Everything Burns

di Dejanira
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Firewhisky ***
Capitolo 2: *** Flame ***
Capitolo 3: *** She Is On Fire ***
Capitolo 4: *** Drowning In Flames ***
Capitolo 5: *** Into The Fire ***
Capitolo 6: *** Everything Burns ***
Capitolo 7: *** Ashes ***



Capitolo 1
*** Firewhisky ***


EVERYTHING BURNS

EVERYTHING BURNS

di Dejanira

 

 

1. FIREWHISKY

 

Meglio ardere subito che spegnersi lentamente.

Kurt Cobain

 

La porta si aprì cigolando e un soffio della fredda aria di dicembre entrò nel locale, facendo rabbrividire appena uno dei clienti seduto al tavolo più vicino all’ingresso. La porta venne richiusa e il forte rumore del vento si placò completamente. C’era un’atmosfera calda lì, data forse dalle tante persone che ridevano e chiacchieravano, dalle tazze di cioccolate calde fumanti e liquori molto forti, o dalle numerosi decorazioni natalizie che adornavano tutto il locale. La ragazza appena entrata si abbassò il cappuccio dal capo e si tolse alcuni fiocchi di neve dalle spalle e dalle braccia. Fece vagare velocemente lo sguardo ambrato sulla sala, e quando scorse, seduta da sola a un tavolino, una piccola figura che faceva di tutto pur di farsi notare, la raggiunse velocemente. Al centro del tavolo c’era un piccolo vaso con delle stelle di Natale, e la tovaglia e i tovaglioli erano rigorosamente rossi, abbinati ai fiori e alle decorazioni.

- Hermione! – cinguettò Luna Lovegood, allegra, vedendo l’amica dirigersi verso di lei e poi prendere posto. – Finalmente, temevo che non saresti più arrivata –

Hermione non provò nemmeno ad abbozzare un sorriso; erano due anni che non rideva e non sarebbe riuscita mai e poi mai a fingere un sorriso che risultasse anche solo lontanamente credibile.

- Mi dispiace di averti fatto aspettare – disse semplicemente, e la sua voce era molto più dura e aspra di quel che Luna ricordava. Era dall'Aprile di due anni prima che non si vedevano, da quando Hermione aveva deciso di andare a stare per un po’ di tempo in Irlanda, dove i suoi genitori si erano trasferiti tempo prima per motivi di lavoro.

- Sono così felice di vederti! – esclamò Luna, allegra, i grandi occhi grigi che sprizzavano gioia. – Ti ho mandato delle lettere ma mi hai risposto solo a poche. Sei stata molto impegnata? Come li hai passati questi mesi? –

- Beh – iniziò Hermione. – No, non sono stata molto impegnata, anzi: ho avuto molto tempo per… riflettere –

- Oh – fece l’altra. – Si è sentita la tua mancanza. Io, Neville e Ronald pensavamo che saresti venuta quest’estate, almeno per alcuni giorni, e invece ti sei fatta viva solo a Natale – disse, ma non c’era traccia di rimprovero nella sua voce. – Ron sarà felicissimo di rivederti, quando gli ho detto che saresti tornata a Londra ha quasi fatto un balzo sulla sedia; avresti dovuto vederlo –

- E’ da tempo che non sento Ron. Come sta? –

Luna fece per rispondere, ma uno dei camerieri del locale la interruppe, arrivando proprio in quel momento per prendere le ordinazioni.

- Cosa vi porto? – chiese con voce cortese.

- Per me un’Acquaviola – disse Luna.

- Un Firewhisky – disse invece Hermione.

Il cameriere annuì senza battere ciglio e poi andò via a passi veloci dirigendosi subito verso il bancone. Tornò alcuni istanti dopo, con l’Acquaviola di Luna e il Firewhisky di Hermione.

Quando si fu allontanato, Luna bevve un sorso dal suo bicchiere e poi lo poggiò sul tavolo, continuando a tenerlo con entrambe le mani.

- Dicevamo? Ah, sì, Ronald. E’ piuttosto sereno in questo periodo, sai, suo fratello Charlie è tornato un mese fa dalla Romania e ha portato con sé la sua ragazza, Jeanine. L’ha conosciuta in Romania, e pare che si debbano sposare al più presto –

- Oh, mi fa piacere. Spero che a Molly piaccia più di quanto non le piaccia Fleur –

- Jeanine sembra piuttosto simpatica, l’ho incontrata, una volta. Comunque adesso la signora Weasley e Fleur vanno molto più d’accordo. A proposito, Ron ti ha detto che Fleur è incinta? –

Hermione scosse la testa.

- No. Te l’ho detto, è da molto che non lo sento –

- Rimedieremo: organizzeremo un bell’incontro tutti insieme al più presto. Lui non vede l’ora di vederti, e anche Neville. Ci sei mancata tanto, sai? Voglio dire, già è stato terribile perdere… insomma, sembra quasi che a poco a poco ci stiamo allontanando un po’ tutti, e io non voglio questo. Mi dispiacerebbe molto, ne abbiamo passate tante a Hogwarts e sarebbe davvero un peccato perderci di vista –

Non rispose nulla, Hermione, prendendo il suo bicchiere e portandoselo alle labbra. Al primo, breve sorso, avvertì subito una piacevole sensazione di bruciore alla gola, che andava facendosi sempre più forte man mano che il Firewhisky le scendeva lungo la gola. Un altro sorso, e di nuovo avvertì quel bruciore che ormai poteva dire di conoscere abbastanza bene. Non amava particolarmente le bevande alcoliche, ma col Firewhisky era tutto un altro discorso; era l’unico che prendeva.

Assunse un’espressione strana, un po’ amara e triste, e Luna la guardò, indecisa su come comportarsi.

- Ci siamo proprio divertiti alcune sere fa, sai, abbiamo cenato tutti insieme, io, Ron, Neville e Lavanda, intendo, e ci siamo divertiti davvero, avrei tanto voluto che ci fossi anche tu solo per vedere Ronald che… -

- Luna –

Lo disse così, con quella sua voce aspra e per certi versi quasi strana, lontana, sconosciuta, gli occhi fissi sul bicchiere e le mani pallide immobili sul tavolo. Alzò lo sguardo e allora Luna si accorse che era molto dimagrita in quegli anni, e si era fatta più pallida, smorta, sembrava così stanca.

- Luna – ripeté. – Apprezzo il tuo sforzo, ma, ti prego, non cercare di far finta che sia tutto come prima, perché non lo è –

- Ma io… -

- Tu sei sempre stata ottimista, e tra noi sei sempre stata la più forte. Non è più la stessa cosa, Luna. Senza Harry non è più la stessa cosa –

Luna chinò il capo, e per la prima volta in quella serata la sua espressione si fece triste e gli occhi grandi, che Hermione ricordava sempre sgranati per lo stupore e sprizzanti di gioia, adesso erano più cupi. Avrebbe voluto dire tante cose, ma anche lei, Lunatica Lovegood, quella stramba, quella che immaginava strane creature che solo lei poteva vedere, quella che andava in giro con collane di tappi di burrobirra e con la bacchetta dietro un orecchio, incurante dei mormorii e dei sussurri e delle occhiate divertite che le lanciavano quando passava per i corridoi col naso all’insù nella speranza di incrociare un Gorgosprizzo, anche lei chinò la testa, cercando parole che, lo sapeva, non avrebbe potuto trovare da nessuna parte. Perché non c’era più nulla da dire. Si erano detti tutto quello che c’era da dire il giorno successivo alla morte di Harry Potter e di Lord Voldemort. Che nulla sarebbe stato come un tempo Hermione e Ron l’avevano capito molto prima, ma lei non si era mai arresa nella speranza di poter continuare a vivere come una volta. Si erano detti tutto quando Hermione aveva annunciato che se ne andava a stare dai suoi genitori per un po’, perché sentiva il bisogno di stare sola per qualche tempo, lontana da giornalisti indiscreti e da persone che si congratulavano con lei per aver aiutato il Prescelto a liberarsi del Signore Oscuro.

- Il passato è passato, e noi non possiamo fare nulla per cambiarlo. Non serve passare la vita a guardarsi indietro, perché un giorno potresti tornare a guardare avanti e accorgerti che è ormai troppo tardi –

Mentre Luna parlava, Hermione non trovò nemmeno la forza di guardarla negli occhi, ostinandosi a tenere lo sguardo puntato su una piccola famigliola che chiacchierava animatamente. Mise le mani sotto il tavolo e iniziò a torturarsi l’orlo del maglione grigio, non riuscendo stare ferma. Quando azzardò ad alzare gli occhi su quelli di Luna, vide che lei non aveva smesso di fissarla nemmeno per un istante.

- Non sei venuta al funerale di Harry – proferì Luna, lo sguardo così penetrante che sembrava leggere dentro. Stettero a guardarsi alcuni istanti senza che Hermione aprisse bocca, prima che Luna riprendesse a parlare.

- Perché? – domandò, e il tono lievemente più severo di alcuni secondi prima si raddolcì. Rimase a guardarla ancora, ma vedendo che lei cercava in tutti i modi di non incrociare il suo sguardo indagatore, quasi preoccupata di scovare una nota di rimprovero in quelle iridi plumbee, lasciò perdere. Fissò gli occhi sulle stelle di Natale, simbolo di una festa che da loro non sarebbe arrivata.

Vide la mano di Hermione muoversi sul tavolo e afferrare il bicchiere di Firewhisky, berne un lungo sorso e svuotarlo del tutto, senza lasciar una sola goccia sul fondo del bicchiere. Lo ripose sul tavolo con un movimento più violento e brusco di quel che avrebbe voluto, e quando guardò un’altra volta il viso di Luna fu solo per pochi istanti.

- Il tempo passa – disse Hermione. – E le persone cambiano. Io sono cambiata –

- Hai abbandonato tutto, te ne sei andata e non ci hai più dato tue notizie se non per qualche breve lettera con la quale ci dicevi poco o niente. Perché? A cosa è servito? Che motivo c’era di mollare tutto così? –

- Non avevo più nulla da fare qui a Londra –

- Non è vero! – strillò Luna, e fu una fortuna che il locale fosse piuttosto animato e che le voci degli altri clienti coprissero quella rotta e spezzata di Luna. – C’ero io. E c’era Ron. Noi avevamo bisogno di te, e tu te ne sei andata quando più avevamo bisogno di restare uniti –

Hermione scosse la testa violentemente.

- Che motivo avevo di rimanere qui? Cosa c’era che mi legava a questo posto, se non un opprimente senso di vergogna? –

- Vergogna? – fece Luna, gli occhi sgranati e l’espressione perplessa e sorpresa. – Vergogna di che? Cielo, Hermione, avevi una fama di ottima Auror e quando camminavi per strada la gente ti fermava per congratularsi con te! Tu, che insieme a Ron sei rimasta sempre accanto a Harry, tu, che l’hai aiutato nella battaglia contro Tu-Sai-Chi! Come puoi dire una cosa del genere? –

L’espressione di Hermione si fece più dura, quasi arrabbiata, e sembrava sul punto di urlare o vomitare. Pareva che stesse lottando contro sé stessa, e Luna credeva che sarebbe balzata in piedi e si sarebbe messa a gridare inferocita; non fece niente di tutto questo. Guardò Luna, e quello che disse lo disse con voce paurosamente piatta e atona.

- Io non c’ero – disse semplicemente.

Luna aggrottò un sopracciglio.

- Cosa vorrebbe dire che non c’eri? Non c’eri dove? –

- Io non c’era quando Harry aveva bisogno di me –

- Ma che sciocchezza… -

- Io mi sono ritirata. Ho avuto paura. Ero stanca della guerra, stanca di vedere morti ovunque portassi lo sguardo, stanca di tutto. E ho mollato –

- Hermione, tu sei rimasta  - ribatté Luna, spazientita. – Tu sei rimasta fin quando Harry ha avuto bisogno del tuo aiuto. La battaglia finale era tra lui e Voldemort, l’aveva detto Harry stesso, ricordi? Tu ti sei fatta da parte quando dovevi –

- Tu non sai. Non puoi capire –

Si alzò in piedi, spostando la sedia con un rumore stridente, si abbottonò il mantello.

- Tu sei oppressa da assurdi sensi di colpa che non hai motivo di provare – le disse Luna, alzandosi a sua volta. Glielo ripeté tante volte, mentre abbandonavano il locale, ma Hermione sembrava non ascoltare, nemmeno quando si trovarono fuori, con la neve che cadeva leggera a piccoli fiocchi.

- Ci vediamo, Luna –

- Cosa? Guarda che il discorso non è mica finito! – disse, senza smettere di camminare.

- Non c’è più niente che dobbiamo dirci. Hai ragione, il passato è passato e ormai non possiamo più cambiarlo. Io non avrei dovuto essere qui, e invece ci sono, ed  inutile piangere sul latte versato –

- Ma cosa dici… -

- Ci vediamo, uno di questi giorni – la ignorò Hermione. – Mi farò sentire io –

Ed Hermione Granger si smaterializzò con il tipico pop, lasciando Luna Lovegood sola in mezzo a quella via di Londra illuminata da luci colorate e dalle decorazioni natalizie.

 

 

Avevano comprato quella casa nella periferia di Londra una volta terminata la scuola. Harry non aveva la minima voglia di tornare dai Dursley nemmeno un’altra volta soltanto, Ron non era stato affatto dispiaciuto di allontanarsi per un po’ dalla Tana, non perché la detestasse ma semplicemente perché l’alternativa di vivere insieme ai suoi migliori amici era piuttosto allettante, e Hermione aveva acconsentito subito sapendo che dalla casa dei suoi genitori non avrebbe potuto essere tanto attiva come avrebbe potuto essere se fosse stata più vicina a Harry, Ron e gli altri membri dell’Ordine. Nonostante fossero passati anni dall’ultima volta che era stata lì, portava ancora la chiave sempre con sé, e quando aprì la porta e varcò la soglia avvertì subito un forte odore di chiuso arrivarle alle narici. Accese l’interruttore della luce (dopotutto quell’appartamento gli era stato venduto da un uomo babbano), e pose le chiavi sul piccolo mobiletto dell’ingresso, sul quale vi era un piccolo vaso blu con alcuni fiori ormai vecchi e appassiti.

C’era uno spesso strato di polvere su tutti i mobili e sugli angoli del soffitto c’era anche della fuliggine. A parte ciò, la casa era la stessa di due anni prima, solo più spoglia. Ma i mobili erano lì, così come le graziose tende che Molly Weasley aveva cucito apposta per loro, e la libreria ricolma di alcuni libri e tante vecchie copie della Gazzetta del Profeta, del Cavillo e di altre riviste.

Hermione si diresse verso la sua stanza e la trovò ordinata come l’aveva lasciata, con quella finestra che dava sulla strada, la scrivania all’angolo e il letto con la coperta blu. Aprì la finestra, per far cambiare l’aria e per il semplice piacere di sentire almeno alcune voci provenire dall’esterno, insieme ad alcune vivaci musiche natalizie. Si lasciò cadere pesantemente sul letto facendo sollevare un po’ di polvere, e sospirò. Chiuse gli occhi, e stranamente si accorse di non sentirsi poi così a casa propria in quell’appartamento di Londra. Perché non era a quelle pareti che si era affezionata, ma ai suoi abitanti. E senza Harry e Ron, quelle quattro mura di casa avevano assai poco.

Si rimise a sedere e si alzò in piedi, gettando disordinatamente il mantello sulla sedia della scrivania, uscì dalla sua stanza e entrò in quella di Ron. Anche quella era sempre la stessa, col letto e il piccolo armadio sempre al loro posto, ma sembrava più spoglia di quella di Hermione.

Una volta fuori, si diresse verso la porta della camera di Harry, e questa volta indugiò un poco, la mano ferma sulla maniglia della porta.

La spinse con un getto secco e aprì la porta, fermandosi all’entrata, quasi intimorita dall’idea di entrarvi, perché quella stanza, se solo non fosse stata per la polvere e l’aria viziata, sembrava quasi abitata.

Fogli dappertutto, copie di giornali e riviste, appunti, fotografie, cornici, pochi soprammobili, una sveglia, una tazza di caffè sporca…

La mano ancora sulla maniglia, trasse un sospirò ed entrò nella stanza. Si avvicinò alla scrivania, e sfoglio una rivista del Profeta che portava la data di mercoledì 14 giugno 1998. Alcuni giorni prima della morte di Harry. Toccò il manico della tazza bianca e passò l’indice sul bordo, poi si avvicinò al comodino guardando la sveglia le cui lancette non giravano più. La prese tra le mani, ricordando tutte le volte che aveva sentito Harry lanciarla sul pavimento nel tentativo di farla smettere di suonare, mentre Ron, che dopo anni non si era ancora abituato allo squillante rumore di quell’aggeggio infernale che squillava tanto forte da svegliare tutto il vicinato, si alzava all’improvviso tutto preoccupato, prima di ricordarsi che era solo la sveglia.

Allora Hermione, sempre mattiniera, si arrabbiava con loro accusandoli di essere dei pigri scansafatiche, che se ne stavano a poltrire quando avevano mille cose da fare. Rimise delicatamente la sveglia dove l’aveva trovata e questa volta dedicò la sua attenzione a qualcosa che, se solo lei fosse stata quella di un tempo, le avrebbe fatto venire le lacrime agli occhi.

Era una foto di lei, Harry e Ron, scattata il venticinque dicembre del loro ultimo anno a Hogwarts. Ricordava benissimo quel giorno. Quell’anno tutti e tre erano rimasti a scuola per le vacanze di Natale, e proprio la mattina del venticinque, Colin Canon, con la sua inseparabile macchina fotografica ben stretta al collo, aveva acconsentito a fargli quella foto, della quale si fecero fare successivamente delle copie, in modo da poterle conservare. Harry era al centro, Ron alla sua sinistra e Hermione a destra. Indossavano tutti e tre sciarpe e pesanti cappotti, e stavano abbracciati, ridendo, e pareva che Ron stesse dicendo qualcosa a Colin mentre lui scattava la foto, ed Hermione quasi si stupì scoprendo di non ricordare le loro parole.

Strano. E dire che aveva sempre creduto che momenti come quelli, gli ultimi veramente felici e spensierati, non li avrebbe più dimenticati. Eppure adesso quei giorni sembravano così lontani, così distanti da lei che a Hermione parve quasi strano che potessero appartenere alla sua vita. La serenità era ormai per lei cosa così insolita e rara che faceva quasi fatica a credere che esisteva un tempo in cui lei era felice, con Harry Potter e Ron Weasley al suo fianco. Smise di guardare la foto, si sedette sul bordo del letto e vi si distese, stanca di quella giornata fin troppo piena di ricordi. Chiuse gli occhi lasciandosi cullare dalle lontane melodie natalizie provenienti dalla strada, gli occhi aperti che fissavano il soffitto e le mani dietro la nuca. Avrebbe tanto voluto versare qualche lacrima per poter sfogare quell’orrenda sensazione che le attanagliava le viscere, ma erano anni che non piangeva.

Non le era rimasta forza nemmeno per quello.

 

 

 

 

NOTE AUTRICE

L’idea per questa fan fiction mi è venuta già un po’ di tempo fa, e finalmente adesso, che sono un po’ più libera da impegni vari, sono riuscita a metterla per iscritto. Non tiene conto degli ultimi due libri di HP, e non credo che sarà molto lunga, anche se non so di preciso quanti capitoli verranno fuori. Ovviamente questi personaggi non mi appartengono ma sono di proprietà di J. K. Rowling, che ne detiene tutti i diritti, la storia non è scritta a scopo di lucro, io non ci guadagno niente, eccetera eccetera.

Dejanira.

 

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Capitolo 2
*** Flame ***


CAPITOLO II

FLAME

 

 

Hermione si fece sentire alcuni giorni dopo, quando si recò alla redazione del Cavillo dove Luna lavorava come giornalista da un anno a quella parte. Ad accoglierla fu una ragazza con occhiali dalle spesse lenti rotonde che rendevano i suoi occhi scuri ancora più grandi, al collo portava una buffa collana con un ciondolo a forma di rapanello e sul petto aveva una targhetta con scritto il suo nome, Steinunn. Quando Hermione le chiese da dove venisse, la ragazza rispose che era Islandese.

