Monster Allergy:come tutto ebbe inizio!

di f9v5
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Un insolito primo incontro ***
Capitolo 3: *** Discussione ***
Capitolo 4: *** Quando il gatto ci mette lo zampino. ***
Capitolo 5: *** Mostri giardinieri ***
Capitolo 6: *** Scoperte nelle fogne ***
Capitolo 7: *** Quando basta un nodo ***
Capitolo 8: *** C'è chi comincia a tramare. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Bigburg, una città come tante altre. Proprio perchè è una città come le altre che ha lo stesso elemento caratterizzante:la fretta.
E' lei che accompagna tutti, ormai qui ogni cosa è così ossessionata da essa, che a volte sembra che anche il tempo rischi di arrivare in ritardo.
Ma se gli esseri umani provassero, ogni tanto, a distaccarsi dai loro soliti problemi e volgessero lo sguardo verso l'alto, potrebbero, non dico vedere, ma quantomeno sentire, un mondo così vicino, ma, allo stesso tempo, così lontano dal loro.
Se, tuttavia, ci spostiamo dal traffico caotico del centro-città e ci dirigiamo più fuori, verso la periferia, possiamo notare che qui le cose sono diverse.
Qui è ancora la calma ad accompagnare la gente durante la giornata, il passato non è stato dimenticato del tutto e ancora restano i ricordi...e le storie.
E' infatti qui, nell'antico quartiere di Oldmill Village, che  è cominciata la storia che sto per raccontarvi.
Chi sono io?
Non ritengo necessario che lo sappiate, quindi non ve lo dirò...almeno per ora.
Però, una cosa ve la posso dire:se Elena Patata non avesse cercato di conoscere e di stringere amicizia con lo "strano" ragazzino della porta accanto, tutto quello che sto per narrarvi, quasi, anzi, sicuramente, non sarebbe mai accaduto!










Salve, sono F9v5 e questa è la mia personale “review” di “Monster Allergy
Ho sempre desiderato scrivere una storia su questa serie, e ora ho trovato il coraggio di farlo.
Vi avviso già da ora:gli eventi saranno presi in parte dal cartone, in parte dal fumetto e in parte saranno inventati da me.
Ci tengo anche a dire che, se la storia non dovesse piacervi, per favore, ditemelo e cercherò di migliorarla.
So che questo capitolo è stato un pò breve, ma in fondo era solo il prologo, la vera storia inizierà dal prossimo capitolo.
Arrivederci a tutti e grazie.

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Capitolo 2
*** Un insolito primo incontro ***


NUOVA SCUOLA, VECCHI PROBLEMI
(cda:Elena e Zick, camminando per i corridoi della scuola, si incrociano. Lei si volta a fissarlo, lui fa finta di niente e va avanti.)




E’ ad Oldmill Village che tutto è cominciato. Era una mattina di fine Agosto e, malgrado fosse ancora Estate, il clima era abbastanza mite da non costringere nessuno a sopportare la terribile morsa del caldo.
In una casa era appena stato terminato un trasloco, il che significava che una nuova famiglia era appena arrivata a Oldmill.
In quel momento un uomo, vicino alla quarantina d’anni, con degli strani capelli arancioni rivolti verso l’alto, occhi neri e abbastanza panciuto, si stava vestendo per uscire. Quell’uomo, Harvey Patata, era il nuovo direttore del supermercato di Oldmill, e fu questo il motivo che portò al trasloco suo e della sua famiglia.
-Cara,per caso hai visto la mia cravatta?-
La destinataria della domanda, Julie Patata, era una donna anch’essa vicina alla quarantina, capelli biondi, occhi castano chiaro e un pancione segno di una gravidanza già avanzata.
Si voltò verso il marito e lo guardò come si guardava uno scemo-Stai scherzando,  vero?- .
La domanda della moglie sorprese l’uomo che rispose -Perché dovrei scherzare?Certo, essere il direttore di un supermercato non è chissà quale lavoro, ma considerando che è il mio primo giorno devo cercare di dare una buona impressione, no?-.
Esasperata dall’ingenuità del marito, la donna gli si avvicinò –Intendevo che la cravatta che tanto cerchi è proprio qui- e gli mise le mani al collo, dove la cravatta si trovava, per sistemargliela.
Tutto quello che Harvey in quel momento riuscì a pensare fu –“Cominciamo bene”-,  successivamente si diresse verso la porta ma venne fermato dalla moglie –Sicuro di non dimenticare qualcosa, o meglio, qualcuno?-
Dopo averci riflettuto su, l’uomo si rese conto di cosa, anzi, di chi, si era scordato –Giusto, ma dove ho la testa oggi. Elena, sei pronta?-
-Arrivo.- a parlare, stavolta, era stata una ragazzina di 10 anni, capelli arancioni legati in due codini, eccezion fatta per due ciuffi che le ricadevano ai lati del viso per rialzarsi verso la fine, occhi castano chiaro e, come se avesse voluto prenderla in giro per il cognome, naso a patata.
Questa era Elena, la primogenita della famiglia, che aveva appena sceso le scale e si trovò di fronte ai genitori –Ok papà, possiamo andare.- 
-Molto bene. Ci vediamo più tardi tesoro- salutò l’uomo
-Buona fortuna a tutti e due- la risposta della moglie
Padre e figlia uscirono di casa e si diressero verso l’auto –Allora Elena, pronta per il primo giorno di scuola?-
Il risultato della domanda:uno sbuffo seccato della ragazza alla tipo “Un’altra volta?!”    -Per l’ennesima volta papà. La scuola oggi è aperta solo per permettere agli studenti nuovi, tra cui la sottoscritta, di visitarla e ambientarsi, e a quelli vecchi di riabituarsi. Ufficialmente, manca ancora una settimana prima che la scuola, e il calvario, cominci.-
-Oh già, lo avevi detto anche ieri. Scusa, la tensione può giocare brutti scherzi.-
Giunti all’auto, Harvey si sedette al suo posto e cominciò a mettere in moto, Elena però era rimasta ferma sul marciapiede, impegnata a fissare la casa accanto alla loro chiedendosi chi ci vivesse. Era completamente immersa nei suoi pensieri e, se non fosse stato per la voce del padre che la chiamava, ci sarebbe rimasta. Salì in macchina e il padre partì, ma, finché le fu possibile, mantenne lo sguardo fisso su quell’abitazione:Elena poteva giurare di aver sentito qualcosa di strano provenire da quell’edificio, qualcosa di…… “mostruoso”.


Il viaggio in macchina era durato meno del previsto, la distanza tra la scuola e casa sua non era molto grande, avrebbe potuto percorrerla a piedi massimo in venti minuti.
Elena scese dall’auto e si scambiò un saluto col padre –Ciao papà. Senti,per quanto riguarda il ritorno, posso anche tornare a piedi-
Harvey inizialmente rimase perplesso – Davvero? Sei sicura di ricordare la strada?- ma le parole della figlia lo convinsero –Certo, sta tranquillo. E poi sarà una buona occasione per vedere il quartiere-
-Va bene cara. Ci vediamo più tardi- detto ciò, Harvey ripartì per andare al supermercato e iniziare il suo primo giorno di lavoro, pregando sottovoce che non fosse anche l’ultimo.
Dopo aver oltrepassato il cancello, Elena si fermò un attimo davanti alla porta per dare un’occhiata intorno:la scuola di Oldmill era stata uno dei primi edifici a essere stati costruiti dopo la fondazione della città, almeno così le avevano detto, però doveva ammettere che, almeno esternamente, non la dava a vedere la sua “vecchiaia”. Chissà se anche l’interno è così?Non ebbe il tempo di chiederselo che due voci, parlando perfettamente all’unisono, la distraerono dai suoi pensieri.
-Ciaaaaoooo-
Quando si voltò vide dietro di lei due ragazze della sua stessa età:una aveva i capelli castani corti, tenuti all’indietro con una fascia e gli occhi neri, l’altra invece aveva i capelli di un insolito blu scuro, gli occhi neri e portava un paio di occhiali rotondi.
-Io sono Patty!- disse la prima –E io sono Matty!- seguì subito la seconda. 
-Ehm, piacere. Io sono…- ma non ebbe il tempo di finire che la anticiparono –Lo sappiamo chi sei:Elena Patata, 10 anni, ti sei trasferita da poco qui e ti informiamo che sarai nella nostra stessa classe. Tuo padre, Harvey, è il nuovo direttore del supermercato, mentre tua madre, Julie, è una casalinga in dolce attesa-
Il primo pensiero che passò per la mente di Elena fu -“Ma da dove sono uscite fuori queste stalker?”- ma preferì esprimerlo con altri termini –Ma sapete proprio tutto di tutti voi due?-
La risposta arrivò ancora una volta all’unisono –Ci piace essere informate, ecco tutto. Alcuni, magari, potrebbero dirti che siamo due pettegole, ma non è affatto così!-
Il successivo commento di Elena, comunque, non era molto convinto –Come dite voi.-
Successivamente le due pett…cioè volevo dire, “ben informate”, consegnarono ad Elena dei fogli dove vi erano scritti dei nomi –Questa è la lista di quelli che fanno parte della nostra classe. Sono elencati quelli ok, quelli così così e quelli decisamente da evitare.- 
Elena notò subito una cosa:nella lista “nera” c’era solo un nome –Chi è Zick?-
La risposta di Patty e Matty fu –Ah quello. E’ il tuo vicino di casa, il tipo più strano che si possa incontrare-
Certo, ora sapeva il nome del suo vicino, ma la curiosità di Elena era troppa per accontentarsi di quel misero dettaglio –In che senso “strano”?-
La risposta le venne data da Patty, ma Elena sentì chiaramente un tono di presa in giro
–Ha tutte le allergie del mondo, ma secondo noi è solo una fissazione- Matty, sempre con lo stesso tono, continuò –Vive con sua madre e un orribile gatto senza pelo. Non esce mai di casa e non ha amici. Per non parlare dei mostri.-
La curiosità di Elena, dopo quell’ultima frase, salì alle stelle –I mostri?-
-I mostri che Zick “vede”, ahahahahaha. Te l’abbiamo detto che è strano, no?-
Elena però non la pensava così –A me, più che altro, sembra un tipo interessante-
-Interessante?!-dissero le due e, così come erano arrivate, se ne andarono, in silenzio.
“Mi sa che sono finita nella lista sbagliata.” pensò Elena con “grande dispiacere”, per poi dirigersi all’interno della scuola, segnandosi mentalmente di cercare un modo per conoscere lo “strano”Zick.




Ora, se c’era una cosa che Elena odiava, era chi la prendeva in giro per via del suo cognome.
Potete quindi immaginare la sua rabbia quanto sentì certi commenti venire da tre ragazzi che stavano leggendo l’elenco degli alunni delle classi attaccato al muro –G-guardate, r-r-ragazzi, q-quest’anno in classe c’è a-anche u-u-una pa-patata.-.
A parlare era stato un ragazzo alto, magro, occhi verdi, capelli biondi in una bizzarra capigliatura a fungo –Già, sarà sicuramente uno spasso!-.
A parlare, stavolta,fu un ragazzo un po’ più basso del primo, capelli castani a spazzola, occhi neri, che portava un paio di occhialini da nerd –Così, oltre che con Zick, ci divertiremo anche con Miss Patata!-.
Il terzo, che aveva appena parlato, era un ragazzo basso, grasso, con l’apparecchio, occhi neri e capelli rasati quasi a zero.
Elena era rossa dalla rabbia, ma, in qualche modo, si trattenne dall’esplodere, dopotutto aveva promesso alla madre che, almeno nei primi giorni, non avrebbe scatenato risse, cosa che nella sua vecchia scuola faceva un po’ troppo spesso. Ma poi sentì il ragazzo grasso dire questa frase –E’ un vero peccato però che il cadaverino non reagisca mai alle provocazioni, sarebbe più divertente-
-“Cadaverino?!”- quella, per Elena, fu la proverbiale goccia che fa traboccare il vaso.
Se magari vi starete chiedendo cosa la spinse a prendere le difese di qualcuno che neanche conosceva, il motivo era piuttosto semplice:c’era una cosa che Elena odiava ancor più di chi scherzava sul suo cognome, chi parlava male di qualcuno che non era presente -Come lo hai chiamato?!-
I tre si voltarono e il biondo, probabilmente il capo del gruppetto le chiese –E t-tu chi sa-saresti?- 
- Elena Patata. Mi sembravate curiosi di conoscermi, bhè eccomi qua. E per quanto riguarda te…- mentre parlava puntò il dito verso il ragazzo con l’apparecchio –…ti ripeto la domanda:come lo hai chiamato?!-
Questi rispose con noncuranza –Ho chiamato Zick cadaverino. E allora?- provocando ancora più ira nella ragazza.
-Si dia il caso che non mi piacciano i tipi che prendono in giro persone che non sono presenti- e si alzò le maniche della maglietta, segno che le sue intenzioni non erano certamente pacifiche.
Il biondo le si avvicinò, cercando di intimorirla –R-ritieniti f-fortunata, perchè non pi-picchiamo le f-femmine- e cosa ottenne:STUMP, un pugno sul naso di potenza biblica, potè ritenersi fortunato che non gli si ruppe.
-DAVID!- gli altri due aiutarono l’amico ad alzarsi, mentre questi teneva una mano sul naso sanguinante.
-D-d’accordo. D-da oggi pi-picchiamo anche le f-femmine!- quello che accadde poco dopo lo potete anche immaginare:i quattro scatenarono una rumorosa rissa, tanto che altri ragazzi, curiosi, si erano fermati ad osservare la scena.
La cosa sarebbe potuta durare anche per le lunghe –LASCIATELA STARE!- se una voce non li avesse fermati. Colui che aveva appena parlato si fece largo tra la folla, piazzandosi davanti ai quattro “contendenti”: era un ragazzo pallido come la morte, capelli blu notte, occhi castani così scuri da sembrare neri, anche se la cosa più bizzarra erano le orecchie, piuttosto grandi e sproporzionate rispetto al resto della faccia.
David, così si chiamava il biondo, era piuttosto contrariato da quell’intromissione –Non sono affari tuoi Zick. Restane fuori- tanto che lo disse senza balbettare.
Quando David terminò la frase Elena sgranò gli occhi, o meglio, l’occhio sinistro, poiché il destro era diventato praticamente un cerchio nero e per il dolore non riusciva ad aprirlo:quindi colui che le era venuto in aiuto era la stessa persona che lei voleva incontrare, quando si dice la fortuna.
Zick, più che intimorito, fu seccato dalla minaccia e replicò, con tono calmo, che aveva anche un qualcosa di minaccioso –Non costringermi a usare gli “occhi da spettro” Dedevid.-
In un attimo David passò da una fiera spavalderia ad una rispettosa paura, segno che sapeva cosa gli sarebbe potuto accadere –C-cosa?! M-ma no Zick, n-noi sta-stavamo s-solo scher-scherzando-.
-Ma è stata lei a cominciare- ribattè quello grasso.
-P-piantala Ford- lo zittì David, per poi avvicinarsi a Zick e bisbigliargli nell’orecchio
-S-scusaci per i mo-modi i-inurbani, ma è q-quello che ci si a-aspetta da noi-
-Mi auguro che non accada di nuovo- proseguì Zick intimidatorio –Ga-garantito. P-però, per quanto ri-riguarda te, p-posso co-continuare a p-prenderti in giro, h-ho una r-reputazione da di-difendere?-.
-Fa come ti pare!- e senza aggiungere altro, Zick si diresse verso l’uscita, sotto lo sguardo di tutti.
 Elena, però, non restò ferma a guardare e senza farsi notare lo seguì:la visita della scuola poteva aspettare, in quel momento sentiva di più il bisogno di parlare con quel ragazzo...o, quantomeno, di dirgli grazie.



