inseguendo il futuro

di Sghisa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cambiamenti ***
Capitolo 2: *** Disagio ***
Capitolo 3: *** Solo nomi ***
Capitolo 4: *** Kendall ***



Capitolo 1
*** Cambiamenti ***


Disclaimer: La storia comincia dove finisce "Sulle tracce del passato". Prima dell'uscita del film, questa sarebbe stata una Future Fic, ma ora fa parte della categoria What if?

Sono passati dieci anni dal diploma, dieci anni che hanno portato i nostri protagonisti lontano. C'è chi è cresciuto, come Dick Casablancas, felicemente sposato con Cindy Mac MacKenzie e padre d due bambini. O come Eli Navarro, che ora lavora come paramedico sulle ambulanze, fidanzato con Parker Lee, ex compagna di università di Veronica e Mac. C'è chi ha viaggiato a lungo per tornare, come Jackie Cook, che si è trasferita a Neptune dopo dieci anni assieme ai suoi due bambini per stare vicino a Wallace Fennell.

E poi c'è chi è andato lontano da Neptune. Se Logan fa l'attore a L.A., Veronica è diventata P.I. sempre nella stessa città.

"Sulle tracce del passato" vede Veronica e i suoi amici collaborare per riportare Duncan Kane e la piccola Lilly in America. Ci riescono, non senza la necessaria dose di spargimenti di sangue e tragedie. Nel momento in cui tutto sembra essersi risolto per il meglio, Duncan viene arrestato. L'accusa pendeva sulla sua testa da dieci anni: l'innocenza di Aaron Echolls lo rende il sospettato principale per l'omicidio di sua sorella, Lilly Kane.

Nessuno dei personaggi mi appartiene, e non voglio fare torto a Rob Thomas utilizzando il mondo da lui creato.

 

Cambiamenti

 

"Sono a casa!"

La voce profonda di Logan Echolls echeggiò per le stanze che componevano il bell'appartamento che aveva trasformato nella propria dimora. Il giovane uomo attese qualche secondo, poi sospirò e chiuse la porta d'ingresso. Fuori la luce iniziava a scemare, cedendo il passo al buio.

Logan appoggiò la valigia sulla sedia più vicina e si avviò verso la cucina. Passando attraverso il salotto, dove c'erano un divano un tavolo e il mobile per la televisione, accese tutte le luci. Scavalcò un borsone sportivo prima di raggiungere un orsacchiotto di pezza abbandonato per terra. Lo raccolse e lo ripose nello scatolone che conteneva altri giocattoli. Poi calciò di lato il borsone blu elettrico che riportava la dicitura "Neptune pink soccer", mentre lo apriva e tirava fuori calzini sporchi, magliette sudate e scarpe infangate. La sera precedente aveva piovuto.

Il tutto finì in lavatrice assieme ad altri capi di vestiario abbandonati lungo il corrimano della scala che saliva al piano di sopra, sulle sedie della cucina e lungo lo schienale del divano, ricoperto di riviste e giocattoli. Sono mancato solo due giorni, e sembra che sia esplosa una bomba in questa casa pensò il giovane uomo mentre caricava il programma veloce con fare esperto. Negli ultimi mesi si era dovuto adattare a molte novità, come fare la lavatrice, pensare ad una cena che non fosse composta da hamburger e patatine fritte - il nutrizionista l'aveva sconsigliato, soprattutto in quella fase -, e chissà quante altre piccole azioni che non aveva mai pensato avrebbero potuto appartenere alla sua routine.

Mentre metteva i piatti sporchi accumulati nel lavandino in lavastoviglie, allungò una mano verso il frigorifero e lo aprì. Possibile che le donne di questa casa non sappiano cucinare, si domandò sconcertato il giovane mentre scansionava i ripiani del frigorifero, desolatamente vuoto. Fare la spesa, un altro punto da aggiungere alla lista delle cose da fare nel pomeriggio. Mentre afferrava un sandwich al tonno, l'occhio gli cadde sull'orologio. Sono le cinque di giovedì, la settimana sta quasi per finire… stava pensando il giovane. Poi qualcosa fermò il corso dei suoi pensieri. Le cinque di giovedì… le cinque di giovedì… oh maledizione!

Logan abbandonò il sandwich sul ripiano semivuoto del frigorifero e raggiunse in fretta il telefono. Compose il numero, ma niente… dopo tre squilli partì la segreteria telefonica. Maledizione Veronica, rispondi al telefono. Alla terza chiamata Logan desistette. E compose il numero d'emergenza.

 

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Keith Mars  non si aspettava più nulla dalla vita: gli aveva riservato fin troppe sorprese. Quando aveva conosciuto la sua futura moglie Lyanne aveva pensato che avrebbe potuto essere l'amore della sua vita. Ben presto si era reso conto che non poteva essere così. Alla donna era bastato incontrare sulle scale della scuola materna della loro figlioletta Veronica il ricco e affascinante Jake Kane per dimenticarsi in fretta delle promesse di matrimonio pronunciate solo pochi anni prima.

Keith Mars un tempo era sicuro che il suo lavoro come pubblico ufficiale e tutore della legge avrebbe seguito il corso naturale, e che avrebbe raggiunto la pensione comodamente seduto sulla poltrona di sceriffo. Al contrario ora stava aspettando il momento di ritirarsi dal mercato scomodamente acquattato sul sedile posteriore della sua macchina mentre pedinava un broker stranamente vicino alla piccola criminalità di Neptune. L'uomo era appena entrato al River Sticks, la sede operativa dei Fitz Patrik una famiglia di delinquenti di origine irlandese che gestiva il traffico di droga della città. Grazie alla connivenza del tutt'altro che incorruttibile sceriffo Winnie Van Lowe il potere di quei pericolosi criminali era cresciuto negli ultimi anni. Ma le vicine elezioni dello sceriffo stavano minando la sicurezza di Liam e fratelli, per questo stavano cercando di accumulare quanto più capitale possibile per una campagna elettorale con i fiocchi. Vinnie doveva restare al suo posto!

E così Mr. Morris, il broker col vizio del gioco pedinato da Keith era entrato a far parte della rete di finanziamento della campagna elettorale dello sceriffo. Peccato che i soldi estorti fossero della compagnia e non di Mr. Morris. Compagnia che voleva recuperare quanto gli apparteneva e liberarsi del traditore.

L'investigatore dalla lunga esperienza aveva raccolto abbastanza prove, gli serviva solo una registrazione ambientale decente,  ed era deciso a prendersela. "Allora, come se la sono cavata i cavalli questo fine settimana?" La voce sgraziata di Liam risuono metallica nelle cuffie di Keith. Dai che è la volta buona pensò l'ex sceriffo. Poi qualcosa si insinuo nella registrazione. Un ronzio ritmico e fastidioso. Ci mise un po'  a capire: il telefono delle emergenze. Quello che non doveva e non poteva mai essere spento. Keith lo estrasse rapidamente dalla tasca della giacca appoggiata allo schienale del sedile del passeggero. "Ragazzo mio, in cosa posso essersi utile?" Domando l'uomo al giovane all'altro capo del telefono. La voce di Logan Echolls era preoccupata e nervosa. "Keith... Se ne è dimenticata! Ti prego recupera Veronica. Io penso al resto: abbiamo solo mezz'ora!". Senza attendere risposta Logan chiuse la telefonata.

