta bene ora!

Nel mentre che Sori entrò a bordocampo, gridando a squarciagola per farsi sentire, Mila e le altre le corsero incontro agitate. Alla notizia che Mitamura si era ripreso dal coma, lo stesso signor Sashita drizzò la schiena, come se gli avessero infilato un'anguilla viva su per i calzoni.

- Dici sul serio?

Subito Sori spiegò a tutti la situazione, sottolineando dunque la miracolosa ripresa di Mitamura e come questi fosse effettivamente fuori pericolo. Mila e le altre sembravano come risvegliarsi da una sorta di incubo collettivo, tanto erano felici di apprendere che il loro Mister si sarebbe ripreso completamente, e tuttavia ci volle Sashita a ricordare loro che la partita era ancora in corso.

- La prego, signor Sashita - implorò Sori. - Mi faccia giocare, le prometto che non se ne pentirà!
- Puoi entrare al mio posto - suggerì dunque Yogina, accusando delle fitte sempre più dolorose al bacino. - La mia povera schiena non reggerebbe comunque questo set... E poi Sori è molto più brava di me, su questo non ci piove!
- Andiamo, Yogina, non buttarti giù - scherzò Mila, ritrovando di colpo tutto il suo buonumore. - Se giocassimo a rugby, invece che a pallavolo, saresti la nostra "arma di sfondamento" più potente!
- Grrr... Ringrazia il cielo che sono stanca morta, sennò ti avrei già tirato il collo come si deve, pel di carota striminzita che non sei altro!

Le altre scoppiarono a ridere.
Con Sori in campo, e l'avvenuta guarigione del Mister, la squadra sembrava già galvanizzata e pronta a giocare con uno spirito molto diverso.

- Per le Seven Fighters, entra la numero "6" Shinoda, al posto della numero "25" Yokono!

Rientrando dunque nel bel mezzo dell'incontro, a fianco di Mila e delle compagne, Sori sentiva su di sé una grande responsabilità ma anche un forte brivido di emozione e il desiderio di dare il massimo.

- E' bello riaverti con noi, Sori - esclamò Mila sincera, poggiandole una mano sulla spalla. - La squadra non è completa, senza di te!
- Grazie Mila - sorrise Sori.
- Adesso però, facciamo vedere alle Orient il vero modo di giocare delle Seven Fighters, siete d'accordo?
- D'ACCORDO !!!

L'urlo corale sembrava quasi paragonabile allo scoppio di un cannone da cerimonia. La squadra di Mitamura mostrava ora infatti maggiore baldanza, specie se si volgeva un'occhiata al punteggio catastrofico riportato sul tabellone, tanto che persino il pubblico riuscì a percepire tutto lo spirito e la determinazione di autentiche campionesse.
L'aria in campo aveva assunto di colpo un odore assai simile a quello della polvere da sparo.
Negli occhi di Mila e delle altre ardeva ora una luce diversa, come quella di una vivida fiamma incandescente, la luce inconfondibile di chi è pronto a giocarsi il tutto per tutto senza risparmiarsi.

- Le Seven Fighters ci sembrano molto più caricate, non trova anche lei, signorina Tajima?
- Si direbbe che l'ingresso in campo della Shinoda abbia da offrirci delle sorprese in questo terzo set, le Orient devono stare molto attente!

In effetti Sori appariva molto più calma e concentrata del solito.
Erano sei contro sei, tutte determinate a dare il meglio di loro stesse, e ciò rendeva l'incontro ancora apertissimo. Malgrado gli otto punti di svantaggio, e quella che si presentava come l'ombra di una cocente sconfitta, la situazione vedeva ora contrapposte due squadre perfettamente bilanciate e motivate a livello agonistico.
Sori strinse i denti, in attesa che l'arbitro fischiasse la ripresa del gioco.
Stavolta non aveva più freni.
Nessuna paura, nessun timore.
L'uomo che amava era salvo, oltretutto aveva detto chiaramente di ricambiare il suo sentimento, e l'energia che le scorreva dentro adesso avrebbe potuto forse smuovere addirittura il Monte Fuji.

- Ce la farò, Mister - pensò. - Farò quello che mi ha detto: giocherò, vincerò, in nome di ciò che provo per lei e per il futuro che ci attende; non mi lascerò dietro nulla, nulla delle cose che desidero veramente, e metterò il cuore nella mia mano destra... Lo prometto!

 

( continua )

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Capitolo 15
*** Quindicesima Parte ***


- Mia!

