L'odio è sinonimo di amore.

di Chiaraeiou
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo Capitolo ***
Capitolo 2: *** Secondo capitolo ***
Capitolo 3: *** Terzo Capitolo ***



Capitolo 1
*** Primo Capitolo ***


Non potevo credere alle sue parole. Nonostante io rispettassi tutte le pazzie del capo, quella sinceramente non mi andò per niente giù. “Voi siete il gruppo più bravo a risolvere tutti i miei compiti, questo ormai è chiaro a tutta la setta. Ognuno di voi ha una particolarità che da sempre ci è molto servita qui per risolvere ogni tipo di enigma. Però è anche vero che siete il gruppo più piccolo tra di noi: siete solo in sette. E oltretutto c’è un qualcosa che vi manca particolarmente: una presenza femminile. È da un po’ che controllo e faccio controllare diverse ragazzine all’incirca della vostra età. Fino a quando ieri ho deciso la ragazza giusta per voi. I suoi genitori sono Jeremy e Lucy –si, esatto, proprio quelli della nostra setta- che hanno accettato volentieri di farla unire a noi. Non prendetela alla leggera e non sottovalutatela. È molto brava anche se non sembra e ha delle qualità che a voi ancora mancano. Ora se mi permettete, fatela pure entrare.” Aveva detto quella mattina il capo. E ora io sono qui seduto insieme ai miei compagni di squadra a guardare una semplice ragazzina con apparentemente nessuna dote se non quella di fare disastri –appena entrata infatti ha fatto cadere due vasi, un quadro e una lampada in meno di due secondi- sorpresi e indignati. “Lei vuole dire che una come lei, che fa cadere due vasi, un quadro e una lampada in meno di due secondi, dovrebbe unirsi alla squadra più forte della setta? Vuole forse farci cadere così in basso?” chiesi indignato. “James, non hai mai dubitato del mio intuito e ti consiglio di non dubitar neanche ora. Adesso partirete per il Sud dell’America, insieme a lei, per risolvere un compito della massima importanza e con la massima cura. Sono sicuro che lì scoprirete che cosa manca in voi, mentre lei ne ha da vendere. Eccovi qua tutti i dati.” disse consegnandoci una cartella che era sulla sua scrivania “Fate attenzione ragazzi.” Concluse. Rimasi senza parole, ma capii che era meglio obbedire. Prima di andarmene però, il capo mi chiamò. “Vorrei che ti fidassi un po’ più di me, James. Tu poi sei il primo tra di voi che deve imparare davvero tanto da lei. Così ho deciso di iscriverti nella sua stessa scuola, più precisamente nella sua classe. Avrete dunque più tempo per conoscervi meglio.” Cercai di obbiettare, ma lui mi fermò. “Niente obbiezioni, così ho deciso e ormai ho già completato tutto. Così almeno ricomincerai le lezioni una buona volta. Ricorda sempre che la scuola è molto importante.” E con questo mi fece uscire dal suo studio. Ero arrabbiato, anzi, furibondo. Ci credeva così tanto stupidi da aggiungere al nostro gruppo una stupida ragazzina che non riesce a camminare senza rompere un’intera casa? Usciti dall’appartamento del capo incominciai a guardarla più attentamente. Alta più o meno 1.65, se si può definire altezza quella, lunghi capelli castani, occhi verdi, un po’ timida e silenziosa, in apparenza, e molto impacciata. Entrati nel nostro aereo privato, fu Robert a dare indicazioni su dove andare esattamente al nostro amico pilota. Dopodiché partimmo con tutta calma. “Leggi i dati della spedizione, James.” mi ordinò George, il più grande tra di noi. “Sì, con calma però.” sbuffai. Odiavo il carattere di George. Il classico ragazzo che da ordini solo perché è il più grande. Avere vent’anni non vuol dire essere proprio del tutto grandi. Vuol dire essere maturo e responsabile, questo sì, ma grande proprio no. “Allora, si tratta della morte della figlia di un noto banchiere. Questo è successo 8 anni fa. Aveva 14 anni. Fu rapita, violentata e, subito dopo che il padre diede i soldi all’uomo, lui al posto di ridare la figlia, come promesso, la uccise e ridò al padre solo il cadavere.” Lessi con tutta la tranquillità del mondo. Guardai gli altri. Avevano la pelle d’oca. Probabilmente perché la ragazza in questione era morta da molto giovane, più giovane di tutti noi messi insieme. Un po’ mi piaceva metterli paura, anche perché sapevo che io ero l’unico di sangue freddo tra tutti quindi tutto questo non mi spaventava, anzi mi tranquillizzava ancora di più. Mi faceva sembrare il più forte tra tutti. Tutti tranne la ragazza nuova. A quanto pare anche lei era di sangue freddo, perché non sbatté un ciglio e il suo volto era neutro. Anzi rispose con un semplice: “Potrebbe anche essere stata una donna..” Ma allora questa è stupida forte! “Ti pare che una donna sia così.. astuta e forte?” dissi cercando di sembrare il più calmo possibile, ma la mia voce mi tradiva. Ma lei fece semplice spallucce e continuò come se fosse niente: “Tutto può darsi..” e poi aggiunse: “ E comunque quello che cercavo di farvi capire è che potrebbero essere in due: un uomo e una donna. L’uomo potrebbe averla rapita e violentata, tutti e due l’avrebbero uccisa –anche se è una quattordicenne non è comunque facile uccidere qualcuno così a mani nude.