Ville Valo and his sister

di HIMsteRoxy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo Capitolo ***
Capitolo 2: *** Secondo Capitolo ***
Capitolo 3: *** Terzo Capitolo ***
Capitolo 4: *** Quarto Capitolo ***
Capitolo 5: *** Quinto Capitolo ***
Capitolo 6: *** Sesto Capitolo ***
Capitolo 7: *** Settimo Capitolo ***
Capitolo 8: *** Ottavo Capitolo ***



Capitolo 1
*** Primo Capitolo ***


Le luci dei lampioni sulla strada deserta si alternavano tra di loro, mentre il taxi sfrecciava ad alta velocità verso casa.
Era la notte di Halloween e la città era già pronta a festeggiare questa ricorrenza tra bambini vestiti da streghe, fantasmi, vampiri e zombie che si trascinavano dietro un piccolo secchiello dove riporre alla fine della serata caramelle e cioccolatini. I ragazzi più grandi invece avrebbero passato la serata in qualche discoteca tra musica a palla e drink forti.
Scostai il mio viso dalla superficie fredda del finestrino e mi strofinai gli occhi. Le luci abbaglianti dei lampioni mi avevano quasi accecato e feci fatica a distinguere la sagoma del conducente in penombra.
Controllai l’orologio: mancava ancora un’ora per arrivare a casa, così appoggiai la testa contro il sedile e mi lasciai andare alla musica che la radio accesa stava trasmettendo.
‘’ È da tanto che manca da casa? ‘’ mi chiese ad un tratto il conducente, guardandomi dallo specchietto. Alzai lo sguardo e annui sorridendo debolmente.
‘’ È stato via per motivi di lavoro? ‘’domandò nuovamente, continuando ad alternare gli sguardi tra la strada e me. Annuii ancora. Mi sentivo stanco e non avevo così tanta voglia di tenere una conversazione, per di più con un estraneo.
‘’ Ha famiglia? ‘’ continuò l’altro. Lo guardai stupito, poi scossi la testa in segno negativo, ritornando a fissare la strada. Il conducente però seguito a parlare della propria vita e della sua famiglia, senza accorgersi del fatto che non ero affatto in vena di fare conversazione.
‘’ E lei? ‘’ chiese alla fine, rivolgendosi di nuovo verso di me. Mi scostai dal finestrino e cercai nel suo sguardo il filo del discorso che avevo perso.
‘’ Che lavoro fa? ‘’ ripeté l’uomo, vedendomi spaesato.
‘’ Ehm, sono un artista. ‘’ risposi in modo vago. Non mi andava di spifferare la mia vita privata al conducente di un taxi.
‘’ Un cantante? ‘’ azzardò l’altro, mentre i suoi occhi avevano già cominciato a luccicare.
‘’ Sì, un cantante. ‘’ confermai, sorridendo un po’. ‘’ Le piace cantare? ‘’ chiesi allora, vedendolo felice.
‘’ Oh, è stato sempre il mio sogno nel cassetto, ma alla fine ho lasciato perdere. ‘’ rispose, alternando attimi di felicità e malinconia. Annuii, imbarazzato.
D’improvviso terminò di parlare e si accinse ad alzare il volume della radio. Una voce di donna, la speaker, iniziò a parlare su alcune band che andavano forti in quel periodo. Poi, attese un attimo e inserì in sottofondo una canzone.
Il conducente cominciò a mimarla, picchiettando le dita sul volante, quindi guardò verso lo specchietto e mi sorrise. ‘’ Mia figlia ama questa canzone. Purtroppo la band ha appena finito il tour e non è potuta andare a vederli. ‘’ mi spiegò, indicando la radio.
Io annuii distrattamente, spostando allora la mia attenziona sulla melodia della canzone. Ero così stanco che, inizialmente, non mi ero accorto della familiarità della canzone. La stanchezza che sentivo addosso infatti mi aveva impedito di essere attento. Poi però smisi di ascoltarla, quando il ritmo iniziò a darmi fastidio. La voce roca del cantante si inserì sulla melodia e iniziò a cantare. Sentii allora un crampo allo stomaco e salirmi il nervoso. Riconobbi finalmente la mia voce e sbuffai, cercando di non fare caso alla canzone. Per mesi l’avevo cantata quasi ogni giorno per via del tour e adesso anche solo sentirla mi dava la nausea. Per non parlare poi dei ricordi annessi al testo.
‘’ Non le piace? ‘’ mi chiese il conducente, vedendomi rabbuiato.
‘’ Sì sì, non si preoccupi. Sono solo stanco e non vedo l’ora di andare a letto. ‘’ risposi, cercando di essere gentile.
‘’ Mancano solo cinque minuti e siamo arrivati. ‘’ disse l’altro, sorridendomi.
La speaker della radio interruppe la canzone, dando il titolo e il nome della band. Feci finta di niente e socchiusi appena gli occhi.
‘’ Dicono che il cantante abbia perso la fama di una volta. ‘’ il conducente iniziò nuovamente a parlare.
‘’ Ah sì? ‘’ chiesi, distrattamente.
‘’ Oramai non è più giovane e poi… ‘’
‘’ E poi? ‘’
‘’ Se ne sta sempre rinchiuso in una torre, senza una famiglia. ‘’
‘’ E qual è il problema? ‘’
‘’ Vista la sua età, beh, viene spontaneo farci certe domande. ‘’
‘’ Beh, magari non ha intenzione di formare una famiglia, oppure non ha trovato la ragazza giusta. ‘’
‘’ Ha ragione, ma vivere in una torre non fa bene a nessuno. Credo che così si sia isolato dal mondo intero. ‘’
‘’ Dal mondo intero? Lei crede? E cosa dovrei… dovrebbe fare, allora? ‘’ mi interruppi, sussultando. Mi ero lasciato andare e avevo quasi commesso un errore madornale.
‘’ Siamo arrivati, signore. ‘’ rispose il conducente, mentre frenava adagio. Sospirai pesantemente. Evidentemente non si era accorto del mio piccolo errore. Presi il portafoglio e gli diedi una banconota.
‘’ Oh, non si disturbi. È stato un vero piacere, averla accompagnata a casa. ‘’ rispose, ridandomi la banconota. Lo guardai stupito, senza capire, con la banconota ancora in mano.
‘’ Come dice, scusi? ‘’
‘’ Ha capito benissimo, signor Valo. ‘’
‘’ Come fa a sapere chi sono? Non le ho detto chi ero. ‘’
‘’ Signor Valo, sono le undici di sera del 31ottobre e la gente si riversa per le strade di Helsinki per festeggiare. È salito sul mio taxi per andare a Munkkiniemi, nella segretezza più assoluta e… mi chiede come faccio a sapere chi è lei? ‘’
‘’ Beh, non sono l’unico che abita a Munkkiniemi. ‘’
‘’ Ma uno come lei si nota subito! A proposito per quel discorso… ‘’
‘’ Quale discorso? ‘’
‘’ Sì, come le stavo dicendo prima… Mia figlia non è potuta venire ad uno dei vostri concerti e, appena saprà che Ville Valo è salito sul mio taxi, vorrà come minimo un suo autografo. ‘’
‘’ E va bene! Mi dia qualcosa e… ‘’
‘’ No no! Perché invece non fissiamo un appuntamento o qualcosa del genere? Così mia figlia potrà vederla di persona! ‘’
Lo fissai stupefatto e senza parole. Fissare addirittura un appuntamento? Ma quanta sfacciataggine aveva?!
‘’ Beh, non saprei. Si dovrebbe contattare il mio manager e vedere cosa… ‘’ cercai di prendere tempo, mentre la stanchezza continuava a farsi sentire e non riuscivo a pensare con molta lucidità.
‘’ Oh, grazie davvero! Allora, buonanotte signor Valo! ‘’ concluse il conducente, salutandomi.
Attraversai la strada, ancora scosso. Per tutto quel tempo il conducente aveva fatto finta di non conoscermi solo per estorcermi delle notizie. Non riuscivo ancora a crederci! Aprii il portone di casa ed entrai, trascinandomi dietro la valigia. Accesi l’interruttore e mi lasciai andare sul divano.
‘’ Eccoti, finalmente! ‘’ esclamò una voce femminile, in tono piuttosto arrabbiato. Sussultai per lo spavento e alzai gli occhi per vedere chi fosse. Era mia sorella minore Kira!
‘’ Cosa ci fai tu qua? ‘’ chiesi, perplesso.
‘’ Cosa ci faccio qua? ‘’ Piuttosto dove sei stato tu? ‘’ chiese di rimando, lei.
‘’ Sono appena arrivato. ‘’ risposi, non riuscendo a capire dove volesse arrivare.
‘’ Ed io sono due ore che aspetto! ‘’ alzò la voce. I suoi capelli neri ondeggiarono appena, mentre i suoi occhi verdi continuavano a fissarmi furiosi.
Ricordai allora della telefonata di mio padre e mi sentii sprofondare. Aveva infatti chiamato due giorni prima per avvertirmi dell’arrivo di Kira. Non ebbi nemmeno il tempo di protestare che fui obbligato ad accettare di ospitare per alcuni mesi mia sorella. Proprio per questo motivo il tour, in cui ero impegnato, era terminato prima del previsto e mi ero così dimenticato della faccenda ed ero addirittura arrivato ad Helsinki con alcune ore di ritardo.
‘’ Scusami, ma me ne sono totalmente dimenticato. E poi l’aereo ha avuto un ritardo e ho dovuto prendere un taxi. ‘’ dissi, dispiaciuto.
‘’ Sì, okay. ‘’ rispose lei, sbuffando.
‘’ Non mi credi? E poi che ci facevi al buio? ‘’
‘’ Aspettavo te. ‘’
La fissai incerto. ‘’ Al buio? ‘’
‘’ Non trovavo l’interruttore. ‘’ rispose infine, arrossendo. Mi scappò una sonora risata e lei mi trucidò con lo sguardo.
‘’ Hai fame? In frigo dovrebbe esserci qualcosa… ‘’ iniziai a dire, spostandomi verso la cucina.
‘’ Ho già controllato. E non c’è nulla di mio gusto. ‘’ rispose, incrociando le braccia. Alzai le spalle, dispiaciuto.
‘’ Perché allora papà ti ha spedita qua, a Munkkiniemi? ‘’
‘’Chiedilo a lui! ‘’
‘’ Che hai combinato? ‘’
‘’ Io, niente! Dice che non studio, eccetera, eccetera… ‘’
‘’ E ti ha spedita qua perché… ‘’
‘’ Per punizione! ‘’
In quel momento iniziò a squillare il mio cellulare e risposi. ‘’ Sì? ‘’
‘’ Ciao Ville, è arrivata Kira? ‘’ mi domandò mio padre.
‘’ Sì, è già qua. ‘’
‘’ Oh, bene! ‘’
‘’ Perché l’hai mandata qua? ‘’
‘’ Ho pensato che le farebbe bene cambiare aria per un po’ e poi… ‘’
‘’ E poi cosa? ‘’
‘’ E poi sei sempre così solo…. ‘’
‘’ Cosa?! Sto bene così! ‘’
‘’ Oh, dai Ville! In ogni caso, è solo una sistemazione temporanea, per qualche settimana, mese… ‘’
‘’ Mese?! Ma io ho dovuto terminare prima il tour per ritornare subito a casa! Pensavo che ci fosse un motivo veramente urgente per… ‘’
‘’ Non te ne pentirai, vedrai. Adesso però ti devo lasciare, ci sentiamo! E salutami Kira! ‘’
 
