Spaghetti alla Tarantino

di chobit13
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I pensieri di King ***
Capitolo 2: *** Una voce nella mente di King ***
Capitolo 3: *** I pancake di Morgan: ***
Capitolo 4: *** His name was King, he had a brother, is only brother ***
Capitolo 5: *** 3 amiche ***
Capitolo 6: *** Gocce di sangue sulla neve ***
Capitolo 7: *** La telefonata ***
Capitolo 8: *** Primo incontro ***
Capitolo 9: *** Fiori sotto la neve ***
Capitolo 10: *** Un vecchio amico ***



Capitolo 1
*** I pensieri di King ***


“Mr Candie…Di norma vi direi ‘auf wiedersehen’ , ma, dato che il significato della parola ‘auf wiedersehen’ è ‘arrivederci’, e dato che io non più desiderio di rivederla, signore, vi dico addio e basta.”
Finalmente quella storia era finita, anche se il piano era stato scoperto eravamo riusciti a liberare Bhoomhilde; mi voltai e guardai Django negli occhi.
“Andiamo!”
Ero sicuro che tutto era finito e che potevamo andarcene per sempre da quella infernale casa.
“Ancora un momento, dottore!”
La voce di Calvin Candie mi suonò così irritante in quel momento. Che diavolo voleva ancora da noi quel maledetto damerino?!
“Che c’è?”
Glielo dissi in modo schietto, non mi importava più di mantenere i modi gentili con lui. Si alzò dalla poltrona e mi guardò con un sorriso malizioso.
“E’ usanza, qui nel Sud, quando si conclude un affare, che le due parti di diano la mano. In segno di buona fede.”
Non solo quel inetto era riuscito a smascherare il nostro piano, ora voleva umiliarmi ulteriormente! Di certo non avrei ceduto!
“Io non sono del Sud!”
“Ma voi siete nella mia casa, dottore… quindi temo di dover insistere.”
“Insistere? Su cosa? Che vi dia la mano? Oh! Allora temo di dover insistere dalla parte opposta!”
I segni della rabbia cominciarono a comparire sul suo volto e anche sul mio.
“Sapete cosa penso di voi?”
“Cosa pensate di me? No! Non lo so!”
“Penso che siate un pessimo perdente!”
“E io penso che siate un infimo vincente!”
“Ciò non di meno… qui a Chickasaw County non si conclude un affare finchè le due parti non si danno la mano. Firme e scartoffie non valgono un cazzo… se voi non mi date la mano.”
“Se io non vi do la mano buttate via 12.000 dollari? Io non credo.”
Mi guardava con uno sguardo furioso.
“Mr Butch!... Se quella cerca di scappare prima che questo tedesco lecca-negri mi abbia dato la mano… abbattila la cagna!”
Questa non ci voleva! Vidi Mr Butch puntare il suo cannone verso Broomhilde, ma davanti a lei si pose Django mentre Stephen e l’avvocato di Calvin si allontanarono con indifferenza… Django mi guardò dritto negli occhi, il suo sguardo mi implorava, ma io non avevo intenzione di essere umiliato in quel modo.
Mi voltai verso Calvin.
“Sul serio volete che io vi dia la mano?”
Lui riprese il suo sorriso malizioso mostrandomi i denti macchiati dal fumo e mi tese la mano.
“Insisto!”
Io alzai le braccia a mo di arresa.
“Se proprio insistete!”
Mi avvicinai a lui mostrandomi sorridente, ma invece di dargli la mano tirai fuori la pistola dalla manica della giacca e gli sparai un colpo dritto al cuore.
Provai un’amara soddisfazione quando Calvin mi guardò con gli occhi spalancanti, l’espressione di spavento dopo aver visto il sangue uscire dal fiore all’occhiello e dopo pochi passi all’indietro urtò un mappamondo e cadde a terra privo di vita.
In quel momento cominciò a farsi strada un piccolo pensiero nella mia testa, una semplice idea… che io sarei morto lì… che Candieland sarebbe stata la mia tomba.
In mezzo a quei pensieri non feci caso al grido disperato di Stephen, né mi accorsi del cannone di Butch che ora puntava verso me.
Mi voltai a guardare Django.
“Scusate… non ho potuto resistere!”
Due colpi al petto mi scaraventarono contro la libreria della biblioteca e strapparono l’anima dal mio corpo… non appena toccai terra quel mondo si fece buio, tutto divenne silenzioso.
Ero morto…
Avvenne tutto così velocemente che non ebbi il tempo di pensare al dolore, o di chiedermi se Django sarebbe uscito vivo da quella situazione, se sarebbe riuscito a portare in salvo Broomhilde.
Non avrei mai pensato che sarebbe finita così… non avrei mai pensato di perdere il controllo…
 