- mentre la donna avrebbe potuto portare a termine lo scambio tra soldi e cadavere. Lo dico perché le donne sono molto più astute e più brave in queste cose. Ma tutto è possibile. La mia era una semplice supposizione.” concluse con tutta calma. “Le ragazze astute? Bah..” risposi, guardando fuori dal finestrino. Sam allora si mise a ridere. “Ha ragione la ragazza ‘Tutto è possibile’. Questo era il nostro motto prima di diventare così bravi e cambiarlo in ‘La vittoria e tutto’.” Disse con un pizzico di nostalgia. La ragazza, di cui non ricordo il nome, le porse una mano sulla spalla e con un sorriso gli confidò: “Guarda che è importantissimo vincere. In questo caso poi, che si cerca di trovare un killer che viaggia per il mondo da otto anni, trovo che sia di fondamentale importanza. Se poi conti anche lo sforzo enorme che hai fatto e il motivo, allora è semplicemente meravigliosa la vittoria.” A tutti tornò il sorriso e la speranza dopo quelle parole. “Devo ammettere che con le parole sei brava.. ma non sarà per quello che vinceremo contro il killer, se vinceremo. Possiamo solo vincere grazie allo spirito di squadra che abbiamo e allo stesso tempo grazie alle qualità del solo. E mi pare che su questo tu non sia molto brava.” Dissi con tutta la freddezza del mondo. I miei colleghi mi guardarono come se avessi appena detto la cosa più brutta e inappropriata che avessi mai potuto dire. Come se fossi il diavolo in persona, ecco. Ma lei non si perse d’animo e con tutta la tranquillità del mondo rispose: “Anche io credo di non avere nessuna qualità. Fino a ieri sera neanche sapevo che i miei genitori facevano parte di una setta segretissima che si occupa di casi archiviati dalla stessa polizia. Ho sempre vissuto con altre convinzioni e all’improvviso i miei stessi genitori mi chiedono di entrare a far parte di una setta così.. complessa e con compiti alquanto pericolosi. Non essendo una ragazza molto sicura di me stessa, all’inizio non capivo proprio perché me. Ma comunque ho deciso di accettare perché i miei genitori credono tanto in me, che non ho potuto fare altro. Ora se mi odi o meno, solo per la stupida convinzione che le donne non possano fare niente, accomodati tra altri mille che mi potranno odiare dopo questa spedizione. Ma questo non vuol dire che mi arrenderò così facilmente. Sono determinata a concludere qualsiasi caso mi diano, perché questo vogliono i miei genitori e perché questo è giusto che sia. È giusto che delle persone così spregevoli che compiono questi atti siano mandati in prigione se non di peggio. È vero non sarò brava in tutto, sono impacciata, timida e insicura, ma se qualcuno confida in me e nei miei piccoli potenziali allora non mi perdo d’animo. E se mi odi, ripeto, fai la fila dopo i mille.” Dopo un discorso così lungo e pieno di sentimenti, improvvisamente intuimmo tutti il motivo delle parole del capo: “Lei ha un potenziale che voi tutti non avete.” E quello era la determinazione. Nessuno di noi aveva un potenziale così alto. Con la determinazione si riesce a fare tutto. E il suo potenziale, ancora più grande della determinazione, è riuscire in un modo o nell’altro a trasmetterla anche agli altri. Infatti all’improvviso pure noi fummo spinti da una determinazione incredibili. A quel punto eravamo imbattibili. Mi hanno sempre detto che la mente fosse davvero molto importante. Ma per mente intuivo intelligenza e astuzia. Ma spesso la determinazione è parte della mente. Della mente e del cuore anche, quindi più forte di così non ci poteva essere. Se sei determinato, riusciresti a vincere contro tutto e tutti. Era per caso questo quello che voleva farci capire il capo? O c’era qualche altro potenziale a cui si riferiva? Ci fu un grande silenzio fino all’arrivo della nostra meta. Dopodiché Sam e George incominciarono a discutere molto su un piano da escogitare per il nostro nuovo compito. Gli altri li ascoltavano attentamente e commentavano con qualche assurda decisione. Tranne io. Io continuavo a pensare alle parole che aveva pronunciato lei nell’aereo. Gli altri forse credevano che quello era il suo unico potenziale, ma io ero sicuro che ne avesse un altro, se non due. Ma ovviamente non l’avrei MAI ammesso. E poi pensai di nuovo a noi, senza lei. In effetti aveva ragione il capo: eravamo incompleti, c’era qualcosa che mancava in noi. E non solo la determinazione. Tanto per farvi capire un po’ come siamo, vi spiegherò dal principio le nostre caratteristiche principali. -George: 20, il più grande del gruppo, molto responsabile e vigile, mette sempre in primo piano noi e dopo lui. Gli piace anche far capire a volte che lui è il più grande e quindi prende responsabilità che, secondo lui, noi siamo troppo piccoli per avere. Il suo motto personale è “Difendi chi ne ha bisogno.” Il suo simbolo è il falco. -Sam: 15 anni, il più piccolo, solare, ride spesso e prende tutto quasi sempre troppo alla leggere, la sua grande potenzialità è quella di riuscire a leggere nel pensiero. O almeno noi lo chiamiamo così, ma in realtà sono anni e anni di allenamento per leggere negli occhi della gente tutti i sentimenti che stanno provando in quel momento. Infatti lui dice sempre che gli occhi non mentono mai. Il suo motto personale è “Vivi al meglio la vita, solo così ti sorriderà.” Il suo simbolo è il leone. -Robert: 19 anni, ragazzo di poche parole, il suo sogno è sempre stato quello di fare il militare, gli piacciono tanto i mezzi di trasporto e i suoi