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Ebbene sì, la febbre delle long-fic ha contagiato anche me
Ebbene sì, la febbre delle long-fic ha contagiato anche me! E in questo caso il merito è tutto della mia amica Evans Lily, perché leggendo la sua
storia ho avuto un’improvvisa ispirazione e mi è venuta
l’idea per questa mia nuova creazione… Anzi, la dedico proprio a
te, Lily, ancora una volta!…
Qualche premessa: a volte i personaggi diventano vagamente OOC,
per esigenze di copione. Inoltre anticipo che i capitoli
dovrebbero essere in tutto tredici. Ed ora, come sempre, vi auguro buona lettura!
Aamyan degli Elfi
1
Prologo
La radura echeggiava delle urla della creatura minuta. Il gruppo di Uomini la teneva premuta al suolo; uno di loro le tirava
i lunghi capelli argentei violentemente, quasi a volerglieli strappare alla
radice; un altro le torceva le braccia esili dietro la schiena. La pelle eterea
della fragile figurina era ormai contaminata da lividi e ferite, e il sangue scorreva da un taglio alla testa su tutto un lato del suo
viso di bambina già donna.
L’unico uomo che finora era rimasto in piedi si avvicinò e con un gesto del braccio
fermò i compagni, che immediatamente si scostarono dalla creatura, come
se temessero di essere contagiati dalla sua deturpazione. La ragazzina rimase
immobile, ansante, il viso ancora affondato nell’erba macchiata di rosso.
L’uomo si accosciò al suo fianco, e lei si voltò lentamente
a fronteggiare il suo sguardo. Lui rimase colpito dai suoi occhi, di un azzurro
tanto chiaro da tendere al cristallino, che risaltavano come silenziose accuse
pungenti nel rosso del sangue che fluiva abbondante dalla fronte bianca. Si impose di non mostrare esitazioni e si chinò su
quel volto fino a respirarle sulle guance sporche di lacrime e terriccio.
«Ti sei decisa, piccola?»
La creatura non rispose. Si limitò a
fissarlo, respirando affannosamente. Spazientito, l’uomo le
sollevò il mento e si avvicinò ancora di più al suo viso.
«Te lo chiedo per l’ultima volta.
Dov’è?»
Senza ritrarsi, ma fissandolo con odio e
collera e ripugnanza, lei schiuse le labbra e gli rispose con un’altra
domanda.
«Perché
lo vuoi?»
L’uomo sorrise vagamente.
«Possibile che tu non capisca? Noi
facciamo parte delle schiere dei ribelli della Terra
del Buio. Il nostro unico obiettivo nella vita è mettere le mani sullo
Specchio della tua signora… Perché è l’unico modo di
porre fine a questa guerra, è l’unica speranza per noi che
sogniamo la libertà…»
La ragazzina dagli occhi di perla prese
fiato. Poi gli sputò in faccia.
L’uomo si tirò indietro,
portandosi una mano agli occhi. I suoi compagni si mossero all’unisono,
ma non poterono toccare la fanciulla: in quel breve
istante, lei si era alzata in piedi, incurante delle ferite e del dolore. Di
fronte alla sua improvvisa fierezza, nessuno ebbe il coraggio di avvicinarsi.
«Uomini insulsi», enunciò
la creatura, «voi non avete idea del suo potere. Aamyan
non tollera la violenza, cerca e pretende la purezza d’animo. E voi… Nessuno di voi potrà mai sperare di
allungare le mani sullo Specchio. Se davvero
desideraste il bene, non agireste in questo modo. I vostri ideali non sono che fanatismi. C’è troppa violenza
dentro di voi. Se anche vi dicessi dov’è, non potreste mai usarlo.»
L’uomo accovacciato si sollevò
di scatto, sovrastandola.
«Hai ragione, figlia degli Elfi. In noi
c’è troppa violenza. Ma la colpa è di questa guerra, di
ciò che dobbiamo subire ogni giorno,
perché la guerra non risparmia nessuno, tende le sue dita su tutti,
nessuno può restare puro in questa vita disastrata. Perciò,
cosa cambia? Se non potremo usarlo noi, non
potrà farlo nessuno. Adesso dicci dov’è lo Specchio.»
Avanzò minaccioso verso di lei, ma la fanciulla di razza elfica non
arretrò. Lo guardò dal basso in alto con la stessa espressione
furente, per poi pronunciare chiaramente poche parole, che suonarono come una
profezia e come una condanna.
«Verrà presto l’animo puro
che potrà guardare il proprio riflesso. Verrà. Fino ad allora, nessuno lo avrà mai.»
Uno degli Uomini, il più giovane e
impulsivo, mise mano al pugnale che aveva appeso in vita.
«Piccola strega! Che
la tua maledizione muoia con te!»
Con un solo rapido gesto, scagliò il
coltello fino a far conficcare la lama nel petto della ragazzina.
La creatura dai capelli d’argento abbassò
lentamente lo sguardo sul manico del pugnale che le sporgeva dal cuore, poi
scivolò con altrettanta lentezza al suolo e rimase immobile, mentre il
suo respiro si affievoliva rapidamente.
L’uomo a capo del gruppo si
voltò verso il compagno che l’aveva colpita e gli affondò
un pugno nello stomaco, mandandolo riverso a terra.
«Idiota!», urlò,
chinandosi su di lui. «Ci serviva viva! Ora dovremo trovare un altro di
questi maledetti Elfi per estorcergli qualcosa! Prega gli dei che ci riusciamo, o pagherai con la vita questa tua
iniziativa…»
Lo tirò su con uno strattone. Il
giovane distolse subito lo sguardo e si guardò le mani aperte,
imbarazzato e terrorizzato. L’uomo lo ignorò, si sistemò il
mantello sulla spalla e si rivolse agli altri compagni.
«Via di qui. Dobbiamo perlustrare
questa foresta in ogni dove. Entro notte, Aamyan
dovrà essere nostro.»
Uno dopo l’altro, abbandonarono la
radura, lasciandosi alle spalle il corpo della ragazzina degli Elfi, senza
rivolgerle uno sguardo.
Non sentiva più il proprio corpo, né il dolore. Non
le restava molto ormai. Ma sentiva di aver assolto il
suo dovere nel migliore dei modi; non aveva rimpianti. Gli Elfi non si pentono
mai.
Rivolse lo sguardo al cielo su di sé e
sorrise. Quegli Esseri Umani non sarebbero mai riusciti a prendere Aamyan. Lo Specchio era in attesa,
aspettava pazientemente il tocco della mano pura che avrebbe potuto usarlo
nello stesso modo in cui si proponevano quegli Uomini. Ponendo fine alla
violenza, alla guerra, al flusso di sangue in cui ormai il Regno di Tomoeda era costretto a vivere.
Mentre la vita già
iniziava a scorrere via da lei, sentì un lieve rumore di passi accanto a
sé. Vide una figura china su di lei e la riconobbe all’istante,
senza sentire il bisogno di decifrare i suoi lineamenti, che alla vista le
apparivano confusi. Cercò di renderle omaggio, come era
doveroso fare.
«Mia signora…»
La Principessa Tomoyo, Dama degli Elfi, le sfiorò
le labbra e si chinò a bisbigliarle all’orecchio.
«Non parlare. Riposa. Hai avuto molto
coraggio, piccola amica mia. Lo Spirito della Foresta non si
dimenticherà di te. E nemmeno io.» Il suo
tono si fece improvvisamente duro. «Questo giorno avrà
un senso, vedrai. Il tuo gesto mi ha fatto capire. Ora so cosa devo
fare, per il bene degli Elfi e di tutto il Regno.»
La ragazzina respirò profondamente e
chiuse gli occhi, senza smettere di sorridere.
«Qualunque sia la vostra decisione, so
che sarà quella giusta. Vi auguro… Vi auguro…»
Ma il respiro le venne
meno, e all’improvviso tutto fu bianco, poi nero, e poi nulla.
Tomoyo passò tristemente una mano sugli
occhi aperti della sua piccola simile, chiudendole le palpebre, e le
posò un bacio sulla fronte rossa di sangue.
«Che il cielo
ti accolga», sussurrò.
Poi giunse le mani sul petto
di lei, e la ragazzina, semplicemente, svanì. Ora era pura anima,
e avrebbe potuto guardare per sempre, non vista, quel
mondo empio che aveva empiamente causato la sua morte.
Tomoyo del Popolo degli
Elfi si alzò in piedi e lasciò che le lacrime le scorressero sul
viso. Quante vite innocenti, quanto sangue, quanta
devastazione avrebbe dovuto tollerare ancora?
Tutte le speranze, di quei tempi, vorticavano
intorno ad Aamyan.
Ma non era per Aamyan che la piccola elfa era
morta? Non era per Aamyan che la
Foresta degli Elfi veniva ormai sempre più spesso
violata dall’Uomo? Non era per Aamyan che
l’aspirazione alla libertà sfociava nella violenza gratuita? Non
era per Aamyan che la gente, pur odiando il male,
uccideva e aveva ucciso quel giorno stesso?
Guardò il tramonto a
occidente, e le sembrò che il cielo stesso piangesse lacrime di sangue.
Si scosse. Lei sapeva cosa fare. Aveva preso
la sua decisione.
Non le restava che chiedere l’aiuto
dell’unico Essere Umano che non aveva alcun interesse per lo Specchio degli
Elfi… E sperare in quella giovane umana.
So che come inizio non è molto, ma se seguirete la storia
vedrete che tutto ha un senso, perfino episodi apparentemente insignificanti
come questo…
Desidero approfittare di questa mia nuova storia per dare
finalmente a SakuraBethovina (e a tutti coloro che fossero eventualmente interessati) il mio
indirizzo MSN: fabiana_f18@msn.com. Lo dico anche perché… Beh, sapete, come
avrete capito questa storia è ambientata in una dimensione parallela, e
per scriverla io mi sono disegnata una specie di mappa… Perciò, se
vorrete avere le idee chiare quando vi imbatterete in
descrizioni di paesi o roba del genere, potrete chiedermi la suddetta mappa, ed
io sarei felice di inviarvela tramite e-mail…
Grazie mille a chi deciderà di
recensire. A presto!
Ecco a
voi il secondo capitolo! Innanzitutto ringrazio Evans Lily, Sakura Bethovina,
Sakura182blast e Yumemi per le recensioni al Prologo…
Le vostre parole mi hanno fatto molto piacere, sono contenta che vi interessi
il fantasy e non vedo l’ora di sentirvi tutte su MSN! E poi vi dico che
da questo momento inserirò un personaggio che nell’anime
appartiene al passato, ma che qui è trasportato nella vita presente dei
protagonisti… Un’altra cosa: EVVIVA, finalmente anch’io lo
chiamo Shaoran!
Buona
lettura…
Aamyan degli Elfi
2
Il mago e il cavaliere
Vagava
tra i fumi della capanna, assorto nella preparazione di un decotto.
Avvertì le presenze dietro di sé e sorrise, ma finse di non
essersi accorto di nulla. Così, quando uno dei ragazzini gli si
gettò addosso prendendolo alla vita, lanciò un’esclamazione
di esagerato stupore.
«Dei del cielo!» Abbassò lo sguardo
sul bambino che si arrampicava su per la sua tunica. «Oh, sei tu,
piccolo… Mi hai fatto spaventare!»
Il bimbo sorrise apertamente, rivelando i vuoti di alcuni
dentini caduti.
«Sei un bugiardo, Mastro Clow! Tu sapevi che ero
io, perché sai sempre tutto!»
Il mago gli rivolse uno sguardo divertito e colpevole. Lo
prese tra le braccia e lo sollevò in aria, facendolo volare sulla
propria testa, per poi posarlo di nuovo a terra e rivolgersi alla schiera di
bambini che erano appena entrati dietro il loro piccolo amico.
«Non si può nascondere nulla a voi piccoli
apprendisti maghi.»
I bambini si raccolsero in terra attorno a lui, in semicerchio,
chiamandolo a gran voce.
«Mastro Clow, Mastro Clow, perché non ci
racconti…?»
L’uomo si portò le mani alle tempie, senza
smettere di sorridere.
«Uno alla volta! Uno alla volta, ve ne
prego!»
Quasi subito calò il silenzio. Poi il bambino che
gli si era arrampicato addosso prese la parola.
«Tutti zitti, glielo chiedo io! Mastro Clow, ci
racconti una storia?»
Il mago lanciò un’occhiata al paiolo fumante
alle sue spalle. Poi sorrise e si sedette sul pavimento davanti a loro.
«Che genere di storia volete ascoltare?»
Si scatenò di nuovo il caos.
«Una storia d’amore!», strillarono le
bambine, quasi in coro.
«No, una storia di guerra!», disse un altro
bambino.
«Cosa ci trovi nella guerra, me lo spieghi?»,
lo rimbeccò la bambina seduta al suo fianco.
«Io voglio sentire una storia di magia»,
intervenne il più piccino, parlando con un dito in bocca.
Con un gesto delle mani, il mago li calmò tutti.
Quando ebbe riottenuto il silenzio, dopo aver gettato un’altra occhiata
al paiolo, catturò la loro attenzione.
«So io cosa ci vuole. Vi racconterò una
storia vera. È una storia che parla di tutto questo: di guerra, di amore
e di magia, e anche di tanto in più. E comincia proprio qui, nella Terra
del Buio.»
I bambini si fecero più vicini, tutti tesi ad
ascoltare, e lo guardarono frementi. Clow si schiarì platealmente la
gola e iniziò il suo racconto.
«Molto, molto tempo fa, quando non c’eravate
né voi né i vostri genitori né i vostri nonni e neppure i
vostri bisnonni, il Regno di Tomoeda viveva in pace. So che è difficile
crederlo, per voi che siete abituati a crescere in un clima di guerra, eppure
è così. Più di cento anni fa, la Terra del Buio e la Terra della Luce vivevano
davvero in pace, e tra noi Esseri Umani e le razze magiche regnava
l’armonia. Questo valeva tanto per gli Angeli del Nord quanto per i Nani
del Sud e per gli Elfi dell’Est. Gli Elfi, in particolare, che vivevano e
vivono ancora nella Foresta tra la
Terra della Luce e l’oceano, erano molto legati agli
abitanti della terra vicina a loro.»
«E poi cos’è successo?», chiese
il bambino più piccolo, subito zittito da uno scapaccione della sorella
maggiore.
«Ci sto arrivando. Un giorno il Re della Terra del
Buio andò in visita dalla sua futura sposa, l’erede al trono del
Regno della Luce. I due erano felici insieme, ma prima delle nozze il Re
conobbe gli Elfi, e si innamorò perdutamente di una giovane donna di
quella razza. La fanciulla lo ricambiava, ma non potevano assolutamente stare
insieme: in primo luogo, la legge elfica vietava l’unione tra le due
razze; inoltre il Re avrebbe dovuto sposarsi di lì a breve. Così
iniziarono ad incontrarsi di nascosto…»
«Com’è romantico…»,
sospirò la bambina, e stavolta fu lei a rimediare un pizzicotto dal
fratellino.
«Ma furono scoperti», proseguì il
mago. «Il Re della Terra della Luce, padre della futura sposa, sorprese
il fidanzato della propria figlia con quella ragazza del Popolo degli Elfi, e
ovviamente andò su tutte le furie.»
«E poi?»
«E poi, beh, le due terre iniziarono a farsi
guerra.»
«Ma…» Un’altra bambina
saltò su in ginocchio. «Ma scusa, Mastro Clow, queste cose sono
successe così tanto tempo fa… Com’è possibile che la
guerra ci sia ancora? Quelle persone devono anche essere morte, no?
Perciò… Perché la guerra va avanti?»
Clow perse ogni voglia di sorridere ai suoi ascoltatori.
Sospirò profondamente e si rivolse alla bambina.
«Piccola mia, mi hai fatto una domanda davvero
intelligente. Vedi, l’animo umano è complicato… Hai ragione,
quella storia è finita da un pezzo, ma questo non ha impedito alle
incomprensioni di venire allo scoperto. In tutti questi anni si sono sommati
motivi su motivi, col risultato che la guerra va avanti così, quasi
naturalmente, come se non ci fosse nemmeno una ragione di fondo. Inoltre le
razze magiche, accorgendosi della superficialità degli Esseri Umani, si
sono allontanate da noi. Sai, la guerra spesso è solo desiderio di
imporsi sugli altri…»
Si interruppe. Tutti i bambini si sporgevano verso di
lui, con le espressioni amareggiate di chi ha avuto un’improvvisa
rivelazione sulla vita e se ne sente profondamente insoddisfatto. Il mago
sentì un flusso di tenerezza per loro.
«Mastro Clow», disse seriamente il bambino
che si era fatto portavoce del gruppo, «non c’è un modo per
fermare questa guerra? Non si potrebbe tornare come prima? Quando sarò
grande… io… Non credo che vorrò andare in guerra. Se non ne
ho nessun motivo!»
«Questo», sorrise il mago, «ti rende un
vero uomo, piccolo.»
Si alzò per controllare di nuovo il decotto sul
fuoco; lo mescolò lentamente e poi tornò a sedersi incrociando le
gambe tra i bambini.
«Sapete, forse un modo c’è per porre
fine alla guerra. Ormai questa voce si è diffusa in tutti quei gruppi di
persone che non vogliono più combattere… Immagino che non
sarà un male se lo sapete anche voi.»
«Cosa, Mastro Clow? Qual è il modo?»
«Tranquilli, tranquilli. Ve lo dirò.»
Lasciò vagare lo sguardo su tutti loro. «Vi ho parlato degli Elfi
dell’Est… Beh, a quanto pare la loro attuale Principessa ha
intessuto un’alleanza con gli Angeli del Nord. Lassù, nel paese
degli Angeli, c’è un lago pieno di un’acqua rossa che brucia
come fuoco. La Dama
degli Elfi, Tomoyo, ha chiesto agli Angeli di forgiare in quel lago uno
Specchio magico. E in effetti si dice che Tomoyo lo abbia fatto proprio nella
speranza che ciò potesse servire a far finire la guerra. Vedete, se un
Essere Umano riuscisse a guardare il proprio riflesso in quello Specchio,
avrebbe la possibilità di vedere realizzato il suo desiderio più
grande. E un desiderio potrebbe essere, che so, la pace per tutti.»
«Ooooh!» I bambini si produssero in un coro
di stupore. «Davvero?»
«Davvero», confermò Clow sorridendo.
«Ma non credete che sia facile. A quanto pare, per guardarsi nello
Specchio degli Elfi occorre essere totalmente puri di cuore. E in questo clima
di guerra, come ci si può aspettare che qualcuno sia puro?» Smise
ancora una volta di sorridere e guardò il soffitto. «Anche chi
odia la violenza non può fare a meno di ricorrervi pur di affermare i
propri ideali. Gli Elfi lo sanno, sanno che noi Uomini non siamo in grado di
usare lo Specchio, e si rifiutano di lasciarlo usare al primo che capita…
Anche perché se un Essere Umano dall’animo non totalmente puro
guardasse il proprio riflesso, morirebbe all’istante…»
Cadde il silenzio. Il mago si alzò e tornò
al suo paiolo fumante, per poi rivolgersi di nuovo ai bambini.
«Bene, ragazzi, avete avuto la vostra storia. So
che non è molto soddisfacente, ma purtroppo la realtà in cui
viviamo è questa. Ora andate pure a giocare, non lasciatevi turbare da
questi pensieri.»
Mormorando tra loro e rivolgendogli saluti pensosi, i
bambini uscirono dalla capanna. Clow voltò le spalle alla porta,
continuando a mescolare il decotto.
C’era ancora una presenza, fuori della capanna;
l’aveva percepita fin da quando i piccoli erano entrati, ma
nell’emozione del racconto non aveva capito a chi appartenesse
quell’aura. Ora, nel silenzio e nella solitudine, capì chi ci
fosse appena fuori della porta.
«Vieni pure dentro», lo invitò senza
voltarsi.
Un lieve suono di passi echeggiò sul gradino
d’ingresso e si fermò sulla soglia della porta aperta.
«Salve, Mastro Clow.»
«Benvenuto a te, giovane cavaliere.»
Il mago si voltò a guardare l’adolescente
immobile davanti alla porta. I suoi capelli castani erano colpiti dalla luce proveniente
dalla finestra ed erano solcati da riflessi dorati, ma i suoi occhi dello
stesso colore bruno restavano cupi. Clow sapeva che quella sorta di
oscurità aveva origine fin dentro l’anima del ragazzo. Lo
conosceva bene, ormai, e non aveva più bisogno di leggere i suoi
pensieri per capirlo.
«Ci sai fare con i bambini», disse il
giovane, abbandonando ogni formalità. «O forse sei solo un abile
narratore.»
Clow si limitò a sorridere, osservando il modo in
cui il ragazzo tormentava tra le dita un lembo del mantello.
«So cosa pensi», gli disse, rompendo gli
indugi. «Dunque perché non ne parli liberamente, Shaoran?»
L’adolescente alzò lo sguardo su di lui.
«Come mai non mi hai mai parlato di questo…
Specchio degli Elfi?»
«Oh, devo averlo dimenticato. Sai
com’è, l’età mi fa strani scherzi… Ad ogni
modo, non ho nemmeno pensato che fosse importante parlartene.»
«Ah, no?» Shaoran lasciò andare di
colpo il mantello, che gli ricadde dietro la schiena, scivolando giù
fino all’altezza degli stivali, in uno svolazzo. Si avvicinò
guardandolo seriamente. «Tu lo sai… Dopo tutto quello che ho
passato… Davvero credevi che non mi potesse interessare un modo, un
qualsiasi modo per far finire questa follia?»
Clow sospirò e gli voltò le spalle.
«Shaoran, la guerra è inevitabile. Bisogna
rassegnarsi. Credi forse di poter essere in grado di usare quello
Specchio?»
Shaoran lo afferrò per le spalle e lo voltò
di nuovo, e il mago si ritrovò ad un soffio dalla sua espressione
furiosa.
«Rassegnarsi?», sibilò il ragazzo.
«Hai idea di quante volte io me lo sia sentito dire? Ancora non sai che
ne sono stufo? Io non voglio semplicemente rassegnarmi. Sarebbe un
insulto… un insulto al ricordo di tutto ciò che ho dovuto
sopportare in sedici anni di vita. Un insulto ai miei ricordi, a ciò che
c’è ancora di buono nella mia mente.» Lo lasciò
andare come se si fosse scottato e gli voltò le spalle. Si diresse
spedito alla porta, poi si fermò e parlò da sopra la spalla.
«E riguardo la tua domanda… Chissà. Forse sì.»
Clow rimase immobile a guardarlo uscire.
«Te lo auguro, Shaoran», mormorò tra
sé. «Te lo auguro davvero.»
Shaoran
percorse il sentiero della capanna del mago e si fermò quando giunse ad
una larga roccia piatta. Era il posto in cui di solito sedeva a pensare, quando
la realtà e i ricordi e la prospettiva del domani si facevano
insostenibili. Momenti come questo.
Sospirò e si sedette abbracciandosi le gambe. Il
lieve vento primaverile frustava il mantello alle sue spalle e gli scompigliava
i capelli sulla fronte.
Da quel punto, il sentiero proseguiva svoltando a destra,
fino alla piazza principale della città; ma di fronte a lui c’era
un dirupo, da cui lo sguardo poteva spaziare lontano all’orizzonte.
Lo Specchio degli Elfi. Detenuto dalla Principessa
Tomoyo. Che fosse vero? Che fosse quello il modo per cancellare la guerra dal
mondo?
Ma chi voleva prendere in giro? Se anche fosse esistito
uno Specchio del genere, lui non lo avrebbe certo potuto usare… Lui non
era puro, lui uccideva…
Abbandonò la testa sulle braccia e ripercorse la
sua oscura storia.
Fin da quando riusciva a ricordare, era vissuto tra i
cavalieri. Di suo padre ricordava solo che era uno di loro, poi il buio
assoluto. Sua madre la ricordava un po’ di più, ma già il
suono della sua voce era per lui solo il ricordo di un sogno, indistinto,
inafferrabile…
Era diventato cavaliere a soli tredici anni. Un vero e
proprio primato. Nessun altro, nell’esercito della Terra del Buio, poteva
vantare un’ammissione così anzitempo nei ranghi della guardia
reale. Ma Shaoran avrebbe volentieri rifiutato quella vita, lui che odiava la
guerra, lui che per colpa della guerra aveva perso tutto… Aveva pensato
di poter essere un cavaliere per sfogare sul campo di battaglia tutta la sua
rabbia, i suoi rimpianti, il suo dolore, la sua frustrazione; ma lui non era
così, non era in grado di vendicarsi sulla strada della violenza,
perché lui quella strada la odiava profondamente…
Ripensò allo Specchio di cui aveva parlato Clow.
Buffo. Era andato da lui quel giorno solo per chiedergli in prestito un libro,
invece aveva trovato una via.
Ma era percorribile?
Era davvero giusto continuare a sperare?
Clow preferiva arrendersi, certo; ma del resto Clow era
ormai assuefatto a quella vita, non aveva più sogni, semplicemente
perché non ne aveva bisogno. Shaoran, dal canto suo, non avrebbe
sopportato l’idea di una vita così, sempre uguale, sempre intrisa
di sangue.
Si riscosse. Forse stava facendo una stupidaggine, ma in
fondo che altro aveva da perdere?
Nulla… Proprio nulla…
Si alzò in piedi e guardò verso est. Da
qualche parte laggiù c’era la Foresta degli Elfi, e forse un modo per cambiare
le cose. Probabilmente lui non avrebbe nemmeno avuto la possibilità di
toccare quello Specchio… Ma non gli importava. Preferiva andare
laggiù senza speranza, piuttosto che restare senza speranza nella Terra
del Buio.
Tornò sui suoi passi e riprese il sentiero,
diretto alle scuderie del Palazzo, per bardare il suo cavallo. E partire.
Lontano da tutto, lontano da qui… Verso un barlume
di folle illusione.
Spero
che la curiosità sia sempre viva… Io ho fatto del mio meglio!
Ehilà,
sono tornata! Mi spiace di non essermi fatta sentire per un po’…
Comunque ci tengo innanzitutto a ringraziare per i loro commenti sul precedente
capitolo Sakura182blast (grazie
mille dei complimenti… Eh, già, Shaoran è diretto proprio
dagli Elfi, chissà cosa succederà!), Evans Lily (grazie mille, amica mia, conto di sentirti presto anche
se non ho ancora risolto… Ebbene sì, mi dichiaro colpevole, la
mappa l’ho disegnata io… -///-”) e Sakura Bethovina (già, è un po’ difficile
vedere Shaoran come cavaliere, però vedrai che la sua scelta ha un senso…
Grazie mille anche a te per i complimenti!). Spero di non deludere le vostre aspettative,
ragazze.
In
questo capitolo apparirà l’eroina principale e… Beh,
preferirei non sbilanciarmi, non si sa mai!
Buona
lettura…
Aamyan degli Elfi
3
La guerriera e la Principessa
Il cervo
saltellava e sfrecciava come un’antilope, apparendo e scomparendo a
tratti quasi regolari nel fogliame del sottobosco. Si divertiva a prenderla in
giro, a cercare di confonderla. Ma lei era ben addestrata per quel genere di
preda. Si fermò tra gli arbusti e chiuse gli occhi, respirando
profondamente, cercando di percepire l’animale non con la vista, ma con
gli altri quattro sensi. Quando sentì un lievissimo spostamento di
foglie dritto davanti a sé, si portò la mano al fianco, estrasse
il coltello da caccia dalla guaina e, senza aprire gli occhi, lo scagliò
in quella direzione. Un colpo sordo e un tonfo le fecero capire che ancora una
volta il suo metodo aveva dato frutti.
Sakura riaprì gli occhi e si diresse al cespuglio
di rovi dove aveva sentito cadere il cervo. Si chinò e vide
l’animale riverso nell’erba, trafitto alla gola. Con reverenza
recuperò il pugnale e si accucciò accanto alla carcassa.
«Sono desolata, nobile creatura»,
sussurrò accarezzandone il dorso, «ma si deve pur mangiare per
vivere.»
Sciolse un altro coltello dal laccio che aveva alla vita
e, sistemandosi tra i cespugli, iniziò a scuoiare l’animale.
Era un’incombenza in cui ormai eccelleva; da che
ricordava, per sedici anni era sempre vissuta così, alla macchia,
selvaggia e, soprattutto, sola. Perciò aveva imparato presto a cavarsela
in ogni circostanza. Aveva passato gli ultimi anni a vagare per la Terra della Luce,
attraversando villaggi e città, e in quelle occasioni si era creata una
fama di guerriera ignota e inavvicinabile; ma in realtà era già
da molto tempo che la conoscevano così, ed era proprio per questo che
ora lei era perennemente in movimento: il Re di quella terra, Touya, venuto al
corrente già da qualche anno della misteriosa nomade cresciuta nei
boschi e divenuta temibile quanto un cavaliere, intendeva trovarla e
convincerla ad entrare nel suo esercito, ma lei non ne aveva la minima
intenzione. Lei era libera e selvaggia, sciolta da tutto e da tutti, e non
poteva legare la propria vita al destino di migliaia di persone. Era fermamente
decisa a tenersi al di fuori di quella guerra insulsa di cui nessuno riusciva
nemmeno più a ricordare la ragione. Lei non aveva un destino, non aveva
uno scopo; viveva, semplicemente, e tant’era.
Sakura rise tra sé, una risata amara, chiedendosi
come mai scuoiare un cervo per il pranzo le provocasse tali e tante meditazioni
sulla propria esistenza.
Quando finì di preparare l’animale alla
cottura, affastellò alcuni rami che aveva trovato precedentemente,
sistemandoli all’ombra di un alto albero. Poi, con due pietre e tanta
pazienza, iniziò a cercare di generare scintille per appiccare il fuoco.
Ci riuscì, e mentre le fiamme si stabilizzavano prese alcuni bastoni,
improvvisando uno spiedo, per poi tagliare la selvaggina a pezzi e disporli
finalmente a cuocere.
Poco dopo il cervo era cotto e fumante, e Sakura si
riempiva lo stomaco, con la schiena contro la dura corteccia e le gambe
raccolte contro il corpo.
«Ti soddisfa davvero mangiare una creatura vivente?»
Al suono della voce, Sakura balzò in piedi,
impugnando di nuovo entrambi i coltelli, e prontissima ad usarli. Si
allontanò dall’albero, guardandosi intorno, finché i suoi
occhi si posarono su una figura, apparentemente apparsa dal nulla, che si stava
avvicinando.
Era una ragazza, forse della sua età. Lunghissimi
capelli scuri le fluivano morbidi sulle spalle, e gli occhi, di una sfumatura
tra il blu e il viola, erano incredibilmente penetranti. Indossava un abito
modesto, in tessuto leggero, ma aveva un’aria innaturalmente celestiale.