‘’ Ti saluta… ‘’ dissi, rivolto verso Kira, quando finii di parlare al telefono.
‘’ Poteva anche non telefonare! ‘’
‘’ Mettiamo le cose in chiaro, Kira: prima ricominci a studiare e prima te ne torni a casa. E dormirai sul divano. Adesso io vado a dormire, buonanotte! ‘’
‘’ Cosa?! A dormire? Sono solo le undici! ‘’
La guardai senza capire. ‘’ Cosa vorresti fare? ‘’
‘’ Io esco. È la notte di Halloween. ‘’
‘’ No! Non puoi uscire. Ora sei sotto la mia responsabilità e… ‘’
‘’ E cosa? ‘’
‘’ Io sono stanco e non ho nessuna voglia di stare ancora in giro. ‘’
‘’ Sei sempre il solito! Non c’è nessun problema, comunque. ‘’ concluse, prendendo la borsa e uscendo. La fissai, sbalordito. Non bastava la chiacchierata con il conducente del taxi, adesso ero costretto pure a seguire quella svitata di mia sorella per tutta Helsinki, solo per non rimangiarmi la parola data a mio padre.

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Capitolo 2
*** Secondo Capitolo ***


‘’ Kira! ‘’ gridai, mentre scendevo le scale. Mi ficcai in testa il berretto e la mia solita sciarpa. ‘’ Kira, aspetta! Almeno dimmi a che ora torni! ‘’ continuai a gridare, mentre con una mano mi appesi al corrimano della scala per evitare di cadere a terra per la fretta.
‘’ Non lo so, non ti preoccupare! ‘’ mi rispose urlando di rimando, svanendo nel buio della notte.
Mi ritrovai sul ciglio della strada, mentre intravedevo Kira correre e girare l’angolo. Rimasi per qualche secondo a fissare come uno scemo la strada, quando il gelo mi entrò fin dentro le ossa e rabbrividii. Non dovevo preoccuparmi? Era pur sempre mia sorella, diamine! La vedevo solo nelle festività, quando andavo a trovare la mia famiglia e in quelle stesse circostanze non mi ero mai preoccupato di lei e di quello che combinava. C’erano i miei genitori ad interessarsi di lei, non io. Io avevo la mia musica e quello era l’unico motivo per cui andavo avanti. Adesso però Kira era sotto la mia responsabilità.
Mi guardai attorno rassegnato. Il viaggio mi aveva stancato e volevo solo andare a dormire.
No, dovevo resistere!
Mi strinsi nel mio cappotto e mi avviai verso il mio bar preferito, il Tavastia. Girai prima a sinistra, poi a destra e di nuovo a sinistra e rimasi deluso nel vedere il bar chiuso. Era il giorno di chiusura ed io ero me ne ero totalmente dimenticato. Sospirai e alzai gli occhi al cielo. Dopo quella giornata avevo bisogno di una birra e di un po’ di relax. Così decisi di entrare nel primo bar che avrei trovato aperto e alla fine avrei cercato Kira.
Quest’ultima parte del piano però non mi convinceva molto. Come facevo a trovare un’adolescente a Helsinki la notte di Halloween? La città era piena di locali e altri posti dove si festeggiava tale festività.
Intravidi all’improvviso l’insegna di un locale ed entrai, dimenticando per il momento il problema. Mi avvicinai al bancone, facendomi spazio tra la moltitudine di gente che parlava, beveva e ballava. La musica era abbastanza alta e gesticolai nervosamente al barman di volere solo una birra.  La calca era insopportabile e sperai che arrivasse subito.
Evidentemente quello non era il mio giorno fortunato: prima il ritardo, poi la conversazione con il tassista, mia sorella, il mio bar preferito chiuso e infine tutta questa confusione che mi opprimeva.
Due ragazze, vestite per l’occasione con abiti succinti, scesero dal piano di sopra, dove evidentemente si stava svolgendo la vera festa, e mi fissarono ammiccando con malizia. Le guardai, aggrottando la fronte, quindi mi accorsi che il barman finalmente mi porgeva la mia birra. La presi e cominciai a sorseggiarla lentamente.
Le ragazze continuarono a fissarmi e ad ammiccare verso di me, mentre anche loro ordinavano un drink. Alzai la birra, assecondando i loro sorrisi. Era pur sempre una festa! Al diavolo la stanchezza e mia sorella, soprattutto!
Una terza ragazza si aggiunse alle sue, le quali le bisbigliarono qualcosa all’orecchio. Pensai che stessero parlando proprio di me, forse mi avevano riconosciuto. La nuova arrivata, vestita con un abito cortissimo, si voltò verso di me e sussultò improvvisamente, come se avesse appena visto un fantasma. Ammiccai allora verso di lei, la ragazza però si girò dall’altra parte e fece segno alle altre due di allontanarsi in fretta.
Restai un po’ deluso e terminai la mia birra, ma l’unica parte del mio cervello ancora non annebbiata dalla stanchezza e dall’effetto dell’alcool, mi riportò alla realtà. Avevo già visto la terza ragazza che si era aggiunta alle due; aveva infatti qualcosa di familiare. Cercai di intravederla tra la folla e quando la individuai, sussultai.
‘’ Kira! ‘’ esclamai, lasciando il bancone e cercando di raggiungerla. Lei fece finta di non sentirmi e affrettò il passo. Scostai allora bruscamente la gente che ballava attorno a me e finalmente la raggiunsi. ‘’ Kira! ‘’ ripetei, eloquente. Lei mi guardò contrariata, sbuffando.
‘’ Come sei vestita? ‘’ domandai, sconvolto. Non era mica uscita di casa in quelle condizioni!
‘’ È Halloween, Ville! ‘’ rispose, alzando le spalle.
‘’ Kira, lo conosci? ‘’ domandò curiosa una delle due ragazze.
‘’ Certo che lo conosco! Chi non conosce Ville Hermanni Valo? ‘’ 
‘’ Sono suo fratello. E tu ora torni a casa con me! ‘’ risposi, indignato, mentre la spingevo verso l’uscita. Percepii alle mie spalle le risate e i commenti inopportuni delle due ragazze. Forse avevo esagerato un po’.
‘’ Lasciami! ‘’ sbottò Kira, liberandosi dalla mia presa.
‘’ Se ti vedesse papà… ‘’ dissi, mentre la squadravo dall’alto verso il basso. Portava i tacchi e si era pure truccata in modo esagerato. Mi accesi allora una sigaretta per frenare la rabbia.
‘’ Non so più libera di fare ciò che voglio! Prima papà e adesso anche tu! Chi ti credi di essere? ‘’
‘’ No, c’è un limite a tutto! Sei ancora una ragazzina… e non puoi conciarti in questo modo. ‘’
‘’ Certo! Parla quello che invece di lavorare come la gente normale, ha deciso di girare il mondo insieme ad una stupida band, suonando una musica ancora più stupida! ‘’
‘’ Cosa c’entra adesso? ‘’
‘’ Non fai altro che bere e fumare solo per un tuo capriccio. Sei patetico e anche vecchio! Non riesci nemmeno a trovarti una ragazza. Sfigato! ‘’
Mi fermai all’improvviso e le mollai un ceffone, senza pensare. Kira si ritrasse e si massaggiò la guancia, ora arrossata. Poi cominciò a correre in direzione della torre, cercando di tenere a freno le lacrime. La vidi in lontananza entrare nel giardino e sospirai. Finii di fumare ed entrai anch’io.
Mi sentivo in colpa per averle dato uno schiaffo, ma lei mi aveva provocato. Cosa avrebbe fatto mio padre al mio posto? Oh, mio padre! Si era sbarazzato di Kira, mandandola a Munkkiniemi! Perché proprio io? Non ero altro che suo fratello, non potevo vivere in sua compagnia, avevo i miei impegni… No, invece! Avevo fatto benissimo a comportarmi in quel modo! Se l’era meritato!
Intravidi Kira seduta sul divano, mentre continuava a massaggiarsi la guancia. Appena mi vede si voltò dall’altra parte per evitare il mio sguardo.
Feci finta di niente e andai in camera da letto. Mi stesi sul tetto e fissai il soffitto. Ero ancora troppo nervoso per dormire. Ripensai così alle parole di Kira: mi aveva chiamato patetico, vecchio e sfidato. Ero davvero così? Eppure il tassista era anche lui convinto che avessi perso la fama di un tempo. Io avevo continuato a fare musica e non mi ero preoccupato delle dicerie, ma mio padre aveva ragione. Ero sempre solo, ma non era colpa mia se non avevo ancora trovato la ragazza giusta!
Mi alzai dal letto e mi diressi in soggiorno, dove osservai Kira dormire serenamente sul divano. Le adagiai sopra una coperta, presi una birra dal frigo e tornai a letto. Che giornata! L’indomani ne avrei riparlato con Kira. Non era stata mia intenzione litigare, ma lei aveva superato già il limite. Così non poteva proprio andare.
Finii la birra e mi addormentai, cercando di scacciare via i pensieri che mi opprimevano.

 

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Capitolo 3
*** Terzo Capitolo ***


