Little Bird di Autumn__Leaves (/viewuser.php?uid=576916)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Little Bird ***
Capitolo 2: *** Red Hair ***
Capitolo 3: *** The Error ***
Capitolo 4: *** Madness ***
Capitolo 5: *** Silence ***
Capitolo 6: *** Stupid Edward ***
Capitolo 1 *** Little Bird ***
Little
Bird
«Mi
stai invitando ad uscire?» Mi aveva chiesto lui, con un moto
di
derisione. Io avevo balbettato frasi sconnesse, sfuggendo ai suoi
bellissimi occhi. Ero imbarazzata, perché non eravamo soli e
lui
ripeteva ogni cosa che dicevo, a voce alta. Non capivo bene se mi
stesse prendendo in giro o se fosse solo incredulo. Beh, tanto
incredulo non doveva esserlo. Non facevo altro che guardarlo e
spiarlo, durante le ore di lezione. Anche una mucca si sarebbe
accorta che avevo una cotta stratosferica per lui. Così
annuì,
alzando finalmente gli occhi e puntandoli su di lui. Ormai non avevo
nulla da perdere, dovevo solo aspettare una risposta. Sulla faccia di
Edward si formò un sorriso cattivo, prima di scoppiare a
ridere
davanti e con tutti. I miei occhi si dilatarono e riempirono di
lacrime allo stesso tempo. Si, mi stava prendendo in giro. Chiusi gli
occhi e respirai profondamente, mentre le risate aumentavano e tutti
mi indicavan...
Mi
svegliai, di soprassalto, con il respiro corto. Perché,
proprio adesso, dovevo fare quel sogno? Ero riuscita a dimenticarlo,
ma adesso i ricordi erano più vividi di prima. Quello era
stato uno
dei periodi più brutti della mia vita, a parte quello
durante la
gravidanza. Ero stata male, malissimo, vedendo lui
deridermi e
prendermi in giro.
Chiusi gli occhi, cercando di riaddormentarmi. Ma invece che dormire
altri ricordi mi tornarono in mente.
Mi
aveva umiliata, presa in giro e derisa. Davanti a tutti. Non poteva
fare come ogni altra persona normale e rifiutarmi, con un semplice e
chiaro 'no'? Ovviamente no. Lui doveva umiliarmi,
perché io ero
La sfigata e a ricordi logica Il figo doveva umiliarmi e pestarmi,
perché io non ero nessuno.
E stavo
male, perché io la amavo, più di ogni altra cosa.
Amavo il suo
sorriso, le sue risate e i suoi occhi, così belli e alieni.
***
Erano
iniziate da poco le vacanze di Natale e i miei avevano deciso che
saremmo andati nella grande casa dei nonni, con tutti i loro amici.
Ovviamente io non volevo, perché sapevo che i miei avevano
invitato
anche la famiglia di Edward. Purtroppo non ci potevo fare nulla, ero
costretta ad andare.
Respirai
profondamente, mentre guardavo la casa dei miei nonni tutta addobbata
a festa e il tavolo, pieno di cibo. Non avevo fame ma se non avessi
mangiato i miei ne avrebbero fatto una polemica e i miei cari nonnini
si sarebbero offesi, perché rifiutavo di mangiare il buon
cibo che
avevano cucinato. Così presi un profondo respiro, mentre mi
sistemavo con le mani le spiegazzature del mio vestito
bordò. Mi
sedetti a tavola, accanto a mio cugino Cedric. Era simpatico e si
faceva gli affari suoi, quindi nessun problema sulla conversazione.
Visto che non avevo molta voglia di parlare, soprattutto in presenza
di Edward. Mi passai la lingua sui denti, sentendo per la prima volta
dopo anni la liscezza dei miei denti, e stupendomi un po' per la
sensazione piacevole che ne derivava.. Mi ero da poco tolta
l'apparecchio e adesso mi faceva un po' strano, non averlo. Poi mia
madre aveva insistito a tutti i costi per mettermi le lenti a
contatto al posto dei miei occhiali e mi sentivo un po'.. scoperta.
Edward si sedette accanto a mia madre, proprio di fronte a me. Per un
attimo il suo sguardo vagò sul mio corpo ma poi distolse
velocemente
gli occhi, mentre incominciava a parlare con mia cugina Rosalie. Lui
era bellissimo, come sempre. Forse un po' più pallido, ma
sempre
bellissimo. Mia nonna cercava di coinvolgermi nelle conversazioni ma
io non ne avevo molta voglia, vista la presenza della persona per cui
provavo un odio-amore indefinito. Però dopo poco mi sciolsi,
forse
per colpa del vino e del fatto che lui non mi degnava neanche di
un'occhiata, preso completamente dalla risata da cornacchia di mia
cugina. Riuscì incredibilmente a far ridere mio cugino
Cedric e a
fare amicizia con Jacob, il figlio di uno dei tanti amici di
papà.
Lui, in particolare, mi piaceva tanto. Adoravo il suo profumo e il
calore delle sue mani, mentre me le stringeva da sotto il tavolo. Era
anche bellissimo e per un attimo mi dimenticai della presenza di
Edward, perdendomi in quegli occhi così belli e scuri,
diversissimi
da quelli di Edward. Però, quando mia madre mi riprese con
un
'Bella, non amoreggiare a tavola!' Edward si girò, come
fulminato,
verso di me. Io mi alzai dal tavolo, prendendo per mano Jacob e
salutare velocemente i miei parenti. Avevo voglia di una
chiacchierata con solo me e lui, possibilmente lontano da occhi
indiscreti. E così facemmo. Parlammo, tanto e di noi, sul
porticato
di casa di mia nonna. Gli confidai che adoravo i suoi occhi e lui mi
disse, mentre si avvicinava, che adorava le mie labbra. Infatti le
adorò, vezzeggiandole di baci così belli e
delicati. Quello era il
mio primo bacio ed era il più bello del mondo. Dopo poco ci
staccammo e, senza dire nulla, ci separammo. Era stato bello,
speciale e tutto quello che volevamo.. Ma non ci amavamo e quel bacio
ce lo aveva fatto capire.
Strinsi
spasmodicamente il cuscino, conscia che quello a venire sarebbe stato
il ricordo più doloroso e forse.. Bello.
Rientrammo
in casa, con le labbra leggermente gonfie e rosse, per i nostri baci.
Forse prima di capire che non eravamo fatti gli uni per gli altri ci
eravamo baciati un altro po'.. Mia nonna mi lanciò
un'occhiata di
rimprovero e io arrossii, mentre salivo le scale per andare nella
camera in cui avrei dormito per ben due settimane. Mentre salivo le
scale sentì una presenza, dietro di me. Qualcuno mi stava
seguendo
e, sicuramente, era mia madre, che voleva sapere cosa avevamo fatto
io e Jacob. Così mi girai di scatto, pronta a mandarla via
quando..
Quando mi accorsi che la persona che mi stava seguendo era Edward.
Caddi quasi dalle scale e lui mi prese, in tempo. Mi afferrò
per i
fianchi, mantenendomi sullo scalino. Mi guardava, o meglio dire
guardava le mie labbra, sporche leggermente ai lati di lucidalabbra.
Mi mantenne, con il suo busto, salendo uno scalino anche lui. La sua
mano, che prima era poggiata sul mio fianco, adesso accarezzava piano
la mia guancia. In quel momento non sapevo se saltargli addosso o
morire, per l'assurdità di tutto quello
che stava succedendo.
Perché mi accarezzava la guancia? Perché mi
guardava in quel modo?
Anche lui sembrava confuso, combattuto da qualcosa. Poi decise.. E mi
baciò.
Mi lasciai
sfuggire una lacrima, ripensando a quanto ero stata felice in quel
momento.
Lui mi
sbattè velocemente al muro, mentre i suoi baci si spostavano
sul mio
collo. Baciava e leccava ogni parte del mio corpo scoperta. Non so
perché, ma riposi ai suoi baci. C'era un motivo per cui
rispondevo
ai suoi baci, legandogli le mani dietro le spalle? Evidentemente al
mio cuore non importava l'umiliazione, l'amava troppo. Così
ci
baciammo, a lungo, sempre attaccati a quel muro, sull'ultimo scalino
delle scale. Se facevamo un solo scalino ci saremmo ritrovati in
corridoio e poi in una stanza da letto.. Su un letto. E così
successe. Lui mi prese per i fianchi, mi alzò e mi fece
legare le
gambe in vita, mentre mi portava nella camera in cui avrebbe dovuto
dormire lui. Mi buttò sul letto, con poca grazia, mentre
continuava
a baciarmi. I suoi baci erano bellissimi, gli amavo come amavo lui.
