Come As You Are di Lumik Lovefood (/viewuser.php?uid=96127)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Vermut Dolce ed i sensi di colpa non vanno d'accordo! ***
Capitolo 2: *** La torta al cioccolaco conquista sempre tutti! ***
Capitolo 3: *** Dafne al Tompkins è più interessante di Orlando Bloom in persona! ***
Capitolo 4: *** Le Rose e i capelli biondi col gel, han sempre le spine! ***
Capitolo 5: *** Esiste cosa più dolce di un gelato? ***
Capitolo 1 *** Il Vermut Dolce ed i sensi di colpa non vanno d'accordo! ***
Come As You Are
- Il Vermut Dolce ed
i
sensi di colpa non vanno d'accordo! -
Cercando
di non far cadere mia nipote dalle mie stesse braccia, e
così
evitare la furia omicida di mio fratello, cerco le chiavi di casa di
quest'ultimo per poter rientrare, dopo aver saccheggiato i
più
disparati negozi con la sua bellissima, ed ora anche usatissima, carta
di
credito.
Dopo essere riuscita ad entrare ed a chiudermi la porta
alle spalle, sento dei passi che si avvicinano a me. Sono troppo
leggeri per essere di mio fratello, un bestione biondo che non si sa
da dove sia uscito, e camminano troppo velocemente... Chi diavolo
c'è
in casa?
Stringo
di più Vivienne, che al contrario mio non sembra per nulla
in ansia,
e faccio alcuni passi in direzione della cucina, ma vengo bloccata da
una voce che proviene dai miei piedi.
“Tibby!”
Abbasso
lo sguardo e vedo Flynn Bloom che mi guarda felice come una Pasqua,
aggrappandosi alla miei gambe. Io sono incapace di mettere insieme
nemmeno una vocale per la sorpresa.
Lui si
stacca da me e mi guarda “Siamo venuti a trovarti. Te ne sei
andata
senza salutare.” mi sta rimproverando questa piccola peste e
sto
per ribattere, ma mi soffermo alle parole che ha usato.
“Siamo
venuti?” Chi?
Poso a
terra Vivienne e le tolgo il cappello ed il cappotto, appendendolo
all'appendiabiti che c'è all'ingresso. I due bambini si
guardano
curiosi l'un l'altro, ma mentre mia nipote sembra più timida
e si
nasconde dietro le mie gambe, Flynn sembra più sfacciato,
dato che
la sta guardando incessantemente.
Mi abbasso su Vivienne “Questo
è Flynn. E' un amico della zia.”
Lei si
limita a guardarlo, con i suoi occhietti azzurri che si abbassano
immediatamente non appena scorgono la figura del bambino.
Cara
mia, da grande ti ritroverai zitella come tua zia se non sei un po'
più disinibita!
Flynn sembra aver capito, oppure agisce giusto
perché si sta annoiando, e si avvicina a Vivienne, tenendo
alzata
una manina “Mi chiamo Flynn e mi piace la torta al
cioccolaco.”
Scoppio a ridere perché ricordo che anche con me
si è presentato in questa maniera.
La bambina sgrana gli occhi
ed a me viene un lampo di genio: a Viv piace la torta al
cioccolato!
Mia nipote esce dalle mie gambe e stringe titubante la
mano al bambino, mormorando solo che si chiama
Vivienne.
Improvvisamente, sento dei rumori provenire dalla
cucina, sembra vetro rotto. Mi volto sui bambini, che si stanno
ancora stringendo la mano e si guardano curiosi
“Perché zia, non
vai a far vedere a Flynn i tuoi bellissimi giocattoli?”
Ed
immediatamente si sono dileguati.
Faccio
un bel respiro e mi avvicino cauta in cucina, sentendo delle voci che
mugugnano provenire da essa.
Mi affaccio alla porta, e forse non
avrei dovuto proprio farlo.
Se
potessi, prenderei a sberle quell'idiota e quell'altro deficiente che
sono stesi sul tavolo della cucina, ubriachi come non mai!
Reese
Lanyon (sì, mio fratello, che si pentirà tra poco
di essere tale),
è completamente ed inevitabilmente ubriaco marcio. Con la
sua stazza
da giocatore di football e il cervello di una gallina, occupa solo
lui mezzo tavolo della cucina, russando e mugugnando nel sonno cose
senza senso. Per come è carico di alcol, regge ancora la
bottiglia
di Vermut dolce tra le dita, nonostante il liquido sia finito da un
pezzo e non ci sia nessun bicchiere a raccoglierlo, dato che giace
infranto sul pavimento.
Voi vi starete chiedendo che è l'altro,
vero? Beh, vi annuncio che Mr. Orlando Bloom non farà alcun
altro
film, dato che lo disintegro con le mie stesse mani, ma a lui ci
penserò dopo, ora viene prima quell'idiota di mio fratello.
Mi
avvicino a lui e gli do un forte scossone, talmente forte che apre
gli occhi di scatto e grida “Il terremoto!”.
Non appena si
rende conto che non c'è nessun fenomeno sismico in atto,
sfortunatamente per lui, si accorge della mia presenza e forse, ma
forse, sperava che fossi un'illusione ottica dovuta all'alcol, ma non
appena sente una mia mano togliergli la bottiglia vuota in mano,
inizia a piagnucolare.
“Oh Tibby... Oh Tibby... Era un goccio,
solo un goccio... Oh Tabitha.”
Cerco
di non sentire quel lamento e di farlo alzare dalla sedia, portandomi
un suo braccio, o una mia gamba che sembra un suo braccio, sulla mia
spalle, caricandomelo un po' addosso per portarlo nella sua
stanza.
Fortunatamente, ha sempre avuto un buon senso
dell'equilibrio e mi aiuta in questa ardua impresa. Il corridoio che
devo percorrere, sempre per mia fortuna, non è tanto lungo e
difficile da
percorrere, ma nel viaggio, dobbiamo passare davanti la cameretta di
Vivienne, intenta a giocare coi colori insieme a Flynn.
Non
fosse mai successa una cosa del genere...
Mio fratello, non appena
vede la figlia, perde ogni tipo di dignità che aveva, non
che fosse
molta in principio, ed inizia a piagnucolare di nuovo, gridando per
giunta.
“Mio raggio di sole! Mio piccola ciabattina fru fru!
Papà sta bene, papà sta benone. Sta' solo
giocando!”
Mi
verrebbe voglia di prenderlo a sberle “E che gioco gli
vorresti
insegnare ? Quello del bere?” grugno inviperita.
“Oh Tabitha!”
ed inizia a piangere come un bambino. Fortunatamente, i veri
bambini l'hanno presa sul ridere e non hanno dato peso a quello che
blaterava mio fratello.
Dopo tanto, siamo arrivati nella sua
stanza e posso buttarlo, letteralmente, sulle sue lenzuola blu notte,
togliendoli poi le scarpe e la cintura ai pantaloni, la cravatta e la
giacca del completo non c'erano, probabilmente l'aveva tolte lui
stesso in un attimo di euforia disinibita.
Prima che me ne potessi andare, mi
afferra per un polso e mi fa chinare su di lui, schiaffandomi il suo
faccione rosso in faccia e fissandomi dritto negli occhi, nonostante
i suoi sono praticamente invisibili tra le sue palpebre calate. Sento
il suo alito saturo di alcol entrarmi in corpo, rischio di ubriacarmi
se gli sto ancora vicino ma, nonostante i vari tentativi di
togliermelo, rimango lì, a guardarlo.
“Tu.” dice, con gli
occhi ormai chiusi, non continuando a parlare.
“Io.” gli dico,
alzando la voce e ridestandolo.
“Tu, sei fortunata.” e dopo di
questo, crolla completamente, fatto fuori dall'alcol.
Faccio
un sospiro e mi stacco da lui, prendendo poi il suo cellulare,
poggiato sul comodino, e componendo il numero della sua segretaria,
Jennifer.
“Pronto? Reese?” risponde Jen, preoccupata.
“Sono
Tibby. Scusa il disturbo, ma purtroppo non credo che mio fratello si
possa presentare domani a lavoro.” spiego, cercando di essere
più
seria possibile.
“Cosa? E' successo qualcosa di grave?” chiede
lei, con la voce acuta.
“No, nulla, tranquilla. E' solo che,
tornato dall'ufficio, si è precipitato in bagno a vomitare,
cosa che
sta facendo tutt'ora, e...” getto un'occhiata a mio fratello,
che
in quel momento aveva preso a russare con la bocca aperta come un
forno “E' veramente messo male.” conclusi poi, al
telefono.
“Ti
mando un'ambulanza?” chiese lei, efficiente come sempre.
“No!
Ho chiamato il medico di famiglia, non preoccuparti.” gridai
da
schizzata.
Jennifer rimase un attimo in silenzio, ma poi parlò
“Va bene. Fammi sapere se hai bisogno di qualcosa.”
“Sì.
Grazie. E scusami.” e riattaccai velocemente il telefono.
