Tom Kaulitz Von Mystified di Kiki Daikiri (/viewuser.php?uid=46873)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I - Ich bin Tom Von... ***
Capitolo 2: *** II - Jung und nicht mehr Jungendfrei ***
Capitolo 3: *** III - Concert ***
Capitolo 4: *** IV - The sixth Floor ***
Capitolo 5: *** V - Epilogo ***
Capitolo 1 *** I - Ich bin Tom Von... ***
Tom
Kaulitz Von Mystified
Capitolo
I
Ich bin Tom
von….
“Bill…
Bill…
Bill…”
…
Salve,
il
mio nome è Tom.
Avrete
sicuramente sentito parlare di me, e non lo dico per
presunzione… forse non
sono un tipo modesto, ma di certo la fama precede ogni mio difetto.
Come
dicevo, il mio nome è Tom, Tom Kaulitz, e ci fu un tempo in
cui ero conosciuto
come Tom Von Tokio Hotel.
Ora
non
più… e che sia stata colpa mia è poco
ma sicuro. Paradossalmente posso
assicurare che più si ha una vita spettacolare,
più farà male quando tutto vi
crollerà addosso.
Tra
poco
racconterò la mia storia, ormai conclusa da tempo. Non
è una bella storia, non
è una storia felice.
Il
tipico
discorso tra me e mio fratello era questo:
-
“Tom,
merda! Avevamo detto: niente fans in hotel questa volta!” lo
sguardo di Bill ha
un che di stanco, come spossato, svuotato.
“non
puoi
togliermi sempre il divertimento! Su ragazze lasciatelo
perdere… la mia stanza
è di la”
“Scemo
guarda che queste sono francesi…non capiscono niente di
quello che dici”
Bill
non
capisce, di lui scrivono che è un
“unsporty” ma la realtà è
un’altra: lo sport
di Bill è fare il santerellino.
“fratellino,
il sesso è una lingua universale!”
Questo
sono
io… il sesso.
In
ogni
caso Bill non ha tutti i torti. Le tre bionde alle mie spalle piangono,
emettono urletti isterici e ridacchiano, ma non danno segno di pensieri
coerenti in corso. –
Avrei
potuto parlarvi delle tante discussioni piacevoli e tenere tra noi, ma
non
posso.
Come
voi
stessi avrete notato, non c’è niente di bello.
Vorrete
ancora biasimarmi?
----------------------
Georg
Listing uscì dall’albergo, passando per la porta
posteriore.
Questa
volta le fans non li avevano né seguiti né
trovati, dunque non era necessario
portarsi dietro le guardie del corpo quando ci si voleva fumare una
sigaretta
in santa pace.
Prese
l’accendino
dalla tasca posteriore dei jeans, guardandosi intorno con poca voglia.
“ma
guarda
un po’… il bassista”
Una
voce
femminile, tranquilla e vagamente annoiata lo fece trasalire, nel buio
del suo
nascondiglio a cielo aperto.
“chi
cazzo
sei… sappi che uno squillo al cercapersone e piombano qui le
guardie..”
“rilassati
Georg, non sono una fan… posso avere una paglia?”
Georg,
allibito, passò il pacchetto di camel alla sconosciuta.
La
guardava
aprire con tutta calma la confezione, con quelle sue dita lunghe e
curate. La
studiò mentre accendeva la sigaretta, stringendola con
disinvoltura tra le
labbra.
“che
fai?
Fissi?”
Georg
rimase spiazzato, fermo a guardare la bellezza di quel viso imperfetto,
particolare.
“fanculo,
voi star siete tutte uguali” sibilò lei annoiata.
Tra
un tiro
e l’altro, la ragazza lanciava occhiate curiose in direzione
dell’hotel.
“ma..
esattamente… chi sei? Senza offesa … ma spunti
qua, mi scrocchi una sigaretta,
mi mandi a fare in culo… eh!”
“mi
chiamo
Elle”
“bhe..
piacere… Elle come la lettera L?”
“i
tuoi
amici sono dentro?” chiese lei, accennando
all’ingresso, e fingendo di non aver
sentito.
“intendi
Gustav e i Kaulitz?”
“proprio
loro”
Georg
annuì. La tranquillità di quella ragazza stonava
con il contesto vitale dei
Tokio Hotel. Le fans non erano così, proprio per niente.
Strano
come
solo lei fosse riuscita a trovarli…
“Salutameli
allora, Georg…” fece Elle, muovendo qualche passo
nel vicolo, verso la strada.
“ehi!
Aspetta… se vuoi… te li
presento…” voleva restare ancora un po’
con lei, non
intendeva lasciarla andare così in fretta.
Lei
parve
rifletterci per un attimo, indecisa, poi acconsentì,
lasciandosi guidare fin
alla stanza 89.
Una
volta
all’interno, la ragazza riuscì ad apparire a
proprio agio con tutti, sia
durante le presentazioni che dopo, nella quieta calma
dell’ozio vacanziero.
Bill
insistette tanto per mostrare a Gustav e Georg il nuovo abbozzo per la
copertina del prossimo singolo.
Ci
fu così
un attimo in cui Elle e Tom restarono soli, uno in fronte
all’altra, nelle
comode poltrone della suite.
“e
tu
saresti un porco?” domandò lei, un sopracciglio
alzato e un sorrisino beffardo
disegnato sulle sue stupende labbra.
Tom
non
poté fare a meno di notare come lei assomigliasse a una
fusione tra lui e suo
fratello gemello.
“cosa
intendi dire?”