Il sole fece capolino in una giornata fredda e nuvolosa. Mi alzai di malumore e mi trascinai borbottando, come se fossi un peso morto, verso il soggiorno. Mi sentivo le palpebre incollate agli occhi e la luce del sole cominciò anche a darmi fastidio. Urtai qualcosa di molto grosso e pesante e barcollai, imprecando. Abbassai allora lo sguardo e vidi la mia valigia. Avevo dimenticato di disfarla.
Entrai in cucina e mi preparai un caffè per svegliarmi da questo torpore, ma questo non bastò nemmeno. Così barcollai verso il bagno per sciacquarmi la faccia. Aprii la porta e un urlo mi fece spaventare e svegliare del tutto.
‘’ Ville! ‘’ dannazione! Mi ero dimenticato della presenza di Kira, la quale era immersa beatamente nella mia vasca da bagno e nel vedermi, cominciò ad imprecare.
‘’ Scusa, Kira! ‘’ risposi, stropicciando gli occhi.
Kira di rimando mi tirò la prima cosa che le capitò tra le mani. L’impatto fu violento e l’oggetto, dopo aver sbattuto contro la mia fronte, ricadde a terra, colpendo stavolta il mio piede destro. Urlai per il dolore e mi accorsi di cosa mi avesse tirato: uno dei libri, un grosso volume, che stavo leggendo in quel periodo per rilassarmi.
‘’ Ma sei completamente pazza?! ‘’ alzai la voce, mentre mi massaggiavo la fronte. Adesso ero completamente sveglio, ma nervoso!
‘’ Vattene! ‘’ mi urlò, mentre ero ancora dentro il bagno. Nel frattempo il cellulare iniziò a squillare e andai così a rispondere, dimenticando però di chiudere la porta. ‘’ Sì? ‘’ risposi, mentre ritornavo subito a richiuderla.
‘’ Ti ho detto di andartene! ‘’ mi gridò ancora Kira.
‘’ Ville? ‘’ domandò incerta la voce al telefono.
‘’ Kira, finiscila di urlare! ‘’ dissi, mentre richiudevo la porta. Sospirai pesantemente e mi dedicai alla telefonata.
‘’ Kira? È una delle tue nuove conquiste? ‘’ domandò allora l’altra voce.
Nel caos più totale imprecai contro Kira ed entrai in cucina. ‘’ Ma chi parla? ‘’ chiesi, allora, scocciato.
‘’ Sono il tuo manager, Ville. ‘’ rispose l’altro, un po’ seccato.
‘’ Ah, sei tu! Allora vedi di farti gli affari tuoi. Che c’è? ‘’
‘’ Si è messo in contatto con me un certo signore, riferendomi del vostro accordo… una specie di appuntamento. Non so, non ho compreso bene. ‘’
‘’ Cosa?! Ma di che stai parlando? ‘’
‘’ Sì, sua figlia è una tua fan e… ‘’
‘’ Io non ho parlato con nessuno. Adesso scusami, ma sono troppo impegnato… ‘’ feci per concludere la chiamata. La giornata era iniziata malissimo, adesso ci si metteva pure il manager. ‘’ Aspetta! Hai detto che sua figlia è una mia fan?! ‘’ esclamai, stupidamente. Ricordai però della conversazione con il tassista.
‘’ Sì, suo padre fa il tassista. Mi ha detto di averti parlato e che alla fine vi siete pure messi d’accordo. Non è forse così? ‘’
‘’ In un certo senso. Ma io pensavo che non facesse sul serio. Diamine! ‘’
‘’ Allora? Che devo fare? Quando sei libero? ‘’
‘’ Mah, non saprei. La prossima settimana? Adesso proprio non posso! Ma che sia una cosa sbrigativa! Inventati una scusa e niente giornalisti o cose del genere… ‘’
‘’ Ma Ville io avevo in mente di fare una specie di evento… vista l’occasione. ‘’
‘’ Cosa?! Sei impazzito? ‘’
‘’ I fan si stanno ribellando. Avete terminato prima il tour, senza una ragione precisa e… A proposito, hai risolto i tuoi problemi familiari? ‘’
‘’ No! ‘’ risposi secco, fissando la porta del bagno.
‘’ Capisco. Allora lascia fare a me. La prossima settimana organizzerò questo evento così daremo la possibilità a tutti di avere un tuo autografo o una foto con te. ‘’
‘’ Ma io non sono d’accordo… ‘’
‘’ Oh, non ti preoccupare. Sarà una cosa velocissima. Adesso ti saluto! ‘’ concluse l’altro, mettendo fine alla chiamata.
Restai incredulo e scaraventai il cellulare sul divano. Da quando Kira aveva messo piede a Munkkiniemi, niente stava andando per il verso giusto.
A proposito di Kira, dovevo ancora parlarle. Se mi fossi alzato con il buonumore le avrei anche chiesto scusa, ma dopo l’ennesimo episodio avevo rinunciato ad essere paziente con lei.
‘’ Kira, hai finito? Mi serve il bagno. ‘’ le gridai, mentre mi accorgevo che ci stava mettendo anche troppo lì dentro.
‘’ No, mi dispiace! ‘’
Decisi allora di aspettare sul divano, mentre nel frattempo mi accendevo una sigaretta. La fronte era ancora dolorante e così mi sdraiai su uno dei cuscini.
Dopo mezz’ora, finalmente Kira uscì dal bagno e, prima che le potessi dire qualcosa, uscì di casa.
‘’ Kira, dobbiamo parlare! ‘’
‘’ Non posso, devo uscire! Ciao! ‘’
Entrai allora in bagno, mi sciacquai la fronte e gli occhi, e mi vestii. Non era nemmeno passato un giorno che già Kira aveva scombinato la mia giornata e i miei piani. Se non si dava subito una regolata, l’avrei sbattuta fuori di casa. Non potevo farlo, però. Mio padre se la sarebbe presa con me. Per non parlare di mia madre! Kira era sempre stata la sua prediletta.
Sospirai esausto e decisi allora di andare a parlare della faccenda direttamente con mio padre, prima di agire impulsivamente.