Maledizione Veronica penso l'ex sceriffo saltando sul sedile del guidatore e mettendo in moto.

 

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La stanza era silenziosa. La luce filtrava da sotto la porta, e i rumori ovattati che provenivano dall'esterno creavano la giusta atmosfera. Intrufolarsi nell'ufficio vuoto, accendere il computer con tutti i sensi all'erta… la parte più adrenalinica del suo mestiere, quella era la parte che le piaceva di più. L'emozione del non farsi beccare l'aveva sempre eccitata.

Come quando era al liceo e sgattaiolava silenziosamente nell'ufficio di Clemmons. Trovare la password non era un problema, perché era banalmente scritta sotto la cambrettatrice. Tuttiuguali, nessuna fantasia commentò la giovane donna ripensansando ai suoi 17 anni. Ma è possibile che nessuno sappia ricordarsi una password a memoria? O nasconderla in un posto decente? Tanto meglio per me… pensò la bionda mentre digitava il codice d'accesso che lo sceriffo aveva nascosto sotto il fermacarte. Le sue dita veloci ed esperte composero silenziosamente la frase "I'm the best", e così fu dentro. Dentro il computer dello sceriffo, libero accesso a tutti i dati, tutti i fascicoli, anche quelli secretati. Aprì la cartella "Cases", poi quella "Murder", e infine "Closed" e cercò sotto la "K". Infine lo trovò. "Kane L.". Inserì la pennetta nell'uscita USB e iniziò a copiare i file. Poi tornò indietro. "Murder", "Open" e cercò la "E"… Eccola qua! Esultò silenziosamente tra sé e sé. Copia, Incolla… il processo era lungo. Le cartelle contenevano fotografie, video, documenti, scansioni, testimonianze. Un sacco di materiale. 30%… dai maledetta macchina dell'anteguerra, sbrigati, intimò al vecchio computer che non ne voleva sapere di fare in fretta.

Fuori, nella sala principale dell'ufficio dello sceriffo le voci si fecero più alte. "Buon pomeriggio capo", esclamò Saks. Maledizione, doveva stare fuori ancora un paio d'ore… pensò Veronica, mentre fissava lo schermo, sperando che la copia dei file si velocizzasse. Niente da fare… 79%. La voce di Vinnie era vicina, molto vicina. "Saks, io non ci sono per nessuno, chiaro? Devo fare un paio di telefonate e a meno che non accada una catastrofe, il dipartimento è in mano tua".

85%… la maniglia si abbassò. Sono fregata, pensò la giovane donna, mano sulla pennetta, pronta a nascondere le prove delle sue azioni. Poi all'improvviso una voce familiare proruppe nell'androne. "Vinnie, dobbiamo parlare!". Suo padre, la sua salvezza.

Il computer comunicò che il salvataggio dei file era riuscito. Rapida Veronica chiuse tutte le finestre e mandò il computer in stand by. Poi sgusciò fuori dalla finestra, che richiuse prontamente alle sue spalle proprio mentre la porta si apriva, e lo sceriffo accendeva la luce. "Cosa vuoi Keith?"

"Lo sai benissimo cosa voglio" lo apostrofò scontroso l'investigatore "Sto aspettando da settimane la ricompensa per aver recuperato quel fuggiasco a pochi metri dal confine. Cosa deve fare un povero investigatore per guadagnarsi la pagnotta?". Quella era solo una scusa, era andato alla centrale per intercettare sua figlia e riportarla con i piedi per terra. Mancavano solo 10 minuti all'arrivo di quella fastidiosissima donna, e Veronica non si vedeva ancora. "Keith, sei stato sceriffo anche tu… sai che finché la contea non mi dà il via libera, i fondi sono bloccati…" si giustificò distrattamente lo sceriffo accendendo il computer. "Beh, vedi di velocizzare la procedura. Almeno questo lo puoi fare…" rispose Keith. "Farò il possibile, ma ora lasciami in pace. Già mi tocca vedere quella spina nel fianco di tua figlia tutti i benedetti giorni… A proposito, dove è?". Si alzò e andò alla porta. Si appoggiò allo stipite e urlò: "Mars!"

"Si capo?", fece capolino Veronica dalla stanza degli interrogatori. "Quanto manca alla fine del tuo turno? Papino è venuto a prenderti…". Veronica restò interdetta… non aveva la più pallida idea di che ore fossero.

"A dire il vero il tuo turno, tesoro, è finito tre ore fa. Possiamo andare a casa? Abbiamo un appuntamento tra pochi minuti" intervenne Keith, facendo alla figlia segno che era ora di andare.

Cavoli, pensò l'agente Veronica Mars mordendosi il labbro inferiore, mi sono completamente dimenticata dell'assistente sociale.

 

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"Lo so papà, lo so" esclamò Veronica, mentre seduta sul sedile posteriore faceva la contorsionista cercando di togliersi la divisa del dipartimento. Una camicetta bianca e un paio di jeans lisi erano il cambio d'abito che suo padre aveva recuperato dal vecchio appartamento che un tempo divideva con la figlia. "Non ho detto nulla, tesoro." Rispose lui con fare canzonatorio.

Lei sbuffò mentre finiva di infilarsi i jeans e calzava le sue vecchie Convers. "Fino a questa mattina me ne sono ricordata, poi una cosa tira l'altra e me ne sono dimenticata… sai com'è…" tentò di giustificarsi lei. "Non ho detto nulla, tesoro, e non ho intenzione di dire nulla. Sei una donna adulta, ormai. Hai un lavoro e delle responsabilità. Sta a te ricordartene! E poi" continuò l'uomo, mentre Veronica passava sul sedile anteriore e si allacciava la cintura "penso che a casa ci sia qualcuno che si occuperà di tirarti le orecchie!" concluse l'uomo. Il ruolo del poliziotto cattivo non sarebbe toccato a lui questa volta.

 

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Keith accostò di fronte alla nuova casa di sua figlia, che rapidamente gli diede un bacio sulla guancia e si precipitò fuori dalla macchina. "Ho fatto la spesa per voi mentre Logan si occupava del resto. La trovi nel bagagliaio". "Sei il migliore!" esclamò lei indossando la giacca. "Chi è il tuo papà?!?" domandò lui. "Grazie!" esclamò lei, sbattendo la portiera e non lasciando al padre il tempo di rispondere. L'uomo sorrise mentre osservava la figlia aprire il bagagliaio e recuperare le buste della spesa. Quando la sua bambina aprì la porta di casa, partì. L'avrebbe chiamata più tardi per sapere come era andata.

 

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Si chiuse la porta dietro alle spalle e sospirò. Le luci erano tutte accese, e tre paia d'occhi le si puntarono addosso. "Signora Hoogan, buona sera!" esclamò Veronica, sfoderando il migliore dei suoi sorrisi. "Signorina Mars…" rispose la donna, con poca enfasi. L'assistente sociale, la signora Hoogan, seguiva il caso di Logan e Veronica da oltre sei mesi, e ogni quattro settimane si presentava alla loro porta. Varcava la soglia e sviscerava ogni loro mossa. Orari, alimentazione, vestiario, motivazione, impegno… la loro privacy veniva messa a nudo. Era il prezzo che dovevano pagare per mantenere una promessa: quella di prendersi cura di Lilly mentre Duncan era in galera.