Ma oggi non sono più morto… sono vivo… cammino respiro sento vedo parlo, ma non sono libero…
Sono intrappolato nella mia mente, nella mente di un uomo incapace di ricordare una sua vita passata, di cui ha solo il sospetto ma non la certezza…
Sono parte del suo subconscio che è anche il mio, posso mandargli delle informazioni, posso indicargli la strada, ma raramente mi ascolta.
 
Mi chiedo sempre che fine avrà fatto Django… sarà riusito a salvare la sua Broohilde?
Mi mancano… chissà se anche loro si sono reincarnati in altri corpi come me…   

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Capitolo 2
*** Una voce nella mente di King ***


“King!” Una voce… “Hey King!” Una ragazza… “Hey King… non ti sarai mica arreso?” Aspetta… io conosco questa voce… “Non ti ricordi più? ci eravamo fatti una promessa io e te…” Non riesco a ricordare il tuo viso… “Ci eravamo ripromessi che ci saremmo cercati, che ci saremmo rivisti un giorno… che avremmo vissuto insieme quel che sarebbe rimasto delle nostre vite…” Chi sei? “Sai benissimo chi sono…” Ti prego … aiutami… sono intrappolato… “Non temere King, presto ci rincontreremo così potrò aiutarti e tu aiuterai me, come abbiamo sempre fatto, così tutti e due terremo fede alla nostra promessa. E poi, tu non sei intrappolato. Questa è la tua mente e per poter uscire devi avere forza di volontà e pazienza.” Non ci riesco… “Certo che ci riesci! Presto ti darò io la spinta giusta. Tu aspettami.” D’accordo… ti aspetto… “King… io sono Morgan.” Morgan? La luce della finestra invade il viso di King, apre gli occhi e passa una mano tra i lunghi capelli e la folta barba. Si mette seduto sul letto e i piedi nudi vengono punti dalla freddezza del pavimento, mentre indossa la vestaglia King sente il suo gatto grigio fare le fusa sulla sua gamba, lui lo prende in braccio e si dirige alla finestra per osservare le neve fresca. “Oh, Mr Tatle. Sapessi che strano sogno ho fatto stanotte, non lo so nemmeno spiegare…” in quel momento passa un uomo che corre all’impazzata con il suo cane al guinzaglio. King disoglie lo sguardo dalla finestra e pensa ‘Morgan… chi sarà mai questa ragazza?”

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Capitolo 3
*** I pancake di Morgan: ***