Con fare gentile e cortese, Steinunn accompagnò Hermione negli uffici, e la ragazza un po’ si stupì vedendo che, chi più chi meno, tutti i dipendenti del Cavillo avevano un che di bizzarro. Ma in fondo dalla redazione del giornale di Xenophilius Lovegood non ci si poteva aspettare niente di diverso. Steinunn accompagnò Hermione di fronte alla porta chiusa di un ufficio. Su di essa era posta una targhetta dorata sul quale erano disegnati dei piccoli, strani insetti che Hermione non riuscì a identificare. Tutto le risultò più chiaro quando lesse la scritta sulla stessa targhetta: attenti ai Gorgosprizzo.

Steinunn tossicchiò e diede alcuni colpetti sulla porta, e una voce che Hermione avrebbe riconosciuto fra mille gridò – Avanti! –

La giovane Islandese aprì la porta e fece accomodare Hermione nelle stanza, e dopo aver rivolto un cenno di saluto a Luna, seduta a una scrivania ingombra di fogli, se ne andò richiudendosi la porta alle spalle.

- Ciao! – la accolse Luna allegra, nonostante il discorso di alcune sere prima.

Hermione si fece avanti e prese posto sulla sedia alla scrivania di Luna, rivolgendole un mezzo sorriso che non le venne affatto bene.

- Ciao, Luna. Sei molto impegnata? Se vuoi passo posso passare più tardi –

Luna scosse la testa, riordinando alcuni fogli sparsi alla rinfusa sulla scrivania.

- No, rimani. Ho quasi finito –

Raccolse i fogli e li riordinò, li mise in una cartelletta verde e si voltò verso la parete, alla quale era appesa uno strano aggeggio che a Hermione ricordò una delle buche per le lettere delle città babbane. Luna fece scivolare la cartella dentro la fessura rettangolare e quando accanto a questa una lucina verde iniziò a lampeggiare, scandì le parole: “Ufficio Correzione e Stesura”.

La lucina verde smise di lampeggiare e poi si spense completamente, mentre Hermione le rivolgeva un’occhiata perplessa della quale Luna neanche si accorse. Quando alla fine, alzando gli occhi sull’amica, vide la sua espressione scettica, le spiegò il funzionamento di quell’aggeggio.

- E’ un’invenzione di mio padre – disse. – Funziona un po’ come la Metropolvere. Attraverso una serie di piccole gallerie è possibile inviare documenti da un ufficio all’altro senza doverci andare a piedi. E’ molto comodo, anche se richiede molta manutenzione. Pensa che una volta abbiamo trovato un covo di Nargilli in uno dei cunicoli che vanno da un ufficio all’altro, e da allora facciamo periodicamente una disinfestazione –

- Oh, è, ehm, un sistema molto ingegnoso -

Hermione dedicò quindi la sua attenzione a una strana pianta posta sulla scrivania in un piccolo vaso color melanzana. Era decisamente la più strana pianta per interni che avesse mai visto in vita sua.

- E questa cos’è? – domandò allora.

Luna guardò prima Hermione e poi la pianta.

- E’ una particolare varietà di Brassica Campestris che cresce solo in alcune zone dell’India; tiene lontani i Gorgosprizzo – spiegò.

- Brassica Campestris – ripeté Hermione fra sé e sé.

- E’ conosciuta più comunemente come rapa – aggiunse poi Luna in tono confidenziale sporgendosi leggermente verso di lei.

Alzando un sopracciglio con fare scettico e quasi divertito, Hermione afferrò allora una copia del Cavillo lasciata sulla scrivania, e diede un’occhiata veloce all’articolo della prima pagina. Vi era una grande foto al centro della pagina dove un ometto piccolo e basso, attorniato da maghi e streghe delle età più differenti, diceva qualcosa tenendo una mano dietro la schiena e l’altra in avanti, indicando sé stesso e poi coloro che gli stavano attorno. Doveva essere nel bel mezzo della sua intervista. Hermione aprì meglio il giornale e lesse il titolo posto proprio sopra la fotografia.

Scritto con caratteri grandi e appariscenti, il titolo diceva: “Conferenza al Ministero: Alvin Gambacorta e la L.R.L. (Lega Riabilitazione Licantropi) festeggiano la loro vittoria.

Il resto dell’articolo parlava di questa Lega fondata da Gambacorta per la difesa dei diritti dei Lupi Mannari. Alla fine dell’articolo, in carattere corsivo, Hermione vide scritto il nome dell’autore: Luna Lovegood.

- Sembra interessante – mormorò, iniziando a guardare l’articolo con più attenzione.

- Oh, sì, lo è – convenne Luna spostando lo sguardo sul giornale che Hermione aveva tra le mani. – Inoltre Alvin un tipo simpatico; è stato molto gentile e mi ha anche esortato a prendere parte alla conferenza che terrà al ministero questo sabato per festeggiare la vittoria della sua Lega, che dopo anni è riuscita a far varare al Ministero alcune leggi in favore dei Licantropi. Io e Ron, e sicuramente anche Tonks e Lupin, ci saremo. Perché non vieni con noi? Potrebbe anche essere l’occasione giusta per rivedere Ron, a meno che tu non preferisca incontrarlo prima; anche se, in effetti, la conferenza è proprio domani – aggiunse poi portandosi un indice sulle labbra. – Che ne pensi? –

- Si potrebbe fare – fece Hermione, leggermente riluttante, e immediatamente Luna divenne il ritratto della felicità. Stirò le labbra in un sorrisino che mantenne anche quando iniziò a sistemare alcune carte sulla sua disordinatissima scrivania, occupata da appunti, articoli da ultimare, copie di giornale e penne d’aquila.

- Ti piace molto il tuo lavoro, vero? –

Alla domanda di Hermione, Luna alzò subito lo sguardo, annuendo.

- Puoi giurarci, ho sempre desiderato scrivere di Eliopodi, e Ricciocorni Schiattosi, e Snorticoli Cornuti, e tutte quelle altre creature che solitamente la gente non conosce. E’ un vero peccato che ci sia tanta ignoranza su argomenti talmente interessanti – sospirò. – Ma non mi hai ancora dato una risposta molto chiara: verrai domani alla conferenza? – chiese guardandola con i grandi occhi spalancati, quasi a volerla sfidare a dire di no.

- Va bene: verrò – rispose Hermione rivolgendole uno sguardo affettuoso, mentre l’altra la guardava sorridente. Poi l’espressione di Luna si fece più seria, fece per parlare una prima volta, ci ripensò, abbasso gli occhi sulla scrivania e poi li rialzò su Hermione, riprendendo a parlare.

- Senti, riguardo a l’altra sera, io credo che… -

Hermione distolse immediatamente lo sguardo e il suo viso mutò all’istante, mentre incrociava le braccia al petto e allontanava di poco la sedia dalla scrivania, facendola stridere sul pavimento.

- Luna, non ho voglia di parlarne –

- D’accordo, magari… magari un’altra volta – azzardò, ma l’occhiata di Hermione le fece intendere che non aveva la minima intenzione di riprendere l’argomento.

- Ci vediamo domani, allora? – tergiversò in fretta Hermione, decisa a evitare un silenzio imbarazzante.

- Certo, Hermione – disse, e la sua espressione si fece un po’ più rassegnata.

 

 

 

Alvin Gambacorta era un mago piccolo e tozzo, sulla sessantina, con capelli giallastri e occhi scuri che si illuminavano ogni volta che il suo discorso si faceva più animato. Come aveva spiegato Luna, gli era stato affibbiato il soprannome “Gambacorta” perché una parte della sua gamba sinistra era stata sbranata dallo stesso Lupo Mannaro che lo aveva trasformato, e infatti, anche se grazie probabilmente a una gamba di legno non si notava nulla, il vecchio licantropo zoppicava un po’. Da quando era stato trasformato in Lupo Mannaro si batteva per i loro diritti, aveva fondato anche una Lega per la loro difesa e la settimana precedente aveva ottenuto la sua vittoria. Gambacorta stava tenendo un infervorato discorso su un palchetto improvvisato. Nella parte più vicina al palco c’erano maghi (probabilmente membri della Lega) che reggevano alcuni striscioni con grandi scritte rosse del tipo “pari dignità per tutti”, oppure “il sangue non fa la persona”.

Trascinando l’amica in mezzo a quella folla, Luna disse a Hermione alcune parole che la ragazza non riuscì a sentire a causa di un improvviso scoppio di applausi, e quando le due ragazze si furono un po’ allontanate da quella folla scalpitante, Luna poté parlare liberamente.

- Ron dovrebbe essere già arrivato. Tu lo vedi? – chiese, alzandosi sulle punte dei piedi cercando di scorgere la testa rossa di Ronald in mezzo alla folla.

- No – fece Hermione. – E comincio anche a pensare che questo non sia il luogo migliore per rincontrarci –

- Andiamo, ieri hai detto anche tu che sarebbe stato interessante –

- E indubbiamente lo è, ma sarà un po’ difficile trovare Ron in mezzo a tutta questa gente –

- Sciocchezze – borbottò Luna, afferrando Hermione per un braccio e trascinandola avanti e indietro per la sala. Hermione si lasciò condurre docilmente. L’idea di rivedere Ron la elettrizzava e terrorizzava al tempo stesso. Cosa gli avrebbe detto? Ci sarebbero stati i soliti convenevoli, già immaginava gli abbracci, i “bentornata”, “cosa hai fatto” e tutto quanto, ma dopo? Prima o poi Ron avrebbe tirato fuori l’argomento “Harry”, e lei sarebbe stata nuovamente costretta a rispolverare vecchi ricordi che avrebbe solo voluto dimenticare. Ricordi di quella notte che, se solo fosse potuta tornare indietro, avrebbe fatto di tutto per cambiare. Perché era quel giorno che si era macchiata di vergogna, era quel giorno che aveva commesso il suo più grande errore che Harry aveva pagato con la vita. Era stanca, esausta, anche spaventata dall’idea di poter perdere persone a lei care, e aveva commesso un irreparabile errore. Se solo…

- Eccolo! – esclamò Luna, distogliendola dai suoi pensieri e puntando un dito verso un angolo della sala. Hermione seguì il suo sguardo e fu allora che lo vide: capelli rossi, viso lentigginoso, naso un po’ troppo grande e aria un po’ spaesata. Non sembrava cambiato di una virgola, non ad una prima occhiata, almeno. Quando Ron Weasley si accorse delle due ragazze sorrise e si recò a passi veloci verso di loro, e quando fu davanti alle due corse subito ad abbracciare Hermione, che ricambiò un po’ goffamente l’abbraccio.

- Merlino, non ci credo… - fece Ron, staccandosi da lei e rivolgendole un sorriso sincero. – Hermione! Che gioia rivederti! – esclamò, abbracciandola di nuovo.

- Anch’io sono felice di rivederti. Come stai? –

- Bene – rispose automaticamente, mentre dentro di sé Hermione si chiedeva quanta verità ci fosse in quella risposta. – E tu? Sembri molto dimagrita… sei stata male? – domandò nuovamente Ron, allontanandosi un po’ dalla folla e dalla voce squillante di Alvin Gambacorta, fastidiosamente simile a quella di un topo.

Come previsto, seguirono una seria di come stai, cosa hai fatto, dove sei stata e perché non ti sei più fatta sentire ai quali Hermione rispose brevemente e senza dilungarsi troppo. Ci furono sorrisi, abbracci e gesti affettuosi che misero la ragazza un po’ a disagio. Ronald era l’amico di sempre, ma lei? Si sarebbe comportato sempre come il suo migliore amico se avesse saputo cos’era successo veramente la notte della sconfitta di Lord Voldemort?

- …e dovrebbero esserci anche Remus e Ninfadora. Gli ho detto che saresti venuta qui oggi, magari riusciremo a incontrarli – disse Ron allegro, squadrando Hermione dall’alto in basso. – Allora? Non dici niente? Non sei contenta? –

- Sì, Ronald, certo che sono contenta –

- Forza, racconta: cosa hai fatto in questi anni? Com’è l’Irlanda? –

- Beh, è sicuramente molto… -

Si bloccò quasi senza accorgersene quando la sua attenzione fu attirata da qualcuno in mezzo alla folla. Guardò meglio, portando freneticamente lo sguardo da un volto all’altro. Uno sbaglio, si disse. L’aveva confuso con qualcun altro. Eppure le sembrava proprio di aver notato un ragazzo dai capelli biondi.

Impossibile. Una conferenza per il rispetto dei diritti dei Licantropi era l’ultimo posto al mondo in cui avrebbe potuto incontrare qualcuno come lui.

- Hermione…? – fece Luna, passandole una mano di fronte al viso. Lei si voltò subito verso i due amici che la fissavano cercando di capire cosa stesse guardando tanto attentamente.

- Cosa c’è? – domandò anche Ron.

- Niente, niente. Dicevamo? Ah, sì, l’Irlanda. Un bel posto davvero, ho apprezzato moltissimo le… -

Il discorso continuò ancora per alcuni momenti, poi Hermione, Ron e Luna ascoltarono le parole di Gambacorta, che erano dopotutto piuttosto interessanti. Applaudivano di tanto in tanto insieme al resto della folla, sentirono le grida di approvazioni della gente alle parole del vecchio Mannaro, ma, nonostante tutto, Hermione aveva ancora la mente fissa su quella figura alta e sottile che le sembrava di aver notato alcuni istanti prima.

 

 

 

- …perché non importa che noi siamo Lupi Mannari, Elfi, Giganti, Folletti o Vampiri: tutti, indipendentemente dal nostro sangue e dalle nostre origini, abbiamo la stessa dignità. Secoli di storia e di guerre ci dimostrano che da sempre si è dovuto combattere contro i pregiudizi, e questa è una nuova, grande vittoria per la giustizia, per i diritti, e per tutti coloro che sono stati spesso guardati con occhi diversi solo perché non totalmente umani. La giustizia…

E bla, bla, bla, insomma.

Di discorsi così ne aveva sentiti a non finire, e a vent’anni di vita Draco Malfoy non aveva ancora cambiato idea, e a poco sarebbero servite le parole di quel povero vecchio, che lui avrebbe sicuramente rimosso dalla memoria l’attimo dopo essere uscito da quel covo di pazzi. La voce di quel Mezzosangue era inoltre dannatamente fastidiosa,  indubbiamente nociva per la sua emicrania che non gli dava un attimo di pace da quando aveva varcato quella soglia. In mezzo a tutta quella gente che lottava per la difesa dei Mezzosangue lui si sentiva come un Vermicolo in un branco di Troll, situazione che non gli piaceva affatto. Una vecchia strega, che probabilmente lo aveva riconosciuto come il figlio del defunto Lucius Malfoy, gli aveva lanciato un’occhiata omicida che Draco aveva subito ricambiato, incurante dei borbottii della donna che erano continuati anche quando questa si era messa a parlare con un’altra arpia che aveva iniziato a squadrarlo di sottecchi.

E si parlava di superarare i pregiudizi.

Sperò ardentemente che nessun altro si accorgesse della sua presenza. Aveva una reputazione da difendere, lui, e non poteva permettere che qualcuno spifferasse in giro che Draco Malfoy aveva preso parte a quella ridicola manifestazione. Nervoso e stanco di quella serata iniziata da poco e che sembrava non dovesse finire mai, Draco iniziò a girare tra la folla alla ricerca della sua assurda e irritante cugina, Ninfadora Tonks, che lo aveva trascinato in quel buco con lo scopo di farlo uscire dalle mura di Malfoy Manor. Se non altro, si disse Draco, a casa sua non correva il rischio di essere infettato da chissà quale terribile malattia: quel posto pullulava di mezzi-umani e mezzo-sangue, ed era già tanto se non si era beccato qualche letale e incurabile virus.

In seguito alla morte di suo padre lui e Narcissa erano stati sottoposti a un processo del Wizengamot, il quale aveva inaspettatamente dichiarato la loro innocenza, sostenendo che nonostante Lucius Malfoy fosse effettivamente un Mangiamorte, non vi erano prove per dimostrare che lo fossero anche sua moglie e sue figlio, dal momento che, di fatto, nessuno dei due aveva mai preso a parte a qualcuno degli attacchi dei Mangiamorte, frequentissimi nel periodo in cui il Signore Oscuro era ancora in vita. Tuttavia, il Ministero aveva deciso che a occuparsi dei rimanenti membri della famiglia Malfoy, in modo da assicurarsi che nessuno dei due combinasse qualcosa di losco con gli ultimi – e pochi – Mangiamorte rimasti, aveva ordinato a un Auror di controllare periodicamente Malfoy Manor. E l’Auror in questione era Ninfadora Tonks, la quale, per l’appunto, aveva anche avuto quel giorno la bella pensata di trascinarlo a sentire i discorsi strampalati di quel Bracciolungo, Cavigliacorta o come accidenti si chiamava, costringendolo a interminabili ore di noia e nervosismo. Inoltre, una volta arrivati, Ninfadora e quel suo amico Mannaro, quel Lupin, sembravano anche essersi dimenticati della presenza di Draco e adesso lui, che li aveva persi di vista per alcuni istanti, non riusciva nemmeno più a trovarli tra la folla. E dire che trovare Dora con quei suoi assurdi capelli fucsia non sarebbe dovuto essere poi così difficile.

- …quanti di voi si sono sentiti a disagio perché, a causa di uno sfortunato incidente che nemmeno voi avreste voluto, siete stati additati come “esseri inferiori”, come “feccia della società”… Noi vogliamo porre fine a queste amenità, e grazie ai successi ottenuti dalla L.R.L., il Ministero è pronto ad attuare alcune riforme affinché i Licantropi… -

Nauseante. Come se al Ministro della Magia, che aveva schiere di Elfi Domestici che scorazzavano da una parte all’altra della sua casa, importasse davvero qualcosa dei Mannari o dei Giganti. Draco si fece coraggio e si addentrò tra la folla scalpitante, che ormai applaudiva senza sosta, e cercò di scorgere Tonks o Lupin, con scarsi risultati. Fu solo dopo alcuni minuti che riuscì a vedere sua cugina, che batteva le mani con vigore accanto a Remus Lupin.

- Dora… Dora… - fece Draco, battendole una mano sulla spalla. Lei si voltò smettendo di battere le mani.

- Sì? Che c’è? –

- Cosa vorrebbe dire “che c’è”?. Non dovresti dirmi qualcosa del tipo: “ah, eccoti qui”? –

Tonks lo guardò con un sopracciglio alzato chiedendosi cosa avesse.

- E perché mai? Mica sei scomparso – rispose con voce svagata.

Bene, si disse invece lui, se Ninfadora nemmeno si accorgeva che mancava da un quarto d’ora pieno allora erano messi proprio bene. Prima lo trascinava lì perché diceva di essere dispiaciuta che lui se ne stesse sempre da solo a trafficare con le sue Pozioni, e poi nemmeno si accorgeva se spariva. Rimase con sua cugina e Lupin soltanto per un altra mezz’ora, poi, dato che nessuno dei due accennava nemmeno a volersene andare ponendo fine a quella tortura che Draco sopportava quasi da un’ora, disse che si allontanava per un po’.

- Va bene, vai pure – gli disse Ninfadora guardandolo per un paio di secondi prima di tornare ad ascoltare Alvin Gambacorta. Draco si fece largo tra la folla e, una volta lontano da quella massa di gente, non poté non trarre un sospiro di sollievo. Si diresse a passi lenti e strascicati verso l’angolo della sala dove, a un piccolo tavolo, c’era dell’acqua e qualche bevanda da bere.

 

 

 

Luna aveva estratto un block notes e la sua Penna PrendiAppunti dalla borsa, che adesso scriveva velocemente le parole di Gambacorta. Dopotutto lei era una giornalista, e da ogni avvenimento poteva venir fuori un bell’articolo. Accanto a lei, Ron Weasley e Hermione Granger ascoltavano attentamente, scambiandosi di tanto in tanto qualche parola.

