in the mind of amy

di memma_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** noi ***
Capitolo 2: *** voglio morire. ORA. ***
Capitolo 3: *** Lasciarsi andare... ***
Capitolo 4: *** Resistere a se stessi ***
Capitolo 5: *** ecco il meglio... ***
Capitolo 6: *** Fragili come frammenti di vetro... ***
Capitolo 7: *** Il cielo stellato ***



Capitolo 1
*** noi ***



"In the mind of Amy"

Odiava i muri in cui era rinchiusa 24 ore su 24. Odiava tutto, lei, odiava tutti. Ogni giorno per lei non era che uno spreco di minuti per la sua stessa inutile esistenza. Ogni giorno era un insieme di ore maledetto dal giorno prima.

Lei giaceva, sulla sedia in vimini appartenuta all'unica donna che l'avesse mai capita, la prozia Annabelle, e la sua mente ingorgava nei più oscuri meandri del proprio subconscio, insicura sul da farsi.

Quella sera il da farsi sarebbe stato discusso dal suo 'noi', fino a che la notte non avrebbe ritratto le sue spinose e deboli radici, attendendo attimi interminabili fino al tramonto del sole. Da quando Annabelle era morta, Amy non poteva fare a meno degli elaborati intrighi procurategli dalla sua mente, non da lei controllata ma bensì dal 'noi'.

Alle volte ci moriva sopra, su quei pensieri, poiché lei non era un'unica Emy. Si, da quando Annabelle era morta, quel che non difficilente si può definirsi il suo "grillo parlante" prendeva posto in lei e, involontariamente, cose incomparabili alle comuni attività quotidiane, l'invadevano.

I pensieri d'Emy s'impadronivano di lei. Emy non controllava i suoi pensieri. Lei, era solo Emy, una ragazzina di sedici anni incapace di un semplice rapporto, a partire da se stessa. In quel momento, l'incomprensibile Amy, avrebbe voluto uccidersi.

"Lambisco il mio sapere con una punta che trafigge, colmando la mia mente di inesorabili ricordi"

_memma_

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Capitolo 2
*** voglio morire. ORA. ***


Ma alla fine l'idea di uccidersi, forse gettandosi da un precipizio, forse soffocando tra i suoi stessi pensieri, appariva folle, rivoltante.
Non era ammissibile.
E poi, pensò, se l'avesse comunicato alla madre questa sarebbe scoppiata a piangere punendola, un'altra volta, per farle amare il mondo e tutto ciò che vi si può fare. Ma che mondo?! Per la piccola Amy non esisteva un mondo, no, esisteva un grosso ammasso di materia eclittico, che stava lì, inutilmente, accostato alla via lattea e al grande carro, in un universo troppo grande. Un universo troppo grande per chi vi vive bensì troppo piccolo per Amy e i suoi pensieri, che le avrebbero potuto far scoppiare la testa, la quale già minacciava qualche spiraglio di fumo dal lavoro troppo intensivo. Si, perchè a vederla, ad Amy pareva andare a fuoco il cervello.
In ogni momento la sua mente era affollata di pensieri, memorie rimembrate dalla infanzia che le appariva oramai così lontana, in tal momento fin troppo vicina. < Noo! > fu un grido lancinante ed improvviso, inspettato, lanciato da Amy dopo uno di quei discorsi interminabili sul quale la madre sembrava lavorare notti intere per perfezionarli scrupolosamente.

La madre aveva appena terminato un lungo dialogo con la figlia, dopo la mattina precedente a quella lunga serata nella quale la donna aveva scorso, sotto il letto disordinato di Amy, un biglietto. Lo aveva preso in mano, accorgendosi che il foglietto ingiallito a quadretti, strappato da un vecchio quaderno, aveva una scritta in pennarello nero; la scritta era un frase che diceva "voglio morire. ORA".
Ciò che conteneva il bigliettino, scritto dalla figlia, scioccò la giovane donna.

La madre di Amy era abiutuata a quel genere di pensieri, da parte della figlia adolescente, ma non con il verbo al presente; sarebbe andato bene un condizionale o un congiuntivo accompagnato da un "quasi" - che suonerebbe come "vorrei quasi morire" - ma un presente, così sicuro, troppo certo, non andava bene. Allora la giovane donna, piena di rughe dalle mille preoccupazioni, aveva deciso di punire, ancor più severamente del solito, Amy. Le aveva imposto...      < continua >


"E pariamo tutti uguali, in questo mondo, non uno differente. Menti troppo aperte, cuori troppo chiusi"

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Capitolo 3
*** Lasciarsi andare... ***


La punizione datale dalla severa madre era l'ossessiva religiosità, messa ogni giorno, e i poster satanici nella camera di Amy sarebbero stati presto stracciati.

