I Need Another Story

di Yoan Seiyryu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Jefferson + Aurora: You're not alone ***
Capitolo 2: *** Alice + John: Rule the world ***
Capitolo 3: *** Wendy + Hook: Straight on 'till morning ***
Capitolo 4: *** Mulan + Hook: Warrior of the sea ***



Capitolo 1
*** Jefferson + Aurora: You're not alone ***


I

 Jefferson + Aurora: 


Prompt:
A: «Non capisco questo mondo. Questa...come la chiamate? "Tecnologia". E' tutto così...diverso.»

J: «La diversità è solo un punto di vista, è questione di abitudine. Prova a vivere in un mondo dove tutti sono pazzi, finirai per diventarlo anche tu.»










 

You're not Alone







 
Non era stato facile adattarsi ad un mondo di cui non conosceva nulla. Scegliere di cambiare aveva rappresentato per lei un motivo di speranza, un modo per ricominciare a tessere le fila della propria vita.
Aveva patito la solitudine per anni, dopo che era rimasta vittima della maledizione del sonno, ma ritrovarsi sola da sveglia era stato un colpo ancora più duro da affrontare. Filippo l’aveva salvata, ma alla fine aveva scelto Mulan e rimanere confinata nella Foresta Incantata non l’avrebbe aiutata a ricucire le ferite che si era creata. Seguire Mary Margaret ed Emma nella loro fantomatica Storybrooke si era dimostrata una scelta semplice e forse sarebbe riuscita a ricominciare una nuova vita, completamente diversa da quella che aveva vissuto fino a quel momento.
Eppure, nonostante fosse a Storybrooke già da qualche mese, non riusciva ancora ad abituarsi ad un mondo come quello, ad una città i cui meccanismi non le erano ancora chiari. Le era stato offerto un posto alla redazione del quotidiano ‘Mirror’ dove al momento lavorava come giornalista. Scrivere era una liberazione, anche se spesso si ostinava ad usare carta e penna anziché lo strano macchinario che le avevano dato in uso.


Anche quella mattina Aurora si era fermata da Granny’s per la colazione, cosa che non mancava mai di fare, prima di recarsi alla redazione del giornale. Ruby si era sempre dimostrata gentile nei suoi confronti, lei e Belle l’avevano aiutata ad adattarsi meglio in quel mondo che ai suoi occhi appariva completamente privo di senso. Se non fosse stato per loro probabilmente non se la sarebbe cavata da sola.
- Cioccolata calda con panna, dico bene? – le domandò Ruby senza mancare mai di sorriderle.
Aurora annuì  - Sì, ti ringrazio.
- Arriva immediatamente – la rassicurò facendole l’occhiolino.
Aurora si sforzava di sembrare felice, di essere soddisfatta e contenta di quel posto, ma non poteva nascondere a se stessa che un velo di malinconia le ricoprisse gli occhi. A volte si sentiva terribilmente a disagio, era abituata ad una vita così diversa che tutta quella normalità e quotidianità ripetuta le stava stretta. Ma non desiderava in alcun modo far notare qualcosa di simile né a Ruby, né a tutti gli altri che avevano fatto tanto per lei. Doveva solo rimboccarsi le maniche e cancellare le ferite che si era trascinata dietro. Dopo esser sprofondata in un sospiro pesante si voltò ed incrociò lo sguardo di un uomo che se ne stava seduto da solo ad un tavolo accostato alla finestra. Spesso lo vedeva arrivare la mattina per fare colazione e non l’aveva mai visto in compagnia di qualcuno, se non di se stesso. Era solo, proprio come lei.
- Ruby, chi è quel tipo lì in fondo? – domandò Aurora esprimendo curiosità per la prima volta.
La ragazza si sporse leggermente per poter guardare nella direzione indicata, poi si strinse nelle spalle e commentò semplicemente   - Si chiama Jefferson ed è piuttosto particolare, se ne sta sempre sulle sue. Di solito accompagna sua figlia a scuola e poi viene qui a prendere un tè. Oltre lei non ha altri affetti qui in città, deve sentirsi molto solo – confessò i suoi pensieri.
Aurora si sentì improvvisamente attratta da quella somiglianza al suo perenne stato d’animo, tant’è che non perse tempo e chiese a Ruby di preparare un’altra cioccolata calda. Aveva visto bene, Jefferson anche mostrava uno sguardo carico di malinconia, come se per tanto tempo fosse stato costretto a caricarsi di un grande peso, troppo da sopportare da solo.
- Posso avere l’ardire di offrirti un po’ di compagnia?
Aurora si era avvicinata al suo tavolo portando con sé due tazze di cioccolata fumante. Rimase in piedi di fronte a lui in attesa di una risposta, sperava davvero che la accogliesse con un sorriso.
Jefferson le scoccò uno sguardo incuriosito e finì per osservarla da capo a piedi. Indubbiamente era molto bella, nonostante i lineamenti del viso giocassero ancora a mantenere i tratti di una fresca adolescenza che doveva ancora maturare.
- Concesso. Ma solo perché sono terribilmente annoiato e tu qui rappresenti una novità – finalmente sorrise e le fece cenno di accomodarsi.
Aurora non aveva avuto dubbi, il suo sorriso valeva davvero quella cioccolata, soprattutto perché era davvero particolare come Ruby lo aveva definito. Si sedette e posò entrambe le tazze sul tavolo.
- Perché sarei una novità?
- Per essere una neo-giornalista non sei molto informata. Avevi la possibilità di rimanere nel luogo da cui provieni e invece hai scelto di raggiungere questa prigione. Immagina lo scalpore dell’intera città – Jefferson si limitò a commentare per poi fare un’alzata di spalle e ringraziare con un cenno la cioccolata che gli aveva offerto.
Non che amasse quel sapore dolce e denso, ma in quel momento era curioso di gustarlo sul palato e scoprire l’effetto che faceva. Aurora non desiderava svelare nulla di sé, poiché si sarebbe costretta ad una confessione del passato che le avrebbe riportato alla mente spiacevoli ricordi.
- Il vero problema è che non riesco ancora ad abituarmi. Non capisco questo mondo. Questa… come la chiamate? ‘Tecnologia’. E’ tutto così diverso.
Jefferson non riuscì a trattenere un sorriso di scherno, che in realtà era riferito più a se stesso e a quello che aveva sofferto lui in un più recente passato.
- La diversità è solo un punto di vista, è questione di abitudine.  Prova a vivere in un mondo dove tutti sono pazzi, finirai per diventarlo anche tu.
Aurora sgranò lievemente gli occhi, non era del tutto certa di aver compreso che cosa intendesse dire, tant’è che batté le palpebre due e più volte per scandire ogni parola che aveva ascoltato.
- Io potrei davvero impazzire stando qui, soprattutto se cercano di farmi scrivere con quell’oggetto diabolico – sorrise lei, era davvero tanto tempo che non lo faceva in modo così fresco e sincero.
- Allora spiegami, come ti sei abituato a questo mondo? Non hai perso la testa? – domandò con curiosità mentre lasciava annegare la malinconia nella cioccolata calda che andò a sorseggiare.
Un po’ di panna le era rimasta all’angolo delle labbra ed ora sembrava una ragazzina curiosa che aveva voglia di scoprire il mondo senza compiere alcuna fatica. Jefferson lesse la speranza nei suoi occhi e questo gli piacque molto, tant’è che decise di non avvertirla di quel particolare.
- Non ho mai detto di essermi abituato e quanto a quello, beh, vedi… non posso dire di aver conservato una certa stabilità mentale – sorrise all’idea che quelle parole avrebbero potuto metterla in allarme.
Aurora invece non comprese che quello non era affatto sarcasmo, ma verità, infatti si limitò a prenderlo ancora più in simpatia. Trascorrere con lui il tempo della colazione si era dimostrato piacevole ed una volta che si era dovuta allontanare per andare a lavoro, non poteva che pensare di esser rimasta particolarmente soddisfatta di quella nuova conoscenza.