- Per questa sera potresti rimanere a dormire alla Tana – le stava dicendo Ron. – Saresti anche capace di sparire una volta fuori di qui – aggiunse con tono scherzoso.

- Sì, per me va bene, è da tanto che non vedo qualcuno della tua famiglia –

- E poi mi piacerebbe scambiare qualche altra parola con te, sono due anni che non ci vediamo e avremo sicuramente molte cose di cui discutere e da chiarire –

Cose da chiarire. Ciò che più Hermione temeva. Nonostante fossero passati due anni non era ancora pronta ad affrontare quei ricordi. Sentendo anche lo sguardo di Ron fisso su di sé, Hermione iniziò a sentire improvvisamente molto caldo.

- Senti, vado a prendere qualcosa da bere, torno subito – disse.

- Ti accompagno? –

- No, davvero, non ce n’è bisogno. Torno fra un attimo – disse, allontanandosi con la sensazione che Ron la stesse ancora guardando. Si incamminò a passi veloci e le sembrò quasi di non sentire più le voci e le grida dei presenti. Meglio così, si disse. Aveva bisogno di alcuni istanti di pace. Si diresse verso il tavolo all’angolo della sala e senza guardare le poche persone che vi stavano attorno cercò tra le varie bevande del Firewhisky.

In fondo erano anni che l’unica cosa che avrebbe voluto fare era bruciare. Bruciare, come aveva fatto Harry quella notte di due anni prima.

Prese un bicchiere e aprì la bottiglia, fece per versarla ma il suo braccio urtò qualcosa, o qualcuno, e un po’ di Firewhisky si riversò sulla tovaglia del tavolo e qualche goccia schizzò sulla manica della camicia del tizio che aveva urtato.

- Mi scusi, sono… -

Occhi grigi. Le bastò solo questo per farle morire le parole in gola. Lo riconobbe immediatamente, dopotutto lui era inconfondibile, con quei capelli biondissimi e quello sguardo arrogante e insopportabilmente irritante.

- Malfoy? –

 

 

 

 

NOTE AUTRICE

Ed ecco il secondo capitolo. Ho anche fatto un po’ un disastro e per sbaglio ho portato in alto la mia fiction senza un reale aggiornamento, mai che riesca a fare una cosa per bene, accidenti.

Comunque, ringrazio moltissimo pei_chan (hai ragione, è piuttosto insolito vedere Hermione così abbattuta, proprio lei che di solito cerca sempre di sollevarsi e di guardarsi attorno per cercare una soluzione, eppure ho voluto provare a immaginare cosa sarebbe successo se si fosse trovata di fronte a un dolore difficile da superare anche per una come lei. Draco è entrato in scena in questo capitolo, anche se il dialogo tra lui e Hermione avverrà nel prossimo. Sono contenta che l’inizio della storia ti abbia incuriosito. Un bacio ^^), roby the best  (già, è un po’ triste come fan fiction ma è più forte di me: io ho un debole per le storie malinconiche ^^), Lights (anche io amo quelle storie un po’ amare e sono contenta di essere riuscita a trasmetterti le sensazioni provate anche da Hermione. Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto, nonostante sia un po’ più leggero del primo ^^), un grazie anche a chi ha letto, a chi ha aggiunto la storia tra i preferiti e a chi è riuscito ad arrivare fino in fondo anche a questo capitolo. Alla prossima.

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Capitolo 3
*** She Is On Fire ***


CAPITOLO III

CAPITOLO III

SHE IS ON FIRE

 

 

Flames to dust

Lovers to friends

Why do all good things come to an end?

 

 

E’ incredibile come anche un semplice incontro possa farti cadere nella crisi più nera, pensava Hermione Granger, una mano saldamente appoggiata al tavolo come se temesse che solo lasciandola avrebbe perso l’equilibrio cadendo rovinosamente a terra. Tenne gli occhi fissi in quelle iridi plumbee, il viso contratto in un’espressione di puro stupore.

Tutt’altra reazione era invece quella di Draco Malfoy, che dapprima aveva ostentato uno sguardo sorpreso, ma si era ripreso piuttosto in fretta fissando la ragazza con un’espressione curiosa e, perché no, quasi compiaciuta. Che ragazzo irritante. Doveva mostrare un incredibile sangue freddo anche in una situazione come quella.

- Hermione Granger – disse infatti, sottolineando ogni singola sillaba. – Ma che sorpresa! Come mai da queste parti? –

Il suo tono era quello di chi incontra un vecchio amico che non si vede da tanto tempo, peccato che Hermione Granger e Draco Malfoy fossero tutto fuorché vecchi amici.

Lei lo guardò con espressione corrucciata, incrociando le braccia al petto per porre una sorta di barriera tra lei e Malfoy.

- Avevo sentito dire che era partita – continuò Draco, visto che la ragazza non aveva ancora aperto bocca. – Come mai sei tornata così all’improvviso? Sentivi la mancanza di Lenticchia e Lunatica? – domandò, riferendosi ai suoi due migliori amici con quei soprannomi che, anziché irritarla, le misero addosso un senso di nostalgia.

- Già, sentivo la loro mancanza – disse, fredda e con voce piatta, squadrandolo da capo a piedi: abito impeccabile, portamento elegante altero, sguardo arrogante e viziato. Non era cambiato di una virgola, lui. – Ma tu, piuttosto, che ci fai in un posto come questo? – domandò. Se c’era un luogo al mondo nel quale non avrebbe mai pensato di incontrare Draco Malfoy, quello era una conferenza per la difesa dei diritti dei mezzosangue. Per questo quando, alcuni minuti prima, lo aveva notato tra la folla, si era data della pazza per aver anche solo pensato che uno come lui frequentasse posti del genere.

- Mi ci hanno trascinato. Ma di certo se avessi saputo che avrei fatto un così interessante incontro avrei fatto meno storie per venire – rispose Draco, abbandonando il suo sguardo e girandosi verso il tavolo delle bevande. Prese la bottiglia di Firewhisky che Hermione aveva posato non appena lo aveva incontrato, afferrò due bicchieri e li riempì, porgendone uno alla ragazza, che non accennò a prenderlo.

- Allora? – sbottò Draco. – Dopo avermi macchiato la camicia potresti almeno prenderti questo tuo benedetto Firewhisky, ti pare? –

Hermione quindi afferrò il bicchiere pieno con un gesto un po’ brusco, e nel farlo la sua mano sfiorò accidentalmente quella di Draco. Quando, sorseggiando un po’ della bevanda, sentì uno strano brivido, si chiese se fosse effettivamente causato dal Firewhisky o dal lieve contatto di poco prima.

Draco svuotò il suo bicchiere in pochi sorso e lo riappoggiò sul tavolo, imitato poco dopo da Hermione. Tornarono a fissarsi in un silenzio ostile, e Draco, dopo essersi guardato un po’ intorno, afferrò Hermione per un braccio trascinandola lontano, e lei, stranamente, lo lasciò fare, docile.

- Dunque – riprese Draco, infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni. – Che fai qui? –

- Non sono affari tuoi – ribatté prontamente lei, guardandolo con astio.

- Sempre così scortese… e io che volevo fare un po’ di conversazione –

- Non sono dell’umore giusto per conversare, quindi se hai qualcosa da dire dilla, altrimenti tanti saluti –

- Va bene, va bene. Merlino se sei permalosa – disse, ma lei mantenne quell’espressione tesa e decisamente poco amichevole. – Non ho nulla di particolare da dirti, è solo che pensavo che non saresti più tornata –

Hermione si girò a guardarlo, studiandolo attentamente e puntando poi lo sguardo di fronte a sé.

- E come mai? – domandò senza guardarlo in volto.

- Non lo so – rispose lui alzando le spalle, poi parve rifletterci meglio e continuò – Dopo la morte di Potter credevo che volessi allontanarti da tutto e tutti. Sembravi sconvolta dopo la tragica morte dello Sfregiato –

- Mi pare ovvio, era il mio migliore amico – disse, scontrosa.

- Diciamoci la verità, Granger, tanto noi due lo sappiamo come sono andate le cose, vero? C’era anch’io quella notte, ricordi? – disse con tono quasi derisorio, ben consapevole di aver toccato un tasto dolente. Tutto divenne ancora più palese quando l’espressione di Hermione si indurì, e lei non cercò nemmeno di incontrare lo sguardo di Draco, forse troppo timorosa di potervi scorgere derisione e cattiveria.

- Non so di cosa tu stia parlando – disse infatti, confermando l’ipotesi di Draco.

- Sai una cosa? Non ti facevo così vigliacca –

- Io non sono vigliacca – ringhiò automaticamente Hermione. Era talmente abituata a ribattere le parole di Malfoy che ormai non doveva più nemmeno rifletterci.

- Continua a ripetertelo, e forse un giorno riuscirai a convincertene – disse Draco tagliente.

- Senti – sbottò Hermione, fermandosi di botto e piazzandosi davanti a lui, che non si scompose per nulla. – Non ho intenzione di farmi fare la predica da te, che sei la persona più codarda che io abbia mai conosciuto. Per tutti gli anni in cui Voldemort era ancora vivo non hai mai avuto abbastanza fegato nemmeno per schierarti dalla sua parte, era troppo comodo fare la Svizzera della situazione per poterti poi, a guerra finita, metterti dalla parte del vincitore, vero? – disse, godendo dell’idea di offenderlo, ma lui non sembrò per nulla scalfito.

- Sì, ma almeno con me stesso io riesco ad ammettere di essere un vigliacco, tu continui a crogiolarti nell’idea di avere un animo nobile e coraggioso – le rispose pacato. Lei fece subito per aprire bocca ma lui la fece tacere poggiandole una mano sulla bocca. – Nessuno ti vuole biasimare, perché non vuoi semplicemente ammettere di avere avuto paura? Che ci sarebbe stato di male? –

- Io non ho paura, non ne ho mai avuta e mai ne avrò –

- Davvero? – rise lui. – E allora perché non hai detto a tutti la verità su quella notte? Il tuo comportamento non è da biasimare, ma a quanto pare per una persona come te l’idea di aver mollato proprio all’ultimo è quasi vergognoso –

- Io non ho nulla di cui vergognarmi! – gli disse, anche se dentro di sé sapeva che per lei era tutto il contrario. Lo aveva anche detto a Luna alcune sere prima.

- Infatti sei tu che lo pensi, non io –

Quella discussione stava diventando insostenibile. Hermione si mise le mani sui fianchi, poi le lasciò ricadere stancamente.

Anni e anni di bugie. Era vero che aveva taciuto su alcuni importanti avvenimenti di quella notte del 21 giugno, la notte della definitiva sconfitta di Voldemort; era vero che aveva mollato proprio all’ultimo, sfinita da una guerra nella quale si era ritrovata a combattere senza rendersene veramente conto. Aiutare Harry Potter inizialmente era significato seguire un amico nelle sue bislacche avventure, ma già dal quinto anno in poi tutto aveva iniziato a farsi di gran lunga più serio: non era un gioco, e forse sia lei che Harry che Ron se ne erano accorti troppo tardi. Una guerra in piena regola era qualcosa che non avevano di certo previsto. Ed Harry aveva perso la vita, nell’ultima battaglia: era morto. E forse… forse lei avrebbe potuto salvarlo. O forse Harry era spacciato sin dall’inizio, ma non era questo quello che contava; lei non l’aveva aiutato. Fino all’ultima battaglia Hermione era stata con lui, ma alla fine, proprio a un passo dalla conclusione della guerra contro Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato… aveva mollato.

Lo aveva lasciato morire.

La consapevolezza di quell’orribile colpa riprese a tormentarla, violenta come non lo era stata da molto tempo. Non sentì l’impulso di piangere, piuttosto di urlare e distruggere tutto.

- Granger? – la richiamò Malfoy. – Sicura di stare bene? –

- Sicura di stare bene? – ripeté lei, facendogli il verso e guardandolo con astio. – Dì un po’, ho la faccia di una che sta bene?! –

- Per Merlino, ma è impossibile parlare con te! – sbottò. – Si può sapere che colpa ho io in tutta questa storia? –

Che colpa aveva lui? Nessuna, a parte conoscere la verità per filo e per segno. Questa era la sua colpa: era l’unica persona al mondo che sapesse cosa fosse accaduto realmente in quella maledetta notte. Lui, l’ultima persona al mondo al quale Hermione Granger avrebbe affidato un suo segreto. Che razza di situazione.

Hermione non si scusò per essere stata scortese con lui, ma cercò ugualmente di darsi una calmata. Si sentiva accaldata ed era certa di avere le guance in fiamme per la collera. Una collera che covava non contro Draco Malfoy, ma contro se stessa, per essere stata esattamente quello che avrebbe giurato non sarebbe mai diventata.

Una vigliacca.

- Vuoi dell’acqua? – le domandò Draco con tono cortese ma non premuroso.

- No, no, lascia perdere – rispose lei, sciogliendosi lo chignon ormai sfatto nel quale teneva legati i lunghi capelli ricci, che ricaddero disordinati sulle sue spalle minute. – Ho bisogno di prendere un po’ d’aria: qui non si respira più – aggiunse.

- Vieni con me – le disse allora Draco, iniziando a camminare senza voltarsi per vedere se lei lo stesse seguendo: era certo che l’avrebbe fatto. Infatti avvertì subito dopo i suoi passi lenti e stanchi dietro di sé, e si diresse deciso verso l’uscita della sala. Percorsero un lungo corridoio che a quell’ora era quasi del tutto deserto e raggiunsero l’ingresso dei visitatori. Aprì la porta e si spostò per far uscire Hermione, poi la seguì.

Una volta che fu immersa nella gelida aria notturna, Hermione tirò un profondo respiro, allargando le braccia e socchiudendo gli occhi per assaporare meglio quell’aria fredda che sapeva di neve. Avvertiva un freddo pungente sulle braccia e sulla nuca, ma non se ne curò.

Riaprì gli occhi e appoggiò la schiena alla parete fredda dell’edificio, incurante dei fiocchi di neve che avevano iniziato a scendere. Draco si mise accanto a lei con le mani in tasca, silenzioso. Si voltò a fissarla e lei, sebbene sentisse gli occhi del ragazzo fissi su di sé non ricambiò l’occhiata.

Rimasero così immobili a fissare il nulla per un tempo che a loro parve infinitamente lungo o infinitamente breve, non importava. Tanto era come se tutto si fosse fermato. Non c’era niente in quella strada vuota, se non qualche viandante frettoloso e alcune auto babbane parcheggiate ai lati della strada. Si sentivano in lontananza le risa di alcuni bambini che a Hermione sembrarono così distanti da appartenere a un altro mondo. La felicità aveva abbandonato la sua vita la notte in cui lei aveva abbandonato il suo più fedele amico.

- Credevo che non ti avrei più rivista –

Hermione sentì quelle parole appena mormorate, ma quando si girò verso Malfoy lo trovò intento ad accendersi una sigaretta, e per un istante ebbe l’impressione di essersi semplicemente immaginate quelle parole.

- Fumare fa male – disse con voce flebile, fissando la punta accesa della sigaretta di Draco, un unico puntino rovente in mezzo a quel gelido candore.

- Prima o poi si muore lo stesso – fu la risposta del ragazzo, e lei non provò nemmeno a ribattere, sarebbe stato da ipocriti. Perché se c’era una persona al mondo alla quale non importava più di quella insulsa vita, quella persona era lei.

Sapeva che probabilmente Ron e Luna avevano iniziato a chiedersi che fine avesse fatto, ma non se ne curò. Non c’era più nulla che le importasse davvero, ormai. Harry era morto. E una parte di lei se n’era andata con lui.

- Ti piaceva lo Sfregiato? – domandò a quel punto Draco, come se le avesse appena letto nella mente.

- Tutto dipende da cosa intendi con “piacere” – rispose, ma continuò subito non appena si accorse che quella risposta non era abbastanza per Malfoy. – Harry è la persona migliore che io abbia mai conosciuto. Più volte quel suo eccessivo coraggio e altruismo, quella sua mania di fare l’eroe, come gli avevo detto una volta, l’hanno portato a compiere gesti folli –

- Il coraggio è una sorta di follia –

- Forse hai ragione – rise Hermione. – Non conosco nessun altro folle che sia disposto a morire per salvare il mondo… accidenti, detto così sembra che io stia parlando di un qualche superiore dei fumetti babbani. Ma Harry era la persona più normale che si possa immaginare. Penso che se non fosse stato per la sua cicatrice nessuno avrebbe mai creduto che lui fosse davvero il Bambino Sopravvissuto, il Prescelto e tutte quelle cose lì – disse sfregandosi le mani contro le braccia coperte solo da un leggero maglione rosa pallido. – Harry piaceva a un sacco di persone. Tranne a te e a tutti quegli idioti dei tuoi amici Serpeverde, ma alla fine anche a voi faceva comodo che ci fosse qualcuno che potesse finalmente mettere fine a questa faccenda –

- La guerra non piaceva a voi così come non piaceva a noi – disse Draco, mettendosi nello stesso “noi” col quale si riferiva ai Mangiamorte, anche se, di fatto, lui alla fine aveva deciso di non schierarsi da nessuna parte.

- Comunque – riprese Hermione. – Non ero innamorata di lui, se è questo che ti interessa – concluse infine. – Perché me l’hai chiesto? –

Draco si strinse nelle spalle.

- Così – disse soltanto, e lei annuì, guardando davanti a lei. Davanti non solo in senso fisico. Non sapeva davvero perché era tornata in Inghilterra. Gli anni passati in Irlanda non erano stati felici né sereni, ma erano stati quieti. Non conosceva nessuno lì e in quel modo poteva evitare il peso di quell’orribile colpa che si trascinava dietro, ma questo accadeva solo di giorno, perché di notte i ricordi tornavano ad abbattersi su di lei, feroci e violenti, e il suo animo tormentato non riusciva a trovare tregua. A volte passava notti intere con gli occhi sbarrati fissi sul soffitto, senza mai addormentarsi. Sentiva i ricordi passarle davanti in una veloce sequenza, come se quel soffitto bianco fosse un grande schermo. Quando le mattine successive si svegliava e sua madre le chiedeva il perché di quelle profonde occhiaie, lei rispondeva che il materasso del letto era scomodo. La mancanza di Ron e Luna l’aveva sentita eccome in quegli anni, ma forse non era solo per rivederli che era tornata a Londra. Sentiva che c’era qualcosa che doveva fare, sentiva di avere una questione in sospeso. E quella questione era Harry.

- Perché non sei andata al funerale di Potter? – chiese di nuovo Draco.

- Sei un Legilimens? – domandò a sua volta Hermione; incredibile, se non era leggere nella mente, quello!

- No – fece lui, scettico.

- In ogni caso… non lo so. Anzi sì, lo so, ma non mi piace ammetterlo. Ci sono cose che preferisco dimenticare –

- Dimmi tu se questo non è comportarsi da vigliacchi –

- Non rigirare il coltello nella piaga, per favore –

- Perché non sei andata al funerale di Potter? – ripeté Malfoy.

- Per vergogna – rispose immediatamente. – Con che coraggio mi sarei potuta presentare di fronte alla sua tomba, quando io l’avevo lasciato morire sebbene lui fosse sempre stato capace di buttarsi nel fuoco per me? –

- Potter è morto, e i morti non possono rimproverare la gente –

Hermione si voltò a guardarlo.

- Ma tu sei sempre così cinico? – gli chiese.

- Credo di esserlo diventato col tempo –

Tacquero entrambi. Adesso il freddo iniziava a farsi più pungente e insopportabile.

- Ci sono altri avvenimenti oltre a quelli legati a Potter che ricordi di quella notte? – chiese Draco, e quando questa volta si voltò a guardarla lei ebbe la decenza di fissarlo a sua volta. Sapeva esattamente dove voleva andare a parare.

- Io ricordo tutto di quella notte – rispose. – L’odore del sangue, della morte, del fumo, il sapore acre della vergogna e della delusione… io tutto questo non lo dimenticherò mai, Malfoy –

- Neanch’io –

Il silenzio li avvolse di nuovo. Ma questa volta non fu un silenzio né imbarazzante né carico di tensione. C’era qualcosa che entrambi dovevano aggiungere, parole mancanti che dovevano essere dette, ma nessuno dei due trovò il coraggio di pronunciarle, sebbene entrambi sapessero esattamente che il proprio pensiero era anche quello dell’altro. E per questo non c’era bisogno di essere dei Legilimens.