preferiti sono gli aerei. È l’addetto alle ricostruzioni di qualsiasi nostro “mezzo”. Infatti lui è bravissimo a ricostruire gli oggetti, è quello il suo potenziale per così dire. Ci può servire per ricostruire oggetti trovati nella scena del crimine o ci può costruire della armi da poche cose che riusciamo a trovare, se proprio ci servono. Il suo motto personale è “Ogni oggetto può essere indispensabile all’uomo.” Il suo simbolo è il lupo. -Peter: 16 anni, il più intelligente tra tutti, quando deve ragionare si mette sempre gli occhiali –dice che gli servono per pensare meglio-. Il suo potenziale è quello di riuscire a risolvere enigmi incomprensibili e leggere anche le lingue più antiche. Il suo motto è “L’intelligenza e l’astuzia sono parte di noi, c’è chi le manifesta di più e chi di meno.” Il suo simbolo è la volpe. -Harry: 16 anni, molto credente e ottimista, quando però si cacciano nei guai più grossi lui si mette in ginocchio e prega, guai chi lo disturba. Il suo potenziale è la forza. Infatti, anche se sembra improbabile vedendolo, ha uno forza straordinaria pari addirittura a quella di un elefante, che è il suo simbolo. Il suo motto è “Dio ci ha dato tutto, tocca a noi ringraziarlo di questo, incominciando a credere in lui.” -Paul: 18 anni, un vero gentlemen, educato e cordiale. Ma ha una doppia personalità, sta volta più irascibile, testardo e questo lo porta ad un ragazzo di poche parole. Non è ancora del tutto chiara la sua dote perché “per prima cosa non sa quale delle due personalità lui fa parte” dice sempre il capo. Nonostante questo cerca sempre di essere d’aiuto in tutti i modi praticando dieci sport che lo aiutano a diventare più forte. Il suo motto personale è “Devi credere in te stesso, senno forza e donne non ti saranno dati.” Mentre nella sua seconda personalità è “Se ti danno delle regole è perché sei debole, allora devi far capire di non esserlo iniziando a non rispettarle.” I suoi simboli sono la lince e il serpente. Io invece sono James, ho 19 anni, alto 1.82, di sangue freddo, ateo, credo che le donne siano guidate troppo dal sentimento dal semplice fatto che sono un “burlone a cui piace soltanto sedurre ragazze per divertimento” dice sempre Paul, indignato, quindi diciamo che a forza di “sedurre ragazze per solo divertimento” un po’ ne saprò, non credo infatti che ci siano ragazze diverse perché non ne ho mai trovate. Nonostante questo però trovo che le donne debbano esser trattate lo stesso con il dovuto rispetto, ma non devono entrare a far parte in cose che non le riguardano. Il mio potenziale è l’astuzia. Certo non sono intelligente come Peter, ma se è per questo sono più astuto addirittura di lui. Lo so per certo perché me lo ha detto il capo. Per astuzia intendo che se entriamo in guai grossi, il più delle volte so risolverli. Infatti mentre Peter sa risolvere gli enigmi con la sua incredibile intelligenza, io so uscire dai guai con la mia incredibile astuzia. Questo è quello che c’è scritto sul mio documento d’identità della setta, non sono mica io che dico ste cose. Comunque il mio motto personale è “Devi sempre avere un piano di riserva abbastanza astuto per stupire il nemico e prenderlo alla sprovvista.” Il mio simbolo è l’aquila. Ritornando a noi, George mi stava chiamando spazientito, ma anche un po’ preoccupato. Di sicuro non trovavano un piano e avevano bisogno dell’astuzia. Siamo sempre alle solite. “Per me adesso dobbiamo semplicemente andare a dormire. Sono le dieci di sera, non riusciremo a combinare niente di niente a quest’ora se non rimanere svegli tutta la notte. E questo peggiorerebbe semplicemente le cose.” Risposi con tutta tranquillità. I ragazzi si guardavano un po’ incerti sul daffare: come sempre non credevano alle mie parole. “Io credo che abbia ragione James, se non dormiamo non riusciamo poi a ragionare bene domani. E poi se lo dice lui mi fido.” rispose la ragazza. Rimasi un po’ a fissarla, allibito. Beh, almeno qualcuno mi avrebbe creduto nel gruppo finalmente. Ma la cosa che mi confuse maggiormente era l’ultima frase: “E poi se lo dice lui mi fido.” Mi stava prendendo in giro o diceva sul serio? Eppure l’ho trattata malissimo fin da quando è arrivata. Essendo una ragazza molto convincente, gli altri si guardarono sta volta con aria decisa e con un briciolo di sonno. “Beh allora direi di andare in un albergo. Vediamo un po’ in questa cartina dov’è quello più vicino.” Disse Peter. Come sempre, per precauzione, prima di viaggiare in posti sperduti, si era portato una cartina per orientarci. Fatto sta che trovammo presto un hotel dove stabilirci. Prenotammo quattro camere, così da dividerci in due. Ovviamente fu George a dividerci, sentendosi responsabile pure di questo. “Bene, allora, io con Sam, Peter con Robert, Harry con Paul e.. James con Gwendolyn.”ordinò, con un briciolo di incertezza però nell’ultima scelta. “E chi sarebbe Gwendolyn?”chiesi. “Preferisco farmi chiamare Gwen, comunque.” Rispose la ragazza. Ecco qual è il suo nome. “Io con questa? Scusa ma non posso avere io Sam e tu la ragazzina?” chiesi, abbastanza infuriato. Per tutti Sam era il migliore tra tutti. Nelle missioni avevamo un ottimo spirito di squadra ma nella realtà nessuno sopportava nessuno. Tranne Sam: a lui piacevano tutti e a tutti piacevano