Con un ottima alzata da parte di Oki, e una scelta di tempo ancora migliore, Sori ottenne agilmente il cambio-palla per la sua squadra. Con Mila alla battuta, carica ed incontenibile nel suo ormai famoso servizio di punta, le Orient si resero conto immediatamente che la musica era cambiata.
Dopo aver messo a segno due punti, uno dietro l'altro, Mila effettuò la sua terza battuta. Questa venne raccolta a stento da Monia che, rimettendosi subito in piedi, si preparò a segnare sull'alzata di una compagna.
La palla era forte e potente tuttavia, elettrizzata com'era, Mila riuscì a ricevere e ad indirizzare la sfera verso Yama.

- Sori, è tua!

Sori non se lo fece certo ripetere due volte.
Il tempo di focalizzare il bersaglio sopra la testa, la ragazza spiccò il balzo e caricò il braccio destro all'indietro per imprimere nella schiacciata tutta la forza che aveva.
Un tempo le sue schiacciate, pur essendo forti e precise, mancavano di convinzione cosicché non era particolarmente difficile bloccarle a muro. In allenamento poi, giocando faccia a faccia con Mila, Sori non riusciva mai a raggiungere il livello di forza della sua esuberante compagna.
Mentre spiccava la propria elevazione, Sori ripensò mentalmente alle parole del coach Mitamura circa "l'elemento mancante" per essere una giocatrice completa...

***

- Non ci siamo, Sori - era solito rimproverarla Mitamura, cercando di spiegarle in che modo correggere il punto debole del suo attacco. - Il tuo livello tecnico è già abbondantemente sopra la media, oltretutto sei una ragazza sveglia e intuitiva, ma devi tenere a mente che non si può vincere con la sola tecnica!
- Ma... Mister, non capisco...
- Lo so, sembra assurdo, eppure i risultati parlano chiaro!

Sorridendo, Mitamura guardò al gioco di Mila come ad un perfetto esempio per Sori. I loro stili erano completamente diversi: Sori puntava tutto sulla qualità dell'azione, sfoggiando sì un perfetto controllo dei movimenti, ma ciò andava quasi inevitabilmente a discapito della potenza; Mila d'altro canto, pur essendo decisamente meno aggraziata di Sori, riusciva sempre ad imprimere l'energia necessaria a superare le difese avversarie... e anche qualcosa in più.

- Mi rendo conto che è difficile da spiegare ma, pur senza nulla togliere al tuo stile/manuale di gioco, devi assecondare maggiormente quel che ti suggerisce l'istinto - sottolineò Mitamura. - Prendi Mila, ad esempio: ha delle difficoltà evidenti nella ricezione, e in quanto a grazia... Beh, diciamo che un mezzo cingolato d'assalto potrebbe forse sfoggiare un portamento assai più corretto! Tuttavia, quando sferra i suoi attacchi, Mila impegna tutte le sue energie al cento per cento; le sue azioni cambiano continuamente, non ha uno stile fisso e prevedibile, ed è questo che la rende sempre più potente ed incontenibile nelle schiacciate!
- Credo di capire...
- Tu sei ancora molto legata allo stile accademico, il modo in cui ti hanno insegnato a giocare la pallavolo scolastica, ma sono il carattere e gli istinti personali a fare di una giocatrice un'autentica fuoriclasse!

***

- E' giusto - pensò Sori, cambiando repentinamente l'angolazione del polso. - Non posso concentrarmi su una tecnica perfetta, come se fossi una ballerina, altrimenti i miei attacchi risulteranno sempre scontati e prevedibili; devo variare il mio gioco... e lo farò a modo mio!

La brillante trovata di Sori, battendo col polso inclinato per imprimere un nuovo effetto alla palla, funzionò meglio del previsto.
Le Orient non capirono nemmeno la direzione del tiro.
La palla schizzò oltre la rete, rapida e sicura come una freccia, curvando improvvisamente dalla sua apparente traiettoria e andando a finire poco prima della linea di fondo.
Le giocatrici e il pubblico erano allibiti.
Persino l'arbitro sentì il fischietto scivolargli di bocca, nel convalidare il punto.

- Formidabile l'azione della Shinoda - urlò la voce del telecronista. - La palla ha assunto infatti un incredibile effetto, ancora un punto per le Seven Fighters che recuperano così lo svantaggio; il punteggio è ora di "7" a "8", sempre in favore dell'Orient, ma la squadra di Mitamura sta guadagnando rapidamente terreno!

