acid.

di xjelenas
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo. ***
Capitolo 2: *** capitolo uno. ***



Capitolo 1
*** prologo. ***


PROLOGO.
 

«Fai così tanto la dura, ma so che ti scioglieresti in un abbraccio.» le disse il ragazzo, cercando in tutti i modi di incrociare il suo sguardo.
'allora fallo, cosa aspetti??!?' pensò Olivia, mentre cercava di tenere testa al moro.
Non sapeva che rispondere, voleva solamente buttarsi fra le sue braccia e piangere, sfogarsi: buttare fuori tutto quello che accumulava dentro ogni giorno.
Ma lei non poteva, non poteva farsi vedere debole......ma ripensandoci, forse poteva farlo o almeno con lui; poteva mostrarsi debole con George.
Lo guardò per poi abbassare lo sguardo.
«Ti sbagli.» riuscì a rispondere.
«Strano. Allora perchè ci ha indugiato sopra per così tanto tempo?»
Gli occhi di Olivia andavano di qua e di là cercando di trovare una qualsiasi scusa da dire.
Era impotente. Davanti a George era impotente.
Ma lei non voleva dargli quella soddisfazione di aver ammorbidito il 'ferro', non era da lei.
Prima che potesse dire qualcosa però, fecero entrambi un passo avanti, all'unisono e senza nemmeno accorgersene sprofondarono l'uno nelle braccia dell'altra.
«Puoi fare tutto quello che vuoi, ora.» le disse il ragazzo accarezzandogli i lunghi capelli rossi, mentre Olivia piangeva silenziosamente sul suo petto.
Nessuno dei due parlò. Era una sensazione così piacevole che qualsiasi rumore avrebbe potuto rovinare l'atmosfera.
Liv non era mai stata una ragazza timida, eppure ora si sentiva imbarazzata, ma per nulla al mondo sarebbe uscita da quelle braccia.


 

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Capitolo 2
*** capitolo uno. ***


Olivia, o come voleva farsi chiamare lei, Liv, perchè odiava il suo nome, era conosciuta come l'egocentrica ragazza dai capelli rossi.
Se ne sentivano di tutti i colori su di lei, che fosse una cattiva ragazza, che facesse uso di droghe e di solito le donne allontanavano i figli al suo passaggio.
«Che esagerazione.» ripeteva spesso fra sè e sè.
Lei non era ciò che le persone pensavano, ma non poteva dimostrarlo: nessuno si avvicinava a lei o i pochi che lo facevano non concludevano nulla, Liv era troppo acida con tutti.

La sveglia suonò come al solito alle sei.
La ragazza la spense con una cuscinata e corse diretta al bagno.
Guardò il suo viso allo specchio: aveva delle occhiaie enormi, nemmeno quella notte aveva dormito.
Si lavò la faccia con acqua fredda e scese le scale per andare in cucina.
Si sentiva la tv, segno che suo fratello Jaymi ancora non era andato a scuola.
Quello era il primo giorno di scuola per Olivia ed il terzo per Jaymi.
Senza salutarlo andò dritta al frigorifero e prese una bottiglia di latte.
Non voleva iniziare un nuovo anno di scuola, fra brutti voti, compragni di classe insopportabili ed antipatici e soprattutto sola.
Liv aveva perso la sua migliore amica questa estate.
Lei era sempre stata più riservata ed un po' acida, ma da quando Jen era andata via lo era diventata molto di più.
Nessuno parlava della sua amica in sua presenza, Liv poteva anche dire che oramai non le mancava più, ma le lacrime che le rigavano il volto quando era sola nella sua camera, testimoniavano il contrario.
Nessuno era mai riuscito a scovare il lato buono di Olivia, nessuno poteva prendere il posto di Jen.
Tutti pensavano che lei fosse senza cuore, ma se solo avessero capito ciò che Liv provava ogni giorno...quella sensazione di vuoto incolmabile.
E forse è anche questo il problema, nessuno si interessa, ma anche se qualcuno lo avrebbe fatto non avrebbe sicuramente capito.
Per questo la ragazza era così acida, così distaccata da tutti, per questo tendeva ad allontanare chiunque.

Sospirò mentra girava il cucchiaio nel latte per far sciogliere lo zucchero.
«Oggi primo giorno, eh?» le chiese il fratello sedendosi vicino a lei.
«Già.»
Ormai tutta la famiglia si era abituata alle risposte dirette e concise di Liv.
«Almeno questo è l'ultimo anno.»
«Meno male.»
Jaymi a volte era l'unico con cui Liv parlava volentieri e gli voleva tanto bene anche se non gliel'aveva mai detto.
«Io vado, ciao sorellina.» disse Jaymi guardando l'orologio e con lo zaino sulle spalle uscì dalla porta.
Posò la tazza ancora piena di latte nel lavandino e salì in camera sua.
Sarebbe ricominciato tutto da capo: le interrogazioni, brutti voti, i ritardi, le sgridate, le note dei professori...
Tanto sarebbe stato meglio dell'estate che aveva passato.
Era rimasta tutti e tre i mesi chiusa in camera a guardare fuori dalla finestra.
Ogni tanto si chiudeva a chiave e piangeva, piangeva per ciò che aveva perso.
«Le lacrime non me la riporteranno indietro.» si ripeteva spesso per non piangere e molte delle volte ci riusciva.
Erano circa quattro mesi che Jen era andata via eppure per Liv era impossibile non pensare a lei.
Probabilmente si sarebbe portata quel dolore fino alla fine.
Dopotutto chi vorrebbe cercare di capire una ragazza dai capelli rossi, sempre sola, seguita da milioni di pregiudizi?

