Comalies

di Infected Heart
(/viewuser.php?uid=166410)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** California Girl ***
Capitolo 2: *** Stumbling in your soul. Falling by your side. ***
Capitolo 3: *** Minos ***



Capitolo 1
*** California Girl ***


Comalies California Girl

“La manifestazione del mondo, la vita, è nata dal caos. Nella quiete tutto scompare.”
 
Tre anni di università, tre anni di Piz, tre anni di FBI durante l’estate; una laurea, e ora si respira, lontano. Lontano da Neptune. Quel pianeta tanto alieno alla sottoscritta, che pure lì ci era nata e cresciuta. Un sorriso, e un respiro di sollievo, mi scaturiscono, suscitati dalla foto dell’Hotel Camelot, scattata durante quella ben nota vecchia indagine, e ora appesa sul muro di fronte all'angolo cottura. Il passato non fa più male, ed essersi lasciata alle spalle tutto quel mondo, è la soddisfazione di una vita. Riporto lo sguardo sul piatto che sto lavando, quando due braccia mi circondano la vita e delle labbra, soffici come un soffione di primavera, mi solleticano il collo. –Ehi, California girl.- Sento quelle stesse labbra piegarsi in un enorme, solare sorriso. Mi salutano con quel soprannome che mi appartiene  da quando io e Piz ci siamo trasferiti in questo piccolo monolocale a Los Angeles, assolata e affollata. La ragione? Semplice: il mio incontenibile entusiasmo per l’avere finalmente qualcosa di tutto mio. Uno spazio dove coltivare davvero chi sono e cosa voglio, senza preoccuparmi di guardarmi le spalle, di essere giudicata o chiamata per qualche caso urgente. Se proprio voglio, quello me lo vado a cercare io. Insomma, sono pur sempre Veronica Mars. Se non mi impiccio in faccende tragiche e sanguinarie, non sono contenta. Giocare col fuoco. Un brutto vizio che qualcuno cerca di farmi smettere. Spesso con successo. E questo qualcuno, il mio fuoco lo sa estinguere molto bene, a modo suo. Anche se Piz, non può farci nulla. Col mestiere che ormai da un anno pratico, mi ritrovo spesso ad avere a che fare con personaggi alquanto discutibili. E smascherarli è il mio compito. O difenderli. Dipende dai punti di vista. Fatto sta, che rimaniamo invischiati entrambi nella nostra stessa rete. Questo è il rischio dell’avvocato. –Ciao, bel maschione. Vedo che i tuoi capelli fanno ancora “swish” dal troppo surf! Oh, e sembri anche più abbronzato di due ore fa!” lo prendo in giro, scompigliandogli suddetti capelli, con le mani ancora insaponate. Rido di gusto, quando lo vedo usare la schiuma a mò di gel e dire –Il mio ciuffo perfetto è frutto dell’oceano!-  -Oh, tritone, hai venduto l’anima per le gambe, e ora ti manca tanto la tua casa!- Metto fine alla nostra divertente retorica, e lo bacio, felice di ritrovarlo a casa. Non ama il surf, non ama le onde, non è tipo da spiaggia e la luce del sole la vede alle 5 pomeriggio quando esce dal turno alla radio, se non deve anche sostituire qualche collega di notte. Eppure i casi della vita ci hanno portato qui, nella città del sole. Una Neptune un po’ più grande. Tanto più grande. Con una radio famosa, e stars da intervistare per Piz;  uno studio di avvocati per me. Lawyer Mars in persona, sissignore! Le lune, però sono così belle viste da qui. Valgono mille soli, viste sulla cima degli studios, con la persona che ami. –Ti aspetto a letto, piccola. E’ tardi.- Lasciando un freddo inaspettato dove prima c’erano le sue braccia protettive, Piz, porta le sue mani sul mio viso, e mi fa un buffetto sulla guancia, dolce, come solo lui sa essere. –Ehi, non è colpa mia se i tuoi turni finiscono ad orari improponibili. Però è colpa tua se, per ingannare l’attesa, mi preparo la cioccolata calda e devo di nuovo lavare i piatti. Ecco, tra un paio d’anni ti ritroverai con una casalinga in sovrappeso e una pila di piatti sporchi accumulati.- -Per il peso, ci si può lavorare…sai…un po’ di sana attività fisica…-  Lascio che l’ultimo piatto scivoli nel lavandino, e Piz mi solleva le braccia, ad angelo. Mi fa girare, lentamente, col busto. –Un po’ di stretching…- e mi guida le mani a circondargli il collo. –Salto in alto…- e poi si mette a ridere, mentre, con un balzo e il suo aiuto, mi avviluppo alla sua vita con le gambe. Ehi, che ci volete fare? Agli uomini piacciono i graziosi folletti bassi. Rido anch’io, sommessa, con la bocca, con gli occhi, mentre il mio uomo mi porta, come una bambina, in camera da letto. Tra un bacio, un altro, e un altro ancora. La serata si scioglie tra le braccia del mio incredibile sole personale, e arriva il mattino senza che io riesca ancora a prendere sonno. Maledetta insonnia. Ma guardo alla mia destra, e d’incanto, tutta la stanchezza, tutto il nervoso passano. Sorrido, beata, e copro col lenzuolo le spalle nude di Piz, che si culla tra le braccia di morfeo. Mi copro anch’io, e lo abbraccio forte. Mi stringo a lui, e così, a me, la consapevolezza di essere tanto fortunata da avere al mio fianco un compagno sincero, che a me, aveva davvero dato tutto se stesso.
D’un tratto, sento un suono famigliare. Il “plin” del computer, che segnala una mail in arrivo. Dannazione, l’ho lasciato acceso dalla sera prima. Troppo lavoro nuoce alla salute, e al sano riposo notturno. Allungando un solo braccio per non sciogliere quella posizione così intima e semplice, guardo l’ora sul display del cellulare. Vedo che sono le quattro del mattino. Chi potrà mai essere? I successivi minuti li passo a far da pacere tra la mia irrefrenabile curiosità e la mia poca, pochissima voglia di alzarmi e spezzare la magia. Come non detto: tanto, letto o non letto, la divinità del sonno non mi avrebbe fatto dono della sua grazia. Lentamente, per non svegliare Piz, scivolo fuori dalle coperte, e mi siedo di fronte alla scrivania, sulla quale lampeggia, insistente, un’icona del mio notebook. –Vediamo di che spam si tratta…- commento, tra me e me. Ma i miei occhi si spalancano, decisamente più interessati, alla vista di un solo nome. Una delle poche mail degne di uno sguardo, oltre a quelle della banca, che parlano di stipendio appena versato. Logan Echolls. Io e Logan, amici. Chi l’avrebbe mai detto? Mi aveva lasciata alla mia vita, aveva capito che sarebbe stato meglio così, per tutti. Amici di penna. Voto di non vedersi più, di non incrociare più gli sguardi, le voci. Ma la promessa di lettere su lettere, per prendersi cura, l’uno dell’altra. Amo Piz, ma a Logan voglio bene. Voglio bene davvero. Il suo rinunciare a me, per il bene generale, a lungo andare, era stato un sacrificio necessario, e apprezzato. Per entrambi. Avevo scelto l’amore giusto. E’ per quello che si definisce così, no? Piz è giusto, è quello di cui ho bisogno. E a Logan sarei stata grata per tutta la vita. Nonostante tutto, quando a malincuore aveva scelto, lui sapeva di avermi, come nessun altro avrebbe mai capito. Per lui ci sarei stata sempre. In un modo o nell’altro. Non mi stupisco più di tanto per la mail, che, ogni giorno, da tre anni, mi arriva dal suo indirizzo di posta elettronica. La apro, per scoprire quale motivo più banale lo abbia spinto a scrivermi in piena notte. Probabilmente ha pensato che tanto non riesco a dormire. Mi aspetto la sua frase del giorno, o qualche battuta e aneddoto scherzoso su qualcosa  che gli è capitato poco prima; qualche riflessione sarcastica, su uno dei soliti libri vagamente sessisti che Dick persiste a consigliargli. Il solito Logan. A noi basta questo, e mi rincuora avere questa piccola certezza quotidiana, anche se non lo ammetterò mai a voce alta. Sullo schermo bianco, poche, essenziali parole: “Buona  notte, marshmellow. Buon risveglio, oggi, domani, e ogni giorno ancora. Grazie di tutto. ” Mi esce uno sbuffo. Solo io e quel ragazzo riusciamo ad essere così criptici e così chiari allo stesso momento. Può essere anche una cosa carina, ma nel secondo caso è decisamente seccante.  -Che fai, amore? -  Ecco, sono anche riuscita a destare il bell’addormentato. –Nulla, rispondo ad una mail di Logan. – Mi giro, e sorrido a Piz, un po’ accigliata. - Logan quando si mette, è anche poetico. Ma ogni tanto è proprio strano.- Borbotto, rivolta a Piz. Appunto, il solito biondino che si diverte a tormentarmi con ogni sillaba che esce dalle sue labbra, o dalla tastiera del suo PC. –Digli che lo saluto, e di smetterla di scriverti alle…uhm…5 del mattino e di tenere sveglia la mia ragazza. Quello è un diritto che spetta a quelli che abitano in questa casa. -  -Gelosone.- Gli faccio la linguaccia. Sa che mi sento con Logan, ma si fida, e anche con lui, ho raggiunto un accordo di equilibrio che sta bene ad entrambi: io accetto la sua gelosia, e lui ha capito che Logan si è fatto da parte, per noi, e per lui. Per pensare sul serio a sè, questa volta. –Certo, come no. Dovrebbe restituirmi il sonno rubato, sai?- Invio la mail, appena scritta, con un punto interrogativo ed un grazie; finalmente spengo il computer, e in tutta risposta a Piz, lo raggiungo di nuovo a letto.  -E cosa dovrei dire io, invece? Avrei dovuto fare arrestare Morfeo già da un po’.-
….....................................................................................................................................

