Who could deny these butterflies?

di Ucha
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Day 1: Fire&Ice ***
Capitolo 2: *** Day 2: Rose ***
Capitolo 3: *** Day 3: Free ***
Capitolo 4: *** Day 4: Spirit ***
Capitolo 5: *** Day 5: Frostbite ***
Capitolo 6: *** Day 6: Discovery ***
Capitolo 7: *** Day 7: Goodbye ***



Capitolo 1
*** Day 1: Fire&Ice ***


Day 1: Fire & Ice
Raiting: Verde
Genere: Introspettivo
{AU} {Slice of life} {Het-Jack/Merida} {Fluff(?)}


 
Sua sorella lo spinge lievemente verso gli altri bambini, ma non ne ha bisogno, perché lui è già pronto a fare nuove conoscenze. Un piccolo dubbio però s’insinua nella sua delicata mente di bimbo di sei anni.
-Elsa, e se poi chiedono…?- mormora, perplesso verso sua sorella, che in cambio gli fa una carezza al viso.
-Tu rispondi che sei un folletto della neve.-
Il bambino riprende a sorridere ed entra in classe, mentre i suoi nuovi compagni di scuola hanno già cominciato a socializzare e all’inizio non sembrano accorgersi di lui.
Poi un bambino tozzo e con la faccia da maialino lo nota e lo indica.
-Hai i capelli bianchi!- esclama, la sua voce sembra il grugnito di un porco. –Sei vecchio! Qua c’è la seconda B, non una sala per vecchietti!-
Tutti i buoni propositi del bambino si sbriciolano come un biscotto tenuto troppo tempo dentro il caffelatte. Lui abbassa gli occhi azzurri e guarda a terra. Ma non piange. Lui è forte, e ci è abituato.
E allora perché si sente così? Come se qualcosa gli stia schiacciando il fragile corpicino? Probabilmente è la delusione. Le sue aspettative di poter legarsi agli altri senza essere prima guardato male per i suoi capelli candidi fuggono via, tirate dal vento. D’altronde non è nemmeno colpa sua. In famiglia sono tutti abbastanza chiari di carnagione, ma lui ha avuto la condanna di nascere con quella strana caratteristica che gli impedisce di essere… colorato?
Fra le risatine e le voci che insistono con la storia del “vecchio”, lui va a sedersi imbronciato in un banco appartato, in prima fila, dove nessuno è voluto andare.
Andrà tutto come al solito.
 
In quel vociare rumoroso c’è una bambina che non ride. Il suo nome è Merida e i suoi capelli sono come il fuoco che brucia d’inverno nei camini.
Lei osserva con i suoi curiosi il nuovo arrivato e non capisce perché i suoi compagnia stiano ridendo. Per il colore di capelli? Lei non capisce. Esistono tante tonalità di capelli (ha visto anche dei ragazzi con i capelli azzurri!) e le dispiace vedere quel bimbo solo e deriso.
Vuole andare da lui e dirgli che non è importante, ma entra la maestra e lei rimane lì dov’è.
 
 
Jack! Jack non andare sotto al sole!
Ma mamma, io voglio giocare!
Jack, rimani qui. È più sicuro.
 
Osserva sempre più frustrato i bambini giocare in giardino durante l’ora di ricreazione. È un’anima libera, lui, e sentirsi costretto dalla sua malattia genetica a rimanere sotto il porticato, all’ombra, gli da fastidio. E non poco. Lui immaginava il giorno di scuola grandioso e divertente, e invece non vede l’ora di tornare a casa e rinchiudersi nella sua camera priva di finestre. Ritornare nel buio, dove dovrebbe essere. Dov’è adesso.
Raccoglie le ginocchia più vicine al petto e poggia il mento sulle rotule, mentre con le manine si stringe i jeans. Anche lui vuole avere un colore di capelli normali, magari di un bel castano come quelli della mamma. Anche lui vuole la pelle rosea come quella della sorellina Anna, e anche lui vuole uscire a giocare come tutti gli altri bambini. Ma non può. Si morde il labbro, reprimendo la voglia di piangere. Lui non piange.
Improvvisamente una palla gli arriva in testa e la sensazione è quella di un secchio d’acqua fredda in faccia. Fredda come il suo aspetto.
-Ahia!- esclama infastidito, massaggiandosi la testa.
A recuperare la palla è una bambina dai lunghi e ricci capelli rossi, che il bambino rimane imbambolato a fissare. Che bel colore! Così caldo!
È così perso nella contemplazione di quel colore insolito e bello, che non nota che la ragazzina è ferma davanti a lui con la palla in mano. Il suo sguardo e curioso, ma non c’è alcuna traccia di scherno nelle iridi acquamarina.
Anche lei ha gli occhi chiari. Pensa il bambino. È diverso, ma lui si sente meno solo. Lo sguardo indagatore della bambina dai capelli rossi però lo mette in soggezione. Anche lei scherzerà sulla capigliatura candida? Anche lei gli chiederà perché suo nonno gli assomiglia tanto?
-Come ti chiami?-
La domanda lo lascia del tutto spiazzato. Strabuzza gli occhi e non sa cosa rispondere, non abituato. È davvero quello che gli ha chiesto? Un sorrisino di felicità gli decora il viso bianco, un sorriso che poi si estende.
-Jack..!- dice, quasi euforico. – Jack Frost!-
La bambina gli sorride, scoprendo la dentatura e l’incisivo mancante.
-Io sono Merida. Perché non vieni a giocare con noi?- gli chiede nuovamente e il bambino si rabbuia ancora. Merida capisce che non sono domande da fare e sobbalza lievemente, abbassando lo sguardo. Poi le viene un lampo di genio e fruga nelle tasche del grembiule, tirando fuori una manciata di tanti gessetti colorati. –Non importa! Ti va di giocare a Campana? Ma giochiamo qui, che sull’erba i gessetti non funzionano.-
Jack alza nuovamente lo sguardo, illuminato di gratitudine. Non se lo aspettava, detto in sincerità. Lui si era già arreso, nella sua rabbia esistenziale, a passare l’eternità in solitudine, deriso o, peggio, invisibile al mondo.
Ma quella bambina gli fa capire che niente è perduto. Lei nel frattempo ha lanciato la palla ai suoi amici e tende una mano a Jack, che lui prontamente afferra.
È calda.
Già. È caldissima. È calda come i suoi capelli, come l’estate, è calda come la cioccolata, è calda come il suo stomaco quando i suoi famigliari gli fanno una sorpresa.
Lui invece è freddo. Tristemente freddo. Sa di fare paura, di essere strano, e un po’ ha timore che lei lo lasci lì e torni dai suoi amici.
Ma non lo fa. Merida lo tira su e gli da un gessetto arancione, mentre lei comincia a disegnare i quadratini con uno azzurro.
Jack è euforico, felice, incredulo.
Finalmente il ghiaccio può assaporare il calore del fuoco.
 



 
Angolo dell’autrice:
Sì, esiste anche l’angolo dell’autrice. (e quindi?)
Niente, ho deciso di iniziare una piccola raccolta di una settimana su questa splendida coppia perché io sono follemente innamorata di loro.
Sono due creature bisognose di libertà e comprensione e per questo ce li vedo perfetti insieme. Perché non sono solo due teste dure che vanno a sbattere contro la montagna, ma due adolescenti capaci anche di dialogare e appoggiarsi nel momento del bisogno.
All’inizio ero partita che volevo fare qualcosa su loro già adolescenti, ma mentre scrivevo un flashback dove erano bambini ho cambiato idea e mi sono focalizzata solo su quello.
E buh, spero vi piaccia! <3
Ucha
 

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Capitolo 2
*** Day 2: Rose ***


Day 2: Rose
Raiting: Giallo
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Fluff (TROPPO)
Avvertenze: AU!; Linguaggio!;
 
 
 
 
 
 
L’imponente donna arriva con la sua andatura pesante verso la cella. È grassa da fare schifo, e le sue difficoltà motorie fanno venire problemi respiratori a tutti i detenuti.
Per questo fa la guardia. In azione verrebbe uccisa anche se si dirigesse per un sequestro. Però mena violento. Astrid la settimana scorsa per averle rivolto un “che vuoi” molto scocciato si è ritrovata un manrovescio violento sulla guancia. Inutile dire che la bionda le si è avventata addosso, venendo però trattenuta da due ragazzi prima che le cose si mettessero male.
Ora ha la guancia livida e gonfia e la guarda con astio ogni volta che passa, con tanto di insulti mormorati aggiunti. Come fanno tutti, del resto.
 