- Penso che ci sia qualcun altro col quale tu debba chiarire, Granger – disse Draco.

- Stai parlando di te? –

- Mi sembra piuttosto ovvio –

- E allora sii più esplicito e non usare troppi giri di parole. Eri tanto famoso ai tempi di Hogwarts proprio essere così diretto e conciso e adesso che fai, inizi anche tu a perdere colpi? – scherzò, ma tornò subito seria. – E di te che mi dici? Abbiamo parlato soltanto di me –

- La mia vita non è poi così interessante come tu e i tuoi amichetti credevate – rispose, dando l’ultimo tiro alla sua sigaretta. – Ma se davvero ci tieni tanto a parlare con me, vediamoci un altro giorno –

- E’ un invito? –

- No, Granger, sei tu quella che vuole parlare con me, non io. Teoricamente dovresti essere tu a invitarmi, ma fa lo stesso –

- Allora facciamo così: io scelgo il luogo dell’incontro e tu mi inviti –

- E io che ci guadagno in tutto questo? Non ho nemmeno il vantaggio di scegliere dove incontrarci e per giunta devo abbassarmi ad invitarti –

- Sta tranquillo, il tuo orgoglio personale non ne rimarrà mortalmente ferito. Che ne pensi dei Tre Manici di Scopa? –

- In ricordo dei vecchi tempi quando durante i fine settimana andavamo in giro per le vie di Hogsmeade? Si può fare – rispose Draco. – Domani? –

- Dopodomani –

- Non posso scegliere nemmeno il quando? –

- Dopodomani – ripeté Hermione. – E adesso puoi pure invitarmi –

- A che scopo chiederti di venire se abbiamo già stabilito tutto? –

- Ricordi cosa avevamo detto all’inizio? Io stabilisco le condizioni, tu fai l’invito –

- E d’accordo, purché mettiamo fine a questa conversazione assurda. Granger, ti andrebbe di incontrarci ai Tre Manici di Scopa dopodomani pomeriggio verso le sei? –

- Sei e mezza –

- Sei –

Hermione sospirò e arricciò le labbra, riflettendoci su.

- Devo pensarci – disse infine, divertita, facendo spallucce mentre Draco la guardava allibito. – Ciao ciao, Malfoy! –

E tornò in fretta dentro lasciandosi dietro un Draco Malfoy alquanto perplesso.

 

 

 

- Dove diavolo ti eri cacciata? – le chiese Ron preoccupato quando la rivide spuntare. – Ti abbiamo cercato ma non ti abbiamo trovato da nessuna parte! Abbiamo persino incontrato Tonks e Remus, gli abbiamo chiesto di te ma hanno detto di non averti vista: che fine avevi fatto? –

- Sono andata a prendere un po’ d’aria – rispose Hermione, notando che la sala iniziava a svuotarsi: la conferenza doveva essere conclusa.

- E hai impiegato più di mezz’ora? – domandò Ron alzando un sopracciglio.

Hermione rispose con un’alzata di spalle.

- E’ stato un vero peccato, ti sei persa la parte più interessante – le disse Luna prendendola a braccetto mentre i tre si dirigevano fuori dalla sala. – Ho ricavato un bel po’ di materiale per il mio prossimo articolo – le disse.

- Mi fa piacere. Sono certa che sarà un articolo interessante. E almeno così potrò leggere sul giornale la parte della conferenza che mi sono persa –

Percorsero lo stesso corridoio che aveva percorso Hermione fino a pochi minuti prima, ma non incrociarono Draco: doveva essersene già andato.

- Ah, a proposito Hermione – le disse Ron. – Mia sorella per adesso è in Francia a trovare Bill e Fleur, Percy non abita più con noi anche se ora lui e papà vanno molto più d’accordo, e Fred e George dormono in un appartamento sopra il loro negozio, quindi, sempre se ti va, c’è posto in casa anche per te. Puoi dormire alla Tana, ai miei farebbe piacere rivederti –

- Oh. Sì, sì, per me va bene – rispose.

- Perfetto! – esclamò Ronald tutto sorridente. – Così possiamo anche parlare un po’ –

Sì, erano molte le cose che Ron voleva chiarire con lei, ma a Hermione non andava di discutere di nessuna di queste.

Una volta fuori dal Ministero salutarono Luna, promettendosi di rivedersi di nuovo al più presto, ma mentre abbracciava l’amica a Hermione sembrò di notare un paio di occhi grigi tra la folla di gente che stava uscendo in quel momento.

Che se lo fosse solo immaginato?

 

 

 

 

NOTE AUTRICE

Un grazie grande quanto un grattacielo a:

roby the best: La fan fiction è una Draco/Hermione, questa è una delle poche cose delle quali ero sicura quando ho iniziato a scriverla xD Hermione e Ron sono soltanto amici, ottimi amici, sì, ma solo amici ^^

pei_chan: ehm… non ho aggiornato subitissimo, ma spero mi perdonerai lo stesso ^^’ Questo capitolo l’ho dedicato solo a Hermione e Draco, anche se il ricordo di Harry è sempre ben presente nella mente di Hermione. Per lei non è facile allontanarlo, con questo capitolo dovrebbe essere più chiaro il perché ma più in là tornerò sull’argomento per spiegare meglio cosa è successo davvero quella famosa notte. Un bacio ^^

Lights: sì, il precedente è stato un capitolo molto più tranquillo, in questo le cose tornano a muoversi un po’ e di certo l’incontro con Draco è stato piuttosto inaspettato per Hermione. Alla prossima ^^

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Capitolo 4
*** Drowning In Flames ***


CAPITOLO IV

DROWNING IN FLAMES

 

 

Datemi un sogno in cui vivere, perché la realtà mi sta uccidendo

Jim Morrison

 

La mattina seguente alla sera della conferenza di Alvin Gambacorta Hermione si svegliò piuttosto presto. Quando aprì gli occhi si sentì per un momento spaesata nel notare che la stanza dove si trovava non era né quella doveva aveva vissuto in Irlanda né quella doveva un tempo abitava con Harry e Ron, ma le ci volle giusto un istante per ricordarsi che si trovava alla Tana.

La Tana era un altro di quei luoghi che legava ai tempi in cui era ancora una studentessa di Hogwarts. Ricordava le ultime settimane d’estate passate lì con Harry e Ron, a guardare Grattastinchi che rincorreva gli gnomi per il giardino e a giocare a Quidditch nonostante odiasse quello sport. Subito le giunse alle narici l’odore dei biscotti della signora Weasley, così si vestì in fretta e scese in cucina.

Trovò la signora Weasley, Charlie e la sua ragazza, Jeanine, già seduti a tavola. Aveva visto la signora Weasley già la sera prima, quando era ritornata alla Tana insieme a Ron, ma non aveva ancora parlato con gli altri due. Charlie era come lo ricordava dall’ultima volta che lo aveva visto, forse solo un po’ più alto; Jeanine era invece una ragazza carina dalla pelle scura con capelli e occhi nerissimi, con un viso simpatico e gentile che ispirava sicurezza.

- Come stai, Hermione? – le chiese Charlie, sorridendole. Erano poche le volte in cui aveva parlato col secondogenito dei Weasley, ma ogni volta Charlie si era mostrato sempre molto gentile e ironico. A volte le ricordava un poco Ron.

- Io sto bene, Charlie, grazie – gli rispose, e così iniziò una tranquilla conversazione di circostanza. La signora Weasley insistette perché Hermione iniziasse a fare la colazione, dicendo che aspettare Ron significava aspettare l’ora di pranzo, ma lei disse che lo avrebbe atteso ugualmente.

Ronald arrivò non molti minuti dopo, salutò tutti e si sedette accanto a Hermione.

- Dormito bene? – le chiese Ron, reprimendo uno sbadiglio.

- Sì, certo – mentì lei; in realtà era riuscita ad addormentarsi solo intorno alle quattro.

- E’ un piacere riaverti a casa, cara – le disse poi la signora Weasley. – Ho chiesto spesso a Ronald di te ma mi ha detto che non ha ricevuto tue notizie per molti mesi – disse quasi preoccupata. – Non sei stata male, vero? Sei così pallida… – disse infine.

La signora Weasley mise in tavola i biscotti che aveva appena fatto, poi si sedette. Hermione ebbe appena il tempo di allungare una mano per afferrare un biscotto che sentì subito due pop quasi in contemporanea, poi Fred e George Weasley si smaterializzarono proprio dietro Ron che per lo spavento balzò in piedi.

I gemelli Weasley ridacchiarono.

- Possibile che dopo diciassette anni di vita tu non ti sia ancora abituato? – domandò Fred a mo’ di saluto. – Ciao ma’, Charlie, Jean… e tu che fai qui? – esclamò poi, vedendo Hermione. – Non eri in Irlanda? –

- Sono tornata alcuni giorni fa – rispose Hermione, dando il via a un’altra serie di saluti e abbracci.

Il bello della Tana era che c’era sempre un clima di calore e allegria tra quelle mura, e anche quando la battaglia contro i Mangiamorte era al culmine c’erano sempre Fred e George che riuscivano a tirare tutti su di morale. Hermione l’aveva sempre trovato un luogo molto rassicurante e caldo, come se fosse una piccola parte di mondo all’interno della quale non si correvano i rischi e le insidie del mondo esterno. Una tana, appunto. Un luogo di rifugio.

Fare colazione con la famiglia Weasley la riportò a vecchi ricordi, ma ben presto anche la colazione finì, Fred e George andarono al loro negozio, la signora Weasley iniziò a sparecchiare aiutata da Jeanine, e Charlie uscì per andare a ritirare alcuni libri su delle particolari specie di draghi che si era fatto ordinare al Ghirigoro.

Hermione e Ron uscirono in giardino, e la ragazza respirò a pieni polmoni quella fresca aria mattutina. Iniziarono una breve e silenziosa passeggiata; fu Ron a prendere il discorso.

- Sai, ci sono alcune cose delle quali mi piacerebbe parlare con te – iniziò, e subito il cambiamento nell’atteggiamento di Hermione si fece evidente. Ron si accorse all’istante di quel suo improvviso cambio di umore.

- Mi è sembrato quasi che tu sia voluta scappare – continuò, cercando di scegliere accuratamente le parole, ma lui era stato sempre famoso per la sua proverbiale mancanza di tatto.

- Da quando sono arrivata non fate che ripetermi sempre le stesse domande – lo interrupe subito lei. – E sono stanca di ripetere sempre le stesse risposte, quindi, Ronald, per favore, lascia perdere –

Per alcuni istanti Ron tacque, dando a Hermione l’impressione di voler davvero seguire il suo consiglio. Speranze vane, purtroppo.

- Il problema è che tu non vuoi spiegare – riprese imperterrito. – Te ne sei andata il giorno stesso dei funerali, perché? Che fretta avevi? E che motivo aveva di andartene così, senza alcun preavviso, senza neanche parlarne con noi? –

- Non è affar tuo, Ron –

- Sì, invece! – la contraddisse alzando il tone di voce. – Anch’io ho sofferto per la morte di Harry, cosa credi? Anch’io sono stato male, ma non ho voltato le spalle a tutti per andarmene e non dare più mie notizie –

- Avevo bisogno di stare da sola, che c’è di strano in tutto ciò? A me sembra più che lecito –

- Non mi hai neanche salutato. E’ stata Luna a dirmi che te ne eri andata. Come credi che mi sia sentito io? –

- E come credi che mi sia sentita io in tutto questo tempo? – domandò, e anche il tono della sua voce si fece più arrabbiato.

- Beh, sai una cosa? E’ proprio quello che mi piacerebbe sapere, sei tu che non vuoi parlarmene! Io sarei stato pronto ad ascoltarti, e lo sono ancora, Hermione, sei tu che continui a fuggire – le disse scontroso, ma poi, credendo di essere stato un po’ troppo brusco, cercò di parlare addolcendo un po’ il tono. – E’ questo quello che mi preoccupa. Io so che c’è qualcosa che non va, credo di conoscerti da abbastanza tempo per accorgermene, e non capisco perché tu non abbia mai voluto dare spiegazione, né a me né a Luna né a nessun altro –

Hermione non rispose. Di discorsi come quelli ne aveva già sentiti, prima da Luna e poi da Draco. Non ne poteva più. Voleva solo essere lasciata in pace, voleva che non continuassero ad aspettarsi da lei chissà quali grandi rivelazioni. Lei non voleva rivelare niente: preferiva tenersi tutto per sé piuttosto che vedere i volti delusi e amareggiati degli unici amici che le erano rimasti.

- Andiamo, Hermione. Lo sai che con me puoi parlare –

Sperava che ponendosi in maniera più gentile, calma e rassicurante l’avrebbe convinta ad aprirsi, ma era impossibile. Era come se Hermione avesse innalzato una sorta di muro, una barriera indistruttibile che impediva a chiunque di scavare nei suoi pensieri per capirla e confortarla. Di solito momenti tristi come quello riuscivano ad avvicinare ancora di più due persone, ma con loro era avvenuto l’esatto contrario.

Hermione si scostò la manica del maglione per guardare l’orologio da polso.

- Scusami, Ron, ma ho un… un appuntamento importante – inventò. A dire il vero non era del tutto una bugia; aveva davvero un appuntamento per quel giorno, ma mancavano più o meno otto ore.

- Cosa? Adesso? Ma io pensavo che saremmo stati insieme tutta la giornata! –

- Sì, sì, lo so, scusa – disse lei. – Ma… davvero, non vorrei fare tardi. E poi ci rivedremo uno di questi giorni, no? Ormai sono tornata – cercò di rassicurarlo.

- D’accordo – si rassegnò Ron. – Va bene. Posso fare qualcosa? Ti accompagno? –

Lei scosse la testa.

- Non è necessario –

Corse in cucina, salì nella sua camera e prese le poche cose che aveva con sé, e quando disse alla signora Weasley che se ne andava anche lei rimase sorpresa.

- Di già? – fece infatti, stranita. – Sei sicura di non voler rimanere almeno per pranzo? –

- No, grazie, signora Weasley –

- Come preferisci, cara. Torna pure quando vuoi –

- A presto – le disse anche Jeanine, e lei ricambiò con un sorriso.

- Ciao, Ron. Ci si vede –

Tentò di abbozzare un sorriso, ma Ron continuava a rimanere immobile a braccia conserte. La sua espressione malinconica fu l’ultima cosa che Hermione vide prima di smaterializzarsi.

 

 

 

Tutto sommato la sera arrivò piuttosto in fretta. A pranzo Hermione non aveva toccato cibo, eccezion fatta per una mela, e non si sentiva nemmeno lo stomaco vuoto. Non aveva appetito. Era già pronta alle cinque del pomeriggio, ma decise di arrivare ugualmente alle sei e mezza, per il semplice gusto di far indispettire Malfoy che aveva stabilito come orario le sei.

Le vie di Hogsmeade la aiutarono a risollevarsi di umore. Il Natale era sempre stata la sua festa preferita, e le vie di quel piccolo borgo nei pressi di Hogwarts sembravano ancora più belle in quel periodo dell’anno. Ricordava quelle strade come se non fossero passati due anni dall’ultima volta che le aveva percorse, e nonostante ci fosse magari qualche nuovo negozio, tutto ero identico a quando lei era una studentessa di Hogwarts. Trovò i Tre Manici di Scopa senza alcuna difficoltà, e varcare di nuovo la soglia di quel locale la riempì di una strana e inaspettata gioia. Riconobbe immediatamente Madama Rosmerta, che non era cambiata minimamente; le rivolse un cenno di saluto e cercò Draco. Lo vide seduto a un tavolo con l’aria irritata. Stava fissando nervosamente l’orologio, sbuffando silenziosamente.

Sorrise soddisfatta e si avvicinò al tavolo. Malfoy la vide soltanto quando sentì i piedi della sedia spostarsi sul pavimento.

- Era ora – sbuffò.

- Pensavo che l’appuntamento fosse per le sei e mezza – disse con aria angelica.

- Sei – la corresse lui con disappunto.

Ordinarono qualcosa da bere godendo del clima caldo e confortante del locale, che sembrava ancora più accogliente se si pensava alla neve e al freddo dell’esterno.

Hermione si prese una cioccolata calda, riscaldandosi le mani sui lati bollenti della tazza.

- Mi sembra di essere tornata ai tempi di Hogwarts – disse, osservando Madama Rosmerta che serviva a un altro tavolo. – Mi ricordo di quando a volte venivamo qua a bere una Burrobirra e a chiacchierare –

Draco annuì distrattamente, osservandola mentre parlava.

Gli sembrava quasi impossibile che stesse davvero in uno dei locali più noti di Hogsmeade a parlare tranquillamente con Hermione Granger. Se glielo avessero detto anni prima non ci avrebbe creduto nemmeno per un istante. Eppure eccolo lì, a pochi giorni dal giorno di Natale, a chiacchierare con l’ultima persona al mondo con la quale avrebbe mai immaginato di passare una serata.

Era incredibile quanto la guerra avesse cambiato tanto il suo modo di pensare. Prima tutta la sua vita ruotava attorno a suo padre, ma adesso che lui era morto cosa avrebbe dovuto fare?

Non pensava che Lucius Malfoy avrebbe perso la vita in quella guerra, perché in fondo suo padre se la cavava sempre. In un modo o nell’altro riusciva sempre a evitare pericoli e problemi, e nonostante molta gente avesse sospettato a lungo che lui fosse un Mangiamorte era stato uno degli uomini più vicini al Ministro della Magia.

- E allora? – riprese Hermione. – Che mi dici di te? In fondo è per questo che siamo qui, no? –

- Sicura di voler parlare solo di me? – chiese, e lei arcuò le sopracciglia. – Davvero ti interessa tanto sapere cose che probabilmente già sai? Davvero vuoi sapere di come passo le giornate, con un Auror che viene quotidianamente a Malfoy Manor per controllare che mia madre non abbia ancora contatti con qualche Mangiamorte? –

Hermione rimase per un attimo spiazzata.

- Ecco… -

- Davvero vuoi continuare a fuggire anziché metterti davanti ai tuoi problemi e risolverli? Merlino, è assurdo che debba essere proprio io a dire a te queste cose. Pensavo che la Grifondoro fossi tu –

- E allora di cosa vorresti parlare, sentiamo – lo sfidò, stanca di dover essere rimproverata da chiunque le rivolgesse la parola.

- Innanzi tutto mi piacerebbe parlare di come tu te la sia squagliata dopo la morte dello Sfregiato e dopo quel che è successo –

- Gli affari tra me e i miei amici non ti riguardano –

- Non sto parlando di Lenticchia e Lunatica. Sto parlando di me e te –

Hermione alzò gli occhi dalla sua cioccolata per fissare il ragazzo che le stava davanti. La sua espressione era incredibilmente seria.

- E cosa vorresti sentirti dire? –

- Sono stanco che la gente mi dica solo quello che voglio sentirmi dire. Sono andato avanti così per anni, e ora ne ho abbastanza. Io voglio solo la verità –

- La verità? – ripeté Hermione. – Il problema è questo: non c’è nessuna verità. Sono una codarda. Ho avuto paura. Questa è l’unica verità –

- La guerra è una cosa, tu e io un’altra. Non mi interessa dello Sfregiato, è vero, è solo grazie a lui se siamo ancora qui tutti interi, ma non è di lui che mi importa. Mi piacerebbe capire perché te ne sei andata senza dire una sola parola, senza nemmeno avvertirmi. Niente, nemmeno una lettera –

- Pensavo che non ti importasse –

- E invece mi importava! – sbottò alla fine, ma cercando comunque di mantenere un tono di voce quanto più possibile calmo. – Per Merlino, dopo tanti anni riesco a baciarti e tu te la dai a gambe –

Hermione rimase taciturna a osservare la sua cioccolata calda, senza trovare il coraggio di alzare lo sguardo su Malfoy. Non pensava che sarebbe stato tanto esplicito. E dire che lei aveva cercato sin dall’inizio di aggirare la questione, troppo imbarazzata per poterla tirare in ballo. Alzò poi gli occhi su Draco, non per parlare ma perché sentire il suo sguardo su di lei senza poterlo osservare a sua volta era frustante.