Il giorno dopo aspetto la consueta mail, che invece non arriva. Ma non mi stranisco; la tecnologia è inaffidabile, e la mail si è sicuramente persa in qualche buco nero spaziale. Un secondo giorno, un terzo, il silenzio. Impaziente, scrivo. -Ciao, Logan. Forse non mi sono arrivate le tue mail. O forse sei a fare surf da qualche parte con Dick. Spero tu stia bene. Fatti vivo.-  Spedisco il messaggio, per sicurezza. Una settimana dopo ancora nessuna risposta. –Dai, Logan, non fare il permaloso.- Due, tre settimane. Il nulla. Inizio a preoccuparmi. E anche Piz per me: -Veronica, so che ci stai male. Ma sai com’è fatto. Probabilmente si è stufato. Non voglio vederti così. Secondo me sta bene, non ti devi preoccupare.- queste sono le frasi più frequenti, quando mi vede controllare il computer con aria frustrata. Ho addirittura chiamato Mac per assicurarmi che non ci sia nulla di tecnologicamente sospetto nell’ultimo messaggio inviatomi dall’individuo misteriosamente scomparso. E’ risultato un vicolo cieco anche quello. Inoltre, né lei, né Wallace, hanno più contatti con lui, quindi non sanno dirmi di più. Dick mi ha detto al telefono che è da circa due settimane che non lo vede, né sente. Mi siedo sul divano-letto del minuscolo appartamento, e mi mordo il labbro, rassegnata. Non mi resta che pensare che il mio premuroso fidanzato abbia ragione: forse per Logan è stato troppo. L’ho costretto a qualcosa che ha retto fino a quando ha potuto, o ne ha avuto voglia. -Ehm…Veronica. C’è…c’è tuo padre per te al telefono.- mi chiama Piz, ad un certo punto. Il tono della voce, turbato. Il telefono? Quale telefono? Non ho sentito nessun telefono squillare, troppo persa nei miei pensieri. Stringo gli occhi, infastidita da me stessa. Non mi piace essere distratta. Non mi è mai piaciuto. Si perde il controllo. Prendo in automatico il telefono, noncurante. La voce di mio padre, che, con cautela, cerca di spiegarmi cose che evidentemente il mio cervello si rifiuta di recepire. Le mie mani ad un tratto sembrano di burro, ogni terminazione nervosa uno spaghetto scotto. Ogni muscolo, assente. Sento solo il tonfo del telefono, insieme al mio. Cadiamo a terra, insieme a quella fortezza di calore e sicurezza che mi ero costruita, scendendo a patti con me stessa. Welcome back to life, Veronica. 

