Mare, custode dei ricordi. di giu91 (/viewuser.php?uid=29410)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il sapore del mare ***
Capitolo 2: *** Ossessione. ***
Capitolo 3: *** Mai più! ***
Capitolo 4: *** .:|Oltre l’apparenza|:. ***
Capitolo 5: *** _.:[filo rosso]:._ ***
Capitolo 6: *** Quello che desidera il cuore ***
Capitolo 1 *** Il sapore del mare ***
˜IL SAPORE DEL
MARE˜
Il mare
è salato.
Affermazione piuttosto
ovvia e certezza assoluta di tutti i marinai, potreste chiedere a
ognuno di loro qual è il sapore del mare e otterreste sempre
la stessa risposta: il mare è salato!
Se aveste fatto questa
domanda a un giovane marinaio di nome Davy Jones appena qualche mese fa
non avrebbe certo esitato a rispondere, ma da qualche tempo tutte le
sue convinzioni stavano svanendo.
Da quando aveva
conosciuto quella donna…no, un momento forse donna non
è proprio il termine adatto.
Certo
l’aspetto è di una giovane donna ma chiunque sia
dotato di un minimo di sesto senso avvertirebbe brividi gelati lungo la
schiena al solo incrociare il suo sguardo.
E lui aveva fatto ben
più che incrociarne gli occhi…
…dopo
il loro primo incontro non l’aveva più vista per
molti mesi, l’aveva cercata ma sembrava che fosse scomparsa
insieme all’alta marea.
Fu lei a rifarsi viva
e con una proposta, “Servimi” non era un ordine ma
il tono con cui lo disse lo avrebbe convinto anche buttarsi dal pennone
di una nave.
“Servimi”
ripete avvicinandosi lentamente con passo ipnotico “Avrai una
nave, una ciurma, sarai capitano e potrai solcare tutte le acque di
questo mondo e non solo di questo...”.
Ormai era
così vicina che poteva vedere negli abissi dei suoi occhi,
abissi da cui era difficile riemergere.
“Pensaci”
gli sussurrò nell’orecchio “Sarai temuto
e rispettato da tutti, sarai il signore dei mari”.
La sua vicinanza lo
mandava totalmente in tilt, era ormai in completa balia di quegli occhi
e il suo cuore non batteva come avrebbe dovuto, ma riuscì
ancora a formulare una frase coerente “Chi sei? Come puoi
offrirmi tutte queste cose?”.
Un sorriso divertito
spuntò sul suo viso “Chi sono, mi chiedi? Ho molti
nomi, e molti sono i miei poteri, io sono la signora del mare e delle
creature che vivono in esso, Io sono la tua signora marinaio, io sono
il mare” e mentre parlava le onde si alzavano e si
avvolgevano intorno al suo corpo formando elaborati arabeschi e
mitologiche figure.
“Io sono
Calipso!”
E con queste parole
avvicino le sue labbra a quelle del marinaio e le unì con un
bacio.
Jones non sapeva come
descrivere le emozioni che stava provando, gli sembrava di affogare e
di sentire una melodia intrisa di dolci promesse e profonda tristezza.
Quando
capì ciò che stava succedendo pensò
che se quella donna era realmente ciò che diceva di essere,
forse il mare non era affatto salato come pensava
Era dolce, almeno
inizialmente, con una punta di amaro sul fondo e anche molti altri
sapori che non seppe distinguere in tempo, perché quel bacio
finì proprio come era iniziato, senza che se ne accorgesse.
Riaprì gli
occhi e riempì i polmoni d’aria ma Calipso non era
più là, “Pensaci” un ultimo
sussurro portato dal vento…
...Provate
ora a chiedere a quel marinaio qual è il sapore del mare e
non sorprendetevi se lo vedrete riflettere, perché adesso
non è più così sicuro che il mare sia
salato.
So che è
un’assurdità oltre che una schifezza ma io provo
lo stesso a pubblicarla.
A essere sincera non
è che Calipso e Davy Jones siano i miei personaggi preferiti
ma trovo che su di loro ci sia ancora parecchio da dire e che abbiano
caratteri molto complessi su cui mi piace provare ad indagare.
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Capitolo 2 *** Ossessione. ***
«¤Ossessione¤»
Tutto di te mi attrae, il tuo aspetto, il tuo profumo cosi simile a
quello del mio adorato mare, il tuo carattere così
coraggioso e terribilmente testardo, e il tuo cuore, che batte energico
dentro il petto, calmo e ritmato anche in mezzo alla peggiore delle
tempeste.
Un battito che mi ricorda il suono delle burrasche che io stessa
scateno, il tuo cuore batte proprio come il mio.
Provo una strana sensazione, ancora non capisco bene di che cosa si
tratti, so solo che ti desidero, ti voglio, devi essere mio, quel cuore
deve essere mio, voglio che batta solo per me.
E da tanto che ti osservo, tu non te ne sei mai accorto ma in ogni tuo
viaggio io sono con te, sono il vento che accompagna dolcemente la tua
nave e l’onda tempestosa che si abbatte sui tuoi nemici.
Sei diverso dagli altri, non temi l’idea di finire negli
abissi, non temi me!
Prima di ogni viaggio quei vigliacchi opportunisti mi fanno delle
offerte perché io conceda loro i miei favori, ma tu no, tu
preferisci rischiare la tempesta e dimostrare di essere più
forte del mare, più forte della dea!
Io non permetto a nessuno di sfidarmi, non in mare, non nei miei
domini; sulle acque io sono regina incontrastata.
Sarebbe facile ucciderti, per quanto forte tu sia non puoi vincere
sugli elementi, ma io non voglio la tua scomparsa, tu non sei un
pericolo per me ma una sfida; sfida che intendo ovviamente accettare.
Sarai mio! Mio servo, mio prezioso capitano, mio amante… se
lo vorrò.
Sei la mia ossessione, Davy Jones.
Anche adesso ti sto osservando sai? Gli ultimi raggi infuocati di sole
stanno sparendo dietro l’orizzonte e un pallido spicchio di
luna inizia ad apparire in cielo.
Tu sei lì, ritto sul ponte scruti pensieroso
l’orizzonte, a cosa pensi? A me forse?
Non riesco a vedere il tuo viso, stanotte sono poche le stelle a
illuminarti la via, attento, potresti perderti.