Sakura la fissò sbalordita, chiedendosi chi diavolo fosse. Rendendosi
poi conto che l’estranea non costituiva una minaccia, abbassò le
armi.
«Si dà il caso», sbuffò,
«che non si tratta affatto di una creatura vivente, non più, dal
momento che per mangiarla l’ho uccisa.»
La ragazza sconosciuta le si avvicinò ancora, con
un’espressione vagamente contrariata, ma non aggiunse altro. La
guardò da capo a piedi, come se volesse valutarla, prima di parlare di
nuovo.
«Tu sei Sakura, la guerriera senza radici.»
Non era una domanda; Sakura ebbe l’improvvisa
sensazione che la sconosciuta sapesse tutto di lei. La guardò di
rimando, incrociando le braccia.
«Esatto. Posso sapere chi sei tu?»
L’altra le sorrise, enigmatica.
«Non so se mi crederai…»
Sakura iniziava a spazientirsi.
«Beh, vediamo… Se non me lo dici non potrai
saperlo, giusto?»
«Giusto.» La ragazza tornò seria e
assunse un tono grave. «Bene, allora, siamo sincere fino in fondo. Io
sono Tomoyo, Dama degli Elfi, Principessa della Foresta d’Est. E sono
venuta a cercarti perché ho bisogno di te.»
Immediatamente sulla pianura calò il silenzio.
Sakura la fissava interdetta e incredula. Poi la sorpresa
lasciò il posto allo scetticismo e al rifiuto. Ma come poteva
aspettarsi, quella ragazza, che lei le credesse? Chi si credeva di essere?
«Ma davvero? Non sembri affatto un Elfo»,
proruppe, pungente.
La fanciulla che affermava di chiamarsi Tomoyo sorrise di
nuovo.
«Quanti Elfi hai visto nella tua vita,
Sakura?»
Colpita nel vivo, la giovane senza patria sbuffò.
«Non ho bisogno di vederne uno per sapere che sono
diversi dagli Esseri Umani. E tu, chiunque tu sia, sembri in tutto e per tutto
un’umana.»
«Non posso darti torto. Ma del resto, questo non
è il mio vero aspetto. Ho assunto una forma umana per mostrarmi a te in
modo da non turbarti. Sakura, ascoltami: io ho davvero bisogno del tuo
aiuto…»
Nella sua voce era comparsa una traccia di urgenza.
Incerta, Sakura la guardò negli occhi. Sembrava davvero sincera. Senza
contare che il suo sguardo decisamente non era umano. Occhi così
penetranti non sembravano nemmeno appartenere a questo mondo…
«Cosa potrebbe mai volere da me la Principessa degli
Elfi?», la provocò ancora.
Lei sospirò profondamente.
«Dovrò raccontarti la mia storia, Sakura. Ti
prego di ascoltarmi fino in fondo.» Si sedette nell’erba,
allargando attorno a sé il vestito, e con la mano colpì il suolo.
«Vieni qui.»
Ancora diffidente, Sakura si sedette a una certa distanza
da lei, allacciandosi controvoglia i coltelli in vita.
Tomoyo, o chiunque fosse, sospirò di nuovo e la
guardò, iniziando poi il suo racconto.
«Nacqui dalla stirpe elfica… sedici anni fa,
secondo la tua concezione del tempo. Venni in questo mondo in cui la componente
essenziale della vita degli Uomini sembra essere diventata la guerra. Appresi
molto presto la storia della donna appartenente al mio popolo che, pur
involontariamente, insieme ad un uomo causò l’inizio di questo
scempio, e subito mi dissi che doveva pur esserci un modo per cancellare quella
storia, per evitare tutto questo dolore, per andare avanti… sebbene
sapessi che la pace sarà sempre una condizione difficile da mantenere,
ora che l’Uomo ha messo in gioco le proprie ambizioni, ora che i tempi
sono diversi e che ciò che conta è solo il potere.» Abbassò
lo sguardo, lisciando una piega nell’abito bianco da popolana. «Ma
non mi importava. Volevo fare qualcosa, qualsiasi cosa, per il Regno. Fu
così che decisi di andare dagli Angeli.»
Sakura la fissò, incapace di reagire. Angeli?
«Comprendo il tuo stupore. Gli Angeli sono ormai
una razza quasi sconosciuta all’Uomo. Eppure, è dall’unione
degli Angeli con gli Elfi che sono nati gli Esseri Umani… Essi vivono in
una regione senza nome all’estremo nord del Regno. La loro saggezza non
ha eguali, ma sono anche estremamente orgogliosi, e da quando è iniziata
la guerra tra le due terre hanno rifiutato ogni contatto con le altre genti,
reputandosi il migliore dei Popoli, l’unico meritevole di
salvezza.» La ragazza scosse lentamente la testa. «Non mi importava
nemmeno di questo. Avevo bisogno della loro conoscenza, e delle loro arti, ben
superiori a quelle degli Elfi. Mi recai da loro e chiesi umilmente di stabilire
un’alleanza tra le nostre due razze. Fortunatamente mi ascoltarono, e
questo mi servì per chiedere loro se ci fosse un modo per far cessare
ogni guerra nel Regno. Mi dissero di sì. Così nacque
Aamyan.»
Totalmente dimentica della confusione in cui
l’aveva gettata la notizia dell’esistenza degli Angeli e del loro
ruolo nella nascita dell’Uomo, Sakura assaporò il dolce suono di
quel nome, intriso di un qualche piacevole mistero capace di parlare alla sua
anima. Lo ripeté mentalmente a se stessa, mentre Tomoyo seguitava con la
sua storia.
«Si trattava di uno Specchio magico, che poteva
essere usato solo dagli animi più puri. Gli Angeli dissero che solo se
un Essere Umano dal cuore puro avesse guardato il proprio riflesso in Aamyan e
avesse desiderato la fine della guerra, questa sarebbe cessata. E così
io divenni la detentrice dello Specchio, la cui esistenza divenne presto nota a
pochi saggi delle Terre della Luce e del Buio, fino a giungere
all’orecchio di coloro che si rifiutavano di combattere. Puoi immaginare
come molti si siano decisi a tentare di specchiarsi…»
Sakura annuì vagamente, attenta.
«Tuttavia», sospirò Tomoyo,
«molto spesso, esaltando un valore, si diventa ipocriti. Gli Uomini che
intendevano rifuggire dal male del Regno diventavano impuri, quando si
profilava l’eventualità di usare Aamyan. Pur di giungere ad esso,
ricorrevano ad ogni genere di violenza. E ciò ovviamente li rendeva
indegni di riflettersi nello Specchio.»
Tomoyo si interruppe improvvisamente. Ci fu una pausa,
poi guardò di nuovo Sakura in viso e le sorrise.
«Percepisco la tua incredulità, e la
capisco. Per dimostrarti che non mento, ti mostrerò la prova delle mie
parole.»
Sakura la vide unire le mani, chiudendo gli occhi, e vide
le sue labbra muoversi silenziosamente. Quando la giovane disgiunse le dita,
una luce improvvisa brillò tra le sue mani, inducendo Sakura a chiudere
gli occhi per non restare accecata da tanta intensità. Quando la ragazza
riuscì a sollevare le palpebre e ad abituarsi alla luce, distinse una
figura aleggiare all’altezza del petto di Tomoyo. Trattenne il fiato,
rendendosi conto che si trattava di uno specchio.
«Guarda», disse Tomoyo, e come animato di
vita propria l’oggetto volò verso Sakura.
La luce si diradò, e lei poté finalmente
distinguere il manufatto finemente lavorato e intarsiato di gemme. Lo Specchio
rimase sospeso davanti ai suoi occhi, ma non le permise di guardare il proprio
riflesso. Sakura ebbe la certezza che se lo avesse fatto le sarebbe successo
qualcosa di terribile.
Poi, lentamente, Aamyan tornò tra le mani di
Tomoyo e svanì com’era apparso.
Stordita, Sakura incontrò lo sguardo della Dama
degli Elfi.
«Ma… Ma io cosa c’entro con tutto
questo?», articolò, sempre più confusa.
Tomoyo si rabbuiò e riprese a parlare in tono
sommesso.
«Molte cose mi hanno fatto capire che Aamyan deve
essere distrutto.»
«Che cosa?» Sakura si sentì crollare
addosso il cielo. «No! Potrebbe far finire la guerra… Perché
vuoi farlo?»
«Perché è giusto. Uomini ed Elfi
continuano a morire per questo Specchio; gli uni per averlo indegnamente, gli
altri per difenderlo dagli indegni. Io non posso più permetterlo. Mi
capisci? Aamyan fu creato per contrastare la violenza… Che senso ha, ora
che invece ne genera di nuova?»
Sakura non disse nulla. Credeva di capire cosa intendesse
la Principessa.
«Ho deciso di riportarlo nella terra degli
Angeli», continuò Tomoyo, «e di fonderlo nello stesso lago
di acqua lavica dove fu forgiato. Ma per giungere fin lì ho bisogno del
tuo aiuto, Sakura, poiché tu, così libera e priva di vincoli, sei
forse l’unica umana in questo Regno totalmente disinteressata ad Aamyan,
e io posso fidarmi solo di te.»
Calò di nuovo il silenzio. Sakura evitava lo
sguardo della Dama degli Elfi, sentendosi totalmente inadeguata. Alla fine
sbottò, lasciando emergere la propria confusione.
«Io dico che ti sbagli. Non sono adatta a questo
genere di compito. Io non c’entro niente, ecco tutto. E poi… E poi,
l’hai detto tu stessa, io sono priva di vincoli: perché dovrei
decidere di seguirti, di aiutarti a distruggere quel dannato Specchio, se
questa storia non mi riguarda?»
Tomoyo si alzò in piedi. Sakura continuava a non
guardarla, ma si sentiva addosso il suo sguardo, insistente come una lama rigirata
in una ferita aperta. Poi Tomoyo parlò di nuovo.
«Cambierebbe qualcosa se ti dicessi che io so chi
sei?»
Sakura si voltò di scatto a guardarla, alzandosi
velocemente a sua volta.
«Come hai detto?»
«Io so chi sei, Sakura.» Tomoyo la guardava
duramente. «Io conosco il tuo passato. Posso mettertene a conoscenza, se
lo desideri. So che ti fai tante domande. Vuoi sapere da dove vieni, non
è così?»
Sakura non riusciva a parlare. Si limitò a
fissarla, sentendo il cuore rimbombarle nelle orecchie. Si avvicinò a
Tomoyo, la cui espressione si addolcì.
«Le tue origini sono proprio lassù, nel
paese degli Angeli. Tu nascesti da uno di loro, che fu irretito dalle grazie di
una donna umana. La tua nascita fu causa di scandalo per entrambe le razze. Tuo
padre fu bandito dai suoi simili, tua madre fu rinnegata dalla sua famiglia ed
esiliata dalla Terra della Luce. I segni erano così infausti che su di
te fu enunciata una profezia, dall’esito certamente negativo… Ma
ormai nessuno la ricorda più, perché tutti fecero
l’impossibile per spazzare via il ricordo di quello che veniva
considerato un errore. Ed è per questo che sei cresciuta sola e
libera… e disinteressata. E questo, tuttavia, al momento non può che
essere un bene. Tu infatti sei l’unico Essere Umano rimasto incorrotto,
non toccato da questa guerra; sei la sola che potrebbe forse utilizzare
Aamyan… Ma so che non lo vuoi. So che senti che la tua vita è
vuota, che credi di non avere uno scopo. Lo so, e lo rispetto. Ma io ho bisogno
di te, Sakura. Ti prego di aiutarmi.»
Ancora una volta Tomoyo tacque e cadde il silenzio.
Sakura si scoprì improvvisamente gli occhi pieni
di lacrime. Una vita intera senza sapere nulla di sé, e adesso…
Tomoyo aveva ragione: non le importava praticamente nulla
della guerra, di Aamyan, del Regno; lei era disinteressata a tutto questo, ma
non poteva ignorare il fatto che ora anche lei aveva un passato.
Non si curò di asciugarsi gli occhi. Invece, li
fissò in quelli di Tomoyo, maturando una decisione. Ora si sentiva
legata da qualcosa di indefinibile a quella ragazza che regnava un popolo. E
poi… La terra degli Angeli, la terra di quello che era stato suo
padre…
«Non so bene perché lo faccio»,
mormorò bruscamente. «Ma verrò con te.»
Tomoyo le sorrise. Sakura non ricambiò, ma si
voltò verso i resti del fuoco e li spense col tallone, iniziando da
subito a prepararsi per il viaggio che l’aspettava.
Vorrei precisare
una cosa. Descrivendo Sakura come una guerriera senza radici è
inevitabile che lei risulti diversa da come appare tradizionalmente nell’anime
il suo personaggio. Spero che non me ne vogliate, però ovviamente non
è escluso che lei possa cambiare secondo le circostanze e… gli
incontri! Ehm, sto dicendo troppo!! ^^
Appuntamento
al prossimo capitolo… Spero il più presto possibile!
Ecco
pronto il quarto capitolo. Come prima cosa saluto e ringrazio vivamente Evans Lily (troppo buona, troppi
complimenti, più del solito! Ebbene sì: dal titolo troverai la
risposta alla tua domanda…), Sakura182blast
(grazie come sempre, sorellina, mi ha fatto molto piacere il tuo commento!)
e Pikki SakuraChan (come ti capisco,
anch’io ho un sacco di problemi con la rete! Comunque sono contenta che
la mia storia ti piaccia e mi piacerebbe sentirti anche su MSN, che ne dici?).
Adesso,
come sempre, vi auguro buona lettura!
Aamyan degli Elfi
4
Incontri
Shaoran
cavalcava senza posa. Non riusciva più a ricordare l’ultima volta
in cui si era fermato a riposare o a mangiare un boccone. Aveva con sé
una bisaccia ancora mezza piena, e aveva appena finito di metter mano alle
provviste, senza nemmeno scendere di sella. Non sapeva neanche lui
perché fosse tanto ansioso di giungere presto alla meta.
Era in viaggio da una settimana circa. Il giorno in cui
aveva visto Clow per l’ultima volta e lo aveva sentito raccontare ai
bambini della città la storia dello Specchio degli Elfi, subito dopo
essere tornato alle scuderie a preparare il suo cavallo, era partito senza
guardarsi indietro. Dopo un paio di giorni aveva varcato il confine, evitando i
posti di guardia dei suoi conterranei: si era sentito un disertore, un traditore
della patria; non aveva detto nulla della sua partenza che sapeva di fuga ai
suoi compagni d’armi, né alla Principessa Meiling, alla cui scorta
era stato recentemente assegnato. Ma sapeva che era giusto così, e se
doveva essere considerato un disertore, poco importava, perché lui non
si sentiva più in grado di servire nessuno, nemmeno se stesso.
Costeggiando il fiume si era dunque inoltrato nella Terra
della Luce. Non si era aspettato di vedere nulla di diverso rispetto alla
propria terra, e in effetti le poche persone che aveva incontrato avevano gli
stessi sguardi spenti, le stesse mani sporche di sangue, le stesse diffidenze
degli abitanti della Terra del Buio. Lo spettro della guerra produceva su tutti
gli stessi inconfondibili effetti. Ancora una volta aveva evitato i luoghi in
cui era più facile incontrare soldati o cavalieri, ma si era tenuto alla
larga anche dagli occhi curiosi dei contadini. Quando il fiume aveva svoltato a
sud con un lungo braccio esteso fin quasi all’estremo confine del Regno,
Shaoran aveva proseguito verso est, nella trepidante attesa di vedere stagliate
all’orizzonte le lontanissime chiome della Foresta degli Elfi.
Era ormai passato il crepuscolo, e la luce che
rischiarava il suo cammino proveniva unicamente dalle stelle, quando Shaoran
fermò il cavallo e smontò per proseguire a piedi, sgranchendosi
finalmente le gambe, in cerca di un posto dove passare la notte.
Camminava lentamente, cercando di riabituarsi alla
sensazione di tenere i piedi a terra dopo la lunga cavalcata. Si sentiva
sfinito, fisicamente e interiormente.
Dove lo avrebbe portato quel viaggio? Possibile che
stesse davvero seguendo le orme di uno Specchio in grado di realizzare i
desideri degli animi puri? Ma lo avrebbe mai trovato? E chi avrebbe potuto
usarlo? Mille domande senza risposta gli turbinavano nel petto, togliendogli
quasi il respiro.
Cercò di scuotersi e di allontanare quei pensieri.
Al momento doveva solo preoccuparsi di dover passare un’altra notte all’addiaccio.
Si mosse con più decisione, tirando dolcemente il cavallo per le redini,
finché gli sembrò di vedere una debole luce, lontana tra gli
alberi. Cautamente, si diresse in quella direzione.
Sakura
ingoiò un pezzo di carne di daino e si soffermò con lo sguardo su
Tomoyo.
«Sei sicura di non volerne assaggiare?»
La ragazza che non era umana le sorrise e scosse la
testa.
«Ti ringrazio, ma gli Elfi non tollerano di
nutrirsi di carne animale. Gli animali sono creature come noi, e non potremmo
mai nemmeno pensare di ucciderne uno, figurarsi di mangiarli. Ma so che la tua
razza la pensa diversamente, e ancora una volta rispetto le scelte di chi
è diverso da me e dalla mia specie.»
Sakura abbassò lo sguardo sulla sua cena, a
disagio. Scuotendo la testa, addentò un altro boccone e lo
masticò assaporandolo a fondo, osservando la Dama degli Elfi intenta nella
preparazione di uno strano intruglio di erbe e radici commestibili e frutti
raccolti lungo la strada, e rallegrandosi in cuor suo di non essere vegetariana.
Era passato solo un giorno da quando aveva incontrato
Tomoyo, eppure aveva l’impressione che lei la conoscesse da sempre.
Sembrava leggerle dentro con estrema facilità, e più di una volta
Sakura si era chiesta se gli Elfi non potessero anche leggere nel pensiero. E
quegli occhi… Quegli occhi avevano l’indubbia capacità di
stregarla. Che fosse per questo che aveva deciso di accompagnarla?
Perché davvero Sakura ancora non riusciva a capire
come avesse potuto lasciarsi convincere. Lei era totalmente indifferente al
resto del mondo, perché era sempre stata sola, in opposizione
all’insieme del mondo circostante; era così disinteressata e
neutrale che non sentiva nemmeno il bisogno di voler tentare di guardare il
proprio riflesso nello Specchio degli Elfi e desiderare la fine della guerra,
né tanto meno di esprimere un qualsiasi altro desiderio. Eppure a quella
fanciulla che governava un popolo misterioso e sapeva tutto di lei, finanche
ciò che lei stessa ignorava, non aveva saputo dire di no. E forse era
proprio questo che l’aveva legata a Tomoyo, il fatto che lei la
conosceva, e il fatto che si stava dirigendo in quella che, come aveva appena
scoperto, era la terra delle sue origini. O forse c’era dell’altro?
Sakura scrollò le spalle mentre terminava la sua
cena. Aspettò che anche Tomoyo si fosse rifocillata con il suo cibo,
prima di accoccolarsi contro la grossa radice d’albero su cui era stata
seduta, cercando una posizione per addormentarsi.
All’improvviso sobbalzò, alzandosi di nuovo
a sedere, attenta.
Dei passi si avvicinavano tra gli alberi, con suoni lenti
e pesanti. Stivali. E zoccoli di cavallo.
Sakura si voltò verso Tomoyo e vide sul suo viso
la sua stessa attenzione. Le fece segno di tacere, poi si alzò
silenziosamente, spense le ultime fiamme del fuoco che aveva acceso per cuocere
il daino e andò a prendere Tomoyo per un braccio, nascondendosi con lei
in un intrico di cespugli.
Attesero in silenzio.
Shaoran
fermò il cavallo e si guardò intorno. Il bagliore che aveva
intravisto e seguito era scomparso. Fece ancora qualche passo e presto si
accorse che la luce delle stelle colpiva i resti di un piccolo falò.
Si avvicinò lentamente e ispezionò il posto
con lo sguardo. Qualcuno doveva essersene andato di lì da poco. Si
chinò accanto ad una robusta radice di un albero, e in quel momento i
suoi sensi addestrati dal campo di battaglia percepirono un movimento.
All’erta, finse di concentrarsi sul fuoco spento, ma i suoi occhi erano
chiusi, la mano contratta sulla spada nel fodero appeso alla cintura, tutto il
corpo teso per capire da quale direzione provenisse il… qualcosa.
D’un tratto, ebbe la netta consapevolezza di una
presenza.
Si voltò di scatto e sollevò la spada
all’altezza degli occhi, contrastando appena in tempo un colpo di pugnale
diretto alla sua testa. Si alzò e tenne la spada contro il coltello, ma
non sentì il misterioso nemico arretrare. Quando le due lame si
abbassarono, consentendogli di guardare in faccia l’avversario, Shaoran
si ritrovò a ricambiare lo sguardo di due occhi di una stupefacente tonalità
di verde.
Una ragazza…
Shaoran si tirò indietro di scatto. La giovane che
lo aveva attaccato gli fu di nuovo addosso, puntandogli alla gola quello che si
rivelò essere un coltello da caccia, e si fermò con il viso
vicinissimo al suo, guardandolo con furore.
«Mai abbassare la guardia, straniero», gli
soffiò sul volto.
Shaoran scoprì di avere il respiro ansante. Non si
mosse, non reagì in alcun modo, e forse approfittando di questa sua
mancanza di reazione la ragazza lo spinse contro l’albero, con sorprendente
energia, continuando a tenerlo a portata di lama.
«Chi sei?», disse ancora. «Ci stavi
seguendo?»
Senza distogliere gli occhi dai suoi, Shaoran
spostò lentamente il braccio di lei. Stranamente, la ragazza non fece
resistenza. Sembrava perplessa, ma decisa a non darlo a vedere.
«Non ti ho mai vista prima», mormorò
il cavaliere. «Non so nemmeno con chi sei. Come potrei avervi seguito,
chiunque siate tu e i tuoi compagni?»
La sconosciuta lo fissò furente. Shaoran la
osservò. Doveva avere la sua età; aveva corti capelli castano
chiaro e vestiva come una guerriera. Eppure il suo sguardo non era quello di
una persona che conosceva la guerra… Era troppo vivo.
«Non hai risposto alla mia prima domanda,
straniero. Chi sei?»
Shaoran incontrò di nuovo quegli occhi verdi. E
guardandoli, non riuscì a non essere sincero.
«Un cavaliere della Terra del Buio.»
L’espressione di lei fu attraversata da un breve
lampo di sorpresa, poi rimontò la collera. Brandì di nuovo il
coltello, mirandolo alla sua faccia.
«Quand’è così, non sei il
benvenuto qui nella Terra della Luce.»
«Fermati, Sakura.»
Shaoran non aveva idea di chi avesse parlato. Vide la
giovane guerriera immobilizzarsi, poi voltarsi verso un punto imprecisato alla
sua destra, e seguendo il suo sguardo scorse una seconda fanciulla, il cui
colorito diafano e il cui vestito bianco sembravano riflettere la luce di tutte
le stelle del mondo.
La nuova arrivata si avvicinò alla ragazza e le
abbassò il braccio armato di coltello, poi guardò Shaoran. Il
giovane si sentì stranamente smascherato da quello sguardo, come se
andasse ad indagargli fino in fondo all’anima.
«Cosa cerchi lontano dal tuo esercito, cavaliere
della Terra del Buio?»
Shaoran la guardò, poi tornò a guardare la
guerriera. Erano due adolescenti come lui, e non c’era motivo di mentire,
loro non potevano costituire una minaccia… E poi quegli sguardi, quegli
sguardi non meritavano bugie…
«Va bene, ve lo dirò. Cerco gli Elfi.»
Le due si scambiarono uno sguardo, e Shaoran non seppe
decifrare quel che si dissero con quella breve occhiata.
«Una ricerca difficile», disse poi la ragazza
vestita di bianco, tornando a guardarlo. Nella penombra, sembrava quasi
sorridere. «Me ne domando il motivo…»
Il cavaliere andò di nuovo con gli occhi
dall’una all’altra. Non sapeva perché, eppure sentiva di
potersi fidare di loro, di poter parlare liberamente. Sospirò, si
appoggiò all’albero alle sue spalle e cominciò a parlare
senza più guardarle apertamente in viso.
«È una storia lunga. Sappiate solo che sono
venuto a conoscenza di un… uno Specchio, appartenente alla Principessa
degli Elfi… Si dice che se un Essere Umano riuscisse a guardare il
proprio riflesso in quello Specchio potrebbe realizzare il proprio desiderio
più grande, o qualcosa del genere. E io… Io so di non esserne degno,
e non mi aspetto nemmeno di poter parlare con gli Elfi, ma… Ma se solo si
potesse… Vorrei solo che tutto questo finisse… Vorrei che il Regno
possa conoscere la pace che per troppo tempo gli è stata negata.»
Calò il silenzio. Fu la voce della guerriera a
romperlo.
«Siamo al corrente di quella storia. Ma tu, un
cavaliere, dedito alla guerra, perché mai dovresti volere la
pace?»
Shaoran sollevò il viso e incontrò i suoi
occhi. Parlò con voce vibrante di sentimenti repressi ma mai spenti.
«Credimi, non c’è altro che io voglia
a questo mondo. Sono un cavaliere, è vero, ma non ho esitato a voltare
le spalle alla mia condizione, non appena mi si è presentata
questa… strada… questa speranza. Non posso più sopportare le
battaglie e il sangue e il fatto che il mio destino sembra essere già
tracciato perché deciso da altri. No, io voglio cambiare le cose. Puoi
non credermi, se vuoi, ma è così. E non so nemmeno perché
ora sto qui a cercare di spiegarlo a due sconosciute.»
La giovane dagli occhi verdi sosteneva il suo sguardo, ma
la sua espressione non mostrava più la collera di poco prima. Era
evidente che si stava chiedendo chi fosse mai quel cavaliere di un paese nemico
che era arrivato all’improvviso con una storia non totalmente detta di
ricordi e paure.
Poi la ragazza con il vestito bianco prese la compagna
sottobraccio e si rivolse a Shaoran.
«Perdonaci, cavaliere, ma io e la mia amica
dobbiamo parlare. Ti prego di aspettarci.»
Shaoran rimase a guardarle allontanarsi, due sconosciute
con cui si era aperto senza esitazioni, due ragazze che probabilmente non
avevano idea di ciò che lui provava davvero ogni volta che pensava allo
Specchio degli Elfi. Sospirò di nuovo e rimase così, con le
spalle all’albero, gli occhi persi nel cielo della notte piena dei suoi
fantasmi.
Sakura
si fermò e si voltò a guardare Tomoyo.
«Io e la mia
amica dobbiamo parlare?», sbuffò. «Però,
convincente.»
Tomoyo la ignorò e, sporgendosi tra gli alberi
dietro i quali si erano fermate, guardò il giovane cavaliere.
«Che ne pensi, Sakura?»
Lei sbuffò di nuovo e si mise al suo fianco,
sbirciando a sua volta il ragazzo dagli occhi e i capelli castani.
«Penso che ci sta nascondendo qualcosa.
Innanzitutto, non è un po’ troppo giovane per essere un
cavaliere?»
«A volte il valore non ha nulla a che vedere con
l’età.»
«Va bene, come vuoi. Ma il fatto che si stia
dirigendo alla tua Foresta da solo non è normale. Solo, niente armatura,
niente difese… Insomma, uno non può farcela così, con un
viaggio totalmente improvvisato. Secondo me c’è sotto qualcosa. Magari
ha tutt’altre intenzioni. Ad ogni modo, io dico che dovremmo
liberarcene.»
«Ah, davvero? E cosa intendi fare?
Ucciderlo?»
Sakura non rispose. Continuò a guardare il
ragazzo; il cavallo che aveva lasciato poco distante gli si era avvicinato, e
ora lui, rinfoderata la spada, gli accarezzava lentamente il muso. Aveva
l’aria di una persona che non ha nulla e che per questo non ha paura di
mettersi in gioco e di continuare a perdere. Le ricordava un po’ se
stessa…
«Sakura», mormorò Tomoyo,
«guarda i suoi occhi. Ti assicuro che quel ragazzo non mente. Se lo
guardi, puoi capirlo anche tu. Odia la guerra, e vuole farla finita, ecco
tutto. Il suo animo è davvero puro.»
Esasperata, Sakura si voltò verso di lei.
«E allora? Noi che cosa dovremmo fare? Dargli lo
Specchio? Senti, solo ieri mi hai chiesto di aiutarti a distruggerlo. Mi hai
detto che ormai genera solo altra violenza, che non vale la pena continuare a
sperarci. Non mi dire che è bastato questo… sconosciuto dal cuore
puro per farti cambiare idea!»
«Non ho detto questo, infatti.»
«Ma…?»
«Ma…» Tomoyo distolse gli occhi dal
cavaliere della Terra del Buio e la guardò con aria sognante. «Ma
voglio dargli una possibilità. Mi fido di lui. Ascolta: gli diremo che
gli Elfi si sono trasferiti a nord, dagli Angeli, e che anche noi stiamo
andando lì. Gli proporremo di viaggiare insieme…»
«Cosa?»
«… E arrivati a destinazione, vedremo se il
suo cuore si sarà dimostrato tanto puro da poter usare Aamyan. Altrimenti,
distruggeremo comunque lo Specchio, quando sarò convinta che non
c’è più alcuna speranza perché l’Uomo possa
averlo.»
Sakura la guardava sconcertata. Dopo un breve silenzio,
sospirò e scosse la testa.
«Io proprio non ti capisco. Hai bisogno di
portartelo dietro fin lassù? Non puoi semplicemente capire già da
ora se è degno o meno di ciò che intende fare?»
«Sakura, non è questo il punto. Io vedo ogni
merito in quel ragazzo, e del resto credo che chiunque possa leggerglielo
nell’espressione. Ma l’Uomo è una creatura complessa. Il
più delle volte cambia per un nonnulla, perché vede diverse
opportunità che lo conducono alla stessa meta attraverso percorsi
differenti… Gli Esseri Umani che finora hanno tentato di avvicinarsi ad
Aamyan erano animati tutti da intenzioni nobili e sincere, ma poi la sorte li
ha mossi a suo piacimento… Io posso osservare e comprendere l’animo
umano, ma non posso prevedere il futuro. Non sono in grado di vedere fino a che
punto quel giovane manterrà la sua purezza di spirito, e se e quando si
lascerà invece scivolare in una strada più facile da percorrere,
sporca del male, come tanti hanno fatto prima di lui e come tanti faranno
ancora.»
