L'Ultima Discendente

di Nightkey
(/viewuser.php?uid=444525)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Salvataggio ***
Capitolo 2: *** Amnesia ***



Capitolo 1
*** Il Salvataggio ***


Capitolo 1 Il Salvataggio
Fiore, anno X377
 
Le onde spumeggianti sbattevano violentemente sulla dorata spiaggia cancellando le vecchie orme lasciate precedentemente da alcuni passanti. La pioggia scendeva velocemente dal cielo mentre quest’ultimo si illuminava di giallo ogni volta che un fulmine lo attraversava.
E lei con occhi bagnati di pianto era immobile in mezzo alle turbolenti acque mentre il sangue delle sue ferite si andava mescolando con l’acqua salata in un unico composto roseo.
La ragazza sfilò dalla cintura che teneva a vita un pugnale dalla lama d’acciaio con mani tremanti e dopo aver preso un ultimo respiro si trafisse con esso all’altezza dello stomaco. Si piegò in due e spuntò del sangue. Alzò gli occhi al cielo in cerca delle luminose stelle che tanto adorava ma non riusciva a scorgere nulla all’infuori del mantello di nuvole nere che ricoprivano il cielo. Desiderava rivederle ancora un ultima volta prima di morire. Per lei era stata dura prendere quella decisione ma senza dubbio era la migliore soluzione che avesse trovato per salvare la vita di tutti gli abitanti di Fiore, dei suoi genitori. Per salvare la loro vita doveva sacrificare la sua. Doveva sparire. Non l’avrebbero più inseguita, più cercata, più ingannata, più sfruttata per le sue innate abilità. Non avrebbe più rappresentato un pericolo per la sua amata città. Sarebbe stata il nulla.
-L’ho trovata! – gridò qualcuno. Quella voce penetrò i suoi timpani facendola voltare di scatto. Dava le spalle alla spiaggia e quando si voltò vide i membri dell’organizzazione che la stavano cercando avviarsi verso lei. L’avevano trovata e sicuramente l’avrebbero presa e riportata alla loro sede. E lei non voleva ritornare là. Doveva affrettarsi.
Spinse il pugnale più in profondità. La sua vista si appannò e si lasciò cadere nelle violenti acque col volto rivolto in alto, verso il cielo. Sentì gli uomini dietro di sé urlare di rabbia, imprecare. Rinunciare ad raggiungerla.
Tornare indietro.
Ci era riuscita. Aveva appena distrutto i loro piani. Sorrise.
E prima che i suoi occhi si chiudessero per sempre vide una stella cadente in uno squarcio in mezzo a quel vortice di nuvole nere. La guardò come se vedesse le stelle per la prima volta, con la curiosità di un bambino al quale stai raccontato una bella fiaba. E mentre chiudeva gli occhi espresse il suo ultimo desiderio.
Un giorno sarebbe ritornata e forse non avrebbe trovato tanta malvagità nel mondo ad aspettarla.
 