“intendo
che se fossi davvero un porco come dici di esser, mi saresti
saltato
addosso, dato che i tuo amici ci hanno abbandonati qui..
soli…” accavallò le
gambe in un gesto nervoso.
“sono
un
porco cavaliere… attendo che sia tu a chiedermi di
farlo” rispose il
chitarrista, sorridendo di sbieco a sua volta.
“dovrei?”
“dovresti?”
Ed
iniziarono una battaglia allo sguardo più tagliente, alla
smorfia più
maliziosa, il porco e la bella.
Senza
che
ci fosse bisogno di dire niente,Tom le si gettò in braccio,
attendendo un bacio
di lei. Elle tuttavia glielo fece penare e desiderare quel semplice
contatto di
labbra.
Solo
dopo
una decina di minuti in coccole e carezze, Tom ebbe un assaggio del su
sapore,
delicato ed audace al contempo.
Per
la
prima volta da molti mesi, egli provò altro che semplice
eccitazione, Tom
sentiva calore e un po’ di imbarazzo in quelle effusioni. Era
una sensazione
incredibile.
“è
da così
tanto tempo che desidero incontrarti” bisbigliò la
mora nell’orecchio del
giovane rasta.
Tom
restò
leggermente perplesso a quell’affermazione, dopotutto era
stata lei stessa a
dire che non era una fan dei tokio hotel. E dunque perché
avrebbe dovuto
desiderarlo? Come, avrebbe potuto?
“perché
sei
qui?”
“hai
bisogno di aiuto, Tom”
Ed
egli si
alzò, di scatto, quasi dolorosamente.
Chi
era
quella ragazza? Come faceva a sapere che..?
“io..
non…
io so badare a me stesso… non ho bisogno di
aiuto,grazie” sperò di aver
troncato così la conversazione, e fece cenno verso la porta,
come per invitarla
ad andarsene.
Ma
lei non
ne volle sapere, perfettamente a suo agio, sprofondata nella poltrona,
anche in
quella situazione così imbarazzante.
“io
so che
non è vero, e lo sai anche tu… anche tuo fratello
è d’accordo”
“ah..
è
così? È stato Bill a portarti qua? È
stato lui?”
Non
venne
accennata risposta, così Tom perse la testa.
“vattene
puttana! Vattene! Vattene! Cazzo, vattene! Vai farti mio fratello,
visto che di
lui ti fidi tanto!”
Tutta
l’eccitazione, il caldo entusiasmo, tutto svanito come per
magia. Tom vide se
stesso, mentre Elle spariva attraverso la porta. Tom vide se stesso nel
futuro,
solo, sull’asfalto. Tutto bianco e rosso attorno a lui.
Bianco come neve, come
quella neve così speciale che lo possedeva, rosso come
sangue.
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Capitolo 2 *** II - Jung und nicht mehr Jungendfrei ***
Grazie
per le recensioni! Sono felice che alcune di voi già
conoscano questa storia, in effetti l'ho pubblicata per la prima volta
a marzo
dell'anno scorso ^_^
Spero
che il seguito vi piaccia! Un bacio, Kiki.
Capitolo
II
Jung
und nicht mehr Jungendfrei
Appoggio
il gomito al finestrino della limousine nera, sperando
che l’autista si muova. So che è uno dei migliori
quando si tratta di evitare
le fans isteriche, ma a volte l’isteria sembra raggiungermi
pure in questa
macchina.
Alla mia
sinistra Kazu e Jus si prendono a pugni, ridono,
scherzano.
“Jus
sei un cretino”
Kazu,
quello dai capelli neri e ingellati, mi viene buttato
addosso e, se normalmente avrei considerato questa cosa come un invito
non
scritto a partecipare alla rissa, ora ho solo voglia ti prenderlo a
pugni in
faccia.
“merda
statemi lontani, ok?”
Urlo, in
preda a un attacco di collera.
Un tempo
non ne avevo mai, non avevo bisogno di gridare per essere
ascoltato. Semplicemente non avevo voglia di alzare al voce.
Ora
sembra quasi che tutto quello che mi gira intorno esista
semplicemente con lo scopo di infastidirmi.
Non
sento le proteste del mio cantante, infatti la limousine si
è
appena fermata davanti al nostro hotel, a Nizza.
Senza
pensarci due volte, attorniato da quattro guardie del corpo,
attraverso la hall. Solo qualche fans è riuscita a penetrare
il muro di
security dell’ingresso, ma viene subito ricacciata fuori.
“Kazu!
Kazuuu! Toooooooom!”
Urlano
le ragazzine, strappandosi i capelli.
Kazu
come sempre è l’ultimo ad entrare, visto che prima
deve fare
l’occhiolino a tutte le presenti.
Certe
volte avrei proprio voglia di fargli notare quanto se la
tira, nonostante lui sia famoso si e no da appena un annetto.
Tsz.
Con i To… interrompo i
miei pensieri con un sospiro.
Meglio
non pensarci, non ora per lo meno, non qui in mezzo a
tutti: il mio manager potrebbe saper leggermi nella mente, conoscendolo.
“Kazuuuuuuuuuuuu!
Je t’aaaaaaaaaaaime!”
Mi
rifugio più in fretta possibile nella mia stanza, evitando
accuratamente di incrociare i ragazzi.
Non
fraintendetemi: Jus, Kazu e NiKo sono simpatici, sono anche
bravini, ma io non sono in vena di scherzi oggi.
Il
concerto è tra appena cinque ore, e tutto ciò che
desidero fare
ora è dormire.