Salve gente. Eccomi col secondo capitolo della mia storia “Monster Allergy:come tutto ebbe inizio!”.
Per vedere un po’ d’azione, però, bisognerà ancora aspettare. Questo capitolo, come sicuramente avrete notato, è servito come presentazione dei personaggi, ma non è finita:nel prossimo, che spero di cominciare al più presto, ci sarà la presentazione della famiglia di Zick, che, vi avviso già ora, non è, quel che si dice, una famiglia “normale”(ma tanto lo sapete già). Ma non voglio anticiparvi altro.
F9v5 vi saluta e vi dà appuntamento col prossimo capitolo.

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Capitolo 3
*** Discussione ***


TRA FANTASMI E MOSTRI SGHIGNAZZANTI
(cda: Zick ed Elena discutono seduti sulle scale di villa Barrymore. I nonni fantasma li osservano dalla finestra e sorridono





-Hey aspetta.-
Mai come ora Elena era stata ferma e decisa. Il ringraziare quel ragazzo era solo una scusa, sarebbe stata in grado di cavarsela anche da sola in quella rissa, in fondo si era trovata in situazioni anche peggiori.
Il motivo per cui voleva parlargli era tutt’altro:i mostri.
Quand’era piccola i suoi genitori le raccontavano molte storie sui mostri ed Elena era rimasta talmente affascinata da quel mondo, fantastico quanto immaginario, che aveva sempre coltivato il sogno di poterli vedere, anche solo per una volta.
Poi erano arrivate Patty e Matty che le avevano parlato della “capacità” di Zick e nel suo cervello si era impresso a caratteri cubitali quest’imperativo: conoscerlo ad ogni costo!
L’esserle venuto in aiuto rappresentava per lei l’occasione perfetta di avviare un discorso con lui e, quant’era vero che esisteva, l’avrebbe sfruttata.
-Che vuoi?- mugugnò Zick, seccato per essere stato distratto dai suoi pensieri, ma in realtà era solo un modo di nascondere la sua sorpresa: nessuno, di solito, voleva parlare con lui, perché tutti lo reputavano un pazzo, quindi non sapeva come comportarsi con qualcuno che gli rivolgeva la parola spontaneamente.
-Volevo ringraziarti per prima. Cosa ti ha spinto ad aiutarmi?-
Neanche lui sapeva cosa rispondere, aveva agito d’istinto.
Sì affrettò a inventarsi una scusa -Eravate in tre contro una. Mi sembrava scorretto e sono intervenuto.-
-Capisco. Bè…piacere. Mi chiamo Elena Patata e sono la tua nuova vicina.- sì presentò la ragazza porgendogli la mano.
Leggermente titubante, cosa che notò anche lei, ricambiò il gesto e la presentazione        -Ezechiele Zick.-
-Ezechiele?!-
-E’ il mio vero nome,ma ormai chiamarmi per cognome è diventata un’abitudine per tutti, anche per me e devo dire che mi piace di più. Ezechiele mi sembra un nome da vecchio.-
Elena sentiva che non era ancora il momento per la fatidica domanda, o avrebbe pensato che gli interessava solo quello: il conoscere Ezechiele, anzi, Zick, le importava davvero. Decise quindi di girarci un po’ su -Mi è parso di notare che non sei ben visto a scuola. Ho ragione?-
-Sì, infatti.-
-E non ti rende neanche un po’ triste il fatto che nessuno ti voglia per amico, o che gli altri ti prendano in giro per il tuo… aspetto?!-in effetti ora aveva notato un particolare che prima non era stata in grado di vedere, forse per la fretta: il ragazzo di fronte a lei aveva delle strane occhiaie violette attorno agli occhi che lo facevano sembrare una sorta di…zombie; in quel momento capì il perché del soprannome “cadaverino”.
-Un pochino, ma credimi, ho sopportato di peggio. Comunque non capiresti.-
Elena sì sentì punta nell’orgoglio: anche lei sapeva cosa volesse dire essere presi in giro per il proprio aspetto, altrimenti nella sua vecchia scuola non sarebbe diventata famosa come rissaiola, ma decise di lasciar stare.
-Perché lo chiami “Dedevid”?- prima di passare all’argomento mostri, Elena volle togliersi qualche curiosità minore
-Ti riferisci al biondo vero?-
-Già lui.-
-Se non balbettasse lo chiamerei solo David.-
In effetti, si trovò a riflettere Elena, aveva un senso la cosa.
-Ma che cos’è quella cosa con cui lo minacciavi? Come hai detto che si chiama…oh sì, “occhi da spettro”-
-Ah quello…- la risposta di Zick non fu parlata, ma visiva. Si girò e si rivoltò di scatto: gli occhi si erano alzati, lasciando vedere solo il bianco della cornea, si mordeva il labbro superiore e tutto a un tratto attorno a lui era apparso una sorta di alone scuro, tipo quelli che appaiono sopra le persone depresse.
Si aspettava che Elena si spaventasse come tutti gli altri, ma la sua reazione fu “leggermente” diversa.
-Ahahahahahahahah-
Zick sì sentì a terra in quel momento: la sua “arma segreta” aveva fatto fiasco e non potè non ammettere di esserci rimasto male –Tu ridi, ma sappi che Dedevid dorme con i genitori per una settimana.-
-Scusa, non ho potuto farne a meno. Più che spaventoso mi sei sembrato…buffo.-
Mentre parlavano si accorsero di essere ormai vicini a casa di lui, quello di cui non si accorsero erano una paia di occhi che li osservavano dalla finestra.
-Bè…siamo arrivati. Ci vediamo tra qualche giorno a scuola.-
-Aspetta!-
La imbarazzava chiedere una cosa del genere, ma, in un certo senso, ne andava della sua vita
-Posso usare il tuo bagno, sai per darmi una pulita all’occhio. Avevo promesso a mia madre che non avrei fatto rissa con nessuno, quindi pensa come potrebbe reagire se mi vedesse tornare conciata così.-
-E’ una cosa che ti capita spesso?-
-Più di quanto non dovrebbe.-
-Andiamo!-
Quando entrarono, trovarono qualcuno ad accoglierli: era un gatto magro e senza pelo con gli occhi neri e la cornea gialla
-E’ il tuo gatto?-
-Si chiama Timothy ed è…-
-Fammi indovinare: senza pelo perché sei allergico al pelo dei gatti.-
-Come lo sai?-
-Chiamalo “intuito”.-
-Zick, sei tu figliolo?- a parlare stavolta era stata una donna arrivata da un’altra stanza: poteva avere massimo 35 anni, aveva lunghi capelli biondi e gli occhi castano chiaro. Greta Barrymore, la madre di Zick.
-Ciao mamma.-
-Oh…e chi è la tua amica?-
Questa domanda lo mise in imbarazzo: poteva davvero considerare Elena un’amica?
In fondo si conoscevano relativamente da poco. Al momento decise di optare per un no.
-Più che amica, direi conoscente. Comunque, si chiama Elena. Lei e la sua famiglia si sono appena trasferiti nella casa accanto-
-Piacere di conoscerla, signora.-
-Il piacere è mio e…santo cielo!Che ti è successo all’occhio?-
Stavolta fu Elena a trovarsi in imbarazzo: malgrado le risse fossero una cosa per lei comune, non ne andava affatto fiera, il problema era che non riusciva a trattenersi se provocata. Cercò dunque di inventare una scusa plausibile -Ho urtato contro una…un…-
-Un pugno?!- Greta ci aveva azzeccato in pieno.
-Puoi fare qualcosa mamma?-
-Basterebbe un modo per nasconderlo.-
Greta non prese la cosa di fretta, anzi ebbe un’idea per guadagnare tempo e trovare la soluzione migliore -Capito. Zick, perché non mostri la casa alla tua amica intanto che cerco una soluzione?-
-Conoscente mamma, conoscente.-
Zick decise di non continuare col dissenso e obbedire alla madre. Condusse Elena in soggiorno, perennemente seguiti da Timothy, che fissava la ragazza con sguardo indagatore.
Il soggiorno era ben arredato: un camino con mensola al centro, un tavolo con quattro sedie sul lato destro prima della grande finestra, sul lato sinistro vi erano un divano verde, due poltrone dello stesso colore, un tavolino su cui era poggiata una scacchiera con tutti i pezzi sopra, una mensola e una piccola libreria, tutto prima di un’altra grande finestra.
L’arredamento era semplice, ma aveva un qualcosa di tetro, dovuto molto probabilmente ai colori scuri, ma fu proprio questo ad attirare l’attenzione di Elena –Caspita, la tua casa è molto bella!-
-Dici?Secondo gli altri ricorda le case dei film Horror-
-Ed è proprio questo a renderla incredibile.-
Aveva aspettato troppo, era il momento di chiederglielo e vedere la sua reazione.
-Posso farti una domanda? Ma è vero che puoi vedere i mostri?-
La domanda era stata fatta; Elena però aveva un po’ paura della risposta che avrebbe potuto ricevere: temeva che si sarebbe offeso, che l’avrebbe cacciata senza mai più rivolgerle la parola, o che avrebbe negato fino alla morte, mandando in frantumi le sue speranze, invece…
-Certamente!- Zick lo ammise senza vergogna, nella sua voce c’era anche un pizzico di vanità.
Si avvicinò ad Elena e le sussurrò all’orecchio –Qui c’è ne sono sette in tutto e sono in questa stanza: sulla mensola ci sono i bolli, tre palle volanti con l’aureola che sanno solo cantare, anzi stonare. Puoi farli scoppiare, ma dopo pochi minuti si ricompongono. Sul soffitto c’è ne sono attaccati altri due che sono fatti di gelatina:uno è Clak Ritak, di colore rosa, tranne la faccia che è bianca, l’altro è Ben Talak, suo fratello maggiore, ha anche lui la faccia bianca, ma il corpo viola. Dietro il divano c’e Snyakutz Bu, ha quattro braccia e quattro occhi, è bianco, tranne per qualche piccola macchia marrone e perde sempre i pezzi; infatti parla con la erre moscia perché gli manca un pezzo di lingua che ha perso e non ha più trovato. Seduto sulla poltrona di sinistra, infine, c’è Bombo, un mostro grasso e goffo, ha la pancia bianca, la testa e la parte posteriore del corpo rosse, tranne per qualche macchia gialla circondata da un cerchio nero e ha il brutto vizio di mangiarmi le scarpe.-
Il modo in cui le parlava era davvero convincente e lei, infatti, ci credeva, ma c’era un piccolo problema: lei non vedeva nessuno dei mostri che le aveva descritto.
Le vennero in mente solo due soluzioni: o Zick si stava inventando tutto e se era così doveva riconoscere che aveva davvero una fervida immaginazione, oppure, solo lui era in grado di vederli.
Elena però volle scartare la prima opzione; sentiva che Zick non le stava mentendo, che poteva fidarsi di lui.
Mentre osservava ogni angolo di quella stanza, il suo sguardo cadde su una fotografia che si trovava sulla mensola del camino: ritraeva un uomo dal viso allungato, occhi neri e folti capelli blu che presentava un’incredibile somiglianza con Zick; la domanda, a quel punto, le sorse spontanea -Chi è quell’uomo? Ti somiglia moltissimo!-
Dopo quella domanda, lo sguardo di Zick si rattristò di colpo, e dare quella risposta gli costò un gran dolore -Era…mio padre!-
-“Era?”-bastò poco ad Elena per capire –Vuoi dire che…-
-Sì, mio padre è morto. Sai, era un entomologo, uno studioso di insetti e capitava spesso che partisse per chissà quale posto per le sue ricerche. Una volta è partito per una spedizione in Amazzonia e non ha più fatto ritorno; avevo tre anni quando è successo!-
Zick successivamente prese un’altra foto e la mostrò ad Elena: se doveva affrontare la sofferenza del passato, tanto valeva affrontarla tutta in una volta; forse avrebbe sofferto meno.
Nella foto erano rappresentate due persone: una donna anziana con delle lunghe trecce che portava degli occhialini da vista; Thessa Grange, la nonna materna di Zick.
L’altra persona era un uomo anziano, portava anche lui degli occhiali da vista, dei lunghi baffi a V rovesciata e aveva ormai pochi capelli, segno della sua avanzata età; Theo Barrymore; il nonno materno di Zick.
-Questi invece erano i miei nonni materni; non li ho mai conosciuti, perché sono morti quando avevo solo pochi mesi. Per quanto riguarda i nonni paterni, invece, non posso dirti nulla. Non li ho mai visti, neanche in foto, pensa… che non so neanche come si chiamavano-
Quando ebbe terminato, Elena capì che cosa intendeva Zick quando le disse che non poteva comprenderlo; e aveva ragione; a differenza di lei,lui non aveva avuto la possibilità di crescere con una figura paterna che lo sostenesse durante l’infanzia, che lo aiutasse nel momento del bisogno, o anche che lo rimproverasse quando sbagliava.
In quel momento Elena si sentì maledettamente fortunata ad avere un padre che, malgrado a volte si comportasse un po’ da sciocco, le voleva bene e c’era sempre stato per lei.
-Mi dispiace, davvero- fu tutto quello che riuscì a dirgli.
In quel momento tornò Greta e, dall’aria soddisfatta che mostrava, sembrava aver trovato una soluzione al problema di Elena –Ragazzi,ho l’idea giusta. Però…servirà anche il tuo aiuto Zick- aggiunse poi , puntando il dito verso il figlio.
Zick sentì un brivido salirgli su per la schiena; aveva il brutto presentimento che di lì a poco avrebbe dovuto fare qualcosa di ridicolo e, purtroppo per lui, i suoi presentimenti si avveravano sempre.

 



DLING-DLON
Quando Julie Patata andò ad aprire la porta non riuscì a nascondere un’espressione sorpresa: c’erano sua figlia e un ragazzo con i capelli blu ed entrambi avevano la faccia pitturata: lei bianca con due macchie nere sugli occhi, lui aveva la faccia blu e qualche riga nera che dava l’impressione che avesse la faccia cucita in più parti.
-Ciao mamma. Lui è Zick!-
-Buongiorno signora.-
-Buongiorno anche a te…ma che avete fatto alle vostre facce?-
Seguendo le istruzioni di Greta, Elena diede la sua risposta -A scuola stavano distribuendo le parti per la recita di Halloween-
-Ma mancano ancora due mesi!-
Di fronte a quest’affermazione Elena si trovò spiazzata; né Greta né lei avevano pensato a cosa dire in quell’evenienza, fortuna volle che Zick lo avesse fatto -La prepariamo sempre con grande anticipo. E’ una specie di tradizione.-
Julie sembrò convinta dalla risposta di Zick, ma non lo era sulla “parte” della figlia –E tu che parte faresti Elena?-
-Il panda.-
-Ma i panda non fanno paura?-
-Questo è un panda pazzo mamma.-
-Bè…io devo andare. Ci vediamo Elena!- questo era quello che Zick diceva.
“Costringimi a truccarmi in una maniera così ridicola un’altra volta e te la faccio pagare!” questo, invece, era quello che pensava.
-Ciao Zick.-
Dopo averlo salutato,Elena rientrò in casa con la madre.
-Simpatico il tuo amico!-
-Già. all’apparenza sembra freddo e distaccato, ma in realtà e molto sensibile.-
Detto ciò, Elena si diresse in camera sua dove trovò Sfruscio, il suo grasso gatto, di colore marrone chiaro, tranne per le orecchie e la schiena, di colore marrone scuro, a sonnecchiare sul suo letto.
Si sedette accanto al suo grasso micione e cominciò ad accarezzargli la testa 
-Come hai passato la giornata Sfruscio?-
La risposta del gatto non potè che essere –Meeooww-
Elena sapeva che non avrebbe potuto risponderle diversamente, ma le piacevano quelle discussioni a senso unico -Ma in fondo che te lo chiedo a fare, sei solo un gatto e i gatti non parlano!-; in futuro si sarebbe resa conto che aveva torto su quell’ultima affermazione.