Non appena il cane riconosce la strada di casa comincia a rallentare, il suo padrone comincia a respirare normalmente.
“Oh…meno male! Siamo arrivati a casa Old Jhonny. Sto perdendo l’allenamento!”
Appena entrano in casa Old Jhonny viene sganciato dal suo guinzaglio e lentamente si dirige in salotto dove lo attende il camino.
Il nostro uomo si toglie le scarpe e la giacca, non appena si volta incontra un bambino giapponese che gli punta una pistola giocattolo.
“Mani in alto Quentin! Bang bang!”
Quentin fa credere al piccolo Ken di essere stato colpito.
“Oh! Mi hai preso in pieno, Ken!”
Ken si mette a ridere.
“Sono più veloce di Lucky Luke!”
“E’ vero, sei il pistolero più veloce di tutto il Canada! Oh! Sto morendo!”
Mentre Quentin si accascia a terra fingendo di lamentarsi, Ken si avvicina a lui.
“Quentin? Sei morto?”
“No! Sono uno zombie!”
Quentin gli fa il solletico facendolo ridere a crepapelle e lo prende in spalla.
“Ken, dov’è la tua sorellina?”
“E’ in cucina a fare i pancake!”
Quentin allora si dirige in cucina.
“Buongiorno, Morgan! Ho sentito da un piccolo pistolero che hai preparato i tuoi pancake!”
Non appena entra in cucina incontra la testa rossa e riccioluta di sua figlia Morgan, una dolce giovane donna dalla pelle chiara e gli occhi azzurri.
“Buongiorno, Quentin! Che cosa stai facendo con il mio fratellino? Così gli farai vomitare la colazione!”
“Lui mi ha sparato un colpo in petto!”
Quentin lo posa sulla sedia del tavolo e comincia a divorare la sua colazione.
“Buongiorno Viola! Sei qui per i pancake di mia figlia?”
“E per portare il piccolo Ken a scuola.”
Viola, una simpatica donna afroamericana con la testa piena di treccioline, un’insegnante delle elementari e loro grande amica di famiglia.
“E’ vero. Su Ken vai a prepararti.”
“Si pistolero! Vai a prepararti così Viola ti porta a scuola.”
Non appena Ken scompare, Viola si avvicina a Quentin.
“Quentin hai pensato si chiamare Beatrix?”
“Si, ci ho pensato Viola.”
“Ti sei deciso a chiamare?”
“Ancora no!”
Morgan di appoggia sul tavolo per entrare nel discorso.
“Dovresti chiamarla e chiederle di uscire!”
“Morgan…”
“Sabato sera! Potete andare alla sala da ballo, mangiate un boccone, state un po’ insieme…io posso tenere sua figlia B.B., lo sai che Ken adora giocare con lei.”
Quentin si alzò dal tavolo portandosi dietro il piatto vuoto.
“Ragazze! Sentite, io vi voglio bene! So bene che me ne volete anche voi, ma questa è una questione personale che devo gestire da solo, senza che ci sia qualcuno che mi stressa!”
Pose il piatto vuoto nel lavandino e si voltò a guardarle.
“Non me la sento di uscire con una donna, e poi, io e Beatrix siamo amici, e gli amici non vanno a ballare da soli, semmai, ci vanno in gruppo…”
Sorseggiò un po’ di caffè.
“Lo diceva anche il mio Stephen, ‘io e Viola siamo solo amici’ e guardaci ora, siamo belli che sposati da quasi 30 anni!”
In quel momento arriva Ken pronto con lo zaino, salta tra le braccia di Morgan che gli da un bacio sulla guancia.
“Ciao Ken. Fai il bravo a scuola.”
“Ciao ometto!”
“Forza Ken, prendiamo le giacche e andiamo.”
Ken prende per mano Viola e insieme si dirigono verso l’uscita.
“Ciao Viola, salutami Stephen!”
Morgan guarda suo padre.
“Se continui ad aspettare lei si ritroverà tra le braccia di un altro uomo, e rimpiangerai il fatto che quel uomo potevi essere tu!”
“Tesoro, uscirò con Beatrix quando anche tu uscirai con un ragazzo!”
Morgan butta gli occhi al cielo e mette il piatto nella lavastoviglie.
“Quentin…è un discorso diverso!”
“No, è lo stesso discorso.”
Morgan guarda l’orologio e prende il suo cappotto.
“Andiamo, è passato un sacco di tempo da quando ti sei lasciata con quel tizio…coso…non ricordo più nemmeno come si chiama da quanto tempo è passato.”
“Meglio! Ora devo andare ad aprire il negozio, ci vediamo più tardi.”
Morgan da un bacio a Quentin e si dirige verso la porta.
“D’accordo, ciao.”
Non appena esce di casa viene colpita da un vento gelido, si dirige al garage ed entra in macchina, per qualche istante ripensa a Friedrich, a quando stavano insieme, i loro momenti tristi e felici fino al momento della rottura, ma nello stesso tempo, senza volerlo, Morgan pensa ad un altro uomo di cui ha solo il ricordo e che non ha mai conosciuto.
Morgan smette di pensare e mette in moto l’auto dirigendosi verso il negozio di oggetti d’antiquariato di suo padre.