Non sembrava a disagio, ma un po’ arrabbiato sì.

- Sei scappata senza dirmi nulla. Sono venuto a sapere che te ne eri andata in Irlanda casualmente, altrimenti credo che non avrei saputo niente di te per un bel po’ –

- Mi dispiace – trovò il coraggio di balbettare.

Draco sospirò.

- Sì. Dispiace anche a me –

Hermione riportò di nuovo il suo sguardo sulle sue mani, che torturavano l’orlo del maglione, non sapendo cosa dire. Era una delusione totale, come strega, come persona e come amica.

- Pensa che sono addirittura andato al funerale di Potty solo perché pensavo che almeno lì ti avrei rivista. E invece tu eri già in viaggio per l’Irlanda – disse mestamente Draco. – Mai viste tante persone a un funerale – aggiunse poi.

- Harry era un eroe –

- Harry era un pazzo – la corresse lui. – Nessuno con tutte le rotelle a posto si sarebbe messo contro il più potente mago oscuro di tutti i tempi –

- Era fatto così. Mi sarebbe piaciuto essere come lui –

- Una pazza suicida, in pratica. Bella cosa. Sei impossibile, Mezzosangue –

La ragazza piegò le labbra in tenue sorriso. Dopotutto parlare con Malfoy gli faceva bene. Nonostante anche lui esigesse – come tutti – delle spiegazioni, era l’unico col quale poteva parlare un po’ più liberamente. Forse perché in fin dei conti non è che lui fosse tanto più onesto di lei, ed era più facile confidarsi con qualcuno che non poteva biasimarla del tutto, considerato che aveva commesso anche lui e i suoi errori.

Ma Ron e Luna… no, del loro giudizio aveva il sacro timore.

A volte avrebbe voluto sfogarsi anche con loro, infischiandosene di quel che avrebbero pensato di lei in seguito, ma poi ci ripensava, dicendo che se ne sarebbe pentita.

Buon viso a cattivo gioco, questa era la strategia migliore da seguire, almeno per il momento, anche se ne aveva abbastanza di bugie. Ne aveva abbastanza di mentire, ma non poteva farci nulla.

Per non parlare di come si era comportata con Malfoy…

D’accordo, anni prima aveva dimostrato di essere in qualche modo interessata a lui, e poi era fuggita senza alcun ritegno. Una codarda senza eguali, ma pensava che fosse meglio abbandonare del tutto la sua vecchia vita e fuggire lontano, da brava vigliacca qual’era.

L’aveva lasciato (anche se a rifletterci “lasciare” non era il termine più esatto; in fin dei conti non erano mai stati insieme) senza una sola spiegazione, senza neanche un avvertimento. Meritava solo di essere abbandonata a sua volta.

Mentre si soffermava a osservare i suoi lineamenti, grata del fatto che Malfoy stesse guardando da tutt’altra parte, pensava che forse, se solo Harry non fosse morto, se solo lei non si fosse dimostrata così sciocca e debole, forse a quell’ora lei e Malfoy…

- A che pensi? – le domandò a quel punto Draco, mentre lei ringraziava mentalmente che Malfoy non fosse un Legilimens.

- Pensavo… pensavo che forse sarebbe stato meglio parlare anche con Ron e Luna piuttosto che scappare –

- Ci sei arrivata –

- E… riflettevo sul fatto che in fondo non è mai troppo tardi –

- Il proverbio dice così, sta a vedere se bisogna crederci o no –

- Pensavo che volessi incoraggiarmi, non gettarmi ancora più a fondo –

- Io sono solo realista. Dico sempre le cose come stanno –

- Come no, Draco Malfoy, il Re degli Onesti. Ma per piacere… -

- Vedi di non sottovalutarmi, Granger –

- E tu vedi di comportarti da bravo bambino e non dire le bugie -

- Mentire è un arte della quale, ahimè, tu non sei molto pratica – le sussurrò, alzandosi e lasciando sul tavolo il denaro per pagare quello che avevano consumato.

- E cosa te lo fa pensare? – domandò Hermione, mentre usciva insieme a Draco dai Tre Manici di Scopa, salutando Madama Rosmerta.

- Non ci credo che prima, quando ti ho chiesto a cosa stessi pensando, pensavi solo a Weasel e Lunatica – le sussurrò sfiorandole l’orecchio con le labbra e spostando poi la bocca sulla sua guancia, fin troppo vicino alle labbra di lei, che si scostò repentinamente.

- E tu non sei un buon osservatore, allora – ribatté, anche se dentro di sé fremeva ancora per l’effetto che la bocca di Malfoy sulla sua pelle le aveva provocato.

- E cosa te lo fa pensare? –

- Non ci credo che tu pensi ancora che io sia interessata a te –

- Io non lo penso: ne ho la certezza assoluta – disse, suadente.

- Sciocchezze, Malferret –

- Spiacente per te, ma il mio è un dono naturale: so benissimo quando qualcuno mi desidera o meno –

- Beh, questa volta ti sbagli. Potrai anche non crederci, ma non sei infallibile, Draco –

E lo salutò con la mano, facendo dietro front e avvolgendosi la pesante sciarpa al collo.

Dietro di lei, con le mani in tasca, Draco Malfoy ghignava apertamente.

 

 

 

Non tornò a Londra: non aveva nulla da fare lì. Si diresse invece alla Tana, dove sapeva Ron l’avrebbe accolta a braccia aperte date le sue intenzioni. Chiarire. Parlare. Spiegare. Rivelare la tanto attesa verità, dare un senso alla sua insensata fuga, motivare quel suo aspetto pallido e trascurato.

Malfoy aveva ragione: era ora che ci arrivasse. Luna e Ron erano gli amici migliori che le fossero rimasti, e se non l’avessero capita, se non l’avessero compresa… beh, pazienza. Almeno si sarebbe tolta quel peso opprimente che le toglieva l’aria ogni volta che qualcuno le chiedeva spiegazioni.

Avrebbe parlato prima con Ronald, poi sarebbe andata a trovare Luna e avrebbe chiarito anche con lei, e poi… poi avrebbe aspettato. Avrebbe atteso le conseguenze che tanto aveva temuto e che per tutto quel che tempo le avevano impedito di sfogarsi coi suoi due migliori amici.

Raggiunse la Tana, e già dal vialetto vide che la signora Weasley l’aveva notata. Corse ad aprire la porta e ad attenderla sulla soglia, accogliendola con un gran sorriso.

Seduti a tavola vide il signor Weasley, Jeanine, Charlie, addirittura Percy, Ron e accanto a lui Hermione vide con sorpresa Luna Lovegood. Ma lo stupore di Hermione era nulla paragonato a quello di Ronald, che tutto si sarebbe aspettato tranne che veder ricomparire Hermione Granger sulla soglia di casa sua quella sera stessa. Come minimo, credeva che si sarebbe fatta viva il pomeriggio del giorno seguente.

- Hermione? – fece infatti, alzandosi e raggiungendola, seguito da Luna.

- Ciao, Ron. Ehi, ciao, Luna. Non pensavo di trovarti qui –

- Ho fatto un salto qui alla Tana nel pomeriggio e alla fine la signora Weasley mi ha convinto a restare per la cena – rispose la ragazza.

- E tu? Come mai sei qui? – fece Ron, tanto incuriosito quanto contento di quell’inaspettata visita.

- Io… volevo parlare con te. Beh, anche con Luna, ovviamente, visto che è qui –

- Oh, certo, va benissimo – disse subito Ron. – Saliamo in camera mia? Almeno staremo più tranquilli –

Hermione e Luna annuirono, seguendo Ronald su per le scale. Le condusse verso la porta della sua stanza, le fece entrare e poi chiuse la porta.

Hermione si sedette sul letto, accanto a Luna, Ron invece prese posto alla piccola scrivania.

Entrambi la guardarono, curiosi, in attesa che lei iniziasse a parlare. Hermione trasse un profondo respiro, si guardò le punte delle scarpe e poi fissò lo sguardo prima su Ron e poi su Luna.

- Voglio parlare della notte in cui è morto Harry –

 

 

 

 

NOTE AUTRICE

Lights: Non sai quanto mi abbiano fatto felice le tue parole. Davvero, leggere la tua recensione mi ha fatto un immenso piacere ^^ E’ bello vedere che le emozioni dei personaggi arrivano anche al lettore. Un bacio.

roby the best: grazie, Roby ^^

Alaide: Grazie ^^ Sono contenta che i luoghi e le azioni sembrino quasi “reali”, uno dei miei principali obiettivi è proprio questo: rendere viva la narrazione e i personaggi. E’ un grande piacere notare di essere riuscita nell’intento ^^

pei_chan: Ciao, carissima! Cosa è successo precisamente quella benedetta notte non si è scoperto nemmeno in questo capitolo, ma il prossimo (che in parte è già stato scritto) sarà dedicato solo ed esclusivamente a questo. Finalmente rivivremo (ed era pura ora xD) gli avvenimenti di quella notte. Un bacio ^^

 

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Capitolo 5
*** Into The Fire ***


CAPITOLO V

INTO THE FIRE

 

'Till everything burns
While everyone screams
Burning their lies
Burning my dreams
All of this hate
And all of this pain
I'll burn it all down
As my anger reigns
'Till everything burns

 

 

21 giugno 1998, Little Hangleton.

L’incendio provocato da Bellatrix Lestrange si stava propagando nell’ala ovest di quella che un tempo era la più bella villa del paese. Adesso gli abitanti di Little Hangleton la osservavano bruciare, chiedendosi cosa potesse aver provocato un incendio del genere. Alcuni di loro, Babbani ovviamente, avevano proposto di dare una mano a spegnere l’incendio, ma Hestia Jones, membro dell’Ordine della Fenice che si stava in quel momento facendo passare per una Babbana, disse che avevano già chiamato i soccorsi e che al più presto l’incendio sarebbe stato spento. La verità era, invece, che bisognava tenere i Babbani quanto più lontano possibile da Casa Riddle, o un eccessivo numero di gente innocente avrebbe perso la vita quella notte. Hestia osservava la casa bruciare con le mani congiunte di fronte al petto in un gesto sincero, sperando in cuor suo che tutto andasse per il meglio. Aveva visto morire Dedalus Lux ed Elphias Doge, poi Kingsley le aveva detto di uscire e di assicurarsi che i Babbani non interferissero con la battaglia. Iniziò anche a sussurrare qualche preghiera, chiedendo e supplicando che Harry Potter potesse trionfare nuovamente.

Harry Potter era in quel momento nell’ala ovest della villa, dove l’incendio non si era ancora propagato, insieme a Hermione Granger e Ron Weasley. Hagrid, Bill e il signor Weasley stavano cercando si spegnere le fiamme, mentre Lupin, Moody, Kingsley e Tonks combattevano contro i Mangiamorte, lasciando a Harry, Ron e Hermione la strada libera, in modo che potessero raggiungere Voldemort senza problemi.

- Ron, abbassati! – urlò Harry buttando Hermione a terra mentre Ronald scansava l’Anatema lanciato da Yaxley, che era riuscito a scappare da Malocchio e gli altri inseguendo Harry, Hermione e Ron. I tre ragazzi si misero subito in piedi e si incamminarono in un corridoio lungo e scarsamente illuminato solo dal bagliore delle fiamme che appena si intravedevano dal lato opposto del corridoio. Yaxley si rimise velocemente in piedi e li seguì, puntò contro di loro la bacchetta ma Hermione si voltò rapidamente e fu più veloce di lui.

- Everte Statim! – urlò, e quando l’incantesimo colpì il Mangiamorte questo, colto alla sprovvista, venne prese in pieno e cadde all’indietro.

- Forza, muoviamoci – disse Hermione, aumentando il passo mentre Harry e Ron facevano lo stesso. Si ritrovarono in un corridoio buio, lì il fuoco non era ancora arrivato e le luci non funzionavano. Tutti e tre accesero le loro bacchette e continuarono a camminare, cercando di orientarsi in quella casa che, con tutta quella confusione e con la battaglia che infuriava al piano di sotto, era come un labirinto. Continuarono a camminare alla cieca, le orecchie all’erta pronte a cogliere ogni minimo rumore. Ron si voltò indietro cercando la figura di Yaxley, ma non lo vide; evidentemente lo avevano seminato.

- Di questo passo non troveremo mai Voldemort – disse Hermione. – Metà casa è bruciata, come accidenti facciamo? –

Harry non disse nulla, continuando a camminare, una mano premuta sulla fronte e il viso contratto in una smorfia di dolore.

- Ti fa male la cicatrice? – domandò Ron, col respiro affannato per la corsa, mentre Harry si voltava verso di lui e annuiva debolmente. – E’ un buon segno, no? Vuol dire che ci stiamo avvicinando a Voi-Sapete-Chi – continuò Ron.

- Già – concordò Harry, lasciando perdere la cicatrice nonostante questa continuasse a bruciare sempre più forte man mano che correvano. – Ma dobbiamo sbrigarci, non voglio nemmeno pensare a cosa succederebbe se Voldemort si stancasse di aspettare e decidesse di venirmi a prendere di persona; non credo che si farebbe scrupoli ad ammazzare chi si troverebbe sul suo cammino –

Pensando a suo padre e suo fratello nel bel mezzo della battaglia Ron deglutì, ma non disse nulla e continuò a camminare a fianco di Hermione e Harry. Corsero senza fermarsi un solo istante, ma quando videro un corpo bloccare il loro cammino si fermarono per vedere chi fosse. Pregando ardentemente che non fosse nessuno dei loro, si avvicinarono e nessuno dei tre poté nascondere una leggero sollievo vedendo che era Amycus Carrow. Hermione indugiò alcuni istanti in più con lo sguardo sugli occhi del Mangiamorte, lo sguardo spento e vuoto nel quale non era rimasta nemmeno una traccia dello spavento o dello stupore; probabilmente Amycus Carrow non ne aveva neanche avuto il tempo, forse era stato colpito alle spalle, senza neanche poter rendersi conto che la vita stava lentamente scivolando fuori da lui, e cadendo a terra ancora prima di esalare il suo ultimo respiro.

- Non perdiamo tempo, andiamo – li incitò Harry trascinando Hermione e Ron per un braccio e riprendendo la loro sfrenata corsa. Potevano sentire distintamente le grida e le urla provenire dal piano inferiore, accompagnate da esplosioni, Maledizioni Senza Perdono lanciate una di seguito all’altra, oggetti – o corpi – che sbattevano violentemente. Provarono tutti e tre un groppo alla gola, l’unica consolazione era che dopo quella notte tutto sarebbe finito. Hermione continuò a correre senza tregua, ma sentiva le gambe farsi sempre più pesanti e nella sua mente era ancora impresso lo sguardo vuoto di Amycus Carrow e di tutti gli altri cadaveri che aveva visto non soltanto in quella sera ma negli ultimi mesi. Aveva un taglio al labbro e avvertiva il sapore acre del sangue nella sua bocca, dandole un senso di nausea. Il braccio era coperto di tagli e le sue dita erano sporche anch’esse di sangue, ma non suo; spinta dalla paura e dall’istinto, aveva accoltellato Augustus Rookwood sulla spalla, affondando la lama tagliente nella sua spalla.

Legittima difesa, si disse. E’ stata soltanto legittima difesa.

I tre ragazzi imboccarono un altro corridoio ma furono costretti a fare immediatamente marcia indietro perché il fuoco bloccava la loro strada. Ebbero poi appena il tempo di vedere una sagoma stagliarsi contro le fiamme e subito dopo sentirono l’uomo gridare.

- Avada Kedavra!

Hermione e Ron si gettarono da un lato, Harry dall’altro, ma riuscirono ad evitare per un soffio la Maledizione. Hermione alzò immediatamente lo sguardo e nell’uomo che adesso avanzava verso di loro con la bacchetta puntata in avanti riconobbe Yaxley: li aveva di nuovo raggiunti.

Yaxley non si diede per vinto e gridò un Incantesimo non verbale che di nuovo riuscirono a evitare per un soffio, poi subito Ron contraccambiò con uno Schiantesimo che colpì il Mangiamorte solo di striscio. Quando quest’ultimo cercò a sua volta di disarmare Ron, lui si difese con un Sortilegio Scudo che per qualche istante fece perdere l’equilibrio al Mangiamorte. Poi si voltò verso i due amici.

- Voi andate avanti – disse Ron. – Io mi occupo di lui –

- Ma… - iniziò subito Harry.

- Che aspettate, muovetevi! Se questo qui continua a intralciare la strada non arriverai mai da Tu-Sai-Chi! – gli disse.

Harry e Hermione esitarono, si scambiarono un’occhiata ma quando il Mangiamorte si rimise in piedi Ron urlò di nuovo loro di andarsene.

- Forza, sbrigatevi! –

Harry fece per dire qualcosa, poi si trattenne dal parlare e mormorò soltanto un “va bene” poco convinto. Prima di lasciarlo andare, però, Ron lo trattenne per una manica puntando gli occhi in quelli dell’amico.

- Stai attento, Harry –

- Certo. Ci vediamo dopo –

Yaxley lanciò un’altra Fattura e Ronald rispose, mentre Harry afferrava la mano di Hermione e la trascinava via da lì. Corsero a perdifiato fino a quando le voci di Yaxley e Ron furono coperte dalle grida e dai rumori della battaglia. Poi un terribile urlo di donna li fece sbiancare entrambi.

- Tonks! – urlarono all’unisono, riconoscendo la sua voce.

- Cosa le è successo, cosa le è successo? –  domandò Hermione guardando Harry disorientata.

- Non ne ho idea, Hermione, speriamo solo che stia bene –

- Sì, Hermy, speriamo che stia bene – fece una voce falsamente infantile alla loro spalle. Harry la riconobbe subito, così quando si voltò non si stupì affatto nel vedere Bellatrix Black Lestrange di fronte a loro. La sua veste nera era squarciata in più punti, negli scurissimi occhi si poteva intravedere un bagliore di follia ma nonostante tutto non sembrava ridotta in cattive condizioni, anzi. Avanzò lentamente verso di loro, con le labbra rosse piegate in un sorriso folle e con la mano che reggeva la bacchetta abbassata mollemente, non considerava quei due ragazzi un grande pericolo.

Hermione e Harry puntarono invece velocemente le bacchetta di fronte a loro, pronti a difendersi da un qualsiasi attacco.

Bellatrix, dal canto suo, scoppiò in una fragorosa risata.

- Siete ridicoli – disse soltanto, fermandosi a poco passi da loro. – Come possono due ragazzini come voi sperare davvero di poter sconfiggere il Signore Oscuro? –

Harry serrò più forte la presa sulla bacchetta, avanzando di qualche passo.

- Sta tranquillo, Potter, non è mia intenzione ucciderti: questo compito spetta solo al mio Signore. Quanto alla signorina Granger, invece… - aggiunse, puntando la bacchetta contro di lei. - …di certo non potrà che essere un fastidioso intralcio per Lord Voldemort –

- Expelliarmus! – gridò Harry, sperando di coglierla di sorpresa, ma Bellatrix ostacolò il suo Incantesimo con un semplice movimento della bacchetta.

- Patetico, Potter. Sectumsempra!

Harry e Hermione si postarono velocemente e l’Incantesimo andò a cozzare contro un quadro sulla parete.

- Confundo! – urlò Harry, ma Bellatrix bloccò di nuovo il suo Incantesimo. Quando però il ragazzo lanciò uno Stupeficium sulla Mangiamorte, questa non ebbe il tempo di scansarsi e venne colpita con violenza. Si rialzò alcuni istanti dopo, fissando Harry con sguardo folle.

- Come osi… Expulso!

Questa volta l’Incantesimo prese Harry in pieno petto, facendolo sbattere contro la parete. Bellatrix, soddisfatta, puntò la bacchetta a pochi centimetri dal volto del ragazzo.