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Capitolo 4
*** Quarto Capitolo ***


Arrivai piuttosto perplesso dinanzi il negozio di mio padre. Per tutto il tragitto mi chiesi se veramente ne valesse la pena. Fissai da fuori l’interno del negozio e vidi le sagome di due ragazze e quella di mio padre. Quest’ultimo si accorse di me e mi fece cenno di entrare. Mi guardai attorno e alla fine entrai.
Le due ragazze mi fissarono e cominciarono a sorridere. Una inciampò sull’altra e non riuscii a trattenermi dal ridere. Poi pagarono la loro roba e uscirono salutandomi, timidamente. Ricambiai e mi avvicinai verso mio padre.
‘’ Ho un problema, papà. ‘’ dissi, cercando di trovare le parole giuste.
‘’ Ciao anche a te, Ville. Ti servono soldi? ‘’
‘’ Cosa?! Soldi? ‘’ domandai, perplesso. Non mi ero aspettato una domanda del genere. ‘’ No, volevo parlarti di… ‘’
‘’ Ah, prima che me ne dimentichi… ci sono un sacco di autografi da firmare. ‘’
‘’ Non ora. È successo un casino e volevo avere una tua opinione. ‘’
‘’ Perché prima non vai a salutare la mamma? ‘’
‘’ Papà! ‘’
Ma purtroppo il mio cellulare iniziò a squillare. A malincuore risposi. ‘’ Sì? ‘’
‘’ Ville, ho organizzato tutto e ho anche avvisato gli altri. ‘’
‘’ Ma non ti avevo detto di… ‘’
‘’ Sarà una bella occasione per far tacere anche i giornali. ‘’
‘’ Sì, ma…. Hey, papà, aspetta! ‘’ risposi, guardando in direzione di mio padre, che stava per allontanarsi.
‘’ Ci vediamo la prossima settimana, allora! ‘’ concluse il manager, riattaccando.
Mi voltai perplesso verso mio padre, il quale si era messo a sistemare della merce. ‘’ Papà… ‘’ cominciai di nuovo a dire.
‘’ Ville, scusami. Ho molto da fare. Ne parliamo un’altra volta, okay? ‘’ rispose, dandomi le spalle.
‘’ Ma è importante! ‘’
‘’ Vedrai che risolverai tutti i tuoi problemi. Anche questo, ne sono sicuro. E salutami Kira. ‘’
Lasciai il negozio, più sconsolato di prima, e mi incamminai verso casa. Avevo sprecato solo tempo e non avevo risolto nessun problema. Erano passati solo due giorni e già Kira mi aveva dato solo problemi. Forse ero io a sbagliare approccio con lei. Forse dovevo trattarla in modo diverso.
Quel pomeriggio decisi di rilassarmi, così mi rinchiusi in camera mia per comporre qualche canzone, o almeno cercai di provarci. Kira era in soggiorno ad ascoltare musica ad un volume troppo alto. Più di una volta non riuscii a concentrarmi, ma mi dissi di restare calmo e di non aggredirla come avevo fatto nelle ultime ore. Avevo accettato di ospitare mia sorella e adesso dovevo rispettare anche la sua privacy, dopo il piccolo incidente in bagno.
Kira alzò ancora il volume e sospirai, mentre sentivo dentro di me salire il nervoso. Posai allora la chitarra sul letto e mi accesi una sigaretta. Mi alzai e guardai distrattamente fuori dalla finestra, fino a quando persi la pazienza. ‘’ Kira, abbassa il volume! ‘’ le gridai dalla mia camera. Aspettai qualche minuto e non accadde nulla. ‘’ Kira! ‘’ riprovai, ma lei non rispose. Aprii allora la porta e la raggiunsi in soggiorno.
Se ne stava seduta sul divano con un libro in mano, mentre canticchiava allegramente e mi ignorava.
‘’ Puoi abbassare il volume, per favore? Non riesco a concentrarmi. ‘’ le chiesi, gentilmente.
‘’ Ti stavo per chiedere la stessa cosa. Sto studiando. ‘’ rispose, sarcastica, e alzando di nuovo il volume. La guardai sbalordito.
‘’ Cosa?! Stai studiando? È successo un miracolo, per caso? ‘’
‘’ Non è quello che volete tu e papà? ‘’
‘’ Come riesci a concentrarti con un volume così alto? ‘’
‘’ Almeno non sento le tue stupide canzoni d’amore. ‘’ rispose, ritornando a leggere il libro. Sgranai gli occhi, stupito. Io non cantavo stupido canzoni d’amore.
‘’ Perché dici questo? ‘’
‘’ L’amore non esiste. ‘’ rispose, freddamente.
Restai a fissarla, incredulo. Era solo una ragazzina e già pensava ad una cosa del genere? Non erano di certo i pensieri di un’adolescente. Avrebbe dovuto vivere la sua vita in modo più spensierato. Anche se io, alla sua età, avevo già avuto delle delusioni, l’amore per rappresentava il fulcro della mia esistenza. Era l’unico motivo per cui la mattina mi alzavo e per cui continuavo ad andare avanti.
Feci per replicare, ma mi fermai in tempo. Ero solo suo fratello e non potevo impicciarmi della sua vita, se fino a quel momento non mi ero mai interessato di lei.
Quella sua frase però mi aveva provocato un crampo allo stomaco. Dopotutto forse aveva anche ragione, ma il modo in cui l’aveva detto…
Ritornai nella mia stanza, mi sedetti sul letto e rimasi a fissare il soffitto. Era riuscita a sconvolgere non solo le mie giornate, ma anche i miei sentimenti, tutto ciò che avevo provato in tutti quegli anni.
Io che cantavo e che scrivevo canzoni d’amore, io che avevo impegnato la mia vita in tutto questo, adesso mi sentivo perso… mi aveva spiazzato. Se l’amore non esisteva, allora perché continuavamo a vivere?