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Capitolo 4
*** His name was King, he had a brother, is only brother ***


Dlin dlon…
 
Era già la terza volta che King suonava il campanello, forse suo fratello Hans stava ancora dormendo, forse non era in casa, ma sapendo che era un po’ di tempo che non lavorava si aspettava di trovarlo in casa.
Prese il suo cellulare dalla tasca del cappotto e chiamò Hans, dopo qualche istante sentì la suoneria del suo cellulare attraverso la porta.
Mise via il telefono e cominciò a bussare alla porta.
“Hans, sei in casa?”
Nessuna risposta.
“Hans rispondi!”
Continuava a non ricevere risposta.
“Sta cercando Hans Shultz?”
King voltò il capo in direzione della voce e vide una donna latina nel cortile di fianco.
“Si. Sono suo fratello King Shultz. L’ha forse visto?”
“E’ da un po’ di giorni che non vedo Hans. Quattro giorni fa ha preso il suo furgone e non l’abbiamo più visto, di solito quando lascia il suo furgone davanti al garage vuol dire che è in casa.”
“Per caso sapeva dove andava?”
“No purtroppo. Spero solo che non si sia messo nei guai.”
King fece un mezzo sorriso e scese dal portico.
“Lo spero anch’io. Nel caso tornasse presto, potrebbe dirgli che sono passato?”
“Certo!”
“Grazie! Buona giornata!”
“Buona giornata!”
King entro in macchina e si allontanò da quella casa e da quel quartiere.
Da giorni non aveva notizie di suo fratello, il suo unico fratello, per quanto potesse sembrare un bravo ragazzo era uno che si metteva spesso nei guai.
His name was King
He had a brother
His only brother
A peaceful guy
 
One day they found him
His shirt was red
Two shiny bullets
They found his brother dead

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Capitolo 5
*** 3 amiche ***


L’inverno in Canada è molto rigido e le giornate sono davvero corte, e sembra che i giorni volino via come il vento, per Morgan è una routine sicura ma noiosa.
Non capita mai nulla!
Tranne quelle volte che arrivano in suo soccorso Shosanna Beatrix e Broomhilde, le sue amiche più fedeli che andavano spesso a trovarla nel negozio gestito da suo padre, vendevano oggetti d’antiquariato.
Shosanna la veniva sempre a trovare all’ora di chiusura.
“Hey, Morgan!”
Morgan riconosceva la sua voce anche dal retro bottega dove si trovava, quando la va a salutare incontra il viso famigliare di una ragazza francese, i lunghi capelli biondi e gli occhi birichini.
“Le altre sono al bar. Ti unisci a noi?”
“Certo! Dammi solo un attimo. Spengo la luci e arrivo.”
Torna nel retro bottega, si infila nella sua giacca grigia e spegne le luci ma si dimentica la sua agenda sul tavolo.
Chiude il negozio e sotto la neve raggiungono il bar gestito dalla loro amica Bhoomhilde, al bancone è seduta anche Beatrix.
“Ciao Morgan!”
“Ciao! Come state ragazze?”
Broomhilde mette sul bancone un thè un caffè col latte un caffè espresso e un tazza di latte freddo.
“Noi stiamo bene, piccola. Tu, invece, ci sembri un po’ spompata.”
Morgan sorseggia il suo thè.
“Non è niente, sono solo un po’ stanca.”
“C’è tanto lavoro al negozio?”
“La solita routine, niente di nuovo.”
Bhoomhilde la guarda dopo aver bevuto il suo caffè espresso.
“A te manca un ragazzo!”
“No! Lui non mi manca affatto!”
Beatrix la prende sottobraccio.
“Non stiamo parlando del tuo sfottuto ex, stiamo dicendo che nella tua vita ci vuole un uomo.”
“Ma io sto bene da single.”
Shosanna la guarda.
“A noi ci sembri parecchio annoiata. Dopo un po’ anche i single si stancano di stare da soli.”
Broomhilde annuisce.
“Noi conosciamo tanti bei scapoli che potrebbero esserti simpatici. Organizziamo un appuntamento e poi si vedrà.”
Morgan guarda le sue amiche.
“Devo essere finita in un’agenzia di appuntamenti al buio. Credevo di essere nel mio bar preferito con le mie amiche di sventura.”
“Ti stiamo dando un consiglio Morgan. Prova solo a conoscere qualcuno, giusto per passare una serata diversa dalle altre.”
“Oh, mi dispiace ragazze ma credo di essere davvero impegnata in questo periodo e poi Ken ha la recita di Natale e lo devo aiutare…”
“Morgan!”
“No, no, aspetta! Vi faccio vedere quanto è piena la mia agenda, sta per esplodere!”
Morgan spulcia nella sua borsa in cerca dell’agenda quando si ricorda che in realtà non è nella borsa.
“Oh, cazzo! Ho scordato l’agenda in negozio!”
Le ragazze si misero a ridere.
“Bene adesso non hai scuse!”
“No, ragazze, sul serio! Devo andare a prendere la mia agenda, c’è tutta la mia vita lì dentro!”
“Ci lasci così?”
“Solo un attimo. Faccio un salto in negozio e torno.”
Ritorna dentro la sua giacca e viene invasa da un vento freddo.