- Cru… -

- Avada Kedavra! –

Un lampo di luce verde scaturì dalla bacchetta di Hermione, e per la ragazza fu come vedere la scena al rallentatore. Vide Harry e Bellatrix voltarsi entrambi ed era quasi impossibile stabilire chi dei due fosse più sorpreso. Forse Bellatrix urlò, Hermione non poté esserne sicura perché si sentiva come sospesa in una specie di limbo, vide solamente la strega aprire la bocca nello stesso istante in cui la Maledizione Senza Perdono la colpiva, facendola cadere all’indietro a pochi centimetri di distanza da Harry. L’unico rumore che Hermione avvertì e che la fece riscuotere fu il picchiettio della bacchetta di Bellatrix contro il pavimento freddo di Casa Riddle.

La mano di Hermione tremava, la bacchetta le cadde di mano e lei si lasciò cadere per terra, fissando il corpo inerte di Bellatrix Lestrange e senza riuscire a distogliere lo sguardo. Harry si mise in ginocchio e guardò la Mangiamorte, incredulo almeno quanto la sua amica. Si voltò a fissare Hermione, e quando la vide seduta a terra corse a gattoni verso di lei. La aiutò a rimettersi in piedi, raccolse la sua bacchetta e gliela ridiede.

- L’ho ammazzata – fece Hermione con voce piatta, il tono era estremamente apatico ma nei suoi occhi si leggeva chiaramente lo stupore e forse anche il disgusto.

Harry la fissò, allibito quanto lei, ma cercando di non darlo troppo a vedere.

- E’ meglio se andiamo – disse.

- Io l’ho ammazzata, Harry. Per Merlino, l’ho uccisa! – strillò con voce più acuta del solito. Fece per lasciarsi nuovamente cadere sul pavimento ma Harry la sorresse, sussurrandole qualche parola gentile all’orecchio. Neanche lui avrebbe mai creduto possibile che Hermione potesse fare uso dell’Avada Kedavra, ma in fondo erano in guerra, l’istinto di sopravvivenza prevaleva su tutto e poi la morte di Bellatrix Lestrange poteva essere solo un bene.

- Lei ha ucciso, Sirius, e ha torturato e poi ammazzato un sacco di gente – le disse, cercando di allontanarla dal cadavere di Bellatrix. I suoi occhi erano aperti e le braccia erano disposte in una strana angolatura. Probabilmente sarebbe bruciata non appena il fuoco avrebbe raggiunto anche quel punto della Casa, Harry dubitava che qualche altro Mangiamorte sarebbe riuscito ad arrivare fino a lì prima che vi giungessero le fiamme.

- Hermione, dobbiamo andarcene via da qui, il fuoco non è molto lontano –

Lei annuì debolmente e iniziò a correre insieme a Harry.

Ma aveva ucciso. Era un’assassina. E che la sua vittima si fosse meritata o meno quella morte poco importava: lei aveva ucciso.

Corse insieme a Harry per i lunghi corridoi illuminati dalle fiamme, col fuoco che bloccava la strada in più parti e il fumo che impediva di respirare bene, le sembrò quasi di scivolare in un sogno. Tutto ormai le sembrava irreale, i morti, il sangue, il fuoco, il fumo…

Harry la teneva per mano, la spinse da un lato quando un pezzo della ringhiera in legno delle scale stava per centrarla in pieno, la condusse verso una delle ultime zone della casa che il fuoco non aveva ancora raggiunto, cercando di mostrarsi forte e coraggioso anche in quella situazione, nonostante il dolore alla cicatrice fosse ormai insopportabile, segno che Voldemort era sempre più vicino. Non si accorse nemmeno che qualcuno stava correndo nella direzione opposta alla loro, e solo quando Harry si fermò di scatto lo vide.

Aveva alcuni graffi sul volto e la camicia ingrigita dal fumo con l’orlo di una manica leggermente bruciacchiato. Teneva la bacchetta in una mano e quella libera era invece davanti alla bocca, mentre lui tossiva per il fumo. Si era appoggiato a una parete con un occhio socchiuso, ma quando vide Harry ed Hermione di fronte a lui si mise all’erta.

- Potter. Granger –

- Malfoy –

Draco Malfoy fece qualche passo verso di loro, incerto. La bacchetta era bassa, ma era chiaro che non sapeva se fosse il caso di attaccarli. Li fissò guardingo, fermandosi ad un metro di distanza da loro.

- Cosa ci fai qui? – gli chiese Harry. Nemmeno lui gli puntava contro la bacchetta, cosa che invece fece Hermione non appena ebbe riacquistato un po’ di lucidità.

- Cerco di salvarmi la pelle – rispose Draco con estrema sincerità. – Non ho intenzione di finire bruciato come quell’idiota di MacNair –

Harry fece per rispondere ma ci fu un’esplosione di gran lunga più forte delle precedenti. Draco, Harry e Hermione sentirono un forte boato, seguito subito dopo da nuove urla.

Dov’era Ron? E Hagrid? E Remus, Tonks, Malocchio e tutti gli altri?

- Qui sta cadendo a pezzi, dobbiamo andarcene – disse Draco, adesso più tranquillo visto che Harry non aveva mostrato la minima intenzione di colpirlo, ma non appena si fece più vicino dai due ragazzi Hermione gli puntò la bacchetta a un centimetro dal naso, gli occhi dorati ancora più vivi ardenti coi bagliori delle fiamme e del fuoco.

- Cosa pensi di fare? Tu stai con loro

- Hermione, non mi sembra il momento più adatto per litigare – le disse Harry con tono più scortese di quel che voleva, ma il dolore alla fronte era diventato insostenibile. Voldemort era vicinissimo.

- Ma è un Mangiamorte! – strillò Hermione, la mano che teneva la bacchetta tremava leggermente e Draco non si mosse di un millimetro.

Harry la costrinse ad abbassare la mano con la bacchetta. Se c’era una cosa che aveva capito in quegli anni, era che Draco Malfoy non era di fatto un Mangiamorte. Era troppo codardo per schierarsi definitivamente da una parte o dall’altra, stava con chi gli faceva più comodo e in un momento come quello, quando la situazione era più incerta che mai, Harry era convinto che Malfoy stesse dalla parte di chiunque fosse disposto a tirarlo fuori da guai. Non che gliene fosse mai importato particolarmente di lui, ma forse, in quel momento, poteva essergli d’aiuto.

Hermione lo fissava con occhi fiammeggianti, lui ricambiava lo sguardo, indifferente.

- Hermione, per favore – le disse. Poi si rivolse a Malfoy. – Tu conosci questo posto? –

Draco esitò, ma solo per un istante.

- Abbastanza –

- E sapresti uscire da qui? –

Draco sospirò, guardandosi intorno.

- Il fuoco ha distrutto più di metà casa e ci vorrà molto poco prima che tutta la villa venga bruciata. Anche se scarsa, c’è ancora qualche possibilità che la strada per il piano di sotto non sia stata ancora bruciata, ma se ce ne stiamo qui a fare salotto state certi che non riusciremo mai a uscire! – sbottò.

- E va bene, va bene – fece Harry, esasperato. – Allora: Hermione, tu vai con Malfoy e cercate di uscire da qui, possibilmente vivi. Voldemort è qua vicino, lo sento, e mi sta aspettando -

- Cosa?! – esclamò Hermione. – Ma che dici? Pensavo che sarei venuta con te! –

- Senti, sono io che devo battermi, non tu – le disse, nervoso e sbrigativo, sperando che Hermione non si prolungasse in obiezioni, o lei e Malfoy non sarebbero più riusciti a scappare da lì.

- Ma io credevo che… -

- No, Hermione, non potresti essere di nessun aiuto –

- Potter, ma tu sei pazzo! – disse anche Draco. – Come diavolo credi di poter battere il Signore Oscuro? Quello non ci mette niente a farti fuori, usa quel poco di cervello che ti ritrovi e cerca di salvarti la pelle anziché fare sempre l’eroe della situazione –

- Io e te ragioniamo in modi troppo diversi per poterla pensare allo stesso modo – disse Harry. – Andiamo, datevi una mossa! E vedi di portarla fuori di qui tutta intera, Malfoy, altrimenti quando tornerò ti farò a pezzi –

- Tu non tornerai. Se vai lì, tu non tornerai –

Harry non disse niente. Sapeva benissimo che probabilmente ci avrebbe rimesso la vita, ma sperava di portarsi con sé anche Voldemort. Fingere di essere certo di tornare sarebbe stato però più facile, sia per lui che per Hermione. Non poteva tirarsi indietro, non dopo tutto quello che aveva passato. Quella era l’ultima battaglia.

- Io vado, voi uscite di qui. Malfoy, lei la affido a te – disse indicando Hermione.

La ragazza emise uno sbuffo stupito e derisorio insieme.

- Sarei più al sicuro andando da Voldemort insieme a te, Harry –

Harry le si avvicinò, poggiandole le mani sulle spalle.

- Non fare storie, abbiamo già perso troppo tempo –

Gli occhi le si fecero più lucidi, o magari era solo una sua impressione, si  disse Harry.

- Allora, ci muoviamo o no? – sbottò Malfoy, al limite dell’esasperazione.

Harry annuì e guardò la sua migliore amica per un’ultima volta.

- Ciao, Hermione –

- Ciao, Harry -

Harry Potter si voltò e corse via, dritto lungo il corridoio e poi su per le scale. Hermione rimase a guardarlo, le lacrime che minacciavano di scendere da un momento all’altro.

- Tornerò a prenderti! – urlò mettendosi le mani ai lati della bocca. – Ti prometto che tornerò! Harry! –

- Mezzosangue, cerca di muoverti – le disse Draco, prendendola per un braccio, ma lei si divincolò. Lui aumentò al presa e dovette trascinarla a forza, o non si sarebbe più staccata di lì.

- No! – urlò, cercando invano di contrastare Malfoy. – Harry! Harry! HARRY! -

- Muoviti, no vedi che se n’è andato? Non ti può sentire più –

Lei smise di ribellarsi e allora Draco lasciò la presa sulle sue braccia. Lei si passò la manica della camicia sul viso e non gridò più.

- Muoviamoci – disse nuovamente Draco, e insieme a Hermione iniziò la corsa per uscire da Casa Riddle.

Non fu affatto facile. Il fumo rendeva l’aria irrespirabile e più volte dovettero cambiare direzione perché la strada era bloccata. Ormai non vi era più alcuna differenza tra le grida provenienti dal piano inferiore e lo scoppiettio delle fiamme. Quei rumori erano un tutt’uno, non era nemmeno necessario fare una distinzione dato che per Hermione avevano tutti lo stesso significato: morte.

Provava un misto tra dolore, paura e rabbia, ma la rabbia, la rabbia, quello era il sentimento più forte che prevaleva sugli altri. Aveva ucciso, era probabile che qualcuno dei loro avesse perso la vita, non aveva idea di che fine avesse fatto Ron e Harry era appena andato incontro alla morte col sorriso sulle labbra. Forse l’indomani, se solo fosse vissuta abbastanza per arrivarci, avrebbe sentito la gente brindare in nome di Harry Potter, per lodare il suo coraggio e il suo animo nobile. Perché tanto ormai non aveva dubbi su come si sarebbe conclusa quella battaglia. Dopotutto Malfoy aveva avuto ragione, prima.

Tu non tornerai. Se vai lì, tu non tornerai.

Sentiva il desiderio di piangere fino a non avere più lacrime e di urlare fino a consumare la voce. Seguiva Draco lasciando che fosse lui a condurla, non disponeva della concentrazione necessaria per trovare una via d’uscita. E poi nemmeno la voleva, una via d’uscita. Lei doveva andare con Harry. Perché l’aveva lasciato? Era con lui che voleva battersi, doveva tornare indietro, perché stava scappando? Non gli aveva forse promesso, una volta, che l’avrebbe seguito fino alla fine? E gliel’aveva anche gridato prima, quando Harry stava correndo verso Voldemort, verso la sua fine.

Tornerò a prenderti! Ti prometto che tornerò!

Non sarebbe tornata. Stava scappando, facendo esattamente quello che si era promessa non avrebbe mai fatto. Era stanca di uccidere, stanca di vedere morire, stanca di tutto.

Ma aveva promesso. Prima a sé stessa e poi a Harry. Doveva tornare. Non poteva scappare. Scappare era da vigliacchi, e tornare indietro sarebbe stato da folli. O da amica.

Si fermò all’improvviso, e quando Draco non udì più i suoi passi affrettati dietro di sé si fermò, voltandosi a guardarla.

- Cosa ti prende adesso? Perché ti sei fermata? –

La raggiunse con pochi grandi passi, sovrastandola con la sua altezza.

- Allora? Andiamo, Granger, ancora un altro po’ e non potremmo più uscire –

- Io devo tornare indietro –

Lui aggrottò le sopracciglia, e per un istante credette anche di non aver capito bene.

- Come scusa? –

- Devo tornare indietro – ripeté, alzando gli occhi che fino a quel momento aveva tenuto puntati sulle punte delle sue scarpe.

- Quello che dobbiamo fare adesso è darcela a gambe senza continuare a perdere tempo come babbei. Credi che questa catapecchia aspetterà che noi saremo fuori prima di crollare? –

- Credo soltanto che se me ne vado adesso me ne pentirò per tutta la vita –

- Ascolta – disse Draco, passandosi una mano tra i capelli e socchiudendo per un attimo gli occhi; il limite della pazienza l’aveva superato già da un bel pezzo. – Solo perché Potter è un pazzo suicida non vuol dire che noi dobbiamo fare lo stesso, e poi te lo ha detto anche lui che non saresti di nessun aiuto. Quindi adesso noi andiamo senza che tu faccia altre storie, chiaro? –

Gli occhi con in quali Hermione lo guardò erano animati da un ardore e da una follia che non le aveva mai scorto prima di allora.

 

 

 

Hermione smise di parlare. Aveva le mani sudate e teneva gli occhi bassi. Luna, accanto a lei, le accarezzava un braccio, rivolgendole un sorriso confortante nonostante dentro di sé sentisse una grande tristezza.

Ron si era alzato in piedi, rimanendo fermo di fronte alle due ragazze ad ascoltare il racconto di Hermione. L’avevano lasciata parlare in silenzio, senza mai interromperlo. I ricordi di Hermione erano così vividi che raccontandoli fece nascere negli altri due ragazzi la stessa ansia e paura di quella notte.

- Ti rimproveri il fatto di non aver seguito Harry? – le domandò Ron. – Ma nessuno si aspettava che tu lo seguissi nell’ultimo scontro, Hermione –

Ma lei scuoteva la testa, gli occhi socchiusi.

- Non puoi predenti la colpa della morte di Harry – la disse anche Luna. – Lui sapeva che c’erano poche possibilità che si sarebbe salvato –

- No… -

- Hermione, lo so che è difficile da accettare, ma… -

- No –

Questa volta la voce della ragazza era più ferma e sicura. Guardò gli occhi grigi di Luna, e l’amica le sorrise, ma lei scosse di nuovo la testa.

Magari fosse stato solo quello. Forse sarebbe stato meglio se fosse scappata insieme a Malfoy, almeno avrebbe potuto dire di aver fatto quel che Harry le aveva chiesto. Se solo avesse seguito Draco senza fiatare, a quell’ora non si sarebbe sentita oppressa dai sensi di colpa.

Intanto Ron e Luna continuavano a guardarla, silenziosi.

- Questo è stato solo l’inizio della fine. E’ quel che avvenne dopo che ancora adesso rimpiango –

E con lo sguardo fisso nel vuoto, riprese a raccontare.

 

 

 

 

NOTE AUTRICE

Aggiornamento lampo visto che presto sarò piuttosto impegnata e non so quanto tempo riuscirò a trovare da dedicare alla fan fiction. Ho pensato di dividere in due parti il capitolo sulla notte del 21 giugno, giusto per evitare che il capitolo risultasse troppo lungo rispetto agli altri. Un enorme grazie a Lights, e a tutti quelli che seguono la storia.

Ah, i versi all’inizio del capitolo sono della canzone di Anastacia, Everything Burns, che da anche il nome alla fan fiction.

Alla prossima.

Laura.

 

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Capitolo 6
*** Everything Burns ***


CAPITOLO VI

EVERYTHING BURNS

 

 

Il fumo era dappertutto. Ormai l’incendio si era diffuso per quasi tutta la villa, e l’aria era diventata irrespirabile. Le grida erano cessate; coloro che in quel momento stavano combattendo non disponevano delle energie necessarie per urlare. Lo scoppiettio del fuoco, qualche boato, questo faceva da sfondo a quella notte che nessuno avrebbe mai più dimenticato.

Draco Malfoy poteva dire di aver superato del tutto il limite della pazienza. Starsene lì, rischiando di soffocare, osservando Hermione Granger che nonostante la sua espressione indecifrabile provava dentro di sé una miriade di sentimenti contrastanti – rabbia, dolore, coraggio, ardimento, paura – era quanto di più assurdo potesse fare.

Ma quegli occhi…

Il fuoco che ardeva attorno a loro era nulla in confronto a quello che bruciava dentro gli occhi di Hermione Granger. Draco non provò nemmeno a comprenderla: non ci sarebbe riuscito.

Intanto la ragazza era combattuta. L’istinto di sopravvivenza e la ragione le dicevano di scappare, di mettersi in salvo, ma qualcosa la bloccava, qualcosa le impediva di fare anche un solo passo verso l’uscita, verso la salvezza. Un sentimento più forte di qualunque altro avesse mai provato durante la sua vita la legava a quel posto che presto sarebbe stato solo cenere al vento; era più che amicizia. Ma non era amore.

Harry era un fratello per lei. Da quando l’aveva salvata quel giorno del primo anno da un Troll di montagna l’aveva sempre trattata come una sorella. L’aveva sempre salvata, quante volte aveva rischiato di morire per lei? Un fratello. Questo era per lei Harry James Potter. Nulla di più,  nulla di meno.

Non poteva abbandonarlo. Non quando lui per lei si sarebbe fatto ammazzare.

- Non posso andare – mormorò. – Mi dispiace, Malfoy, non posso andare –

Eppure, nonostante quel fortissimo affetto che la legava a Harry, quanto le stava costando dire quelle parole? Quanto avrebbe voluto voltare le spalle a quella casa in fiamme e salvarsi, mentre Harry dava la vita per tutti loro?

- E io non posso andarmene senza di te – le disse Draco, e la sua voce pacata non rispecchiava per nulla il suo stato d’animo attuale. – Sono un uomo di parola, io. Ho detto a Potter che ti avrei portata fuori da qui e fuori da qui ti porterò –

Da quando Draco Malfoy era così determinato? Da quando gli importava tanto di una promessa fatta a un ragazzo che aveva disprezzato per sette anni?

Una promessa? Senso del dovere? Solo da questo scaturiva la sua inaspettata tenacia?

Si avvicinò a lei e le prese con poca gentilezza un polso, strattonandola, ma i suoi piedi rimasero saldamente puntati al pavimento.

- Io non ho intenzione di morire perché tu hai deciso di suicidarti, chiaro? – le urlò, ma lei non fece una piega. – E muoviti, dannazione! –

Probabilmente le stava facendo male al polso, i suoi movimenti bruschi non erano più del tutto controllati della ragione, ma Hermione non seppe dire se provasse davvero o no dolore. Non era in grado di stabilire cosa provasse e cosa no. La confusione dentro di sé – dentro la sua testa, dentro il suo cuore – le impediva di ragionare lucidamente. Nulla aveva più senso. Avrebbe potuto starsene lì immobile aspettando che le fiamme la bruciassero, lasciando che ogni particella del suo essere ardesse. Voleva solo questo: bruciare. Bruciare di vita un’ultima volta prima di lasciare che la morte l’accogliesse tra le sue braccia gelide.

Questo pensava mentre fissava gli occhi di Draco, freddi anche in un momento come quello, ma animati da angoscia, terrore e codardia.

Codardia, sì. Perché lui voleva solo arrivare vivo alla prossima alba, ma voleva lei con sé. Voleva che lo seguisse, per una promessa che aveva fatto ad Harry Potter.

