Under the moonlight

di Sisko31
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Capitolo 1

L’odore pungente dei pini impregnava l’aria.
Non vi era nessun rumore se non il canto degli uccelli in lontananza. La rugiada m’inumidiva le ciglia.
Un momento.. Rugiada? Dischiusi leggermente gli occhi. Non era possibile. Era la seconda volta che mi succedeva.
Mi addormentavo nel mio letto e mi risvegliavo nella foresta. Ero ancora stesa a terra.
Ero stanca. Non avevo la forza di alzarmi. Mi mossi e sentii l’erba bagnata scivolare sotto di me. Erba?
Questa volta spalancai gli occhi e mi guardai. Ero nuda. Come la volta scorsa. La brezza fresca del mattino mi fece rabbrividire.
Tutto ciò era inquietante. Mi alzai e cominciai ad incamminarmi verso casa.
Che avrebbe detto Johannes questa volta? Nulla, se non mi avesse vista.

Arrivai a casa. Non era molto grande ma per de persone era perfetta.
Notai che la porta che dava sul retro era socchiusa. “Strano” pensai. L’aprii piano, senza far rumore.
Salii cautamente le scale e mi fiondai in bagno. Feci una lunga doccia. L’acqua calda a contatto con la mia pelle gelata bruciava.
Mi lasciai trasportare dal picchiettio delle gocce sul vetro.
Finito il bagno mi vestii e andai in cucina. Mi accorsi che Johannes non era a casa. “Sono stata fortunata” dissi tra me e me felice. “Non credo proprio”. Quella voce, bassa e beffarda mi sorprese.
Era Johannes. “E’ successo di nuovo, vero?” mi chiese rimanendo sulla porta. “Si” dissi senza nemmeno voltarmi a guardarlo.
“Eril, sono preoccupato. Tutto questo non è normale”.
“Forse sono solo sonnambula” ipotizzai prendendo dalla credenza la scatola dei biscotti.
“I sonnambuli non si guardano attorno con circospezione e corrono nudi nella foresta fino a mattina” ribatté. Mi girai a guardarlo. Indossava solo i soliti jeans da lavoro strappati. Aveva degli addominali da sballo. E quello sguardo.
Le uniche volte che lo avevo visto era stato quando mi raccontò per la prima volta che mamma e papà ci avevano abbandonato e quando, per la prima volta, mi aveva trovata nella foresta. Ovviamente nuda.
I suoi occhi mi facevano paura. Neri come la notte con sfumature dorate. Abbassai lo sguardo e borbottai “Non ero nuda. Avevo addosso la maglietta che uso come pigiama”. Avvicinandosi lentamente disse “Allora ricordi qualcosa”.
Stetti zitta. “Eril dannazione! Ricordi qualcosa di stanotte?!” Mi prese il braccio. La sua stretta era di ferro.
Non aveva intenzione di lasciarmi. “Ricordo solo che sono uscita dalla porta in pigiama” mi affrettai a dire.
“Non è vero! Tu ricordi cos’è successo. Solo che non vuoi dirmelo. Cos’è successo stanotte?!” urlò.
I nostri corpi erano quasi appiccicati. Potevo sentire i battiti violenti del suo cuore e il calore del suo corpo.
“Non ricordo niente Janne! Sai che non sto mentendo. Non ti ho mai mentito. E ora lasciami andare. Mi fai male!” gli urlai in faccia.
I nostri sguardi emanavano pure scintille. Lui era impassibile. Torreggiava su di me e mi osservava con occhio severo.
Allentò la presa ma non mi lasciò. Scoppiai in lacrime. Perché Johannes non mi credeva? Perché mi stava facendo male?

