E' pur sempre il nostro capitano

di Kseniya
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Maledetta dispensa! ***
Capitolo 2: *** Abbracciami, Boris. ***
Capitolo 3: *** Boris vs Tacchino. ***
Capitolo 4: *** Surprise! ***



Capitolo 1
*** Maledetta dispensa! ***


Saaalve, miei (?) cari lettori !
Torno alla carica con una nuova storiella di pochi capitoli, giusto per rimettermi un po' in carreggiata. Ad essere sincera, temo di essere un po' fuori allenamento; non sono più tanto sicura di riuscire a scrivere al meglio una storia. E visto che ho deciso di mettermi di impegno per concludere tutte le mie Fanfiction – che proseguono con la lentezza di un bradipo in prognosi riservata e in stato comatoso – voglio riscaldarmi un po', tenermi in allenamento.
Questa Fanfiction si può definire come “un fulmine al ciel sereno”; l'ho scritta di getto una sera, presa dalla noia e dell'apatia più totale di una comunissima domenica.
Era nata come one-shot, ma vista la lunghezza ho deciso di suddividerla in tre capitolo – o forse quattro, devo ancora valutare.
Bene, detto questo vi do qualche anticipazione: mi sono divertita ad immaginare come potrebbe essere la vita quotidiana dei componenti della Neo Borg – senza un perverso Vorkof tra i piedi. E' un genere un po' diverso da quello di cui mi occupo solitamente, quindi c'è stata un'elaborazione delle vicende differente che necessita assolutamente di un vostro parere.
C'è anche qualche accenno a “Incubo Bianco” o “Indietro” che sia. Chi ha letto queste due long lo noterà sicuramente arrivati ad un certo punto della storia! ;-D
Spero che sia di vostro gradimento. Non siate timidi, lasciate una recensione! Anche piccola, piccola... piccina picciò! Io non vi mangio, ve lo assicuro! :-D
Direi che è tutto... Vi auguro una buona lettura! <3

Vostra Pich.

 



E' pur sempre il nostro capitano.

~ Capitolo 1.

 

Yuri's point of view


Apro svogliatamente la dispensa di questa... cucina – se così si può definire questa sorta di sgabuzzino umido con qualche fornello, una mensola sul procinto di cadere in terra, un tavolo traballante e qualche sedia. “Fidatevi di me, so come montare una cucina!” aveva esordito tempo fa Boris, convinto e fiero delle sue grandi doti di muratore, idraulico, elettricista e persino carpentiere improvvisato. Gli abbiamo dato fiducia – sbagliando clamorosamente – e il risultato ancora adesso non so se definirlo pessimo o vergognoso...
Comunque, tornando al punto cruciale del discorso, come volevasi dimostrare, la dispensa è vuota.
Questo perché nessuno di noi ha voglia di andare a fare un po' di spesa.
E, ovviamente, la colpa ricade sempre su di me.
“Yuri, la dispensa è vuota!”, mi ha fatto notare Sergey questa mattina, senza neanche darmi il tempo di alzarmi dal letto.
“Che palle! Non c'è mai niente da mangiare in questo posto!”, ha urlato Boris dalla cucina poco dopo, imprecando e facendo sbattere la porta.
“Quasi mi manca Vorkof!”, ha rincarato la dose Ivan, non molto distante da Boris.
E poi c'è stata la frase pronunciata all'unisono che mi ha fatto balzare i nervi fuori da ogni controllo: “Quando vai a comprare qualcosa, Yuri?!”
In quel momento mi sono sentito come se avessi avuto a che fare con dei bambini della scuola materna...
“Non sono la vostra badante, dannazione!!!”
E, ovviamente, l'intervento di Kei non poteva mancare: “Se non vi decidete a fare silenzio e a lasciarmi riposare vi rompo il femore a tutti quanti!”
Questo non ha fatto altro che creare una vera e propria e alquanto patetica polemica.
“Ma sentitelo questo...!” ha cominciato Boris. “E' arrivato da due giorni e già pensa di poter dettare legge!”
“Infatti, sentitelo! Il grande Hiwatari ha espresso il suo volere!” gli ha dato man forte Ivan, con quel suo solito tono di voce acido.
Ho deciso di non interessarmi ulteriormente ai loro sproloqui, così sono sceso in cucina e ho appurato la verità sulle loro lamentele.
La dispensa è vuota e io non sono intenzionato di andare a fare la spesa.
Ok, che domani è Natale.
Ok, che sarebbe carino preparare qualcosa di diverso dal solito.
… ma proprio no!
Non mi sono neanche ancora ripreso da ieri sera, nonché sera del mio compleanno, visto che Boris ha avuto la splendida idea di farmi bere come una spugna.
Spero di non aver perso del tutto il mio famigerato autocontrollo e di non aver fatto brutte figure, perché non me lo perdonerei mai.
O meglio, non lo perdonerei mai a Boris.
Sarebbe la volta buona in cui si ritroverebbe vittima della mia spietata ira.
Accantono il pensiero, per il bene del mio già poco stabile equilibrio mentale.
Tuttavia il punto della situazione rimane sempre quello: la dispensa è vuota.
Più tardi costringerò Sergey ad accompagnarmi al supermercato, ma prima mi imbottisco di aspirine.
Questo mal di testa post-sbornia sembra non volermi dare tregua.
Maledetto me!
Anzi, maledetto Boris!
Ancora non mi capacito di come sia riuscito a convincermi a ridurmi così...
L'ultimo ricordo che ho è quello di Sergey che mi mette a letto, probabilmente dopo aver assistito al mio patetico tentativo di salire le case da sdraiato in terra.
Credo che in quel momento stessi strisciando, incapace di reggermi in piedi.
E credo anche di aver vomitato sulle scarpe di Kei, facendolo alterare parecchio.
Questo spiegherebbe il perché del mio occhio destro improvvisamente contornato di viola.
Dio, che vergogna!
Più ci penso e più la voglia di strangolare Boris si fa infrenabile!
La porta della cucina si apre, bruscamente; a momenti va a sbattere contro il muro.
Non ho bisogno di voltarmi per capire chi mi sta graziando della sua presenza.
I suoi modi sono inimitabili.
Sì, è proprio lui.
“Ancora qui? Vai a fare la spesa, cazzo!”
Sospiro, esasperato.
Mi accendo quella che sarebbe la prima sigaretta della giornata.
Poi, all'improvviso, mi si accende la fatidica lampadina: proprio lui si prende il lusso di dirmi cosa fare???
“Con che faccia tosta ti presenti a me con questa strafottenza dopo quello che mi hai fatto passare ieri sera?!”
Lo vedo assumere quell'aria di finta innocenza, rovinata dal suo solito sorrisetto furbo.
“Non ti ho obbligato a bere; sei capace di intendere e volere, no?”
Il suo discorso fila, lo so.
Ma non lo ammetterò mai, giuro.
Cascasse il mondo, non gli darò mai questa soddisfazione.
Inspiro del fumo e lo soffio fuori dal naso, lentamente.
“Oggi stammi lontano, Boris. Non ti sopporto!”
Mi siedo su una sedia e punto i gomiti sul tavolo.
Inizio a massaggiarmi le tempie doloranti, stanco ed esausto.
“Va bene, ma prima voglio svelarti un segreto...”
Si avvicina a me, con fare sinistro.
Sono già pronto a bruciarlo con la sigaretta nel caso mi giocasse uno dei suoi soliti tiri mancini o, peggio ancora, mi dicesse una delle sue solite cavolate.
“La spesa non si fa da sola!”
Ed eccolo fare un balzo felino per allontanarsi e scoppiare in una clamorosa risata.
Lo guardo con odio, mentre lo vedo tenersi la pancia e continuare a ridere.
Gli lancio il pacchetto di sigarette, intenzionato a colpirlo in viso, ma lo afferra prontamente e se lo infila in tasca.
“Grazie, dovevo giusto andarle a comprare!”
Esce di corsa dalla cucina, continuando a ridere e lasciandomi basito.
“Lo-odio.” sibilo a denti stretti e fissando il vuoto.



Kei's point of view


Mi metto a sedere e chiudo gli occhi, cercando di rilassarmi.
E' mattino presto, non sono riuscito a chiudere occhio nemmeno stanotte.
Quei maledetti sono così rumorosi...
Sbattono le porte, urlano e addirittura inciampano sui loro stessi piedi !
Non li sopporto.
Oggi voglio evitare in ogni modo possibile di avere a che fare con ognuno di loro.
Al diavolo la vigilia di Natale!
Esco dalla mia camera con fare circospetto, devo assolutamente andare in bagno.
Ho una certa urgenza...
Cammino furtivamente lungo il corridoio, stando bene attento a non fare il minimo rumore.
“Cazzo, Hiwatari! Eccoti finalmente!”
No. No. No.
Maledizione, no!
Faccio per allungare il passo.
Fra tutti quelli che potevo incontrare, proprio Boris devo beccare???
Non posso essere così sfigato, non può essere!
Inoltre vorrei sapere da dove accidenti è spuntato!
Razza di topo grigio gigante!
Maledetto lui e quel suo colore assurdo di capelli.
… Beh, forse sotto questo aspetto dovrei solo tacere.
Maledetto comunque!
“Aspetta un secondo!”
Ma perché? Perché proprio ora?
Perché proprio quando decido di ignorare tutto e tutti?!
Grugnisco e mi fermo.
Huznestov mi raggiunge, purtroppo. “Devo chiederti un favore!”
Incrocio le braccia al petto, scocciato. “Di qualsiasi cosa si tratti, la risposta è no!”
Sospira sconsolato, con la classica espressione di chi ormai mi conosce e si aspettava già in partenza una simile risposta da parte del sottoscritto.
“Eddaiii! Per una volta potresti venirmi in contro!”
Alzo un sopracciglio, stupito.
Mi fissa come un cretino, aspettando speranzoso una mia risposta.
Non è da lui comportarsi così e soprattutto chiedere un favore proprio a me.
Deve essere importante.
Sbuffo sempre più scocciato. “Che cosa vuoi?”
Mi onora di un sorrisone a trentadue denti. Boris solitamente non sorride, mostra i denti – o al massimo ghigna. Un po' come Yuri.
Dunque devo averlo fatto contento.
Volente o nolente.
… Sinceramente? Non me ne può fregar di meno!
Lo fisso serio senza dire niente: attendo spiegazioni.
Mi sta già facendo perdere fin troppo tempo.
“Io e gli altri pensavamo di fare un regalo di natale e di compleanno a Yuri!”
Alzo per l'ennesima volta il sopracciglio. “La sbornia di ieri sera non gli è bastata?”
Ho provveduto già a fargli un regalo di compleanno che sicuramente gli basterà anche per natale: un bel pugno dopo avermi vomitato sulle scarpe.
“Sarebbe carino fargli un regalo, è pur sempre il nostro capitano!”
Il vostro capitano, semmai.
Io non mi faccio comandare proprio da nessuno.
Né da Yuri, né da Takao.
“E' da quando siete così gentili nei confronti di Ivanov?”
“Yuri è nostro fratello, Kei.”
Curioso il modo con il quale ha sottolineato “nostro”...
Ma non sono interessato e tanto meno intenzionato ad affrontare il discorso o a chiedergli spiegazioni.
Prendo il portafoglio e lo apro, offrendogli un paio di banconote.
Meglio tagliere corto, almeno potrò liberarmi subito di questo scocciatore.
“Questi bastano?”
Boris mi strappa letteralmente di mano i soldi.
Le sue maniere... le detesto.
“Oh, sì! Ti restituirò il resto!”
Corre via, lasciandomi finalmente solo.
Come no, il resto lo sputtanerà in alcool...
Affari suoi.

