Little Bird

di Autumn__Leaves
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Little Bird ***
Capitolo 2: *** Red Hair ***
Capitolo 3: *** The Error ***
Capitolo 4: *** Madness ***
Capitolo 5: *** Silence ***
Capitolo 6: *** Stupid Edward ***



Capitolo 1
*** Little Bird ***


Little Bird


«Mi stai invitando ad uscire?» Mi aveva chiesto lui, con un moto di derisione. Io avevo balbettato frasi sconnesse, sfuggendo ai suoi bellissimi occhi. Ero imbarazzata, perché non eravamo soli e lui ripeteva ogni cosa che dicevo, a voce alta. Non capivo bene se mi stesse prendendo in giro o se fosse solo incredulo. Beh, tanto incredulo non doveva esserlo. Non facevo altro che guardarlo e spiarlo, durante le ore di lezione. Anche una mucca si sarebbe accorta che avevo una cotta stratosferica per lui. Così annuì, alzando finalmente gli occhi e puntandoli su di lui. Ormai non avevo nulla da perdere, dovevo solo aspettare una risposta. Sulla faccia di Edward si formò un sorriso cattivo, prima di scoppiare a ridere davanti e con tutti. I miei occhi si dilatarono e riempirono di lacrime allo stesso tempo. Si, mi stava prendendo in giro. Chiusi gli occhi e respirai profondamente, mentre le risate aumentavano e tutti mi indicavan...

Mi svegliai, di soprassalto, con il respiro corto. Perché, proprio adesso, dovevo fare quel sogno? Ero riuscita a dimenticarlo, ma adesso i ricordi erano più vividi di prima. Quello era stato uno dei periodi più brutti della mia vita, a parte quello durante la gravidanza. Ero stata male, malissimo, vedendo lui deridermi e prendermi in giro. Chiusi gli occhi, cercando di riaddormentarmi. Ma invece che dormire altri ricordi mi tornarono in mente.


Mi aveva umiliata, presa in giro e derisa. Davanti a tutti. Non poteva fare come ogni altra persona normale e rifiutarmi, con un semplice e chiaro 'no'? Ovviamente no. Lui doveva umiliarmi, perché io ero La sfigata e a ricordi logica Il figo doveva umiliarmi e pestarmi, perché io non ero nessuno.

E stavo male, perché io la amavo, più di ogni altra cosa. Amavo il suo sorriso, le sue risate e i suoi occhi, così belli e alieni.



***

Erano iniziate da poco le vacanze di Natale e i miei avevano deciso che saremmo andati nella grande casa dei nonni, con tutti i loro amici. Ovviamente io non volevo, perché sapevo che i miei avevano invitato anche la famiglia di Edward. Purtroppo non ci potevo fare nulla, ero costretta ad andare.


Respirai profondamente, mentre guardavo la casa dei miei nonni tutta addobbata a festa e il tavolo, pieno di cibo. Non avevo fame ma se non avessi mangiato i miei ne avrebbero fatto una polemica e i miei cari nonnini si sarebbero offesi, perché rifiutavo di mangiare il buon cibo che avevano cucinato. Così presi un profondo respiro, mentre mi sistemavo con le mani le spiegazzature del mio vestito bordò. Mi sedetti a tavola, accanto a mio cugino Cedric. Era simpatico e si faceva gli affari suoi, quindi nessun problema sulla conversazione. Visto che non avevo molta voglia di parlare, soprattutto in presenza di Edward. Mi passai la lingua sui denti, sentendo per la prima volta dopo anni la liscezza dei miei denti, e stupendomi un po' per la sensazione piacevole che ne derivava.. Mi ero da poco tolta l'apparecchio e adesso mi faceva un po' strano, non averlo. Poi mia madre aveva insistito a tutti i costi per mettermi le lenti a contatto al posto dei miei occhiali e mi sentivo un po'.. scoperta. Edward si sedette accanto a mia madre, proprio di fronte a me. Per un attimo il suo sguardo vagò sul mio corpo ma poi distolse velocemente gli occhi, mentre incominciava a parlare con mia cugina Rosalie. Lui era bellissimo, come sempre. Forse un po' più pallido, ma sempre bellissimo. Mia nonna cercava di coinvolgermi nelle conversazioni ma io non ne avevo molta voglia, vista la presenza della persona per cui provavo un odio-amore indefinito. Però dopo poco mi sciolsi, forse per colpa del vino e del fatto che lui non mi degnava neanche di un'occhiata, preso completamente dalla risata da cornacchia di mia cugina. Riuscì incredibilmente a far ridere mio cugino Cedric e a fare amicizia con Jacob, il figlio di uno dei tanti amici di papà. Lui, in particolare, mi piaceva tanto. Adoravo il suo profumo e il calore delle sue mani, mentre me le stringeva da sotto il tavolo. Era anche bellissimo e per un attimo mi dimenticai della presenza di Edward, perdendomi in quegli occhi così belli e scuri, diversissimi da quelli di Edward. Però, quando mia madre mi riprese con un 'Bella, non amoreggiare a tavola!' Edward si girò, come fulminato, verso di me. Io mi alzai dal tavolo, prendendo per mano Jacob e salutare velocemente i miei parenti. Avevo voglia di una chiacchierata con solo me e lui, possibilmente lontano da occhi indiscreti. E così facemmo. Parlammo, tanto e di noi, sul porticato di casa di mia nonna. Gli confidai che adoravo i suoi occhi e lui mi disse, mentre si avvicinava, che adorava le mie labbra. Infatti le adorò, vezzeggiandole di baci così belli e delicati. Quello era il mio primo bacio ed era il più bello del mondo. Dopo poco ci staccammo e, senza dire nulla, ci separammo. Era stato bello, speciale e tutto quello che volevamo.. Ma non ci amavamo e quel bacio ce lo aveva fatto capire.


Strinsi spasmodicamente il cuscino, conscia che quello a venire sarebbe stato il ricordo più doloroso e forse.. Bello.


Rientrammo in casa, con le labbra leggermente gonfie e rosse, per i nostri baci. Forse prima di capire che non eravamo fatti gli uni per gli altri ci eravamo baciati un altro po'.. Mia nonna mi lanciò un'occhiata di rimprovero e io arrossii, mentre salivo le scale per andare nella camera in cui avrei dormito per ben due settimane. Mentre salivo le scale sentì una presenza, dietro di me. Qualcuno mi stava seguendo e, sicuramente, era mia madre, che voleva sapere cosa avevamo fatto io e Jacob. Così mi girai di scatto, pronta a mandarla via quando.. Quando mi accorsi che la persona che mi stava seguendo era Edward. Caddi quasi dalle scale e lui mi prese, in tempo. Mi afferrò per i fianchi, mantenendomi sullo scalino. Mi guardava, o meglio dire guardava le mie labbra, sporche leggermente ai lati di lucidalabbra. Mi mantenne, con il suo busto, salendo uno scalino anche lui. La sua mano, che prima era poggiata sul mio fianco, adesso accarezzava piano la mia guancia. In quel momento non sapevo se saltargli addosso o morire, per l'assurdità di tutto quello che stava succedendo. Perché mi accarezzava la guancia? Perché mi guardava in quel modo? Anche lui sembrava confuso, combattuto da qualcosa. Poi decise.. E mi baciò.


Mi lasciai sfuggire una lacrima, ripensando a quanto ero stata felice in quel momento.