Tutt’ad un tratto qualcosa attirò la sua attenzione. Mi lasciò lentamente e cominciò ad avvicinarsi alla finestra.
La paura mi attanagliò le budella. Qualcosa, fuori casa, ci stava osservando.
“Janne non.. Non avvicinarti alla finestra. Ti prego” mormorai terrorizzata. Non mi ascoltò. Continuò ad avvicinarsi alla finestra. Cominciai a tremare. Era troppo vicino. Doveva allontanarsi da lì. La foschia del mattino rendeva ancora più inquietante la situazione. “Fermati” dissi con voce strozzata. Ora era così vicino al vetro che il suo respiro lo appannava.
Osservò i margini della foresta. Stava per succedere qualcosa di brutto.
“Eril, và di sopra. Subito” mi ordinò con tono calmo e piatto.
Le mie gambe erano due blocchi di cemento. Non potevo muovermi. Non volevo. “Vai!” urlò, senza nemmeno guardarmi.
Chiusi gli occhi dallo spavento e mi accasciai atterra.
Sentii solo il vetro infrangersi in mille pezzi. Quando li riaprii, mio fratello non c’era più. Il silenzio incombeva su tutto.  
“Johannes?” mormorai. Mi avvicinai alla finestra. Le schegge di vetro erano sporche di sangue. Guardai oltre, verso la foresta.
C’era qualcosa. Una figura alta e corpulenta mi osservava. Mi si gelò il sangue nelle vene. Sbattei le ciglia. Era sparita.
Un urlo squarciò il silenzio. Riconobbi immediatamente quella voce.
“Johannes!” gridai. Cominciai a correre in direzione dell’urlo.

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Capitolo 2
*** 2 ***


Capitolo 2

Mi fiondai alla porta. Era chiusa. Cercai freneticamente le chiavi sull’antico mobiletto che tenevamo in ingresso. Non le trovai.
La porta sul retro! Pensai. Era socchiusa. La spalancai con forza e cominciai a correre.
“Janne!” gridavo mentre le foglie secche del sottobosco si polverizzavano sotto i miei piedi. Ero spaventata a morte. Cos’era successo a mio fratello? E che cos’era quella figura?
La foresta brulicava di vita. Gli animali correvano da tutte le parti. Erano spaventati da qualcosa. Poi tutto tacque, improvvisamente.
Mi fermai. Ancora quella sensazione. Qualcosa mi stava osservando. Mi girai lentamente. Non c’era nessuno. Sentii dei rami spezzarsi.
Diventai di pietra. I miei occhi erano sgranati, pronti a captare anche il più piccolo movimento.
Altri rami si spezzarono. Sempre più vicini. Qualcosa si stava a avvicinando e mi osservava.
Istintivamente ripresi a correre. I polmoni mi bruciavano. Non sentivo più le gambe. Non osavo guardare dietro.
Inciampai e ruzzolai per qualche metro e andai a sbattere contro un albero. La testa mi pulsava.
Mi passai una mano fra i capelli. Erano bagnati. Mi guardai la mano. Sangue. Ero ferita.
Intanto qualcosa si stava avvicinando sempre più. Provai ad alzarmi ma la testa mi girava.
D’un tratto qualcosa sbucò dagli alberi davanti a me. Un lupo. “Ecco, ora sono spacciata” dissi sottovoce. Rimasi immobile.
Ero ferita, non potevo muovermi. Ero una facile preda. Si avvicinò. “E’ finita”. Si fermò  a un palmo da me.
Il suo manto era grigio con sfumature nere. Ma la cosa che più m’impressionavano erano i suoi occhi. Verdi screziati di blu.
Ero attratta da quegli occhi. Avevano un non so ché di innaturale. Mi fissava. La paura aveva lasciato il posto alla curiosità.
Non avevo mai visto un lupo con simili occhi. Un rumore. Passi. Sono salva, pensai. Il lupo si girò di scatto verso il rumore, annusò l’aria e sparì tra gli alberi. Mi alzai per vedere che direzione aveva preso. Dovetti sorreggermi all’albero per non cadere. “Eril” una voce mi chiamò.
Non credevo ai miei occhi. Johannes stava lì, in piedi davanti a me.
“Ehi sorellina, che ti è successo?” mi chiese sorridendo. “Janne sei.. tutto intero. Credevo che stessi male o peggio”.
Cominciai a tremare. Ad un tratto mi trovai tra le sue braccia. “Va tutto bene Eril. Va tutto bene”.
Cominciò ad accarezzarmi i capelli. Mi baciò sulla fronte. Ci abbracciammo per un po’. Le sue braccia per me erano il più bel rifugio del mondo. Quando avevo paura o avevo bisogno di lui, c’era. Il suo cuore batteva lentamente. Tum. Tum. Tum.
Era una dolce ninnananna per me. Andammo a casa.