 
Zick era rientrato in casa; aveva estratto il suo spray antiallergico e lo mise in bocca premendolo due-tre volte per far passare un attacco allergico dovuto alla polvere.
Davanti a lui c’era Timothy.
-Che tipo quell’Elena, eh?-
Anche Zick, come Elena, aveva l’abitudine di parlare con il suo gatto, ma c’era una differenza.
-E’ una vipera, stalle alla larga!- Timothy poteva rispondergli.
-Andiamo Timothy, smettila con le tue scenate di gelosia!-
-Scenate di gelosia?! Apri gli occhi Zick! Quella è una ficcanaso e ti porterà solo guai, fidati.-
Timothy, insomma, pensava che Zick avrebbe dovuto evitare Elena in ogni modo, Zick che magari sarebbero potuti diventare amici, ma, quando rientrarono in soggiorno, Zick si innervosì nel constatare che qualcun’altro aveva già una terza opinione.
-Zick ha la fidanzata, Zick ha la fidanzata…-
Chi stava facendo quest’assurda cantilena?
Ma è ovvio.
I sette mostri, che già conoscete, tranne i tre bolli; come ha detto prima Zick, loro sanno solo stonare.
Il risultato ottenuto fu uno Zick abbastanza alterato –SILENZIO!-
Aveva urlato talmente forte da far scoppiare i tre bolli e scomporre Snyakutz Bu.
-Vi credete spiritosi?! Io non ho riso; quindi sparite!-
Intimoriti dalla voce del ragazzo, i mostri scapparono dalla stanza a tempo di record.
Non lo voleva ammettere, ma Zick voleva bene a quei sette combinaguai; senza di loro la sua vita sarebbe stata estremamente noiosa, ma a volte lo facevano davvero arrabbiare, come in quel momento, ad esempio.
-Quella ragazzina è riuscita ad attirare la tua attenzione, vero?!-
-Infatti. Non sei mai stato così aperto con qualcuno.-
A chi appartenevano le due voci che avevano parlato? Zick lo sapeva benissimo.
-Uffa. Nonna, nonno, non cominciate anche voi, per favore.-
Esatto!
Zick stava parlando con i suoi nonni, Theo e Tessa, in carne ed ossa; anche se “in carne ed ossa”, in questo caso, valeva solo come modo di dire.
I due anziani erano semplicemente delle figure evanescenti, trasparenti e senza peso: insomma, erano fantasmi.
Zick più volte, durante gli anni, aveva superato brutti momenti, come la perdita del padre, grazie anche al sostegno dei suoi adorati nonni fantasma; più volte avrebbe voluto abbracciarli, ma purtroppo non era possibile.
Ma a lui bastava così; sapeva che in fatto di sostegno morale non lo avrebbero mai abbandonato e gliene era davvero grato.
In quel momento, però, più che gratitudine, provava un gran nervosismo; se, oltre ai mostri, pure i suoi nonni lo prendevano in giro, era davvero messo bene.
-Comunque…sì. Ha attirato la mia attenzione...nel senso che mi ha sorpreso il fatto che qualcuno abbia cercato di conoscermi così a fondo, non come pensate voi.- si affrettò a dire.
Tessa decise di accettare il discorso del nipote, Theo, però, gli volle lanciare un’ultima frecciatina –Tra qualche anno ne riparliamo ragazzo!- gli piaceva troppo vedere suo nipote in imbarazzo.
Zick preferì uscire dalla stanza e andare in camera sua, lanciando un ulteriore rimprovero ai mostri, nascosti dietro la porta ad origliare e sghignazzare alle sue spalle  -Smettetela di origliare, CHIARO?! Tsk…impiccioni.-
Se ne andò in camera, ignorando il fatto che mostri e nonni fantasma ancora se la stavano ridendo.
Zick, tuttavia, era felice di quella giornata, ma non voleva darlo a vedere per non compromettere la sua reputazione di insensibile.
C’era, però, qualcuno che non era felice di quella storia: Timothy, che durante il discorso nipote-nonni e i rimproveri ai mostri era rimasto in angolo ad ascoltare, non riusciva a vedere la cosa sotto una luce positiva.
-Questa faccenda è andata fin troppo oltre e non posso permettere che si aggravi maggiormente. Dovrò prendere dei rimedi drastici. Come si dice in questi casi…a mali estremi, estremi rimedi!-






Allora, che ne dite?
Ci ho messo un po’, ma sono riuscito finalmente a scrivere il terzo capitolo.
Come potete vedere(ammesso che qualcuno legga), anche questo capitolo è stato per presentare gli altri personaggi.
Dal prossimo comincerà già ad accadere qualcosa, ma niente di eccessivo, ancora.
Ci vediamo al prossimo capitolo.
Arrivederci a tutti!

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Capitolo 4
*** Quando il gatto ci mette lo zampino. ***


Alla ricerca del disperso
(Sfruscio mangia avidamente da una ciotola, Timothy, accanto a lui, lo guarda disgustato)



Il sole era sorto ormai da alcune ore e la sua luce brillante illuminava completamente il paese di Oldmill.
Il cielo era azzurro e limpido, senza la benché minima traccia di nuvole portatrici di pioggia, soffiava anche un vento leggero, quel tanto che bastava per rendere sopportabili quegli ultimi giorni d’Agosto.
Si è soliti dire che “il buongiorno si vede dal mattino”; questo non era il caso di un ragazzino che in quel momento avrebbe tanto voluto incontrare l’autore di quel detto per dirgliene quattro.
Zick si trovava in camera sua, sdraiato sul suo letto a pancia in giù, con l’aria di chi, in quel momento, era arrabbiato con tutto il mondo.
Il motivo di tanta rabbia: la sua “adorata” zia Ermelia era venuta a trovarli.
Zick non si fidava minimamente di quella donna; non sapeva perché, ma ogni volta che la vedeva sentiva un brivido d’allarme salirgli per la schiena, come se ci fosse in lei qualcosa di anomalo, di malvagio.
- Zick stare bene?-gli chiese Bombo con la sua voce sgrammaticata.
Probabilmente Bombo era il mostro che più teneva a Zick, cercava sempre di farlo ridere quando era triste e di aiutarlo quando aveva un problema; ma a volte era proprio lui il problema.
Zick lo coglieva molte volte sul fatto quando quest’ultimo era intento a mangiargli le scarpe, costringendolo a farsi una nuotata nel suo stomaco bavoso per riprenderle, ma ormai era diventata una routine così abituale che se Bombo avesse smesso di mangiargliele, cosa che tanto non sarebbe mai accaduta, avrebbe potuto anche soffrirne.
Sta di fatto che, in quel momento, Bombo non poteva fare nulla per aiutarlo.
-No Bombo. Sto tutto fuorché bene-
-Dovresti andare giù, sai che tua madre ci tiene.-
Stavolta fu Timothy a parlare e Zick ne fu seccatamente sorpreso: quel gatto spelacchiato si preoccupava solo di stesso. Perchè tutto a un tratto si preoccupava per sua madre?!
-Ti stai preoccupando per qualcuno che non sei tu?! Senza offesa, ma qui gatta ci cova.-
-Infatti non mi preoccupo, ma mi piace vederti in difficoltà- e figurati se non aveva il suo buon motivo. 
Il ragazzino lanciò un sospiro e riaffondò la testa nel cuscino -Se proprio vuoi aiutarmi Bombo, mettiti i miei vestiti e vai tu di sotto, tanto non si noterà la differenza.-
Uno degli altri difetti di Bombo era la sua testa vuota, che lo portava a credere a tutto ciò che gli dicevano; infatti sotto lo sguardo sorpreso di Zick e Timothy prese alcuni vestiti del ragazzo dall’armadio e si preparò ad indossarli.
-Che cavolo stai facendo?!- la domanda di Timothy era chiaramente retorica, ma Bombo, ovviamente non capì -Io prendere posto di Zick, come lui avere detto-
-Ma non hai capito che non diceva sul serio, idiota?!-
Malgrado l’aspetto imponente (bè…più che imponente…grosso), Bombo era molto sensibile e, infatti, due secondi dopo corse fuori dalla stanza piangendo come un bambino a cui era stato tolto il giocattolo.
-Non pensi di aver esagerato?-
-No…tanto tra qualche minuto se ne dimenticherà e sarà come se non gli avessi detto niente, vedrai-
Inizialmente contrario, Zick decise di dargli corda; conosceva Bombo abbastanza bene da poter dire che sarebbe andata veramente in quel modo.
Malgrado tutto, Zick non ne voleva sapere d’alzarsi; a quel punto Timothy, esasperato,uscì dalla sua stanza; non era certo un problema suo se quel moccioso non voleva sentire ragioni e poi doveva preoccuparsi di problemi urgenti, come li aveva definiti lui.
Scese le scale ed entrò in soggiorno dove Greta stava discutendo con la tanto odiata Ermelia: una donna anziana, il volto pieno di rughe , capelli castano-rossicci, occhi neri, bassa e grassa.
Passandogli vicino potè sentire alcune parole del loro discorso ma non ci prestò attenzione, non era cosa che lo riguardava; tuttavia anche lui sentì qualcosa di strano provenire da quella donna.
Che Zick avesse ragione?...No. Forse era solo la sua immaginazione. 
Si avvicinò alla libreria e, come avevo previsto, vi trovò accanto Ben Talak, intento ad osservare la copertina di ogni libro come a volerli analizzare, senza però toccarli per evitare problemi: cioè, tu che penseresti se i libri di casa tua cominciassero a fluttuare in aria, sospesi nel vuoto?
Ovviamente che hai i fantasmi in casa.
Per fortuna, Ben non era uno stupido e aveva pensato a questa cosa, infatti si limitava a prendere qualche libro solo quando aveva la certezza di essere solo.
Timothy gli fece segno di seguirlo in corridoio e il Bobak si limitò ad andargli dietro.
-Che cosa c’è Timothy?-chiese, una volta essersi allontanato abbastanza per far sì che la voce di Timothy non venisse sentita.
-Cerca gli altri e digli di incontrarci in soffitta tra dieci minuti!- il tono del felino era quello di chi non ammetteva repliche, perciò Ben annuì e si mise in cerca di suo fratello Clak e degli altri mostri.
Ispezionò l’intera casa, ma non trovò nessuno dei suoi amici; a quel punto, non gli restava che cercare nel giardino sul retro.
Infatti era in giardino che si erano radunati gli altri; Clak stava suonando il violino, i bolli facevano il coro musicale, Bu e Bombo, che, proprio come previsto da Timothy, si era perfettamente scordato della sgridata ricevuta poco prima, riprendendo la sua solita aria spensierata, a fare da “pubblico”. Anche se, più che musica, quello che il Bobak rosa e le tre palle fluttuanti stavano producendo era una specie di lagna spaccatimpani, tanto che, per un istante,Ben pensò seriamente al suicidio.
“Fortunati gli umani che non li possono sentire, è davvero orribile.”; fu questo il pensiero del mostro.
-Ciao fratello!Come sono andato?-
-Sei stato bravissimo, impareggiabile.- qui Ben mentì spudoratamente, ma, in fondo, era un esperto nel dire bugie.
-Mi dispiace interrompere il vostro…spettacolo, ma dobbiamo andare in soffitta, Timothy vuole parlarci.-
-Secondo voi di cosa vovvà pavlavci?- la domanda venne da Snyakutz Bu, che parlò con un’alquanto fastidiosa erre moscia.
-Non lo so, ma dal tono con cui mel’ha detto, sembra una faccenda seria. Quindi andiamo e non perdiamo tempo!-
L’ordine di Ben convinse gli altri mostri a seguirlo.
Intanto, a casa Patata, la situazione era più tranquilla, o meglio, lo sembrava ad una prima impressione.
-SFRUSCIOOOO. DOVE SEI FINITO?-
Elena era alla ricerca del suo gattone, misteriosamente scomparso nel nulla.
Tutto sommato, non c’era niente di strano, si era detta all’inizio, in fondo i gatti sono animali indipendenti e capita che a volte si allontanino per poi tornare così come sono spariti.
Sfruscio, malgrado la mole facesse pensare che fosse pigro, non faceva eccezione. 
-Sta tranquilla cara, sarà in giro da qualche parte a fare amicizia con altri gatti- Julie tentò di calmare la figlia con un ragionamento che non aveva nulla di sbagliato, anzi era più che plausibile.
-Non capisci mamma, è sparito, ne sono sicura!-
-Ma cos’è che te l’ho fa pensare?- 
-Il fatto che quando l’ho chiamato per la colazione non si è fatto vedere.-
Dopo quest’ultima frase, anche Julie non potè non sorprendersi; indipendente o no, pigro o attivo che fosse, Sfruscio non avrebbe mai saltato un pasto in vita sua; se non si faceva vedere neanche in quel caso c’era davvero da preoccuparsi.
-E cosa pensi di fare Elena?-
-Andrò a chiedere a Zick se magari lo ha visto.-
-D’accordo…ma mi raccomando,non fare tardi.-
Dopo le classiche raccomandazioni, Elena uscì di casa per recarsi a quella dell’amico, sperando potesse aiutarla.
Raggiunta la porta e suonato il campanello, aspettò in trepidazione che qualcuno aprisse.
Dopo qualche secondo, si trovò davanti la chioma notturna di Zick.
-Ciao Elena.- il saluto di Zick sembrava piuttosto il lamento di uno zombie tanto era depresso.
-Ciao Zick. Ma cos’è quest’aria da funerale che ti porti dietro?-
-E’ venuta a trovarci zia Ermelia, e tutte le volte che c’è lei mi sento ancor più depresso del solito.-
-Capisco. Volevo chiederti se per caso hai visto Sfruscio? E da stamattina presto che lo cerco e di lui non c’è alcuna traccia.-
-No, ma se vuoi ti do una mano a cercarlo.-
-Davvero?!Grazie, sei un vero amico!-
Amico?! Quella parola gli fece salire i brividi. C’era chi lo conosceva già da alcuni anni e non gli rivolgeva neanche la parola, poi arrivava lei e nell’arco di pochi giorni lo chiamava con quel suffisso.
Non sapeva ancora come comportarsi di preciso con lei, ma sentiva che si poteva fidare. Non c’era un perché. Lo sentiva e basta.
E poi aveva trovato una scusa per allontanarsi di casa e da Ermelia.
-Bene, allora andiamo.- le fece un sorriso incoraggiante e si misero alla ricerca del disperso.
Insomma, sembrava che poco per volta, Zick ed Elena stessero cominciando a legare.