NOTA AUTRICE: Salve a tutti :D Data l'imminente uscita del film, sono ricaduta in una spirale di dipendenza Marsiana, e ho avuto l'ispirazione per scrivere questa fan fiction XD Molti di voi mi odieranno, perchè non è la solita LoVe. Premetto che io amo Veronica e Logan, e faccio il tifo per loro :) Però mi sono stufata di leggere in questo fandom, solo storie su loro due.Da Epica, la loro storia, rischia di diventare trita e ritrita, se trattata 8000 volte XD E devo dirlo: mi ha sempre fatto molta tristezza Piz. Non sarà il figo della situazione, bello e tenebroso, ma in fondo per Veronica ha dato tutto se stesso. Merita anche lui una chance, non credete? *Infected Heart si va a nascondere, perchè crede che vi stiate già armando per venire ad ucciderla XD* Nonostante questo, spero che questo primo capitolo vi abbia incuriosito abbastanza per continuare a leggere :) Chissà cosa è successo da lasciare così sconvolta la nostra cara detective? Si accettano scommesse ;) Grazie di cuore a chi ha letto e a chi ha voglia di lasciare un commento, positivo o negativo che sia :) Fa sempre piacere :) Se ci sono errori, o imprecisioni, fatemelo notare, che la sottoscritta ha sempre la testa tra le nuvole XD Ah...last but not least...scusate il font orribile. Io non vado molto d'accordo con l'editor di efp e con la tecnologia in generale: ogni suggerimento, è ben accetto :) 
With Love,
Infected Heart

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Stumbling in your soul. Falling by your side. ***