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Capitolo 2
*** Abbracciami, Boris. ***


E' pur sempre il nostro capitano.

~ Capitolo 2.

 


Lista della spesa:
1. Tre pacchi di pasta;
2. Sugo;
3. Cereali di Boris;
4. Latte;
5. Confezione di patatine per Ivan;
6. Zabaione;
7. Ingredienti per Tiramisù;
8. Cassa d'acqua;
9. Vodka alla fragola e alla pesca;
10. Spumante
11. Panettone;
12. Frutta per Sergey;
13. Biscotti di Kei;
14. Altra vodka;
15. Altra vodka ancora...;
16. Shampoo e Bagnoschiuma
17. … un nuovo conto in banca!


Yuri's point of view


Leggo la lista della spesa.
Sto sentendomi male... visti i prezzi che ci sono al giorno d'oggi, il mio stipendio di un mese mi dirà presto “addio”.
Almeno avrebbero potuto darmi qualche soldo e spartire la spesa totale!
Che animali...
Sto aspettando Sergey in macchina per andare al supermercato.
Le aspirine non sono servite a placare il mal di testa.
Sto cominciando a sentire anche lo stomaco sotto-sopra.
Maledetto post sbornia!
Vorrei mettermi a letto e guardare un film, come ogni sacrosanta domenica, e invece mi tocca vagare come un morto-vivente per riempire quella maledetta dispensa!
E tutto questo perché gli altri sono degli sfaticati senza precedenti.
E ovviamente tocca sempre al sottoscritto alzare il culo e accontentare i loro capricci!
Sono come i bambini...
Anzi, sono peggio dei bambini.
Persino Sergey che lo si può definire come il “papà” della situazione spesso rientra in questa categoria.
Beh, almeno si è degnato di accompagnarmi.
A proposito, lo vedo entrare in macchina velocemente.
“Scusami, Boris oggi è meno taciturno del solito!”
Non ho voglia di domandargli il perché; sono troppo preso dal mio caro mal di testa.
Faccio per mettere in moto la macchina, ma...
Sbatto volontariamente la testa contro il volante, più volte.
“Signore onnipotente, perché ce l'hai così tanto con me?!”
Sergey mi guarda preoccupato, non posso biasimarlo: farebbe bene a chiudermi in psichiatria.
“Che cosa c'è, adesso?!”
Sospiro, rassegnato. “Ci mancava solo la benzina, Ser! Siamo a secco!”


Boris's point of view


“Quindi io e Ivan andremo a comprargli un pensierino, tu tienilo occupato!”
Spiego a Sergey il mio piano perfetto.
Filerà tutto liscio come l'olio, ne sono sicuro!
“Il nostro capitano non mi sembra molto incline a volersene stare in giro per molto. Anzi, tempo che gli prema tornare al monastero il prima possibile.” mi spiega il colosso biondo.
In effetti ha ragione: oggi è particolarmente isterico.
“Tranquillo, Ser! Cercheremo di fare in fretta!”
Annuisce non del tutto convinto e questo perché mi conosce come le sue tasche.
Forse meglio delle sue tasche.
“Ora vado, mi sta aspettando in macchina. Ci vediamo dopo!”
Mi volta le spalle e si dirige a passi spediti verso l'uscita.
Mi precipito al piano superiore, alla ricerca di Ivan.
Dovrebbe essere in quella che ora è diventata la nostra sala da pranzo.
Ci tengo a fargli questo regalo, se lo merita.
E' pur sempre il nostro capitano e lui si è sempre sacrificato per noi.
E questo fin da quando eravamo piccoli, fin da quando questo posto era gestito da Vorkof.
Si faceva punire lui per difendere tutti noi.
Si mostrava forte dinanzi ai nostri occhi, stringendo i denti e facendoci credere che niente è perduto per sempre, che il sole esiste per tutti.
Rideva per non piangere – e quando il crocchio che era costretto a sopportare si faceva troppo grande per lui, tirava fuori tutta la forza di cui era in possesso e ci spronava a tenere duro.
Yuri, nonostante quello che si possa dire sul suo conto, è un buon capitano e soprattutto è un amico speciale.
Entro in sala da pranzo e, come mi aspettavo, trovo Ivan.
“Allora? Sei pronto?”


Sergey's point of view


“Non dimenticare la vodka.”
Ricordo a Yuri, indaffarato a riporre nel carrello tutto quello scritto nella lista.
“Sì, me lo avete fatto scrivere tre volte... siete degli alcolizzati!” mi risponde acido, afferrando un pacco di pasta e lanciandolo nel carrello.
Lo vedo nervoso, forse anche un po' stressato.
Non si è mai sfogato in passato, ha sempre accusato e represso tutto quello che ha dovuto sopportare.
Forse è arrivato il fatidico momento in cui una persona si dichiara al limite.
Sta per esplodere.
Credo che provare a parlargli e dandogli modo di scaricarsi un po' lo farebbe sentire meglio.
“Siete sempre tutti pieni di pretese: compra la vodka, compra i cereali di Boris, cambia gli asciugamani in bagno... visto che ci siete chiedetemi di lavarvi il culo, no?”
Sì, sta decisamente arrivando al limite.
Non dico nulla, perché so che non ha ancora finito.
“E poi ogni volta vi lamentate per qualsiasi cosa! Non vi va mai bene niente! E la pasta scotta, e l'insalata scondita...”
Prende due cartoni di latte e dà una rapida riletta alla lista. “Sono stufo di farvi da balia!”
Sorrido, trovando piuttosto comico il grande Yuri Ivanov preda facile della vita domestica.
Lui, però, sembra irritarsi ancora di più. “Ti faccio ridere?” domanda adirato, infatti.
Scuoto la testa, deciso. “Al contrario... ti ammiro.”
Sembra apprezzare.
Riprendo il filo del discorso: “Ma penso che tutto questo nervosismo non sia dovuto solo a questo...”
Rimane qualche istante in silenzio.
Colpito ed affondato.
Sembra rifletterci su. Conoscendolo starà ponderando sulle parole più giuste con le quali esprimersi, senza sbottonarsi più di tanto.
“Mi manca El.”
Fallisce. Lo so per certo.
Ha annullato la sua impenetrabile autodifesa, scoprendo le sue debolezze.
El, quella strega...
“Meriti di meglio.”
Lo penso davvero.
Alza le spalle, cercando di mostrarsi indifferente. “Forse.”
“Se n'è andata appena ha potuto, Yu...”
“Se n'è andata perché gliel'ho ordinato io.” mi corregge.
Non aspettava altro. “Ma avrebbe potuto restare e cercare un modo per riconquistarti.”
Mi guarda severo, sembra quasi volermi comunicare i suoi pensieri attraverso lo sguardo.
“Sarebbe stato impossibile.”
Rimango in silenzio, rimanendo momentaneamente senza parole.
Non so bene come muovermi in questo argomento.
Opto per il banale, per una delle tante frasi fatte: “E allora non pensarci più. Sprechi del tempo e basta.”
Annuisce, convinto. “Lo farò.”
Lo vedo deciso, ottimo!
“Ora comincio a riconoscere il mio capitano!”
Accenna un piccolo sorriso, sincero.
Meglio che nient... oh, no!
Quelli sono proprio Ivan e Boris.
Mi stanno facendo segno di non fare girare Yuri, sembrano due cretini.
O forse due scimmie allo zoo, non saprei...
“Che cosa stai guardando?” Mi chiede Yuri, sbarrando gli occhi.
Merda.
Fa per girarsi.
Doppia merda.
“Lei ha bisogno di un abbraccio, signor Ivanov!”
Stringo fortemente Yuri, facendogli voltare la faccia contro il mio petto.
Mugugna qualcosa ma non ci faccio caso.
Faccio segno a Ivan e a Boris di andarsene, che – a scoppio ritardato – capiscono e filano via.
Tra tutti i centri commerciali che ci sono a Mosca proprio qui dovevano venire!
Sono proprio stupidi!
Yuri comincia a dimenarsi, senza smettere di mugugnare.
Lo libero dal mio abbraccio.
La sua faccia rossa quanto il colore dei suoi capelli parla da sé.
“Mi stavi soffocando!!!”
Ops, forse ho un po' esagerato...
“Scusa, capitano!”


Ivan's point of view


“Sei un imbecille! Te lo avevo detto che sarebbero venuti qui!”
Urlo all'ex Falborg Bleyder, guardandolo rabbioso.
Avevo ragione, ho sempre ragione. Non sbaglio mai!
“E poi perché insisti nel volergli comprare una torta confezionata?!”
Mi rivolge un'occhiata omicida, chiaro segno che sta perdendo la sua limitatissima pazienza.
“Trovami una pasticceria aperta il giorno della vigilia di Natale!”
Ha ragione, quando vuole sa essere intelligente.
Prende una torta al limone dallo scaffale, la preferita di Yuri.
Tira fuori dei soldi dal portafoglio e me li consegna. “Questi sono per il taxi del ritorno.”
Afferra un'altra banconota e me la porge, nuovamente.
“E questi invece sono per la cornice e la fotografia.”
Non capisco. “Perché li stai dando a me?”
Mi guarda con la classica espressione che usa per insinuare Ivan-è-scemo.
Lo detesto quando fa così.
Anzi, di rado e difficilmente riesco a sopportare Boris.
Fossi alto quanto lui, gli darei una testata.
Deve solo sperare che non mi capiti uno sgabello a portata di mano!
“Secondo te perché, nano?! Ho ancora delle cose da fare. Non tornerò con te.”
Non sono convinto: cos'ha in mente?
“E quando hai intenzione di tornare? Yuri si insospettirà se non ti troverà al monastero.”
“Yuri non sospetterà proprio niente. Comunque conto di tornare per cena.”
Guarda l'ora sul cellulare, poi torna a guardarmi con quei suoi occhi verdi. “Se ti chiede qualcosa, digli semplicemente che non lo sai.”
Yuri non crederà mai a questa scusa.
Ci vuole ben altro per fregarlo.
Ma se è quello che vuole... “D'accordo. Come vuoi.”