Il "noo" da poco gridato con un forte stridolìo delle corde vocali di Amy, rintuonava senza freni nella sua spietata mente. Per un momento, anche solo pochi secondi, aveva bisogno di non pensare a niente, di provare qualcosa di nuovo; la polvere fatata passata occasionalmente dai compagni di scuola non bastava, finiva troppo presto, e lei tornava vuota, insensibile, come un segno in matita cancellato dal quaderno, sbiadito dal tempo.

La droga non l'avrebbe riempita, non ci sarebbe stata sempre, ed Amy aveva bisogno di un qualcosa di continuo... qualcosa di cui non immaginava minimamente l'esistenza.
Decise di liberarsi, questa volta, con un album di Manson infilato nelle orecchie attraverso delle cuffiette grigie che, se non quando la musica scorreva dentro di loro, non erano meno vuote di Amy. Dopo una ventina di minuti decise che avrebbe fatto un giro per la città, forse avrebbe potuto distrarsi. Scese piano le scale, di soppiatto, e infilando le chiavi arugginite che tintinnavano al contatto tra loro aprì la porta. Uscì, di fretta.

E iniziò a camminare veloce, più che poteva. Il respiro si faceva affannato, la stretta sciarpa blu intenso di lana le stringeva forte, troppo forte il collo, la musica fuoriusciva dai padiglioni delle piccole orecchie della ragazza, e si infrangeva sui passanti. Il mondo pareva caderle addosso, ad Amy non aveva la forza necessaria a soreggerlo. Iniziò a correre, iniziò a nevicare.

Dicembre era terribile, sopratutto nel periodo natalizio, ingombro di gente, pieno di freddo, non faceva altro che peggiorare le cose ad Amy.

Finchè Amy non perse totalmente la forza di continuare a correre fu in piedi, più forte del solito, poi accasciata sul bordo del marciapiede sopra la gelida neve. Marilyn Manson le esplodeva nelle orecchie con il pezzo incredibile "This is the new shit".... già, solo il titolo diceva tutto.
Ora le passò davanti una madre con i suoi figli, ora un marito indaffarato appena uscito dall'ufficio, ora un ragazzo dagli occhi rossi e col viso stravolto che lasciò morbosamente scivolare tra le mani di Amy un sacchettino trasparente pieno di una polvere bianca.  

Era Jacob il ragazzo, lui la capiva. Jacob soffriva di insonnia e da quando aveva appena imparato l'alfabeto era tormentato da ragazzi più grandi e prepotenti... lui si rifugiava, quasi ogni giorno, dentro quella polvere fatata che aveva lasciato cadere tra le braccia della ragazza.
Lui era solo al mondo, tale e quale ad Amy, per questo erano divenuti amici. Jacob non si fermò alla vista di Amy, ma andò avanti procedendo, passo dopo passo, trascinando le fragili gambe che troppo spesso lo lasciavano cadere ma non rialzare. Amy pensò... doveva resistere, o forse lasciarsi andare, ancora una volta? Riflettè a lungo e decise.       < continua >      

"Voglio solo riempire del mio rumore questo mondo con i tappi alle orecchie"

_memma_

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Capitolo 4
*** Resistere a se stessi ***


Entro poco si sarebbe lasciata andare, lei lo sapeva, lei era "marcia" dentro, lei era vuota... gli insetti malvagi del suo essere avevano rosicchiato la sua bellezza interiore fin dal che lei giaceva nel grembo materno, ed ora iniziava a non restare più niente di lei, niente. Il vuoto più totale. Lei era un "noi"; Amy era la brava ragazza all'apparenza e quella insensibile dentro, gombra di una tristezza incommabile di affetto o amore.

E Annabelle, la prozia, la sola donna che capiva Amy e che si era già lasciata andare come Amy, che aveva capito il segreto della vita ma non era riuscita a riverarlo a nessuno, quella donna forte, incredibile, sensibile, era morta. Se ne era andata, con un cancro che la divorava. L'ultima sera che Amy la vide, due giorni prima che questa morisse, Annabelle fumava uno spinello, l'ultimo del pacchetto, mentre diceva ad Amy che doveva imparare a vivere e a soffocare quel "noi", ma Amy non seppe mai come.
Forse la fragile ragazza avrebbe dovuto farsi trasportare da qualcosa più forte di lei che riuscisse a compensare il mancato affetto e le emozioni di cui era priva (?). Forse no. La scelta era difficile, poichè una più semplice e dolorosa, l'altra ancora più difficile. Disponeva di circa 30 grammi di polvere fatata, un giro non le sarebbe costato nulla.

Quindi Amy si levò in piedi, e infilandosi il cappello caduto sulla neve, mise in tasca il sacchettino datole dall'amico Jacob.


Camminò senza meta per più di un'ora, senza mai rimetter le mani in tasca, senza mai veramente guardare le vetrine dei negozi che oltrepassava, senza notare veramente le case che superava, senza gustare veramente la limpida serata invernale colma di neve, limitandosi solo a camminare pensando al futuro.

