I need You like a Heart needs a Beat

di IdaC91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Ritorno. ***
Capitolo 3: *** Dolore. ***
Capitolo 4: *** Mente e Cuore. ***
Capitolo 5: *** Sempre. ***
Capitolo 6: *** Resta. ***
Capitolo 7: *** Vero. ***
Capitolo 8: *** Posso. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Un saluto a tutti! Questa è in assoluto la prima storia che scrivo! Ne ho sentito quasi il bisogno! Aspettando il film "la Ragazza di Fuoco" ho riletto il libro e Peeta è semplicemente...wow! Ho amato da morire il suo personaggio, il suo carattere e tutti i momenti a lui dedicati, così vero e così puro. Probabilmente è uno dei personaggi maschili dei libri che ho amato di più in assoluto! Per questo ho deciso di scrivere dal suo punto di vista il ritorno al Distretto 12 dopo la fine della guerra, il suo dolore per quello che ha sofferto e il suo amore eterno per Katniss. Aspetto i vostri pareri a fiumi! A presto!



Non so se esiste l’inferno. Ma semmai esistesse davvero, io ci sono stato, e continuo a trovarmici dentro ogni volta che cedo, che perdo la visione della realtà, che guardo attraverso uno specchio la donna che amo che vuole uccidermi, che non risparmia nessuno, avida di sangue e di morte. Tutto quello per cui ho lottato, l’unica e grande ragione della mia vita, distorta e malvagiamente confusa, mi riempie gli incubi, mi popola i ricordi, distrugge il mio essere. Flashback dell’angelo che mi ha salvato, della donna della mia vita, si fanno strada prepotenti nella mia mente che, inerme, ma non impotente, cerca di lottare per tornare alla realtà. Solo il dolore fisico riesce a rendermi subito lucido.

La crudeltà della sensazione di essere pericoloso, marcio, quasi velenoso, per l’unica persona al mondo che vorresti proteggere e amare con tutto il tuo essere, è devastante. Quello che ci hanno fatto è devastante, quello che ci hanno negato è terribile.

Morirei ora, adesso. Brandirei un coltello qualsiasi e la farei finita, se non fossi consapevole davvero di quanto l’amo. Se non sapessi quanto la mia perdita la devasterebbe, tanto da portarla a morte certa. Non perché provi quello che sento io. O forse sì, non lo so. Ma non ho mai voluto questo, o, meglio,  quando sono io, quando sono in me, non ho mai nemmeno immaginato il suo male. Ero deciso a morire per lei, in quella maledetta arena. L’avrei salvata, anche se non me l’avesse permesso. Vivere senza di lei non avrebbe avuto senso. Tutt’ora non ne avrebbe. E, invece, non sono riuscito a salvarla. Sono rimasto intrappolato nelle mie visioni a guardarla piangere di stupore e dolore tra le mie stesse mani, mentre tentavo di ucciderla. Sono rimasto fermo mentre la sua Prim saltava in aria, e noi con lei. Sono rimasto lontano quando non ha avuto più nessuno a cui aggrapparsi.

Ma ora sono qui. Per lei. Solo per lei. Anche adesso, non sarò una pedina di un gioco sadico di Capitol City. Dovesse costarmi la vita, dovessi diventare più matto di quello che già sono, la salverò. E, stavolta, sarà la battaglia più dura, quella contro noi stessi. Ho sempre desiderato che nulla mi cambiasse, e, forse, in fondo, così è stato. Avranno stravolto i miei ricordi, avranno annebbiato la mia mente, avranno fatto di me l’arma perfetta, ma non hanno fatto i conti col mio cuore. Se la mia mente è stata irrimediabilmente compromessa, il mio cuore non lo è mai stato. Batte. E continua a farlo. Solo per lei.


La salverò. Ci salveremo. Insieme, sempre.

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Capitolo 2
*** Ritorno. ***


CAPITOLO 1 - Ritorno
 
Il viaggio sull’Hovercraft è stato più lungo del previsto. Il dott. Aurelius mi ha più volte ripetuto che sono il suo piccolo miracolo. Non so fino a che punto un uomo squilibrato che viene da un depistaggio possa davvero considerarsi tale. Certo, il miglioramento è tangibile. Oramai riesco a distinguere quasi sempre i ricordi reali da quelli distorti, ma non è mai stato questo il problema più grande. Placare l’ira che ne seguiva, quello è stato sempre il macigno che mi opprimeva. Già a Capitol City avevo scoperto che il dolore riusciva a rendermi lucido. Pian piano, il male che mi infliggevo è diminuito a tal punto, che ormai mi basta solo qualche graffio o una stretta un po’ più forte per riportarmi sulla terra. Le mie braccia non devono amarmi molto, però. Sono affacciato all’oblò e guardo il paesaggio, perso nei miei pensieri. Le cime degli alberi scorrono sotto di noi, e non è per niente difficile immaginarla lì, silenziosa, in agguato. Chiudo gli occhi un’istante e vedo la sua freccia guizzare veloce verso di me, dritta al cuore, come un fulmine. Non solo per velocità, ma anche per luminosità. Non è reale. E come potrebbe esserlo? Non lo farebbe mai! Stringo forte il mio polso e lascio che il dolore mi riporti alla realtà. Sono di nuovo io. Chiudo di nuovo gli occhi e la vedo. La mia Katniss, i suoi occhi tempestosi, la sua treccia ribelle, le sue mani vissute, le sue lacrime amare. E’ bizzarro da spiegare, ma credo sia stato il suo ricordo reale, misto ad un sentimento sopito, a farmi rinvenire, oltre che le iniezioni di morfamina. Come se la vera lei avesse lottato, prepotente, per poi riemergere. Come quando stavo perdendo la ragione, quando eravamo in missione, e mi baciò, riuscendomi  a strappare via da me stesso.  Non so come spiegarlo. Credo che una parte di me, quella più profonda ed intima, non mi avrebbe mai permesso di farle del male. All’inizio, non sapevo nemmeno il perché. Poi, un giorno come gli altri, ho capito.

Stavo dipingendo una perla. La sua perla. Quell’oggetto mi rendeva sereno. E, all’improvviso, ho sentito qualcosa. Un brivido. Non di paura, non di terrore. E ho ricordato, ho ricordato davvero. Non come quando ho visto i video dei Giochi, da freddo spettatore. Ero io, in prima persona. C'eravamo noi. Noi, quella notte sulla spiaggia. Il mio discorso d’addio e le sue labbra a fermarmi. Era Amore. Solo Amore e fiamme. Non di quelle che provocano dolore, ma di quelle che ti scaldano dentro. Nient’altro. Ed ho capito come avevo trascorso la mia vita fino a quel momento e come ne avrei trascorso il resto. Come se, in un solo attimo, avessi colto il senso del mio essere. La svolta che mi serviva per  vivere. Era lei. Paradossalmente, quella che era diventata il mio male più grande era sempre stata la mia ragione di vita. Da allora, il mio cuore non ha mai più vacillato. Sorrido tra me e me, ricordando quel momento, quando il dott. Aurelius mi chiama.
-Allora, Peeta, siamo quasi arrivati. Ti senti realmente pronto?- Mi chiede un’ultima volta.
-Si, dottore.- Rispondo, continuando a sorridere. Mi guarda negli occhi e sorride anche lui, ma il suo sguardo dietro gli occhiali continua ad essere preoccupato. Come biasimarlo.

Finalmente stiamo rallentando. Mentre scruto i boschi, ormai vicini alla recinzione, un’immagine mi colpisce. C’è una piccola radura circondata da alberi e cespugli. Alcuni uccellini sono appoggiati su una roccia nel mezzo e, tutt’intorno, le vedo. Le Primule. Con il loro ondeggiare leggero al vento sembra quasi che mi stiano chiamando. Ed io le rispondo subito.
-Dottore, potrei scendere qui? Vorrei raccogliere quegli arbusti.- Chiedo.
Aurelius si affaccia dall’oblò, dà uno sguardo rapido. Mi sorride e annuisce.
-Certo che puoi.- E, con un cenno, fa segno al pilota di fermarsi.- Peeta, ricorda, quando dubiti di te, delle tue azioni, ripensa al vero te. Mi hai più volte stupito nel tuo percorso. Credo davvero che un uomo come te non permetterà facilmente a un ibrido di farsi spazio, non pensi anche tu?- Mi chiede.
-Non lo permetterò.- Gli rispondo, serio. -Farò del mio meglio.-
-Io credo in te, figliolo. Sei l’uomo più forte che abbia mai avuto il piacere di conoscere.- E mi porge la mano, in segno di saluto. -Ti prego, quando rivedrai Katniss, dille di rispondere alle mie chiamate, ok?-
Rispondo al suo saluto, riconoscente. -Lo farò, non ne dubiti.-
-Ti ringrazio.- Continua Aurelius. -Ci risentiamo presto, sig. Mellark.-
-A presto.- Concludo, e mi incammino verso l’uscita.

Mentre scendo dall’Hovercraft che, nel frattempo, ha trovato un spiazzo per permettere alla pedana di toccare il suolo, chiedo a uno degli addetti di fornirmi una delle pale e delle carriole che andranno poi distribuite ai volontari del 12. Subito mi porgono gli attrezzi. Mi guardo indietro solo per un attimo, in un silenzioso addio al mio dolore.

Quando scendo dal velivolo, mi sento finalmente libero. Quella brezza leggera, quel fruscio degli alberi. E’ tutto così vero. Raggiungo i cespugli di primule, proprio mentre l'Hovercraft sparisce dietro le mie spalle. Inizio a scavare, attento a non strappare le radici, e, uno per volta, sradico gli arbusti fino a che la carriola è piena. Somiglia ad un piccolo quadrato fatto di Speranza. Trascino l'attrezzo fino alla recinzione che, ormai, serve solo a tenere lontani gli animali. Mi apro un varco e, con un po’ di fatica, m’incammino verso il Villaggio dei Vincitori. Verso la mia vita.

Sono sotto casa sua. Il sole si è alzato già da un po’. Inizio a scavare il terriccio sotto le finestre, sul fianco dell’abitazione. Le primule continuano ad ondeggiare al vento, frusciando allegre. Credo che Prim sia felice. All’improvviso, sento una porta sbattere e un rumore di corsa. Me la ritrovo dinnanzi, il viso sconvolto e rabbioso che si tinge immediatamente di stupore. La sua comparsa improvvisa mi fa accigliare un po’. Katniss ha i capelli aggrovigliati e l’aspetto di qualcuno che si è lasciato andare. I suoi occhi, però, sono sempre affascinanti come li ricordavo. Una tempesta d’inverno e neve vorticante. Un brivido mi percorre l’anima.

-Sei tornato.- dice.
-Fino a ieri il dottor Aurelius non mi ha permesso di lasciare Capitol City. Tra l’altro, mi ha detto di dirti che non può continuare a fare solo finta di curarti. Devi rispondere al telefono.- Le spiego, con calma.

