Quando ci incontreremo fuori io e la mia Hime.

di Shiroohiohi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cosa succede dietro il legno. ***
Capitolo 2: *** Contro il muro ***
Capitolo 3: *** "Benvenute." ***
Capitolo 4: *** Il silenzio dell'acqua quando cade. ***
Capitolo 5: *** Magnifico. ***



Capitolo 1
*** Cosa succede dietro il legno. ***


Era un martedì mattina quando Orihime venne portata assieme alla sua famiglia su quel vagone bestiame, c’era una puzza tremenda e il caldo soffocava tutti. Non riusciva a contarli, erano troppi: accovacciata in un angolo accanto a suo fratello, gli teneva la mano.
- Non ti preoccupare! – Continuava a dirle.
- Non sono preoccupata – Sorrideva, ma c’era ben poco di vero. Le ginocchia al petto, mentre i piedi nudi si scontravano col freddo che filtrava dalle assi distaccate per farli, almeno, respirare.
Si vedevano solo grandi distese verdi che si alternavano da chiare a scure col passare del giorno e della notte. Poche fermate in cui facevano scendere pochi fortunati davanti per poi farli  accalcare nuovamente uno spora l’altra come bestie, senza acqua ne cibo. Fu così per 3 giorni.
Bambini che piangevano, donne che li assistevano facendoli attaccare ai seni ormai senza nutrimento, doloranti e sanguinanti mentre vecchi si accovacciavano senza più alzarsi.
Orihime Inoue li guardava, uno per uno chiedendosi cosa ci sarebbe stato per loro alla fine di quella corsa.
Uomini in divisa con gli stivali lucidi e il fucile l’avevano fatta alzare dal letto verso le 5 e con voce pacata, l’avevano costretta a seguirli, il fratello aveva provato ad opporre un minino mi resistenza, ma ci aveva guadagnato solo un ematoma dovuto al calcio di uno di quei fucili dritto tra le costole. Lo vedeva premersi la mano sul fianco, ogni tanto si alzava la maglia, aveva un bello stampo viola.
- Non ti preoccupare, passerà!- Cercava di consolarlo sorridente – Non è niente-
Era il pomeriggio del quarto giorno di viaggio quando il treno si fermò.
Era un’altra pausa?
I portelloni vennero spalancati con un rumore stridulo: la luce del sole l’accecò e una voce violenta e imponente ordinò a tutti di scendere, graffiava a contatto dei timpani. Tutto si accalcarono per scendere, spaventati, con le valigie che sbattevano contro le gambe della ragazza che scansava i corpi morti di chi non aveva resistito.
La luce del sole le scaldava la pelle infreddolita da quell’ombra perenne, camminava accanto al fratello, tenendogli la mano.
Migliaia di persone che producevano un rumore tremendo, urla di soldati e spari che la facevano sobbalzare.
Bastò un attimo, un secondo per perdere l’orientamento… Sentì qualcosa sulla spalla, qualcosa di freddo e liscio, una mano avvolta in un guanto di pelle nera. Non fece in tempo a vedere di chi appartenesse che questo con una forza spaventosa la tirò verso di se, perse l’equilibrio. I lunghi capelli fecero da cornice al viso del fratello che si voltava, lo sguardo terrorizzato nel vederla cadere sull’asfalto ruvido. Lo sentì urlare mentre la mano si allungava per riafferrarla.
Orihime non si mosse, sbatteva gli occhi nel tentativo disperato di capire cosa stesse succedendo: la gente le passava sopra, accanto a lei due stivali neri lucidi come i guanti, alzò lo sguardo. Era un soldato.
Il fratello la chiamava, la voce ovattata contro il rumore di uno sparo. L’ultima cosa che si ricordò era il viso del ragazzo che si macchiava di sangue e mentre la bocca si serrava e gli occhi si chiudevano il corpo si chinava su se stesso a terra.  Qualche schizzo di sangue colò anche sulle guance della sorella, gli occhi sbarrati.. Forse adesso era lei a gridare, ma non si sentiva. Le mani verso quel corpo morente tremavano… Qualcuno la colpì dietro il collo..
Adesso non c’era più nessuno attorno a loro, Orihime non li vedeva più…
 



Ciao a tutti! Questa è la mia prima Fanfiction! Pietà xD Precisazione: non c'è nessuno messaggio razzista nelle mie parole, non a caso non ho specificato il motivo per qui il personaggio principale sia lì, se qualcuno trovasse frasi fraintendibili o altro non si faccia problemi, mi rendo conto che è un argomento delicato.