Tutti gli altri marinai son andati a riposarsi (o forse dovrei dire
ubriacarsi fino a svenire?) ma tu sembri deciso a passare una solitaria
notte sul ponte.
Ti vedo dirigerti lentamente verso il timone, appari calmo e serio, i
tuoi passi sono lenti ma decisi.
Ho capito, finche non spunterà l’alba sarai tu il
capitano e intendi godere di questi momenti in solitudine.
Sembri amare quella nave: il modo in cui accarezzi il timone, il tuo
sguardo profondo e ammirato e la cura con cui ti occupi di lei mi
colpiscono, mi fanno provare strane sensazioni, desidero prendere il
posto di quel veliero.
Il mare fino a questo momento piatto si scuote a questi miei pensieri,
sembra volermi dire che non sono adatti a una dea.
Perché no? In fondo proprio essendo dea, dovrei poter avere
tutto ciò che desidero.
Ti appoggi stancamente al timone, la battaglia che avete affrontato
oggi deve proprio averti sfinito; a quanto pare sei anche ferito, poche
gocce di sangue cadono sul ponte.
Provoco un’onda che fa inclinare la nave e una piccola gemma,
liquida e scarlatta cade in mare.
Ora posso sentirti, in questa lacrima cremisi scorre la tua vita,
finalmente mia, questo è solo un piccolo assaggio di te,
presto avrò molto di più, aspettami, Davy Jones,
perché presto soddisferò la mia ossessione.
Questa volta o voluto provare a descrivere i sentimenti di Calipso dato
che nel film non si capisce mai se lo ami o se faccia solo finta.
Scusate la mia mania per il sangue ma troppi libri sui vampiri fanno
questo effetto >.< ditemi se ho esagerato.
Kela, mi metto subito al lavoro per quello che mia chiesto,
sono ai tuoi ordini Capitana;) grazie per la tua recensione non pensavo
di farti così felice!
Grazie anche a Laura Sparrow, spero che ti sia piaciuta anche questa
one-shot, altrimenti accetto volentieri critiche.
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Capitolo 3 *** Mai più! ***
mai più!
∞Mai
più!∞
Finalmente il sole sta sorgendo, l’alba è
arrivata, sono dieci anni che aspetto questo giorno.
Finalmente potrò rivederti, durante questo periodo mi
è sembrato che il tempo si fosse fermato, come per un
crudele scherzo.
Il mio corpo non è invecchiato, è lo stesso di
quando ci siamo conosciuti, ma la mia mente no: sono stanco, provato
dal mio compito, spossato dalla tua mancanza.
Spesso ti ho sentita vicino a me, accompagnavi con le tue correnti la
mia nave fino al confine con l’altro mondo per poi farla
veleggiare in acque in cui i mortali non sono ammessi.
Tu hai molte forme Calipso e quando sono in mare sei sempre accanto a
me, ma io sono umano e ho bisogno di sentire la tua voce e perdermi nel
tuo sguardo.
Ora finalmente potremo stare insieme per un intero giorno, sulla
spiaggia in cui mi hai parlato per la prima volta.
Ecco, vedo la terra, lascio la nave al comando dei miei marinai e
sbarco, dove sei Calipso?
È questo il luogo in cui dieci anni fa mi hai chiesto di
traghettare per te le anime perse e confuse di coloro che sono morti in
mare, è questo il luogo che scegliemmo per il nostro
incontro, ma tu “dove sei Calipso?”.
Sussurro appena queste parole, non averti trovata ad aspettarmi mi ha
tolto il fiato, trafiggermi con una spada sarebbe stato meno doloroso.
“Arriverai vero?! Sei solo in ritardo, non puoi non
venire!”, ma mentre pronuncio queste parole mi accorgo di
quanto siano false e sciocche.
Non posso credere che tu non sia qui, lacrime amare mi scendono dagli
occhi, ma non mi arrendo, ho deciso: ti aspetterò, per tutto
il tempo che ho a mia disposizione, tu devi arrivare!
…
“Basta!”,
grido disperato al vento, sono sfinito, ho atteso a lungo, ho passato
tutto il giorno, l’unico giorno che potevo trascorrere a
terra, ad attenderti, ora basta!
Provo un dolore insopportabile all’altezza del petto, perche
Calipso, “Dimmi perché!”, un altro urlo
che si perde nelle prime ombre della sera.
Ormai è tardi, sento il richiamo del mare, il mio tempo
è scaduto non posso più stare qui.
Un’altra fitta mi trapassa il cuore come mille aghi
ghiacciati, cado in ginocchio.
“È questo che volevi Calipso, ingannarmi, farmi
credere nel tuo amore, usarmi come servo, ti sei divertita con me? Sono
stato il tuo giocattolo?”, gocce di rabbia cadono dai miei
occhi.
Fatico a respirare, la testa mi gira, troppi pensieri la affollano:
odio, dolore, amore tutto si fonde, sono confuso, non ho più
una meta.
Questo cuore che batte è diventato un peso troppo grande da
portare, è inutile ormai, senza più uno scopo,
senza nessuna da amare porta solo sofferenza.
Estraggo il mio coltello dalla sua fodera e lo osservo, ho preso la mia
decisione, perché tenere qualcosa che arreca solo dolore?
Non morirò comunque, continuerà a battere, ma
lontano da me.
…
Risalgo
sull’Olandese Volante, i miei uomini sembrano spaventati dal
mio sguardo, ordino di staccare qualche pezzo di legno dalla nave,
questo veliero può viaggiare anche nella terra dei morti,
sarà lui a fare da tramite tra me e il mio cuore.
Eseguendo i miei comandi alcuni marinai costruiscono un rudimentale
scrigno, lo strappo dalle loro mani e mi reco nella mia cabina.
Mi siedo, estraggo nuovamente il mio pugnale, lucido e affilato sta per
svolgere il suo compito.
Appoggio la punta sul mio petto e comincio a conficcarlo nella carne,
inizialmente il dolore è così intenso che mi
blocco, ma io non torno mai sulle mie decisioni, macchie scarlatte che
sembrano fiori cadono sul pavimento, riprendo fiato e affondo la lama
in profondità, è strano ma più aumenta
il dolore fisico e più tutto mi sembra chiaro.
Ora lo so, ero solo un gioco per te, la rabbia mi sommerge e ogni
rimasuglio di dolore sparisce dal mio corpo.