 
**




Ruby l’aveva invitata a trascorrere insieme una serata al Rabbit Hole, convincerla non  era stato facile, visto che Aurora non amava  quello strano locale in cui si era trovata a dover affrontare troppo spesso le avance di sconosciuti che avevano esagerato con l’alcool.
- Davvero, non riesco a capire: cos’è un cocktail?
Ruby scoppiò a ridere di fronte a quella domanda, nonostante fosse arrivata lì da qualche mese ancora non era ancora riuscita a memorizzare ciò che le aveva con cura insegnato.
- Provalo e vedrai che ti piacerà! – le consigliò dopo che si accomodarono ad uno dei tavoli.
Aurora rimase a fissare il bicchiere che le avevano portato ed inclinò appena la testa per studiarne il contenuto. Non era particolarmente compiaciuta, soprattutto perché aveva osservato gli effetti su Ruby stessa qualche sera prima. Alla fine si decise e ne mandò giù un lungo sorso, come se fosse acqua, tanto da generare un improvviso rantolo di tosse che la fece arrossare completamente in viso.
- E’ terribile! Non si può avere un sidro di mele? – domandò poco dopo essersi ripresa, mentre Ruby rideva divertita di fronte a quella reazione così inaspettata.
- Come non detto, magari la prossima volta andrà meglio.
Aurora era piuttosto certa che in futuro non avrebbe provato più nulla di simile, non era abituata a qualcosa di così forte che le faceva girare la testa, infatti lasciò il suo cocktail a Ruby che ne aveva approfittato per mandare giù anche la sua parte. Ovviamente non le dispiaceva, si sarebbe liberata di quel sapore terribile che aveva ancora sul palato. Dopo aver trascorso due ore all’interno del locale, Aurora si decise ad uscire per poter tornare a casa, aveva detto a Ruby di aver bisogno di una passeggiata e così era riuscita a sgattaiolare via.
Indossava dei tacchi alti che l’amica le aveva prestato ma non aveva mai avuto un buon equilibrio, tant’è che mentre usciva dal Rabbit Hole finì per inciampare e uno dei due tacchi si ruppe a causa del forte urto.
- Miseriaccia! [1] Ruby mi ucciderà – dannò se stessa per non esser stata più attenta, ma ormai non si poteva tornare indietro.
Infelice, sola e con un tacco rotto preferì togliersi direttamente le scarpe e camminare a piedi nudi per strada. Era una cosa che le capitava di fare sempre quando si trovava nella Foresta Incantata, da bambina era solita giocare nel bosco del suo reame, libera dalle scomode calzature che era costretta ad indossare a corte. La sensazione però non era affatto la stessa, la strada che stava percorrendo non era morbida come l’erba fresca e verde.
- Non ti conviene, sai?
L’aveva riconosciuta, quella voce. L’aveva riconosciuta eccome. Lei e Jefferson si incontravano al Granny’s ogni mattina ed erano soliti fare colazione insieme, l’una sapeva sempre che l’altro vi sarebbe stato  e non vi era nemmeno bisogno di chiedere un appuntamento, lo strano modo di approcciarsi degli abitanti di quella città. Ruby le aveva spesso consigliato di chiedergli di uscire, ma Aurora non ne comprendeva il senso, non era più naturale aspettarsi alla medesima ora di ogni giorno? Che bisogno c’era di richiedere forzatamente l’attenzione altrui?
- Fare cosa? – domandò di rimando lei quando si voltò per incontrare i suoi occhi cupi.
Era trascorsa appena qualche settimana, ma ogni volta che incrociava il suo sguardo, sentiva un brivido correrle lungo la schiena. Era inevitabilmente attratta da lui, ma ciò che aveva provato per Filippo era decisamente diverso, non poteva credere che si trattasse davvero di quello.
Jefferson si avvicinò ed indicò una bottiglia di vetro rotta proprio nella direzione della sua passeggiata di rientro.
- Camminare in quel modo. Anche in questo mondo ci sono dei pericoli, dovresti fare più attenzione.
Aurora lanciò uno sguardo alle schegge di vetro e ritrasse appena i piedi nudi, ritrovandosi vicino a lui che le si era fermato accanto.
- Che ci fai qui?
Jefferson avrebbe voluto ridere, ma si rese conto che in quel modo poteva rischiare di offenderla. Si era talmente imbarazzata per lo stato di cose in cui l’aveva trovata che aveva voltato subito argomento.
- Volevo rinfrescarmi le idee.
- Posso farlo anche io?
- Nessuno te lo impedisce, ma ti consiglio di indossare le scarpe.
Aurora lo guardò e si morse le labbra, mostrandogli come le aveva ridotte. Jefferson questa volta non si trattenne e scoppiò a ridere di gusto.
- Vorrà dire che zoppicherai un pochino, in fondo non c’è niente di strano.
- Ancora una volta non riesco ad abituarmi a questo mondo, ma tu ti adatti anche a questo, sei diverso dagli altri – disse mentre andava ad infilarsi nuovamente le scarpe, costretta a fare leva più su una gamba che sull’altra.
- Forse siamo matti entrambi – sussurrò lui che le porse un braccio perché vi si potesse appoggiare.
Aurora sorrise all’angolo della bocca e accolse quel gesto che apprezzò più di mille altre cose.
- Io non sono matta! – replicò corrugando la fronte – non so come funziona in questo mondo, ma volevo solo farti capire che mi piaci – suonava decisamente con una nota stonata.
Jefferson sorrise alla sua prima esclamazione e fece qualcosa che Aurora non si sarebbe aspettata per niente al mondo. Le depositò un bacio sulla fronte, un bacio dolce che non aveva altro significato rispetto a quello di ‘non sei più sola’. Lui non rispose a quella confessione e lei non approfondì minimamente la questione, ma non avrebbe ritirato per niente al mondo ciò che aveva osato rivelare.