Dopo l'arresto avvenuto sul finire dell'estate precedente, i ben pagati avvocati della famiglia Kane erano intervenuti subito, ma nessuna cauzione per l'ex fuggiasco, il giudice era stato ferreo nella sua decisione. Rischio di fuga troppo alto. E così Duncan Kane da sei mesi viveva in un carcere di media sicurezza mentre i suoi avvocati cercavano di tirarlo fuori. Uno die punti su cui facevano leva era il delicato stato di salute del rampollo di casa Kane, ma per ora non avevano ottenuto nessun risultato.

Nel frattempo era partita una guerra per chi avrebbe dovuto prendersi cura della bambina. Celeste Kane da una parte, Jake e Lyanne dall'altra. E poi la signora Manning. Tutti volevano diventare i tutori legali della piccola, ed erano pronti a tutto. Ma la carta che Logan e Veronica avevano firmato poche ore dopo l'arresto di Duncan, faceva di loro due gli unici tutori della bambina.

Dal giorno in cui la piccola Lilly era stata loro affidata, la vita dei due giovani era profondamente cambiata. Avevano cercato una sistemazione decorosa e abbastanza vicina alla scuola. Veronica aveva dovuto abbandonare il lavoro a Los Angeles, chiudere l'ufficio e cercare un lavoro a Neptune. Perché? Così aveva stabilito il giudice. I parenti della bambina si trovavano tutti nella contea di Balboa, come il padre e gli assistenti sociali di riferimento. Veronica e Logan, se volevano occuparsi della bambina, dovevano trasferirsi a Neptune. Punto.

E così era stato. Veronica aveva lasciato al sua vita, il suo lavoro, la sua casa per prendersi cura della figlia di Duncan Kane.

 

Spazio autrice.

Eh sì, l'avevo detto e incredibilmente lo sto facendo. Sono in fase "Waiting the movie" e sto leggendo e rileggendo FF su Veronica Mars. Mi è venuta voglia di scrivere e continuare la storia da me iniziata nel lontano 2008.

Storia che mi sono accorta è piena di errori. Piccole sviste ma anche madornali sbagli. Chissà, magari la riprendo in mano e la sistemo!

By the way, buona lettura!

Sghisa

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Capitolo 2
*** Disagio ***


Disagio

L'aria era pesante, e Veornica a stento riuscì a sfoggiare uno dei suoi migliori sorrisi di circostanza. "Signorina Mars…" rispose la signora Hoogan, voltandosi leggermente verso l'ultima arrivata. Veronica passò al setaccio le tre persone sedute attorno al tavolino del soggiorno. La piccola Lilly, dondolando i piedi, la osservava implorante dalla sedia a fianco del televisore. Si stava mordicchiando le unghie, agitata come era. Quando la signora Hoogan si presentava a casa loro, per la più giovane dei Kane era una vera tragedia. Il terrore si impossessava di lei, e nei giorni immediatamente precedenti non riusciva a mangiare nulla. La paura che la portassero via da quella che era diventata la sua casa la attanagliava fino a quando l'austera signora Hoogan non usciva dalla loro porta di casa, lasciando che loro tre tirassero finalmente un sospiro di sollievo.
Veronica spostò lo sguardo sulla rigida donna di mezza età, seduta impettita sul divano. Gli occhi scuri della signora Hoogan la scrutavano con aria critica. Non si erano mai capite le due donne, nonostante ogni quattro settimane fossero costrette a condividere un paio d'ore assieme. Ore durante le quali ogni intimità di Veronica veniva messa a nudo.
Infine, mentre posava la borsa e si avvicinava allo sparuto gruppetto che popolava il soggiorno ben illuminato e accogliente di casa sua, Veronica incrociò lo sguardo di Logan. Non c'era rimprovero o rabbia, ma delusione e disappunto. Lei sorrise, cercando di stemperare la situazione, ma in risposta Logan si voltò verso l'assistente sociale e le domandò: "Posso portarle qualcosa da bere?".
Lei si sistemò gli occhiali sul naso e rispose al giovane uomo con poco più di un sussurro "Un bicchiere d'acqua, per cortesia." Poi indicando una sedia fece cenno a Veronica di sedersi. "Se volesse gentilmente unirsi a noi, signorina Mars, possiamo cominciare."
Veronica annuì senza proferire parola e si sedette mentre la signora Hoogan tirava fuori il formulario e iniziava a porre a tutti e tre le solide domande di rito.

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Dopo aver fatto un giro di ricognizione per la casa, durante il quale furono controllati tutti i cassetti, tutti i documenti, tutte le bollette, fu il turno del colloqui con Lilly. La signora Hogan e la bambina si sedettero in cucina, di fronte a due fumanti tazze di te. Veronica e Logan lasciarono le due per conto loro e si sistemarono sul porticato sul retro. Logan si appoggiò alla colonna, dando le spalle alla sua coinquilina.
Lei si sedette sul dondolo, tormentandosi le mani e guardandosi la punta dei piedi. "Hey" esclamò a bassa voce dopo un lungo e pesantissimo momento di silenzio. "Mi sembra che sia andata bene…" cercò di smorzare la tensione. Effettivamente l'"interrogatorio" era andato molto bene. La signora Hoogan era rimasta soddisfatta dal frigorifero pieno, dagli ottimi voti, dal calcio femminile e dal corso di chitarra. Dalle camere in ordine, il bucato fatto e le regole stabilite dai due adulti responsabili.
"Forse ce la siamo cavata anche questa volta!" continuò lei, nel tentativo di suscitare una qualunque reazione in Logan. Non ottenendo alcuna risposta, si alzò e si avvicinò a lui. Gli posò una mano sul braccio, cercando di avere la sua attenzione. Non appena la mano di lei entrò in contatto con il suo avambraccio, Logan si scostò velocemente prima di voltarsi e esclamare con voce atona: "Di certo non grazie a te". Lei si scostò, ferita da quella frase. "Cosa intendi dire? Io…" "Tu hai lasciato la casa in condizioni pietose. C'erano piatti sporchi e vestiti da lavare ovunque. Il frigo era desolatamente vuoto e ho impiegato buoni venti minuti prima di trovare l'orario scolastico e tutti i documenti della scuola." "Si ma…" "Ma se - la interruppe lui nuovamente - non fossi arrivato io, probabilmente la signora Hoogan non avrebbe nemmeno aspettato il tuo rientro: si sarebbe portata via Lilly senza che tu potessi salutarla. Quindi, Veronica, ti prego di comportarti bene nel tuo colloquio individuale con la nostra cara ospite. Adesso tocca a me!". E così dicendo si avviò verso la porta d'ingresso.
Una bionda figura aprì l'uscio. Lui la fece uscire, scompigliandole i capelli. "Tutto bene, Lil?" "Le ho detto che mi fate sempre mangiare la verdura!" esclamò lei, saltellando verso Veronica. "Ti aspetto qui, zio Logan. Veronica mi farà compagnia!".
Mentre il giovane uomo si chiudeva la porta dietro alle spalle, le due si sedettero sulla scala. "V, non ti preoccupare" la rassicurò la bambina "perché la signora Hoogan si fa sempre prendere per il naso. Ho fatto gli occhi dolci e ho raccontato solo le cose che voleva sentirsi dire" esclamò la bambina, con quel suo sorriso malizioso. "Sai cosa abbiamo stabilito in merito alle bugie…" la ammonì Veronica. "Oh - rispose la ragazzina - ma io ho detto solo la verità. Semplicemente non l'ho detta tutta!" e abbracciò Veronica con affetto e trasporto, una cosa alla quale la giovane detective non si era ancora abituata.