Sakura si portò le mani alle tempie, esausta.
Tutto questo era troppo, per lei. Di solito non doveva preoccuparsi che di
sopravvivere; ora, invece, si sentiva spossata da mille pensieri da
fronteggiare, segreti da mantenere, enigmi da capire. Sospirò di nuovo.
«E va bene. Facciamo come vuoi tu.»
Shaoran
aveva gli occhi chiusi, la guancia contro il collo caldo e vivo del suo
cavallo, una mano aggrappata alla sua criniera come ad un’ancora di
salvezza, l’altra affondata nella tasca dei larghi pantaloni. Si sentiva
totalmente sperduto, lanciato in un viaggio insensato, spogliato di fronte a
persone mai conosciute prima e illuso in un’aspettativa troppo grande e
misteriosa. Forse non era stata una buona idea svelarsi così con le due
estranee che aveva incontrato sulla sua strada. Forse stava facendo una
sciocchezza dietro l’altra. I ricordi che il racconto gli aveva evocato
alla mente, i duri e vividi motivi del suo disprezzo per la guerra, non
contribuivano a dargli coraggio…
Percepì i passi leggeri delle due ragazze che
tornavano ad avvicinarsi e aprì gli occhi.
Sembravano così diverse. L’una così
impetuosa, l’altra così tranquilla. Eppure entrambe erano riuscite
in qualche modo a farsi strada nella breccia eretta intorno alla sua memoria,
inducendolo a mostrare le sue più remote debolezze.
Le due si fermarono. Shaoran vide che la guerriera dagli
occhi verdi si riallacciava il coltello in vita, senza guardarlo.
«Cavaliere», disse l’altra fanciulla,
«noi sappiamo qualcosa che tu non sai.»
Neutro, Shaoran spostò lo sguardo sul suo viso
candido quanto il suo abito.
«Gli Elfi che tu cerchi non vivono più nella
Foresta.»
Il ragazzo sentì che il cuore gli saltava un
battito. Si allontanò dal cavallo e dall’albero, concentrandosi su
di lei.
«Lo Specchio di cui parli ha causato molte lotte,
molte brame, e gli Elfi si sono allontanati da tutto questo e dalla Terra della
Luce, dirigendosi a nord, nella regione abitata dagli Angeli. Ed è
proprio lì che noi due siamo dirette.»
«Voi…» Shaoran la guardò
confuso. «La terra degli Angeli? Esiste davvero? Credevo fosse solo una
leggenda per spiegare le origini dello Specchio…»
«Oh, no, niente affatto.» La ragazza sorrise,
e la tensione intorno a loro sembrò allentarsi. «Anche noi, come
te, cerchiamo un modo per sfuggire all’ombra della guerra, e intendiamo
conferire con gli Elfi. Crediamo nella tua sincerità, e vorremmo
offrirti di viaggiare insieme.»
Sbalordito, Shaoran guardò da lei alla guerriera.
Era quello il motivo di tutto quel mistero? Cercavano di capire se potevano
fidarsi di lui?
In quel momento, la ragazza che aveva cercato di ferirlo
si voltò a guardarlo. Occhi verde giada. Sotto il suo sguardo, Shaoran
provò l’assurda sensazione di gettarsi nel vuoto.
«Per me sarebbe un onore», mormorò in
risposta, senza distogliere gli occhi dalla guerriera.
L’aria
della notte era divenuta rapidamente fredda. Sakura accese un altro fuoco e
rimase a lungo accosciata accanto alle fiamme, scaldandosi le mani. Poco
lontano, Tomoyo era già profondamente addormentata. Sakura
sospirò tra sé, chiedendosi se l’idea della Principessa
elfica si sarebbe rivelata determinante, se c’era ancora un qualche
diritto di sperare in Aamyan e in un animo puro. Quel pensiero la indusse a
voltarsi verso il ragazzo.
Il cavaliere adolescente era seduto contro la stessa
radice vicino alla quale lei stava cercando di addormentarsi appena prima di
incontrarlo. I riflessi del fuoco infiammavano di riverberi i suoi capelli castani
e sembravano cancellare le ombre nei suoi occhi, che sembravano
irrimediabilmente distanti, anche se erano fissi su di lei.
A disagio, Sakura si allontanò dal fuoco e
appoggiò la schiena all’albero, piegando le gambe tra le braccia.
«Non hai bisogno di dormire, guerriera?»
Si voltò a guardare il ragazzo. Certo che ne aveva
bisogno, avrebbe voluto rispondergli; se solo lui avesse smesso di guardarla
con tanta insistenza…
«Non molto. E nemmeno tu, a quanto vedo.»
Finalmente lo vide distogliere lo sguardo. Lo aveva messo
in difficoltà, e ne provò un’inspiegabile, intima
soddisfazione, che però scemò subito. Lo sconosciuto sembrava
tormentato da demoni impossibili da evitare.
«Il tuo nome è Sakura, vero?» Lui
parlò senza guardarla. «Ho sentito la tua amica chiamarti
così… mentre cercavi di uccidermi.»
Di nuovo a disagio, Sakura si limitò ad annuire.
«Lei si chiama Tomoyo», disse, preferendo
parlare di altri che di se stessa.
Il cavaliere si voltò, con un’espressione di
sottile meraviglia.
«Come la
Dama degli Elfi…»
Sakura avrebbe voluto schiaffeggiarsi per la propria imprudenza.
Cercò di uscirne con un’alzata di spalle.
«La sua famiglia è sempre stata affascinata
dagli Elfi», buttò lì.
«Capisco…»
«Qual è il tuo nome, straniero?»
Per la prima volta, lui le rivolse un mezzo sorriso.
«Shaoran.»
Beh,
direi che come primo incontro tra i nostri eroi è un po’
rocambolesco, eh? Ma vedrete, da qui in poi ne accadranno davvero delle
belle… Alla prossima!
Scusate
il ritardo, lettori e lettrici. Ma finalmente arriva il quinto capitolo! Come
sempre ringrazio i miei recensori:
Yumemi: grazie mille per i tuoi
complimenti, e non preoccuparti per le recensioni mancate, mi basta sapere che
stai seguendo la storia! Spero anch’io di sentirti presto!
Sakura Bethovina: tranquilla, mia fedele
lettrice, giuro che Sakura non ucciderà Shaoran (anche perché in
quel caso io ucciderei lei, poco ma sicuro!), anzi inizierà a capirlo
e… Beh, lo scoprirai! Tante grazie anche a te!
Pikki SakuraChan: sei troppo
gentile! Non so che altro dirti, mi confondi!
Sakura182blast: come dire, dulcis in fundo! Un
milione di grazie, sorellina, per il tuo commento: sono felicissima che la
storia ti interessi tanto! Spero che continuerai a seguirmi e soprattutto che
la fic continui a piacerti!
E
adesso, buona lettura a tutti quanti!
Aamyan degli Elfi
5
In cammino
Sussurri.
Lente parole incomprensibili in una lingua ormai quasi dimenticata. Occhi
chiusi, mani aperte, corpo eretto e immobile, investito da un vento che non
dipendeva dagli elementi naturali. L’antica magia elfica era
all’opera.
Immagini indistinte vagavano nei suoi occhi chiusi e
nelle parole bisbigliate a stento. Immagini di richiamo, di calore, di fiducia,
perché lei aveva bisogno di loro, e voleva far loro capire che non
avevano nulla da temere.
Sorrise quando udì lo scalpiccio di zoccoli sempre
più vicino. Poi interruppe il richiamo, aprì gli occhi e tese le
mani ad accoglierli.
Shaoran si
svegliò e si ritrovò a fissare un’ampia volta verde.
Mettendo meglio a fuoco, distinse un intrico di rami e di foglie, e capì
di essere disteso sotto un albero. Dopo un istante ricordò.
Si alzò lentamente a sedere, appoggiandosi con un
braccio alla radice, guardandosi intorno in cerca delle due nuove compagne di
viaggio. Poco oltre i suoi piedi giacevano i resti del fuoco acceso dalla
guerriera la notte precedente. Sakura… Si chiamava Sakura.
Ma lei non c’era.
Shaoran si alzò in piedi, correndo automaticamente
con la mano alla spada. Era una trappola? Gli avevano teso un tranello mentre
dormiva ignaro e senza avvisaglie di pericoli? Chi erano in realtà, e
cosa volevano da lui?
In quel momento un suono leggero gli arrivò alle
orecchie. Si voltò e vide una figura umana emergere dal folto
dell’erba più alta e più lontana da lui, seminascosta da
una seconda voluminosa radice. Era lei. Si alzò tranquillamente a sedere
stirandosi come un felino, scuotendosi dal torpore. Shaoran la fissò.
Aveva una macchia di terra su una guancia, foglie secche tra i capelli e i
vestiti stropicciati. Sembrava una creatura dei boschi. Forse proprio un
Elfo… Si diceva che gli Elfi fossero la razza più affascinante del
Regno…
Sakura si voltò a guardarlo, e il ragazzo si
sentì ancora una volta smascherato e a disagio.
«Che fai lì con quella spada in mano?»
Shaoran si riscosse. Abbassò gli occhi sulla
propria mano e si rese conto che aveva sfoderato la spada senza nemmeno
accorgersene.
Ma prima che potesse dire o fare qualsiasi cosa, Sakura
era scattata in piedi.
«Non posso crederci… Tu…» Impugnò
il coltello e gli fu addosso, come nel loro primo incontro, afferrandolo per i
vestiti. «È meglio che parli, cavaliere, e alla svelta.
Dov’è?»
Confuso, senza capire, Shaoran la fissò.
«Come?»
«Smettila di fare l’ingenuo!
Dov’è Tomoyo? Cosa le hai fatto?»
Shaoran batté le palpebre, rendendosi conto solo
in quel momento dell’assenza della ragazza dai capelli scuri.
«Io non…»
«Di’ la verità, è una trappola,
vero? La storia del povero ragazzo assediato dalla guerra è un raggiro
bello e buono, vero? Ma non la passerai liscia… Se le hai fatto qualcosa
giuro che…»
Shaoran la respinse, improvvisamente furioso,
afferrandola per un braccio, ma lei non abbassò il coltello. Avrebbe
quasi potuto essere una situazione comica: Sakura aveva nei suoi confronti gli
stessi dubbi che aveva avuto lui poco prima nei suoi… Ma non c’era
nulla da ridere, in realtà; Shaoran la vide di colpo proprio come vedeva
tutti gli altri, scettici e indegni della sua fiducia. Lei non era diversa.
«Stai calma, guerriera; non ho la minima idea di
dove sia la tua amica.»
Sakura lo fissava furiosa. Ma in quel momento qualcosa la
indusse a cambiare espressione.
Anche Shaoran lo udì. Era una risata. Cristallina,
pura… e femminile.
Sakura si liberò della stretta di Shaoran e corse
a precipizio nella direzione da cui era provenuto il suono. Rinfoderando la
spada, il giovane la seguì. Percorsero gli spazi angusti tra gli alberi
fino ad uno spiazzo da cui era visibile il villaggio più vicino.
Tomoyo era lì, sorridente, e accarezzava due splendidi
cavalli, l’uno bianco, l’altro bruno.
«Tomoyo?» Sakura camminò verso di lei,
ansante per la corsa. «Che accidenti fai qui? Mi hai fatto…»
Si interruppe bruscamente.
Shaoran vide Tomoyo rivolgere uno sguardo divertito alla
guerriera.
«… Preoccupare? Davvero, Sakura, eri
preoccupata per me?»
Sakura sembrò borbottare qualcosa di
incomprensibile. Shaoran la fissò. Era incredibile il modo in cui quella
ragazza si ostinava a trattare gli altri con freddezza, cercando di nascondere
ciò che pensava davvero. Quel nascondere le proprie debolezze gli
ricordava un po’ se stesso…
«Ma come hai fatto a trovarli?», disse poi
lei, forse per cambiare discorso, guardando i cavalli.
«Segreto di famiglia», sorrise Tomoyo,
accarezzando il collo del cavallo bianco. «Ho pensato che, viaggiando con
Shaoran, avremmo dovuto adeguarci al suo passo, cioè procurarci anche
noi delle cavalcature… Ed ecco che ho avuto la fortuna di imbattermi in
questi due meravigliosi animali… Sembra che io sia molto in sintonia con
questo.» Abbracciò il cavallo e tornò a sorridere a Sakura.
«Tu sai cavalcare, vero?»
Sakura sbuffò.
«Certo che so cavalcare. Ho vissuto in questi
boschi per anni, e in tutta una vita non mi sono mai fermata a lungo nello
stesso posto. Ti assicuro che sono ben poche le cose che non so fare,
Tomoyo.»
Shaoran la guardò. Cosa aveva voluto dire? Non
aveva una famiglia, una casa? Era sradicata tanto quanto si sentiva lui?
Sakura si riallacciò il coltello ai fianchi, poi
voltò le spalle ai cavalli e alla compagna, dirigendosi di nuovo al
luogo dove avevano dormito, presumibilmente per recuperare la sua sacca per le
provviste e prepararsi a riprendere il cammino. Quando gli passò
davanti, Shaoran la sentì mormorare poche parole senza guardarlo.
«A quanto pare devo chiederti scusa,
cavaliere.»
Si allontanò senza voltarsi.
Ancora assorto nei suoi pensieri e nelle domande
assillanti che la riguardavano, Shaoran la seguì, per svegliare il
proprio cavallo, ancora legato per le briglie ad un ramo dell’albero
sotto il quale lui aveva dormito.
Il
cavallo andava ormai al passo. Sakura assecondava i suoi movimenti, guardandosi
intorno con occhi stanchi. Avevano cavalcato tutto il giorno verso nord, e
adesso il tramonto stendeva lunghe ombre sulla loro destra. Si trovavano alle
porte di un villaggio; inizialmente avrebbero voluto aggirarlo, per evitare
qualsiasi centro abitato, ma si sentivano tanto stanchi che l’idea di una
locanda accogliente e di un letto comodo aveva finito per soggiogarli. Questo,
almeno, valeva per lei e Shaoran; Tomoyo pareva fresca come una rosa. Sakura
non se ne stupiva: gli Elfi erano così diversi dagli Esseri Umani…
Si fermarono e smontarono tutti e tre dalle cavalcature.
Sakura accarezzò il muso del suo cavallo, constatando che il suo crine
aveva lo stesso colore degli occhi di Shaoran.
«Vedo un’insegna laggiù», le
giunse, come materializzata dai suoi pensieri, la voce del cavaliere
adolescente. «Dovrebbe essere una locanda. Andiamo a dare
un’occhiata?»
Annuendo, Sakura tirò il cavallo per le redini e
si affiancò a Shaoran, che guidava dolcemente il suo destriero del
colore della notte. Ritrovandosi accanto a lui, ne incontrò lo sguardo e
quasi subito distolse il suo. Aveva notato che il cavaliere la fissava spesso
con estrema attenzione, talvolta con insistenza, e la cosa le provocava un
certo fastidio, che non avrebbe saputo spiegare nemmeno a se stessa.
Dall’altro lato le si affiancò Tomoyo,
camminando con una mano sul dorso del cavallo bianco. Quella che era la Dama degli Elfi guardava
fisso davanti a sé con un’aria talmente maestosa che Sakura non
poteva non chiedersi se il suo vero aspetto fosse altrettanto solenne.
Percorsero la strada principale del villaggio sentendosi
addosso gli sguardi degli uomini che rincasavano dopo una giornata di lavoro
nei campi o nelle botteghe, e delle donne e dei bambini nei pressi. Sakura non
era abituata a tutta quell’attenzione; ogni volta che le era capitato di
dover attraversare una città, nel corso dei suoi spostamenti nella Terra
della Luce, aveva sempre cercato di rendersi invisibile e di non generare alcun
interesse, anche se non sempre vi era riuscita e, in effetti, ora tutto
l’esercito la conosceva e sperava di trovarla per costringerla a
combattere nelle sue fila. Ancora una volta si impose di camminare senza
guardare niente e nessuno, costantemente vicina al cavallo, chiedendosi in cuor
suo che aspetto dovevano avere per quei popolani tre adolescenti così
strani: uno vestito da cavaliere, una da combattente e una che sembrava
l’immagine della purezza. Difficile non farsi notare, in quelle
condizioni.
Alla fine arrivarono davanti alla locanda. Tomoyo si
offrì di restare fuori con i cavalli mentre Shaoran e Sakura entravano
per chiedere una cena e delle stanze per passare la notte.
Sakura si incamminò nella locanda deserta al
fianco di Shaoran, ostinandosi nel non guardarlo. Giunsero entrambi al bancone
e si rivolsero all’oste, un omaccione rubizzo che li squadrò da
capo a piedi.
«Come posso aiutarvi?»
«Vorremmo solo un pasto e dei letti, grazie»,
disse Shaoran, più avvezzo di Sakura a rivolgersi agli sconosciuti.
«E se possibile avremmo bisogno di un ricovero per i nostri cavalli. Sono
tre, qui fuori; con noi c’è una terza persona.»
L’oste inviò un garzone incontro a Tomoyo,
per condurre i cavalli alla stalla. Poi consultò una sorta di registro e
spiegò loro che gli erano rimaste due stanze libere.
«Sta bene», disse ancora Shaoran. «Ci
divideremo senz’altro.»
Sakura lo sbirciò di sottecchi
mentre lui posava sul banco alcune monete. Vide che era arrossito.
Mentre andavano a sedersi ad un piccolo tavolo lercio
indicato loro dall’oste, la ragazza si rivolse a Shaoran sottovoce, con
un mezzo sorriso.
«Affronti un viaggio lunghissimo, pronto a
fronteggiare qualsiasi ostacolo, verso una meta che nemmeno conosci, e poi ti
rende nervoso l’idea di dormire in una camera vicino a quella di due
ragazze? Mi sorprendi, Shaoran.»
Il cavaliere arrossì di nuovo ed evitò il
suo sguardo.
«Ognuno ha i suoi punti deboli», si
giustificò, non totalmente convinto.
Sakura non volle insistere, ma era decisamente divertita.
Si sedette al tavolo e, vedendo che anche Tomoyo entrava nella locanda, le
rivolse un cenno. La giovane Principessa elfica in incognito li raggiunse.
Di lì a poco, una ragazzina con un grembiulino
sudicio apparecchiò la loro tavola, per poi portare loro dei piatti
colmi di una zuppa dolce, la specialità del giorno. Sakura rimpianse la
selvaggina che generalmente cacciava nei boschi, ma era troppo affamata per
rifiutare la cena che Shaoran aveva gentilmente offerto. Anche Tomoyo onorò
il cibo, che fortunatamente non recava tracce di carne animale.
I tre ragazzi terminarono il pasto in silenzio,
rivolgendosi solo poche frasi sulla strada da prendere l’indomani; quando
non riuscirono più a tenersi ritti sulle sedie, si alzarono e si
diressero alle scale, ringraziando l’oste, per dirigersi alle rispettive
camere da letto e dormire senza interruzioni fino all’alba.
Un
clangore di spade, un brusio confuso di urla lontane, l’odore
inconfondibile della paura generata da un attacco a sorpresa. Qualcuno si stava
avvicinando…
Shaoran aprì gli occhi, scoprendosi il respiro
affannoso, e si ritrovò nel letto umido di sudore.
Sospirò, cercando di calmarsi. Incredibile: era
tanto ossessionato dal pensiero del sangue che ormai lo sognava perfino…
Si passò una mano sul viso, alzandosi a sedere. La camera della locanda
era ancora immersa nell’oscurità; doveva essere molto tardi.
Poi si rese conto che qualcosa non andava.
Continuava a sentire distintamente tutti i suoni
dell’incubo, anzi erano più vicini: spade, urla, e poi ancora
ordini impartiti ad alta voce e…
Non era affatto un sogno. Qualcuno stava assediando la
locanda.
Balzò giù dal letto, afferrando la spada
dal comodino su cui l’aveva poggiata prima di addormentarsi completamente
vestito. Si diresse velocemente alla porta, la spalancò e si
lanciò nel corridoio e poi giù per le scale.
Ciò che vide lo raggelò.
Un gruppo di soldati aveva fatto irruzione nel locale,
rovesciando tavoli, scagliando sedie, apparentemente senza un motivo. Shaoran
fissò lo stemma nero sui loro scudi. Erano della Terra del Buio.
Per qualche istante il cavaliere non riuscì
neppure a muoversi. Uno dei soldati aveva appena afferrato l’oste,
strattonandolo violentemente per la vestaglia rammendata, ghignandogli in
faccia e urlando parole incomprensibili.
Alle proprie spalle, Shaoran sentì un respiro
ansante, e non ebbe bisogno di voltarsi per sapere che era Sakura.
«Cosa vogliono quei bastardi da questa
gente?», boccheggiò la guerriera, portandosi accanto a lui, gli
occhi fissi sulla scena sottostante.
Shaoran vide un altro dei soldati della sua terra
squarciare in due un tavolo con una sciabola. Non aveva idea di cosa
risponderle. Poi la sua attenzione fu catturata da uno strillo acuto, un grido
di puro terrore; voltandosi, vide un uomo chino sulla ragazzina che quella sera
aveva servito loro la cena: con una mano la teneva stretta per i capelli, con
l’altra, armata di spada, le incideva piccoli tagli sulle gambe nude.
Fu preso da un flusso indicibile di collera. Brandendo la
spada, Shaoran si precipitò giù per le scale, e in un attimo fu
addosso all’uomo; lo trafisse da parte a parte prima ancora che lui
potesse voltarsi a guardarlo. Il soldato si accasciò all’istante,
e la ragazzina, tremante, in lacrime, rivolse a Shaoran solo uno sguardo
confuso e terrorizzato, prima di correre a nascondersi dietro il bancone.
Shaoran si voltò a fronteggiare il resto del gruppo di militi.
Senza nemmeno rendersene conto, iniziò con loro
una strenua lotta di resistenza.
Gli altri avventori della locanda, svegliati dalle urla,
erano adesso in cima alle scale, e osservavano spauriti la scena; ma Sakura lo
aveva seguito al piano di sotto e si batteva selvaggiamente, affondando ovunque
i suoi coltelli. Aveva già liberato l’oste dalla presa del
soldato, che aveva trafitto alla gola. Shaoran ebbe modo di seguire molte delle
sue mosse mentre a sua volta cercava di contrastare l’attacco.
In più di un’occasione si sentì in
difficoltà, pensando che quegli uomini erano in gruppo, ed erano adulti
e ben più forti di loro; tuttavia Shaoran sapeva che a loro mancava
ciò che spingeva lui a battersi. Loro erano solo delle macchine da
guerra, senz’altro scopo che il sangue… Altrimenti per quale motivo
avrebbero attaccato quelle persone innocenti? Ma lui no, lui aveva qualcosa di
più. Aveva ancora un’anima. Nonostante tutto, non l’aveva
mai persa. E a quanto pareva, a giudicare dal suo sguardo mentre uccideva,
Sakura era come lui.
Forte di questi pensieri, Shaoran abbatté con un
solo affondo della sua spada l’uomo che aveva di fronte, l’ultimo.
Finalmente si fermò, ansimante, e osservò i sette cadaveri sul
pavimento, e la pozza di sangue, e la sua spada ancora grondante delle vite che
aveva spezzato. Sollevò lo sguardo e vide Sakura, immobile come lui, con
il viso e i vestiti macchiati di sangue. Si augurò che non fosse il suo…
In quel momento, una mano tremante gli afferrò il
ginocchio. Shaoran trasalì e abbassò lo sguardo. Accasciato ai
suoi piedi c’era l’oste, sconvolto, ma indenne. Gli si era
aggrappato al mantello, guardandolo con occhi febbrili.
«Tu hai salvato mia figlia», mormorò
l’uomo con voce tremante. «E la tua amica… mi ha salvato la
vita. Avete salvato tutti noi… Ditemi chi siete, stranieri, e vi assicuro
che vi benedirò sempre, ogni giorno della mia esistenza, avrete per
sempre la nostra gratitudine… Chi siete? Siete umani o… esseri
superiori? Chi siete?»
Imbarazzato, e restio a rispondere alla sua domanda,
Shaoran si tirò indietro, in silenzio.
All’improvviso Tomoyo fu al suo fianco, come
materializzata dal nulla.
«Dobbiamo andarcene», gli sussurrò.
«Abbiamo attirato fin troppa attenzione.»
Shaoran annuì. Era perfettamente d’accordo.
Si voltò a guardare Sakura.
«Presto, ai cavalli.»
Si mossero all’unisono, oltrepassando l’oste
e i corpi dei soldati, e corsero fuori mentre il cielo era già tinto dal
rosa dell’alba, diretti alla stalla.
Il sole
era quasi allo zenit quando Tomoyo fermò bruscamente il suo cavallo.
«Credo che da ora possiamo procedere più
lentamente.»
Sakura accolse con sollievo le sue parole. Tirò le
redini, e il destriero interruppe il suo galoppo. Shaoran la imitò.
Si guardarono intorno. Il bosco in cui erano entrati si
apriva in quel punto in una tranquilla radura silenziosa. Sakura smontò,
scoprendo di avere le gambe tremanti. Le girava la testa, e si sentiva
stranamente debole; era confusa. Sentì, come da molto lontano, che anche
Tomoyo e Shaoran scendevano dai rispettivi cavalli.
«Aspettatemi qui», disse d’un tratto
Tomoyo.
«Dove vai?», ribatté Shaoran.
«Tranquillo. Tornerò presto.»
«Certo che la tua amica è
strana…» Shaoran si voltò verso Sakura, e
all’improvviso la ragazza vide la sua espressione cambiare. «Ma…
Sakura, tu stai sanguinando!»
Sempre più confusa, Sakura abbassò lo
sguardo. Una macchia rossa si stava allargando sul suo fianco. Ecco il motivo
di quella strana debolezza, rifletté.
«Non muoverti.» Shaoran si avvicinò e
l’aiutò a sedersi nell’erba. «Adesso do
un’occhiata.»
Sakura cercò debolmente di respingerlo.
«Non è niente di grave. Non mi ero nemmeno
accorta che mi avessero colpito. E poi, non mi avevi detto di essere anche un
medico.»
Shaoran la ignorò e le sollevò il corsetto,
ispezionando la ferita. Sakura lo guardò in viso.
«Arrossisci di nuovo, cavaliere…»,
constatò.
Il ragazzo continuò ad ignorarla, ma le sue guance
assunsero una tonalità più intensa di rosso.
«Per fortuna non è profonda…»
«Visto? Te l’ho detto che non è niente
di grave…»
«Comunque sia, va medicata.»
Shaoran si alzò di nuovo, si diresse al suo
cavallo e frugò nella bisaccia. Sakura lo vide estrarne delle bende e una
piccola ampolla. Poi il giovane tornò ad inginocchiarsi accanto a lei.
«Questo è un rimedio preparato dallo
stregone della Corte della mia terra… Non ti farà male», le
disse, visibilmente impacciato.
Sakura si arrese e non oppose resistenza alle sue mani,
che le scoprirono di nuovo il fianco e le spalmarono sulla pelle una sostanza
piacevolmente calda. Tenne lo sguardo fisso sul volto di Shaoran, per
dimostrargli che non sentiva alcun male, ma che nemmeno temeva il dolore. Il
ragazzo concentrò invece gli occhi sulla sua ferita e, dopo averla
disinfettata con il cataplasma, la fasciò attentamente.
«Come hai fatto?», gli chiese poi Sakura a
bruciapelo.
Shaoran alzò gli occhi sul suo viso.
«Come?… Beh, non è così
difficile…»
«Volevo dire…» Sakura scelse le parole
con cura. «Come hai fatto a combattere in quel modo, alla locanda? Quella
era la tua gente… Era gente del tuo stesso esercito. Non ti sei
sentito… che so… in colpa?»
L’espressione di Shaoran si indurì. Distolse
di nuovo lo sguardo, non più per imbarazzo, ma evidentemente per
l’agitarsi di emozioni contrastanti nella sua mente.
«Se c’è una cosa che ho capito sul
campo di battaglia», mormorò, come a se stesso, «è
che si va avanti da soli. Non ha senso credere che i tuoi compagni siano
totalmente buoni, e che il nemico sia totalmente cattivo, perché il male
è in tutti, e ci si ritrova sempre soli a fronteggiarlo. Non so, forse
la guerra mi ha reso insensibile a queste cose… Ma
non credo di essere più in grado di fidarmi totalmente di qualcuno. Per
questo, credo, non mi ha fatto nessun effetto uccidere dei soldati della mia
terra.»
Tornò a guardarla, e Sakura sostenne il suo
sguardo, pur sentendosi vagamente a disagio.
Lo capiva. Lo capiva perfettamente. Valeva anche per lei:
era sempre vissuta sola, andava avanti da sola, e ormai non avrebbe mai
più creduto in nessuno. Erano simili, tremendamente simili. Forse era
per questo che ora si sentiva a disagio? O forse dipendeva dal fatto che
Shaoran aveva appena sollevato la mano per sfiorarle di nuovo la fasciatura…?
«Dovrebbe bastare», disse il ragazzo in un
soffio. «Rimarginerà presto.»
Sakura rimase immobile mentre la mano di lui le scorreva
sul fianco. Ne sentiva ancora il calore, attraverso le bende leggere. Avrebbe
voluto ringraziarlo, ma all’improvviso le mancavano le parole.
In quel momento nella radura risuonò la voce di
Tomoyo.
«Sono tornata…»
Sakura vide Shaoran sobbalzare, come se fosse stato
sorpreso in un atteggiamento sconsigliato, e lo sentì ritrarre la mano.
Si voltarono entrambi a guardare Tomoyo.
La ragazza dalla natura elfica li guardava con
un’espressione fiera e stringeva tra le mani un arco e una faretra piena
di frecce.
«Ma… Come… Dove hai trovato
quel…?» Shaoran si interruppe. Era ovviamente confuso dal modo in
cui quella ragazza sembrava sempre trovare dal nulla ciò di cui aveva
bisogno. Sakura represse un sorriso davanti al suo disorientamento.
«A dire il vero, l’ho fabbricato.»
Tomoyo mostrò l’arco, poi la faretra. «Vedete? Per
l’arco avevo bisogno soltanto di qualche pezzo di legno, mentre la
faretra è fatta di fili d’erba intrecciati, e le frecce non sono
che rami molto appuntiti e trattati in modo speciale, per poter ferire sul
serio… Il fatto è che, da qui in poi, dovremo fronteggiare molti
soldati. Presto sarà impossibile evitarli, e allora sarà giusto
che combattiamo tutti, per poter arrivare nella terra degli Angeli… E
come avrete capito, io ho una certa affinità con l’arco…»
«Fabbricato?», ripeté Shaoran, come se
non avesse udito nulla del resto del suo discorso. «In questo pochissimo
tempo in cui ti sei allontanata? Ma come hai…?»