Lui mi sbattè velocemente al muro, mentre i suoi baci si spostavano sul mio collo. Baciava e leccava ogni parte del mio corpo scoperta. Non so perché, ma riposi ai suoi baci. C'era un motivo per cui rispondevo ai suoi baci, legandogli le mani dietro le spalle? Evidentemente al mio cuore non importava l'umiliazione, l'amava troppo. Così ci baciammo, a lungo, sempre attaccati a quel muro, sull'ultimo scalino delle scale. Se facevamo un solo scalino ci saremmo ritrovati in corridoio e poi in una stanza da letto.. Su un letto. E così successe. Lui mi prese per i fianchi, mi alzò e mi fece legare le gambe in vita, mentre mi portava nella camera in cui avrebbe dovuto dormire lui. Mi buttò sul letto, con poca grazia, mentre continuava a baciarmi. I suoi baci erano bellissimi, gli amavo come amavo lui. Baciare lui era tutta un'altra cosa, in confronto a baciare Jacob. Non sapevo perché Edward mi stesse baciando, se neanche una settimana prima mi aveva umiliata davanti a tutta la scuola. Cos'era? Voleva per caso farmi capire che io avrei amato solo lui o un altro pensiero da psicopatico? Gli misi le mani sulle spalle, allontanandolo. Lui mi guardò, con occhi sgranati ed eccitati. Non ero una puttana, non avrei sprecato la mia prima volta con un ragazzo che mi odiava, che mi disprezzava. Lui sembrò capirmi, mentre nascondeva il viso nell'incavo del mio collo. «Ti prego..» Un sussurro, appena udibile, ma che rimbombò dentro le mie orecchie, come fosse stato urlato. Lui non mi avrebbe mai amato ma io si, per sempre. La mia prima volta sarebbe stata con il ragazzo che amavo, qual'era il problema? Sarebbe stata bellissima ed indimenticabile. Un ricordo da conservare per sempre nei meandri della mia mente. Così lo baciai, di mia iniziativa. Lui apparve quasi incredulo ma si ridestò subito, incominciando a spogliarci. Baciava ed adorava ogni parte del mio corpo, mentre piano e lentamente – per non farmi male – entrava dentro di me. Quella fu una prima volta indimenticabile, con la persona che amavo.


Mi asciugai le lacrime che erano sfuggite al mio controllo, mentre sentivo la voce di mio figlio chiamarmi.


Salve, sono Autumn__Leaves :) Sinceramente non so perchè sto pubblicando questa fan fiction, avendola scritta così, in un giorno di malattia in cui non avevo nulla da fare.. All'inizio era solo una one-shot, ma poi mi sono venute delle ideuccie e ho deciso di trasformarla in una long (non so esattamente quanti capitoli sarà, forse più di 10). Credo che non avrei avuto mai il coraggio di pubblicarla, senza l'entusiasmo di CherryZilly (leggete le sue os, sono bellissime). Quindi boh.. Speriamo bene :) Comunque, passando al capitolo. Da come avrete potuto capire i protagonisti sono Edward e Bella :) Okay, chiarisco una cosa: sono tutti umani.

Credo proprio che il rating sarà arancione, in modo che un po' tutti possano leggere la fan fiction :) (In caso fatemi sapere se volete il rating rosso, o delle os a parte)

Spero che ci rivedremo nel prossimo capitolo, ma questa è una vostra scelta :)

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Capitolo 2
*** Red Hair ***



Red Hair

Accarezzai piano la testa di mio figlio, mentre lo vedevo disegnare. Aveva detto che dovevo chiudere gli occhi, perché sennò avrei rovinato la sorpresa. Invece adesso gli tenevo aperti, evitando di guardare cosa stesse disegnando. Spostò dalla faccia una ciocca di capelli rossicci, mentre sorrideva al disegno, forse contento per quello che aveva disegnato. Prima che si girasse chiusi gli occhi, fingendo di non averlo spiato di nascosto fino ad adesso. Mi toccò piano una guancia, con la sua manina e paffutella. Aprì piano gli occhi, facendo finta di stiracchiarmi per la stanchezza. Lui ridacchiò, mostrando la bocca sdentata. Mi indicò il disegno sul tavolino blu di plastica basso, apposta per lui. Presi il disegno, sorridendo. Erano disegnate tre piccole personcine. Tutte e tre avevano capelli di colori diversi: rossi, gialli e verdi. Aveva tracciato solo i contorni delle figure, disegnando poi due punti al centro della faccia, che dovevano essere gli occhi. C'era un bambino, con i capelli verdi. Una donna – presumibilmente io – con i capelli gialli. Poi c'era un uomo, che mi teneva la mano. Lui aveva i capelli rossi. Sorrisi falsamente a Jonathan e mi complimentai con lui per il bellissimo disegno. Perché aveva disegnato un padre che non c'era? Il senso di colpa tornò in me, mentre mio figlio appendeva con lo scotch di carta il suo disegno al muro. Ancora non gli avevo parlato di quello scomodo argomento. La nostra era situazione molto complicata e parecchio fragile. Avrei parlato con calma al mio bambino che lui, purtroppo, un padre non ce l'aveva. Anche a me dispiaceva ma era sicuramente meglio così. Era meglio stare senza un padre che con uno che non ti ama e non ti vuole. Sarebbe stato brutto, lui si sarebbe sentito sbagliato e avremmo sofferto tutti, più del necessario.



«Pronto?» Alice aveva risposto al quarto squillo, mentre io battevo il piede per terra dal nervosismo. Ero stressata e stanca, non sapevo proprio cosa fare. Lei era una psicologa, forse sapeva darmi una mano e aiutarmi con questo fragile argomento.
«Ehi, Alice..» Ci fu un secondo di silenzio, poi Alice rispose e mi lasciò leggermente interdetta.
«Ahm.. Mamma, ciao! Come stai?» Aveva detto lei, parlando di un'ottava più alta del normale. Allontanai leggermente il telefono di casa dall'orecchio, prima di riportarlo nell'incavo del collo.
«Alice, non sono tua madre..» Mi grattai la nuca, leggermente a disagio. Eppure ero sicura che mi avesse riconosciuto.
«Si, mamma.. Ho fatto la spesa e.. – si sentì un leggere brusio, Alice discuteva con qualcuno – Adesso devo andare mamma, ciao!» Alice riattaccò il telefono, non prima di aver calcato stranamente la parola “mamma”.

Stavo scrivendo un articolo, al mio computer, quando il telefono di casa squillò. Mi affrettai a rispondere, prima che quel rumore fastidioso svegliasse Jonathan, che si era addormentato da poco. «Chi è?» Chiesi, con una nota accusatrice nella voce, dovuta al fatto che chiunque avesse chiamato avesse quasi svegliato il mio bambino.
«Ehi, Bella..» Alice parlò, sussurrando.
«Alice.. Ma stai bene?» La mia domanda era più che lecita, visto che oggi quando l'avevo chiamata mi aveva scambiato per sua madre e adesso parlava, sussurrando fitto fitto.
«Si si..» La mia amica si affrettò a rispondere, sempre parlando piano piano.
«Senti, oggi c'era mio fratello a casa mia e, quando hai chiamato, ho dovuto far finta che tu eri mamma e.. Adesso è di la, in salotto..» Aprì e chiusi la bocca. Non ci capivo più nulla. Che cavolo ci faceva Edward a casa di Alice? Mi ero trasferita a Forks, lontana da lui, per un motivo. Ma lui ovviamente non sapeva nulla. No, lui non sapeva proprio nulla. Era più che normale che fosse andato a trovare la sorella, volendole bene e essendo rimasto in buoni rapporti con lei anche quando se ne era andata di casa a diciotto anni, con il suo ragazzo. Ma adesso ero nei casini: se Edward avesse visto Jonathan avrebbe capito tutto, visto che loro due erano due gocce d'acqua.
«Alice.. Che facciamo?» Mi strozzai quasi, mentre parlavo. Mi sentivo quasi una ladra e sempre i soliti sensi di colpa tornavano, per non avergli detto nulla.
«Bella.. Non lo so..» Alice sospirò, dall'altra parte del telefono.
Mi sentivo in colpa per averla messa in questa situazione, contro suo fratello. Ma in quel momento, quando ero incinta e da sola, lei era l'unica ancora a cui aggrapparmi.
«Ma quanto rimane?» Mi passai stancamente una mano tra i capelli. Se fosse rimasto troppo tempo me ne sarei andata via io, per fare una piccola vacanza con Jonathan.
«Non lo so di preciso..– Alice sembrava volermi dire qualcosa, ma rimaneva zitta –..Dice che sta cercando una persona..» Persona? Quale persona? Quindi non era venuto per Alice? Per un attimo pensai che lui stesse cercando me.. Ma quella era stato uno dei pensieri più assurdi. Alice mi aveva detto chiaramente che Edward, neanche un anno dopo che me ne ero andata, si era fidanzato ufficialmente con Rosalie, mia cugina. Dire che c'ero rimasta male era poco. Jonathan era nato da poco e io stavo davvero male, per quella notizia. Lui non mi aveva mai amata e quello confermava la tesi.
Per un attimo, dall'altra parte del telefono, si sentì uno strano trambusto. Poi fui costretta a riattaccare, visto che Jonathan mi chiamava a gran voce.




