Sometimes, I will die.

di Midori Haruka
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** - ---—— Misha. ***
Capitolo 2: *** - ---—— Mikael. ***
Capitolo 3: *** - ---—— Dorian. ***
Capitolo 4: *** - ---—— Dimitri. ***
Capitolo 5: *** - ---—— Anatol. ***
Capitolo 6: *** - ---—— Dylan. ***



Capitolo 1
*** - ---—— Misha. ***



Minsk, h 21.00

Due ore di differenza con Londra.
Ci aveva pensato spesso, nei giorni addietro, senza darci peso, come una di quelle idee che ti sfiorano la mente, ma a cui non dai mai troppo peso.
Eppure ora che gli occhi grigi osservavano quella pillolina carminio tra le falangi di due dita, la sua mente trovava una piacevole distrazione concentrandosi su quel dettaglio.
A Minsk erano le nove e a Nottingham le sette.
A quell'ora Misha sbriciolò la propria salvezza tra due dita. Osservò i residui rossastri di quella pillola sui propri polpastrelli, con un triste sorriso sulle labbra.
Incredibile come il suo cuore necessitasse in maniera estrema di quel medicinale, per poter continuare a battere.
Tuttavia il bielorusso sospettava che vivere fosse più doloroso che morire, di questo passo.
Andò a distendersi sul divano, in pacifica attesa di ciò che in poche ore sarebbe inevitabilmente accaduto.
In fondo … a chi serve qualcuno con un cuore difettato?

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Capitolo 2
*** - ---—— Mikael. ***


Minsk, h 21.00

Due giri a destra e uno verso sinistra.
Gli occhi verdastri incantati nel seguire il movimento di quel liquido trasparente che si mesceva in un piccolo bicchiere.
Destra, sinistra e ancora a destra, il bielorusso non voleva lasciare il liquido a riposo.
Ormai la decisione l'aveva presa, giorni addietro; maturata dopo mesi, ma finalmente il ragazzo era giunto a una conclusione.
Semplice almeno quanto sferzante: quel continuo accanirsi era inutile. 
Inutile e quantomeno imbarazzante. Che senso ha portare avanti qualcosa senza uno scopo? 
Per Mikael era stato semplice trovare la risposta: nessuna.
Ha quindi senso protrarre un'esistenza totalmente priva di scopo?
Per arrivare a trovare una soluzione a questo, il bielorusso ci aveva messo giorni. 
Tuttavia vi era arrivato, serafico e quasi rassegnato, aveva accettato quell'idea.
Mikael vuotò il bicchierino direttamente in gola, senza nemmeno assaggiarlo. Non doveva avere un cattivo sapore, visto l'odore dolciastro che poteva avvertire. Benché la vodka sarebbe stata mille volte meglio.
Si sa, il veleno é l'arma di una donna, ma il ragazzo sapeva accontentarsi.

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Capitolo 3
*** - ---—— Dorian. ***


Homel', h 21.00

Il male alla testa si fa sempre maggiore. 
Strida, urla, pianti e una piccola vocina che continua a chiamarlo nel profondo.
“Dorian..”
Sussurra la vocina, non facendo caso al quadro che il bielorusso ha appena lanciato a terra, spargendone i vetri sul morbido tappeto.
“Vieni, piccolo mio..”
Il biondo fece un passo in avanti, portando un piede sul tappeto, prima di fermarsi sui vetri, guardando il vuoto stralunato.
« Non sono piccolo. »
Lascia scivolare lievi quelle parole dalle sue labbra secche e coperte di tagli, fin troppo infastidito.
“Oh, Dorian, fammi vedere come sei cresciuto...”
Dorian riprese a camminare, piedi nudi avanzavano sulla distesa blu, lasciando che i frammenti di vetro aprissero tagli scarlatti nella sua pelle chiara.
“Vieni da me...”
Il bielorusso continuò incurante a camminare, fino al davanzale aperto della finestra.
Un sottile filo d'aria gli accarezzò il viso, infilandosi tra i suoi capelli color oro. Un sorriso folle si allargò sulle sue labbra piagate, mentre con l'aiuto delle braccia s'issava sul davanzale della finestra.
« Sono qui. »
Il bielorusso allargò le braccia, buttandosi nel vuoto.

