Mad Love

di Fiamma Erin Gaunt
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Cap 1 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

 

- È sicura di volersi occupare proprio di lui, miss Quinzel? –

Sarà la decima volta che l’inserviente mi chiede la stessa cosa. Sono sicura di volermi occupare di lui, com’è che si chiama? Riguardo la scheda personale che il mio predecessore ha lasciato nell’archivio.

Jack Napier, Joker.

- Sì, non sarà un problema. – ribatto asciutta, sperando che quell’uomo capisca che non è proprio il caso di continuare a scocciarmi con le sue domande.

- È un tipo molto pericoloso, stia attenta. –

È l’ultima raccomandazione che mi fa, e so bene qual è il motivo. È per il mio aspetto. Essere bassa, minuta, e incredibilmente carina non è il massimo quando si deve trattare con i criminali; in effetti, neanche essere bionda e avere due occhioni azzurri come il cielo li impressiona chissà quanto.

- Lo terrò presente, mr Daniels. Ora, se non le spiace, vorrei parlare con il mio paziente. Da sola. – chiarisco, vedendo che non accenna ad andarsene.

Annuisce, indicandomi l’ultima cella, una delle più ampie.

- Se ha bisogno, chiami. – dice, poi mi lascia sola proprio come ho chiesto.

Raggiungo la vetrata infrangibile della cella, spiando all’interno di essa. Jack Napier è sdraiato sul letto, con indosso un broncio che ricorda molto quello dei bambini quando vengono contrariati dai genitori.

Busso leggermente contro la vetrata per attirare la sua attenzione.

- Signor Napier, sono la sua nuova psicologa, posso entrare? –

Un po’ di cortesia non fa mai male, specie quando si deve avere a che fare con personalità così instabili. Perché sì, dal fascicolo mi sono fatta un’idea precisa sull’uomo che ho davanti. Jack Napier è uno psicopatico puro ed è proprio per questo che ho accettato di averlo in cura come paziente. Catturare uno psicopatico puro è praticamente impossibile, sarà affascinante scandagliare la sua psiche e capire quali sono i meccanismi che lo fanno scattare.

Proprio mentre penso a questo, lo vedo voltarsi ed esaminarmi con occhio critico. Si sofferma in particolare sulle mie labbra, che devono ricordargli le sue visto il colore del rossetto che ho utilizzato per l’occasione. È stata una scelta consapevole, lo ammetto, volevo trovare qualcosa che catturasse la sua attenzione, che lo incuriosisse almeno la metà di quanto lui incuriosisce me.

- Ma che bella bambolina, mi piace il colore del tuo rossetto. Sì, è proprio bello. – approva, mentre sul viso gli si dipinge un sorriso che più che tale sembra un ghigno.

Lo prendo come un assenso a entrare e lasciò scorrere la chiusura di sicurezza della porta della cella. Entro e la richiudo alle mie spalle, non perdendo di vista Napier neanche per un istante. Sembra apprezzare, non c’è alcun dubbio che gli piaccia essere trattato con i guanti. Gode nel comprendere come la sua pazzia riesca a inquietare gli altri.

- Allora, signor Napier, se è d’accordo, possiamo cominciare. – dico, sedendomi sulla poltrona accanto alla sua brandina.

Annuisce distrattamente, come se l’idea di una seduta non lo attiri poi così tanto.

- Come ti chiami, bambolina? – mi chiede, fissandomi negli occhi.

La scintilla di tenebra nel suo sguardo e il modo in cui mi fissa mi fanno correre un brivido lungo la schiena. Un brivido che, mi stupisco a notare, non è di paura.

- Harleen Quinzel. –

Arriccia il labbro in una buffa espressione.

Intuisco che deve essere quella che adotta quando sta pensando a qualcosa. Ben inteso, qualcosa di divertente o piacevole, non una strage. Anche se, in effetti, in un soggetto come Napier strage e divertimento coincidono quasi sempre.

- Non è male, con una piccola aggiustatina dovrebbe andare bene. – considera.

Non chiedo per cosa “dovrebbe andare bene”, anche perché non sono certa che la risposta mi piacerebbe.

- Trovato. – schiocca le dita con espressione soddisfatta, - Harley Quinn. –

Harley Quinn.

Harlequin.

Arlecchino.

- Appropriato, molto appropriato. – commento, con un lieve sorriso sghembo.

- Già, ti chiamerò così da oggi in poi. – aggiunge, lanciandomi un’occhiata penetrante.

Sembra quasi che voglia sfidarmi a controbattere che il mio nome non è quello. Lascio correre, non ho alcuna intenzione di discutere con lui. Piuttosto, forse è il caso di passare al contrattacco.

- Vorrà dire che io ti chiamerò Mr J. – ribatto serafica.

Aggrotta la fronte, rimuginando su quello che gli ho appena detto.

