i segreti della famiglia jonson

di Tommy93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** l'inizio della fine ***
Capitolo 2: *** l'addio ***



Capitolo 1
*** l'inizio della fine ***


Le stelle brillavano alte nel cielo nero. La musica, a tutto volume, rimbombava nella notte.

”Auguri Marky”

“Grazie mille Sarah”

Sarah sorrideva allegra. Gli occhi di un verde vivace, le guance rosee, i capelli lunghi sino alle spalle di un biondo brillante. Un fisico slanciato da modella. La sua presenza, spesso, provoca l'invidia delle altre ragazze.

”Tutto bene Marky?”- chiese con la sua voce melodiosa sovrastata dalla musica. Adorava chiamarlo con quel nomignolo. Erano amici d'infanzia, cresciuti gomito a gomito. Ma da un po' di tempo, quando Marcus la incontrava, iniziava a sudare freddo e si agitava come non mai.

“S-Si” rispose, il cuore in tumulto, il viso rosso dall'imbarazzo.

“Il grande Marcus!!”

Marcus si girò di soprassalto. Era Frederic Gallard, patito degli sport di combattimento nonché il suo miglior amico.

“Ehilà Freddy” rispose “Ti diverti?”

Alto, capelli corti castani, carnagione abbronzata, sfoggiava un sorriso smagliante.

“Certo! Con una festa cosi, come non ci si può divertire?” rispose cingendo le spalle del festeggiato “Vieni un po' con me” aggiunse, strizzando l'occhio alla ragazza e lo trascinò via per portarlo assieme ai compagni di classe e amici. Partì un coro che intonò la classica canzoncina “tanti auguri a te”, concludendosi con un brindisi, seguito da fischi, urla e applausi.

Marcus guardava sorridente i ragazzi tutti riuniti nel salotto. Era felice. Per il suo diciottesimo compleanno i suoi genitori gli avevano lasciato il permesso di usare la casa sul lago. Era molto spaziosa, una vista sul lago mozzafiato e una tranquillità assoluta dove poter festeggiare senza preoccupazioni. Il miglior diciottesimo compleanno in assoluto. Amici, musica, alcool e risate. Cos'altro si poteva chiedere dalla vita?

Il telefonino di Marcus cominciò a suonare, distogliendolo dai suoi pensieri. Senza neppure guardare il display rispose euforico.

“Qui parla il festeggiato più felice del continente! Li chi parla?”

“Buona sera, sergente Samuel Brown. Parlo con il signor Marcus J. Jonson?”

Mark cadde dalle nuvole, spiazzato. Guardò l'ora, era l'una passata. Cosa diavolo può volere uno sbirro da me a quest'ora? pensò mentre rispose.

“Si sono io” mise la mano sull'orecchio libero per sentire meglio e uscì sulla terrazza per allontanarsi dagli schiamazzi della festa.

“Capisco molto bene che certe cose non bisognerebbe saperle per telefono” rispose il sergente “Ma sei l'unico parente reperibile”

Marcus aspettò paziente che Brown riprendesse.

“Mi dispiace ragazzo. Poche ore fa i tuoi genitori hanno avuto un incidente stradale...”

Mark alzò gli occhi sul lago. Ciò che vide fu solo un' oscurità assoluta e avvolgente.

“... Sono morti entrambi”

Il cuore di Marcus perse un colpo.


 

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Capitolo 2
*** l'addio ***


I rombi del tuono spezzavano le parole del prete.

I flash dei lampi sembravano fermare il tempo.

La pioggia cadeva silenziosa.

Marcus era difronte alle tombe dei suoi genitori. Tutt'intorno, persone vestite completamente di nero. I volti stravolti dal dolore, di tanto in tanto alcune persone iniziavano a piangere, consolate immediatamente dai loro vicini con gesti semplici o poche parole di conforto. Quando il sermone del prete finì, il gruppo si strinse attorno a Mark. Tutti dovevano stringergli la mano o abbracciarlo. Dovevano mostrare la loro pena e lo facevano con le classiche frasi: “mi dispiace ragazzo”, “condoglianze”, “andrà tutto bene”, “qualsiasi cosa, io ci sono”, oppure “erano bravissime persone”. Alle orecchie di Marcus suonavano vuote e insensate. Finita la processione di condoglianze, guardò la piccola folla di parenti e amici stretti disperdersi. Soddisfatti di aver mostrato la propria compassione, se ne tornavano alle loro auto e alle loro vite quotidiane.