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Capitolo 2
*** Contro il muro ***


Il buio diventò soffocante.. Tanto da non farla respirare, come se stesse morendo. D’istinto spalancò gli occhi, tutto era sfocato, forse perché qualcuno la teneva con la testa sott’acqua. Spaventata si tirò su e la mano la lasciò.
- Vedi che se usi le maniere forti si svegliano!-
Una voce inquietante e malvagia la fece tornare alla realtà, alla sua dura realtà: non era più alla stazione, ora era in una stanzetta stretta, senza pavimento, le pareti non erano imbiancate e c’erano poche persone oltre a lei, tutte donne dai capelli arruffati e i vestiti stracciati, gli occhi spaventati e raggruppate in un angolino. La fissavano. Orihime percorse tutta la stanza, oltre a loro c’erano due uomini. Erano in divisa, ed avevano gli sguardi seri e tremendi. Uno stava sul ciglio della porta, le mani dietro la schiena e guardava fisso davanti a se. Non aveva nulla di speciale, quindi non si soffermò su di lui.
Era l’altro a suggestionare tutti: stretto nella sua divisa era imponente e inquietante. Messo di profilo fumava senza guardare nessuno, sembrava aspettasse qualcosa. Gli occhi azzurri si fondevano con i capelli corti dello stesso strano colore. Se le avessero chiesto di trovare un sinonimo per lui avrebbe usato: Agghiacciante. Si chiamava Grimmjow Jeagerjaques, ed era un caporale.
Orihime era ancora seduta per terra, distaccata del gruppo delle donne e lo guardava imperterrita. L’uomo se ne accorse girandosi verso di lei, facendola sobbalzare, il cuore le tremò mentre si avvicinava a passi veloci, l’afferrò per le lunghe ciocche e la tirò su provocando il terrore tra le altre.
- Chi cazzo ti credi di essere, eh?- Le urlò a pochi centimetri dalla sua faccia, ma vedendo che non rispondeva lo ripeté – Rispondimi!-
All’ennesimo silenzio la scaraventò contro il muro accanto alle altre donne, batté la testa senza lamentarsi, ma era terrorizzata, sentiva le lacrime bagnarle gli occhi quando il soldato si riavvicinò impugnando un coltello. Le riafferrò i capelli puntandole la lama contro il collo, lo sguardo serio si mutò in un sorriso sadico:
- Ma che bel visino terrorizzato! Mi viene voglia di..- La ragazza strinse gli occhi mentre un’altra voce interrompeva il momento.
- Signore! – Lo chiamarono.
- Cosa c’è!- Urlò scocciato girandosi.
- Hanno finito..-
L’uomo sorrise lasciandola a terra. – Sei fortunata.. Alzatevi!-
Ubbidirono all’instante. Anche Orihime, che tratteneva le lacrime a stento, si alzò e seguì quel gruppetto in un'altra stanza.
In bella mostra un mucchio di capelli ammassati: biondi, rossi o castani. Non importava, dovevano essere tagliati. Le lunghe ciocche della ragazza caddero come neve arancione ai suoi piedi, silenziosi, senza sapere il perché li stavano togliendo tutti. Continuava a chiedersi perché. Mentre guardava per terra, le ordinarono di andare in un’altra stanza ancora, ma senza vedere dove andasse sbatté contro qualcosa, o qualcuno. Alzò gli occhi bagnati per trovarsi davanti un altro soldato. A vederlo bene sembrava un cadavere, occhi verdi vitrei e carnagione talmente chiara da sembrare trasparente, non sembrava essersi scomposto dallo scontro, la fissava e basta.
- Togliti, donna!- le intimò. La voce era imponente, anche se il tono era leggero. Obbedì immediatamente sparendo dietro le sue spalle, lui non si voltò.
- Caporal maggiore Ulquiorra Schiffer, che piacere averla tra noi.- ironizzo Grimmjow portandosi le mani al petto. L’altro non rispose, si limitò a fargli cenno di seguirlo.
Sparirono dietro l’edificio.
Orihime intanto era stata fatta spogliare e cambiare con quello che pareva un pigiama lercio che le avevano praticamente sbattuto addosso.
Una volta uscita si guardò intorno, sembrava un quartiere di baracche mal ridotte, di legno marcio. Camminavano in un corridoio di filo spinato affiancato da due aree piene di uomini con la loro stessa divisa ridicola.
- Ma.. Dove siamo..?- Si chiese ingenua.
La vecchia accanto a lei la guardò sbalordita – Oh cara, ma non l’hai ancora capito..- Sospirò piano.
- Capito cosa?-
- Siamo ad Auschwitz..-