Comalies California Girl

PIZ’S POV
La osservo sorridere, imperterrita, seduta sulla panchina appena fuori dall’ospedale di Neptune; comportarsi con eccessiva disinvoltura, mentre è così lampante la morte nei suoi occhi. Il loro azzurro cristallino è reso opaco dalle lacrime trattenute e seccate; le occhiaie troppo visibili, persino per chi soffre costantemente di insonnia. Eppure lei rimane lì, impassibile, con lo sguardo fisso all’edificio bianco di fronte a noi. –Forse sarebbe meglio andare via da qui, Ver…- -No.- Appoggio il gomito sulle ginocchia, per reggermi la testa, ormai confuso su cos’altro potrei fare per portare la sua mente, oltre che il suo corpo, via da questo luogo che la sta logorando, ormai da due giorni e mezzo. Sono riuscito almeno, con estrema fatica, a convincere la testarda qui di fianco a me a prendere una boccata d’aria. Poco più distante dalla stanza dove, quasi esanime, c’è quello che tutti definirebbero il grande amore della sua vita. Con grande considerazione per il sottoscritto, certo. Questo è ovvio. -Va bene, piccola. Va bene.- La scruto, per l’ennesima volta. Cerco di catturare il suo sguardo, e, piano, avvicino le mie mani alle sue. Non so come prendermi cura di lei. Davvero, non lo so. E’ una situazione troppo delicata, e lei…Lei lo è ancora di più. Magari non è la mossa giusta. Magari non vuole essere confortata con un banale abbraccio. Magari… -Posso?- alla fine decido di chiederle, timoroso. Un rifiuto mi sarebbe dispiaciuto, ma per lei...c’è qualcosa che non farei, per lei? -Perché me lo chiedi, Piznarski? Certo che puoi. E poi sto bene, non mi devi trattare come una bambina di cinque anni.- Più che un sorriso, come avrebbe voluto, apparve una smorfia, ai bordi delle sue labbra. Poi fu lei a prendermi le mani tra le sue. Ci giocava, come una bambina con la plastilina, pensierosa e distratta. -Ma forse hai ragione. Devo andare a casa. Devo prendergli il pigiama, per quando si sveglia, e delle mutande, dei calzini, e poi…e poi. …-si alza, e inizia a camminare veloce verso la macchina. La sua affezionata Saturn. Ricordo quel buffo episodio, quando l’aveva collaudata per la prima volta nei parcheggi dell’università: “Una Saturn, per una Mars…e siamo a Neptune!” Avevo notato, con ironia. Ha dell’assurdo pensarci in questa strana circostanza. –Ehi, calma! Dove vai?- -A casa. Ehi…ma non eri tu che volevi che mi togliessi di qui per un po’ di ore? E poi, non voglio che sia solo quando si sveglia, bisogna fare in fretta.- Una maschera di cera. Ecco cosa mi sembra la donna che amo, mentre pronuncia quelle parole, con un astio quasi sarcastico, e con un perfetto tono monocorda, che quasi mi spaventa. - Veronica, prendi almeno le chiavi, se no come la metti in moto la macchina?- La mia risposta alle sue frasi accatastate l’una sull’altra. Mi corre incontro, e quasi mi strappa le chiavi di mano. Si precipita alla vettura grigia e nera, e io non posso fare altro che salire dalla parte del passeggero. Lei infila le chiavi nel cruscotto, ma la macchina non parte. Prova a spingere più a fondo la frizione. Spegne, riaccende, spegne riaccende. E la Saturn si ostina a non partire -Stupida macchina!- La sento sbottare, all’improvviso, mentre prende a pugni il volante. Il rumore delle botte viene sovrastato da quello ansimante dei singhiozzi trattenuti. Lascio andare un sospiro. Prima o poi questo momento sarebbe dovuto arrivare. La fortezza incrollabile di Veronica Mars è stata assediata dai sentimenti, e questi hanno vinto, alla fine. Vincono sempre su tutti, prima o poi, chissà perché. -Sshh…vedrai che starà bene.- Il suo viso stretto al mio petto, e le sue unghie conficcate nella carne della mia schiena. Il suo dolore anche un po’ mio. La mia forza, la sua. Si allontana di qualche centimetro, e mi fissa negli occhi, truce. La regina di ghiaccio. – E’ in fin di vita, Piz. Lo capisci? Eh? Lo capisci? Ma a te non è mai importato. Sarai content…- Le tappo la bocca con una mano, e lei cerca di divincolarsi. – No. Non finire la frase. So che non intendi dire quello che stavi per dire, perciò evita di pronunciare parole di cui poi ti pentiresti.- Pian piano, sento il suo respiro farsi più calmo, e le sue spalle si abbassano. Lacrime iniziano a bagnarmi le mani, ancora sul suo viso. Si ritrae ancora di più. –E’ colpa mia. E’ solo colpa mia se è in quello stato. Dovevo chiudere. E invece abbiamo continuato ad essere amici…Io…- -“Io, io, io, io…" Veronica, ma ti senti? Per un attimo, lascia da parte il tuo ego strabordante, e pensa che si tratta solo di lui. Ventiquattro anni di tragedie su tragedie. Non pensi che fosse un po’ troppo? Tu probabilmente sei l’unica cosa che lo ha fatto resistere un po’ di più, prima che…ecco…- - Per favore, ora taci tu, ok? – è il suo turno di bloccarmi, con il solito gesto; il palmo della mano posto a schermare fronte e occhi, come uno scudo dal mondo esterno, da una realtà troppo crudele da affrontare, e che l’ha sfidata troppe volte. Un gesto ormai automatico, verso tutto, verso tutti. O quasi. Ma è lei ad arrendersi, prima che io possa fiatare. -Per favore, Piz, portami a casa.- In quella sua espressione, tutto mi supplica, distrutto. La bacio, a fior di labbra, e prendo il posto del guidatore. –Lo sai che ti amo, vero?- -Certo, altrimenti perché pensi ti lascerei guidare la mia macchina?- Sguardo di sbieco, strategico. Con il dorso della mano si asciuga e nasconde quello che resta delle sue gocce invisibili di emozioni. Sorriso sghembo e malizioso. Rieccola, la Veronica pronta a schermarsi dietro alla battuta, a fingersi forte, dopo essere crollata di fronte all’universo intero. Una farsa, che, per quel momento, e quelli a venire, e a venire ancora, ero disposto a reggere. Almeno io, per lei. Dopo una doccia, una spesa, e due ore, siamo di nuovo nel reparto che è stata la nostra casa per le ultime quasi 72 ore. -Se non vuoi entrare, nessuno te ne fa una colpa, tesoro.- dice il buon Keith, a sua figlia, vedendola titubante alla soglia della camera di Logan. In teoria le visite sono negate, ma essere lo sceriffo ha i suoi vantaggi. Veronica, ci avrei scommesso, non si sarebbe fatta sfuggire l’occasione, visto che per una volta _ ironicamente fortunata nella sfortuna_ avrebbe potuto fare a meno di stratagemmi. Un respiro pesante è l’unico suono a malapena percepibile dalla ragazza, in risposta al padre. Come previsto, senza dire una parola, varca la porta bianco sporco. Sorrido, amaro. E’ come l’anima di Veronica. Tanto, tanto pura. Onesta, eppure così traviata dal male del mondo. –Io vado a parlare coi medici, ok? Tu tienila d’occhio.- mi dice papà Mars, e io annuisco, con un cenno leggero del capo. Mi piace che si fidi di me. Ma mi irrigidisco, appena sento una voce, femminile, lieve, parlare al vuoto, dentro la stanza. Sbircio tra le tapparelle che escludono leggermente lo sguardo all’interno delle parenti in cui è entrata Veronica. La vedo posare il borsone accanto al letto, con tutte le cose che abbiamo comprato per Logan, nel viaggio di andata verso casa, e anche di ritorno. Perché “Non si sa mai cosa gli sarebbe potuto servire”, per citare mentalmente una biondina a me ben conosciuta. Poi si siede accanto a lui, sul bordo del materasso -Sai, mi hai fatto spaventare, ma hai la pellaccia dura. Scommetto che l’hai fatto apposta. Sei sempre il solito, stupido Logan. Almeno potevi pensare a comprarti gli indumenti per l’ospedale, no? Ah, giusto, ma tu sei quello perfetto, sei quello che non si fa mai male. Beh, mi sa che questa volta hai pianificato le cose nel modo sbagliato. – Parla, mentre piega e impila sul letto, premurosa, il necessario per una persona ricoverata in ospedale. La voce tremante, e le mani ancora di più. Per la seconda volta mette in ordine gli asciugamani, che a quanto pare non hanno intenzione di rimanere ordinatamente l’uno sopra l’altro. Un sospiro frustrato. -…Perché non ce l’hai fatta questa volta a rovinare tutto. E…e io, resterò qui a tormentarti, finchè tu non ti sveglierai, mi guarderai, e ti lamenterai, sarcastico, perché ti assillo, come fai sempre.- Gli tiene la mano, e ad un certo punto, come se non ce la facesse più a sostenere la sua vista, gira il volto verso la finestra. La presa della sua mano affusolata e minuscola, sempre più forte sulla mano senza flebo di Logan. – Perché, Logan? Perché devi sempre giocare con la morte? Un giorno o l’altro finirai per fare morire anche me...- Su queste note, mi allontano da quello che, sapevo fin dall’inizio di quel discorso, non avrei dovuto fare. Origliare fa sempre male a chi ascolta di soppiatto. Sempre. Ma non si impara mai, evidentemente. D’un tratto mi spunta sotto il naso una cartella clinica, la fotocopia per i pazienti. -Ehi, figliolo. Dovremmo dirglielo, secondo te?- chiede consiglio, amara, la persona di fronte a me. -E’ inevitabile, Keith. Non vedi come soffre?- -Già, è proprio per questo che ho paura. E si arrabbierà il doppio, se glielo teniamo nascosto. Tu stai qui. Vedrò come rendere la cosa in modo più sincero e indolore possibile.- Lo sceriffo mi dà una pacca sulla spalla. Il cuore è quasi visibile, in quell’uomo, che se lo porta appresso, pesante come il macigno delle verità scomode. Triste ritornello, ormai. –So che la ami abbastanza da riuscire a curare ogni suo dolore. Lo so.- Solenne e risoluto, entra a sua volta dentro alla stanza, in cui si trovano sua figlia e Logan, ormai nella penombra del tardo pomeriggio. – Mi accascio, stanco, contro lo stipite della porta, giusto in tempo per sentire. -Veronica, non vorrei dirtelo, ma…Logan è in coma. Ci vorrà un po’ perché…- Ed esplose il temporale.