Infatti era proprio così.
Trascinate dall'impeto e dalla determinazione di Sori, anche Mila e le altre ebbero modo di sfoderare tutti i loro numeri migliori. Il terzo set era praticamente vinto, Monia e le Orient si ritrovavano completamente spiazzate, e anche nel quarto set Sori continuava ad affinare attacchi sempre più rapidi e decisi.
Colpo su colpo, non c'era verso di anticiparla.
Il gioco di Sori infatti, oltre a cambiare continuamente, seguiva anche una tattica precisa. Poiché l'attacco delle avversarie puntava principalmente sulle schiacciate di Monia, la quale costituiva però un buco abbastanza evidente in difesa ( più o meno come Mila ), Sori non doveva far altro che concentrare i suoi colpi proprio contro la bionda spilungona.
Certo Sori non aveva la stessa potenza di Mila, né tantomeno la sua formidabile elevazione, ma il suo pensiero era lo stesso della compagna: ovvero, vincere ad ogni costo!
Tuttavia Monia e la sua squadra non intendevano certo cedere il podio del campionato nazionale.
A metà del quarto set infatti, pur rimanendo sotto di cinque punti dietro a Mila e compagne, le Orient diedero ugualmente loro filo da torcere. Sori dovette fare ricorso a tutta la sua volontà, pur di difendere il vantaggio, indispensabile per arrivare alla battaglia decisiva del quinto ed ultimo set.

- Non passerai - urlò Sori, contrastando brillantemente a rete uno dei colpi migliori di Monia.

La palla, respinta dalle dita di Sori, ricadde ai piedi di una Monia a dir poco esterrefatta.
Chi era quella ragazza dai corti capelli blu e gli occhi di fuoco?
Possibile che le Seven Fighters avessero un simile asso nella manica, oltre Mila?
Monia non riusciva a credere che quella specie di tigre fosse la stessa Sori Shinoda che aveva visto nelle registrazioni delle partite di campionato.
Sapeva che era una giocatrice forte, e un'ottima schiacciatrice, ma la grinta che ci stava mettendo adesso aveva un che di sovrumano.
Ormai Sori era come divorata dallo spirito guerriero della pallavolo, uno spirito di fuoco e fiamme, e nel suo sguardo si leggeva chiaramente quanto fosse disperatamente intenzionata ad aggiudicare quella vittoria alla sua squadra.
Fino all'ultimo, avrebbe saltato.
Fino all'ultimo, avrebbe murato.
Fino all'ultimo, avrebbe ricevuto e respinto ogni palla al mittente.

- Non posso perdere - continuò a ripetere Sori dentro di sé. - Questa partita è troppo importante per me, per le mie compagne, ma soprattutto per lui...

Le parole che Mitamura le aveva detto, prima di perdere i sensi al momento dell'incidente e poi dopo essersi risvegliato in ospedale, le riecheggiavano in testa come i versi di una canzone: "ti amo", "gioca", "vinci"...
In quel preciso momento, Mitamura era con lei.
Sarebbe sempre rimasto con lei, con la passione e la sincerità di un uomo innamorato, e lei avrebbe continuato per entrambi lungo la via della pallavolo.
Proprio come Mila, da sempre innamorata del suo dolce Shiro, adesso anche Sori sapeva cosa significasse giocare per amore di qualcuno.

- Per te, amore mio - mormorò. - Giocherò, vincerò per te, te l'ho promesso!

E mentre la palla del quarto set-point le veniva alzata, Sori non vide altro che quella.
La palla era il suo unico punto di riferimento.
Il pubblico in fibrillazione, l'adrenalina al massimo, Sori attese il momento buono e segnò il punto che rimetteva le squadre in perfetta parità.
Restava da giocare il quinto set, l'ultimo, quello in cui si decideva tutto.

 

( continua )

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Capitolo 16
*** Sedicesima Parte ***


La conquista del quarto set, da parte delle Seven Fighters, aveva riacceso l'entusiasmo del pubblico.
Dagli spalti si levavano infatti grida di giubilo altissime e gli striscioni blu e rossi venivano sventolati con rinnovato vigore.