“Sei
proprio uno stronzo Tom”
Bill
Kaulitz prese la borsa dal tavolo e si rifugiò in camera,
sbattendo la porta.
Non
poteva capacitarsi del fatto che suo fratello fosse tanto
superficiale.
Stronzo.
“apri
cazzo! Apri!”
Tom
picchiava sulla porta, sperando. Ma niente avrebbe fatto
cambiare idea al cantante.
“questa
volta hai chiuso Tom! Chiuso! Hai capito? Chiuso!”
“non
puoi dire sul serio…”
“fanculo!
Hai chiuso con me, hai chiuso con i TH…”
Come
trattenere il ciclone che pian piano si era formato nel petto
di Bill, nel corso di quegli ultimi mesi?
Come
impedire l’esplosione quando ormai tutto stava andando
irrimediabilmente a puttane?
“ma…
non puoi… noi…”
“noi
un cazzo. È finita Tom, i TH sono
finiti.”
Calò
il silenzio.
Bill
si gettò sul pavimento, accanto alla finestra. Qualche
superstite raggio del sole morente riusciva a penetrare le imposte
semichiuse,
riflettendo i colori autunnali delle foglie sui suoi capelli scuri.
Poteva
accadere davvero?
Dopo
tutto quel tempo… dopo tutti quegli errori…
perdonare non è
sempre facile, e con Tom non lo era mai.
“dai
Bill… cazzo era solo una dose leggerissima”
E
quelle parole parvero concretizzare quello che sembrava
inizialmente essere solo un brutto incubo.
“era
droga, Tom…non mi interessa quanta o quale… era
droga…”
“vuoi
dirmi che mi cacci solo perché mi faccio un allucinogeno di
tanto in tanto?”
Bill
strisciò carponi fino alla porta della camera, per poter
farsi sentire meglio dal fratello. E a quel punto sfogò
tutto quello che aveva
dentro, sottolineando ogni parola con un pugno sulla superficie dura.
“merda!
Non trattarmi come un bambino… sarò anche
più piccolo di
dieci minuti, ma so distinguere la coca da un allucinogeno!
Cazzo!”
E
fu nuovamente silenzio.
Un
singhiozzo dall’altra parte, disperato e poco razionale.
Fece
scivolare le unghie perfettamente dipinte sul legno scuro e
un po’ scadente della porta, fino alla maniglia.
Quando
ebbe spalancato, l’immagine di suo fratello, occhi depressi
e vagamente gonfi, gli fece sfuggire un sospiro.
“Tom,
come cazzo faccio a non odiarti? Come cazzo faccio?”
Per
lunghi secondi, i gemelli Kaulitz non vollero sciogliere
l’abbraccio che di impulso avevano cominciato.
“hai
un’altra possibilità Tom… non buttarla
nel cesso… come le
altre…”
---
Diciottesimo
compleanno dei gemelli Kaulitz.
Luci
e musica e dolci, amici, non amici, parenti, amici dei
parenti e una buona dose di perfetti sconosciuti.
Bill
Kaulitz si aggirava solo, nel parco appena fuori della grande
villa dove avevano deciso di tenere la festa.
Percorrendo
i lunghi viali ghiaiati, il novello maggiorenne non
poteva fare a meno di domandarsi cosa ne sarebbe stato di loro due,
troppo
giovani per quella vita, troppo tragicamente adolescenti.
A
dire la verità, Bill non si era mai sentito un
adolescente…
anzi, aveva sempre guardato con un certo disprezzo i ragazzini
complessati che
aveva avuto come compagni di classe.
La
brezza leggera del primo settembre lo invitava a riflettere,
come fonte d’ispirazione.
Pensò
allora a Tom, che in quel momento era quasi sicuramente
nella villa, gongolandosi della sua nuova situazione di adulto.
Tzs…
Tom
non sarebbe mai stato adulto.
Bill
fu sul punto di ritornare dentro, giusto per non scatenare
sospetti strani e per educazione nei confronti di quei pochi che erano
li
davvero perché gli volevano bene.
Ma
dopo appena due passi in quella direzione, un cespuglio molto
profumato attirò la sua attenzione… e non per via
del profumo.
“ahio!
Stai attento!”
A
bisbigliare era… ? No, impossibile! Eppure…
“shh…
zitto idiota!”
E
questo chi era?
Bill
aggirò il piccolo, verde bunker di foglie, così
da trovarsi
davanti a due facce ben conosciute.
“Andreas?”
domandò il cantante, un po’ stupito.
Andreas
e Gustav stavano seduti, quasi rannicchiati, uno accanto
all’altro, dietro al cespuglio.
Se
non li avesse conosciuti bene, avrebbe pensato che lo stessero
spiando.
“Ehi,
Bill!.. noi… stavamo…”
“…facendo
una passeggiata… in mezzo alla natura!”
terminò Gustav
per lui.
Bill
corrucciò leggermente la fronte, con un sopracciglio alzato,
come era suo solito.
“una..passeggiata
in mezzo… alla natura?”
In
quel momento l’espressione in stile –ma mi state
prendendo per
il culo o avete fumato?- gli venne particolarmente spontanea.
Andreas
si sollevò e lo prese per un braccio, sospingendo
l’amico
verso il vialone della villa.
“su
Bill.. andiamo a vedere se c’è rimasta un
po’di torta…”
sembrava particolarmente ansioso di andarsene,quasi stesse nascondendo
qualcosa.
“ragazzi
sembrate un po’ stran…” Bill non fece in
tempo a
terminare la frase, perché altre due persone uscirono in
quel preciso istante
dal fogliame alle loro spalle.
Il
cuore di Bill saltò un battito.