Boris's point of view


“Prossima fermata: San Pietroburgo stazione centrale”.
Finalmente sono arrivato. Odio i treni; troppo affollati e, tra le altre cose, puzzano anche!
Scendo dal treno, prendendo una boccata d'aria.
Mi stringo nel giubbotto: qui fa più freddo.
Destinazione: casa di El.
Voglio convincerla a venire a Mosca con me.
Impresa ardua, lo so.
Ma almeno per il compleanno di Yuri potrei riuscire a trascinarmela dietro.
So che gli farebbe piacere, esattamente come so che sente la sua mancanza.
Può mentire a chiunque, ma non a me.
In questi anni mi sono visto di nascosto con El.
L'ho fatto solo perché è stata lei a chiedermelo, quasi supplicandomi.
Fosse stato per me le avrei voltato le spalle, esattamente come hanno fatto tutti gli altri.
E' brutto da dire, ma è così.
Non ho mai condiviso la sua decisione e ammetto di non averla neanche mai rispettata; prendere e andarsene via così... neanche Hiwatari avrebbe avuto una simile faccia tosta.
Comunque resta una persona con la quale sono cresciuto; tagliare completamente i ponti non sarebbe stato affatto semplice.
Almeno per me.
Per mia fortuna, non abita molto distante dalla stazione.
“Numero cinque, interno otto...” ripeto tra me e me mentre leggo i numeri civici.
Trovato. Prendo un gran respiro e citofono.
La mia visita questa volta è stata improvvisata, spero solo di trovarla in casa.
“Sì?”
E' lei. “Sono Boris.”
Silenzio, sembra esitare. “E' successo qualcosa?”
“No. Posso salire?”
Non mi risponde, si limita ad aprire il portone.
Salgo le rampe di scale sino al quarto piano.
Trovo El sulla soglia della porta, in pigiama.
La felpa che indossa è la mia, la riconosco. E' di quattro taglie più grandi rispetto alla sua, infatti le sta enorme. Gliela avevo prestata anni fa.
“Hai riesumato la mia vecchia felpa?”
Nel porgerle quella domanda ho sorriso, ma lei non ha ricambiato.
E' rimasta seria, di pietra. Glaciale.
Alza le spalle, indifferente. “Fa parte della mia tenuta casalinga.”
“Una così bella felpa ridotta ad un indumento per dormire?”
Questa volta accenna un sorriso. “Entra.” dice, spalancando la porta.
Entro in casa, un bel appartamento.
Al contrario, penso che El non sia in splendida forma.
La trovo dimagrita ed emotivamente sembra essere triste, con quei suoi ventun anni portati male. Gli atteggiamenti di una signora piuttosto rozza, forse un po' volgare, e l'espressività di una bambina cresciuta prima del dovuto e del necessario.
“Come stai?” le chiedo, guardandola con fare indagatore.
Si accende una sigaretta e fa un tiro. “Cosa sei venuto a fare, Boris?”
Diretta. Lo è sempre stata.
Dritta al punto nell'immediato.
“Ieri era il suo compleanno.” decido di essere altrettanto diretto.
Annuisce, stancamente. “Lo so.”
“Quindi vorrei che venissi con me. So che gli farebbe piacere.”
Mi perfora con lo sguardo e mi fa capire le sue intenzioni: sapevo che sarebbe stata una causa persa in partenza.
Scoppia in una risata che ha tutta l'aria di essere più isterica che spontanea.
“Meglio per lui di no.”
Aggrotto la fronte, incapace di capire il motivo di tale risposta.
“Perché?”
Vorrei domandarle hai paura che ti prenda a ceffoni?
Ora mi guarda triste, abbattuta e rassegnata.
So che si butterebbe tra le braccia di Yuri se ne avesse l'occasione.
Tra di loro è sempre stato Yuri a tenere maggiormente la situazione in mano, era lui a tenere le redini del rapporto che avevano instaurato.
“Perché non sono la persona giusta per lui.” sorride sarcastica e prosegue: “Voglio dimenticarvi tutti, cazzo. Amnesia. Hai presente? Vorrei soffrirne.”
Ricambio il sorriso, senza dire nulla a riguardo.
Continuo con il mio tentativo di convincerla a passare il Natale con noi. “Ti perdonerebbe.”
Sinceramente? Non ne sono sicuro.
Scuote la testa, decisa. “Yuri non torna mai indietro, lo sai.”
Neanche se ti mettessi in ginocchio davanti a lui.
… Non ha tutti i torti, me ne rendo conto.
E in cuor mio lo sapevo, ma almeno ho tentato.
“Sono venuto qui da Mosca per niente, allora.”
Si stringe nelle spalle, cominciando a mordersi il labbro inferiore nervosamente. “Beh, sono contenta che tu sia qui...”
Il colore azzurro dei suoi occhi sparisce dietro le lacrime.
Le sorrido, intenerito da lei e da quel suo broncio triste degno di una bambina invecchiata precocemente.
“Abbracciami, Boris.”



Eccomi qui con il secondo capitolo! Come potete notare ho dato spazio ai pensieri solitamente poco gettonati come Ivan e Sergey. Volevo dare una parte importante nella storia anche loro, godendo di un "p.o.v" abbastanza originale - chi mi conosce sa quanto sono fissata con l'originalità! Per chi, invece, ha letto "Indietro" avrà sicuramente riconosciuto El. Ebbene, ho svelato le sorti del rapporto con Yuri. Non ho specificato il perché Yuri abbia deciso di mollarla, non voglio anticipare niente in quanto il remake di "Indietro" (Incubo Bianco) è ancora in fase di costruzione - vedesi soltanto i primi capitoli postati, nei quali non vi è alcun accenno sul rapporto che hanno El e Yuri. Si può intendere che la nostra sgradita bionda questa volta l'ha combinata grave... ed ora è costretta a pagarne le amare conseguenze! ..Come sono sadica! :-D Yeeeeeeee! <3 Comunque tengo a ringraziare i misteriosi 78 lettori che hanno preferito rimanere nell'ombra, ma lasciando ugualmente una piccola traccia del loro passaggio. Spero di ricevere anche un vostro parere, prima o poi! Ringrazio Elysabeth91, Ps I love You e Ivan per aver messo la storia tra i preferiti. E infine, ma non meno importanti, ringrazio Lex_5683, PerfectConcert e White_Phoenix per aver aggiunto la storia tra i seguiti. Siete fantastici, grazie! Spero che questo nuovo capitolo sia di vostro gradimento! Alla prossima, belli e brutti! 

Vostra Pich.

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Capitolo 3
*** Boris vs Tacchino. ***


E' pur sempre il nostro capitano.

~ Capitolo 3.



Kei's point of view


Che ore sono? Le diciotto e cinque minuti.
Huznestov ha rincasato poco fa, pregandomi di accompagnarlo a comprare un tacchino.
La sua innata abilità di scocciatore riesce sempre a stupirmi.
Proprio quando decido di dare libero sfogo del mio essere asociale, lui puntualmente si presenta dinanzi a me – con quella sua solita espressione da cretino – chiedendomi di andare con lui a fare le più improbabili commissioni che una persona possa fare.
Ho accettato di accompagnarlo, grugnendo per la centesima volta in una giornata.
Lo accompagno giusto per prendere una boccata d'aria, sia chiaro.
Ci avviciniamo alla macchina – una sorta di catorcio dell'88 che hanno ancora il coraggio di definire “automobile”.
Boris si siede al posto guida. Partiamo male, molto male.
Do dimostrazione di tutto il mio disappunto attraverso un'occhiata.
“Cosa c'è?” mi chiede, stranito.
“Guido io.”
Inarca un sopracciglio, ha un'aria decisamente discordante. “Per quale assurda ragione?”
Lo scanso con forza, sedendomi al suo posto. “Sali in macchina e basta.”
Sbuffa, ma obbedisce. Gli conviene.
“Sei veramente insopportabile, Hiwatari.”
Lo ignoro, onde evitare stupide e patetiche discussioni.
Ne ho già sopportate abbastanza, per oggi.
Fortunatamente Yuri è abbastanza furbo da zittirli, accontentando i loro capricci. Ha una pazienza invidiabile, in effetti.
Metto in moto e imbocchiamo una strada alberata. Non so qual è la destinazione, sarà il caso di chiederlo a Boris.
“Dove siamo diretti?”
Abbassa un poco il finestrino e si accende una sigaretta, assumendo un'espressione rilassata e tranquilla.
“Dal vecchio contadino che abita all'inizio della strada.”
Ah, sì. Il signor Fursevich.
Un vecchio pazzoide che vive solo in una catapecchia che rischia di cadere a pezzi da un momento all'altro. Ha un pollaio tutto suo e ogni gallina ha un nome diverso.
Va avanti bevendo whisky e masticando tabacco. Non so quanto gli resti da vivere continuando con questo stile di vita...
E' perennemente ubriaco e l'ultima volta che siamo andati a comprare da lui si è spazientito a tal punto da inseguire Ivan e Yuri con un forcone.
Ora mi è chiaro il motivo per cui Boris ha insistito tanto ad accompagnarlo...
Maledetto scocciatore!
“E' per questo che hai voluto che venissi con te, Boris?
Per farti proteggere dal tizio strambo con il forcone?”
Boris abbocca alla mia provocazione, difatti il suo viso si piega in un broncio. “Non ho bisogno di farmi proteggere da nessuno, Hiwatari.”
Fa un altro tiro di sigaretta, soffiando fuori il fumo dal naso. “E poi quel tizio è veramente fuori di testa; non mi stupirei se tirasse fuori un fucile.”
Ghigno compiaciuto e divertito all'idea di vedere Boris schivare furtivamente una manciata di proiettili sparati dritti su di lui.
Se dovesse succedere, sarei letteralmente in un brodo di giuggiole!
Mi goderei lo spettacolo con tanto di pop-corn.
Arriviamo a destinazione e parcheggiamo davanti al vialetto che conduce alla porta d'ingresso.
Il giardino ha un aspetto abbandonato e trasandato; è evidente che questo contadino non se ne occupa ormai da secoli.
Dovrò stare attento alle zecche, a quanto pare.
Ci fermiamo davanti alla porta, nessuno dei due sembra intenzionato a suonare il campanello per primo.
“Allora? Cosa aspetti? Suona.”
Boris mi guarda come se avesse visto un fantasma, spalancando gli occhi e accentuando ancora di più la sua solita espressione da cretino.
“Perché non suoni tu?”
Sbuffo scocciato. Sto già iniziando a non sopportarlo più.
Mi decido a suonare il campanello, accontentandolo.
Sulla soglia compare un vecchio, non molto alto e con i vestiti sporchi di fango.
Puzza di alcool, ho il volta stomaco.
“Che cosa volete?” chiede con poca educazione.
Io e Boris ci scambiamo qualche occhiata complice: chi dei due gli spiega il motivo della nostra visita?
Ma questa volta non lo accontenterò, non sono mica Yuri.
Gli do un calcio sugli stinchi, dedicandogli uno sguardo spazientito.
Si gratta la nuca, è imbarazzato. Abbozza persino un sorriso alquanto stupido.
“Ehm... sì. Siamo qui per comprare un tacchino.”
Mi accorgo solo ora che il vecchio tiene una benda da pirata sull'occhio sinistro.
“Comprare? Io non ho tacchini surgelati.”
Boris assume un'aria vacua, il classico atteggiamento di chi è appena caduto dalle nuvole.
“Come no? So che ha un allevamento di tacchini.”
Il signor Fursevich annuisce, accennando un sorriso maligno. “Corretto. Ma non ho tacchini morti.”
Sputa del tabacco per terra, per poi cominciare a biascicare fastidiosamente.
Ho i nervi a fior di pelle, mi sto irritando.
Riprende parola: “Dovrete catturarlo e ucciderlo.”
“Cosa?!” esclama Boris, sconvolto.
“Suvvia, giovanotto! Anni di addestramento alla Borg ed esiti nell'ammazzare un animale?”
“Alla Borg non mi hanno addestrato a decapitare tacchini!”
E perché avrebbero dovuto, d'altronde?
Questo vecchio è davvero pazzo.
“Imparerai oggi.”
Mi acciglio e incrocio le braccia al petto, avanzando di un passo. “Che vuoi che sia ammazzare un tacchino, Huznestov?
Non ti credevo così femminuccia!
Il vecchio contadino scoppia in una rumorosa risata, spalancando la bocca e mostrandoci il tabacco che sta masticando.
Tengo a stento conati di vomito... un po' di ritegno!
“Giovanotto, quelle sono bestie intelligenti e piene di sorprese!”
Si guarda intorno, con fare circospetto – come se temesse che qualcuno ci stia spiando.
Al che mi sorge spontanea una domanda: chi potrebbe mai essere interessato ad un discorso simile?
“Lottano per la sopravvivenza e sono pronti a tutto pur di salvarsi le penne. E un attimo prima di morire...” si avvicina al viso di Boris, costringendolo ad irrigidirsi dopo aver indietreggiato un poco. “...Ti guardano dritto negli occhi, giurando vendetta!”
Ok, è appurato: questo ha qualche rotella fuori posto!
Boris rimane basito, senza parole.
Non lo biasimo.
“Un tacchino che giura vendetta? Tsk! Ma per favore...”
Ora l'attenzione del contadino pazzo è dedicata solo a me.
Di male in peggio!
“Non mi credi, ragazzo? Aspetta di vedere questo...”
Solleva la benda che copre l'occhio, esibendo la sua orbita oculare vuota e la palpebra molla e grinzosa.
Boris urla schifato, mettendosi una mano davanti agli occhi.
“Copra quello schifo!”
Per una volta sono d'accordo con Huznestov: gli conviene coprire alla svelta quell'orrore, prima che mi accinga a dare fuoco a lui e ai suoi maledetti tacchini!
Fortunatamente si ricopre l'occhio, ridendo divertito.
Meglio così: risparmierò in benzina e in acceleranti vari.
“Senta, non ho tempo da perdere con lei. Mi porti da questo tacchino e facciamola finita!”