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Capitolo 6
*** Gocce di sangue sulla neve ***


Prima il calore dell’agitazione…
 
Un rumore assordante…
 
Poi l’aria gelida e la neve che cadeva a fiocchi…
 
Due colpi di pistola…
 
Brividi e sudori freddi per tutto il corpo…
 
Il sangue scendeva a fiotti e macchiava il marciapiede innevato…
 
Il respiro di Hans Shultz era affannato, faticava a camminare, con le mani tremanti cercava di fermare il flusso di sangue, gli girava la testa e la vista era appannata ma era deciso a non fermarsi, doveva fare un’ultima cosa prima che fosse troppo tardi.
 
Morgan camminò per qualche isolato finchè non vide il suo negozio, attraversò la strada e si fermò davanti alla porta.
Si mise a rovistare di nuovo nella borsa in cerca delle chiavi quando all’improvviso si sentì afferrare il braccio, lei si voltò di scatto e si vide piombare addosso il corpo in fin di vita di Hans Shultz.
Morgan cercò di reggersi in piedi trattenendo anche Hans.
“Chi è lei? Che cosa gli è successo?”
Hans cominciava a perdere sangue dalla bocca, Morgan lo fece distendere a terra, con un braccio libero cercò il suo telefono nella borsa.
“Devi aiutarmi!”
Morgan quasi non sentì la sua voce, mise a terra il cellulare, si tolse la sciarpa dal collo e cercò di fermare il sangue facendo pressione con la sciarpa sulle ferite.
“E’ inutile! Sto morendo!”
“No, non faccia così! Ora chiamo l’ambulanza e si salverà!”
Lui le bloccò la mano facendo cadere a terra il cellulare.
“Ascoltami! Ho bisogno del tuo aiuto! Devi trovare mio fratello, si chiama King Shultz, fa il dottore in questa città, devi consegnargli questa.”
Hans porse una lettera a Morgan che la prese, poi Hans le afferrò di nuovo la mano.
“Devi dargliela! E’ importante!”
“Si, lo farò! Lo prometto!”
Hans tirò fuori anche una ricevuta.
“Questa è per te.”
Morgan prese la ricevuta senza capire.
“Ci sono degli oggetti di mio fratello nel tuo negozio, li avevo messi in pegno. Voglio che tu glieli restituisca.”
“Lo farò.”
Hans cominciò a non vedere più niente.
“Il mio mondo sta diventando buio…”
Morgan gli teneva stretta la mano cercando di dargli conforto.
“Mio fratello si sentirà solo… si incolperà di quello che è successo. Dovrai dirgli che non è colpa sua, anzi, digli di perdonarmi.”
Morgan annui con gli occhi gonfi di lacrime.
“Ti prego resta vicino a mio fratello, dagli conforto e fagli che non è solo, così riuscirà a superare il dolore.”
La sua voce si spezzò in gola, spalancò gli occhi ed esalò il suo ultimo respiro.
Hans Shultz era morto.
Morgan vide la luce abbandonare i suoi occhi, lasciò andare le lacrime continuando a tenergli la mano.