Ho sprecato dieci anni della mia vita a servirti, mi sono torturato
trasportando anime sofferenti, ma adesso basta, ora ho
l’eternità per vendicarmi.
Noto che non sono solo i miei pensieri a mutare, è come se
il corpo si adatti ai miei nuovi sentimenti.
Il colore della pelle sta cambiando, diventa prima lattescente per poi
scurirsi, tentacoli iniziano a crescermi dal mento, il mio rancore mi
travolge di nuovo e faccio un giuramento “ Mai
più, Calipso, mi lascerò usare, mai
più permetterò a uno stupido sentimento di
privarmi della ragione, nessuno si prenderà ancora gioco del
mio orgoglio e mai più svolgerò il compito da te
assegnatomi!”
L’unica cosa in cui ancora credo è il mare,
proprio da lì il mio corpo sta prendendo nuovi elementi:
lentamente il mio braccio sinistro s’irrigidisce e
assume l’aspetto di una pericolosa chela, la gamba sinistra,
che era rimasta lesa durante uno scontro, inizia ad assomigliare a un
arto artificiale, simile a una zampa di granchio.
Per un attimo il mio fisico sembra assumere la consistenza
dell’acqua, poi lentamente inizia a riprendere
densità ed io sono assalito da un forte senso di torpore.
…
Con
il mio nuovo aspetto esco dalla cabina passandoci attraverso, il cuore
è al sicuro nello scrigno, dovrò trovare una
serratura e un posto adatto per nasconderlo, non voglio certo morire
adesso, non prima di aver avuto la mia vendetta!
A quanto pare non solo le mie sembianze a essere cambiate, anche la
ciurma sta subendo dei mutamenti, c’è chi ha dei
molluschi che iniziano a nascere dal corpo, chi invece sembra
assomigliare un pesce.
Osservo la nave, nemmeno lei non sfugge a questa sorte, il legno non
sembra più tale, assume un colorito biancastro, rigido,
molto simile a delle ossa.
La bella polena che adornava la nave è sparita, al suo posto
appaiono zanne di coccodrillo che si aprono in un ghigno.
Ora sì che la nave è adatta al suo capitano!
Mi avvicino al parapetto e osservo nell’acqua la mia immagine
riflessa, ho ancora appeso al collo quello stupido medaglione, lo apro
e una triste melodia si diffonde nell’aria, ma io non provo
niente se non rabbia.
Torno a guardare l’acqua ma non trovo più la mia
immagine, vedo invece la figura evanescente di un giovane, un altro di
quei pivelli morti in mare.
L’anima del ragazzo inizia a fluttuare e avvicinandosi mi
guarda con occhi imploranti, vorrebbe che lo aiutassi a trovare la via;
un sorriso crudele nasce sul mio volto, faccio schioccare avanti la
chela e dissolvo quella pallida ombra, chiudendo contemporaneamente il
medaglione che aveva continuato a diffondere le sue note.
“Mai più!”, sussurro minaccioso al vento.
Ho fatto
fatica a scrivere questo storia e non so se sia venuta molto
bene.
La dedico comunque a DJ Kela visto che è stata lei a
volerla, a incoraggiarmi e a darmi le informazioni sulla nave.
Spero di essere riuscita a esprimere bene i sentimenti del capitano, ma
anche a dare un senso a come poteva essere accaduta la
trasformazione.
Grazie a tutti quelli che vorranno lasciare un commento.
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Capitolo 4 *** .:|Oltre l’apparenza|:. ***
oltre
.:|Oltre l’apparenza|:.
Tutti indossano
una maschera, anche quando a prima vista non sembrerebbe, colorati
travestimenti ricoprono la nostra vera sembianza .
Con sfavillanti
colori proiettano ombre che nascondono l’autentica natura di
ogni essere, dinamiche e cangianti queste maschere cambiano aspetto a
seconda delle situazioni.
Spesso
è il destino che ti obbliga ad indossarle e altre volte la
paura di mostrare la propria anima ad un mondo crudele,
travestimenti screziati e allegorici per nascondere la
verità.
Se volete far
finire questo infinito carnevale provate a cercare i veri cuori dietro
alle maschere della dea del mare e del demone senza pietà;
rimarrete sorpresi...
Piccola drabble
di 100 parole esatte ispirata al carnevale.
Scusate per la
mia lunga assenza causa scuola che mi portato via tutto il tempo ma
spero di riprendermi finito il quadrimestre e tornare a scrivere un
po’.
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Capitolo 5 *** _.:[filo rosso]:._ ***
filo
_.:[Filo rosso]:._
In una casa di un piccolo paese affacciato sulle cristalline acque del
mar dei Caraibi, il sole si infiltra dalla tende di una finestra,
illuminando con i suoi raggi l’intera stanza e
interrompendo i sogni agitati di un bambino.
“Svegliati,
pigrone, la colazione è pronta!”,
la voce briosa della madre gli arriva dalla camera accanto.
Con un salto il piccolo è subito giù dal letto,
si tratta di un bambino di all’incirca cinque anni, capelli
castani e spettinati, sguardo vispo che rivela una certa cocciutaggine
e un sorrisetto appena accennato che spunta sul viso.
Subito si fionda in cucina e divora la sua colazione in pochi bocconi
iniziando poi a guardare ansioso la porta.
“Posso andare
in riva al mare a giocare e fare una nuotata?”,
chiede alla madre sfoderando il suo migliore sguardo da angioletto “Ti preeego”
aggiunge poi accennando
un sorriso.
La donna alza gli occhi al cielo e risponde “Lo sai che non sono
contenta che tu vada, ma se non ne puoi fare a meno fai pure”,
preferisce non fare discussioni, sa che sarebbe inutile, non
è mai riuscita a tenerlo lontano dal mare e tutte le mattine
iniziavano la stessa discussione, quel giorno però non aveva
il tempo di litigare, doveva rassettare la casa prima di andare al
mercato.
“Stai attento
però a non allontanarti troppo dalla riva !”
gli ricorda mentre vola fuori, “E
cerca di tornare per pranzo!”, aggiunge quando
ormai è già lontano.
Sospirando la madre si avvicina alla porta e la chiude tornando poi a
riordinare la casa.
Mentre lavora la donna pensa alla passione di suo figlio per il mare,
non è affatto contenta, ha già perso il marito a
causa di una tempesta e non vuole certo rinunciare anche al figlio.