Possibile?

- Tu vai – gli disse, ma lui rise guardandola con ira e derisione, perché il pensiero che potesse abbandonarla lì era assurdo.

L’espressione di Hermione rimase invece immutata.

- Io resto – proseguì con  molta più determinazione di quanta non ne sentisse veramente. Ormai il fuoco non era più solo attorno a lei: era dentro di lei.

- Non posso – rispose semplicemente Draco. – Non posso, capito? Non posso –

Lei lo fissò, e adesso negli occhi di entrambi si animava la disperazione di quel momento.

- Perché? – chiese, ma la sua voce quasi non si udì a causa di un forte boato.

Ma quel che disse non importava. Molte erano le cose che non importavano, ormai, e poche quelle che invece contavano davvero. Come le labbra di Draco che in un gesto disperato e inaspettato per entrambi si chinarono a sfiorare quelle della ragazza, che non oppose per un solo istante la minima resistenza.

E come avrebbe potuto, del resto?

Quelle labbra morbide e calde, quella lingua esigente e quelle mani che la toccavano dovunque riuscissero ad arrivare erano ormai l’unica cosa certa, l’unico appiglio… a cosa? Alla vita?

C’era disperazione, in quei gesti, e rabbia, e dolore, e desiderio, e brama, e fuoco.

Le dita di Hermione, che accarezzavano la pelle liscia e bollente di Draco, erano roventi quanto il fuoco che ardeva dentro di loro, toccare la pelle di Hermione, in quel momento, era come scottarsi.

Quel bacio irruente faceva sentire entrambi più vivi che mai. Lui la stringeva tanto forte da farle male, ma era un male piacevole, un male del quale sentiva l’esigenza.

Aveva bisogno di quelle labbra, di quelle mani e di quella pelle, impossibile privarsene dopo averne conosciuto l’ardore.

Lo stringeva e non gli bastava. E anche baciarlo ancora, ancora e ancora non gli sarebbe bastato, perché lei voleva provare quel fuoco per sempre, voleva sentire quel calore e quel senso di completezza ogni singolo istante di quella sua vita che fino a pochi istanti prima le era sembrata poco più che un pallido riflesso.

Si staccò da lui solo per riprendere fiato, di nuovo le sue labbra cercarono quelle del ragazzo e allora niente importò più. Né la morte, né il dolore, né le fiamme, né la guerra, né Harry.

In quel bacio c’era tutto quello di cui aveva bisogno. Incredibile quanto quella bocca potesse farla sentire viva e animata da un gioia folle, da un desiderio violento di sentire quelle labbra e quella pelle.

La follia si era aggiunta alla disperazione, e per la prima volta Hermione Granger lasciò perdere ogni cosa. Lasciò perdere Harry, sentiva la vergogna bruciarle dentro per quel suo comportamento vigliacco ed egoista, ma c’era Draco lì con lei, e solamente questo importava.

Non seppe dire perché quel baciò termino, così come non seppe dire cosa la spinse ad afferrare la mano di Draco trascinandoselo indietro, lontano dall’uscita, verso Harry.

Egoista. Vigliacca, codarda, debole, meschina e pure egoista.

Che senso aveva trascinare anche lui verso morte sicura, nel pazzo tentativo di salvare qualcuno del quale non gli importava nulla, pur sapendo che niente avrebbe potuto evitare l’inevitabile?

Nessuno.

Ma, dopotutto, aveva un senso quella notte?

Quella corsa, sfrenata e folle, fu il gesto più avventato di tutta la razionale esistenza di Hermione Granger, che prima di compiere qualsiasi gesto rifletteva, rifletteva e rifletteva, e che adesso era così irriconoscibilmente impetuosa e irrazionale.

Folle e disperata. Era solo questo, ormai.

Nemmeno Draco poté giustificare quella sua corsa illogica verso lo Sfregiato. Non pensò alle conseguenze, non penso che forse non sarebbero più riusciti a scappare, non pensò che era ridicolo che lui rischiasse la vita per San Potter. Semplicemente non pensò.

C’era lei, che gli teneva la mano con una stretta salda e sicura, e come si poteva, con un gesto così, dubitare di lei? Lei c’era, e questo bastava.

Com’era possibile che quella corsa a perdifiato tra le fiamme, il fumo e la cenere lo facesse sentire così libero? Dov’era il senso tutto quello? Perché camminare incontro alla morte lo rendeva così leggero, così veloce, tanto che più che correre gli sembrava quasi di scivolare? Perché non pensare  a nulla era così semplice?

Fu una delle situazione più rischiose nelle quali si fossero mai trovati. Casa Riddle stava ormai cadendo a pezzi, ed evitare zone dove le fiamme non erano ancora arrivate era diventato pressoché impossibile. Respirare diventava sempre più difficile man mano che proseguivano, ma avanzarono ugualmente con passo spedito e deciso. Era Hermione e fare strada, adesso. Superato lo stato di confusione dopo il bacio – il semplice ricordo di quest’ultimo la faceva ancora fremere – aveva cercato, per quanto possibile, di riordinare le idee e di stabilire di nuovo il suo obiettivo: Harry.

L’aveva scacciato del tutto dai suoi pensieri poco prima, quando le labbra di Draco erano l’unica cosa che le importava, ma adesso si vergognava di quel pensiero. Dimenticarsi così di una persona alla quale teneva tanto: come aveva potuto?

Cercò di non pensarci. Aveva una promessa da mantenere.

Tornerò a prenderti! Ti prometto che tornerò!

Quelle frasi dettate dalla disperazione e dal timore di perdere una persona tanto cara risuonarono nella sua testa come un’angosciosa litania, un obiettivo, un traguardo, una promessa dalla quale non poteva sottrarsi. Il loro riecheggiare nei suoi pensieri, dapprima più nitido e distinto, andava facendosi più fioco e debole, fino a diventare poco più che un’eco lontana.

Tornerò… tornerò… ti prometto… tornerò…

Accanto a lei, Draco le strinse la mano, prima di lasciarla, come a volerla confortare con la sua presenza. Lui era lì con lei.

Non avrebbe saputo spiegare come la consapevolezza che quello che fino a poco prima considerava a tutti gli effetti un nemico fosse accanto a lei le infondesse una tale carica e coraggio, ma lo sguardo di Draco la inondò di un inspiegabile calore.

Avanzare col fumo e col fuoco che aveva distrutto quasi tutto non fu facile. Incapace di orientarsi ancora in quel dedalo di corridoi, fu poi Draco a guidarla verso il luogo dove avevano lasciato Harry.

Lui conosceva Casa Riddle meglio di lei, ma nemmeno per lui fu un’impresa facile: molte strade erano bloccate, e più di una volta fu costretto a fare brusche deviazioni.

- Il piano superiore è inaccessibile – le disse infine, sudato e stremato, col respiro ansante, ma cercando di non respirare troppo quell’aria intrisa di fumo e cenere.

- Cosa? – esclamò lei, e il peso di quell’affermazione le gravò addosso come un pesante macigno.

- Non possiamo raggiungere il piano superiore. I corridoi e le scale per raggiungerlo sono tutti bruciati. Torniamo indietro adesso, o anche per noi sarà troppo tardi – spiegò pazientemente. L’esperienza gli aveva fatto capire che in casi come quello la calma e i ragionamenti erano il metodo migliore per convincere Hermione Granger di qualcosa. Anche se, in una notte come quella, non sapeva quanto la logica e la razionalità contassero per la ragazza.

- Ma… -

- Niente ma –

La sua voce, ferma, sicura, decisa, fu ancora più dura da sopportare. Il cuore le iniziò a battere furiosamente, l’idea di non poter raggiungere Harry era inaccettabile.

- No, no, no… -

Quella cantilena disperata e angosciata scaturì dalle labbra della ragazza, che si lasciò cadere in ginocchio a terra, reggendosi sulle mani.

Draco la afferrò per le spalle, la sorresse e l’aiutò a rimettersi in equilibrio.

Non c’erano parole per descrivere la frustrazione che si leggeva in quegli occhi d’oro, che fino a poco prima erano più belli che mai, animati da fiamme più voraci di quelle dell’incendio provocato da Bellatrix.

Gli gettò le braccia al collo, lo strinse e non pianse. Lei non piangeva mai.

- Mi dispiace. Ma non possiamo stare qui. Moriremo, se non facciamo qualcosa – le disse, il tono che lasciava trapelare un po’ della naturale e lecita impazienza. Avevano rischiato anche troppo. Non potevano più permettersi distrazioni.

Questa volta le proteste di Hermione furono pressoché nulle. Si lasciò trascinare da Draco senza opporre la minima resistenza, con le lacrime che premevano per uscire. Ma era più forte di lei: non riusciva piangere.

Ricacciare indietro le lacrime per non mostrarsi debole e indifesa, specialmente agli occhi di Harry che era sempre così forte e coraggioso in qualunque situazione, era diventata un’abitudine, tanto che ormai piangere le veniva difficile.

Seguì Draco, correndo e accelerando per stare al suo passo, ma tutto sommato non avvertiva la fatica. Non avvertiva più niente.

Sperava solo che quella notte finisse al più presto. Inutile sperare ancora di rivedere Harry, già immaginava il suo corpo bruciato dalle fiamme, i suoi occhi verdi spalancati per il terrore e gli occhiali dalle lenti rotte e graffiate a qualche centimetro da lui.

Non avrebbe retto più. Fisicamente non era stanca, la paura rendeva quasi automatici i suoi movimenti, ma dentro si sentiva esausta; era già tanto se aveva resistito così a lungo. Si diede della sciocca per non aver seguito prima i consigli di Draco.

Scappare. Comportarsi da vigliacca, sì, ma salvarsi. Voleva solo questo: sopravvivere. Di vivere, ormai, era inutile parlare. Perché tra vivere e sopravvivere c’era una bella differenza, e, ammesso che fosse riuscita ad uscire da Casa Riddle, la vita vera lei non l’avrebbe più conosciuta.

Avrebbe vissuto come un’ombra, uno smunto riflesso della persona che era stata un tempo, ma sarebbe stata salva. Non viva, ma salva.

L’istinto, la disperazione o chissà cos’altro le diedero un’ultima carica. C’era fuoco ovunque. Gli abiti erano laceri e bruciacchiati, correndo doveva fare attenzione che qualche scintilla non le arrivasse sui vestiti o sui capelli, zone della villa dove le fiamme non fossero giunte non ne erano rimaste.

Fuoco, ovunque. Dentro e fuori di lei.

Sperare di uscire vivi da lì voleva dire essere ottimisti. Estremamente ottimisti.

Stupida, sciocca e irragionevole, aveva deciso di non dare ragione alla testa nell’unico momento in cui invece avrebbe dovuto farlo. E se anche Draco fosse morto? Avrebbe dovuto portarsi nella tomba il peso di un’altra morte?

Draco le passò un braccio attorno alle spalle attirandola a sé per allontanarla dal fuoco che bruciava quello che un tempo doveva essere un quadro di qualche famoso pittore babbano, poi continuarono a correre, sempre più veloci.

- Manca poco, manca poco… - ripeteva Draco, la voce che rifletteva tutta l’ansia, l’impazienza e la speranza che sentiva dentro.

Hermione guardò quell’ultimo corridoio che rimaneva da percorrere. Le fiamme erano anche lì, ma forse sarebbero riusciti a superarle.

Aumentò il passo; adesso era lei a trascinare Draco.

Sentiva dietro di lei le fiamme sgretolare e distruggere tutto ciò che incontravano lungo il cammino, ma la speranza era ormai ben insita in lei.

Solo quel corridoio li separava dall’uscita. Le fiamme erano sempre più alte, uscire sarebbe stato difficile con tutto quel fuoco, ma ce l’avrebbero fatta, dovevano farcela…

- Per Merlino… -

Hermione si voltò verso Draco, che aveva appena mormorato quelle parole. Ma lui non la stava guardando. I suoi occhi erano puntati verso qualcosa che stava dietro di loro, e quando lei seguì il suo sguardo e vide, i suoi occhi si spalancarono e il suo cuore perse un battito. Forse trattenne respiro. Nelle sue orecchie, solo il crepitio del fuoco.

 

Everything burns
(Everything burns)

Watching it all fade away
(All fade away)
Everyone screams
Everyone screams..
(Watching it all fade away)

 

Fuoco, fiamme e fumo. E oltre questo una sagoma. A causa del fumo i contorni di quel volto erano sfocati, ma quel viso graffiato e sporco di cenere era inconfondibile.

- Harry –

Hermione non sapeva se avesse davvero pronunciato o solo pensato quel nome, ma Harry era lì, era sopravvissuto un’altra volta. Una trave infuocata gli impediva il passaggio, cercò di scavalcarla ma, a causa probabilmente di una gamba rotta o ferita, inciampò e cadde. Gli occhiali, rotti e in bilico sul naso, gli scivolarono via. Harry Potter allungò una mano alla cieca sperando di ritrovarli, la gamba ferita che gli impediva di alzarsi e le fiamme alte che ostacolavano la vista di Hermione e Draco.

- E’ ancora vivo… - sussurrò intanto Draco, stupito, e Hermione, accanto a lui, tacque. Si voltò a guardare indietro, verso l’uscita. Le fiamme ormai quasi impedivano il passaggio, e lo stesso dal lato opposto. Qualche metro e una barriera di fuoco e fiamme separavano Hermione da Harry.

 

(Everything burns)

 

- Hermione! – urlò a quel punto Harry con tutto il fiato che aveva in gola. – Hermione! Hermione!

Aiuto. La stava supplicando. Le stava chiedendo aiuto.

- Hermione! Hermione! –

La sua voce era rotta, la vista appannata, ma il suo urlo risuonava nella mente di Hermione come lo scoccare di un pendolo.

Ancora qualche secondo e il corridoio che conduceva all’uscita sarebbe stato completamente inaccessibile. Si voltò nuovamente a fissare Harry, il cuore che le batteva tanto forte da risuonarle addirittura nella testa.

Non puoi salvarlo. Il fuoco è troppo alto, non puoi raggiungerlo. Salva te stessa. Lui è perduto.

- Mezzosangue… - la richiamò anche Draco, il suo sguardo nervoso che andava da Harry all’uscita, frenetico e impaziente.

Hermione fissò quel poco del volto di Harry che ancora riusciva a vedere.

- Harry… Harry… -

 

(Everyone screams)

 

C’erano solo lei e Harry. E il fuoco. Cos’era che la bloccava? Cosa importava se ogni tentativo sarebbe risultato vano? Cosa importava se un’ulteriore attesa le avrebbe tolto ogni speranza di salvarsi? Cosa importava, quando Harry era ancora vivo e la implorava?

Non

Puoi

Salvarlo

- Mezzosangue, cosa vuoi fare? Deciditi! –

Fuoco, paura, rabbia, vergogna, dolore, speranza, affetto, angoscia, frustrazione, salvezza, cenere, fiamme.

Harry non gridava più. Ne aveva perso del tutto la forza?

- Mezzosangue! –

Il resto fu solo caos.

 

(Watching it all fade away)

 

Guardò un’ultima volta il viso terrorizzato e deluso di Harry e si lanciò in avanti, pronta a gettarsi tra le fiamme pur di raggiungerlo. Poi ci fu un boato. Tremendo, fortissimo, di gran lunga peggiore dei precedenti. Avvertì delle mani stringerla per le spalle a trascinarla indietro, mentre una forte esplosione la investiva. Ma nella sua testa non c’era altro rumore se non il crepitio del fuoco, vorace e inesorabile. Non sentì l’urlo strozzato di Harry, né il boato dell’esplosione. Vedeva soltanto che la figura del suo migliore amico si faceva sempre più lontana, mentre lei, con le braccia protese verso di lui, apriva la bocca gridando un grido che nelle suo orecchie non risuonò. Non vide altro: le scintille e le schegge che le scalfivano il volto la costrinsero a chiudere istintivamente gli occhi, poi, a poco a poco, sentì che il calore e il fumo iniziavano a scemare. Si chiese se fosse morta. Cadde a terra malamente, le braccia che l’avevano trascinata abbandonarono la presa, e lei cadde su quella che doveva essere erba. Forse svenne, forse era ancora sveglia, ma le voci che avvertì tutto attorno a lei erano confuse e indistinte.

- Santo Cielo, state bene? –

- Come avete fatto? –

- Hermione! Hermione! –

- Come sta? –

- Vi davamo per morti, ormai –

- Cos’è successo? Temevamo che non sareste più tornati! –

- Hestia, chiama Arthur e Ninfadora e digli che sono riusciti a salvarsi –

- Hermione! Cielo, perché non rispondi? –

- Dov’è Harry? Dov’è Harry? –

- Perché avete perso tutto questo tempo? -

- E’ solo svenuta, Luna –

- Kingsley! Portami dell’acqua! –

- E tu stai bene, ragazzo? –

- Il taglio non sembra profondo, qualche punto e dovresti essere a posto –

- Harry! Harry dov’è? Harry dov’è? –

E in quel marasma di voci, quella di Draco Malfoy fu l’unica che Hermione riuscì a riconoscere e a sentire distintamente.

- Abbiamo tentato. Non abbiamo potuto fare niente. E’ morto durante lo scontro contro Voldemort. L’abbiamo trovato quando era già morto. Mi dispiace –

 

(All fade away..)

 

Si lasciò andare e annegò nell’oblio.

 

 

 

 

NOTE AUTRICE

So che avevo detto che il prossimo aggiornamento non sarebbe arrivato tanto presto, ma cosa posso farci io se questa storia si scrive praticamente da sola? I versi all’interno della storia sono della stessa canzone del capitolo precedente.

Grazie a coloro che hanno recensito lo scorso capitolo, ovvero:

Raniya: sono contenta che la mia storia ti abbia preso ^^ Ho voluto concentrarmi maggiormente sul personaggio di Hermione e mi fa piacere che tu abbia trovato piacevole la sua caratterizzazione. Un bacio ^^

Lights: eh già, dati i miei standard aggiornamenti così veloci sono un record. Sembra impossibile anche a me aver aggiornato tanto celermente xD

Anjelina14: grazie! Sono contenta che la mia storia ti piaccia. Ciao ^^

Al prossimo capitolo, che, tra parentesi, sarà anche l’ultimo e che se tutto va bene arriverà domani.

A presto.

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Capitolo 7
*** Ashes ***


CAPITOLO VII

ASHES

 

La reazione di Ron e Luna era stata anche migliore di quel che aveva previsto. Alla fine del racconto a Luna era scappata qualche lacrima, dovuta al fatto che, dopotutto, Harry si sarebbe potuto salvare, ma non aveva dato per un solo istante la colpa a Hermione. Aveva detto che la sua paura erano comprensibili, e che, in fin dei conti, alla fine lei aveva cercato di aiutare Harry ma l’esplosione e le fiamme glielo avevano impedito.

Ron non era stato altrettanto comprensivo. Quando Hermione aveva smesso di parlare non aveva detto nulla per alcuni minuti, poi era sceso al piano di sotto borbottando qualche scusa. L’espressione che aveva rivolto alla ragazza prima di uscire dalla stanza era stata triste e un po’ amareggiata, ma alla fine era stato lui a stesso a prendere l’iniziativa e a parlare con Hermione un paio d’ore dopo. Le aveva fatto capire, piuttosto goffamente, che nonostante tutto non ce l’aveva con lei, ma che sicuramente sarebbe stato meglio se Hermione avesse detto tutta la verità fin dal primo momento anziché scappare.

E forse, se solo non fosse stato per Draco che, una volta fuori da Casa Riddle, aveva mentito a tutti tacendo sul fatto che loro avevano avuto la possibilità di salvare la vita di Harry, magari avrebbe raccontato la verità fin dall’inizio..

Il gesto di Draco, che aveva mentito solo perché sapeva che Hermione si sarebbe tormentata l’anima pensando di non aver cercato subito di salvare Harry, le aveva fatto pensare che sopportare il senso del rimorso sarebbe stato più facile se nessuno avesse conosciuto la verità, ma quando aveva capito che in quella maniera si stava solo comportando nuovamente da vigliacca, aveva deciso di passare del tempo da solo per riflettere, cosa che avrebbe dovuto fare quella notte di giugno anziché lasciare che la disperazione e il terrore prevalessero sulla ragione.