Tom
Kaulitz camminava traballando, sorretto da Georg.
La
sua maglietta era sporca di vomito e i rasta bagnati fradici di
sudore appiccicaticcio, sudore da malato.
Senza
pensarci due volte, Bill si precipitò incontro al fratello,
passandosi immediatamente un suo braccio attorno alle spalle.
“cosa
cazzo..?”
“non
te lo abbiamo detto perché non volevamo rovinarti la
festa…”
lo interruppe Georg.
“cosa
ha fatto? Cosa ha bevuto?”
Per
un attimo i tre ragazzi sani stettero in silenzio, guardandosi
imbarazzati tra di loro, e poi Bill.
“non
è… non è proprio una cosa che ha
bevuto…” tentò Gustav,
esitando lievemente, ma abbastanza evidentemente da mettere in guardia
il
cantante.
“cosa?”
domandò serio, dopo un attimo di primo silenzio.
“cosa
cosa?” finse di non capire Andreas.
“cosa
ha preso? Coca, narco, acidi… cosa?”
La
schiettezza di Bill lasciò tutti impietriti. Nessuno osava
rispondere, nessuno osava persino fiatare.
Fu
Tom, scosso ancora dall’ennesimo conato di vomito, a togliere
d’impiccio gli amici.
“Bill…
mi dispiace… davvero…”
Era
tanto pallido, tanto scosso, che nessuno sano di mente gli
avrebbe scaricato addosso una ramanzina in quel momento.
E
Bill era sempre stato un ragazzo molto intelligente, abbastanza
maturo per la sua età.
Si
limitò dunque a tacere, sempre con l’espressione
corrucciata.
“ne
riparliamo domani Tom… Georg, ti dispiacerebbe portarlo a
casa, mentre io saluto tutti?”
Naturalmente
il bassista si disse disponibilissimo ad aiutare i
gemelli.
Solo
Andreas sembrava perplesso “come spiegherai
l’assenza di Tom?”
“dirò
che è un cretino, che ha bevuto un po’ troppo e
che ha
preferito andare subito a letto”
“una
mezza verità insomma…”
“sì,
che è un cretino è sacrosanta
verità.”
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Capitolo 3 *** III - Concert ***
Capitolo
III
In Concert
Se penso
che
appena due anni fa io mi trovavo esattamente in questa
città, su questo palco …
Devo
dire che
Nizza ci ha accolti in maniera quasi spettacolare. Fuochi
d’artificio
accompagnano il nostro ingresso sulla scena, le nostre facce compaiono
a turno
sul mega schermo.
Appena
Kazu
poggia una mano sul microfono, al centro dello stage, una scarica di
fuochi a
fontana rossi esplode attorno a noi, mentre una voce roca ma magnetica
annuncia: “Mystified! In concert! À
Niiiiiiiiiiice!”
La folla
esplode in un boato di ovazioni!
“Kazu!
Kazu! Tom! Tom!”
Dejavù?
Un
po’… e non mi riferisco agli altri cinque concerti
fatti con i
Mystified.
“Juuuuus!!
Je t’aiiiiimee!!”
“Mystifieeeed!!
I love yoooou!!!”
Come
dire? C’è
stato un tempo in cui tutto ciò era semplicemente la mia
dose di ossigeno
quotidiana. Ma ora cos’è sta merda?
Jus
comincia a
picchiare sulla batteria, accompagnato subito dal basso di NiKo.
Mi
riscuoto
appena in tempo per il primo giro di chitarra.
La voce
di
Kazu irrompe nelle mie orecchie come un calcio nello stomaco.
-We’re
different, just different! No way, no way! Keep
my heart, please, keep my loveee!-
“Must!
Must!”
canto di coro io, cercando di sovrastare quella sua voce da teenager
star.
Anche il
pubblico canta, ma non la nostra schifosissima canzone insensata.
“Kazuuuuuuuuuuuu!
Kaaaaazuuuuuuu!” è questo ciò che loro
amano…
Un
faretto mi
viene puntato dritto negli occhi, che cominciano a lacrimare per lo
sforzo di
restare aperti. Quando il tecnico se ne rende conto è
già troppo tardi, sto
piangendo alla grande… quanti possono essere i
motivi…
“Tom!
Tooom!
Toooooom!”
Tra una
canzone e l’altra mi tocca andare nel backstage per
vomitare…
La
stessa
isteria, la stessa ma diversa, la stessa isteria.
Ricordi
-Schreeeeeeeeeeeeeeeeeeeei!-
Fuochi
di
ogni colore.
“soooo
laut
duu kaaaaaannst!”
Rispose
il
pubblico.
E
il
concerto ebbe inizio.
Era
Nizza,
una bella serata di fine ottobre.
La,
sotto
il palco, Bill poteva ammirare migliaia di francesi, ma anche tedesche
e
italiane in gran quantità… un mare di mille
colori e mille occhi, uno
spettacolo mozzafiato, ma inquietante allo stesso tempo.
Iniziarono
con un classico quella sera. Iniziarono con Monsoon la tappa dello
Zimmer 483
tour… contraddizione? Forse.
Tom
non era
in formissima, probabilmente ancora sotto qualche effetto della dose
quotidiana. Bill ormai aveva rinunciato ai rimproveri. Che senso aveva?
Tanto
il gemello non avrebbe mai smesso di fare esattamente ciò
che voleva.
E
dunque
lasciarlo fare, era questa l’unica soluzione al problema.
…Anche se non era una
soluzione.