Poi
guardai Reese “Mi devi un favore.”
Uscii
dalla sua stanza e mi avviai velocemente in cucina, dall'altro.
Rimasi un attimo ad osservarlo dallo stipite, incrociando le braccia
al petto.
Quell'idiota era venuto fino al Vermont per me? Chissà
chi gli aveva dato tutte queste indicazioni su dove trovarmi... Ma
poi mi venne un'illuminazione: mia madre. Aggrappai immediatamente il
mio cellulare e le composi un messaggio, che inviai subito.
“Grazie,
eh!”
lo
riposi in tasca e mi avvicinai ad Orlando, che dormiva beatamente,
ogni tanto facendo dei versi senza senso. L'avevo già visto
dormire,
in verità, ma ora mi sembrava di vederlo per la
prima
volta e non
potei non osservarlo bene, vedere la linea della sua mascella, gli
zigomi squadrati che finivano vicino agli occhi dalle lunghe ciglia
scure e le labbra, quelle labbra sottili che ogni tanto si muovevano.
Ripensai al nostro bacio...
Lo
guardai un altro po', sospirando, finché non decisi di
svegliarlo,
una volta per tutte.
Gli posai una mano sulla spalla e lo scossi
energicamente, chiamandolo “Orlando.”
Fortunatamente
si sveglia subito, stropicciandosi gli occhi per poi volgerli a me.
Non appena mi mette a fuoco, li sgrana, non so se per la sorpresa o
per l'imbarazzo di trovarsi così in fretta faccia a faccia
con me ed
ubriaco.
Alza
il busto di scatto, continuandomi a fissare in quel modo stralunato,
muovendo un po' le labbra, finché non riesce ed emettere un
suono,
una parola “Tibby.”
Mi
rende felice e nello stesso tempo mi mette paura, sentire nuovamente
il mio nome uscire dalle sue labbra.
Lo guardo un po', per poi
dirgli “Andiamo a letto.”
Non so cosa abbia capito, ma il suo
sguardo s'illumina, nonostante abbia due occhi che sembrano due
gommoni. Come per mio fratello, mi metto un suo braccio sulla spalla
e cerco di farlo alzare ma, a giudicare dalle sue gambe a gelatina,
sarà un'impresa più difficile di quella che mi
è toccata con
Reese.
Lo
trascino nel vero senso della parola, dato che non muove per nulla le
gambe, nella mia stanza, stendendolo poi sul letto. Lui però
non mi
lascia il collo e sono costretta a guardarlo negli occhi ed a
perdermi nei suoi pozzi scuri come la pece.
“Mi dispiace.”
mormora con un fil di voce “Ho fatto una cazzata.”
“Ho
notato.” gettandogli un'occhiata da capo a piedi, ma credo di
non
aver capito bene, dato che cruccia i sopraccigli e mi guarda
strano.
“Non intendevo il Vermut...” e sta' muto,
aspettando
me, aspettando che sia io a parlare. Non voglio parlarne ora,
soprattutto perché è ubriaco lercio e
perché non me la sento
ancora. So che non posso rimandare in eterno, ma cavolo! Mi ha
riempita di bugie perché non aveva il coraggio di dirmi la
verità!
“Ne parliamo domani.” taglio corto, togliendomi le
sue mani dal collo e dandogli le spalle, facendo per andarmene, ma
lui mi blocca un polso, e mi costringe a voltarmi verso di lui.
Ha
lo sguardo sofferente, di uno che si sente in colpa, di uno che sa di
aver fatto una cazzata immane. Stringe di più le dita
intorno al mio
polso ed io, istintivamente, abbasso lo sguardo verso quell'intreccio
di pelli e calore.
Mi fa
male, mi fa male sentirlo nuovamente sulla mia pelle, nonostante sia
quello che voglio.
Alzo lo sguardo verso di lui e lo vedo muovere
le labbra.
“Io voglio te.”
Mi
chiamo Tibby Lanyon, ho ventisei anni e lavoro in un ufficio di
Grafica Pubblicitaria. Sono del Vermont ma vivo a New York, in un
appartamento tutto mio, preso dopo molti sacrifici. Amo il
tiramisù
ma odio gli spinaci. La mia giornata tipica è molto
monotona:
casa-lavoro-casa. Odio le feste e i glitter su ogni cosa esistente in
questo mondo. Non sono bionda, non solo alta e non sono una modella.
Altro?
Mmh... Ah, sì!
E
mi sono incasinata la vita col mio nuovo vicino di casa, Orlando
Bloom.
Volete sapere come?
- Sclero d'autrice -
Salve! Sono di nuovo qui
con una nuova storia, un po' diversa dalla precedente che ho
pubblicato, e sicuramente più lunga di essa.
Questo capitolo è un po' corto, ma mi serve per introdurvi
al meglio la storia e per riprendere, dopo diversi capitoli, da qui la
narrazione. Amo quando si parte dal presente per andare al passato e
riprendere il presente poi, molte mie storie iniziano così!
^___^
Ho introdotto un po' di personaggi nuovi e spero di avervi incuriosito
almeno un po'... Non credo di fare una storia lunghissima, forse alcuni
capitoli lo saranno, ma in totale la storia non dovrebbe avere
più di dieci capitoli! Mi sono messa questa piccola
imposizione, perché altrimenti farei un'opera omerica che
non avrebbe fine e vorrei evitare ciò, non solo per me ma
anche per voi lettori!
Non avevo programmato di scrivere un'altra storia, soprattutto
perché ho un'altra all'attivo, che per il momento
rimarrà un po' ferma, o comunque subirà dei
rallentamenti... Il mio problema è che non riesco a non
immaginare le cose ed a non scriverle! Io devo scrivere!
E cos'è meglio di una giornata grigia e piovosa per farlo?
Mi ha spronato la mia piccola calopsitta Giorgi (se non sapete
cos'è, vedete su internet), che si era gonfiato tanto da
diventare simile ad un uccello di Angry Birds, che non ho fatto a meno
di ridere e di aver voglia di buttarmi in quest'avventura. :D
Or bene, credo di aver detto tutto... Spero! xD
Ci vediamo al prossimo capitolo! :)
Un bacione, vostra Lu
EDIT delle 2:14 pm: Questa sera
(25-01-2014), sarà presente Orlando Bloom a "C'è
posta per te" di Maria De Filippi. Appene io e mia sorella, grande fan
anch'essa dell'attore, abbiamo saputo la notizia tramite il TG5,
abbiamo fatto una hola da Guinness dei primati! Mia madre era
sconvolta! xD Io, purtroppo, non potrò vedere la puntata, a
meno che non compaia proprio all'inizio, ma mia sorella poi mi
racconterà tutto! :D
Potete trovarmi su Facebook, a questo profilo LuMiK Efp :)
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Capitolo 2 *** La torta al cioccolaco conquista sempre tutti! ***
Come As You Are
- La torta al cioccolaco
conquista sempre tutti! -
“Ciao,
mi chiamo Flynn, ho tre anni e mi piace la torta al
cioccolaco.”
Ok,
ora, immaginatevi di essere in ritardo per il lavoro, con una
consegna imminente da fare, il braccio carico di fogli e notebook,
preziosissimo per voi. Immaginatevi un bambino di a mala pena tre
anni che per poco non investite con la vostra furia, ed il gioco
è
fatto.
Stavo uscendo dal mio appartamento, conscia che il mio capo
mi avrebbe ammazzato se avessi consegnato in ritardo il mio lavoro e,
non appena imbuco il corridoio del palazzo che porta all'ascensore,
mi ritrovo una vocina stridula ed infantile che si presenta in quella
bizzarra maniera. Guardo in basso, verso i miei piedi, facendomi
largo tra borse e borsette, e noto un bambino dalla faccia felice e
simpatica, con addosso un cappellino scuro ed un cappotto giallo, che
lo fa sembrare un limone.
Lo guardo incuriosita, ma lui non sembra
minimamente minato dalla mia presenza, anzi, allarga ancor di
più il
sorriso, scoprendo dei piccoli dentini bianchi ed irregolari.
Improvvisamente, mi viene in mente mia nipote, Vivienne, la
figlia di mio fratello. Quanto mi manca...
Mi abbasso per
raggiungere la sua altezza e, mandando a farsi friggere il lavoro, mi
presento a mia volta, utilizzando lo stesso ed identico modo del
bambino “Ciao, mi chiamo Tibby, ho ventisei anni e mi piace
il
tiramisù.”
Flynn,
non appena sente il mio modo di presentarmi, gonfia le guance
euforico e gli occhi gli si illuminano, sicuro di aver trovato una
compagna di giochi, ma non oggi, piccoletto!
Avvicinandomi di più
al suo viso, gli chiedo “Dov'è la tua
mamma?”
Lui
scuote la testa “Mamma non c'è.
Papà.” e si guarda le spalle.
Io alzo gli occhi al di sopra di esse, sentendo dei rumori di passi
frettolosi avvicinarsi sempre più, provenire dalla tromba
delle
scale.