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Capitolo 5
*** Quinto Capitolo ***


La settimana trascorse rapidamente e mi ritrovai ben presto a dover affrontare l’evento che il manager della band aveva creato per calmare le migliaia di fan, che dopo i concerti annullati, si erano rivoltate contro.
Era un comune giorno, ma per me si era rivelato l’incubo peggiore. Dovevo essere ormai abituato a queste circostanze, ma ritrovarmi di nuovo in un luogo affollato di gente bramosa di una mia foto o di un mio autografo non era il massimo della felicità. Preferivo di gran lunga i concerti, dove potevo cantare per ore e ore ed esternare le mie emozioni.
Quella sera mi preparai, scegliendo a caso una maglietta dall’armadio e mettendo il mio solito berretto scuro.
‘’ Kira, io sto uscendo. Farò tardi. ‘’ dissi, salutando mia sorella.
Kira era seduta sul divano, intenta a guardare la televisione. ‘’ Sì, okay. Ciao! ‘’ rispose, senza degnarmi di un solo sguardo. Sbuffai, scendendo le scale.
Uscii dal cancello e lì, ad aspettarmi, trovai un taxi. Una piccola cortesia da parte del manager. Entrai e diedi indicazioni al tassista, il quale partì immediatamente.
‘’ Ma lei non è il signor Valo? ‘’ domandò retoricamente il tassista, ridendo.
‘’ Sì, sono io. Perché ride, scusi? ‘’
‘’ Non mi riconosce? ‘’
Lo fissai e non capii il perché della sua domanda. Di certo non potevo ricordarmi qualsiasi persona che incontravo per strada. Ed io di gente ne avevo vista, eccome.
‘’ L’ho accompagnata a casa, quella sera di Halloween. ‘’
Per un attimo non ricordai nemmeno cosa avevo fatto quella sera, poi però mi venne in mente la breve e fastidiosa conversazione con il tassista impertinente. Abbassai lo sguardo, roteai gli occhi, lo rialzai di nuovo e sorrisi gentilmente, anche dentro pregai di arrivare sul posto il prima possibile.
Il tassista sorrise e riprese a guardare la strada davanti a sé. Sperai che non si ricordasse della promessa che mi aveva strappato quella sera e che iniziasse a conversare.
‘’ Mia figlia sarà davvero contenta di poterla vedere. ‘’ iniziò a dire, dopo qualche secondo.
‘’ Sì, posso immaginare. ‘’ sorrisi, svogliatamente.
‘’ Sa, è stata così fortunata. Ha pure vinto il pass per entrare; così mi ha detto. ‘’
Non capii se stava scherzando o se era serio. Lo guardai sconvolto. Se pensava che c’avessi creduto, allora ero un idiota totale. Tutta questa cosa era stata creata solo per un suo capriccio. Mi ero lasciato sfuggire un sì e il manager aveva risolto il problema, cogliendo l’occasione al volo.
Per fortuna il tragitto durò poco e così entrai subito nel locale, dove si sarebbe svolto l’evento. Incontrai gli altri ragazzi della band e mi appartai assieme a loro e al manager per discutere degli ultimi dettagli: avremmo suonato, nel primo tempo, alcune canzoni e, nel secondo tempo, ci saremmo dedicati al vero e proprio meet&greet.
Così dopo aver cantato Right Here In My Arms, Wicked Game, In Joy and Sorrow, The Funeral of Hearts per poi passare infine a Tears on Tape, mi preparai psicologicamente al secondo tempo della serata.
Orde di fan erano in fila ad aspettare il fatidico momento. Scalpitavano e ridevano, mentre i loro occhi erano tutti puntati su di me. Quella era decisamente una giornata no e sperai di riuscire a trattenere i miei istinti per non rovinare almeno la serata a tutta quella gente che aveva aspettato ore e ore, fuori dal locale.
Firmai una miriade di autografi, mi misi in posa per centinaia di foto e strinsi migliaia di mani e abbracciai chiunque, solo per compiacere le fan e il manager.
A fine serata tornai a casa davvero stanco. Ero così esausto, avevo un gran mal di testa e avevo solo voglia di andare a dormire e di non alzarmi più dal letto. Avrebbero fatto a meno di me per almeno un mese.
Aprii la porta di casa e trovai Kira addormentata sul divano, con il telecomando ancora in mano. La tv era rimasta accesa per tutta la sera. La guardai dolcemente. Nonostante i nostri litigi aveva voluto aspettare il mio ritorno, ma era crollata a causa del sonno.
Presi una coperta e gliela adagiai sopra. Ma nel fare quel movimento qualcosa cadde a terra: era un piccolo quadernetto, forse un diario, aperto a metà. Lo raccolsi da terra e non riuscii a non leggere il suo contenuto:
 
Sono passate settimane da quando io e Mikko ci siamo lasciati. So che non vale la pena continuare a pensare a lui, ma non ci riesco. Mi manca da morire e vorrei che tutto ciò non fosse accaduto.
Perché gli uomini sono così insensibili?!
 
Rimasi sconvolto. Per tutti quegli anni avevo visto Kira come una ragazza immatura. La verità era però che anche lei stava soffrendo per amore, come era accaduto a me, tanti anni fa.
Ero stato così egoista nei suoi confronti, come se fossi stato l’unico ad aver avuto una delusione d’amore. Il mondo non girava attorno a me e, fino al quel momento, non ero stato in grado di capirlo.

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Capitolo 6
*** Sesto Capitolo ***