E’ strano, per me. Ho pensato tante volte a cosa sarebbe accaduto una volta che l’avessi rivista. Ho avuto timore di me stesso, dell’ibrido nascosto nelle mie viscere. E, invece, mi ritrovo semplicemente a fissarla negli occhi. Il brivido non passa.

Dopo quello che le ho detto, mi è sembrata a disagio. Ha tentato di scostarsi i capelli, ma si è resa conto che sono divenuti indomabili. 
-Che cosa stai facendo?- domanda, abbassando lo sguardo e indicando la terra smossa.
-Sono stato nei boschi, stamattina, e ho sradicato questi. Per lei. Pensavo che potremmo piantarli lungo il lato della casa.- le dico -Sono Prime Rose.-
Mi guarda, sconcertata. Spalanca gli occhi e sta per dire qualcosa, poi si ferma. Il suo sguardo si addolcisce in un istante e diviene lucido. Senza più guardarmi in volto, annuisce in silenzio e scappa via.

Rimango piantato lì, come se avessi anch’io radici profonde. Quello che pensavo essere solo un gesto di speranza ha aperto un altro squarcio. Nel suo cuore. E nel mio.


Eccomi tornata! Ho fatto presto, lo so, ma credetemi quando vi dico che, per finire questo capitolo, l'ho letto e riletto almeno mille volte! Ogni volta aggiungevo un dettaglio o una frase, finchè non mi è sembrato tutto limpido e armonioso! Spero che piaccia anche a voi e che non sia troppo pesante. Purtroppo, l'animo di Peeta è molto scosso, quindi anche i suoi pensieri lo sono. Però l'adoro troppo, che volete farci? Per quanto riguarda il primo incontro con Katniss, lo so che ho scritto poco, ma era solo per essere fedele al libro al 100%. Avrete visto, infatti, che il dialogo è preso proprio dal Canto della Rivolta. Non preoccupatevi, il tempo per stare insieme lo troveranno! Fatemi sentire i vostri pareri! un saluto e un abbraccio grandi! :D

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Capitolo 3
*** Dolore. ***


CAPITOLO 2- Dolore.
 
La mia mente piomba nel caos. Cosa avevo pensato? Che l’avrebbe resa felice, che le avrebbe dato speranza? L’ho distrutta. Di nuovo. Sto tremando, ormai. Provo a stringere forte la pala fra le mani, ma è inutile. L’attrezzo cade su un cumulo di terra, alzando un polverone. Chiudo gli occhi. Non l’avessi mai fatto.

La vedo correre via, ma non sta scappando. Sta prendendo posizione. Tende l’arco e, ad uno ad uno, abbatte ogni membro della mia famiglia. Il sorriso caldo di mio padre, quello che sapeva di casa, si spegne. La sua freccia l’ha centrato dritto nell’occhio. Giunge il mio turno. Incontra il mio sguardo. Il suo viso è il più terrificante che io abbia mai visto. Malvagità pura. Un ghigno agghiacciante le increspa le labbra, mentre scocca il colpo finale. Il suo sguardo brilla di vittoria. Brilla troppo.

In un  attimo di lucidità, capisco cosa fare. Scappo. Senza voltarmi indietro. Fuggo verso casa mia. Devo allontanarmi il più possibile da lei. Sfondo la porta con un calcio e salgo di corsa al piano superiore. Ad ogni mio passo, nuvole di polvere si alzano in aria. Mi lascio andare e grido, con tutta la forza che ho in corpo, con tutta la voce che ho. Non riesco a calmarmi! Corro davanti allo specchio. I miei occhi sono completamente neri. Due tunnel per l’inferno. Potrei quasi vederne le fiamme bruciare. Il mio respiro è scosso da mille tremiti. La vista di questo me mi fa perdere il controllo, se possibile, ancora di più. Mi odio. Non per quell’orrenda visione. Perché ho paura di me. Perché so con certezza che, se avessi potuto, avrei voluto farle del male.

Ma io non voglio!

Perché non posso semplicemente starle accanto? In fondo al mio cuore, so benissimo il perché. Perché le provoco solo dolore.

In un impeto di rabbia, do un pugno allo specchio. Frammenti della mia ira si sparpagliano, rossi di sangue, sul pavimento, sul tappeto, su di me. Il mio pugno è talmente serrato che sento le ossa quasi rompersi. Cado in ginocchio sugli ultimi brandelli della mia anima, noncurante dell’ulteriore dolore. Abbasso lo sguardo, sconfitto. Un frammento azzurro mi dice che sono tornato in me. I miei occhi sono tornati del loro consueto colore. Le lacrime scendono senza che nemmeno me ne renda conto.

Tutti i miei propositi, i miei sogni, mi sembrano così vani e lontani. Come posso pretendere di salvarla se il mostro che è dentro di me è sempre pronto ad ucciderla? E, anche se riuscissi ad allontanarmi, come ho fatto ora, cosa cambierebbe? Come potrebbe mai essere felice sapendo che la persona che le è accanto potrebbe scattare da un momento all’altro?

Guardo la mia mano. Ho sviluppato una soglia del dolore talmente alta, che neanche mi ero accorto dell’entità delle ferite. Il sangue cade sul pavimento a piccole gocce dai numerosi tagli. Mi alzo, dolorante, e raggiungo il bagno. Osservo il mio riflesso nello specchio sul lavandino. Il mio volto, sconvolto e sofferente, mi ricambia lo sguardo. Apro la fontana e lascio che il getto d’acqua ripulisca tutte le mie ferite. Un torrente color porpora macchia il marmo bianco. Mentre mi ripulisco, sento un rumore di cocci calpestati. Torno in camera e trovo Haymitch ad attendermi. Ero così preso da me che non l’avevo nemmeno sentito arrivare.

-Bentornato, biondino! Mi pareva di aver sentito i tuoi toni soavi. (*)- dice, con un sorrisetto beffardo.

-Ciao, Haymitch.- Mormoro, rimanendo immobile.

-Vedo che abbiamo fatto notevoli progressi!- esclama, indicando lo specchio rotto e i frammenti sul pavimento.

Non rispondo. Ha ragione. Nonostante sia completamente ubriaco, ha sempre ragione. Il silenzio viene nuovamente interrotto da lui.

-Peeta, Peeta, Peeta. Ora smetti di tormentarti e spiegami come diavolo siamo passati da "Bentornato, mondo" a "Specchi rotti, volume 1". Cosa ti ha scatenato 'sto schifo di flashback? Perché hai avuto un flashback, vero?-

Sono un po’ sorpreso dalla sua richiesta. Non pensavo mi avesse così tanto a cuore. Rimango qualche secondo sbigottito. Deve essersene accorto, perché sbraita -Ti muovi o no?-.

Mi decido a parlare. Gli spiego la mia idea degli arbusti e la reazione di Katniss. Lascio stare i dettagli del falso ricordo e gli racconto di come sono riuscito ad allontanarmi e che ho rotto lo specchio solo dopo aver capito che volevo farle del male. Nel frattempo, Haymitch , che si è gettato sulla poltrona nell’angolo della stanza, mi guarda, accigliato. Dopo una breve pausa di riflessione, sospira e riprende:

-Questo è un progresso reale, bel biondino.- Lo guardo di traverso. Come può scherzare in un momento simile? Eppure sembra serio. Sto per parlare quando mi blocca subito.

-Stai zitto, lasciami finire! E non guardarmi con quel faccino da pulcino arrabbiato, proprio non ti riesce!-

Sospira di nuovo, prima di continuare.

-Senti, Peeta, per prima cosa, l’idea delle primule è stata la cosa migliore che potevi fare. Katniss non ha ancora accettato la morte della sorella. Sta rintanata in casa e non esce nemmeno se la minaccio. E’ ad un punto morto. Sembra un vegetale. Col tuo gesto, forse, passerà dalla negazione della morte alla consapevolezza e, magari, riuscirà ad andare avanti. Perciò, non vedo perché tu debba sentirti sempre e costantemente in colpa! Se lo fai per farmi pena, sappi che non ci riuscirai mai. Seconda cosa, mi hai appena detto, se ho ben compreso, che il tuo attacco d’ira non è stato scatenato dal flashback, ma dalla rabbia che hai provato quando hai capito che l’avresti uccisa ben volentieri. Quindi, caro, il tuo amore per lei è talmente grande che spaccheresti a testate una fabbrica di vetri pur di non torcerle nemmeno un capello. Questa è pura poesia, amico mio! Se questo non è un miglioramento, come lo vogliamo chiamare? Stupidità? Perché ad essere stupido, lo sei sempre stato, bel biondino. Non ti avrebbe mai meritato da qui a tutta la vita, ma l‘avresti amata comunque. Stupidità di alto livello.-

Il suo discorso mi ha colpito come uno schiaffo in pieno volto. Non sono mai stato così contento che Haymitch abbia detto quello che pensa. E sarei io quello bravo con le parole?

-Grazie, Haymitch. Davvero.- Gli dico, sorreggendo il suo sguardo. Lui mi sorride e si alza.

-Di nulla, innamorato! Ora, se permetti, le mie… oche mi chiamano! Ci si becca in giro.-

E, barcollando, scende al piano di sotto e se ne va.

Il discorso di Haymitch continua a rimbombarmi nella mente. Forse non sono un disastro completo, a quanto pare. Forse posso davvero sperare in qualcosa di buono. Che l’avrei sempre amata non l’ho mai messo in dubbio. Neanche quando mi avevano distorto la mente. Io stesso ho capito, poi, che è impossibile dimenticare l’amore. Semplicemente perché è qualcosa di troppo grande e troppo forte da poter essere cancellato solo modificando i ricordi. Nemmeno la morte può cancellarlo, figuriamoci il veleno. Qualunque forma esso abbia, che sia l’amore  per la persona della propria vita o di una madre per il figlio, che sia l’amore di una sorella per l’altra, non si estinguerà mai. E lo stesso vale per me. Il mio dolore è stata la prova del mio amore.

Alzo il capo e torno in bagno per fasciarmi la mano. Scendo nuovamente di sotto e torno di fronte casa sua. Con una nuova speranza, finisco quello che avevo iniziato. Le primule fluttuano, allegre, sotto la sua finestra. Ed io sorrido, felice del mio dolore.

 
(*) frase tratta da “Harry Potter e l’Ordine della Fenice”, pronunciata da George Weasley.

Salve a tutti! Sono riuscita a teminare questo nuovo capitolo! Finalmente è tornato il buon vecchio Haymitch, con le sue perle di saggezza mischiate allo sprezzante sarcasmo! Spero di essere stata fedele alla sua personalità. Fatemi sapere cosa ne pensate, sia di lui che del capitolo in generale! Ho appena scoperto che le citazioni dal libro devono essere in corsivo, mentre io metto spesso in corsivo alcune parole chiave. Così, ho messo l'asterisco! XD
Un saluto e un abbraccio! A presto, Ida.

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Capitolo 4
*** Mente e Cuore. ***


CAPITOLO 3- Mente e Cuore.
 