Come
sempre
B. Kay si mosse con maestria, sgambettando per tutta la lunghezza della
scena
dalla prima all’ultima canzone, ammaliando ed eccitando le
giovani fans.
Aveva
scelto i pantaloni a righe nere e bianche, ormai da qualche mese
inutilizzati
nel suo armadio.
Sapeva
che
quei pantaloni facevano schifo ai più, ma addosso a lui
tutto diventava più
bello. E poi a Tom piacevano tanto… diceva sempre che il
vintage gli donava…
Una
canzone
dietro l’altra, intramezzate dai brevi tentativi di discorsi
in francese di
Bill, i Tokio Hotel giunsero alla chiusura.
Bill
e
Georg si stavano divertendo così tanto a far cantare il
pubblico, che nessuno
fece caso alle occhiaie di Tom, al suo viso pallido, alle mani che
minacciavano
di tradirlo a ogni nuovo accordo.
Una
volta
nel backstage, i TH poterono tirare un respiro, ognuno per un motivo
diverso…
“cazzo,
se
avessi parlato in francese ancora una volta giuro che
attaccavo a ridere
e non smettevo più!”
“già..
chissà perché la gente è convinta che
un cantante debba saper salutare in tutte
le lingue del mondo…”
Tom
bisbigliò piano, volendo ma al contempo non volendo farsi
notare. “credo di
sentirmi male”
“insomma,
la mia pronuncia in francese non può essere
perfetta… non sono un cazzo di
francese… e poi anche Gustav! Quando ti hanno urlato
–vogliamo Gustav nudo-
credevo di morire a vedere la tua faccia!”
“bhe
sono
rimasto un po’ shokato”
“io
sarei
rimasto sconvolto a vederti nudo!”
“ragazzi…
davvero.. credo di stare male…” Tom vedeva la
stanza muoversi, trasformarsi
come fumo d’incenso che salendo, si evolve e muta forma.
Ma
nessuno
lo stava ascoltando. Fu forse per questo che Tom Kaulitz decise di
svenire.
In
un
attimo tutta la troupe fu su di lui, chi in preda a crisi isteriche,
chi con
meticolosa metodicità. Tutti tentarono di farlo rinvenire,
per poi chiamare il
pronto soccorso… Bill dal canto suo restò in
disparte, a trangugiare il suo
fruttolo alla fragola, un sopracciglio alzato e tanti pensieri per la
testa.
Quando
Tom
si riprese, Bill fu il primo ad abbracciarlo.
“a
volte ti
odio, Tom”
“mi
dispiace, questa volta, questa volta non mi ero fatto..
giuro… volevo smettere…
per te… ma…”
“non
raccontarmi palle per favore”
“no,
davvero… non mi sono fatto oggi…” ma
non poté continuare a parlare, poiché un
conato di vomito lo scosse.
Bill
osservò il fratello, madido di sudore, un sudore diverso da
quello della fatica
o della febbre.
Forse
per
una volta Tom aveva detto la verità…
l’astinenza fa male e bene in ugual
misura, all’inizio.
“a
volte ti
odio Tom, ma altre sono maledettamente fiero di te” gli
bisbigliò ad un
orecchio, mentre lo portava in bagno, sorreggendolo con un braccio.
“ti
voglio
bene…”
“anche
io
te ne voglio, scemo”
E
sorrisero
entrambi.
Grazie per le recensioni! Spero che vi piaccia anche questo capitolo!
Comunque ho già cominciato a mettere online su questo sito
l'altra mia FF,
"Not Real"
Un bacio, Kiki
|
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Capitolo 4 *** IV - The sixth Floor ***
Grazie
a tutte
per i commenti, mi hanno fatto davvero molto piacere ^_^
Ecco il penultimo capitolo:
Capitolo
IV
The sixth floor
Applausi,
coriandoli su me come pioggia di ironia, occhi e bocche piangenti ma
felici,
ancora urla, ancora applausi.
Come
ogni
volta, lancio il plettro su quella spaventosa folla, così
che una mano
sconosciuta possa afferrarlo e che qualcuno possa tornare a casa
dicendo “Tom
mi ha sorriso tutto il tempo, si, proprio a me, e alla fine del
concerto mi ha
lanciato questo! Poi mi ha anche fatto
l’occhiolino!”
Illuse.
Compatendole
esco dalla scena, rimpiangendo i bei giorni delle mie canzoni, cantate
da
diecimila voci, cantate da quella ossessione che ora mi sembra fosse
dolce
malattia rispetto a questa.
Cammino
lungo
i corridoi dell’albergo: ecco la stanza che
cercavo… ecco la stanza 483.
È
vuota e
aperta, non è come quella di tanto tempo fa, in Spagna, ma
per me andrà bene lo
stesso.
Spalanco
la
finestra che da sulla strada e per un attimo mi godo la brezza
d’inizio
autunno.
Che buon
profumo, profumo di pioggia.
Butto a
terra
il cappellino, lasciando che l’aria mi passi tra i capelli.
Ogni
volta che
me li tocco provo una strana sensazione… per quanto sia
già passato un anno, ancora
non mi sono abituato ai capelli corti. I miei bei rasta
appartengono al
passato, quello stesso passato che mi sta spingendo a salire sul
parapetto del
balconcino in questa deprimente camera d’albergo.
Guardo
verso
il basso, le luci mi ammiccano di rimando, attraendo come calamite il
mio paio
di Sneakers bianche, nuove di zecca.
Mi pare
di
svuotare ulteriormente il mio cuore da quell’ultimo briciolo
di umanità
rimastami.
A che
scopo
conservare la vita se poi non si ha nessuno con cui condividerla? A che
scopo?