“Non va bene. Non va bene per niente.” e Timothy, che aveva osservato la scena dalla finestra della soffitta, non poteva esserne più contrariato.
Era necessario porre rimedio a quella situazione, e il gatto senza pelo aveva già in mente la soluzione, ma per poterla applicare aveva necessario bisogno della collaborazione dei mostri.
Per la miseria, gli aveva raccomandato di essere lì tra dieci minuti; già era passata mezz’ora e quei sette incompetenti non si facevano ancora vedere.
Stava per andarli a prendere lui stesso, quando la porta si aprì e gli mostrò le figure che stava aspettando.
-Mi auguro per voi che ci sia una buona ragione per giustificare il vostro ritardo, o potrei anche punirvi severamente.-
L’intimidazione fu immediata e i mostri indietreggiarono spaventati; sapevano che, se avesse voluto, il felino sarebbe stato capace di fare davvero ciò che aveva detto, e se non gli avessero dato una spiegazione più che buona, per loro sarebbe finita male.
Snyakutz Bu prese il coraggio a due, anzi, a quattro mani e si fece avanti
-Scusa Timothy, è colpa mia. Sono inciampato mentve salivamo le scale e i miei pezzi si sono dispevsi pev la casa. Gli altvi hanno pevso tempo a cevcavmi e a vimetteve insieme le mie pavti. Se vuoi punive qualcuno, punisci me.-
Gli altri rimasero stupiti dall’azione dell’amico; avevano deciso di “spartirsi” la colpa perché in realtà i suoi pezzi erano stati dispersi in punti vicini, ma ogni volta accadeva qualcosa, vuoi Bombo che gli scivolava addosso, vuoi i bolli che gli scoppiavano troppo vicino, che lo rompeva di nuovo.
Bu decise di prendersi tutta la responsabilità perché, malgrado a volte avesse un carattere un po’ codardo e fifone, non voleva che i suoi amici pagassero per un suo problema ed era disposto ad accollarsi le possibili ire di Timothy.
Timothy fu un po’ sorpreso dal coraggio del “mostro che perde i pezzi”, ma non lo fu più di tanto; comunque, per quella volta,decise di passarci sopra.
-Non importa. Per stavolta sorvolerò.-
-Davvero?!- esclamarono i mostri (tranne i bolli, loro cantano e basta) che tirarono un sospiro di sollievo; il fatto che Timothy avesse deciso di risparmiarli era una specie di miracolo per loro.
Purtroppo però, il ghigno malefico apparso in faccia al gatto li fece risprofondare nella paura, portandoli a pensare che forse venire puniti sarebbe stato meglio.
-Intendo sorvolare perché mi servite…vivi.- dopo aver detto ciò, però,ritornò serio -Sapete dov’è Zick adesso?-
La sua domanda ricevette il cenno negativo da parte di tutti i mostri.
-E’ uscito con quella mocciosa ficcanaso!-
La sorpresa si fece presto spazio sui volti dei mostri.
-Me non capire. Dove essere problema?-
Il gatto rispose con una certa nota di rabbia -E’ semplice Bombo. Il problema è che da quando è arrivata lei Zick è cambiato!-
Clak cercò di calmarlo -Ma Timothy, rifletti. Da quando ha conosciuto quella ragazzina è diventato più gentile, pensa che adesso sorride più di una volta al giorno. Cioè, il cambiamento è stato in meglio, dovresti essere felice per lui, non arrabbiarti.-
Ma suo fratello la pensava diversamente, o meglio, aveva pensato anche ad altro -Però non hai pensato anche alle conseguenze negative di questa faccenda.-
Fu qui che Timothy riprese il discorso -Vedo che almeno Ben ha centrato il punto, ma visto che voi altri, sicuramente, non ci siete arrivati, ve lo spiegherò io: quella ficcanaso farà sicuramente domande sul mondo dei mostri e se Zick dovesse rivelarle qualcosa, anche la minima sciocchezza, potrebbe mettere in pericolo tutti noi, e non solo noi.-
-Ma allova che possiamo fave?-
-Tranquillo Bu! Ho già la soluzione al problema!-
Il gatto andò dietro un armadio e quando si ripresentò reggeva fra le zampe anteriori un bauletto che aprì immediatamente, mostrandone il contenuto ai mostri.
-Santo cielo Timothy, non vorrai davvero…-
-Sì ragazzi. E’ il momento di risvegliare il baccello!-
I mostri erano esterrefatti; Timothy sapeva anche meglio di loro che voleva dire liberare quell’essere.
Eppure il felino fu irremovibile, non volle sentire ragioni.
-Non mi importa quello che state pensando. So che è rischioso ma a mali estremi, estremi rimedi. Ora andate!-


Ed eccoli lì, nel giardino di casa Patata a scavare una piccola buca, grande quel tanto che bastava per deporvi il seme all’interno.
Il momento era giunto; Ben teneva il pericoloso embrione vegetale ancora nel contenitore, senza azzardarsi ad aprirlo prima del tempo, come se il solo guardarlo avesse potuto ucciderlo.
Prima di agire, volle dire alcune parole ai compagni -Ragazzi, questa è un’azione pericolosa, può sembrare una sciocchezza, ma ci si può rimettere la vita. Quindi è giusto che sia il più forte, il più coraggioso e il più importante di noi a compiere il fatidico gesto, perciò…-
I suoi compagni erano ammirati ed estasiati dalle sue parole, non credevano fosse capace di un discorso tanto solenne.
Ne erano certi, stava facendo la cosa giusta -…Va tu Bombo! Noi aspetteremo dietro il muro, in attesa del tuo trionfale ritorno- a mandare il più tonto del gruppo, che più degli altri si era bevuto il discorso.
-Certo. Me andare e tornare da eroe!-
I suoi compagni gli fecero il segno dell’ok e poi corsero dietro il muro, ma erano tutti convinti, malgrado non avessero il dono della telepatia, di pensare la stessa cosa “E’ stato bello conoscerti Bombo!”


Da quanto erano nascosti lì dietro? Solo pochi secondi, ma gli sembrarono un eternità; non si sentiva niente, forse Bombo aveva avuto una morta indolore.
Erano talmente convinti che il compagno fosse morto -Salve ragazzi, me tornato.- che quando lo videro lì accanto a loro pensarono di vedere il suo fantasma; i bolli scoppiarono, Clak rischiò un attacco cardiaco, Bu era letteralmente a pezzi e Ben era stupito oltre ogni limite.
-Come hai fatto a sopvavviveve?- la domanda dello snyakutz era praticamente istintiva, non pensava di rivederlo, o quantomeno di rivederlo tutto intero.
Ma come mai l’essere non si era ancora fatto sentire? Ben aveva un’ipotesi.
-Magari ha solo bisogno di tempo. Osserviamo la situazione restando a distanza di sicurezza.-
Quindi con molta cautela, i sette alzarono leggermente la testa per osservare, ma con le gambe già pronte alla corsa, perché ne avrebbero avuto bisogno sicuramente.
Ormai, ne erano convinti, mancava poco, e la creatura si sarebbe risvegliata. 



Salve a tutti! (schiva sedie e tavoli)
E andiamo, il capitolo non fa così schifo, se c'è l'avete con me per quello.
Non avendo niente da dire (non vi chiedo se vi piace perchè è una costante che si può anche omettere)
Ringrazio Nekon e Starvulpix95 per le loro recensioni (quest'ultima anche per aver messo la storia tra le seguite) e Libiky e BreakingLily per aver inserito la storia tra le seguite.
Alla prossima!

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Capitolo 5
*** Mostri giardinieri ***


Problemi nel sottosuolo
(cda: Zick coglie in flagrante Bombo mentre questi sta per prendere le sue scarpe dall’armadio con la bava alla bocca.) 


Ma da quanto tempo stavano aspettando?
Ormai non lo sapevano neanche loro, non riuscivano più a distinguere i secondi dai minuti, e i minuti dalle ore, anche se alcune ore erano passate di certo.
Secondo quanto Timothy gli aveva riferito, il baccello avrebbe dovuto metterci pochi secondi, massimo qualche minuto, per germogliare, allora come mai non si vedeva ancora nulla?
Nessuno di loro riusciva a dare una risposta a quel quesito comune, sta di fatto che cominciavano a sentirsi esausti.
Dicono che addormentarsi in missione sia una mossa stupida, specie se si tratta di una missione quasi suicida, lì è addirittura fatale, ma quei sette poveretti erano lì da ore, ad aspettare di vedere almeno un minimo risultato; anche una fogliolina, gli sarebbe bastato vedere quello per sentirsi appagati e motivati a svignarsela prima di finire male.
Ma non ebbero questa soddisfazione, il sonno li colse tutti e sette, e tutti e sette crollarono tra le braccia di Morfeo.


Un fallimento.
Avevano cercato per tutto il giorno, fino al tramonto, ma nessuna traccia del gatto scomparso.
Per Elena era un’autentica tragedia:il suo gattone era sparito nel nulla e non si trovava da nessuna parte.
Camminava a testa e sguardo bassi, triste e preoccupata per le sorti del suo amico a quattro zampe; odiava questa sua parte di lei, triste e malinconica, sembrava come se la lei energica, solare e maschiaccio sparisse completamente per non tornare più, finita in chissà quale angolo remoto della mente della ragazzina come a volersi nascondere per la vergogna.
Infatti lei, in quel momento, si stava vergognando:diceva sempre che avrebbe avuto cura del suo Sfruscio, che non gli sarebbe mai capitato nulla, ma con quale coraggio lo diceva se poi non riusciva nemmeno a stargli dietro.
Zick era addolorato da quella visione, si sentiva male a sua volta, non poteva vederla in quello stato.
Sentiva di essersi già affezionato a lei, quella ragazzina allegra e sorridente che sapeva usare le mani quando necessario, probabilmente perché era il suo opposto: lei allegra, spontanea, sorriso costante,capelli arancioni e brillanti e occhi di un castano chiaro e lucente, lui solitario, introverso, musone, capelli blu notte e occhi castano scuro.
Erano due facce della stessa medaglia, destinate a incontrarsi.
“D’altronde, chi ha mai detto che la regola “gli opposti si attraggono” vale solo per l’amore; come vale per l’amore, vale per l’amicizia.” pensò il ragazzo.
Adesso il problema era che avrebbe dovuto cercare di fare la parte dell’amico che solleva il morale,cosa che non aveva mai fatto:tutte le volte che era depresso c’erano sua madre, i mostri o, in alternativa, i nonni fantasma a consolare lui per cercare di fargli fare uno dei suoi rari sorrisi.
Ora si trovava in ruolo che non era suo, aveva paura di fare la mossa sbagliata e peggiorare ancor di più la situazione.
Ma era vero anche che non poteva vedere Elena in quello stato; tanto valeva fare un tentativo.
-Senti, Elena, mi rendo conto che sei triste perché non siamo riusciti a trovare Sfruscio, ma…questo non vuol dire che non sta bene, è possibile che…-, si bloccò quando si rese conto di non sapere come terminare la frase.
La ragazza, intanto, aveva alzato leggermente lo sguardo, ora fissò su Zick; lo capì subito, non sapeva come consolarla e questo non l’aiutava di certo.
Malgrado tutto, un piccolo sorriso spuntò sulle labbra di lei -Zick, so che stai cercando di farmi sentire meglio e ti ringrazio…ma questo non ci aiuterà a capire dov’è finito Sfruscio.-
Intravidero il tetto di villa Barrymore, casa di Elena era giusto accanto.
Si salutarono con ciao piuttosto strascicato, detto come per forza, dirigendosi ciascuno alla propria porta ed entrando in casa senza un briciolo di forze, spese per tutto il giorno a camminare senza interruzioni per una ricerca che era stata deludente.
Zick era talmente stanco che non ebbe neanche la forza di accorgersi che i mostri erano ancora davanti al muro del giardino di casa Patata a ronfare.
Purtroppo per lui, potè notare l’espressione accigliata di sua madre, ferma davanti all’entrata.
-Dove sei stato per tutto il giorno?-
“Accidentaccio, di bene in meglio.” Pensò il ragazzo, pronto per la ramanzina.


Senso di pesantezza alle palpebre, corpo gelatinoso intorpidito e speranza che in quel lasso di tempo qualcosa fosse accaduto.
Questo era quello che sentiva Ben Talak una volta risvegliatosi dal lungo sonno che aveva preso lui e compagni.
-Svegliatevi ragazzi!- gridò, tanto gli umani non potevano vederlo e sentirlo, non aveva nulla di cui preoccuparsi.
Una volta che tutti i mostri furono completamente svegli, e dopo aver pulito e aggiustato uno dei bracci di Bu, che Bombo aveva morso e masticato nel sonno, causando i lamenti dell’amico, Ben rivolse a tutti uno sguardo sicuro e trionfale -Preparatevi!Sicuramente, a quest’ora, il baccello sarà germogliato e per Elena Patata non ci sarà scampo.- si girò e indicò convinto davanti a lui -Guardate!-
E che cosa videro?
Un bel niente.
Erano passate delle ore, e ancora niente.
A questo punto era ovvio che c’era qualcosa che non stava quadrando.
Pensate poi alle espressioni dei sette, rasentavano il comico; Bu aveva letteralmente perso gli occhi, i bolli scoppiarono, Bombo, temendo di vederci male, si tolse gli occhi dalle orbite, li pulì e li rimise, Clak era a bocca aperta e Ben era ancora fermo in posizione, col dito puntato in avanti e l’espressione convinta in faccia; era ancora sotto shock.
Fu il commento del fratello Clak -Che schifo di baccello! Neanche fosse stato sotterrato con tutta la scatola.-, a ridestarlo.
Un istante dopo, Bombo si trovò sei paia di occhi, a metà tra l’annoiato e il furioso, puntati addosso.
-Bombo, l’hai tolto dalla scatola, vevo?!- Bu stava mentalmente pregando che la sua fosse solo una domanda retorica.
Ok, Bombo era scemo, ma addirittura fino a quel punto?
Indovinate cosa rispose -Ops.-
Rischiò seriamente di non superare la giornata.


Quella notte per Elena sembrava impossibile riuscire a dormire; teneva le palpebre chiuse, cercava di pensare alle cose più noiose possibili, ma il sonno non calava per lei.
Chiunque avrebbe potuto capire che il suo era un attacco di insonnia, in fondo, a chi non è mai capitato di non riuscire a dormire qualche volta?
I motivi che possono portare all’insonnia sono vari e diversi, in base probabilmente al tipo di persona anche; il motivo di Elena era la preoccupazione per il suo gatto scomparso.
Ora, chiunque possieda un gatto sa che deve imparare a conviverci; da un gatto ci si può aspettare di tutto, no?!
Malgrado gli inizi, che a volte sono un po’ complicati, poi ci si abitua a quella felina presenza in casa propria e nella propria vita.
Con il tuo gatto stabilisci un grande legame; diventate amici inseparabili, a volte arrivi a considerarlo addirittura come un fratello, un elemento della tua famiglia.
E, quindi, quando smarrisci il tuo gatto, perdi un membro della tua famiglia, un pezzo di te, non riesci a non pensare alla terribile ipotesi che potresti averlo perso per sempre.
A Elena era successo lo stesso con Sfruscio; aveva sette anni quando lui, ancora un cucciolo, nato da pochi mesi, era entrato nella sua vita.
Da quel momento, non si erano mai separati, facevano tutto insieme, tanto che Elena aveva preso l’abitudine di trattarlo come una sorta di diario vivente, rivelandogli segreti che non avrebbe mai detto neanche ai suoi genitori.
E ora, una parte di lei era sparita insieme a lui.
Visto che di riuscire a dormire non c’era storia decise di alzarsi, avviandosi verso la finestra e, una volta spalancata, venne investita dalla fresca aria notturna.
-Sfruscio…dove sei?- fu tutto quello che riuscì a dire, mentre osservava incurante il paesaggio esterno.