Ritorno a casa, sporco di terra e imperlato di sudore, con la maglia che, ormai, aderisce completamente al mio busto.  Rimetto la porta nei cardini e salgo al piano superiore. Ripulisco i danni causati dal mio flashback, per poi concedermi una doccia. La mia pelle, martoriata dalle ustioni e dalle recenti ferite, non fa che pizzicare a contatto con l’acqua. Mentre lascio che il tepore penetri a fondo, ho un’improvvisa ispirazione. Stavolta è diversa dalle altre. Devo dipingere. Devo rendere reale ciò che si annida nella mia mente e nel mio cuore. Chiudo la manopola. Il getto d’acqua si arresta. Cingo i miei fianchi con un telo e scendo velocemente nel salotto. Tutti i miei effetti personali, compreso tutto il materiale da pittura, sono stati portati li. Il cavalletto è fermo in un angolo e aspetta solo di essere usato. Cerco per un attimo negli scatoloni e, presa una tela, do vita ai miei pensieri.
 
Trascorro tutto il resto della giornata a dipingere, cercando di ricordare meglio ogni dettaglio, ogni singola espressione del suo viso. Stendo i colori diverse volte, ma non sono mai davvero soddisfatto. E’ stato, probabilmente, il dipinto che mi ha prosciugato di più, sia per impegno che per animo. Da un lato il cuore, l’amore, la vera Katniss, lo sguardo dolce di tempesta, e dall’altro la mente, la morte, l’ibrido, il grigio tagliente di una lama spietata, divise a metà da una linea verticale al centro della tela. Credo che rappresenti pienamente la mia condizione reale. Una tragica alternanza tra amore e morte, tra desiderio e orrore, tra luce e tenebra. Faccio qualche passo indietro per ammirare l’opera, ormai compiuta. Mi meraviglio ancora di cosa possono fare le mie mani con dei pennelli macchiati dai giusti colori. La metà sinistra mi tende la mano, le labbra dischiuse, lo sguardo dolce. Potrei quasi sentire le sue dita sul mio viso. La metà destra impugna una freccia, il volto increspato da un ghigno assassino, pronta a colpire. Tutta la mia vita riassunta in una sola immagine.
 
Lascio che la tela si asciughi e salgo in camera a dormire. Mentre sono sul letto, mi colpisce un ricordo. Noi, nel treno, l’ultima notte dopo il Tour della Vittoria. I nostri corpi abbracciati. Non so se sia vero, ma non c’è nulla di acceso o luminoso, niente che mi faccia pensare ad un falso, a parte una strana nebbiolina che sembra diffondersi fra le immagini. Ricordo il suo viso sul mio petto, il suo respiro sulla mia pelle. Sorrido, senza nemmeno accorgermene. Improvvisamente, sento questo letto così vuoto. Mi lascio cullare dalla dolcezza di questo istante e mi assopisco in breve tempo.
 
Mi sveglio di buon ora. Non ricordo cosa ho sognato, ma, forse, è meglio così. Sono certo che non sia stata una bella nottata. Ho intenzione di ricominciare a fare il pane. Una volta vestito, scendo di sotto, preparo gli ingredienti e mi metto all’opera. Le porterò qualche pagnotta, stamattina. Ho voglia di rivederla e di chiederle del ricordo di ieri notte, forte delle parole di Haymitch. Mentre penso a lei, le mie mani si muovono automaticamente. Mi accorgo che sto preparando dei panini al formaggio. Non posso dirlo con certezza, ma credo che le piacciano. Forse sono i suoi preferiti. Un’altra domanda da aggiungere alla lista. Inforno le pagnotte e do uno sguardo all’esterno. Sae la Zozza, l’anziana signora che lavorava nel Forno come cuoca, sta andando verso casa di Katniss. Stando a quello che mi ha detto il dott. Aurelius, è lei a prendersi cura della ragazza dal suo ritorno al 12. L’odore del forno mi fa capire che la cottura è terminata. Prendo le pagnotte calde e mi incammino verso casa sua. Incontro Sae, che sta per entrare.
 
-Bentornato, sig. Mellark.- mi dice, con un sorriso.
 
-Grazie.- le rispondo.
 
-Sarà stata dura, senza la sua Katniss. Ma, mi creda, anche per lei lo è stata senza il suo fornaio.- afferma la donna, con semplicità.
 
Un sorriso si fa strada sulle mie labbra e lo lascio parlare al posto mio. Il cuore martella come un pazzo. E se dovessi farle del male? Non accadrà. E se accadesse? Scapperei. E se non ci riuscissi? Farei del male a me.
 
Katniss viene ad aprirci, triste e assonnata. I suoi occhi raccontano lacrime e incubi, ma sono sempre bellissimi. Rispetto a ieri, sembra molto migliorata. Indossa una semplice maglietta verde e un paio di pantaloni marroni. I suoi capelli sono puliti e sciolti, anche se un po’ scombinati. Non si aspettava di vedermi. Rimane interdetta per un attimo, come per capire se quello che vede è reale, poi mi fa entrare.

-Ciao, Peeta. Ah, e buongiorno Sae.- dice, con lo sguardo ai piedi.

-Ciao Katniss.- Rispondo, con un sorriso.

Sae fa un cenno con la mano e subito comincia a preparare la colazione. Poso le pagnotte sul tavolo e Katniss allunga una mano per afferrarne una. Ancora non riesce a guardarmi. Appena prima di portarla alle labbra, rimane un attimo stupita. Alza gli occhi nei miei. Credo di sapere cosa si sta chiedendo. La stessa identica cosa che mi sono chiesto io questa mattina. Vedo anche qualcos’altro. Un barlume di speranza. Rompo il silenzio.

-Sono panini al formaggio. Sono i tuoi preferiti. Vero o falso?- Chiedo, impaziente di sentire la risposta.

Lei abbassa di nuovo lo sguardo e guarda un punto indecifrato sul tavolo.

-Vero.- risponde, un po’ delusa.

Io, invece, per un breve attimo, mi sento felice. Continuiamo a mangiare in silenzio, interrotti solo dai miagolii di Ranuncolo, a cui Katniss passa tutta la pancetta, e dal rumore delle stoviglie e delle pentole che Sae muove con attenzione. Aspetto che la donna vada a casa. Voglio chiedere a Katniss del ricordo di ieri notte. Non so se sia una buona idea che non ci sia nessuno oltre noi in questa casa, ma ho paura che il ricordo possa imbarazzarla. Anche lei non sembra molto entusiasta del fatto che siamo rimasti soli. Chi non avrebbe paura di uno che ha tentato di ucciderla? Così, nonostante il bisogno impellente di risposte, le dico:

-Katniss, voglio solo farti una domanda, ma, se vuoi, torno in un altro momento, magari quando c’è qualcuno, se ti metto a disagio.-

Lei mi guarda con occhi interrogativi. Penso che, a volte, potrei quasi leggerle nella mente. Il suo sguardo è lo specchio dei pensieri che fa tanta fatica a nascondere.

-No, non preoccuparti. Chiedi.- Dice, mentre si siede sulla poltrona, in salotto.

Sono di nuovo incredibilmente impaziente.

-Ieri notte, prima di andare a letto, sono stato colpito da un ricordo. Un bel ricordo.- Preciso subito, perché mi guarda ansiosa. –C’eravamo noi. Io e te, sdraiati sul letto. Credo che fosse il Tour della Vittoria, l’ultima notte prima del ritorno al Distretto. Tu dormivi sul mio petto. Vero o falso?- Nel fare questa domanda, la mia voce è diventata quasi supplichevole. Credo che lei se ne sia accorta, anche se fa finta di niente. Il suo viso è diventato rosso.

-Vero.- Mi risponde. –E’ stata una delle mie poche notti senza incubi. Quella in cui mi hai confessato che, nei tuoi incubi, sognavi di perdere me e…- Si interrompe, incapace di continuare la frase.

-…Di stare bene quando vedevo che eri accanto a me.- Completo, senza prendere fiato, con una naturalezza che stupisce anche me. Lo ricordo. Lo ricordo davvero. L’immagine di quella notte si staglia, limpida, nel mio cuore. Ecco cosa ho sognato stanotte. Non l’ibrido di veleno. Ho sognato di perdere il mio angelo. Katniss è, se possibile, ancora più sorpresa.

-Credevo non ricordassi nulla di me. O, meglio, credevo avessi altri ricordi di me.-

-Lo credevo anch’io, Katniss. La mia mente, confusa e attaccata dal veleno, non mi permetteva di vedere cosa c’era davvero nel mio cuore. Poi, non so come, un ricordo particolarmente vivido e felice di te è riaffiorato all’improvviso, il ricordo di noi sulla spiaggia. Da allora, ho capito con certezza cosa si celava in me e nel mio animo. C’eri tu, sei sempre stata tu, forte e pura, con i tuoi occhi di neve e tempesta. Tu, che mi regalavi un sorriso. Da allora è stato più facile controllare i miei… episodi. Non fraintendermi, sono ancora pericoloso, puoi vederne i segni.- Le dico, mostrando la mano. - Sono instabile e non so mai quando avrò un altro flashback. Ma sappi che non c’è stato un attimo in cui non ho lottato per tornare da te. Sei tu la vera ragione per cui non sono impazzito.-. La guardo negli occhi. Si è alzata per poter sostenere il mio sguardo. E’ triste. Non sa cosa dire. Rimane in silenzio per quella che mi sembra un'eternità, poi urla:

-Non dire questo! Sono IO la causa di tutto il tuo male, IO la causa di tutte le morti! Non puoi fartene una colpa! E’ colpa mia, tutta colpa mia!- E scoppia in lacrime.

La mia reazione è immediata. La afferro e la tiro verso di me. Un calore improvviso mi pervade. Quanto mi è mancata. Sembra che sia fatta apposta per stare fra le mie braccia. Appoggia il viso sulla mia spalla, singhiozzando. Lacrime salate bagnano la mia maglia. Le accarezzo i capelli.

Ma è proprio mentre assaporo questo attimo che un altro flashback mi coglie. La mia mente ha la meglio sul cuore.
 
 
Salve a tutti! Spero che non mi vorrete male per come è finito il capitolo! Volevo solo creare un po' di suspance per poi ricollegarmi al prossimo, anche perché questo sarebbe diventato un po' troppo lungo. Diciamo che è un po' di transizione ma comunque contiene azioni che riprenderò in seguito. Devo dire che il personaggio di Katniss, visto dall'esterno, è più difficile da impersonare. Tra tutti i suoi dubbi e i mille pensieri, non so mai cosa farle dire, dato che, praticamente, non dice mai niente! L'ultima cosa che voglio è rendere un personaggio non realistico! Fatemi sapere cosa ne pensate!
Ringrazio tutte le persone che seguono la mia storia e che l'hanno aggiunta fra le preferite, ringrazio particolarmente ile223 e bell per le loro recensioni che mi stimolano sempre e, infine, ringrazio il mio ragazzo (il mio Peeta ;D) che legge con pazienza tutti i capitoli prima che li pubblichi e mi dà il suo preziosissimo parere. 
Ci vediamo presto al prossimo capitolo! Un abbraccio,
Ida.

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Capitolo 5
*** Sempre. ***


CAPITOLO 4 – Sempre.
 