- D’accordo. Sai, Harley Quinn, mi piaci. –

Dal modo in cui lo dice sembra che non sia necessariamente una cosa buona. Infatti, subito dopo, aggiunge: - Prometto che, quando deciderò che sarà meglio ucciderti che chiacchierare con te, lo farò in fretta. –

Ecco fatto, e tanti saluti all’andare d’amore e d’accordo.  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve,

       eccomi fare la mia prima incursione in questo fandom. Confesso di essere incredibilmente affascinata dal personaggio di Joker, per questo ho deciso di scrivere la storia in prima persona, in modo da cercare di calarmi nei panni di Harley e rendere il tutto il più credibile possibile. Che dire, spero che questo breve prologo non faccia poi così schifo e che vogliate lasciarmi una recensioncina con la vostra opinione. Infine, credo che aggiornerò approssimativamente una volta a settimana (o il sabato o la domenica sera) perciò se volete essere certi di non perdere gli aggiornamenti guardate in quei giorni. Infine, vi saluto e vi rimando al prossimo capitolo.

Baci baci,

          Fiamma Erin Gaunt

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Capitolo 2
*** Cap 1 ***


Cap 1

 

 

 

 

Proprio come avevo pensato. Napier risponde in pieno al profilo che avevo elaborato di lui. Però c’è una cosa che mi ha stupito, l’unica che non avrei mai preso in considerazione. È affascinante, persino le terribili cicatrici che gli deturpano il volto non diminuiscono questo aspetto della sua personalità. Anzi, forse sono proprio loro a catturare l’attenzione. Un’attenzione morbosa, insana, ma pur sempre calamitante. Sospiro, recuperando carta e penna e facendo partire il nastro con la registrazione della nostra seduta. Come previsto, non gli ha dato fastidio l’uso del registratore; ha una personalità talmente egocentrica e narcisista, propria degli uomini come lui, che l’idea che le sue parole rimangano impresse non può che fargli piacere.

 

 

 

“Allora, Mr J, perché non mi racconti come mai sei finito qui dentro?”

Napier agita una mano con noncuranza, come se il motivo della sua detenzione non fosse chissà che.

“È una storia noiosa. Perché invece non lasci che ti racconti una storia molto più interessante?” aggiunge, guardandomi con uno strano luccichio negli occhi.

“Che storia?”

“Ma quella delle mie cicatrici, naturalmente.”

Lo dice come se fosse una cosa ovvia, qualcosa a cui sarei dovuta arrivare da sola, e sembra contrariato dal fatto che non ci sia riuscita.

“La conosco già.” ammetto, spiando la sua reazione.

Di nuovo quel broncio da bambino. Sarebbe quasi un’espressione tenera se non fosse impressa sul volto di uomo grande e grosso. Su di lui invece è solo inquietante, rimanda a pensieri che nessuno vorrebbe mai conoscere.

“Perché continui a cercare di spaventarmi, J?” domando.

Il broncio scompare, sostituito da un’espressione neutrale, ma il suo sguardo mi dice la verità. L’ho spiazzato. È solo un attimo, però, e si riprende in fretta. Batte le mani, gioioso.

“Ma allora sei davvero brava, bambolina. L’ultimo strizzacervelli che mi ha visitato non riusciva proprio a capirmi, mi faceva sentire stupido. E poi era così serio, mi sarebbe piaciuto disegnargli un bel sorriso.”

Deglutisco, sforzandomi di ignorare l’ultimo commento. Sto lentamente conquistando il suo rispetto e non posso cedere alla prima insinuazione violenta.

“Un pipistrello.”

Lo guardo perplessa.

“Mi hai chiesto come mai sono qui. Bè, la colpa è di un pipistrello. Uno bello grosso, un vero guastafeste.”

Già, Batman. A quanto ho potuto capire dalle indicazioni lasciate dal mio predecessore, si tratta dell’ossessione ricorrente di Napier. Nutre un vero disprezzo per quell’uomo, chiunque esso sia.

“Non mi sono mai piaciuti i pipistrelli.”

Non so neanche io perché lo dico, ma sembra che quell’affermazione renda felice Napier. Mi rivolge un sorriso ampio, di apprezzamento.

“Non preoccuparti, bambolina, quel pipistrello non vivrà ancora a lungo.”

 

 

 

 

 

Il nastro registratore emette un rumore secco. Ho smesso di registrare in quel punto, perché non voglio che una prova della volontà di uccidere Batman rimanga impressa da qualche parte. Tutti lo sanno, ma le parole senza prove non possono reggere in tribunale. Una registrazione trafugata invece sì.

Metto via le mie cose, riponendo con cura la cassetta nello schedario personale di J. È strano come mi senta già in stretta connessione con lui, non mi era mai capitato con gli altri pazienti. Scrollo le spalle. Magari è tutta una mia impressione, o forse il fascino di J sta lentamente facendo presa su di me. È una sorta di voce della coscienza quella che aggiunge l’ultima parte della frase. Sembra quasi un monito, un messaggio che il subconscio mi sta lanciando: “Harleen, mantieni la lucidità”.

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