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"Signor Echolls, prego si sieda" lo pregò l'assistente sociale. Logan indossò il suo miglior sorriso e puntò gli occhi in quelli dell'austera donna che sedeva di fronte a lui. "Come sta signora Hoogan?" cercò di imbonirla il giovane. "Bene, grazie. Ma non sono qui per fare conversazione. Volevo sapere come procede con una bambina in casa. Come sta lei e come se la sta cavando con i suoi… trascorsi. Ha mai alzato le mani sulla bambina?" Domandò la donna.
Evidentemente la delicatezza non era materia d'insegnamento al corso per assistenti sociali. "Non mi permetterei mai di farlo. Io non sono un violento…" "Mi permetta di contraddirla, ma la sua fedina penale dice esattamente il contrario!" "Mi avete fatto tutti i test possibili e immaginabili, mi sono iscritto ad un corso per il controllo della rabbia, gestisco molto bene il mio ruolo di tutore di Lilly. E soprattutto non sono come mio padre: non oserei mai mettere le mani addosso a un bambino. Se lo metta in testa signora Hoogan, io ne ho subite abbastanza per me e per le prossime tre generazioni!" affermò il giovane, con decisione ma senza esplodere in gesti rabbiosi o aggressivi. Il suo sguardo era sereno e fermo.
"Mi fa piacere sentirlo. sa, se all'inizio ero scettica sulle sue potenzialità in quanto genitore, mi sono dovuta ricredere. Nonostante le sue numerose incarcerazioni, la fedina penale, i processi e il suo passato… burrascoso… lei è un'ottimo esempio di adulto. Come gestisce il fatto che il suo lavoro non è a Neptune?" "Cerco di stare via il minimo possibile. Se non è necessario rientro sempre nel pomeriggio e soprattutto i fine settimana sono intoccabili."
La signora Hoogan annuì in silenzio e poi scarabocchiò qualcosa sul suo blocco per gli appunti. Dopo un tempo che a Logan parve infinito, finalmente la donna riaprì bocca. "Vede signor Echolls, non è lei a preoccuparmi. Cosa mi può dire della signorina Mars? Sta svolgendo il suo ruolo come da impegni presi oppure le sue difficoltà iniziali si sono ormai incancrenite?"
Logan deglutì e fissò la donna senza aprire bocca. Lei allungò una mano oltre il tavolo e strinse il polso del giovane. "Non glielo chiederei se non fosse per il bene della bambina. Lilly ha già subito troppi scossoni. Vivere con una persona poco equilibrata come Veronica Mars non penso possa giovarle. In tal caso, la custodia andrebbe solo a lei, signor Echolls. Mi assicurerei che nessuno le porti via la bambina. Lei sarebbe un ottimo padre" concluse ammiccando.

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Veronica e Lilly stavano mangiando del gelato dalla stessa coppetta sedute sulle scale della Veranda. Si rubavano le cucchiaiate a vicenda e ridevano di gusto. Logan le osservava dalla finestra, e non voleva interrompere quel raro momento di complicità tra le due donne che ora erano tutta la sua vita. Ma d'altro canto non poteva certo far aspettare la signora Hoogan. Aprì la porta abbastanza rumorosamente da attirare l''attenzione delle due signorine. "Veronica, ti dò il cambio!" esclamò con fare disinvolto, anche se dentro fremeva di irrequietezza. Come avrebbe preso Veronica quanto la signora Hoogan stava per dirle? Si sarebbe arrabbiata? Che domande, certo che l'avrebbe fatto. D'altronde lui non poteva fare molto per salvare la situazione, e Veronica avrebbe capito. L'aveva fatto per il bene di Lilly!
La giovane bionda si alzò e li squadrò con fare minaccioso. "Non finite tutto il gelato, lasciatemene un po' voi due ingordi!" e cedendo il posto al giovane uomo, gli accarezzò con dolcezza il braccio prima di sparire dentro casa.
Varcò la porta del salotto e si sedette alla bella tavola che a breve avrebbe apparecchiato per cena. Cena, pensò, dopo tutto quel gelato la vedo difficile. E fece spallucce a sé stessa.
"C'è qualcosa che la diverte, signorina Mars?" domandò caustica l'assistente sociale. "Nulla, signorina Hoogan, solo una barzelletta che mi ha appena raccontato Lilly!" "Quindi condividete storie divertenti…" Veronica sapeva che dietro a quell'affermazione all'apparenza innocente si nascondeva una trappola. "E mi dica… che genere di storie racconta lei alla piccola? Forse die casi di omicidio che hanno costellato la sua esistenza? O magari della morte della madre?" Veronica accusò il colpo, ma rispose con fermezza ed educazione. "Le racconto di sua madre e di sua zia, delle favolose persone che erano, di quanto fossero entrambe importanti per me e per suo padre. Ma no, non le racconto come sono morte, della violenza che ha accompagnato il loro ultimo giorno sulla terra. penso che sia giusto che la bambina sappia, ma non ora. E' troppo piccola. Sarà su padre, una volta uscito di prigione, a raccontarle delle loro morti. Non io, perché non è un mio compito. Io devo proteggerla, nutrirla, volerle bene, assicurarle una formazione adeguata in attesa che l'innocenza di suo padre venga finalmente provata." "Sempre che sia innocente…" commentò caustica la signorina Hoogan. Veronica si morse la lingua e la fissò, aspettando la domanda successiva.
L'assistente sociale perse tempo e sfogliò la sua cartellina. Poi alzò lo sguardo sulla giovane bionda di fronte a lei e le chiese con non curanza: "E il suo problema con l'alcool?" "Beh come ha potuto vedere in casa non ne può trovare nemmeno una goccia. A prescindere dal fatto che quello di cui lei sta parlando è stato per me un momento molto difficile" ma non poté finire, perché la severa esaminatrice di fronte a lei la interruppe. "E questo non lo è?" poi, visto che Veronica non rispondeva incalzò la dose: "A quanto mi risulta lei ha dovuto abbandonare il suo lavoro, la sua città, la sua vita. Ora fa l'agente al commissariato locale. Altro che investigatore delle star… E poi, che dire. Si è ritrovata catapultata in un passato che ha cercato con tutte le proprie forze di dimenticare. Neptune, lo sceriffo Van Lowe, i suoi problemi con i signor Echolls. E per di più si ritrova a fare da madre!"
"Lei non capisce…" provò vanamente a ribattere la giovane donna. Ma non poté far altro che lasciare che il fiume di parole della signorina Hoogan finisse il suo corso. "Madre… deve essere difficile per lei riuscire a ricoprire questa carica dopo che la sua di madre l'ha abbandonata. Ripetutamente. Una madre alcolizzata e fuggiasca. Cosa mi garantisce che lei non sia così? So per certo che questa è la sua più grande paura…" Logan, ti uccido, pensò Veronica mentre contava fino a dieci, prima di rispondere alla detestabile assistente sociale.
"Glielo assicura il fatto che sono anche figlia di mio padre. Il miglior padre del mondo. Tutto ciò che ho imparato, e non solo sull'essere genitori, lo devo a lui. Alla sua pazienza, al suo coraggio. Quindi, per rispondere alla sua domanda: esiste nel fondo della mia anima il timore che quanto ho ereditato da Lyanne Reynolds emerga, ma in ogni caso ciò che mio padre mi ha insegnato mitigherà sempre e comunque questo tipo di carattere." Lo disse senza pause, per non farsi interrompere, per non cedere, perché se voleva che le cose funzionassero doveva crederci lei per prima.
Dopo un lungo, lunghissimo silenzio, la signorina Hoogan aprì bocca. "Per questa volta abbiamo finito. Vi invierò quanto prima le mie osservazioni". Raccolse tutti i suoi materiali e li infilò nella pesante borsa di cuoio. "Signorina Mars, non si adagi troppo sugli allori: la tengo d'occhio." Poi uscì sulla veranda per salutare Logan e Lilly. Infine rivolse i soliti saluti e convenevoli anche a Veronica che inebetita sorrideva senza sentire una parola. La sua mente era già lontana. Scampato il pericolo dell'assistente sociale, per altre quattro settimane avrebbe potuto concentrarsi su un'unica cosa: tirare fuori Duncan di galera.

