I segreti dell'amore

di Tadako
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Jake ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


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PROLOGO

 
Passi lenti ma costanti rimbombavano nel consistente buio della notte.
Una bassa ragazza dai capelli biondi si stringeva timorosa nel cappotto nero, gli occhi azzurro cielo che girovagavano alla ricerca del più piccolo rumore. il viso contratto dal freddo.
Ad Alice non era mai piaciuta quella strada, stretta e senza il minimo alito di luce artificiale, se non quella fioca di piccole finestre coperte da tendine troppo sottili. Una delle tante vie di quel dimenticato paesino senza nome, conosciuto solo per il suo alto grado di criminalità. Ogni volta che doveva attraversarla un brivido le percorreva la schiena, rendendola inquieta. Di farsi accompagnare dai sui non se ne parlava: che figura avrebbe fatto una donna di diciassette anni compiuti arrivando ad una festa con l’auto della mamma?
Ogni sera malediceva quella stupida casa ai confini del mondo in cui viveva,  immaginandosi il giorno in cui finalmente avrebbe ottenuto una patente tutta sua.
-Giro a sinistra, percorro via del Toro e alla prima curva a destra sono arrivata.- bisbigliò a se stessa per rassicurarsi. Sapeva bene che, una volta compiuto quel piccolo tragitto, quella sensazione di malessere sarebbe svanita e al suo posto l’avrebbe rimpiazzata una divertente serata di alcolici e amici. Come ogni volta.
L’angolo fu voltato, ma al posto della solita via vuota un gruppo di ombre si erano mostrate nel suo raggio visivo.
Alice si bloccò di scatto, Il corpo completamente immobile non si azzardava a rilasciare un solo respiro.
Uomini, bottiglie di birra, odore di alcol.
Il cuore cominciò a batterle impazzito, il cervello le ordinava di correre via il prima possibile, ma le gambe non rispondevano, paralizzate.
Nessun pensiero le attraversò la mente, eccetto la disperata richiesta di un tacito bisogno di aiuto.
Una banda di ubriaconi, quattro per l’esattezza. I volti brilli e sorridenti, le vesti sudate e sporche.
Prese coraggio, con uno scatto fulmineo si girò di schiena intenta a scappare.
Un paio di occhi neri, un sorriso brillo, una sudata mano che le toccò il giubbotto. Uno di loro l’aveva preceduta, sbucando dall’altro lato dell’incrocio.
Ora era di fronte a lei, intenzionato a tutto fuorché lasciarla passare.
-Dove credi di andare…- biascicò rauco. Neanche il tempo di reagire che il resto del gruppo gli aveva raggiunti.
Quell’odore così forte la stordiva, rendendola ancora più terrorizzata.
Cominciò il brusio di parole roche e confuse, come una lugubre cantilena che annunciava qualcosa di terribile.
-Stai qua con noi, divertiamoci-
-Perché non giochiamo un po’ insieme-
-avrai caldo sotto quel cappotto così pesante-
Tutte immerse in strozzate e graffiate risate.
Poi cominciarono a toccarla, grandi mani si inoltrarono lungo tutto il suo corpo.
Alice sobbalzò quando sentì uno di quei tocchi sporgersi troppo vicino alla parte interna della cosca. I corpi troppo vicini le rendevano difficile qualsiasi movimento.
Tentò di divincolarsi. Prima piano e cauta, poi sempre più disperata.
I polsi le vennero bloccati. Come le cosce una volta caduta a terra.
Le lacrime cominciarono a rigarle il viso, le urla si fecero più forti.
“no”, “lasciatemi”, “ basta”. Parole spezzate dal pianto che cantilenava in preda al panico, mentre le mille mani nere strappavano bottoni e tessuti.
Venne l’angoscia, il dolore, l’agghiacciante urlo che chiedeva disperatamente aiuto.
L’ultima cosa che vide fu un pesante tubo di metallo.
 Un rumore sordo, un dolore improvviso, poi un tonfo, e il buio che avvolgeva tutto.
Il cuore rallentò i battiti, fino a fermarsi calmo. I muscoli contratti si ammorbidirono, adagiandosi al suolo. Lo scottante rivolo di lacrime smise di scendere, lasciando dietro di sé solo una striscia bagnata.
Tutto era calmo, tutto era nero.
 