Note Autrice:


Ehi! :) Allora, prima di tutto, volevo ringraziare le 6 persone che hanno recensito il primo capitolo :) le 6 persone che hanno messo la storia tra i preferiti, le 4 persone che l'hanno messa tra le ricordate e le 23 persone che l'hanno messa tra le seguite! Davvero, grazie mille :) Tengo molto a questa fan fiction e sono contenta che piaccia anche a voi :')

Allora, prima di parlare del capitolo, volevo dire che aggiornerò ogni venerdì. Scusate ma prima non mi è proprio possibile aggiornare :/

Allora, parlando del capitolo :) Abbiamo fatto un bel balzo temporale eh?

Comunque scusate per il piccolo capitolo, ma in pratica è un capitolo di passaggio, per spiegare un po' cosa era successo, e il prossimo capitolo è molto più lungo ;)


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Capitolo 3
*** The Error ***


The Error


Ero comodamente sdraiato sul divano, mentre facevo zapping fra i canali. Ero stanco, dopo il viaggio in macchina. Poi Alice non sembrava neanche particolarmente felice di vedermi e questo un po' mi dispiaceva. Forse, però, Alice stava covando qualcosa. Magari si vedeva con qualcuno e io le avevo distrutto la serata o qualcosa del genere. Spensi la televisione, proprio mentre il telefono di Alice incominciava a vibrare. Era sopra il tavolino davanti alla tv e.. Se avessi risposto?

Infondo.. Cosa c'era di male nel rispondere al telefono della propria sorellina? Poi, se fosse stato proprio il ragazzo che frequentava a rispondere, cavoli suoi. Di certo non era colpa mia. Io avevo solo risposto al suo cellulare, visto che squillava a vuoto. Così lo afferrai, esaminando quell'aggeggio ultra moderno. Ovviamente mia sorella doveva avere anche l'ultima marca di telefono appena uscita, per essere alla moda. Non controllai neanche la schermata, non interessato a sapere il nome della persona che stava frequentando. Desideravo sapere: lavoro, dove abitava, status sociale, numero di ex fidanzate, squadra per cui tifava e se aveva una casa col giardino. Poi, in caso, sarei stato interessato a sapere anche il nome, se il soggetto in questione fosse stato all'altezza.

Non feci neanche in tempo a dire 'Pronto' che qualcuno cominciò a parlare a raffica. «Ehi, Alice! Sono Bella..» Bella? Quella Bella? Perché chiamava Alice? Ero sicuro che se ne fosse andata, tagliando i ponti con tutti – compreso il sottoscritto. «Jonathan chiedeva di te e quindi volevo invitarti a casa mia..» Bella – quella Bella – smise di parlare, aspettando una risposta da me (cioè Alice). Che dovevo risponderle? Di si? Ma avrebbe sicuramente capito che ero io. E poi chi era Jonathan? L'amante di mia sorella? Ma che c'entrava Bella? «Okay tesoro – tossì cercando di non farmi riconoscere – sto arrivando..» Riattaccai il telefono, sentendomi un completo cretino. Non sapevo neanche dove abitasse Bella. Mi guardai in giro, cercai da per tutto. Poi trovai un post-it attaccato al frigo. C'erano scritti quattro indirizzi, con indicato a chi appartenesse l'abitazione. Bella era una tra queste.


***


Non avevo più sentito Alice da quella strana telefonata. Eravamo amiche da tanto, e io sarei per sempre rimasta debitrice nei suoi confronti. L'avevo messa davvero in una scomoda situazione e questo mi dispiaceva, visto che lei era una delle persone a cui volevo più bene.

Oggi l'avrei chiamata per chiederle se le andava di venire a casa mia, visto che Jonathan non faceva altro che lamentarsi delle mancanza della sua zietta.


Avevo messo a riscaldare il the, sapendo che Alice lo amava. Jonathan si era appena addormentato e quando si sarebbe svegliato lo aspettava una sorpresa, che a lui sarebbe sicuramente piaciuta tantissimo. Composi il numero sul cordless, aspettando una risposta. Al terzo squillo il telefono di Alice rispose. «Ehi, Alice! Sono Bella..» Non lasciai neanche parlare Alice, mentre le chiedevo di venire a casa, perché Jonathan voleva vederla. Dall'altra parte del telefono ci fu un gran silenzio, e mi chiesi se avevo sbagliato numero. Poi Alice mi rispose affermativamente, tossendo. Sicuramente si era ammalata, visto che odiava indossare le sciarpe.


Avevo appena finito di versare il the nelle tazzine, quando suonò il citofono. Jonathan, seduto incollo a me, si alzò di scatto. Sapendo che era Alice alla porta facevo rispondere lui, visto che gli piaceva un sacco. Poi, mentre rimettevo le bustine da the nella credenza, mi ricordai del mio articolo. La Taylor mi aveva avvisato che se non glielo avessi inviato oggi, visto il mio ritardo, mi avrebbe licenziato. Non potevo, assolutamente, perdere quel lavoro. Così corsi in camera, a scrivere l'articolo, sapendo che Jonathan era in buone mani.


Era passata una mezz'oretta, da quando mi ero chiusa in camera per scrivere. Sentivo Jonathan ridacchiare, dalla sua cameretta. Alice stava sicuramente facendo qualche faccia buffa, per farlo ridere.

Il cellulare, che era nella borsa, squillò. Era Alice. Risposi subito, sapendo che mi stava facendo uno dei soliti scherzi con Jonathan.

«Pronto?» Risposi ridacchiando, immaginandomi chissà cosa mi avrebbero detto.

«Bella?» Alice mi rispose, abbastanza terrorizzata.

«Si?» Chiesi io, non capendo perché mi stesse chiamando. Evidentemente a Jonathan non andava di fare scherzi telefonici.

«Ehm.. Ti devo dire una cosa che.. Non potrebbe piacerti.. Per nulla..» Alice parlava piano, lentamente. Dal tono della voce sembrava abbastanza.. Terrorizzata? Ma di che?

Sospirai, prima di rispondere. Forse Alice si era inventata un nuovo scherzo telefonico.

«Dimmi..» Intanto spegnevo il computer, avendo già finito ed inviato tutto alla Taylor.

Alice si schiarì la gola, prima di parlare.

«Ehm.. Credo che oggi Edward abbia risposto a una chiamata che era per me.. Da parte tua.. Insomma, lui credeva che io uscissi con un ragazzo e voleva sapere chi era.. Invece eri tu e.. Credo che adesso Edward sia in casa tua, con Jonathan..» Avevo perso il filo del discorso alla parola “Edward”. Poi.. Tutte le parole rimbombarono nella mia testa.

Edward. In. Casa. Mia. Con. Jonathan. La mia mente non faceva altro che ripetere quelle parole..

Buttai il telefono per terra, velocemente. Uscì di corsa dalla camera, cercando Jonathan. Speravo che quello che mi aveva detto Alice fosse solo uno scherzo ma.. Non lo era.

Edward stava tranquillamente giocando con Jonathan, nella sua cameretta.



Che dovevo fare, a quel punto? Dovevo entrare.. Ma con quale coraggio? Ero rimasta per circa dieci minuti immobile, davanti alla camera di mio figlio. Edward non si era minimamente accorto della mia presenza, mentre continuava a guardare il nostro – suo – bambino. Sinceramente non sapevo se Edward si fosse accorto che quello era suo figlio. Era vero, erano uguali ma.. Ma mi stavo aggrappando sugli specchi, perché non sapevo proprio cosa pensare. Edward poteva aver capito che quello era suo figlio come poteva non averlo capito. Adesso dovevo solo entrare e capire perché fosse qui, in casa mia. Dovevo ammettere che ero abbastanza arrabbiata, perché lui si era finto una persona che non era, venendo a casa mia senza essere invitato. Lo sapevo, ero io nel torto. Ma mi dava comunque fastidio che lui, il ragazzo che mi aveva sempre odiato (ma con cui avevo avuto la mia prima volta), in quel momento fosse in casa mia. Gli anni erano passati, ma l'odio non era scemato – un po' come la sua bellezza. Era sempre così odiosamente bellissimo, tanto che ti chiedevi perchè lui dovesse avere tutta quella bellezza. Sapevo che comunque i miei erano occhi da “innamorata”, ma era ugualmente bello, come suo – nostro – figlio. Presi un profondo respiro, cercando di decidere in fretta cosa fare. Non volevo farmi beccare a spiarli, ma non volevo neanche andarmene – come una codarda. Guardai un'ultima volta il corridoio che avrei potuto imboccare per nascondermi, prima di tossire, per attirare la loro – la sua – attenzione.