NOTA AUTRICE:
Ma salve! :D Mi auguro che questo capitolo sia piaciuto! Vi avviso, niente è come sembra. Ho pianto, mentro scrivevo...è stato davvero intenso pensare a questo scenario così triste. Spero che commenterete in tanti: sono curiosa di sapere il vostro parere sulla storia :) 
Grazie di cuore, a voi che leggete e a chi commenterà  <3
 With Love,
Infected Heart. 


Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Minos ***


Minos

VERONICA’S POV

“… tentativo di suicidio da parte del figlio dell’omicida Aaron Echolls! A quanto pare la mela non cade mai lontana dall’albero. L’ex stella di Hollywood ha lasciato in eredità al giovane Logan non solo l’incredibile fondo fiduciario, ma anche un lato oscuro…”

Sento delle chiavi girare nella serratura e, velocemente, spengo la tv. Non voglio che Piz mi colga nella stupidità della mia debolezza. Come se guardare la cattiveria dei telegiornali mi dicesse più cose di quelle che so già dai medici e da me stessa; dal mio cuore. Tre giorni di pazzia mi sembrano già più che abbastanza, e il mio uomo non merita tutto questo. Irrigidisco la schiena, metto le spalle bene in linea, e preparo il migliore dei miei sorrisi, mentre sento Piz che posa la giacca sull’appendiabiti.  -Ciao, Veronica! Chi c’è in casa? Sentivo qualcuno parlare…-  Mi dice, con la voce affannata da cinque piani di scale, che non avrebbe mai perso il vizio di salire di corsa. Mi alzo dal divano, giusto in tempo per vederlo girarsi verso di me. Non gli dò il tempo di fare un passo, e gli corro incontro. Prendo il suo viso tra le mani, e gli lascio un tenero bacio a fior di labbra. –Era solo la televisione.-  -A cosa devo tanta dolcezza?-  Le sue parole suonano scettiche, quasi fredde. Mi allontano dal suo viso, dispiaciuta.  -Nulla. E’ che…grazie.-  -Certo.- Abbassa, gli occhi, distratto. E’ brutto vederlo così…così come? Confuso? Pensieroso? Ferito? Probabilmente tutte e tre le sensazioni messe insieme. - Lo sapevo che non dovevo chiedertelo.-  esprimo il mio pensiero ad alta voce. - Invece dovresti sapere che lo faccio volentieri. Lo faccio per te e per lui. Ma resta il fatto che non è piacevole. E non è piacevole vedere te così. Non sono stupido.-  E il premio di “Miss sensibilità”, va di nuovo a…Veronica Mars! Come ho potuto solo pensare di approfittare del buon cuore del mio ragazzo, e farlo andare a prendersi cura di Logan quando io non posso?  - Te l’ho mai detto quanto ti amo?- Lo guardo di sottecchi, timorosa. Il senso di colpa sa far agire anche così: vittima di ciò che tu stesso fai agli altri. Sul volto di Piz si forma una linea di sorriso sghembo, saccente e triste. -Sai qual è il danno, oltre la beffa? Che mi dici che mi ami, perché sto vicino a lui.- Si può cadere ancora più in basso? Evidentemente, sì. Una catastrofe naturale, come sempre. - Stosh, io… - -Ah, ora sono diventato “Stosh”.- -Senti, lasciamo perdere. Rischiamo di degenerare. E non voglio rovinare quello che abbiamo. Devo parlare con mio padre. Vado a Neptune, e nel pomeriggio sono in tribunale. Ci vediamo stasera, sul tardi, quando arrivo.- Parlo, svelta, come a far scivolare via tutto quello che non avrei voluto sentire, ma su cui, come al solito, avrei meditato fin troppo. – Scusami…- gli stringo una mano gelida, e cerco, con gli occhi, di trasmettergli tutto il mio amore. Deve vederlo. Davvero. C’è. E spero che lo lasci entrare, in questo momento così traditore. Eh sì, siamo proprio fregati. Esco di casa, agitata, con la paura di sentire qualunque cosa Piz avrebbe potuto dire. Perché, in realtà, so benissimo che è in parte anche mia, la causa di tutto questo; e a volte è più facile fuggire, prima che crolli tutto. Prima che le macerie schiaccino anche quell’unica sincerità buona che c’è in tutto questo. Salgo in macchina, e l’autoradio si accende in automatico, insieme al motore.