Guardò l'ora sul telefono 6:30.
Si preparò in fretta, sciolse i suoi capelli rossi e aggiustò anche lo zaino.
Chiuse la porta a chiave e si incamminò per la scuola.
Era sempre solita andare a piedi anche se ci metteva circa venti minuti.
Ma le piaceva, camminare da sola.
Prese il telefono e le cuffiette e per un momento si allontanò dal mondo e da tutto il dolore che stava provando.
La musica aveva quel potere su di lei: quando la ascoltava per un po' la sua mente si svuotava, ma il brutto era poi togliere le cuffie ed abituarsi di nuovo a quel mondo di merda.

Arrivò a scuola dieci minuti dopo il suono della campanella: non era mai stata una ragazza in orario.
Entrò nella sua classe senza salutare nessuno e si sedette all'ultimo banco vicino alla finestra.
Sola.
Come sempre.
Tutti la guardarono, ma lei evitò i loro sgurdi e prese un quaderno dallo zaino.
«Hensley, non faccia come l'anno scorso. Dovrebbe cercare di arrivare in orario.» disse il prof annotando il ritardo della ragazza sul registro che disse semplicemente «okay.»
Non fecero nulla di particolare, le solite cose che si fanno il primo giorno di scuola: ognuno raccontava come aveva trascorso le vacanze.
Liv non sentì nulla di quello che i suoi 'compagni' dissero, era intenta a guardare fuori dalla finestra, il giardino sotto la finestra era il solito dove lei e Jen passavano tutto il tempo libero, era il solito dove le due passavano le ore che saltavano per pura noia.
Ogni cosa le ricordava Jen.
La voce del professore interruppe i suoi pensieri.
«Hensley. Lei dove ha trascorso le vacanze estive?»
Olivia non staccò gli occhi dalla finestra.
«In camera mia.»
Ci fu qualche risata.
«Non è andata da nessuna parte?» continuò il professore.
«No.»
«Preferirei che mi guardasse in faccia quando le parlo.»
Liv, girò un po' lo sguardo e poi tornò a guardare fuori alla finestra.
I soliti prof poi, con le solite domande, e le solite risposte.
Così si concluse il primo noiosissimo giorno di scuola.
La ragazza era sempre stata l'ultima a prepararsi e mentre tutti erano già usciti, lei stava ancora chiudendo il suo zaino.
Guardò l'ultimo banco della fila centrale con tanta malinconia: era il posto in cui lei e Jen si sedevano ogni anno.
Le mancava così tremendamente tanto.
Uscì nel corridoio per vedere il suo nuovo armadietto e per mettere la combinazione.
Appena arrivò però sulla porta esteriore dell'armadietto erano attaccati dei foglietti.
Li lesse tutti velocemente. 
'Brutta rossa' 'ti sei drogata in camera tua?' 'rossa di merda' 'sei solo stupida'.
Non li strappò, semplicemente aprì l'armadietto e ci posò dentro dei libri che non le servivano.
Era stanca di tutto quello, voleva solo tornare a casa e piangere, poteva fare tanto la dura, ma lei era debole, lo sapeva.
Era troppo fragile e soprattutto era sola mentre stava affrontando tutto.
Prese il pulman per arrivare il più in fretta possibile a casa, ma ritardò ulteriormente.
C'erano tante persone dentro ed ognuna abitava molto lontano dalle altre.
Si sedette al penultimo posto e per non sentire quel rumore 'tappò' le sue orecchie con le cuffie.
Ad un certo punto si sentì toccare la spalla.
Non si tolse nessuna cuffia, si girò semplicemente e vide un ragazzo riccio, dagli occhi marrone intenso che le stava sorridendo.
«E' libero qui?» le chiese.
«Sì.»
Era strano. Nessuno aveva mai voluto stare con lei, sedersi con lei o passare anche solo un secondo con lei.
«Vuoi sederti davvero vicino a me?» chiese poi Liv al ragazzo che sembrava sempre più avvicinarsi a lei.
«Sì, perchè me lo chiedi?»
«Di solito nessuno lo fa mai.»
Il ragazzo sorrise, sembrava che sapesse fare solo quello.
«So chi sei tu. Sei Olivia Hensley. Se ne dicono tante su di te.»
Liv non si mosse di un millimetro e non disse nulla.
«Conosco tuo fratello. Andiamo allo stesso corso di basket. Mi parla tanto di te.»
«Ah.»
Il ragzzo allora, doveva sapere che Liv faceva così con tutti. E sembrava saperlo proprio.
Non si scomponeva alla noncuranza della ragazza, anzi continuava a parlarle.
«Mi sono dimenticati di dirti come mi chiamo.» si ricordò improvvisamente il ragazzo sorridendo. (come stava facendo da quando si erano incontrati)
«Sono George.»
«Sai già come mi chiamo.»
Il ragazzo non sembrava in difficoltà davanti all'acidità di Liv.
«Mi piacciono molto i tuoi capelli.»
«Strano.»
«So che tutti ti parlano dietro per vari motivi, anche per i tuoi capelli, ma a me piacciono sul serio.»
«Già.» la ragazza sembrò non badare al 'complimento' che George le aveva fatto.
«Sai, ne ho sentite di brutte su di te, ma non mi sembri poi così cattiva, anzi metto la mano sul fuoco. Non lo sei.»
Liv lo guardò e si sentì un po'....sollevata.
Almeno non proprio tutti pensavano che lei fosse quella non buona.
Il conducente urlò a squarciagola il nome della ragazza per farsi sentire anche agli ultimi posti.
La ragazza si alzò e la stessa cosa fece George per farla passare.
«Ciao bella rossa.»
Liv lo salutò con un cenno della testa e sparì per il 'corridoio' del pulman.
Mentre passava di sedile in sedile, occhi pieni di disprezzo e di disgusto la guardavano.
Anche se guardava dritto in avanti poteva sempre sentire quegli sguardi scagliarsi su di lei come frecce.