Yuri's point of view


Mi distendo sul divano della sala, cercando di rilassarmi.
Finalmente posso concedermi un po' di pace e tranquillità. Ho chiuso a chiave la porta, in questo modo sono sicuro che nessuno potrà disturbarmi.
Sento il cellulare vibrare, lo estraggo dalla tasca dei jeans. Mi è appena arrivato un messaggio.
Spero non sia Boris che mi informa di aver distrutto la macchina.
Oggi sono poco tollerante nei suoi confronti e questo motivo sarebbe sufficiente per strangolarlo con le mie mani.
Apro il messaggio e lo leggo:


Da: El

«Auguri di buon compleanno in ritardo.»


Non mi aspettavo un suo messaggio. Non me lo aspettavo proprio.
Rimango pietrificato con gli occhi fissi sullo schermo.
Inizio a farmi prendere dal nervoso e lo intuisco dalle mani che tremano.
Digrigno i denti.
E pensare che ne ho parlato giusto oggi con Sergey, dicendogli che sento la sua mancanza...
Non ho mentito, purtroppo è la pura verità.
Ma preferisco dover sopportare alcuni momenti di malinconia, piuttosto che ritornare con lei.
Perdonarla per quello che ha fatto, sarebbe una cosa impossibile...
Tuttavia rispondere è cortesia. Alla fine è stata carina a farmi gli auguri.
Avrebbe potuto non farlo, visto il modo con il quale l'ho trattata quando ho deciso di lasciarla.
Ho esagerato, lo so. Ero in collera, ero fuori di me.
Ma ormai è troppo tardi per tornare indietro, inutile piangere sul latte versato.
Solitamente non torno sui miei passi, se prendo una decisione rimane quella.
Non cambio idea.
Digito la risposta, pensando accuratamente a cosa scrivere:


«Grazie. A proposito: buona vigilia di Natale.»

 


Mi chiedo con chi passi il Natale, in effetti.
So da tempo che ogni tanto si vede con Boris.
Quest'ultimo ha sempre preferito tenermelo nascosto, pensando che non lo venissi a sapere. Ancora non mi capacito del perché.
Non avrei avuto nulla in contrario, esattamente come non ho niente da ridire ora.
Mi fa piacere che mantengano un rapporto d'amicizia.
Tutto sommato sono cresciuti insieme, non posso pretendere che si eliminino a vicenda dalla loro vita.
Anche se sono dell'opinione che El se lo meriterebbe.
Provo ancora della rabbia nei suoi confronti.
Non me ne stupisco: in fondo sono sempre stato un tipo rancoroso.
Ma non medito vendetta nei suoi confronti, non mi pare il caso.
Tra me e lei è semplicemente finita, niente più e niente meno.
Prima o poi la dimenticherò del tutto. Ho solo bisogno di un po' di tempo.
La risposta giunge quasi nell'immediato:


Da: El

«Grazie, altrettanto.»


Blocco la tastiera del cellulare, intenzionato a non risponderle più.
Chiudo gli occhi, cercando di scacciare via la sua immagine dalla mia mente.
Qualcuno bussa violentemente alla porta.
Evidentemente è destino che io non possa avere un minuto di tregua!
Se un giorno comparirà sul giornale la notizia attenente al sottoscritto che compie una strage, non domandatevi il perché!
“Yuri! Apri la porta!”
E' Ivan, quel maledetto gnomo malefico.
Ri-drighigno i denti.
Non mi alzerò mai da questo divano, cascasse il mondo.
“Sparisci, Ivan!”
“Boris ha distrutto la macchina!”
Non ci casco questa volta. E' una scusa vecchia ormai.
L'ultima volta che ho creduto ad una cavolata simile mi
sono precipitato fuori dalla doccia, scivolando in terra e correndo all'ingresso del monastero completamente nudo.
Ancora mi echeggiano nella testa le risate di Ivan.
“Non mi fregherai di nuovo, Ivan. Mettiti l'anima in pace.”
Lo sento imprecare contro ogni santo esistente e conosciuto.
“Stai cominciando ad assomigliare sempre più a quell'egocentrico di Hiwatari, sappilo!”
Che patetiche provocazioni...
Ci vuol ben altro per farmi perdere la pazienza!
La sua presenza, per esempio, è più che sufficiente.
“Vattene.” sibilo, sperando di ottenere il risultato che spero.
Altre imprecazioni.
“Sei talmente stronzo che non ti degni di stare con noi neanche alla vigilia di Natale!!”
Sospiro, esasperato.
Sono anni che mi conosce, anni che viviamo insieme, e ancora non ha capito in che cosa consiste il mio carattere.
Non sono di compagnia. Non che sia un asociale patentato come Kei, ma ogni tanto necessito di stare solo con me stesso.
Ma questo è praticamente impossibile con delle spine nel fianco come i miei compagni.
“A cena staremo insieme.”
E con questo spero di troncare il discorso qui.
“Boris è proprio stupido a voler fare tutto questo per te!”
Mh? Perché, cosa sta facendo Boris per me?
Questa mi è nuova.
E mi incuriosisce talmente da convincermi ad alzarmi e ad aprire la porta.
Vedo Ivan con entrambe le mani posate sulla bocca e con il classico sguardo di chi si è lasciato scappare qualcosa che avrebbe dovuto tenersi per sé.
“Bene, bene... cosa state architettando alle mie spalle?”
La cosa inizia ad interessarmi, oltreché a divertirmi.
Vedo Ivan in difficoltà; non sa che cosa inventarsi.
“Accidenti a me e alla mia lingua lunga!”
Fa per andarsene, ma io lo blocco per un braccio e lo strattono verso di me.
“Aspetta un secondo, gnomo. Hai fatto trenta, ora fai anche trentuno.”
Cerca di liberarsi dalla mia presa, senza successo.
Al terzo tentativo ci riesce. Credo di averlo stretto un po' troppo, visto l'alone rosso sul polso.
I segni dei miei polpastrelli sono piuttosto evidenti.
“Sto ancora aspettando una risposta...”
“Non ti dirò niente! Anzi, non ho niente da dirti!” mi dice nervosamente.
Sorrido e lo guardo con fare indagatore, lo sto mettendo in imbarazzo.
Le sue gote avvampano e tendono ad essere sempre più rosse.
A questo punto non riesco a trattenere una risata, forse la prima della giornata.
Mi guarda sempre più irritato.
Far perdere la pazienza ad Ivan è un gioco da ragazzi.
Tuttavia sono ancora intenzionato a scoprire a che cosa si stava riferendo.
Boris che fa qualcosa per me?
Non riesco proprio ad immaginare una cosa simile.
E' sempre stato maggiormente propenso ad infastidirmi o a fare il dispettoso nei confronti del sottoscritto.
Il massimo che fa è pagarmi da bere e farmi ubriacare.
Niente di più.
“Ora, con permesso, ho delle cose da fare! Torna nella tua cella di isolamento, Ivanov!”