Elena non era l’unica ad essere sveglia quella notte; oltre a lei era sveglio anche un certo felino di nostra conoscenza che, a passi rapidi e silenziosi, si era diretto davanti casa Patata ed era salito sul muretto con un balzo.
Non era minimamente contento della visuale che gli si presentava; il prato era verde e integro come lo era stato quella mattina, eccezione per un viticcio spuntato come dal nulla.
“Sarebbe quella la fantomatica pianta digerente?!Il mostro famelico e crudele, che sbrana qualunque cosa gli si avvicini?!” malgrado all’esterno sembrasse calmo, sempre con la sua stoica espressione seria, dentro stava sclerando, e alla grande.
No!Sapeva che cos’era una pianta digerente, e quel ramoscello mezzo secco non lo era di certo.
Però, c’era qualcosa che non riusciva a convincerlo; ai mostri aveva dato il baccello affinché lo piantassero, e prima di farlo si era accertato che fosse integro e in salute, allora perché il risultato era quello?
L’unica soluzione era: quei sette idioti avevano fatto qualche errore durante la semina, il problema era capire quale.
“E’ possibile che…” una terribile illuminazione si fece posto nella mente del felino.
C’era un perché, ma se fosse stato quello allora… “No, non può essere, ma se così fosse…”, interruppe i suoi pensieri con una scrollata di testa.
Scese dal muro, attraverso il breve tratto di marciapiede che separava le due abitazioni, entrò dallo sportellino costruito appunto per lui e si diresse nel salone.
Si accovacciò al centro della sala, apparentemente addormentatosi di colpo, ma in realtà stava continuando a pensare.
“Se è davvero andata così, domani si vedranno i risultati. Inoltre, anche se Zick venisse a scoprire di questo…“incidente”, avrò sempre la facoltà di negare, o, all’occorrenza, scaricare la colpa sui quei sette; in un certo senso, è colpa loro in fondo.” E con questi pensieri si addormentò.
Non poteva saperlo, ma la sua ultima supposizione era corretta; nel sottosuolo di Oldmill, in mezzo alle fogne, nascosta al mondo di superficie, aiutata, oltre che dall’invisibilità, regola che tutti i mostri sapevano di dover rispettare, dal buio perenne che regnava in quei luoghi, la pianta digerente stava crescendo poco a poco, in attesa di essere pronta a colpire.


Un’altra giornata era arrivata anche per Oldmill e per i suoi abitanti; ognuno viveva la sua vita normalmente, come ogni giorno, inconsapevole del pericolo che stava proprio sotto di loro.
Non faceva eccezione neanche un certo ragazzino dai capelli blu ed uno sguardo perennemente annoiato, in quel momento occupato in una delle sua attività più comuni e, allo stesso, più odiate.
-BOMBOOOOOOOOOO!-
Eh sì, il caro mostro panciuto aveva colpito di nuovo.
Entrò cautamente nella camera del ragazzo, con un’aria da finto tonto stampata in faccia, non che per lui fosse difficile fare una faccia del genere.
-Zick avere chiamato?- chiese con un’impeccabile faccia di bronzo, consapevole del furto commesso, ma che cercava di dare l’impressione dell’innocentino.
Come se non bastasse, sulla faccia svettava l’occhio destro nero, un cerotto sulla guancia medesima ed altri sul resto del corpo, gentile concessione degli altri inquilini di casa Barrymore per ringraziarlo delle ore trascorse ad aspettare lo sboccio di un baccello che lui, “brillantemente”, aveva lasciato dentro la scatola mentre lo sotterrava.
Evidentemente quelle ferite non gli bastavano; Zick era capace di conciarlo ancora peggio se lo avesse fatto arrabbiare. 
-Non ho voglia di scherzare Bombo, ridammi le scarpe!- 
-Ma me non sapere dove sono scarpe di Zick.- disse Bombo, sperando di convincere il suo accusatore; venne però tradito dal suo stomaco, che mandò aria verso l’alto portando il simpatico mostro ciccione a sganciare un rutto talmente forte da fargli sputare il maltolto.
-Ah, non lo sai?!- chiese retoricamente Zick, che non riuscì a trattenere un verso di disgusto quando vide le sue scarpe completamente zuppe della bava, verde e appiccicosa, di Bombo.
Aveva già pronta una bella ramanzina, ma il mostro era stato più rapido e se l’era già svignata, in perfetto silenzio, cosa piuttosto incredibile per lui.
-Lasciamo perdere.- sospirò e si accasciò sul suo letto a peso morto -Diamine, il gatto di Elena sparisce e non si trova da nessuna parte, Elena ora è giù di morale e, inspiegabilmente, ne soffro anch’io, Bombo mi mangia le scarpe un giorno sì e l’altro pure e tra quattro giorni ricomincia la scuola. Non può andare peggio!-
Quante volte vi è capitato di dire “non può andare peggio” e poi le cose sono peggiorate?
Come a volerlo fare apposta, non appena finì di pronunciare quella frase la terra cominciò a tremare; non si trattava di una semplice scossa, ma di un autentico terremoto.
Trattenendo a stento un grido d’allarme, Zick cadde a terra a causa delle forti scosse.
Ripresosi dallo spavento iniziale cercò di rimettersi in piedi, ma le forti scosse gli impedivano di mantenere l’equilibrio.
I mostri si trovavano nella medesima situazione; discorso uguale per Greta e, per dirla in breve, per tutto il quartiere.
Botta di fortuna, provvidenza divina o di qualunque altra cosa fosse il merito, dopo trenta secondi d’inferno che sembrarono anni, d’altronde il tempo viene ritenuto tanto o poco a seconda delle situazioni, le scosse, così come erano iniziate, si placarono all’istante.
Zick potè finalmente rialzarsi e ringraziò il cielo che il tetto avesse resistito e non gli fosse crollato sulla testa; successivamente si concentrò su altro.
-MAMMA.- gridò scendendo le scale con prudenza, poiché il terremoto le aveva enormemente danneggiate, insieme a tutta la casa.
Tirò un sospiro di sollievo quando notò sua madre, sana e illesa, aggrappata alla porta della cucina, con gli occhiali storti e i capelli scompigliati; se fosse accaduto qualcosa a sua madre, non avrebbe più saputo come andare avanti; già era stato difficile superare la perdita di suo padre, e per questo ringraziava ancora i nonni fantasma, se avesse perso anche sua madre non si sarebbe più ripreso.
-Mamma, per fortuna stai bene.- 
-Zick, meno male che anche tu sei tutto intero.-
Accertatisi delle loro condizioni, madre e figlio uscirono dall’abitazione e, una volta fuori rimasero agghiacciati da ciò che videro; se la loro casa, tutto sommato, era stata fortunata, subendo danni facilmente riparabili, non era la stessa situazione per altri edifici del quartiere, completamente rasi al suolo o estremamente danneggiati.
Probabilmente c’erano stati dei feriti, o addirittura peggio.
Dal tetto di casa Barrymore, il colpevole, un certo gatto senza pelo, osservava, con gli occhi sgranati, quel orribile e terrificante spettacolo.
“Questa volta…l’ho fatta grossa.”


Angolo dell’autore:
E anche questo capitolo è andato; vi informo che, se finora vi sta piacendo, non avete ancora visto nulla.
Se non conoscete Monster Allergy, allora non avete idea di come si svilupperà il personaggio di Zick in seguito, né di come si svilupperà la trama, altrimenti potreste farvi un’idea.
Credetemi, c’è ancora molto, moltissimo da sapere, e questo è solo l’inizio.
E, comunque, anche Elena è un personaggio ancor tutto da scoprire; diciamo che, rispetto a Zick, ci vorrà più tempo, sicuramente non in questo capitolo della saga, per scoprire tutto il suo potenziale.
E’ meglio che la pianti con gli spoiler ^_^’
Ci vediamo! 

 
 

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Capitolo 6
*** Scoperte nelle fogne ***


Hola amigos! 
Sentivo l’impulso di un saluto spagnolo, ed eccomi tornato con il sesto capitolo di questa fanfic che, se le mie previsioni sono giuste(e pigrizia permettendo), sarà la prima di una trilogia per narrarvi la storia di Zick ed Elena e di tutte le avventure che hanno vissuto.
Un avviso che credo di non aver ancora fatto: all’inizio la storia potrà sembrare tipo il cartone, ma intendo cambiare alcune cose col passare dei capitoli, non nel senso di cambiare la storia, ma di darle un tono un po’ più cupo e dark, se posso dire così, mantenendo comunque un po’ dello stile comico che caratterizza la serie originale.
Nel precedente capitolo, avete visto quali sono stati i risultati del piano di Timothy, non certo quello che si aspettava; chi cercherà di porre rimedio al suo sbaglio? Sicuramente vi siete già fatti un’idea, perciò vi saluto, dandovi appuntamento all’angolo dell’autore.



Se il gatto sbaglia, è il padrone che ne paga le conseguenze.
(cda: Zick ed Elena spalle contro spalle. Ai loro piedi, un seccato Timothy viene leccato in faccia da un divertito Sfruscio.)

Paura? Forse un po’. Sconcerto? Sicuramente.
Si erano trasferiti da appena pochi giorni e già un terremoto, come se la sparizione del suo gatto non fosse già abbastanza, l’importante, comunque, era che non ci fossero vittime.
Era questo che passava per la testa di Elena mentre, insieme ai genitori, nel giardino di casa, osservava gli effetti causati dalla violenta scossa tellurica che, giusto pochi minuti prima aveva colpito il quartiere di Oldmill Villane, scuotendo la sua abituale quiete.
Grazie al cielo la loro casa, come quella di Zick, aveva avuto il tempo di notare, non aveva subito danni irreparabili, cosa che, purtroppo, non era avvenuta per altri edifici della zona: alcuni crollati in parte, alcuni danneggiati ma ancora in piedi, altri ancora crollati del tutto.
-Hey, cara, tutto a posto, vero? Il piccolo sta bene?- chiese un preoccupato Harvey alla moglie, del resto ne aveva tutte le ragioni, considerato la gravidanza della moglie che, per fortuna, si era solo presa uno spavento ed in quel momento aveva un po’ il fiato corto per la rapida corsa fatta per uscire di casa, al fin di evitare possibili crolli, e si limitò a rispondere –Tranquillo, caro. Nessun problema. Tu tutto a posto, vero Elena?-
-Tutto ok.- fu la rapida risposta della ragazzina, ancora leggermente scossa ma, comunque calmatasi dalla sorpresa iniziale.
Il suono di una sirena altisonante la informò dell’arrivo di un’ambulanza per prestare i soccorsi ad eventuali, più che altro certi, feriti.
Dando una rapida occhiata, si potevano vedere molte persone che cercavano di farsi spazio tra i detriti e le macerie, altre che scavavano nella terra, probabilmente cercavano amici o parenti rimasti intrappolati, con la speranza di rivederli vivi.


Dal tetto di villa Barrymore, ancora sbigottito di fronte al raccapricciante spettacolo che aveva di fronte e che aveva causato, il gatto Timothy non riusciva a spicciare parola.
Le cose gli erano completamente sfuggite di mano(o, è meglio dire zampa), il piano aveva fatto cilecca già in partenza, subendo un’inaspettata quanto dannosa modifica, i cui effetti erano visibili ovunque posasse lo sguardo.
-Timothy!- fu la voce del defunto Theo, arrivato sul tetto in compagnia della moglie, a ridestarlo dai pensieri che gli offuscavano la mente in quel momento.
Nella voce dell’ectoplasma c’era una nota di rimprovero, cosa che il felino parlante non mancò di notare; ciò, tuttavia, non lo scompose, semmai, gli fece riprendere la sua solita espressione seria e menefreghista, anche un po’ spocchiosa, prima che si voltasse verso i coniugi defunti.
-Sì?!- chiese con un’impeccabile faccia di bronzo, di chi sembrava estraneo ed incurante alla faccenda, che, tuttavia, non interruppe lo sguardo accusatorio che gli veniva rivolto.
-Hai idea di quale possa essere la causa di questo “terremoto”?!- chiese Tessa, anche se, più che una domanda, sembrava l’accusa di un processo che non attendeva altro che la confessione del colpevole.
I nonni Barrymore, infatti, avevano notato, il giorno prima, la piccola scappatella dei mostri nel giardino di casa Patata e la loro improvvisa passione per il giardinaggio; all’inizio non diedero molta importanza al fatto, pensando che avessero solo voglia di giocare un po’, ma il giorno dopo, quelle scosse avevano fatto nascere in loro il sospetto che, una volta data una controllata in soffitta, si rivelò fondato.
Sapevano bene che i mostri non avrebbero mai fatto una cosa del genere di proposito, neanche Bombo era tanto sciocco, a meno che, qualcuno non li avesse costretti.
-Mi dispiace, non ne ho idea.- peccato che quel qualcuno si ostinasse a non ammettere le proprie colpe.
-Non cercare di tirartene fuori, è inutile. Oltre a noi due eri l’unico a sapere dove era nascosto il seme, quindi, dato che i mostri ignoravano il suo nascondiglio, non puoi essere stato che tu!- colpito, Theo ci aveva preso.
-Supponiamo che sia così, cosa vi dice che sia proprio lei la causa di tutto questo disastro?- però, non ancora affondato, Timothy stava ancora cercando di tenersi a galla.
Uno dei suoi difetti era il suo orgoglio, che gli impediva di ammettere i suoi sbagli e non intendeva arrendersi neanche in quell’occasione.
-TIMOTHYYYYYYY!- l’urlo spaccatimpani di Zick, proveniente dalla soffitta, non prometteva niente di buono.
-Oh, scusatemi, ma sembra che la mia presenza sia urgentemente richiesta, magari riprenderemo il discorso un’altra volta.- occasione che il felino colse al volo per tirarsi fuori dagli impicci, o così credeva.
Avrebbe preferito restare sul soffitto per continuare a difendere la sua causa persa contro i nonni fantasma, rassegnatisi di fronte alla sua cocciutaggine, piuttosto che ritrovarsi davanti un paio di occhi castano scuro che lo fissavano come a volerlo fulminare al minimo movimento.
-Timothy, come hai potuto?- c’era una rabbia sommossa in quella voce che neanche lo immaginava.
-Se c’è l’hai ancora con me per quella volta che ti ho strappato i compiti, ti ripeto che è stato un incidente; e, comunque, li avevo letti prima, credimi ti ho fatto un favore.- cercò, per l’ennesima volta, di sviare il discorso, addirittura tirando fuori vecchi episodi un po’ imbarazzanti.
Zick si trattenne enormemente per non esplodere –E’ inutile che continui a fingerti estraneo…Bombo ha cantato!- infatti Zick aveva sentito uscire dalla bocca del mostro ingordo queste fatidiche parole –Me sperare non essere colpa nostra.- e, visto che gentilmente i mostri non volevano collaborare quando chiese spiegazioni, corruppe Bombo con un paio di scarpe; il bestione non resistette due secondi prima di cedere e confessare ogni cosa.
Ora era lì, di fronte al creatore di quella folle idea –Hai idea di che cosa hai fatto? Per colpa tua, mezzo paese è distrutto, un mucchio di civili sono rimasti feriti e potrebbero esserci anche dei morti, vuoi rendertene conto?!- quest’ultimo sfogo del ragazzo sembrò sciogliere un po’ la maschera di indifferenza del gatto spelacchiato, che ora sembrava leggermente affranto, forse resosi conto del gesto compiuto.
-Hai ragione, ho sbagliato; malgrado ciò, non possiamo fare niente, se non aspettare che la pianta digerente plachi la sua furia da sola.- non ritrovandosi d’accordo con l’ultima osservazione del suo animale domestico, il giovane prese la situazione in mano –Scordatelo, non resterò qui a non far nulla.-
-Non pensarci neanche, Zick, è fuori discussione!- la voce autoritaria di Tessa annunciò il ritorno dei suoi nonni, che, sentendo l’intenzione del nipote, decisero di intervenire –Ma non posso restare qui a non fare niente, sapendo qual è il problema; devo cercare di fare qualcosa.-
Theo, seguendo la moglie, continuò la discussione –Ascolta, ragazzo, capisco che tu voglia fermare quell’essere per impedire che qualcun altro si faccia male, ma una pianta digerente è un qualcosa che è fuori dalla tua portata, non potresti fare niente in ogni caso.-
-Nonno, nonna, so che siete preoccupati per la mia incolumità, e vi capisco, ma voglio tentare; visto che Timothy- e qui rivolse un’occhiataccia al desolato felino – non vuole far nulla, dovrò pensarci io, poiché sono l’unico a poter fare qualcosa. Tranquilli, tornerò tutto intero.-
Rendendosi conto che non avrebbe desistito in nessun modo, i due anziani lasciarono posto al ragazzo, che, prese le scale, tornò al pian terreno, dirigendosi verso la porta.
-Zick?! Dove stai andando?- la voce di Greta lo colse in fallo; doveva inventarsi una scusa per depistare sua madre.
Di certo non poteva dirle –Vado nelle fogne per fermare una pianta mostro, torno per cena.-, quindi optò per la scusa più ovvia –Vado a vedere se Elena sta bene…posso vero?-
Per fortuna sembrò che sua madre si fosse bevuta la scusa – Va bene, ma sta attento, potrebbe sempre esserci una seconda scossa.-
Quando però il figlio fu uscito di casa, mormorò un preoccupato –Speravo che questo giorno non sarebbe mai arrivato. Sarai contento ora!-
Però non era l’unica in ansia; Timothy e i coniugi Barrymore avevano tenuto d’occhio il ragazzo, dalla sua uscita di casa all’entrata nelle fogne passando per un tombino, augurandogli mentalmente buona fortuna.
“Scusa, Zick. Vorrei aiutarti, ma sono impossibilitato a lasciare questa casa.” fu il pensiero di Timothy, preoccupato come tutti gli altri.