Fiore, anno X777
 
La ragazza sputò del sangue. Afferrò con una mano un bastone di legno chiodato, accantonato in un angolo di quella stanza, e lo sbatté violentemente sulla nuca del suo avversario. Quello cadde a terra, lasciando la presa sulla sua pistola magica. Un altro, cogliendola di sorpresa, la cinse per le spalle, sfoderò delle lame e le conficcò nel busto della ragazza. Lei urlò di dolore. L’uomo la lasciò cadere a terra.
-Spero che questo ti sia bastato! – ghignò l’uomo sferrandole un calcio in pieno viso. Lei gemette di dolore. – Ora vieni con noi.
-N- no!
L’uomo le sfilò il bastone chiodato dalle mani sporche, lo ruotò e colpì violentemente la ragazza sulla nuca, come lei aveva fatto al compagno dell’uomo. Altre urla, altro sangue fuoriuscirono da lei. Brutte ferite sanguinanti rivestivano il suo, giorni fa, bel corpicino. I suoi vestiti erano sporchi del suo sangue, del sangue degli uomini contro cui stava combattendo. Voleva piangere ma cercava di reprimere l’impulso. Non avrebbe pianto davanti l’organizzazione, non lo avrebbe mai fatto. Strinse i denti e si costrinse a rialzarsi.
-Ne vuoi ancora vedo! – l’uomo con uno scatto fulmineo le conficco un coltello nel fianco sinistro e con l’altra mano abbatté il bastone chiodato sulla ragazza. Lei cadde di nuovo a terra raggomitolandosi su se stessa, come a voler rintanarsi dentro un posto sicuro. Ma lì non c’era posto sicuro, un posto dove scappare. – Non l’hai ancora capito? Resistere ti porterà solo a morte certa. Arrenditi.
-M- mai. – lei non si sarebbe mai arresa. Arrendersi non era una parola che lei conosceva. Poteva farcela, poteva uccidere quell’uomo come lui aveva fatto con i suoi amici, aveva solo bisogno di una fonte di potere. Di un mago. Di un mago a cui avrebbe preso in prestito i suoi poteri per un piccolo lasso di tempo. Sfortunatamente quell’organizzazione era composta solo da  uomini mortali, nessun mago. Avrebbe dovuto metterlo K.O. con tutto quello che la circondava, che riusciva ad afferrare. Estrasse il pugnale dal fianco procurandosi nuove fitte, si rialzò e caricò verso l’uomo urlando con furia.
Lui sogghignò e si preparò a colpirla con il bastone chiodato una volta che fosse stata abbastanza vicina ma qualcosa andò storto. Le gambe della ragazza cedettero e lei ebbe appena il tempo di lanciare il coltello prima di trovarsi con la faccia a terra. Il coltello volò e andò a conficcarsi nel petto dell’uomo procurandogli un squarcio profondo appena sopra il cuore.
-Maledetta! – urlò furioso. Barcollò fino al corpo della ragazza e non appena stava per infliggerle un nuovo colpo, un  colpo che l’avrebbe mandata a miglior vita, un muro di fuoco si abbatté su quello.
La ragazza non riuscì a scorgere bene la figura del ragazzo che  aveva colpito l’uomo. Né era tanto sicura che si trattasse di un ragazzo. Ma non le importava. Chiunque fosse l’aveva appena salvata. Se fosse arrivato prima, pensò, avrebbe potuto combattere al suo fianco usando la sua magia. Ma ormai non le importava più. Gli era debitrice e se sarebbe uscita viva da quella situazione avrebbe restituito il favore come meglio poteva.
Prima di chiudere gli occhi vide un turbine di fiamme avvolgere l’uomo dell’organizzazione. Macchie nere indistinte danzavano davanti i suoi occhi viola. Poi udì solo suoni: urla di dolore, urla di trionfo, voci preoccupate, voci dolci altre furiose. Ma lei non riusciva più a distinguere le parole. Percepiva solo mormorii. Certo il sangue aveva invaso anche le sue orecchie.
Sentì una mano calda poggiarsi sulla sua fronte, scendere alle sue guance e accarezzarla. Quel tocco, pensò, era così rassicurante, così delicato. Avrebbe voluto parlare, parlare con la persona che la stava ora cingendo in un caldo abbraccio, che la stava portando via da lì. Ma non ci riusciva. Le bruciava la gola e  qualunque parola provasse a pronunciare appariva incomprensibile.
Così fece la cosa più facile.
Si addormentò.
 
 
-Cooome? – esclamò Lucy incredula. Scosse la testa. – Una maga capace di “prendere in prestito” la magia di un altro mago? Com’è possibile?
-è una magia molto antica e potente. L’ultima maga Empatica che si sia vista risale a… umh… - Il Master Makarov iniziò un conto alla rovescia usando le dita delle mani. – a circa 400 anni fa! La leggenda narra che si sia tolta la vita per salvare il Regno di Fiore. Con la morte di quella maga Empatica la linea di discendenza si era interrotta, non è possibile che ne esista un’altra. Dalle fonti sappiamo per certo che l’ultima maga non aveva figli, dopotutto aveva solo diciassette anni quando si tolse la vita.
-È sicuro che si tratti di una maga Empatica?
Il Master socchiuse gli occhi e annui. – Guardale il collo.
Lucy ubbidì. Raggiunse il suo letto dove riposava una ragazza dai lunghi capelli neri. La bionda le aveva fatto un bagno, scrostandole il sangue dalla pelle, medicandole le ferite e le aveva dato nuovi vestiti da indossare dato che quelli che portava quando avevano portato la ragazza da lei erano tutti strappati e sporchi.
Sollevò delicatamente le coperte e fece scorrere i suoi occhi sul collo di quella. Lì trovò un piccolo segno, un piccolo otto coricato. Un infinito.
-Quello è il simbolo che contraddistingue ogni maga empatica.
-È possibile allora che esistesse un’altra stirpe ?
-No. Non so molto riguardo cosa accadde quattrocento anni fa, ma su una cosa sono sicuro: Esisteva una sola dinastia.
-Forse la sua presenza è un avviso. Forse qualcuno sta cercando di metterci all’erta.
-Si ma da cosa? – Il master scosse il capo e puntò i suoi occhi verso il cielo azzurro. Cosa significava l’esistenza di un’altra maga empatica? Forse  si stava davvero avvicinando un nuovo pericolo? – Beh non possiamo fare altro che attendere il suo risveglio.
-Lei pensa che si sveglierà? Voglio dire le sue ferite erano davvero profonde e…
-Quando Natsu l’ha trovata e l’ha presa per portarla qua, lei deve aver inconsciamente aver assorbito i suoi poteri e così anche la sua resistenza fisica e velocità di rigenerazione.
Lucy fece cenno di aver capito. Tornò a guardare la misteriosa ragazza con curiosità. Si chiese quali segreti nascondesse e perché si trovasse in quelle condizioni quando era arrivata. Cosa la avrebbe attesa al suo risveglio. All’improvviso la senti urlare. Un urlo disperato. Un'unica parola. “Aiuto”.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Amnesia ***