Boris's point of view


“Questa me la paghi, Huznestov!”
Sarà la ventesima volta nel giro di dieci minuti che me lo ripete.
Ormai è diventata una lenta e noiosa cantilena...
Tutto questo per un maledetto tacchino che ci ha fatto dannare!
Non riuscivamo a catturarlo, si agitava e dimenava sotto la nostra presa, per poi ferirci con il becco e con gli artigli delle zampe.
E' riuscito a graffiarmi una guancia, sembro uscito da un combattimento! ...di polli clandestino!
Alla fine abbiamo optato per cercare disperatamente una rosticceria aperta.
Abbiamo girato per il centro di Mosca, finendo la benzina e dovendo spingere la macchina fino al distributore vicino – lontano venti minuti a piedi dal punto in cui ci eravamo fermati.
Ha pure iniziato a nevicare e, secondo le previsioni meteo, tra non molto ci sarà una bufera di neve.
Questo Natale ci toccherà festeggiarlo senza il tacchino servito per cena.
Tutti questi sforzi per niente...
Beh, se non altro sono riuscito a comprare i regali per Yuri.
Appena tornerò al monastero mi consolerò con un bel bicchiere di vodka!
“Mi togli una curiosità?”
Rimango sorpreso: non mi sarei mai aspettato che Kei mi rivolgesse una domanda senza insultarmi o minacciarmi di morte.
Annuisco, guardandolo con curiosità.
“Per quale motivo ti sei ostinato così tanto a fare un regalo di compleanno e di Natale per Yuri? Gli anni scorsi, da quanto so, non lo hai mai fatto.”
Devo averlo stupito parecchio per pormi tale domanda. In effetti non è un gesto che una persona si aspetterebbe da uno come me...
Semplicemente volevo dimostrarmi riconoscente nei suoi confronti per tutto quello che ha fatto per me, per noi. Per tutto quello che ha fatto per la squadra.
Mi rendo conto che non è facile convivere con noi, dover sopportare i difetti di tutti.
Ci accontenta sempre, si occupa di tutti noi come se fossimo suoi figli.
E quest'anno, a discapito degli anni precedenti, lo vedo più stanco e notevolmente più nervoso.
Da quando è uscito dal coma non si è mai ripreso completamente.
Lo vedo accusare la stanchezza fisica maggiormente, ma soprattutto lo vedo molto scoraggiato e molto insicuro di sé.
Basta un banale mal di testa per mandarlo in crisi.
Si sente malato, da buttar via.
E questo mi fa star dannatamente male.
Vederlo disteso su un letto d'ospedale mi ha fatto crollare emotivamente.
Non potevo sopportare l'idea che il mio capitano, nonché compagno di una vita e di mille avventure, lottasse per la sua vita.
Andare a trovarlo per me è stato un vero patimento.
L'orario di visita dell'ospedale non era mai abbastanza...
Passavo ore e ore a parlare con lui, nella speranza che potesse sentirmi.
E la paura di perderlo, di vederlo spegnersi davanti ai miei occhi, incrementava di potenza sempre più.
Giorno dopo giorno.
Minuto dopo minuto.
E' stata una sensazione orribile, che non riesco neppure a descrivere...
Ma come spiegare tutto questo ad Hiwatari?
Non capirebbe mai, non potrebbe neanche lontanamente comprendere come mi sono sentito in quel periodo.
“Il motivo è semplice: è pur sempre il nostro capitano”.
Fa per rispondere, ma qualcosa lo blocca.
Lo vedo spalancare gli occhi e piegare il viso in una smorfia terrorizzata.
Allunga il braccio all'altezza del mio sterno, per poi stringermi saldamente la spalla.
Buffo. Mio padre faceva la stessa cosa quando eravamo in macchina e frenava bruscamente o all'improvviso.
Un momento...
Guardo nella stessa direzione in cui sta guardando Kei.
Una luce bianca, accecante, mi stuzzica la vista.
Sono degli abbaglianti quelli?!
Vedo le due piccole sfere luminose farsi sempre più grandi, avvicinarsi pericolosamente di secondo in secondo.
Preso dall'istinto, serro gli occhi.
Non mi sto rendendo conto di quello che sta succedendo, ma l'inconscio mi dice che farà male.
La presa di Kei aggrava di peso e forza sulla mia spalla.
Il cuore scalpita all'impazzata contro il mio petto. Sento le pulsazioni perdere controllo e farsi sentire in ogni parte del mio corpo, in particolare in gola.
Lo stomaco viene attaccato da un senso di pesantezza insopportabile.
E poi... Buio.
Percepisco qualcosa di tagliante e ruvido sfiorarmi il viso.
Il rumore dei vetri infrangersi, il boato assordante di due oggetti metallici scontrarsi fra di loro.
Sento la mano di Kei allentare la presa e il braccio cedere sopra le mia gambe.
Le palpebre mi pesano, non riesco ad aprire gli occhi.
Qualcosa di caldo scivola lungo la linea dei miei zigomi marcati, scendendo fino al collo. Mi provoca dei brividi che vanno ad insistermi sulla schiena.
Un retrogusto metallico mi stuzzica il palato, portandomi alla nausea.
La testa mi scoppia. Sto impazzendo.
Sento le tempie pulsare e procurarmi delle fitte angoscianti.
Non distinguo i suoni, non percepisco più quello che ho intorno.
I miei sensi sono come impazziti.
Riesco solo a sentire il suono indistinto del mio battito cardiaco che mi echeggia nelle orecchie.
Tum. Tum. Tum...

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Mi sento scuotere per una spalla.
Una voce che ancora non riesco a riconoscere sta evocando il mio nome.
“Boris!”
La voce sembra provenire da lontano...
Apro gli occhi, l'immagine che vedo per prima è sfocata.
“Boris, dannazione, svegliati!”
La sagoma indistinta inizia a somigliarmi a Kei.
Riconosco i suoi grandi occhi viola, i lineamenti dolci e il viso perennemente imbronciato.
Ora riesco a metterlo bene a fuoco e mi convinco: è Kei a chiamarmi.
E' inginocchiato affianco a me.
Mi guardo attorno spaesato, sentendo le vertigini tormentarmi la testa.
Abbiamo avuto un incidente?
Eppure tutto quello che ho intorno dell'ambiente circostante mi ricorda il granaglio del signor Fursevich...
Che strano... che stessi sognando?
“Abbiamo avuto un incidente?”
L'espressione imbronciata di Kei sparisce dietro ad una nuova espressione vacua.
Sembra non capire quello che sto dicendo.
“Quale incidente?”
Mi tiro su a sedere, visto che fino a poco fa ero disteso in terra.
L'umidità del terreno si è impregnata nei miei vestiti.
“Abbiamo fatto un frontale con un'altra macchina!” inizio, completamente in preda dell'agitazione. “Abbiamo distrutto la macchina, Yuri ci ucciderà! E la tua guida fa schifo!”
Kei inarca un sopracciglio e il suo sguardo lascia traspirare i suoi pensieri: crede che sia matto!
Si rimette in piedi e incrocia le braccia ai piedi, per poi abbassare le palpebre lentamente. “Ma quale frontale, Huznestov? Il tacchino, scappando, ti ha fatto cadere un secchio in testa!” mi spiega con un tono di voce serio ed autoritario, quasi scocciato di dover raccontare la vicenda trascorsa. “E sei svenuto come un salame! Stavi solo sognando beatamente.” continua, puntando le iridi ametista sulle mie verdi.
Sento un calore improvviso concentrarsi sul mio viso, in particolare sulle guance.
“S-sono svenuto?!”
Evidentemente sto arrossendo vergognosamente.
Kei annuisce, continuando a fissarmi.
Maledetto tacchino! Se lo prendo lo ammazzo!
Mi guardo intorno per cercarlo; lo vedo nascosto dietro un rastrello. Lo stesso rastrello con il quale ho cercato di colpirlo.
Mi guarda con sfida, lo vedo!
Come osa? Sto iniziando ad odiarlo!
“Questa me la paga! Fosse l'ultima cosa che faccio!”
Gli angoli della bocca di Kei si curvano all'insù, dando vita ad un sorriso beffardo.
“Ti ha messo al tappeto fin'ora, te lo ricordo.”
Messo al tappeto da un tacchino?! Che umiliazione!
Sento l'orgoglio bruciarmi dentro.
Questo è troppo!
Mi tiro su in piedi, sfidandolo con lo sguardo.
Prendo la rincorsa e mi lancio su di lui.
“All'attacco!!!”





Ebbene sì: il nostro caro Bobo-chan non è in grado di catturare un tacchino. Quest'ultimo l'ha persino messo al tappeto, facendogli credere di aver avuto un brutto incidente in macchina. Sogna, sogna Boris... puoi! :-D L'idea mi è stata data dal mio caro Ivan Shrooms, che guardando un episodio de “La Vita secondo Jim” ha ritenuto calzante l'avvenimento con la storia. E Kei, come a suo solito, non manca di occasione per farlo sentire un completo idiota – con la sua solita espressione da cretino XD! Questo è il penultimo capitolo della storia, nel prossimo vi onorerò di un finale degno di essere considerato tale ^w^! Ringrazio la mia cara Lumik, il mio amore Elysabeth91, Ps I love You e il mio compagno di avventure Ivan Shrooms per aver commentato il capitolo precedente; siete fantastici! <3 Ringrazio a tutti coloro che hanno letto, sempre nella speranza di poter ricevere un parere anche da loro un giorno! Al prossimo capitolo, miei cari! :-P

Vostra Pich.

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Capitolo 4
*** Surprise! ***


E' pur sempre il nostro capitano.

~ Capitolo 4.



«La ringrazio dottore, arrivederci.»
Riattaccò e stritolò il proprio cellulare, fissandolo rabbioso.
Ringhiò qualcosa di incomprensibile, poi si voltò alla ricerca di qualcosa su cui scaricare la propria rabbia. Boris lo fissava preoccupato, indeciso se fare qualcosa per calmarlo o se restare fermo a guardare. Lo vide afferrare la maniglia della porta e stringerla fino a farsi sbiancare le nocche della mano.
Varcò l'uscio e sparì dietro la porta, lasciando Boris solo con le sua ansie. Non poteva fare niente questa volta, El l'aveva combinata grossa.
Yuri camminò a passi spediti verso la propria stanza, trovando El seduta su quello che era il loro letto. Lei alzò il volto, quel poco che bastava per poter incrociare lo sguardo del rosso.
Non riusciva a stare ferma, perché la sensazione di essere stata scoperta la stava spingendo verso l'agitazione più imminente; dunque si alzò in piedi ed iniziò a fare avanti e indietro per la stanza.
Yuri la seguiva con lo sguardo, ormai consapevole che quella ragazza era uscita completamente fuori di senno. Si massaggiò le tempie con le dita delle rispettive mani, sospirando. Si sentiva a pezzi.
Come aveva potuto prendere una decisione del genere senza consultarlo?
L'aveva tagliato fuori, non l'aveva consultato malgrado quella faccenda riguardasse anche lui. Aveva agito senza consultare lui, nonché il suo capitano e il suo fidanzato ormai da svariato tempo.
Strinse i pugni, fino a ferirsi i palmi della mani con le unghie, ma non ci badò.
In quel momento avrebbe voluto afferrarla di peso e ucciderla con le sue stesse mani, era fuori di sé.
Era frustrato, deluso, amareggiato e ferito. E il suo orgoglio gli permetteva di esternare quel drammatico stato d'animo solo attraverso la rabbia.
“Credevi di potermelo tenere nascosto ancora per molto?” domandò, infine. El si bloccò in mezzo alla stanza e cominciò a guardarlo sconvolta.
Come aveva fatto a scoprirla? Eppure aveva prestato attenzione ad ogni minimo dettaglio. Era ingiusto, le cose non sarebbero dovute andare a finire così... Le serviva solo un po' più di tempo per trovare il coraggio opportuno con il quale confessargli tutto. Ma le era andata male, Yuri aveva anticipato le sue mosse.
Lui era sempre un passo avanti a lei.
“Yuri, io...” la frase le si spense in gola, rendendola incapace di formularne una nuova. Non sapeva che cosa dire, quali parole utilizzare. Era tutto inutile, perché la consapevolezza di aver fatto un errore imperdonabile era affiorata tra i suoi pensieri.
Yuri cercava di trattenere lo sdegno, con scarsi risultati. Era disarmante non potersi più fidare dopo tanti anni di un componente fondamentale della squadra, non poter più fare affidamento sulla propria compagna.
Lui l'aveva amata, aveva cercato di non farle mancare niente. E lei? Lei lo ripagava così, tradendo deliberatamente la sua fiducia.
Accennò un sorriso, ma non aveva niente di felice. Era un sorriso dovuto all'isterismo di cui era preda nel momento.
“D'ora in avanti non sarai più ritenuta a tenermi al corrente delle tue oscenità.” le disse, perforandola con lo sguardo.
La bionda aggrottò la fronte, corrugando le sopracciglia e guardandolo incredula. “Che cosa intendi dire?”
La voce le risultò tremula, chiaro segno che il suo subconscio in realtà sapeva già cosa stava per dirle.
“Intendo dire che sei fuori, El.”
Lei scosse la testa un paio di volte, sorridendo amaramente. “Mi stai lasciando?”
“Non ti sto solo lasciando, ti sto anche cacciando fuori dalla squadra.”
A questo punto El spalancò completamente gli occhi. “Cosa?!”
Yuri annuì, continuando a guardarla con quegli occhi freddi e severi. “Hai tradito la mia fiducia, in ogni campo. Ti voglio fuori di qui in meno di un'ora.”
Non le diede il tempo di ribattere, perché uscì fuori dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.
Una lacrima attraversò la linea dolce dello zigomo, cambiando di punto in bianco direzione e andando ad insinuarsi tra le sue labbra. Sentì il retrogusto salato stuzzicargli il palato.
Alzò lo sguardo e annegò negli occhi di Boris, che si trovava in piedi davanti a lui caratterizzato da un'aria decisamente triste.
Tuttavia Yuri in quel momento non voleva nessuno tra i piedi, voleva rimanere solo con sé stesso. Si asciugò le lacrime con il dorso della mano e lo superò, senza neppure degnarlo di uno sguardo.
El. Come aveva potuto tradirlo in quel modo? Con quale coraggio? La cosa sconvolgente era che riusciva ancora a guardarlo in faccia, dopo quello che aveva fatto.
Si sentiva morire dentro, il mondo aggravargli sulle spalle con quel suo insopportabile peso. . .
Si sentiva perso dentro la propria delusione.