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La cena era volata in un battibaleno. Avevano mangiato bistecca e insalata. Niente dolce, visto il pieno che avevano fatto nel pomeriggio. Lilly aveva aggiornato "lo zio Logan" su quanto era successo a scuola nei giorni precedenti. Poi gli aveva raccontato dell'allenamento di calcio e infine aveva voluto sapere dal giovane uomo come erano andate le riprese del film.
Insieme avevano sparecchiato la tavola e poi Lilly si era fondata sul divano mentre Veronica e Logan lavavano i piatti. "Ce la siamo cavata anche questa volta!" esclamò lui mentre faceva partire la lavastoviglie. "Non per merito tuo" rispose lei lapidaria.
"Prego?" domandò Logan, chiudendo la porta che dava sul salotto.
"Dovevi proprio raccontare alla signora Hoogan delle mie insicurezze come madre? Del bell'esempio che ho avuto? Cosa credevi di fare? Mi hai teso una trappola, Logan…" "No" rispose lui accigliato "Ti ho slavato il fondo schiena, mia cara. La signora Hoogan ha capito che qualcosa non va, e cercare di negarlo sarebbe stato inutile. Cosa avrei dovuto dirle? Che sei completamente assente? Che rifiuti la bambina? Che l'unica cosa che fai è cercare di tirare fuori suo padre di galera?"
Veronica lanciò a terra o strofinaccio. "L'unica cosa che faccio? Se non ci fossi io a indagare su Duncan, chi se ne occuperebbe? Chi restituirebbe alla dolce Lilly il suo papà? Nessuno, ecco chi. Quindi quello che faccio è la cosa più importante…"
Logan sospirò raccogliendo il canovaccio e riponendolo al suo posto. "Non puoi continuare a ignorare i bisogni di Lilly. A lei serve che tu sia presente, che giochi con lei, che la aiuti con i compiti, che prepari la cena e fai la spesa. Quando sono arrivato qui, questa casa era un disastro. Ho dovuto pulire tutto, fare le lavatrici, verificare i voti della bambina, scrivere gli orari sul frigo. Ti sei perfino dimenticata che oggi veniva l'assistente sociale…"
"Sarà anche come dici tu, ma intanto oggi ho messo le mani sui fascicoli che si trovavano al dipartimento. Vedremo poi chi la bambina ringrazierà!" Esclamò lei impettita. L'argomento era chiuso. Logan la osservò uscire dalla cucina e sospirò profondamente. Non sapeva proprio come uscire da quella situazione.


Spazio autrice
Buon Natale a tutti!
Per chi avesse già seguito la mia precedente FF "Sulle tracce del passato", sono tornata. Che dire, ho ripreso la storia da dove la avevo interrotta. Questi primi due capitoli sono molto descrittivi: non accade molto. Ma presto entreremo nel vivo delle indagini.
Non prometto continuità nè scadenze: aggiornerò quando mi sarà possibile! Grazie a chi segue e, con pazienza, continua a farlo!
Ancora buone feste

Sghisa




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Capitolo 3
*** Solo nomi ***


Solo nomi

E finalmente era arrivato: il fine settimana.
Andare al lavoro venerdì era stato per Veronica una vera e propria tortura. Il dipartimento dello sceriffo, con le elezioni che avanzavano a passo spedito, era in subbuglio, e lo sceriffo stava cercando di risalire la china discendente che la sua popolarità aveva imboccato negli ultimi anni. Le precedenti elezioni erano andate lisce: dopo il caso delle prove scomparse, Keith Mars si era definitivamente ritirato dalla competizione per il distintivo a stella. Inoltre Liam e i suoi cugini Fitzpatrick avevano aiutato Van Lowe nello sbaragliare eventuali concorrenti. Aveva gareggiato da solo e aveva ovviamente vinto.
Ma negli ultimi anni l'ex agente D'Amato, collega di Keith Mars, aveva fatto la sua bella figura, arrestando numerosi fuggiaschi e criminali. Vinnie temeva che il bell'investigatore privato potesse rivelarsi un valido avversario. Aveva quindi raddoppiato i turni dei propri dipendenti, e organizzato una serie di incontri di sensibilizzazione rivolti ai giovani. E così, mentre Sachs preparava una lezione sul consumo di stupefacenti e i pericoli a essi connesso per gli studenti del liceo, Veronica - in quanto unico agente donna - doveva preparare un incontro sulle violenze sessuali e di genere.
"Suvvia Mars" l'aveva provocata il suo superiore "non ti vergognerai mica di parlare di stupri di fronte a un branco di innocenti ragazzini? Che vuoi che sia, se non ricordo male, te la sei sempre cavata bene con le parole!"
Veronica aveva chiuso gli occhi, contato fino a dieci. Poi aveva sorriso e preso il plico di fogli che lo sceriffo le stava porgendo. Infine si era voltata verso la sua scrivania e, in perfetto silenzio, si era messa al lavoro. In realtà stava meditando. Su come la vita fosse ingiusta e crudele, sul fatto che sicuramente Vinnie aveva letto i file degli interrogatori per il suicidio di Cassidy "Beaver" Casablancas, e quindi fosse a conoscenza dello stupro di cui lei era stata vittima. Ma Veronica Mars non avrebbe ceduto all'ennesimo scherzetto che Vinnie le stava tirando: non gli avrebbe reso la vittoria così semplice.
Sì, perché se c'era una cosa che Vinnie desiderava più di vincere le elezioni, era il potersi finalmente liberare di Veronica Mars.