Ne
esce un uomo che correva velocemente verso di noi, col fiatone ed una
borsa che ondeggiava pericolosamente sulla sua spalla. Appena fu
vicino, si piegò in avanti, poggiando le mani sopra le
ginocchia,
sfinito per la corsa. Io e Flynn lo guardammo stupiti, più
io che
lui a dir la verità.
“Flynn... La prossima volta che vuoi
scappare, prendi almeno l'ascensore.” mormorò
l'uomo senza fiato,
o comunque con quel poco che gli era rimasto, e non alzando lo
sguardo da terra.
Il
bambino fu felice di vedere il padre ed mi indicò
“Lei è Tibby e
le piace il tiramisù.” e fece un enorme sorriso.
L'uomo alzò
gli occhi su di me, concentrandosi a vedere i miei pantaloni rossi
scozzesi e la T-shirt bianca sotto il chiodo di pelle.
Gli
sorrisi ed allungai una mano verso di lui “Piacere, padre di
Flynn.
Tibby.”
Solo dopo notai che aveva un viso familiare, come se
l'avessi visto molte volte, anche se in quel momento non ricordavo
dove...
L'uomo me la strinse “Piacere, Orlando.”
E capii
chi fosse, ma cercai di non darlo a vedere e di risultare naturale
“Sai, credo di averti visto da qualche parte.”
scherzai ed
azzardai un sorriso, subito corrisposto da uno dei suoi, forse felice
che non gli fossi saltata addosso o per il semplice motivo di non
aver gridato, pianto, o di essere svenuta alla sua sola presenza,
cosa che capitava all'ottanta per cento delle sue fan, forse anche al
novantanove.
Da premettere: io non sono una sua fan sfegatata, ma
sarei una scema a non riconoscerlo!
Cielo,
lui era Orlando Bloom! Perfino mia madre, non molto propensa a
televisioni e quant'altro, sapeva chi era, e non solo perché
era
appassionata della saga de “I Pirati dei Caraibi”.
Nei gossip e
quant'altro, lo descrivono come un sex symbol di fama mondiale, con
schiere di donne pronte a tutto per conquistare il suo cuore, ma ora,
mi sembra solamente un padre che rincorreva quella peste di suo
figlio, vestito di soli jeans e felpa.
L'attore
mi ridestò dai miei pensieri “Tu abiti
qui?”
Sorrisi
“Sì, sono appena uscita dal mio appartamento, il
sette.”
“Davvero?”
sembrava stupito “Io mi sono appena trasferito a quello di
fronte.
E' l'ottavo.”
“Sul
serio?” sgranai gli occhi, per poi abbassarli verso Flynn
“Siamo
dirimpettai.” e gli regalai un sorriso.
“Dirimpeppi,
sì!” esclamò entusiasta il piccolo.
Risi di gusto e gli posai una
mano sulla testolina, coperta ancora al cappello.
Orlando
riprese la parola “Spero che non ti abbia
disturbato...”
“No,
tutt'altro! Si è presentato in maniera
impeccabile.” esclamai,
gettando uno sguardo complice a Flynn, che gonfiò le guance
felice.
Presi
in mano il mio cellulare e, non appena vidi l'orario che segnava,
strabuzzai gli occhi e iniziai a camminare verso le scale
“Scusate,
devo scappare. Il lavoro chiama.” e mi indicai le spalle con
un
pollice “Non è molto convincente come benvenuto,
ma devo proprio
andare...” mentre lo dicevo, mi guardavo costantemente le
spalle
per vedere dove mettevo i piedi “Arrivederci e buona fortuna
col
trasloco. Ciao Flynn.” e, dopo un breve cenno di saluto con
la
mano, scappai inghiottita dalle scale.
Flynn
sventolava felice una manina paffuta verso le spalle della vicina,
mentre io gli presi l'altra e lo condussi davanti la porta del nostro
nuovo appartamento. Feci un sospiro profondo prima di inserire la
chiave nella toppa e girarla, prima di aprire la porta alla mia nuova
vita.
La spalancai ed una luce investì sia me che Flynn,
trovandomi poi il salone come primo ambiente casalingo. La sala era
molto luminosa, grazie all'enorme vetrina da cui entrava tutto il
Sole possibile ed i divani neri di pelle guizzavano a contrasto con i
mobili e le pareti candide. Presi in braccio mio figlio ed arrivai
alla cucina, guardandomi attorno, stupito del lavoro che avevano
fatto i traslocatori e la design d'interni che avevo ingaggiato per
arredarmi la casa. La professionista era riuscita a fondere
perfettamente lo stile moderno e l'utilità di una casa con
dentro un
bambino di tre anni: la cucina era ampia e luminosa, con apparecchi
elettronici di ultima generazione ed un frigo grosso come un armadio,
il tutto su mobili bianchi e neri; il tavolo era lungo e di plastica
trasparente, con sei sedie in coordinato.
“Andiamo a vedere la
tua cameretta?” Flynn si agitò tra le mie braccia
per farsi
mettere a terra, ed l'accontentai subito, vedendolo poi precipitarsi
alla sua stanza, anche se non sapeva di preciso dove fosse.
Dopo
che gliela indicai, Flynn aprì faticosamente la porta della
camera e
rimase impalato per lo stupore: era meravigliosa ai suoi occhi.
Lo
raggiunsi e gli sorrisi dolcemente “Ti piace lo spazio,
vero?”
Il
bambino si buttò sul suo letto, ma non un letto qualunque,
un
letto-razzo, dato che aveva quelle fattezze. Le pareti erano dipinte
di un blu scuro a cui erano state spruzzate piccole gocce bianche che
assomigliavano a tante stelle luminose. Mi avvicinai alla finestra e
chiusi le tapparelle, per creare del buio e per far vedere altro a
mio figlio: i puntini erano stati creati con della pittura
fosforescente e s'illuminavano al buio, facendo sembrare l'intera
stanza un cielo stellato. Quando le riaprì, mi ritrovai
aggrappato
alle gambe Flynn, che per la felicità non riusciva a
spiccicare una
parola completa.
Gli posai dolcemente una mano sulla testa
“Deduco che ti piace.” riuscì a
mormorare dopo averlo fissato a
lungo, col sorriso sulle labbra.
Sono
riuscita ad arrivare in ufficio senza troppo margine di ritardo, e mi
sono anche ritrovata una tazza fumante di the al limone, portatami
dal mio vicino di scrivania. Sono stata proprio brava!
“Hai una
relazione da scrivere.” mi dice Ithan, sorridendomi da sopra
i
libri che avevo sulla scrivania.
Ed
eccolo il mio vicino di scrivania, Ithan Cattlermore,
trentatré anni
compiuti, un curriculum che invidio ed una testa schizzata che la
mia, al confronto, impallidisce, talmente schizzata da chiedermi una
volta a mese un appuntamento, da me sempre rifiutato: non mi piace
mischiale la vita privata col lavoro, e non piace nemmeno lui!
“Ma
non dirmi...” scherzai, sbuffando e raccogliendomi i capelli
castani in una coda “Hooper ancora si vede?”
Hooper è il capo
dell'ufficio, un omone grande e grosso, per non dire grasso, che
prima delle dieci non si presenta a lavoro. Da dire che, io attacco
alle otto e mezza del mattino!
Il ragazzo scosse la testa bionda e
piena di gel “Il capo ancora si fa vedere... In compenso,
Stevenson
ha già iniziato a fare il capetto, dando ordini a destra e
manca.”
Stevenson è, per così dire, il vicecapo auto
eletto
dell'ufficio. Penso che non abbia mai avuto a che fare con posizioni
di potere ed, infatti, appena ne ha per le mani un po', ne abusa
anche per le cose più stupide, come...
“Laynon,
portami un caffè, decaffeinato, senza schiuma, amaro e
nero!”
Che
avevo detto? La sua voce e il suo ordine, si fecero sentire per tutto
il piano, rimbalzandomi nel ccervello.
Sbuffai:
era la tipica giornata d'ufficio.
Fortunatamente,
il tempo era passato senza troppi intoppi a lavoro, ed ero tornata a
casa prima del solito, stranamente nemmeno la metropolitana aveva
fatto tardi. Capitassero più spesso giornate fortunate!
Davanti
la porta di casa, iniziai a trafficare nella borsa per trovare le
chiavi e mi guardai le spalle, vedendo la porta dell'appartamento
otto. Guardai l'ora sul cellulare. Era presto, troppo presto per i
miei canoni.
Entrai
in casa e posai tutta la roba che avevo sul divano e mi ci buttai
sopra manco fossi una morta.
Non so per quanto tempo me ne sono
stata seduta senza muovere un muscolo, forse minuti, ore, ma la
lancetta dell'orologio non si era mossa d'un millimetro, anzi, avevo
la netta sensazione che fosse tornata anche indietro!
Guardai
la mia porta d'ingresso e decidetti che era proprio ora di alzarmi
dal divano.