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Capitolo 3
*** "Benvenute." ***


- Hai sparato senza permesso!- 
- Era necessario - 
- Non sei stato autorizzato da nessuno- 
- Non sei di certo tu a potermi dire cosa posso e non posso fare!- 
Dietro l’edificio il caporal maggiore Schiffer discuteva con Jeagerjaques: il primo per quanto provasse un forte astio per il collega riusciva a mantenere un controllo invidiabile, le mani lungo i fianchi e gli occhi fissi su di lui. 
Grimmjow dal canto suo non cercava nemmeno di nascondere il risentimento e l’odio; lo sguardo strideva contro quello vitreo di Ulquiorra, come unghie sulla lavagna. 
- Cosa state facendo vuoi due?!- 
Una terza voce si intromise facendoli voltare: dietro di loro due figure slanciate li guardavano, erano il maggiore Gin Ichimaru e il sergente Halibel Tia. 
- Non dovreste essere qui- Sorrise il primo scuotendo l’indice – Nono, non dovreste- Nelle sue parole c’era una punta di ironia, come suggeriva anche l’espressione che portava con se. 
- Il tenente ci aspetta- Tia tagliò l’aria voltandosi e riprendendo a camminare, il rumore dei tacchi neri che battevano sul suolo scandiva il tempo che passava inesorabile.  
Tornarono davanti alla struttura dove l’uomo li attendeva: il portamento fiero e un sorriso calmo mentre si guardava intorno.
- Oh finalmente mi degnate della vostra presenza signori- Esordì vedendoli sbucare da dietro l’angolo. 
- Ci scusi signore- Rispose Ichimaru – Il Caporal Maggiore e il caporale hanno avuto un piccolo battibecco.. Ma ora è tutto apposto- Sorrise guardando i due colpevoli. 
- Meglio così.. E ora andiamo, dobbiamo dare il benvenuto alle nuove arrivate-
 
Tutti insieme si diressero verso il campo femminile: 
Le donne erano disposte in grandi file in una piazzola che faceva fatica a contenerle tutte, due soldati le sorvegliavano da sotto il berretto con occhi lussuriosi. 
Occhi da cui tenersi lontane, pensò Orihime guardandosi intorno. 
Un leggero bisbigliare si alzava tra le righe, spaventate, donne di tutte le età, da bambine ad anziane ricurve su se stesse. 
Calò il silenzio quando entrò il comandante accompagnato dai suoi sottoposti, gli sguardi si abbassarono e le ginocchia cominciarono a tremare.. 
La ragazza persa nei suoi pensieri tormentati non lo sentiva parlare, vedeva le labbra muoversi su quel viso affascinate, gli occhi raccontavano una bugia che tutti vogliono scorgere, quella della serenità. 
Chiuse gli occhi per non doverla sopportare oltre, ma fu un errore. 
Un sibilo sordo e continuo le riempì i timpani, un dolore lancinante la sfiorò. 
D’istinto portò la mano all’orecchio, era bagnato, spalancò gli occhi: 
- Dovresti ascoltare anche tu sai..- Ora lo sentiva.. 
Teneva una pistola in mano e la puntava verso di lei, le aveva sparato? 
Si girò, la donna dietro di lei cadde ai suoi piedi. 
Riguardò l’uomo, sorrideva nel vederla terrorizzata. 
- Vedo che hai capito, me ne compiaccio- Fece una paura – Riprendiamo da dov’eravamo.. Sono il tenente Sosuke Aizen- 
Non si sarebbe mai dimenticata quel nome.. 