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Dopo una giornata infernale, passata a leggere e rileggere tutti i casi di stupro avvenuti nella contea di Balboa negli ultimi dieci anni, studiare la casistica e preparare dati e cifre per l'incontro con gli studenti e le studentesse del Neptune High, Veronica aveva finalmente potuto mettere la parola fine non solo a quel maledetto venerdì, ma a un'intera e snervante settimana. Erano quasi le otto di sera quando finalmente poté lasciare la sua scrivania, scivolare silenziosamente in macchina e dirigersi verso la casa di suo padre.
Era tradizione, da sei mesi a quella parte, che la strana combriccola - ovvero Logan, Veronica e la piccola Lilly - ogni venerdì occupasse il piccolo salotto di casa Mars per una cena in compagnia. Di solito Keith li strabiliava, cucinando piatti succulenti e particolari. Cercava di tenersi libero tutto il venerdì, in modo da potersi dedicare a quella che in un certo modo riteneva, essere la sua famiglia.
Quella sera il capofamiglia Mars aveva preparato trofie al pesto con fagiolini e patate, insalata mista e arrosto alle spezie. Infine aveva cucinato una deliziosa crostata ai mirtilli. Quando Veronica arrivò a casa, il vecchio Backup la accolse con uno scodinzolio, mentre i tre commensali le intimarono di sbrigarsi.
"V, ho fame!" esclamò la bambina "oggi il mister è stato spietato: ci ha fatte correre come delle matte!" Keith e Logan annuirono con fare trepidante: la pasta fumava nei piatti e anche a Veronica venne immediatamente l'acquolina in bocca.
Dopo la succulenta cena, era d'obbligo un film. "Tesoro, qui c'è South Park il film, oppure Inception. Cosa preferisci?"
"Qualcosa di adatto alla bambina? Che ne so, Rapunzel o Frozen. Potremmo evitare misteri, omicidi e parolacce per una volta?" domandò Veronica, mentre Logan assisteva ridacchiando alla scena. "Io non ho problemi né con la violenza, né con i misteri e nemmeno con le parolacce, V!" esclamò la bambina, che anzi rincarò la dose "Se non puoi sopportarlo, però, possiamo guardare le principesse…"
Veronica capitolò, e Inception fu.

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Due ore dopo la piccola Lilly cominciò a sbadigliare non appena apparvero i titoli di coda. "E' ora di andare" commentò Veronica, stropicciando i capelli della bambina e guardandola con immenso affetto.
"Grazie papà Mars" gridò la piccolina, abbracciando forte forte un emozionantissimo Keith. "Grazie a te, piccolina. E' stata una serata stupenda!" "Sai" rispose la bambina aggrottando la fronte e assumendo un'espressione seria "Penso che in realtà la trottola stia per fermarsi. Hai notato anche tu come traballa?". "Penso proprio che tu abbia ragione!" acclamò l'uomo. "Notte papà" disse Veronica, baciando il padre sulla guancia e guidando la bambina verso la macchina. "Logan, noi andiamo. Ci vediamo a casa!" "Prendo la giacca e sono da voi" rispose il giovane uomo.
Uscendo dalla porta vide la macchina di Veronica allontanarsi. "Grazie Keith, è stato piacevole come sempre" "Grazie a te, ragazzo".
Guardandolo di sottecchi Logan decise che era ora di iniziare a rispondere per le rime. Non aveva forse ampiamente dimostrato di meritare la fiducia concessa? Che era un uomo adulto e maturo, ma soprattutto un uomo nuovo? "Certo che fare il nonno ti viene proprio naturale, Keith!" provocò scherzoso il giovane uomo.
Keith rimase brevemente interdetto, poi lo ammonì: "Non ci pensare nemmeno, ragazzo!".

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La casa era silenziosa. La pace regnava sovrana. Finalmente Veronica aveva tempo per sé e le sue indagini. Logan dormiva nella sua stanza, o per lo meno da ore la luce in camera sua era spenta. Lilly era crollata in macchina, e aveva dovuto aspettare Logan perché la portasse in braccio fino alla cameretta. Veronica sedeva alla sua scrivania, nella sua camera. L'unico spazio privato che si era riservata, dove teneva le cose dentro gli scatoloni. Non li aveva ancora disfatti dopo il trasloco da Los Angeles e a dire il vero la maggior parte delle sue cose si trovava in un magazzino nella periferia di Neptune.
Veronica aprì la finestra, silenziosamente. E poi cominciò a frugare nelle tasche della giacca. Ne estrasse un pacchetto di sigarette e un accendino. Era il suo momento di intimità: il mondo non esisteva, Duncan non doveva essere tirato fuori di galera, Lilly non dormiva nella stanza dall'altro lato del corridoio, Logan non era rientrato prepotentemente nella sua vita, e soprattutto non la teneva a distanza. Nessuno lo sapeva, nessuno lo doveva sapere. Era un momento tutto suo e voleva che nessuno si intromettesse.
Dopo aver spento il mozzicone sul bordo della finestra, fece circolare l'aria per un po' prima di mettersi al lavoro. L'attesa l'aveva rosa: aveva quei fascicoli in mano da più di un giorno, ma non aveva ancora avuto occasione di leggerne il contenuto. Ora assaporava quel momento, mentre lentamente si sedeva alla scrivania, accendeva la luce, si legga i capelli e infine si immergeva nella lettura del primo fascicolo. Kane L.
Due ore dopo la giovane si stiracchiò sula sedia scricchiolante. Nulla di nuovo. Aveva letto e riletto quasi tutto ciò che era contenuto in quel fascicolo, o meglio, era stata lei a far sì che la maggior parte di quelle prove facesse effettivamente parte di ciò che era a disposizione delle forze dell'ordine. Il resto delle prove era sempre opera Mars: Keith era sceriffo all'epoca dell'omicidio e, nonostante l'opinione diffusa, aveva fatto un ottimo lavoro.
C'erano le poche prove, la maggior parte false e pertanto rigettate dalla corte, che erano state raccolte da Lamb. E poi c'erano quelle prove che non avevano senso. La statuetta dell'oscar vinta da Aaron e i capelli di Duncan trovati sopra di essa. Non corrispondeva con la tempistica, con le videocassette purtroppo andate perdute, con l'atteggiamento violento dell'ex star del cinema. Non aveva senso nemmeno il loro ritrovamento. La villa dei Kane e il suo giardino erano stati rivoltati zolla dopo zolla. Come è possibile che l'arma del delitto sia stata ritrovata quasi due anni dopo? Si domandava Veronica, mentre prendeva appunti e cercava di costringere tutto ciò a seguire un qualunque filo logico.
Non riusciva però a costringere quei pochi elementi dentro una struttura. Chiuse sbattendolo il fascicolo e sbuffo esasperata. Perché la statuetta? Cosa se ne sarebbe fatta Lilly di una stupida statuetta? Vantarsi di averla fregata a una star si Hollywood? Non era da lei… Rivenderla? Lilly non aveva davvero bisogno di soldi. No signore. Lei sapeva che quella che le prove raccontavano non era la vera storia: sapeva benissimo come erano andate le cose. Doveva solo dimostrarlo.
Si alzò dalla sedia camminò su e giù per la stanza. Fissava il secondo fascicolo con timore. Se anche quello non avesse contenuto nulla di importante, si sarebbe ritrovata bloccata. Oltre dieci anni, niente piste, nessuno che la sosteneva. Come avrebbe potuto tirare fuori Duncan di galera?
Poi, esasperata, raccolse il più sottile raccoglitore che portava scritto sulla copertina, Echolls A. e si sdraiò sul letto.
Alla prima occhiata la cosa quasi le sfuggì. Tra i tanti interrogati, i troppi nomi, le moltissime dichiarazioni rischiò di non notarlo. Poi si ferrò e tornò indietro. Priscilla Banks. Quel nome la costrinse a rileggere la pagina, rileggerla attentamente non una, non due ma tre volte. Nonostante fossero passati quasi dieci anni dalla prima volta che l'aveva sentito, quel nome le riempì le orecchie e il cervello. Il cerchio cominciò a tornare, la logica a reggere. Balzò giù dal letto, spalancò la porta e corse verso la camera di Logan. Saltò sul suo letto e lo scosse con una mano tenendo i fogli nell'altra. "Logan, Logan, svegliati"
Lui mugugnò qualcosa, e lei accese la luce. "Logan, tu sai spiegarmi questo?" domandò lei, sventagliando davanti agli occhi ancora appannati del giovane uomo. "Veronica, sono le tre del mattino…" brontolò il giovane "…tornatene a letto".
"No, Logan, è importante. Davvero importante. Tu forse puoi aiutarmi a capire perché è stata Priscilla Banks a trovare il corpo senza vita, ma ancora caldo di tuo padre nella suite del Neptune Grande?"
"Chi?" domandò lui mentre si appoggiava sui gomiti e cercava di ritrovare un minimo di lucidità.
Veronica gli rispose con uno sbuffo. "Priscilla Banks… ma come? Avete avuto una specie di relazione voi due e tu nemmeno ti ricordi di lei…" fece una pausa studiata, attendendo una reazione dal suo interlocutore. "Forse tu la conosci con un altro nome: Kendall Casablancas!"
Finalmente sorrise, soddisfatta dalla reazione sconcertata  del giovane uomo.