Yuri's point of view


Boris e Kei rientrano al monastero, entrambi ricoperti di neve.
Giusto in tempo per trovarmi all'ingresso, in piedi davanti a loro con le braccia conserte.
Sorrido divertito, perché le loro facce si piegano in un'espressione di completo stupore.
“Vedo che vi siete degnati di fare ritorno.” esordisco, passando in rassegna con lo sguardo prima Kei e poi Boris.
Quest'ultimo sembra essere agitato, come se mi stesse nascondendo qualcosa.
Oh, ma io so che mi sta nascondendo qualcosa. E' così.
Ivan non è capace a mantenere un segreto, è saputo e risaputo.
Dunque mi domando per quale assurda ragione Boris abbia deciso di mettere al corrente proprio lui dei suoi piani.
Già, dimenticavo: Boris, nella maggior parte dei casi, non fa mai nulla seguendo una logica.
Non è più il freddo calcolatore di una volta, purtroppo. Il passare degli anni lo hanno rincitrullito completamente.
Kei abbassa le palpebre, per poi superarmi e dirigersi verso la cucina. Lo seguo con lo sguardo, chiedendomi come diamine faccia a camminare ad occhi chiusi senza andare a sbattere contro qualcosa.
Torno a concentrarmi su Boris, abbozzando un ghigno.
“E quello che cos'è?” domando poi, cambiando la mia espressione in una decisamente sorpresa. Sto alludendo a quella sorta di pollo che sta tenendo al guinzaglio.
Ma cosa diavolo...?
“E' il nostro nuovo animale domestico, si chiama Falborghino.”
Falborghino? Ditemi che sta scherzando!
Non può essere impazzito così improvvisamente!
Eppure ha dimostrato una certa enfasi nel pronunciare quel nome idiota; temo sia serio.
“Ma... è un pollo!”
“Un tacchino, per la precisione!” mi corregge, guardandolo con soddisfazione.
Quel che è, non mi interessa!
Non permetterò mai che quell'uccello giri per il monastero, lasciando i propri escrementi in ogni dove!
Siamo giunti al limite del comico qui!
Stento a credere ai miei occhi.
“Mi auguro che tu lo abbia portato qui per ucciderlo e cucinarlo per cena, Boris!”
Lui mi guarda come se avessi detto la cosa più brutta di questo mondo.
Si inginocchia e da una piccola pacca sulla testolina di Falborghino.
“Non ti permetterò di mangiarlo, Yuri! Tieni giù quelle zampacce da lupo affamato che ti ritrovi dal mio tacchino!”
No, non può essere!
Sono allibito.
Lo guardo con lo stesso sguardo con cui si può guardare un pazzo, perché ormai è palese: Boris Huznestov è pazzo!
Fisso il tacchino, che sembra accusare il mio sguardo con fare spaventato.
Difatti si nasconde velocemente dietro le gambe di Boris.
Tutto questo è assurdo, è inconcepibile!
“Dimmi che non sei veramente intenzionato a tenerti un tacchino come animale domestico.”
Ma Boris mi fa un segno affermativo con la testa, per poi sorridermi divertito.
“E invece sì, Yuri! Stavo giusto pensando di fargli una cuccia!”
Questo è veramente troppo per le mie capacità intellettive.
“Kei!!!” ringhio, facendo tuonare la mia voce per l'intero monastero.
Se queste mura potessero avere vita, si ritroverebbero a tremare ogni qualvolta che alzo la voce.
Mi precipito in cucina, trovando Kei intento a sorseggiare un po' di vodka in compagnia di Sergey e Ivan.
Quest'ultimi si irrigidiscono, poiché non è da me alzare la voce.
“Per quale assurda ragione Boris ha deciso di tenere un tacchino come animale domestico?!”
Voglio vederci chiaro in questa storia, perché va oltre ogni limite!
Kei appoggia il bicchiere di vodka sul tavolo, per poi scoppiare in una risata.
Ci lascia tutti quanti basiti e stupiti.
Kei che ride? Che scherzo è mai questo?
Ha le lacrime agli occhi e il continuo ridere deve avergli causato dei crampi alla pancia, poiché appoggia le mani su di essa.
Cerca di ricomporsi, lasciandosi però strappare un sorriso sempre più divertito.

- Quando finalmente è riuscito a catturare quel maledetto tacchino, Boris me lo ha consegnato ordinandomi di tenerlo fermo.
Il vecchio Fursevich, che fino ad allora aveva semplicemente assistito alla scena, gli ha passato un'accetta con la quale dare il colpo di grazia al povero animale.
All'inizio, conoscendo i suoi vecchi istinti violenti momentaneamente controllati, mi aspettavo che Boris non esitasse neanche per un secondo nel farlo fuori.
Lo trattenevo fermo sotto la mia presa, con la testa appoggiata contro il suolo. Sinceramente mi suscitava uno strano effetto assistere all'uccisione di un essere vivente.
Di certo non godo di essere un assassino a sangue freddo, quello no.
Boris ha avvicinato l'accetta al collo dell'animale, prendendo con fare preciso la mira. Si stava preparando a colpirlo.
Ho serrato gli occhi, deciso a non voler guardare la scena. Il tacchino si dimenava sotto la mia presa e la voglia di liberarlo, permettendogli di fuggire in salvo, si faceva sempre meno resistibile.
Attendevo il colpo, che mi sembrava tardare ad arrivare. Ho aperto gli occhi e ho visto Boris con l'accetta a mezz'aria. Ha guardato il pennuto con uno sguardo dolce – decisamente discordante con il carattere freddo e schivo di questi, giacché di dolce sappiamo che ha ben poco.
“Uff...” sbuffava, lasciando cadere l'accetta in terra. “Non ci riesco. Hai visto come mi guarda?”
E nel pronunciare quell'ultimo esordio, mi ha strappato di mano l'animaletto per poterlo prendere in braccio e stringerlo in un caloroso abbraccio.
Metaforicamente parlando, la mascella del signor Fursevich sembrava toccare in terra. Non poteva credere ai suoi occhi, è rimasto piuttosto sconcertato. Come me, d'altronde.
Boris che prova pietà? Che strano scherzo era quello?
Non ne aveva mostrato neanche il minimo sintomo quando ridusse in fin di vita quel povero disgraziato di Rei e, a suo discapito, si mostra compassionevole nei confronti di uno stupido tacchino.
Evidentemente la botta che ha preso precedentemente in testa lo ha completamente rincitrullito.

“Quale botta in testa?” interviene Ivan, interrompendomi. Aspetta, fammi finire!
Così, continuando a tenere il tacchino in braccio, si è voltato verso di me, sorridendomi. “Lui lo portiamo con noi!” -


“... E questo è quanto.” conclude Kei, incrociando le braccia al petto e socchiudendo, ancora, le palpebre.
Non trovo le parole con le quali commentare, non ne ho neppure la forza!
Ho già detto che tutto questo è inconcepibile? Sì? Beh, lo ripeto! E' inconcepibile, oltreché assurdo!
Sergey scoppia in una rumorosa risata, portandosi una mano dinanzi alle labbra come per trattenersi – con scarsi risultati. “Meraviglioso! Boris riesce sempre a stupirmi!”
Non sei l'unico, caro Sergey. Non sei affatto l'unico!
Comunque l'antifona della faccenda non cambia: non permetterò che quel pennuto invada il mio territorio, combinando chissà quale scempio!
No, no e no!
Digrigno i denti. “Voglio quell'essere fuori dal monastero in meno di un minuto!” urlo, sbattendo le mani sul pianale del tavolo.
Kei alza le spalle, mostrandosi indifferente alla vicenda e poco propenso ad interessarsene. “Non mi riguarda, sbrigatela te con lui.”
Sergey mi appoggia una mano sulla spalla. Lancio un'occhiata alla sua mano con fare sprezzante, perché sto già formulando mentalmente una sua probabile risposta – e non mi piace per niente!
“Dai, Yu! Che vuoi che sia? Il cortile del monastero è immenso, può stare tranquillamente lì.”
Come volevasi dimostrare... Ormai lo conosco meglio delle mie tasche!
Anzi, conosco tutti loro alla perfezione.
E, conoscendo Boris, se ha manifestato un simile improvviso affetto per l'animale, non se ne libererà mai. E' una causa persa già in partenza.
Mi conviene tirare fuori la fatidica bandierina bianca e sventolarla in segno di arresa.
Sbuffo, esasperato. “Fate come volete!”
Mi dirigo verso l'uscita della cucina. “Vado a farmi una doccia, voi iniziate a preparare la cena.”