La donna apre la cella e si toglie dall’entrata.
-Fuori, stronzette, è ora di ricreazione.- bercia, e le ragazze sbadigliano esasperate. Ruffnut Thorston, la bionda stangona di quasi un metro e ottanta si alza stiracchiandosi per poi uscire rifilando due pacche sulla spalla della guardia.
-Era ora, cazzo.-
La seguono Astrid e Merida, una scozzese dai riccioli rossi che le arrivano fino al coccige. A vederla non si direbbe una vera e propria carcerata. Occhi liquidi e quasi trasparenti, visino tondo spruzzato da giusto due lentiggini: chi direbbe mai che quella ragazza ha massacrato la madre e i tre fratellini?
O almeno, è quello che riporta il processo. Perché è stato solo un maledetto incidente, nulla di più. Non era sua intenzione. Ma ormai non conta più se era volente o no, ciò che è fatto è fatto, e lei ora si trova in un carcere minorile da due anni, e altri due ne dovrà scontare. Nemmeno capisce cosa ci sta a fare in un carcere nella Contea del Dallas, dove i tramonti sono di fuoco e gli spari sono all’ordine del giorno.
-Ah, Merida.- le dice la guardia, Stacy, poggiandole una mano sulla spalla. –Auguri.-
Lei si ritrae infastidita, per poi seguire Astrid e Ruffnut verso il cortile esterno.
-Non sono fidanzata.-
Bello avere il compleanno il giorno di San Valentino, vero? Di solito solo la sua famiglia si ricordava di farle gli auguri perché compiva gli anni e non perché era il giorno degli innamorati.
 
Fuori fa freddo. Beh, grazie, è febbraio e loro sono quasi tutti vestiti con gli abiti che i loro genitori hanno potuto inviargli a settembre, quando l’aria era tiepida e gli alberi avevano ancora le foglie.
Quelle magliette di cotone non bastano, ma le guardie non si curano di dargli qualcosa di più caldo. Il mese scorso ci è rimasta secca Eep Crood, in prigione poiché coinvolta in una violenta rivolta studentesca insieme a Rapunzel Moore e Hiccup Haddock. Il suo unico indumento era un top, e la polmonite se l’è portata via.
Che stronzata, vero? Non li curano.
Lo scopo principale di quei ragazzi è sopravvivere fino alla fine della reclusione. Merida non è sicura di farcela. Chiederà a suo padre di portarle anche dei cambi di lana e anche qualche coperta per lei e per le sue compagne di carcere.
Ha provato a fuggire, ma l’hanno ripresa immediatamente. Peccato per la soffiata di Moccicoso, altrimenti ci sarebbe pure riuscita. Il ragazzo però si è beccato un giro di mazzate da lei e le due bionde.
 
Si stringe nelle spalle e si strofina energicamente le braccia, col tentativo di riscaldarsi almeno un minimo, mentre il respiro si condensa in nuvolette che si dissolvono immediatamente nel nulla.
-Ehi, Merrie!- la chiama una voce gioviale. La ragazza si gira e sorride al giovane che le si avvicina nei suoi jeans strappati e nel suo chiodo che comincia a diventare troppo stretto. –
-Jackson. – risponde lei avvicinandosi, allargando sempre di più il sorriso, ma lui rotea gli occhi e le rifila uno scappellotto potente. La ragazza, colta alla sorpresa, si massaggia la testa e lo guarda perplessa.
-Che cazzo di problemi hai?!- ringhia, tirandogli un pugno sul braccio.
-Non chiamarmi per il mio nome completo, mi da fastidio, Merida Rose Dunbroch.-
Gli occhi azzurri della ragazza si spalancano lentamente mentre lei inspira come una belva pronta all’attacco. E in effetti raddrizza la sua schiena in tutta la sua altezza e si prepara a spararne una delle sue, ma il ragazzo la blocca e la prende per mano, trascinandola in un luogo appartato.
È così che va a finire. Quel tempo che hanno per poter sgranchire le gambe e stare per fatti propri Jack (perché è così che il ragazzo vuole essere chiamato) e Merida lo passano insieme, battibeccando, fumando sigarette, o peggio, poggiati al muro al riparo di tutti e guardando in alto il cielo. A volte per un’ora intera non si parlano nemmeno, ma rimangono così, vicini e soli, assaporando la morbidezza reciproca.
Non si sono mai detti “ti amo”. Jack pensa che il loro rapporto sia qualcosa oltre l’amore, qualcosa di inviolabile. Lui ha paura di toccare Merida. Perché ha paura di sporcarla con un’anima come la sua. Lei d’altro canto non si interessa di queste cose. Semplicemente, adora stare con la testa poggiata sulla spalla di Jack, fino a quando la campana non suona e i ragazzi devono rientrare nelle celle.
 
Con le gambe stese e i visi rivolti in alto, sembrano due fantocci abbandonati a morire. Un filo di fumo esce dalle labbra socchiuse di entrambi, fuori dal caos degli altri detenuti.
-Jack. – lo chiama Merida, all’improvviso.
-Sì?-
Lei sospira, annoiata. Vorrebbe che le facesse gli auguri, ma non vuole dirle che è il suo compleanno. Scuote la testa. Sta decisamente delirando.
Deve essere il freddo, sicuramente. Si riscuote e lo guarda con un sorriso di sfida.
-Stamattina sei più brutto del solito!- esclama, per poi fargli una smorfiaccia. Lui per ripicca prende l’accendino dalla tasca dei jeans e lo accende, avvicinandolo seriamente ai capelli della ragazza, che gli mette una mano sul viso e lo allontana.
-Levati, cretino!- ma Jack ne approfitta per sovrastarla con la sua stazza e cominciare a farle il solletico.
-Lo sai che sei più brutta tu!?- sghignazza, cominciando torturandole i fianchi, mentre Merrie inizia a ridere scalciando come un puledro.
Quel Jackson Overland! Non sa se odiarlo o amarlo. Nel dubbio, gli tira un bel cazzotto per liberarsi di lui. Il ragazzo vola indietro e si massaggia la mascella possente, ma non è arrabbiato, sorride. E anche Merida, nonostante cerchi ancora di prendere fiato per le tremende risate, ha il viso paonazzo illuminato da un sorriso.
Rimangono a guardarsi così per una manciata di secondi, sfidandosi solo con gli occhi. Poi Jack sembra avere un lampo di genio e si passa una mano fra i capelli castani, fingendo di pensare a qualcosa di specifico. Poi infila una mano nella tasca dei jeans e ne estrae un bocciolo di rosa rossa che sembra in procinto di schiudersi. È leggermente stropicciato e il gambo è piccolissimo e il ragazzo lo porge all’amica con un sorriso dolce e un po’ imbarazzato.
-Avevo chiesto di prendere una bella rosa… Ma quella stronza di Stacy mi ha portato questo. –
Ma Merida non lo ascolta, prendendo trepidante lo stelo del fiorellino fra le dita, e osservandolo imbambolata. Gli occhi diventano lucidi, ma lei asciuga le lacrime con un moto quasi furioso.
Si accorge in ritardo di Jack che avvicina il suo viso al proprio ed è tardi per reagire, perché lui le posa un casto bacio sulle labbra.
-Buon compleanno, mia piccola rosa rossa.-
 
 
 
 
 
Angolo dell’autrice:
Questa shot è SCHIFOSAMENTE dolce. ANHUDYJKBSJ.
E io che volevo renderla più dura e badass, ma sono così dolcini. Vabbè, ciancio alle bande, ecco il secondo giorno, Rose. Rose come quella del Doctor Who.
Come avete ben notato, ho fatto in modo che il secondo nome di Merida fosse Rose. Perché? Perché cercavo un secondo nome che potesse darle fastidio, e siccome “Rose” è anche un nome proprio, beh, voilà.
Riguardo alla data del compleanno, che è il 14 febbraio, c’è un motivo, un po’ scemo, ma è pur sempre un motivo. Su una rivista c’era l’oroscopo con le eroine dei film d’animazione/anime/cartoni random. E Merida era messa nell’Acquario.
Così ho pensato che per una così badass e che non vuole saperne granché dell’amore, il compleanno doveva essere per forza il giorno di San Valentino. Quanto so’ bitch.
Ringrazio tutti coloro che hanno recensito e che seguono/seguiranno la mia storia, è sempre appagante ricevere pareri positivi e capire che il proprio lavoro è apprezzato.
Un ringraziamento speciale va a Shin92, che mi supporta nelle sclerate su questo cross-over e con alla quale parlo di possibili progetti.
Beh, ci vediamo domani (wat).
Bye bye!

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Capitolo 3
*** Day 3: Free ***


Day 3: Free
Raiting: Verde
Genere: Commedia; Parodia; Sentimentale;
Avvertenze: Frozen!AU; Movie!verse
Altri cross-over: Frozen, Cenerentola
 
 
 
 
 
 
-Così sei… assolutamente perfetta!-
La donna giunge le mani davanti alla bocca, come se volesse mascherare il sorrisino di soddisfazione che la porta addirittura a commuoversi. Ma non si metterà a piangere solo perché la sua primogenita è incantevole nel vestito blu notte che ha fatto confezionare solo per lei. Una donna come lei non si lascia suggestionare da frivolezze del genere. Eppure la regina Elinor sembra sul punto di piangere di felicità. E perché? Perché quella è una delle rare occasioni in cui può vedere sua figlia vestita come una signorina.
Perché la rampolla reale è tutto fuorché una principessa modello: preferisce le corse a cavallo alle chiacchiere con le altre nobili, salta abilmente le lezioni di pianoforte e danza per recarsi a quelle di tiro con l’arco e scherma. Sfida a braccio di ferro, sbuffa, mostra segni di insofferenza verso qualsiasi obbligo reale e una volta, ma era più piccola, e la madre cerca di giustificarla così, ha assalito un lord che le aveva dato della ‘rozza impertinente’. Il poveretto era tornato a casa con la giubba rovinata e un occhio gonfio.
 