«Un altro segreto di famiglia», sorrise
Tomoyo.
Sakura scosse la testa sorridendo a sua volta al
cavaliere.
«Già, Shaoran, Tomoyo ha molti
segreti… Ma adesso perché non riposiamo un po’? Non so voi,
ma il risveglio di stamattina e la successiva cavalcata mi hanno stancato non
poco…»
I due
ragazzi alla fine erano crollati, esausti, addormentandosi così,
nell’erba. Il cavaliere che odiava la guerra aveva abbandonato la testa
contro la spalla della guerriera senza radici.
Erano davvero molto simili. E soprattutto, per motivi
diversi, erano ugualmente degni di Aamyan: l’uno per la sua
sincerità, l’altra per la sua spassionatezza. Ad ogni modo, erano
entrambi ben diversi da coloro che, ipocriti, esaltavano il bene muovendosi nel
male…
La
Dama degli Elfi sorrise a Shaoran e Sakura, augurandosi
che fossero immersi in sogni migliori della realtà in cui erano
costretti a vivere.
Allora,
spero che il capitolo vi sia piaciuto… Vedrete che già dal
prossimo capitolo la vicinanza tra Shaoran e Sakura sarà ancora
più evidente… Alla prossima!
In
arrivo il sesto capitolo… Stavolta con un po’ di anticipo, per
fortuna!
Da
questo aggiornamento in poi sposterò i ringraziamenti alla fine del
capitolo. Perciò per ora vi auguro semplicemente buona lettura!
Aamyan degli Elfi
6
Parole e racconti
Era
notte fonda, ma Sakura non riusciva a dormire. Aveva dormito abbastanza durante
il giorno, quando erano arrivati nel bosco dopo la folle fuga al galoppo dal
villaggio; al risveglio, lei, Tomoyo e Shaoran si erano spinti per un altro
tratto nel bosco, e si erano fermati nel punto in cui gli alberi iniziavano a
diradarsi. Lì, proprio dove il bosco finiva, iniziava ad estendersi un
lago vastissimo. Tomoyo aveva suggerito di aspettare il giorno successivo per
la traversata, così si erano accampati. Ma lei non era ancora riuscita a
prendere sonno.
Sentiva il respiro leggero della Dama degli Elfi accanto
a sé, profondamente addormentata. Il cavaliere, invece, non emetteva
suono. Ma c’erano altri rumori a riempire il silenzio: i sussurri del
vento tra i rami degli alberi, i fruscii delle foglie mosse dalla brezza, il
lento scorrere del fiume poco lontano. Sakura era concentrata su
quest’ultimo suono. Le sembrava che il gorgoglio dell’acqua fosse
troppo forte. Non si addiceva affatto alla placidità del fiume che quel
giorno avevano guadato con i cavalli.
Si sollevò a sedere sul terreno duro.
Poiché non riusciva a dormire, almeno avrebbe impiegato diversamente
quella notte. Cercando di non svegliare i due compagni, si alzò dirigendosi
al punto in cui il fiume era seminascosto tra gli alberi. Poi si
incamminò nel folto del bosco.
Shaoran
era disteso nel buio ad occhi aperti, fissando il cielo nero, solcato solo da
poche e rare stelle che apparivano lontanissime. Non riusciva a dormire. Forse
gli era bastato il riposo di quel giorno. O forse c’era
qualcos’altro a tenerlo sveglio…
Per qualche misterioso motivo, aveva ancora costantemente
fisso negli occhi il momento in cui aveva sfiorato la pelle di Sakura… E
non capiva perché ci pensasse con tanta insistenza.
All’improvviso, un lieve rumore di erba smossa lo
distolse da quelle riflessioni. Voltò la testa e vide una figura scura
alzarsi il più silenziosamente possibile, guardare verso il fiume e
incamminarsi lentamente verso l’argine. Quando passò in una pozza
di luce di stelle, Shaoran riconobbe la guerriera.
Senza muoversi, il cavaliere la seguì con lo
sguardo. La vide sparire tra i tronchi degli alberi più fitti e si
alzò a sedere, inquieto. Dove stava andando? Doveva preoccuparsi?…
Forse Sakura aveva solo bisogno di sentirsi sola per
pensare. Forse doveva semplicemente allontanarsi per una necessità
personale… Che pensieri stupidi! Perché preoccuparsi? Sarebbe
tornata al più presto…
Eppure si sentiva come se una forza sovrumana volesse
avvicinarlo inesorabilmente a lei…
Lanciando uno sguardo a Tomoyo, e sentendosi vagamente in
colpa perché la ragazza sarebbe rimasta sola, Shaoran si alzò a
sua volta e seguì i passi della guerriera dagli occhi verdi.
Sakura
camminava ora molto vicina al fiume, ma gli alberi e le fronde che le pendevano
fin sulla testa e sul viso erano sempre più frequenti. Solo spostando i
molti rami davanti alla sua faccia riusciva a muoversi. Nel frattempo, il suono
che aveva riconosciuto come quello di un flusso d’acqua scrosciante e
violento quanto una frustata era sempre più vicino e distinto.
All’improvviso Sakura seppe di cosa si trattava.
Quando, scostando un’ultima fronda rigogliosa,
sbucò in uno spazio aperto su un dirupo, ne ebbe la conferma.
Si trovava in cima ad una cascata.
Incantata, Sakura si inginocchiò sul bordo del
salto, constatando che non era molto alto. In quel punto del bosco c’era
un dislivello di una ventina di piedi, e il fiume si riversava in una conca
sottostante, uscendo definitivamente dal bosco e formando un laghetto, e poi,
uscendone, s’inoltrava nella Terra della Luce verso nord-est.
Osservare la bellezza del luogo e decidere di scendere
per guardare la cascata in tutta la sua grandezza furono un solo secondo.
Sakura si aggrappò alle rocce umide dello strapiombo, calandosi fino
alla conca; quando sentì di nuovo la terra sotto i piedi, era
completamente bagnata per via degli spruzzi della cascata. Scosse la testa,
passandosi le dita tra i capelli e cercando di asciugarli, ridendo. Non ricordava
nemmeno più da quanto tempo non ridesse. Poi seguì ancora il
corso dell’acqua e si fermò di fronte alla cascata, dove, come in
contemplazione di una scena meravigliosa, sedette nell’erba, sfilandosi
gli stivali e immergendo le gambe nel laghetto fino alle ginocchia.
Da tempo non si sentiva così serena. Una vita
intera, probabilmente. O almeno da quanto riusciva a ricordare.
Rimase così, assorta nell’osservare i
riflessi azzurrini nel flusso della cascata, finalmente senza pensieri. Dopo le
rivelazioni e le missioni che aveva dovuto fronteggiare negli ultimi giorni,
quel momento di quieta libertà ci voleva proprio…
Una sensazione improvvisa la ghermì. Era certa di
essere osservata.
Si voltò, già pronta ad alzarsi, ma si
rilassò quando i suoi occhi si posarono sull’intruso, fiocamente
illuminato dalle stelle. Era Shaoran.
«Come sei arrivato qui?», gli chiese, con
vaga veemenza, quasi gridando per sovrastare il rumore dell’acqua.
Shaoran alzò un braccio e indicò un punto
alle sue spalle.
«Da quella parte c’è un
sentiero.»
Sakura non replicò. Si concentrò di nuovo
sulla cascata, chiedendosi perché si sentisse così a disagio ogni
volta che gli occhi di Shaoran si soffermavano su di lei con quella sorta di
insistenza. Dopo qualche istante, vide con la coda dell’occhio che il
cavaliere la raggiungeva sulla sponda del laghetto, si sedeva accanto a lei e
fissava a sua volta la cascata, senza parlare.
Un senso di tranquillità calò lentamente su
di lei. Era serena… Proprio come prima dell’arrivo di
Shaoran… O forse di più. Ad ogni modo, la sua presenza non le dava
più alcun fastidio.
Si rilassò e tornò lentamente a sorridere
tra sé.
Shaoran
rimase immobile a lungo, percependo la vicinanza di Sakura come un tepore
rassicurante. Sbirciò il suo viso, e vi vide una serenità che mai
le aveva visto prima nell’espressione. Distolse subito lo sguardo,
chiedendosi il motivo del proprio disagio, che sembrava tormentarlo ogni volta
che la guardava.
Non aveva la minima idea del perché, ma con lei si
sentiva bene. Forse era solo perché la sentiva così simile a
lui… Anche lei andava avanti da sola, spalle al muro, senza nessuno su
cui poter contare… Anche lei era una vittima, e si sforzava di lottare
ancora, pur avendo perso ogni sostegno nel mondo tutto intorno.
In quel momento, senza nemmeno pensarci, Shaoran si
ritrovò a mettere se stesso davanti agli occhi verdi di una ragazza
quasi sconosciuta, appartenente ad una terra nemica. E si ritrovò a
parlare come non aveva mai fatto con nessuno, nemmeno con se stesso.
«Sono sempre vissuto nella guerra. Sempre. Mio
padre era un cavaliere. Morì in battaglia, quando avevo solo due anni. Le
uniche cose che ricordo di lui sono che aveva braccia forti, rassicuranti; che
aveva occhi come i miei… e che mi insegnò a tirar di spada ancora
prima che a camminare. E ricordo che, quando morì, ognuno dei suoi
compagni mi trattò come un figlio.»
Si interruppe. Parlava a mezza voce, eppure era sicuro
che Sakura lo stava ascoltando, nonostante il fragore
dell’acqua, anche se teneva gli occhi ancora fissi sulla cascata
antistante. Poteva vedere la concentrazione sul suo viso, dove prima
c’era serenità. Cercò le parole per continuare, passando
lentamente una mano nell’acqua del laghetto, gli occhi bassi.
«Avevo dieci anni quando i soldati della Terra della
Luce attaccarono la Terra
del Buio. Ricordo quel giorno come se fosse ieri. Ovunque era terrore, i nostri
non riuscivano a contrastare l’attacco. Quel giorno ero con loro, con i
cavalieri con cui ero cresciuto. Assistetti a un tradimento da parte di uno di
loro. Furono uccisi tutti, senza pietà, davanti ai miei occhi. Gli
uomini che avevano amato mio padre… E intanto mia madre mi chiamava da
chissà dove, in un punto nei dintorni, e piangeva e urlava perché
non sapeva dove mi fossi nascosto, ma non potevo andare da lei, non ancora, non
davanti a quel massacro, non riuscivo a muovermi… E poi…» Gli
mancò la voce, e dovette deglutire più volte per poter
proseguire. «Poi all’improvviso non la sentii più, mai
più.»
Allontanò le dita dall’acqua e le strinse
tra l’erba della riva, trattenendone il tremore. Faceva ancora troppo
male… Sbirciò ancora una volta Sakura, ma lei continuava a non
guardarlo.
«Continuai ad allenarmi per diventare
cavaliere», continuò Shaoran, «e ci riuscii a tredici anni, grazie
all’aiuto del mago di Corte, Clow. Mi aiutò, mi sostenne sempre,
mi disse che la mia strada era quella, era vendicare tutto ciò che avevo
perso.» Sorrise amaramente alla cascata. «In realtà lui era
il fratello di mio padre. Ma non sono mai riuscito a chiamarlo zio. Non sono
mai più riuscito a sentirmi davvero legato a nessuno. E non sono nemmeno
riuscito a credergli, a credere che la mia strada fosse quella. Semplicemente,
mi sono annullato.» Si voltò verso Sakura, senza più voglia
di sorridere. «Adesso mi capisci? Capisci perché ho bisogno di
quello Specchio? Lo so che probabilmente non potrò usarlo… So di
non essere puro, io che ho ucciso così tante volte… Ma non posso
continuare così. Ho bisogno di una strada nuova.»
La voce gli si spense del tutto. Sakura non lo guardava
ancora, e Shaoran gliene fu grato: stava rispettando quel suo buttar giù
le barriere, quelle barriere che lui stesso aveva innalzato intorno a
sé, per tenere tutti fuori, per evitare di soffrire ancora. Sakura lo
capiva, lui ne era certo. Per questo era riuscito a parlarle in quel modo.
Tornò a guardare la cascata, consapevole che ora
non c’era più nulla da dire. Dopo un istante, sentì un
tocco leggero sulla mano stretta a pugno. Con quel semplice contatto, Sakura
gli stava trasmettendo la sua comprensione. Non c’era bisogno di parole.
Shaoran sospirò, sentendosi finalmente libero di
un peso. Poi, lentamente, aprì le dita per ricambiare la lieve stretta
di Sakura.
Evitava
lo sguardo del cavaliere, perché non sarebbe riuscita a sostenere la
vista di tutto il rimpianto e il dolore e la rabbia che aveva sentito nella sua
voce, e perché il fatto che lui aveva trovato la forza di esprimersi con
un’estranea andava rispettato, in silenzio.
Non sapeva più cosa pensare. Quella notte, quel
ragazzo l’aveva colpita, turbata e annientata. Aveva sempre creduto che i
cavalieri, i soldati, i guerrieri veri, quelli che scendevano ogni giorno sul
campo di battaglia, semplicemente non soffrissero, perché con il tempo
diventavano insensibili al dolore interiore. Ma con la sua storia Shaoran aveva
fatto crollare tutte le sue certezze, come foglie d’autunno.
Rivivere quei ricordi doveva essergli costato molto.
Altrettanto duro doveva essere stato il riviverli per una persona quasi
sconosciuta come lei era per lui. Ma era stato sincero, aveva voluto farsi
comprendere da lei. Sakura capì improvvisamente che Shaoran meritava
altrettanta fiducia, altrettanta sincerità, per quanto fosse possibile.
«Io non ho mai conosciuto le mie origini»,
mormorò, stringendogli la mano, senza guardarlo. «Da sedici anni
vivo dove capita, come capita, mi muovo in questa terra che non sento nemmeno
mia, ma sempre da sola. Ma poi ho incontrato Tomoyo…» Si interruppe
bruscamente. Non poteva parlargli della vera identità della compagna di
viaggio, non ancora. Si limitò a parlare di sé. «Non
chiedermi come, ma lei mi conosce. Mi ha detto chi sono in realtà. Mio
padre… Mio padre era un Angelo…»
Si accorse che Shaoran si voltava sorpreso a guardarla,
ma continuò ad evitare il suo sguardo. Allontanò la mano dalla
sua e sollevò le gambe dall’acqua, improvvisamente infreddolita,
abbracciandosele.
«Mio padre era un Angelo», ripeté,
come se avesse bisogno in primo luogo di convincere se stessa. «Mia madre
era una donna umana, della Terra della Luce. La mia nascita fu un’offesa
per entrambe le razze. I miei genitori furono esiliati. Ed è così
che sono cresciuta sola. Come te.» Si fece forza per voltarsi a
guardarlo. «Per questo voglio accompagnare Tomoyo nella terra degli
Angeli. Mi sembra ancora assurdo, ma da qualche parte lì ci sono le mie
radici… Questo, a parte tutto il resto, a parte lo Specchio degli Elfi,
è il motivo che mi spinge in questo viaggio. Ora sai la mia meta.
Così come io so chi sei tu.»
Rimase immobile a guardarlo, e per una volta non si
curò del disagio che le procurava lo sguardo del cavaliere su di
sé. Per una volta era felice di essere se stessa, di essere sincera, di
essere come lui.
Shaoran
era incapace di reagire. Si limitava a guardarla.
Figlia di un’Umana e di un Angelo.
Forse era per questo che era così…
magnetica… così tremendamente arcana e distante…?
Forse era per questo che era impossibile non sentirsene
stregati?
E adesso perché sentiva la mancanza del suo tocco,
della mano di lei sulla sua?
All’improvviso si vergognò di quei pensieri.
Maledizione, la conosceva da due giorni. Non poteva permettersi di sentirsi
così legato a lei. Non poteva permettersi di legarsi a nessuno…
Si scosse. Scrollò la testa come per liberarsi di
quella sensazione di panico assoluto e di totale confusione. Si alzò e
le tese una mano.
«Meglio che torniamo da Tomoyo.»
Sakura sembrò riscuotersi a sua volta da
chissà cosa. Annuì lentamente e si alzò, accettando la sua
mano. Shaoran si sentì di nuovo a disagio quando lei gliela strinse, e
quando si sollevò all’altezza del suo viso. E il disagio divenne
imbarazzo mentre lei gli sorrideva timidamente.
«Sì, hai ragione. Meglio che andiamo.»
Sakura recuperò gli stivali, ma li tenne in mano,
camminando a piedi nudi nell’erba. Si incamminarono vicini,
allontanandosi dal lago e dalla cascata dove si erano visti per ciò che
erano davvero, verso il sentiero da cui Shaoran l’aveva seguita fin
lì. Il ragazzo sollevò lo sguardo al cielo. E gli sembrò
che le stelle fossero meno lontane.
Spero
proprio che questo capitolo non risulti troppo smielato… Cioè,
magari è un po’ troppo discorsivo, ma spero comunque che non vi
deluda… Prometto che presto le parole lasceranno più spazio ai
fatti!
Ringraziamenti.
Evans Lily:
Sono felicissima che il personaggio di Sakura ti
piaccia, e spero che le tue aspettative riguardo il
loro avvicinamento non siano rimaste deluse…! Un bacione e mille grazie, amica mia!
SakuraBethovina: Grazie mille per la recensione!
Sono felice di ricevere sempre i tuoi commenti e spero che anche questo
capitolo ti sia piaciuto…
PikkiSakuraChan: Eh eh,
anche a me è piaciuto moltissimo descrivere la lotta (effettiva ma anche
interiore) di Shaoran nel capitolo precedente, e sono
contenta che ti abbia colpito… Ancora una volta ti ringrazio
profondamente!
Sakura182blast: Ciao, sorellina, ti ringrazio
moltissimo per il commento e spero di sentirti il prima possibile, così
mi dirai anche cosa ne pensi di questo sesto capitolo! Bacioni!
Kia85: Ho iniziato a leggere la tua fic “Crosseddestinies” (presto ti lascerò anche una
recensione!), e devo dire che sono onorata che la mia storia ti piaccia! Grazie
mille, davvero! Anzi spero di non deluderti…
Yumemi: Confesso che quelle della
locanda e della medicazione sono le mie scene preferite quasi nell’intera
storia; sono felice che ti siano piaciute! Fammi sapere cosa ne pensi di questo
capitolo, ci conto!
Non mi
resta che salutarvi fino al prossimo capitolo, in cui il viaggio proseguirà
fin quasi alla regione degli Angeli e… beh, succederà qualcosa a Shaoran… Ah, basta, non voglio dire troppo!! ^^
Eccomi
di nuovo da voi, anche se con qualche difficoltà! Perdonatemi, ma tra la
scuola (aiuto, ho la maturità!!) e mia madre
(aiuto, mi ruba il cavo!!) in questo periodo mi sarà un po’
difficile aggiornare con la solita regolarità. Spero comunque che
continuiate a seguire la storia, mi farebbe molto piacere!!
Più in là i ringraziamenti…
Buona
lettura!
Aamyan degli Elfi
7
Oltre il lago
Shaoran
si svegliò all’alba. Si stiracchiò leggermente, guardandosi
intorno, e vide che anche le due ragazze avevano già gli occhi aperti.
Sakura era al suo fianco, molto vicina. Quella notte,
tornati dalla cascata, si erano lasciati cadere accanto a Tomoyo, che non
sembrava essersi accorta della loro assenza; Sakura si era addormentata quasi
subito, ma prima aveva fatto in tempo a chiedere a Shaoran se poteva cambiarle
la fasciatura… Il ragazzo si sentì arrossire solo al ricordarlo. E
mentre la guerriera, infilandosi gli stivali, si voltava e incontrava il suo
sguardo, arrossì ancora di più.
«Buongiorno, cavaliere», disse allegramente
Sakura.
Shaoran si alzò a sedere, mormorando una risposta,
e osservandola perplesso. Cos’era quell’improvvisa vivacità?
Sakura era sempre stata, se non fredda, comunque un po’ distaccata nei
suoi confronti; ora non si preoccupava di sorridergli con aria spensierata,
neanche fossero amici per la pelle. Che fosse per via del confronto che avevano
avuto quella notte? Ora che sapevano di potersi fidare l’uno
dell’altra, lei stava… cambiando?
«Ehi, cavaliere, si può sapere che
hai?»
Shaoran si scosse.
«Niente…», farfugliò, alzandosi.
«Meglio così.» Sakura balzò in
piedi e si rivolse sia a lui che a Tomoyo. «Coraggio, ci aspetta la
traversata del lago. Andiamo a cercare un traghettatore.»
Si diresse spedita verso il suo cavallo, andando a
svegliarlo e ad accarezzarlo sul muso. Shaoran continuò a fissarla
assolutamente sconcertato, poi si voltò verso Tomoyo. Lei dovette capire
dal suo sguardo cosa stava pensando, e alzò le spalle, con la stessa
espressione confusa.
«Chi la capisce è bravo…»,
sospirò Shaoran, seguendo Sakura accanto ai cavalli.
Tomoyo li raggiunse, e tutti e tre i ragazzi presero gli
animali per le briglie, volgendosi poi verso il lago. Shaoran continuava a
sbirciare Sakura furtivamente, e la vedeva sempre sorridere.
Costeggiarono il lago verso ovest, dove il bosco si
diradava sempre di più. Presto fu visibile una capanna di legno, costruita
proprio sull’argine del lago, con un piccolo battello attraccato
lì accanto; di sicuro là viveva qualcuno che poteva aiutarli a
superare il lago.
I tre ragazzi si portarono davanti alla capanna,
tirandosi dietro i cavalli; poi Sakura chiamò a gran voce.
«Ehi, di casa! C’è nessuno? Abbiamo
bisogno di un passaggio…»
Quasi subito la porta si aprì ed uscì un
uomo anziano, che li guardò sbadigliando.
«Dovete attraversare il lago?», li accolse
brusco, a mo’ di benvenuto.
«Sì. Queste possono bastare?»
Sakura estrasse da una tasca alcune monete d’oro e
le mostrò al traghettatore, che subito divenne più cordiale.
Mentre l’uomo si avvicinava, controllava il denaro e li guidava verso
l’imbarcazione ormeggiata, Shaoran si rivolse a mezza voce alla
guerriera.
«Avrei potuto pagarlo io…»
«Ma certo che no», lo interruppe subito
Sakura, sorridente. «Te l’ho già lasciato fare ieri alla
locanda. Non vorrai che io e Tomoyo ci facciamo l’abitudine,
cavaliere…»
Shaoran era assolutamente disorientato. Possibile che a
Sakura fossero bastate le parole che si erano scambiati quella notte per
cambiare atteggiamento nei suoi confronti così in fretta? Forse
sì, si disse. Forse per lui era strano semplicemente perché non
era abituato a quel genere di rapporto con gli altri, a quella complicità
che Sakura gli stava inaspettatamente dimostrando. E forse lei non era
così simile a lui come gli era sembrata; forse in realtà era
molto diversa, in fondo, ed ora era in grado di comportarsi come se lo
conoscesse da sempre, e di sentirsi davvero legata a lui… Ciò che
lui non sapeva e non poteva e non voleva fare, perché era stanco di
legarsi alle persone per poi rischiare di perderle…
Shaoran si riscosse quando si rese conto che Sakura e
Tomoyo stavano già salendo sulla piccola barca, facendo avanzare i
cavalli con cautela, mentre il traghettatore li sistemava in un punto
più saldo del battello. Scuotendo la testa nel tentativo di scrollare
via tutti i pensieri, seguì le due compagne a bordo.
Mentre iniziavano la traversata, Shaoran si sedette, e quasi
subito Sakura andò a sedersi nel posto di fronte al suo. Lo
guardò allegramente e poi portò lo sguardo sull’acqua,
spingendolo lontano sulla superficie calma del lago. Shaoran non riusciva a
toglierle gli occhi di dosso. Ma perché quella ragazza lo attirava
tanto? Continuava a pensare a ciò che lei gli aveva detto circa le sue
origini: figlia di un Angelo… Forse era davvero quello il motivo per cui
c’era in lei qualcosa di irresistibile, di magico, di…
Shaoran si costrinse ad allontanare lo sguardo da lei, e
si ritrovò a fissare Tomoyo, seduta lì accanto con sulle labbra
il sorriso di chi la sa lunga. Si sentì arrossire per l’ennesima
volta, e si concentrò sui lenti movimenti regolari del lungo remo del
traghettatore, e sul placido dondolio del battello sull’acqua.
Ci volle quasi un’ora per arrivare dall’altra
parte del lago, che era ancor più esteso di quanto gli era sembrato dal
bosco. Non parlarono molto, come accadeva spesso tra loro; ma Sakura in
più di un’occasione si lasciò andare in allegre considerazioni
sul tempo, sulla bellezza del luogo, e sul fatto che si sentiva stranamente
contenta di essere lì in quel momento con i due compagni.
«Pensare che all’inizio non volevo nemmeno
partire…», sorrise rivolgendosi a Tomoyo.
All’improvviso il battello urtò dolcemente
contro quella che si rivelò essere la sponda opposta del lago. Quella
parte del viaggio era conclusa.
«Giovani, si scende!» Il traghettatore
lasciò il remo e andò ad occuparsi dei cavalli. «A questi
penso io, voi intanto potete sbarcare.»
Shaoran non se lo fece ripetere due volte. Sfuggendo allo
sguardo allegro di Sakura e a quello vagamente saputello di Tomoyo, il ragazzo
sistemò l’asse con cui erano saliti sul battello; poi ci
ripensò, si fece da parte e lasciò che le due ragazze lo precedessero.
Sakura, passandogli accanto, gli sorrise.
«Grazie mille, Shaoran.»
Il cavaliere adolescente evitò il suo sguardo.
Attese che lei fosse sbarcata prima di incamminarsi a sua volta
sull’asse; ma in quel momento alle sue spalle i cavalli, o forse lo stesso
traghettatore, dovettero fare qualche movimento brusco, perché la tavola
traballò pericolosamente e lui rischiò di ritrovarsi in acqua.
Un paio di mani delicate ma sicure gli afferrarono i
vestiti, sul petto, evitandogli la caduta. Shaoran sollevò lo sguardo e
si ritrovò a un soffio dagli occhi verdi di Sakura. La ragazza smise di
sorridere mentre i loro sguardi si incontravano e si immergevano l’uno
nell’altro.
«Cerca di essere meno distratto, cavaliere»,
mormorò molto piano, senza lasciarlo andare.
Shaoran ricambiò il suo sguardo, senza parlare.
Per un istante rimasero così, immobili, vicinissimi. Poi la voce del
traghettatore li distolse da quel momento di stallo.
«Ragazzi, non c’è più pericolo
di cadere. Potete anche togliervi di lì, così vi riconsegno i
cavalli…»
Sakura si allontanò da Shaoran, portando lo
sguardo sull’uomo, che tendeva verso di lei le redini del cavallo bruno.
Shaoran ritenne opportuno togliersi subito di mezzo, prima di riprendere per le
briglie il proprio destriero.
Quando anche Tomoyo ebbe recuperato il suo cavallo, il
vecchio tornò al controllo della barca e rivolse loro un saluto, per poi
ricominciare a remare, spingendo la barca al largo.
I tre ragazzi si voltarono a fronteggiare il paesaggio
che si stendeva davanti ai loro occhi.
All’orizzonte, tanto lontani ed imponenti da
sembrare quasi irraggiungibili, si ergevano i monti del nord, a difesa della
regione degli Angeli. Tra essi e il lago alle loro spalle si aprivano vaste
pianure brulle e deserte. Dovevano attraversarle, ma questo avrebbe significato
essere totalmente scoperti, esposti a qualsiasi attacco di soldati.
«Bene», disse Sakura, decisa, montando in
sella. «Coraggio, andiamo. Se andrà tutto bene, entro domani
saremo sulle montagne.»
Anche Tomoyo montò. Shaoran sospirò
profondamente mentre le imitava. Era quel “Se” a preoccuparlo.
Sakura
fermò il cavallo, permettendogli di riposarsi un istante, e si
voltò verso i compagni.
«Che vi dicevo? È solo il tramonto, e siamo
già vicini.»
Tomoyo sorrideva, ma sul suo viso c’era della
tensione. Era ovvio che essere così vicina a portare a termine il suo
proponimento la turbava. Stava per distruggere lo Specchio degli Elfi, e le
conseguenze di quel gesto non avrebbero riguardato solo lei, ma l’intero
Regno di Tomoeda. Sakura comprese come dovesse sentirsi e guardò
altrove, soffermandosi su Shaoran.
Il ragazzo sollevò la testa, osservando i monti
che si innalzavano dritto davanti a loro. Il tramonto scarlatto sembrava
fiammeggiare tra i suoi capelli castani. Sakura percorse con lo sguardo il suo
viso serio, quello di un ragazzo cresciuto troppo in fretta, chiedendosi se lui
avesse capito che quel giorno lei aveva fatto di tutto per dimostrargli che gli
era vicina, che lo capiva, e che per questo era persino andata contro la
propria natura solitamente scostante e rinchiusa, così simile a
com’era lui…
Ma una strana sensazione disturbò quei suoi
pensieri. Sakura si voltò in ogni direzione, improvvisamente certa di
non essere sola con Tomoyo e Shaoran.
Quasi a voler confermare le sue impressioni, una freccia
si conficcò all’improvviso nel suolo, davanti agli zoccoli del suo
cavallo, che si imbizzarrì all’istante, rischiando di
disarcionarla. Sakura saltò subito a terra.
«Attenti, c’è
un’imboscata!»
Prima ancora che terminasse di urlare loro
l’avvertimento, la Dama
degli Elfi e il cavaliere della Terra del Buio erano già al suo fianco,
l’una con l’arco in pugno, l’altro con la spada sguainata.
Sakura si slacciò dalla vita i due coltelli nel momento esatto in cui un
gruppo di soldati emergeva dagli anfratti tra le rocce alle pendici dei monti.
La guerriera li fronteggiò. Erano in dodici, tutti
armati di scimitarre. E, come testimoniavano gli stemmi sulle loro cotte, erano
della Terra della Luce. Probabilmente a guardia del confine.
«Chi siete, mocciosi?», ruggì uno di
loro, avvicinandosi minaccioso a Sakura. «Spie, disertori, o che altro? Che
cosa siete?»
Per tutta risposta, Sakura sollevò il braccio e,
prima che il soldato potesse anche solo capire le sue intenzioni, gli
piantò uno dei coltelli nel collo, fino all’impugnatura.
Fu l’impulso che scatenò la battaglia.
Sakura si ritrovò presto a fronteggiare contemporaneamente due uomini.