Capitolo 2 Amnesia
Gwen percorreva un lungo e stretto corridoio buio. Non aveva idea di dove si trovasse né tantomeno come ci fosse capitata, ma percepiva il bisogno di uscire al più presto di lì. Correva senza fermarsi per prendere fiato, correva senza sapere nemmeno il perché ma in cuor suo sentiva che ciò che stava facendo rappresentava l’unica fonte di salvezza.
All’improvviso delle catene sbucarono fuori dal terreno intorcigliandosi, come se fossero incantate, sulle caviglie e le braccia di quella. La ragazza si ritrovò sospesa a mezz’aria, immobile. Sentì i passi di qualcuno avvicinarsi, lo schioccare di una frusta contro le due pareti di pietra del corridoio. Una fiaccola, comparsa poco dopo le catene su una parete, illuminava solo lei, rendendole impossibile vedere chi le si stava avvicinando. Vide un movimento veloce nell’ombra e sentì di nuovo la frusta contro le dure pareti. La ragazza si divincolò,con tutta la sua forza in corpo strappò le catene dalle pareti e aprì delle crepe sui muri che si ingrandirono fin al pavimento aprendo una grossa voragine sotto di lei. Gwen cadde dentro gridando.
 
Gwen riaprì gli occhi così velocemente che rischiò di accecarsi con la luce del sole. Si strofinò gli occhi e quando fu certa di vederci di nuovo, notò che accanto a lei c’era una ragazza  bionda che non aveva mai visto in vita sua, o almeno di quello che ricordava. Gwen soffriva amnesia, non ricordava parte della sua vita e questo la infastidiva. C’era qualcosa del suo passato che sentiva di dover ricordare ma non ci riusciva, per quanto si sforzasse percepiva solo il nulla. La ragazza teneva fissi i suoi occhi color nocciola in quelli viola di Gwen da come la osservava, sembrava non voler perdersi nemmeno un piccolo movimento di questa, tant’è che quando Gwen cominciò ad arrossire imbarazzata, la bionda sembrò tornare in sé.
-Emh… - cominciò Gwen.
-Scusami. Piacere io sono Lucy Heartphlia! – dichiarò la bionda sorridendole.
-Io sono Gwen… pia… - Gwen si fermò di colpo mentre tutti i ricordi delle giornate precedenti, seppur in maniera confusa, le tornavano a galla nella sua mente in un'unica valanga. Ricordava di essere stata rapita da uomini in uniforme nera, bendata e condotta in una sorta d’istituto collocato chissà dove nella regione di Fiore, di essere stata picchiata e maltrattata avendo rifiutato di collaborare per il capo di quei maledetti uomini. Ricordava vagamente cosa le avevano chiesto di fare e il suo rifiuto. Poi il vuoto. Anzi qualcos’altro c’era. Delle fiamme e un abbraccio. Ricordava la presenza di qualcuno attorno a lei che l’avvolgeva in un abbraccio proteggendola dai quei uomini malvagi. Dopo di nuovo il vuoto. – Io… aspetta dove mi trovo? – domandò rendendosi conto solo ora di non trovarsi più in quell’edificio lugubre.
-Sei a casa mia. Quanto ricordi dei giorni precedenti? – Domandò Lucy vedendo la faccia piuttosto confusa di Gwen.
-Non molto. – Gwen provò a concentrarsi, a visualizzare le immagini dei giorni precedenti. – Degli uomini mi hanno rapita… volevano sfruttare i miei poteri ma io non glielo concesso e poi… nulla. Il buio. – decise di tenersi per sé il ricordo di quelle braccia possenti che la circondarono. – Tu sai cosa mi è successo dopo? – domandò con un tono quasi supplichevole.
La bionda sorrise e annuì. – Due giorni fa una donna è corsa nella nostra Gilda. A proposito non te l’ho ancora detto! Io sono Lucy,  maga di Fairy Tail!
-Fairy Tail? Mi sembra di averla sentita nominare… Ah si! Siete quelli che causano spesso l’ira del consiglio!
Lucy annui sorridendo a malapena. – Beh si…dunque dov’ero rimasta? Ah, si! Una donna due giorni fa è arrivata a Fairy Tail chiedendo di poter urgentemente colloquiare col Master. Ci riferì di aver assistito a un rapimento di una giovane ragazza e di aver tentato di fermare quei rapinatori ma tutto quello che era riuscita a fare era strappare un pezzo di stoffa dell’uniforme di uno dei complici del rapimento. Accettammo l’incarico e, congedata la donna, cominciammo la nostra ricerca. Sfortunatamente la donna non era riuscita a veder nessuno dei rapinatori in viso né sapeva dove avessero portato la ragazza. Però aveva visto la ragazza in volto e ci aveva fornito un ottima descrizione di lei e avevamo il pezzo di stoffa dell’uniforme dei rapinatori. La nostra Gilda è composta da Dragon Slayer e grazie al loro super olfatto siamo riusciti a scovarli e lì abbiamo trovato te, svenuta in una pozza di sangue.  – Lucy tamburellò il suo mento con le dita come se cercasse di ricordare qualcosa di importante che le sfuggiva.