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Capitolo 7
*** La telefonata ***


King è seduto sul divano, la stanza è semi buia, continua a pensare a suo fratello, lo aveva cercato dappertutto ma di lui non c’era traccia.
Si spostò alla finestra guardando la neve che cadeva a fiocchi silenziosa e indisturbata, gli dava un senso di tranquillità.
All’improvviso sentì una forte fitta al petto, talmente forte che gli tolse il respiro, era come se gli fosse finito un macigno addosso, si massaggiò il petto respirando regolarmente.
Non gli era mai successo prima.
 
Drinn driiiiiiiin
 
I pensieri di King vennero interrotti dal telefono, andò a rispondere e sentì una voce affannata.
“Pronto?”
“Dottor King Shultz?”
“Si. Chi parla?”
“Mi chiamo Morgan…lei ha un fratello di nome Hans?”
“Si. Lei lo conosce? Che cosa è successo?”
“Suo fratello è stato ferito in una sparatoria…non ce l’ha fatta.”
Non ce l’ha fatta…

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Capitolo 8
*** Primo incontro ***


King non sa spiegarsi quale forza gli sia venuta per correre come un matto in auto sulla strada ghiacciata per arrivare al negozio di Morgan.
Appena uscito dall’auto vide la gente che si era affollata per assistere la scena, alcune auto della polizia e un’ambulanza.
King si fa largo tra la gente e oltrepassa le bariere dei poliziotti, ma venne prontamente fermato da uno di loro.
“Signore non può passare!”
“Sono il fratello! Sono il fratello della vittima!”
In quel momento stava passando la barella dove era disteso il corpo senza vita di Hans, King non poteva credere hai suoi occhi, vide le mani insanguinate, il volto inerme come se fosse addormentato e il pallore della pelle.
“Signore, cerchi di controllarsi!”
Controllarsi??
King strattonò il poliziotto e si gettò sul cadavere di Hans, prese il volto tra le mani e gli carezzò i capelli chiari.
“Hans! No, Hans! Perché?”
Gli infermieri e i poliziotti cercarono togliere King dal corpo di Hans, ma solo una voce riuscì a riportarlo alla realtà.
“King! Per favore, lo lasci andare!”
King alzò la testa e vide accanto a sé il volto di Morgan, si guardarono entrambi negli occhi, poi Morgan gli prese dolcemente un braccio e lo allontanò da suo fratello.
King lo guardò andare via dentro l’ambulanza, poi guardò Morgan che aveva il capo abbassato sulla giacca macchiata del sangue ancora fresco di Hans.
“Morgan…”
Ella alzò il capo e lo guardò negli occhi rigonfi di lacrime, King notò i suoi occhi rossi e gonfi per il pianto, gli sembrò di averli già visti, gli teneva ancora il braccio e di nuovo ebbe la sensazione di aver già sentito quelle mani su di lui.  
“Lei mi ha chiamato?”
Morgan lasciò il suo braccio e si asciugò le guance.
“Si l’ho chiamata io.”
La sua voce era quasi un sussurro ma a King sembrò di riconoscere quella voce.
“Lei ha visto chi gli ha sparato?”
“No. Era già ferito quando è arrivato qui. Non c’era niente da fare. E’ morto tra le mie braccia…e non ho…potuto fare niente…”
Gli occhi di Morgan ripresero a versare lacrime.
“Mi chiesto di darle questa.”
Morgan porse a King la lettera che gli aveva consegnato Hans prima di morire, era stropicciata e macchiata di sangue, King si soffermò a guardarla.
“Ha chiesto anche il suo perdono.”
King ritornò a guardare gli occhi di Morgan, lasciò andare le lacrime che aveva a stento trattenuto.
“Ma io l’avevo già perdonato…l’avevo già perdonato di ogni cosa…”
A quel punto scoppiò in lacrime lasciandosi cadere a terra, Morgan lo avvolse tra le sue braccia, King appoggiò la testa sulla sua spalla e condivise il suo abbraccio sfogando il suo dolore.
Nonostante questo, un piccolo angolo della mente si stava chiedendo perché aveva la sensazione di aver già visto quella ragazza, di averla già toccata abbracciata o di aver sentito la sua voce. Era la voce che aveva sentito nel suo sogno…poteva essere la stessa Morgan del suo sogno? 