In piedi, difronte alle due lapidi rimase solo. Sotto la pioggia fredda, lo sguardo fisso e perso. Gli occhi bruciarono e una lacrima scese lungo la guancia. Osservò ciò che rimase dei suoi genitori. Due blocchi di marmo bianchi come la neve, con incisi i loro nomi e due date ciascuno. Circondate da una miriade di fiori colorati, spiccano le due foto. Il padre, lo sguardo serio, gli occhi castani, i capelli neri e corti, i lineamenti marcati. La madre sorridente, gli occhi azzurri, i capelli neri come la notte che circondavano i dolci lineamenti del viso.

Si girò verso destra attratto dal baccano. Alla fine della strada alberata che portava all'uscita del cimitero, troupe televisive, giornalisti e curiosi si spintonavano l'un con l' altro sulle barricate poste dagli agenti che bloccavano l'ingresso. 'Nessun rispetto per il dolore altrui. Tutti pronti a soddisfare i propri interessi di lavoro o personali. Società insulsa! Egoistica! Superficiale! Vanno in giro come se nulla fosse, facendo ciò che l'istinto comanda!'. Una pressione sulla spalla lo distrasse dai suoi pensieri rabbiosi, era Sebastian con un ombrello. In quella desolazione l'unica luce. Amico fidato di suo padre, lavorava per la sua da famiglia sin da prima che lui nascesse. Alto con gli occhi castani, possedeva un fisico d'atleta. Pur avendo raggiunto la quarantina continuava a tenersi in forma con vari esercizi. Sebastian, per la famiglia Jonson, è ciò che si definisce volgarmente un maggiordomo. Fece un gesto col capo. Marcus si voltò verso i suoi genitori e gli diede un ultimo addio, poi lo seguì alla limousine. Gli agenti trattennero la ressa che si agitò al loro passaggio. Sebastian aprì la portiera del passeggero per far salire il suo padroncino. “Padroncino?” lo chiamò. Mark stava guardando una vettura nera ferma venti da loro. Una strana sensazione lo aveva fatto girare in quella direzione. Non si vedevano i passeggeri grazie ai finestrini oscurati. “Salga signorino” disse il maggiordomo. Anche lui aveva notato la vecchia mercedes posteggiata. Era tenuta senza la minima cura. Marcus si girò a guardare la folla trepidante. La morte del miliardario Harry Jonson e della bellissima moglie Clarice Jonson, sembrava aver scosso il mondo. Guardò Sebastian che sorrise, poi salì in macchina e si mise comodo. Ascoltò salire Sebastian, chiuse gli occhi e appoggiò il capo sul poggia testa. Il motore venne messo in moto, il veicolo iniziò a procedere docilmente. La mente di Mark corse agli ultimi giorni.

Venti minuti dopo la telefonata sconvolgente, arrivarono due pattuglie della polizia. Scesero quattro agenti, uno di questi cercò Marcus, i lineamenti esprimevano ansia e preoccupazione. Lo trovò sulla terrazza della casa sul lago.

“Buona sera, sono il sergente Samuel Brown, ci siamo sentiti poco fa al telefono. Come stai ragazzo?”.