Sono
stato
tante cose nella vita: Tom Kaulitz von Tokio Hotel… Tom
Kaulitz dei gemelli
Kaulitz… Tom Kaulitz von Mystified… e ora?
Ora che
in
questa stanza non c’è nessuno oltre a me, ora che
sono solo Tom, mi rendo conto
che io non sono nessuno.
“cosa
ho
fatto? Che cazzo ho fatto!” singhiozzo nel nero.
Sorrido
senza
motivo, mentre una lacrima mi precede nel grande salto.
Ho
sempre
creduto di sapere quale fosse il mio destino, eppure non l’ho
mai saputo.
Mi rendo
pian
piano conto che tutto quello che volevo, tutto quello di cui avevo
bisogno, era
quell’ultimo briciolo di umanità che avevo appena
scacciato dal mio cuore.
E forse
di un
fratello.
La vita
è così
vuota. Solo un salto la può riempire.
La
caduta dal
sesto piano è una strana sensazione: ti senti
così leggero, come se tutti gli
organi ti avessero abbandonato, rimanendo su quel parapetto. Eppure mi
sento
anche molto pesante, tutte le colpe e i rimpianti che mi
premono contro
gli occhi.
Quando
me ne
libero è già troppo tardi.
A
cadere
dal sesto piano ci si impiegano solo pochi secondi… poi
è buio.
Tom
Kaulitz
girò l’angolo nel vicoletto, buio e seminascosto.
In
tasca
teneva il suo piccolo tesoro bianco, incellophanato e ben protetto.
A
quell’ora
Bill sarebbe sicuramente già stato sulle sue tracce, pronto
a perquisirlo e
fargli l’ennesima scenata.
Nel
cupo
silenzio della notte, il rumore dei passi sull’asfalto
bagnato rimbombavano
come rimproveri nelle orecchie di Tom.
Ogni
centimetro corrispondeva a un ulteriore senso di colpa.
Un
improvviso, concitato e affannoso parlare attirò la sua
attenzione.
Accelerando
l’andatura nella direzione dalla quale sembravano provenire
le voci, Tom giunse
a un incrocio tra due stradine piastrellate. Solo un lampione morente
illuminava la terribile scena che gli si parava innanzi.
Bill
Kaulitz giaceva a terra: un ragazzo corpulento stava seduto a
cavalcioni sul
suo corpo,trattenendogli le mani e premendolo sgraziatamente in una
morsa che
doveva essere una specie di bacio.
“Che
brava
puttana che sei, ragazzo”
Il
burbero
aggressore spingeva una mano dei boxer di Bill, lasciati in vista dai
jeans
aperti, mentre un altro uomo osservava la scena dall’esterno,
evidentemente in
attesa del proprio turno.
I
due non
parvero accorgersi della nuova presenza così, Tom, superato
l’iniziale momento
di paralisi, scattò in direzione del più grosso,
quello che stava addosso a suo
fratello.
Bastò
un
unico pugno dell’altro per mandare il chitarrista ko, con il
labbro gonfio e
sanguinante.
Approfittando
di una momentanea tregua, Tom alzò lo sguardo verso
l’assalitore, supportato
ora dal suo socio.
Rimase
basito alla scoperta che, effettivamente, quel volto non gli era
affatto nuovo
“Frank!? Sei tu?”
L’uomo,
che
era rimasto fino ad allora fermo ad assistere alla scena,
sembrò riscuotersi
dal torpore, così che, stiracchiandosi le braccia,
scandì:
“Tom,
Kaulitz… ebbene…paradossalmente, era proprio te
che volevo.”
Il
suo
ghigno sinistro fece rimpiangere al chitarrista i pugni in faccia di
poco prima.
“Frank…io…”
“Mi
hai
molto deluso, Kaulitz. Tre ottime dosi e ancora non mi hai
pagato”
Poteva
succedere qualsiasi cosa in quella situazione, Tom avrebbe potuto
scappare, ma
la vista di suo fratello, steso a terra, gli occhi sbarrati dal terrore
e il
trucco sciolto sulle guancie, gli diede la forza per aprir bocca.
“Pagherò!
Giuro… io… li ho i soldi, ho solo bisogno di un
attimo per evadere la
sorveglianza dell’albergo e poi…”
“Non
ti sei
più fatto vedere… hai trovato qualcun altro per
la roba forse?”
“No..
io…”
“Shhh…
shhh…. Non fa niente… Non sei più in
debito, Tom”
“I..in
che
senso?”
“Tuo
fratello ha pagato per te” una luce strana nei suoi occhi,
malizia e una buona
dose di cattiveria.
“E
piuttosto bene…” aggiunse l’altro. La
risata dello stronzo fu peggiore di
qualsiasi schiaffo mai ricevuto.
Prima
ancora che Tom potesse dire o fare qualsiasi cosa, i due tipacci
montarono su
una moto rossa, per poi partire nel buio.
E
così Tom
rimase li, i pugni stretti in una morsa disperata e la mascella serrata.
Con
un
balzo felino fu al fianco di Bill, passandogli una mano tremante sulle
guancie…
ma il fratello lo respinse, si sollevò, e, barcollando, si
incamminò lungo il
vialetto.
“Bill…
stai
bene? Bill…”
Che
cosa
stupida da chiedere. Come poteva stare bene?
Senza
pensarci ancora, gettò le braccia al collo del gemello
più piccolo, lasciando
che si sfogasse.