Fu come entrare in un sogno. Alice si ritrovò circondata dal nulla più totale, senza sapere dov’era e come ci era finita. provò ad urlare, ma il silenzio continuava ostinato a troneggiare sul luogo.
Presa da un’azione istintiva cominciò a camminare. Girava senza meta alla ricerca dell'ignoto, senza sapere dove o quando l avrebbe trovato.
In quel tragitto non aveva corpo, non aveva pensieri... Paura, angoscia, timore, freddo, dolore. Tutti svaniti. Le era rimasto soltanto un forte istinto di andare avanti.
In quel luogo non c'era giorno né notte, il tempo non esisteva. Potevano esser passati pochi minuti come anni.
Presto anche i ricordi cominciarono a venir meno. I visi dei suoi amici, genitori, parenti divennero sempre più sfocati, sino a scomparire del tutto. Dimenticò la sua casa, la sua infanzia, la sua vita. Fino a non ricordare più neanche il suo nome.
Divenne un anima senza vita. Uno spirito vagante completamente vuoto dentro.
Poi venne la luce. Dapprima debole e appena percettibile, poi sempre più forte, sino a diventare quasi accecante.
Quel colore così forte e bianco la spaventava, invogliandola a tornare indietro. Le pareti prima inesistenti si avvicinarono sempre più, fino ad avvolgerla del tutto. Improvvisamente sentì un incontrollabile bisogno di respirare, senza riuscire a trovare ossigeno. La platina che ora la avvolgeva era ricoperta da un liquido trasparente, di cui era bagnata anche la bocca.
La luce si avvicinava insistente, catturandola con i suoi freddi raggi e portandola fuori da quello che era diventato uno stretto tubo.
Un forte brusio, accompagnato da vari tipi di odori e quel bagliore insistente la colsero completamente impreparata, spaventandola.
Dove prima il vuoto era stato padrone, ora una gran quantità di emozioni avevano preso il sopravvento.
Le lacrime cominciarono a bagnarle quel nuovo viso che ora la conteneva.
Pianse. Di un pianto disperato e infantile, di cui neanche ricordava l’esistenza.
Poi dolci battiti di un cuore, calde braccia che l’avvolgevano, un dolce profumo di vaniglia.
Un uomo dal camice bianco annotò una data su una cartellina, il volto tranquillo e inespressivo.
 
27 dicembre 1827-ore 11.06
Accogliamo con noi la piccola Zoey Ross.
 
Spazio Dell'autore ღ
Sono tremendamente emozionata... questa è la mia prima storia originale e non so se riusirò a continuarla senza renderla una schifezza...
della trama sono piuttosto soddisfatta, mi è venuta una sera quando non riuscivo a dormire e me la sono annotata sul diario. La mattina dopo mi sono svegliata è ho scritto questo prologo xD
un pò triste come inizio, insomma cominciare una storia romantica con uno stupro non è esattamente il metodo più indicato... ma doveva pur morire in qualche modo!
Va bhe... sappiate comunque che i prossimi capitolo saranno un pò più allegri.
Per chi non l'avesse capito, la seconda parte è una spiegazione di ciò che succede dopo la morte, fino ad arrivare alla rinascita nel secondo mondo.
La ragazza prima si chiamava Alice, ed era bassina e bionda. Ora invece avrà i capelli di un rosso acceso e la corporatura molto più sviluppata. Anche il nome cambierà in in Zoey ^-^
Grazie a chi ha avuto la pazienza di leggere questo capitolo, se avere voglia lasciatemi una recensione per farmi sapere che ne pensate! :)
a presto!
 
TK:3

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Capitolo 2
*** Jake ***


Capitolo 1.  Jake

La luce del sole si rispecchiava debole sull’acqua cristallina di una piccola fontanella, illuminando le piccole  casette e le strade asfaltate che circondavano la cittadina di Trito.
Una normalissima mattinata autunnale tipica di quella zona. L’aria era fredda e gli alberi spogli, i giardini ricoperti da un colorito mantello di foglie che svolazzavano di tanto in tanto per via del vento.
Uno dei momenti più silenziosi della giornata, in cui tutti restavano accoccolati accanto alle rispettive famiglie nelle loro confortevoli case.
L’unico rumore era quello di passi, passi lenti e stanchi, e di un sassolino che rotolava chiassosamente sull’asfalto.
-Cosa strana la vita…- pensò un ragazzo dai capelli color pece. Gli occhi azzurri fissavano senza interesse la pietra che aveva appena calciato.
-Perché esistere, se tanto poi dovremmo andarcene tutti. Insomma, a cosa è servito faticare e lavorare se  ogni minima conquista sfuma come mai esistita.- un altro calcio, provocato dalle sue scarpe da ginnastica blu, fece riprendere a ruzzolare il piccolo oggetto.
-E perché dover poi rifare tutto da capo. È così… inutile.-
Jake era così, ogni tanto si perdeva in sé stesso, cominciando a farsi le domande più complicate che gli passavano nei meandri di quel suo contorto cervello. Da quando sua madre era mancata, quelle passeggiate mattutine erano l’unica cosa che lo rilassavano.
La strada era silenziosa, senza emozioni. Nessuno sguardo compassionevole, stupidi discorsi di pura formalità, o ancora voci silenziose che strisciavano vili tra le orecchie dei passanti.
No, nella strada nessuno ti guardava o diceva niente, a far compagnia c’era solo l’ostinato silenzio del vento.
-Chissà se esiste veramente… un Dio.-
Chiuse gli occhi, concedendosi un profondo sospiro.
L’aria che uscì dalla sua bocca condensò in una piccola nuvoletta bianca, che si dissolse subito dopo.
La mente cominciò a concentrarsi sul cielo, uniforme e grigio. Sarebbe stato bello dissolversi assieme a quella nuvola, diventando tutt'uno col vento. Scappare, uscire da quella gabbia di mondo ed essere finalmente liberi.
Per un attimo chiuse gli occhi, immaginandosi mentre pian piano si smembrava in piccole particelle invisibili. 
Un potente urlo lo distolse dai suoi pensieri, facendolo lievemente sobbalzare. 
Dopo aver riaperto le palpebre, si guardò intorno in cerca della fonte del rumore.
Una casetta come le altre, piccola e di color ambrato. Un'abitazione che si confondeva facilmente col gruppo, non fosse per quelle grida disumane che ogni tanto si diffondevano nell'aria... ma lui sapeva bene chi c'era ad abitare quel posto, e al solo pensiero di chi avesse probabilmente provocato le grida, una risata gli scappò dalle labbra. 