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Capitolo 4
*** Il silenzio dell'acqua quando cade. ***


 Caporale, accompagna le nostre “ospiti” ai loro alloggi.- disse Aizen sorridendo e chiudendo il discorso. Si voltò e accompagnato dai due sottoposti si dileguò. Grimmjow sogghignò guardando le donne, poi vedendo che anche Ulquiorra non si era mosso si rabbuiò. 

-Seguitemi!- ordinò; a passi insicuri ubbidirono in silenzio. Orihime guardò un'altra volta il corpo della donna stesa a terra, poi alzò gli occhi: l’uomo dagli occhi verdi la stava fissando. Prese a camminare a passo sostenuto in mezzo alle altre con la mano premuta sull’orecchio sanguinante. Ogni rumore arrivava ovattato mentre cercava di confondersi. Si fermarono davanti ad un enorme struttura in legno, pareva non ci fossero finestre, c’era puzza e da dentro filtravano leggere voci. Il caporale spalancò l’enorme porta scricchiolante: la luce accecò le persone già presenti nell’edificio, che sussultarono facendo calare il silenzio. 

Grimmjow sorrise, soddisfatto dalla reazione, e si fece da parte facendo entrare le nuove arrivate.

Orihime si sentì soffocare entrando in quello stanzone senza pavimento, i grandi letti a castello scricchiolavano sotto quei corpi scheletrici. Occhi infossati, mani che tremavano sciupate dai lavori. Il tempo di voltarsi verso la porta che questa venne chiusa. Bastarono pochi secondi: grida disperate, strazianti che facevano raggelare il sangue. Fuori i due uomini si allontanarono –Musica per le mie orecchie..- Sorrise Jeagerjaques. 

Il tempo passava pesante e le dimostrazioni di terrore andarono affievolirsi in singhiozzi e leggeri lamenti. La ragazza seduta su un’asse di legno che probabilmente doveva essere il materasso, pensava a quelle ore e la voglia di disperarsi era enorme, ma non ne aveva la forza. Qualche lacrima, gemiti dolorosi sottomessi, mentre il sangue dell’orecchi cominciava a coagularsi, rendendole impossibile sentire. Stanca e afflitta cedette al sonno mancato nei giorni prima. 

Verso sera la porta si aprì: subito si formò una coda di donne e ragazze affamate, accalcate per un pezzo di pane secco. Una delle prigioniere la svegliò in malo modo per avvertirla, mangiò piano succhiando quella fetta secca per ammorbidirla, masticandola lenta e a piccoli bocconi. Se aveva bisogno d’acqua l’unica a loro disposizione era quella contenuta in un barile all’esterno, di cui non si conosceva la provenienza. Timida in punta di piedi aprì la porta che cigolò leggermene; era buio e non riusciva a vedere nulla, a tentoni trovò il barile e vi immerse le mani portandole poi alla bocca. Qualcosa di freddo e scivoloso le afferrò il polso facendola sobbalzare, l’acqua le cadde sui piedi.. Era una mano coperta da un guanto.. 