Voi cosa pensereste se vi ritrovaste ad andare a “passeggio nelle fogne”? Uno schifo, pensereste magari, non avreste certo tutti i torti. E se ci aggiungessimo anche il fatto che soffrite praticamente di tutte le allergie del mondo? Andare in un posto del genere, in mezzo ad acque putride, ratti e chissà quant’altro suonerebbe come una sorta di condanna.
Ma, visto che non sembra abbastanza, oltre al fatto di essere nelle fogne e di essere allergici a tutto, metteteci pure che siete alla ricerca di un mostro vegetale che potrebbe prendervi e trasformarvi nella sua colazione nell’arco di qualche secondo.
“Che schifo di posto, che mi è saltato in testa quando ho deciso di venire qui?” pensò Zick usando lo spray antiallergico a causa dell’odore salmastro che aleggiava nell’aria.
Certo che con i mostri non ci si poteva mai annoiare, riuscivano sempre a tenere impegnate le tue giornate in un modo o nell’altro, anche se, quest’ultima novità se la sarebbe volentieri evitata.
Dopo aver camminato per alcuni minuti senza alcun risultato, il ragazzo decise di fermarsi per fare mente locale sulla situazione: il suo gatto aveva obbligato i mostri che vivevano abusivamente in casa sua a piantare un seme nel giardino di casa di Elena, questo perché la reputava una ficcanaso e temeva che lui avrebbe finito per lasciarsi sfuggire qualche parola di troppo; le cose, però, erano andate male, anzi, peggio del previsto, perché un certo idiota amante delle scarpe, meglio noto come Bombo, aveva piantato il seme al contrario e adesso nelle fogne della cittadina risiedeva una pianta famelica che si sollazzava creando terremoti e lui era lì da solo, senza un piano preciso, con tutte le allergie del mondo.
“Ripeto: che mi è saltato in mente quando ho deciso di scendere qui sotto?” rendendosi conto che in quella situazione avrebbe risolto poco, in un primo momento pensò di tornare indietro per organizzarsi meglio, così da tornare preparato, però, se avesse tergiversato ancora, la pianta avrebbe potuto far sentire la sua presenza e, forse, anche più pesantemente.
No! Doveva continuare; riprese il cammino facendo la più completa attenzione ad ogni movimento, ad ogni suono eppure, dopo una mezz’ora buona non trovò niente.
-Accidenti! Ben ha detto che una pianta digerente è un mostro di grande stazza, non può essere che sia sparita nel nulla, ammesso che quel bobak non mi abbia raccontato un’altra delle sue solite balle.- disse un Ezechiele Zick sempre più frustrato e stanco, e leggermente incavolato con un certo bobak viola perchè, probabilmente, gli aveva mentito in una situazione del genere.
Stava cominciando a non sperarci più di trovare il pericoloso vegetale, finché non vide qualcosa muoversi sul muro.
Aveva una forma serpeggiante dagli identici movimenti, ma osservandola più da vicino potè constatare che si trattava di una radice rampicante.
Era ovvio che appartenesse all’oggetto della sua ricerca, quindi cominciò a seguirla.
Osservandolo attentamente, Zick constatò che le dimensioni della radice erano davvero grandi, quanto un tronco più o meno, ed era solo una radice, figurarsi quindi le dimensioni della pianta in sé; non osò pensarci.
La radice svoltò, lui le andò dietro, ma, come per magia, la sua “guida” si era volatilizzata nel nulla.
Zick restò esterrefatto e immobile, chiedendosi come fosse possibile una cosa del genere.
Fu comunque abbastanza sveglio da notare la gigantesca ombra che apparve sul pavimento e in quel momento capì e fu abbastanza rapido da spostarsi, evitando così di venir schiacciato dall’enorme liana abbattutasi sul terreno lasciando un enorme solco stampato su esso.
Datosi una scrollata per riprendersi, si voltò e rimase paralizzato: di fronte a lui vi era un gigantesco essere, dotato di una miriade di radici che si agitavano frenetiche come fruste, solo molto più grosse e una miriade di teste rosse, identiche in tutto e per tutto a quelle di una pianta carnivora, lo stavano squadrando.
Cinque di queste, le più grandi, si innalzarono sulle altre, e parlarono all’unisono, come un’unica entità –Guarda guarda, hai schivato il mio colpo, significa che puoi vedermi. Poco male, è più divertente quando la preda oppone resistenza, mi dà più soddisfazione mangiarla.-
Rapidamente, una delle cinque teste scattò rapida, fauci spalancate e acquolina in bocca, ma il suo bersaglio fu mancato; con un’agilità che sorprese anche lui, Zick eseguì un salto all’indietro, evitando di finire in quelle mostruose tenaglie vegetali.
Chissà da dove aveva tirato quei rapidi riflessi, non era mai stato così reattivo ed equilibrato nei movimenti.
Decise di cercarla dopo una risposta a quel vantaggioso colpo di scena, pensando in primis a salvarsi la pellaccia.
Uno scontro diretto era fuori discussione; quell’essere poteva essere alto almeno cinque metri, con la forza avrebbe risolto ben poco, solo di rendere più facile la sua cattura.
“Devo farmi venire un’idea; pensa Zick, pensa!” stava martellando il cervello perché trovasse una soluzione, è sarebbe stato meglio per lui se l’avesse trovata in fretta, la pianta digerente era pronta per un nuovo attacco.


Angolo dell’autore:
A cosa è dovuto questo cambiamento che Zick sta subendo? Riuscirà a fermare la pianta digerente? O diventerà il suo pasto? Se volete saperlo, non vi resta che aspettare il prossimo capitolo.
Insomma, la pianta digerente è un essere violento e perennemente affamato, è impossibile spuntarla senza rimediarci un qualcosa di rotto, almeno, è così che la vedo io, Zick farebbe meglio a prenotarsi una camera in ospedale, potrebbe servirgli. Comunque, le cose dovranno ancora attendere prima di farsi davvero serissime, quindi, almeno per ora, ancora niente sangue o ossa rotte.
Con questo vi dico temporaneamente ciao.

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Capitolo 7
*** Quando basta un nodo ***


Buongiorno, salve a tutti quanti ^_^!(Sono particolarmente di buon umore, si nota ?!). Eccolo qui, il nuovo capitolo di “Monster Allergy:come tutto ebbe inizio!”
Come avrà notato chi ha letto i precedenti capitoli, l’entrata in scena della pianta digerente è stata più…violenta; credetemi, nessuno di voi vorrebbe ritrovarsi al posto di Zick; chissà che si è fumato per andare ad affrontare, così su due piedi, una bestia vegetale e mortale come quella(Zick-Che mi sono fumato?! Sei tu l’autore di questa farsa, è tua la colpa se ora rischio di diventare un antipasto -_-). Riuscirà a salvarsi, o diverrà uno spuntino? (Zick mi fa il gesto delle corna.) Leggete il capitolo per vedere come verrà risolta questa spinosa questione.




Una battuta di troppo.
(cda:Timothy osserva pensieroso il tramonto dal tetto di casa Barrymore.)




Edifici distrutti, persone ferite portate via dall’ambulanza con la speranza di poterle ancora salvare, i morti che venivano coperti con delle coperte, bambini che piangevano; questo è molto altro appariva davanti agli occhi di un Timothy sempre più sconcertato.
In un primo momento non aveva dato molto peso alla cosa, ma in quel momento, mentre osservava, dal salotto di casa Barrymore, il grande disastro che era stato causato dalla pianta, si rese conto di aver cercato di fare il passo più lungo della gamba(o, nel suo caso, zampa).
Nel tentativo di agire per il bene di tutti, aveva finito per non pensare lucidamente e essere avventato.
-Ora ti stai rendendo pienamente conto di cosa hai causato?- i nonni fantasma, sempre accanto a lui, avevano un tono di voce non più arrabbiato, ma estremamente preoccupato, costretti nella più completa ansia pensando al loro nipotino, in quel momento tutto solo nelle fogne a vedersela contro una pianta strafatta di concime e di pessimo carattere.
-Timothy, perché non vai a dare una mano a Zick, il tuo aiuto sarebbe prezioso! Il ragazzo non può farcela da solo, lo sai anche meglio di noi!- malgrado Theo lo avesse appena implorato, il gatto, su questo punto, era fermo e irremovibile.
-Mi dispiace, so benissimo che Zick non ha ancora le capacità per affrontare una pianta digerente, ma so anche che se lasciassi la casa ci sarebbero delle ripercussioni molto pesanti, immagino sappiate di che parlo?- certo che lo sapevano, chiunque avesse collegamenti col mondo dei mostri sapeva certe cose e i nonni fantasma non erano da meno.
-Ma Timothy, non pensi al mio nipotino, ha tutta una vita davanti e tu lo hai mandato a farsi ammazzare!- quello che Tessa lasciava trasparire era il classico amore di una nonna per il proprio nipote, figurarsi poi quanto può voler bene al suo nipote se è l’unico che ha; solo perché era un fantasma, altrimenti sarebbe già corsa all’inseguimento di Zick, se non per dissuaderlo, aveva capito che Zick era testardo come i suoi genitori, almeno per aiutarlo.
Ma, nonostante una Tessa sul punto di piangere e un Theo nervoso all’infinito, il felino senza pelo non intendeva concedere niente -Per l’ennesima volta, non posso fare niente! Inoltre, anche se ho detto che Zick non ha sviluppato ancora le sue capacità, non dico che sia destinato ad una morte atroce,…- oltre ad una grande serietà, nella voce del gatto c’era ora anche una gran fiducia, sentiva che Zick sarebbe tornato e che lo avrebbe sicuramente tartassato di domande, ma ne sarebbe valsa la pena -…Quale modo migliore di imparare se non direttamente sul campo?!-
Su quell’ultima sentenza i due spettri rimasero alquanto confusi: dal tono di voce e dal sorriso sicuro, sembrava che quella di non poter uscire dalla casa fosse solo una scusa che Timothy stava usando per nascondere altri motivi.
“Scusa, Zick, potrei anche venire ad aiutarti, ma perché non approfittare della situazione; non preoccuparti, se riterrò necessario farlo, interverrò io. Intanto tu prosegui col tuo addestramento, la pianta digerente è un ottimo… “test d’ingresso”, non credo ci sia un modo migliore per iniziare a fare sul serio.” Una secca scossa di terremoto fece un rapido seguito ai pensieri del felino, ma stavolta era diversa dalla precedente, infatti al centro della strada si stava creando un solco verso l’alto in continuo movimento, come se ci fosse qualcosa, di sotto, a spingere.
Non c’era bisogno chiedere, sapevano perfettamente cosa significavano quelle scosse.
I due spettri incollarono (si fa per dire) i visi al vetro, continuando a osservare sconvolti quel tragico spettacolo; Timothy invece ghignò -Comincia il secondo round!-