 
-Brutto moccioso, vieni subito qui!- urlò la voce di un'infuriata diciassettenne dai capelli
spettinati. le ciocche rosse ricadevano disordinate sulle spalle, bagnate.
Il fisico magro e di statura media era coperto solo da un lungo asciugamano bianco, che minacciava di cadere ad ogni più piccolo movimento. I piedi nudi, camminavano a passo veloce incuranti delle impronte bagnate che lasciavano sul liscio pavimento marrone.
Alla fine del corridoio, un bimbo di appena otto anni sorrideva maligno, in mano una piastra per capelli.
-Nicolas! Se non ti fermi adesso, per te è finita!- continuò a minacciarlo, ma il ragazzino la guardava divertito. Lanciò un ultimo sguardo con i suoi luminosi occhi verdi alla sorella, prima di ricominciare a scappare in giro per la casa.  I capelli color miele erano sparati verso l’alto, tutti sporchi e sudati. In teoria se li sarebbe dovuti lavare il giorno stesso, levando via quel meraviglioso odore d’erba che tanto amava.
“Quanto tua sorella finisce di lavarsi, tocca a te.” gli aveva imposto la madre, era stato in quel momento che gli venne in mente la geniale idea di rubare la piastra alla ragazza. In questo modo lei non sarebbe mai potuta uscire dal bagno, e di conseguenza lui non ci sarebbe mai dovuto entrare.
Un piano perfetto che si rovinò nel momento in cui quest’ultima sbucò dalla porta di quella terribile stanza, ignorando di essere praticamente nuda. Ora quella sua corsa non era altro che una fuga di sopravvivenza.
Scese a passo di record le scale, svantaggiato dalle lunghe gambe della sua avversaria. Si guardò intorno,  alla ricerca di un buon nascondiglio.
Esaminò una ad una le stanze, senza trovare quella più adatta al suo scopo. Gli rimaneva solo una possibilità per salvarsi, era rischioso ma doveva almeno tentare.
Si avvicinò ad un portone rossiccio, munito di serratura e fortificato dalla cerniera in metallo.
Prima di aprirla sbirciò dallo spioncino per controllare la situazione esterna. Se per qualche sfortunato caso del destino sua madre l’avesse beccato ad uscire da solo, per lui sarebbe giunta veramente la fine…
Nessuno nei paraggi,  poteva uscire. spalancò la porta, pronto a fuggire sul retro dell’abitazione, quando un acutissimo urlo lo scosse fino alla punta dei capelli.
Girò la testa il tempo necessario per scorgere il volto infuriato della rossa, ormai a un passo da lui.
Il viso della giovane aveva assunto un colorito simile a quello dei capelli. Suo fratello era sempre stato un terribile mostriciattolo fastidioso, ma quella volta aveva proprio esagerato.
-Nessuno tocca la mia piastra!- disse una volta incontrato lo sguardo del bimbo. Era sorprendente la somiglianza degli occhi dei due ragazzi.
Mantenendo lo sguardo sulla sua preda, avanzò a passo svelto, senza notare gli oggetti che circondavano i suoi piedi.
Un passo falso e lo skateboard che quel nano –come lo chiamava lei- aveva dimenticato vicino alla porta la fece letteralmente volare in avanti, incontrando il minuto corpicino del ragazzo e travolgendolo.
La caduta non fu delle più piacevoli, atterrando sul prato freddo e umido della loro proprietà.
Foglie, fango, asciugamano, e un paio di occhietti colpevoli.
-Giorno!- disse una voce maschile.
La figura osservava divertita, mentre Zoey era occupata a strozzare il fratellino e sbatterlo contro il terreno nello stesso momento.
-Ci sono modi più veloci di uccidere un bambino… comunque bello l’abito, un po’ scollato forse.-
 continuò la voce, questa volta riuscendo ad attrarre l’attenzione dei ragazzi.
Con un balzo la giovane si alzò in piedi, trascinando con sé anche il fratellino.
-Jake! Non è il momento…-
Il ragazzo, non riuscendo più a trattenersi, scoppiò in una fragorosa e genuina risata.
-Scusa è che… sei troppo buffa!-
Il bimbo colse l’occasione per sciogliersi lentamente dalla presa della sorella e scappare al sicuro tra le mura della casa.
-Bell’amico che sei- uno starnuto le sfuggì dalla bocca.
Jake con un abile movimento si sfilò la giacca, poggiandogliela sulle spalle.
-Cos’è questa improvvisa voglia di prendersi un raffreddore?-
Zoey sbuffò, assumendo un’espressione imbronciata. Le mani afferrarono i bordi dell’indumento, tirandogli verso il proprio petto per coprirsi il più possibile dal freddo. Il ragazzo si sorprese a lasciar cadere l’occhio sul suo prosperoso seno, ora schiacciato e coperto solo da quel sottile panno bianco.
-Che ti prende?- chiese ingenuamente Zoey, osservando le guance del suo amico che pian piano si tingevano di un colore tendente sempre più al rosso.
-Niente, è che…-
-Sei preoccupato per Anna?-
Jake abbassò la testa, pensieroso. Per un attimo era riuscito a dimenticarsi dell’imminente disastro che entro quella sera si sarebbe dovuto compiere. Anna era sua sorella maggiore, bassa e dai capelli corti e neri. La vedeva di rado, soprattutto perché cercava di stare il più possibile lontano da casa sua.
“Come biasimarla” pensava il ragazzo ogni volta che la mente gli riportava la sua immagine.
Ma quello era un momento speciale, il giorno dei diciotto anni era forse quello più importante di tutto l’arco della seconda vita. C’era chi ne era spaventato, chi non vedeva l’ora di arrivarci, e chi invece non ci pensava neanche.
 