Con un sospiro si dirige verso la sua camera per prepararsi ad uscire.
Nel frattempo il ragazzino è arrivato alla sua meta, si
ferma a riprendere fiato dopo la corsa e alzo lo sguardo: non si
stuferà mai di quella visione, una immensa distesa color
zaffiro che arriva fino all’orizzonte, piccole onde si
infrangono regolarmente sulla candida sabbia che assume in alcuni punti
una tonalità rosata.
Inizia a passeggiare pensieroso e le sue orme rimangono impresse nella
sabbia bagnata, con lo sguardo scruta il mare alla ricerca di qualcosa.
SI leva la maglietta e la getta a terra, iniziando a entrare in acqua,
quando è abbastanza profonda perché non tocchi si
immerge di colpo.
Ama la sensazione di tranquillità che prova quando
è immerso, i rumori sono attutiti e tutto sembra muoversi
con più calma che in superficie, apre gli occhi, per lui non
è un problema trattenere a lungo il respiro, ha imparato a
nuotare prima che ha camminare.
È in cerca di alcune conchiglie che ancora mancano alla sua
collezione, ogni volta che tornava da uno dei suoi viaggi il padre gli
portava qualche conchiglia tipica delle zone in cui era stato, poi un
giorno il mare decise di reclamarne la vita… ma lui non
aveva abbandonato la ricerca di quei trofei del mare.
Continua a nuotare per tutta la mattina senza, però,
riuscire a trovare quello che voleva.
Non importa, pensa, una ragione in più per tornare un altro
giorno.
I brontolii del suo stomaco gli fanno capire che è orma ora
di tornare a casa per il pranzo, ma mentre si incammina una voce lo
distoglie dai suoi pensieri “Guarda
un po’ chi si vede, il piccolo scontroso Davy, cosa ci fai
qui da solo, non sai che il mare potrebbe mangiarti”.
A parlare era stato un ragazzino di dieci dagli occhi scuri
ed affilati attorniato da tre bambinetti più giovani che gli
stanno dietro come bravi cagnolini ridendo per la battuta.
“E tu non
sai” risponde girandosi di scatto “che è
meglio non infastidirmi” ribatte secco. “L’ultima
volta, se non sbaglio, sei tornato dalla mamma lagnandoti che un
bimbetto con la metà dei tuoi anni ti aveva lanciato addosso
un’alga urticante” prosegue con tono
serafico sorridendogli falsamente.
“Zitto, brutto
sgorbio! Mi hai giusto ricordato che abbiamo un conticino in
sospeso” ringhia minaccioso mentre i tre
bimbetti canticchiano provocanti:
Davy,
Davy solo e scontroso,
senza
più padre cosa farai.
Forse
in un giorno un po’ burrascoso,
dentro
al mare affogherai
“Già, se
continui a cacciarti nei guai a tua madre non basteranno più
le strade di questo paese per pagare i danni” sibila
velenoso tra i denti.
“Non osare
offendere mia madre!” sussurra appena, per poi
lanciarsi contro con tutta l’intenzione di lasciarli un
occhio nero come ricordo, ma la sua azione viene annullata da due dei
tre mocciosi che lo bloccano a terra.
“Bravi ragazzi, e ora tiratelo su e tenetelo ben
fermo!” ordina soddisfatto il capo prima di distorcere la
bocca in un ghigno e caricare un pugno…
…
…”Ah, sei tornato
finalmente, e pensare che ti avevo detto di essere puntuale”
lo accoglie la voce seccata della madre prima di cambiare rapidamente
tono “Ma
santo cielo, che cosa ti è successo tesoro!?”
“Niente!”
esclama seccato, “Come
niente! Sei pieno di graffi e hai lividi ovunque!”
“TI HO DETTO CHE NON E’ NIENTE,
MALEDIZIONE!” Gli urla contro irato.
SCIAF!
Senza che nemmeno se ne renda conto si ritrova con una guancia in
fiamme e gli occhi lucidi di sua madre che lo osservano mentre
riabbassa lentamente la mano per poi chinarsi ad abbracciarlo con forza.
“Io mi
preoccupo solo per te” gli sussurra gentilmente
all’orecchio, “Sei
sempre così solitario, non hai stretto amicizia con nessuno
dei bambini del villaggio, e poi torni sempre a casa pieno di
ferite”, si allontana un poco da lui per
guardarlo dritto negli occhi, “Non
so più cosa fare con te” confessa
mentre un triste sorriso gli appare sulle labbra.
Tenendo lo sguardo fisso sul terreno Davy si dirige mestamente verso la
sua stanza per potersi buttare stancamente sul letto.
Sa già che entro poco tempo sua madre verrà a
curargli le lesioni, non si diranno una parola, come sempre, come in
una tregua segretamente prestabilita.
Gira la testa verso la luce del sole, socchiude gli occhi per non
rimanere abbagliato e pensa a domani, quando potrà di nuovo
annullarsi nel rilassante ondeggiare del mare.
…
Ancora
risentito per il litigio del giorno precedente Davy cammina
malinconicamente sulla pallida sabbia, calciando con irritazione alcuni
sassi finiti alla portata dei suoi piedi.
Alzando lo sguardo una piccola figura attira la sua attenzione:
si tratta di una bambine che, seduta sulla spiaggia, osserva il mare
con aria corrucciata.
Avvicinandosi può notare qualche particolare in
più, la bambina sembra avere circa la sua età, ha
la pelle più scura della sua, con vivaci riflessi bronzati,
i capelli, anche essi scuri, le ricadono scompigliati sulle spalle.
Si avvicina incuriosito, “Ciao,
tu chi sei? Non ti ho mai vista da queste da parti, non sei del
villaggio, vero?” ma non riceve nessuna
risposta, come se non l’avesse sentito.
“Ehi,
perché non rispondi?” domanda
inclinando un po’ la testa in una buffa espressione e
toccando la spalla della bambina, di colpo si ritrova con due occhi
neri come la pece e profondi come baratri piantati nei suoi.
“Non sono
affari tuoi!” esclama altezzosa e scorbutica.
“Uffa,
guarda che io volevo solo essere gentile!”
ribatte deluso, ma allo stesso tempo si accorge che gli occhi della
piccola sono lucidi ed arrossati, come se avesse pianto da poco.