***


Chiusi il portone di casa di Alice, guardandomi introno sperduto. Non ero abituato a vivere in città, visto che ero nato a Forks. Almeno la casa di Bella, secondo la vecchina a cui avevo chiesto prima informazioni, era davvero vicina, distava circa cinque minuti. Mi incamminai stancamente per le strade di quella grande città, mentre mille domande mi frullavano in testa. Perchè Alice non mi ha detto che Bella abitava nella sua stessa città? Perchè non mi ha detto nulla quando le chiedevo di Bella? Cosa sta succedendo? Ero veramente confuso, non riuscivo a capire perchè Alice mi avesse nascosto una cosa come questa. Sapevo di essermi comportato abbastanza male con Bella: l'avevo presa in giro davanti a tutti, ridendo di lei, poi alla famosa festa di Natale me l'ero portata a letto. Probabilmente lei si era sentita presa in giro – se non usata – ma la verità era che.. Qual'era la verità? La verità era che non avevo resistito dal saltarle addosso, con quel bel vestitino bordò. Me lo ricordavo ancora: lungo fino alle ginocchia, attillato e all'apparenza di una bellissima stoffa pregiata. Non aveva gli occhiali, quella famosa sera, ed era davvero bellissima. Non avevo resistito a baciarla, coprendo i baci di quel gigante pompato di Black. Infondo, ero stato anche un po' per invidia, perchè Black – mio acerrimo nemico fin dalla nascita – aveva avuto la “mia bambolina”, con cui io mi ero sempre divertito. Poi però i baci erano andati oltre, finendo a fare sesso nella sua camera da letto. Mi ero pentito dopo, perchè tutto quello era stato un errore, e sembrava che lei la pensasse allo stesso modo: dopo quell'accaduto, neanche quattro settimane dopo, se n'era andata, volatilizzata. I genitori avevano risposto che era andata da certi zii in Inghilterra. Ovviamente non ero così egocentrico da pensare che lei se ne fosse andata per colpa mia, per l'errore che avevamo commesso, perdendo la verginità con me – che l'avevo derisa, umiliata e presa in giro. Sapevo che probabilmente se n'era andata per problemi suoi, ma avevo sempre quello strano presentimento che c'entravo anche io in tutta quella faccenda. Magari non del tutto, ma forse lei se n'era andata anche per colpa mia. Quindi adesso stavo andando a cercarla, cercando di chiarire, perchè era da anni che queste domande mi tormentavano. Non mi sentiva in colpa per averle portato via la verginità – lei mi amava, lo sapevo, quindi le avevo fatto solo un favore – ma volevo sapere per quale motivo lei se ne fosse andata via.

Perso nei miei pensieri, non mi accorsi di essere arrivato davanti a un comodino – il suo comodino – con i mattoni rossi, il portone di un verde scuro e delle finestre non troppo grandi, chiuse con le sbarre per evitare l'intrusione di ladri. Al campanello erano segnati cinque cognomi, segno che il condominio non fosse molto abitato, quasi completamente vuoto. Esitai prima di suonare al suo campanello, non sapendo bene cosa dire quando avrebbe risposto. Dovevo fingermi ancora Alice? Dovevo confessarle di essere io, Edward? Non ci pensai, suonando – con un coraggio che non avevo – al suo campanello.

Dopo poco il portone si aprì, senza che nessuno avesse risposto. Aprii, sospirando per aver evitato il primo “ostacolo”. Adesso avevo tre piani di scale da fare, tempo in cui avrei saputo cosa dirle quando sarei arrivato alla sua porta. Al primo piano, però, mi fermai. E se avesse avuto un compagno? Cosa avrei fatto? Mi sarei presentato come il suo sverginatore – pardon, primo amore – che voleva chiarire, ma cosa esattamente? Il motivo per cui lei se n'era scappata così, senza dire nulla? Ero quasi arrivato al secondo piano, ed ero più confuso di prima. E se fosse stata sposata? Mi fermai di nuovo, chiedendomi perchè avessi fatto quella cazzata. Oltre ad essere andato a letto con lei, adesso ero pure andato a casa sua, fingendomi mia sorella. Sospirai, ero arrivato al terzo piano. Ero confuso, non sapevo bene cosa avrei fatto quando me la sarei ritrovata davanti. Cosa le avrei detto? 'Ehi?' 'Ciao!' 'Ti ricordi di me?' O forse sarei rimasto muto, immobile, come un deficiente. Magari mi sarei rinsavito in tempo, non suonando alla sua porta. No, ormai che c'ero dovevo provarci. Non feci in tempo a bussare alla porta, che quella si aprì da sola.



Note Autrice:


Ciao! :) Scusate se aggiorno solo oggi e non ieri, ma non ce l'ho fatta :\ Sono davvero contentissima del fatto che così tante persone seguano questa storia, anche senza recensire (ricordo che a me le recensioni fanno solo piacere e che non mordo) :) In questo capitolo, finalmente, è apparso Edward :) Nel prossimo capitolo – come un po' avrete già capito – succederanno moooolte cose ;)

Adesso scappo e spero di aggiornare in tempo :)

Ancora graziee :)


Autumn__Leaves :) x



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Capitolo 4
*** Madness ***


PROGRAMMAZZIONE STORIE

Madness


Ero rimasto immobile, come un fesso, guardando quel.. bambino. Avrà avuto all'incirca sui quattro anni, ma sembrava molto più sveglio del dovuto. Era abbastanza alto, per la sua piccola età, e portava delle pantofolone verdi, che sicuramente usava in casa. Aveva addosso il pigiamino, e sembrava che si fosse appena svegliato da un letargo di sei mesi. I capelli, rossicci, erano tutti scombinati. Aveva la pelle lattea, che risaltava nel tutto. Era un bambino bellissimo, ed era identico a me.

Mi guardava, con i suoi occhietti verdi. Sicuramente si aspettava – da bravo padrone di casa – che mi presentassi. Solo che io ero troppo frastornato, anche solo per emettere una sillaba. Era questo che Isabella nascondeva? Mi nascondeva lui? Ero incazzato, ero triste, ero impaurito, avevo voglia di spaccare qualcosa, pur di non rimanere li, in quella situazione assurda. Cosa stava succedendo? Era tutto uno scherzo? Non poteva essere vero.. Solo che la verità era davanti a me, in un metro di altezza. Non posso crederci.. Stavo impazzendo? Forse ero impazzito – ero pazzo – e quella situazione non la stavo vivendo veramente. Magari stavo dormendo, magari non ero mai venuto a Forks. Il bambino mi sorrise, scoprendo una fila di denti sdentati e non perfettamente dritti. Era identico a me. Non sembrava in imbarazzo, non sembrava impaurito, non sembrava essere in soggezione. Mi sorrideva e basta, sicuro di quello che faceva. Era identico a me.


Mi ero fatto trascinare nella sua cameretta, senza che dicessi nulla. Lui sembrava quasi conoscermi, e mi chiesi se faceva così con tutti. Lei glielo permetteva? In quel momento non ero neanche capace di pensare il suo nome, tanta la rabbia che provavo per lei. Mi aveva nascosto un figlio. Mi aveva nascosto mio figlio. Mi sedetti per terra, accanto ai giocattoli del bambino – del mio bambino – rimanendo attonito. Lui ancora non aveva parlato, ma mi aveva solo sorriso.