- Davvero inaspettato questo recupero - osservò il telecronista. - E' proprio il caso di dire che, almeno in una partita a questi livelli, sono sempre le giocatrici ad avere l'ultima parola!
- Assolutamente - concordò la Tajima. - Le Seven Fighters ci hanno regalato oggi una prestazione a dir poco straordinaria, degna dei vertici nazionali, in particolare la Shinoda che ha dimostrato la tenacia e lo spirito di una vera leonessa!
- E' vero, la Shinoda è stata eccezionale in questi due set, anche se dalle telecamere ci sembra ora piuttosto affaticata...

Purtroppo, per reggere quei ritmi elevati di gioco, Sori aveva effettivamente dato fondo a più di quanto concessole dalla sua umana resistenza. Il respiro era affannoso, i polmoni le sembravano quasi sul punto di scoppiare, eppure doveva ugualmente trovare dentro di sé la forza per sostenere l'ultimo e decisivo set.

- Sono sfinita - gemette. - Ma non posso cedere, non ancora... Resta solamente un set, solo uno, devo farcela ad ogni costo!

Sfortunatamente però, lo sfinimento di Sori non passò inosservato.
Monia colse chiaramente l'espressione dell'avversaria, la quale sembrava ora reggersi in piedi a stento, e subito decise di adottare le opportune contromisure.

- Non ti permetterò di battermi - mormorò la bionda giocatrice. - Ho una sfida aperta con Mila, ma ora è una questione aperta anche con te... Ti restituirò le palle degli ultimi due set, e con gli interessi, ci puoi giurare!

La partita riprese.
Questa volta però, dopo un avvio incerto, le Orient sembravano aver ripreso in mano la situazione. Fin dalle prime battute infatti, approfittando della sua evidente debolezza, Monia prese a tempestare duramente Sori. Ormai quest'ultima non era più in grado di muoversi con la stessa agilità di prima, aveva sostenuto due set estenuanti senza risparmiarsi, e comunque la ricezione non era certo il suo punto di forza.
Per quanto coraggio avesse sinora dimostrato, Monia non intendeva certo trattarla coi guanti.
Sori aveva inteso sfidarla apertamente, murando le sue schiacciate e rendendo vane più della metà delle sue azioni, e ora Monia intendeva vendicarsi nel modo più duro possibile.

- Vediamo se riesci a rialzarti, dopo questa... Hah !!!

Una bordata micidiale, proprio in pieno volto, e Sori si ritrovò letteralmente scaraventata all'indietro.

- Sori - urlò Mila, preoccupata del fatto che non si stesse ancora rialzando.

In effetti quella pallonata, in aggiunta alle condizioni fisiche già molto provate, poteva forse decretare la fine della partita per Sori.
Quante altre volte si era ritrovata completamente senza forze?
Quanto poteva pesarle l'umiliazione di essere costretta ad abbandonare il campo, senza nemmeno reagire?
Nessuno poteva né aveva il diritto di rimproverarle nulla. Lei aveva sputato sangue in questo incontro, guadagnandosi a pieno titolo il rispetto di chiunque fosse lì presente a guardarla, e ciononostante era lei per prima a non sentirsi appagata.
Già un'altra volta, quando Mila le ebbe sfoggiato contro la propria abilità in allenamento, Sori era stata sul punto di cedere.
Anche allora però, fu sempre lo stesso Mitamura a dirle una cosa in grado di scuotere le fondamenta di tutto il suo essere.

- "Se non sai ricevere, te lo insegno io; ma se non sai combattere, quello no, non posso insegnartelo"...

Combattere!
Stringere i denti, anche quando in corpo non rimane più un solo grammo di forza, solo allora è possibile vedere il vero carattere di una persona.
Sori aveva imparato a combattere molto tempo fa, a prezzo di molti sacrifici, e certo non intendeva darsi per vinta proprio adesso.
C'era ben più in gioco, che una semplice partita.
Il corpo le faceva male ovunque, i muscoli sembravano essersi fatti di acqua, tuttavia Sori si costrinse ugualmente ad aprire gli occhi e a rimettersi in piedi.

- Non... Non credere di avermi battuta - mormorò Sori, rivolgendo a Monia un'occhiata talmente minacciosa da farla quasi rabbrividire. - Non ci sperare nemmeno... Hai capito ?!?

Monia rimase a bocca aperta per lo stupore.
Non solo Sori era riuscita a rialzarsi, dopo aver incassato una serie di pallonate sufficienti a tramortire un cinghiale, ma aveva ancora voglia di combattere.
Evidentemente l'asso delle Orient non aveva ancora capito quanto fosse motivata la ragazza che aveva di fronte.
Sori stava mettendo in gioco tutta sé stessa in quella partita, sfoderando energie che lei stessa ignorava persino di possedere, e fino all'ultimo sarebbe andata avanti.
La stanchezza era evidente, così come lo spasmo dei suoi muscoli indolenziti, ma la fiamma nello sguardo ardeva ancor più vivida di prima.