Baciare lui era tutta un'altra cosa, in confronto a baciare Jacob.
Non sapevo perché Edward mi stesse baciando, se neanche una
settimana prima mi aveva umiliata davanti a tutta la scuola. Cos'era?
Voleva per caso farmi capire che io avrei amato solo lui o un altro
pensiero da psicopatico? Gli misi le mani sulle spalle,
allontanandolo. Lui mi guardò, con occhi sgranati ed
eccitati. Non
ero una puttana, non avrei sprecato la mia prima volta con un ragazzo
che mi odiava, che mi disprezzava. Lui sembrò capirmi,
mentre
nascondeva il viso nell'incavo del mio collo. «Ti
prego..» Un
sussurro, appena udibile, ma che rimbombò dentro le mie
orecchie,
come fosse stato urlato. Lui non mi avrebbe mai amato ma io si, per
sempre. La mia prima volta sarebbe stata con il ragazzo che amavo,
qual'era il problema? Sarebbe stata bellissima ed indimenticabile. Un
ricordo da conservare per sempre nei meandri della mia mente.
Così
lo baciai, di mia iniziativa. Lui apparve quasi incredulo ma si
ridestò subito, incominciando a spogliarci. Baciava ed
adorava ogni
parte del mio corpo, mentre piano e lentamente – per non
farmi male
– entrava dentro di me. Quella fu una prima volta
indimenticabile,
con la persona che amavo.
Mi asciugai
le lacrime che erano sfuggite al mio controllo, mentre sentivo la
voce di mio figlio chiamarmi.
|
Salve,
sono Autumn__Leaves
:) Sinceramente non so perchè sto pubblicando questa fan
fiction,
avendola scritta così, in un giorno di malattia in cui non
avevo
nulla da fare.. All'inizio era solo una one-shot, ma poi mi sono
venute delle ideuccie e ho deciso di trasformarla in una long (non so
esattamente quanti capitoli sarà, forse più di
10). Credo che non
avrei avuto mai il coraggio di pubblicarla, senza l'entusiasmo di
CherryZilly
(leggete le sue os, sono bellissime). Quindi boh.. Speriamo bene :)
Comunque, passando al capitolo. Da come avrete potuto capire i
protagonisti sono Edward e Bella :) Okay, chiarisco una cosa: sono
tutti umani.
Credo
proprio che il rating sarà arancione,
in modo che un po' tutti possano leggere la fan fiction :) (In caso
fatemi sapere se volete il rating rosso, o delle os a parte)
Spero
che ci rivedremo nel prossimo capitolo, ma questa è una
vostra
scelta :)
Autumn__Leaves
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Capitolo 2 *** Red Hair ***
Red
Hair
Accarezzai
piano la testa di mio figlio, mentre lo vedevo disegnare. Aveva
detto che dovevo chiudere gli occhi, perché sennò
avrei rovinato la
sorpresa. Invece adesso gli tenevo aperti, evitando di guardare cosa
stesse disegnando. Spostò dalla faccia una ciocca di capelli
rossicci, mentre sorrideva al disegno, forse contento per quello che
aveva disegnato. Prima che si girasse chiusi gli occhi, fingendo di
non averlo spiato di nascosto fino ad adesso. Mi toccò piano
una
guancia, con la sua manina e paffutella. Aprì piano gli
occhi,
facendo finta di stiracchiarmi per la stanchezza. Lui
ridacchiò,
mostrando la bocca sdentata. Mi indicò il disegno sul
tavolino blu
di plastica basso, apposta per lui. Presi il disegno, sorridendo.
Erano disegnate tre piccole personcine. Tutte e tre avevano capelli
di colori diversi: rossi, gialli e verdi. Aveva tracciato solo i
contorni delle figure, disegnando poi due punti al centro della
faccia, che dovevano essere gli occhi. C'era un bambino, con i
capelli verdi. Una donna – presumibilmente io – con
i capelli
gialli. Poi c'era un uomo, che mi teneva la mano. Lui aveva i capelli
rossi. Sorrisi falsamente a Jonathan e mi complimentai con lui per il
bellissimo disegno. Perché aveva disegnato un
padre che non
c'era? Il
senso di colpa tornò
in me, mentre mio figlio appendeva con lo scotch di carta il suo
disegno al muro. Ancora non gli avevo parlato di quello scomodo
argomento. La nostra era situazione molto complicata e parecchio
fragile. Avrei parlato con calma al mio bambino che lui, purtroppo,
un padre non ce l'aveva. Anche a me dispiaceva ma era sicuramente
meglio così. Era meglio stare senza un padre che con uno che
non ti
ama e non ti vuole. Sarebbe stato brutto, lui si sarebbe sentito
sbagliato e avremmo sofferto tutti, più del necessario.
«Pronto?»
Alice aveva
risposto al quarto squillo, mentre io battevo il piede per terra dal
nervosismo. Ero stressata e stanca, non sapevo proprio cosa fare. Lei
era una psicologa, forse sapeva darmi una mano e aiutarmi con questo
fragile argomento.
«Ehi,
Alice..» Ci fu un
secondo di silenzio, poi Alice rispose e mi lasciò
leggermente
interdetta.
«Ahm..
Mamma, ciao! Come
stai?» Aveva detto lei, parlando di un'ottava più
alta del normale.
Allontanai leggermente il telefono di casa dall'orecchio, prima di
riportarlo nell'incavo del collo.
«Alice,
non sono tua madre..»
Mi grattai la nuca, leggermente a disagio. Eppure ero sicura che mi
avesse riconosciuto.
«Si,
mamma.. Ho fatto la spesa
e.. – si sentì un leggere brusio, Alice discuteva
con qualcuno –
Adesso devo andare mamma, ciao!» Alice riattaccò
il telefono, non
prima di aver calcato stranamente la parola “mamma”.
Stavo
scrivendo un articolo, al
mio computer, quando il telefono di casa squillò. Mi
affrettai a
rispondere, prima che quel rumore fastidioso svegliasse Jonathan, che
si era addormentato da poco. «Chi è?»
Chiesi, con una nota
accusatrice nella voce, dovuta al fatto che chiunque avesse chiamato
avesse quasi svegliato il mio bambino.
«Ehi,
Bella..» Alice parlò,
sussurrando.
«Alice..
Ma stai bene?» La
mia domanda era più che lecita, visto che oggi quando
l'avevo
chiamata mi aveva scambiato per sua madre e adesso parlava,
sussurrando fitto fitto.
«Si
si..» La mia amica si
affrettò a rispondere, sempre parlando piano piano.
«Senti,
oggi c'era mio fratello
a casa mia e, quando hai chiamato, ho dovuto far finta che tu eri
mamma e.. Adesso è di la, in salotto..»
Aprì e chiusi la bocca.
Non ci capivo più nulla. Che cavolo ci faceva Edward a casa
di
Alice? Mi ero trasferita a Forks, lontana da lui, per un motivo. Ma
lui ovviamente non sapeva nulla. No,
lui non sapeva proprio nulla. Era più che normale che fosse
andato a
trovare la sorella, volendole bene e essendo rimasto in buoni
rapporti con lei anche quando se ne era andata di casa a diciotto
anni, con il suo ragazzo. Ma adesso ero nei casini: se Edward avesse
visto Jonathan avrebbe capito tutto, visto che loro due erano due
gocce d'acqua.
«Alice..
Che facciamo?» Mi
strozzai quasi, mentre parlavo. Mi sentivo quasi una ladra e sempre i
soliti sensi di colpa tornavano, per non avergli detto nulla.
«Bella..
Non lo so..» Alice
sospirò, dall'altra parte del telefono.
Mi sentivo in
colpa per averla
messa in questa situazione, contro suo fratello. Ma in quel momento,
quando ero incinta e da sola, lei era l'unica ancora a cui
aggrapparmi.
«Ma
quanto rimane?» Mi passai
stancamente una mano tra i capelli. Se fosse rimasto troppo tempo me
ne sarei andata via io, per fare una piccola vacanza con Jonathan.
«Non
lo so di preciso..–
Alice sembrava volermi dire qualcosa, ma rimaneva zitta
–..Dice che
sta cercando una persona..» Persona? Quale persona? Quindi
non era
venuto per Alice? Per un attimo pensai che lui stesse cercando me..