«Tu sei il cugino di mamma?» Il bambino – il mio bambino – parlò finalmente, con la sua vocetta acuta e fine, come solo un bambino poteva avere. Lo guardai, non riuscendo a capire. Chi ero io..? Suo cugino? Scossi semplicemente la testa, ancora troppo provato. Forse il bambino mi aveva scambiato per un pazzo – che forse ero – ma ero ancora troppo intento ad assorbire le “notizie” per formulare una frase di senso compiuto. Dopo i primi dieci minuti, in cui avevo guardato il bambino – il mio bambino – e mi ero reso conto di quanto incredibilmente mi assomigliasse, mi ero reso conto che ancora non conoscevo neanche il suo nome, oltre lui come persona – per colpa di lei. Come l'aveva chiamato? Jacob? Risi mentalmente, pensando che se mi odiava tanto da nascondermi un figlio – mio figlio – forse l'aveva chiamato come Black. Non mi restava che chiedere.

«C-come.. – Tossì, cercando di reprimere il tremolio della voce, dovuto dall'emozione di parlare per la prima volta con mio figlio – ..Come ti chiami?» Lui distolse gli occhi dalla sua costruzione di giocattoli, guardandomi con i suoi occhioni verdi – identici ai miei. Mi sorrise ancora, un'altra volta, prima di parlare.

«Mi chiamo Jonathan Swan e ho nove anni..» Mi fece segno con le ditina di sette numeri, anziché nove, come lui diceva di sostenere. Sapevo che il bambino stava mentendo, lo capivo da quel sorrisetto sghembo, che aveva accompagnato anche me per tutta l'infanzia e anche adesso, all'occorrenza. Jonathan Swan. Sospirai. Lei non l'aveva chiamato come quello stronzo, almeno.

«Nove anni, davvero? Te ne davo dieci..» Ridacchiai con lui, mentre lui si nascondeva il visino tra le mani, mentre rideva anche lui. Era identico a me.

«E tu? Come ti chiami?» Il bambino mi sorrise, curioso, mentre buttava a terra un trenino giocattolo, non ritenendolo necessario per la sua costruzione.

«Mi chiamo Edward.» Sorrisi a mio figlio, mentre dubbi su dubbi, domande su domande, mi affollavano il cervello.



«Ecco, poi metti questa qui e... Fatto!» Jonathan battè le mani, contento, guardando la sua mini città-giocattolo. Sembrava davvero entusiasta di averla finita, ma dopo poco ci ripensai. Aveva appena buttato giù tutto, con la manina. Lui ridacchiava, mentre io mi accingevo a raccogliere tutti i giocattoli caduti, facendo finta di sbuffare esasperato. Era una peste. Ormai avevo perso il conto del tempo da quando ero arrivato in quella casa – da quando la ma vita era stata capovolta. Avevo “staccato il cervello”, cercando di dimenticare un po' tutto, giocando per le prima volta con mio figlio. Dire che ero confuso era poco – come dire che ero incazzato. Mi ero perso parte dell'infanzia di mio figlio, ed era tutta colpa di lei. Non avevo avuto il coraggio di andare a cercarla, la stavo aspettando in camera di Jonathan. Sicuramente sarebbe venuta a controllare se Jonathan stesse bene, pensando comunque che io fossi Alice.

Mi cadde di mano il trenino giocattolo, quando sentì qualcuno tossire. Io e Jonathan ci girammo, ma avemmo due reazioni totalmente diversi. Io mi ghiacciai, guardandola. Lui le saltò addosso, abbracciandola stretta stretta. Lei, però, continuava a guardare me.



***


Tossì, attirando la loro attenzione. Il primo che si girò verso di me fu Edward, rivolgendomi un'occhiata di fuoco. Era incazzato, si vedeva, e i rimorsi tornarono. Jonathan mi travolse letteralmente, urlando 'Mamma! Mamma!' e abbracciandomi forte. Edward non distoglieva gli occhi dai miei, fino a che non raccolse la sua giacca per terra, per poi alzarsi nel suo metro e novanta e incombere su di me, come aveva sempre fatto. Mi indicò con un gesto del capo il corridoio, facendomi capire che dovevamo parlare. Ovviamente, non avremmo discusso davanti a Jonathan. Appoggiai il bambino a terra, promettendogli che sarei tornata subito. Uscì dalla sua stanza non guardandomi indietro, sapendo perfettamente che mi avrebbe seguita. Arrivai all'ingresso, dove il bambino non avrebbe sentito nulla. Mi appoggiai alla porta e lo guardai, con tutta la rabbia che provavo. Lo odiavo.


All'inizio Edward era rimasto zitto, appoggiato accanto a me alla porta, guardandosi davanti a se, senza mai incrociare il mio sguardo. La sua vena del collo pulsava, segno che era parecchio arrabbiato. Lo ero anche io. Stentavo quasi a guardarlo negli occhi, tanta la rabbia repressa – per le umiliazioni passate e per ora. Come si era permesso di far finta di essere Alice? Come si era permesso di venire qui, in casa mia, luogo che serviva per stare lontano da lui e da tutto? Sapevo di avergli nascosto suo figlio, ma avevo avuto le mie buone ragioni ai tempi. Poi, se aggiungiamo le inesperienze, il rifiuto dei miei genitori e la maturazione acerba – se non nulla – era ovvio che non mi sarei abbassata ancora – più di quanto avevo già fatto – chiedendogli aiuto. Lui non voleva un figlio, non lo avrebbe mai voluto. Ci odiavamo – ci eravamo sempre odiati –, non saremmo mai riusciti ad andare d'accordo.

A sorpresa lui iniziò a parlare.

«Perchè cazzo l'hai fatto? Perchè me l'hai nascosto?!» Non mi urlava, perchè non voleva spaventare il bambino. Io, però, avrei urlato.

«Perchè?!» Ero incredula. Non se lo immaginava? Non lo aveva capito? Lo odiavo.

Non lo feci neanche parlare, attaccandolo.

«Io e te ci odiavamo! CI ODIAVAMO! Capisci?! Io non avrei MAI cresciuto un figlio con te, mai! Quando ho scoperto di essere incinta ti odiavo! Ti odiavo perché lo so, che mi avresti solo sfottuto! E non fare quella faccia! Eri stronzo, eri immaturo e non te ne fregava un cazzo di nessuno! A te non te ne importava nulla di me, figuriamoci di mio figlio!» Avevo esaurito l'aria nei polmoni, quindi mi fermai, ansimante e con la faccia rossa dallo sforzo e dalla rabbia. Lui non mi guardava, ma sembrava incazzato. Con chi era ancora da scoprire. Forse aveva capito.. Forse aveva capito che la colpa non era sola mia.. Forse era maturato, magari il tempo l'aveva migliorato – in un po' tutto. Ovviamente, mi sbagliavo.

Si girò verso di me, con occhi spiritati. Parlò lentamente, scandendo bene le parole.

«E' tutta colpa tua. Mi sono perso parte dell'infanzia di mio figlio, solo per colpa tua. Voglio vederlo una volta a settimana, sennò chiamerò l'avvocato e te lo toglierò. Siamo chiari?!» Aveva parlato lentamente, non urlando, ma con la furia negli occhi.

No, non poteva togliermi mio figlio. Tutto, tranne lui. Tutto, tranne il mio bambino. Tutto, tranne l'unica mia ragione di vita.

Reprimetti le lacrime, non volendo essere debole davanti a lui. Tutto, tranne lui. Tutto, tranne il mio bambino. Tutto, tranne l'unica mia ragione di vita. Annuii verso Edward, evitando di guardarlo, sapendo che sarei scoppiata a piangere.

Una porta sbattè, il mio cuore si spezzò, di nuovo.

Note Autrice:

Vi starete chiedendo perchè ho aggiornato un giorno in anticipo? A parte per andry15 che me lo aveva chiesto :) Aggiorno ora perchè domani non posso e spero di riuscire almeno in una settimana di finire di scrivere il quinto e almeno iniziare a scrivere il sesto capitolo (help mee)

Comunque ringrazio davvero tantissimo tutti per le bellissime recensioni, mi fa davvero piacere avere “fan” così attivi :D

Allora passando il capitolo e sperando di non avervi annoiati con 'ste note troppo lunghe, volevo solo dirvi una cosa veloce.. SCUSATEE! Lo so, mi starete odiando per questo finale così.. Beh, orribile :/ Ma ormai mi sono già fatta tutta un'idea di come dovrebbe andare la ff e questo capitolo era fondamentale.