Circospetto si allontana ma girandosi a guardarla ancora una volta non
riesce a provare tenerezza per quella ragazzina dallo sguardo
fulminante, c’è qualcosa in lei che gli sembra
famigliare, attraverso la nebbia dei ricordi vede se stesso, poco dopo
la morte del padre, seduto a guardare il mare, unendo le sue lacrime
alle infinite gocce presenti nel mare.
Con cautela si porta alle sue spalle e la stringe in un abbraccio, sua
madre fa sempre così quando lo vede triste, sente il corpo
della bambina irrigidirsi per la sorpresa, ma non può fare a
meno di notare il tepore che quel piccolo corpo riesce ad emanare.
“Che, che stai
facendo?” chiede sospettosa e con tono
leggermente allarmato.
“Ti abbraccio,
scusa ma cosa c’è di strano? Mi sembravi triste,
mia madre mi abbraccia sempre quando sono triste”
la lascia andare e sente subito la mancanza del suo calore, le si siede
vicino e le sorride timidamente “Allora,
ti va di dirmi chi sei?”
Lei lo scruta dubbiosa, esita un attimo per poi annuire col capo e
iniziare a parlare: “Mi
chiamo Calipso e hai ragione non sono di questo villaggio, vengo da
molto lontano, ma non voglio parlare di me, piuttosto, quello che hai
fatto prima hai detto che si chiama abbraccio? E’ strano, non
avevo mai provato un abbraccio!” conclude con
tono perplesso.
“Come sarebbe
a dire che nessuno ti ha mai abbracciata?! Neanche tua
madre?” sgrana gli occhi incredulo.
“Io non ho una
madre” obbietta lei
“Ma è impossibile! Tutti hanno una
madre!”
“Forse ce
l’ho, ma nessuno me lo ha mai detto”
prova a ipotizzare lei.
“Sì,
sicuramente e così, ma allora chi si occupa di
te?”
“Ma le ninfe
ovviamente!”
Davy è sempre più confuso “Ninfe? E cosa
sarebbero?”
“Non lo sai?
E’ difficile da spiegare, considerale come delle
domestiche!” annuisce soddisfatta della sua
aspiegazione.
Stupito la osserva e pensa che quella bambina è proprio
strana, a partire dal nome: Calipso, non aveva mai sentito un nome del
genere, e poi quella storia delle ninfe gli sembrava poco chiara.
Decise di lasciar perdere e cambiare argomento “Senti, ma se vieni da
lontano cosa ci fai qui?”
“Mi annoiavo,
sono stufa di essere controllata a vista, voglio fare qualcosa di
interessante, tu hai qualche idea?” gli domanda
guardandolo speranzosa.
“Uhm, potremmo
costruire dei castelli di sabbia, che ne dici?”
“Castelli di sabbia?” ripete
lei scandendo bene le parole “E
come si fa a costruirli?”
“Non sai
nemmeno questo, ma in che mondo vi… HAIII!”
un dolore improvviso alla mano gli provoca un urlo, si guarda in torno
alla ricerca della fonte che lo ha provocato e il suo sguardo cade su
di un piccolo granchio che lo scruta in posizione d’attacco.
“Mi spiace, ti
ha fatto molto male!” si informa un
po’ preoccupata Calipso “Lui è Arek,
è un mio amico, si è offeso perché non
ti sei accorto di lui” spiega poi tranquilla
accortasi che non si era fatto niente di grave.
“Hai per amico
un granchio nano con manie di protagonismo?!”
sbotta chiaramente irritato “Uff,
lasciamo perdere ma vedi di tenerlo lontano da me, e ora ti mostro come
costruire un castello di sabbia! Vedrai, lo faremo degno di una
principessa!” e sorridendosi a vicenda iniziano
il loro lavoro.
…
Sono
passati diversi giorni dal suo incontro con quella strana bambina e
qualcosa era cambiato nella sua vita: finalmente aveva una amica con
cui parlare e giocare, con lei non si sentiva a disagio (beh, a parte
quando lo scrutava con i suoi occhi di tenebra), e non doveva fingere
di essere allegro se non lo era, se non aveva voglia di parlare lei non
lo obbliga, si sedevano vicini e osservavano l’immensa
distesa di cobalto che riesce a ipnotizzare i loro cuori.
Anche sua madre aveva notato il cambiamento: Davy non tornava
più a casa carico di lividi e con l’aria
imbronciata ma allegro e sorridente.
Più volte gli ha chiesto di questo suo mutamento, ma lui
elude sempre le domande dicendo che il mare gli aveva portato un regalo.
Calipso non aveva mai più parlato delle sue origini e lui
aveva evitato di indagare per paura di spezzare il loro giovane legame,
l’unica volta che aveva provato ad accennare
l’argomento lei si era incupita e gli aveva aspramente
risposto che “Non
sono affari tuoi!”, per poi fargli promettere di
non raccontare mai a nessuno di lei, secondo lui
c’è qualcosa di selvatico in quella bambina che
sfugge alla sua comprensione.
Come tutti i giorni la trova seduta sulla sabbia, è sempre
lì come se apparisse dal nulla, mai una volta la vista
arrivare, si ritrova a pensare che provenga dalle onde del mare ma
ricaccia indietro quello stupido pensiero.
Avvicinandosi si accorge che c’è qualcosa di
diverso dal solito, non gli sorride, non gli corre in contro, evita
persino di guardarlo negli occhi; si limita ad aspettare che lui si
avvini a sufficienza per sentire le sue parole.
“Non posso mai
più venire qui” il suo è
appena un sussurro ma provoca nel bambino una violenta reazione, come
una fulmine paralizzante.
“Co, cosa vuoi
dire con questo?” la voce fatica ad uscirgli
dalla gola è solo con grande sforzo che riesce a pronunciare
quelle poche parole.
“Voglio dire
che non ci vedremo mai più!” ripete,
questa volta con un tono più alto ma sempre tenendo lo
sguardo fisso sulla sabbia.
L’espressione di Davy è quella di un cucciolo
bastonato, nemmeno la rabbia riesce a prendere il sopravvento sullo
sconforto che lo ha invaso, gli sembra di essere distaccato dalla
realtà come in un incubo “Ma perché!
DIMMI ALMENO PERCHE’!”
l’urlo liberatorio riesce a riportalo del tutto del cosciente
della situazione, ancora prima che lei parli sa che non
riceverà spiegazioni.