Ma quella era stato uno dei pensieri più assurdi. Alice mi
aveva
detto chiaramente che Edward, neanche un anno dopo che me ne ero
andata, si era fidanzato ufficialmente con Rosalie, mia cugina. Dire
che c'ero rimasta male era poco. Jonathan era nato da poco e io stavo
davvero male, per quella notizia. Lui non mi aveva mai amata e quello
confermava la tesi.
Per un attimo,
dall'altra parte
del telefono, si sentì uno strano trambusto. Poi fui
costretta a
riattaccare, visto che Jonathan mi chiamava a gran voce.
|
Note
Autrice:
Ehi!
:) Allora, prima di tutto, volevo ringraziare le 6 persone
che
hanno recensito il primo capitolo :) le 6 persone
che hanno
messo la storia tra i preferiti, le 4 persone che
l'hanno
messa tra le ricordate e le 23 persone che l'hanno
messa tra
le seguite! Davvero, grazie mille :) Tengo molto a questa fan fiction
e sono contenta che piaccia anche a voi :')
Allora,
prima di parlare del capitolo, volevo dire che aggiornerò
ogni
venerdì.
Scusate ma prima
non mi è proprio possibile aggiornare :/
Allora,
parlando del capitolo :) Abbiamo fatto un bel balzo temporale eh?
Comunque
scusate per il piccolo capitolo, ma in pratica è un capitolo
di
passaggio, per spiegare un po' cosa era successo, e il prossimo
capitolo è molto più lungo ;)
Autumn__Leaves
:) x
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Capitolo 3 *** The Error ***
The
Error
Ero
comodamente sdraiato sul divano, mentre facevo zapping fra i canali.
Ero stanco, dopo il viaggio in macchina. Poi Alice non sembrava
neanche particolarmente felice di vedermi e questo un po' mi
dispiaceva. Forse, però, Alice stava covando qualcosa.
Magari si
vedeva con qualcuno e io le avevo distrutto la serata o qualcosa del
genere. Spensi la televisione, proprio mentre il telefono di Alice
incominciava a vibrare. Era sopra il tavolino davanti alla tv e.. Se
avessi risposto?
Infondo.. Cosa
c'era di male
nel rispondere al telefono della propria sorellina? Poi, se fosse
stato proprio il ragazzo che frequentava a rispondere, cavoli suoi.
Di certo non era colpa mia. Io avevo solo risposto al suo cellulare,
visto che squillava a vuoto. Così lo afferrai, esaminando
quell'aggeggio ultra moderno. Ovviamente mia sorella doveva avere
anche l'ultima marca di telefono appena uscita, per essere alla moda.
Non controllai neanche la schermata, non interessato a sapere il nome
della persona che stava frequentando. Desideravo sapere: lavoro, dove
abitava, status sociale, numero di ex fidanzate, squadra per cui
tifava e se aveva una casa col giardino. Poi, in caso, sarei stato
interessato a sapere anche il nome, se il soggetto in questione fosse
stato all'altezza.
Non
feci neanche in tempo a dire 'Pronto' che qualcuno cominciò
a
parlare a raffica. «Ehi, Alice! Sono Bella..»
Bella? Quella
Bella? Perché
chiamava Alice? Ero sicuro che se ne fosse andata, tagliando i ponti
con tutti – compreso il sottoscritto. «Jonathan
chiedeva di te e
quindi volevo invitarti a casa mia..» Bella – quella
Bella –
smise di parlare, aspettando una risposta da me (cioè
Alice). Che
dovevo risponderle? Di si? Ma avrebbe sicuramente capito che ero io.
E poi chi era Jonathan? L'amante di mia sorella? Ma che c'entrava
Bella? «Okay
tesoro – tossì cercando di non farmi riconoscere
– sto
arrivando..» Riattaccai il telefono, sentendomi un completo
cretino.
Non sapevo neanche dove abitasse Bella. Mi guardai in giro, cercai da
per tutto. Poi trovai un post-it attaccato al frigo. C'erano scritti
quattro indirizzi, con indicato a chi appartenesse l'abitazione.
Bella era una tra queste.
***
Non
avevo più sentito Alice da quella strana telefonata. Eravamo
amiche
da tanto, e io sarei per sempre rimasta debitrice nei suoi confronti.
L'avevo messa davvero in una scomoda situazione e questo mi
dispiaceva, visto che lei era una delle persone a cui volevo
più
bene.
Oggi
l'avrei chiamata per chiederle se le andava di venire a casa mia,
visto che Jonathan non faceva altro che lamentarsi delle mancanza
della sua zietta.
Avevo
messo a riscaldare il the, sapendo che Alice lo amava. Jonathan si
era appena addormentato e quando si sarebbe svegliato lo aspettava
una sorpresa, che a lui sarebbe sicuramente piaciuta tantissimo.
Composi il numero sul cordless, aspettando una risposta. Al terzo
squillo il telefono di Alice rispose. «Ehi, Alice! Sono
Bella..»
Non lasciai neanche parlare Alice, mentre le chiedevo di venire a
casa, perché Jonathan voleva vederla. Dall'altra parte del
telefono
ci fu un gran silenzio, e mi chiesi se avevo sbagliato numero. Poi
Alice mi rispose affermativamente, tossendo. Sicuramente si era
ammalata, visto che odiava indossare le sciarpe.
Avevo
appena finito di versare il the nelle tazzine, quando suonò
il
citofono. Jonathan, seduto incollo a me, si alzò di scatto.
Sapendo
che era Alice alla porta facevo rispondere lui, visto che gli
piaceva un sacco. Poi, mentre rimettevo le bustine da the nella
credenza, mi ricordai del mio articolo. La
Taylor mi aveva avvisato che se non glielo avessi inviato oggi, visto
il mio ritardo, mi avrebbe licenziato. Non potevo, assolutamente,
perdere quel lavoro. Così corsi in camera, a scrivere
l'articolo,
sapendo che Jonathan era in buone mani.
Era passata
una mezz'oretta, da
quando mi ero chiusa in camera per scrivere. Sentivo Jonathan
ridacchiare, dalla sua cameretta. Alice stava sicuramente facendo
qualche faccia buffa, per farlo ridere.
Il cellulare,
che era nella
borsa, squillò. Era Alice. Risposi subito, sapendo che mi
stava
facendo uno dei soliti scherzi con Jonathan.
«Pronto?»
Risposi
ridacchiando, immaginandomi chissà cosa mi avrebbero detto.
«Bella?»
Alice mi rispose,
abbastanza terrorizzata.
«Si?»
Chiesi io, non capendo
perché mi stesse chiamando. Evidentemente a Jonathan non
andava di
fare scherzi telefonici.
«Ehm..
Ti devo dire una cosa
che.. Non potrebbe piacerti.. Per nulla..» Alice parlava
piano,
lentamente. Dal tono della voce sembrava abbastanza.. Terrorizzata?
Ma di che?
Sospirai,
prima di rispondere.
Forse Alice si era inventata un nuovo scherzo telefonico.
«Dimmi..»
Intanto spegnevo il
computer, avendo già finito ed inviato tutto alla Taylor.
Alice si
schiarì la gola,
prima di parlare.
«Ehm..
Credo che oggi Edward
abbia risposto a una chiamata che era per me.. Da parte tua..
Insomma, lui credeva che io uscissi con un ragazzo e voleva sapere
chi era.. Invece eri tu e.. Credo che adesso Edward sia in casa tua,
con Jonathan..» Avevo perso il filo del discorso alla parola
“Edward”. Poi.. Tutte le parole rimbombarono nella
mia testa.
Edward.
In. Casa. Mia. Con.
Jonathan. La
mia mente non
faceva altro che ripetere quelle parole..
Buttai il
telefono per terra,
velocemente. Uscì di corsa dalla camera, cercando Jonathan.
Speravo
che quello che mi aveva detto Alice fosse solo uno scherzo ma.. Non
lo era.
Edward stava
tranquillamente
giocando con Jonathan, nella sua cameretta.
Che dovevo
fare, a quel punto?
Dovevo entrare.. Ma con quale coraggio? Ero rimasta per circa dieci
minuti immobile, davanti alla camera di mio figlio. Edward non si era
minimamente accorto della mia presenza, mentre continuava a guardare
il nostro – suo – bambino.
Sinceramente non sapevo se
Edward si fosse accorto che quello era suo figlio. Era vero, erano
uguali ma.. Ma mi stavo aggrappando sugli specchi, perché
non sapevo
proprio cosa pensare. Edward poteva aver capito che quello era suo
figlio come poteva non averlo capito. Adesso dovevo solo entrare e
capire perché fosse qui, in casa mia. Dovevo ammettere che
ero
abbastanza arrabbiata, perché lui si era finto una persona
che non
era, venendo a casa mia senza essere invitato. Lo sapevo, ero io nel
torto. Ma mi dava comunque fastidio che lui, il ragazzo che mi aveva
sempre odiato (ma con cui avevo avuto la mia prima volta), in quel
momento fosse in casa mia. Gli anni erano passati, ma l'odio non era
scemato – un po' come la sua bellezza.