Inizio a tremare. Prima che possa pensare a qualsiasi cosa, la spingo lontano da me.

-Katniss… Va via! Ora!- Grido.

Non vedo più niente. Niente che sia reale. Nella mia mente si fanno spazio immagini spaventose. Lei che mi costringe a mangiare i Morsi della Notte, lei che mi taglia la gola, lei che ride della mia morte. La vedo parlare, ma non colgo alcuna parola. L’unico suono che sento sono le urla del Peeta morente che esplodono nella mia mente.

Torno al presente. Adesso la riesco a vedere. E’ caduta a terra per la spinta, ha paura, è debole. Potrei ucciderla in un attimo, senza bisogno di un’arma. Non è in condizioni di lottare. Mi avvicino di scatto e la immobilizzo a terra, le mani bloccate. La guardo negli occhi, il viso  a pochi centimetri dal suo. E’ terrorizzata. Lacrime solcano il suo viso. Come può una creatura tanto indifesa farmi del male? Come può un angelo condurmi all’inferno? Non so come faccia, ma fa scivolare le sue mani nelle mie e le stringe forte. Rabbrividisco. Sussurra il mio nome.

-Peeta…-

E’ come se mi risvegliassi da un incubo. Quella semplice parola è quasi come un secchio d’acqua gelida sul viso. Il mio angelo mi sta salvando dalle fiamme. Sgrano gli occhi e le lascio le mani. Mi alzo di scatto, tanto che mi gira la testa. Indietreggio. Mi porto le mani sul viso. Che cosa sto facendo?  Non voglio farle del male! Basta!

-No…NO!- Urlo. Voglio morire. Ora.

Tra le dita vedo Katniss che si alza. Per un secondo, non sa cosa fare e sembra combattuta tra scappare e urlare. Alla fine, non fa nessuna delle due cose. Mi corre incontro e mi prende il volto tra le mani.

-Peeta… Resta con me!- mi dice, gli occhi lucidi. Stringo le mie dita tra le sue.

 Rivedo davanti agli occhi la stessa scena che ho visto a Capitol City, dopo essere sfuggiti agli ibridi. Anche nel delirio, non posso fare a meno di pensare a quanto sia bella. Per la seconda volta, nel giro di pochi istanti, i nostri volti sono vicinissimi. Posso contare tutte le lacrime appoggiate sulle sue lunghe ciglia, come rugiada sulle foglie primaverili. L’amo. Oltre me stesso, oltre il dolore.

-…Sempre…- Le sussurro.

I miei muscoli si addolciscono. Non mi sono accorto di aver sudato freddo. Mi inginocchio lentamente a terra e Katniss si abbassa, insieme a me.

-Peeta… Stai bene?- Mi domanda.

Alzo gli occhi e mi fermo nei suoi. Capisco che sono di nuovo azzurri perché mi guarda con aria più serena.

-Dovrei essere io a chiedertelo, non ti pare?- Ironizzo, anche se c’è ben poco da scherzare. Non mi sono trattenuto. Ho davvero pensato con piacere alla sua morte. –Ti ho spinto via, Katniss! Ti ho buttato a terra!- Dico, e cerco dei segni visibili del suo dolore.

-Non mi hai fatto niente.Ho attutito il colpo con le braccia.- Dice, mostrandomi il palmo di una mano ancora intatto, con l'altra ancora posata sul mio viso. Continua ad osservarmi.
-Non è colpa tua.- Mi ripete, mentre scuote il capo.

-Nemmeno tua.- Le dico, convinto. Poi continuo. -Katniss, ti chiedo scusa. Scusa se non sono riuscito a proteggerti. Scusa se non ti sono stato accanto. Scusa se non sono riuscito a salvarti. Sei l’unica cosa bella della mia vita. Ma, se per proteggerti devo starti lontano, devo privarmi dei tuoi occhi, lo farò. L’ultima cosa che voglio è vederti morire per mano mia e, a quanto pare, non sono degno della tua presenza. Avresti avuto una vita migliore, se fossi morto. Avresti potuto... amare qualcun altro.-

Il dolore che sento nel pronunciare queste parole è peggio di mille iniezioni di veleno. Peggio della vera essenza del dolore stesso. E’ un male che si irradia da dentro. La consapevolezza che non potrò starle accanto. Ma sento che è giusto. Questo sarà il mio ultimo sacrificio. Morire lentamente, lontano da lei.

Katniss, però, non sembra del mio stesso parere. E’… furiosa.

-No!- Grida, scansando la mano e alzandosi in piedi. -Ma davvero pensi quello che dici? Chi dovrei amare? Gale? Lo stesso Gale che ha ucciso MIA SORELLA? Che è scomparso senza pensarci due volte? Non puoi fare sul serio… E poi tu… Tu non puoi arrenderti! Non puoi farlo, Peeta! Non puoi lasciarmi così, lo capisci? Non puoi farli vincere ancora una volta! Mi hai appena detto che saresti rimasto con me SEMPRE! Non puoi abbandonarmi solo perché pensi che io possa star male, non puoi sempre mettermi davanti a tutto, soprattutto non davanti a te stesso! Non te lo permetterò, Peeta! Promettilo! Promettimi che non sparirai, non di nuovo!-

Eccola. La Cacciatrice che impugna, fiera, il suo arco. La Ragazza in Fiamme che arde di potenza. La Ghiandaia Imitatrice che spiega le ali. L’Angelo che mi porta in Paradiso. Ci tiene a me? Penso di sì. Anche se non lo ammetterebbe mai.

Mi alzo in piedi anch’io. Non mi avvicino, però. Ho ancora negli occhi il suo viso spaventato. Non posso dirle di no. Ma non posso dirle di sì. Cosa fare? Mi decido.

-Te lo prometto, ma voglio che anche tu mi prometta una cosa. Non devi mai, e ,ripeto, mai abbassare la guardia, con me. Promettimi che, se mi spingerò troppo oltre, saprai allontanarmi, fino a che non sarò io a dirti che non correrai alcun pericolo. Promettimelo, Katniss, e anch’io ti darò quello che vuoi.-

Mi sembra un buon compromesso. Sostengo il suo sguardo e, nei suoi occhi, quasi leggo i suoi pensieri. All’inizio capisco che vorrebbe ribattere, che non mi farà mai del male, nemmeno se la cogliessi alle spalle con un coltello in piena notte. Ma, guardandomi di nuovo, capisce che non la lascerò vincere. Non stavolta. C’è in ballo la sua vita.

-Va bene.- Dice, infine, a denti stretti.

-Va bene.- Le rispondo, con un mezzo sorriso. Improvvisamente, un’idea mi coglie.

-Ora aspettami un attimo qui.- Le dico e, senza darle nemmeno il tempo di pensare, corro verso casa mia. E’ ancora lì, ormai asciutto. Il dipinto di Katniss. Lo prendo e lo porto da lei.

La ritrovo proprio dove l’ho lasciata.  Glielo mostro. Lo guarda con attenzione. Una fitta di tristezza attraversa il suo viso.

-Questa sei tu. Nella mia mente…- Le indico la parte destra. -…E nel mio cuore.- E le mostro quella sinistra.- Io non ho mai dimenticato quello che provo per te, nemmeno un attimo. Ma, a volte, il veleno è più forte e prende il sopravvento. Voglio che tu lo prenda, per ricordare in ogni momento come ti vedo io. Ogni volta che capirò di vederti sempre più per quello che sei davvero per me, ne dipingerò un altro, non più a metà, ma con la vera te che prevale sull'altra. Quando ritrarrò soltanto te, saprai con certezza di non essere più in pericolo. Tieni.- Le porgo il quadro.

Katniss lo prende con cautela, come se, solo toccandolo, potesse romperlo. Lo alza all’altezza del suo viso e la vedo scomparire dietro di esso. Quando lo riabbassa le sue guance sono un po’ rosse. Mi guarda per un attimo negli occhi, per poi abbassare lo sguardo.

-E’ bellissimo e orrendo allo stesso tempo.- Mi dice. –E poi non sono così… bella.- Ribatte.

-Questo, se permetti, lascialo decidere a me. Non sei mai stata obiettiva su te stessa. Non hai mai avuto idea dell’effetto che puoi fare.- Le dico, sorridendo.

Lei mi guarda, sorpresa.

-Già me l’hai detto.- Risponde, un po’infastidita.

-Lo so. Sei tu che non lo ricordi mai.- Dico, scrollando le spalle.

Lei rimane, se è possibile, ancora più di sasso. Forse non ha mai pensato che, un giorno, sarei riuscito ad avere dei ricordi intatti. Credo si sia ricreduta. Ma è così bella anche quando si arrabbia? In realtà, è bella soprattutto quando si arrabbia…

Distolgo lo sguardo per un attimo e controllo l’orologio sulla parete. A breve mi chiamerà il dott. Aurelius.

-Katniss, se permetti, io ora andrei a casa. Il Dottore mi chiamerà fra poco e, sono certo, chiamerà subito dopo anche te. Per favore, rispondilo. Io penso proprio di non poter perdere questa chiamata. Non ora.- Dico, preoccupato. -Ci vediamo domani. Per qualsiasi cosa, chiama.-

Lei evita di dirmi se risponderà o no al telefono o se deciderà mai di chiamarmi. Mi saluta con un semplice -Vai pure. Ciao, Peeta.-

-Ciao, Katniss.-Le regalo un ultimo sorriso e m’incammino verso casa.

Le oche di Haymitch starnazzano allegre quando passo accanto a loro. Porterò un po’ di pane a quei poveri pennuti più tardi, oltre che a quell’ubriacone del proprietario. Adesso non mi sembra urgente. La mia mente non riesce a pensare a niente all’infuori della chiamata imminente del mio psicologo. Che mi dirà? Come la prenderà per questa mia nuova visione? Mi spedirà lontano da lei? Non posso più permetterlo, non ora che le ho promesso di starle accanto per sempre. Senza che nemmeno me ne accorga, sono di nuovo in salotto. Credo di non essere mai stato così teso per una semplice telefonata.


Il telefono non tarda a squillare. Rispondo, con mano tremante.

-Pronto?-

-Ciao, Peeta! Sono il dott. Aurelius. Come stai? Vuoi raccontarmi qualcosa?- Mi dice, con voce rilassata e cordiale.

-Salve dottore. In effetti c’è qualcosa di cui vorrei parlarle.- Gli spiego tutto. Tutto quello che ho pensato e tutto quello che ho fatto. Le primule, lo specchio rotto, Haymitch, il dipinto, il ricordo del treno, le pagnotte, Katniss, la visione, la promessa. Lui mi ascolta e, ogni tanto, esclama un “sì” o uno “mmm”, senza mai interrompermi. Quando finisco il racconto, inizia a parlare.