Non feci parola a Kira del suo diario, l’indomani. Sapevo che in questo modo avrei solo invaso la sua privacy; cosa che non avrei mai fatto in ogni caso. Così tentai di fare di finta, anche adesso iniziavo a capire l’intera situazione in cui si era cacciata.
Kira si era presa una cotta per questo Mikko e questo aveva causato come conseguenza un calo dei suoi voti scolastici. Non sapevo se tra di loro ci fosse qualcosa di serio, se così si poteva definire, ma non mi andava nemmeno di chiederglielo direttamente.
Adesso però mi sentivo quasi in colpa per averla trattata male e per non esser riuscito a comprenderla, dove magari i miei genitori avevano fallito. Probabilmente lei non aveva fatto parola di questa infatuazione con nessuno e, invece di parlarne, aveva preferito tacere e prendersi rimproveri su rimproveri.
Adesso però volevo aiutarla in qualcosa modo, per farle passare questo brutto momento che stava vivendo e per tornare il più presto possibile alla normalità. Sapevo benissimo quanto fosse difficile, ma non sapevo esattamente con approcciarmi con lei. Non volevo farle la paternale, né comportarmi da fratello maggiore qual ero, proteggendola. Volevo solo parlarle da confidente o amico, se me lo avesse permesso. Sembrava che in questo momento ne avesse davvero bisogno.
Riflettei su ogni modo possibile per poter affrontare al meglio l’argomento, senza ferirla o offenderla e cercando soprattutto di restare in disparte, senza impicciarmi troppo dei suoi affari. Sapevo infatti quanto fosse orgogliosa e di sicuro avrebbe preferito tacere, piuttosto che parlare con me.
Ebbi però l’occasione, in modo indiretto, proprio quel pomeriggio, mentre lei era intenta ad ascoltare della musica. Stavolta aveva cambiato genere e non stava ascoltando le solite canzoni in voga che si sentivano sempre alla radio, ma una delle tante canzoni che avevo scritto per la band.
Mi stupii tanto quando riconobbi la musica e la mia voce; mi faceva sempre uno strano effetto risentire le mie canzoni in questo modo. Ripensai allora alle sue parole di giorni fa, quando aveva criticato duramente me e la mia band. Sapevo benissimo che io e lei avevamo gusti diversi, ma adesso si era messa ad ascoltare me, che cantavo di delusioni d’amore, di cuori spezzati e di malinconia e nostalgia. Forse quello era l’unico modo possibile per avvicinarmi a lei, tramite appunto alle parole delle mie canzoni. Le aveva disprezzate, ma in fondo invece si era sentita consolata e accolta. Si era sentita così vicina ad esse, ma era stata fin troppo orgogliosa per ammetterlo veramente.
In ogni caso la musica era sempre un buon aiuto: a me aveva aiutato moltissimo. Non avevo ancora scoperto la soluzione al problema ‘ pene d’amore ‘, ma incanalare le mie emozioni tramite le parole e la musica aveva già risolto metà del problema.
Mi stupii però ancora di più quando venne in camera mia, con il cd in mano, e si sedette sul letto, con fare indifferente.
‘’ Sai cosa? Questo qui è passabile, anche se, secondo me, è un po’ troppo deprimente. Ci credo che sia così, però! Vivi in questa torre, tutto da solo. Secondo me è colpa di questo posto, se poi scrivi certe canzoni. Dovresti uscire e trovarti una ragazza, così almeno non ti metti a scrivere canzoni strappalacrime. ‘’
‘’ Ah sì? Sembri nostro padre, adesso. Sentiamo, come dovrebbe essere questa ‘ qualcuna ‘? ‘’
‘’ Normale. ‘’
‘’ Normale? Cosa intendi esattamente? ‘’
‘’ Mi hai capito benissimo! Normale e basta. Non strana e solitaria, come te. Perché ammettiamolo: tu sei strano e solitario. ‘’
‘’ Oh, adesso ho compreso dove vuoi arrivare. Deve essere qualcuna che possa, in un certo senso, compensare il mio carattere. ‘’
‘’ Esatto! Però deve piacere pure a me, sennò non va bene assolutamente. ‘’
‘’ Ah sì? ‘’
‘’ Sì, sono tua sorella, dopotutto. Devo decidere anche io se è quella giusta per te o no. ‘’
‘’ Non pensavo che le cose dovessero andare così. Sono sicuro che me le boccerai tutte. Ed io, invece? Non ho lo stesso diritto di sapere con chi esci? ‘’ colsi l’occasione e la buttai là, in modo del tutto occasionale.
Kira cambiò improvvisamente espressione e si voltò dall’altra parte, restia a rispondere.
‘’ Io non ho nessuno. Di questo non devi preoccuparti, anche perché non ho bisogno di nessuno. ‘’
‘’ Ma guarda! Era la stessa cosa che pensavo io. Quindi non c’è proprio nessuno che ti interessa? Siamo sicuri? ‘’
‘’ No, te l’ho detto! Non c’è nessuno. ‘’ ripeté, evitando di guardarmi. ‘’ E poi che t’importa? ‘’ si voltò verso di me, mentre aveva ripreso il controllo della situazione. Mi accorsi però che era diventata rossa.
‘’ Secondo me, invece, c’è qualcuno. Sai, ho pensato a tutta la faccenda, e penso che il vero motivo per cui tu sia qua, sia proprio questo. ‘’
‘’ No, ti stai sbagliando. Non sai proprio niente. ‘’ ribadì secca, con voce incerta.
‘’ Kira, avanti… vuoi parlarmi di questo Mikko… ‘’ esclamai, guardandola. Mi ero ripromesso, in realtà, di non impicciarmi troppo, ma alla fine non ero riuscito a trattenermi. Grandissimo errore! Kira sgranò gli occhi e si alzò in fretta dal letto, furibonda.
‘’ Tu hai letto il mio diario! Oh, come hai potuto, Ville? Ecco, lo sapevo! Nemmeno qui posso stare tranquilla. Come hai potuto, eh? ‘’
‘’ Non ho letto il tuo diario, Kira! Era caduto e non ho potuto fare a meno di leggere. Dovresti stare attenta a dove lasci le tue cose, se poi non vuoi che succeda proprio questo. ‘’
‘’ Sì, certo! Inventatene un’altra. La verità è che non vedi l’ora che io me ne vada di qui e ti lasci in pace. ‘’
‘’ Ma che stai dicendo? Non è assolutamente vero! Volevo solo aiutarti. ‘’
‘’ Grazie tante, ma non ho bisogno del tuo aiuto! ‘’ detto questo, andò via, rinchiudendosi in camera sua. Avevo rovinato tutto, con una sola parola. Adesso eravamo al punto di partenza e sarebbe stato ancora più difficile convincerla della mia onestà.

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Capitolo 7
*** Settimo Capitolo ***