E’ sempre stato così tra di loro: nessuno dei due
indagava sulla vita dell’altro, come in una zona franca ,in
cui non importa di quale esercito fai parte, anche lì su
quella spiaggia loro riposavano i cuori e custodivano i segreti.
Come si aspettava ricevette in replica solo “Perché
devo prendermi le mie responsabilità, devo assumere il ruolo
per cui sono stata preparata” il tono era
piatto, come se non provasse niente, ma lui sapeva che era solo un modo
per mascherare i suoi veri sentimenti, sapeva che se avesse potuto
vedere i suoi occhi li avrebbe trovati lucidi come il primo giorno in
cui l’aveva incontrata.
“E’
inutile che io tenti di farti cambiare idea, vero?”
ha un groppo in gola, sente che se continua a parlare non
potrà fare a meno di piangere, si volta, deciso a correre a
casa ma prima le dice “Torna
almeno domani, voglio darti una cosa” e senza
aspettare una risposta si lancia di corsa verso casa.
In realtà non ha nessuna voglia di sopportare gli sguardi
interrogativi della madre, cammina lungo l’interminabile
distesa di sabbia, svuotato da ogni emozione, il suo cuore è
troppo piccolo per sopportare tutto quel dolore e la sua mente gli
impedisce di provarlo, come in una sorta di meccanismo di difesa.
Col tempo i suoi passi lo riportano verso casa, alza gli occhi e si
accorge che una pallida luna inizia a rubare il cielo al sole, entra in
casa silenzioso come un ladro e si dirige in camera sua, in un angolo
del letto trova il regalo che stava preparando per Calipso: una
bellissima conchiglia bivalve che risplende di madreperla,
indubbiamente la più bella della sua collezione, sopra con
un coltello aveva inciso l’effige di un granchio, come
ricordo del loro primo incontro.
Seduto sul bordo del letto prende in mano il suo lavoro e
l’osserva, è grande quanto la sua mano e brilla
alla luce fioca della luna, ha un piccolo foro destinato a far passare
una catenella, voleva che lei potesse indossare il suo regalo.
Una lacrima cade solitaria dai suoi occhi e le troppe emozioni provate
lo fanno cadere in un sonno senza sogni.
…
Un
cielo tempestoso si presente ai suoi occhi appena fuori dalla porta, le
onde sono più alte del solito, non è una giornata
adatta per andare in spiaggia ma Davy non ascolta i consigli della
madre e si dirige nel luogo in cui si era sempre incontrato con
Calipso, ma ancora prima di raggiungerlo un onda dalla forza dirompente
lo trascina in acqua.
Senza nemmeno accorgersene si ritrova in mare aperto, inutili risultano
i suoi sforzi per restare a galla, la forza del mare ha la meglio e lui
sprofonda inerte negli abissi.
La sua coscienza sta venendo meno, e gli occhi iniziano a socchiudersi
quando tutto in torno a lui si calma: il mare interrompe il suo moto
tempestoso e un raggio di solo trapassa le acque illuminando il suo
piccolo corpo, tende verso l’alto la mano che ancora stringe
il ciondolo e gli sembra di vedere calipso che gli si avvicina
sorridendogli, poi tutto si oscura.
…
Verrà
ritrovato dalla madre svenuto sulla spiaggia, curato amorevolmente e si
risveglierà dopo alcuni giorni.
Una botta alla testa
gli ha fatto dimenticare le ultime settimane e lui non ha nessun
ricordo della bambina con cui ha trascorso il suo tempo, ma non molto
lontano, vicino alla spiaggia, la nuova dea del mare sorride impugnando
il ciondolo intagliato, prima di voltarsi e sparire.
Il destino a legato le
loro vite, i loro cuori conservano i ricordi e il tempo
intreccerà di nuovo le loro esistenze.
E’ un
po’ diversa dalle altre che ho scritto, che ne dite?
So che ho ancora molta
pratica da fare (ma davvero moooolta), comunque aspetto recensioni.
Come sempre una marea
di grazie alla Capitana Kela che mi sostiene con le sue recensioni
dandomi anche nuovi spunti :)
Grazie anche a nekomi
e lemnia che hanno recensito.
Per il titolo mi sono
ispirata alla leggenda cinese secondo la quale si è legati
alla proprio anima gemella attraverso un filo rosso dal dio dei
matrimoni.
Per il ciondolo
pensavo invece a quello che entrambi hanno nel film, quello non
è certo fatto di conchiglia, ma considerate il mio come una
specie di suo antenato.
Grazie in anticipo a
chi anche solo la leggerà!
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Capitolo 6 *** Quello che desidera il cuore ***
Quello che il cuore
=:.Quello che desidera il
cuore.:=
Plic… plic… plic…
Gocce di pioggia cadono tranquille mentre il cielo assume cupe
tonalità di colore, un lampo illumina il tetro paesaggio:
ombre di antichi alberi appaiono formando minacciosi ghigni per poi
scomparire nuovamente avvolte dalle tenebre da cui sono nate.
Un uomo si dirige con prudenza verso una costruzione diroccata e
seminascosta dal groviglio di rami.
Una parte del tetto è crollata e l’edera abbraccia
le alte colonne soffocandole, i resti di un portale
d’ingresso sono sparsi al suolo, un tempo era adornato da
preziose decorazioni, avvicinandosi la figura ammantata ne raccoglie un
frammento che nonostante gli anni ha conservato la vivida immagine di
due occhi che lo scrutano minacciosi.
Un altro lampo spacca in due il cielo e in quella luce accecante un
cupo bagliore s’irradia dagli occhi di pietra, vivi sembrano
ammonire lo sconosciuto visitatore che, irritato, li getta via,
rivolgendo nuovamente la sua attenzione alla costruzione.
Sembrano le rovine di una chiesa, ma sono diverse da qualunque chiesa
avesse mai visto, un tempo di un bianco immacolato file di colonne
sorreggono la costruzione, testimoni del passare del tempo.
Ciò che resta del fastoso tempio di un’antica
civiltà si staglia tra le ombre resistendo con ostinazione
all’avanzata delle piante.
La pioggia s’intensifica e l’uomo entra in quello
che il santuario di un dio morto, l’oscurità lo
avvolge e prima che i suoi occhi si abituino ha il tempo di ripensare
al motivo per cui si trova in quel lugubre luogo, è li per
lei ovviamente, per un suo desiderio.