Riuscì a scagliare un coltello nell’occhio di uno di loro, e ad
ingaggiare una lotta corpo a corpo con il secondo, fino a tagliargli la gola.
Si gettò incontro ad altri soldati, sperando che anche Shaoran e Tomoyo
li stessero affrontando con la stessa facilità. Ebbe modo di intravedere
entrambi: Tomoyo era salita su una roccia sopraelevata e scagliava le sue frecce
con incredibile abilità; Shaoran aveva appena decapitato con un solo
colpo di spada uno dei soldati.
Fu quello il momento di distrazione che Sakura avrebbe
dovuto evitarsi.
Di colpo un uomo le fu addosso, brandendo la scimitarra
sotto il suo mento, sbavando quasi, come una bestia.
«Ma guarda che bella ragazzina»,
ringhiò, portandole al mento anche la mano libera. «Una fatina che
ha ucciso il nostro capo come se niente fosse. Dovrò decidere una bella
morte per te, mia bella guerriera…»
Sakura cercò di mordergli la mano, ma lui
riuscì ad evitare i suoi denti.
«Provaci, bastardo», gli sibilò in
faccia, pur consapevole di non essere nella condizione adatta per minacciarlo.
«Vedrai, vedrai se ci proverò,
piccola…»
Le parole si strozzarono nella sua gola. Sakura lo vide
cambiare espressione, e vide una lama rossa di sangue spuntare dal suo petto.
L’uomo allentò la presa su di lei e cadde in avanti, così
che Sakura si ritrovò a guardare Shaoran, che estraeva la spada dalla
schiena del soldato.
Ansante, Sakura si accorse che le tremavano le gambe.
Shaoran abbassò la spada insanguinata e la guardò, altrettanto
spossato.
«Stai bene?»
La gola secca, Sakura annuì.
«Grazie…», mormorò. Sapeva che
lui le aveva appena salvato la vita, e avrebbe voluto dirgli molto di
più, ma in quel momento le mancavano le parole.
Shaoran non disse nulla. Si voltò verso un gruppo
di soldati che, cercando di schivare la pioggia di frecce, si dirigevano verso
Tomoyo. Sakura andò subito a dargli manforte.
La lotta andò avanti ancora a lungo. Non erano
rimasti che due uomini quando Sakura cadde in ginocchio, esausta, trafiggendo
al petto scoperto uno di loro. La ferita al fianco, seppur lieve, ormai le
pulsava dolorosamente sotto le bende, stimolata dalla fatica. Si tenne il
ventre con un braccio, stringendo i denti… Ma in quel momento un grido di
Tomoyo, innaturalmente acuto, la indusse ad alzare la testa.
Davanti a lei, Shaoran aveva appena trapassato al ventre
l’ultimo soldato; ma questi, cadendo, gli aveva affondato la scimitarra
nel petto, tra la gola e la spalla.
«Shaoran!»
Senza più curarsi della stanchezza e del dolore,
Sakura scattò in piedi. Vide il giovane cavaliere rivolgerle uno sguardo
vacuo, poi un sorriso incerto e confuso, prima di accasciarsi lentamente a
terra accanto all’uomo che aveva appena ucciso.
E in quel momento la guerriera non capì più
nulla.
Tranquille,
colleghe fan di Shaoran, non farei mai del male al
nostro bel cavaliere… Anche perché ce ne sono già fin
troppo pochi di ragazzi come lui!
Ora
passiamo ai ringraziamenti:
Yumemi: Ti capisco benissimo, non
preoccuparti, anch’io sono incasinatissima con la scuola… Comunque sono
felice che ti interessi il passato dei due protagonisti, anche perché ciò
è determinante per il futuro della storia… Mille grazie per il tuo
commento!
Ichigo_91: Vale anche per te, Ichigo, non ti preoccupare, mi fa comunque piacerissimo che la storia ti prenda! E sono contenta che
tu abbia preso il mio contatto, anzi spero di sentirti presto!
Kia85: Sono onorata di ricevere tanti
complimenti da parte tua, non so se hai già letto la recensione che ti
ho lasciato ma ribadisco i miei complimenti! Grazie
mille per il commento, e a proposito delle origini di Sakura…
Non c’è che dire, saranno determinanti!!
PikkiSakuraChan: Accidenti, sono contenta che tu
ti sia commossa, vuol dire che riesco a scrivere qualcosa di buono! Tantissime
grazie anche a te!
Sakura182blast: E allora, sorellina, spero che
gli spoiler che ti ho dato e ciò che hai letto finora ti siano piaciuti!! Un bacionegrande
grande e un grazie anche a te…
Spero
che il capitolo sia stato di vostro gradimento, cari
lettori e care lettrici… Ovviamente nel prossimo le condizioni di Shaoran determineranno delle reazioni particolari in Sakura… Ma non voglio anticipare troppo!!
Mi
auguro che continuiate a seguirmi… Alla prossima!
Innanzitutto
mi scuso per l’assenza prolungata… Mi dispiace veramente
tantissimo, ma sono davvero un bel po’ incasinata,
senza contare che ora sono costretta ad aspettare che in casa non ci sia
nessuno per connettermi! È una storia lunga, e non mi va di star qui ad
annoiarvi… Piuttosto, perché non leggete questo nuovo capitolo?
L’ultima immagine, quella della lama penetrata
nella sua pelle, l’ultima sensazione, quella della fitta lancinante di
dolore, si dissolsero del tutto, per lasciare il posto al contrasto eterno,
alla sempiterna spaccatura tra il vuoto totale e la totalità piena.
Nulla aveva un senso e al contempo tutto era chiaro come non mai.
Era questa la morte?…
Sakura
non aveva più voce, né pensieri, né altro; si sentiva
assolutamente arida e svuotata. Osservava stancamente Tomoyo che, in ginocchio
e china sul cavaliere, cercava di arginare il flusso spaventoso del suo sangue.
Subito dopo che il ragazzo era stato colpito, la Dama degli Elfi era
intervenuta con sorprendente iniziativa: lo aveva spostato tra le rocce ai
piedi della montagna che si ergeva loro di fronte, dopodiché aveva
iniziato a mormorare parole apparentemente senza senso e poi a fasciarlo con le
stesse bende con cui il giovane aveva medicato Sakura solo il giorno precedente.
La guerriera era rimasta immobile al loro fianco, incapace di agire e perfino
di pensare, mentre il cielo si faceva sempre più scuro e i corpi dei
soldati caduti attiravano famelici avvoltoi dai loro nidi sulle vette dei
monti. Ancora adesso Sakura non riusciva a muoversi, e assisteva impotente,
senza alcuna capacità logica.
Shaoran delirava. Era estremamente pallido, eppure
sembrava in preda alla febbre. La fanciulla degli Elfi gli aveva denudato il
torace, e ora Sakura fissava con orrore e terrore lo squarcio che si apriva nel
suo petto, un rosso scuro circondato da pelle chiara.
Tomoyo disfece per l’ennesima volta la fasciatura:
non faceva in tempo a stringerla, che era già intrisa di sangue.
«Non c’è modo di arginarlo
così», sospirò ad un tratto, scostandosi dal viso una
ciocca di lunghi capelli scuri e lasciandosi uno sbuffo del sangue di Shaoran
sulla guancia. «Questi sono solo insulsi rimedi curativi, non possono
aiutarmi. Devo ricorrere alla vera e pura magia elfica.»
Sakura alzò il viso e la fissò.
«Allora fallo, cosa aspetti?», sbottò,
ritrovando la voce. «Avresti dovuto pensarci subito!»
«Non posso. È ancora semicosciente, non
posso rischiare… Devo aspettare che si addormenti.»
«Che cosa? Ma se si addormenta adesso… potrebbe
non svegliarsi più!» Sakura la fissò furente. «Vuoi
ucciderlo?»
Lo sguardo che le lanciò Tomoyo era quasi
altrettanto furioso. Sakura si ritrasse, turbata.
«Non voglio che muoia, e tu lo sai. Ma ragiona,
Sakura: se si scuotesse ora dal torpore e ci sentisse fare questi discorsi,
capirebbe che non sono umana. Immagina se aprisse gli occhi e si trovasse di
fronte ai miei poteri di Elfo… A quel punto, anche se guarisse subito,
non si fiderebbe più di noi. È questo che vuoi?»
Sakura tacque.
«Dobbiamo solo aspettare che si assopisca»,
continuò Tomoyo. «Per questo è importante continuare a
medicarlo, cercare di fermare il flusso. Se solo la ferita non fosse
così profonda…»
All’improvviso, Sakura ricordò la
medicazione che il cavaliere le aveva fatto il giorno prima.
«C’è un’ampolla nella sua
bisaccia», mormorò. «È con quella che mi ha
disinfettato il taglio al fianco. Forse può essere utile…»
«Proviamo. Ti prego, vai a prenderla.»
Sakura si alzò e si accorse di barcollare. Si
diresse con passo incerto al cavallo nero di Shaoran, tendendo le mani aperte
per rassicurarlo, e quando fu abbastanza vicina frugò di nuovo nella
sacca appesa alla sella, dove aveva già trovato le bende, sentendosi
quasi una ladra. Trovò subito l’ampolla e si diede della stupida
per non averla presa prima. Tornando da Tomoyo, si guardò intorno: i
rapaci erano ancora intenti sui cadaveri, e non la degnavano di uno sguardo.
Tomoyo le prese dalle mani l’unguento preparato dal
mago che, Sakura se ne rese conto all’improvviso, era in realtà lo
zio di Shaoran. Mentre la guerriera si lasciava cadere al suolo, la Principessa elfica
spalmò il cataplasma sulla ferita del cavaliere, passandogli
delicatamente le mani sul petto nudo. Quel gesto provocò a Sakura un
lampo di disappunto, di fastidio; ma non riusciva a capire a cosa fosse dovuto.
«Notevole», mormorava tra sé Tomoyo.
«Chi ha preparato questo intruglio deve sapere il fatto suo in ambito di
pratiche magiche e curative.»
«Quindi lo aiuterà?», chiese Sakura, tesa.
«Dovrebbe uscire dal delirio a breve. Se siamo
fortunate, si addormenterà senza rischi, e potrò chiudergli
questa ferita per sempre.»
Sakura cercò di annuire, ma ogni singolo muscolo
del suo corpo sembrava intorpidito.
Tomoyo terminò di disinfettare la ferita, la
fasciò di nuovo, richiuse l’ampolla e si alzò.
«Ora possiamo solo aspettare. Rimetto questa al suo
posto e provvedo qualche erba da dar da mangiare ai cavalli. Devono essere
affamati.»
Sakura non replicò, non la guardò nemmeno.
Ascoltò il suono dei suoi passi allontanarsi dai piedi del monte, ma il
rumore era solo un fruscio indistinto nelle sue orecchie.
Un unico pensiero le attraversava la mente sgombra: poche
ore prima, Shaoran le aveva salvato la vita, e ora si ritrovava a rischiare la
sua. Lei non credeva di poterlo sopportare. In quei soli due giorni che avevano
passato insieme, e soprattutto dal momento in cui lui le aveva mostrato la sua
vera anima, davanti a quella cascata nel bosco, Sakura si era sentita
finalmente compresa. Si era sentita come se tra loro si fosse instaurato un
legame unico ed ineguagliabile. Si era sentita come se avesse finalmente
trovato la famiglia che da sempre le era stata negata.
Perché era questo che provava in quei giorni,
viaggiando con Shaoran e con Tomoyo: anche lei poteva legarsi a qualcuno, anche
lei poteva fidarsi di qualcuno… anche a lei poteva essere concessa una
famiglia, qualcuno a cui voler bene.
Vide che il respiro di Shaoran si faceva più
regolare. Il suo petto non era più scosso da spasmi violenti, ma ora si
alzava e si abbassava dolcemente. Sakura tese una mano fino alle bende che ora
spiccavano bianche sul suo torace, solo vagamente macchiate di rosso, e lo
sfiorò come lui l’aveva sfiorata il giorno precedente, quando lei
aveva percepito il calore della sua mano…
In quel momento si rese conto che non poteva e non voleva
perderlo.
Chiuse gli occhi, cercando di frenare le lacrime che
all’improvviso premevano per uscire, inutilmente. Si ritrovò a
piangere in silenzio, senza saperne il motivo, la mano ancora ferma e aperta
sul petto di Shaoran, all’altezza del suo cuore, avvertendo il resistere
tenace e ostinato dei suoi battiti.
A poco a
poco, la spaccatura tornava ad essere un’unità. Caldo e freddo si
fondevano nel tiepido, bianco e nero divennero un insieme brumoso, il frastuono
e il silenzio lasciarono il posto al lieve rumore del suo cuore.
Stava tornando indietro.
Riprese conoscenza, ma continuò a tenere gli occhi
chiusi, riabituandosi alla sensazione di essere vivo, e sentendo un peso
piacevole sopra il cuore. Ma poi qualcosa di caldo gli piovve su una guancia, e
quando si rese conto che era una lacrima aprì lentamente gli occhi.
Sakura era china su di lui, una mano sul suo petto nudo e
bendato, le palpebre serrate come a voler frenare il pianto che invece
inumidiva implacabile le sue ciglia. Lui la osservò a lungo, poi
sollevò piano un braccio e portò una mano su quella che Sakura
teneva sul suo cuore. Gliela strinse delicatamente mentre si sforzava di
bisbigliare alcune parole.
«Non avevo mai visto una guerriera piangere.»
Vide che la ragazza trasaliva; poi si specchiò nei
suoi occhi verdi. Sakura lo fissò con l’espressione di chi assiste
a un miracolo.
«Shaoran… Tu… Io…»
Il giovane le sorrise.
«Una parola alla volta, figlia degli Angeli.»
Sakura non cercava più di trattenere le lacrime.
Lui sentì che stringeva la mano dentro la sua. Per qualche secondo si
guardarono in silenzio, poi Sakura cercò di nuovo di parlare.
«Ho avuto paura…»
Shaoran smise di sorridere. Aveva avuto paura per…
per lui…? Quasi non riusciva a crederci. Sakura non sembrava conoscere la
paura; gli era sempre sembrata forte, molto più forte di lui. Invece
adesso… Il ragazzo sollevò l’altra mano e, sentendo il
bisogno di toccarla, le asciugò le lacrime, senza distogliere gli occhi
dai suoi. Sakura si irrigidì, forse sorpresa dal contatto, da quel gesto
così inusuale in lui; ma non si sottrasse.
Sentì che si stava perdendo in quel verde… E
in quel momento trovò il coraggio di farle la domanda che lo tormentava
fin da quella mattina.
«Perché sei cambiata?»
Si pentì all’istante delle proprie parole,
soprattutto quando vide l’espressione di Sakura indurirsi.
«Come?»
Shaoran allontanò la mano dal viso di lei. Ma ora
doveva andare fino in fondo… Prese fiato, e continuò a voce molto
bassa.
«Ieri eri distante, silenziosa, diffidente,
irraggiungibile… Poi ci siamo parlati liberamente di noi stessi, e da
allora hai iniziato a sorridere, a parlare, ad avvicinarti…
Perché? Davvero adesso… ti fidi di me?»
Sakura si ritrasse leggermente, allontanando la mano
dalla sua, dal suo petto. Rimase inginocchiata al suo fianco, ma
all’improvviso era tornata fredda. Proprio come prima. Shaoran si rese
conto di colpo che temeva ciò che lei stava per dirgli.
«Io sono così, Shaoran. Non c’è
nessun perché, nessuna spiegazione. Sentivo di volermi aprire, e
l’ho fatto, ecco tutto. Non credo di poterti spiegare, non credo che qualcuno
possa capirmi… Io sono… come il vento. È difficile che sia
stabile, è impossibile afferrarlo e averne la piena consapevolezza. Io
sono così.»
Shaoran la guardò. Era sicuro che lei gli stesse
nascondendo qualcosa, che ci fosse dell’altro. O forse lo sperava
soltanto… Sperava che lei avesse voluto cambiare perché si era
resa conto che c’era un legame forte ad unirli… E poi, non aveva
risposto alla sua domanda. Non gli aveva detto se si fidava di lui…
Sospirò profondamente, sentendo una fitta al
petto. Chiuse gli occhi sforzandosi di ignorare il dolore, ma in quel momento
non gli importava del male fisico; importava solo il fatto che senza la mano di
Sakura sul cuore si sentiva… incompleto.
Dopo qualche istante, si sentì calare addosso una
sorta di torpore, di placida sonnolenza. Tenne gli occhi chiusi, ma presto ebbe
sentore di un respiro sul volto. Si sentì avvampare all’istante,
ma non aprì gli occhi; poi Sakura gli parlò piano
all’orecchio.
«Ad ogni modo, cavaliere, grazie ancora per avermi
salvato la vita…»
Shaoran rimase immobile, mentre le labbra della ragazza
incontravano la sua guancia, posando un bacio leggero nello stesso punto in cui
i suoi occhi avevano lasciato cadere una lacrima. Gli sembrò che il
cuore gli si fermasse, ma dopo un istante riprese la sua folle corsa.
Mentre sentiva che Sakura allontanava il viso, Shaoran
iniziò a scivolare nel sonno, e un lieve sorriso si disegnò sulle
sue labbra.
«Si
è addormentato?»
Ancora immersa nel guardare i lineamenti di Shaoran
distesi nel sonno ristoratore, Sakura trasalì al suono della voce di
Tomoyo. Poi annuì, senza spostare lo sguardo da lui.
La Dama degli Elfi tornò ad
inginocchiarsi accanto al giovane.
«Bene. Ora posso fare in modo che guarisca subito.
Domattina si chiederà come sia stato possibile, ma perlomeno non
avrà scoperto chi sono e cosa stiamo per fare nella terra degli Angeli.»
Sakura annuì di nuovo, guardando le sue mani
tornare a posarsi sul petto di Shaoran ed emettere un flusso di una sorta di
energia luminosa. Gli occhi chiusi, l’espressione grave e concentrata,
Tomoyo intonò una strana nenia, che penetrò fin nell’anima
di Sakura… Poi la luce svanì, e la Principessa tacque e
iniziò a scostare le fasce sul petto del cavaliere. La guerriera si
ritrovò a fissare il punto in cui prima c’era la spaventosa
ferita: ora la pelle era intatta, ad eccezione di una lunga cicatrice bianca.
Sakura si disse che avrebbe dovuto stupirsi per quel prodigio, ma si sentiva
stranamente neutra.
Mentre Tomoyo ripuliva la pelle di Shaoran dal sangue,
gli occhi della guerriera vagarono di nuovo sul viso ora sereno di lui. Non riusciva
a pensare a nulla: né a ciò che si erano detti in quei pochi
minuti in cui era stato cosciente; né al perché non fosse
riuscita ad ammettere che sì, ora si fidava di lui; né a
ciò che aveva provato quando aveva visto che le
sorrideva, sano e salvo, destinato a vivere.
Solo alcune parole erano impresse in modo nitido nella
sua mente, come marchi a fuoco, inferti con delicatezza.
Il modo in cui Shaoran aveva pronunciato quelle parole
con cui l’aveva chiamata…
Figlia degli
Angeli.
Bene, lo
so che questo capitolo è un po’ confuso, e so anche che magari Sakura non si è comportata come avrebbe dovuto, con Shaoran (io personalmente gli avrei detto BEN
ALTRO…), però se non altro ora c’è della sintonia in
più: non puoi sperare di restare indifferente ad una persona che ti ha
salvato la vita, o viceversa, ad una persona che hai salvato dalla morte…
Vedrete che le cose si evolveranno… prima o poi! ^^
Ringraziamenti:
Yumemi: Grazie mille per la tua
recensione! Ebbene, purtroppo non sbagliavi, la ferita di Shaoran
era piuttosto seria… Spero però che apprezzerai
il ruolo di Tomoyo in questo capitolo! Quella ragazza
probabilmente un giorno diventerà santa! Un bacione…
Evans Lily:
Ciao, collega, e mille grazie per il tuo commento! Sono davvero contenta che la
storia continui a piacerti e spero proprio di sentirti presto… Anche per
il nostro piccolo progetto! ^^
Sakura182blast: Oh, sorellina, sapessi quanto mi manchi! Hai ragione, quella sera è
rientrata mia madre, fortuna che non mi ha beccata, però ho fatto una
corsa tremenda per riportare il cavo al suo posto senza che lei se ne accorgesse! Fifa blu! Scusami per la prolungata assenza da
MSN ma come ho già detto ora posso solo aspettare che lei non ci
sia… Comunque, a parte tutto questo, ti ringrazio tantissimo per la recensione… Ma no, non ti preoccupare, mi conosci, Shaoran non corre più alcun rischio! ^^
Kia85: Accidenti, le tue recensioni mi
confondono, mi sembra davvero che tu sia un’esperta di queste cose e sono
sempre più contenta che continui a seguirmi! Hai ragione, a volte sono
un po’ cattiva per quanto riguarda la suspense… Spero che nel
frattempo questo non abbia danneggiato nessuno, non vorrei davvero avervi sulla
coscienza! ^///^
Ichigo_91: Non ti preoccupare, Ichigo, non farei MAI E
POI MAI del male a Shaoran, e di
certo non lo farei morire solo per aver salvato Sakura!
Ehm, sono un po’ gelosa, si nota? ^///^ Comunque grazie mille per la
recensione, spero che questo capitolo ti sia piaciuto!
SakuraBethovina: Lo so, lo so, ci mettono un
po’ prima di innamorarsi davvero, però vedrai che… ^^ Grazie
per le tue puntuali recensioni, sono davvero felice che tu mi segua sempre!
Vi
aspetto nel prossimo capitolo (spero il più presto possibile, ma
purtroppo non posso assicurarvi niente…), dove le cose si faranno ancor
più interessanti: ebbene sì, stiamo arrivando nella terra degli
Angeli!
Ecco
pronto per voi il nono capitolo! Come promesso, e come vedrete dal titolo,
siamo finalmente giunti alla meta… Ma ci
vorrà ancora un po’ di tempo prima che il senso di questa storia
strampalata si definisca del tutto… Nell’attesa, spero che gradiate
questa nuova tappa del viaggio…
Buona lettura!
Aamyan degli Elfi
9
Tra gli Angeli
Shaoran
dormì di un sonno lungo e senza sogni. Quando si svegliò, il sole
era già abbastanza alto nel cielo, e gli feriva gli occhi come una lama.
Sollevò un braccio per ripararsi lo sguardo e abituare la vista alla luce,
e così facendo si rese conto che il petto non gli recava più
alcun dolore. Si era aspettato di sentire qualche fitta; invece era come se non
fosse mai stato ferito.
Perplesso, il cavaliere adolescente si puntellò su
un gomito e abbassò lo sguardo sul proprio torace. Ricordava che quando
si era svegliato durante la notte si era scoperto il petto nudo, e che aveva
pensato, con vago imbarazzo, che le due ragazze avessero dovuto privarlo dei
vestiti nella parte superiore del corpo per fasciargli la ferita; adesso,
invece, si scoprì rivestito. Si spostò gli indumenti, per
ispezionarsi la fasciatura apportata dalle sue compagne di viaggio, ma con sua
grande sorpresa non la trovò. La sua pelle era priva di bende e
stranamente integra: solo una cicatrice manifestava la ferita quasi mortale
infertagli il giorno precedente, confermando che era successo davvero, che non
era stato un incubo.
Shaoran si sfiorò il segno bianco sulla pelle,
sempre più confuso. Com’era possibile che le cure di Sakura e
Tomoyo fossero bastate a far rimarginare la ferita in così breve tempo?
Forse avevano usato il cataplasma creato da Clow… Ma anche in quel caso,
era impossibile che nel corso di una sola notte…
Un movimento improvviso nelle vicinanze lo fece
sobbalzare. Si sistemò di nuovo i vestiti, sollevando lo sguardo e
vedendo Sakura. La guerriera era in piedi di fronte a lui e lo scrutava con
espressione indecifrabile.
«Sei sveglio», constatò, distaccata.
«Come ti senti?»
Shaoran alzò le spalle.
«Bene. Ma…»
«Perfetto.» Sakura bloccò sul nascere
qualsiasi sua domanda e si diresse verso il suo cavallo, continuando a parlare,
ma senza più guardarlo. «Presto, dobbiamo metterci in marcia.
Abbiamo già perso troppo tempo. Ci vorranno giorni per valicare le
montagne…»
Shaoran si alzò lentamente, con cautela. In quel
momento vide avvicinarsi Tomoyo, già in sella al suo cavallo bianco. La
fanciulla dai capelli d’ebano lo guardò e gli sorrise.
«Ben svegliato, cavaliere. Mi auguro che tu non
senta più dolore.»
Shaoran scosse la testa.
«No, in effetti… Ma mi sembra incredibile di
essere ancora vivo.»
«Siamo state brave», sorrise ancora Tomoyo.
«Già. Devo ringraziarvi. Vi devo la
vita.»
Sorridendole vagamente, Shaoran raggiunse il proprio
destriero e montò in sella.
Sakura gli sfilò accanto sul suo cavallo bruno,
sempre senza guardarlo.
Il ragazzo si sentiva profondamente scosso. Gli tornarono
alla mente le parole che si erano scambiati quella notte: che Sakura avesse
preso male le sue domande, decidendo di allontanarsi di nuovo? Ma non aveva
senso… Lui non aveva intenzione di farla arrabbiare o altro…
Perciò per quale motivo lei era improvvisamente così fredda,
persino più di prima?… E pensare che subito dopo quella discussione
lei gli aveva dato un bacio… Si sentì arrossire per
quell’ultimo pensiero, di gran lunga meno serio dei precedenti.
Il cavallo di Tomoyo si affiancò al suo. Come era
accaduto altre volte, la ragazza sembrò leggergli dentro.
«Non pensare male di Sakura», mormorò,
in modo che solo Shaoran la udisse. «Ha qualche difficoltà nel
manifestare le proprie emozioni… Un po’ come te, del resto…
Ma ti assicuro che è stata davvero in ansia per te. Ti è rimasta
accanto per tutta la notte, e non credo che abbia dormito molto.»
Shaoran tornò a guardare Sakura, che gli dava le
spalle. Non sapeva più cosa pensare. Era vero, anche lui tendeva a
rinchiudere le proprie emozioni, ad evitare di darle a vedere; ma lui non aveva
di quegli improvvisi cambiamenti di atteggiamento… Proprio non la capiva.
Ma forse era lei a non volere che gli altri la capissero. Era come se fosse
preda di strani demoni che la inducevano a non mostrarsi mai uguale a se
stessa, in modo che nessuno potesse mai riuscire a guardarle dentro e magari a
legarla a sé. Forse. Non era sicuro di niente, ormai…
Non credo di
poterti spiegare, non credo che qualcuno possa capirmi…
In quel momento, Sakura si voltò verso di loro.
«Siete pronti, voi due? Andiamo, dobbiamo iniziare
la scalata.»
Sospirando, scuotendo la testa, Shaoran spronò il
cavallo e la seguì, imitato da Tomoyo.
Mentre si avvicinavano tutti e tre ad un sentiero che si
inerpicava tra le rocce, il giovane si rese finalmente conto che al di
là di quelle montagne c’era il paese degli Angeli, dove avrebbero
trovato gli Elfi, e con essi lo Specchio. Capì nello stesso istante che
negli ultimi tempi, ossia dal primo vero confronto che aveva avuto con Sakura,
aveva pensato allo Specchio sempre meno. Ma ora il vero scopo del suo viaggio
gli si profilava di nuovo di fronte, e lui non sapeva più a quale
pensiero dovesse dare la priorità.
Erano
passati due giorni da quando avevano definitivamente abbandonato la Terra della Luce,
inoltrandosi sulle montagne, verso la regione abitata dagli Angeli. I cavalli
erano esausti; avevano dovuto costringerli ad attraversare passaggi angusti e
ad arrampicarsi sempre più in alto, lungo gole e valichi quasi
inaccessibili, ed era diventato sempre più difficile trovare tracce di
vegetazione adatta al loro nutrimento. Sakura aveva intuito che la Principessa degli
Elfi, quando lei e Shaoran non erano in vista, provvedeva a sfamarli grazie
alle sue facoltà magiche, che le permettevano di generare praticamente
dal nulla ciò di cui necessitava; ma ormai la stessa Tomoyo appariva
affaticata dal lungo cammino.
Avevano dormito pochissimo, non sentendosi al sicuro in
quei luoghi impervi. Sakura non ne poteva più. Alla stanchezza fisica,
oltretutto, si aggiungevano i soliti pensieri che la assillavano
incessantemente: non riusciva a spiegarsi perché si ostinasse a trattare
Shaoran con tanta freddezza, dopo l’ultima volta che avevano parlato sul
serio. Si dava della stupida, perché sentiva che non c’era motivo
di tornare a mascherarsi, dopo che lei stessa aveva voluto esporsi con lui; ma,
nonostante quei rimproveri a se stessa, continuava imperterrita a distogliere
lo sguardo ogni volta che Shaoran la guardava, ad evitare di restargli accanto
troppo a lungo, a dargli sempre le spalle nelle rare e brevi occasioni in cui
si distendevano a riposare. Non capiva cosa le stesse succedendo. Sapeva solo
che, quando Shaoran le aveva dimostrato di aver capito ciò che lei aveva
voluto trasmettergli, quando cioè era diventato evidente che loro due
non sarebbero mai più stati estranei l’uno all’altra, lei si
era improvvisamente ritratta, come impaurita dall’evidenza di quella
consapevolezza. E si odiava per ciò che stava facendo, per la confusione
che vedeva sul viso di Shaoran quando lui riusciva ad incontrare i suoi occhi;
ma non riusciva a smettere di infliggergli quella confusione, senza nemmeno
sapere il perché.
Fu perciò con sollievo e con gioia che in quel terzo
giorno Sakura reagì alla vista della landa che si apriva dinanzi alle
montagne.
«Ci siamo», disse, rivolta ai due compagni di
viaggio. «Questa è l’ultima vetta, l’ultimo monte da
percorrere prima di giungere dagli Angeli. Dobbiamo solo scendere da questo
crinale.»
«Finalmente», sospirò Tomoyo al suo
fianco.
Sakura vide che era molto pallida, più del solito.
Ma probabilmente si trattava di tensione, rifletté; del resto, la Dama degli Elfi stava ormai
per mettere in atto la propria decisione. Era assai improbabile che fosse
davvero stanca: in varie occasioni aveva dimostrato di non temere la fatica e
le difficoltà.
Il cavallo di Shaoran si affiancò a quelli delle
due ragazze. Per l’ennesima volta, e sempre in preda allo stesso contrasto
interiore, Sakura evitò gli occhi del cavaliere e spronò la sua
cavalcatura per discendere dalla montagna.
Mentre osservava la terra degli Angeli avvicinarsi
inesorabilmente, Sakura sentì crescere in sé un moto di emozioni.