Le scosse telluriche che stavano scuotendo e ribaltando tutta Oldmill erano causate, anche se i cittadini normali non potevano certo saperlo, dalla pianta digerente, che in quel momento stava inseguendo la sua preda, un ben noto ragazzino con i capelli blu, per l’intero labirinto fognario.
In un modo o nell’altro, Zick riusciva a tenere le distanze dal mostruoso vegetale, aiutato anche dall' ingombrante mole di quest'ultimo e dalle sue numerose teste, che ostacolandosi l’un l’altra a causa del ristretto spazio, intralciavano la caccia del mostro .
Il giovane, tuttavia, non poteva resistere in eterno, doveva cercare una soluzione per fermare la pianta, senza ovviamente rimetterci la pelle e in quel momento, non appena si fu voltato un istante per osservare la sua inseguitrice, nella sua mente si accese la lampadina che avrebbe potuto decretare il suo successo.
“Ma certo, le teste non hanno un unico cervello, questo spiegherebbe perché non riescano ad evitarsi malgrado lo spazio angusto; mi sono lasciato ingannare dal fatto che hanno la stessa voce, che stupido!” questo il pensiero del ragazzo che, con grande sorpresa del mostro, si bloccò voltandosi di scatto verso di lei.
-Cos’è, piccola preda? Ti arrendi di già? Speravo di divertirmi di più con te…bè, poco importa.- insomma, la pianta era convinta di aver appena guadagnato un pasto, ma le successive parole di Zick facevano intendere che avrebbe dovuto sudare ancora e pure molto -Credimi, il bello deve ancora venire.-
Era inconcepibile per lei! Quel piccolo umano aveva il coraggio, anzi la faccia tosta, non solo di non aver paura di lei, ma addirittura per sfidarla a muso duro; un affronto che doveva subito finire e lo scatto della testa più grande in affondo fu il primo colpo.
Primo colpo che non andò a segno: grazie ad una schivata laterale, Zick evitò l’enorme testa scattata verso di lui e, una volta rialzatosi, andò volutamente a posizionarsi sotto il tiro di un’altra che non si fece pregare per dargli addosso a fauci spalancate.
Zick schivò anche quell’attacco, continuando a spostarsi per evitare anche i successivi affondi del vegetale, che, agendo in preda alla rabbia per l’affronto subito, continuava ad attaccare senza uno schema preciso, senza rendersi conto di stare, sempre di più, cascando nel tranello del ragazzo.
I suoi continui attacchi avevano portato le sue teste a intrecciarsi in ogni dove, ma lei, o loro, non se ne stava rendendo conto, accecata dalla rabbia e dalla fame. Il piano di Zick proseguì alla grande, una volta accertatosi di averla fatta intrecciare un nodo abbastanza complicato, corse in avanti, sotto la traiettoria della testa principale che, continuando a non sospettare nulla, gli andò dietro.
Quando credeva di essere vicina, si ritrovò con una brutta sorpresa: era vicinissima, la bocca aperta, pronta a chiudersi sulla sua preda; non potè prendersi quella soddisfazione, poiché aveva appena dato il tocco finale per completare il nodo rampicante, cosa che la bloccò sbattendola a terra.
Quanto la pianta diede uno scossone alla sua testa dominante per permetterle di riprendersi, rimase scioccata quando, nel voltarsi, constatò di essere cascata in un trucco da dilettanti: quel dannato ragazzino si era fatto inseguire per far attorcigliare le sue teste tra di loro in un complicatissimo nodo che le stava addirittura dando problemi di respirazione.
-Maledetto moccioso, te la farò pagare!- minacciò la pianta, anche se, data l’assurda posizione che aveva involontariamente assunto, non riusciva a sembrare minacciosa.
Zick si lasciò andare ad un sorriso soddisfatto -Tsk…non credo che tu sia nella posizione ideale per minacciarmi, vegetale.- ma il suo sorriso fu ben presto sostituito da un espressione seria, di chi non ammette scherzi -E adesso…dimmi: chi è stato a liberarti, permettendoti di girare libera per le fogne? E’ stato Timothy, ho ragione?- in realtà era ben consapevole della colpevolezza del suo gatto, ma la testimonianza del mostro stesso avrebbe fatto sì che il felino non campasse, eventualmente, altre scuse.
-E io che cosa ne so? Quando mi sono risvegliata ero già nelle fogne, non ho idea di chi mi ci abbia portato.- biascicò con fatica il mostro, causa aggrovigliamento di rami.
Zick a quel punto lanciò un sospiro; niente prova definitiva per incastrare definitivamente il gatto spelacchiato -D’accordo. Non ho altro da dirti, ti saluto.- ed era intenzionato ad andarsene sul serio e lasciar perdere il resto; d’altronde, ora la pianta digerente era in una posizione in cui non le sarebbe stato possibile far del male ad altre persone, nessuno rischiava più niente.
-Aspetta! Prima d’andartene, ragazzino, rispondi alla mia domanda: com’è che riesci a vedermi?- domandò la pianta, almeno voleva capire da chi era stata battuta.
Peccato che Zick avesse più dubbi di lei al riguardo; non era la prima volta che si poneva quella domanda, ma ogni volta non riusciva a trovare una risposta che potesse soddisfare il suo quesito.
Chi era lui, cos’era davvero? Perché i suoi coetanei non vedevano i mostri e soltanto lui sì? 
Alcune volte aveva provato a chiedere ai suoi nonni, in caso sapessero la risposta, ma loro si limitavano a restare sul vago e alla fine la sua testa era sempre piena delle stesse domande irrisolte.
Ma poi, si ritrovò a pensare, chi se ne importava di cosa voleva quella pianta, aveva cercato di mangiarlo, dopo aver ucciso delle persone senza motivo; lui non le doveva alcun favore.
-Addio!- pronunciò in tono ben marcato, tanto per rendere chiaro che la questione sarebbe finita lì, per lo meno, per come la pensava lui.
Mentre lo vide svoltare verso destra, sicura che non potesse più vederla, la pianta cominciò a sogghignare da ognuna delle sue teste “Non è un addio, è solo un arrivederci, te lo garantisco…eheheheheheh.” Era questo che pensava la pianta e intanto i suoi rami avevano cominciato a districarsi tra loro.


Il problema era risolto, la pianta sarebbe rimasta intrappolata nel suo nodo per molto tempo, sperabilmente per sempre, così nessun innocente avrebbe più rischiato la vita; tutto quello che doveva fare era tornare a casa e dire a sua madre che si era trattenuto più del previsto a casa di Elena per assicurarsi che non ci fossero problemi e la questione si sarebbe risolta lì.
In un istante però Zick si immobilizzò, passando dalla certezza all’incertezza: che avrebbe raccontato nel caso in cui sua madre avesse dovuto fare ad Elena delle domande al riguardo? Lei avrebbe detto che lui non si era fatto vivo e sarebbero sorte domande e dubbi.
Assolto com’era nei suoi pensieri, non si rese conto che qualcuno gli si stava avvicinando alle spalle e, non appena sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla, si voltò di scatto con un grido e sferrando un pugno verso il misterioso assalitore; per fortuna fermò il pugno poco prima che colpisse il volto di Elena, che continuava ad osservarlo con uno sguardo a metà tra l’annoiato e l’arrabbiato.
-Vacci piano, karate kid, sono solo io!- esclamò la ragazzina di fronte al blu ancora sorpreso di vederla lì.
-Elena?! Che diavolo ci fai qui?- chiese con leggera irritazione, infilandosi l’inalatore in bocca e premendo lo spray per calmare un attacco di allergia.
-Che ci faccio io qui?! Io dovrei fare a te questa domanda! Ti ho seguito non appena ti ho notato scendere qui sotto.- rispose la ragazzina, se possibile ancora più irritata di lui, cioè, lei andava a cercarlo perché, anche se non lo avrebbe ammesso, si era preoccupata e lui le parlava con sufficienza.
-Cosa faccio io non sono affari tuoi…e ora torniamo in superficie!- continuando a mantenere lo stesso atteggiamento, Zick riprese a camminare, intenzionato a cercare il tombino più vicino, ma se sperava davvero che Elena avrebbe lasciato correre, si sbagliava di grosso.
-Niente da fare, bello, io non mi muovo di qui finché non mi dai una spiegazione!- e mettendosi a braccia incrociate e con i piedi ben fermi, fece intendere che diceva sul serio, era una gran testarda, sicuramente più di lui.
-Elena, dobbiamo andarcene, potrebbe essere pericoloso restare qui sotto.- cercò immediatamente di dissuaderla dalla sua decisione; la pianta digerente era pur sempre li vicino, seppur bloccata e avrebbe sempre potuto tentare qualche colpo di testa(e sarebbe stato un problema, considerato quante teste ha).
-Io non mi muovo di qui finché non mi spieghi che sta succedendo!- esclamò la ragazzina con voce decisa e piglio di chi non accetta repliche; alla fine, sulla testardaggine, riusciva sempre a stargli davanti.
Certo, si ritrovò a pensare lui, che la depressione per la perdita del suo gatto le era passata in fretta ed era tornata più spigliata e dinamica di prima, peccato che fosse il momento meno adatto per farlo.
Per quanto non avrebbe voluto, Zick rifletté che l’unica soluzione fosse dirle come stava la situazione in realtà: la pianta era pur sempre dietro l’angolo(letteralmente) e non voleva che Elena corresse rischi inutili.
-D’accordo Elena, ti racconterò ogni cosa!-


“Allora: hai scoperto qualcosa?”
Dopo essersi congedato dai nonni fantasma ed essersi assicurato che nessun mostro impertinente lo avesse seguito mentre si rintanava nuovamente in soffitto, Timothy chiuse gli occhi e iniziò a pensare; quella domanda sembrava rivolta a se stesso, considerato che la stava pensando e che era da solo. 
Ma ormai avrete sicuramente capito che Timothy non è certo un normale gatto, quindi immagino non vi sorprenderà sapere che la sua domanda ebbe una risposta.
“Mi sono fatta catturare; era l’unica soluzione possibile, per scoprire i dettagli più importanti del loro piano.” Quella che rispose era una voce femminile, ma era estremamente flebile e bassa, come se cercasse di non farsi sentire e, considerando quello che aveva appena detto, era del tutto plausibile quest’ipotesi.
“Allora, di che si tratta?” domandò un Timothy estremamente serio; se era davvero come temeva, le cose non avrebbero fatto altro che peggiorare di lì a poco.
“Mi spiace, Timothy, ma le guardie stanno tornando. Non ho tempo a sufficienza e sono in troppi per cercare di evadere; non ho nessuna speranza di farcela da sola!”; accidenti, si ritrovò a pensare, l’ennesimo imprevisto, di fronte al quale il senza pelo dovette agire tempestivamente.
“D’accordo, ho capito! Cercherò di trovare una soluzione, tu non ti azzardare a fare qualche imprudenza, già ti sto facendo correre troppi rischi per aver abbandonato la tua oasi di detenzione. Ci risentiamo tra una settimana!” e detto questo, il felino interruppe il contatto telepatico.
La situazione si era ancora più complicata; a quanto pareva, l’addestramento di Zick avrebbe dovuto subire una brusca accelerata e l’unico modo per dare questa accelerata…era portarlo da lui.


Stava calando il sole su Oldmill e due figure, corrispondenti a Zick ad Elena erano in cammino verso le rispettive case; regnava un silenzio che, per Elena, aveva dell’imbarazzante: del resto, per una come lei, dotata di grande parlantina, era davvero insolito restare zitta, il problema era che a Zick non sembrava interessare nessun argomento.
Non trovando modo di attaccare un discorso si diede un’occhiata in giro, sospirando tristemente, vedendo il paesino mezzo distrutto, cercando di non pensare al fatto che, per colpa della pianta digerente, sempre che Zick non le avesse mentito, alcune persone ci avevano rimesso la vita e altre correvano il medesimo rischio.
-E’ davvero una fortuna che tu sia riuscito ad intervenire, almeno così la situazione non rischia di peggiorare!- disse, rivolgendo al blu un sorriso incoraggiante che, tuttavia, non sembrò intaccare il suo sguardo glaciale e serio.
-Già! Adesso Timothy avrà un bel paio di cose da spiegarmi.- quest’ultima frase era riferita più alle domande che Zick si portava dentro; domande che Zick cercava di ignorare ma che la pianta aveva riportato a galla.
-Che c’entra il tuo gatto con questa storia, se posso chiedertelo?- in effetti, questo Zick non gliel’aveva detto: il suo gatto era coinvolto in quella faccenda?!
-Bè…ho dimenticato di dirti che ha dato lui l’ordine ai mostri di casa mia di seppellire il seme della pianta digerente, solo che ne ha perso il controllo ed è successo…quello che vedi.- rispose, riferendosi chiaramente ad un Oldmill Village che ci avrebbe messo parecchio tempo per curarsi le ferite.
-E come sai che è stato lui?- chiese Elena, sempre più confusa.
-Ci ho parlato! Non avrei mai creduto che Timothy potesse fare una cosa del genere, finora mi sono sempre potuto fidare di lui, ma a quanto pare…-
-Pfffffff…AHAHAHAHAHAH!- la spiegazione di Zick venne interrotta dalle risate della ragazzina, che inizialmente aveva cercato di trattenersi, ma alla fine non c’era riuscita.
-Parlava con te?! E come? Miagolava in morse?! AHAHAHAHAHAHAH!- non voleva prenderlo in giro, era solo che dal suo punto di vista la cosa era piuttosto comica e non si poteva biasimarla, lei ci stava solo scherzando un po’ su per risollevargli un po’ il morale; purtroppo, però, lui non la vide nella stessa maniera.
Con sguardo affranto e deluso, Zick si diresse a passo spedito verso casa, distanziando Elena.
-Zick?! Aspetta! Ho detto qualcosa di sbagliato?- gli si avvicinò per cercare di capire il suo improvviso cambio d’umore, ma uno sguardo glaciale da parte di lui bastò a fermare ogni suo proposito; era la prima volta che gli vedeva quello sguardo freddo in volto, non era uguale a quelli che le aveva rivolto fino a quel momento, era crudele e sembrava ordinarle di stare alla larga.
Nessuno dei due proferì più parola fino all’arrivo alle loro case.
-Ciao, Zick.- ma, come aveva temuto, lui non rispose, camminò spedito e rientrò in casa senza fiatare. 
Elena rientrò in casa estremamente avvilita, sotto gli occhi di Timothy, che ancora una volta aveva assistito alla scena dal tetto di casa Barrymore.
Il suo volto si lasciò scappare un sorriso soddisfatto -Almeno, sembra che un problema sia risolto.-






Angolo dell’autore:
Non so come la pensate voi, ma non sono pienamente soddisfatto di questo capitolo, forse poteva venirmi meglio!
Ad ogni modo, Zick si è sbarazzato della pianta digerente relegandola nelle fogne di Oldmill; ma vi avviso già adesso, essa sarà fuori gioco solo temporaneamente, non ha ancora mostrato il suo lato peggiore, a malapena ha mostrato il migliore, siamo onesti, qui Zick è ancora all'inizio, non potevo dargli grossi problemi fin da subito.
E, come avete letto, Timothy non è rimasto con le mani in mano come sembrava, anche lui sta cercando di organizzarsi per qualcosa su cui non intendo dare indizi di alcun tipo, almeno in questo capitolo e mi sa non ne darò neanche nel prossimo.
Tanto poi capirete in cosa Zick sta andando a cacciarsi, e se il suo rapporto con Elena, incrinatosi di colpo, riuscirà a ripararsi.
Questo, e molto altro, su “Monster Allergy:come tutto ebbe inizio!” 

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Capitolo 8
*** C'è chi comincia a tramare. ***


Confronto madre-figlio.
(cda: Greta Barrymore si prende cura delle piante della serra, sotto gli occhi curiosi del piccolo Zick.)
 