-Hai vissuto due giornate abbastanza intense, giovanotto. Ho sempre avuto timore che i flashback non se ne sarebbero mai andati, soprattutto se incitati dalla vista del soggetto che ritraggono. Purtroppo, i ricordi contaminati dal veleno sono impossibili da rimuovere definitivamente. Mi è sembrato, inoltre, che, anche quando non sei lucido, forse con l’aiuto di Katniss puoi tornare alla realtà più facilmente, senza ricorrere al dolore fisico, come altrettanto facilmente puoi incappare in un falso ricordo. La sua presenza nella tua vita, dunque, è molto importante. Quello che più mi stupisce, però, quello per cui sono molto fiero di te, è che ogni gesto che compi con senno cela un amore profondo, un sentimento estremamente radicato. Questo significa che l’idea di tornare al Distretto era giusta, e lo è tutt’ora. Perciò, Peeta, la strada che avete imboccato è quella migliore. Per entrambi. Esercita l’autocontrollo che hai dimostrato fino ad ora e andrete avanti. Insieme. Se ti senti  sopraffare dal veleno, chiamami e decideremo insieme cosa fare. Per ora, non credo sia il caso allarmarci più di tanto. Va bene?- Mi chiede.

-Va bene. La ringrazio, dottore.- Dico.

-Figurati, ragazzo, è il mio lavoro! Ora, però, ti lascio, provo a chiamare Katniss. Le hai detto di rispondere?- Mi chiede, speranzoso.

-Sì, dottore. Credo che lo farà.- Gli dico, convinto.

-Speriamo! Hai sempre una grande influenza su di lei.- Dice lui. -Ci sentiamo presto, Peeta!- Conclude.

-A presto.- Gli dico e riaggancio la cornetta.

Non sapevo cosa aspettarmi da questa chiamata e, alla fine, mi sento davvero stupido per averne avuto quasi paura.

Forse non riuscitò sempre a trattenermi. Forse ci saranno momenti in cui non ragionerò, in cui perderò quel poco di fede che mi è rimasta in me stesso. Ma una cosa è certa. Se sarò sempre sicuro di quello che provo, del mio amore, riuscirò a vincere. Non per me, ma per lei. E se c’è una cosa certa è che l’amo. E che l’amerò sempre.


Salve a tutti!! Eccomi tornata con un nuovo capitolo! Spero di essere rimasta fedele ai personaggi e di non essere caduta nel sovrannaturale, soprattutto con Katniss, che è piuttosto difficile da caratterizzare. Ho cercato di farle dire poco ma molto allo stesso tempo e questo è stato il risultato! Fatemi sapere cosa ne pensate! Un grande grazie a tutti quelli che hanno la pazienza (e il coraggio XD) di seguirmi! Un abbraccio grande,
Ida.

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Capitolo 6
*** Resta. ***


CAPITOLO 5 – Resta.
 
Sono passati diversi giorni da quell’episodio. Da allora, un po’ di cose sono cambiate. In meglio, stavolta. Meno flashback mi attanagliano la mente e, quando lo fanno, riesco sempre più a controllarli. Se mi sento particolarmente pericoloso e sono in compagnia di Katniss, anche se c'è sempre qualcun altro, sono comunque abbastanza lucido da rinchiudermi per tempo in casa mia e dare sfogo alla mia rabbia, dipingendo o cucinando. Solo che, spesso, i quadri prodotti dal me-ibrido li brucio. Sono troppo spaventosi, anche per me. Mi provocano notevole dolore. Penso che, tra poco, potrei anche essere in grado di disegnare la mia donna non più a metà, ma, per ora, è meglio non avere fretta. Ho cominciato a fare qualche azione meccanica, come suggerito dallo psicologo, più per spronare Katniss che per me, per cercare di farle ritrovare almeno il senso di qualche gesto. Ogni mattina preparo i panini al formaggio e glieli porto. Facciamo sempre colazione insieme e, qualche volta, rimango da lei a cena. Non sa ancora badare completamente a se stessa, ma Sae, per fortuna, non la lascia mai morire di fame. E, se non ci fosse lei, ci sarei io. Mi proporrei al suo posto, se non fossi ancora troppo squilibrato. Cosa potrei fare con un coltello in mano? Meglio non scoprirlo.

Katniss ha finalmente risposto alle chiamate del dott. Aurelius e quest’ultimo ne è stato davvero felice. Anche lei, seguendo il suo consiglio, è tornata a cacciare ogni mattina. Qualche volta, mi ha donato qualche attimo di pura felicità. Una volta, arrossendo ad un mio sguardo, dopo che il suo grigio ha incontrato il mio azzurro. Un’altra, quando mi ha quasi concesso un accenno di sorriso ad una battuta su Haymitch. Un’altra ancora quando le ho sfiorato il viso per toglierle una briciola di torta ed è rimasta immobile per il resto della serata. Dopo quell’abbraccio e quest’ultimo accenno, ho cercato di ridurre al minimo il contatto fisico fra noi. Uno sforzo non indifferente, almeno per me, ma, qualche volta, credo che ne risenta anche lei.

Haymitch ancora non ha ucciso le sue oche e questo mi sembra un traguardo notevole. E’ ubriaco un giorno sì e l’altro pure, ma, per fortuna, quei pennuti sembrano essere abbastanza intelligenti da badare a loro stessi, più di quanto sappia fare lui con sé.

Il Distretto sta risorgendo lentamente dalle sue ceneri, come una fenice che rivive dalle sue fiamme. Operai lavorano incessantemente per ricostruire case e qualche bottega. Il Prato è divenuto un cimitero senza lapidi. Non sono ancora riuscito ad andare al nostro… al mio… vecchio forno. Non ho ancora voglia di vedere quello che ne è o che non ne è rimasto.

Guardo l’orologio appeso alla parete. Sono in ritardo. Devo andare a cenare da Katniss, stasera. Le ho preparato una torta di prugne alla cannella. Credo di ricordare che, durante la nostra permanenza a Capitol, fosse particolarmente ghiotta di qualche piatto alle prugne, ma non ne ho un’immagine ben precisa. Sono comunque abbastanza speranzoso, anche se è la prima volta che la preparo. Infilo la torta in uno scatolo decorato, per trasportarla comodamente. Mi avvicino alla porta, esco e la chiudo. Una leggera brezza estiva rinfresca l’aria. In un batter d’occhio raggiungo casa di Katniss e suono il campanello. Dopo qualche istante, mi apre.

-Ciao Peeta. Sei in ritardo.- Dice, guardandomi un po’ preoccupata. Di sicuro penserà che il motivo del mio ritardo sia da ricercarsi in uno dei miei episodi. Per questo, le rispondo subito.

-Ciao Katniss. Scusami, ma stavo aspettando che il dolce ultimasse la cottura.- Dico, mentre alzo lo scatolo per farglielo vedere. Lei gli dà uno sguardo veloce e poi torna a guardare me.

La sua treccia è un po’ disordinata, con qualche ciuffo che esce, ribelle, qua e là. I suoi occhi sonno attivi, ma il suo viso è solcato da evidenti occhiaie. Nonostante faccia finta di niente, credo che gli incubi la stiano tormentando incessantemente. Indossa una canotta fine ed un pantalone largo e leggero, che tocca fino a terra.

-Ah, ok.- Dice, visibilmente sollevata. -Entra.- Continua, e si scansa per lasciarmi passare.

Sae sta già impiattando la cena. Filetto di merluzzo accompagnato da insalata. Con il caldo degli ultimi giorni, non avrebbe potuto fare qualcosa di meglio.

-Buonasera, Peeta. Era ora che venissi! Questa qui stava dando di matto!- Dice Sae, indicando Katniss e alzando gli occhi al cielo. La ragazza, per tutta risposta, la fulmina con uno sguardo truce e sbuffa. Mi scappa un sorriso.

-Buonasera, Sae. La prossima volta avvertirò, giuro.- Dico, cercando di mantenere un tono serio.

Il resto della cena trascorre velocemente, con qualche sporadica parola tra un boccone e l’altro. Ben presto, ancor prima di prendere il dolce, Sae si congeda, dicendo che deve andare dalla sua nipotina. Cerca con gli occhi il permesso da Katniss, che annuisce quasi impercettibilmente. Se la ragazza è preoccupata, non lo dà a vedere. Sembra solo stanca.

E’ la prima volta che rimaniamo soli, dopo quel giorno. Sono io che sono preoccupato, in realtà. Guardo Sae uscire di casa e il mio sguardo si perde nel vuoto. E’ meglio che me ne vada anch’io. Prima che possa succedere qualsiasi cosa. Faccio per alzarmi.

-Katniss, si è fatto tardi, forse è meglio che vada…- Inizio, ma subito m’interrompe.

-No.- Dice, ferma. Non mi guarda. Sta fissando il suo piatto vuoto, come se potesse parlarle. Rimango bloccato, metà seduto e metà alzato. Sospiro.

-Katniss… Ok. Rimango. Ma solo per il dolce.- Dico, con uno sforzo notevole. Per quanto abbia paura di me, non riesco a dirle no. Non riesco in nessun modo a tentare di non farla felice. Speriamo che stavolta non mi prenda la mattana dell’ibrido.

Mi alzo definitivamente e prendo la torta dallo scatolo. Taglio due fette e le poggio su due piattini con altrettante posate. Uno lo porgo a lei ed uno lo prendo io. Torno al mio posto e la osservo per vedere l’effetto che quella piccola fetta ha su di lei. Aspetto che assaggi un boccone.

-Ti piace?- Dico. Chissà perché, quando voglio sapere qualcosa su di lei, divento impaziente.

Katniss assapora lentamente il pezzetto.

-Sì. Ha qualcosa di familiare.- Dice, alzando un po’ lo sguardo.

-E’ una torta di prugne alla cannella.- Spiego. –A te piacciono le prugne. Vero o falso?- Chiedo. E’ di nuovo sorpresa.

-Vero.- Dice. –Sono nel mio piatto preferito, lo stufato di agnello con prugne secche.- Mi ricorda, malinconica.

-Ricordavo qualcosa del genere. Sono contento che ti piaccia.- Le dico, e accenno un debole sorriso.

Katniss, per tutta risposta, arrossisce fino alla punta dei capelli e non parla più. Mentre ci concediamo quest’ultimo dolce piatto, l’unico rumore che si sente è il tintinnio delle forchette sulla ceramica. Cerco di non farle notare che, più che mangiare la mia fetta, la sto divorando, per andarmene via al più presto. Lei, invece, la assapora il più lentamente possibile. Quando anche l’ultima briciola scompare, mi alzo, quasi di scatto.

-Katniss, se non ti dispiace, io andrei. Vuoi che ti dia una mano a lavare le stoviglie, prima?- Dico, tutto d’un fiato.

Soppesa le mie parole per qualche istante. Poi, risponde.

-Non preoccuparti. Ci penserà Sae domani.- Dice, quasi sussurrando. Non sembra molto convinta. E’ rimasta seduta al suo posto e continua a guardare il piattino di fronte a lei.

Cosa le passa per la testa? Perché non mi guarda? Se solo mi guardasse, sono certo che capirei quello che vuole dirmi. Perché non mi mostra quei bellissimi occhi?
Non so che fare. So per certo che vuole dirmi qualcosa, ma non parla, né mi guarda. Vorrei prendere il suo viso tra le mani e alzarlo delicatamente verso i miei occhi. Vorrei guardarla dolcemente e sorriderle. Vorrei dirle che è tutto ok, che può dirmi o non dirmi tutto quello che vuole. Ma non posso.