[1] Bloooooooooody Hell! 








// Nda: 

Salve a tutti! Questa folle raccolta prende spunto dall'iniziativa nata da me e dall'autrice BlackFool, amando entrambe le crack abbiamo deciso di scrivere su quelle più assurde possibili, abbinando un prompt per ognuna. 
Nel caso voleste partecipare, vi lascio qui sotto l'elenco delle coppie e i relativi prompt. Non è obbligatorio scrivere su tutte, l'unica regola è inserire lo stralcio di dialogo che vi lasciamo all'interno della storia. In più nell'introduzione potete apporre la scritta ---> [Accidentally in love - OUAT Strangest Crack Couples Ever]. 

Colgo l'occasione per segnalare la storia di BlackFool, ha dato inizio alla raccolta con una splendida Mulan/Robin ---> http://www.efpfanfic.net/viewstoryv.php?sid=2274441

Ed ecco qui la lista: 


Hook e Alice
H: «Fermi tutti, l'orologio si è fermato.»
A: «Ti sembra il momento di pensare a uno stupido orologio?»

Wendy (adulta?) e Hook
W: «Tu non sei un vero pirata.»
H: «Ah sì? Posso dimostrarti il contrario.»

Alice e John Darling
A: «Tu credi che i gatti possano sorridere?»
J: «Non me lo sono mai chiesto. Però fanno le fusa. Forse è il loro modo di sorridere?»

Hook e Mulan
H: «Non mi piace parlare con una spada puntata alla gola, tesoro.»
M: «Ma così ho la garanzia che tu non faccia qualcosa di stupido»

Mulan e Neal
M: «Non mi è ancora chiaro, sai. Cos'è un...film?»
N: «E' difficile da spiegare per chi non sa nemmeno cosa sia una televisione.»

Mulan e Robin Hood
RH: «Puoi arrabbiarti se vuoi. Puoi anche piangere, se preferisci. Non sarai meno forte, questo lo sai?»
M: «Non posso permettermelo. Nessun deve vedermi così...nessuno!»

Will e Aurora
W: «Cento anni? Bloody Hell! Pagherei per farmi un pisolino del genere!»
A: *sguardo che uccide*

Will e Ruby
R: «Il rosso è il colore del sangue.»
W: «Ma anche delle cose vive. E noi lo siamo. Siamo vivi.»

Jefferson e Aurora
A: «Non capisco questo mondo. Questa...come la chiamate? "Tecnologia". E' tutto così...diverso.»
J: «La diversità è solo un punto di vista, è questione di abitudine. Prova a vivere in un mondo dove tutti sono pazzi, finirai per diventarlo anche tu.»

Jefferson e Ruby
R: «Se sapessi cosa ho fatto, non mi rivolgeresti più la parola.»
J «Non sei l'unica ad avere ombre nel tuo cuore»

Jefferson e Red Queen
RQ: «Viaggiare tra i mondi? Non porta nulla di buono, mio caro. Wonderland non è un luogo come gli altri, può cambiare le persone.»
J: «Chi ha detto che sto cercando il buono di questo mondo?»

Regina e Neal
N: «Grazie per essere stata un'ottima madre per Henry.»
R: «E adesso per ringraziarmi meglio me lo porterai via?»

Emma e Cyrus
C: «E' il tuo compleanno, esprimi un desiderio.»
E: «Ho paura dei desideri. I desideri portano a sperare.»

Rumpel e Snow
R: «Un cuore puro come il tuo mi farebbe comodo, dearie.»
«Vieni a prenderlo, Dark One.»