 
Oldmill Village era il quartiere più antico di tutta Bigburg, aveva una lunga storia alle sue spalle, una storia che aveva visto il progresso del resto della città ma che aveva deciso di non seguirlo eccessivamente, mantenendo ancora qualche contatto col passato.
Era un quartiere normalissimo, almeno apparentemente, non era mai accaduto niente degno di nota, fino a quel giorno.
Il terremoto che nell’arco di pochissimo tempo aveva messo la cittadina in ginocchio non era certo passato inosservato, anzi, era sulla bocca di tutti.
Per Oldmill fu il colpo più duro che avesse mai ricevuto in tutta la sua storia; mai erano avvenuti eventi di quella portata, motivo per cui tutti furono impreparati dinanzi alla catastrofe.
Quello che gli abitanti potevano fare era rialzarsi dal disastro, per quanto la cosa fosse tutto fuorché facile, superare la tragicità di quell’evento e ricominciare.
E’ difficile riprendersi da un terremoto, ma lo è ancora di più quando sai che tutto quello che è successo, tutto ciò che è stato distrutto, tutte le persone che hanno perso la vita, è successo per ben altra causa.
Greta Barrymore aveva capito che suo figlio era turbato (del resto, chi meglio di una madre può capire il proprio figlio?) in base a molte cose: dopo essere tornato a casa non aveva spicciato parola, certo, Zick non era mai stato un chiacchierone, ma non era certo un convertito al mutismo; a cena non aveva toccato cibo e, come se non bastasse, quando al telegiornale avevano dato la notizia che la scuola di Oldmill sarebbe rimasta chiusa ancora per un mese per consentire le opere di riparazione causate dal terremoto non aveva espresso un minimo giudizio; il solito Zick avrebbe lanciato un commento cinico-sarcastico del tipo “Tsk, il lato positivo della disgrazia.”, ma non era successo.
-Senti, Zick, è successo qualcosa oggi? Sai che con me puoi parlarne.-
Ma il figlio era ancora chiuso in quello stato di depressivo silenzio, ignorò la domanda della madre e andò in camera sua.
La donna in quelle occasioni non riusciva proprio a capirlo: perché si ostinava a tenersi tutto dentro? Pensava forse di dover risolvere da solo tutti i suoi problemi?
In tutta onestà, lei non accettò quest’idea.
Fu per questo che, pochi attimi dopo, si diresse a passo spedito verso la camera del figlio; lo trovò seduto in un angolo ad osservare il cielo fuori dalla finestra.
Aveva uno sguardo più assorto del solito, il che lasciava intendere che avesse ragione sul suo precedente pensiero.
-Ezechiele Zick!- a quel richiamo il ragazzino si voltò con un’espressione leggermente irritata; odiava essere chiamato per nome, sapeva che in quel modo avrebbe ottenuto la sua attenzione.
-Ascoltami bene e guai a te se mi ignori di nuovo, sono sempre tua madre.- lo richiamò severamente, ma nel suo tono di voce si sentiva anche un accenno di implorazione, da quello lui capì che la madre lo stava pregando di ascoltarla.
Greta andò a sedersi sul letto del figlio facendogli cenno di sedersi accanto a lei; lui preferì restare raggomitolato nel suo angolo e poggiare le braccia sulle ginocchia.
-Allora, qual è il problema?- chiese la donna, restando leggermente ferita dal fatto che il figlio avesse preferito starle lontano.
-Niente di importante.- rispose freddo lui, cercando chiaramente di chiudere quel discorso in fretta, ma venendo fulminato dallo sguardo della madre.
-Lo capisco quando sei turbato da qualcosa, stai mentendo dicendomi che è tutto a posto. Per favore, dimmi cos’è successo.- e stavolta non avrebbe ammesso rifiuti.
Zick si ritrovò costretto a sospirare, non sarebbe riuscito a farla franca quella volta, se sua madre si intestardiva su qualcosa, sapeva essere più caparbia e paziente di lui, magari parlarle l’avrebbe davvero aiutato.
-Mamma, più volte mi è capitato di essere preso in giro per il mio aspetto, ma questo già lo sai.- cominciò il ragazzo, cercando di allungare il discorso, come se si vergognasse di arrivare al nocciolo della questione.
Lei sospirò comprensiva, ricordava che sin da quando il figlio andava all’asilo era stato bersagliato dai suoi coetanei per i suoi capelli o il suo colorito pallido, ma Zick era sempre stato un bambino dal carattere forte.
-Certo che lo so, ma era come se fossi cosparso d’olio, tutto ti scivolava addosso senza lasciarti alcun segno. Hai sempre dimostrato una maturità incredibile per la tua età, questo mi ha sempre sorpreso. Sai, hai preso da tuo padre sotto questo aspetto, anche lui aveva sempre avuto una grande capacità di sopportazione.- spiegò lei, leggermente affranta nel rievocare il ricordo del marito scomparso.
Sentì gli occhi lucidi a quel pensiero, ma si sforzò di non piangere, doveva consolare suo figlio, non essere consolata.
-Comunque, cosa volevi chiedermi?- lo incitò poi a continuare.
Zick aveva notato la titubanza che la madre aveva avuto per qualche attimo, ma preferì non fare domande, per non rischiare di sviare il discorso e per non farla star male.
-Beh, come tu stessa hai detto, non ho mai badato più di tanto ai nomignoli o agli scherzi degli altri, per questo vorrei chiederti: perché dovrei soffrire di una cosa che mi è capitata più e più volte, senza mai scalfirmi, solo perché mi è capitata con una persona in particolare?- chiese, sperando infine che la madre non capisse chi fosse quel qualcuno in particolare.
La donna sorrise lievemente.
Aveva capito subito che la persona interessata era una certa ragazzina con i capelli arancioni e il naso a patata, ma il figlio era troppo orgoglioso per ammettere di aver avuto una discussione con lei e che la cosa lo aveva fatto soffrire.
Non aveva avuto modo di conoscere bene Elena e non era mai stata una donna che si fidava della prima impressione, eppure sentiva che quella ragazzina era diversa dagli altri coetanei del figlio.
Magari Zick aveva solo frainteso, credendo che anche lei, come altri prima, si volesse prendere gioco di lui. E lì capì anche che Zick non era così “impermeabile” come sembrava: forse essere bersagliato non lo faceva arrabbiare, ma di sicuro lo aveva reso sospettoso verso chiunque, portandolo a non concedere fiducia a nessuno.
Ma era convinta che Elena potesse essere la persona che avrebbe aiutato suo figlio ad uscire dal guscio.
-Evidentemente, Zick, tieni molto a questa persona… e sono convinta che anche lei tenga molto a te. Il fatto è che, forse, siete apparentemente diversi, per questo non riuscite ancora a comprendervi subito. E’ solo questione di tempo figliolo, dovete solo trovare la giusta intesa.-
La donna si alzò e si apprestò ad uscire dalla stanza, fermandosi un attimo sullo stipite della porta.
-Parla con lei non appena ti sentirai di farlo, se agisci troppo in fretta potresti far si che le cose tra voi due diventino irreparabili.- fece l’occhiolino al figlio in segno d’intesa e poi lo lasciò da solo a riflettere.
Zick fissò per qualche istante il punto dove prima si trovava sua madre, ancora stupito di come fosse riuscita, con poche parole, a farlo star meglio e a fargli rendere conto di essere stato troppo frettoloso nel giudicare.
Forse era stato troppo impulsivo nel momento in cui aveva volontariamente allontanato Elena da lui, non aveva pensato se fosse davvero il caso di reagire in quel modo.
Non riusciva ancora a considerare Elena un’amica, ma sentiva che non voleva rischiare di mandare in frantumi, ancor prima che fosse realizzato, il rapporto che stava nascendo tra loro due.
Prese una decisione: la mattina dopo sarebbe andato a parlarle.
 
 
Poteva dire di aver visto abbastanza per quel giorno.
Era ormai da tempo che lo pedinava, mai era accaduta qualcosa in quegli anni, in quei sette lunghi anni.
Più volte era andato li per spiarlo e vedere se potessero esserci dei fatti degni di nota e non era mai accaduto nulla che fosse meritevole di considerazione.
Fino a quel giorno.
Pensava che sarebbe morto, che avrebbe fatto una fine orrenda e miserabile, non che ne avrebbe sofferto, ma il suo signore avrebbe sicuramente avuto da ridire.
Si era salvato, invece, e aveva addirittura risolto il problema che gli si era parato davanti; in realtà, lo aveva risolto solo temporaneamente, non si era reso conto che il suo avversario era stato messo fuori gioco solo per un lasso di tempo limitato.
Ma si trattava solo di un errore dovuto all’inesperienza, questione a cui il suo signore avrebbe potuto facilmente porre rimedio.
Poteva essere un’ottima pedina per i piani del suo padrone, questi sarebbe stato felicissimo di saperlo.
Fu con questi pensieri che il piccione con tre occhi, appostato su un albero nei pressi di casa Barrymore, si rimise in volo per dirigersi verso la sua destinazione.
C’erano parecchie cose da dire, di certo non avrebbe tralasciato dettagli.
 
 
-Timothy, vuoi spiegarmi dov’è che stiamo andando?- sbuffò irritato il ragazzino dai capelli blu, trattenendo a stento uno sbadiglio.
Non era stato affatto contento di essere stato svegliato nel cuore della notte dal suo gatto, che l’aveva costretto a montare in bici (Timothy aveva occupato il cestello) e a pedalare verso chissà quale destinazione.
Il ragazzo non aveva ancora sbollito la rabbia nei confronti del felino, dopo che questi aveva involontariamente sguinzagliato la pianta digerente nelle fogne di Oldmill causando il disastro che avrebbe fatto sentire i suoi effetti ancora per parecchio tempo.
-Ti spiegherò tutto a tempo debito, ma non ades… GUARDA LA STRADA!- urlò il gatto senza pelo quando notò che il suo “padrone” stava rischiando di deragliare per aver distolto lo sguardo ed essersi concentrato su di lui.
Zick frenò di colpo, rischiando di proiettare il felino a razzo in avanti.
-C’è mancato, cerca di stare più attento.- il passeggero riprese severamente il guidatore.
-Disse colui che ha causato un terremoto. Senza contare che mi hai svegliato nel cuore della notte, è normale che mi si chiudano gli occhi. In questo caso poi è sempre colpa tua.- rispose a tono.
-Colpa mia?!-
-Se tu non mi tenessi così sulle spine, non mi distrarrei.-
In quel momento erano fermi sul ciglio della strada a litigare, per fortuna di Zick erano soli, sai che figura a vederlo discutere con un gatto.
-Allora, ripartiamo?-
Zick però non ci stette.
-Scordatelo, o mi dai qualche spiegazione adesso, o io faccio dietrofront e ritorno a casa a dormire.-
Il felino avrebbe voluto rizzargli il pelo contro, se l’avesse avuto, si limitò a scoccargli un’occhiataccia.
-Ascoltami bene, ragazzino, non possiamo rimandare questa cosa, è necessario cominciarla da adesso, quindi tieni la curiosità a freno e aspetta.- era una vera e propria gara a chi era più testardo.
-Ribadisco, dammi qualche spiegazione, o io non mi muovo.-
Il gatto senza pelo si ritrovò a sospirare “Testardo fino alla nausea, vizio di famiglia.”
-Risponderò solo ad una tua domanda, però, ci vorrebbe troppo per parlarti di ogni cosa e il tempo non è esattamente la cosa che ci abbonda al momento.- concesse solo quello, Zick capì che avrebbe dovuto accontentarsi.
-Bene… allora rispondi: l’aver involontariamente messo quella specie di pianta rampicante in libertà nelle fogne a qualcosa a che fare col luogo in cui ora vorresti portarmi?- chiese il giovane dopo aver pensato qualche attimo a quale quesito porgere.
Timothy sembrò riflettere a sua volta sulle parole giuste per non dilungare troppo il discorso.
-Diciamo si e no. Sì perché involontariamente ha fornito un modo per sollecitare i tuoi poteri a manifestarsi (Zick alzò un sopracciglio, confuso da quella frase), quindi ci ha un po’ facilitato le cose; no, perché, se fosse andato tutto secondo il mio piano, nessuno sarebbe dovuto restare coinvolto, la mocciosetta a parte.- sussurrò le ultime due parole per non far intendere che lo scopo originario della pianta digerente era quello di uccidere Elena.
Il ragazzo sembrò convinto dalle parole del gatto, dopo aver sbuffato si rimise a posto sulla bici e riniziò a pedalare.
-Comunque non mi hai ancora detto dove stiamo andando.-
-Mi dispiace, ma ho detto che ti avrei chiarito solo una cosa e hai già sprecato l’opportunità, quindi aspettare per saperlo.- replicò leziosamente e furbescamente il felino.
-Tsk.-
 
 
-Dunque mi stai dicendo che ci sono stati dei risvolti, ho capito bene?!-
-Si padrone, ovviamente non è stato nulla di che, ma sembra che i poteri del ragazzo stiano cominciando ad emergere, entro preme dovrebbero iniziare a manifestarsi.-
-Hm… questo è interessante, chissà che il giovanotto non possa rivelarsi una pedina fondamentale come avevo previsto.-
-Come dobbiamo comportarci capo?-
-Cos’altro puoi dirmi? Hai notato altro che potrebbe rivelarsi utile?-
-Purtroppo no, capo.-
-Non importa, procederemo col piano normale, magari avremo fortuna e il ragazzo entrerà in gioco, se il suo tutore sarà così sciocco da rischiarlo.-
 
 
-Non ci posso credere, mi hai fatto pedalare fino a Bigburg, stupido io che mi illudevo che fosse un viaggio breve.- protestò il giovane dai capelli blu, prendendo dalla tasca lo spray antiallergico e infilandoselo in bocca, dando alcuni colpi per calmare un lieve attacco d’asma.
Ora che ci rifletteva, quella era la prima volta che usciva da Oldmill Villane, per via della sua salute cagionevole non si era mai allontanato dal quartiere.
Sua madre aveva sempre detto che lo smog e l’inquinamento della città avrebbero potuto degenerare le sue condizioni, seppur in quel momento non vi fossero auto per le strade.
Ma sicuramente era dovuto al fatto che era notte.
-Non ti lamentare, anzi, mi dovresti essere grato, non di dovrei nemmeno portare con me e invece lo sto facendo per pura bontà d’animo.- il gatto senza pelo parlò come se gli avesse concesso chissà quale privilegio.
Zick storse il naso.
Lasciò la bici in un posto sicuro e bloccata con la catena e seguì il suo gatto che aveva già cominciato ad incamminarsi.
Andarono avanti per alcuni isolati, poi Timothy si fermò all’improvviso in mezzo alla strada, Zick lo raggiunse in fretta.
-Allora, mi spieghi perché siamo fermi qui adesso?- chiese prima di riprendere lo spray.
Spray che rischiò di andargli di traverso quando il gatto, con un sorriso beffardo, gli indicò di guardare di sopra.
-NON CI POSSO CREDERE!-
 
 
Angolo dell’autore:


Ehm, eventuali lettori… siete arrabbiati con me?
Lettori: Indovina un po’.  -_-


Diciamo che, tutto quello che posso fare è scusarmi profondamente con tutti coloro che seguono questa mia disgraziata storia (se avete smesso di sperare in un aggiornamento, posso capirvi) e chiedere perdono per il mio oltraggioso ritardo.
Vorrei promettervi che il prossimo aggiornamento arriverà prima, ma mi conosco abbastanza bene per assicurarvi che non avrei nessuna certezza su quando sarà l’aggiornamento seguente.
Quindi, se volete cercarmi per linciarmi fate pure, se volete aspettare il prossimo capitolo, scrivete testamento, potreste morire prima che questo arrivi.
In ogni caso, vi auguro una buona giornata.
 

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