Era sempre così
odiosamente bellissimo, tanto che ti chiedevi perchè lui
dovesse
avere tutta quella bellezza. Sapevo che comunque i miei erano occhi
da “innamorata”, ma era ugualmente bello, come
suo – nostro
– figlio. Presi un profondo respiro, cercando di
decidere in
fretta cosa fare. Non volevo farmi beccare a spiarli, ma non volevo
neanche andarmene – come una codarda. Guardai un'ultima volta
il
corridoio che avrei potuto imboccare per nascondermi, prima di
tossire, per attirare la loro – la sua –
attenzione.
***
Chiusi il
portone di casa di
Alice, guardandomi introno sperduto. Non ero abituato a vivere in
città, visto che ero nato a Forks. Almeno la casa di Bella,
secondo
la vecchina a cui avevo chiesto prima informazioni, era davvero
vicina, distava circa cinque minuti. Mi incamminai stancamente per le
strade di quella grande città, mentre mille domande mi
frullavano in
testa. Perchè Alice non mi ha detto che Bella
abitava nella sua
stessa città? Perchè non mi ha detto nulla quando
le chiedevo di
Bella? Cosa sta succedendo? Ero veramente confuso, non
riuscivo a
capire perchè Alice mi avesse nascosto una cosa come questa.
Sapevo
di essermi comportato abbastanza male con Bella: l'avevo presa in
giro davanti a tutti, ridendo di lei, poi alla famosa
festa di
Natale me l'ero portata a letto. Probabilmente lei si era sentita
presa in giro – se non usata – ma la
verità era che.. Qual'era
la verità? La verità era che non avevo
resistito dal saltarle
addosso, con quel bel vestitino bordò. Me lo ricordavo
ancora: lungo
fino alle ginocchia, attillato e all'apparenza di una bellissima
stoffa pregiata. Non aveva gli occhiali, quella famosa sera,
ed era davvero bellissima. Non avevo resistito a baciarla, coprendo i
baci di quel gigante pompato di Black. Infondo, ero stato anche un
po' per invidia, perchè Black – mio acerrimo
nemico fin dalla
nascita – aveva avuto la “mia bambolina”,
con cui io mi ero
sempre divertito. Poi però i baci erano andati oltre,
finendo a fare
sesso nella sua camera da letto. Mi ero
pentito dopo, perchè
tutto quello era stato un errore, e sembrava che lei la pensasse allo
stesso modo: dopo quell'accaduto, neanche quattro settimane dopo, se
n'era andata, volatilizzata. I genitori avevano risposto che era
andata da certi zii in Inghilterra. Ovviamente non ero così
egocentrico da pensare che lei se ne fosse andata per colpa mia, per
l'errore che avevamo commesso, perdendo la verginità con me
– che
l'avevo derisa, umiliata e presa in giro. Sapevo che probabilmente se
n'era andata per problemi suoi, ma avevo sempre quello strano
presentimento che c'entravo anche io in tutta quella faccenda. Magari
non del tutto, ma forse lei se n'era andata anche
per colpa
mia. Quindi adesso stavo andando a cercarla, cercando di chiarire,
perchè era da anni che queste domande mi tormentavano. Non
mi
sentiva in colpa per averle portato via la verginità
– lei mi
amava, lo sapevo, quindi le avevo fatto solo un favore – ma
volevo
sapere per quale motivo lei se ne fosse andata via.
Perso nei miei
pensieri, non mi
accorsi di essere arrivato davanti a un comodino – il suo
comodino
– con i mattoni rossi, il portone di un verde scuro e delle
finestre non troppo grandi, chiuse con le sbarre per evitare
l'intrusione di ladri. Al campanello erano segnati cinque cognomi,
segno che il condominio non fosse molto abitato, quasi completamente
vuoto. Esitai prima di suonare al suo campanello, non sapendo bene
cosa dire quando avrebbe risposto. Dovevo fingermi ancora
Alice?
Dovevo confessarle di essere io, Edward? Non ci pensai,
suonando
– con un coraggio che non avevo – al suo
campanello.
Dopo poco il
portone si aprì,
senza che nessuno avesse risposto. Aprii, sospirando per aver evitato
il primo “ostacolo”. Adesso avevo tre piani di
scale da fare,
tempo in cui avrei saputo cosa dirle quando sarei arrivato alla sua
porta. Al primo piano, però, mi fermai. E se
avesse avuto un
compagno? Cosa avrei fatto? Mi sarei presentato come il suo
sverginatore – pardon, primo amore – che voleva
chiarire, ma cosa
esattamente? Il motivo per cui lei se n'era scappata così,
senza
dire nulla? Ero quasi arrivato al secondo piano, ed ero più
confuso
di prima. E se fosse stata sposata? Mi fermai di
nuovo,
chiedendomi perchè avessi fatto quella cazzata. Oltre ad
essere
andato a letto con lei, adesso ero pure andato a casa sua, fingendomi
mia sorella. Sospirai, ero arrivato al terzo piano. Ero confuso, non
sapevo bene cosa avrei fatto quando me la sarei ritrovata davanti.
Cosa le avrei detto? 'Ehi?' 'Ciao!' 'Ti ricordi di me?'
O
forse sarei rimasto muto, immobile, come un deficiente. Magari mi
sarei rinsavito in tempo, non suonando alla sua porta. No,
ormai
che c'ero dovevo provarci. Non feci in tempo a bussare alla
porta, che quella si aprì da sola.
|
Note
Autrice:
Ciao!
:) Scusate se aggiorno solo oggi e non ieri, ma non ce l'ho fatta :\
Sono davvero contentissima del fatto che così tante persone
seguano
questa storia, anche senza recensire (ricordo che a me le recensioni
fanno solo piacere e che non mordo) :) In questo capitolo,
finalmente, è apparso Edward :) Nel prossimo capitolo
– come un
po' avrete già capito – succederanno moooolte cose
;)
Adesso
scappo e spero di aggiornare in tempo :)
Ancora
graziee :)
Autumn__Leaves
:) x
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Capitolo 4 *** Madness ***
PROGRAMMAZZIONE STORIE
Madness
Ero rimasto
immobile, come un
fesso, guardando quel.. bambino. Avrà
avuto all'incirca sui
quattro anni, ma sembrava molto più sveglio del dovuto. Era
abbastanza alto, per la sua piccola età, e portava delle
pantofolone
verdi, che sicuramente usava in casa. Aveva addosso il pigiamino, e
sembrava che si fosse appena svegliato da un letargo di sei mesi. I
capelli, rossicci, erano tutti scombinati. Aveva la pelle lattea, che
risaltava nel tutto. Era un bambino bellissimo, ed era
identico a
me.
Mi guardava,
con i suoi
occhietti verdi. Sicuramente si aspettava – da bravo padrone
di
casa – che mi presentassi. Solo che io ero troppo
frastornato,
anche solo per emettere una sillaba. Era questo che Isabella
nascondeva? Mi nascondeva lui? Ero incazzato, ero triste,
ero
impaurito, avevo voglia di spaccare qualcosa, pur di non rimanere li,
in quella situazione assurda. Cosa stava succedendo? Era
tutto uno
scherzo? Non poteva essere vero.. Solo che la
verità era davanti
a me, in un metro di altezza. Non posso crederci.. Stavo
impazzendo? Forse ero impazzito – ero pazzo – e
quella situazione
non la stavo vivendo veramente. Magari stavo dormendo, magari non ero
mai venuto a Forks. Il bambino mi sorrise, scoprendo una fila di
denti sdentati e non perfettamente dritti. Era identico a me.
Non
sembrava in imbarazzo, non sembrava impaurito, non sembrava essere in
soggezione. Mi sorrideva e basta, sicuro di quello che faceva. Era
identico a me.
Mi ero fatto
trascinare nella
sua cameretta, senza che dicessi nulla. Lui sembrava quasi
conoscermi, e mi chiesi se faceva così con tutti. Lei
glielo
permetteva? In quel momento non ero neanche capace di
pensare il
suo nome, tanta la rabbia che provavo per lei. Mi aveva
nascosto
un figlio. Mi aveva nascosto mio
figlio. Mi
sedetti per terra, accanto ai giocattoli del bambino – del mio
bambino
– rimanendo attonito.