Stavo
mettendo apposto alcuni scatoloni rimasti ancora colmi di roba,
mentre Flynn era concentrato a scegliere se giocare con le
automobiline oppure con i colori, quando sentiamo entrambi suonare
alla porta.
Mio
figlio si precipitò subito su di essa, cercando in tutti i
modi di
mettere un occhio sullo spioncino, non riuscendoci. Gli fu subito
affianco ed aprii la porta, ritrovandomi in faccia un pacco di carta
trasparente, da cui poi vi uscì la testa della vicina.
“Ciao.”
sorrise lei “Ehm... Ecco... Benvenuti nel palazzo!”
esclamò,
sempre sorridendomi “Spero di non disturbare...”
“No,
anzi...” mi scansai e le feci segno di entrare. Flynn le si
attaccò
subito alle gambe, salutandola ripetutamente con dei
“Ciao.”.
Lei
gli sorrise e gli posò una mano sulla testa “Ecco,
mi sono
ricordata che qualcuno, questa mattina, mi ha detto che gli piacciono
le torte al cioccolato, e così...”
abbassò il pacchetto che aveva
tra le mani e lo fece guardare al bambino, che glielo tolse
immediatamente tra di esse, mostrandolo poi fiero a me.
“E'
una torta al cioccolaco!” e corse in
cucina, cercando di
metterlo sopra al tavolo.
Lo
guardai, sorridendo, per poi voltarmi verso la ragazza
“Grazie,
davvero, non dovevi.”
“Figurati!
Sono uscita prima da lavoro e così...”
arrossì violentemente da
dietro le lentiggini, conscia che i miei occhi la stavano guardando
curiosi, e si grattò la testa, imbarazzata. Alzò
lo sguardo su un
punto imprecisato e credo che abbia visto i scatoloni che stavo
svuotando, perché disse poi “Oh, ma vedo che stai
completando il
trasloco... Sarà meglio che vada...” e si stava
muovendo verso la
porta, ma io le presi delicatamente un polso.
“Resta e mangia un
pezzo di torta con noi.” e lasciai la presa su di essa.
Lei
mi guardò sorpresa e stava per rispondere, se non fosse
arrivato
Flynn, con delle briciole intorno alla bocca, che si
aggrappò
violentemente alle gambe di Tibby e le gridò che era una
torta
buonissimissima, per
usare un suo termine. Lei gli sorrise e lanciò uno sguardo
verso di
me, per poi annuire “Va bene.” si piegò
sulle ginocchia e si
rivolse a mio figlio “Davvero, è buonissimissima
la torta?”
Lui gonfiò le guance e le prese una mano,
costringendola a seguirlo in cucina.
Appena entrò, si guardò
intorno meravigliata e, dopo essersi seduta su una sedia, si rivolse
a me “Hai sistemato davvero bene qui... La mia casa
è identica, ma
al confronto fa pietà!”
Risi
di gusto “Magari fosse farina del mio sacco! Mi sono fatto
aiutare
da dei professionisti...” andai verso dei cassetti di una
credenza
e presi un coltello e iniziai a tagliare il suo dolce a fette,
così
da far smettere Flynn, che staccava i suoi bocconi dalla torta
stessa con le mani, rovinando la forma perfetta “Non potevo
occuparmi tutto solo del trasloco, di mio figlio, del lavoro e della
separazione con Miranda...” mi bloccai di scatto. Sapevo che
Flynn
mi stava osservando stralunato, mica è così
stupido, sa come si
chiama la madre.
Anche Tibby si accorse che l'atmosfera era
cambiata, ma mi stupì con la sua prontezza d'azione
“Flynn, perché
non ci facciamo dare il coltello da papà e tagliamo insieme
la
torta?”
Lo sguardo di mio figlio cambiò improvvisamente e
tornò
ad essere felice e spensierato, come sempre. Per quanto ero rimasto
imbambolato, non mi accorsi nemmeno che la vicina mi aveva tolto il
coltello di mano e si era avvicinata alla sedia di Flynn, per
aiutarlo a tagliare dalla torta tre fette perfette.
Tibby
alzò lo sguardo su di me e mi sorrise, io riuscì
solo a mimarle un
“Grazie.” con le labbra.
La
torta era squisita, anche se era giovane ci sapeva fare coi fornelli.
A dir la verità, non nutro grandi aspettative culinarie da
donne al
di sotto dei cinquant'anni, esempi lampanti sono mia sorella Sam ed
anche la mia ex moglie, Miranda: farle avvicinare ai fornelli era
come firmare la propria condanna a morte!
Un
altro appunto da farle era che ci sapeva fare coi bambini: Flynn si
stava addormentando tra le sue braccia, mentre lei camminava
lentamente sotto e sopra per il salone, cullandolo dolcemente e
sussurrandogli qualcosa nelle orecchie. In un batter d'occhio
è
crollato, e lei non fece altro che posarlo sopra al divano e
mettergli una coperta sopra il corpo, e lo lasciò
lì, non prima di
avergli accarezzato un po' la testa.
Io ho osservato tutta la
scena, appoggiato allo stipite della porta della cucina, come
ipnotizzato dalla sua figura.
“Come fai?” le chiesi in un
sussurro.
Lei parve stupita della domanda e si avvicinò a me,
mettendosi una ciocca di capelli castani dietro l'orecchio e
sorridendomi “Anche io ho a che fare con una
peste...”
“Hai
un figlio?”
Ma che razza di domanda mi è uscita?
Hai
del tatto, Bloom, davvero! Se non ti prende a sberle, è una
santa!
Lei
indugia un attimo nel rispondermi, forse perché stupita
della
domanda o per valutare i miei movimenti, il mio viso, forse per
studiarmi. Improvvisamente, però, un pensiero s'impadronisce
della
mia testa: spero con tutto me stesso che dica di no.
“No, ho una
nipote.”
Dai cazzo!
Mi
verrebbe voglia di saltare, ma me ne sto buono al posto mio
“Ah?”
ringrazio il cielo per essere attore, perché so fingere un
tono
sorpreso davvero convincente “E quanti anni ha?” le
dico,
sorridendole.
I suoi occhi s'illuminano, forse le piace parlare
della nipote “Non ci crederai, ma ha tre anni come Flynn. Si
chiama
Vivienne, è la figlia di mio fratello.”.
“Ecco perché ci sai
fare coi bambini.” le dico, indicandola scherzosamente con un
dito.
Lei ride di gusto e si avvicina al tavolo della cucina,
prendendo i piatti dove abbiamo mangiato la torta e posandoli nel
lavabo, per poi girarsi verso di me, che nel frattempo avevo seguito
i suoi passi, ed appoggiare le mani sul mobile “No. Mia
nipote ha
più o meno lo stesso problema di Flynn: ha un genitore solo.
Il
problema, che a Vivienne non è una cosa
temporanea...”.
Divento
triste “Mi dispiace. Non sapevo che tuo fratello è
vedovo.”
Lei
scoppia in una risata “No, ma che hai capito?” sta
ancora ridendo
ed io sono sconcertato “Allora, hai presente tutte le
possibili
variabili di una famiglia allargata e cose così?”
- annuisco,
ancora confuso - “Beh, rimuovi tutto, perché la
mia famiglia ti
stupirà!” e mi sorride furba, invitandomi a
sedermi intorno al
tavolo.
“No,
aspetta, ripeti un attimo, tuo fratello ha ricorso ad una gravidanza
assistita?” praticamente lo grido, incapace di capire per
bene cosa
diavolo avessero in testa la famiglia di Tibby. No che sia strano
voler diventare padre, anzi tanto di cappello, ma di volerlo al tal
punto di bruciare le tappe e ricorrere ad una sconosciuta? Non era
meglio, e meno dispendioso, trovarsi una donna?
Lei
mi sorride e fa spallucce “Già. Mio fratello ha
sempre avuto il
desiderio di avere un figlio, fin dal liceo. Quando poi ci siamo
trasferiti a New York dal Vermont e lui si è trovato un buon
lavoro,
non ha perso tempo. Questo suo atteggiamento ricorda molto mia madre,
in effetti...” e diventa pensierosa all'improvviso.
“Com'è
tua madre?” ho quasi paura a chiederglielo e forse lei lo
nota,
dato che sbotta ancora in una risata di gusto.
“Mia mamma...”
già come inizia, non si preannuncia nulla di buono o normale
“...
Era una ragazza madre. Non per caso, ma per scelta. Voleva diventare
madre subito e... Ha chiesto a due suoi amici di
accontentarla.”
Sono
sconvolto “Quindi tu... Saresti il risultato di una...
Scappatella?” non so che altro termine usare, ma i suoi occhi
fiammeggiano.
“Non sono il risultato di una scappatella,
come la definisci tu.” sembra arrabbiata, ho la sensazione di
averla offesa, e non poco “Mia madre ha cresciuto
egregiamente me e
mio fratello: ci ha dato una casa, ci ha permesso un'istruzione, e
non è mai stata da meno rispetto ad altri genitori e la
ritengo una
donna coraggiosa: ha cresciuto me e mio fratello da sola!”