Non faccio in tempo a rivestirmi, che il cellulare comincia a squillare.
Nel leggere il nome che lampeggia sul display, mi irrigidisco.
El. Che cosa vuole ancora?
Sono titubante nel rispondere: non so cosa fare.
Per arrivare al punto di chiamarmi, evidentemente, ha qualcosa di importante da dirmi...
Tutto sommato perché dovrebbe interessarmi?
Abbandono il cellulare sopra al lavandino, intenzionato ad ignorarlo.
Istintivamente lo sguardo mi ricade su di esso. Sta continuando a squillare.
Sospiro, ormai consapevole che non riuscirò a tenere duro ancora per molto.
Anzi, non ci riesco proprio.
Afferro il telefono e prendendo un gran respiro, rispondo.
“Pronto?”
«Scendi.»
Risentire la sua voce suscita in me svariate emozioni: malinconia, rabbia, indecisione, tensione...
“C-cosa?” domando, malgrado abbia capito bene quello che ha appena detto.
Scendi. Che cosa intende dire?
«Scendi.» mi ripete, decisa. «Sono qui sotto.»
Spalanco completamente gli occhi. Cosa vuol dire che è qui sotto?
Non sarà mica venuta da San Pietroburgo fino al monastero?
No, è impossibile.
Getto lo sguardo sulla piccola finestra del bagno: fuori è in corso una bufera di neve.
Soltanto un pazzo si avventurerebbe per queste poco sicure strade di campagna con un tempaccio simile.
Beh, tutto sommato stiamo parlando di El: la sua instabilità mentale è degna di fama.
Devo essermi innervosito, perché le mani hanno cominciato a tremarmi freneticamente.
Rischio di far cadere il cellulare in terra di questo passo, perché sento la presa con il quale lo sto tenendo cedere sempre più.
Non mi fido della mia voce, temo di averla tremula o, peggio ancora, di balbettare.
Cerco di calmarmi, devo ragionare a freddo.
El mi ha chiamato. E fin qui ci siamo...
Ha detto di essere qui sotto, il che vuol dire che deve per forza essere davanti al portone del monastero.
«Sei ancora lì?» la sua voce mi fa trasalire. Scuoto la testa come per riaffiorare da quei pensieri che mi invadono la testa.
“S-sì...” dannazione, sto balbettando! “Cosa vuol dire che sei qui sotto?”
La sento sbuffare sommessamente. «Vieni dal portone e basta, Yuri!» e così dicendo, chiude la telefonata.
Che accidenti ci fa El qui?!
Preso dalla curiosità, esco dal bagno e scendo le scale, dirigendomi al piano terra.
Una volta arrivato all'ingresso, prendo dall'appendi-abiti un giubbotto a caso e me lo infilo.
Solo dopo essermelo messo addosso mi accorgo che è quello di Boris; mi sta enorme!
Apro il portone premendo il tasto di apertura situato sul muro affianco ed esco.
Una figura esile dal volto incappucciato mi è davanti.
Delle ciocche ribelli le coprono il viso, incastrandosi tra le labbra.
Sono screpolate dal freddo, come sempre. Riconoscerei quelle labbra ovunque e in qualsiasi circostanza.
Alza la testa, per poi inclinarla leggermente di lato. Ora il suo sguardo gelido si intreccia al mio, altrettanto freddo.
E' proprio lei, El Demidova.
Un'improvvisa folata di vento le fa ricadere il cappuccio del cappotto bianco sulle spalle, scoprendo completamente il suo viso e liberando nell'aria i capelli sciolti.
Sono più lunghi rispetto all'ultima volta che li ho visti.
Non so cosa dire, mi sento invadere da una sensazione di disagio.
Improvvisamente il motivo per cui ho deciso di lasciarla riaffiora tra i miei pensieri.
La rabbia mi ribolle nel sangue, ma viene contrastata dall'inaspettato stupore di rivederla, di ritrovarmela qui, davanti agli occhi.
Mi irrigidisco di nuovo e lei sembra accorgersene.
Difatti le punte delle sue labbra si curvano all'insù, creando un sorriso arrogante e sfacciato quanto il suo carattere.
“Ciao, Yuri.”
Mi ritrovo incapace a rispondere al saluto, perché ogni fibra del mio corpo sta cercando in ogni modo di spingermi a rientrare dentro e a sbatterle la porta in faccia.
Eppure le mie gambe rimangono fisse e ferme, come paralizzate.
I miei piedi non ne vogliono sapere di muoversi, in quanto sembrano essersi pietrificati al terreno innevato.
Cerco di dire qualcosa, ma ogni parola muore in gola.
Mi limito a squadrarla dalla testa ai piedi, per poi tornare a fissarla nella limpidezza di quegli occhi attraverso i quali sembra di scorgere ogni intimità dell'anima che la dipinge solo grazie all'ausilio di uno sguardo.
Vorrei gridare, vorrei farle del male.
Vorrei scappare e poi tornare da lei per urlarle in faccia tutta la mia frustrazione.
Il suo sorriso scompare dietro un'espressione che non ha nulla di felice.
Il labbro inferiore comincia a tremare, dandole il classico aspetto di chi sta per scoppiare a piangere.
Un particolare che ora caratterizza il suo viso pallido stuzzica la mia attenzione: una riga che partendo dall'occhio destro scivola lungo la linea dolce dello zigomo.
Una lacrima.
Torno a desiderare più che mai di sbatterle la porta in faccia, ma...
Improvvisamente perdo il controllo del mio corpo e noto solo dopo qualche frazione di secondo di stringerle un polso. Fortemente.
Senza accorgermi di quello che sto facendo, la tiro verso di me, accogliendola in un abbraccio.
La sento immobilizzarsi sotto le mie braccia e poi cedere ogni difensiva e ricambiare, forse con fare un po' titubante.
La stringo maggiormente a me, sentendo che, sotto sotto, vorrei non poterla lasciare più.


Sergey's point of view


Ivan è ammassato contro il vetro della finestra, intento a guardare la scena senza neanche perderla per un momento.
Kei controlla che la pasta si cuocia decentemente.
E Boris invece... Beh, Boris cerca di mostrarsi innocente mentre il mio sguardo accusatorio non lo perde di vista neanche per un secondo.
“Perché ho come l'impressione che ci sia il tuo zampino?” gli dico, continuando a fissarlo e senza battere ciglio.
Ottimo lavoro, Huznestov: Yuri aveva proprio bisogno di incasinarsi ulteriormente con quella strega di El.
Il fatto che sia qui non mi entusiasma neanche un po'.
Anzi, mi innervosisce.
Ero poco propenso a sopportarla già da bambino, figuriamoci ora.
Non mi è mai piaciuta.
“Avevano bisogno di vedersi, lo sai meglio di me.”
Sono della ferma opinione che Yuri abbia bisogno solo di dimenticarla, di togliersela del tutto dalla testa.
Vedersi per cosa, poi? Per ricominciare come al solito a litigare e urlarsi ogni tipo di imprecazione in faccia?
No, questa volta Boris ha sbagliato.
Il mio disappunto deve essere evidente, perché vedo Boris sospirare sconsolato.
“Sono adulti, Sergey. E' ora che si risolvano i loro problemi parlando civilmente.”
Faccio per rispondere, ma Ivan mi anticipa: “Parli proprio tu! Questa è bella!”
Lo osserviamo entrambi allontanarsi dalla finestra e prendere posto a tavola. “Tu non sai neanche che cosa sia la civiltà!”
Annuisco, facendo intendere che sono concorde con lui.
“Comunque, tornando al punto base del discorso, questo si rivelerà soltanto un brutto colpo per Yuri.”
Mi ritrovo sempre più concorde con il piccoletto.
Boris fa saettare lo sguardo prima su di lui e poi su di me.
E' serio e questo lo intuisco dal suo viso piegato in un'espressione apatica.
“Un brutto colpo per Yuri?” domanda, anche se dà come l'impressione di aver capito benissimo dove voleva andare a parare Ivan.
Scuote la testa, sorridendo con strafottenza. “Perché parlate senza sapere? Entrambi soffrono!”
“E tu come lo sai?” domando.
Non capisco come possa saperlo.
Da quanto so, nemmeno lui ha più avuto modo di sentire o vedere El.
Dunque mi pare improbabile che lui sappia quali siano i sentimenti della ragazza verso Yuri.
A meno che...
Ivan spalanca gli occhi, sembra essere della mia stessa idea.
“Ecco cosa dovevi fare oggi! Ti sei visto con lei!” esclama poco dopo, additandolo.
Boris abbassa lo sguardo colpevole, iniziando a fissarsi le punte dei piedi.
Mi schiaffo una mano in fronte. “Mossa sbagliata, Huznestov!”
Ivan scatta in piedi, ormai in preda dell'agitazione. “Cosa ti è saltato in mente?! Non ti rendi conto di cosa hai fatto?!”
“Adesso basta!”
L'improvviso intervento di Kei ci zittisce tutti. Volgiamo lo sguardo in sua direzione, consapevoli che non ha ancora finito di parlare.
Ci guarda severo, attendendo che l'attenzione di ciascuno sia completamente rivolta a lui.
Sorride soddisfatto per qualche istante, ma poi si affretta a far sparire il sorriso dietro ad una maschera inespressiva seria. “Insomma, smettetela di farla tanto lunga! Per una volta Boris ha ragione: sono due adulti, sapranno sicuramente come risolversi le proprie questioni personali senza la vostra irritante intromissione.”
Boris gli sorride grato, per poi guardare me e Ivan con fare beffardo.
Kei ora sembra rivolgersi maggiormente all'ex Falborg bleyder: “Devo cucinare per una persona in più?”


Yuri's point of view


“Boris ci teneva che ti consegnassi personalmente questa.” fruga nella tasca interna del cappotto e tira fuori una piccola cornice che circonda una fotografia.
Me la consegna e io prendo a guardarla immediatamente: è una fotografia che raffigura me da bambino insieme ad El.
Ricordo di averla data a Boris qualche mese fa, dandogli l'ordine di farla sparire. Prima la tenevo nel portafoglio.
Rivederla mi fa un certo effetto, perché è stata scattata ai tempi in cui Vorkof gestiva il monastero. Difatti – e non a caso. - il mio viso era cosparso di graffi e quello di El, invece, era rovinato da un evidente livido sullo zigomo.
Sorrido con fare malinconico e, senza distogliere lo sguardo da quella sorta di reperto antico, le domando: “Quando te l'ha data?”
Lei sembra pensarci su. “Qualche mese fa è venuto a trovarmi. Me l'ha consegnata chiedendomi di restituirtela quando mi sarei sentita pronta di rivederti.”
Fa una breve pausa, accennando un piccolo sorriso. “Considerarlo un piccolo regalo di Natale da parte nostra.”
Ma in queste parole sento qualcosa di molto simile all'abbandono.
E' come se la sua visita sia legata alla disperata voglia di chiudere completamente ogni collegamento con il passato.
Me lo sento e lo capisco grazie alla sensazione d'ansia che ha preso a concentrarmisi sullo stomaco.
Non sono mai stato intenzionato a ritornare con lei e non lo sono neppure ora... E allora perché mi sento così? Perché sento il mondo crollarmi sulle spalle come quando ho deciso di lasciarla?
“Ed ora ti sei sentita pronta a rivedermi?” le chiedo con amarezza.
Sì, con amarezza. Perché so che questa sarà la nostra conclusione definitiva.
La vedo esitare, il suo sguardo sembra essersi perso nel vuoto. Ora lo abbassa, si concentra a fissare la neve che le contorna le scarpe.
Non ha il coraggio di guardarmi negli occhi...
“Mi sento pronta a ricominciare a vivere.”
Un colpo al cuore.
Come direbbe Sergey, colpito e affondato.
Questo varrebbe a dire voltare pagina, cominciare magari a frequentare qualcun altro... Ammesso e concesso che non lo abbia già fatto.
Un momento. E' gelosia quella che provo?
No, non può essere...
Eppure... Sì. E' decisamente gelosia.
Vorrei gridarle in faccia Non provarci, tu sei mia!, ma mi rendo conto che ormai non è più così, che quelle parole risulterebbero soltanto inopportune.
Cerco in ogni modo di nasconderle la fastidiosa emozione che sto provando in questo momento, ma so che è impossibile: lei mi conosce fin troppo bene.
E infatti...
“Sì, lo so. Anch'io impazzisco all'idea che qualcun'altra possa prendere il mio posto.”
Mi spiazza; è stata troppo diretta per darmi modo di ricorrere alla mia solita corazza impenetrabile che mi spinge a mostrarmi impassibile.
E, a mio malgrado, mi rendo conto che gli occhi ormai mi si sono inondati di lacrime.
Mi impegno a trattenerle, riuscendoci.
Questo è sufficiente a darmi un minimo di conforto: non ho perso del tutto il controllo sulle emozioni, non ancora almeno.
“... ma è necessario.” conclude la frase con una triste espressione in viso.
Già, necessario.
In fondo ha ragione: ormai è troppo tardi per tornare indietro.
Io stesso mi sono imposto di non tornare sui miei passi, perché le mie decisioni spesso sono irrevocabili.
La vedo sussultare; sta piangendo.
Sta piangendo!
Rimango di sasso, perché in tutto questo tempo non l'avevo mai vista farlo.
Non so come reagire. Per la prima volta si sta dimostrando umana, completamente umana. Non solo in parte.
Evidentemente le influenze della Borg stanno piano piano svanendo in lei.
Piange disperatamente, gemendo e piegando il viso in una smorfia cimentata.
Si porta la mano alla bocca, come se cercasse di non farsi uscire ulteriori mugugni.
Non sembra provare vergogna. Per la prima volta si è aperta del tutto con me.
Prima di ora, non lo aveva mai fatto. Era sempre rimasta, per quanto possibile fosse, nelle sue, mascherando i suoi sentimenti per orgoglio.
Ora, però, sembra averlo gettato via.
“Resterai sempre la persona più importante della mia vita.” dice, sfregandosi gli occhi con il dorso della mano.
Frugo nella mente alla ricerca di qualcosa di decente da dire, ma non trovo nulla.
Non so cosa fare, quindi mi lascio andare all'istinto: mi sforzo di abbracciarla di nuovo, giacché non sia tipo da lasciarmi facilmente andare a simili gesti.
Ma lei mi fa segno di fermarmi.
Muove la testa in una risposta negativa, per poi fondere il suo sguardo al mio. “No, Yuri. Non riuscirei più ad andarmene.”
Estrae un oggetto dalla tasca del cappotto, una trottola. Il suo beyblade.
Mi prende una mano e me lo consegna, facendomi stringere la presa su di esso. “Tienilo tu.”
Foxborg. Me lo ricordo bene.
La volpe delle nevi.
Riprendo ad osservare El: i suoi occhi, così come le sue guance, sono arrossati dal pianto. Mi duole vederla così, non voglio che soffra.
“Abbi cura di te.” e così dicendo, si alza sulle punte per darmi un leggero bacio a fior di labbra. Sgrano gli occhi sorpreso.
Il contatto con quelle labbra screpolate che un tempo amavo baciare mi fa rabbrividire.
Si allontana da me, donandomi un ultimo sorriso privo di ogni felicità.
Mi volta le spalle e si dirige verso la macchina con la quale è arrivata.
Vedo la sua sagoma farsi sempre più piccola, se ne sta andando.
Se ne sta andando via per sempre.
Ed io sono troppo orgoglioso per dimostrarmi incoerente con le mie decisioni.
Ormai non c'è più niente da fare.
“Ti amo.” sussurro, mentre la vedo fare retromarcia e imboccare la strada di ritorno per Mosca.
“Ti amo.” ripeto, mentre la macchina si allontana sempre più.
Maledico me stesso, perché non sono mai stato in grado dirglielo, neppure quando le cose tra di noi andavano a gonfie vele.
Maledico me stesso nella consapevolezza che lei non può di certo avermi sentito.
Maledico me stesso sapendo che tutto questo l'ho voluto io, perché non sono stato capace di perdonarla.
Maledico me stesso mentre rimango fermo a guardarla andare via con l'amaro in bocca.