-Capisco… - Gwen si strinse nelle spalle. – Grazie per avermi salvata. Io… io… - cominciò a singhiozzare.
La bionda l’attrasse a sé e la strinse forte. – Su ora è tutto apposto. Ti ho preparato un bagno caldo, va a darti pure una rinfrescata.
La Corvina si asciugò gli occhi lucidi e si fece guidare fino al bagno dove, aperta la porta e varcata la soglia, trovò un ragazzo dai capelli rosa intento a godersi la vasca piena d’acqua calda e oli profumati che Lucy aveva preparato.
-NATSUUUUU! – urlò la bionda tirando un calcio contro il rosato. Quello si schiantò contro la parete piastrellata del bagno ritrovandosi, una volta caduto a terra, con un enorme bernoccolo sulla nuca. – Ti ho detto mille volte di non piombare in casa mia così!
Natsu si massaggiò la testa ignorando le grida furiose della bionda. Alzò la testa quando notò accanto a lei una ragazza dai lunghi capelli neri che fissava la scena divertita con i suoi grandi occhi viola. La sua carnagione pallida si stava tingendo di rosso sulle guance e quando notò che lui la stava osservando nascose il viso dietro la cascata di capelli neri.
-Natsu! Mi stai ascoltando? – sbraitò la bionda su tutte le furie. Gli afferrò i capelli e cominciò a trascinarlo fuori dalla stanza e chiudendosi la porta alle sue spalle e scusandosi con Gwen per il disaggio.
Gwen scoppiò in una fragorosa risata. Era da giorni che non rideva così forte, anzi non ricordava nemmeno quando fosse stata l’ultima volta. Si levò i vestiti sudici che indossava e si immerse nell’acqua calda.
A causa dell’amnesia Gwen ricordava poco del proprio passato. Sapeva solo che un giorno si era svegliata su una spiaggia abbandonata con tutti i vestiti bagnati. Aveva solo sei anni allora e già aveva la sua amnesia. Non sapeva come vi fosse arrivata su quella spiaggia, né se avesse famiglia o amici, né da dove proveniva. Conosceva solo il suo nome. Decise di lasciare la spiaggia in cerca di qualcuno che avrebbe potuto aiutarla con la sua amnesia finché, dopo giorni e giorni, non si imbatté in un giovane mago dai lunghi capelli marroni legati in una coda di cavallo. Indossava una tuta larga blu e intorno al braccio aveva legato una fascia azzurra.
Gwen non sapeva di essere una maga allora ma grazie a quell’incontro apprese qualcosa di nuovo di sé. Lei era una maga empatica, capace di condividere la stessa magia di chiunque lei toccasse.
Non appena lo toccò sentì dentro di sé una nuova forza e, le ferite del suo corpo, pian piano si rimarginarono. L’uomo era un mago esperto nelle arti curatrici e le aveva sfruttato questa sua abilità. L’uomo rimase colpito dall’abilità della bambina e le chiese di quale particolare magia disponesse. Lei gli disse di non averne idea e gli raccontò la sua storia, da quando si era svegliata su quella spiaggia desolata e della sua terribile amnesia. L’uomo, che si chiamava Light, dopo aver udito la storia, decise che lui l’avrebbe aiutata a scoprire chi lei fosse. Da quel giorno Gwen viaggiò con quell’uomo per il regno di Fiore, lui gli mostrò molti bei posti e le fece apprendere numerose nozioni riguardo la magia e la sua origine. Gwen era felice.
Un giorno però si abbatté su di loro una terribile catastrofe. Degli uomini vestiti in nero li trovarono e provarono a catturare Gwen. Light che l’aveva accolta come sua figlia lottò contro questi per difenderla, non avrebbe permesso a quei uomini in nero di mettere le mani su di lei. Lui le gridò di fuggire ma Gwen non aveva intenzione di abbandonarlo, avrebbe lottato al suo fianco fino alla fine. Purtroppo qualcosa andò storto. Light perse la vita in battaglia sotto gli occhi innocenti di lei. Gwen con le lacrime agli occhi e il cuore spezzato a metà dal dolore, fuggì e provò a nascondersi da quei uomini nella città di Magnolia portando con sé la fascia che Light portava sempre al braccio come suo ricordo. La fortuna non fu al suo favore. Fu ritrovata e portata in quell’istituto.
 