- Provaci ancora, Monia - esclamò Sori, sfidandola apertamente. - Ti dimostrerò che le tue schiacciate non mi spaventano, ho promesso di batterti... e ti batterò!

 

( continua )

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Capitolo 17
*** Diciassettesima Parte ***


Monia era disorientata.
Confusa.
Non riusciva a credere che una persona fatta di carne e sangue potesse avere una simile resistenza.

- Quella... Quella ragazza non è umana - mormorò con un filo di voce. - Come può essere ancora in piedi, dopo le schiacciate che le ho tirato? E' assurdo!

In realtà Sori stava solo bluffando spudoratamente, meglio di un'attrice consumata, ma anche così il tono della sua voce sembrava aver ottenuto l'effetto desiderato. Ora che la sicurezza di Monia cominciava a vacillare infatti, pure reggendosi in piedi a malapena, Sori capì che doveva portare avanti la sceneggiata in modo più che convincente.
Non poteva più insistere con l'attacco, oppure Monia avrebbe capito il suo gioco, e anche con la difesa rischiava di rivelare in modo fin troppo chiaro il suo cedimento.
L'unica speranza era di orchestrare un vero e proprio "teatrino", con l'aiuto delle compagne, gettando specchietti per le allodole il più a lungo possibile. Approfittando del time-out richiesto dal signor Sashita, Sori mise appunto le altre a parte del suo piano.
Sia Yama che Oki annuirono prontamente, augurandosi che il piano di Sori reggesse il più a lungo possibile, tuttavia Mila temeva seriamente che la compagna potesse crollare sfinita da un momento all'altro.

- Sori, per l'amor del cielo - disse. - Rischi ben più di un mancamento, se insisti di questo passo, forse dovresti...
- So quello che faccio, Mila, non preoccuparti - provò a tranquillizzarla Sori. - Non posso attaccare di potenza ma, se fingo di schiacciare, tu e Oki potete aggirare il muro di Monia... almeno finché lei non si renderà conto del trucco!
- E per la difesa?
- Giocheremo la nostra parte anche lì: in questo momento, Monia crede che io sia in grado di riprendere le sue schiacciate; difatti troverà me sulla linea di tiro ma, una volta smorzata la palla, sarà Yama a completare correttamente il recupero; a quel punto, dunque, toccherà a te chiudere l'azione!
- Ma...
- Fidati di me, Mila, okay?

Mila annuì debolmente.
Sori era senza dubbio coraggiosa, nel voler fare da "esca" per Monia, in quelle condizioni. Purtroppo la loro avversaria non era una stupida e, dopo una o due azioni, non ci avrebbe messo molto a smascherare Sori e il suo sotterfugio per guadagnare gli ultimi punti.
Lo stratagemma funzionò, almeno per un pò: Monia continuava a schiacciare su Sori ma, sconvolta ed impressionata dallo spirito combattivo dell'altra, le sue schiacciate stavano perdendo potenza; limitando al minimo le sue ricezioni, Sori riusciva dunque a smorzare e ad allungare verso una compagna; qui lo schema proseguiva e, sull'alzata di Yama, Mila poteva dare libero sfogo ai suoi attacchi più micidiali.

- Mila!
- ATTACK !!!

Azione dopo azione, il vantaggio per le Seven Fighters cresceva vistosamente.
Purtroppo però, come era prevedibile del resto, Monia si accorse ben presto di essere stata presa in giro.
Una volta compreso che Sori stava semplicemente "fingendo" di ricevere a bella posta, e per il semplice fatto che non aveva più né la forza né il fiato, si arrabbiò moltissimo.

- Così, eh - esclamò, digrignando i denti. - Ti pentirai di avermi fatto fare la figura della stupida!

L'attacco furioso di Monia colse le avversarie del tutto impreparate.
Una volta capito il trucco, e recuperato di conseguenza il proprio autocontrollo, Monia riprese a schiacciare delle bordate ultraveloci.
La povera Sori vide sfumare così la sua ultima possibilità.
Ormai non sapeva più che cosa inventare, troppo stanca persino per pensare, tuttavia non poteva arrendersi proprio adesso.