Lui ancora non aveva parlato, ma mi aveva solo sorriso.
«Tu
sei il cugino di mamma?» Il bambino – il mio
bambino
– parlò finalmente, con la sua vocetta acuta e
fine, come solo un
bambino poteva avere. Lo guardai, non riuscendo a capire. Chi
ero io..? Suo cugino? Scossi
semplicemente la testa, ancora troppo provato. Forse il bambino mi
aveva scambiato per un pazzo – che forse ero – ma
ero ancora
troppo intento ad assorbire le “notizie”
per
formulare una frase
di senso compiuto. Dopo i primi dieci minuti, in cui avevo guardato
il bambino – il mio
bambino – e mi ero reso conto di quanto incredibilmente mi
assomigliasse, mi ero reso conto che ancora non conoscevo neanche il
suo nome, oltre lui come persona – per
colpa di lei. Come
l'aveva chiamato? Jacob? Risi
mentalmente, pensando che se mi odiava tanto da nascondermi un figlio
– mio figlio –
forse l'aveva chiamato come Black. Non mi restava che chiedere.
«C-come..
– Tossì, cercando di reprimere il tremolio della
voce, dovuto
dall'emozione di parlare per la prima volta con mio figlio –
..Come
ti chiami?» Lui distolse gli occhi dalla sua costruzione di
giocattoli, guardandomi con i suoi occhioni verdi – identici
ai miei. Mi
sorrise
ancora, un'altra volta, prima di parlare.
«Mi
chiamo Jonathan Swan e ho nove anni..» Mi fece segno con le
ditina
di sette numeri, anziché nove, come lui diceva di sostenere.
Sapevo
che il bambino stava mentendo, lo capivo da quel sorrisetto sghembo,
che aveva accompagnato anche me per tutta l'infanzia e anche adesso,
all'occorrenza. Jonathan
Swan. Sospirai.
Lei
non
l'aveva chiamato
come quello stronzo, almeno.
«Nove
anni, davvero? Te ne davo dieci..» Ridacchiai con lui, mentre
lui si
nascondeva il visino tra le mani, mentre rideva anche lui. Era
identico a me.
«E
tu? Come ti chiami?» Il
bambino mi sorrise, curioso, mentre buttava a terra un trenino
giocattolo, non ritenendolo necessario per la sua costruzione.
«Mi
chiamo Edward.» Sorrisi a
mio figlio, mentre dubbi su dubbi, domande su domande, mi affollavano
il cervello.
«Ecco,
poi metti questa qui e... Fatto!» Jonathan battè
le mani, contento,
guardando la sua mini città-giocattolo. Sembrava davvero
entusiasta
di averla finita, ma dopo poco ci ripensai. Aveva appena buttato
giù
tutto, con la manina. Lui ridacchiava, mentre io mi accingevo a
raccogliere tutti i giocattoli caduti, facendo finta di sbuffare
esasperato. Era
una
peste.
Ormai avevo perso
il conto del tempo da quando ero arrivato in quella casa – da
quando la ma vita era stata capovolta. Avevo “staccato il
cervello”, cercando di dimenticare un po' tutto, giocando per
le
prima volta con mio figlio. Dire che ero confuso era poco –
come
dire che ero incazzato. Mi ero perso parte dell'infanzia di mio
figlio,
ed era tutta colpa di
lei.
Non
avevo avuto il coraggio di andare a cercarla, la stavo aspettando in
camera di Jonathan. Sicuramente sarebbe venuta a controllare se
Jonathan stesse bene, pensando comunque che io fossi Alice.
Mi cadde di
mano il trenino
giocattolo, quando sentì qualcuno tossire. Io e Jonathan ci
girammo,
ma avemmo due reazioni totalmente diversi. Io mi ghiacciai,
guardandola. Lui le saltò addosso, abbracciandola stretta
stretta.
Lei, però, continuava a guardare me.
***
Tossì,
attirando la loro attenzione. Il primo che si girò verso di
me fu
Edward, rivolgendomi un'occhiata di fuoco. Era incazzato, si vedeva,
e i rimorsi tornarono. Jonathan mi travolse letteralmente, urlando
'Mamma! Mamma!' e abbracciandomi forte. Edward non distoglieva gli
occhi dai miei, fino a che non raccolse la sua giacca per terra, per
poi alzarsi nel suo metro e novanta e incombere su di me, come aveva
sempre fatto. Mi indicò con un gesto del capo il corridoio,
facendomi capire che dovevamo parlare. Ovviamente, non avremmo
discusso davanti a Jonathan. Appoggiai il bambino a terra,
promettendogli che sarei tornata subito. Uscì dalla sua
stanza non
guardandomi indietro, sapendo perfettamente che mi avrebbe seguita.
Arrivai all'ingresso, dove il bambino non avrebbe sentito nulla. Mi
appoggiai alla porta e lo guardai, con tutta la rabbia che provavo.
Lo
odiavo.
All'inizio
Edward era rimasto zitto, appoggiato accanto a me alla porta,
guardandosi davanti a se, senza mai incrociare il mio sguardo. La sua
vena del collo pulsava, segno che era parecchio arrabbiato. Lo
ero anche io. Stentavo
quasi a guardarlo negli occhi, tanta la rabbia repressa – per
le
umiliazioni passate e per ora. Come si era permesso di far finta di
essere Alice? Come si era permesso di venire qui, in casa mia, luogo
che serviva per stare lontano da lui e da tutto? Sapevo di avergli
nascosto suo figlio, ma avevo avuto le mie buone ragioni ai tempi.
Poi, se aggiungiamo le inesperienze, il rifiuto dei miei genitori e
la maturazione acerba – se non nulla – era ovvio
che non mi sarei
abbassata ancora – più di quanto avevo
già fatto – chiedendogli
aiuto. Lui non voleva un figlio, non lo avrebbe mai voluto. Ci
odiavamo – ci eravamo sempre odiati –, non saremmo
mai riusciti
ad andare d'accordo.
A sorpresa lui
iniziò a
parlare.
«Perchè
cazzo l'hai fatto?
Perchè me l'hai nascosto?!» Non mi urlava,
perchè non voleva
spaventare il bambino. Io, però, avrei urlato.
«Perchè?!»
Ero incredula. Non se lo immaginava? Non lo aveva capito? Lo
odiavo.
Non lo feci
neanche parlare,
attaccandolo.
«Io
e te ci odiavamo! CI ODIAVAMO! Capisci?! Io non avrei MAI cresciuto
un figlio con te, mai! Quando
ho scoperto di essere incinta ti odiavo! Ti odiavo perché lo
so, che
mi avresti solo sfottuto! E non fare quella faccia! Eri stronzo, eri
immaturo e non te ne fregava un cazzo di nessuno! A te non te ne
importava nulla di me, figuriamoci di mio figlio!» Avevo
esaurito
l'aria nei polmoni, quindi mi fermai, ansimante e con la faccia rossa
dallo sforzo e dalla rabbia. Lui non mi guardava, ma sembrava
incazzato. Con chi era ancora da scoprire. Forse aveva capito.. Forse
aveva capito che la colpa non era sola mia.. Forse era maturato,
magari il tempo l'aveva migliorato – in un po' tutto. Ovviamente,
mi sbagliavo.
Si
girò verso di me, con occhi
spiritati. Parlò lentamente, scandendo bene le parole.
«E'
tutta colpa tua. Mi sono
perso parte dell'infanzia di mio figlio, solo per colpa tua. Voglio
vederlo una volta a settimana, sennò chiamerò
l'avvocato e te lo
toglierò. Siamo chiari?!» Aveva parlato
lentamente, non urlando, ma
con la furia negli occhi.
No,
non poteva togliermi mio
figlio. Tutto, tranne lui. Tutto, tranne il mio bambino. Tutto,
tranne l'unica mia ragione di vita.
Reprimetti
le lacrime, non volendo essere debole davanti a lui. Tutto,
tranne lui. Tutto, tranne il mio bambino. Tutto, tranne l'unica mia
ragione di vita. Annuii
verso Edward, evitando di guardarlo, sapendo che sarei scoppiata a
piangere.