lui. “La smetti di lamentarti sempre? Ormai ho deciso. Trattala solo bene, non come tutte le altre che ti porti dietro.” Disse lui, quasi disgustato dalle mie azioni. Neanche fosse Jack lo Squartatore versione solo ragazze –non so esattamente da dove mi è venuto in mente, saranno i troppi gialli-. “Veramente James, cerca di non portartela a letto come fai con tutte le ragazze. A parte il fatto che le ragazze sono preziose e bisogna trattarle benissimo, lei è pure una nostra collega ormai.” Mi ricordò Paul. Anche lui sembrava un po’ contrario alla decisione di George. Tutti lo erano. “Va bene, dormirò con lei nella stessa camera. Tanto per farvi capire che non sono un ragazzo così cattivo come voi mi immaginate.” Risposi, incazzato nero. Presi il mio zainetto ed entrai nella stanza che avevano deciso per me e la ragazzina. Dopo qualche minuto, probabilmente i ragazzi l’avranno raccomandata di starmi il più lontano possibile, entrò pure lei con tutta la tranquillità del mondo. Si siede sul letto e mi fissa. Sta forse aspettando che le salti addosso da un momento all’altro come faccio con le altre? E no, mi aveva del tutto sottovalutato allora. “Sai, gli altri dicono che tu sei pericoloso. Ma io non ci credo. Anzi, ti ammiro molto. Prima sei riuscito a far spaventare tutti sull’aereo. Per poco anche me. E so perché non vuoi che venga con voi nel gruppo: hai paura che combino casini e anche gli altri ci finiscono in mezzo. Gli vuoi davvero bene eh?” chiese con quel suo irritante sorriso. Ma che ne sa lei dei miei motivi? Non risposi, comunque. Mi sdraiai sul letto in un fianco, il più lontano possibile da lei. Anche lei si sdraiò. “Sai è tutto abbastanza strano. Fino a ieri pomeriggio vivevo una vita come tante, ora sono in missione così all’improvviso. E sai che cosa mi ha detto il vostro capo? Che io sono l’anello mancante, ormai trovato, nella vostra squadra. Non ci credo più di tanto. Cioè, oggi vi ho visto tutti insieme. Siete formidabili. Sembrate usciti da un film d’azione di quelli belli in 3D. Non ci credo che avete un anello mancante e che quello sono proprio io.” Disse tutt’un fiato. "Non ti preoccupare neanche io ci credo", avrei voluto risponderle. Ma mi limitai a fare finta di dormire. “Oltretutto ho saputo che verrai in classe con me, perché ti devo insegnare un po’ di cose..” si mise a ridere. “Non so proprio cosa ti devo insegnare. Non sono brava a fare la maestra e ad impartire ordini. E poi non mi sembri proprio il tipo che ubbidisce come uno stupido cagnolino. Infondo tu sei l’astuzia, mica lo stupido.” E si mise a ridere di nuovo. “Però sai sono felice che verrai in classe con me. Così ti presento ai miei amici. Sono simpatici e sono sicura che ti troverai benissimo con loro. Sai potremmo pure diventare amici.” Concluse con tutta la disinvoltura. Sentì che lei si girò nella parte opposta e poi più niente. Sbuffai. Amici? Non vedo l’ora guarda. Ma tanto non lo diventeremo mai. Sì, andremo in classe insieme, ma io ho degli amici e lei ne ha degli altri. Ma dimmi te se devo mettermi qua a pensare a ste cose, ora gliele dico dritte in faccia. Mi girai, ma lei dormiva. Eravamo a pochi centimetri di distanza. Per mia fortuna non russava. Anzi, sembrava quasi un angioletto. La fissai per un po’ e ripensai a tutto quello che mi aveva detto. Infondo era una brava ragazza e forse io la trattavo davvero così male e non se lo meritava. Ad un certo punto lei mi strinse le braccia al collo e si avvicinò ancora di più. Ormai eravamo naso contro naso. Se l’indomani i ragazzi mi avrebbe visto così avrebbero pensato chissà cosa. Allora cercai di scrollarmela di dosso senza svegliarla. Ma lei iniziò a fare incubi. O almeno è quello che avevo intuito perché incominciò ad agitarsi sulle mie braccia e a ripetere: “Non te ne andare. No ti prego, rimani con me. Jonathan rimani qui.” Chi è Jonathan? Rimasi per un po’ allibito, poi mi ricordai che alla fine questa ragazzina neanche la conosco. E Jonathan poteva essere il suo ex, suo nonno, chiunque. Non sapevo niente del suo passato. Mentre invece dei ragazzi sapevo tutto, anche perché noi viviamo tutti insieme da.. sempre. I miei genitori sono scomparsi da tredici anni e da allora vivo con i miei colleghi nello stesso appartamento. C’è a chi erano morti i genitori, tipo a Sam, o chi aveva per così dire offerto generosamente i suoi figli, come per Gwen e Peter, e molte altre storie che ci hanno portato tutti a vivere insieme dall’infanzia. Per loro tutti erano come fratelli. Fratelli che non si sopportano, ma alla fine chi non è così. Nonostante questo tutti sapevano tutto di tutti e questa è sempre stata una cosa positiva per me e per gli altri. Ma di lei non sapevamo proprio niente. Neanche se potevamo fidarci. Ma che cazzate sto dicendo? Se il capo ha scelto lei vuol dire che non ci tradirebbe mai. Magari combinerebbe casini, ma tradirci no. È vero, devo avere più fiducia in lui. È sicuramente questo quello che voleva farmi capire. Cercai ancora di scrollarmela, senza successo però. Anzi per poco non si metteva ad urlare. Allora decisi di rimanere così immobile. Domani avrei spiegato tutto agli altri con calma. La guardai ancora un po’. Già, proprio un angioletto sembrava. Sorrisi al pensiero. Mi addormentai praticamente subito.