Rimango
pietrificato dalla forza d'animo e dal rispetto che ha per sua madre,
oltre all'affetto che prova per lei. Forse, molte altre persone
l'hanno giudicata in passato ed ha sofferto per questo, ed io mi sono
comportato alla stessa maniera: l'ho giudicata come un risultato di
una “botta e via”, come se fosse un errore, ma mi
sono sbagliato
ed ora che rifletto sulle sue parole, anche io penso che sua madre
sia stata una donna coraggiosa ed anche indipendente. Poche donne
avrebbero fatto quello che lei si è prefissata fin da
piccola.
“Scusami, non volevo offenderti...” le mormoro,
abbassando gli occhi.
Lei
mi sorride e mi stringe una sua mano intorno alla mia, posata sul
tavolo, per toglierla subito “Non preoccuparti! E' mia madre
che è
una mezza specie di...” e pare rifletterci sopra per trovare
un
aggettivo adatto.
“Hippy?” le suggerisco io.
Lei scoppia a
ridere “Beh, io avrei usato “stramba”, ma
hippy è meglio.
Sicuramente, sei stato più gentile di me.” e fa
ride anche
me.
Alza i suoi occhi olivastri verso l'orologio sulla parete, e
si alza dal posto “Sarà meglio che vada. Ho
già disturbato
abbastanza ed ho del lavoro da fare.”
L'accompagno
alla porta, aprendogliela per poi appoggiarmi allo stipite di essa,
osservandola.
Lei
mi sorride e mi sventola una manina “Beh, vicino, ci vediamo
allora.”
Ricambio il sorriso ed il saluto “Mi raccomando,
attenta per strada, vicina.” e scoppia in una risata.
Lei
si avvicina alla porta del suo appartamento, la apre e si volta a
guardarmi “Buonanotte.” mormora, abbassando poi gli
occhi per
terra.
“Buonanotte.” e chiudo la porta di casa, dopo aver
visto lei che faceva altrettanto.
Il
mattino seguente, mi sveglio presto e molto attiva, ho tutto il tempo
di prepararmi con calma e sorseggiarmi beatamente il mio beneamato
the al limone, osservando il tempo fuori dalla finestra. E' nuvoloso
ma, non so perché, mi sembra di vedere il Sole ovunque io mi
giri.
Guardo l'ora. Sono le otto precise e spaccate, ed è tempo di
uscire
per andare a lavoro. Ho, come sempre, una consegna da fare, un
bozzetto di una campagna pubblicitaria per una nota marca di
dentifrici, e spero che Hooper l'accetti per poter fare il layout
definitivo. Mi metto il cappotto ed esco di casa, chiudendo a chiave
la porta. All'improvviso, sento una voce acuta.
“Tibby!”
Mi
volto ed è il piccolo Flynn che mi sta dando il buongiorno,
aggrappandosi alla mie gambe e guardandomi con gli occhi illuminati
di felicità.
Io
gli sorrido e gli poso una mano sulla testolina, coperta da un
cappellino “Buongiorno Flynn. Dove te ne vai in giro alla
buon'ora?”
“Stiamo andando all'asilo.”
Alzo lo sguardo e
mi ritrovo gli occhi di Orlando, che mi sorridono. Lo ricambio
immediatamente “Buongiorno.”
“Buongiorno.” è cordiale e
posato, e mi osserva da capo a piedi.
Io volgo lo sguardo verso
Flynn “Non sei contento di andare all'asilo? Sei un ometto
oramai...”
“No,
mi fa schifo.” . Caspita, lapidario il bambino.
Getto
uno sguardo ad Orlando, che alza gli occhi al cielo, esasperato
“E'
da questa mattina che fa i capricci. Nemmeno la madre è
riuscita a
farlo ragionare.”
Mi piego sulla ginocchia per abbassarmi verso
di lui “Eh no, non diventerai mai grande se non vai
all'asilo.”
“Ma
io voglio stare con papà.” mi dice, piagnucolando.
“Tuo padre
deve lavorare, non starebbe con te comunque.” cerco di farlo
ragionare. So che sono discorsi piuttosto difficili per una bambino
di soli tre anni, ma è un tipetto sveglio e so che, con un
po' di
persuasione e forse qualche promessa, riuscirò a
convincerlo, con
Vivienne ci riesco sempre! Flynn incrocia le braccia al petto, come
per non volerne sapere nulla di nulla.
“Flynn, quando esci
dall'asilo?”
"Alle
tre.” mi risponde Orlando “Un mio assistente lo
andrà a prendere
e lo porterà a Brodway, dove sto finendo di provare
“Romeo e
Juliet”...”
“Ah sì, ho visto la locandina.” gli
dico, per
poi rivolgermi di nuovo al bambino “Allora, facciamo
così: se tu
vai all'asilo, verrò io a prenderti e passeremo un
pomeriggio
insieme al Tompkins Square. Che ne dici? Però non devi fare
i
capricci e tuo padre deve essere favorevole.”.
Flynn
pare convinto, e getta uno sguardo supplichevole al padre “Ti
prego. Ti prego. Ti prego.” gli ripete come se fosse una
filastrocca.
Lui lo guarda, a disagio “Non so Flynn, Tibby
lavora e non vorrei che la disturbassi...” e mi lancia
un'occhiata.
“Non gliel'ho avrei mai proposto, se così
fosse...” e gli sorrido, per poi avvicinandomi di
più a lui
“Senti, so che sono la tua vicina e mi hai conosciuto solo
ieri,
anch'io sarei titubante a lasciare mio figlio nella mani di un
estraneo... Quindi, se non vuoi, fa nulla, davvero.”
Orlando
sgrana gli occhi, sorpreso “Ma cosa dici? Lo hai trattato
meglio
tu, che l'hai conosciuto solo ieri, no che i miei collaboratori che
lo conoscono da quando è nato” esclama,
sinceramente “Loro lo
fanno per dovere, ma tu per piacere. Affiderei anche la mia vita a
te, no che a loro!”
Spalanco gli occhi, stupita.
Sul serio,
pensa questo di me? Mi ha quasi commossa, davvero!
"Quindi...
E' un sì?” gli chiedo, furba.
Lui sospira, forse perché si è
reso conto di aver detto più di quanto doveva e dice
“Sì.”
Flynn
lancia un grido ed abbraccia le gambe del padre, felice, anche io mi
sono concessa una risata.
“Hai un pezzetto di carta?” mi
chiede, cercando di sovrastare il giubileo del figlio. Io traffico un
po' con la borsa e vi traggo fuori una penna ed un foglio.
Lui
vi scribacchia qualcosa e me lo porge “Questo è
l'indirizzo
dell'asilo ed il mio numero di cellulare. Per qualsiasi evenienza,
chiamami.”
Glielo prendo dalle mani e gli sorriso “Agli
ordini.”
Ben ritrovati!
Vi porto molto velocemente questo nuovo aggiornamento. Partiamo con la
storia vera e propria, ora!
Questo è il faditico incontro tra la protagonista,
nonché mio PG, e l'attore. Tutto è iniziato
grazie a Flynn, questo bellissimo bambino di tre anni.
Premetto una cosa: dei miei cugini, io sono la più piccola
(ho ventuno anni, quindi fate voi... .___.) e sono ancora tutti scapoli
o comunque non in fase di maternità, in ragion per cui, non
so di preciso come parlano o il grado di conoscenza linguistica che
hanno i bambini a quest'età, per cui ho cercato
sì di far capire cosa dice, ma comunque di non farlo
sembrare Dante! Spero di aver fatto un buon lavoro, in proposito.
Come avrete sicuramente notato, ci sono delle lettere colorate
all'inizio di alcuni paragrafi. Io non amo che vengano usati molti
colori nelle fanfiction, io stessa se li uso è solo per il
titolo, ma ho adoperato questo modo per far capire al lettore chi
parla, e non per non farlo "scimunire", come direbbe mia
madre, alla ricerca di sapere chi parla dei protagonisti. Il rosso
è per Tibby ed il blu per Orlando. :)
Altra cosa: io non
conosco Orlando Bloom, suo figlio Flynn, Miranda Kerr e Samantha Bloom,
i caratteri e/o i modi di dire e di agire, sono tutti di mia invenzione
e spero di non offerderli in alcun modo!
Ora, passo ai ringraziamenti!
Ringrazio le persone che hanno letto il capitolo precedente, in
particolare usamimisaki
e Lauretta_03,
che hanno inserito la storia tra le preferite,
quest'ultima ha anche recensito il capitolo precedente; e ringrazio
anche LeGilr_
e jess chan,
che hanno invece inserito la storie tra le seguite.
Spero di avere una vostra, ed anche da altri, perché no,
opinione a proposito del capitolo e della storia! :)
Con questo vi saluto e ci sentiamo alla prossima!