Mi ero ripromesso di non ferire od offendere in nessun modo Kira, ma con il mio intento di aiutarla e di farle capire che poteva assolutamente fidarsi di me, mi ero giocato anche l’unica e ultima possibilità per aggiustare le cose tra di noi.
Le sue ultime parole poi erano riuscite a ferirmi veramente e, sebbene continuassi a ripetermi che non era affatto così, dovevo quindi ammettere che aveva assoluta ragione. Nel profondo non vedevo l’ora di ritornare nella mia comfort zone, a ciò che io chiamavo ‘ normalità ‘. Il rapporto tra me e lei non era mai stato buono ma, da quando aveva ‘ invaso ‘ la mia privacy, niente era andato per il verso giusto.
Da una parte volevo che ritornasse a casa dei miei il prima possibile per poter lasciarmi solo, con la mia amata solitudine, ma dall’altra parte mi ero reso conto quanto aiuto avesse bisogno e, sebbene non me l’avesse chiesto direttamente, io volevo poter fare qualcosa per lei. Rivedevo me stesso in lei, ai tempi in cui ero ancora inesperto e non sapevo esattamente cosa fosse l’amore.
Dopo esser rimasto immobile e sconsolato, per qualche minuto, a fissare inerme il pavimento, mi riscossi dai miei pensieri e la raggiunsi, fermandomi davanti alla porta chiusa di quella che era diventata la sua camera. Feci per aprirla, ma mi fermai prima che potessi raggiungere la maniglia. Bussai, invece, con l’intenzione di parlarle nuovamente, ma lei mi urlò prontamente di andarmene e di lasciarla sola.
‘’ Kira, possiamo parlare? Voglio solo spiegarti che non ho frugato tra le tue cose, ma che ho trovato a terra il tuo diario. Cosa avrei dovuto fare? Purtroppo, ho letto e ormai non posso più farci nulla. Non posso rimediare a ciò che ho fatto. ‘’ iniziai a dire, nonostante lei continuasse ad inveire contro di me.
‘’ Ti ho detto di lasciarmi sola! Non m’importa cosa hai fatto. Non avresti dovuto. È diverso. ‘’ gridò lei, di rimando.
‘’ Volevo solo aiutarti e dirti che potevi parlare con me, se ti andava di farlo. Tutto qua. Non ho nemmeno pensato al fatto di volerti buttare fuori. Non lo farei mai, dopotutto. Sei mia sorella. ‘’
‘’ Non ho bisogno del tuo aiuto. Io non ti ho chiesto nulla. Tsk, una sorella insopportabile, semmai. Non è forse questo che pensi di me? ‘’
‘’ Non ho detto questo. ‘’
‘’ Ma lo hai pensato, non è vero? Dimmelo! ‘’
‘’ Perché, tu non lo hai mai pensato nei miei confronti? Eppure, non mi offendo. ‘’
‘’ Non m’importa. Ti ho detto che voglio essere lasciata in pace. Puoi farmi questo favore o è troppo per te? ‘’
‘’ Va bene, come vuoi. ‘’ conclusi, terminando la nostra conversazione. Era inutile continuare così e aspettare che lei si convincesse e si calmasse del tutto, uscendo fuori dalla sua stanza. Stavolta purtroppo ci sarebbe voluto del tempo ed io avrei dovuto fare altro per farmi perdonare da lei.
Decisi allora di uscire e di fare quattro passi, giusto per dare il tempo a lei e anche a me di calmarci. Ero esasperato, in un certo senso, e avevo bisogno di sfogarmi.
Gironzolai senza una meta ben precisa e, alla fine, raggiunsi senza che me ne accorgessi il negozio di mio padre. Ero indeciso se entrare per un saluto veloce o se fermarmi là per raccontargli e sfogarmi con lui; alla fine fu mio padre a decidere per me. Mi vide fuori dalla vetrina e mi fece segno di entrare. Era così allegro che per qualche istante dimenticai tutti i pensieri che mi tormentavano in quel momento.
‘’ Ciao, Ville. Come stai? E Kira? Va tutto bene con lei? ‘’ mi chiese, venendomi incontro.
‘’ Sto bene, grazie. Sì, Kira sta b---ecco, in realtà, c’è qualche problema. ‘’ risposi alla fine, titubante. Ero ancora indeciso se raccontargli tutto. Se Kira l’avesse saputo, probabilmente non mi avrebbe più perdonato. Avevo però bisogno di sfogarmi con qualcuno, così non mi lasciai scappare tale occasione.
‘’ Cos’è successo? ‘’ domandò lui, accigliandosi.
‘’ Abbiamo litigato e di brutto, stavolta. ‘’
‘’ Oh, pensavo qualcosa di grave. Vedrai che le passerà. Sono fatte così le donne. ‘’
‘’ No, non credo. Mi sono impicciato, in un certo senso, di qualcosa di cui non avrei dovuto. La situazione è diventata insostenibile e, se prima riuscivo a gestirla perfettamente, adesso invece non è così. E non dico questo, perché ero fin dall’inizio contrario a questa cosa, ma perché ho capito che cos’ha. Non è un motivo grave, lo so, ma bisogna risolvere questo problema, così potrà tornare di nuovo da voi e potrà essere più tranquilla. E lo potrò essere pure io. Non si può andare avanti così, senza che tra me e lei non ci sia nessun dialogo. ‘’
‘’ Di che si tratta, allora? ‘’
‘’ Kira si è presa una cotta per un ragazzo. Non so i particolari, ma si sono lasciati e adesso sta malissimo. Credo che sia stata molto abile a nasconderlo, visto che non vi siete accorti di nulla, ma io l’ho scoperto, senza volerlo. Volevo aiutarla, ma si è arrabbiata e adesso si è convinta che io voglia buttarla fuori di casa. Sai com’è, no? Non riesco più a farla ragionare. Dovresti, anzi dovreste fare qualcosa. Io ho i miei impegni, papà. ‘’
‘’ Oh, ma lo sai come vanno queste cose. È un’infatuazione, le passerà di sicuro! Vedrai che tra qualche giorno si risolverà tutto e dimenticherà ogni cosa. Devi solo pazientare. Dopotutto, ci sei passato pure tu, no? Sai, per un attimo, ho pensato che fosse davvero qualcosa di grave. ‘’
‘’ Sì, ma io cosa dovrei fare, nel frattempo? Sopportarla? ‘’
‘’ Ah, Ville, scusami. Devo occuparmi dei clienti che sono appena entrati. Vedrai che si risolverà tutto. Non è la fine del mondo. ‘’
‘’ Sì, certo. Grazie. ‘’ conclusi sospirando e lasciai il negozio. Non avevo risolto nulla; la chiacchierata con mio padre non era servita a niente e adesso il problema era ancora lì, a tormentarmi. Forse me la stavo prendendo troppo, ma ero stanco della situazione che stavo vivendo. Dovevo trovare un modo per mettere fine a tutto ciò.
Tornai a casa, Kira non era ancora uscita dalla sua camera e, quando provai a bussare, riprese a urlarmi a dirmi che non voleva parlare né con me né con nessun altro. Era ancora arrabbiata e voleva essere lasciata sola. Tentai un ultimo tentativo, ma ricevetti solo un silenzio cupo: adesso mi stava pure ignorando. Sospirai pesantemente e la lasciai perdere. Era inutile sprecare del tempo con lei.

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Capitolo 8
*** Ottavo Capitolo ***