Charming e Belle
B: «Mi sono sempre chiesta che cosa si provi ad essere un eroe.»
C: «Non c'è niente di speciale nell'essere eroi. Prima o poi, a tutti noi è richiesto di esserlo.»

Aurora e Robin Hood
RH: "E cosa sarebbe questa cosa che ti ho rubato, e che rivuoi indietro?"
A: "Il mio cuore, furfante. Non avevi alcun diritto di prendertelo...non ti apparteneva!"

 

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Capitolo 2
*** Alice + John: Rule the world ***


II 

Alice + John (Darling): 


Prompt:
A: «Tu credi che i gatti possano sorridere?»
J: «Non me lo sono mai chiesto. Però fanno le fusa. Forse è il loro modo di sorridere?»


 




 

Rule the World



 


“Sei l’unico che ha avuto fiducia in me quando ti ho raccontato delle mie avventure nel paese delle meraviglie. Tu mi hai creduto, non mi hai mai chiesto delle prove”.
John non avrebbe mai dimenticato le parole di Alice. Si trattava solo di qualche anno fa ma le aveva impresse nella propria mente, come un fuoco indelebile. Alice desiderava dimostrare a suo padre che non mentiva, che lei certe cose le aveva viste davvero con i suoi occhi. Ma nessuno era disposto a crederle, le dicevano che un giorno la fantasia non avrebbe colmato il vuoto che aveva dentro. Le dicevano che non aveva bisogno di raccontare frottole per ricevere attenzione ed affetto. E così Alice era infelice. E così John lo era allo stesso modo. Lui le credeva poiché aveva visto la magia, l’aveva vista con i suoi occhi.
“Ti aiuterò, sai?”
John fu costretto a tornare alla realtà, era andato a trovare Alice per prendere il tè insieme a lei, come erano soliti fare. Le aveva raccontato di come Peter Pan avesse catturato sua sorella Wendy e lui era intenzionato a partire alla volta di Neverland per portarla indietro, dunque era lì per un saluto d’addio.
“Come?”
“Hai sentito bene. Non sai come raggiungere l’isola, giusto? Io invece conosco qualcuno che fa al caso nostro” sorrise lei all’angolo delle labbra per poi nascondersi dietro alla tazza di tè fumante.
“L’ho aiutato a fuggire da Wonderland, una volta, e mi disse che un giorno si sarebbe sdebitato con me. Possiamo approfittarne, non credi?” domandò lei quasi retoricamente, ormai aveva preso la sua decisione e non sarebbe tornata indietro.
I suoi sorrisi, la sua gentilezza, John come poteva non rimanerne affascinato? Suo fratello Michael gli aveva sempre detto di lasciar perdere, poiché non era abbastanza brillante per Alice, non era alla sua altezza.
In fondo era vero: come poteva esserlo? Non era riuscito a proteggere sua sorella Wendy, fare lo stesso con Alice sarebbe stato impossibile. Anzi, avrebbe rischiato di essere salvato da lei e questo non lo avrebbe potuto permettere.
“Di chi si tratta?” domandò lo stesso.
“Un pirata. Il suo nome è Capitan Shakespeare ed  è in grado di sorvolare i cieli, sarà un gioco da ragazzi raggiungere Neverland” lo rassicurò assolutamente propositiva.
A John si illuminarono gli occhi, aveva sempre desiderato essere un pirata e quella poteva essere l’occasione adatta. Capitan Shakespeare era un nome bizzarro, ma la curiosità prese il sopravvento.


 