Spazio autrice
Ed eccoci qua con un nuovo capitolo. Spero di continuare a tenere questi ritmi, e di essere più brava con l'ortografia! Grazie a chi segue e chi commenta!
Al prossimo capitolo
Sghisa


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Capitolo 4
*** Kendall ***


4. Kendall

"Veronica?"
Logan rispose mugugnando.
"Il mio ragazzino mi tradisce?"
Logan odiava quell'atteggiamento di superiorità, come se lei fosse troppo matura, troppo adulta, troppo donna. In realtà era quello di cui aveva bisogno in quel momento: doveva passare oltre, smetterla di pensare al suo passato. Guardare al futuro. Provò a raggiungere il telefono, ma Kendall lo allontanò rapidamente, alzando le mani sopra la testa.
"E' solo una compagna di scuola." Rispose allora, immobilizzato dalla donna nuda che sedeva su di lui.
"Ooooo, una scolaretta!" riprese lei "Beh, perché non la invitiamo? Due scolaretti potrebbero rendere le cose  più piccanti!"
"Posso cavarmela da solo!" Esclamò lui strappandole il telefono dalle mani e tirandola a sé.

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Logan si riscosse da quel ricordo che stonava con quanto Veronica gli aveva appena detto. "Kendall? Kendall Casablancas? Hai appena fatto il suo nome o sbaglio?" domandò ancorò assonnato.
"Proprio lei. Quella cara signora con la quale ti sei intrattenuto più e più volte… La matrigna del tuo caro amico… La moglie dell'uomo che ti ha insegnato a sparare… Ti sta forse suonando un campanello adesso?"
Logan si alzò dal letto e recuperò una maglietta. Prima che si potesse coprire, lo sguardo di Veronica scivolò sui pettorali scolpiti del suo ex ragazzo. Sulle sue braccia forti. E infine sulla grande schiena, martoriata dalle vecchie ferite, ricordo di un padre violento. Fu tentata di alzarsi, andare da lui e, come faceva un tempo, passare lievemente le punte delle dita su quei solchi chiari, imperitura memoria di dolore e sofferenza. Ma si fermò: non aveva alcun diritto di fare una cosa così. L'aveva perso molto tempo addietro.
Per non cadere in tentazione iniziò a tormentarsi il fondo della maglietta, e spostò lo sguardo sulla sveglia. Poi aprì bocca. "Pensavo fosse stata indimenticabile per te l'esperienza di andare a letto con una vera donna?"
Il volto irritato di Logan sbucò dalla maglietta. "Mi concentravo poco sul suo nome o sulla sua personalità, in quei momenti. Ero impegnato in ben altro!" E si avvicinò a lei. Le schiacciò il dito con il naso, e si sviò verso le scale. "Sei ancora gelosa?" concluse spegnendo la luce.
Veronica gli trotterellò dietro. Mentre scendevano le scale buie in perfetto silenzio, quel sentimento atavico s’impossessò dei lei e dei suoi ricordi.

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Quanto le era costato quella mattina alzarsi dal letto e affrontare la realtà?! Lei era fuggita. Lui li aveva definiti "epici" e lei era scappata. Lo aveva lasciato solo, con la sua bottiglia in mano, e una delle più belle e sofferte dichiarazioni d'amore che lei avesse mai sentito - e con Lilly ne aveva visti di film romantici!
A fatica si era infilata una maglietta e un paio di pantaloni. Con i capelli ancora spettinati e malamente raccolti in una coda di cavallo, Veronica si era precipitata nell'ascensore del Neptune Grande e aveva atteso che le porte si aprissero.
Aveva trascinato i piedi fino alla porta della stanza di Logan prima di alzare il pugno, e batterlo lievemente sul legno laccato. L'attesa le parve interminabile. Poi lui sbucò. Gli occhi socchiusi, l'aria di uno che aveva bevuto troppo.
"Ciao. Per prima cosa devo chiederti scusa per essere scappata in quel modo ieri sera. Ero un po' confusa. Dovevo riordinare le idee e pensare alle tue parole".
"Veronica…" provò a interromperla lui. Ma ormai il dado era tratto. Era arrivata fino a lì, nonostante ogni cellula del suo corpo si rifiutasse di farlo, e sarebbe andata in fondo a quella storia. Nemmeno l'aria confusa e assonnata di un Logan poco vestito l'avrebbe fermata.
"No, lasciami finire. Nemmeno io voglio che tu esca dalla mia vita. E non sto dicendo che voglio rituffarmi in una relazione con te… ma perché dopo il diploma non proviamo a uscire? A vedere dove tutto questo ci sta portando? Insomma, hai definito la nostra relazione epica".
Nessuna reazione, solo un silenzio imbarazzante. Le bastò un istante solo per capire che Logan non aveva alcuna idea di ciò di cui lei stava parlando.
"Oh cavolo!"
Quasi sussurrando Logan aprì finalmente bocca.
"Di ieri sera ho un ricordo… sfuocato…"
L'imbarazzo s'impossessò di Veronica, che attonita cercava metter in movimento i suoi piedi affinché la portassero il più lontano possibile da quel luogo. Ma non era ancora finita…
"Chi è? Il servizio in camera?" una voce femminile e sensuale la fece sprofondare nello sconforto.
"Oh, no, solo Veronica Mars. Che delusione!" affermò Kendall, come sbucata dal nulla, mentre abbracciava Logan. "Vieni - sussurrò al giovane nell'orecchio - andiamo a farci un bel bagno!" E poi prima di sparire, affondò il colpo. "Ciao Veronica!"
Logan inspirò profondamente, mentre Veronica si voltava verso l'ascensore.
"Qualunque cosa io abbia detto…"
Quelle parole suonarono poco credibili anche a lui, che le aveva appena pronunciate.
"Dovresti saperlo…" riprovò il giovane.
"Smettila" lo pregò lei, arrivata all'ascensore.
E mentre le porte si chiudevano, il dolore che provava si fece fisico e si materializzò sul dolce volto della giovane donna.