Resistere a se stessi non è mai stato facile, per Amy in particolar modo; superarsi non è mai stato semplice. Ogni giorno, ad ogni ora, svariate persone si superano... vi sono i maratoneti, i cantanti, i cuochi. Amy non era fra loro.

Lei era sola, il cellullare si stava scaricando e presto anche Miley Cirus l'avrebbe lasciata sola... prima di essere abbandonata dalla sua stessa musica conservata nella tanto amata playlist Amy provò a intonare le note:
"I came in like a wrecking ball
I never hit so hard in love
All I wanted was to break your walls"
. Il telefono si spense, Amy rimase sola, distrutta dalla sua stessa palla da
demolizione, che abbatteva le sue pareti e le ricostruiva poi più alte. Amy aveva il noi, non era sola.

SOLA. AMY SOLA.  non suonava poi tanto male.


< continua >

"Her heart was a secret garden and the walls were very high"

_memma_


 

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Capitolo 5
*** ecco il meglio... ***


Suonarono le campane della chiesa di Mainsville. E furono rumore, per le fragili orecchie di Amy. E furono stupore, per la sua mente. Alla 5:00 del pomeriggio stesso era uscita furtivamente di casa, ora il rumore che la fece trasalire rintoccava le 19:00. Solo mezz'ora più tardi a casa sua sarebbe stata servita la cena, ma Amy non aveva intenzione di tornare a casa, nè di cenare, nè di rincontrare il suo sguardo con quello pungente e colmo di disapprovazione della madre. Mise la mano nella tasca sinistra, fece scivolare lentamente dal sacchettino stretto forte in mano un po' di polvere nell'altra mano, e decise di non desistere.

Se l'eroina l'avesse fatta sentire meglio, lei si sarebbe sentita meglio. Successivamente a quel meglio si sarebbe sentita molto peggio, un rifiuto umano, poi avrebbe quasi incosciamente provato il forte ed inarrestabile desiderio di riavere il meglio strappatole dall'effetto esaurito della droga, e infine sarebbe ritornata una sciocca ragazzina disperata, che presto sarebbe ricaduta nelle mani della droga lasciandosi andare, perdendo il controllo di sè.
Era la seconda volta, quella settimana.

Ma non resistette, e iniziò il suo giro.

Gli occhi di Amy rimasero vuoti anche se il meglio provocatole dall'effetto della sostanza allucinogena la pervase.
C'era un'ombra singolare, un pozzo di tenebre frementi dentro i suoi occhi.
Rimase seduta sulla panchina davanti al parco mentre i bambini giocavano e il brusìo del vento le fischiava le orecchie, porprio mentre nevicava e la neve si scioglieva bagnandole il viso e la sciarpa verde smeraldo, verde speranza, nel tanto che il crepuscolo si allontanava facendo spazio al buio e alla desolazione della notte, in quella sera colma di stelle.
Alle 8:00 di quella serata Amy finì il giramento di testa, si alzò, e si diresse verso casa. Forse quella notte avrebbe potuto dormire.
Forse quella notte si sarebbe assopita velocemente e la sua parte malvagia non le avrebbe recato danno.

Una volta giunta davanti all'ingresso esitò alcuni minuti, che a lei apparvero come attimi interminabili di una serata senza tempo. Suonò il campanello nonostante avesse le chiavi in tasca, ed entrò.

Le aprì la madre, e prima che questa parlasse Amy butto giù una balla sulla ragione del suo consistente ritardo. Poi corse velocemente in camera, Il giro quella sera non le sarebbe bastato.
Le parve di vedere Annabelle, addiritura, vicino alle tende glicine della sua camera, che fissava inerme la finestra, e che con un morboso movimento del viso si girava a fissare la ragazza. L'allucinogeno aveva fatto effetto, certo, ma lei era vuota.

VUOTA. E non le bastava più NIENTE ormai.





"A volte l'uomo è straordinariamente, appassionatamente innamorato della sofferenza" -Fedor Dostoevskij

_memma_

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Capitolo 6
*** Fragili come frammenti di vetro... ***


Amy giaceva nel letto, ora insaguinato. Si svegliò alle 3:00 di notte e si rese conto di icò che aveva fatto.
Forse era stata la droga ad avere effetto su di lei, solo grazie alla droga aveva rovesciato i cassetti della sua camera, distrutto i poster con le forbici e rotto i vetri delle finestre fino a contorcesi sul pavimento, colma di tagli e graffi provocatole dalle lami delle forbici e del vetro ora insaguinato.
Ma lei era cattiva, perfida, lei non sarebbe riuscita a trattenersi per molto ancora, secondo il parere della madre. 
Aveva graffi intensi e color ruggine che le prenetavano per lo più superficialmente la pelle del braccio destro, quello sinistro aveva invece taglia anche profondi che le bruciavano ininterrotamente, la maglia insaguinata e gli short stracciati.
Sul grazioso e ancora immacolato viso di Amy brulicavano gocce salate che le rigavano tristemente gli zigomi rosei.