Una
porta sbattè, il mio cuore si spezzò, di
nuovo.
|
Note
Autrice:
Vi
starete chiedendo perchè ho aggiornato un giorno in
anticipo? A
parte per andry15 che me lo aveva chiesto :) Aggiorno ora
perchè
domani non posso e spero di riuscire almeno in una settimana di
finire di scrivere il quinto e almeno iniziare a scrivere il sesto
capitolo (help mee)
Comunque
ringrazio davvero tantissimo tutti per le bellissime recensioni, mi
fa davvero piacere avere “fan” così
attivi :D
Allora
passando il capitolo e sperando di non avervi annoiati con 'ste note
troppo lunghe, volevo solo dirvi una cosa veloce.. SCUSATEE! Lo so,
mi starete odiando per questo finale così.. Beh, orribile :/
Ma
ormai mi sono già fatta tutta un'idea di come dovrebbe
andare la ff
e questo capitolo era fondamentale.
Adesso
devo letteralmente scappare :)
Un
bacione e alla prossima
Autumn__Leaves
P.s.
Ovviamente il titolo è ispirato alla canzone Madness, dei
Muse :')
Autumn__Leaves
:) x
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Capitolo 5 *** Silence ***
PROGRAMMAZZIONE STORIE
Silence
Uscì
di casa velocemente, mentre una leggera brezza mi rinfrescava.
Attraversai la strada, aprendo l'ombrello, sentendo le prime gocce
cadere. Avevo fretta, dovevo andare al supermercato e tornare a casa
in tempo per poi riuscire e andare a prendere Jonathan all'asilo. Con
Edward non mi ero più sentita, se non per un messaggio
formale per
fissare la data in cui avrebbe incontrato Jonathan. Non ero contenta
che lui incontrasse Jonathan, perché non si meritava di fare
il
padre. Ma avrei fatto di tutto, pur di tenermi il mio bambino. Il
mio bambino. La mia unica mia ragione di vita.
Speravo solo che Edward mantenesse la promessa fatta, o mi avrebbero
tolto Jonathan. Non lo vedevo da anni, sapevo che poteva essere
cattivo ma.. Fino
a quanto lo conoscevo io?
Sospirai,
guardando prima l'orologio e poi la lista della spesa. Avrei dovuto
fare in pochissimo tempo, se volevo arrivare in orario in asilo.
Feci
la spesa tranquillamente, senza molti problemi : ricordavo ogni
scaffale, e fu facile trovare le cose. Arrivata al punto 'Acqua' ebbi
qualche problema: non ero molto alta, e lo scaffale era in alto,
troppo
in alto. Stavo
quasi per arrendermi, e darla vinta all'acqua, quando una mano calda
si posò sul mio fianco, mentre prendeva per me l'acqua. Un
panico mi
assali, non sapendo a chi
appartenesse
quella mano. Era
un maniaco? O peggio.. Era Edward?! No,
Dio ti prego no. Non Edward. E neanche il maniaco. Mi girai, gelata e
con il cuore a mille, calmandomi subito dopo. Lo conoscevo, questo
era sicuro, ma non ricordavo esattamente chi fosse. Poi ebbi un
illuminazione, ricordando la sera di Natale. Era Jacob, quel
bell'uomo alto e imponente, con quei suoi irriconoscibili occhi,
belli come sempre. Rimasi impietrita a guardarlo – trattenni
a
stento la bava – prima di riuscire a salutarlo.
«Jacob!»
Esclamai, abbracciandolo forte. Infondo, anche dopo che me n'ero
andata ci eravamo continuati a sentire per telefono, a differenza
degli altri. Lui mi sorrise calorosamente, mettendo in mostra una
fila di denti bianchi e lucenti. Rimasi quasi abbagliata da quel
sorriso: non lo ricordavo così bello.
«Ehi, piccola
nanetta..» Sorrise dolcemente, ricambiando l'abbraccio,
lasciandomi
un bacio sui capelli. Mi staccò leggermente da lui, per
guardarmi
meglio. Io gli feci la linguaccia, per lo stupido e inappropriato
nomignolo che mi aveva affibbiato tempo addietro.
«Alla fine non mi
hai mai concesso un appuntamento, ricordi?» Mi fece un finto
broncio, districandosi dall'abbraccio. Era vero, Jacob mi aveva
sempre chiesto un appuntamento, anche se avevo un bambino. Era
l'unico, fra le vecchi conoscenze, che non mi considerava male.
All'inizio ero rimasta abbastanza sotto schock, quando mi aveva
chiesto di uscire. Avevo negato sempre: non ero ancora pronta per
riprendere a frequentare persone. Però adesso quella
possibilità
non mi sembrava tanto brutta, anche se non lo consideravo come
possibile fidanzato ma più come fidato amico.
«Uhm.. Okay.. –
Lui mi sorrise, abbastanza incredulo. Mi sentivo abbastanza in colpa
per averlo rifiutato fino ad adesso. Spostai lo sguardo sul mio
orologio, rendendomi conto di essere in un terribile ritardo
–
..Però adesso devo davvero scappare, Jonathan mi aspetta
all'asilo
e.. Grazie per l'acqua, ti chiamo dopo!»
Gli sorrisi, prima
di scomparire.
Ero
riuscita ad arrivare in tempo all'asilo di Jonathan, anche se c'era
stato un po' di traffico. Entrai nella piccola scuola tutta colorata,
salutando le maestre e andando a prendere il mio bambino nella
stanza. Agatha, la maestra, mi salutò con un caloroso
abbraccio. Le
sorrisi, come solo una mamma sorride a una persona che vuole bene al
proprio figlio, prendendo in braccio il mio piccino, che sembrava
parecchio stanco. Salutai tutti, mamme comprese, prima di uscire.
Infilai
Jonathan dentro l'auto, nel suo seggiolone, assicurandomi di chiudere
bene tutto. Appena saremmo tornati a casa avrei chiamato Jacob
–
come gli avevo promesso – concedendogli, finalmente, un
appuntamento. Era anni che mi chiedeva di uscire, e solo adesso avevo
deciso di accettare. Forse,
c'entrava Edward. In
parte, sicuramente, c'entrava anche Edward nella mia scelta. Pensai
mentre superavo un vecchietto abbastanza lento, girando poi a destra.
In quel momento avevo solo bisogno di svagarmi, di uscire, di
dimenticare per
una sera i
miei problemi. Avrei chiesto ad Alice, o se avesse voluto Edward, di
tenermi il bambino.
«Pronto, Ali?»
Chiesi titubante, avendo paura che anche 'sta volta avesse risposto
suo fratello.
«Bella! Oh mio
dio! Cos'è successo? Come sta Jonathan? Edward? Alla fine
Edward era
in casa tua? Ha saputo di Jonathan? Cos'ha detto?» Alice mi
attaccò
con una sfilza di domande, facendomi ricordare che, tra tutto il
casino, non l'avevo più richiamata. A quanto sembrava, suo
fratello
non le aveva detto nulla. Quindi stava a me spiegarle tutta la
situazione, di nuovo.
«Che cosa?! Lui
vuole fare cosa?!» Alice non aveva preso particolarmente bene
quello
che mi aveva detto/minacciato suo fratello, ma non si sarebbe mai
immischiata. Erano problemi nostri, lei aveva già fatto
tanto
tenendo nascosto il mio segreto.
«Non ti
preoccupare, lui vedrà Jonathan regolarmente una volta a
settimana
ma.. Alice, non era per questo che ti avevo chiamata.. Ho bisogno che
tu mi tenga Jonathan per una sera, sono troppo stressata e non ce la
faccio più.. – Mi lasciai scappare una lacrima,
per la troppa
angoscia. Non ce la facevo. – ..Ho accettato di uscire con
Jacob..
Voglio tirarmi su..» La sentii sospirare, contenta. Lei mi
aveva
sempre spinta a uscire con qualcuno, ma io mi ero sempre rifiutata.
Per me la mia priorità era: Jonathan. E lo sarebbe sempre
stata.
Solo che dovevo anche pensare – anche solo per una sera
– a me
stessa.
«Certo
che ti tengo Jonathan.. – Ridacchiò, dall'altra
parte del telefono
– ..Ma quando tornerai voglio che mi racconti
tutto!» Risi
apertamente, sentendo ridacchiare anche lei. Quanto
le volevo bene.
«Allora, piccola
nanetta, come sta Jonathan?» Jacob mi sorrise, mentre mi
spostava
galantemente la sedia. Sorrisi a quel piccolo gesto, mentre mi
accomodavo al tavolo di casa sua.
«Jonathan
sta
bene, è cresciuto tanto dall'ultima volta che l'hai visto..
Ma non
credo si ricordi di te, visto che era troppo piccolo..»
Sorrisi a
Jacob, mentre lui mi guardava attentamente.
«Allora dobbiamo
assolutamente rimediare!» Esclamò, battendo una
mano sul tavolo e
sorridendo, mettendo – di nuovo – in mostra il suo
fascino.