Ma per quell’occasione la madre l’ha presa e messa sotto, costringendola ad obbedirle, almeno una volta in tutta la sua vita. L’ha costretta a pettinarsi e tirarsi a lucido, facendole indossare quel meraviglioso vestito che avvolge il corpo slanciato di sua figlia.
D’altro canto, la principessa Merida non sembra così soddisfatta. Il vestito è bello, niente da ridire, ma è davvero troppo. Il corpetto allacciato troppo stretto, l’acconciatura che prevede i ricci capelli rossi tirati su, decorati da fermagli brillanti e treccioline varie, ma le tirano la testa. La gonna è ampia, e lei non ci è abituata.
In sintesi, si sente una rigida bambolina di ceramica. O meglio, una martire, per come la pensa lei.
-Non respiro!- si lamenta con un gemito, cercando di prendere un respiro bello profondo, ma invano. Agita le braccia e fissa dolente la madre, per poi indicarsi con brevi moti convulsi.. tutta sé stessa. – È davvero necessario tutto… tutto questo!?-
La Regina Elinor raddrizza la schiena e guarda sbigottita la figlia, per poi annuire con autorità.
-Assolutamente.- la sua voce muta dall’essere soddisfatta all’essere regale e contenuta. – Domani sera ci sarà l’incoronazione della regina Elsa del regno di Arandelle, e noi siamo stati invitati.- Si avvicina alla rossa che continua a guardarla seccata e le poggia le mani sulle spalle.
-Capisci che anche quando noi non ci saremo più e tu diverrai regina di Dunbroch daranno una festa simile? Comprendi quanto l’incoronazione di una sovrana possa essere importante?- dalle sue parole traspare l’emozione. Merida sa quanto sua madre tenga alle tradizioni, costituiscono il fulcro della sua vita. Tutte le giornate della famiglia reale ruotano intorno a ciò che la tradizione impone. Ma lei… no, per lei è tutto così restrittivo! Non capisce come riesca sua madre a reggere questo stile di vita, per lei è oppressivo e inutile.
A chi importa se per una volta non ballo con uno dei nobili della festa? Non possono ballare da soli?!
Ah, Merida, è un ballo, non è la fine del mondo…!
Invece sì che lo è, per la principessa. Quanti gliene sono capitati in tutti quegli anni! Ha cominciato anche a segnarli su un quadernetto. Ci sono quelli che sudano dopo aver mosso un passo, quelli che non si lavano dal giorno della morte di Carlo Magno, quelli che durante il ballo parlano solo di sé o quelli che sputacchiano anche solo per respirare.
Merida rivolge alla madre uno sguardo che chiede pietà. Elinor incassa male quegli occhioni azzurri ereditati dal marito, ma scuote lievemente la testa e si ricompone.
-Quello che faccio, lo faccio solo per te, cara…!- dice, cercando nuovamente un cenno di comprensione da parte della ragazza. Si avvia verso la porta, ma prima di congedarsi si gira nuovamente verso Merida. – La nave parte stasera sul tardi, portati qualcosa. Staremo ad Arandelle per una settimana. –
 
 
-Jackson, potresti cortesemente mostrarti un minimo interessato a quello che stiamo facendo?- la futura regina di Arandelle, Elsa, è attualmente impegnata nelle prove per l’incoronazione del giorno successivo. Ha ricevuto la corona, lo scettro e il globo imperiale, ma manca il giuramento.
Ai lati, i fratelli minori, in ordine Anna e Jackson, devono mantenere una posizione eretta e reggere la prima il globo e il secondo lo scettro. Ma il ragazzo, palesemente scocciato, non fa che roteare l’arnese d’oro, come se fosse un semplice bastone da passeggio, deconcentrando così la sorella. Ma non ci può fare nulla: lui trova quelle cose noiose e inutili. Sa già che Elsa farà un figurone, si tratta solo di ripetere due fesserie che costituiscono il giuramento ed è fatta.
-Il tuo atteggiamento è deplorevole, Jackson.- gli aveva detto la sorella, di fronte alle sue critiche espresse in maniera poco elegante. – Non è solo per me, ma dovresti dimostrare più rispetto di fronte alla Corona.-
-Suvvia, Elsa, che vuoi che sia? È solo una sciocchezz…-
- È la MIA sciocchezza, Jackson. – aveva detto Elsa cambiando tattica. Se il fratello non si interessava delle tradizioni generali, si sarebbe interessato di lei. E infatti aveva fatto centro, perché Jackson aveva morso le labbra abbassando lo sguardo. –Quindi gradirei che tu ci prestassi un po’ più di interesse e rispetto. –
E quindi, eccolo lì. Ad annoiarsi, a roteare lo scettro sotto lo sguardo colmo di disappunto della sorella, quello imbarazzato di Anna e quello paziente del sacerdote della città.
C’è silenzio nella cattedrale, mentre il ragazzo maneggia quella reliquia sacra.
-Guarda te come luccica! Cos’è, un diamante questo? Ehi, Elsa, il tuo scettro ha un diamante grosso quanto un ratt… - si accorge di essere osservato in un silenzio pesante e si zittisce, osservando tutti perplesso. –Ehi, il gatto vi ha mangiato la lingua?-
Elsa è composta e si sa contenere, ma una furia esasperata lampeggia negli occhi azzurri tipici della famiglia reale. Con uno scatto brusco, la ragazza si gira verso il sacerdote e giungendo le mani in grembo, gli rivolge un breve inchino.
-Perdonatemi, Padre, ma le prove finiscono qui.- la sua voce trasuda cenni di nervosismo, e Anna svia lo sguardo dalla sorella rivolgendolo a Jackson, come per dirgli “chiedile scusa!”.
Ma il ragazzo non fa in tempo a recepire che Elsa gli strappa dalle mani lo scettro, per poi prenderlo per un braccio e trascinarlo dietro con sé.
 
La regina è alta, sì, ma non quanto il fratello, eppure lo scaraventa nella sua stanza con una forza formidabile. Anna fa capolino preoccupata, i suoi vivaci occhietti azzurri guizzano fra le due figure fraterne.
-Ne ho abbastanza di te, signorino.- sentenzia la futura regina dai capelli quasi candidi, fulminandolo con lo sguardo. – Si può sapere cosa hai intenzione di fare? Mettermi a ridicolo? Metterci a ridicolo?- indica anche Anna, che però invece di starsene buona si mette fra lei e il fratello, già pronto per dire la sua.
-Suvvia, calmiamoci!- esclama gioiosa, seppur fremi un po’ per la tensione presente nella camera reale. – Jack è solo stanco! Stiamo provando da questa mattina! E poi è solo una prova, non è la cerimonia ufficiale.-
La faccia di Elsa lascia intendere tutto: è sbalordita del comportamento della sorellina. Sa che lo fa per placare le acque, ma la quasi-regina deve attuare il suo rimprovero e nessuno potrà fermarla.
-Anna, per favore... Costui non ha un minimo di buon senso! Smettila di comportanti come un ragazzino, Jackson, hai diciassette anni, e non tollero comportamenti del genere!-
-Oh, ma sentitela, “Sua Maestà”! Tu non sei nostra madre. –ringhia, avvicinando minaccioso il viso a quello furente della sorella. – E non ho intenzione di farmi mettere i piedi in testa da te. Né di permetterti di potermi sfruttare per il tuo ridicolo teatrino di incoronazione. Io sono libero di fare quello che credo!-
Il ragazzo fa per andarsene, sotto gli occhi scioccati delle sorelle, ma si arresta di scatto e alza l’indice, cominciando ad agitarlo verso Elsa. – Per la cronaca, comunque, non ballerò con una di quelle oche giulive che inviti ai tuoi “party”, mia regina.-
E allora sì che esce, nervoso, sbattendo la porta.
Elsa non sa cosa fare, e nell’intimità che coinvolge lei ed Anna, può permettersi di scivolare a terra e mettersi le mani fra i capelli, esausta, mentre la ragazza al suo fianco le accarezza piano il capo.
Da quando il re e la regina di Arandelle, loro genitori, sono deceduti in una tempesta quattro anni fa, il ragazzo non è stato più lo stesso. Continuamente ribelle, continuamente contro tutto e tutti, sempre.. alla ricerca della sua libertà, così dice.
Siamo troppo diversi! Tu sei doveri e responsabilità… Io… divertimento e piaceri.
La sua esuberanza, il suo continuo sfuggire, non fa altro che rendere il rapporto fra lei e il fratello più complicato e contorto. Eppure sa che Jack le vuole bene, ma hanno bisogno di un punto di accordo.
Si rialza e Anna ne approfitta per abbracciarla stretta stretta, inebriandosi del profumo della sorella. Lei di questi problemi non ne ha: il suo rapporto è ottimo con i fratelli. La ragazza, infatti, riesce a essere una buona principessa ma anche una buona compagna di giochi.
Capisce i bisogni di entrambi e puntualmente non riesce ad assistere solamente come spettatrice, non con il suo caratterino. Cerca sempre di riappacificare quei due zucconi, arrivando anche a gridare più di loro.
Ma in quel caso non vuole dare altra benzina al fuoco. Piuttosto cerca di placarlo, accarezzando la schiena di Elsa, con la guancia poggiata sul suo petto che si alza e abbassa ritmicamente, causa stress.
Ma mano a mano il respiro della futura regina si regolarizza e le sue braccia cingono le spalle esili e puntellate di lentiggini della sorella minore. Il suo profumo di miele la tranquillizza definitivamente. Delicatamente si separa dal suo abbraccio e la guarda con una tenerezza infinita.
-Coraggio, è ora di muoverci. Sbaglio o tu ancora non hai trovato un vestito adatto per domani?-
Gli occhi azzurri di Anna s’illuminano.
 