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Capitolo 2
*** Secondo capitolo ***


Il giorno dopo mi svegliai abbastanza presto. La guardai. Durante la notte dev’essere successo qualcosa perché io ero nell’altro lato del letto e l’abbracciavo stretta a me. All’improvviso lei alzò il viso e mi sorrise. Senza dire niente mi tolsi dall’abbraccio e mi alzai. Mentre mi cambiavo la fissavo. Lei invece era seduta sul letto e guardava la finestra. Ad un certo punto i suoi occhi si puntarono sul mio fisico. “Begli addominali.” Disse semplicemente, prima di una lunga risata isterica. “Non capisco proprio cosa ti possa far ridere. E soprattutto non capisco se mi stai prendendo in giro o se trovi davvero i miei addominali belli. Bah, con te è impossibile capirci qualcosa..” ammisi, confuso. “Trovo davvero che tu abbia dei bei addominali. Mi faceva semplicemente ridere l’avertelo detto. Ora mi hai vietato di ridere per caso?” e ride di nuovo. “Magari avessi questo potere su di te. Ma tu non ti fai mettere facilmente i piedi in testa vero?” chiesi. Per me era una cosa troppo strana da chiedere. Era come ammettere che è diversa dalle altre, che invece i piedi in testa se li facevano mettere volentieri da me. “Certo che no.” Il suo sorriso in quel momento arrivò di sicuro a trentadue denti. Probabilmente se fosse durato di più, li avrei pure contati uno ad uno. In quel momento entrò George piano piano, quasi fosse un ladro. Quando vide che eravamo lontani e che non era successo proprio niente di niente, fece una faccia sconvolta che non dimenticherò così facilmente. Ho goduto così tanto di quella faccia, e ci godo ancora. Subito dopo fu seguito da Sam, molto più rilassato e per niente sconvolto alla vista che andava tutto bene. Senza dire niente siamo usciti tutti per svegliare gli altri. Prima di entrare nella stanza di Harry e Paul, Sam mi spinse da una parte per parlare. Stranamente ne’ George ne’ Gwen se ne accorsero. “Alla fine è andata bene sta notte. Io ne ero sicuro. Mi fido di te. Pensa che ieri sera George continuava a rompere che voleva andare a vedere se andava tutto apposto. Io li ho fatto capire che volevo dormire insomma. Mi ha confidato che non lo voleva fare solo per Gwen, ma anche per te. È stata una cosa stranissima. Dice sempre che non ti sopporta ma a quanto pare non è vero. Anzi ha detto che è preoccupato per te perché pensa che ti stai rovinando. Continuava a ripetere ‘Basta che ascolti quando parla di donne. Pensa che siano tutte uguali e che non siano tanto importanti all’umanità.’ Io lo so perché lo dici, ma questo non vuol dire che è vero. E mi ha detto che secondo lui il capo ha deciso di farti andare nella sua stessa classe per fartelo capire. E conoscendo il capo lo credo anche io..” e continuò a parlarmi delle idee folli del capo. Ad un certo punto si ferma e mi guarda per qualche secondo serio, cosa stranissima per lui. “Nonostante tutto credo che tu sia l’unico che abbia capito il vero potenziale di Gwen. Anche se non lo ammetti, tu la rispetti e credi che sia davvero forte e che la determinazione non è il suo unico vantaggio. Te lo leggo negli occhi. Nonostante sia una donna, credi addirittura che potrebbe essere la più forte del gruppo, vero?” mi chiese. Ecco, l’unica cosa che odiavo di Sam era che doveva sempre leggermi nel pensiero e poi rifermi proprio le cose che non voglio ammettere neanche a me stesso. Ma era vero tutto. Così mi limitai a fare un piccolo cenno con il capo. Lui mi sorrise. “Quindi secondo te qual è il suo vero potenziale? Legge nella mente, può diventare invisibile, lancia fiamme dalla bocca..” e continuò a dire altre cazzate a cui neanche davo retta. La sua immaginazione era come sempre troppo elevata. “Ma che cosa ne so io. Sei tu che leggi nella mente degli altri, vero? E allora scoprilo da solo..” dissi, anche se volevo saperlo quanto lui. “È questo il problema. Non riesco a leggere niente. Solo i sentimenti del tipo: mi sto per arrabbiare, sono felice, sono pensierosa ecc.. ma non riesco a vedere nient’altro. È molto strano per me, non mi era mai capitato..” ammise Sam, confuso. Incominciai ad agitarmi. E se non fosse umana la ragazzina? Noi non sappiamo niente di lei, in effetti, e il fatto che Sam non riesca a leggerla, mi preoccupa tantissimo. “Eccovi qua, non vi trovavamo più.” Disse Harry. Harry fu seguito subito dopo da Paul, George e infine Gwen. La guardai per un po’, cercando di farle capire che io e Sam stavamo proprio parlando di lei e che la mia fiducia verso di lei si stava gradualmente abbassando. Ma lei sembrò non accorgersene neanche. Allora andammo a svegliare Peter e Robert. Per tutta la mattina pensammo ad un piano e alla fine decidemmo di passare il pomeriggio ad indagare di più sulla ragazzina, i familiari e gli amici. Per pranzo Gwen si offrì di portarci lei la pizza e quindi rimanemmo solo noi ragazzi in salotto ad aspettarla. Capii che era il momento giusto per parlare un po’. Così gli raccontai del discorso avvenuto quella mattina tra me e Sam. Gli altri rimasero sconvolti e chiesero conferma a Sam, essendo che come sempre non mi credevano. “Secondo me dovremmo parlarne al capo. Magari lui sa qualcosa che noi non sappiamo.” Suggerì Robert. Allora prendemmo il Wailk (oggetto inventato dalla nostra setta, una specie di telefono-webcam) e chiamiamo il capo. “Pronto?” risponde il capo. Dal telefono si vedeva che era impegnato in mille documenti. “Buongiorno. Volevamo chiederle una cosa..” iniziò George. E gli raccontò tutto. Il capo non fu ne’ all’armato ne’ spaventato. Il suo volto era neutro. “Quindi avete scoperto una parte del suo potenziale. E ora ne avete scoperto quello principale, ma non sapete come scoprirlo. Beh, c’è solo una parola per descrivere tutto. Mente. Ora provate a ragionare con me. Lei ha una determinazione pari a nessuno, che proviene dalla mente, tutte le sue emozioni diventano anche le vostre –quando lei è felice, lo siete anche voi, quando è preoccupata anche voi lo siete.