Mark non rispose, lo guardò con occhi persi nel vuoto. Media altezza, biondo, occhi verdi e una pancia da buona forchetta. Brown restò con il ragazzo sino all'arrivo di Sebastian, mentre i tre agenti si occupavano degli invitati. Gli esortavano a chiamare i loro genitori e farsi venire a prendere. Evitavano di rispondere alle loro domande e gli tenevano alla larga da Mark. Appena arrivò, Sebastian si accorse delle nocche sanguinolente del ragazzo. Guardò con perplessità il sergente che con un cenno del capo, indicò la porta di legno del capanno degli attrezzi. Era piena di ammaccature e traccie di sangue. Il ragazzo aveva sfogato la sua frustrazione sulla porta e su tutto ciò che trovò a portata di mano. Il maggiordomo si avvicinò e cinse con un braccio le spalle del giovane. Salutò con un gesto della mano libera il sergente e accompagnò Marcus alla limousine per riportarlo a casa. Al sicuro.

La mattina seguente, Marcus fu chiamato in centrale dal sergente Brown. Ci andò accompagnato da Sebastian. Al loro arrivo trovarono Brown ad attenderli all'ingresso. Gli salutò entrambi con una stretta di mano vigorosa e gli invitò a seguirlo nel suo ufficio. La stanza era molto spartana. Alle pareti qualche scaffale pieni di documenti, una grande finestra che dava sulla città, una scrivania di legno tenuta in perfetto ordine, una poltrona rossa e due sedie sul lato opposto. Con un gesto della mano invitò i due ad accomodarsi mentre lui prendeva posto sulla poltrona. Tirò fuori da un cassetto un fascicolo che poggiò sopra la scrivania e lo aprì.

“Signori le mie più sentite condoglianze per...”

“Si, si, non perdiamo tempo con cerimonie inutili” lo interruppe Mark “Cos'è successo ai miei genitori?”.

Brown e Sebastian si guardarono. Il maggiordomo fece un cenno col capo al sergente, poi guardò il ragazzo.

“Bene. Come detto al signor Sebastian qui presente, in precedenza. La notte scorsa tuo padre e tua madre erano sulla strada di casa. Un furgone non identificato ha speronato la macchina dei tuoi genitori. L'urto violento gli ha buttati fuori strada, facendoli precipitare giù dalla scarpata. Harry e Clarice Jonson sono morti sul colpo alle 23.30. L'incidente è stato segnalato da un cacciatore allarmato dal rumore dell'incidente. Un certo Aleandro Romires.”

Gli occhi di Marcus divennero lucidi e Sebastian gli strinse la mano. Il ragazzo si riprese al tocco, si divincolò dalla presa e chiese “Cosa sapete sul furgone? Starete indagando no?” la sua foce fu fredda come una lama.

“Si. Dai segni dei pneumatici sulla strada sappiamo che si tratta di un furgone. La scientifica è ancora al lavoro.” rispose il sergente “ Ciò che mi preme chiedervi è se i signori Jonson avessero dei nemici.”.

Mark si alzò di scatto “Sergente Samuel Brown” disse quasi urlando “Mio padre era un imprenditore miliardario e mia madre una bellissima avvocatessa al top della carriera. Secondo lei è possibile che non avessero nemici? Farei prima a dirle gli amici anziché i nemici! Ma che cazzo di domanda!” si girò verso Sebastian e guardandolo dritto negli occhi aggiunse “Andiamo Sebastian! Qui abbiamo finito.” e si diresse verso la porta.

Il maggiordomo si alzò e guardando Brown disse “lo perdoni sergente”

“Capisco benissimo. Mi farò vivo.”

“La ringrazio. Arrivederci” rispose Sebastian e seguì il giovane.

Arrivati a casa Marcus corse in camera sua. Qualcuno a ucciso mamma e papà pensò. Alzò la testa e guardò il suo riflesso nello specchio. Il fisico atletico ereditato dal padre. I capelli neri come la notte e gli occhi azzurri come la madre. I lineamenti marcati come il padre. Si buttò all'indietro sul letto.

“Signorino..”

Sebastian era sulla porta. Si avvicinò alla branda e si sedette. Anche Marcus si mise a sedere. Poi Sebastian fece qualcosa che un maggiordomo non dovrebbe mai fare. Lo abbracciò con sentimento. Mark ne fu sorpreso ma poi contraccambiò e senza rendersene conto cominciò a piangere. Per la prima volta pianse e sfogò il suo dolore.

La vibrazione del cellulare riportò Marcus al presente.

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