 
 
È tutto così schifosamente pacchiano. Come tutti i ricevimenti reali, del resto, non che nel castello della regina Elsa ci sia qualcosa di particolare. Anzi, forse è addirittura il più sobrio che ha visto sino a quel momento.
Nella sala illuminata risplendono i colori sgargianti degli invitati. Vestiti di vari tipi e tonalità, che passano dal verde foresta al rosa pesca. Lei di certo non spicca diversamente. Con quel vestito blu e gli sfavillanti capelli rossi acconciati e decorati da fermagli di perle lei è perfettamente amalgamata fra la folla.
Sua madre fa il suo bel figurone nel vestito verde e insieme a suo padre parla con una coppia di conti. Lei si è sottratta a quel tipo di supplizio. Silenziosamente, è scivolata lungo il muro verso il tavolo del buffet, poggiandosi con un sospiro alla parete e incrociando le braccia, osservando sconcertata il tutto.
Quanto darebbe per poter prendere il cavallo e fare un giro per Arandelle, o perché no, galoppare per le foreste che la circondano. E invece no, è ben piazzata lì.
La noia le brucia le gambe.
-Milady.- una voce stridula e famigliare la riscuote. Merida si gira e riconosce il giovane McIntosh, rampollo dell’omonimo barone, un giovane alto e longilineo dal naso importante e un’intelligenza non proprio brillante. È fascinoso, per le signore, ma non particolarmente bello. E Merida in quella sera lo reputa proprio una disgrazia.
Impettito nel suo vestito porpora e blu cobalto, che la principessa reputa di cattivo gusto, sembra un lampadario, le porge la mano con un sorrisino malizioso. Forse tenta di essere affascinante ai suoi occhi.
-Vi prenoto già per il ballo.-
Merida sfoggia un’espressione che non è davvero un bel vedere e non nasconde il suo disgusto.
Ci mancava solo questa.
Il viso tondo cambia atteggiamento e un’espressione incerta la decora, mentre i suoi occhi chiarissimi guizzano ovunque cercando una via di fuga.
Gli passa sotto il braccio con il quale il giovane barone ha cercato di bloccarla al muro per non darle via di fuga e mette le mani guantate davanti, cominciando ad indietreggiare.
-Ehm, non credo proprio di poter, signorino McIntosh…-
-Chiamatemi Justin.-
-Justin, mh, va bene… Dicevo, non credo proprio di potere…-
-E perché?-
-Mh… perché…-
 
 
Dopo la presentazione della famiglia reale, Elsa e Anna si sono alzate per andare incontro agli ospiti, ma lui rimane sulla sedia ricoperta di velluto rosso, malamente poggiato e con un’espressione puramente annoiata.
Elsa ormai ha rinunciato, non le importa di come si comporti alla festa, purché non faccia danni gravi.
Ma il ragazzo ha a malapena la voglia di muoversi e lunghi e piccati sospiri carichi di noia, mentre osserva la gente presente nella sala enorme.
Fanciulle graziose ma intelligenti quanto una mosca che va a sbattere ripetutamente contro un vetro, giovanotti ben piazzati ma con il cervello grande quanto una mollica di pane. Dubita di riuscire a fare una conversazione decente con uno di quelli e francamente, ha persino paura di invitare una ragazza.
Un trio di ombre lo sovrasta e il ragazzo le guarda di soprassalto, per poi sentirsi morire dentro.
Lady Tremaine, nel suo abito color vino e la sua acconciatura che ricorda un nido di pettirosso, accompagnata dalle sue orrende figlie, Anastasia e Genoveffa, sgraziate come al solito.
La donna sfoggia un’espressione preoccupante, ma il giovane principe si alza e porta una mano sul petto, che porta in fuori. Ha già paura di cosa possono chiedere, per questo fa un mezzo giro e rivolge la schiena alla folla, pronto alla fuga.
-Vostra  Altezza.- sibila melliflua Lady Tremaine, con quel suo orribile modo di pronunciare la “s”. Era proprio necessario invitarla? Jack l’aveva sempre avuta sullo stomaco, insieme a quegli sgorbi che erano le sue primogenite. – Vi vedo solo. Si da il caso che anche le mie due figlie non abbiano un compagno per il ballo..-
-Oh, mi dispiace, ma non posso proprio…!- esclama sfacciato il principe con il suo sorriso convinto, ma Lady Tremaine non gli dà retta e fa cenno alle due ragazze di seguirla.
-E perché, se posso chiedere?-
-Mh, perché…. Perché…- improvvisamente va a sbattere contro una schiena. Immagina sia quella di una fanciulla, perché avverte sulle gambe la consistenza di una gonna. Forse ha trovato la sua via di salvezza. Probabilmente la ragazza in questione ha già un partner, ma lui ha bisogno di un maledetto escamotage per potersi liberare di quelle tre arpie. Afferra la mano della fanciulla e la fa volteggiare per poi stringerla a sé.
-Perché io ho già una compagna di ballo!-
Merida è troppo confusa per capire chi sia quel giovane tanto intraprendente da abbracciarla in quel modo, ma il suo sguardo va subito al giovane McIntosh. Forse può liberarsi davvero di quell’idiota asfissiante.
-Esatto! Era quello che cercavo di dirvi, Justin, sono già, mh, impegnata!- non è un asso nel fingere, ma è aggrappata allo sconosciuto e sa che nessuno può obiettare.
Jack esulta nel suo interno mentre osserva sorridendo sghembo la sua fune per la fuga che, a quanto pare, è nella sua stessa situazione. Il giovane McIntosh si allontana dopo una riverenza, mentre le sorelle Tremaine si sollevano un po’ le gonne con il naso per aria si allontanano come oche, mentre la madre le segue rivolgendo un’occhiataccia alla rossa riccioluta fra le braccia del principe.
I due rimangono stretti guardandosi intorno, a occhi spalancati, tesi e pronti a ricevere qualche altro pretendente indesiderato. La folla si fa più fitta intorno a loro e qualcuno lancia già dei commentino verso di loro, discreti e quasi inesistenti. Loro non li sentono nemmeno.
Jack si stacca lentamente dalla stretta e osserva la sua salvatrice, rimanendo piacevolmente sorpreso. Non è un fenomeno di bellezza, ma è carina ed ha un suo fascino particolare.
Le rivolge uno dei suoi sorrisi smaglianti alla vista dell’espressione che invece ha lei.
 
Ma quello è il principe di Arandelle! Merida si era avvinghiata a lui con il tentativo di disfarsi di McIntosh, totalmente ignara di chi fosse fino a quel momento. Boccheggia tenendo le iridi chiare dritte nei suoi occhi, per poi afferrare goffamente la gonna ed esordire un impacciato plies.
Si morde il labbro, dubbiosa. Ora le chiederà davvero di ballare con lui e quindi si fa subito venire in mente una scusa per poter piantare in asso anche lui e rintanarsi sotto il tavolo del buffet.
-Oh, grazie al cielo che siete arrivato! Già di per me non avevo voglia di ballare, francamente non ho nemmeno idea del perché sia qui, figuriamoci poi con McIntosh!-
Okay, forse si è lasciata andare un po’ troppo. Emette una risatina nervosa a intervalli irregolari e fissa dubbiosa il principe di Arandelle. Chissà cosa le farà ora. Sua madre la prenderà per capelli.
E invece a lui si illuminano gli occhi e lancia un sospiro, afflosciando appena il corpo slanciato rivestito di pantaloni e giubba bianco panna, la camicia oro divisa in due da una fascia rossa che indica il suo rango di appartenenza.
Fa un passo verso di lei, mentre il senso di solitudine sparisce, ora che ha trovato qualcuno che lo può capire.
-Esatto! Lo penso pure io!- esclama. A Merida sembra un bambino al quale fanno una sorpresa, ma non ne è schifata, anzi, gli rivolge un debole sorriso che mano a mano si estende, mentre lei annuisce, sentendosi compresa. –Stare qui, dove tutti sono perfezione e galateo, mentre io… beh, divertimento e caos.- continua Jack.
-Vorrei davvero potermene andare, ma non per vostra sorella, sia chiaro! Solo che… - Merida sbuffa, rivolgendo una breve occhiata alla sala. -… questo non è posto per me.-
Jack la osserva dubbioso, abbassando lo sguardo in cerca di una soluzione. Anche lui vuole scappare da lì, essere invisibile mentre tutti ballano il valzer, lontano da chiunque, a divertirsi. E ora che ha trovato “un’alleata”, qualcosa lo motiva maggiormente a varcare la porta del grande salone e andare via.
Prende la ragazza per mano, che incredula lo segue. Lui si fa spazio fra la folla, che gli rivolgono saluti e lui risponde con un cenno della mano. Mentre corrono via, le luci si abbassano, segno che stanno iniziando i balli.
Perfetto.
Raggiungono il portone e dopo un’occhiata da parte di entrambi ai nobili che cominciano le loro danze, i due si rivolgono un’espressione complice e sgusciano via dall’immenso portone verniciato di mogano.
 