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Capitolo 9
*** Fiori sotto la neve ***


A volte sei più importante da morto che vivo…
La casa di King non era mai stata così piena di fiori e di biglietti di condoglianze.
Al funerale di suo fratello venne un numero discreto di persone a dare un ultimo saluto ad Hans e a confortare King, non conosceva nessuno dei presenti, tranne qualche vecchio amico del passato di Hans.
La neve scendeva leggera dal cielo e si posava delicata sui fiori e sulla bara di Hans.
Il mondo intorno a King era silenzioso, vuoto, i suoi occhi puntavano la bara di suo fratello; si sentiva in colpa per non aver cercato prima Hans, per aver lasciato che il rancore prevalesse, avrebbe potuto salvarlo o aiutarlo.
I suoi pensieri vennero interrotti quando alla bara si avvicinarono una ragazza che teneva per mano un bambino.
King si soffermò a guardarli: erano entrambi vestiti di nero, tutti e due avevano una rosa bianca in mano, quando vide la ragazza mettere la sua rosa sulla bara riconobbe quei capelli rossi e boccolosi.
Il bambino accanto a lei voltò la testa mostrando i suoi lineamenti giapponesi, catturò lo sguardo di King e si avvicinò a lui.
King gli sorrise appena.
“Ciao…come ti chiami?”
“Io sono Ken!”
Il piccolo Ken porse la rosa a King.
“Tieni!”
King la prese.
“Ti ringrazio.”
Ken lo guardò con i suoi grandi occhi neri.
“Perché sei triste?”
King lo contemplò qualche secondo osservando la rosa bianca.
“Sai che significa quando una persona è morta?”
Ken fece si con la testa.
“Il mio pesciolino rosso è morto. Stava nell’acqua e non si muoveva più.”
“Beh…la stessa cosa è successa a mio fratello. Ha smesso di muoversi e ora si trova dentro quella bara in attesa di essere sotterrato. Io sono triste perché non potrò più vederlo, non potrò più parlargli né potrò stringergli la mano…”
Gli occhi di King cominciarono a bruciare e una lacrima gli rigò il viso.
“Non piangere! La mia sorellona dice che non bisogna piangere quando muore qualcuno, dice che dobbiamo essere felici perché ora sono spiriti liberi e possono volare nel cielo come le nuvole. Dice che dobbiamo ricordare quando erano felici e quando sorridevano. Dovresti sorridere!”
“Non è facile per me…”
“Si che è facile! Basta fare così!”
Ken tirò fuori un sorriso a 32 denti e King lasciò andare una piccola risata davanti a quell’innocenza.
“Hey, Ken! Non starai mica disturbando il signore.vero?”
King alzò lo sguardo e vide gli occhi della ragazza aveva visto morire suo fratello, che lo aveva retto mentre piangeva.
“Morgan…”
Morgan non potè dimenticare i suoi intensi occhi dove era celata tutta la strittezza del mondo.
“Lo sto solo facendo sorridere! Non vedi che piange?”
King si alzò in piedi, entrambi si persero nei loro sguardi.
“Come sta, Morgan?”
“Non importa come sto io! Importa come si sente lei!”
King si strofinò gli occhi.
“Per favore…diamoci del tu. Abbiamo condiviso questa cosa e … sarebbe da stupidi non darsi del tu.”
“Giusto…”
King prese un respiro profondo.
“Io non so davvero come ringraziarti. Non so come avrei fatto se non ci fossi stata tu…”
Morgan scosse il capo.
“Ho solo seguito l’istinto…non potevo lasciarti da solo.”
Ken tirò la manica della ragazza.
“Morgan… il baule!”
“Oh si! Giusto! Me lo stavo dimenticando!”
Morgan aprì la sua borsa e ne tirò fuori un cofanetto di legno che King riconobbe subito.
“Un po’ di tempo fa Hans è venuto nel negozio di mio padre e ha messo in pegno questo cofanetto e il suo contenuto. Mi ha chiesto di restituirle gli oggetti. Ho controllato bene e non manca niente.”
Morgan porse il cofanetto a King, lo prese con delicatezza sfiorando le dita della ragazza.
“Quanto ti devo?”
“Come?”
“Dimmi quanto ti devo e pagherò per…”
“No1 questi oggetti sono suoi! Non mi sognerei mai di farle pagare degli oggetti che le appartengono!”
King la guardò con gentilezza e scorse qualcosa di molto familiare in lei.
“Grazie! Grazie mille!”