-Va bene.- Rispondo. –Ci vediamo domani, allora. Buonanotte, Katniss.- Dico, e un lieve dispiacere si leva dalla mia voce. Non so se è riuscita a coglierlo o meno. Si alza di scatto e mi guarda. Il grigio penetrante si accende di tristezza.

Ora so quello che pensa.

“Non andare. Resta.”

E’ la stessa cosa che penso anche io, tutte le volte che sto con lei. Quello che sto pensando anche adesso. Spero che non sappia leggermi come io riesco a fare con lei.

Non me ne vado. Resto.”

Oh, Katniss. Rimarrei con te fino a domani, fino alla fine, fino a quando tu vorrai. Ti stringerei fra le braccia, ti strapperei un sorriso, ti dipingerei il volto sorridente. Ti bacerei ogni giorno, accarezzerei il tuo viso, le tue mani, le tue spalle. Se non fossi così… instabile.

-Peeta…- Sussurra, ancora indecisa e triste. Continua a guardarmi, per un attimo infinito.

-… Ci vediamo domani.- Dice, infine, abbassando di nuovo lo sguardo, sconfitta.

-A domani.- Dico e, senza voltarmi indietro, me ne vado.

Cammino velocemente, per cercare di non pensare. Il posto in cui sto andando non è quello in cui voglio stare. Ma non posso fare altrimenti. Entro in casa e sbatto la porta dietro le spalle. Mi appoggio ad essa e scivolo lentamente sul pavimento. Mi sento così in colpa. Il suo sguardo mi galleggia nella mente. Scuoto la testa, come per cercare di liberarmene. Non ci riesco. Dovevo restare. Aveva bisogno di me, ha bisogno di me.

Non posso rimanere di notte e rischiare di abbassare la guardia. Non posso sdraiarmi accanto a lei, a cinque centimetri dal suo viso. Non posso tenerle la mano sotto il lenzuolo leggero. Semplicemente, non posso.

Mi alzo e salgo di sopra. Cerco mi darmi pace sul letto. Non mi cambio nemmeno. Senza accorgermene, cado in un sonno tormentato e triste.

E’ intrappolata in una cella. Le sue mani stringono le sbarre gelate. Sto correndo verso di lei. Sto tentando di salvarla. Sta gridando qualcosa. La raggiungo. Sto per liberarla, quando un gruppo di Pacificatori mi afferra e mi trascina lontano. I suoi occhi, le sue mani, le sue urla implorano la mia presenza. La mia mano si allunga, verso di lei, ma sono bloccato, bloccato da loro, bloccato da me stesso.

Resta!- E’ l’unico urlo che sento.

Mi sveglio di soprassalto, la fronte madida di sudore. E’ appena mezzanotte. Ho dormito per un’ora o meno. Quel sogno, quell’incubo, sembrava così vero. Forse, in realtà, lo è.

Guardo fuori dalla finestra la casa di fronte. L’ho lasciata in balia dei suoi tormenti, nella sua gabbia di incubi e rimorsi. Ho lasciato che paura e indecisione, i miei Pacificatori, mi portassero via da lei, ancora una volta. Non è questo il mio posto.

Improvvisamente, la luce della sua camera si accende. So cosa sta succedendo. E so cosa fare.

Mi precipito al piano inferiore. Esco di casa e, in un momento, sono di nuovo lì, fuori la sua porta. La rimane sempre aperta. Solitamente, lascio che sia lei ad aprirmi, ma, stavolta, vado di fretta. La spalanco e salgo velocemente al piano superiore. Per evitare di spaventarla, annuncio la mia presenza.

-Katniss… Sono io. Sono Peeta.- Dico, ma non ricevo alcuna risposta.

Apro la porta. La luce intensa mi fa sbattere le palpebre più del dovuto. Ci metto un po’ a trovarla e metterla a fuoco. E’ rannicchiata in un angolo della stanza, gli occhi spenti, persi nel vuoto. Non so se si è accorta del mio arrivo, ma so cosa fare. Mi avvicino lentamente e mi inginocchio di fronte a lei. Senza nemmeno darle il tempo di pensare, l’abbraccio. Non ho più paura di quello che farò. So per certo che non mi trasformerò in un ibrido, che non le farò del male, almeno per il momento. Lo so e basta. La stringo dolcemente per riportarla da me, proprio come ha fatto lei qualche giorno fa.

-Katniss, andrà tutto bene. E’ passato. E’ solo un incubo.- Sussurro.

Si abbandona tra le mie braccia, tremante.

-Peeta… Li ho uccisi tutti… Tutti… Perché non sono morta io? Perché?- Mi domanda, il viso poggiato sul mio petto, ancora scossa da migliaia di brividi di paura.

-Per restare con me.- Le dico.

La prendo in braccio e la adagio dolcemente sul suo letto. Quando i nostri corpi si staccano, mi guarda impaurita. Quello che non è riuscita a dirmi stasera le esce, prepotente, fuori dalle labbra.

-Resta…- Mi prega.

-Non ho nessuna intenzione di andarmene.- Le dico, mentre mi adagio lentamente al suo fianco.

Per questa notte sono sicuro che questo è il mio posto. Per questa notte, nessuno, nemmeno io, mi porterà via da lei. Per questa notte, resto.



Salve a tutti!
Sono di nuovo qui tra voi per regalarvi un nuovo capitolo. Scriverlo è stato davvero bello, soprattutto per il riavvicinamento cauto ma forte di Peeta, nonostante i suoi dubbi! Spero davvero che piaccia anche a voi! Fatemi sapere!
Ringrazio nuovamente Rossella e Ilenia per le loro bellissime recensioni e tutte le persone che mi seguono!! Non immaginate quanto mi rendete felice! 
Un abbraccio circolare a tutti! A presto,
Ida.

 

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Capitolo 7
*** Vero. ***


CAPITOLO 6 – Vero.
 
Sono sveglio già da un po’, da quando un tenue raggio di sole ha colpito il mio viso. All’inizio, mi è sembrato di vivere in un sogno, in uno dei rarissimi sogni belli che il mio inconscio, un tempo, mi concedeva, tra quei pochi che ricordo. Di quelli che speri che siano reali e che non vorresti mai svegliarti. Invece, sono rimasto un po’ interdetto quando ho capito che è tutto vero. E’ qui, accanto a me. Me lo dice il suo respiro, che posso sentire sulla mia pelle. Me lo dicono i suoi capelli, che mi solleticano il viso. Me lo dice il suo volto poggiato sul cuscino, a pochi centimetri dal mio. Quasi mi perdo nell’osservare ogni piccolo, minuscolo dettaglio di Katniss, come faccio quando devo dipingere un paesaggio.

Quanto è bella.

Stanotte non si è svegliata. Nessun ibrido, nessun caduto l’ha tormentata. Lo stesso vale per me. Nessun incubo. Non riesco nemmeno a ricordare da quando non capitava. Per la prima volta, dopo un tempo pressoché infinito, mi sento riposato. Non tanto nel corpo. Quanto nell’animo, nel mio essere. Mi sento sollevato. Sono riuscito a metterla di nuovo avanti a me, sono riuscito a tenermi testa. Il solo pensiero di lei, abbandonata in quella fredda cella di tormenti ed incubi, mi ha reso tanto forte da superare la paura di me. Da saper controllare l’ibrido nascosto nei miei visceri. Forse c’è una luce in fondo a questo tunnel. Una luce diversa da quella dei miei flashback. Una luce vera e calda. E, adesso, è a pochi centimetri da me. Posso raggiungerla, posso toccarla. E’ una luce tangibile.

Sposto la mano verso il suo viso e lo sfioro delicatamente. Non voglio svegliarla. La faccio scivolare sulla tempia, sulla guancia, sul profilo del suo mento, disegnando un tratto immaginario con le dita. E’ così strano, per me. Per un milione di motivi. Mi sembra la prima volta che la sento davvero qui, accanto a me, anche se so per certo che non è così. Ho visto molti video su noi e ho i ricordi del Tour e della spiaggia. Però, adesso, in questo preciso istante, per la prima volta dal depistaggio, sono assolutamente certo che questo è tutto vero. Senza bisogno di nessuna domanda.  Lei c’è. E’ qui, di sua spontanea volontà. Ma, soprattutto, ci sono anch’io. Io, Peeta Mellark, l’uomo profondamente innamorato di Katniss Everdeen, che, proprio adesso, dorme, tranquilla, accanto a me. L’uomo che ha vinto insieme a lei gli Hunger Games. L’uomo che sono sempre stato.

Un impulso prepotente si impadronisce di me, senza alcun preavviso. Del tutto diverso dal solito. Voglio baciarla. Voglio assaporare le sue labbra. Voglio sentirla mia… Sono così vicino, eppure mi sento distante anni luce. Non mi basta. Voglio colmare il vuoto tra noi. Il cuore mi batte troppo veloce. Lo sento rimbombare in ogni angolo del mio corpo. Intorno a me, intorno a noi, sembra tutto ovattato. Sento che,  se rimarrò fermo un altro attimo, diventerò matto. Mi avvicino a lei, quel tanto che basta da poterle contare tutte le ciglia. Senza nemmeno accorgermene, il mio naso sfiora il suo. Questo contatto, bruscamente, mi riporta alla realtà.

Cosa sto facendo? Non posso baciarla così, all’improvviso! Lei non vuole, ne sono certo. Non l’ha mai voluto. O, forse, sì, ma solo rare volte. Non posso farlo. E, anche se lo volesse, dovrebbe essere cosciente. Dovrebbe sapere perché. Dovrebbe essere lei a volerlo. Non posso farlo. Ma non è questa la cosa peggiore. Se tutti i ricordi dei baci finti che ho visto si impossessassero di me in un istante? Se prendessero il sopravvento? Cosa accadrebbe? Mi trasformerei in un mostro! Katniss sarebbe tremendamente vulnerabile, più del solito! No, assolutamente no. Non posso farlo.

Scuto la testa, in un “No” silenzioso rivolto a me stesso. Mi alzo velocemente dal letto, senza far rumore. Non mi sembra il momento adatto per svegliarla. E’ meglio che mi impegni a fare qualche altra cosa. Le sue labbra mi galleggiano ancora nella mente. Scendo al piano inferiore in punta di piedi, per quanto la protesi me lo permetta. Arrivato in cucina, mi abbandono per un attimo sulla sedia, le mani nei capelli. Ma cosa diavolo mi è preso? Calmo un istinto e me ne sale un altro? Capisco che è inevitabile, ma… Ma niente! Devo semplicemente smetterla e calmarmi. Decido di cucinare le pagnotte. Mi alzo e cerco gli ingredienti in mobili e scaffali, evitando di fare rumore. Per fortuna, Sae provvede alle scorte, così, in men che non si dica, l’impasto è già pronto. Lavoro freneticamente per evitare di pensare. Do forma alle pagnotte e le inforno. L’odore del pane si espande velocemente. Mi fermo per un attimo. Mi incanto a guardarle dal vetro del forno. Penso a quando Katniss scenderà e potrà assaporarle… Involontariamente, mi sento arrossire. Un caldo improvviso, che non ha niente a che fare col fatto che sono a pochi passi da una fonte di calore, mi invade tutto il viso. Credo proprio che avere voglia di baciarla è molto meglio che aver voglia di ucciderla. Sorrido di me stesso.