Adesso devo letteralmente scappare :)

Un bacione e alla prossima

Autumn__Leaves


P.s. Ovviamente il titolo è ispirato alla canzone Madness, dei Muse :')

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Capitolo 5
*** Silence ***


PROGRAMMAZZIONE STORIE

Silence


Uscì di casa velocemente, mentre una leggera brezza mi rinfrescava. Attraversai la strada, aprendo l'ombrello, sentendo le prime gocce cadere. Avevo fretta, dovevo andare al supermercato e tornare a casa in tempo per poi riuscire e andare a prendere Jonathan all'asilo. Con Edward non mi ero più sentita, se non per un messaggio formale per fissare la data in cui avrebbe incontrato Jonathan. Non ero contenta che lui incontrasse Jonathan, perché non si meritava di fare il padre. Ma avrei fatto di tutto, pur di tenermi il mio bambino. Il mio bambino. La mia unica mia ragione di vita. Speravo solo che Edward mantenesse la promessa fatta, o mi avrebbero tolto Jonathan. Non lo vedevo da anni, sapevo che poteva essere cattivo ma.. Fino a quanto lo conoscevo io?





  • Pane

  • Burro

  • Pasta: Spaghetti (x3), Penne (x2)

  • Latte (parzialmente scremato: x4)

  • Cereali

  • Gelato

  • Olio

  • Uova

  • Coca Cola

  • Sale (iodato, fine)

  • Yogurt

  • Caffè

  • Biscotti al cioccolato

  • Acqua


Sospirai, guardando prima l'orologio e poi la lista della spesa. Avrei dovuto fare in pochissimo tempo, se volevo arrivare in orario in asilo.

Feci la spesa tranquillamente, senza molti problemi : ricordavo ogni scaffale, e fu facile trovare le cose. Arrivata al punto 'Acqua' ebbi qualche problema: non ero molto alta, e lo scaffale era in alto, troppo in alto. Stavo quasi per arrendermi, e darla vinta all'acqua, quando una mano calda si posò sul mio fianco, mentre prendeva per me l'acqua. Un panico mi assali, non sapendo a chi appartenesse quella mano. Era un maniaco? O peggio.. Era Edward?! No, Dio ti prego no. Non Edward. E neanche il maniaco. Mi girai, gelata e con il cuore a mille, calmandomi subito dopo. Lo conoscevo, questo era sicuro, ma non ricordavo esattamente chi fosse. Poi ebbi un illuminazione, ricordando la sera di Natale. Era Jacob, quel bell'uomo alto e imponente, con quei suoi irriconoscibili occhi, belli come sempre. Rimasi impietrita a guardarlo – trattenni a stento la bava – prima di riuscire a salutarlo.

«Jacob!» Esclamai, abbracciandolo forte. Infondo, anche dopo che me n'ero andata ci eravamo continuati a sentire per telefono, a differenza degli altri. Lui mi sorrise calorosamente, mettendo in mostra una fila di denti bianchi e lucenti. Rimasi quasi abbagliata da quel sorriso: non lo ricordavo così bello.

«Ehi, piccola nanetta..» Sorrise dolcemente, ricambiando l'abbraccio, lasciandomi un bacio sui capelli. Mi staccò leggermente da lui, per guardarmi meglio. Io gli feci la linguaccia, per lo stupido e inappropriato nomignolo che mi aveva affibbiato tempo addietro.

«Alla fine non mi hai mai concesso un appuntamento, ricordi?» Mi fece un finto broncio, districandosi dall'abbraccio. Era vero, Jacob mi aveva sempre chiesto un appuntamento, anche se avevo un bambino. Era l'unico, fra le vecchi conoscenze, che non mi considerava male. All'inizio ero rimasta abbastanza sotto schock, quando mi aveva chiesto di uscire. Avevo negato sempre: non ero ancora pronta per riprendere a frequentare persone. Però adesso quella possibilità non mi sembrava tanto brutta, anche se non lo consideravo come possibile fidanzato ma più come fidato amico.

«Uhm.. Okay.. – Lui mi sorrise, abbastanza incredulo. Mi sentivo abbastanza in colpa per averlo rifiutato fino ad adesso. Spostai lo sguardo sul mio orologio, rendendomi conto di essere in un terribile ritardo – ..Però adesso devo davvero scappare, Jonathan mi aspetta all'asilo e.. Grazie per l'acqua, ti chiamo dopo!»

Gli sorrisi, prima di scomparire.


Ero riuscita ad arrivare in tempo all'asilo di Jonathan, anche se c'era stato un po' di traffico. Entrai nella piccola scuola tutta colorata, salutando le maestre e andando a prendere il mio bambino nella stanza. Agatha, la maestra, mi salutò con un caloroso abbraccio. Le sorrisi, come solo una mamma sorride a una persona che vuole bene al proprio figlio, prendendo in braccio il mio piccino, che sembrava parecchio stanco. Salutai tutti, mamme comprese, prima di uscire.

Infilai Jonathan dentro l'auto, nel suo seggiolone, assicurandomi di chiudere bene tutto. Appena saremmo tornati a casa avrei chiamato Jacob – come gli avevo promesso – concedendogli, finalmente, un appuntamento. Era anni che mi chiedeva di uscire, e solo adesso avevo deciso di accettare. Forse, c'entrava Edward. In parte, sicuramente, c'entrava anche Edward nella mia scelta. Pensai mentre superavo un vecchietto abbastanza lento, girando poi a destra. In quel momento avevo solo bisogno di svagarmi, di uscire, di dimenticare per una sera i miei problemi. Avrei chiesto ad Alice, o se avesse voluto Edward, di tenermi il bambino.



«Pronto, Ali?» Chiesi titubante, avendo paura che anche 'sta volta avesse risposto suo fratello.

«Bella! Oh mio dio! Cos'è successo? Come sta Jonathan? Edward? Alla fine Edward era in casa tua? Ha saputo di Jonathan? Cos'ha detto?» Alice mi attaccò con una sfilza di domande, facendomi ricordare che, tra tutto il casino, non l'avevo più richiamata. A quanto sembrava, suo fratello non le aveva detto nulla. Quindi stava a me spiegarle tutta la situazione, di nuovo.



«Che cosa?! Lui vuole fare cosa?!» Alice non aveva preso particolarmente bene quello che mi aveva detto/minacciato suo fratello, ma non si sarebbe mai immischiata. Erano problemi nostri, lei aveva già fatto tanto tenendo nascosto il mio segreto.

«Non ti preoccupare, lui vedrà Jonathan regolarmente una volta a settimana ma.. Alice, non era per questo che ti avevo chiamata.. Ho bisogno che tu mi tenga Jonathan per una sera, sono troppo stressata e non ce la faccio più.. – Mi lasciai scappare una lacrima, per la troppa angoscia. Non ce la facevo. – ..Ho accettato di uscire con Jacob.. Voglio tirarmi su..» La sentii sospirare, contenta. Lei mi aveva sempre spinta a uscire con qualcuno, ma io mi ero sempre rifiutata. Per me la mia priorità era: Jonathan. E lo sarebbe sempre stata. Solo che dovevo anche pensare – anche solo per una sera – a me stessa.

«Certo che ti tengo Jonathan.. – Ridacchiò, dall'altra parte del telefono – ..Ma quando tornerai voglio che mi racconti tutto!» Risi apertamente, sentendo ridacchiare anche lei. Quanto le volevo bene.



«Allora, piccola nanetta, come sta Jonathan?» Jacob mi sorrise, mentre mi spostava galantemente la sedia. Sorrisi a quel piccolo gesto, mentre mi accomodavo al tavolo di casa sua.

«Jonathan sta bene, è cresciuto tanto dall'ultima volta che l'hai visto.. Ma non credo si ricordi di te, visto che era troppo piccolo..» Sorrisi a Jacob, mentre lui mi guardava attentamente.