Arrivata a casa, trovo Jaymi vicino a fornelli: aveva fatto più tardi del previsto.
La madre di Liv lavorava dalla mattina alle nove di sera, mentre il padre dei ragazzi era in Germania per questioni di lavoro.
La casa era spesso tranquilla, anche se a volte si sentiva il suono della play di Jaymi (che usava spesso ance Liv) e il fratello che imprecava se sbagliava.
Jaymi la salutò.
«Hey sorellina.»
«Ciao.»
«Come è andata la scuola?»
«Una merda.»
Il fratello non fece altre domande e continuò a cucinare.
Liv accese la play ed iniziò a giocare per scacciare un po' lo stress.
Intanto squillò il telefono di Jaymi che per non disturbarela sorella andò di sopra.

«Amico, sono io, George.»
«Hey Georgy!»
«Non chiamarmi così ti prego.»
Jaymi rise.
«Che c'è?»
«Oggi ho conosciuto tua sorella sul pulman. E' proprio come me la descrivi sempre.»
«Scusala se magari è stata troppo acida.»
«Non ti preoccupare. Anzi, credo che un po' le abbia fatto piacere che qualcuno non si allontani da lei.»
«Tu dici? Beh è chiedere troppo di venire a pranzare qui?»
 «Arrivo subito. Tua sorella è davvero una ragazza interessante.»
Jaymi era al settimo cielo, un amico in più per la sorella non avrebbe fattto male.

Scese giù e trovò Liv vicino alla pentola.
«Stava bollendo.» disse dirigendosi di nuovo vicino alla console, sedendosi sul pavimento a gambe incrociate.
«A cosa giochi?»
«Gta V.»
A volte Liv si sentiva un maschiaccio.
Era solita a giocare a quel gioco (e ai precedenti).
Forse perchè quel gioco rispecchiava un po' la verità: anche Olivia a vrebbe voluto uccidere tutti, con le mani, bazooka, fucili di precisione, bombe...
Srebbe stato un sogno irrealizzabile.
«Oggi viene a mnagiare da noi George.» disse Jaymi buttando la pasta nella pentola.
«Ah.»
«Loc onosci?»
«L'ho incontrato oggi in pulman.»
«Ti sta simpatico?»
«Boh.»
Non avrebbe ottenuto risposte migliori da Liv.
La ragazza continuò a giocare finchè cinque minuti più tardi suonò il campanello.
«E' George.» disse Jaymi andando ad aprire.
«Ciao Jay, ciao Liv.»
«Ciao.» disse la ragazza senza distogliere lo sguardo dallo schermo della televisione.
«Non sapevo ti piacesse questo gioco.» disse George avvicinandosi ad Olivia.
«Posso giocare un po'?»
Senza che la ragazza disse 'si' o 'no' George prese il controller dalle mani di Liv, sfiorandole.
La ragazza provò come un brivido a guardò il ragazzo ad occhi aperti: non prometteva niente di buono.
«Vedi, se vai qui ti danno queste armi.» disse George girandosi per guardarla.
Lei annuì e si riprese il controller.
Uccise un bel po' di persone con le armi che gli aveva dato il ragazzo.
Jaymi poi annunciò che era tutto pronto.
George si alzò subito e tese una mano verso la ragazza per farla alzare.
Liv la strinse, quasi come se volesse aggrapparsi ad essa per salvarsi.
La mano di Liv era fredda quasi congelata, ma a contatto con quella calda di George sembrava quasi sciogliersi.



ciao bellissime!
Scusate il ritardo, sono stata molto impegnata cc.
Mi farebbe piacere se leggeste anche questo capitolo.
Mi piace molto scrivere di queste cose e soprattutto approfondirò il legame che si creerà fra Liv e George, ma con calma.
Qualsiasi cosa, potete chiedere.
xx

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