In parte era turbata al pensiero che lì, se alla fine Tomoyo non avesse
cambiato idea, insieme allo Specchio fatato col nome di Aamyan sarebbero morte
probabilmente tutte le speranze del Regno di veder finire la guerra che andava
avanti da più di un secolo; ma era soprattutto un altro pensiero a
rimescolarla dentro. In quei luoghi era vissuto suo padre, un essere
appartenente ad una stirpe evidentemente superiore all’Uomo,
l’Angelo dal cui seme lei era stata generata, e che quasi certamente
aveva dovuto soccombere agli stenti dell’esilio. Proprio come doveva
essere accaduto a sua madre, nella terra che lei si era appena lasciata alle
spalle…
Prima che Sakura potesse rendersene conto, il suo cavallo
già poggiava gli zoccoli su un terreno pianeggiante, e i monti si
ergevano ormai alle loro spalle.
Per un po’ i tre giovani rimasero immobili al loro
posto, gli occhi fissi sul paesaggio esteso fino all’orizzonte. Sakura
poteva quasi percepire la sua stessa concentrata emozione effondersi dai suoi
compagni.
La regione degli Angeli, così rinchiusa dalle
montagne che la circondavano in tutta la lunghezza dei suoi confini, presentava
ai loro occhi terreni perlopiù pianeggianti, e tutto era quasi
innaturalmente verde. Verde l’erba alta e incolta che ricopriva il suolo
come un manto morbido; verdi le rade colline lontane all’orizzonte, verso
la costa a settentrione; verdi persino le guglie di quella che sembrava una
città, che si profilava dinanzi a Sakura dandole un senso di minacciosa
efficienza. La guerriera si guardò intorno, attonita. Era difficile
credere che in quella terra tanto lussureggiante ci fosse da qualche parte un
lago di lava, il luogo arcano in cui era stato forgiato Aamyan.
«Quella è la Corte degli Angeli»,
disse improvvisamente Tomoyo, rompendo il silenzio, indicando la città.
«Dobbiamo recarci là per poter conferire con… con gli
Elfi», concluse voltandosi verso Shaoran.
Sakura non sbirciò l’espressione del
cavaliere. Si chiese invece se e quando Tomoyo gli avrebbe detto la
verità circa le sue intenzioni, e se gli avrebbe davvero dato una
possibilità di dimostrare di poter usare lo Specchio…
«Beh, muoviamoci», disse alla fine, tirando
le briglie del cavallo e inducendolo a muoversi al piccolo trotto.
Tornarono a cavalcare di buona lena, diretti alla
città dai riflessi color smeraldo.
Arrivarono alle sue porte solo a pomeriggio inoltrato. Si
fermarono, esitanti, di fronte ai possenti cancelli in legno ricoperti
d’edera, e smontando da cavallo si guardarono intorno.
«Cosa dobbiamo fare per poter entrare?»,
mormorò Shaoran.
Sakura vide che Tomoyo stava per rispondergli, ma in quel
momento una voce risuonò nella pianura, vicina eppure lontana, chiara
eppure indefinibile.
«Chi siete voi, stranieri, e quale intrepido scopo
vi ha mosso fin qui?»
Sakura si voltò, turbata, e non avrebbe saputo
dire se piacevolmente o sgradevolmente. Dinanzi a loro era comparso dal nulla
un essere indescrivibile, i cui contorni sembravano sfumare nella luce del sole.
Lunghissimi capelli candidi come neve ricadevano alle sue spalle fino a
perdersi nell’erba ai suoi piedi, e il suo corpo era coperto da un
leggerissimo abito altrettanto lungo e bianco. La ragazza capì che
l’Angelo era di sesso maschile solo quando si soffermò sul suo
viso. I suoi occhi, di un colore tendente all’azzurro pallido, in quel
momento erano fissi su Tomoyo, ma quasi subito scorsero su Shaoran e infine su
di lei, che se ne sentì trapassata.
E mentre la guardava, l’espressione dell’Angelo
cambiò.
«Io so chi sei», disse semplicemente, in tono
duro, senza più attendere una loro risposta.
Sakura sostenne il suo sguardo, sentendosi addosso gli
occhi di Tomoyo e di Shaoran.
«Io, invece, non lo so», ribatté, per
poi stupirsi del suo stesso ardire.
L’angelo si avvicinò, si chinò su di
lei e le sollevò il mento. La sua mano era tenue come il tocco dell’aria
pura, ma al tempo stesso era estremamente tangibile e tiepida sulla pelle della
ragazza. Per qualche istante Sakura si perse nei suoi occhi chiarissimi, ma il
modo in cui l’essere straordinario la guardava era tutto fuorché
rassicurante.
Poi, senza preavviso, l’Angelo citò alcune
parole altisonanti.
«E
l’ignominia tornerà tra noi, essa che avrà in sé la
vita e la morte: e il suo ritorno sarà infausto per la natura di suo
padre, e prospero per la natura di sua madre, poiché essa porterà
la nostra morte e la loro vita.»
Sakura rimase immobile, ancora prigioniera delle sue
dita, senza capire.
Improvvisamente l’Angelo si allontanò dal
suo viso e giunse le mani, e la ragazza poté vedere un bagliore
liberarsi tra le sue dita contratte. L’istante successivo, la creatura
brandiva quella che sembrava una spada fatta di luce.
«Tu sei l’ignominia», proruppe
nuovamente l’Angelo, «figlia di uno di noi e di una delle creature
più ignobili di questo mondo. Vedo in te la vita e la morte, la
dualità che non sai spiegarti, l’alternarsi delle qualità
delle due razze che ti concepirono… E come era scritto, sei tornata oggi
per spodestare la stirpe di tuo padre, affermando il predominio di quegli
insignificanti Esseri Umani, il Popolo della donna che ti diede alla luce. Ma
io, Yue, guardiano della Corte, non ti permetterò di compiere la
profezia.» Sollevò la lama di luce al di
sopra del capo. Ora gridava, e in lui non c’era più nulla di
etereo. «Andate via da questi luoghi, tornate indietro, tu e la feccia
dei tuoi compagni… E non tornate mai più, o troverete la
morte!»
Stordita, Sakura si ritrasse, e senza nemmeno pensarci
saltò di nuovo in sella al suo cavallo.
Prima di realizzare a fondo ciò che stava
succedendo, si ritrovò a galoppare, al fianco di Tomoyo e Shaoran, di nuovo
verso i monti, mentre adesso tutta una schiera di Angeli li inseguiva urlando
maledizioni…
«Non possiamo certo andarcene», sentì
che boccheggiava Tomoyo. «Abbiamo un compito qui. Non ci lasceremo
abbattere così in fretta… Alle pendici delle montagne ci sono
delle caverne: cerchiamo rifugio lì.»
Incapace di prendere iniziative proprie, Sakura si
accodò al cavallo bianco della Dama degli Elfi. Nelle orecchie le risuonavano
ancora le parole dell’Angelo che aveva detto di chiamarsi Yue. Ma per
quanto ci pensasse, non riusciva a trovarne il senso.
Ormai si
erano lasciati gli Angeli alle spalle, distanziandoli di molto, quando Tomoyo
li guidò in una delle caverne che avevano notato scendendo dal crinale.
La grotta era vasta e vuota, echeggiante dello stillicidio
di migliaia di minuscole gocce d’acqua dalle stalattiti sul soffitto.
Benché in quel punto l’altitudine non fosse molto elevata,
l’aria era ugualmente fredda; o forse era lui a percepirla tale.
«Riprendiamo fiato», mormorò Tomoyo
nella penombra.
Shaoran smontò. Diede una lieve pacca sul dorso
del suo cavallo, ringraziandolo e benedicendolo mentalmente per le fatiche che
aveva accettato di sopportare nelle ultime due settimane, ossia da quando lui era
voluto partire per quel viaggio che, oltre che assurdo, si era rivelato
più pericoloso del previsto. Poi il giovane si voltò a guardare
le due ragazze.
A giudicare dall’espressione di Tomoyo, lei sapeva
da un pezzo la verità sulle origini di Sakura. La fanciulla dai capelli
neri osservava infatti l’amica con gli occhi di chi sa e aspetta solo che
l’altro si faccia una ragione di se stesso.
Sakura, al contrario, aveva l’aria di chi è
appena precipitato dalle nuvole. Le parole dell’Angelo dovevano averla
profondamente scossa; forse non aveva mai sentito parlare di quella profezia su
di lei, o forse non ne conosceva l’esito. Spodestare gli Angeli e
affermare il predominio degli Uomini… Sembrava inconcepibile persino allo
stesso Shaoran, che pure era sempre stato scettico riguardo l’effettiva
esistenza degli Angeli e la loro presunta superiorità rispetto agli
altri Popoli del Regno.
Eppure in quel momento ciò che più lo
turbava delle parole di Yue era un aspetto ben più umano. L’Angelo
aveva detto che Sakura aveva in sé una dualità che non sapeva
spiegarsi, e che ciò era dovuto alle diverse qualità degli Angeli
e degli Esseri Umani presenti in lei… Sapeva che questa, in confronto a
tutto il resto, era certamente la rivelazione meno sconcertante; ma non
riusciva a fare a meno di pensare che in fondo aveva visto giusto: Sakura era
davvero così enigmatica per via della sua natura. Allora forse lei non
voleva trattarlo così freddamente, forse era solo l’imporsi di una
parte di lei sull’altra, quella che invece era disposta a schiudersi per
lui…
Shaoran scosse la testa. Sakura era a
pochi passi da lui, sconvolta da ciò che aveva appena appreso circa il
suo destino e il suo ruolo, e lui riusciva solo a pensare a come lei lo
trattava. Decisamente infantile, se non patetico.
La guardò: seduta contro la parete della caverna,
gli occhi persi dietro chissà quali immagini. Avrebbe tanto voluto
andare da lei e dirle qualcosa, qualsiasi cosa, per alleviare la confusione che
le vedeva in viso… Ma cosa poteva dire? Cosa poteva fare? Quella storia
era troppo grande per loro, trascendeva la piccola realtà costituita dai
loro sentimenti, e loro potevano solo sottostare alla sorte…
Così, Shaoran si limitò a sedere a sua
volta contro la fredda parete, all’interno del campo visivo di Sakura,
sperando che quella vicinanza bastasse a farle capire che non era sola, non
più, e che mai più lo sarebbe stata.
Sakura
poteva scorgere sia Shaoran, seduto a poca distanza da lei, che Tomoyo,
all’altro capo della caverna; ma non li vedeva davvero. La sola scena che
in quel momento le riempiva gli occhi della mente era quella di un lungo,
oscuro dedalo di gallerie e di grotte uguali a quella in cui si trovava.
Lo sconvolgimento dovuto all’incontro con Yue era
forse stato tanto forte da farla cadere in una sorta di trance?… Cosa
diavolo stava succedendo nella sua mente? Se lo chiedeva con l’ultimo
barlume di razionalità, ma presto sentì che anche quello si
spegneva, mentre una voce profonda le echeggiava nella testa…
«Vieni da
me… Vieni da me, figlia dell’ignominia… Vieni da me, giovane
Sakura… Ti aspetto…»
Sakura si accorse di tremare.
«Devo… Devo andare…»
Shaoran le fu subito accanto, probabilmente allarmato dal
suono della sua voce, che del resto aveva spaventato persino lei stessa.
«Che ti succede? Dove devi andare?»
«Da… Da colui che mi sta chiamando.»
Si alzò cautamente, sostenendosi alla spalla del
cavaliere. Chiuse gli occhi e fece alcuni respiri profondi, cercando di
acquistare sicurezza; anche con le palpebre così serrate poteva vedere
l’intrico di caverne buie…
«Sakura, ma di che stai parlando?»
Senza aprire gli occhi, Sakura si sforzò di
sorridere.
«Non preoccuparti, Shaoran. Sento che è la
strada giusta… Sento che mi dirà cosa devo fare.»
Sentiva la mano del cavaliere su un braccio. Voleva
impedirle di andare? Ma lei doveva farlo, era l’unica cosa di cui fosse
assolutamente sicura in quel momento…
«Lasciala andare, Shaoran», giunse, molto
lontana, la voce di Tomoyo. «Lascia che segua quella strada. Saprà
cosa fare, vedrai… Lei sa sempre cosa fare.»
Sakura sorrise più apertamente, sentendo per la Dama degli Elfi un fiotto di
un sentimento terribilmente, piacevolmente, stranamente, molto simile
all’affetto.
Ma
chissà di chi è questa voce misteriosa?...
^^
Ringraziamenti:
Sakura182blast: Sono felicissima che il
capitolo ti sia piaciuto, sorellina! Cosa ne pensi di questo? Un po’
enigmatico, eh?... Non vedo l’ora di sentirti
per chiacchierare un po’!
Kia85: I tuoi commenti mi fanno sempre
piacere! Sono contenta, anzi contentissima, dei tuoi complimenti! Fammi sapere
cosa ti è sembrato di questo capitolo, ci conto tanto… A
proposito: ops, l’ho fatto ancora, mi sono
interrotta sul più bello! Mi spiace, è più forte di me!
^///^
SakuraBethovina: Grazie mille per il commento! Hai
proprio ragione, ora Shaoran e Sakura
sono davvero uniti… E vedrai che presto… Eh, eh, lo scoprirai da
sola! Spero anch’io di sentirti su MSN ma purtroppo posso starci davvero
pochissimo, spero di trovare una soluzione!
Yumemi: Grazie mille per il commento, e
scusami se ci ho messo tanto ad aggiornare! Beh, non posso che darti ragione, Tomoyo è unica… Cosa ne pensi degli sviluppi? Spero
di sentirti presto!
Ichigo_91: Ebbene sì, hai ragione
anche tu, finalmente ci sono delle evoluzioni in corso tra quei due… Del
resto anche in questo capitolo Shaoran ha un
interessamento molto particolare per la sorte di Sakura,
no? Vedrai, vedrai… ^^
Infine,
ma non per importanza, un ringraziamento anche alla mia amica Evans Lily: so che hai letto il capitolo e
ci tengo a farti sapere che il tuo parere mi è sempre molto caro,
perciò… spero di non averti delusa, collega! ^^
Un
piccolo spoiler: nel prossimo capitolo, come avrete intuito, Sakura farà un incontro… Sarà
così importante che condizionerà tutto
il corso futuro della storia… Ma chi sarà mai?... ^^
Eccomi
di nuovo, stavolta con un po’ di anticipo, grazie al cielo! Allora: come
promesso, in questo nuovo capitolo le cose si faranno più interessanti. Sakura farà un incontro fondamentale, mentre Shaoran… Beh, anche lui avrà qualche sorpresa!
Chissà di che si tratta…? ^^
Buona lettura
a tutti!
Aamyan degli Elfi
10
La
Tigre
e lo Specchio
La voce
la chiamava ancora, ed era sempre più vicina, sempre più
vicina…
Sakura si fermò davanti ad una biforcazione. Aveva
percorso la galleria che partiva dalla stessa caverna in cui si era nascosta
con Tomoyo e Shaoran, inoltrandosi in una strada sempre più scura e
fredda, lasciandosi alle spalle la luce del sole e affidandosi unicamente al
chiarore delle volte delle grotte che attraversava; era vagamente consapevole
di trovarsi all’interno di quegli stessi monti che aveva valicato negli
ultimi due giorni, ma non aveva idea di dove sarebbe andata a finire.
Continuava a ricevere fulminee immagini di un antro ben più grande di
tutti gli altri, e sembrava che la voce profonda e vibrante la guidasse fino a
lì… Sakura osservò i cunicoli che si aprivano di fronte a
lei, poi si decise ad imboccare quello di destra. Si incamminò senza
esitazioni, e continuò senza voltarsi indietro, anche quando il cammino
si fece malagevole e lei dovette appiattirsi contro la parete per evitare qui
uno strapiombo, qui uno spuntone di roccia, qui un tratto sdrucciolevole…
Chi era a chiamarla? Cosa voleva da lei? Ma soprattutto,
avrebbe finalmente capito se stessa e il suo scopo e il significato della
profezia? Ed era davvero quella la strada giusta per capire?
Il budello si aprì d’un tratto in una nuova
caverna. Sakura entrò con cautela, guardandosi intorno e constatando che
qui la luce era molto più forte, e sembrava provenire da un fuoco
crepitante nel centro della grotta. Stupita, si avvicinò al falò,
chiedendosi come potesse divampare in quel modo e chi lo avesse acceso…
«Infine sei giunta da me, figlia di due stirpi.»
La voce la riscosse di nuovo. Ora era molto più
vicina e reale. In quel momento, Sakura distinse una forma non umana dall’altra
parte del fuoco, e trattenne il fiato quando la vide avvicinarsi nel raggio del
bagliore delle fiamme.
L’animale, perché di un animale doveva
trattarsi, fu poi illuminato del tutto, rivelando una figura maestosa e
imponente, dal pelo fulvo e gli occhi intelligenti e ben più saggi di
quelli del più vecchio e dotto Essere Umano.
Sakura non riusciva a muoversi. Quegli occhi erano
incredibili…
«Chi… Chi sei?», mormorò,
muovendo a stento le labbra.
La creatura chinò il capo davanti a lei, poi
schiuse la bocca e parlò con la stessa voce cavernosa che finora aveva
echeggiato nella mente della guerriera.
«Io sono Cerberus, Tigre dei Monti, custode
dell’antica profezia degli Angeli. E rendo omaggio a te, mia giovane
amica, poiché tu compirai in questa terra la profezia, e poiché
il mio compito è quello di aiutarti.»
«Credi
che sia al sicuro?»
Shaoran percorreva il perimetro della caverna come
un’anima in pena, lanciando di tanto in tanto un’occhiata al
cunicolo buio che Sakura aveva imboccato già da un pezzo.
«Certo che è al sicuro.» La voce di
Tomoyo era ferma, pacata, rassicurante. «Sai bene che non ha nulla da
temere.»
Shaoran annuì, senza fermarsi, non del tutto
convinto. Sì, sapeva che quella ragazza dagli indecifrabili occhi verdi
era probabilmente la persona più forte che lui avesse mai conosciuto; ma
ciò non gli impediva di stare in pensiero per lei. Ripensò
all’espressione quasi mistica che le aveva visto sul viso quando aveva
detto di dover seguire chi la stava chiamando… Maledizione, quella storia
stava diventando insostenibile.
«Cavaliere», lo chiamò Tomoyo,
«perché non cerchi di rilassarti un po’?»
Il ragazzo si fermò e spostò lo sguardo su
di lei. La fanciulla era tranquillamente seduta accanto all’ingresso
della caverna, una mano sul dorso del cavallo bianco accucciato al suo fianco,
e lo guardava con un’espressione quasi divertita. Shaoran sbuffò.
«Come fai a prenderla così alla
leggera?», le chiese. «Siamo nascosti in una grotta, praticamente
braccati da uno schieramento di esseri a noi sconosciuti, Sakura è
appena corsa dietro ad una voce nella sua mente e non abbiamo idea di dove sia
adesso… Come fai a rilassarti?»
Per tutta risposta, Tomoyo gli pose un’altra
domanda, facendosi seria.
«Shaoran… Ultimamente non hai più
pensato allo Specchio degli Elfi, non è così?»
Il cavaliere continuò a guardarla, sorpreso. Cosa
c’entrava ora… E poi, lei come faceva a sapere che…?
«Ascolta», riprese la ragazza, senza
aspettare che le rispondesse. «Vieni qui a sederti con me… Devo
parlarti di alcune cose.»
Sempre più incerto, Shaoran obbedì. Sedette
accanto a lei, nella debole luce del sole proveniente dall’esterno,
rendendosi conto all’improvviso che il cielo si stava riempiendo di
nuvole. Si voltò a guardare Tomoyo, soffermandosi sui suoi occhi tra il
viola e l’azzurro, e sentendosi a disagio per la gravità del suo
sguardo.
«Di cosa devi parlarmi?»
Tomoyo sospirò profondamente.
«Di tante cose. Di me, di Sakura… Ma
soprattutto di Aamyan.»
Sakura
fissava il mitico animale senza muovere un muscolo.
«Cosa vuoi dire? Ma cos’è che devo
fare? Io non capisco…»
«Io sono qui per aiutarti a capire», riprese la Tigre dei Monti, tornando a
chinare il capo.
La ragazza era sconcertata. Quella creatura straordinaria
si stava inchinando a lei? Le sfuggiva qualcosa, non c’era alcun dubbio
in proposito… Chiuse gli occhi, cercando di calmarsi, e parlò
senza più guardare la favolosa bestia.
«Tu puoi aiutarmi a capire chi sono?»
«Sì.»
«Allora… Allora dimmelo, ti prego,
perché io non so più niente di me, e quel poco che credevo di sapere
ormai non conta più nulla.»
«Non è esatto», tuonò ancora la
voce di Cerberus, inducendola a riaprire gli occhi. «In realtà tu
sai già molto. La Dama
degli Elfi ti ha parlato delle tue origini, e il guardiano della Corte degli
Angeli ti ha illustrato la profezia.»
«Ma…» Sakura si passò una mano
sul viso, esasperata, rinunciando a chiedersi come facesse l’animale a
conoscere tutto di lei e degli esseri che finora aveva incontrato sulla sua
strada. «Ma non riesco a comprenderla… Cosa vuol dire ciò
che ha detto quell’Angelo? Dovrei davvero dimostrare che l’Uomo
è superiore a questa razza? Ma come potrebbe essere anche lontanamente
possibile?»
La
Tigre
si avvicinò ancora, e solo in quel momento, quando le fiamme
sfavillarono su tutto il suo corpo, Sakura si accorse di un grande paio di ali
ripiegate sul suo dorso.
«Ripercorriamo dunque tutta la tua storia»,
esordì Cerberus. «Tu nascesti da un’unione proibita, e come
tale costituisti da subito una minaccia per gli Angeli, che non riuscivano a
tollerare né a concepire che un loro simile fosse giaciuto con una
volgare umana… Essi capirono che la tua esistenza avrebbe significato la
loro distruzione, e ti avrebbero certamente uccisa se tuo padre non fosse
riuscito a consegnarti alle braccia di tua madre, mettendoti in salvo, appena
prima di essere imprigionato. Io vidi tutto questo… Io so che tu, giovane
guerriera, non nascesti nel peccato come asserisce chi ti teme, ma che vivi
come il frutto di un grande amore. Quello stesso amore che inorridì la
razza di tuo padre, da sempre convinta di essere totalmente pura e di doversi
mantenere tale evitando la contaminazione umana… Ma non capivano, non
capivano che l’amore si manifesta improvviso, che non lo si può
placare, perché non c’è nulla di più stupido che
cercare di dominare il proprio cuore…»
Cerberus si interruppe, e nello stesso momento Sakura si
scoprì in lacrime.
«Ti prego, continua», mormorò.
La tigre alata assentì con un movimento della
testa.
«Il tuo concepimento generò così
negli Angeli tanta paura che nacque allora la profezia che ti elesse figlia
dell’ignominia, destinata, come oggi hai compreso, a far sì che
l’animo umano si dimostri superiore a quello angelico. Ed è solo
questo il tuo scopo, prescelta; non c’è altro che tu debba capire.»
«Ma come… Come…?»
Sakura rinunciò anche a cercare di esprimersi.
Chiuse di nuovo gli occhi, sopraffatta. Poi sentì il fiato caldo della
creatura sul viso, e la sua lingua lambirle le guance, raccogliendo le sue
lacrime in un tocco rudemente gentile. Rimase immobile, sentendosi investire da
un flusso di piacevole calore.
«Ti dirò come potrai compiere la
profezia», disse Cerberus in tono improvvisamente sommesso. «Devi
solo guardare in te stessa.»
Sakura aprì gli occhi e li fissò nei suoi.
«Che cosa significa?»
«Sii sincera, sii vera; non lasciare che nel tuo
animo prevalga l’impulsività degli Uomini o la chiusura degli
Angeli; sii solo te stessa. Solo così potrai capire. Solo così
l’Uomo sarà più grande dell’Angelo. E ora sai. Ora
va’, dolce fanciulla del destino, e sappi guardare nel tuo cuore.»
Cerberus si chinò di nuovo al suo cospetto, poi si
allontanò da lei e stette immobile presso il fuoco, i cui riflessi
danzavano senza posa nel suo manto dorato.
Sakura insistette ancora alcune volte,
chiedendo disperatamente cosa doveva fare, come poteva essere se stessa se
doveva tralasciare gli istinti di Uomini e Angeli, istinti che comunque
facevano parte di lei; ma Cerberus non si muoveva,
non la guardava più, e la ragazza capì che non avrebbe ottenuto
altro dal custode della profezia.
Alla fine sospirò, si inchinò alla creatura
sovrumana e gli voltò le spalle.
Fu a quel punto che Cerberus
parlò di nuovo, senza che lei potesse incontrarne lo sguardo.
«Un’ultima cosa devi sapere. Tuo padre era un
Angelo, certo, ma un Angelo di basso rango. Tua madre era la Regina della Terra della
Luce, madre di Re Touya, signora dell’est.»
Shaoran
non parlava, non si muoveva, non respirava quasi. Intuiva che Tomoyo stava per
dirgli qualcosa di importante, e si chiedeva inquieto perché lei lo
guardasse così seriamente.
«Dimmi, cavaliere… Tu conosci il nome della
Dama degli Elfi?»
Shaoran annuì lentamente.
«Sì. Tu porti il suo stesso nome.»
Tomoyo gli rivolse uno sguardo strano, che emanava al
contempo fuoco e ghiaccio.
«Questo perché io sono lei.»
Calò il silenzio. Shaoran avrebbe voluto ridere,
ma guardandola negli occhi riuscì solo a reprimere un brivido.
«Non hai niente da dire?», lo incalzò
Tomoyo, senza cambiare espressione.
«È assurdo», soffiò Shaoran,
incespicando nelle parole. «Tu… Insomma, non… Non può
essere.»
«Invece è.» La ragazza distese le
gambe, sedendosi più comodamente sulla fredda pietra, mentre
l’abito bianco, ormai macchiato di terra e sangue e delle altre tracce
del viaggio, si adagiava intorno a lei. «La mia vera identità
è quella di Dama degli Elfi. Ho assunto sembianze umane per andare a
cercare una guerriera conosciuta da tutti e che al contempo non voleva farsi
conoscere da nessuno, la stessa da cui tu stesso hai imparato a diffidare e poi
a fidarti, per chiedere il suo aiuto nel proposito che mi ero prefissa. Perché
avevo deciso che ciò che tu desideri, quello stesso Specchio che ormai
non dà più speranze ma le disillude, quello stesso Specchio che
io detengo in me doveva necessariamente essere distrutto.»
Nei meandri della confusione e
dell’incredulità, Shaoran si sentì crollare il mondo
addosso.
«Ma poi», continuò Tomoyo, senza
permettergli di interromperla, e voltandosi a guardarlo in viso, «sei
arrivato tu sulla nostra strada. E ho visto nel tuo cuore che tu eri diverso,
che tu non bramavi lo Specchio al punto di uccidere pur di averlo, che tu ne
avevi davvero bisogno, in un modo più sincero e umile… Il tuo
animo è puro, Shaoran, e non conta quanti uomini tu abbia ucciso, a
quanti orrori tu abbia assistito, di quante colpe tu abbia sentito il peso: tu
hai la purezza che Aamyan cerca dagli Uomini, perché nonostante tutto
sai ancora sognare e amare e rifiutare ciò che è più
facile. Sai andare fino in fondo ai tuoi ideali senza mai voltar loro le
spalle, senza rinnegarli, poiché credi ciecamente in essi. E per questo
io oggi posso dire di non voler più che lo Specchio vada
distrutto.»
Nel silenzio più assoluto, Tomoyo si alzò.
Allibito, senza parole, Shaoran reclinò la testa indietro per seguire
con lo sguardo la sua figura, simile a quella di una divinità scesa in
terra. La vide chiudere gli occhi e unire le mani, mentre un’aura
misteriosa sembrava circondarla di luci e colori e suoni e armonie.
Poi la Dama
degli Elfi parlò di nuovo.
«Nel corso di questo viaggio, cavaliere, ho avuto
modo di verificare ciò che da subito avevo compreso di te. Ho visto la
dedizione alla causa per cui lottavi, una dedizione che non è mai
divenuta avida ossessione. Ho visto la volontà di sperare ancora, di
andare avanti, una volontà che hai concretizzato fidandoti di due
giovani estranee e aprendo totalmente il tuo cuore ad una ragazza assediata dai
propri demoni, rischiando nuovamente di provare sentimenti che avevi imparato a
temere, rischiando in virtù della stessa tua speranza. Ho visto il tuo
cuore; e ora so, ora non ho più dubbi. Se tu ti specchierai, Aamyan non
ti distruggerà come avrebbe fatto con coloro che lo hanno finora bramato.
Accetterà di mostrarti il tuo riflesso, perché troverà in
te esattamente ciò che si aspetta.» Tomoyo allargò di colpo
le braccia, mentre la luce che la circondava sembrava esplodere tutto intorno e
poi incentrarsi in una forma aleggiante a mezz’aria. «E adesso,
cavaliere della Terra del Buio, io ti offro ciò che tu cerchi.»
Il flusso di energia magica fu tale da scagliare Shaoran
contro la parete della caverna. Riparandosi gli occhi dalla luce accecante, il
giovane riuscì infine ad alzarsi e a tornare verso la fanciulla, vedendo
che al di sopra della sua testa qualcosa fluttuava nell’aria.
Quando fu abbastanza vicino, Shaoran poté
finalmente scorgere Aamyan, lo Specchio degli Elfi, la ragione per cui era
partito e la ragione per cui ancora sperava.
Sakura
abbandonò la grotta della Tigre dei Monti per inoltrarsi nuovamente
nella galleria buia e stretta, tornando sui suoi passi.
Ormai camminare era diventato solo un effetto
involontario, consistente solo nel mettere un piede davanti all’altro,
evitando le asperità del terreno in modo automatico. In realtà
lei sentiva di non essere lì, non aveva coscienza di se stessa; vagava lontano,
tra le mille domande che erano sempre state il mistero e che ora erano la
chiave del senso di tutta la sua esistenza.
Non seppe nemmeno lei come aveva fatto a tornare
indietro. Ma prima che potesse rendersene conto era già, ansante e
spossata come se avesse corso lontano da sé, nella caverna in cui aveva
lasciato la Principessa
e il cavaliere.
«Non
avere paura, Shaoran. È tuo, ora. Aspetta solo che tu lo usi per il
nobile fine di porre fine alla violenza in ogni parte del Regno. Lui ti
ascolterà. Non avere paura.»