La situazione non cambiò nemmeno nei giorni successivi. Anche se Kira si era finalmente decisa ad uscire dalla propria camera costretta dalla necessità, mi trattava come se fossi del tutto invisibile. Evitava di guardarmi in faccia, se incrociavamo per caso gli occhi mi restituiva uno sguardo fulmineo, e tra di noi non c’era affatto comunicazione. Mi ignorava ed io di conseguenza ignoravo lei, solo per non ricominciare a litigare e per non peggiorare ancora di più la situazione.
Questo suo modo di fare iniziava a starmi sui nervi, si stava comportando esattamente come una ragazzina, facendo i capricci e continuando ad essere ostinata. Non potevo più tollerarlo, ma decisi di comportarmi anch’io in questo modo. Feci finta di non vederla e, per restare calmo e per non perdere definitivamente il controllo, scelsi di occupare le mie giornate, buttandomi a capofitto sulla musica.
Era da tempo che non scrivevo più canzoni nuove e decisi che questa era sicuramente l’occasione giusta per riprovarci, ispirazione permettendo. Infatti, quello era l’unico problema che mi impediva di portare a termine il lavoro. L’ispirazione andava e veniva e questo si susseguiva ormai da troppo tempo. Solitamente non potevo fare affidamento su di essa e avevo bisogno di nuovi metodi per aggirare tale problema.
Armato però di determinazione e buona volontà, presi in mano la chitarra e cominciai a strimpellare, canticchiando ad alta voce parole a caso, mentre i miei occhi si guardavano attorno alla ricerca di idee nuove. La mia mente ripensava ai giorni e alle notti passate, e di tanto in tanto annotavo finalmente qualche parola o qualche frase sbucate all’improvviso da chissà dove. Ogni dettaglio che valesse la pena imprimere sul foglio bianco.  La musica mi permetteva comunque di rinchiudermi in me stesso, lasciando fuori il mondo che continuava a scorrere indifferente, e di immergermi totalmente nella mia anima.
Chiusi gli occhi, il buio mi avvolse e mi lasciai trascinare dalle note e dal mio inconscio. Tramite la musica, mi lasciavo andare completamente ed entravo in un nuovo mondo, in cui il dolore e tutte le altre emozioni che provavo fluttuavano e pulsavano gradualmente, a seconda dei ricordi, imprimendosi infine sulla carta.
Tutto ciò che attraversava la mia mente, veniva trascritto sul foglio bianco e, associando le parole l’una con l’altra, ne sbucavano fuori altre, ed ecco che già i primi versi della nuova canzone erano stati appena creati.
Lavorai su di essa per alcune ore, cancellando e cambiando varie parole o l’ordine stesso in cui erano state scritte. Alla fine, mi sentii pienamente soddisfatto di me stesso e di ciò che ero riuscito ad estrapolare. Era da tempo che non mi capitava più di avere un’ispirazione tale e adesso invece, in pochissimo tempo, ce l’avevo fatta. Era un bel traguardo, quello che avevo raggiunto. Era una bella sensazione, quella che stavo provando.
La canzone che avevo appena composto parlava del dolore provato da una ragazza, dopo essere stata lasciata dal proprio ragazzo, e soprattutto della solitudine che aveva dovuto affrontare nei giorni seguenti. Quella solitudine cupa che la copriva e l’avvolgeva, dalla quale però non riusciva a liberarsi. Di come nessuno fosse riuscito a intravedere quel peso che gravava sulle sue spalle, sul suo cuore e sulla sua anima. Delle lacrime e delle parole piene di veleno che la ragazza aveva gridato al mondo intero, a quello stesso mondo di cui sentiva di non far parte, che non la vedeva e la reputava alla stregua di un essere invisibile, in cui il dolore non aveva nessun significato né ricopriva un posto ben preciso.
Inutile dire che mi ero ispirato esattamente a ciò che probabilmente stava passando Kira, esso era un mio tentativo di far pace con lei, indirettamente. Era, per così dire, tutto l’aiuto che potessi offrirle in quel momento. Sapevo che quanto la musica potesse essere lo strumento adatto per poter accantonare una delusione d’amore e questo era quindi il mio piccolo regalo, per farle anche capire che le volevo bene, nonostante non glielo avessi dimostrato quasi mai.
Sicuramente Kira non avrebbe apprezzato questo mio gesto, ma alla fine non me ne importava granché. Adesso dipendeva tutto da lei.
E con questo atteggiamento pressoché indifferente, uscii direttamente di casa per svagarmi un po’. L’unico posto in cui questo poteva avvenire era sicuramente il Tavastia. Sentivo infatti il bisogno di staccare un po’ la spina, dopo aver passato tutte quelle ore a comporre. Nonostante una piccola stanchezza mentale, mi sentivo più leggero e la testa non era più piena zeppa di pensieri o preoccupazioni, ma, anzi al contrario, era come se mi fossi tolto un peso dall’anima. L’infallibile metodo mi era stato nuovamente d’aiuto.
Al Tavastia ordinai una birra e presi posto ad un tavolo. Una band rock stava provando alcune canzoni e il locale era affollato da un bel po’ di gente. Ascoltai qualche canzone, chiacchierai con qualche amico e alla fine decisi di andarmene e passare la serata a casa, in tranquillità.
Quando oltrepassai la soglia di casa, trovai Kira in camera mia, seduta sul bordo del mio letto ed intenta a leggere il foglio, sul quale avevo trascritto più e più volte la canzone. Lo teneva tremante tra le mani, mentre il viso basso e cupo era rigato da alcune lacrime. Pensai immediatamente che fosse di nuovo furiosa con me, chissà per quale altro motivo stavolta. Forse la mia canzone in sé o le singole parole che avevo scritto l’avevano urtata o addirittura offesa. Forse non voleva che avessi preso spunto da lei e che la rendessi protagonista di una mia canzone.
‘’ Kira? ‘’ domandai incerto, mentre mi avvicinavo lentamente verso di lei. Kira si voltò verso di me, scoprendo il viso arrossato. Si asciugò velocemente le lacrime e mi indicò il figlio, che continuava a tenere in mano.
‘’ L’hai scritta tu, vero? Oh, certo che l’hai scritta tu! Chi poteva scriverla, sennò? ‘’ domandò, rispondendosi da sola e parlando con sé stessa. ‘’ Come hai fatto, eh? ‘’ aggiunse, poco dopo, guardandomi negli occhi.
‘’ Come ho fatto? ‘’ chiesi di rimando, senza capire dove volesse arrivare. Non riuscivo davvero a comprendere se fosse arrabbiata con me o no.
‘’ Sì, come hai fatto a scrivere su di un foglio, con delle singole parole e frasi, tutto ciò che io ho provato in queste settimane? Ogni singola emozione, ogni singola sfumatura, ogni singolo pensiero. Riesci a leggermi nella mente, per caso? ‘’ iniziò a spiegarsi, rendendosi conto che non riuscivo a capire.
Ed ecco che tutto mi fu chiaro. Mi venne da ridere, di fronte alla sua ultima domanda e non riuscii a soffocare tale risata. Lei tornò ad essere, per qualche secondo, quella di sempre e mi fulminò all’istante, quindi cambiò espressione e mi fissò eloquente, aspettando che io rispondessi.
‘’ A dirti la verità, non lo so. Ho solo scritto quello che ho potuto osservare in questo periodo. Ho attinto alla fonte del mio cuore e della mia anima, alla mia esperienza e a quello che mi trasmettevi tu, indirettamente. ‘’ risposi, alla fine, dopo un lungo silenzio. Non sapevo esattamente cosa dirle, né quali parole usare. La sua domanda mi aveva un po’ spiazzato.
‘’ È come se parlasse di me questa canzone, ma io non ti ho detto nulla. Non riesco ancora a capire come hai fatto. ‘’
‘’ Sta proprio qui la bravura, no? Ogni canzone, che io lo voglia o no, è autobiografica. Parla di me, ma allo stesso tempo parla anche di chissà quante altre persone. È per questo che ci affidiamo costantemente alla musica, per far parlare il nostro cuore e per ritrovare noi stessi dovunque. ‘’ dissi, guardandola. ‘’ Non mi hai ancora detto, se ti è piaciuta, però… ‘’ aggiunsi, subito dopo.
‘’ Mi ha fatta piangere, Ville. Non è evidente? ‘’
‘’ Allora, non sei affatto arrabbiata con me? ‘’
‘’ Non più. ‘’ scosse la testa, abbracciandomi improvvisamente. Ricambiai un po’ frastornato, quindi con più decisione. ‘’ Sai cosa? Dovrei mettermi a studiare e recuperare per quelle interrogazioni andate male. Dopotutto non ho molto tempo, ormai. Chissà, magari solo così papà si convincerà a farmi tornare a casa. ‘’ concluse, sgattaiolando via e lasciandomi solo, sul bordo del letto. Annui alle sue ultime parole e presi in mano il foglio. Lessi distrattamente i versi e ripensai alla conversazione appena terminata.
Quanta verità c’era nelle mie parole e quanto io fossi stato così cieco da non accorgermene. Avevo iniziato a scrivere quella canzone, basandomi solo su Kira, mettendomi al suo posto e immaginando cosa avesse provato in quelle settimane. In tutto questo, non mi ero realmente reso conto che anche io ero finito in quella spirale, diventando invisibile e rinchiudendomi in me stesso, perché avevo sofferto troppo. Il mondo continuava a girare, ignaro del mio dolore, ed io ero rimasto davvero solo. Solo la gente accanto a me si era accorta di ciò che mi era accaduto, tutti tranne il sottoscritto. Non mi ero mai sentito così solo come in quel momento. L’amore era un gran cosa, ma aveva i suoi pregi e i suoi difetti. Era esattamente come una medaglia e portava sia gioie che dolori, ma la bravura stava proprio nel sapere affrontare sia gli uni che gli altri, senza cristallizzarsi.
Quella canzone non era solo il mio modo indiretto per aiutare Kira, ma era anche una parte di me, la trascrizione di quel periodo che stavo attraversando, la negazione della mia stessa solitudine, la mia richiesta d’aiuto di fronte al mondo. Quella canzone parlava di me, di Kira e di tutte le persone che vivevano quella grande forza che era l’amore.
E grazie a lei, ai nostri litigi, ai giorni spesi a offenderci e ad odiarci in silenzio, al periodo che avevamo vissuto fianco a fianco, avevo riscoperto nuovamente me stesso. Quella stessa solitudine che era caduta rovinosamente su di me era stata finalmente squarciata e ora, solo ora, la luce poteva filtrare nuovamente in me.

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