Un bacione dalla vostra Lu
EDIT: Avete visto la puntata di
sabato di "C'é Posta per Te"? Io sono riuscita avederla alla
fine... Che invidia per quella ragazza! >.< Orlando
è stato gentilissimo, oltre che bellissimo, come sempre...
Dopo questa puntata, non vedrò più
"C'é Posta per Te", anche perché, non l'ho mai
visto in vita mia come programma! xD
Potete trovarmi su Facebook, a questo profilo LuMiK Efp :)
|
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Capitolo 3 *** Dafne al Tompkins è più interessante di Orlando Bloom in persona! ***
CAYA - Chap. III
Come As You Are
- Dafne al Tompkins
è più interessante di Orlando Bloom in persona! -
Da
quando Tibby gli ha dato la bellissima notizia che l'andrà a
riprendere all'uscita dall'asilo, Flynn è felicissimo di
ciò, è
entrato in macchina saltellando e non la smette di cantare una
canzoncina che non ha ne capo ne coda.
Da una parte sono felice
che va' all'asilo senza troppi capricci e che prende tutto come un
gioco, dall'altra sono piuttosto geloso: è stato convinto
dalla
vicina piuttosto che da me o dalla madre!
“Vado al parco con
Tibby. Vado al parco con Tibby e giochiamo insieme. Vado al parco con
Tibby.” ripeteva felice, ed io non riuscii a trattenere un
sorriso,
era davvero contento.
Improvvisamente, ripensai alla frase che le
avevo rivolto.
“Lo
hai trattato meglio tu, che l'hai conosciuto solo ieri, no che i miei
collaboratori che lo conoscono da quando è nato. Loro lo
fanno per
dovere, ma tu per piacere. Affiderei anche la mia vita a te, no che a
loro!”
Certo che ho delle
cadute di stile bestiali, se mi metto a dire delle frasi del genere
alla vicina. Anche se, è la pura verità!
Ripensai al suo viso,
shoccato, ed a gli occhi sgranati fino all'invero simile. Era proprio
buffa.
Arrivati
all'asilo però, Flynn iniziò a fare un po' di
storie.
“Non ci
voglio più andare!” ed aveva incrociato come prima
le braccia al
petto.
Eravamo fermi come due broccoli proprio alla porta
d'ingresso, eppure non sembrava un brutto edificio, le pareti esterne
erano dipinte di un giallo acceso, ed aveva un piccolo giardinetto
verde dove vi erano delle altalene e quant'altro e dei palloni sparsi
un po' in giro; i vetri dell'asilo erano grandi e tappezzati da
disegni di girasoli, di animali e palloncini. Non era un posto
malaccio, ma Flynn proprio non voleva entraci.
Lo presi di forza
tra le braccia e suonai il campanello. Mio figlio si agitava,
cercando di farmi perdere la presa su di lui, ma non ci
riuscì.
Lo
fissai dritto negli occhi e gli dissi “Se tu non vai
all'asilo,
Tibby non verrà a prenderti!”
Lui
ascoltò le mie parole ed abbassò lo sguardo, ma
si rianimò subito
“Ma può sempre venirmi a prendere a
casa!” disse con forza,
cercando di fare un ragionamento, e la cosa mi stava per far ridere,
ma dovevo mantenere il mio status di serietà.
“Eh no. I patti
erano che se tu andavi all'asilo, Tibby ti avrebbe ripreso, ma se non
ci vai, non andrai proprio da nessuna parte.”
E si zittì,
convinto.
Alla porta arrivò una signora, sulla cinquantina, con
gli occhiali da vista in mano ed i capelli striati di bianco.
Sembrava tranquilla ed efficiente nel suo lavoro, se così
non fosse
stato, avrei fatto passare un brutto quarto d'ora ai miei
collaboratori!
“Buongiorno.” salutò la signora
“Lei
è...?”
“Buongiorno, sono Bloom e questo è mio figlio,
Flynn.
Oggi deve iniziare l'asilo presso di voi.”
Lei mi fece segno di
entrare e mi portò ad un piccolo ufficio, dove mi fece
firmare
diversi fogli e scrivere eventuali allergie alimentari di Flynn. Dopo
di che, mi portò di fronte agli altri bambini e mi fece
togliere il
cappello ed il cappotto a mio figlio, per poi prenderlo lei stessa e
metterlo ad un appendiabiti.
“Mr. Bloom, l'asilo apre dalle otto
alle nove e chiude dalle tre alle quattro, come ben sa...”
iniziò
a dire lei, ed io la bloccai.
“Sì, a tal proposito, vorrei
dirle che all'orario di chiusura verrà una ragazza a
riprendere mio
figlio.”
“La mamma?” chiese, lanciando uno sguardo dolce a
Flynn, che si era aggrappato alle mie gambe ed osservava curioso i
suoi coetanei a giocare e colorare.
Tibby sua madre? Oddio, no...
Cioè, no che non fosse brava, anzi bravissima con Flynn, ma
sua
madre... No... Insomma...
“No.
Una vicina di casa che si è offerta di venirlo a riprendere.
Io sono
a lavoro e non posso.”
“Ha fatto bene a dircelo, non diamo i
bambini al primo che capita. Come si chiama la ragazza?”
chiese la
signora.
“Tibby.” risposi immediatamente, sorridendo anche
“E'
alta, con i capelli castani... E...” riflettei un po'. Avrei
voluto
dirle che aveva dei bei occhi color oliva, delle lentiggini che le
spruzzavano simpaticamente il volto ed un sorriso dolce e luminoso,
ma mi limitai a dirle che... “Oggi aveva dei jeans ed un
cappotto
scuri... ”.
Lei annuì e si abbassò verso Flynn
“Vogliamo
andare a giocare un po'?”
Mio figlio annuì e rivolse uno
sguardo verso di me, un po' triste. Io lo guardai prendere per mano
la signora ed avvicinarsi ad un gruppo di bambini che colorava coi
pastelli.
Decisi che era meglio andarsene, altrimenti lo avrei
preso e portato con me a lavoro. Si, sono stato altre volte lontano
da lui, specialmente ora che io e Miranda ci stiamo separando e lo
teniamo a turno ogni due settimane, ma mi fa male saperlo nella mia
stessa città e non averlo affianco a me mentre lavoro. Di
solito, lo
porto ovunque io vada, ma queste ultime settimane sono importanti per
le prove, dato che tra meno di un mese debuttiamo a teatro, e poi
è
giusto che stia coi bambini della sua età no che con lo
staff.
Entro
in auto e mi dirigo al teatro.
Arrivato
a Broadway, incontro subito la mia assistente, Rose, pronta
già con
la tabella di oggi in una mano ed un caffè macchiato nella
altra. E'
una donna sui quarant'anni, e da sempre lavora nel mondo dello
spettacolo, specialmente a teatro. Si è sempre rivelata
affidabile
ed efficiente, forse anche troppo dato che tratta le sue tabella come
se fossero dei figli che hanno sempre ragione.
Mi
sta dicendo quali scene dobbiamo provare in particolare oggi,
perché
ci sono stati dei cambiamenti nel copione e devo anche fare delle
prove costume. Sono già stanco prima ancora di iniziare!
“A che
ora esce Flynn dall'asilo? Bruce lo andrà a
prendere.” sbotta a
dire lei mentre camminiamo verso il palco, segnandoselo sopra ad un
foglio ed aspettando che gli dica l'orario.
“Non c'è bisogno.
Ho risolto questo problema.” le dico, togliendomi la giacca e
prendendole di mano la tabella.
Lei mi guarda, stranita “Risolto,
tipo? Una baby sitter?”
Rifletto un attimo. Di certo, Tibby non
è da considerarsi tale, ma voglio evitare domande invadenti
ed
insensate “Sì...”
“E'
qualificata? Sicuro che sia adatta al ruolo? Dammi nome e cognome e
faccio fare delle ricerche a Bruce e...”
La
zittisco con un cenno di mano “Rose, sì alla prima
domanda e sì
anche alla seconda e, per la terza, non c'è bisogno di fare
alcuna
ricerca.” ed entro sul palco, pronto per fare le prove di
questo
stramaledetto spettacolo.
Seguendo
il foglietto, sono arrivata all'asilo di Flynn. Fortunatamente, si
trova vicino l'ufficio in cui lavoro e mi sono bastate poche fermate
d'autobus per arrivarci, e sono potuta rimanere di più in
ufficio
per portarmi avanti col lavoro: il mio bozzetto la campagna
pubblicitaria del dentifricio è stata accettata!
Prima
di bussare, un pensiero mi attraversa la mente.
E se non mi danno
Flynn perché non sono una parente?
Forse dovrei chiamare Orlando
e poi farci parlare l'insegnate.
Oddio, e se mi prendono per una
pedofila?
Prendo il mio cellulare, dove ho salvato il numero di
Orlando, vado sulla sua scheda e la fisso per un po'.
Mi vergogno
troppo a chiamarlo, poi per una cosa del genere... Mi prenderebbe per
pazza! Sicuramente, starà provando delle scene...