“Love that once hung on the wall used to mean something, but now it means nothing.  The echoes are gone in the hall. But I still remember, the pain of  December. Oh, there isn't one thing left you could say. I'm sorry it's too late. I'm breaking free from these memories. Gotta let it go, just let it go. I've said goodbye. Set it all on fire. Gotta let it go, just let it go. You came back to find I was gone. And that place is empty, like the hole that was left in me. Like we were nothing at all. It's not that you meant to me. Thought we were meant to be. Oh, there isn't one thing left you could say. I'm sorry it's too late. I'm breaking free from these memories. Gotta let it go, just let it go. I've said goodbye. Set it all on fire. Gotta let it go, just let it go. I let it go, and now I know. A brand new life, this tale is rude. Where it's right, you always know . So this time, I won't let go. There's only one thing left here to say. Love's never too late. I've broken free from these memories. I've let it go, I've let it go. And two goodbyes, lend you this new life. Won't let you go, don't let me go.”

Le casse saturano il piccolo spazio con questa musica, che riflette la mia coscienza. Le parole rimbombano e mi stordiscono, come un’onda d’urto. Nella mia testa troppe cose. E due ore di tempo con me, costretta a pensare. La sensazione pungente che Logan (merito forse del suo egocentrismo) mai sarebbe stato così idiota da voler eliminare da solo la propria persona. Esibizionista sì, ma non idiota. Ennesima prova che nessuno di quei succhiasangue famigliari o mediatici, lo conosce. Nessuno. E c’è rabbia, troppa rabbia. E ancora, di nuovo, amore. Quell’Amore, troppo palese per negarlo. Un attaccamento quasi morboso all’idea che non ci sia più. Il viscido rimorso di essere riuscita ad andare avanti, e, nonostante questo, non riuscire a dare tutta me stessa, come vorrei. In colpa, tanto per cambiare, di averlo lasciato solo. E di aver scelto la via più facile. E la più bella. Perché il sole mi attira come non mai. Ed è giusto così. Ancora nel vortice di una matassa senza fine, arrivo in quella che è stata la mia casa per anni. Se potessero parlare, quei muri, mi riderebbero in faccia, sonori. E qui mi viene, appunto, da sorridere, pensando a quante volte ho superato momenti come questo. “Non male, signorina Mars. Non male davvero.” Mi dico, mentalmente. Mi devo pur scrollare di dosso in qualche modo i presentimenti negativi, no? Appena si apre la porta Backup, il mio fidato pitbull terrier, quasi mi butta a terra, saltando dalla felicità. L’abbraccio di mio padre, più frequente di una volta, che mi aspetta quando torno a trovarlo. So che gli manco, anche se lui non lo ammetterà mai. Come faccio ad esserne sicura? Semplicemente perché siamo una cosa sola; sentimenti unici e condivisi. Stesso modo di affrontare la vita, con le ombre e le luci che questo comporta. -Come stai? Ho visto Piz, stamattina presto.- -Non hai ancora parlato abbastanza coi medici?- rispondo all’affermazione di mio padre, che sta affrontando l’ennesimo impiccio con Logan di mezzo. Sogghigno, tra me e me, amara, spaventata e anche un po’ divertita.  Immagini vivide e prove casalinghe delle vicende rocambolesche che hanno spesso coinvolto lo stesso individuo, e la mia famiglia, in tutto e il contrario di tutto. I faldoni sparsi per la casa, in ordine tutt’altro che casuale, lo testimoniano al meglio. A quanto pare mio padre, in questi anni, si è affezionato a quello ex zero nove, di cui ha conosciuto, per forza di cose, quasi ogni sfumatura. Certo, alcuni momenti con la sottoscritta sono, e rimarranno, nella sezione: “papà sa, ma finge di non sapere.” E così ha fatto in questi giorni, standomi vicino con discrezione, senza mettermi pressione. Infatti il sorriso di discolpa, che lui rimanda alla mia battuta, parla da se. Scuoto la testa, e questa volta le mie labbra si schiudono, piene di comprensione. -Non ti sei ancora stancato di tutti i casini di Logan?- -E tu? Fai attenzione, Veronica. So che le cose ora sono diverse, ma…- -Papà, tu ci credi?- gli chiedo, a bruciapelo, con sguardo implorante. “Dì di no, papà. Dì di no, ti prego.” Una muta supplica, come se il verdetto personalissimo del mio adorato vecchio, possa risolvere il caso, e fare tornare Logan felice e spensierato come non lo è mai stato. Mi tormento da giorni con questo interrogativo. Un pensiero fisso, che se avessi seguito il mio istinto, si sarebbe già sciolto come neve al sole. - A cosa, tesoro?- -Logan non ha tentato il suicidio.- Un solo sospiro, esalato dal signor Mars, riempie il silenzio. -Non sarebbe la prima volta…- -Evidentemente, nonostante tutto, è troppo dare un minimo di fiducia.- E io, perché lo sto difendendo così? Perché mi rendo conto che mi sto rifiutando di credere e valutare obiettivamente tutte le opzioni? E perchè, grazie a Dio, c’è sempre il mio lato razionale a farmi da campanello d’allarme. Che poi io voglia ascoltarlo o no, questa è un’altra faccenda. –Non si tratta di fiducia, Veronica. Si tratta di prove. Quelle che non ci sono.- Stringo forte i pugni; gli occhi stretti dal nervoso e dalla determinazione. -Allora dimmi cosa c’è, invece.- pretendo, quasi digrignando i denti. -Stanno analizzando e controllando la macchina proprio ora, in realtà. I risultati li sapremo oggi pomeriggio sul tardi.- -Va bene.- Non so che altro dire, sospesa su un baratro di incertezza. Ma mio padre subito aggiunge. -Piz deve essere un santo, davvero. Pensaci bene, e abbi rispetto, per favore. Oggi non sono riuscito a parlargli. Ma sembrava strano, e abbastanza contrito. Non è da lui, e, sinceramente, per quanto ami una persona…io non so se farei quello che sta facendo lui. Per te.- per le mie orecchie, marca fin troppo quell'ultima parola. -Credimi papà, lo so.- Continuiamo a girare il coltello nella piaga. Si, sto usando le persone, a quanto pare. -Bene.- Una dolce carezza sul capo, e uno sguardo di calore e supporto. Ecco perché amo quest’uomo: è come se mi dicesse sempre “So che sei in buona fede, ma sbagli e imparerai.” Più protettivo che giudice. -Ciao, papà. Ci vediamo presto.- mentre esco lo guardo, grata. – Stai attenta. E quando lo vedi, salutami Stosh.-  A sentire quel nome, alzo gli occhi al cielo, prendo un respiro a pieni polmoni, ed espiro, libera. Rassicurata. Prima o poi quei due formeranno un’associazione a delinquere, lo so. Probabilmente pure contro la sottoscritta. I miei due grandiosi uomini, che amo alla follia. La mia fortuna. C’è chi invece è sfortunato e solo. E sì, datemi pure della moralista. Ma guardare le cose in prospettiva, rende tutto diverso. Mi chiedo come si comporterebbe la maggior parte delle persone, se vivesse una vita come quella di Logan. Impazzire mi sembra il minino. E quel ragazzo è sempre stato troppo intelligente per farsi annebbiare la mente. E’proprio per questa ragione che ora gli stringo la mano, in questa bianca, spoglia, e vuota stanza di ospedale. Con l’altra, giro le pagine del libro che gli sto leggendo. Non voglio che rimanga nel silenzio. Senza contatti con il resto del mondo. Come se fosse già…come se non ci fosse davvero più nulla da fare. Magari una voce lo avrebbe aiutato. O forse mi sopravvaluto, semplicemente.