 
-Perché si segna l’ora esatta della nascita, mamma?­- chiese un bimbo di appena cinque anni aprendo un paio di grandi occhi azzurri.
-Perché è la data più importante di tutte. Essa indica l’inizio del restauro e contemporaneamente la fine, quando tutto avrà un senso.- una donna castana, piuttosto giovane, accarezzava la testa del figlio sorridendogli. Il viso un po’ tirato per lo stressante turno di lavoro non accennava a far sparire il meraviglioso sorriso che le occupava il viso. Lei seduta sulla sedia, le gambe incrociate; lui sdraiato a pancia in giù sul tavolo, mentre agitava curioso le gambe e teneva alto il viso aiutato dai gomiti.
-Cosa significa “restauro”-
- È il tempo che usa la mente per caricare tutti i ricordi, persi durante il passaggio.-
-Ma… perché proprio quell’esatto tempo.-
-Ci sono molte teorie su questo. Io penso che sia così e basta, perché è il tempo perfetto. Abbastanza lungo da vivere una fascia di età come bambini e abbastanza corto per non perdersi un mondo adulto di conoscenza e saggezza.-
-Mamma, usi parole troppo complicate…-

 
 
Un altro starnuto della ragazza lo distolse dai suoi pensieri.
 -devi stare tranquillo, vedrai che andrà tutto bene.-
Jake mostrò un sorrisetto sforzato, tentando di mascherare la preoccupazione.
-Entriamo dentro, prima di assumere le sembianze di un ghiacciolo…- rispose infine, avvicinandosi in modo da cingerle le spalle e cominciando ad incamminarsi verso la porta.
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Spazio Dell'autore ღ
Salve! eccomi qui con il primo capitolo... 
volevo una trama piuttosto originale, ma non troppo... anche se non credo di essere proprio riuscita nell'intento... 
Per il fratellino ho preso spunto da una mia amica, prendendo nome e nomignolo. 
Per Jake invece mi sono ispitata alla foto qui sopra... ma non è troppo dolce?? *-* 
e qui l'originalitè se ne è andata a farsi benedire... solito tipo occhi azzurri capelli neri con un passato triste e un fututro che non preannuncia grandi svolte...
lo so, lo so... mi dispiace ma un tipo così mi serve proprio nella mia storia xD insomma, ve lo immaginate da bambino?? <3
spero che il capitolo vi sia piaciuto e di non essere stata troppo precipitosa con in susseguirsi degli eventi.
se avete voglia lasciatemi una recensione! :)
a presto
TK:3

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