La serata sta prendendo una svolta positiva. Finalmente! L’aria fresca è un balsamo per lei, che si sente finalmente libera da ogni vincolo, nonostante l’acconciatura stretta e l’abito che la fascia per bene. Maledetto corsetto! Ma non importa, alla fine non sta facendo chissà cosa. Giusto il respiro è un po’ affannato, mentre lei e il principe corrono per i corridoi del castello, fuggendo da tutti.
Lui si arresta all’improvviso e le rivolge un sorriso allegro.
-Ehi, che ne pensi di fare un giro fuori dal castello?- le propone incoraggiante. Le formalità sono andate. Nessuno lo ha chiesto o imposto, ma i ragazzi sanno che non hanno bisogno di darsi del “voi”, crea troppa distanza adesso che sono liberi dalle buone maniere e i balletti.
-Me lo chiedi? Fammi vedere Arandelle, principe Jack!- risponde lei facendo un inchino buffo e canzonatorio, per poi togliersi le scarpette e cominciare a correre per i corridoi, terminando in lunghe scivolate. Quale oltraggio se la vedessero sua madre e la regina Elsa, ma lei in quel momento non ci pensa e continua a pattinare sul pavimento perfettamente cerato!
Dopo pochi istanti la raggiunge anche Jack, anche lui reggendo in una mano gli stivaletti neri e lucidi, mentre scivola al fianco della principessa, più sorridente che mai.
Non ha mai conosciuto una ragazza, di buona famiglia, dedita allo svago senza freni e la cosa lo affascina e intriga.
Non risponde ai canoni classici della bellezza, come per esempio le sue sorelle o sua cugina Rapunzel, ma lui la trova bellissima nella sua risata che proviene dritta dal cuore.
Improvvisamente sente un rumore: le guardie che fanno la ronda. Afferra Merida per la mano e la trascina con uno slancio dietro una parete, nascondendoli da chi potrebbe rispedirli indietro.
L’adrenalina è nell’aria e i due sono appiattiti contro il muro, rivolgendosi dei sorrisetti divertiti mentre ridacchiano.
Merida poi si morde il labbro guardando il corridoio vuoto che si presenta alla sua sinistra e comincia a correre, indossando nuovamente le scarpe.
Jack, dopo un attimo di sorpresa, comincia a inseguirla, anche lui mettendo gli stivali. È difficile e rischia addirittura di cadere lungo steso a terra, ma si salva recuperando l’equilibrio e quindi andare a caccia della principessa scozzese che sta salendo le scale che la portano ad una delle torri.
 
Spalanca la porta vetrata, le cui luci amaranto, azzurro e giallino risplendono per la struttura reale, ma di Merida non c’è traccia.
Jack sfoggia un sorrisino divertito e si mette cautamente a circondare la torretta, mentre la ragazza, con le mani sulla bocca per non scoppiare in una fragorosa risata, cammina all’indietro, convinta di poterlo raggirare.
Ma delle mani la prendono per i fianchi e la fanno volteggiare in tondo, e lei lancia un urletto di sorpresa.
Il sapore della libertà e ineguagliabile. Giocano come se fossero due bambini, punzecchiandosi e facendosi dispetti, cosa che in pubblico darebbero via ad uno scandalo bello e buono.
Ma ora non c’è nessuno per giudicarli e loro si beano di questa situazione dove possono sfogarsi lontano dagli occhi indiscreti di tutti.
 
Accanto alla torre, c’è l’immensa fontana che si rigetta poi nel mare, intervallata da pietre lisce e bianche, che risplendono come perle sotto la luce della luna.
Anche Jack sembra una di quelle pietre, nelle suo aspetto candido. Sembra un angioletto. Ma solo all’apparenza, perché sale sulla balaustra per poi mettere piede su uno di quegli appigli levigati, prendendo per mani la ragazza e trascinandola verso sé.
Merida è un po’ dubbiosa e all’inizio non vuole avventurarsi verso la fontana-cascata che decora il palazzo reale. Ma poi… cede. Quando mai le ricapiterà più un’esperienza simile? Si fa coraggio e stringe le mani del ragazzo, mettendo con attenzione i piedi sulle pietre umide.
I due saltellano attraverso la fontana, dapprima poco convinti, aumentando ritmo e velocità sempre di più, fino a quando un piede messo male di Merida li porta a ruzzolare oltre la balaustra della seconda torre.
-Principessa, sei davvero un’impedita! E attenta al vestito, oppure si rovinerà!- fa le moine Jack, con Merida sopra.
-Lo faccia pure! Maledetto vestito, è strettissimo!- borbotta la rossa, per poi ridacchiare. Il busto ha fatto bene o male abitudine al corsetto. La cosa che realizza veramente tardi è di stare a cavalcioni e semi-stesa sopra il principe di Arandelle, conosciuto solo quella sera, nemmeno fosse suo amico d’infanzia.
Diventa rossa come la sua chioma che va scomponendosi e si rialza, inciampando nella gonna e cadendo sul sedere.
Jack si rialza, trovandola adorabilmente buffa. È una principessa di tutt’altro tipo, lei.
-Sembri una specie di civetta impedita!- la prende in giro lui, con finta aria di sufficienza. – Pff! Che modi!-
-Oi!- esclama la ragazza, lasciando libero sfogo alla sua cadenza scozzese. Si rialza tutta impettita e va a un soffio dal viso del ragazzo, puntellandogli il petto con un dito. – Almeno io non sembro il Duca di Weselton!-
Il sorriso sfacciato di Jack muore in un secondo e aggrotta le sopracciglia!
-Ehi! Bada a come parli!-
Ma Merida sta già scendendo dalla torre grazie ad una serie di rampicanti che vanno potati e come mette i piedi a terra scappa verso il ponte dell’immenso giardino.
-Va bene, Vostra Altezza!- grida provocatoria, salutandolo con una mano.
Il principe Jackson si lascia sfuggire uno sbuffo divertito.
 
 
La musica è ben udibile persino da lì, ma Merida non ci fa troppo caso, seduta sul ponte e lasciando ciondolare i piedi a fior d’acqua, l’acqua della grande fontana del castello, fissando distrattamente il suo riflesso.
Sulla pelle bianchissima risaltano le labbra e le guance rosse, infiammate dall’euforia e dallo sforzo. Quella libertà che il fratello minore della Regina Elsa le ha concesso è fantastica e non sa chi ringraziare per averglielo fatto conoscere. Sua madre perché l’ha portata lì? Il Signore? Oppure McIntosh? Sa soltanto che se non l’avesse conosciuto, ora sarebbe dentro al castello stretta al barone scozzese intenta a ballare con lui.
Storce il naso al pensiero. Stare con Jack è più divertente. Non è presuntuoso come gli altri, capisce le sue esigenze e non si permette di giudicarla perché lei non alza il mignolo e non sussurra quando parla. Non la guarda male perché lei è la spina anziché il petalo della rosa.
Pensa già di passare con lui il tempo, nei suoi giorni di permanenza ad Arandelle.
-Ora potrei buttarti in acqua per vendetta.- la sorprende una voce alle spalle e Merida si gira, vedendo Jack con le braccia incrociate e un’espressione maliziosa sul volto.
-E perché non lo fai?- lo provoca lei, ma in cuor suo spera non lo faccia, altrimenti chi la sente la regina Elinor?
-Solo perché non ho dei cambi da darti.- risponde sedendosi accanto a lei.
Rimangono un po’ così, senza dire nulla. A fare loro da sottofondo c’è la melodia di palazzo. Ma loro sono stanchi e felici, e stanno bene così.
Poi Merida poggia una mano sulla schiena di Jack, come se volesse accarezzarlo e il ragazzo la guarda intenerito.
-Sai Jack… Penso che tu altri vestiti li abbia, nel tuo palazzone.-
-Cos…-
E la ragazza gli assesta una bella spinta e il ragazzo cade nella fontana. Non è profonda, ma da in piedi l’acqua gli arriva alle ginocchia. Lui emerge completamente fradicio prendendo un respiro profondo, lisciandosi i capelli all’indietro e guardando sbalordito Merida, che ride a crepapelle e si prepara a fuggire, ma lui si da una bella spinta facendo forza sulle braccia e riesce ad afferrarle una gamba, trascinandola con lui in acqua.
Quando esce fuori ancora più sorpresa di lui, la sua capigliatura è totalmente andata. I capelli sono semi sciolti e ancora decorati dalle perle e i fermagli vari. A ornare ulteriormente la chioma rossa, c’è un’alga marina.
Sono totalmente sfatti entrambi. Sanno che dopo riceveranno i peggio rimproveri, ma in quel momento non importa a nessuno dei due.
Jack le sorride come non mai, e le sfila l’alga dai capelli.
-Sei ridotta malissimo.-
-Ti sei visto, Duca?-
 
 
 
 
Angolo dell’autrice:
 
LOVE IS AN OPEN DOOOOOOR!
Ebbene sì, se non si fosse capito (o per chi ancora non avesse visto Frozen) questa piccola, piccola un ciuffo, one-shot è ispirata tantissimissimo alla canzoncina “Love is an open door” o “La mia occasione”, che cantano Anna ed Hans quando s’incontrano-conoscono-quello che volete.
Adoro quel film. E adoro Elsa. Ho voluto inserirla perché davvero impazzisco per lei e penso che prima o poi scriverò qualcosa per lei!
Doveva essere per il terzo giorno e chiedo venia, ci ho messo un’eternità, sapete com’è, CHRISTMAS.
Ringrazio tutti quelli che seguono/recensiscono la mia fan fiction, perché mi fanno happy.
Non penso di mantenere la pubblicazione giornaliera, sono abbastanza soddisfatta di questo capitolo e voglio sfornare roba più carina e non troppo frettolossssa.
Quindi buon anno e alla prossima!
Ucha.