Scuoto la testa
per togliermi quei pensieri e, dopo aver riposto il telefono in
borsa, busso alla porta e mi apre, dopo un po', una signora dall'aria
dolce e coi capelli ingrigiti.
“Buongiorno!” esclamo io,
sorridendole “Sono venuta a riprendere un bambino. Si chiama
Flynn
Bloom.”
La signora non sembra stupita, anzi “Sì, il padre
ci
ha avvertito che l'avrebbe ripreso lei.” e mi fa entrare,
mentre io sospiro.
Immediatamente, alla mie gambe si aggrappa Flynn, uscito da
chissà
dove e felice di vedermi.
“Tibby. Tibby. Tibby.” ripeteva e mi
fece sciogliere in un sorriso.
La
signora mi diede il cappotto ed il cappello del bambino e, dopo
averglielo messo, ci dirigiamo verso la porta, mano per mano.
“Saluta
la maestra, Flynn.” gli dico, voltandomi verso la signora,
che ci
sorride.
“Ciao ciao.” esclama lui, sventolando una manina.
Io
lo guardo e poi mi rivolgo alla donna “Arrivederci.”
“Arrivederci
a lei. A domani Flynn.”
E
finalmente usciamo.
“Com'è
andato all'asilo?” chiedo a Flynn, tendendolo stretto per
mano,
aspettando che il semaforo diventi verde e ci permetta di
attraversare la strada.
“Bene. Ho fatto un disegno di papà ed
io che ci mangiamo la tua torta al cioccolaco.”
e sorrido, pensando alla scena “Poi ho giocato un po' a palla
con
dei bambini, ma mi sono stufato. Non sapevano giocare!”
esclama,
quasi arrabbiato.
Io scoppio in una risata “Ma Flynn, potevi
insegnarglielo, no?” gli dico, prendendolo in braccio e
scendendo
le scale della metropolitana.
“Domani lo faccio.” mi dice
tutto serio.
“Hai mangiato all'asilo?”
Lui annuisce “Sì,
ma faceva schifo.”
Rido ancora “So io come
rimediare.”
Prendiamo la metropolitana e mi siedo su uno dei
sedili di essa, mettendomi sopra le gambe Flynn e stringendolo a me,
così da non farlo cadere o far andare in giro per il vagone.
A
quest'ora non è molto piena di gente, ma comunque non voglio
che
vada in giro da solo, non si sa mai chi può incontrare e, se
gli
capitasse qualcosa, Orlando mi ammazzerebbe come minimo.
“Che
cos'è?” mi chiede curioso.
“E' una metropolitana. Non ci sei
mai salito?”
Lui scuote il capo.
“E' una specie di treno
che viaggia sottoterra, come i lombrichi.” cerco di
spiegargli in
modo semplice.
“I lombrichi sono brutti.” dice, con un viso
schifato.
Rifletto
un attimo sulle sue parole, in effetti non ho usato un buon paragone
“Hai ragione.” gli dico semplicemente.
Dopo
una breve passeggiata, dalla fermata della metro, arriviamo
finalmente al Tompkins Square Park, un piccolo quadrato verde che,
secondo me, non ha nulla da invidiare a quello più famoso,
il
Central.
Ci sono alberi enormi, un bellissimo prato all'inglese e
tante panchine di pietra che bordano le piccole stradine di
mattonelle che zigzagano all'interno del parco. C'è anche un
piccolo
chiosco che vende dei stuzzichini, dei gelati e delle bibite.
Dopo
aver postato a terra Flynn e preso la sua mano, lo porto verso il
piccolo ristoro e gli chiedo cosa vuole. E' un giorno abbastanza
freddo, nonostante stiamo a fine agosto, ma New York non è
certo
nota per il suo bellissimo clima, ma lui opta per un gelato al
ciocclaco, come lo
chiama lui.
Prendo un cono per lui e per me prendo una
bottiglia d'acqua frizzante, dato che il mio stomaco è pieno
col
panino che mi ha portato Ithan, c'era dentro il tonno, le uova e la
maionese, una bomba vera e propria.
Ci sediamo sopra una panchina
e lui si gusta il suo gelato, imbrattandosi tutto il viso ma, per
fortuna, tenendo immacolati sia il cappotto che i pantaloni scozzesi
che ha addosso. Glielo pulisco con un fazzoletto e decidiamo,
dopo aver finito, di farci una passeggiata per il piccolo parco. Lo
prendo sotto le ascelle e lo metto sopra alle mie spalle,
così da
poter accarezzare le fronde degli alberi con la sua mano, e per
muovere quei piccoli raggi di Sole che penetravano tra i rami degli
alberi e dalle spesse nuvole grigie.
Dopo che ne ha carezzati un
po', all'improvviso mi chiama ed io alzo lo sguardo verso di lui
“Cosa c'è?”
“La mano profuma.” mi dice, abbassando una
manina verso il mio naso. Conosco questo odore...
“Quella pianta
si chiama alloro.” gli dico, sorridendo e posandolo poi a
terra “Ha
una triste storia, lo sai?”
Lui scuote la testa e continua ad
annusarsi la mano.
Io mi abbasso sulle ginocchia e lo guardo,
chiudendogli un po' di più il cappotto “Il Dio del
Sole, Apollo,
si era innamorato di una giovane ninfa, Dafne, che però non
ricambiava il suo amore. Così lei cercò di
fuggire da Apollo e,
capendo di non riuscirci, chiese aiuto a Madre Terra, che la
trasformò in una pianta d'alloro. Da allora, Apollo,
considerò
quella pianta sacra, dato che non poteva avere Dafne in vita e
nemmeno il suo amore.”
“Che storia triste.” mi disse, col
gli occhi che fissavano la pianta. Si avvicinò cautamente ad
essa, e
posò una mano sul tronco, accarezzandone la corteccia
“Povera
Dafne...” mormorò, rivolto alla pianta d'alloro.
Io sorrisi ed
un piccolo raggio di Sole investì lui e l'albero. Mi venne
in mente
un'idea.
“Flynn, resta un attimo fermo così.” gli
dissi,
mentre trafficavo con la borsa in cerca del mio cellulare.
Flynn
obbedì e restò immobile, finché io non
gli scattai una bellissima
foto: lui, con una mano appoggiata sull'albero ed un bellissimo
raggio di Sole che lo baciava e gli illuminava i tratti. Lo richiamai
vicino a me e gliela mostrai, orgogliosa di quel bel scatto.
“Ti
piace?”
“Sì!”
disse, entusiasta, prendendo tra le sue dita il mio cellulare per
osservare meglio la foto.
“Il Sole bacia i belli, lo sai?”.
Lui
guardò il Sole, coprendosi gli occhi con una manina,
sorridendo
poi.
“La inviamo a papà?” gli chiesi. Lui
annuì, gonfiando
le guance di felicità.
Dopo
un po', decidiamo di tornare a casa, dato che sono le cinque passate
e si sta facendo buio. Orlando ancora ha finito di fare le prove, per
cui lo faccio entrare nel mio appartamento.
Appena entra, resta
completamente imbambolato a vedere il suo interno, senza nemmeno
sentire la mia voce che gli dice che può togliersi il
cappotto e
fare come se fosse a casa sua.
Resta a fissare le pareti rosse del
salone, dove vi sono appese delle foto di famiglia ed alcuni pannelli
con alcune delle mie pubblicità più riuscite e
pubblicate su
riviste e cartelloni. Lui le fissa, forse perché ne
riconosce
qualcuna delle più note, come quella della bevanda
più bevuta al
mondo, la Coca Cola.
“Ti piacciono?” gli dico, avvicinandomi
verso di lui e togliendogli il cappotto.
Annuisce, non spostando
lo sguardo dai pannelli, con la bocca semiaperta.
Lui continua a
guardarsi intorno, mentre mi segue in cucina, sicuramente
più
modesta della sua, coi mobili in legno chiaro ed un tavolo sempre di
legno con sole quattro sedie.
“Hai sete?” gli chiedo, ma lui
scuote il capo e si aggrappa alle mie gambe.
“Mi racconti ancora
la favola di Dafne?” mi chiede, supplicandomi in un modo a
cui non
posso non dire sì.
Lo prendo in braccio e lo faccio accomodare
sul divano beige che ho in salotto e vado in camera mia a prendere un
libro, per poi tornare da Flynn e sedermi accanto a lui, mostrandogli
il tomo.
“Questo libro si chiama “Metamorfosi”
e
l'ha
scritto Ovidio.” gli spiego, anche se non credo che capisca o
che
voglia sentire questo.
Sfoglio le pagine, fino ad arrivare al
capitolo che m'interessa, iniziando a leggergli quella storia
d'eterno amore.