Boris's point of view


Dopo qualche minuto di attesa, ecco che lo rivedo rientrare dentro.
Tiene lo sguardo fisso per terra e non sembra intenzionato ad alzarlo per guardarmi in faccia, malgrado sia lampante che si sia accorto della mia presenza.
L'atroce dubbio che forse Sergey aveva ragione inizia a tormentarmi...
“Yuri...” riesco soltanto a mormorare. Il mio tono di voce mi è sembrato talmente basso da farmi dubitare sul fatto che Yuri mi abbia sentito.
Ormai è a un passo da me. Mi preparo a ricevere i peggiori degli insulti.
… Ma questi tardano ad arrivare. Sento le sue braccia arrampicarsi su di me per potersi cingere al mio collo.
Rimango sorpreso, ma riesco subito a riprendermi e a ricambiare l'abbraccio.
Appoggia la fronte al mio petto, continuando ad abbracciarmi.
“Grazie.”
Quella semplice parola è sufficiente a far sì che una piacevole sensazione di gioia mi invada il cuore. Lo stringo più fortemente a me, sorridendo.
Appoggio le mani sulle sue spalle e lo scosto un poco, quel che basta per poterlo guardare in faccia. Finalmente si decide ad alzare lo sguardo e solo ora mi accorgo che le sue guance sono bagnate da delle lacrime.
Gliele asciugo con la manica della maglietta e torno a sorridergli. “Le sorprese per te non sono finite qua!”
Mi guarda con aria vacua. Si intrappola le tempie tra l'indice e il pollice, cominciando poi a massaggiarle. “E adesso che cos'hai in mente, dannato?”
Lo afferro per un polso e lo incito a seguirmi.
“Aspetta e vedrai!” esordisco semplicemente, trascinandomelo dietro.
“Spero per te che non riguardi quello stupido tacchino!”
“Ma no, scemo! Seguimi!”


Kei's point of view


Tiro fuori la torta dal forno e la metto in tavola.
Modesti a parte, le mie doti culinarie emergono sempre!
Persino Ivan si complimenta con il sottoscritto, che – solitamente – piuttosto che farlo si ingoierebbe una merda.
“Devo farti i miei complimenti, Hiwatari. Quando cucini tu posso affermare di mangiare decentemente!”
Sergey si precipita in cucina di fretta. “Stanno arrivando!” ci annuncia.
Ivan si avvicina all'interruttore della luce ed io mi affretto ad accendere le candeline poste ordinatamente sulla torta.
“Ok, puoi spegnere!”


Yuri's point of view


Entro in cucina e... Buio. Buio totale.
“Non dirmi che si è fulminata di nuovo la lampadina!” mi lagno, imprecando mentalmente. Eppure l'avevo cambiata una settimana fa!
Poi un lieve bagliore all'altezza del tavolo mi attrae.
Sono candeline, quelle?! Non dirmi che...
La luce si accende improvvisamente, è stato Boris a premere l'interruttore.
“Sorpresa!” urlano all'unisono i miei coinquilini sbucando fuori da sotto il tavolo.
Kei è rimasto in piedi davanti alla torta, guardandomi con un leggero sorriso.
Rimango senza parole.
“Ma... ma... siete matti?!” riesco soltanto a dire, guardando i miei compagni uno ad uno.
Boris mi mostra un sorriso a trentadue denti: deve essere lui l'artefice di tutto.
Ecco a cosa alludeva Ivan qualche ora fa...!
“Auguri di buon compleanno e di buon Natale, capitano!” mi dice Sergey, dandomi un'affettuosa pacca sulle spalle che per poco non mi fa sbilanciare in avanti.
Persino Falborghino sembra volermi fare gli auguri; mi sta beccando sulla punta delle scarpe. Lo scanso con poca clemenza.
“Mi sembrava di averti detto che lo voglio fuori di qui!” rimprovero Boris, guardandolo severo.
Ciò però non sembra turbarlo neanche un po'. “Eddaiiii!” esclama dandomi anche lui una forte pacca sulla schiena. Evidentemente sono proprio intenzionati a farmi prendere una facciata in terra!
“Goditi la sorpresa!” prosegue, andando a trafficare in dispensa. Richiude lo sportello e mi mostra un pacco regalo.
Me lo consegna, incitandomi ad aprirlo. Obbedisco senza obbiettare, scartandolo e scovando sotto la carta un maglione di lana nero e una fotografia.
Bene, è la seconda che ricevo in regalo oggi. Spero solo che non sia malinconica come quella che mi ha dato El.
La osservo: raffigura noi ai mondiali di Beyblade quest'anno, all'uscita del monastero acclamati dagli ex orfanelli che lo abitavano.
Mi si stringe il cuore in una sensazione di gioia.
Non riesco a trattenere un sorriso grato ad ognuno di loro. Persino Kei si accinto a partecipare all'iniziativa, malgrado sia il numero uno degli asociali.
“Avete fatto tutto questo per farvi perdonare?” domando sarcastico e ghignando.
“Assolutamente no!” è la risposta simultanea di questi animali.
Dovevo immaginarlo.
“Lo abbiamo fatto perché sei pur sempre il nostro capitano!” esordisce Boris, buttando nel cestino la carta da regalo.
“E perché ti siamo grati per tutto quello che hai fatto e stai continuando a fare per noi, musone che non sei altro!” prosegue Ivan, guardandomi con occhi pieni di ammirazione.
“E, soprattutto, per farti sapere che ti ammiriamo sempre e comunque!” interviene Sergey, cingendomi le spalle con un braccio.
Kei annuisce, dimostrandosi concorde. “Anche se sei più isterico di una donna mestruata!”
Questo commento non fa altro che far scoppiare tutti i miei compagni in una risata, riuscendo a strappare un sorriso anche a me.
E' bello vederli allegri ed è altrettanto bello sapere che hanno fatto tutto questo per me.
Non saprò mai come ringraziarli, perché questo è il regalo più bello che mi potessero fare. E i loro visi sorridenti sono la ciliegina sulla torta!
Non potevo chiedere di meglio!
“Non so davvero che cosa dire... Grazie!” dico, continuando a sorridere e fissando la torta sul tavolo. “Vi chiedo solo un favore: non cantatemi la solita tarantella che si canta ai compleanni, non lo sopporterei!”
Boris scoppia a ridere e si avvicina a me. “Tranquillo: sarebbe decisamente troppo anche per noi! Ma dovrai comunque spegnere le candeline!”
Mi sento sollevato.
Decido di avvicinarmi al tavolo, chinandomi un poco sulla torta pronto a spegnere le piccole fiammelle con un soffio.
… E preparandomi psicologicamente ad una nuova sbornia, perché - conoscendo Boris – dopo mangiato mi costringerà a scolarmi intere bottiglie di vodka.
Beh, se così non fosse, non sarebbe lui. Dico bene?




Ed eccoci giunti alla fine di questa piccola storiella! :-D
Che dire? Posso ritenermi soddisfatta!
Come avrete potuto notare, non c'è stato un Happy End tra El e Yuri. La mia vena sadica ha preso sopravvento anche questa volta! ..Beh, non trovate che sarebbe stato troppo scontato farli tornare insieme come se niente fosse?
No, dovevo farli patire un po', quel giusto che basta per farli attaccare dalla malinconia ^w^!
I nostri amati NeoBorg hanno fatto un bel regalo di Natale al loro capitano, no? Fatemi sapere che cosa ne pensate!
Non temete (?), non sparirò! Ho intenzione di tornare con una nuova long, già pronta e prossima ad una conclusione. Si intitolerà “Obscure” e sarà una storia trhiller/azione. Spero di poter ricevere una vostra opinione anche lì, poiché fa sempre piacere riceverne! :-)
La pubblicherò prima del weekend, credo. Devo rivedere il primo capitolo e correggerlo da eventuali errori ^w^''.
Bene, direi che è tutto. Ringrazio tutti coloro che mi hanno seguito fin qui.
Ringrazio la mia cara Lumik, la mia amata Elysabeth91, Ps I love You, il mio lombrico Ivan Shrooms e la mia dolce Padme86 per aver recensito.
Ringrazio tutti coloro che hanno semplicemente letto – siete ancora in tempo a recensire; non è mai troppo tardi! ;-D
Grazie di cuore a tutti quanti, siete fantastici! <3
Alla prossima, miei amati!


Vostra Pich.

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