Questi sentimenti che si risvegliano man mano mi fanno sentire terribilmente vivo. Il veleno è solo una scorza in superficie. Al di sotto di essa, io ci sono sempre. Quello che provavo è vero,  quello che provo è vero. E’ tremendamente vero. Non ho bisogno di domande, nemmeno stavolta.

Nello stesso momento, Katniss entra in cucina, ancora un po’ assonnata. Sussulto un momento. Le comparse improvvise mi fanno ancora un brutto effetto. Si è già aggiustata i capelli nella sua solita treccia, anche se qualcuno ne è rimasto fuori. Mi accorgo di essere rimasto pietrificato per un secondo, con gli occhi spalancati, ma mi ricompongo subito. Sorrido. Mi guarda negli occhi, per poi distogliere subito lo sguardo e spostarlo verso il forno.

-Buongiorno!- Le dico, allegro. -Stanotte niente incubi.- Affermo.

-Vero.- Dice, avvicinandosi.

-La mia non era una domanda.- Le rispondo, sorridendo. -So quando hai gli incubi e quando no.-

E’ davanti a me, lo sguardo basso. Non posso vederla in viso, ma scommetto che è più rossa di come lo ero io qualche istante fa. Lo capisco dal colore delle sue orecchie. Improvvisamente, alza il capo e mi ritrovo i suoi occhi d’argento nei miei. E’ in fiamme, come pensavo. Dopotutto, è o non è la Ragazza di Fuoco?

-Grazie, Peeta.- Mormora con un filo di voce, abbassando di nuovo lo sguardo.

Potrà sembrare poco, ma per me è davvero tanto. Poggio la mano sotto il suo mento e le alzo il viso. Voglio vedere i suoi occhi di ghiaccio. Voglio ammirare le sue guance rosse. Voglio indugiare sulle sue labbra.

-Non dirlo nemmeno. Ci sarò sempre per te.- Le dico, scostandole i capelli dal volto. E’ così facile toccarla. Katniss sussulta per un attimo, ma non si ritrae.

Mi perdo nei suoi occhi. Subito, un’immagine si staglia nella mia mente. La stessa che vedo ora, ma al contrario. Quella volta fu lei a lisciarmi i capelli. Fu lei a rassicurarmi. Fu lei a dirmi che mi stava proteggendo. Adesso, per quanto possa essere assurdo, per quanto nessuno lo credeva possibile, sono proprio io a proteggerla.

Lei continua a guardarmi, incapace di distogliersi. Vorrei baciarla, ora, adesso, sempre. Lei non sa cosa fare, lo capisco dalla sua espressione. Non dice niente, ma rimane immobile. Non farei nulla che lei non voglia. La aspetterò. La proteggerò, da tutto. Anche da me stesso. Anche da un mio tenero bacio. Sorrido, di nuovo.

-Perché è questo che facciamo, io e te. Ci proteggiamo a vicenda.- Le dico, senza né vero né falso.

Non so come, ma le ho strappato un sorriso. Mi guarda dolcemente e, quando sussurra -Vero.-, perdo quasi un battito. Siamo così vicini…

Improvvisamente, la porta si spalanca con un rumore assordante. La figura di Haymitch si staglia davanti a noi. Con una mano regge una delle sue inseparabili bottiglie e con l’altra si mantiene ai cardini, per non cadere. Katniss si allontana velocemente da me e guarda altrove, mentre io rimango impalato nella mia posizione. Questo cambio improvviso fa comparire sul viso del nostro mentore un ghigno beffardo.

-Oooh, siete tornati insieme? Ma che carini! Quanto mi dispiace avervi interrotto!- Dice, con un tono eccessivamente allegro. –Riprendete pure da dove avevate lasciato. Fate come se non ci fossi!-  Continua, ridacchiando e sedendosi di malo modo su una sedia. Katniss lo sta fulminando con lo sguardo. Decido di intervenire, prima che volino coltelli e fiamme.

-Quando sei così ubriaco, non cambia molto se ci sei o no. In ogni caso, non capisci niente.- Gli dico, prendendolo in giro, con un lieve sorriso. Haymitch grugnisce, scocciato, e sbraita di nuovo.

-Mi stavo giusto chiedendo come mai non mi avevi ancora lasciato sul tavolo il pane. Forse perché lo stavi dando a qualcuno altro?- Ride, beffardo. Katniss sbatte un pugno sul tavolo.

-Prova a dire un’altra parola, Haymitch, e ti ritrovi una freccia dritta in testa!- Grida.

La sua reazione mi fa innervosire. Sono certo che sto per avere un episodio. Devo sbrigarmi. La situazione sta degenerando.

-Che c’è, dolcezza, ho detto qualcosa di sbagliat…- Tenta di dire lui, ma lo blocco subito.

-Eccoti il pane, Haymitch.- Gli dico, cercando di restare calmo e allungandogli alcune pagnotte. –La prossima volta, ti avviso se faccio tardi.- Lo alzo dalla sedia e lo accompagno fuori. Lui continua a ridacchiare.

-Grazie, bel biondino! Mi stai cacciando perché volete stare soli?- Mi sussurra nell’orecchio. Il tanfo dell’alcool mi annebbia gli occhi.

-Porta il cibo alle tue oche, Haymitch.- Concludo e, finalmente, si allontana verso casa sua, ridendo come un pazzo.

Torno dentro e trovo una Katniss arrabbiatissima seduta sull’ultima sedia in fondo al tavolo. Mentre sento il veleno avanzare, mi avvicino a lei, sicuro di aver poco tempo a mia disposizione. Quando le sono davanti, mi guarda, il grigio dei suoi occhi puntato nei miei.

-Katniss, perdonami. Ora devo andare.- Le dico, dispiaciuto.

Il suo viso cambia espressione. Sembra preoccupata e… triste. Non posso vederla così.

-Ci vediamo più tardi.- Aggiungo subito e, senza pensare a nulla, le stampo un bacio sulla fronte. Non se lo aspettava. Neanche io me l’aspettavo, a dire il vero. Rabbrividisce tutta e rimane immobile. E’ diventata rosso porpora. Mi allontano velocemente, quando sento la sua voce dire:

-Ti aspetto.- Un sorriso si fa strada sul mio volto, contro ogni veleno.

Sono fuori la porta, quando vedo Sae arrivare. Questa mattina Haymitch ha fatto prima di lei. Chissà perché, la fortuna non è mai stata a nostro favore.

-Buongiorno, Sae.- Le dico.

-Buongiorno, Peeta. Mi scuso del ritardo, sai, le faccende a casa, mia nipote…- Dice, un po’ mortificata.

-Non preoccuparti, Sae. Ho lasciato il pane nel forno. Stamattina torno a casa.- Le dico, mentre mi avvio verso la mia dimora.

-Ci vediamo per cena, allora?- Mi domanda.

-Credo proprio di sì.- Rispondo e me ne vado definitivamente.

Giunto a casa, chiudo la porta e mi lascio andare. Le immagini che impazzano nella mia mente non sono limpide come una volta, ma riesco comunque a vedere sprazzi di Katniss armata e assetata di sangue. Lascio che mi scorrano davanti agli occhi. Diversamente da quanto accadeva prima, adesso so cosa è vero. Devo solo aspettare che i miei istinti dettati dal veleno si plachino. Quando questo accade, vado nel salotto e sono pronto a dipingere.

So già cosa le porterò stasera, oltre la solita torta. Le porterò il suo ritratto. Il ritratto dello stupore che ha provato quando le ho lasciato quel bacio. Il ritratto delle sue guance rosse. Il ritratto della sua vera essenza. Ma, stavolta, non sarà più a metà. Stavolta lascerò che il vero prevalga sul falso.


Salve a tutti! 
Questa volta ci ho messo più tempo del solito per scrivere questo capitolo, ma spero di aver ripagato le vostre attese!
E' tornato Haymitch!! Mi mancava troppo, e a voi?? Spero non mi vorrete uccidere dopo tutti questi imprevisti. Un bacio vero lo avremo presto!
Ringrazio nuovamente tutti quelli che mi seguono e che hanno aggiunto la mia storia tra i preferiti. Ringrazio le carissime Rossella e Ilenia che mi recensiscono sempre. Ringrazio la mia amica Mena che ha avuto il coraggio di leggere tutta la storia e, infine, ma mai ultimo, ringrazio il mio ragazzo che trova sempre il tempo per leggere ogni capitolo e darmi il suo parere.
Vi mando un bacio grande a tutti! 
Un saluto e a presto,
Ida.

 

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Capitolo 8
*** Posso. ***


CAPITOLO 7- Posso.
 
Ho terminato la mia opera. Tre quarti sono occupati dalla donna che sto riscoprendo. Nel resto c’è ancora quella che mi hanno indotto ad odiare. Katniss del dipinto mi guarda come se non volesse fare altro. Come se la sua vita dipendesse dalla mia presenza. E’ strano, perché è sempre stato il contrario. Invece, nel suo sguardo di ieri notte, in quello di stamattina, ho scorto qualcosa di nuovo. Prova qualcosa per me. Non so definire esattamente cosa, ma i suoi occhi non mentono. Non l’hanno mai fatto, non ci riescono. Neanche il grigio più nebbioso potrebbe oscurare la limpidezza dei suoi pensieri.

Per dipingerlo non ci ho messo molto, stavolta. Tutto quello che è accaduto nelle ultime ore mi ha molto aiutato. Le immagini di noi sono ancora vivide nella mia mente. Ho ancora addosso la sensazione del suo corpo caldo, dei suoi occhi grigi che mi implorano di restare, delle sue mani su di me. E’ qualcosa di indescrivibile. Voglio tornare da lei, voglio vederla, voglio stringerla tra le braccia. Devo fare qualcosa, altrimenti sento che impazzirò. Le preparo una torta, dei biscotti e qualche muffin. Mi rendo conto che potrei sfamare un esercito, ma sono troppo elettrico. Guardo l’orologio ogni attimo. Sembra quasi che si stia prendendo gioco di me. Ogni secondo dura un’ora. Finalmente, quella lancetta si posa sul numero giusto. Guardo il dipinto ancora una volta. Spero che sarà felice almeno quanto me. Lo prendo e, senza farmi notare, lo porto velocemente fuori casa sua e lo lascio poggiato al muro. Torno indietro e prendo i dolci.

Con una mano reggo una torta di mele con panna nel solito scatolo, mentre con l’altra porto biscotti e muffin in una busta di carta. Percorro il breve tratto di strada che ci separa per la seconda volta. Arrivo alla porta e busso. Subito, qualcuno mi apre.