 
**
 




Capitan Shakespeare non era un uomo facile da affrontare, soprattutto con quel suo perenne atteggiamento scontroso e l’espressione burbera che non si toglieva mai dalla faccia. John non avrebbe mai creduto che sarebbe stato così difficile abituarsi alla vita della pirateria, nella sua testa era tutto molto più semplice e sicuramente meno faticoso. Da quando era salito a bordo della nave con Alice, non aveva fatto altro che lavare il ponte della nave da cima a fondo e pelare patate. Capitan Shakespeare affermava che per diventare un vero uomo si doveva prima dimostrare di avere pazienza, di tenere alla pulizia e di non lamentarsi mai. John invece si lamentava eccome, ma in silenzio, soprattutto per i calli che si erano formati sotto le dita.
In ogni caso non aveva intenzione di mostrarsi inadeguato, soprattutto perché Capitan Shakespeare aveva messo a disposizione la sua nave per una missione quasi impossibile da risolvere e perché Alice aveva fiducia nella loro riuscita.
Una sera, una di quelle in cui le stelle erano alte nel cielo e loro sembravano poterle sfiorare con le dita, il Capitano si avvicinò a John approfittando della sua solitudine ricercata.
“Ti piace, dico bene?”
Non si aspettava quella domanda, non riusciva a comprendere che motivo avesse per farlo. In fondo era abituato ad un Capitano perennemente adirato e di pessimo umore che al tempo stesso era amatissimo dal proprio equipaggio.
“Chi?” John che era affacciato al parapetto, con le spalle curve, si drizzò appena per poterlo guardare.
Capitan Shakespeare alzò gli occhi al cielo e prese un lungo sospiro, scuotendo la testa con fare rassegnato.
Recitare la parte del capo burbero era divertente, ma a volte sin troppo stancante e quel suo lato paterno che tanto mostrava ad Alice, venne fuori anche nei confronti di John.
Alice era come una figlia per lui, avevano affrontato molte avventure assieme e si era preoccupato immediatamente quando aveva compreso che quel giovane ragazzo sembrava provare qualcosa per lei. Poi, aveva imparato a conoscerlo e la maschera di gelosia si era frantumata, rendendosi conto di quanta purezza vi fosse nel suo cuore.
“Andiamo ragazzo, si vede lontano un miglio che sei totalmente andato per quella ragazza!” indicò Alice con la testa mentre si appoggiava alla balaustra dove anche John era affacciato. Gli colpì la spalla con forza per farlo riscuotere dall’apparente sonno.
John tossì, non si era minimamente reso conto di esser stato scoperto fino a quel punto, infatti iniziò ad arrossire fino alla punta delle orecchie. Era così facile leggere nel fondo della sua anima?
“Tanto non mi noterebbe mai. Mi vede solo come un amico, un buon amico. Lei avrebbe bisogno di un eroe” rispose in modo arrendevole, tipico di lui.
Un tempo si sarebbe mostrato in modo tenace, un cavaliere senza macchia e senza paura. Ma lui non era Bae, lui non era forte come lui, né sicuro di sé come sua sorella Wendy. Ora invece che aveva perso quasi tutto nella propria vita, si sentiva a pezzi.
“Devo ammettere che c’è parecchio su cui lavorare, ragazzo. Ma se vuoi che lei ti noti dovrai comportarmi come un vero uomo. Fatti valere, pergiove!”
Ed ecco che la vera natura del Capitano emergeva ancora una volta per mostrarsi in tutta la sua sicurezza e brutale verità. John deglutì a vuoto mentre ascoltava quel rimprovero, perché sarebbe dovuto uscire dal guscio in cui si era rintanato?
Alice aveva bisogno di un eroe, non di qualcuno che doveva essere salvato.
“E come faccio a comportarmi come un vero uomo? Non so nemmeno tenere in modo saldo una spada, figuriamoci” sospirò John con un certo fastidio.
Il Capitano si era già offerto di insegnargli l’arte della scherma e a quel punto lo costrinse a prendere parte alle lezioni dal giorno dopo stesso. Arrivare a Neverland senza nemmeno saper usare un’arma, sarebbe stato un vero e proprio suicidio. Le spade di legno certo non valevano come tirocinio.
“Invitala a danzare” gli propose “un vero uomo è capace anche di questi gesti”.
John era piuttosto stupito e sollevò un sopracciglio.
“A questo ci penso io, tu vai” lo afferrò per la manica del soprabito e lo lanciò indietro perché si desse davvero una mossa.
Il Capitano non perse un attimo di tempo ed ordinò ad alcuni dei suoi uomini di procurarsi alcuni strumenti musicali e di cominciare a suonare un valzer, poiché aveva bisogno di una distrazione per quella sera e voleva rallegrare l’atmosfera noiosa che si era creata a bordo della sua nave. John sarebbe voluto fuggire via, ma non poteva farlo, visto che il Capitano osservava ogni sua singola mossa.
Dunque si diresse verso Alice che fino a quel momento era rimasta seduta intorno ad un tavolo rotondo dove stava giocando a dadi con alcuni membri dell’equipaggio ed incredibilmente aveva vinto la metà degli incontri.
“Alice?” provò a richiamarla e fu costretto a schiarirsi la voce subito dopo.
Lei alzò lo sguardo su di lui e poi si alzò piuttosto in fretta, lieta di poter ascoltare della buona musica.
“Sì?”
Tutti rimasero a guardare la scena che iniziava a diventare interessante. C’era persino chi aveva messo in piedi delle scommesse, in fondo non era difficile comprendere quanto John fosse davvero infatuato della giovane ragazza che tutti avevano preso ad amare.
“Vorresti farmi l’onore di - ”
“Certo che sì!”
Dargli il tempo di terminare la frase non era da lei, infatti lo aveva interrotto in un istante, afferrando la sua mano in modo impetuoso. John si sentì avvampare, non si aspettava un entusiasmo del genere e per un attimo rimase in silenzio senza sapere cosa rispondere.
“Ma… mi ero preparato un bellissimo discorso!” esclamò fingendo di sentirsi offeso.
In realtà Alice lo aveva salvato dall’imbarazzo di sembrare così improvvisamente sicuro di sé. Col tempo ci sarebbe riuscito, col tempo avrebbe fatto anche molto di più per lei.
Le danze ebbero inizio e per tutta la durata del valzer John cercò di lottare contro la volontà di guardarsi i piedi e di contare i passi, così da non andare fuori tempo. Alice lo aveva notato e per questo non si era mai tolta il sorriso dalle labbra. Riuscirono a ricordare i loro momenti di infanzia, i giochi inventati insieme a Michael e a Wendy ed i loro tea party segreti in cui si raccontavano le rispettive avventure.
“Ricordi cosa ti dissi quella volta, credi che i gatti possano sorridere? Era una domanda così sciocca da fare e tu invece mi rispondesti - “
“Non me lo sono mai chiesto, però fanno le fusa. Forse è il loro modo di sorridere. Avevo detto così, vero? Non potrei mai dimenticarlo. Quando tornai a casa non feci altro che pensare a come un gatto potesse sorridere” rise John di fronte a quel ricordo così piacevole.
Entrambi scoppiarono a ridere proprio nel momento in cui il valzer volse al termine e si ritrovarono l’uno accanto all’altra, con i sorrisi che improvvisamente divennero fonte di imbarazzo. Alice, preoccupata da quell’improvviso desiderio di non volersi allontanare, fece esattamente il contrario e si distaccò da lui. John al tempo stesso si morse l’interno della guancia, credendo di aver esagerato.
“Grazie per il giro di danza, John” disse sbrigativamente per poi allontanarsi.
Lui rimase immobile, imbambolato di fronte a quella visione. Era felice, felice da impazzire. Capitan Shakespeare lo raggiunse ed incrociò le braccia fermandosi al suo fianco.
“Puoi anche smettere di guardare in quella direzione, si è ritirata” lo avvertì.
“Eh?”
“Ah, lascia stare” sorrise di sottecchi e si allontanò. 