“Diario di Mina Murray. 8 agosto. Lucy è stata assai inquieta tutta la notte, e anch’io non sono riuscita a dormire. La tempesta era spaventosa, e coi i suoi assordanti ululati tra i comignoli mi faceva rabbrividire. Un’improvvisa folata è sembrata il colpo di un cannone. Dopo tutto ero contenta che Jonathan questa notte non fosse in mare, bensì in terra ferma. Ma, ahimè, è davvero in terra ferma? O non invece in mare? Dov’è, dunque? E come sta? Comincio ad essere terribilmente ansiosa per lui. Oh, se solo sapessi che fare, e se potessi fare qualcosa! I suoi modi erano quelli di chi domina il suo destino. […] Lettera di Lucy: L’avresti mai detto? Io lo amo. Arrossisco anche solo a scriverlo, perché, nonostante io pensi che lui mi ama, non me lo ha ancora detto. Ma io, oh, Mina, io lo amo; io lo amo; lo amo; lo amo.” 

Chissà perché mi sembra catartico percorrere a voce alta la vicenda del Dracula di Bram Stoker. La vita, nella morte. Il lontano, seppure vicino. 

La vita è solo l'attesa di qualcosa di diverso da quello che stiamo facendo; e la morte è tutto quello che giustamente possiamo aspettarci.” 