- Mancano tre punti - osservò ansimante. - Solo tre punti... Non possiamo mollare ora, no... Che cosa posso fare?

La partita era ad un momento critico.
Da una parte, Monia e le sue schiacciate sempre più cariche di rabbia; dall'altra Mila che, avvertendo su di sé il peso di tutti e cinque i set, stava perdendo potenza sia nel salto che nell'attacco.
In che modo potevano segnare altri tre punti, con entrambe le attaccanti sfiancate?
Sori si spremette le meningi, nel tentativo di trovare un'altra soluzione, ciononostante non le veniva in mente alcuna idea valida.
Malgrado l'offensiva debilitata, le Seven Fighters riuscirono a mettere a segno altri due punti, ottenendo così il primo Match-Ball. Il punto era che, almeno allo stato attuale, nessuna delle giocatrici pareva avere la forza di chiudere l'incontro.
Le Orient ribatterono il servizio delle avversarie senza troppa difficoltà, rischiando per ben due volte di ottenere il cambio-palla decisivo, e fu così che Sori si vide sfrecciare davanti il bolide assassino di Monia.
Che fare?
Lasciar passare un pallone ormai perso, cercando di recuperarlo con l'azione successiva... o piuttosto, sforzarsi di recuperare la sfera, seppur con un gesto disperato, e chiudere finalmente il conto?

- Signore, ti prego, dammi la forza di riprendere questa palla... Solo questa, non chiedo altro!

Sebbene allo stremo delle forze, Sori si lanciò lo stesso in un recupero considerato impossibile persino in condizioni normali.
Gli occhi fissi sulla palla.
Il cuore che le batteva all'impazzata.
Per un attimo, Sori credette di crollare svenuta in mezzo al campo, tanto stentava a rendersi conto di ciò che stava accadendo realmente.
Il braccio le si era fatto di piombo.
La vista era appannata.
Stava inseguendo una palla, senza sapere effettivamente "come" riuscire a prenderla.
Era il momento della verità!
Vincere o perdere?
Se avesse mancato quest'occasione, stanca e duramente provata com'era, non ne avrebbe avute certamente altre.
Con la forza della disperazione, Sori si tuffò e il polso cercò istintivamente ciò che i suoi occhi non distinguevano più con chiarezza.
Aveva una sola possibilità di farcela, un unico tentativo, e dentro di sé pregò il cuore di Mitamura di assisterla durante quest'ultima azione.

- Devo farcela... Devo!

Guidata solo dall'istinto, Sori avvertì quel duro impatto a lei familiare.
Il suo polso aveva incontrato la palla ma, per rimandarla correttamente all'alzatrice, Sori sentì le ossa del braccio scricchiolare per lo sforzo.
La palla volò alta verso il centro del campo, poi prontamente alzata da Yama, allorché fu Mila a chiudere l'incontro in modo definitivo.

- Sori si è quasi ammazzata, per recuperare questa palla - pensò Mila, spiccando in aria con tutte le forze rimastele. - Non posso sprecarla, devo chiudere il conto adesso... ATTACK !!!

E dopo aver superato con forza Monia e il suo muro singolo, la palla scagliata da Mila si tramutò in un bolide che le Orient non ebbero assolutamente modo di trattenere o respingere.
L'arbitro fischiò.
La partita era finita.
Con quell'ultima prodezza, Mila era riuscita a regalare ancora una volta la vittoria alla propria squadra. Grande era l'entusiasmo delle Seven Fighters che, anche se sfinite, avevano ben più di un motivo per festeggiare: la conquista del campionato nazionale, il ritorno di Sori in prima squadra, e ovviamente la miracolosa guarigione del Mister...

- E' finita, amici ascoltatori - strillò il telecronista al microfono. - La Hazuki segna il punto-partita e le Seven Fighters si aggiudicano l'incontro!
- Complimenti, Mila - fece Sori, unendosi all'abbraccio di gruppo.
- E' tutto merito tuo, Sori - riconobbe l'altra in preda all'euforìa. - Non ce l'avremmo mai fatta, senza di te!

Entrambe risero di gioia.
Non era soltanto la vittoria ottenuta, quanto il pensiero e la consapevolezza che il Mister avrebbe ben presto lasciato l'ospedale.
Persino Monia, malgrado la sconfitta difficile da mandar giù, non poteva che congratularsi con le avversarie e rallegrarsi con loro delle condizioni di Mitamura.