-, questo grazie alla mente. E infine Sam non riesce a leggerli nel pensiero. Ma i pensieri da dove arrivano? Dalla mente. È questo il suo grande potenziale.” Dagli occhi del capo scintillava una luce strana. Sembrava quasi fosse entusiasta di questa sorta di forza sovraumana. “Ma come è possibile? A me non è sembrata tutta sta intelligenza e astuzia. Poi una donna non può avere tutta questa.. intelligenza.” Ero sconvolto. “No ma che cosa c’entra l’intelligenza. La mente non è solo intelligenza e astuzia, mio caro ragazzo. E le donne a cui ti riferisci tu, non sono vere donne. Quelle che conosci te hanno lasciato da un pezzo la mente. Ormai non sono nient’altro che ragazzine che cercano l’amore o chissà quali sciocchezze. Quelle non sono donne, ma solo ragazzine, ricordatelo. È questo che volevo farti capire, ma a quanto vedo non lo accetti. Ed è per questo che andrai in classe con lei. Capirai tante cose delle donne che in questi anni non sapevi neanche avessero. Qualche domanda?” chiese il capo con tutta la tranquillità del mondo. Gli altri fecero di no con la testa, il capo ci salutò e la chiamata si chiuse. Ci fu un lungo silenzio. In effetti il capo aveva ragione: io proprio non ci credevo. Gli altri sì, a quanto pare. Cioè credevo magari che questo fosse il suo potenziale, ma non che le donne sono così. Quello è un potenziale che ha lei come Peter ha quello della forza. Sì, insomma, dalla nascita. Ma questo non vuol dire che come ragazza la credevo diversa. Aveva un potenziale che altre non avevano, ma senza di quello, beh, l’una vale l’altra. “Se il capo ha ragione, allora è più forte di quanto immaginiamo questa ragazzina.. aveva ragione: ci serve. E sì, lei potrebbe essere anche l’anello mancante. Pensateci un po’, se qualcuno ha lo stesso il potenziale di Sam potrebbe leggerci nella mente e scoprire tutto di noi. Tranne di lei. È molto utile per informazioni riservate e segreti. Ma soprattutto se qualcuno ha la capacità di manipolare la mente altrui, potrebbe manipolare noi ma non lei. Non mi sarei mai aspettato che Gwen avesse queste capacità.” Ammise Peter. “Se è per questo nessuno se l’aspettava..” aggiunse George, che era rimasto in silenzio fino a quel momento. Ci fu un altro lungo silenzio. “Per ora direi di far finta di niente. In fondo lei fa parte del nostro gruppo ormai e farle domande o stare in silenzio non mi sembra la cosa più giusta da fare.. faremo come se noi non lo avessimo mai saputo. Alla fine è pur sempre un potenziale come i nostri. Che sia più o meno forte non importa a noi.” Disse George. Gli altri annuirono. Anche a me sembrava la scelta più giusta. Incominciammo a preparare la tavola e quando lei arrivò la accogliemmo con un sorriso, come se non fosse accaduto nulla come stabilito. Mangiammo e iniziammo subito ad indagare. “Direi di iniziare dai familiari. La ragazzina abitava nella via parallela a questa. Si tratta di una villa abbastanza grande. Ci divideremo in due squadre sta volta: una parte andrà dai parenti più lontani e l’altra dai genitori. Così faremo più in fretta. Allora: Gwen, Harry, Sam e James andranno dai genitori. Io, Peter, Robert e Paul andremo invece dai parenti più lontani.” Concluse George, mentre camminavamo per strada. Suonammo il campanello. Ci aprirono una coppia, il padre e la madre della vittima, che ci accolsero con entusiasmo, ma anche un filo di tristezza e nostalgia. Di sicuro gli vennero in mente i momenti prima della morte della figlia, glielo si leggeva in faccia senza avere i poteri di Sam. Come detto, George, Robert, Peter e Paul andarono dai parenti più lontani. Infatti vivevano tutti lì in quella villa, i rimasti. Io, Harry, Sam e la ragazzina rimanemmo con i genitori invece. “Volete una cioccolata calda?” chiese la madre sorridendo gentilmente. “Sì per me grazie!” risposi. “Anche per me!” aggiunse Harry, inchinandosi. Il solito gentlemen insomma. Gwen e Sam invece fecero segno di no. Ci sedemmo in salotto. Entro 5 minuti la cioccolata era già pronta. Dopo avercela data, la signora si sedette vicino a suo marito. “Allora, sapete già il motivo della nostra visita..” iniziai. Alla signora le vennero le lacrime agli occhi e al signore tremavano le labbra. Tutti e due annuirono. “Bene. Vogliamo delle informazioni dettagliate su vostra figlia. Serve tutto per vendicarla, ricordate.” continuò al posto mio Harry. “Abbiamo già detto TUTTO otto anni fa alla polizia..” disse il padre. “Sì, questo lo sappiamo. Ma ci sono troppi pochi dati, alcuni superflui. Per esempio, non ci può interessare che era una ragazzina molto solare e coraggiosa.. cioè, fa parte del carattere ma non centra niente con la sua morte.” Aggiunsi per farli capire il problema. La madre è scoppiata a piangere, mentre il padre si alzò e urlò: “Ci avevano chiesto com’era e noi glielo abbiamo detto. Ora andatevene, non voglio sentire un ragazzino che neanche capisce il valore della morte di una ragazzina.” “Il nostro collega voleva solo cercare di farvi capire..” cercò di aggiustare la situazione, Sam. “Non mi interessa cosa voleva farci capire. Non lo vogliamo sentire. E ora andatevene subito! Tanto non abbiamo altri dati da aggiungere..” disse l’uomo andando verso la porta per buttarci fuori. La madre piangeva ancora. “Davvero? Anche a me, che non sono molto astuta e capisco le cose un po’ in ritardo, sembra che ci sia qualcosa di incompleto.” Aggiunse Gwen con tutta calma. Il padre si fermò e la guardò perplesso. Probabilmente neanche l’aveva notata. “Le posso assicurare signorina che noi sapevamo solo questo.” Ribatté, un po’ incerto stavolta. “Ne è sicuro? Dai dati qui sembra che non abbiate dei nemici. E allora