Tutto quello che seguì al momento in cui lei e Draco riuscirono a uscire da Casa Riddle era solo un ricordo piuttosto confuso. Ricordava vagamente gli Obliviatori che avevano modificato la memoria ai Babbani presenti, i giornalisti che cercavano in tutti i modi di intervistare gli Auror e i membri dell’Ordine, ottenendo però solo risposte decisamente poco carine.

Rita Skeeter si era premurata di dedicare alla morte di Harry un articolo strappalacrime alquanto lungo, e Hermione aveva provato un moto d’ira, leggendolo.

Le dava fastidio il modo in cui Rita parlava di Harry, come se fosse stata una sua grande e intima amica quando in realtà aveva cercato in tutti i modi di diffamarlo specialmente durante il loro quarto anno.

I giornali avevano parlato di quella notte di giugno per mesi, tanto che su giornali come la Gazzetta del Profeta o Il Cavillo, che aveva sempre sostenuto Harry, non c’era quasi per nulla spazio per le altre notizie.

Neanche dopo la notte della morte di Harry Hermione era riuscita a versare qualche lacrima, il che per lei era stato terribile poiché non poteva nemmeno sfogare il suo immenso dolore e la sua frustrazione piangendo. Arrivata nella casa dei suoi in Irlanda, si era chiusa in camera per tre giorni di fila senza toccare cibo, era stata poi Jane Granger a costringerla a mettere qualcosa sotto i denti.

Le lettere che aveva spedito a Ron e Luna – poche per quei due anni in cui era stata via – erano sempre molto brevi e sbrigative, mandava solo regolarmente i suoi saluti e rispondeva solo vagamente alla domande di Luna e Ron.

Per Draco invece non aveva speso mai nemmeno una sola riga, ma il ricordo di quel bacio era tutt’ora nitido nella sua memoria. Ci aveva pensato diverse volte mentre era in Irlanda, ma aveva giudicato quell’impeto appassionato come un gesto dettato unicamente dalla disperazione. E in parte era vero, eppure, a volte, ripensando a quanto bene l’avesse fatta sentire lui persino in un momento doloroso come quello, avrebbe voluto avere di nuovo quella bocca sulla sua.

Quando l’aveva rivisto, fare finta di nulla era stata la mossa più semplice, ma ignorare del tutto l’accaduto era stato impossibile, dato che Draco stesso aveva tirato fuori la questione. Sentiva che avrebbe dovuto parlare ancora con lui, ma per dirgli cosa? Che le dispiaceva di essersela squagliata senza avvertire? O che il pensiero di quel semplice bacio la faceva tremare ancora di piacere?

Quel senso di vergogna che si portava dietro da due anni non le era di certo passato: non c’era ricordo più doloroso di quello degli occhi delusi e tristi di Harry, quando lei aveva esitato prima di gettarsi verso di lui.

Dopotutto, se solo non avesse perso tutto quel tempo magari sarebbe riuscita a tirarlo fuori da Casa Riddle, o forse no.

Impossibile stabilirlo.

L’unica speranza che le rimaneva era che Harry avesse visto che alla fine, nonostante l’esitazione, aveva tentato di salvarlo, ma ormai era davvero troppo tardi e Draco aveva pensato soltanto a metterla in salvo, come aveva promesso a Harry.

Aveva mantenuto la sua promessa, lui.

Se solo fosse stato possibile cambiare il passato, sarebbe corsa subito incontro a Harry, rischiando di finire a sua volta carbonizzata, ma quel che era fatto era fatto. Inutile piangere sul latte versato.

Il pensiero che non smetteva un solo attimo di tormentarla era: Harry l’aveva perdonata? Aveva perdonato la sua debolezza e la sua codardia? In cuor suo, Hermione sperava ardentemente di sì.

Non c’era modo di scoprirlo, ovviamente; poteva solo confidare nella nobiltà d’animo di Harry.

Intanto Luna era riuscita a realizzare il suo desiderio: aveva organizzato una serata insieme a Hermione, Ron, Lavanda Brown, che ancora stava insieme a Ronald, e Neville Paciock.

Non era stato facile riunirsi insieme dopo tanto tempo, ma alla fine la serata era stata passata abbastanza serenamente. Un pomeriggio Hermione aveva anche avuto modo di scambiare qualche parola con Remus Lupin e Ninfadora Tonks, e proprio grazie a quest’ultima era riuscita a incontrare Draco Malfoy.

La vigilia di Natale Ninfadora, una persona molto fantasiosa che dopo aver visto Hermione sparire insieme a Draco la sera della conferenza di Gambacorta aveva tratto le sue conclusione affrettate, aveva trascinato Hermione fino a Malfoy Manor. A nulla erano servite le proteste di Hermione, che non ne voleva sapere di mettere piede nel maniero dei Malfoy per subire le occhiate astiose della padrona di casa, ma alla fine Tonks aveva avuto la meglio.

Così Hermione si ritrovava adesso all’ingresso di Malfoy Manor, in compagnia dell’allegra Ninfadora che esibiva quella sera un’appariscente chioma di un rosso accesissimo. Per adattarsi al clima natalizio, aveva detto di lei. Con sommo disappunto di Hermione, un elfo era venuto ad accoglierle alla porta, e quando fu dentro al maniero la ragazza non poté non stupirsi della ricchezza e dello sfarzo di quella tenuta.

La bellissima e algida Narcissa Black Malfoy accolse Hermione con uno sguardo scettico, e le sue sopracciglia bionde e sottili si arcuarono ancora di più quando Ninfadora presentò Hermione come una cara amica di Draco che fremeva dalla voglia di rivedere il vecchio compagno di scuola che non incontrava da tanto tempo. Testuali parole.

Narcissa, che conosceva Hermione di fama e che da Draco ne aveva sempre sentito parlare tutt’altro che bene, assunse un’espressione corrucciata ma non disse niente. Tuttavia, per tutto il tempo non fece che squadrare Hermione dall’alto in basso, con un’aria così insopportabilmente superba che la ragazza le avrebbe volentieri lanciato contro la raffinata ed elaborata cornice che aveva notato poco prima all’ingresso.

Quando Draco, scendendo al piano inferiore incuriosito da tutto quel chiacchiericcio (a voler essere precisi era Ninfadora che parlava, dilungandosi in appassionate descrizione di come Hermione fosse stata entusiasta all’idea di far visita a Malfoy Manor, accrescendo la perplessità della padrona di casa) vide Hermione, rimase anche lui alquanto stupito, ma intuendo che lì dentro non tirasse una buona aria trascinò la giovane ospite nel giardino per fare quattro passi. Una volta che i due ragazzi furono fuori, Ninfadora smise di sprecarsi in futili descrizioni e corse insieme a Narcissa alla finestra per spiare Hermione e Draco.

- Credo che tua madre non sia molto lieta di vedermi qui – disse Hermione, passeggiando accanto a Draco per il giardino.

Malfoy si strinse nelle spalle.

- Fa sempre così –

- Fa sempre così con i Mezzosangue – lo corresse lei, ma lui non rispose.

La neve aveva ricoperto tutto di un sottile strato bianco, dando a quella casa un aspetto meno tetro del solito. Hermione aveva sempre immaginato Malfoy Manor come un luogo assai più cupo, eppure, complice la neve e quella giornata fresca e soleggiata, la villa le appariva anzi piuttosto bella.

- Hai parlato con Weasel e Lunatica? – domandò a un certo punto Draco, voltandosi a guardarla.

Lei annuì.

- E allora? Come è andata? –

- Sono stati molto più comprensivi di quel che immaginavo –

- C’era da aspettarselo – rise di rimando Draco. – Sono pur sempre tuoi amici, no? –

- Sì, ma erano anche amici di Harry, e io ho lasciato che lui morisse –

- E basta con questa storia, per Merlino! – sbottò Malfoy, esasperato.

- Non credo che mi passerà mai il senso di colpa. Il rimorso mi tormenterà per il resto della mia vita, non passerà giorno in cui non penserò almeno una volta a come io abbia abbandonato il mio migliore amico mentre lui mi implorava di salvarlo. E’ la giusta punizione per i miei errori –

Draco scosse la testa, arrendendosi. Farla ragionare era un’impresa incredibilmente ardua.

- Te l’ho già detto e te lo ripeto: sei impossibile, Mezzosangue –

Lei per tutta risposta scoppiò in una risata sincera, la prima da quella notte di giugno. Era passato talmente tanto tempo dall’ultima volta che aveva riso che adesso persino la sua risata le appariva quasi sconosciuta.

Buffo che fosse proprio Draco a farla ridere dopo tanto tempo.

Continuarono a passeggiare sulla neve, e Malfoy fu lieto di constatare che nonostante tutto la Mezzosangue sembrava assai più sollevata. E questo, inspiegabilmente, rese un po’ più felice anche lui.

- Comunque, – riprese Malfoy. – anche se ti ostini a continuare a sentirti in colpa, parlare con quello squinternato di Weasley e con quella matta della Lovegood ti ha fatto bene, no? –

- Già. Mi sono tolta un peso – convenne, godendo di quella giornata in cui tutto sembrava brillare di una nuova speranza.

- Però… - meditò Hermione, rallentando il passo. – C’è ancora qualcosa che devo fare. Qualcosa che avrei dovuto fare tanto tempo fa, ma che trovo il coraggio di fare solamente adesso –

Non si spiegò con maggiore precisione e Draco preferì non fare domande.

Si fermarono vicino alla grande fontana. Hermione sospirò, e Draco, di fronte a lei, la guardò a sua volta.

- Anch’io ho ancora qualcosa da fare – le sussurrò, e la ragazza intuì le sue intenzioni ancora prima che lui abbassasse il viso verso il suo.

Il loro secondo bacio fu meno impetuoso del primo. Più dolce, avrebbe osato dire Hermione, anche se quello era l’ultimo aggettivo che avrebbe accostato a Draco Lucius Malfoy. Eppure non trovava altro modo per definire i movimenti gentili della bocca del ragazzo sulla sua, quei lievi morsi sul suo labbro inferiore e le carezze della sua lingua. Si alzò sulla punta dei piedi e poggiò le mani ai lati del viso di Draco, che immediatamente le circondò la vita con le braccia, mentre lei gli accarezzava le guance.

Poi si spostò verso il suo orecchio, sfiorando anch’esso con le labbra e sussurrandole parole con tono gentile.

- Posso farti una confessione? –

- Spara –

Pausa.

- Sono un Legilimens –

 

 

 

25 dicembre.

Quella mattina di Natale tirava un fresco piacevole. Il sole splendeva anche sul piccolo cimitero di Godric’s Hollow, completamente vuoto tranne che per una figura che si aggirava solitaria tra le lapidi. Ogni tanto si soffermava su qualcuna di esse, leggendo i nomi incisi sulla pietra, e poi proseguiva non avendo trovato quello che cercava.

Hermione Granger si allacciò meglio gli alamari del mantello. Il fresco era piacevole, ma le causava comunque qualche brivido sul collo.

Proseguì tra le lapidi, lenta e silenziosa.

Visita al cimitero. Modo bizzarro di passare il giorno di Natale; Luna l’avrebbe uccisa non appena sarebbe tornata. L’amica aveva programmato tutto: il pranzo con Ron, Neville, Lavanda, Tonks, Lupin e pure Draco (la presenza di quest’ultimo era colpa di Ninfadora, aveva spiegato Luna a un infuriato Ron che non ne voleva sapere di passare il venticinque dicembre col Furetto Rimbalzante) e di prima mattina lei se ne andava invece a osservare le lapidi.

Individuò abbastanza velocemente le tombe di Lily e James Potter, e si soffermò qualche istante di fronte ad esse, ringraziando silenziosamente quei semplici maghi che ormai per molti erano come degli eroi.

Subito dopo, proprio accanto alle lapidi dei coniugi Potter, Hermione scorse il nome tanto amato.

 

Harry James Potter

31/07/1980 – 21/06/1998

 

Passò i polpastrelli delle dita su quel nome inciso sulla fredda pietra grigia, soffermandosi ad accarezzare ogni linea e ogni curva. Si mise in ginocchio sulla neve, pregando in silenzio.

- Mi dispiace – sussurrò con voce rotta, accarezzando quella pietra. – Mi dispiace, Harry, perdonami… Io avrei voluto salvarti, lo avrei voluto davvero, ma non ce l’ho fatta… Harry… -

Sentiva gli occhi farsi più lucidi, e tirò sul col naso, passando le dita su quelle date.

- Mezzosangue –

Si girò immediatamente quando sentì la voce di Draco Malfoy alle sue spalle. Fece per voltarsi ma lui fu subito accanto a lei, in ginocchio, abbracciandola da dietro. Hermione respirò il suo buon profumo e nascose il capo sulla sua spalla, scoppiando in un pianto dirotto.

Sentire le lacrime che le rigavano copiose le guance fu un’immensa soddisfazione.

Potersi sfogare, piangere e singhiozzare come una bambina, quanto aveva desiderato poterlo fare!

Draco la strinse più forte senza proferire una sola parola, mentre lei stringeva il suo maglione grigio fumo tra le mani chiuse a pugno, strattonandolo debolmente.

Non cercò di trovare parole appropriate per consolarla, non era molto abile in questo e sapeva che al massimo avrebbe potuto strapparle qualche risata coi suoi tentativi goffi e impacciati, ma preferì lasciarla sfogare, lasciando che piangesse le lacrime che per tanto tempo si era tenuta dentro.

Non sapeva da quanto stesse lì, inginocchiato di fronte alla lapide di Harry Potter, con Hermione Granger che piangeva tra le sua braccia, ma alla fine le lacrime della ragazza cessarono.

Draco strinse il suo corpo esile scosso ogni tanto da singulti, appoggiando le labbra alla sua fronte.

Lei lo strinse a sua volta, lasciandosi cullare e socchiudendo gli occhi.

Si staccò da lui dopo un tempo che le sembrò infinito. Guardò un’ultima volta la lapide di Harry, ringraziandolo in silenzio.

Lo ringraziò per essere stato suo amico, lo ringraziò per averla trascinata in guai dai quali credeva non sarebbero mai usciti, lo ringraziò per tutte quelle volte che le aveva strappato un sorriso, lo ringraziò per averla difesa quando a scuola la prendevano in giro per i suoi genitori, lo ringraziò per avergli regalato avventure che avrebbe conservato per tutta la vita nel suo cuore.

Afferrò poi la mano che Draco le porgeva, aiutandola ad alzarsi.

- Allora? Adesso puoi dire di aver fatto tutto? – le chiese.

Lei continuò a guardare la lapide prima di rispondere.

- Già. Ormai ho proprio fatto tutto –

Gli rivolse un flebile sorriso, ma venne scossa da un altro singhiozzo.

Probabilmente avrebbe potuto piangere per tutto il giorno, ma non era proprio il caso. Era Natale, e non aveva intenzione di rovinare la festa a Luna.

- Vuoi stare ancora un po’? – le chiese Draco, vedendo che ancora esitava.

Lei scosse la testa.

- No. Andiamo pure –

Fece per seguire Draco che stava già per incamminarsi, ma prima di andare rivolse un ultimo sguardo alla lapide di Harry.

E fu allora che vide.

Dapprima le era sembrato solo un gioco di luce, ma poi guardando meglio vide che c’era un’altra incisione che la neve aveva nascosto.

- Aspetta – disse a Draco, che si fermò guardandola incuriosito.

- Che c’è? –

- C’è qualcosa… ma con la neve non si vede bene –

Raggiunse nuovamente la pietra e si inginocchiò sulla neve fredda.

Con una mano scostò la neve dalla lapide, e si accorse che quel che vi era scritto sopra era un po’ più lungo di quel che aveva creduto.

Draco le fu di nuovo accanto.

Leggendo quelle parole, le labbra di Hermione si curvarono in un sorriso.

Erano state incise la notte stessa in cui Harry aveva perso la vita, e la ragazza non aveva il minimo dubbio su chi fosse stato a comporle e a imprimerle sulla pietra.

- Albus Silente – mormorò infatti. – C’è sempre il suo zampino –

Lesse più volte quelle parole di ringraziamento che Silente aveva voluto lasciare a Harry. Anche Draco, al suo fianco, si soffermò su quelle frasi.

- Beh, direi che adesso possiamo proprio andare – disse Hermione, alzandosi in piedi, e poi, insieme a Draco, si diresse verso l’uscita del cimitero, e nessuno dei due si voltò più indietro.

Ma, sulla lapide sulla quale era stato impresso il nome di colui che per molti era stato molto più che un fratello, quel ringraziamento inciso su pietra era ben leggibile:

 

Ore 23.19, 21 giugno 1998

Il mondo tace.

Questo giorno, che da oggi in poi verrà ricordato nei libri di storia come

il più importante del nostro secolo, segna un importante passaggio

per la comunità magica. Perché oggi, 21 giugno 1998,

è stato sconfitto Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato,

e con lui tutto il terrore che ha regnato da sovrano in questi ultimi anni.

Ma oggi ha perso anche la vita colui che a solo un anno di vita

è diventato leggenda: Harry Potter, il Prescelto, che ha dato la vita

per la salvezza del Mondo Magico.

Oggi l’intera popolazione china la testa di fronte a un mago

il cui coraggio e audacia verranno sempre ricordati,

un eroe il cui ricordo rimarrà sempre nei nostri cuori

e il cui nome verrà impresso nelle pagine di storia e non cadrà mai nell’oblio.

Grazie, Harry Potter. Il tuo nome sarà sempre leggenda.

 

 

 

 

 

- Fine -

 

 

 

NOTE AUTRICE

E siamo giunti alla conclusione di questa breve fan fiction. Siccome proprio non riesco a farmi piacere un finale eccessivamente felice, ho voluto terminare questo breve epilogo con una nota un po’ più malinconica.

Ringrazio di cuore tutti quelli che hanno letto questa fan fiction, chi l’ha aggiunta tra i suoi preferiti e chi ha recensito: è stato un piacere leggere le vostre belle parole. 

roby the best: ma povero Draco xD Alla fine si sa che è un po’ un egoista, e dovendo scegliere ha preferito salvare Hermione piuttosto che lo Sfregiato.

Superfrency95: grazie, grazie, grazie per le tue parole fantastiche ^^ Addirittura una delle storie più belle che tu abbia mai letto? Ma stiamo parlando della stessa fan fiction? xD Comunque, per rispondere alla tua domanda: seppur vaga, avevo già un’idea per questa fan fiction. Poi, casualmente, ho ascoltato la canzone e ho cercato il testo, che sicuramente mi ha ispirato per scrivere la storia. Un bacio!

yayax: Grazie, yayax, mi fa piacere che ti sia piaciuta ^^

PolarLight: Grazie anche a te! Sono contenta che la storia ti abbia coinvolto nonostante la ship trattata non sia tra quelle che preferisci ^^

Lights: sono riuscita a rispettare i tempi dell’aggiornamento (quasi non mi sembra vero xD). Un grosso grazie, per aver seguito questa storia fin dall’inizio. Baci!

pei_chan: tranquilla, non fa assolutamente nulla se non hai recensito ^^ Ebbene sì, questo capitolo è l’ultimo, questa storia è nata per essere breve (pensa che all’inizio era addirittura una one-shot, poi ho deciso di farne una long fiction non molto lunga). Quanto a Hermione hai ragione, magari inizialmente, quando ancora era con Draco, avrebbe cercato subito di salvarlo, ma poi la stanchezza, il terrore, e la salvezza che era lì a pochi passi da lei, l’hanno fatta esitare. Non si darà mai pace per questo, rimpiangerà per sempre questo suo attimo di egoismo. E Draco… sì, a lui di Harry in fin dei conti non importava molto, e poi non è neanche il tipo di persona che sacrifica la sua vita per gli altri. Quindi, quando ha capito che era arrivato il momento di darsela a gambe, ha preso Hermione, l’unica della quale gli importava qualcosa, ed è scappato lasciando Harry che ormai, tra l’altro, era perduto. Un bacio ^^

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