 



 

// Nda: 

Ed eccomi qui con la seconda coppia crack! La Jolice mi ha conquistata molto tempo prima di Ouat e volevo riproporla in questo caso. 
Ho riproposto alcuni riferimenti a Ouat in Wonderland, come l'idea che per amare non bisogna avere di prove o il riferimento al discorso dimezzato di Cyrus. 
In più ho aggiunto il personaggio di Captain Shakespeare, crossover con Stardust che amo alla follia.
Avendo scritto la storia giusto un'oretta fa non so come sia venuta e ricontrallarla subito dopo sicuramente mi avrà fatto sfuggire qualche errore, spero possiate perdonarmi :O.
Grazie in anticipo per tutti coloro che leggeranno! ^^ 
Vi lascio il link della Jolice di BlackFool in cui Alice e John sono bambini --->   http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2279940&i=1



 

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Capitolo 3
*** Wendy + Hook: Straight on 'till morning ***


III 

Wendy + Hook:

Prompt: 

W: «Tu non sei un vero pirata.»
H: «Ah sì? Posso dimostrarti il contrario.»


 



 

 

 

Straight on 'till morning






 

Tutto ciò che Wendy aveva fatto non aveva funzionato: l’idea di riportare Bae a casa era stata inutile quanto compromettente per la sua incolumità e per quella dei suoi fratelli. Non sapeva nemmeno quanto tempo avesse trascorso su Neverland, ma in ogni caso non era cresciuta nemmeno di un centimetro. Era riuscita a salire a bordo della Jolly Roger per fuggire da quel posto per sempre e riprendere a cercare Bae che in un modo o nell’altro era riuscito a fuggire.
Ed ora si trovava imbavagliata con i polsi legati e una vestaglia fluttuante che sapeva di aria salmastra.
Fu condotta ai piedi del Capitano senza un minimo di riguardo per la cortesia e le fu sollevata la testa così da farle guardare negli occhi il famoso Killian Jones, conosciuto anche con il grottesco nomignolo di Hook.
- Liberatela dalla museruola.
La canzonò lui che la osservava a braccia incrociate. Wendy gli scoccò uno sguardo colmo d’ira e scosse le spalle con furia quando Spugna si avvicinò per sciogliere il bavaglio.
- Non sono un cane – gli rinfacciò appena fu libera di parlare.
- Però abbai – rispose immediatamente Killian.
- Perché mi hai legata? Non sono un pericolo per nessuno di voi – aggiunse in tono più dolce, nella speranza di riuscire a cavarsela.
- Ti sei introdotta sulla mia nave senza il mio permesso, direi che meriti una giusta punizione – sorrise Killian all’angolo delle labbra mentre la studiava con attenzione.
Wendy serrò le labbra con forza, dopo tutto quello che aveva passato sull’isola, dopo la prigionia che era stata costretta a subire, non ne poteva più di soprusi e di persone che non conoscevano nemmeno le basi dell’educazione.
- Tu non sei un vero pirata! – gli esclamò contro come se fosse un’offesa.
In fondo i pirati governavano sugli oceani e Killian Jones era il re della Baia della sirene, soltanto perché non vi erano altri uomini di mare a reclamare quel posto. Ciò che era non valeva meno di niente e questo Wendy lo sapeva, soprattutto perché era Peter Pan a decidere del destino di tutti coloro che vivevano in quel luogo sperduto.
- Ah no? Posso dimostrarti il contrario. Preparate il salto della morte!
Gli ordini furono eseguiti alla lettera e in un istante fu montata una tavola di legna che si aggettava in mare. Spugna afferrò Wendy per un braccio e la trascinò su di essa con forza, nonostante lei cercasse di ribellarsi a quello che stava accadendo.
- Sei un mostro, il peggior pirata che abbia mai conosciuto! – gridò verso di lui ma non le fu permesso di voltarsi per scatenare la rabbia che le montava in corpo.
- Adesso sono un pirata, uhm? – scoppiò a ridere lui mentre la ciurma iniziava a raccogliersi lì intorno per godersi lo spettacolo.
Era da tanto tempo che non capitava di assistere ad una scena simile e l’equipaggio era decisamente lieto di avere un po’ di divertimento. Wendy fu spintonata sulla passerella finché non arrivò al limite della tavola.
- Buon viaggio all’inferno, Miss Wendy.
Killian Jones sapeva esattamente chi fosse quella ragazzina, le voci a Neverland correvano in fretta e ricordava perfettamente il nome della famiglia a cui Bae si era affezionato. Quando Spugna ricevette l’ordine batté un piede sulla tavola e Wendy scivolò tuffandosi in mare. Spugna tornò indietro sentendosi molto soddisfatto del lavoro svolto.
- Avete intenzione di lasciarla morire, Capitano?
- Certo che no, Spugna. Ma aveva bisogno di schiarirsi le idee. Ora potete ripescarla.
 
 

 

**

 
 