«Allora dobbiamo assolutamente rimediare!» Esclamò, battendo una mano sul tavolo e sorridendo, mettendo – di nuovo – in mostra il suo fascino.

Ridacchiai, mentre annuivo. Ero sicura che a Jonathan sarebbe piaciuto davvero tanto Jake.

Jacob mi versò un po' di vino, mentre io mi guardavo leggermente sperduta intorno. La casa di Jacob era davvero spaziosa, era pulita e in ordine, e persino profumata. Ero rimasta sinceramente stupita quando ero entrata in casa sua: mi ero immaginata casa sua quasi come una specie di caverna. Lui non sembrava molto il tipo da 'uomo casalingo'.

«Bella?» Jacob mi richiamò, mentre io riportavo gli occhi su la sua figura.

«Si?» Mi mossi a disagio sulla sedia, mentre lui poggiava il calice di vino sul tavolo e si guardava in giro, tirandosi su le maniche della camicia bianca.

«Probabilmente.. Beh, si.. Sicuramente ti starai chiedendo perchè io ti abbia invitato qui, a casa mia, a cenare con me..» Jake sembrava stranamente a disagio, cosa alquanto strana per uno come lui. Jacob? A disagio? Ma fatemi il favore!

In realtà non avevo ragionato molto sul motivo per cui mi avesse invitato a casa sua, credevo fosse solo qualcosa come.. Una cena.. d'amicizia? Ma che stupida che ero stata.

«Io.. Beh, mi sono accorto di provare qualcosa per te.. – E mi indicò, mentre io arrossivo visibilmente –.. E volevo chiederti se ti andava di provare, infondo Jonathan è già abbastanza grande e sicuramente avrebbe bisogno di una figura maschile al suo fianco, vista la mancanza di... Lui.» Oh mio dio. Oh. Mio. Dio. Forse... Forse avrei dovuto aggiornarlo su... Su questo dettaglio. E poi.. Oh cavolo. Una relazione seria? Ora? Non ero pronta. Ma quando, sarei stata pronta? Edward non mi voleva e non mi aveva mai voluta, figuriamoci ora. Quindi, cosa ci perdevo a provarci? Nulla. Assolutamente nulla. Ci avrei guadagnato solo una vita migliore con un uomo accanto, amata e desiderata, come era giusto che fosse.

Però, prima di decidere qualsiasi cosa, e fare passi troppo grandi, dovevo assolutamente parlare a Jake del piccolissimo dettaglio. Basta bugie. Basta menzogne.

«Jake.. Edward è tornato.»


Silenzio, era quello che sentivo. Non un minimo rumore, minimo movimento o altro. Tutto perfettamente immobile e silenzioso, a parte gli occhi di Jacob, spalancati a dismisura. Sicuramente l'avevo preso di sorpresa e sicuramente gliene avrei dovuto parlare prima, vista la sua faccia. Poi un pensiero si insinuò in me, facendomi capire che Jake avesse potuto fraintendere fortemente le mie parole.

«Jacob ma.. No! Dio, non sono tornata con Edward! Non ne ho la minima intenzione e poi lo sai meglio di me, che tra me e Edward c'è stata solo una notte..» Alle mie parole sospirò, rilasciando l'aria repressa. Ma davvero credeva che fossi tornata – se mai c'ero stata – con lui?!

«Cazzo, Bella.. Mi hai fatto preoccupare! Io mi ero appena aperto a te, rivelandoti i miei sentimenti e tu.. E tu mi dici che quello stronzo bastardo è tornato! Ti prego, la prossima volta spiegati meglio!» Mi sorrise, sollevato e capii la sua preoccupazione. Mi era capitata la stessa cosa – quasi uguale – anni prima, con Edward. Solo che lui mi aveva riso in faccia, ed era ben diverso.

Adesso dovevo rispondere a Jake, e sinceramente adesso non sapevo proprio cosa dirgli. Mi aveva preso in contropiede. Ero troppo indecisa, se magari ora avessi risposto si poi a casa ci avrei sicuramente ripensato, e viceversa. Avevo bisogno di tempo, di conoscere meglio Jacob e di capire un po' come andava.

«Jake, senti.. Mi hai presa un po' in contropiede, non so davvero cosa risponderti.. Magari possiamo provare a frequentarci, per capire anche un po' cosa proviamo e.. Magari allora perchè no?» Mi sorrise, anche se non era proprio la risposta che si aspettava.


Note Autrice:

Allora, vi avverto, per prima cosa, che ho uno di quei periodi “no” in cui tutto quello che scrivo mi fa schifo e cancello tutto. Ho scritto questo capitolo qualcosa come due settimane fa, e ho scritto solo qualche bozza per il prossimo, quindi non so davvero quando e se riuscirò a pubblicare il prossimo capitolo venerdì, visto che oltre tutto sto avendo parecchi problemi in generale. Spero comunque che, se in caso non pubblicassi venerdì, mi aspetterete. Prometto comunque che se proprio non pubblicherò la prossima settimana lo farò presto. Beh, spero che questo capitolo vi sia piaciuto, perchè qui tutto si sta un po' smuovendo e stanno incominciando a cambiare moolte cose.

Ringrazio molto tutte le persone che mi seguono e che recensiscono a ogni capitolo, sappiate che ti tengo molto e apprezzo davvero :')

Adesso scappo, spero ci rivedremo la prossima settimana..


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Capitolo 6
*** Stupid Edward ***


PROGRAMMAZZIONE STORIE

Stupid Edward


Raccolsi i vestiti di Jonathan per la stanza, mentre Alice, seduta sul puf blu di mio figlio, seguiva attentamente ogni mia mossa. Sembrava volermi dire qualcosa, ma poi ci ripensava e rimaneva zitta. Mi stava dando sui nervi, ma sapevo che se l'avessi attaccata non mi avrebbe detto nulla. Magari dovevo darle del tempo. Magari lei doveva dare del tempo a me.


«Bella.. Ti devo dire una cosa..» Ero addirittura arrivata a pensare che alla fine non me ne avrebbe mai più parlato, del problema che tanto la attanagliava e la rendeva così insolitamente silenziosa. Così alzai lo sguardo curiosa, mentre poggiavo sul tavolino davanti al divano le nostre solite tazze di thè. Mi accomodai accanto a lei, attenta a non bruciarmi, mentre incominciavo a sorseggiare il mio thè. Lei era nervosa, mentre si tormentava le mani e si preparava quello che doveva dirmi.

«E' tornat-» Non fece in tempo a finire la frase che il citofonò suonò, facendomi balzare in piedi e quasi versare il thè per terra. Oggi Edward doveva venire a prendere Jonathan per portarlo fuori a fare una giratina. Non ero ancora psicologicamente pronta per rivederlo, ma purtroppo mi toccava e non potevo nascondermi nell'armadio, come facevo spesso da bambina. Ero una donna, dovevo affrontare i miei problemi – Edward – e, magari, anche aprirgli la porta.

Non feci in tempo a fare un passo, che Alice era già alla porta, con in viso un aria furibonda. Batteva il piede impaziente che suo fratello entrasse. Eh, se uno sguardo potesse uccidere. Lui entrò, sistemandosi i capelli e fulminando sua sorella, che si scansò con uno sbuffo per farlo entrare. Non lo salutai neanche, mentre mi digerivo impettita verso la stanza di Jonathan, dove lui stava tranquillamente giocando con le sue costruzioni. Era così preso a costruire la piccola città di plastica, che si accorse di me solo al secondo richiamo. Lo stavo per prendere in braccio e portarlo di la, all'ingresso, quando il citofono suonò un'altra volta. Non mi ricordavo di avere visite.

«Alice! Per favore potresti convincere Jonathan a mettersi la giacca?» Urlai per farmi sentire, mentre posavo il mio bambino per terra e mi avviavo svelta verso l'ingresso. Edward era poggiato al muro, quasi nello stesso punto dell'ultima volta, con le braccia incrociate e lo sguardo puntato su di me. La porta era socchiusa, segno che qualcuno avesse risposto al citofono e aperto la porta. Era stata Alice? Alice in quel momento era in camera con Jonathan. Edward? Era stato Edward? Lo guardai di sfuggita, mentre spalancavo completamente la porta e mi lasciavo trasportare da un abbraccio del tutto inaspettato.