Si alzò, faticosamente, e si mise in piedi. Ora la sveglia segnava le 3:25, il tempo che le ci era voluto per rendersi conto della situazione. Poi si ricordò tutto.
Sua madre era salita in camera sua, l'aveva messa in punizione, l'aveva schiaffeggiata violentemente e scosso fino a capire che la figlia si era drogata, poi l'aveva chiusa in camera, a chiave, infuriata e piena di una rabbia indicibile e profonda, segnata dall'infanzia infelice.
Amy aveva preso il sacchettino contenente la polvere bianca e lo aveva utilizzato del tutto, facendosi una dose ancora più forte di quella precedente che l'aveva macchiata del suo effetto per ore. Quella dose e l'improvvisa furia con cui sua madre era entrata nella camera della ragazza, le aveva gridato dietro come posseduta e l'aveva scossa le avevano provocato un attacco di ira. Chiusa a chiave com'era, sola, aveva scatenato ciò provava nella stanza im cui si trovava, rompendo vetri e poster, distruggendo uno dei suoi rifugi, distruggendo in parte i propri muri.
Ora Amy era fragile, tristemente fagile, maledettamente fragile e, cazzo, quella fragibilità era irriparabile. Nessuna droga avrebbe potuto riattaccare i pezzi come si fa mettendo dello scotch su una foto strappata e incollando i frammenti di un vaso caduto. Nemmeno la musica del suo iPod, nemmeno.


Amy era scossa, talmente scossa che ci mise una decina di minuti ad alzarsi e sedersi sul letto e una mezz'ora per riuscire a capire la situazione, era sotto l'effetto dell'eroina, anche se non lo sarebbe stata per molto ancora. Pensò, e riflettè alcuni istanti sulla situazione.
La porta era chiusa e la chiave ers sotto il possesso della madre, se avesse avuto qualche forza in più avrebbe potuto calarsi dalla finestra, entrare con le chiavi di casa che aveva nella tasca della giacca e risistemare tutto, la sua camera, le sue ferite, la sua vita.
Doveva solamente uscire di lì, ma prima aveva bisogno di mangiare. Aveva delle barette energetiche in cartella con una bottiglietta d'acqua, le prese e bevve a sorsi l'acqua della bottiglia. Alle 4:30 era pronta per calarsi dal primo piano. Gettò prima le chiavi sull'erba, sotto la fioca luce lunare della notte, e poi ripensò agli anni in cui, da piccola, frequentava arramoicata. Allora aprì la finestra dai vetri infranti si mise a sedere sul balcone che sporgeva verso il silenzio della notte e scendette, diretta al piano terra.
 

Ancora una volta sola, ma più fragile di prima.



"Il miglior modo per non farti spezzare il cuore è fingere di non averne uno"

_memma_

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Capitolo 7
*** Il cielo stellato ***


Era una notte piena di stelle quelle. Si dice che se si fissano le stelle per più di un quarto d'ora continuo si sviene. Amy fissava il cielo scuro imbevuto di splendidi luccichii qua e là, le pareva di volare, di essere libera come non mai.
La libertà è la cosa più difficile da ottenere, in questo mondo. La libertà richiede impegno, forza d'animo, sicurezza.
Richiede tutto ciò che Amy non possedeva, che in lei non esisteva. Eppure quella notte il cielo colmo di costellazioni e di alcune meteore che davano l'impressione di stelle cadenti diede ad Amy un impressione.
L'impressione che per essere liberi o semplicemente per distogliersi dalla società che ti circonda basta trovare una cosa che ti piace e trasformarla in tua.

La dolce e bizzarra sedicenne figlia di Hellen e George O'Connor si prospettava ad un futuro migliore, con il mento verso l'alto e gli occhi socchiusi e sorpresi. Il suo sguardo era innocente, sospeso chissà come in un alone di paura e insicurezza che devenivano sempre meno profonde,
per riuscire a far trasparire sotto il loro velo, oramai sottile, il corraggio e la forza di quella ragazza di nome Amy.


Ps. a tutti i lettori: continuerò presto il capitolo, sempre che a qualcuno interessi leggerlo. In ogni caso io continuo a scrivere, specialmente per me, e la sensazione della penna stretta forte in mano che sfiora la carta è unica...sfogo, siurezza, libertà :)
Se condividete con me seguite questa storia e il mio consiglio;) infatti consiglio vivamente a tutti di leggere "il tunnel degli orrori" di Dean Konntz, mio autore prediletto del genere horror:3
Baci, vi sono vicina, _Memma_

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