“Merda…
merda merda merda”
Ripeteva
Bill tra i singhiozzi isterici, cercando di allacciarsi i jeans,
appiccicosi di
liquido bianco estraneo. Ma, appena Tom tentò di aiutarlo,
il fratello gli si
appese alla maglietta, graffiandogli, incidendogli il petto per tutta
la sua
lunghezza.
Il
chitarrista restò lì, nel piccolo vicolo
solitario, bersaglio immobile e
silenzioso di quella giusta rabbia.
…
Riapro
gli
occhi, lentamente. Le ciglia sono leggermente appiccicate dal sonno e
faccio
una fatica incredibile a mettere a fuoco i colori attorno a me.
Qualche
mattutino raggio di sole filtra tra le imposte alla mia finestra,
impregnando
di primavera la stanza.
“Dove
sono?”
penso.
“A
casa”
risponde una voce conosciuta, al mio fianco… non mi chiedo
come mai possa
sentire quello che passa per la mia mente intorpidita,
perché la gioia di quel
sorriso è troppo disarmante.
Dietro
ai suoi
capelli neri e folti spunta un cappellino da baseball…
Gustav!
Riesco a
fatica a tirarmi a sedere, giusto in tempo per vedere il viso allegro
di Georg
fare capolino nella camera semi illuminata, portando una vassoio
stracarico di
ciambelle.
“La
colazione!” esclama, versando a me e a mio fratello una tazza
di caffè con
latte.
“Moritz!
Hai
di nuovo lasciato le mutande della tua groupie nel mio
letto!” rimprovera
Gustav. Moritz, così chiamiamo Georg ogni volta che ci fa
arrabbiare. Ridono e
scherzano davanti ai miei occhi, come un tempo.
Raccolgo
un
po’ di coraggio, poi riesco finalmente a dire quello che
penso, che penso da
quasi due anni a questa parte “Mi siete mancati,
ragazzi.”
“Forza
Tom,
mangia.. il concerto è tra solo due ore!”
“Che
bello, un
concerto! ma allora… i TH si sono riuniti?” chiedo
speranzoso.
Bill
sorride
più di tutti… non lo vedo così felice
da un sacco di tempo. È bellissimo quando
sorride, molto più bello di me.
Ma una
nube
scura passa ora al di fuori della finestra, un monsone. Le ombre nella
stanza
si allungano e si distorcono.
“Ci
hai fatti
preoccupare, Tom…” improvvisamente tutte le
espressioni attorno a me si fanno
corrucciate, quasi ansiose.
“Io…”
la
caduta dal sesto piano mi investe come un treno in corsa:
“Come
è
possibile? Come mai sono vivo?”
Ho quasi
paura
a chiederlo… tutto questo è troppo
bello per essere ver… e proprio
mentre lo penso, mi tocco i capelli, tocco i lunghi rasta di Tom
Kaulitz von
Tokio Hotel.
E
capisco.
Provo ad
aggrapparmi a questo sogno, provo a non scivolare nella
realtà, ma tutto è
inutile. Vedo per l’ultima volta ancora il volto che amo
più in assoluto e
comincio a gridare: non voglio perderlo, non di nuovo, non ora che
abbiamo
fatto pace. Ma lui mi fissa, senza muovere un dito, con quella sua
nuova
espressione severa, quasi accigliata.
“Bill….
Non
lasciarmi… Bill… Bill… ti voglio bene!
... Bill…”
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Capitolo 5 *** V - Epilogo ***
Ed
eccoci
giunti al termine della FF ^-^
Vorrei
ringraziare le ragazze che hanno commentato, e anche chi ha letto la
Fic o l'ha
messa nei preferiti: apprezzo molto! Spero che il finale non deluda...
so che
scientificamente è improbabile (poi vedrete), ma ho pensato
che ogni dettaglio
fosse necessario ai fini della morale.
Un bacio e
grazie per aver seguito
questa FF, spero vogliate leggere anche le altre! ^-^ Kiki.
Capitolo
V
Epilogo
“Bill…
Bill… Bill…”
Due
medici
osservavano Tom Kaulitz, nel pieno del suo delirio.
Il
più anziano
sembrava trovarsi a disagio in quella stanza, in compagnia di quella
che gli
avevano detto essere una star di fama mondiale, ridotta a un miserabile
resto
di umano.
“Chi
è che sta
chiamando? Chi è questo Bill?” chiese,
torturandosi impaziente le mani.
L’altro,
evidentemente l’apprendista, sempre senza staccare gli occhi
dalle cartelle
mediche, scrollò le spalle.
“Il
signor
Kaulitz aveva un fratello di nome Bill… ma a quanto pare
questo poveretto non
ha più contatti con nessun parente o amico da un paio
d’anni.”
“Ancora
non
riesco a spiegarmi come sia sopravvissuto a una caduta
tale…”
Era
infatti un
caso del tutto inspiegabile. Tom Kaulitz era in uno stato di
dormiveglia
perenne da quasi una settimana. L’89% delle ossa del suo
corpo erano spezzate,
stando a quanto dicevano i medici.
Nessuno
avrebbe saputo contare le centinaia di migliaia di lettere e regali che
le fans
di tutto il mondo avevano inviato all’ospedale. Centinaia e
centinaia di
ragazzine in lacrime presidiavano costantemente il cortile
dall’edificio, in
attesa di notizie miracolose, o pessime. Tuttavia nel giro di pochi
giorni
sarebbero tutte scomparse, perché così andava la
vita: presto Tom Kaulitz, con
l’89% delle ossa rotte, avrebbe dovuto cedere il posto a
qualche nuova
celebrità, del tutto integra e con il solito, noioso fascino
da teenager.