…
Pochi giorni prima Calipso, la volubile dea del mare gli era apparsa in
sogno, la sognava spesso dal giorno di quasi due anni prima in cui lei
lo aveva insignito del ruolo di traghettatore di anime, quasi due anni
in cui aveva potuto vederla soltanto nei sogni, consapevole che solo
dopo un decennio avrebbe potuto rimettere piede sulla terra.
Ma quella notte il sogno era diverso, lei era troppo vera per essere
solo fantasia, gli si avvicinava con quel suo passo suadente, senza mai
staccare lo sguardo ammaliante e deciso da quello stupito di lui.
Arrivatagli davanti gli aveva preso le mani e lui aveva potuto sentire
il calore che emanava la sua pelle ambrata, “Sei davvero
qui?”, appena un sussurro uscitogli dalle labbra.
Calipso sorridendo gli avvicina ancora come per baciarlo ma quando lui
socchiude un poco gli occhi lei annulla la distanza tra loro con un
piccolo morso.
Si stacca da lui per contemplarne l’espressione sorpresa, le
piaceva sempre stupirlo “Tu che dici? Credi che io sia vera o
vuoi anche un pizzicotto?”, deve ammettere che anche
provocarlo la diverte molto.
“Ma… ma com’è possibile che
tu sia qui? Io non capis…” ma lei lo aveva zittito
unendo le loro labbra, in un bacio vero questa volta!
Davy Jones percepì la sensazione di soffocamento, la stessa
che provava tutte le volte che baciava la sua signora, come annullarsi
nell’immensità dell’oceano.
Staccandosi da lui disse “Tu devi fare una cosa per me, una
cosa che io non posso fare da sola, devi andare in tempio abbandonato e
portarmi un oggetto.” , ma prima che potesse aggiungere altro
Davy Jones la interruppe “Non posso recarmi sulla terra ferma
per altri otto anni, e tu lo sai.”
Lei scosse un poco la testa “Non preoccuparti, il mare
sarà sempre con te, lo guiderò io.”,
non avendo altre obbiezioni le chiese “Che cosa devo
fare?” “La rotta per te è già
stata tracciata” disse lei indicando una mappa che fluttuava
nell’aria “Devi solo seguirla. Ti
porterà dove non sei mai stato, su un’isola vicino
alle coste del Peloponneso, cammina verso l’entroterra e
quando gli alberi si faranno più folti cerca le rovine di un
tempio” il suo sguardo si perde per un attimo nel vuoto,
pensieroso.
“Perché hai detto che tu non puoi
farlo?” lei sospira prima di rispondere
“Perché quel territorio appartiene a colui che
è venuto prima di me, ed è a me
proibito.” la sua espressione rivela il fastidio che le
provoca avere delle catene.
“Ho capito, ma qual è l’oggetto che devo
portarti?” “Entrato nel tempio vedrai in fondo una
grande statua, incastonata troverai una bussola, il contenitore
è nero e di forma quadrata, non ti sarà difficile
trovarla. È un oggetto molto antico e prezioso, quando
l’avrai trovata torna in mare aperto e gettala tra le onde,
la porteranno a me.”.
A queste parole un’espressione un po’ delusa
adombra il volto del capitano, sperava di potergliela portare lui
stesso e incontrarla di nuovo.
“Segui la rotta Davy Jones!” ripete lei e tutto
inizia a sfocare.
Poco dopo si risveglia, confuso e ideciso se fosse stato un sogno o no,
sulla scrivania dove si era addormentato c’è una
nuova mappa, con una lunga linea rossa a segnare il suo percorso; dieci
minuti dopo la nave è già sulla rotta per
arrivare alla meta.
Era stato un viaggio lungo, lontano dalle acque in cui era solito
navigare, ma il mare voleva il loro viaggio e li accompagna
servizievole a destinazione.
Dopo tre settimane di navigazione avevano potuto osservare le colonne
d’ercole per poi proseguire lungo quei litorali abitati da
strane genti, bizzarre per le loro abitudini e i loro costumi.
Era curioso di sapere più cose su di loro ma non aveva tempo
da perdere, la sua signora gli aveva affidato un compito, come aveva
detto ai suoi marinai quando gli avevano chiesto la ragione di
quell’improvvisi cambio di rotta.
Grazie alla mappa non aveva faticato a trovare l’isola ed era
sceso a terra da solo, ben presto aveva capito cosa intendeva Calipso
con “Il mare sarà sempre con te”,
infatti le onde si allungavano sulla risacca accompagnando i suoi passi
e formando come una barriera tra i suoi piedi e la terra.
Quando poi la distanza dalla costa si era fatta troppo grande il mare
si era riversato dal cielo per non abbandonare il suo protetto, lo
stesso che ora ha raggiunto la sua meta e pensa al passato
nell’attesa di abituarsi al buio.
…
Finalmente inizia a distinguere qualcosa del luogo in cui è
entrato: si tratta di un ampio spazio rettangolare con vari oggetti
rotti sparsi per il pavimento (ciò che rimane di un
barbarico saccheggio).
Le pareti sono cosparse di nicchie, un tempo dovevano ospitare
meravigliose statue e sacre effigi, ora adornano il tempio come orbite
prive di occhi; alzando lo sguardo si accorge che l’unica
statua rimasta è quella sul fondo della navata, vicino
all’altare ancora macchiato dal sangue dei sacerdoti che
l’avevano difeso fino all’ultimo.
Si tratta di una statua molto grande, alte due volte un uomo e di puro
marmo e troppo pesante per essere trasportata via, il capitano
dell’Olandese Volante si avvicina per distinguere meglio i
dettagli.
Davanti ai suoi occhi si erge in tutta la sua potenza
l’antico signore del mare, una lunga tunica che sembra fatta
d’acqua ne ricopre il corpo, una corona adorna il suo capo,
simbolo della sua sovranità sull’oceano, la barba
gli da un’aria di estrema solennità e gli occhi
sembrano racchiudere il potere della tempesta: Poseidone, signore del
mare.
Nella poca luce che permea l’ambiente la statua sembra quasi
soffrire alla vista di ciò che rimane del suo potere.