- Ottima partita - esclamò, tendendo sportivamente la propria mano sia a Mila che a Sori. - Spero che il vostro allenatore si rimetta presto!

Sori e Mila annuirono, ringraziando Monia con calore e stima reciproca, ed entrambe non vedevano l'ora di riabbracciare il Mister per condividere con lui la felicità del momento. 

 

( continua )

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Capitolo 18
*** Diciottesima Parte ***


Dopo essere uscito dal coma, Dani Mitamura impiegò circa due settimane, prima di essere completamente dimesso dall'ospedale.
Durante questo tempo, Mila e le altre non mancarono di andarlo a trovare regolarmente ogni giorno. L'unica che evitava accuratamente di incontrarlo, per paura di non riuscire a contenere la propria emozione, era Sori.
Se si fosse reso noto di una relazione, tra il Mister di una squadra femminile e una sua giocatrice, Mitamura sarebbe stato certamente licenziato. Oltretutto, tenendo conto che i giornalisti erano sempre alla ricerca di nuovi scandali, vi era anche il rischio che le malelingue lo accusassero di sconcezze ed abusi ben lontani dalla realtà della sua irreprensibile morale.
Sori non voleva più arrecargli alcun danno.
Mitamura aveva già rischiato la vita per lei, uscendo da un coma gravissimo per puro miracolo, perciò non riteneva giusto farlo soffrire ancora a causa sua.
In fondo le bastava averlo vicino.
Sapere che avrebbe continuato a vederlo ogni giorno, e che lui ricambiava tacitamente il suo amore, era più che sufficiente.
Il giorno che Mitamura fece ritorno pienamente ristabilito alla sede delle Seven Fighters, le ragazze gli fecero trovare enormi scritte di BENTORNATO e addobbarono la palestra con lunghi festoni e palloncini colorati.
Mitamura fu orgoglioso di ricevere la coppa del campionato nazionale dalle mani di Sashita, così come si congratulò fieramente di ognuna delle sue ragazze.
Tuttavia Sori non aveva neppure il coraggio di guardarlo in faccia.
Mitamura comprese perfettamente, allorché decise che era arrivato il momento di chiarire le proprie intenzioni con lei.

- Sashita, per favore, fa riunire tutte in palestra e di' loro di aspettarmi qualche minuto; prima del mio discorso, c'è una cosa molto importante che devo fare!

Sashita obbedì.
Sori fece per seguire Mila e le altre ma, proprio in quel momento, la mano di Mitamura la trattenne dolcemente per il polso.

- Sori, io e te dobbiamo parlare - sottolineò.

La ragazza aveva una gran paura tuttavia, non potendo certo rifiutarsi di ascoltarlo, si limitò ad annuire con un lieve cenno del capo. Lei e Mitamura si ritrovarono dunque soli, una di fronte all'altro, alle prese con una questione molto delicata da risolvere.

- Era da tanto tempo che non... Sì, insomma, che non mi ritrovavo a parlare di certe questioni... E ti confesso che mi sento in imbarazzo, proprio come un ragazzino!
- Mister, sono mortificata, davvero io...
- Sori, ti prego - sorrise Mitamura, cingendola teneramente per le spalle. - In questo momento non ti sto parlando da allenatore, non c'è bisogno che mi chiami "Mister"; puoi tranquillamente chiamarmi con il mio nome, sempre che non ti dispiaccia!
- Oh no - si affrettò subito a dire lei. - No, affatto!
- Ne sono felice!

Mitamura trasse un profondo respiro, prima di proseguire.
L'ultima ragazza che aveva avuto, più o meno ai tempi del liceo, se n'era andata perché non sopportava di doverlo "dividere" con uno sport. Da allora, Mitamura non aveva neppure considerato la possibilità di allacciare una nuova relazione sentimentale... Né tantomeno di scopirsi un giorno così tanto innamorato di una persona.
Ciò che stava per dire, per lui, aveva in effetti un enorme peso.
Era un uomo giovane ed attraente, molto giovane in effetti, ma abbastanza maturo da assumersi le responsabilità di un sentimento importante come l'amore.

- Quando ci siamo baciati - ammise. - Il mio primo pensiero è stata la paura, la paura di poterti fare del male intendo, per questo non sono riuscito a dirti subito quanto importante sia stato per me quel momento... L'ho capito solo dopo, e devo chiederti scusa!
- Oh no, non deve... non devi scusarti...
- Sori - Mitamura si fece d'un tratto più serio in volto. - Quello che sto cercando di dirti, ammesso di avere ancora il diritto di farlo, è che sarei onorato di ricambiare il tuo amore se... sempre che tu lo desideri ancora!