perché avrebbero preso proprio sua figlia? Sì, insomma, lei è molto ricco, qualche nemico deve averlo. Qualcuno che voleva i suoi soldi o voleva vendicarsi..” aggiunse ancora Gwen. Rimasi colpito. Non ci avevo ancora pensato. Mi ero basato sulla ragazzina, non sul lavoro del padre. Strano però, di solito è la prima cosa che mi viene in mente. Forse ho troppe cose nella testa che neanche riesco a pensare bene. “Ma a me avevano chiesto solo di mia figlia.. non avevano fatto domande sui miei nemici.” Ammise il padre, sconvolto. “Strano, di solito nei film è la prima cosa che chiedono..” disse Gwen, confusa. “In effetti neanche io ci avevo pensato.. però avrei comunque risposto che non avevo nemici. O almeno credo. In effetti sono ricco, ma ci sono persone molto più ricche di me. Potrei avere un nemico.. ma chi? Per me sono tutti amici o conoscenti e nessuno mi ha mai minacciato o confessato di odiarmi.” Rispose l’uomo. La donna annuì. “Forse qualcuno dei vostri amici sta facendo il doppio gioco, signore. O forse semplicemente le mie supposizioni sono sbagliate. Non saprei dirle. L’unica cosa che vi posso assicurare è che troveremo il criminale, a qualsiasi costo. Perché una persona così spregevole merita solo la prigione, ne siate certi.” E con questo Gwen concluse le sue teorie. Nella sua faccia si leggeva la rabbia e il disprezzo. Allora anche il padre scoppiò a piangere. La moglie lo abbracciò e cercò in tutti i modi di confortarlo, ma non ce la fece e scoppiò pure lei. Io, Sam e Harry ci guardammo. E ora che facciamo? Alla fine non facemmo niente, perché fu Gwen ad avvicinarsi a loro e metterli a tutti e due una mano sulla spalla. “Ripeto: vi promettiamo che troveremo il criminale, a qualsiasi costo. Avete pianto anche troppo e nonostante siano passati otto anni piangete ancora. Sono sicura che siete stati dei bravi genitori. Il vostro ruolo l’avete svolto nei migliori dei modi e vostra figlia ne è di sicuro grata. Ora tocca a noi svolgere al meglio il nostro. Permettetecelo, vi prego!” Rimanemmo tutti a bocca aperta. I genitori annuirono. Gwen sorrise con gratitudine, salutò ed uscì dalla porta. Anche noi salutammo un po’ impacciati e uscimmo. “Ora aspettiamo qui gli altri..” disse Sam. Silenzio. “Come ti salta in mente di darli delle speranze? E se poi non riusciamo a trovarlo questo criminale eh? A volte capita, sai. Ci odieranno per questo…” dissi, irato. Ma lei fece semplice spallucce e disse: “Vorrà dire che lo troveremo.” Le presi un braccio, ormai in collera e le urlai: “Ma chi credi che siamo eh? I fantastici quattro? Nonostante i nostri potenziali che ci rendono diversi, siamo comunque umani. Abbiamo dei limiti. Ma tu manco sai cosa vuol dire quella parola vero?” “James calmati.” Disse semplicemente Sam. “Come faccio a calmarmi? È un completo disastro questa ragazza: non riesce a farne una giusta!” esclamai. Intanto le lasciai il braccio. “Secondo me invece ha fatto bene. Adesso, almeno, si fidano di noi. Se non fosse stato per lei, ora ci odierebbe grazie al tuo casino..” si intromise Harry. Questo voleva litigare, ne ero sicuro. “Ora calmatevi tutti. Smettiamo sempre di odiarci e litigare.. perché non possiamo essere una vera squadra nel vero senso della parola?” chiese Sam, pur sapendo di aver fatto una domanda senza una risposta certa. Guardai Gwen. Lei mi fissava.. terrorizzata? Facevo davvero così paura? Cercai di calmarmi. Litigare non faceva che dividerci sempre di più, aveva ragione Sam. Ma non potevamo farci niente, non eravamo per il gioco di squadra e non lo saremmo mai stati. In quel momento arrivarono anche gli altri. Di sicuro avevano capito che qui c’era stato un litigio, soprattutto grazie alle nostre facce rivelatorie, ma sembrava che non ne volevano sapere. Così ci chiesero come era andato il nostro colloquio e cosa avevamo scoperto. Raccontammo un po’, tralasciando il casino che avevo combinato e la promessa fatta. Poi toccò a loro, ma neanche loro avevano scoperto più di tanto. Tornammo tristemente a casa. Non ce la facevo più e così mi sdraiai sul letto. “James..” chiamò Gwen. “Voglio dormire..” cercai di farle capire, ma come tutte le donne era insistente. “Volevo solo chiederti.. tu non sei così come eri prima vero? Cioè, prima sembravi più che altro controllato dal diavolo, non so se mi spiego..” chiese, cauta. Mi girai e la guardai dritto negli occhi. Sembrava agitata e molto, troppo, spaventata. “Se ti dicessi che io sono così e che non ti sopporto più, che sono l’unico che non ti vuole nella squadra, che ti odio anche solo perché sei una donna come tante e che ora voglio soltanto che te ne vai via da questa stanza e, possibilmente, anche dalla mia vita?” dissi tutto d’un fiato, cercando di sembrare più tranquillo possibile. Subito mi guardò allibita, poi mi sorrise e rispose: “Non ci crederei..” Mi sdraiai di nuovo. “E allora non ci credere. Però devi sapere che è esattamente così.” Conclusi. Ci fu un lungo silenzio, a me sembrò non finire mai. “Capito.. emm.. allora ti lascio riposare. Ciao.” Non l’avevo ancora mai sentita così.. distaccata? Sì credo che fosse così. Distaccata. Aveva capito che non la sopportavo e ora voleva solo lasciarmi stare.. Che cos’è questo adesso? Senso di colpa? Ma che colpa e colpa, James. Non ti deve fregare se quella ci sta male dai. Anzi sei stato troppo bravo con lei. Non riuscivo ad addormentarmi. Non mi ero mai sentito così tanto uno… schifo. Esatto mi sentivo il ragazzo più cattivo, egoista e senza cuore di tutto il mondo. Eppure non mi era mai importato delle emozioni altrui. Basta! Sono esausto e ora devo solo dormire. Poi penserò se è giusto o sbagliato il mio comportamento. Di sicuro deve esser colpa del suo potenziale: lei si sente in colpa e allora anche io mi sento così. Di sicuro è quello. Stranamente mi addormentai all’istante.