Arrivata stramazzai sul divano. Le schegge di vetro erano ancora sul pavimento.
“Come mai tutta questa stanchezza?” si sedette accanto a me. “Niente di ché. Qualcosa ha fatto irruzione a casa nostra, tu sei sparito, hai urlato, mi sono precipitata a cercarti, sono caduta e..” non ero sicura di volergli raccontare del mio strano incontro. “E..?” mi chiese con insistenza. “..e tu mi hai trovato”. Per la prima volta mentii a mio fratello. Mi sentii un verme.
Mangiai silenziosamente e cominciai a salire le scale quando Johannes mi richiamò.
“Stasera lavoro quindi non uscire di casa e non fare entrare nessuno, capito?”. “Certo, mica sono stupida”.
Mi stesi sul letto a ripensare al mio strano incontro. C’era qualcosa in quell’animale che non mi convinceva.
Non riuscendo a dormire aprii la finestra e mi sedetti sul davanzale. La luna era alta in cielo.
La foresta di notte aveva qualcosa di magico e misterioso. Decisi di scendere e andare nel mio posticino.
Lo facevo sempre quando Janne non c’era.
Lasciai ancora una volta la porta del retro socchiusa. Il posto non era molto lontano ma era ben nascosto.
Era una piccola radura circondata da pini. Era il posto dove mi ero risvegliata alla mattina. Mi sedetti.
L’erba era fresca e i grilli cantavano al chiaro di luna. Le lucciole illuminavano tenuamente il sottobosco.
Tutto era tranquillo. Chiusi gli occhi. Passi. Spalancai gli occhi. Il cuore cominciò a battermi forte. Di fronte a me vidi una figura. Non era di certo Johannes. Si avvicinò con lentezza guardandosi attorno. Era un ragazzo.
Il chiaro di luna gli illuminava una parte del viso.  I suoi lineamenti erano definiti e affusolati.
Gli zigomi sembravano scolpiti nel marmo. Mi alzai e gli andai in contro. Lentamente. Lo guardai negli occhi.
Non riuscivo a distinguerne il colore.  Ora eravamo così vicini. Aveva uno sguardo magnetico. Mi prese una mano.
Ricevetti una scossa e immediatamente qualcosa in me si accese. Il mio cuore impazzì. Intrecciò le sue dita con le mie.
Mi tirò a se e mi baciò. Le sue labbra erano calde e morbide. In quel bacio mi sciolsi. Mi cinse la vita e io mi avvinghiai a lui.
Quel bacio aveva fatto sbocciare in me una passione travolgente. Lui mi strinse ancora di più.
I nostri respiri si fecero sempre più accelerati. Mi passò le mani tra i capelli.
Quando ci staccammo stavamo ansimando tutti e due. Lo guardai dritto negli occhi. Lo volevo. E lui voleva me.
Lo potevo percepire. Ci tenevamo per mano. “Chi sei?” gli chiesi. Non disse nulla. Si avvicinò di nuovo.
Le nostre labbra stavolta si sfiorarono soltanto. Lasciò la mia mano e se ne andò. Lasciandomi sola. “Aspetta!” gli gridai.
Lui non si girò. Continuò a camminare. E sparì tra gli alberi.

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