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Capitolo 4
*** Day 4: Spirit ***


Day  4: Spirit
Raiting: Verde
Genere: Mistero;
Avvertenze: What if?
 
 
Il vento le sferza la faccia, che sparge ovunque le lacrime salate.
L’ennesima lite finita in una sfuriata violenta. Ma quel gesto da lei non se lo sarebbe aspettato. Quella scena nella sua mente è ancora scolpita di fresco, così bruciante e vivida nel suo cuore ferito. Sua madre, la regina, che le strappa l’arco, quell’arco, dono prezioso di suo padre quando lei aveva sei anni, e lo butta senza pietà alcuna fra le fiamme del focolare.
Le fa male. Le fa male vedere sua madre che la umilia così davanti a sé stessa e che calpesta i suoi affetti come fossero comune terra battuta. E per quale motivo? Per uno stupido matrimonio. Se non fosse stato per quello ora lei e sua madre starebbero sedute davanti al focolare a raccontarsi storie come facevano tanto tempo fa.
Angus galoppa veloce senza una meta precisa, mentre lei, col viso premuto sul collo dell’animale, piange più forte che può, cercando di gridare al mondo il suo disappunto, la sua sofferenza, il suo odio verso delle tradizioni così restrittive e vincolanti e il modo con cui sua madre vi si aggrappa senza sosta, facendo di questi costumi la sua ragione di esistere.
Ma tutto il suo flusso di divampanti pensieri si stoppa dolorosamente all’improvviso quando Angus frena senza preavviso e la scaraventa per terra.
Merida è troppo sorpresa per aggrapparsi alla bestia e non essere disarcionata e rotola per il prato rovinando quel vestito stretto e odioso. Ma lei non se ne cura. Piuttosto si fa forza sulle braccia e guarda sbigottita il destriero, con il viso ancora rigato di lacrime.
Dove si trova? Con gli occhi fa una breve perlustrazione. È in una specie di prateria, circondata da un anello di rocce.
Con le gote in fiamme e le labbra dischiuse, si alza, osservando come imbambolata il luogo mistico in cui si trova.
Possibile che nelle sue passeggiate non lo avesse mai notato? È incredibile.
Fa degli incerti giri su sé stessa, traballando un po’, per poi avvicinarsi ad uno di quei pietroni immensi. Lo sguardo è vacuo e non è certa di avere pieno controllo del suo corpo. Porta una mano davanti, come a voler sfiorare la roccia. Ma si ritrae immediatamente quando sula superficie levigata compare qualcosa di luccicante e trasparente.
Merida avverte una lieve brezza sfiorarle il viso ed è troppo scioccata per parlare. Con un dito, gratta un po’ di quella sostanza, per poi strofinarla fra i polpastrelli. È ghiaccio. Ghiaccio a settembre. Ritrae la mano e fa qualche passo indietro, guardandosi intorno.
Da dietro uno di quei sassi, Angus nitrisce allarmato. La ragazza gli rivolge uno sguardo rassicurante e con un cenno della mano lo richiama.
-Vieni.- bisbiglia, ma la bestia si agita manifestando così tutta la sua opposizione.
-Angus!- urla allora Merida, e il fido destriero abbassa il capo, arrivando mogio dalla sua padrona.
Uno scricchiolio discreto come il vento primaverile la riscuote e lei scopre il ghiaccio diradarsi lungo tutta la superficie dello strano monumento.
Con sua sorpresa, vi si disegnano sopra due figure abbozzate, quella di un cavallo e quella di una ragazza con la chioma voluminosa.
La principessa di Dunbroch non può fare a meno di strabuzzare gli occhi quando queste due figure… escono dal loro piatto disegno, venendo incontro alla ragazza, per poi cominciare a danzarle intorno alla testa. Forme più grandi, di animali come conigli e uccelli vengono alla luce nella stessa maniera, facendo una serie di piroette intorno a lei.
La rossa ne è estasiata. Per quel lasso di tempo dimentica del perché è fuggita, dimentica la tristezza e dimentica le lacrime ormai rapprese sul suo viso sorridente.
Segue con gli occhi e con le dita le figure quasi eteree, pensa siano degli spiriti venuti lì per lei. Che presunzione, ma vede qualcun altro? No.
L’unica cosa che non si spiega è il ghiaccio. Quale spirito può controllare la neve in qualsiasi periodo dell’anno? Madre Natura? I folletti dei boschi?
No.
 
Il libro presente la figura di un giovane dai capelli frastagliati, la cui forma ricorda una moltitudine di fiocchi di neve stilizzati messi tutti insieme.
La bambina osserva con la bocca aperta tale immagine, per poi sollevare il tomo pesante e portarlo ai piedi della madre, intenta a ricamare l’arazzo su cui lavora da tempo immemore.
-Mamma, chi è questo?-
La regina dà una breve occhiata all’immagine raffigurata fra le pagine e sorride alla bambina, facendole una carezza prima di ricominciare a ricamare.
-È Jack Frost, cara. È grazie a lui se nevica. Lui controlla neve e ghiaccio a suo piacimento.-
 
Merida ha avuto sin dall’inizio la convinzione che si trattasse di una leggenda. Però nel suo cuore ha avuto sempre quel briciolo di speranza nella magia, specie dopo aver visto un fuoco fatuo.
Persa nei suoi pensieri, non nota che al centro del prato, l’erba si ghiaccia, per poi far diradare da quel punto scie di ghiaccio che vanno a terminare contro ciascuna di quelle pietre, sincronizzate, come se fosse qualcuno a dirigere l’orchestra.
Il risultato finale è bellissimo: presenta l’immagine di un fiocco di neve. Merida sorride ammirando la perfezione di quel disegno, facendo attenzione a non calpestare nemmeno uno stelo di quell’erba congelata.
Non può fare a meno di guardare il suolo, tenendo ben stretta a sé Angus, in modo che non lo rovini camminandoci sopra. La meraviglia è dipinta nei suoi occhi azzurri, che rispecchiano ogni singolo cristallo di ghiaccio.
Una seconda brezza, più forte, le arriva da dietro, scompigliandole i capelli e facendole venire un brivido lungo la schiena, come se qualcuno stesse passando un dito lungo la spina dorsale.
Le viene istintivo girarsi.
Poggiato malamente a quella roccia, un ragazzo dai capelli e la pelle bianchi come le neve, la osserva sorridendo.
Merida non ha bisogno di chiedergli l’identità.
Lo sa già.
 
 
Angolo dell’autrice:
Yay sono riuscita ad aggiornare anche questa!
È un capitolo molto strano, ho voluto rimarcare il senso del titolo mantenendo Jack invisibile per quasi tutta la narrazione. Non so perché, ma mi dava più l’idea di qualcosa di… evanescente, di oltremondo.
A differenza degli altri capitoli non ci sono molti sentimentalismi, ma tranquilli, ci saranno quelli, ci sarà l’angst e… no, veramente boh.
Non smetterò mai di ringraziare chi mi segue e alla prossima!
Ucha

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Capitolo 5
*** Day 5: Frostbite ***


Day  5: Frostbite
Raiting: Giallo
Genere: Sentimentale; Angst;
Avvertenze: Missing Moments; AU;
Tipo: Flashfic {325 parole}
 
Osserva la sua carne nuda mentre lui l’accarezza con cura, senza tralasciare un singolo centimetro di pelle.
La stanza è spoglia, bianca, fredda, come la vasca piena d’acqua nella quale sono immersi.
È tutto così vuoto. Spoglio. Inutile. Come lei.
Gli occhi azzurri sono spenti e puntati sulle ginocchia lattee, trapuntate dolcemente da puntini chiari di melanina, che si adattano all’ambiente circostante.
Inspira con avidità, in un certo momento, e quell’entrata violenta di aria nei polmoni la riscuote dolorosamente. Il ragazzo alle sue spalle la stringe ancora di più contro di sé.
È freddo.
 
Lui sa cosa l’affligge. Il suo cuore è spezzato all’idea che quando lui non ci sarà più lei dovrà affrontare questo mondo da sola.
Si passa una mano sulla testa glabra, come il resto del suo corpo. La chemio è orribile per certi punti di vista. Ti distrugge più del cancro e ti prepara già all’aspetto che avrai quando sarai morto e sepolto sotto metri di terra.
L’abbraccia ancora più forte, perché lui non vorrebbe lasciarla. Ma non gli spetta questo magico diritto di decidere.
-Comunque, penso anche essere pelati abbia un vantaggio.- le sorride, cercando di tirarla su. Lei gira il capo, dove abbonda una matassa lunga di ricci rossi e bagnati e sorride. Un sorriso tirato, certo, ma almeno riesce a cambiare espressione.
-E quale sarebbe?-
-Beh, non devo perdere minuti con l’asciugacapelli.-
Lei aderisce di più il suo corpo contro quello del ragazzo, cercando di captare con la sua essenza ogni singolo respiro e ogni battito che lui avrà in riservo per lei. Vuole che il tempo si fermi in quell’istante, e restare così con lui, in una vasca d’acqua fresca, in autunno e bloccare il corso del mondo. Un pensiero egoista, certo, ma lei lo desidera ardentemente.
All’improvviso sente un suo bacio sul collo.
Ma più che un bacio, a lei appare come un morso di ghiaccio.
Ogni minuto che passa a lei sembra ancora più freddo.
 