Wendy era ferma di fronte al molo di Storybrooke. Indossava un lungo soprabito grigio e una sciarpa rossa che le faceva risaltare i boccoli biondi che le arrivavano fino alle spalle. Davanti a sé poteva osservare la Jolly Roger che era ormeggiata lì da tanto tempo ma lei non aveva mai avuto il coraggio di avvicinarsi. Teneva le mani all’interno delle tasche e il mento semi-nascosto dalla sciarpa, le capitò di mordersi il labbro inferiore più volte in attesa di una decisione da prendere.
Divenne troppo tardi per tornare indietro perché si affacciò dal ponte della nave proprio colui che stava cercando e quando i loro occhi si incontrarono, Killian sorrise e la invitò a salire. L’aveva riconosciuta dopo tutto quel tempo?
Wendy prese coraggio e salì a bordo della Jolly Roger, accolta dal Capitano che si avvicinò a lei con passo misurato.
- Wendy Darling, sei cresciuta.
Killian non mancò di studiare il suo viso, non era cambiata molto dall’ultima volta che l’aveva vista, il carisma era sempre lo stesso. Era semplicemente più alta e considerevolmente più bella.
- Come hai fatto a…
- Il tuo sguardo non è cambiato affatto – la interruppe immediatamente, sapeva che tipo di domanda gli avrebbe rivolto – in realtà ti ho vista pochi giorni mentre passeggiavi con tuo fratello John, ero con Bae e mi ha detto che eri tu.
Wendy distolse lo sguardo sentendosi improvvisamente imbarazzata e iniziò a guardarsi le punte delle scarpe come a voler cercare una via d’uscita.
- Come mai sei venuta qui?
Killian non sopportava i momenti di silenzio e preferì incoraggiarla a farsi avanti.
Lei sorrise appena e scrollò le spalle.
- Non ti ho mai ringraziato abbastanza per avermi aiutata a fuggire da Neverland.
- Non l’ho fatto per te, ma per Bae – si affrettò ad aggiungere lui che non aveva affatto dimenticato tutte le parole di rimprovero che gli aveva ricevuto nei mesi che avevano trascorso insieme.
- E’ lo stesso. Credevo che fossi senza cuore e invece mi sbagliavo. Sei il miglior pirata che abbia mai conosciuto – sorrise con tenerezza mentre riportava lo sguardo in quello di lui per studiarne la reazione.
Killian non mancò di farsi sfuggire una risata di scherno.
- Ora credi che sia un pirata? Le donne cambiano idea piuttosto in fretta – il sorriso si trasformò in una smorfia.
- C’è un’idea che non ho cambiato: voglio diventare un pirata e solcare gli oceani – gli comunicò finalmente quello che aveva intenzione di dirgli sin dal principio.
Oltre a ringraziarlo desiderava far parte della sua ciurma e andare via da Storybrooke, una città che le stava stretta e in cui non si era trovata poi così bene.
- Hai già avuto quella possibilità – ringhiò Killian, incredulo nell’udire una simile richiesta.
- Ma ero una bambina! E dovevo tornare dai miei fratelli, lo sai – Wendy si avvicinò e gli afferrò una manica del soprabito nero.
Killian la guardò a lungo a si morse l’interno della guancia, non era mai stata una buona idea portare con sé delle donne a bordo di una nave. La prima volta avevo perso il suo più grande amore, la seconda aveva lasciato andare quella che un giorno sarebbe diventato il suo desiderio maggiore.
- Sapevo che ti avrei convinto – Wendy non gli diede nemmeno il tempo di rispondere alla sua richiesta che tramutò quella presa in un abbraccio.
Sarebbe diventata un pirata al fianco del Capitano più temuto di tutti gli oceani. 








// NdA:

Salve a tutti! Ed ecco qui la terza coppia con il terzo prompt! Spero che questa piccola one-shot vi sia piaciuta, potenzialmente la WendyHook mi piace tantissimo e ci si potrebbe costruire tanto sopra ^^.
Per la Wendy adulta ho scelto il volto di Imogene Poots, non riesco ad immaginarla senza quei meravigliosi boccoli biondi.

Non sono la sola ad aver preso parte a questa iniziativa, potete trovare le altre raccolte anche qui: 
BlackFool --->  http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2279940
Marti Lestrange --->  http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2305782
 

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Capitolo 4
*** Mulan + Hook: Warrior of the sea ***


IV 

Mulan + Hook 


Prompt: 
Hook e Mulan

H: «Non mi piace parlare con una spada puntata alla gola, tesoro.»
M: «Ma così ho la garanzia che tu non faccia qualcosa di stupido»






 