Quando la gente aveva smesso di praticare il culto degli antichi dei
solo pochi eletti erano rimasti a difesa dei luoghi sacri, gli invasori
stranieri avevano profanato il loro credo e il tempo aveva fatto in
modo che il popolo si dimenticasse dei suoi signori.
“Anche chi governa la natura non invincibile
allora” sussurra pensando all’espressione offesa di
Calipso se potesse sentire quelle parole.
Riportando la sua attenzione alla statua si concentra sul grande
tridente che sorregge, un arma spettacolare, degna di un dio, si chiede
se grazie a quella riusciva a scatenare terribili maremoti.
Decise di smetterla di fare stupidi pensieri e iniziare la sua ricerca,
prima se ne andava da quel posto e meglio sarebbe stato, Calipso gli
aveva detto che la bussola si trovava incastonata nella statua
perciò inizia ad ispezionarla con cura.
Mentre cerca di trovare il prezioso oggetto il sibilo del vento sembra
intonare una litania, a metà tra una preghiera e un
ammonimento, “Maledizione sembra che i fantasmi dei sacerdoti
stasera siano tornati su questa terra per farmi sentire in
colpa”.
Osservando con più attenzione si accorge che la mano
sinistra della statua non è chiusa a pugno come gli era
sembrato prima, ma è chiusa a protezione di un piccolo
oggetto “La bussola!”, tenta di toglierla a quella
ferrea presa, ma è tutto inutile ed è costretto a
prendere il fodero della sua spada ed abbatterlo con violenza sul pugno
chiuso che, già indebolito dal tempo, si spezza e lascia
cadere il suo contenuto.
L’ululato del vento si alza forte e gli occhi di Poseidone
sembrano bruciare d’ira per il sacrilegio che è
stato compiuto, la terra stessa sembra tremare, ma è forse,
pensa, è solo una sua impressione a causa dei rumori che la
tempesta scatenatasi fuori provoca.
Raccoglie la bussola da terra e si incammina verso l’uscita,
ansioso di lasciare quel luogo, arrivato sulla soglia si
guarda in dietro ancora una volta, ma non vede più niente di
strano: solo un tempio abbandonato e la statua di un vecchio dio
decaduto.
Uscendo gli venne da pensare che i saccheggiatori avevano portato via
tutto tranne la cosa più preziosa, o almeno così
gli aveva detto Calipso, che cos’avrà mai di tanto
speciale?
La spiaggia non è lontana, in poco tempo potrà
tornare sulla sua amata nave, ma quardandosi attorno si accorge che su
un lato del tempio i bassorilievi che lo decoravano sono ancora quasi
intatti e sembrano chiamarlo come se volessero raccontargli una storia.
Incuriosito si avvicina per vedere meglio: sono tutte scene di vita di
Poseidone impresse su quelle pareti per glorificarne le gesta, il Dio
che scatena maremoti o salva benevolo le navi di coloro che gli sono
devoti distruggendo quelle nemiche, oppure ritratto mentre doma furiosi
mostri marini.
Una scena lo colpisce più delle altre: ritrae il dio in
mezzo a numerose belle ragazze, ninfe probabilmente, che lo guardano
con occhi adoranti, tutte tranne una, una ninfa lo guarda con invidia e
si tiene in disparte dalle compagne, ai sui piedi le acque si
increspano turbate.
L’iscrizione con i nomi dei personaggi è
cancellata ma Davy Jones riconosce subito in quella ninfa
l’attuale signora delle acque.
Ora sapeva perché lei non poteva recarsi in quel luogo,
Poseidone non le aveva perdonato l’affronto si usurparlo.
Pensando a tutte le cose bizzarre che aveva visto quel giorno ritorna
alla sua nave, dove i marinai sono pronti e ansiosi di levare
l’ancora “Perché tutta questa
fretta?” sbotta irritato.
Un marinaio gli si avvicina intimidito e gli spiega nervosamente
“Ehm, Capitano forse voi non ve ne siete accorto ma mentre
eravate via la terra ha tremato e nell’aria è
rimbombato un gemito che fatto rabbrividire anche il più
temprato dei marinai”.
Allora non se l’era immaginato, con gli occhi cerca un ultima
volta l’intrico di alberi che nasconde il tempio prima di
dare l’ordine “Se avete tanta fretta datevi da fare
ammasso di piattole, levate l’ancora!”.
Dopo qualche ora di viaggio finalmente il tempo comincia a rasserenarsi
e il capitano può lasciar vagare lo sguardo
sull’immensa distesa d’acqua salata, per la prima
volta si sofferma a osservare la bussola che ha recuperato, sembra non
avere niente di strano … a parte il fatto che non
punta a nord.
Mentre l’osserva l’ago oscilla tra due direzioni
come se fosse indeciso, “Chissà perché
Calipso ci tiene tanto ad averla?”, a questo pensiero
l’ago si blocca puntando verso la prua della nave, in
lontananza gli sembra di intravvedere una figura umana che fluttua
nell’aria con le onde del mare che le lambiscono il corpo
tenendola sospesa come su di un trono.
Lui spera che si avvicini per poterla vedere meglio ma quando vede che
non si muove capisce che la dea non ha nessuna intenzione di
incontralo, deluso lascia cadere la bussola nei flutti, che subito la
conducono verso la nuova proprietaria.
Davy Jones si chiede perché continua a servire una dea che
lo fa soffrire, una signora che lo cerca solo quando a bisogno dei suoi
servigi, una padrona che lo ritiene solo un giocattolo.
Ma questi pensieri vengono subito cancellati dal battito del suo cuore,
un cuore che ad ogni battito dichiara tutta la fedeltà e
l’amore per la sua regina.
[Anche
il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce, Blaise Pascal]
Prima di tutto voglio
precisare che so che la bussola non esisteva ancora ai tempi dei greci
ma non sapevo che altro oggetto mettere, secondo scusate se non ho dato
una buona descrizione del tempio ma non me ne intendo molto di arte :P
poi visto che nella mitologia era Poseidone il dio del mare mentre
Calipso era solo una ninfa (quella che si era innamorata di Ulisse) ho
pensato che lei abbia preso il suo posto.
Per finere ringranzio
tantissimo la Capitana, vedi che non mi sono arresa? Comunque per ora
sarà meglio che chiuda quà la raccolta per
mancanza di tempo ed idee.
Ringrazio chi la
leggerà e ancora di più chi lascierà
un commentino ;)
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