Shaoran sentiva le parole della Dama degli Elfi, ma non
le ascoltava davvero; vedeva la propria mano tesa verso lo Specchio fatato, ma
non la sentiva sua.
Era tutto così irreale… Davvero stava
accadendo ciò che aveva tanto sperato? Davvero lui che aveva le mani e
la spada sporche di sangue aveva anche il diritto di guardare il proprio
riflesso in quello Specchio? Davvero stava per stringere tra le dita la
possibilità di cancellare ogni guerra, ogni sofferenza, ogni male presente,
pur non potendo fare nulla per lenire quello passato?
La sua mano ormai sfiorava la lucida superficie,
stranamente calda, dello strumento magico. Ecco, tra pochi istanti lo avrebbe
impugnato, lo avrebbe avvicinato al viso e avrebbe espresso il suo desiderio…
Tra poco il dolore che aveva sopportato sarebbe stato solo un triste ricordo,
per lui e per il Regno… Pochi secondi, un solo secondo…
Ma le sue dita non raggiunsero Aamyan.
Un respiro affannoso echeggiò
infatti nella grotta, e Shaoran, distogliendo lo sguardo dallo Specchio
degli Elfi, si voltò per scoprire la ricomparsa di Sakura, i suoi
lineamenti sconvolti, il suo sospiro esausto, appena prima che la guerriera si
accasciasse al suolo.
Quante
rivelazioni tutte d’un colpo, eh?? Ci tengo
innanzitutto a precisare una cosa: visto che è un personaggio tanto
solenne, chiamarlo Cerberus mi è sembrato
più rispettoso cheKero-chan…
Comunque ci siamo capiti, no?? ^^
Ringraziamenti:
SakuraBethovina: Ehm, ho ricevuto la tua
recensione in modo incompleto… Ma ci tengo
comunque a ringraziarti, sono sempre contenta che continui a seguirmi, e spero
che ti sia piaciuto questo capitolo!
PikkiSakuraChan: Non preoccuparti, anch’io
sono incasinatissima in questo periodo… Ti ringrazio per la recensione e
per i complimenti! Per rispondere alle tue domande: sì, la situazione
tra i due protagonisti si risolverà, e anche molto presto; e poi ancora
sì, fare la scrittrice è il mio sogno, e ora sono contenta perché
se anche gli altri me lo suggeriscono vuol dire che qualcosina
lo so fare! ^///^ Un mondo di baci!!
Sakura182blast: Tao sorellina!!
Spero anch’io di sentirti, anche tramite sms,
non sai quanto mi manchi! Sono contentissima del tuo
commento e spero proprio che la tua teoria corrispondesse
a verità… Fammi sapere! Un bacione, ti
voglio bene!!
Evans Lily:
Che gioia risentirti, collega! Beh, che dire, i tuoi complimenti mi commuovono,
sono felicissima che la storia ti piaccia tanto, soprattutto considerando che l’ispirazione
iniziale mi è venuta dalla tua “The Destiny’sGames”!! Ah, i
capitoli in tutto sono 13… Come vedi non manca molto alla fine,
perciò le cose ancora confuse (profezie e roba varia) si chiariranno
presto, promesso!!
Bene,
bene, bene, cosa posso dirvi ancora? Beh, una cosa sì, ve la anticipo:
nel prossimo capitolo Shaoran e Sakura
saranno mooolto vicini, anche perché il peso
di tutte queste rivelazioni deve trovare una “valvola di sfogo”, e
cosa c’è di meglio di una fiducia totale dell’uno nei
confronti dell’altra, finalmente? Ma basta così, non voglio dire
troppo! ^^
Spero di
farmi viva al più presto… Nell’attesa, confido che questo
capitolo non vi abbia deluso troppo (per me forse è un po’ troppo
veloce, nel senso che ogni scena si risolve troppo in fretta; ma mi è
venuto così, non sono riuscita a “rallentarlo”!)…
Ecco
pronto l’undicesimo capitolo! E se vi dicessi che è un capitolo
decisivo per i nostri due protagonisti?... ^^
Buona
lettura!
Aamyan degli Elfi
11
Ciò che ci rende puri
«Sakura!»
Sentì una voce calda e dolce, una mano rassicurante
sulla spalla, un respiro rovente sulla pelle, e senza vederlo seppe che era
Shaoran.
«Sakura, cosa ti è successo? Stai bene? Hai
trovato la creatura che ti chiamava?… Dannazione, Sakura, guardami,
di’ qualcosa, non…»
La ragazza si sforzò di aprire gli occhi che la
spossatezza le aveva chiuso. Si ritrovò stesa sul suolo roccioso della
caverna, che sembrava soffusa di una luce innaturale che le pareva di avere
già visto una volta, con il giovane cavaliere chino su di lei, a pochissima
distanza dal suo viso. Si concentrò sui suoi occhi bruni come le foglie
d’autunno e cercò di parlare.
«Sì… Sì, l’ho
trovata.»
Shaoran l’aiutò a sollevarsi a sedere e si
inginocchiò impacciato al suo fianco.
«Che… Che cosa ti ha detto?»,
mormorò in tono ancor più preoccupato.
«Mi ha detto… Mi ha detto… Mi
ha…»
Sakura cercò di fare
chiarezza nei propri pensieri, ma tutto le piombò di nuovo addosso con
forza tale da tramortirla: ciò che avevano dovuto subire suo padre e sua
madre, colpevoli solo di amarsi; ciò che gli Angeli vedevano in lei, e
che era la visione più turpe che di lei potessero avere; ciò che
era chiamata a realizzare, lei che aveva sempre creduto di non avere un
destino; ciò che lei era in realtà, oltre che una prescelta…
Le parole della Tigre dei Monti le echeggiavano ancora implacabili nella mente,
e lei sentiva di non poterlo sopportare, di non essere in grado di…
Era troppo. Troppo. Non poteva più sostenerlo. Non
sapeva più niente.
Si nascose il viso tra le mani e urlò, lasciando
che la propria voce producesse echi atterriti nella caverna.
Fuori, le rispose il rombo di un tuono lontano.
Shaoran
la guardò, sentendosi impotente, e odiandosi per quel senso di
impotenza. Non avrebbe mai creduto che Sakura potesse soffrire tanto, che non
riuscisse ad affrontare la propria sorte; gli era sempre sembrata così
decisa, intoccabile, irraggiungibile… Ma ora poteva vedere la sua
debolezza, poteva guardarla dentro, al di là dei suoi atteggiamenti
forzatamente distaccati e al di là dell’apertura che aveva
mostrato nei suoi confronti il giorno in cui era rimasto ferito. Ora la capiva
per com’era e, pur volendo rispettare quella sua debolezza, non poteva
non desiderare di farle forza, di aiutarla, di stringerla a sé…
Proprio ciò che si ritrovò a fare.
Sakura era adesso stretta tra le sue braccia, in un
abbraccio che mai nessun altro Essere Umano del Regno avesse mai conosciuto, ad
eccezione dei genitori del cavaliere, che pure non ricordava quasi più
di aver abbracciato; e lui percepì la sua sorpresa, la sentì
interdetta e immobile, ma poi sentì anche che si rilassava, che
affondava il viso nel suo petto, che sollevava le braccia a ricambiare la
stretta, che lo cingeva contro di sé come per non lasciarlo andare mai
più. E in quel momento provò qualcosa di indefinibile e incomparabile.
Shaoran rimase a lungo in ascolto del dolore della
guerriera, e solo quando lasciò vagare gli occhi nella grotta si
ricordò di Tomoyo, delle sue rivelazioni… e di Aamyan, che ancora
riluceva e aleggiava, ma che stranamente non gli interessava più…
La Principessa elfica lo guardava attenta. Poi, senza preavviso,
l’aura che la circondava svanì, e con essa si dissolse nel nulla
lo Specchio degli Elfi.
Shaoran rimase stretto a Sakura mentre Tomoyo si
avvicinava e si chinava accanto a loro.
«La pioggia è purificatrice»,
mormorò, sfiorando i capelli di Sakura, ma rivolgendosi al ragazzo.
«Lasciate che scenda su di voi e vi permei. Per questa notte non pensate
a nulla. Siate liberi sotto la pioggia, ascoltate solo la sua voce ed il suo
canto, dimenticate specchi e profezie. Per questa notte non siate figli degli
Uomini, degli Angeli, del destino, ma siate figli della pioggia, siate puri,
siate voi. Ne avete bisogno.»
Shaoran la guardò. All’improvviso
capì cosa volesse dirgli.
Sciolse gentilmente l’abbraccio di Sakura e la
guardò negli occhi verdi colmi di lacrime, sentendo lo struggente
desiderio di asciugarle per sempre. Ma si limitò a sorriderle, a
prenderla per mano e a rialzarsi con lei per condurla verso l’apertura
della grotta.
Fuori, già pioveva sul tramonto.
Un animo
puro. Questo era ciò che Aamyan esigeva.
Sola nella grotta, la Principessa Tomoyo
ripensava a come la mano del cavaliere era giunta fino a toccare lo Specchio e
a come si era poi ritratta, totalmente dimentica di tutto il resto, non appena
la guerriera era tornata dal suo viaggio verso la comprensione. Il cavaliere
aveva pensato prima a lei che ad Aamyan… Dimostrando ancora una volta che
il suo desiderio dello Specchio era puro, non sanguinario, non ardente, non
violento, non ipocrita, e dimostrando anche dell’altro.
Lui l’amava…
Ed era questo a rendere l’Uomo puro, era questo a
renderlo superiore alle altre creature. Era la capacità di alzarsi dopo
aver perso tutto, di volersi nuovamente fidare, sognare, amare. Era ciò
che c’era nel cuore di Shaoran.
Aveva preso la decisione giusta.
Avvertendo le loro giovani e vitali presenze esattamente
su di sé, la Dama
degli Elfi sorrise.
Fuori, la pioggia continuava a cadere, purificatrice per
tutte le creature.
«Hai
mai ascoltato la pioggia, Sakura?»
La ragazza si passò una mano sugli occhi,
asciugandosi le ciglia; poi scosse lentamente la testa.
«No.»
«Io sì. Lo faccio spesso.»
«E che cosa ti dice?»
Shaoran lasciò scorrere lo sguardo sulla landa
estesa sotto di loro. Aveva condotto di nuovo Sakura lassù, sulla
montagna; lei lo aveva seguito senza chiedere nulla, accettando con stanca
docilità la guida della sua mano. Si erano fermati in un altopiano e si
erano seduti sulla dura terra, incuranti dell’acqua che batteva ormai
quasi scrosciante sulle loro teste e sui loro vestiti. Da lassù la vista
poteva abbracciare gran parte del paese degli Angeli, ora illuminato dalle
prime stelle della notte.
«Molte cose. A volte mi sussurra all’orecchio
vecchi ricordi. Altre volte mi racconta storie incredibili, storie di sogni,
storie di persone che non conosco nemmeno, ma che vivono come me, che sognano
come me, che sentono come me, che hanno come me paure e ricordi e desideri e
segreti e fantasmi appartenenti al loro passato…»
«Persone come me?»
«Sì.» Shaoran si sentì
arrossire, e continuò ad evitare gli occhi verdi di lei. «Persone
come te.»
Per un po’ ci fu solo silenzio, ma alla fine Sakura
sospirò profondamente.
«Ora capisco perché rifuggi i contatti
umani, perché parli così poco con gli altri, perché hai
quell’aria distante dal mondo… Tu parli con la natura, e questo ti
basta… Vorrei poterlo fare anch’io.»
«Non è poi così difficile.»
Shaoran rifletté solo per un istante, poi si decise, e finalmente si
voltò a guardarla. «Sai una cosa? Hai ragione. Non mi piace molto
parlare… Ma so ascoltare, quando può essere un bene.»
Esitò ancora per un attimo, prima di scostarle lentamente dal viso una
ciocca di capelli bagnati. «Adesso senti di potermi dire
cos’è successo quando sei arrivata alla fine della galleria?»
Sakura sospirò ancora, chiudendo gli occhi.
Finalmente iniziò a parlare, dapprima sommessa e confusa, poi con sempre
maggior fervore.
Shaoran ascoltò in silenzio quella storia di
creature alate, di origini pienamente svelate, di profezie chiarite, di destini
impensabili che s’innalzavano all’orizzonte… Quando Sakura
tacque, cadde un lungo silenzio pieno di interrogativi condivisi.
Alla fine, senza chiederle nulla di più, il
giovane decise di rivelare la sua parte di storia.
«Tomoyo mi ha raccontato… Mi ha mostrato
Aamyan.»
Vide la guerriera voltarsi sorpresa verso di lui,
dimentica della propria confusione.
«Allora te lo ha detto… Deve avere davvero
visto la purezza in te…»
Shaoran si sentì di nuovo arrossire. Poi scosse energicamente
il capo, oppresso da tutti quei pensieri.
«Ci ha detto di non pensare a nulla, stanotte.
Forse è il caso che ascoltiamo il suo consiglio…»
L’espressione di Sakura tornò subito ad
intristirsi. La ragazza si abbracciò le ginocchia, abbandonando il capo
sulle braccia, mentre le gocce di pioggia le scivolavano tra i capelli color
miele d’ambra.
«Come possiamo non pensare, Shaoran?»
Il cavaliere sentì appena il suo bisbiglio,
sovrastato dal rumore smorzato della pioggia tra l’erba della valle sottostante.
Eppure poté percepirne tutta la disperazione, la paura, lo scoramento, e
se ne sentì profondamente scosso. Lì, seduta quasi
sull’orlo di un dirupo, immobile sotto mille gocce d’acqua che
tentavano ostinate di purificare il suo spirito così lungamente
oppresso, Sakura gli appariva all’improvviso più vera che mai.
La giovane guerriera in preda al passato e al futuro
sollevò di nuovo il viso e lo guardò.
Shaoran vide quegli occhi di giada, quegli occhi
tormentati, vividi, grandi, per lui fonte di dolore e d’imbarazzo, puri,
sinceri, appassionati di vita, quegli occhi da cui aveva diffidato e di cui
aveva imparato a fidarsi, quegli occhi che gli erano entrati dentro e che, cupi
o ridenti che fossero, sarebbero sempre rimasti impressi nella sua anima. Perché
se davvero lui era degno dello Specchio degli Elfi, in quanto capace di andare
avanti nel dolore e di sperare ancora e di amare ancora… Se era
così, questo tuttavia era diventato evidente solo quando quella ragazza
era comparsa sul suo cammino. Forse, se Sakura non gli avesse mostrato se
stessa quella notte alla cascata del bosco, lui non avrebbe mai capito
l’importanza della fiducia. Forse, se non l’avesse mai incontrata,
anche lui sarebbe caduto nell’errore di chi lo aveva preceduto, e il suo
desiderio di pace sarebbe diventato con il tempo e con
l’insensibilità un puro fanatismo, e anche lui sarebbe diventato
indegno di Aamyan. Forse… Se…
Ma lei c’era, lei esisteva, lei era al suo fianco,
e solo con lei e per lei il suo cuore aveva potuto dimostrarsi puro e
degno… La stessa Dama degli Elfi gli aveva detto che lui aveva
concretizzato la sua purezza nel suo legame con la giovane guerriera.
… Aprendo
totalmente il tuo cuore ad una ragazza assediata dai propri demoni, rischiando
nuovamente di provare sentimenti che avevi imparato a temere…
Di colpo, c’era qualcosa di nuovo, qualcosa che era
sempre stato lì, e che lui non aveva pienamente compreso prima di quella
notte. Ma ora capiva, sapeva, sentiva dentro di sé che sì, amava,
amava, amava quella ragazza, come mai
avrebbe creduto possibile, come mai avrebbe immaginato di poter fare…
E fuori, la pioggia gli sussurrava ora una storia nuova.
Shaoran
la guardava all’improvviso come se la vedesse per la prima volta. Sakura
si sentì inspiegabilmente a disagio davanti alla sua espressione; le
tornarono in mente i primi momenti che avevano condiviso, i primi sguardi,
quelli che le davano quel certo incomprensibile fastidio… Ora, invece,
non avrebbe rinunciato a quegli sguardi per nulla al mondo. Ora sentiva la
vicinanza tra loro in modo inesorabile. Ora sentiva il bisogno di lui…
Si meravigliò di se stessa. Da quando lei aveva
bisogno di qualcuno? Lei camminava lontana da tutto e da tutti, verso una meta
sempre ignota e ora minacciosa. Lei era indipendente, sradicata, sola. Era
sempre stato così.
Ma si rendeva conto che le cose erano cambiate dal
momento esatto in cui aveva letto tra le righe dell’anima del cavaliere.
E se ne rendeva conto ora più che mai, ora che lui la guardava
così, ora che erano lassù sopra il mondo e cercavano
disperatamente di non pensare a nulla se non a loro stessi…
Ma era dura. Era terribilmente dura. Non potevano
semplicemente illudersi di rendere le cose più facili in questo modo,
limitandosi ad allontanarsene per la durata di una notte. E prima di potersi
trattenere, il suo pensiero già correva di nuovo alle rivelazioni di Yue
e di Cerberus. Il suo futuro e il suo passato…
Abbassò lo sguardo sulle proprie ginocchia.
Sentì che gli occhi tornavano a riempirsi di lacrime, contendendo alla
pioggia il possesso del suo viso bagnato, e li chiuse con forza nel solito
tentativo di scacciare il dolore nella parte più remota di sé. Ma
poi quella mano tornò a posarsi sul suo viso, e quella voce tornò
a farsi strada nella barriera.
«Non piangere, figlia degli Angeli.»
Figlia degli
Angeli. Di
nuovo. E il modo in cui glielo bisbigliava…
Sakura si morse un labbro. Non gli
aveva parlato delle sue vere origini. In un certo senso, era come se quella
parte della verità non potesse essere vera né credibile, per lei.
Ancora temeva la rivelazione più inquietante, quella di essere la
legittima erede al trono della Terra della Luce… Non era ancora il
momento di pensarci, non ancora…
Si mosse fulminea per guardarlo in viso. Shaoran,
intimorito, arrossendo, ritrasse la mano, portandosi via alcune delle sue
lacrime; ma lei non voleva allontanarlo, lo voleva solo più
vicino…
«Non chiamarmi così. Fa’ come se non
fossi figlia di nessuno. Io sono Sakura, nient’altro che Sakura. Guardami
per quella che sono io, non per quella che sono in rapporto a tutto il resto.
Perché solo tu puoi vedermi così…»
Osservando la sorpresa nel suo viso costellato di lucenti
stille di pioggia, Sakura prese di nuovo la sua mano, lentamente, e se la
portò al volto, stringendola nelle sue, stringendola come la sua ultima
certezza. Il ragazzo avvampò ancora, ma alla fine abbandonò le
dita nella sua stretta, contro la sua guancia, e sollevò l’altra
mano a passargliela tra i capelli, e poi con un gesto improvviso l’attirò
tra le sue braccia, come già aveva fatto nella caverna. Sakura
ricambiò con altrettanto impeto, stringendo forte il tessuto dei suoi
vestiti bagnati, premendo il viso tra la spalla e la gola del cavaliere, nel
punto esatto dove sotto gli indumenti si stagliava ancora quella cicatrice bianca.
Se spostava appena il viso, poteva sentire il cuore battergli furiosamente.
Il suo respiro tra i capelli, le braccia strette intorno
al suo corpo… Ora lo sentiva davvero vicino, vicino alla parte più
intima e vera di sé, e capì che in qualche modo stava seguendo il
consiglio di Cerberus: stava tralasciando tutta se stessa per accogliere
l’abbraccio di Shaoran così, senza domande, senza pensieri, senza
congetture, in modo naturale, non permettendo a nulla di influire in quel
momento…
Ma all’improvviso, ben altre parole pronunciate
dalla Tigre dei Monti le tornarono alla mente.
… Non
capivano che l’amore si manifesta improvviso, che non lo si può
placare, perché non c’è nulla di più stupido che
cercare di dominare il proprio cuore…
Turbata, Sakura capì il senso di quel lampo
repentino nella sua mente e nella sua anima, e inizialmente cercò di
sottrarsi, di negarlo, di rifiutarlo in nome di un’antica autonomia, di
dimostrarsi fiera e forte e sola come sempre era stata; cercò di
ignorare ciò che l’abbraccio del cavaliere scatenava in lei,
cercò di resistere alla consapevolezza del legame che li univa davvero,
ma era tutto inutile: non aveva appena ripetuto a se stessa, attraverso le
parole di Cerberus, che non serviva a nulla cercare di controllarsi? Lei sapeva,
lo sapeva ora e probabilmente lo aveva sempre saputo, quel che c’era in
quegli sguardi, in quella comprensione, in quella vicinanza, in tutto
ciò che lei e il giovane dagli occhi cupi avevano timidamente condiviso,
loro che si erano annullati da tempo ma che non si erano mai arresi davvero,
loro che insieme avevano iniziato a lottare più forte
e più convinti…
E mentre iniziava a cedere, sentì il sussurro di
Shaoran tra i capelli.
«Sakura… Voglio che tu sappia una
cosa.»
La ragazza ascoltò la nota di dolce impaccio nella
sua voce, il tono di decisione ancora imbarazzata, e seppe in quel momento che,
se fosse vissuta altre mille e mille volte, avrebbe sempre cercato
quell’impacciata dolcezza e si sarebbe sempre incantata in una tale
imbarazzata decisione. Tutto era chiaro, ora che lei era se stessa, ora che non
pensava a null’altro, ora che senza neppure volerlo o accorgersene aveva
fatto ciò che le avevano suggerito di fare la Tigre dei Monti e la Dama degli Elfi.
«No, Shaoran, voglio che tu per primo sappia una
cosa.»
Si sciolse dalla stretta, raggiunse con le mani il suo
viso, sfiorò le sue guance ancora in fiamme, lo avvicinò a
sé, e si tuffò nei suoi occhi di quel caldo marrone, solo per un
attimo, appena prima di chiudere i suoi e di raggiungergli le labbra con le
labbra.
Shaoran rimase interdetto, trattenne il fiato, non
reagì inizialmente in alcun modo; ma Sakura, ormai certa che era questo
ciò di cui lei aveva più bisogno, non si ritrasse, non si
fermò, e presto lo sentì ricambiare con trasporto, e gioì
intimamente del gusto delle labbra del cavaliere.
E il bacio fu lungo e intenso e capace di tener fuori
tutto il resto.
Solo dopo molti e lunghi istanti di eternità
Sakura abbandonò la bocca di Shaoran, restando vicinissima al suo volto,
sorridendo finalmente, dopo tante lacrime, e sentendosi in pace con se stessa.
Si scostò solo per dirgli le parole che si sentiva esplodere
dentro… Ma lui la precedette.
«Ti amo, figlia di nessuno…»
Sakura lo attirò a sé
mentre si distendeva sul terreno bagnato, ridendo, riconoscendosi di
colpo come una bambina felice. Shaoran la seguì docilmente e si
fermò su di lei, con i gomiti puntati a terra.
«Credevo di esserlo», mormorò la
ragazza, rabbrividendo al tocco dei capelli di lui sulla fronte. «Credevo
di non poter appartenere a nessuno. Ma ora so di appartenere a te.»
Sorrise all’espressione di Shaoran, ai suoi occhi sorpresi, come se non
riuscissero a credere a ciò che lei gli stava dicendo, e innamorandosene
all’istante ancor più di quanto non fosse già. E sfiorandogli
le labbra di cui ora conosceva il meraviglioso sapore, gli disse ciò che
lui le aveva appena tolto di bocca. «Ti amo, cavaliere del
Buio…»
Shaoran la baciò di nuovo, mentre
l’imbarazzo e lo stupore scemavano rapidamente, lasciando emergere
l’amore e la gioia di poterlo provare e di vederlo ricambiato…
Sakura lo strinse a sé. Ora sapeva di poter fare
ciò che detto da Cerberus le era sembrato impossibile. Ora, attraverso
gli occhi di Shaoran, poteva vedere se stessa, nuda di tutto, pura e vera. Ora sapeva
di essere davvero forte, perché non era sola, no… Ed era
certamente questa la grandezza dell’Uomo, la stessa grandezza di cui
parlava la profezia degli Angeli, che non avevano saputo comprendere
l’amore… Ma lei si abbandonò totalmente a quel sentimento,
scoprendone la bellezza insieme a Shaoran, trovando finalmente il senso di
tutto, che era già dentro di sé…
E fuori, la pioggia complice bagnava quell’emozione
nuova.
Le
energie che avvertiva al di sopra del soffitto della caverna si
intensificarono. La Dama
degli Elfi sorrideva. Infine tutto sembrava chiarirsi.
Shaoran aveva compreso il senso della purezza del proprio
animo.
Sakura aveva compreso il senso di ciò che poteva
rendere l’Uomo superiore all’Angelo.
Non restava molto da fare, ormai.
Ben presto la profezia sulla guerriera sarebbe stata
compiuta, e il cavaliere si sarebbe di nuovo trovato di fronte allo Specchio, e
allora il destino del Regno si sarebbe inscritto nelle stelle; perché il
Regno aveva bisogno di entrambi, perché loro erano legati
indissolubilmente, perché era già scritto.
Ma c’era ancora tempo per questo. Ora c’era
ciò che i due ragazzi stavano scoprendo insieme, lassù sulla
montagna, e c’era il flusso ormai incontrollabile del loro giovane amore
appena compreso, e c’era ciò che li rendeva superiori, e
c’era ciò che li rendeva puri.
E fuori, anche la pioggia sapeva.
E
allora? Vi ho soddisfatto? Spero proprio di sì! Del resto era pure ora
che tra quei due accadesse qualcosa del genere, no??
^^
Ringraziamenti:
Kia85: Non preoccuparti se è
saltata una recensione… ^^ Grazie come sempre per i tuoi commenti, sono
fin troppo lusingata! Spero che ti sia piaciuto anche questo capitolo come il
precedente!
Lady Maryon: Eh eh,
e allora? Hai visto che alla fine si sono baciati??
Andiamo, non potevo fare una fic su CCS senza che Shaoran e Sakura si baciassero!! ^^ Mille grazie per la recensione!
SakuraBethovina: Come sempre ti ringrazio per i
complimenti… Eh sì, ora Shaoran ne sa
decisamente di più, e come hai visto, questo riguarda anche i suoi
sentimenti! ^^
Ichigo_91: Ciao, Ichigo-chan!
Sono contentissima che tu abbia trovato interessanti i capitoli precedenti, e
spero che questo ti sia piaciuto almeno quanto a me è piaciuto
scriverlo! Un bacio e grazie mille per il commento…
Sakura182blast: Ciao, mia carissima sorellina,
che te ne pare di questo capitolo? Come avrai intuito Sakura
alla fine del capitolo precedente è crollata per il peso di tutte le rivelazioni… Però io direi che si riprende
bene, non trovi?? ^^ Grazie mille per il commento, non vedo l’ora di
sentirti!!
Eccoci
qui con l’appuntamento per il prossimo capitolo… Beh, che dire, tra
poco l’interesse dovrà necessariamente spostarsi su Aamyan e sulla profezia, così finalmente potremo
districare qualcosa nella matassa che è questa storia… Spero mi
seguirete ancora! ^^
Evviva,
anche stavolta riesco a pubblicare con un po’ di anticipo! Del resto mi
sembra anche giusto darmi una mossa: ci stiamo inesorabilmente avvicinando al
gran finale, e quindi non voglio assolutamente farvi aspettare troppo prima di
spiegarvi tutte le incognite di questa storia…
Come
sempre, vi auguro buona lettura!
Aamyan degli Elfi
12
La profezia
Uscendo
dallo stato a metà tra il sonno e la veglia, quello in cui regnavano
incontrastati i sogni dell’inconscio, Sakura aprì lentamente gli
occhi. Il cielo dell’alba era terso, purificato dalla pioggia notturna.
Sentiva uno strano languore; i suoi sensi erano piacevolmente intorpiditi. Poi
scoprì di essere distesa su qualcosa di caldo e vivo e mosse piano la
testa, ritrovandosi tra le braccia di Shaoran.
Il cavaliere era ancora addormentato, ma la teneva
stretta a sé nel sonno, e il suo petto si alzava e si abbassava
dolcemente al ritmo del suo respiro sereno. Sakura si sollevò ancora un
poco, soffermandosi sul suo volto, sui capelli castani scomposti sulla fronte,
sugli occhi chiusi e sulle labbra sottili… Allontanando una mano
dall’addome del giovane, sfiorò quelle labbra che quella notte si
erano confuse con le sue. Sorrise, quasi amaramente. Possibile che a lei fosse
dato di meritare quel dono?
Avvicinò il viso al suo, lasciando che i loro
respiri diventassero uno. Nella mente le vorticavano le immagini della notte
appena trascorsa. Non le rivelazioni, non le domande, no, niente affatto…
L’unica cosa che vedeva chiaramente erano lei e Shaoran, sotto la pioggia
e le stelle, e tutto ciò che era stato tra loro. E non riusciva ad
impedirsi di pensare a come, poco prima di addormentarsi nel suo abbraccio, gli
avesse rivelato anche l’ultima parte di verità, rinunciando
finalmente a tutte le paure.
«Mia madre
era la Regina
della Terra della Luce…»
E lui non aveva detto nulla, non aveva voluto irrompere
in quella paura, non l’aveva turbata ancor di più; si era limitato
a stringerla più forte, a baciarla ancora, e ancora, e ancora,
trasmettendole in quei suoi baci tutta la comprensione e la fiducia e la condivisione
che lei non aveva mai conosciuto.
Davvero lo meritava? Meritava quell’amore?
Sentì Shaoran muoversi lentamente sotto di
sé. Non si scostò da lui. Lo vide aprire gli occhi, e per
l’ennesima volta si perse nel colore delle foglie d’autunno. Il
cavaliere ricambiò il suo sguardo, ancora un po’ assonnato; poi le
sue guance si tinsero di una tonalità intensa di rosso, mentre lui
sorrideva lievemente.
«Buongiorno», le disse in un sussurro che le
sfiorò le labbra.
Sakura non rispose. Si limitò a scendere piano a
baciarlo.
Le labbra di Shaoran erano ancora languide del sonno,
sebbene entrambi avessero dormito pochissimo, e il suo fiato non fosse pesante.
A Sakura piacque quel torpore. Ad un tratto,
però, lo sentì distaccarsi leggermente; riaprì gli occhi e
lo fissò, cercando tracce di esitazione, ma vide solo uno sguardo un
po’ smarrito.
«Che cosa c’è?», gli chiese,
incerta.
«Niente…», sussurrò Shaoran,
sollevando le braccia e stringendola piano a sé. Poi sospirò.
«Ho paura.»
Sakura continuò a guardarlo, sempre più
confusa.
«Paura di cosa?»