Warrior of the sea 







Cos’è un guerriero senza la propria spada? Nient’altro che un uomo. Ed una donna, che tentava con tutta se stessa di diventare una guerriera, non era più nemmeno una donna se privata della spada che suo padre le aveva donato.
Non vi era nulla al mondo a cui tenesse di più e l’idea di essersela lasciata portare via la faceva adirare oltremodo. Ormai aveva imparato a difendersi dai farabutti, così come a combattere i mostri di cui tutti avevano maggior timore. Come era riuscita a farsi sfilare da sotto il naso la cosa più preziosa al mondo?
Si malediceva con tutta se stessa mentre si trascinava, senza farsi vedere, sulla nave pirata del Capitano Jones conosciuto anche come Hook. Era certa che fosse stato proprio lui a sottrarre la spada poiché la notte prima, alla locanda del porto, le aveva chiesto quanto valesse e lei ovviamente aveva rifiutato anche la sola idea di contrattare. Nessuno gliel’avrebbe portata via. Nessuno tranne lui. Nonostante quel suo interessamento non credeva che lo avrebbe spinto ad intrufolarsi nella sua camera di notte per portargliela via durante il sonno e ciò  l’aveva fatta assolutamente inalberare.
Ora era costretta a recuperare ciò che era suo con la forza, affidandosi alla potenza di un’altra spada che era riuscita a recuperare. Si sentiva debole e fragile senza la propria, gliel’avrebbe fatta pagare a quel pirata, in un modo o nell’altro. Una volta raggiunto il ponte della nave non ebbe più timore di farsi riconoscere e quando alcuni membri della ciurma si fecero avanti per bloccare la sua presenza non fece altro che rivoltarli a terra in poche mosse. Silenziosa e letale come la lama di un coltello si diresse nella direzione del timone dove il Capitano era intento a studiare una delle carte nautiche per la prossima rotta, soddisfatto di aver ottenuto il bottino che aveva a lungo cercato.
- Restituiscimi immediatamente ciò che mi appartiene. Dov’è?
La rabbia serafica con cui aveva pronunciato quelle parole fu accompagnata dalla mossa veloce di Mulan nell’incastrare il Capitano con le spalle al timone e puntandogli la spada sotto il mento perché non si azzardasse a fare alcun passo falso.
Killian Jones si ritrovò del tutto sorpreso di rivederla così presto, solitamente le donne che incontrava di notte non tornavano a fargli visita di giorno, visto che riusciva a sfuggire piuttosto in fretta.
- Non mi piace parlare con una spada puntata alla gola, tesoro.
Mostrò il suo sorriso di scherno ma sparì immediatamente quando sentì premere la punta della lama più a fondo, era un solletico fastidioso.
- Ma così ho la garanzia che tu non faccia qualcosa di stupido – Mulan si inumidì le labbra e tenne lo sguardo fiero puntato in quello di lui. Era irremovibile e molto, molto adirata.
- Allora sentiamo: cosa vorresti da me?
- Esattamente quello che mi hai portato via! Voglio indietro la mia spada.
Killian Jones scoppiò a ridere e a quel punto le scostò bruscamente la lama dalla gola, fin dall’inizio sapeva che quella minaccia non poteva spaventarlo, nemmeno per un istante lo aveva creduto.
- Un’arma simile nelle mani di una donna perde di valore. Sono certo che sarà più utile a me.
Mulan aggrottò le sopracciglia furiosamente, ma non rispose a quella provocazione, poiché gli avrebbe dimostrato che lei non era affatto una donna qualunque e non lo sarebbe mai stata.
Il Capitano, incuriosito dal suo sguardo tenace, decise di intrattenersi ancora con quel suo nuovo divertimento.
- Se proprio ci tenete però potete riprenderla, a patto che riusciate a battermi in duello al primo sangue.
- Così sia.
Di poche parole, ma assolutamente efficace. Mulan non perse tempo e agitò la propria spada di riserva in sua direzione, il Capitano fermò il colpo afferrando la spada con l’uncino per poi percorrere la lama interamente e raggiungere lei, così da poterla guardare meglio in viso.
- Non mi tratterrò solo perché siete una donna.
- Io non vi ho chiesto alcuno sconto! – esclamò in tutta risposta prima di liberare l’arma dalla sua presa e tirargli un fendente dritto alla spalla.
Il Capitano sfilò via da quel colpo e si decise ad estrarre la propria spada per poter dare inizio al vero duello anche se il finale sarebbe stato del tutto scontato. Mulan non era abituata ad utilizzare un’arma non propria con una pesantezza diversa e un disequilibrio per la sua corporatura che la condusse a compiere diversi errori, tanto da lasciare che Killian avesse la meglio su di lei. Dopo svariate stoccate riuscì a metterla a terra e le puntò la lama alla gola, per ricambiare il favore.
- Perché ci tenete tanto a quella spada?
Mulan si sentì pungere sul viso per esser stata battuta in modo così misero e si puntellò sui gomiti per alzarsi appena e guardarlo in quegli occhi azzurri come le profondità degli oceani.
- E’ un regalo di mio padre e senza di essa non posso dimostrare a me stessa di valere qualcosa come guerriera.
Killian inarcò un sopracciglio ma non accennò a togliere la punta della spada dalla gola di lei, voleva giocare ancora un po’.
- Alcuni dicono che sia il cuore a renderci eroi, non le armi che utilizziamo. Fortuna che io sono solo un pirata – si chinò e le tese una mano – ho preso la vostra spada perché essa è in grado di combattere la magia ed io devo sconfiggere qualcuno che ne abusa sin troppo.
Gli sembrava giusto comunicarle il motivo di quel furto, visto che la ragazza sembrava tanto interessata a riavere indietro ciò che era suo. Mulan a quel punto quando si vide tendere la mano ne approfittò per estrarre uno stiletto che aveva nascosto nello stivale e ferì la mano del Capitano.
- Era un duello al primo sangue, giusto?
Sorrise con soddisfazione. Lei era sempre stata leale, buona, giusta. Ma per una volta in vita sua aveva deciso di non esserlo, pur di riavere indietro la cosa più importante al mondo. E stranamente a Killian Jones piacque quella improvvisa caparbietà che aveva portato a sfidarlo in quel modo. Era stato sconfitto e con un inganno.
- A quanto pare temo di dover rinunciare alla vostra spada – sussurrò lui mentre nasceva una smorfia sulle labbra, disturbato dall’idea di esser stato raggirato in modo così sciocco – ma ne ho comunque bisogno. Se vi offrissi un posto nella mia ciurma, accettereste? Sulla terraferma una donna che combatte non è benvista, ma in mare può diventare una Regina.
Non era altro che un modo per non allontanarsi da quell’arma. L’onore e la parola erano troppo importanti per lui e avrebbe dovuto rinunciare alla spada, avendo perso. Ma attraversare altre vie, quello sì, avrebbe potuto farlo. Mulan sembrò fantasticare riguardo quella possibilità e probabilmente riuscì davvero a credergli.
- Non sono certa di poter vivere come un pirata.
- Sciocchezze, vi siete appena comportata come tale. Allora, non ripeterò ancora la mia offerta. Volete entrare a far parte della mia ciurma?
Le tese nuovamente la mano e questa volta lei la afferrò, stringendola nella propria. Da quel giorno sarebbe iniziata la sua nuova vita.
 
 





 
Note: 

° Non riesco ad immaginare un Killian Jones battuto da una donna, neppure da Mulan (lo so, anche se nella serie abbiamo visto una perfetta performance di Captain Floor in cui è stato abbattutto dalla qualunque). Soprattutto perché maneggiare un'arma diversa da quella a cui si è abituati e di scarso equilibrio, è davvero difficile, posso assicurarvelo.
° La spada di Mulan è in grado di respingere la magia e Killian crede di poterla usare contro Tremotino. 







// NdA: 

Avevo proprio voglia di scrivere su questa coppia e alla fine l'ho fatto! Certo, è una brevissima one-shot, ma mi sono divertita a scriverla. Spero vi piaccia ^^. Grazie come sempre a tutte le ragazze che mi seguono!

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