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Capitolo 4
*** - ---—— Dimitri. ***


Bielorussia, h 21.00

Il paesaggio sfrecciava ad alta velocità fuori dal finestrino.
Una mano avvolta da un guanto nero si strinse attorno al volante, mentre il piede premeva sull’acceleratore, cancellando dalla mente ogni immagine del passato.
Semplice, cancellare, nascondere ciò che più fa male, occultarlo sotto altri pensieri dati a sviare l’orrore che ci si porta dentro.
Il bielorusso digrignò i denti, gli occhi azzurri fissi sull’asfalto sfrecciante davanti a sé.
L’asfalto che non stava davvero guardando.
Difficile non pensare, e per distrarti devi comunque farlo.
Pensare a volte può far male, fin troppo.
Quella che gli si para davanti è una curva. Il bielorusso dovrebbe rallentare, quel muro sta arrivando troppo veloce.
Eppure il piede non si allontana dall’acceleratore, anzi, preme con più forza, quasi con foga.
Morire tra le fiamme di un incidente e sopprimere tutti i problemi in un colpo solo.
Non male.

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Capitolo 5
*** - ---—— Anatol. ***


Dublino, h 13.00

La campanella suonò, annunciando per quel giorno la fine delle pesanti ore di lezione.
Occhi spenti si misero a guardare il vuoto, mentre meccanicamente le mani sistemavano i libri nella tracolla.
Di quel luminoso azzurro solitamente presente nel suo ingenuo sguardo non era rimasto che un ricordo.
Percorse i corridoi affollati della scuola, urtando incurante gli altri studenti. Fuori dalla scuola si avviò di buon passo verso casa, benchè la sua meta fosse un'altra.
Ah, sì, alla fine aveva optato per quel passaggio a livello che di solito tendeva ad evitare, in quanto isolato e poco trafficato.
Stavolta il ragazzo si fermò nel bel mezzo delle rotaie, chiudendo gli occhi sotto il suono martellante della campanella di allarme che annunciava l'arrivo del treno.
Non dovette aspettare molto.
Il fischio di un treno raggiunse le sue orecchie e il bielorusso socchiuse gli occhi, in direzione della curva.
Non lo vide arrivare; il suo sguardo colse solo delle macchie di colore sfocato, prima del nero più buio.

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Capitolo 6
*** - ---—— Dylan. ***


 Londra, h 1.37 am.


Il piede spinse l'acceleratore, portando i giri del motore ad aumentare e con essi la velocità dell'auto, Dylan gettò uno sguardo all'indicatore: sfiorava i centotrenta chilometri orari, in pieno centro città. Mancavano ancora un paio di giri al traguardo, ma l'americano era soddisfatto di essere in testa allo corsa; staccò la mano dal volante, alzando il volume dello stereo, mentre un sorriso si allargava sul suo viso, tirandone la pelle e dando vita a tante piccole rughe d'espressione, a causa dell'adrenalina e dell'eccitazione che gli scorreva in corpo.
Solo in quei momenti, quando si staccava brutalmente dalla sua solita realtà, riusciva a sentirsi davvero vivo.
Fu una frazione di secondo e tre giovani ragazze comparvero alla visuale del ragazzo, nel mezzo della carreggiata, Dylan le vide appena in tempo: le mani ritornarono al volante ed il piede si precipitò sul freno, con una sterzata di fortuna e la sua abilità riuscì ad evitarle.
Nell'immediato Dylan aprì la portiera e salto giù dalla macchina, guardando oltre il mezzo, verso le ragazze sopravvissute.
« Fate attenzione, spostatevi che é peric— »
Le parole dell'americano vennero annullate, sovrastate dal rombare di un motore sopraggiunto alle sue spalle, si voltò a guardare l'altra auto da corsa. Nessun freno stridette, s'udì soltanto il rumore delle lamiere che s'incastravano tra loro, per l'impatto di un'auto contro l'altra; fino all'ultimo lo stereo di Dylan rimase acceso ad alto volume suonando un classico dei Queen, “Who want to live forever”.

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