Sori non poteva credere alle sue orecchie.
Era tutto vero, non stava sognando, Mitamura le stava davvero dicendo di essere innamorato di lei.

- Oh, Dani - rispose Sori, sussurrando il nome dell'altro per la prima volta. - Non potrei essere più felice, neppure se lo volessi...
- Beh, in questo caso, consentimi almeno di fare le cose come si deve!

Ciò detto, Mitamura estrasse dalla tasca un piccolo oggetto rotondo luccicante e, sollevandole la mano con dolcezza, lo infilò piano al dito della fanciulla sbalordita.

- Non... Non posso garantire per la misura - si scusò lui, arrossendo vistosamente. - Ma è solo provvisorio, una cosa simbolica, ovviamente potremo cambiarlo con quello che vuoi e...
- E' perfetto - fece Sori commossa, malgrado il semplice anello di Mitamura fosse un po' troppo largo per le sue dita sottili.

Come l'ebbe coperto con la mano, Sori promise di custodirlo gelosamente come il suo più grande tesoro.
Quell'anello era il simbolo dell'amore di Mitamura, un amore puro e sincero, e non lo avrebbe certo cambiato con un altro per nulla al mondo.

- Non potrei mai dire di amarti, se ciò non fosse vero, credimi - sussurrò Mitamura, stringendola dolcemente tra le braccia. - Quest'anello è la prova di quanto dico: Ti amo, Sori, e continuerò ad amarti per sempre!

Sori avrebbe voluto rispondere, dire quanto lei stessa lo amasse, ma il suo corpo si era ormai abbandonato nella piacevole sensazione di calore del bacio di Mitamura.
Un bacio lungo, questa volta.
Il segno tangibile di una meravigliosa favola moderna, una favola divenuta finalmente realtà, e non c'era niente da aggiungere di fronte ad un amore così evidente.
Tra le sue braccia, Sori sentiva di rinascere.
Nelle sue labbra, poteva addirittura perdersi in un oceano vastissimo di emozioni.
La prova dell'amore di Mitamura per lei non risiedeva solo nell'anello, bensì nella passione ardente dei loro cuori che battevano all'unisono, uno sul petto dell'altro e viceversa.
Avrebbero dovuto tenere questo dolce segreto per loro, almeno finché il tempo non avesse più causato alcuno scandalo sull'amore che provavano uno per l'altra; e tuttavia non era certo un peso, se condiviso da entrambi appunto.
L'amore può essere visto in molti modi.
Può essere detto o sussurrato.
Può essere inteso o anche solo immaginato.
Ma quando è puro e sincero, noto solo ai diretti interessati, è lì che trova la vera ragione per esistere.

FINE

Angolo Autore:
E finalmente posso concludere anche questa storia.
Ringrazio l'entusiasmo di Roylove, che ha manifestato così tanto interesse nei suoi commenti, ma ovviamente saluto anche iaele santin e Kuchiki_Byakuya che pure hanno commentato positivamente questo What If molto ma molto "what"...
^__^ Che dire?
Grazie a tutti/e e, come sempre, alla prossima fanfiction!

DADO

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Capitolo 19
*** Appendice comica ***


-Sigh, sigh... BUAAAHHH, perché è già finita? Non è giustooo!

Il povero Sashita, per quanto burbero e severo in allenamento, era in realtà un inguaribile sentimentalone. Stringendo a sé il PC, quasi rischiando di stritolarlo, si lasciò andare infatti ad una struggente crisi isterica.

- Maledetto - urlò. - Sei un maledetto, telesette, uno sporco e insensibile farabutto bastardooo! Perché l'hai già finita? Come ti sei permesso di finirla così, senza neppure un briciolo in più di approfondimento? Sigh, sob... E io che stavo pure pensando di ordinare i confetti e le bomboniere... Non potrò mai perdonarti, per averla conclusa così, mi hai sentito? NON TI PERDONERO' MAAAI !!!

E sulle lacrime di commozione e risentimento di Sashita, assieme a tutte coloro che nella mail son solite rinfacciarmi di NON avere cura delle mie storie, telesette vi saluta ancora e vi rimanda affettuosamente alla prossima storia...
Perché ci sarà una prossima storia, e anche più d'una, non dubitate!

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