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"Terra chiama Marte". Logan la riportò al presente, nonostante il dolore la tenesse ancorata profondamente a quel momento.
"Io, gelosa? No risponderò nemmeno a questa tua assurda insinuazione!" rispose Veronica, cercando di passare oltre.
"Kendall, Kendall, Kendall, cosa ci facevi nella stanza di Aaron Echolls la sera del suo rilascio, e della sua morte?" domandò Veronica a sé stessa. "Non ti facevo così ingenua, Veronica" esclamò lui, mentre metteva su la macchinetta del caffè. Il suo solito sorrisino stampato in faccia. Per Veronica era troppo presto: non avrebbe retto a lungo. Alzò lo sguardo al cielo e sospirò, tirando fuori le tazze dal mobile. "Ho capito, cercherò di farti immaginare la scena. Lui, sudaticcio sdraiato sul materasso, lei ansimante sopra di lui…"
"Oddio, Logan, grazie mille per questa terrificante immagine. Vorrei lavarmi le orecchie con la candeggina, adesso…"
Lui sorrise, versando il liquido scuro nelle tazze. "Non so perché mi stupisca", affermò con aria triste. Veronica si fece seria. "Perché mio padre è dovuto andare a letto con tutte le mie ragazze?"
Lei affondò la faccia nella tazza fumante. Sarebbe stata una lunga nottata.

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Erano le 4 del mattino. Il suono del telefono lo riscosse troppo bruscamente dal sonno tranquillo in cui si trovava fino a pochi secondi prima. Non guardò nemmeno il nome di chi lo stava chiamando. "Tesoro, spero per te che sia un'emergenza"
"Papà, tu hai idea di dove si possano essere conosciuti Kendall Casablancas e Aaron Echolls?"
"Tesoro, di cosa stai parlando?"
"Papà, ho bisogno che tu ti concentri. Forza, scuoti la testa e fai scontrare i neuroni. Rispondi alla mia domanda!"
"Erano tutti e due ricchi. Si saranno conosciuti a qualche festa…"
"Impossibile" sospirò lei, mentre il padre si alzava dal letto. "Kendall è arrivata a Neptune dopo l'arresto di Aaron. Io e Logan abbiamo verificato: le date non coincidono."
Keith indossò la vestaglia. E provò a ricordare. I file del caso, i documenti, le registrazioni. Schedari, date, firme… incontri! Incontri in prigione.
"In prigione, tesoro. Ora ricordo. Kendall è andata numerose volte a trovare Aaron in prigione!"
"Non sono tutti registrati?" domandò la giovane donna?
"Certo, registrati e conservati! Conservati nell'archivio della Contea!"

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Gli uffici erano deserti. Del resto alle 5 del mattino era difficile aspettarsi qualcuno in un ufficio pubblico. Anche il suo collega, Martin, stava sonnecchiando nella stanza degli interrogatori.
Sgusciò rapidamente fino al desk di Inga. Aprì il cassetto ed estrasse le chiavi dell'archivio generale. Poi salì al quinto piano. Silenziosamente cercò le cassette incriminate, e poi tornò a casa, dove il padre e Logan la aspettavano alzati.

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La registrazione era vecchia. L'audio gracchiava e le immagini in bianco e nero erano piuttosto "ballerine". Una Kendall decisamente in forma stava per alzare il ricevitore. Dall'altra parte del vetro, Aaron Echolls. "A cosa devo il piacere?". Domandò lui.
"Sono qui per tentarti, Aaron!" rispose lei, impassibile di fronte al fascino dell'attore.
"Missione compiuta" provocò l'uomo "O forse dovrei dire: con che cosa?"
Lei non si scompose e continuò a parlare con voce suadente. "Con distese di terreni. Più di quante io possa gestirne."
Aaron Echolls si mise comodo sulla sedia, finalmente interessato. "Allora Big Dick ha ancora le mai in pasta in qualche affare…"
Kendall sorrise. Veronica e Keith sapevano che stava mentendo. Come lei stessa aveva raccontato a Keith Mars, dietro alla Phoenix Land Trust non c'era Richard Casablancas, ma suo figlio minore, Cassidy. "Diciamo che mio marito ha un vasto campo d'azione. Qualcuno dice che potrebbe lavorare all'estero". Senza dare tempo all'uomo al di là del vetro di reagire, rincarò la dose. "Aaron, che ne diresti di uscire di qui ancora più ricco?"
Lui si fece guardingo. "Ahhh… capisco. Sei al verde. Posso aiutarti. Ma in cambio di cosa, signorina, in cambio di cosa?" domandò lui, facendo una pessima imitazione di Hannibal Lecter.
"Mi hanno detto che il vetro è a prova di proiettile" reagì lei con aria languida e cominciando a slacciarsi il succinto maglioncino leopardo. "Però forse posso fare qualcosa per te".
"Qualcos’altro" reagì lui, dopo aver ammirato brevemente l'abbondante e invogliante decolté della donna al di là del vetro.
"Sono tutta orecchi"
"Conosci mio figlio Logan?" domandò lui. Kendall riuscì a mascherare bene l'imbarazzo. "Quello che sta sempre con i ragazzi Casablancas?"
"Solo di vista…"
"Magari potresti andare  a trovarlo nella sua camera d'albergo"
"Può darsi" rispose lei, stando vaga. "Ci posso provare"
Il ghigno soddisfatto di Aaron Echolls fece correre i brividi lungo la schiena di veronica, che impotente assisteva alla scena registrata dalla telecamera della prigione. "Sono particolarmente interessato al ragazzo con cui divide la stanza, Duncan Kane. Dovresti recuperare qualcosa di suo per me…"
"Penso di poterlo fare… E per quanto riguarda i soldi?"
"Quanti zeri vuoi, dolcezza? Oggi potrei fare una telefonatina al mio avvocato…"
Poi i due si separavano.

"Papà!" urlò Veronica "metti su la prossima!"
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Le altre cassette non avevano registrato nulla di compromettente. Aaron e Kendall avevano parlato di tagli di capelli, delle statuette vinte da Aaron, del suo successo come attore, di malsane abitudini e di Logane e Duncan. Era chiaro quello che era successo, ma non sarebbero certo valse come prove incriminanti. Nessun giudice le avrebbe prese in considerazione.

"Quindi Kendall ha creato le prove che hanno incastrato Duncan e scagionato Aaron in cambio di denaro…" esclamò Veronica soprappensiero. "Ma come ha fatto?!"
"Lo so io" rispose Logan "Kendall ha gironzolato parecchio per la suite che dividevo con Duncan. Una volta l'ho vista entrare nel bagno della stanza di Duncan e uscirne con aria sospetta. Ne sono sicuro. La statuetta di mio padre, una delle poche cose che si sono salvate dall'incendio della mia casa, è sparita da sotto il mio letto proprio in quel periodo!"

Veronica aggrottò la fronte. "E il compagno di cella di tuo padre, non era molto simile all'uomo che aveva assoldato la escort che aveva derubato Cliff di tutti i documenti sul caso?"

I tre rimasero in silenzio a riflette. Poi finalmente qualcuno lo ruppe. "Sono solo congetture e illazioni. Noi abbiamo bisogno di prove!" Esclamò Veronica, esasperata da quella situazione.

Logan le poggiò una mano sull'avambraccio e, con aria rassicurante disse: "Però sappiamo cosa cercare, adesso! Forza, Bobcat, sono sicuro che ci riuscirai!"




Spazio autrice.
Ed eccoci qua. Possibilmente con meno errori ortografici e un capitolo di passaggio. La mia intenzione è di costruire runa storia molto più breve della precedente!
Scusate se i dialoghi presi dagli episodi 2x03, 2x15 e 2x20 sono leggermente diversi, ho cercato di mediare tra versione originale e versione italiana.
Thanks

Sghisa














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