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Capitolo 3
*** Terzo Capitolo ***


Al mio risveglio, mi trovai seduto sul divano Robert che stava leggendo un libro molto vecchio. “Che cosa ci fai qui?” chiesi, ancora mezzo addormentato. “Gli altri sono andati a prendere da mangiare. Mi hanno chiesto di tenerti d’occhio..” rispose lui, continuando a leggere il suo libro. “Come sempre non vi fidate di me eh?” ridacchiai, con però una profonda fitta al cuore. Robert fece spallucce. “A me non importa, sono loro che mi hanno obbligato. Soprattutto Greg.” Rispose. Ne ero sicuro. L’ho sempre odiato quel ragazzo: è troppo presuntuoso e si crede chissà chi. “Ho saputo che hai fatto stare parecchio male la nuova arrivata Gwen..” mi ricordò, dandomi una veloce occhiataccia. Feci spallucce. “Non sono il tipo che rimprovera la gente, lo sai, ma lei ci è rimasta davvero male sai? Ha detto che non ti vuole più dare fastidio, quindi si è spostata nella camera con Greg e al suo posto verrà Sam. Oltretutto mi ha detto di dirti assolutamente che lei non si metterà più in mezzo e se non vuoi non ti parlerà più. Che cosa ne pensi?” sta volta chiuse definitivamente il libro e mi guardò severo. Continuai a fare solo spallucce. “Dovresti confidarti un po’ più con noi, sai? Alla fine ci conosciamo da tantissimo tempo, siamo come fratelli. Con noi dovresti sentirti come una famiglia..” Lo guardai dritto negli occhi e gli urlai: “Come faccio a sentirmi una famiglia con voi che non vi fidate mai di me e che mi odiate eh? Con voi mi sento solo un estraneo. Rimango solo per il capo, senno me ne sarei anche andato volentieri.” Lacrime? Quelle che sentivo negli occhi erano lacrime? No cazzo, sono un uomo e non posso piangere. Allora mi alzai, gli voltai le spalle e respinsi le lacrime. Ma così incominciai a sentire la rabbia in tutto il corpo, così tanta che presi il letto e lo rivoltai. Se non piangevo, dovevo sfogarmi in un altro modo. E quello era l’unico, anche se non il migliore. “James calmati. Non ti chiederò più niente, lo giuro.” Disse Robert, porgendomi una mano sulla spalla. Rimanemmo in silenzio fino al ritorno dei ragazzi, che entrarono subito in camera. C’erano tutti tranne Gwen. A cena ci fu un altro grande silenzio, seguito poi da un lungo resoconto di Sam a proposito dell’ottima pizza che facevano in quel posto. Allora tutti iniziarono a parlare un po’, tranne io e Gwen. Sinceramente neanche li stavo ascoltando. A volte la guadavo di sottecchi. Ha sempre avuto la testa bassa e mangiava in silenzio. Probabilmente non si sentiva abbastanza accettata, anche perché lei mi è sembrata completamente diversa. Un enorme senso di colpa mi colpì, facendomi stare male. Così per il resto della cena rimasi anche io con la testa bassa senza dire niente. Durante la notte non riuscivo a dormire. Non mi ero mai sentito così, ed era una delle sensazioni più brutte che avessi mai provato. Così mi alzai dal letto, cercando di non svegliare Sam, e andai in cucina. Aprì il frigorifero per scegliere qualcosa da mangiare. In quel momento sentì dei passi vicino a me: era Gwen. Si sedette su una sedia e mi guardò senza dire niente. Presi la mia aranciata e un bicchiere. Poi tornai indietro e decisi di prenderne un altro. Li riempì e uno lo diedi a Gwen. “Nemmeno tu hai sonno?” gli chiesi con un sorriso sforzato. “No. Poi Greg non mi aiuta molto russando..” rispose con un lieve sorriso. Mi misi a ridere. “Perché prima sei cattivo con me e poi gentile?” mi chiese. Rimasi per un po’ a fissarla e poi decisi di essere sincero. “Quello che ti dicevo prima è vero. Davvero non voglio che fai parte del nostro gruppo. Ma solo perché secondo me le ragazze si devono fare gli affari propri e pensare alle loro cose. Queste cose possono essere esercitate solo da ragazzi, secondo me, perché voi ragazze siete troppo.. indifese e sentimentali. Quindi non pensare che sia colpa tua, anzi. Io c’è l’ho con le donne in particolare, ma.. cioè.. tu sei comunque una mia collega e non voglio che mi odi. Non che cambia molto dagli altri ragazzi. Tutti mi odiano. Però io non ti odio. Volevo solo dirti questo.” Conclusi. Allora lei si avvicinò a me e mi porse una mano sulla spalla. “Ti perdono!” mi sorrise. “Ma non devi pensare che gli altri ti odino. Loro pensano soltanto che avresti bisogno di qualcuno vicino. Ma loro stessi non hanno il coraggio di fare quello che dovrebbero perché hanno paura. Non di te però, ma hanno semplicemente paura di sbagliare qualcosa e di rovinarti definitivamente. Non sono abbastanza sicuri.” “Come si fa a pensare una cosa così se neanche ci hanno provato?” “Non lo so, ma sono quasi sicura che sia così..” “Quindi nessuno mi aiuterà mai?” chiesi. Credo di sembrare abbastanza abbattuto perché Gwen iniziò a guardarmi con compassione. “No, ci sono io qua.” E mi abbracciò. Un abbraccio? Credo di non averne mai ricevuto nessuno in tutta la vita. Allora cercai di ricambiare, in modo un po’ impacciato, quel nuovo gesto d’affetto. Mi sentì subito immerso in una sensazione strana. Amicizia? Sì, lei è diventata in così poco tempo la mia prima amica.

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