 
-Stupidi! Ve la siete lasciata scappare! – ringhiò furioso Sebastian. Sebastian era il capo dell’organizzazione “BlackHole”, nonché unico membro capace di utilizzare la magia. Sebastian percorse a grandi falcate la stanza delle riunioni gridando di rabbia. Finalmente dopo quattrocent’anni d’attesa la nuova maga empatica, che tempo addietro le era sfuggita dandosi la morte, aveva fatto la sua ricomparsa e i suoi insulsi uomini se l’erano lasciata sfuggire come se fosse un pugno di sabbia. Sebastian erano un uomo molto misterioso, pochi membri conoscevano la sua storia e pochi erano a conoscenza del motivo perché, nonostante fossero passati quattrocent’anni, fosse ancora così giovane e pieno di nergie. Doveva tutto alla sua potente magia, di cui solo alcuni particolari i suoi uomini erano a conoscenza. Sapevano non avrebbero mai dovuto farlo arrabbiare o lui avrebbe usato essa su di loro e nessuno moriva dalla voglia di scoprire cosa fosse capace di fare realmente. Sebastian  puntò i suoi gelidi occhi azzurri verso i suoi uomini.
-Tu vieni qui!
Un uomo grassottello si fece avanti con cautela. Il loro capo sapeva incutere molta paura solo con lo sguardo ma le sue punizioni erano peggio.
-Guarda i miei capelli! – ordinò Sebastian e l’uomo ubbidì. Notò delle piccole striature argentee in mezzo alla folta chioma dorata. Cosa vedi?!
-Signore… i suoi capelli dorati stan-no ingrigendo… ma non si notano molto. Se sta a giusta distanza neanche si ci fa caso…- Sebastian lo afferrò per il collo e costrinse a guardarlo negli occhi. L’uomo cominciò a tremare e in un minuto invecchiò precocemente e le striature argentee dei capelli di Sebastian tornarono dorate. La magia di Sebastian gli permetteva di ringiovanire prendendo un po’ dell’energia vitale altrui ma se esagerava, la vittima diventava cenere. – Sto invecchiando e non posso permetterlo. Devo portare a termine il mio piano ma per farlo ho bisogno di lei! E voi inutili codardi ve la siete lasciata sfuggire!
-Ma… mio signore una gilda di maghi ci ha attaccato e noi…
-Quale gilda?!
-Io non so...
-Trovatemi quella gilda. A costo di esplorare ogni singola gilda una per una.
Nessuno osò fiatare. Si limitarono ad annuire e a cominciare le proprie ricerche.
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2335855