Ridacchiai, mentre
annuivo. Ero sicura che a Jonathan sarebbe piaciuto davvero tanto
Jake.
Jacob mi versò un
po' di vino, mentre io mi guardavo leggermente sperduta intorno. La
casa di Jacob era davvero spaziosa, era pulita e in ordine, e persino
profumata. Ero rimasta sinceramente stupita quando ero entrata in
casa sua: mi ero immaginata casa sua quasi come una specie di
caverna. Lui non sembrava molto il tipo da 'uomo casalingo'.
«Bella?» Jacob
mi richiamò, mentre io riportavo gli occhi su la sua figura.
«Si?» Mi mossi a
disagio sulla sedia, mentre lui poggiava il calice di vino sul tavolo
e si guardava in giro, tirandosi su le maniche della camicia bianca.
«Probabilmente..
Beh, si.. Sicuramente ti starai chiedendo perchè io ti abbia
invitato qui, a casa mia, a cenare con me..» Jake sembrava
stranamente a disagio, cosa alquanto strana per uno come lui. Jacob?
A disagio? Ma fatemi il favore!
In realtà non
avevo ragionato molto sul motivo per cui mi avesse invitato a casa
sua, credevo fosse solo qualcosa come.. Una cena.. d'amicizia?
Ma
che stupida che ero stata.
«Io.. Beh, mi
sono accorto di provare qualcosa per te.. – E mi
indicò, mentre io
arrossivo visibilmente –.. E volevo chiederti se ti andava di
provare, infondo Jonathan è già abbastanza grande
e sicuramente
avrebbe bisogno di una figura maschile al suo
fianco, vista la
mancanza di... Lui.» Oh mio dio. Oh. Mio.
Dio. Forse... Forse
avrei dovuto aggiornarlo su... Su questo dettaglio. E
poi.. Oh
cavolo. Una relazione seria? Ora? Non ero pronta. Ma
quando,
sarei stata pronta? Edward non mi voleva e non mi aveva mai voluta,
figuriamoci ora. Quindi, cosa ci perdevo a provarci? Nulla.
Assolutamente nulla. Ci avrei guadagnato solo una vita migliore con
un uomo accanto, amata e desiderata, come era giusto che fosse.
Però, prima di
decidere qualsiasi cosa, e fare passi troppo grandi, dovevo
assolutamente parlare a Jake del piccolissimo dettaglio.
Basta
bugie. Basta menzogne.
«Jake.. Edward è
tornato.»
Silenzio, era
quello che sentivo. Non un minimo rumore, minimo movimento o altro.
Tutto perfettamente immobile e silenzioso, a parte gli occhi di
Jacob, spalancati a dismisura. Sicuramente l'avevo preso di sorpresa
e sicuramente gliene avrei dovuto parlare prima, vista la sua faccia.
Poi un pensiero si insinuò in me, facendomi capire che Jake
avesse
potuto fraintendere fortemente le mie parole.
«Jacob ma.. No!
Dio, non sono tornata con Edward! Non ne ho la
minima
intenzione e poi lo sai meglio di me, che tra me e Edward
c'è stata
solo una notte..» Alle mie parole
sospirò, rilasciando
l'aria repressa. Ma davvero credeva che fossi tornata – se
mai
c'ero stata – con lui?!
«Cazzo, Bella..
Mi hai fatto preoccupare! Io mi ero appena aperto a te, rivelandoti i
miei sentimenti e tu.. E tu mi dici che quello stronzo bastardo
è
tornato! Ti prego, la prossima volta spiegati meglio!» Mi
sorrise,
sollevato e capii la sua preoccupazione. Mi era capitata la stessa
cosa – quasi uguale – anni prima, con Edward. Solo
che lui mi
aveva riso in faccia, ed era ben diverso.
Adesso dovevo
rispondere a Jake, e sinceramente adesso non sapevo proprio cosa
dirgli. Mi aveva preso in contropiede. Ero troppo indecisa, se magari
ora avessi risposto si poi a casa ci avrei
sicuramente
ripensato, e viceversa. Avevo bisogno di tempo, di conoscere meglio
Jacob e di capire un po' come andava.
«Jake, senti.. Mi
hai presa un po' in contropiede, non so davvero cosa risponderti..
Magari possiamo provare a frequentarci, per capire anche un po' cosa
proviamo e.. Magari allora perchè no?» Mi sorrise,
anche se non era
proprio la risposta che si aspettava.
|
Note
Autrice:
Allora,
vi avverto, per prima cosa, che ho uno di quei periodi
“no” in
cui tutto quello che scrivo mi fa schifo e cancello tutto. Ho scritto
questo capitolo qualcosa come due settimane fa, e ho scritto solo
qualche bozza per il prossimo, quindi non so davvero quando e se
riuscirò a pubblicare il prossimo capitolo
venerdì, visto che oltre
tutto sto avendo parecchi problemi in generale. Spero comunque che,
se in caso non pubblicassi venerdì, mi aspetterete. Prometto
comunque che se proprio non pubblicherò la prossima
settimana lo
farò presto. Beh, spero che questo capitolo vi sia piaciuto,
perchè
qui tutto si sta un po' smuovendo e stanno incominciando a cambiare
moolte cose.
Ringrazio
molto tutte le persone che mi seguono e che recensiscono a ogni
capitolo, sappiate che ti tengo molto e apprezzo davvero :')
Adesso
scappo, spero ci rivedremo la prossima settimana..
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Capitolo 6 *** Stupid Edward ***
PROGRAMMAZZIONE STORIE
Stupid
Edward
Raccolsi
i vestiti di Jonathan per la stanza, mentre Alice, seduta sul puf blu
di mio figlio, seguiva attentamente ogni mia mossa. Sembrava volermi
dire qualcosa, ma poi ci ripensava e rimaneva zitta. Mi stava dando
sui nervi, ma sapevo che se l'avessi attaccata non mi avrebbe detto
nulla. Magari dovevo darle del tempo. Magari lei doveva dare
del
tempo a me.
«Bella..
Ti devo dire una
cosa..» Ero addirittura arrivata a pensare che alla fine non
me ne
avrebbe mai più parlato, del problema che tanto la
attanagliava e la
rendeva così insolitamente silenziosa. Così alzai
lo sguardo
curiosa, mentre poggiavo sul tavolino davanti al divano le nostre
solite tazze di thè. Mi accomodai accanto a lei, attenta a
non
bruciarmi, mentre incominciavo a sorseggiare il mio thè. Lei
era
nervosa, mentre si tormentava le mani e si preparava quello che
doveva dirmi.
«E'
tornat-» Non fece in
tempo a finire la frase che il citofonò suonò,
facendomi balzare in
piedi e quasi versare il thè per terra. Oggi Edward doveva
venire a
prendere Jonathan per portarlo fuori a fare una giratina. Non ero
ancora psicologicamente pronta per rivederlo, ma
purtroppo mi
toccava e non potevo nascondermi nell'armadio, come facevo spesso da
bambina. Ero una donna, dovevo affrontare i miei problemi – Edward
– e, magari, anche aprirgli la
porta.
Non feci in
tempo a fare un
passo, che Alice era già alla porta, con in viso un aria
furibonda.
Batteva il piede impaziente che suo fratello entrasse. Eh, se
uno
sguardo potesse uccidere. Lui entrò, sistemandosi
i capelli e
fulminando sua sorella, che si scansò con uno sbuffo per
farlo
entrare. Non lo salutai neanche, mentre mi digerivo impettita verso
la stanza di Jonathan, dove lui stava tranquillamente giocando con le
sue costruzioni. Era così preso a costruire la piccola
città di
plastica, che si accorse di me solo al secondo richiamo. Lo stavo per
prendere in braccio e portarlo di la, all'ingresso, quando il
citofono suonò un'altra volta. Non mi ricordavo di avere
visite.
«Alice!
Per favore potresti
convincere Jonathan a mettersi la giacca?» Urlai per farmi
sentire,
mentre posavo il mio bambino per terra e mi avviavo svelta verso
l'ingresso. Edward era poggiato al muro, quasi nello stesso punto
dell'ultima volta, con le braccia incrociate e lo sguardo puntato su
di me. La porta era socchiusa, segno che qualcuno avesse
risposto al citofono e aperto la porta. Era stata Alice? Alice in
quel momento era in camera con Jonathan. Edward? Era stato Edward? Lo
guardai di sfuggita, mentre spalancavo completamente la porta e mi
lasciavo trasportare da un abbraccio del tutto inaspettato.