Jacob mi teneva stretta a se, in quell'antro caldo dove negli ultimi periodi amavo rifugiarmi. Gli sorrisi, affondando il viso nel suo collo e respirando il suo profumo.

«Che ci fai qui?» Bisbigliai piano al suo orecchio, mentre lui mi lasciava un bacio sulla guancia, senza mai lasciarmi andare. Ed era così che mi dovevo sentire? Innamorata e felice? Ero felice, mi sentivo bene tra le braccia di Jake, ma non ero ancora sicura di quello che provavo. La sua presenza era piacevole, era simpatico e carino. Non mi metteva mai a disagio, sapeva farmi ridere e mi amava. Però c'era sempre qualcosa di sbagliato. Era una strana sensazione, che provavo nei momenti di intimità con Jack – che si riducevano per ora solo a qualche carezza e qualche bacio –, che mi faceva sentire terribilmente sbagliata, al posto sbagliato.

Jake stava per rispondermi, quando una tossire estremamente falso ci fece capire che non eravamo soli. Edward. Jacob sciolse l'abbraccio e si girò verso Edward, che lo guardava con un ghigno divertito. Jake si irrigidì, assottigliando gli occhi e stringendomi una mano. Avevo sempre pensato che quei due non andassero d'accordo, ancor prima della “famosa notte”. Quando ero piccola e mamma invitava la famiglia Black e la Cullen a casa della nonna, per le festività, c'era sempre un certa ostilità fra di loro. Non ero l'unica ad essermene accorta, difatti mia nonna Clare gli aveva sgridati un'infinità di volte sulle buone educazioni, visto che quasi faticavano a stringersi la mano. Ma alla fine avevano rinunciato tutti, lasciandoli fare quello che volevano. Solo che adesso Edward era il padre di mio figlio, e Jacob il ragazzo che stavo frequentando. Le cose erano cambiate, tantissimo, e loro dovevano per forza andare almeno d'accordo.

Stavo quasi per aprire bocca quando Jonathan sbucò dalla sua cameretta, in braccio ad Alice. Salutò con un cenno del capo Jacob, per poi guardare freddamente il fratello e consegnarli il piccolo, che si strofinava gli occhietti a pugni chiusi. Alice trascinò per un braccio Jacob in cucina, con la scusa che dovevano conoscersi meglio. Così mi ritrovai da sola, con Edward e nostro figlio.

Edward sembrava leggermente titubante, mentre si guardava intorno. Tenevo stretto a se Jonathan, mentre lui dormiva sul suo petto. C'erano così tante cose di cui parlare, da programmare. Non poteva continuare a non parlarmi.

«Edward, dobbiamo incontrarci per fissare tutte le date in cui incontrerai Jonathan e poi dobbiamo anche parlare di pratiche burocratiche. Lui ha il mio cognome e.. Non so se tu lo vuoi riconoscere, ma visto che l'altra volta avevi parlato di avvocati, allora credo si.» Ero insicura, non sapevo cosa stavo dicendo. Lui voleva riconoscere Jonathan? Non lo sapevo! Voleva continuare a vedere Jonathan? Non lo sapevo! Dove viveva? Da Alice? Ma per quanto? Non lo sapevo! Avevo un assoluto bisogno di certezze.

Edward aggrottò la fronte, tirandosi su Jonathan e stringendoselo su al petto.

«Certo che voglio riconoscere Jonathan, sennò non sarei qui e.. – rovistò nella sua giacca, cercando qualcosa. Tirò fuori il telefono e ci smanettò qualche secondo, prima di riporlo al suo posto – ..Per me va bene venerdì, possiamo incontrarci anche qui.» Sembrava stranamente più disponibile, mentre parlavamo civilmente. L'ultima volta che ci eravamo parlati in faccia erano state due settimane prima, in cui lui mi minacciava di togliermi mio figlio. Diciamo, che non eravamo per nulla in buoni rapporti. Ma forse in queste due settimane aveva sbollito la rabbia, aveva fatto chiarezza nei suoi pensieri ed era arrivato a un punto che se noi, per primi, non ci comportavamo civilmente, non saremmo mai arrivati ad un punto di svolta.

Annuii indecisa, mentre allungavo la mano per stringergliela. Lui alzò titubante la sua, stringendo la mia piccola nella sua grande mano calda. Erano sempre le stesse sensazioni, mi procurava sempre gli stessi brividi, ma adesso non ero più una bambina, un adolescente immatura. Ero cresciuta, le mie scelte erano razionali e logiche. Non mi lasciavo più andare a “nuove sensazioni” o cose così.

Ricacciai la mano, leggermente a disagio, aggiustando le spiegazzature del mio maglione. Lui sembrò quasi sorridere a quel gesto, prima di abbassarsi leggermente alla mia altezza per darmi Jonathan.

Lo presi in braccio, lasciandoli un bacio sulla fronte, mentre lui tirava leggermente i miei capelli e mugugnava sofferente, volendo tornare a dormire.

«Ciao Jonathan.» Gli lasciai un ultimo bacetto sulla fronte, prima di riporgere ad Edward mio figlio e salutarlo.



«Dov'è Jacob?» Chiesi, aggrottando la fronte e stiracchiandomi leggermente sullo scomodo divano. Mi ero addormentata poco dopo che Edward se ne era andato, sul divano del mio salotto, mentre Alice mi raccontava delle borse che aveva comprato il giorno prima.

Alice mi sorrise, prima di dare un morso alla torta al cioccolato che aveva preparato lei.

«Lui.. – Alice si fermò per bere un po' di latte dalla tazza, mentre s'ingozzava di torta – ..Se n'è andato quando ti ha visto dormire.» Alice si alzò, facendo cadere le briciole della torta e posando il piattino e la tazza nel lavello.

Aggrottai leggermente la fronte, perchè Alice non l'aveva trattenuto?

«Bella, devo parlarti. Io.. Beh, ti ricordi la cosa che ti stavo dicendo prima?» Al mio cenno di assenso leggermente confuso, continuò a parlare. «Io.. Scoppierò se non te la dico. Edward e Rosalie, tua cugina, stanno insieme. Io non lo sapevo, ma mamma mi ha detto che lui sicuramente le chiederà di sposarla.» Guardai sconvolta Alice, completamente sotto schock. Era per questo, allora, che Edward era stato così magnanimo? Era per questo che era stato tutti sorrisi e tutto zucchero? Non ci potevo credere, Rosalie ed Edward. Credevo che non si fossero neanche mai più rincontrati, da quella “famosa sera”. Ma ovviamente no, il fato aveva deciso e loro erano sulla strada delle nozze. Si sposavano! Quasi svenni, mentre mi appoggiavo al muro e cadevo lentamente giù, fino al pavimento.

Cosa diavolo avevo fatto di sbagliato per meritarmi tutto questo? E cosa erano, quelle che scendevano dalle mie guance? Lacrime.

Stupido Edward.

Note Autrice:

Scusatemi tantissimo per questo mega ritardo, ma davvero non volevo scrivere cose forzate e rovinare la fan fiction. So di non aver risposto alle vostre recensioni, ma le ho letto e ho sorriso quando avete detto che comunque mi aspetterete.

Spero commenterete questo capitolo, adesso tutto sta cambiando e vorrei sapere cosa ne pensate. Le vostre recensioni sono anche fondamentali per il continuo della fan fiction, da quello che mi dite so più o meno cosa scrivere e anche il finale ;) Insomma, non avevo per nulla idea di reinserire Rosalie fin quando non me l'ha suggerito andry15 haha.

Volevo farvi una domandina veloce, prima di scomparire. Qualcuno sa fare banner? Ne ho un immediato bisogno per questa fan fiction, ci terrei tanto. Chiunque sappia farlo per favore mi scriva, mi farebbe un grandissimo favore. :)

Vado a scrivere il prossimo capitolo e.. Ah, non aggiornerò più, purtroppo, come prima. Cercherò di scrivere i capitoli appena trovo tempo, ma sono davvero molto impegnata.

Tanti auguri a tutti, speriamo il 2014 sia un anno migliore del 2013! (haha ottimismo in persona yuhu!)

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