 
 
Angolo dell’autrice:
THIIIIIS.
IIIIIIS.
AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAANGST.
Mi sono fatta già male abbastanza con questo capitolo. Vi lascio.
Adieu.

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Capitolo 6
*** Day 6: Discovery ***


Day  6: Discovery
Raiting: Verde
Genere: Generale; Avventura; Introspettivo;
Avvertenze: What if? AU;
 
 
Muove passi incerti, uno dietro l’altro. Non sa cosa siano quelle strane fiammelle bluastre che fluttuano davanti a lui, in centinaia poste in una fila. Ha provato a prenderle, a congelarle, ma quelle strane entità sembrano provenire da un’altra dimensione. E per questo si è messo a seguire la scia che tracciano, come se si lasciasse guidare da qualcosa che non esiste. Non sa nemmeno lui cosa sta facendo, è incantato, come un bambino. Si aspetta che quelle cose lo portino in un luogo misterioso e magico, ma l’entusiasmo sfuma immediatamente quando lo conducono in un punto imprecisato della foresta. Non c’è nulla di meraviglioso, se non una fitta piantagione. Il suo tipico sorrisetto malizioso si smorza gradualmente, per poi lanciare un sospiro, dandosi del cretino.
Cosa poteva aspettarsi da delle ignote fiammelle comparse così all’improvviso? Scuote la testa e fa per girarsi, ma un rumore lo mette sull’attenti. Un sibilo che fende l’aria lo porta a rotolare sul fianco, schivando una freccia che saetta andandosi ad incastrare nel tronco coperto di muschio.
Il ragazzo assottiglia le palpebre allarmato, scrutando attento e nervoso nell’intreccio perfetto di piante che delinea la foresta di quel regno antico e lontano dalla sua terra natia. O almeno, in quella doveva ha sempre vissuto.
Non riesce a scorgere nulla. Per quanto cerchi di mettere a fuoco e vedere nei luoghi più bui del bosco, niente si fa avanti.
Improvvisamente un fruscio sospetto gli fa rizzare i peli del collo. Percepisce una sensazione strana, brividi di freddo. Non ha mai percepito il freddo come qualcosa di fastidioso, eppure i pori della sua pelle sono rigidi e sollevati. Si accarezza il braccio con stupore, prima di essere riscosso da un secondo rumore indiscreto di foglie smosse e rametti pestati.
Spicca un balzo e con una capriola si siede su un masso, curioso di sapere cosa possa essere.
Una bambina.
La sorpresa lo lascia di stucco. La verità era che si aspettava un terribile guerriero, armato di tutto punto nel bel mezzo di un inseguimento o di una battuta di caccia, ma tutto ciò che vede è una bambina.
Gli occhi chiari sono coronati da una corolla di ciglia biondissime e il viso tondo è incorniciato da una cascata di riccioli rossi come le fiamme.
Nelle iridi color dei fiumi d’estate della bambina una luce blu risplende ambigua.
Lui la nota solo allora.
Una fiammella silenziosa, galleggiante in aria, è a pochi centimetri dalla mano tesa della piccola, e lei ne sembra totalmente ammaliata, come lo era lui qualche istante prima. Sembra voglia prenderla, ma prima che le sue dita affusolate riescano a prendere quella strana creatura senza origine essa scompare, e la bambina si riscuote.
Solo allora sembra realizzare di trovarsi in un luogo sconosciuto. Nei suoi occhi si legge la sorpresa di chi non sa come è arrivato in quel posto. Dischiude le labbra rosse, guardandosi intorno attentamente. Sembra cercare qualcosa.
I suoi occhi color del ghiaccio puntano subito la freccia che qualche istante prima l’ha quasi preso in pieno viso, e stringendosi all’inseparabile bastone, sorride fraterno alla rossa.
-Ehi, piccola, la tua freccia è qui!- sussurra.
Sa che non può vederlo, ma l’idea di parlarle lo fa sentire ancora parte del mondo. Lo fa sentire meno escluso e invisibile.
Lei in quel momento si gira verso il tronco e con un sorriso saltella fino alla sua freccia, per poi estrarla con non poca fatica.
E allora i suoi occhi si posano sulla figura accovacciata sulla roccia che le è sfuggita fino a quel momento.
-Chi sei tu?- mormora spaventata, dopo esser sobbalzata. Fa un passo all’indietro all’espressione che le rivolge, perché è strano. Spalanca gli occhi, la bocca e sembra in procinto di soffocare. Respira avidamente, mentre la linea livida che costituisce le sue labbra si allarga in un enorme sorriso di gioia.
Qualcuno può vederlo?
In preda all’emozione, rotola giù dal masso, incastrando la mantellina cosparsa di brina nei vari rampicanti e radici accoccolati a terra.
Le si avvicina trepidante, mentre lei continua a scrutarlo dubbiosa. Le sue gambe sono tremanti, non sa se fuggire o meno.
-Tu puoi vedermi?-
-…Sì.- risponde la bambina, alzando le sopracciglia. Esita qualche istante, per poi continuare. –Chi sei tu?-
Lui si riprende e si siede a gambe incrociate davanti a lei, con un sorriso larghissimo a bocca chiusa, dal quale traspare tutta la sua gioia. È bello scoprire che esiste qualcuno in quella terra in grado di vederlo, ma vuole fare bella figura e quindi nella sua mano crea una riproduzione di quella fiammella blu, però completamente fatta di neve. Le da un colpetto e questa inizia a fluttuare sopra le loro teste.
La bambina rossa lo guarda estasiata. Il suo piccolo petto si gonfia e sgonfia ritmicamente a quella vista. Una magia!
-Io sono colui che controlla gli inverni e il freddo, creo il ghiaccio e gioco con la neve a mio piacimento. Non credo tu mi conosca, ma io sono…-
-…Jack Frost!- lo interrompe la bambina. E allora la fiammella gelata si sgretola in una moltitudine infinita di cristalli, cadendo sulle loro teste.
-Come… come sai di me?-
-Mia madre mi legge sempre favole sul tuo conto! Allora esisti!- esclama lei, euforica, indicandolo estasiata.
Jack prova a dire qualcosa, ma è troppo felice per emettere un qualcosa che abbia senso. E quando finalmente riesce a cacciare fuori la voce dalle sue gelide corde vocali, un’altra voce, più lontana ma potente, copre ogni tipo di suono che il ragazzo aveva in mente di pronunciare.
-Merida!-
-Oh, è mia madre…!- dice la bambina, girandosi verso un punto preciso della foresta, il punto dal quale proveniva la voce. Rivolge nuovamente uno sguardo gioioso allo spirito imbambolato davanti a lei gli sorride. –Ci vedremo un altro giorno, Jack Frost? Io abito nel grande castello del clan Dunbroch, è impossibile non vederlo! Vienimi a fare visit…-
-Meriiida!- insiste la voce materna e la bambina allora corre via, salutandolo con la mano.
Lui non si muove, ancora immobile e con un sorrisino stupido sul viso, mentre mille pensieri gli fluttuano in testa, fra i quali c’è la felicità di essere visto e riconosciuto. Non l’avrebbe mai detto.
Non si smette mai di scoprire cose nuove.
 
 
Angolo dell’autrice:
What if Merida met Jack in the wood? Non so, l’ho trovata una cosa carina. Siccome il tema era “Discovery”, scoperta, ho voluto dare questa mia interpretazione che –a dir la verità- non mi entusiasma particolarmente, ma non trovando niente di altrettanto brillante ACCONTENTATEVI.
Okay, no, a parte gli scherzi, spero vi piaccia nonostante non piaccia a me.
Ci avviciniamo alla fine.
Manca l’ultimo giorno, Goodbye.
Ho già scribacchiato qualcosa.
E mi sono già fatta male.
Alla prossima, people!
Ucha

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Capitolo 7
*** Day 7: Goodbye ***


Day  7: Goodbye
Raiting: Verde
Genere: ANGST; Drammatico; Avventura;
Avvertenze: Movie!verse; AU!;
Altri cross-over: Dragon Trainer; Rapunze-L’intreccio della torre
 