Jacob mi
teneva stretta a se,
in quell'antro caldo dove negli ultimi periodi amavo rifugiarmi. Gli
sorrisi, affondando il viso nel suo collo e respirando il suo
profumo.
«Che
ci fai qui?» Bisbigliai
piano al suo orecchio, mentre lui mi lasciava un bacio sulla guancia,
senza mai lasciarmi andare. Ed era così che mi dovevo
sentire?
Innamorata e felice? Ero felice, mi sentivo bene tra le braccia di
Jake, ma non ero ancora sicura di quello che provavo. La sua presenza
era piacevole, era simpatico e carino. Non mi metteva mai a disagio,
sapeva farmi ridere e mi amava. Però
c'era sempre qualcosa di
sbagliato. Era una strana sensazione, che provavo nei momenti di
intimità con Jack – che si riducevano per ora solo
a qualche
carezza e qualche bacio –, che mi faceva sentire
terribilmente
sbagliata, al posto sbagliato.
Jake
stava per rispondermi, quando una tossire estremamente falso ci fece
capire che non eravamo soli. Edward. Jacob
sciolse l'abbraccio e si girò verso Edward, che lo guardava
con un
ghigno divertito. Jake si irrigidì, assottigliando gli occhi
e
stringendomi una mano. Avevo sempre pensato che quei due non
andassero d'accordo, ancor prima della “famosa
notte”. Quando ero
piccola e mamma invitava la famiglia Black e la Cullen a casa della
nonna, per le festività, c'era sempre un certa
ostilità fra di
loro. Non ero l'unica ad essermene accorta, difatti mia nonna Clare
gli aveva sgridati un'infinità di volte sulle buone
educazioni,
visto che quasi faticavano a stringersi la mano. Ma alla fine avevano
rinunciato tutti, lasciandoli fare quello che volevano. Solo che
adesso Edward era il padre di mio figlio, e Jacob il ragazzo che
stavo frequentando. Le cose erano cambiate, tantissimo, e loro
dovevano per forza andare almeno d'accordo.
Stavo
quasi per aprire bocca quando Jonathan sbucò dalla sua
cameretta, in
braccio ad Alice. Salutò con un cenno del capo Jacob, per
poi
guardare freddamente il fratello e consegnarli il piccolo, che si
strofinava gli occhietti a pugni chiusi. Alice trascinò per
un
braccio Jacob in cucina, con la scusa che dovevano conoscersi meglio.
Così mi ritrovai da sola, con Edward e nostro
figlio.
Edward
sembrava leggermente
titubante, mentre si guardava intorno. Tenevo stretto a se Jonathan,
mentre lui dormiva sul suo petto. C'erano così tante cose di
cui
parlare, da programmare. Non poteva continuare a non parlarmi.
«Edward,
dobbiamo incontrarci
per fissare tutte le date in cui incontrerai Jonathan e poi dobbiamo
anche parlare di pratiche burocratiche. Lui ha il mio cognome e.. Non
so se tu lo vuoi riconoscere, ma visto che l'altra volta avevi
parlato di avvocati, allora credo si.» Ero insicura, non
sapevo cosa
stavo dicendo. Lui voleva riconoscere Jonathan? Non lo sapevo! Voleva
continuare a vedere Jonathan? Non lo sapevo! Dove viveva? Da Alice?
Ma per quanto? Non lo sapevo! Avevo un assoluto bisogno di certezze.
Edward
aggrottò la fronte,
tirandosi su Jonathan e stringendoselo su al petto.
«Certo
che voglio riconoscere Jonathan, sennò non sarei qui e..
– rovistò
nella sua giacca, cercando qualcosa. Tirò fuori il telefono
e ci
smanettò qualche secondo, prima di riporlo al suo posto
– ..Per
me va bene venerdì, possiamo incontrarci anche
qui.» Sembrava
stranamente più disponibile, mentre parlavamo civilmente.
L'ultima
volta che ci eravamo parlati in faccia erano state due settimane
prima, in cui lui mi minacciava di togliermi mio figlio. Diciamo, che
non eravamo per nulla in
buoni rapporti. Ma forse in queste due settimane aveva sbollito la
rabbia, aveva fatto chiarezza nei suoi pensieri ed era arrivato a un
punto che se noi, per primi, non ci comportavamo civilmente, non
saremmo mai arrivati ad un punto di svolta.
Annuii
indecisa, mentre
allungavo la mano per stringergliela. Lui alzò titubante la
sua,
stringendo la mia piccola nella sua grande mano calda. Erano sempre
le stesse sensazioni, mi procurava sempre gli stessi brividi, ma
adesso non ero più una bambina, un adolescente immatura. Ero
cresciuta, le mie scelte erano razionali e logiche. Non mi lasciavo
più andare a “nuove sensazioni” o cose
così.
Ricacciai la
mano, leggermente
a disagio, aggiustando le spiegazzature del mio maglione. Lui
sembrò
quasi sorridere a quel gesto, prima di abbassarsi leggermente alla
mia altezza per darmi Jonathan.
Lo presi in
braccio,
lasciandoli un bacio sulla fronte, mentre lui tirava leggermente i
miei capelli e mugugnava sofferente, volendo tornare a dormire.
«Ciao
Jonathan.» Gli lasciai
un ultimo bacetto sulla fronte, prima di riporgere ad Edward mio
figlio e salutarlo.
«Dov'è
Jacob?» Chiesi,
aggrottando la fronte e stiracchiandomi leggermente sullo scomodo
divano. Mi ero addormentata poco dopo che Edward se ne era andato,
sul divano del mio salotto, mentre Alice mi raccontava delle borse
che aveva comprato il giorno prima.
Alice mi
sorrise, prima di dare
un morso alla torta al cioccolato che aveva preparato lei.
«Lui..
– Alice si fermò per bere un po' di latte dalla
tazza, mentre
s'ingozzava di torta – ..Se n'è andato quando ti
ha visto
dormire.» Alice si alzò, facendo cadere le
briciole della torta e
posando il piattino e la tazza nel lavello.
Aggrottai
leggermente la
fronte, perchè Alice non l'aveva trattenuto?
«Bella,
devo parlarti. Io..
Beh, ti ricordi la cosa che ti stavo dicendo prima?» Al mio
cenno di
assenso leggermente confuso, continuò a parlare.
«Io.. Scoppierò
se non te la dico. Edward e Rosalie, tua cugina, stanno insieme. Io
non lo sapevo, ma mamma mi ha detto che lui sicuramente le
chiederà
di sposarla.» Guardai sconvolta Alice, completamente sotto
schock.
Era per questo, allora, che Edward era stato così magnanimo?
Era per
questo che era stato tutti sorrisi e tutto zucchero? Non ci potevo
credere, Rosalie ed Edward. Credevo che non si fossero neanche mai
più rincontrati, da quella “famosa
sera”. Ma ovviamente no, il
fato aveva deciso e loro erano sulla strada delle nozze. Si
sposavano! Quasi svenni, mentre mi appoggiavo al muro e cadevo
lentamente giù, fino al pavimento.
Cosa diavolo
avevo fatto di
sbagliato per meritarmi tutto questo? E cosa erano, quelle che
scendevano dalle mie guance? Lacrime.
Stupido Edward.
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Note
Autrice:
Scusatemi
tantissimo per questo mega ritardo, ma davvero non volevo scrivere
cose forzate e rovinare la fan fiction. So di non aver risposto alle
vostre recensioni, ma le ho letto e ho sorriso quando avete detto che
comunque mi aspetterete.
Spero
commenterete questo capitolo, adesso tutto sta cambiando e vorrei
sapere cosa ne pensate. Le vostre recensioni sono anche fondamentali
per il continuo della fan fiction, da quello che mi dite so
più o
meno cosa scrivere e anche il finale ;) Insomma, non avevo per nulla
idea di reinserire Rosalie fin quando non me l'ha suggerito andry15
haha.
Volevo
farvi una domandina veloce, prima di scomparire. Qualcuno sa
fare
banner? Ne ho un immediato bisogno per questa fan fiction, ci
terrei tanto. Chiunque sappia farlo per favore mi
scriva, mi
farebbe un grandissimo favore. :)
Vado
a scrivere il prossimo capitolo e.. Ah, non aggiornerò
più,
purtroppo, come prima. Cercherò di
scrivere i capitoli appena
trovo tempo, ma sono davvero molto impegnata.
Tanti
auguri a tutti, speriamo il 2014 sia un anno migliore del 2013! (haha
ottimismo in persona yuhu!)
Autumn__Leaves
:) x
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