Il ragazzo portò una mano fino alla sua guancia,
scostandole i capelli.
«Di non meritarlo.»
Era… Era esattamente ciò che pensava lei. Se
questo non era un segno… Sorridendo, Sakura lo baciò di nuovo,
fremendo al suo tocco.
Per un altro po’ di tempo si dimenticò di
tutto. Ma ora che c’era di nuovo la luce del sole, la realtà
tornava ad essere visibile, e con essa tutti i dubbi e le domande rimasti in
sospeso. Così, quando tornò ad abbandonare il viso sulla spalla
di Shaoran, inevitabilmente fu come svegliarsi da un sogno.
Per un po’ ci fu solo silenzio. Alla fine,
però, Shaoran parlò piano, esitante, in tono sommesso.
«Perché non volevi parlarmene?»
Senza capire, Sakura voltò lentamente il volto
verso il suo, aspettando che continuasse.
«Voglio dire…» Le gote del cavaliere
erano ancora vagamente color porpora. «Sai, delle… Delle tue vere
origini. Di tua madre. Quando… Quando me l’hai detto… ho
avuto l’impressione che non volessi farlo. Perché?»
Sakura ci pensò su per qualche istante.
«Forse, semplicemente, non volevo che mi guardassi
con occhi diversi.»
Vide Shaoran voltarsi verso di lei. Ancora una volta,
proprio come la notte precedente, non ci furono parole inutili; quegli occhi
tacevano e dicevano tutto. Sakura seppe all’istante che lui non
l’avrebbe mai guardata altrimenti che così, con quello sguardo
bruno, caldo, rassicurante, solido, imperscrutabile… e innamorato.
Si dispose di nuovo sul suo petto e lo baciò per
l’ennesima volta.
Questa volta passarono alcuni lunghi minuti prima che,
con estrema riluttanza, si decidesse a riscuotersi.
«Sarà meglio che torniamo da Tomoyo»,
mormorò contro le labbra del cavaliere adolescente. «Dopotutto,
dobbiamo ringraziarla per il suo consiglio.»
Shaoran sorrise. Annuì quasi impercettibilmente.
«Hai ragione. Però…»
«Però…?»
«Però, lasciamola aspettare solo un altro
po’…»
Sakura lo guardò, poi scoppiò a ridere. Era
quello il ragazzo cupo che aveva fatto irruzione nella sua vita da un momento
all’altro con la sua disperazione e la sua chiusura al mondo intero?
Quando era cambiato? E perché, poi? Per lei? Scuotendo la testa, quasi
incredula, accolse ancora una volta la sua bocca con un nuovo trasporto.
Shaoran
camminava lentamente sulla dura terra del fianco della montagna, ma si sentiva
ad un palmo dal suolo. L’unica cosa di cui era pienamente conscio era la
mano di Sakura, morbida e tiepida nella sua.
Ancora non riusciva a crederci. A partire dal momento in
cui, al tramonto, lei si era rifugiata tra le sue labbra, tutto diventava
incredibile. Eppure sapeva che era vero, era successo davvero; la ragazza che
discendeva dalla montagna, sorridente, al suo fianco, era la prova che quella
notte lui aveva scoperto ciò che gli era sempre mancato, che non era
stato solo un bellissimo sogno.
Senza riuscire a smettere di sorridere, Shaoran strinse
ancor di più la mano di Sakura.
Quando giunsero in vista del dedalo di gallerie,
però, il peso di una realtà più dura lo investì di
nuovo.
C’erano così tante cose rimaste in
sospeso… La vera natura di Sakura, la vera identità di Tomoyo, lo
Specchio che la Dama
degli Elfi aveva voluto affidare a lui… Per quella sola notte si era
illuso di poter lasciare tutto fuori, rinchiudendosi nella felicità
cieca di un amore appena svelato; ma non si poteva semplicemente rinnegare la
realtà.
Tomoyo era immobile, in piedi di fronte
all’apertura della grotta in cui i tre giovani si erano rifugiati, il
giorno precedente. Guardava verso di loro, e sorrideva. Shaoran si sentì
ancora una volta smascherato dai suoi occhi che, ora ne aveva la certezza, non
erano davvero umani.
«Bentornati», li accolse la Principessa elfica,
quando furono abbastanza vicini. «Mi auguro che abbiate trovato insieme
la pace interiore necessaria per portare a compimento il vostro destino.»
Shaoran abbassò lo sguardo. Sentì Sakura stringergli
forte la mano. Sì, avevano trovato una loro pace, una pace riservata
solo a loro due, perché era stato impossibile trovarla nel mondo
circostante; ma ora? Ora cosa sarebbe successo?
«Comprendo tutti i vostri dubbi»,
mormorò ancora Tomoyo. «Presto tutto finirà. Vi prego,
venite con me, voi che avete in mano la sorte del Regno.»
Il ragazzo sollevò di nuovo gli occhi, in tempo
per vederla voltare loro le spalle e incamminarsi lungo le pendici delle
montagne, verso occidente, percorrendo il tragitto opposto a quello che doveva
aver condotto Sakura dalla Tigre dei Monti.
Capendo che qualcosa di definitivo stava per succedere,
Shaoran si voltò a guardare Sakura. Vide nei suoi occhi verdi la sua
stessa improvvisa decisione. Sentì crescere in sé un’emozione
ormai ben nota, quando la guerriera ricambiò il suo sguardo; poi si
scosse, e si avviò insieme a lei seguendo i passi di Tomoyo.
Camminarono a lungo, sempre tenendosi accostati alla
catena montuosa, evitando di addentrarsi troppo nella terra degli Angeli nel
timore di essere nuovamente messi in fuga.
«Dove stiamo andando?», si azzardò a
chiedere ad un tratto Sakura.
Tomoyo non si voltò, ma rispose con la solita
pacatezza.
«Avevo intenzione di conferire con gli Angeli prima
di prendere questa decisione. Ma ora capisco che in effetti non ce
n’è alcun bisogno, perché dipende tutto da Shaoran.»
Il giovane fissò smarrito i lunghi capelli neri
della fanciulla che gli camminava davanti.
«Da me?»
«Esatto, cavaliere. Da te.»
Shaoran aprì di nuovo la bocca per aggiungere
qualcosa – cosa, non avrebbe saputo dirlo – ma in quel momento
Tomoyo si fermò. Lui e Sakura fecero altrettanto, trattenendo il fiato.
A qualche iarda da loro, a nord, vastissimo nella landa
verde, si stendeva il lago di lava da cui era nato Aamyan.
«Siamo arrivati alla nostra meta»,
mormorò ancora la Dama
degli Elfi.
Shaoran deglutì, interdetto. Avvertì la
stretta di Sakura intensificarsi sulla sua mano.
Da quel momento in poi, fu di nuovo come vivere in uno
stato mistico. Non si rese conto di aver ripreso a muoversi, non fu consapevole
dei propri passi; seppe solo, all’improvviso, di essersi ritrovato sulle
sponde del lago.
Scuotendosi, Shaoran concentrò la propria
attenzione sulla sua superficie, sotto di sé. Il celebre lago lavico
sembrava colmo di lingue di fuoco, fluenti come acqua. Era una scena
indescrivibile. Rimase a lungo assorto nella contemplazione, ma alla fine si
rassegnò a cercare lo sguardo di Tomoyo.
«Che… Che cosa vuoi che io faccia?»,
mormorò, esasperato.
La ragazza si voltò verso di lui. I suoi occhi
inumani lo trapassarono, scavando fino al suo cuore; poi le sue mani si congiunsero,
e la luce degli Elfi tornò a circuirla, mentre la sua voce risuonava
come un canto profetico.
«Il tempo è giunto, cavaliere della Terra
del Buio. Il tempo della scelta è finalmente giunto. Ora sta a te
decidere della sorte di Aamyan.»
La luce si fece intensissima. Shaoran socchiuse gli
occhi.
«Decidere della…? Cosa vuoi dire?»
«Lo Specchio è pronto per il tuo
riflesso», proferì ancora Tomoyo. «Ma devi essere tu a
volerlo. Devi essere tu a formulare il tuo desiderio. Altrimenti, lo Specchio
dovrà cessare di esistere. Perché esso ha scelto te, ma non
potrà più vivere se tu non sceglierai di usarlo.»
Shaoran fu costretto a coprirsi gli occhi con un braccio.
La mano di Sakura si allontanò dalla sua, ma il ragazzo poté
udire la sua voce, in un punto imprecisato ma molto vicino.
«Ora sta a te…»
Per alcuni istanti ancora, il giovane non riuscì a
guardare a viso aperto ciò che gli si prospettava di fronte. Ma alla
fine si costrinse ad abbassare il braccio e a riaprire gli occhi. La luce era
ancora forte, ma più tollerabile.
Dinanzi a lui, tra le braccia aperte della Principessa,
proprio come il giorno precedente, fluttuava Aamyan, Specchio degli Elfi.
Shaoran respirò profondamente, cercando di
tranquillizzarsi, ma l’adrenalina scorreva ormai inarrestabile in lui,
mentre finalmente, per la seconda volta, tendeva le dita e toccava il motivo
del suo viaggio fino a lì.
E così, infine, aveva davvero la
possibilità di usarlo. Così come aveva sperato, ora avrebbe
potuto specchiarsi, perché Aamyan lo reputava degno di tale gesto, e
avrebbe potuto desiderare la rinascita, la fine di ogni male, la purificazione
di un mondo corrotto e sporco di sangue… Avrebbe riscattato se stesso,
avrebbe reso onore a ciò che aveva perso, avrebbe fatto sì che
tutto potesse essere come era stato, di nuovo, oltre il dolore del ricordo
infranto…
… Ma non
potrà più vivere se tu non sceglierai di usarlo…
Si fermò, già con le dita strette intorno
alla cornice intarsiata. Senza nemmeno accorgersene, aveva iniziato a riflettere
sulle parole di Tomoyo. E da lì ebbe modo di pensare anche a molto
altro.
Quel viaggio gli era servito. Molto. Non solo
perché aveva incontrato la guerriera figlia di un Angelo e di una
Regina, l’unica persona di cui sentiva di potersi fidare, l’unica
persona che sapeva di poter amare. No, nel corso di quel lungo cammino aveva
imparato anche qualcos’altro. Ad esempio, che la guerra era davvero
ovunque, e che la violenza era insita nell’animo umano, e che non
c’erano buoni né cattivi… Ripensò all’occasione
in cui aveva dovuto fronteggiare dei soldati della sua stessa terra, alla
locanda della Terra della Luce. Come aveva detto a Sakura, non aveva provato
alcun rimorso nell’ucciderli. Perciò allora era già
consapevole dell’inevitabilità del male. Ma non si era soffermato
su quel pensiero.
Ora, però, ad un passo dalla possibilità di
cambiare finalmente le cose…
Shaoran esitò ancora, senza voltare lo specchio
per guardare la propria immagine riflessa.
Forse, in fondo, non aveva alcun senso desiderare la fine
di ogni guerra.
Se nell’Uomo coesistevano bene e male, alla fine
questo sarebbe riemerso comunque. Come brace e cenere, da cui al minimo soffio
scaturiva nuovo fuoco… Così una magia non poteva durare per sempre,
non poteva soffocare il corso già segnato della natura. Non sarebbe
servito a nulla, sarebbe stato solo un prolungamento dell’attesa di un
nuovo dolore, di una nuova inevitabile degenerazione…
Ma allora? Doveva rinunciare ad Aamyan? Giunto a
stringerlo tra le mani, stava abbandonando tutti i suoi propositi? No, questo
non era giusto, sarebbe equivalso a voltare le spalle al passato che lo aveva
indotto su quella strada, ai ricordi che ancora gli dolevano nel cuore, alla
voce implorante di sua madre…
Sospirò, e in quel momento, in un impulso
incondizionato, il suo sguardo vagò fino a posarsi su Sakura.
La ragazza lo fissava seria, nei suoi abiti ancora
impregnati di pioggia e sangue rappreso, le braccia lungo i fianchi, una luce chiara
e nuova negli occhi del colore delle foglie d’estate.
E solo allora Shaoran
capì. Capì che tutto ciò che avrebbe potuto desiderare,
l’aveva già ottenuto.
Deciso, senza pensarci ulteriormente, strinse la presa
sullo Specchio degli Elfi.
… Ma non potrà
più vivere se tu non sceglierai di usarlo…
Lo impugnò, portò il braccio indietro,
serrò gli occhi, e lo scagliò lontano.
Aamyan tornò a fondersi nella stessa lava fluida
da cui era sorto.
La
scelta era stata fatta. E ciò non determinava solo il destino del Regno,
ma anche l’esito della profezia. Anche se loro ancora non potevano
saperlo…
Tomoyo, Dama degli Elfi, sorrise al cavaliere e alla
guerriera. Dopodiché chiuse gli occhi e riassunse la sua vera forma,
abbandonando le sembianze umane e tornando figura elfica.
Mentre la luce della sua stirpe l’avvolgeva
totalmente, lasciando affievolirsi i colori spenti che avevano finora ammantato
la sua vera essenza, e tornando ad essere energia vitale delle piante e delle
acque e della natura intera, un alone violento si sprigionò dalla sua
metamorfosi, investendo per miglia e miglia la landa abitata dagli Angeli.
La Principessa riaprì gli occhi, tornati ora del loro vero
colore, tendente al perla, e fissò Shaoran e Sakura, che si riparavano
gli occhi dalla luce. Quando questa scemò, il cielo azzurro comparve
solcato da migliaia di soffuse sagome candide.
«Gli Angeli stanno abbandonando questa
terra», mormorò Tomoyo. «La scelta del cavaliere ha
dimostrato la superiorità dell’Uomo. Attraverso la distruzione
dello Specchio, anche la profezia della guerriera si è compiuta. Il
cerchio è finalmente chiuso.»
Sorrise di nuovo.
Di fronte a lei, Shaoran e Sakura sollevarono lentamente
gli sguardi attoniti. Nei loro occhi c’era stupore, meraviglia,
soggezione, paura, confusione.
«Tomoyo?», mormorò Sakura, esitante.
Lei si limitò a sorriderle.
«Io… Io non capisco», continuò
la guerriera, crollando in ginocchio, mentre il cavaliere adolescente si
portava al suo fianco. «Tu… La scelta… Lo Specchio… La
profezia… Non capisco.»
«Allora ascoltami attentamente, amica mia»,
disse la Dama
degli Elfi, dolcemente, avvicinandosi ai due. «Shaoran ha compreso. Ha
compreso che il suo desiderio di porre fine alla guerra, pur realizzandosi, non
sarebbe durato a lungo. E ha scelto di non desiderare altro, di non
approfittare di Aamyan.»
Lo sguardo di Sakura si posò lentamente su
Shaoran.
«Perché?», sussurrò
semplicemente.
Il cavaliere la guardò, avvampando. Osservandolo,
Tomoyo sorrise ancora.
«Perché ha te, Sakura.»
Vide che anche le gote della guerriera si tingevano di
rosso. Nonostante il momento di tenerezza, decise di continuare con le
spiegazioni.
«Shaoran ha scelto di distruggere lo Specchio
perché sentiva che non gli sarebbe più servito per il suo primo
scopo, e perché non aveva altro da desiderare. Questa scelta è
nata dunque anche dai suoi sentimenti per te, Sakura. E così il suo
destino si è legato indissolubilmente al tuo. Dimmi, guerriera, sai
adesso cosa rende l’Uomo superiore all’Angelo?»
Senza distogliere lo sguardo da Shaoran, Sakura annuì
lentamente.
«L’amore…», mormorò.
«L’amore senza freni, quello che non tiene conto delle differenze,
delle convenzioni, di tutto il resto… Quello che gli Angeli non sanno
concepire.»
Tomoyo annuì.
«Esatto. Ed era questa la conclusione cui tu dovevi
giungere, e che ti avrebbe permesso di compiere la profezia, di annullare
totalmente la supremazia degli Angeli sugli Esseri Umani. Ma questa tua
conclusione, Sakura, ha influito sui sentimenti di Shaoran, e poi nel suo
gesto, così che la profezia è nata con te ma
si è manifestata in lui.» Si chinò al suolo, sulle sponde
del lago lavico che aveva appena ingoiato lo specchio che aveva creato,
guardandoli con affetto, dall’uno all’altra. «So che per voi
è difficile capire. Vi basti sapere che avete trovato voi stessi. Vi
basti sapere che il vostro amore ha fatto sì che il cerchio si chiudesse.»
Per la prima volta, fu Shaoran a parlare.
«Ma… Com’è possibile?»
«Cosa?», sorrise ancora la Principessa.
«Che il vostro amore fosse già scritto? Che si legasse alla sorte
dello Specchio e a quella degli Angeli? Immagino che non lo sapremo mai. Ma ora
c’è dell’altro cui pensare.»
All’unisono, i due si voltarono a guardarla, negli
occhi la stessa confusione, ma anche una luce di fierezza.
«La rinuncia ad Aamyan», disse Tomoyo,
tornando seria, «non deve necessariamente significare la fine di ogni
speranza di pace per il Regno di Tomoeda.»
Gli sguardi del cavaliere e della guerriera si fecero
ancor più intensi.
Lei respirò profondamente.
«Sì, ragazzi. C’è ancora un
modo per porre fine alla guerra… E non solo. Perché quello che sto
per dirvi riguarderebbe non solo gli Uomini, ma tutte
le creature del Regno… E ancora una volta, tutto dipende da voi.»
Ehm…
Allora, che ne pensate? Finalmente la profezia si è svolta, e anche Shaoran ha preso la sua scelta riguardo Aamyan…
Ma chissà cosa possono ancora fare i due per il bene del Regno? Psst, un aiutino: c’entra il fatto che Sakura è figlia di una Regina… ^^
Ringraziamenti:
Yumemi: Grazie mille per il tuo
commento! Uao, non mi sembra vero che tu abbia letto
il capitolo mentre pioveva!! ^^ E di questo, che te ne
pare? Comunque non preoccuparti, non sei la sola ad essere impelagata negli
impegni scolastici… U_U Spero anch’io di
poterti sentire su MSN! Baci!
PikkiSakuraChan: Grazie mille e ancora grazie
mille, sei veramente troppo buona, è bello avere una fan sicura per il
mio ipotetico futuro di scrittrice!! ^///^ Sul serio,
mi hai commossa! Sono davvero felice che la storia ti piaccia tanto… Ma
non preoccuparti, ovviamente capita di non notare un aggiornamento; l’importante
è che la storia continui a piacerti, ci tengo
molto!
Ichigo_91: Grazie mille per il tuo
commento, carissima Ichigo! Sono contentissima che tu
abbia apprezzato il capitolo precedente (figurati che credevo che la
dichiarazione fosse troppo precipitosa! ^///^), e spero solo che tu abbia
trovato anche questo degno di nota!
Sakura182blast: Mia dolcissima sorellina, non
sai come mi sono emozionata leggendo il tuo commento alla one-shot
“A te”… Ehm, ok, passiamo oltre!
Ovviamente ti ringrazio moltissimo per la recensione e per tutti i complimenti…
Sul serio, mi confondi, sorellina! ^///^ Ma la cosa che più mi fa
sentire realizzata è l’essere riuscita a farti apprezzare per la
prima volta Cerberus/Kero-chan!! Lo considero un successo personale…!! XD Spero che tu abbia gradito anche questo capitolo…
Ah, un’altra cosa… Anch’io ti voglio bene!!
^^
Bene, eccoci qui: il prossimo capitolo sarà l’epilogo…
Beh, innanzitutto ringrazio in anticipo chi vorrà seguirmi fin lì… Anzi, faccio una cosa che non ho mai fatto
prima: ringrazio profondamente coloro che hanno inserito questa fic tra i preferiti, e cioè Evans Lily, Ichigo_91, Kia85, MillenniaAngele Sakura182blast… Mi avete reso felice, ragazze!!… E poi…
No, basta, non scrivo altro perché mi sto già commuovendo!! ^///^
Eccoci
qui… Non mi sembra vero di essere arrivata all’ultimo capitolo…
Mi scuso per averci messo più tempo del previsto! Ehm, bene, non vi
anticipo nulla perché molte di voi hanno già capito qual è
il famoso modo per far finire le guerre… ^^
Per l’ultima
volta mi ritrovo ad augurarvi la buona lettura!
Aamyan degli Elfi
13
Epilogo
Sakura
guardava la propria immagine nello specchio a figura intera, a disagio. La
lunga veste che le avevano fatto indossare, di un bianco immacolato, le
sembrava assurda, se pensava ai vestiti insanguinati che aveva indossato fino
al giorno prima, o agli indumenti ruvidi che si era sempre confezionata da
sola, in sedici anni di scorribande nella natura selvaggia.
Le avevano acconciato i capelli, arricciandone le punte,
cospargendoli di un’essenza a lei sconosciuta; poi le avevano imperlato le
labbra di un colore rosato. La ragazza non riusciva a smettere di guardare
sconcertata il riflesso che le rimandava lo specchio della lussuosa stanza. Era
davvero lei, la ragazzina senza passato, quella che si stava facendo agghindare
a festa nientemeno che in un Palazzo Reale?
Le tre ancelle continuavano a volteggiarle intorno,
eccitate e premurose.
«Vi prego, Altezza, provate questo…»
«Altezza, vogliate provare queste
scarpe…»
«Altezza, non siate timida, esprimete le vostre
preferenze…»
Sakura non riusciva ad abituarsi a
quell’appellativo. Altezza.
Lei, un’Altezza Reale.
Eppure era vero. Le parole di Cerberus echeggiavano
ancora nella sua mente. Era già passata una settimana, ma era come se
tutto fosse accaduto solo il giorno precedente.
… Tua madre
era la Regina
della Terra della Luce, madre di Re Touya, signora dell’est…
Il che faceva di lei una Principessa.
E adesso era lì, alla Corte di Touya, in attesa di
incontrare il Re suo fratello. La sola aspettativa avrebbe dovuto
elettrizzarla; ma non sentiva nulla. Come se ancora non riuscisse a realizzare
ciò che stava per succedere.
Tuttavia, non poteva ignorare il pensiero di ciò
che sarebbe avvenuto in seguito.
Mentre pensava a chi l’attendeva dopo Re Touya, il
suo cuore accelerò sensibilmente i battiti.
Shaoran
guardava la propria immagine nello specchio a figura intera, a disagio. La
lunga veste che gli avevano fatto indossare, di un azzurro intenso, gli
sembrava assurda, se pensava ai vestiti insanguinati che aveva indossato fino
al giorno prima, o agli indumenti semplici da cavaliere cui era stato abituato,
in sedici anni di battaglie infinite e di penosi stenti.
Ma non era tanto il suo riflesso a turbarlo, quanto la
situazione intera in cui si trovava. Tanto per cominciare, gli sembrava
già abbastanza inquietante l’idea di trovarsi come ospite alla
Corte della Terra della Luce, che solo fino a poco tempo prima doveva essere
sua nemica. E in secondo luogo, ancor più inquietante, c’era
ciò che gli sarebbe accaduto lì, ciò che avrebbe cambiato
la sua esistenza e quella dell’intero Regno di Tomoeda.
Proprio come aveva detto la Dama degli Elfi, quel giorno
lontano, in riva al lago di lava…
…
C’è ancora un modo per porre fine alla guerra…
Solo nella stanza, Shaoran sospirò profondamente,
cercando di calmarsi.
Tomoyo aveva trovato la soluzione migliore, non solo per
la pace del Regno, ma anche per loro, loro che avevano vissuto quella storia
sulla propria pelle, e che ora stavano per raggiungere insieme il riscatto che
per tanti anni era mancato loro.
In effetti, il suo disagio non era dato dalla paura.
Piuttosto dall’aspettativa di ciò che quel giorno sarebbe nato per
lui. Sì, per la prima volta i suoi pensieri erano totalmente egoistici:
non pensava a ciò che ne avrebbe guadagnato il Regno, ma unicamente alla
felicità che sarebbe stata recata a lui. E non si pentiva di
quell’egoismo.
Era davvero quello l’unico modo che aveva per poter
essere felice…
Mentre pensava a chi lo attendeva in quello stesso
Palazzo, il suo cuore accelerò sensibilmente i battiti.
Sakura
aveva temuto che l’incontro con Touya sarebbe stato formale, persino
freddo. Nulla di più sbagliato.
Quando il Re della Terra della Luce l’aveva vista,
aveva chiesto alle ancelle di lasciarli soli; poi, con estrema naturalezza,
alzatosi dal trono, si era avvicinato a lei, le aveva preso le mani nelle sue,
e aveva sorriso.
«Sei mia sorella», aveva detto semplicemente.
E di colpo lei era stata felice di esserlo. Non certo per
ciò che questo implicava, non per l’essere Principessa; ma ora ne
aveva la conferma, ora aveva un passato, ora non c’erano più
dubbi. Aveva ricambiato il sorriso di suo fratello, senza parlare. Non
c’era bisogno di dire nulla, tutto era stato già chiarito dalla
Dama degli Elfi, che da tempo aveva spiegato tutto a Re Touya. Erano soltanto
rimasti intenti a guardarsi, consapevoli di non essere soli.
Ora Sakura stringeva il braccio del Re, e sorrideva,
mentre si recava incontro al destino. Un destino che l’aspettava a pochi
passi di distanza, concretizzato nello sguardo bruno e raggiante del giovane
uomo che lei amava.
Shaoran
si inchinò rispettosamente a Re Touya, dopodiché sorrise alla
ragazza che si era fermata di fronte a lui.
Era bellissima. Come sempre, del resto. Il candore
dell’abito esaltava tutta la sua figura, agile, felina, ancora impregnata
dello spirito guerriero e nomade che l’aveva mossa per tutta la vita; ma
ciò che c’era di più bello in lei, ora, erano i suoi occhi,
finalmente privi di demoni. Occhi sereni. Occhi liberi. Occhi che lui amava.
La Principessa della Terra della Luce abbandonò il braccio del
Re e si avvicinò, con un sorriso timido, acceso, meraviglioso. Shaoran
sentiva il cuore battergli furiosamente nel petto, fino in gola, mentre tendeva
la mano e prendeva delicatamente quella di Sakura per sfiorarla con le labbra.
Non pensava che quel giorno sarebbe stato un nuovo inizio
per il Regno. Non pensava che con il loro gesto le due terre si sarebbero
finalmente unite, cessando ogni guerra. Non pensava che ora aveva la
possibilità di realizzare ciò che non aveva poi voluto fare con
lo Specchio degli Elfi.
Pensava solo che quel giorno sarebbe stato un nuovo
inizio per lui, e che con quel gesto loro si stavano unendo per sempre, e che
ora non c’era davvero altro che potesse ancora desiderare. Pensava solo che
lei stava per diventare sua moglie. Ancora egoista, ma felice di poterlo
essere.
Sakura gli sorrideva con dolcezza.
«Vorrei che Tomoyo fosse qui»,
bisbigliò ad un tratto. «Le dobbiamo tanto.»
«Lo vorrei anch’io», mormorò
Shaoran. «Ma mi basta che ci sia tu. Mi basta che siamo insieme.»
Lei gli strinse più forte la mano.
«Lo saremo sempre.»
Senza riuscire a placare i battiti del suo cuore, Shaoran
la guidò dolcemente attraverso il giardino del Palazzo, verso il tempio
dove si sarebbero unite due vite, due terre, due destini.
Sorrise.
Loro non potevano vederla, ma lei li vedeva chiaramente. Ed era felice.
Riaprì gli occhi e li fissò sui suoi
simili, riuniti in un silenzio rispettoso al suo cospetto.
«Gioite, Elfi, perché quest’oggi
l’amore trionfa, portando con sé la pace. E anche le Creature
Magiche potranno finalmente tornare a vivere tra gli Uomini, poiché oggi
gli Uomini tornano ad amare.»
La foresta echeggiò delle grida festose delle
creature.
Tomoyo guardò verso occidente, dove il tramonto
risplendeva sulla Terra della Luce. Laggiù, lontano all’orizzonte,
nel Palazzo Reale di Re Touya, i due prescelti del destino stavano compiendo
l’ultimo passo del loro viaggio, del loro compito.
Era giusto così. Sakura era una Principessa; la
sua unione con Shaoran non poteva che significare la pace per le due terre in
lotta. Era ciò che c’era di più giusto, più ancora
che limitarsi a sperare, più ancora che affidarsi ai poteri di uno
specchio fatato…
Credevano di doverle tanto. Ma era lei a dovere tanto a
loro. Lei e tutti gli altri. Perché solo in virtù del loro amore
il Regno stava tornando ad essere un mondo in cui poter vivere in pace.
«Siate felici, cavaliere del Buio e guerriera della
Luce», mormorò tra sé la Dama degli Elfi. «E… grazie per
tutto.»
E adesso
è davvero finita…
Ringraziamenti:
Kia85: Sigh,
mi mancheranno i tuoi commenti! ^///^ Che ne dici del finale? Spero ti sia
piaciuto! Riguardo la tua domanda: qualche anno fa ho
preso in prestito dalla biblioteca il libro “La guerra degli elfi”,
probabilmente era il primo della serie, ma purtroppo non ho mai letto i
successivi! Un mondo di baci, grazie per tutte le tue recensioni, sono state
molto costruttive! ^^
Lady Maryon: Ebbene sì, alla fine la
soluzione era proprio il matrimonio! Spero ti sia piaciuto il finale! Grazie mille
anche a te per tutti i tuoi commenti!
Sakura182blast: Beh, sorellina, tu ovviamente
già conoscevi questo capitolo… ^^ Ma io
ci tengo lo stesso a ringraziarti per tutte le tue recensioni e a dirti che ti
voglio un mondo di bene! Tanti tantitanti baci!
SakuraBethovina: Sono felice che gli ultimi
sviluppi ti siano piaciuti, e spero tanto che anche la conclusione ti abbia
soddisfatto! Grazie mille anche a te per tutte le volte che mi hai recensito!! ^^
Ichigo_91: Eh eh,
hai visto a cosa si riferiva l’indizio? Essendo una Principessa, Sakura può sposare chi vuole e anche unire due terre
in guerra! Spero ti sia piaciuta questa soluzione… ^^ Grazie mille per
tutti i tuoi commenti, Ichigo!
Bene,
adesso vi dovrei salutare… Accidenti, quanto mi mancherà tutto
questo…
Però,
la sapete una cosa…?
Avevo deciso
di non dirlo, non ancora, per farvi una sorpresa… Ma visto che l’idea
sta procedendo, anche se un po’ a rilento, ci ho ripensato e ora ve lo
dico lo stesso!!
Alcune
di voi già lo sanno… Ma per chi non lo
sa, ecco la notizia: probabilmente, anzi MOLTO probabilmente, ci sarà un
sequel di questa fic!!