 
Il ghiaccio è fermo e solido sotto i loro piedi, come i loro animi in quel momento. Sanno di aver vinto la guerra. E niente può smontarli.
Una figura completamente nera e terrorizzata, cerca disperatamente una via di fuga, ma sa che è impossibile. Si gira verso di loro, sprezzante, un ghigno isterico divide in due quel viso grigiastro illuminato da due eclissi come occhi.
-Non pensate che sia finita qui!- la voce di Pitch è un grido di, eppure sul volto mantiene quell’espressione “entusiasta”. –Ci sarà sempre la paura!-
-E allora?- ribatte Jack, fiero e consapevole di star parlando a nome di tutti. Lanciata un’occhiata ai suoi compagni, in particolar modo a Merida, che gli sorride fiduciosa, per poi gonfiare il petto. Dopo tutto quello che hanno affrontato, le peripezie, le gioie i dolori, lei è ancora lì e lui non può che esserne felice. –Se mai si dovesse presentare, noi saremmo sempre qui a combatterla! E poi, io non ho paura.-
Rapunzel sorride, seppur reduce della perdita della sua lunga chioma magica e Hiccup poggia una mano sul muso del fedele drago Sdentato, che di risposta emette uno sbuffo di soddisfazione.
Pitch rivolge per ciascuno di loro uno sguardo rabbioso, lo sguardo di chi non è ancora pronto a lasciare il piedistallo che si è costruito con così tanta fatica. Delle ombre nere si ergono sulle pareti rocciose che incorniciano lo specchio d’acqua cristallizzato dal freddo. Scalciano e sbuffano, furiose e bestiali come i ragazzi se le ricordano.
-E allora cosa ci fanno qui?- bercia l’Uomo Nero, indicando i suoi fidi destrieri, famosi per riuscire a fiutare la paura altrui, e beandosi dell’espressione di stupore dei suoi quattro acerrimi nemici. Ma la gioia gli muore quando Hiccup si fa avanti e alza le braccia.
-Non possono essere qui per me, io… non ho paura!.-
-A quanto pare sentono la tua, di paura.- dice Rapunzel, alzando un sopracciglio e osservando con aria di sfida Pitch.
La consapevolezza di essere con le spalle al muro assale l’Uomo Nero, così come i cavalli, che gli si fiondano addosso inarrestabili e voraci, intrappolandolo in un vortice di sabbia nera, che comincia a trascinarlo.
La sconfitta brucia a Pitch, ma lui non è pronto ad accettarla. Non può. E non vuole.
Digrignando i denti in preda ad una furia cieca, fa un ultimo disperato tentativo e lancia una saettata di sabbia nera verso Jack Frost, il vero e unico motivo della sua disfatta. Il Diavolo si ritira, ma vuole un tributo affinché possa essere uno scambio equo. E si porterà il Guardiano dell’Inverno nella sua gabbia eterna.
 
La sabbia si avvicina inesorabilmente, un gesto inaspettato per un perdente che sta per essere ingoiato nell’oscurità, e quella mossa spaventa Merida.
La ragazza capisce immediatamente a cosa punta Pitch e presa dallo sconforto, si lancia davanti a Jack, venendo allacciata dalla sabbia.
La reazione del ragazzo è immediata. Ghiaccia i piedi dei suoi amici e porge con uno scatto immediato il bastone alla rossa, che prontamente lo afferra. La forza del vento e della sabbia nera è terribile, ma lei non demorde, mentre il nemico che l’ha presa comincia ad arrampicarsi su di lei. Sa che fino a quando lui non sarà rinchiuso per sempre i cavalli continueranno a trascinare qualunque cosa provi paura, ma lui deve avere il suo maledettissimo tributo.
La sente l’ansia, la fiuta e la gusta. L’ansia che prova Jack nel vedere Merida, la sua rossa ribelle sul filo del rasoio, mentre lei si aggrappa con tutte le sue forze al bastone.
-Tieni duro!- le grida Jack, con il cuore in gola.
I lamenti della ragazza sono strazianti e ogni secondo di più che passa è sempre un battito in meno. Non vuole perderla. Non ora che ha vinto quella guerra. Non lo può permettere a nessuno, soprattutto a Pitch.
Rapunzel rabbrividisce, mentre cerca disperatamente di rimanere ancorata a terra, nonostante il blocco di ghiaccio di Jack le fornisca una protezione sicura. Rimpiange i suoi chilometrici capelli, riportare via Merida dalle grinfie di quel mostro nero sarebbe stato un gioco.
Osserva con orrore le mani di quel mostro abbrancare le caviglie della sua amica, che nel tentativo di liberarsi scalcia furiosamente.
Il cuore le salta quando l’arco vola via, finendo dritto nel buco gelido nella foresta, che costituisce la dimora e la prigione di Pitch.
Non avere paura, non avere paura, tutto si aggiusterà.
La ragazza non può far altro che farsi coraggio, perché è la paura ad alimentare quelle bestie. E lei lo sa, vuole fermarsi, ma sa a cosa andrà incontro se continuerà a temere.
Lancia un’occhiata a Hiccup. Lui è fermo, rigido e impettito, sembra una montagna che neanche la fine del mondo potrà distruggere, ma nel suo sguardo scorge il dolore. Perché Hiccup sa come la situazione è destinata a terminare. Non lo accetta, di certo, ma ormai cosa c’è da fare?
Pitch e saldo al bacino di Merida e la presa della ragazza si fa via via più lenta.
 
Jack è sopraffatto dal dolore.
-Tieni duro ti prego!- grida, tirando il bastone verso di se, prendendo per le mani Merida, la sua Merida. I loro sguardi si incrociano disperati, la paura di non rivedersi mai più è folle. –Sei una stupida! Che cosa hai fatto!?-
Le dice Jack, stringendo più che può le sue esili mani allenate al tiro con l’arco. Gli occhi della rossa sono lucidi  e gocce di lacrime volano via, mentre la pressione si fa più violenta. È troppo forte.
La vicinanza diminuisce e la ragazza lancia lamenti sempre più forti, mentre la risata crudele di Pitch irrompe nell’aria.
Merida sente scivolare le mani. Sa che non resisterà più a lungo. Le mani fredde di Jack sono scivolose, è mai possibile? C’è qualcosa in grado di sciogliere il ragazzo del ghiaccio?
 
La presa si fa sempre meno vigorosa, ma lui non demorde. A costo di spezzarsi le mani lui la reggerà, e la lascerà solo quando quel cane rabbioso di Pitch sarà rinchiuso nel suo buco.
-Reggiti!- le grida e la sua voce è un disperato grido di aiuto. Si guardano un’ultima, intensa volta, e le mani di Merida scivolano via.
L’urlo disumano del ragazzo dai capelli candidi squarcia l’aria, mentre tende una mano verso la ragazza, e anche lei grida il suo terrore.
Hiccup afferra saldamente Jack prima che possa fare pazzie, ma il ragazzo è ormai fuori di sé mentre vede l’amore della sua vita venir trascinato via in un turbine di granelli color della notte.
Merida grida a squarciagola mentre cerca di aggrapparsi ad un qualsiasi appiglio nel terreno. Ma i suoi tentativi sono vani. In un turbine di sabbia, il buco si richiude per sempre, con all’interno l’Uomo Nero, ma anche la ragazza dai folti capelli rossi.
L’aria si calma all’istante e tutto si immobilizza. Jack è ancora con la mano tesa e gli occhi sbarrati stretto fra le braccia di Hiccup che, ormai arresosi all’evidenza, lo lascia, liberandosi dal ghiaccio con colpi vigorosi dati dal suo pugnale, per poi andare a svincolare anche Rapunzel dal suo blocco.
Appena riacquista la possibilità di muoversi, Rapunzel corre immediatamente da Jack. Incespica un po’, il ghiaccio è scivoloso, e va ad abbracciare il ragazzo, ma lui corre via prima che lei possa provare a consolarlo.
Corre Jack, corre con una grinta alimentata dallo sconforto, verso il buco che ha rinchiuso la sua amica. Cade sulle ginocchia e poggia le mani sul terreno freddo e arido.
-PITCH!- Urla, fuori di sé. –RIDAMMELA, RIDAMMELA ORA!-
Esita un istante, combattendo l’immensa voglia di piangere che ha già sopraffatto Rapunzel, in ginocchio e con le mani sul viso. Hiccup è accanto a lei e la abbraccia, sapendo di non poter fare di più.
-Ridammi Merida…-
Ma sa che ormai non c’è più niente da fare. Si lascia cadere lì sopra, con gli occhi spenti verso il cielo, ad osservare il tutto e il nulla.
 
Angolo dell’autrice:
Ed eccoci alla fine di questa raccolta, che sinceramente non pensavo sarei riuscita a finire. Ci ho messo più di una settimana, ma alla fine eccoci qui, al Capitolo 7, l’addio fra Jack e Merida.
Movie!verse, perché? Perché la scena iniziale è ovviamente la fine de “Le 5 Leggende” mentre l’ultima è ispirata al Doomsday del Doctor Who, se qualcuno l’ha visto, sa a cosa mi riferisco….
Stavo riguardando quella scena e l’ispirazione mi colse, TREMENDAMENTE E DOLOROSAMENTE, ma mi colse.
Non mi sono concentrata troppo su altri retroscena, perché volevo incentrarmi sulla scena di Merida che veniva trascinata via e Jack che urlava per il pain. (english yeah)
E ora si passa ai ringraziamenti: ringrazio tutti voi che mi avete assistita, avete letto, avete recensito e avete messo fra preferite/ricordate/seguite. Grazie a voi perché mi fate sentire apprezzate e grazie per essere rimasti con me fino alla fine.
Spero che anche quest’ultimo capitolo vi piaccia e ci vedremo, da qualche parte.
Goodbye.
 

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