- Vieni con me!- 

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Capitolo 5
*** Magnifico. ***


Orihime continuava a sentirsi tirare da quella mano coperta dal guanto freddo di pelle nera. I pochi fari tenuti accesi dalle sentinelle, per controllare che i prigionieri non scappassero, non erano abbastanza forti per permetterle di vedere distintamente quello uomo. Distingueva la linea delle spalle sotto il tessuto pesante dell'uniforme, che lo rendeva più minaccioso di quel che, forse, poteva essere realmente. Chiuse gli occhi per qualche secondo pregando che quello non fosse l'ultimo contatto fisico delle sua vita. D'un tratto uno scricchiolio ovattato la costrinse ad aprire gli occhi: la terra si confuse con le mattonelle fredde e bianche di una stanzetta: piccola e illuminata da una luce fioca che rendeva tutto più surreale. Venne spinta su una sedia, mentre il suo aguzzino richiudeva la porta. Lo guardò nel silenzio e nel terrore. Si voltò. Occhi verdi, freddi, labbra sottili e pelle bianca, caratteristiche che, quando mischiate alla perfezione formano Ulquiorra Shiffer. Si fissarono, lui impassibile, lei terrorizzata. Dopo qualche minuto entrò, da un'altra porta di legno un uomo: era vecchio e con le gambe storte. Un sottile e malmesso paio di occhiali tondi gli sovrastavano il naso secco.
- Buonasera signore.- balbettò appoggiando a terra una borsa di cuoio, Orihime si senti rassicurata da quel dettaglio, ne aveva viste tante come quella, era la tipica borsa da medico. Provò a sorridere al vecchio, ma lui subito distolse lo sguardo, cercando quello di Ulquiorra che subito si avvicinò a passa deciso alla giovane afferrandole per i capelli corti che gli scappavano da in mezzo alle dita. Scoprì l'orecchio, il vecchio subito capi e apri la borsa, piena di boccette e fiale. In silenzio le pulì la ferita e tutto intorno, anche il collo e le diede un panno per pulirsi il sangue dalle mani. Una volta finito prese un ago e il filo, Ulquiorra lo fermò tirandogli uno schiaffo sullo mano scheletrica, tanto forte che paresse volesse rompergliela: - No!- disse fermo - richiede troppe cure.- gli mise in mano due proiettili, il vecchi sgranò gli occhi. -M-ma signore.. Questo le farà male..-
- Tanto peggio per lei.- esordì mentre Orihime cercava di capire, ma inutilmente, prima che potesse aprire bocca Shiffer le piegò la testa di lato, stringendo i capelli con tutta la forza che riusciva a metterci. Il vecchio ruppe uno dei proiettili facendo cadere sulla ferita un po' di polvere da sparo.. Orihime cominciò a tremare. -L-la prego..- gemette spaventata - la prego, signore..-
Gli occhi lucidi e gonfi di lacrime si rifletterono sulle lenti sottili degli occhiali. Il vecchi distolse lo sguardo, impegnato in quella tortura in cui l'aveva costretto l'uomo a pochi passi da lui. Quando il proiettile fu svuotato completamente, la ferita era un grumo di polvere grigia, pronta a scoppiare avvicinata ad una qualunque scintilla. - procedi!- ordinò Ulquiorra fermo. Il vecchio tentennò guardando la ragazza, ancora terrorizzata l'uomo. Sembrava che dietro alla patina vitrea degli occhi verdi ci fosse un barlume di eccitazione in quello spettacolo raccapricciante e patetico. L'anziano tirò fuori un pacchetto di fiammiferi dalla tasca, Orihime lo guardò spaventata mentre, sistemava tra le dita il bastoncino di legno, facendolo scorrere sul lato ruvido della scatola. Chiuse gli occhi non appena il rumore della fiamma di fece sentire con uno sbuffo grigiastro di fumo, sentì il calore del fuoco avvicinarsi all’orecchio e lo sfrigolio della polvere da sparo che si incendiava… Dopo di che, più nulla. Il Grido della ragazza si stagliò contro i vetri sottili come un fulmine a ciel sereno. Tutti lo sentirono, ma solo uno fu estasiato da quel dolore straziante. Ulquiorra ne fu inebriato, come una ventata di aria fresca, come una sigaretta dopo una notte passionale, mentre Orihime ricadeva sulla sedia, svenuta.
- Magnifico.-

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