Su queste frasi mi si spezza la voce. -Aspettarci, ma non rassegnarci, Logan. Pretendo un tuo sorriso, ricordatelo.- Lentamente, su queste note, gli lascio la mano. Quelle labbra…sanno dire tutto di lui. Capaci di donare l’ambrosia della dolcezza più pura, quanto il veleno più letale. Neppure ora in una curva priva di significato. Espressive fino alla fine. Mi siedo sul bordo del letto, e osservo i suoi lineamenti, le sue ferite e le sue gioie incise nella pelle. Le mie dita gli sfiorano le tempie, e scendono, delicate, sulle guance. Il pollice scorre, intenso, sulla sua bocca che quasi mi sfida. -Ciao, Logan, a presto.- E’ l’ora di tornare in tribunale. Un caso di truffa e droga. Il primo incontro col giudice e la controparte. E il mio cliente, innocente, che è stato incastrato alla grande. Dopo altre due ore e circa trecento limiti di velocità infranti, entro nel tribunale, lascio la tessera sul bancone d’identificazione all’ingresso, e mi precipito a darmi una rinfrescata in bagno. Farsi riprendere appena entrata in aula non sarebbe una novità per me…ma non gioverebbe a Jordan Freeman, che truffato, con diecimila dollari in meno, e ricattato; dopo aver rifiutato di cedere, è stato “omaggiato” dalla casa con un carico nel baule di cocaina ed eroina in confezioni regalo. Ovviamente la sorpresa è stata seguita dall'arrivo dei carabinieri, chiamati con numero anonimo e non rintracciabile. Perciò mi ripeto, e mi ammonisco mentalmente: “Fai la brava, Veronica.” Entro in azione, con l’abituale sensazione degli occhi puntati addosso. Ehi, è colpa mia, se sembro una dodicenne un po’ cresciuta? Ma di lì a poco mi guarderanno in modo diverso. Poco ma sicuro. Non c’è molta gente, ad ascoltare il primo round del processo. Solo quattro o cinque facce dall’aspetto poco affidabile, e qualche amico del mio assistito. Mentre mi avvicino alla mia postazione, con la coda dell’occhio, vedo uno dei presenti lanciare un’occhiata molto eloquente a colui che è nella posizione di difesa. Squadro per bene quest’ultimo, che ricambia con un ghigno compiaciuto e convinto. Ah…la vittoria è sempre così dolce, quando il colpevole è convinto di scamparla. Ci godrò il doppio, quando la legge avrà la meglio. Vorrei che Piz fosse qui, per gustarsi la scena insieme a me, e festeggiare con una birra, come con le vecchie soddisfazioni degli intrighi universitari messi nel sacco. Non ho avuto molto tempo per studiare la sua cartella, ma mi è bastato analizzare a fondo tutti i meccanismi delle numerose detenzioni in lista, per sapere che è un criminale, esperto in molti campi. Sempre uscito di prigione, come di consueto, grazie al potere di soldi e agganci. Sam Johnson, accusato di estorsione, 5 rapine a mano armata, e traffico di stupefacenti in ben sei Stati, strategicamente scelti, geograficamente parlando: California, Virginia, New York, Texas, Colorado, e Washington. Per non parlare dei sospetti di favoreggiamento alla prostituzione (che si riveleranno certezza, visto che due ragazze si costituiranno presto parte civile). Insomma: un bel tipetto a tutto tondo, che non lascia neppure parlare il suo avvocato, durante il cancan di accuse, difese, e finte mosse. -Inoltre l’accusa diffamante è resa ancor più fuori luogo dal fatto che questo impresario è difeso da una persona che in passato ha favorito la fuga e il rapimento di minore, falsificato le prove private custodite in procura, allora sotto la supervisione dello sceriffo Don Lamb.- Ecco, il quadro ora è completo. Mi aspettavo questo ritornello, che, puntualmente, si ripresenta in ogni sentenza che abbia come personaggio la qui presente. Sorrido, e inizio a snocciolare la filastrocca delle smentite. “Ma che brava che sono, ormai l’ho pure imparato a memoria. Il mio paparino sarebbe fiero di me!” Penso, sarcasticamente seccata, e con uno sbuffo mentale. Ma l’avvocato del nostro avversario ha poca possibilità di fiatare, perché “Sam-so-tutto-io”, dopo avermi bloccata, sibila – Come sta il portafoglio di Echolls,  avvocatessa?- Sgrano gli occhi, e all’improvviso mi sembra di non avere più sangue nelle vene. Sono sicura che il mio viso ora è più pallido di un lenzuolo. Poi mi ricordo di dove sono al momento. Luogo, spazio, tempo. Mi dò un pizzicotto mentale, e sbatto le ciglia, svelta, per risvegliare i sensi. Sento una risata soffocata provenire alle mie spalle, e mentre mi giro a guadare (e a fare pentire) il malcapitato emittente, il martello del giudice fa eco nella stanza enorme, con un tonfo fastidioso. -Uno alla volta! Ordine in aula! E cos’è questa storia? Ci spieghi meglio, signorina Mars. Cosa c’entra il suo cliente?- -Posso dirLe che le accuse nei miei confronti sono cadute con la chiusura dei casi in questione. - -Non parlo di quello. So perfettamente cosa si dice di lei, avvocato. Parlo delle affermazioni appena fatte dall’imputato.- Nonchalance e faccia da poker, Veronica. Coraggio. -Appunto, Signor giudice. Sono faccende personali che non coinvolgono il mio cliente. Perciò, se si guarda alla luce dei fatti…- Driiin…driiin… Dannazione. A quanto pare non è destino che io oggi parli. -Prego, risponda. Siamo tutti curiosi di sapere chi è.- Dice il giudice, con un tono tra l’infastidito e il divertito. -Ehm…- riesco solo a farfugliare, più che imbarazzata. -Non è necessario. Scusate.- Aggiungo, bloccando la chiamata. -Dicevamo, un raro esempio di professionalità, vero?- commenta ancora, maligno, Johnson. - Dopo di che, procediamo e concludiamo la prima fase di questo combattimento, che, fortunatamente, è durata meno del previsto. Distrutta, uscendo dal tribunale, conforto Jordan: malgrado molti imprevisti, ha dalla sua parte l’esito parziale e le prove. Prove che il mese prossimo, se tutto va come ho previsto, saranno ancora più consistenti. Mi ringrazia, e finalmente posso raggiungere l’antro sicuro della mia macchina. Mi accascio sul sedile, chiudo gli occhi, e sospiro, stanca. E ancora devo guidare un’ora per tornare a casa. Prendo il cellulare per avvisare Piz, e vedo che sul display lampeggia un messaggio di mio padre: “Sulla macchina non sono stati trovati segni di effrazione. Perciò stai a cuccia.” Grazie, papà, per farmi tornare sempre il buon umore. Ma ancora non hai imparato che più mi dici che non c’è puzza di guai, più io non ci credo?

Note Autrice: Salve a tutti!!! :D Vedo che state seguendo la mia storia in tanti, e mi fa molto piacere :D Grazie davvero!!! Ma non siate timidi con i commenti: le recensioni servono per capire dove uno sbaglia o dove uno eccelle…e anche le diverse idee in merito. Apprezzerei davvero tanto sapere il vostro parere. Secondo voi cosa è successo a Logan? E avete qualche idea sul processo? Aspettatevene delle belle!!! Per chi non avesse letto il meraviglioso Dracula di Bram Stoker, potete semplicemente andare qui (http://it.wikipedia.org/wiki/Dracula)  per capire le citazioni e i legami tra i personaggi citati. In breve, comunque, Jonathan è l’avvocato che va da Dracula, in Transilvania, per concludere il contratto di una casa che il Conte vuole comprare in Inghilterra. Mina è la sua amata. Lucy, se vogliamo davvero minimizzare, è una ragazza che viene “vampirizzata” dal signor Vlad. Ah, dimenticavo: il titolo del capitolo, Minos, deriva dal fatto che, nell'Inferno di Dante, Minosse è il giudice infernale; mostro serpentino, che manda le anima in un girone diverso in base a quante volte arrotola la coda.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto :D

With Love,

Infected Heart

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2405335