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Capitolo 10
*** Un vecchio amico ***


Morgan e Ken rimasero assieme a King per tutta la durata della cerimonia, lo sostennero finchè non ebbe salutato l’ultimo invitato.
Il piccolo si stava addormentando sulla sedia.
“Ti ringrazio ancora per essere rimasta.”
Morgan gli sorrise prendendo in braccio Ken.
“E’ stato un piacere.”
King prese il suo cofanetto.
“Mi piacerebbe accompagnarvi a casa.”
Morgan stava per rispondere ma Ken alzò la testa.
“Andiamo a prendere una cioccolata calda?”
“Oh, Ken…”
“Per favore!”
King si interpose tra loro.
“Anche a me è venuta voglia di una cioccolata calda!”
Morgan lo fissò un po’.
“Potremmo prenderla tutti e tre insieme e poi sarei onorato di accompagnarvi a casa.”
Ken sorrise.
“Ti prego, sorellona!”
Morgan sospirò.
“D’accordo.”
“Si!”
Tutti e tre si incamminarono fuori dal cimitero dove c’era la macchina di King, quando arrivarono videro che c’era un uomo proprio davanti alla portiera.
“C’è qualcuno davanti alla tua macchina…”
Era voltato di spalle e King non riusciva a vederlo.
“Aspettate qui.”
King si avvicinò tenendo una distanza di sicurezza.
“Mi scusi! C’è qualche problema?”
In quel momento l’uomo si voltò e a King ebbe un tuffo al cuore; era un uomo sulla quarantina di colore con una cicatrice sul lato sinistro della fronte e sulla guancia.
“King…”
In quel momento era come se il suo subconscio avesse abbattuto un muro che gli intrappolava i ricordi…una notte gelida, due fratelli guidavano un gruppo di schiavi, l’incontro con un dottore, l’interesse per uno schiavo, la morte dei due fratelli, la libertà di uno schiavo e l’inizio di un’avventura.
“Django…”
Era il suo collega di pistola, il suo compagno di viaggio e il suo migliore amico.
Django si avvicinò a lui allungando le mani sul suo petto, ed esaminandolo attentamente.
“Tu sei vivo…ti avevano sparato!”
King mise una mano sulla sua spalla per constatare che fosse reale. Ora ricordava un passato che non apparteneva a quella vita, ricordava il suo vero passato.
Django lo abbracciò così forte che King si convince che era reale.
“Siamo di nuovo insieme amico mio!”
Morgan aveva osservato la scena da lontano e lentamente si era avvicinata a guardare i due uomini abbracciati.
Django alzò lo sguardo e vide la giovane donne con in braccio il piccolo Ken.
“Chi è lei?”
King si sciolse dall’abbraccio e si voltò a guardare Morgan e non appena incontrò i suoi occhi un altro muro crollò. In quel momento riconobbe all’istante quegli occhi azzurri e quel viso innocente, l’aveva già incontrata, prima di Django e prima ancora di essere un cacciatore di taglie, una ragazza vestita da uomo e armata di pistole, quella era la Morgan che aveva sognato.
Lei vide gli occhi scioccati di King e l’espressione confusa di Django.
“Che sta succedendo?”

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