E’ lei. E’ bellissima. Indossa una maglietta arancio, il mio colore preferito, e un pantaloncino bianco. Riesco a vedere le sue guance arrossire anche nella tenue luce della sera.

-Sei venuto.- Dice.

-Dubitavi di me, forse?- Le dico, facendole un gran sorriso. -Ho fatto un po’ di cose per te.- Le mostro i vari pacchi. Lei subito allunga le braccia per aiutarmi.

Nel fare questo gesto, inavvertitamente, la sua mano tocca la mia. E’ come se un fulmine mi stesse percorrendo da cima a fondo. Improvvisamente, quella voglia selvaggia di baciarla si impossessa di nuovo di me. Mi sento galleggiare. La guardo negli occhi. Anche lei, come me, è rimasta di sasso. Ci guardiamo per quello che mi sembra un tempo infinito, immobili in questo nostro contatto, fino a che Sae non ci riporta alla realtà.

-Ragazzi, che fate lì impalati? Vi decidete ad entrare?- Grida.

Mi riprendo, scuotendo la testa, e sorrido a Katniss.

-Dai, entriamo.- Le dico. Lei annuisce e si costa per farmi passare. Do un’occhiata rapida al quadro appoggiato alla parete, senza farmi vedere, ed entro dietro di lei.

Poggiamo i pacchi in cucina e, subito, la porta si spalanca dietro di noi. Un Haymitch sorridente e visibilmente sbronzo fa la sua degna comparsa.

-Sono in ritardo? Ooooh, quanto mi dispiace!- Esclama, per niente dispiaciuto. Guarda prima me, poi Katniss, senza smettere di ghignare. Se fosse venuto pochi secondi fa, avrebbe sicuramente fatto di peggio. Meglio così.

-Sono venuto a controllare che fosse tutto a posto. Sapete, dopo stamattina…- Continua, tutto allegro.

Me lo aspettavo. Prevedibilissimo. Katniss è rimasta immobile, lo sguardo basso.

-E’ tutto ok, Haymitch.- Dico subito, sorridendo. –Vuoi cenare con noi?-

A queste mie parole, Katniss si volta verso di me e mi fulmina con lo sguardo. Dura solo un attimo, perché poi mi guarda stupita e dispiaciuta. Forse crede che scatenerà l’ibrido che è in me. Stavolta, chissà perché, però, non accade nulla. Niente che mi tormenti o che mi renda un mostro. China nuovamente il capo e si chiude nel suo solito silenzio. Questa scenetta scatena ancora di più l’ilarità di Haymitch.

-Oooh, dolcezza, cos’è quel visino dispiaciuto? Hai paura che il tuo cucciolo si trasformi in una bestia? Non preoccuparti, si sa controllare benissimo. Tu, piuttosto, sai controllarti? Perché stamattina non sembrava…- Dice, e scoppia in una fragorosa risata.

L’aria estiva, già calda, sta raggiungendo una temperatura troppo alta. Sae rimane in silenzio, affaccendandosi in cucina per evitare l’imbarazzo. Katniss sembra sul punto di esplodere, ma mantiene il capo chino e non proferisce parola. Davvero si preoccupa per me?

-Deduco che la risposta è no.- Gli dico, senza giri di parole. –A domani, Haymitch.- Taglio corto.

-Calmati, biondino, ho afferrato! E’ una cena privata!- Dice, tutto allegro, soffermandosi particolarmente sull’ultima parola. –A domani, piccioncini!- Conclude, e se ne va, sbattendo la porta.

Guardo Katniss accanto a me. Non ho proprio idea di cosa le passi per la testa, ma una cosa mi ha davvero colpito. Non ha risposto alle provocazioni. Non ha reagito. Non è da lei. Che abbia pensato davvero a me? Che sia rimasta muta per evitare una mia reazione? L’ha fatto per lei, o no? Non vuole che me ne vada, come è accaduto oggi? Sicuramente, ma perché ha bisogno di me, non per altro. Ma perché non mi guarda, allora? C’è dell’altro? Ma che importa se c’è o non c’è! Lei mi vuole qui, adesso. Lei mi vuole qui. L’ha fatto per me. Confusione e speranza si impossessano del mio cuore, che inizia a palpitare senza freni. Senza trattenermi, senza pensare a nulla, le alzo il viso con una mano e le sorrido.

-Grazie.- Le dico, guardandola negli occhi.

Katniss non fa in tempo ad arrossire che la porta si riapre con gran fracasso.  La mia mano scivola velocemente lungo il mio fianco. Ci voltiamo tutti di scatto verso l’ingresso. E’ di nuovo Haymitch, che, a quanto pare, non ha finito con noi. Ha un’aria ancora più divertita di prima, se possibile. Mi basta un secondo per capire perché.

Ho lasciato il quadro fuori, vicino alla parete.

-Haymitch, ma cosa le prende?- Esclama Sae. –Ci farà venire un infarto!-

-Scusatemi, ma proprio non potevo resistere! Il biondino ha dimenticato qualcosa qui fuori e avevo pensato di portarglielo, per evitare che si rovini o altro…- Dice, sogghignando, e tenendo il dipinto stretto in una mano. –Credo sia per te, dolcezza! Ma solo con lui sei così carina?- Continua, ma non fa in tempo a mostrarlo che Katniss glielo strappa di mano, ancor prima che ci riesca io.

-Non sono affari tuoi.- Dice, a denti stretti, porgendomi la tela senza guardarla. Rimane ferma a fissarlo per quasi un minuto, fino a quando Haymitch ci stupisce.

-Voi due siete affari miei eccome! Più di quanto voi pensiate!- Dice, e, barcollando, si accascia verso il pavimento. Istintivamente, poggio il quadro al muro e scatto verso di lui. Riesco a sorreggerlo prima che tocchi terra. Katniss si scansa e chiama Sae. Haymitch ha quasi perso i sensi, ma riesce comunque a sussurrarmi una frase.

-Scommetto su di te, biondino. So che ce la farai.-  Sussurra, in modo che solo io possa sentirlo, per poi cedere all’oblio dell’alcol. Lo carico su una spalla e cerco di sostenerlo.

-Grazie.- Gli dico, anche se non può sentirmi.

Queste sue parole mi penetrano l’anima. E’ come se un padre mi avesse dato il permesso di sposare sua figlia. Crede in me. Crede in noi. Non ha mai smesso di essere il nostro mentore, e mai smetterà. So che tiene a noi più di quanto voglia dare a vedere, soprattutto a Katniss, ma questa sua fiducia mi rende davvero felice. Posso farlo. Posso amarla. Posso sperare in un futuro.

-Katniss, accompagno Haymitch a casa e torno subito.- Le dico e sorreggo il nostro mentore fin dentro casa sua. Lo adagio su una poltrona e provo a svegliarlo gentilmente. Riapre gli occhi con sforzo evidente e subito mi minaccia.

-Credevo di essere stato chiaro, biondino! Torna da lei! Di corsa!- Grugnisce, mentre si accascia sull’altro lato della poltrona e inizia a russare. Sento dei passi dietro di me e scopro Sae e Katniss che stanno per arrivare. L’anziana donna entra, mentre Katniss rimane sull’ingresso.

-Me ne occupo io.- Esclama Sae. –Ho avuto a che fare con diverse sue sbronze. Se la caverà. Tornate pure a casa.- Dice, mentre inizia ad affaccendarsi con un bollitore.

-Ripasso più tardi.- Le dico, mentre mi avvio verso la porta dove Katniss mi attende.

E’ visibilmente provata. Scossa e arrabbiata al tempo stesso. Se penso a tutto quello che stamattina ho pensato, mi vien da sorridere. Ora so davvero che posso farlo. Posso farlo perché posso reggere. Posso farlo perché credo davvero che anche lei lo voglia.

-Vieni con me.- Le dico, tendendole la mano.

Per un attimo, Katniss sembra indecisa, ma poi abbandona la sua mano nella mia. Camminiamo lentamente fino casa sua, senza dire nulla. Una volta entrati , sciolgo le nostre mani e la guardo, sorridendo.

-Credo che tu abbia capito che avevo una sorpresa per te.- Dico, e prendo la tela abbandonata al muro. -Ti vedo meglio, ora. Ti vedo di più per quella che sei davvero, per quella che sei per me. Stare con te mi rende tutto più facile. La tua vicinanza mi rende sì più vulnerabile, ma, allo stesso tempo, sono più forte. Posso affrontare tutto questo, ce la posso fare. Per te. Possiamo farlo insieme.-

Le indico la parte sinistra con la sua immagine reale e le porgo il quadro. Lo osserva, stupefatta. Il suo viso si accende di vergogna mentre i suoi occhi vagliano ogni centimetro della
sua figura.

-Non me l’aspettavo.- Dice. -E’ così che mi vedi, ora?-

-E’ così che sei, sempre.- Le dico, avvicinandomi.

Lei mi sorride, triste. Poggia la tela sul tavolo.

-E’ bellissima. Grazie.- Sussurra, con un filo di voce, abbassando il viso. Siamo distanti 20 centimetri, ma per me sono troppi, sono tanti. Si è accorta che sto fremendo ad ogni suo respiro? Si rende conto che sto trepidando?

Per un attimo, alza lo sguardo su di me. I suoi occhi si piantano nei miei. Capisco in un baleno perché non riusciva a guardarmi. Non c’è niente di gelido in quel grigio penetrante. C’è fuoco, lo stesso fuoco che sta infiammando me. Siamo in fiamme. So che adesso è il momento giusto. Lo so e basta. Anche lei lo sa. So per certo che posso.

In un attimo, senza pensare assolutamente a niente, le prendo il volto tra le mani a la bacio. La bacio per tutte le volte che ho voluto e non potevo. La bacio per tutto il male che ci hanno fatto. La bacio perché è l’unica cosa che voglio al mondo. Non esiste nessun ibrido, nessun depistaggio, nessun veleno, nessun tipo di arena, nessun morto, nessuna guerra.

Siamo solo noi.

Rimaniamo assorti per quelli che mi sembrano anni, per poi staccarci. La avvolgo in un abbraccio e la sento sussurrare:

-Puoi restare, se vuoi.-

-Certo che voglio.- Le rispondo subito.

Finalmente so che posso restare davvero, che posso prometterle un futuro. Che posso essere di nuovo Io.


Salve a tutti!
Lo so, sono imperdonabile! Sono scomparsa senza lasciare traccia! Vi chiedo immensamente scusa ma, tra l'università e avvenimenti vari, non ho avuto il tempo di fare nulla! Spero che questo capitolo possa evitarmi la morte! XD Scherzi a parte, spero davvero che vi piaccia, ci ho messo un bel po' a scriverlo. Spero anche che il riferimento a Cinna possa essere di vostro gradimento! Mi sembrava bello farlo rivivere nelle parole di Haymitch!
Anche voi non vedete l'ora di vedere Catching Fire? Io sto letteralmente impazzando! -9!!!
Ringrazio tutte le splendide persone che hanno recensito e tutte quelle che mi seguono (e che, spero, lo faranno ancora!).
Un abbraccio a tutti,
Ida.


 

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