Tom
premette sull’acceleratore della station wagon nera. Era
pulito da quasi una
settimana. Lo faceva per Bill, non per sé stesso.
Ormai
il
suo amore era tutto ciò che avesse da offrire agli altri.
Senza
Tokio
Hotel poteva inventarsi una nuova vita, ma senza suo fratello non era
niente.
NIENTE.
“E
allora
ammazzami!” aveva gridato Bill tempo
prima “Piuttosto che vederti così preferisco
morire!
AMMAZZAMI STRONZO!”
E
ora Tom
se ne stava da solo, a sudare e piangere e tremare e contorcersi,
anelando una
dose che non voleva prendere.
Però
tutto
questo diventava sopportabile al pensiero che Bill fosse a casa ad
aspettarlo,
insieme a Georg e Gustav… lo aspettavano, per la prima volta
da quando i TH si
erano separati.
Provò
ad
elencare mentalmente una lista di cinque motivi per i quali guidare
quella
cazzo di macchina in stato di crisi d’astinenza avrebbe
dovuto esser giusto.
Ne
trovò
qualcuno.
“Primo:
non
c’erano taxi disponibili.”
Le
vetrine
erano ormai serrate da un pezzo. Tom vide l’ultimo negoziante
correre sul
marciapiede, caracollando sotto il peso della sua panciona da birra.
“Secondo:
il gelato che ho comprato per la serata si scioglierà se non
faccio in fretta”
Il
gelato
era a quattro gusti, ognuno nella band aveva il suo preferito.
“Terzo:
la
legge dice di non guidare sotto stupefacenti, non sotto la loro
astinenza”
Futile
motivo, lo sapeva bene, ma il vetro sul quale si stava arrampicando era
freddo,
e lui voleva scalarlo in fretta.
“Quarto:
Bill e gli altri mi aspettano, e non voglio fare tardi”
Era
così
bello aspettarsi gli abbracci di una cara persona, senza dover firmare
prima un
autografo in cambio.
“Quinto:
Bill”
Tom
non si
accorse nemmeno del ragazzo che attraversava la strada in quel preciso
istante.
Forse
avrebbe anche potuto vederlo, se un velo di sudore ghiacciato non gli
avesse
coperto ormai gli occhi.
Non
si
mosse nemmeno mentre la macchina nera travolgeva l’innocente,
mentre,
schiacciando il suo corpo, sobbalzava finendo fuori strada.
Rimase
forse per cinque minuti fermo nella Station Wagon, con le mani premute
sugli
occhi. Dopo quei cinque minuti premette sull’acceleratore.
Cinque volte dovette
ripetere le manovre prima di tornare in strada. Quando fu a casa,
cinque
lacrime rigarono il suo volto, prima che cadesse svenuto sul materasso.
…
Il
giovane
medico sostituì nuovamente la flebo attaccata al braccio di
Tom, pensando a
quanto, in effetti, non biasimasse affatto la scelta del suicidio, in
quel
caso.
“Forse
però
non era la tua ora, amico.”
“Bill…
Bill…
Bill…”
A
Marcus,
l’apprendista, sfuggì un sospiro, mentre con gesti
lenti avvicinava al letto
del paziente una sedia.
“Vorrei
poterti dire che sono Bill… vorrei
davvero…”
Si era
informato, oh si. Aveva cercato di capire cosa fosse successo a Bill
Kaulitz.
Era
morto.
Solo un giorno prima del suicidio del fratello.
Era
morto,
travolto da una station wagon. Il responsabile non era stato trovato.
Sospirò:
quel
ragazzo sarebbe rimasto solo fino alla fine.
Spariti
nel
nulla, tutti, amici, parenti… persino gli attuali colleghi
del ragazzo non si
erano presentati all’ospedale… troppo occupati,
secondo il manager, a cercare
un nuovo chitarrista.
Ma
cosa
puoi aver fatto di tanto terribile da farti odiare così da
tutti?
“Bill…
Bill…
Bill…”
“Perché
non
muori, ragazzo? Lo dico davvero per il tuo bene… non
è vita questa… e nemmeno
quella di prima, se posso permettermi.”
Parlare
con un
paziente in stato comatoso poteva anche essere un metodo poco
ortodosso,
tuttavia era il massimo che egli potesse fare per quel poveretto.
“Non
riesci a
morire… forse perché in fondo amavi la tua
vita…”
un altro
sospiro, poi Marcus afferrò una delle cartoline sul comodino
del chitarrista.
-guarisci
Tom!
Ti amo!-
Erano
migliaia
di ragazzine al mondo ad amarlo.
Il
medico
rabbrividì.
“No.
ma allora
perché?”
“Bill…
Bill…
Bill…”
Un lampo
improvviso. Una prospettiva tremenda eppure così logica.
Il
medico posò
una mano su quella di Tom, poi tentò l’ultima
medicina che gli rimanesse, la
più profana ed inevitabilmente giusta che conoscesse.
L’amore
di una
bugia.
“Si
Tom… sono
Bill… tuo fratello.”
“Bill…”
“Si…
Bill”
“Bill…”
Pur
essendo un
uomo irreprensibilmente serio, Marcus non poté contenere le
lacrime, mentre Tom
Kaulitz gli stringeva la mano, esalando gli ultimi respiri della sua
vita, i
lineamenti distesi da una nuova serenità.
Tom
Kaulitz
von Tokio Hotel abbandonava questo mondo, ma forse ne avrebbe raggiunto
uno
migliore, lontano da sé stesso.
Lontano
da
sé stesso.
Fine
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