“Apollo
l'ama, e abbraccia la pianta come se fosse il corpo della ninfa; ne
bacia i rami, ma l'albero sembra ribellarsi a quei baci. Allora il
Dio deluso così le dice: 'Poiché tu non puoi
essere mia sposa,
sarai almeno l'albero mio: di
te sempre, o lauro, saranno ornati i miei capelli, la mia cetra, la
mia faretra".
Mi
giro verso Flynn, dopo aver letto le ultime righe di questa
bellissima e tristissima storia, ma lui dorme beato con la testa
poggiata su le mie gambe. Mi sposto lentamente, cercando di non
svegliarlo, e vado a prendere una coperta ed il mio inseparabile
notebook, insieme agli occhiali da vista.
Copro il bambino con la
coperta e, sedendomi per terra appoggiando la schiena contro il
divano, inforco gli occhiali e mi metto a lavorare su una
pubblicità
che sto realizzando.
Mi
è appena arrivato un messaggio da parte di Tibby. Leggendo
il suo
nome, mi sono allarmato, ma vedendo che l'allegato era una foto, mi
sono calmato.
Era una bellissima foto di Flynn che poggiava una
manina su un albero, investito da un raggio di Sole. Mi fece
sorridere quello scatto ed anche tranquillizzare sul fatto che stava
bene e si stava divertendo molto con la vicina. In effetti, era molto
che non andava in giro tranquillamente, senza che dei fotografi ci
scattassero foto ogni minima cosa che facevamo.
Alzai
lo sguardo e sentì Rose che mi chiamava, per provare
un'altra scena.
Guardai l'ora al telefono: mancava poco e sarei potuto uscire da
quest'inferno!
Non che non mi piaccia recitare, anzi, è la mia
passione, la mia vita, ma odio dover provare e riprovare, farmi
adattare gli abiti di scena addosso e quant'altro. Io voglio solo
recitare, tutto quello che c'è intorno all'attore, la
scenografia,
gli abiti di scena, non m'interessano. Datemi solo le mie battute e
sarò l'uomo più felice della Terra.
Per fortuna, non fu molto
impegnativa e non avevano nemmeno cambiato le battute, così
potei
recitare quelle che avevo memorizzato a pennello. Ci fu un applauso
finale, e corsi subito a raccattare la mia roba per poter tornare
immediatamente a casa, ma fui bloccato da una voce.
“Orlando,
vai già via?”
Mi voltai ed era la mia partner dello spettacolo,
Condola Rashad. Aveva addosso dei semplici jeans con una camicetta, di
certo non adatti
a Giulietta, ma a lei stavano bene.
“Sì, devo correre da
Flynn... L'ho lasciato...” ma mi bloccai subito, non volevo
che
sapesse dove fosse e con chi.
Lei
annuì con il capo “Credevo che saresti venuto con
noi a mangiare fuori...” e mi sorrise triste.
“Sarà per la prossima volta! Ciao!”
e fuggì via da Broadway, lasciandola lì.
Non aspettai
nemmeno l'ascensore, e mi feci quattro piani di scale a piedi,
correndo come un matto e con la tracolla che oscillava paurosamente.
Arrivai davanti la porta dell'appartamento sette e mi piegai sulle
ginocchia, riprendendo il fiato consumato, sentendo poi il cellulare
che vibrava nella tasca dei jeans.
Lo presi e guardai il nome sul
display. Era Miranda.
“Pronto?”
“Ciao.
Scusa il disturbo, ma volevo sapere com'è andato il primo
giorno
d'asilo di Flynn...” mi
chiese. Sembrava addirittura imbarazzata, di certo, era difficile
gestire una separazione con un figlio di mezzo e non fargli mancare
nulla. Noi ci stavamo provando, e pareva funzionare, per ora.
“E' andato... Bene, anche se ha
continuato a fare capricci, perché non voleva
entrare.” in realtà,
prendevo tempo per evitare la seconda domanda. Io non sapevo come
fosse andato, se era stato buono o se si era azzuffato con qualche
bambino, ma se non mi avevano chiamato le maestre e nemmeno Tibby,
vuol dire che tutto era filato liscio come l'olio, solo che non le
volevo far sapere che poi Flynn, aveva passato il pomeriggio con la
vicina, o baby sitter, che dir si voglia: per convincerla a lasciarmi
Flynn per due settimane al mese, le avevo promesso che mi sarei
occupato personalmente di nostro figlio.
“Dov'è
ora?”
esclamò, improvvisamente, forse notando che ci mettevo
troppo a
risponderle.
“Sta' dormendo. Si è stancato molto oggi... Quando
si sveglia, ti chiamo e ci parli, ok?”
“D'accordo,
a dopo!”
e chiuse la chiamata.
Riposi il cellulare in tasca e suonai alla
porta. Mi venne ad aprire quasi subito Tibby, ed aveva addosso degli
strani occhiali da vista grandi e neri.
“Ehm, devo aver
sbagliato casa.” le dissi, scherzando.
Lei si morse il labbro e se li tolse immediatamente dal naso,
mormorando
“Spiritoso.”
e facendomi entrare in casa sua.
Mi
guardai intorno, in effetti le mura e gli ambienti erano delle stesse
dimensioni del mio appartamento ma lei viveva un po' nel caos
più totale! Le
pareti erano
tappezzate da ogni genere di cartellone pubblicitario, foto e quadri;
il tavolino del salone era pieno di fogli, matite e colori e, non so
come, era riuscita a farci entrare il suo notebook. Non immagino la
cucina o la sua stanza.
“Flynn dormiva ed, allora, ho
lavorato un po'...” disse, a mo di scusa.
“Perdonami, ho
davvero approfittato della tua gentilezza.”
“Ma figurati, ho
passato un piacevole pomeriggio con Flynn.” e mi sorrise,
voltandosi verso il divano, dove mio figlio sonnecchiava beatamente.
Sorrisi
anche io e mi avvicinai a lui, carezzandogli la testa, dolcemente,
per non svegliarlo “Si è comportato
bene?” chiesi a Tibby,
volgendo lo sguardo verso di lei.
“Egregiamente. Non ha fatto
capricci ed è capace di mangiare un cono gelato senza
sporcarsi.
Vedessi mia nipote...”
La bloccai, prima che potesse continuare
“Ti ha fatto comprare un gelato?” spalancai gli
occhi e portai
immediatamente la mano sulla tasca posteriore dei jeans, dove avevo
il portafogli “Ti rendo i soldi.”
Tibby si fiondò su di me e
posò delicatamente una sua mano sulla mia “Non
osare.” era dura
mentre lo diceva “Mi offendo.”.
La
fissai dritta negli occhi e mi persi in quelle distese verdognole,
anche se ora sembravano fredde, fredda come la pelle che aveva
lasciato le sue dita. Mestamente, mollai il portafogli ed alzai le
mani in segno di resa “Agli ordini.”
Lei
scoppiò in una risata “Vuoi qualcosa da
bere?”
“No, grazie.
Ho già disturbato troppo.” e, cautamente, presi
tra le braccia
Flynn, evitando di svegliarlo, e mi avvicinai alla porta.
Lei mi
seguii e me l'aprì, aspettando che io ne uscii, per poi
voltarmi
verso di lei.
“Non so davvero come ringraziarti...” le dissi,
sincero. Era stata bravissima con Flynn ed anche lui deve averla
presa in simpatia, se non si comportava da scalmanato oppure non
faceva capricci.
“Figurati...” mi sorrise lei, timida ed
imbarazzata “Se vuoi, domani possiamo fare la stessa cosa...
Non ho
tanto lavoro...” e si morse il labbro.
“Davvero?
Lo faresti?” ero stupito, era davvero una persona di buon
cuore.
“Sì...Insomma, fin quando non lavoro tanto, si
può fare
tutti i giorni.”
“Flynn ne sarebbe felice...” e mi sorrise,
ma io non finii la frase “... Ed anche io.”
Tibby
spalancò gli occhi ed arrossì violentemente
“Davvero?”
balbettò, in imbarazzo.
Io annuì col capo “Buonanotte, allora.
A domani.” e le sorrisi. Lei fece lo stesso prima di chiudere
la
porta di casa.
“Papà
è stato bellissimo!”
Flynn
mi stava raccontando tutto il pomeriggio passato con Tibby e,
dall'enfasi che ci metteva, sembrava che l'aveva passato
splendidamente.
“Abbiamo preso un lombrico, sotto terra, e siamo
arrivati al parco.”
“Un lombrico?” gli chiesi, stranito ma
nello stesso tempo curioso.
“Sì. Sì.” mi rispose Flynn,
agitandosi un po' sopra il divano “E' un trenino tipo...
Più o
meno.” sembrò rifletterci, ed io avevo capito a
cosa si
riferiva.
“Si chiama metropolitana.”
gli spiegai, lentamente, ma lui voleva passare già oltre,
senza
stare ad ascoltarmi.
“Ho mangiato un gelato al cioccolaco,
e poi Tibby mi ha preso e fatto toccare gli alberi. Uno era
profumato.” disse, gonfiando le guance, felice come non mai e
portandomi una sua mano sotto il naso.
“Profumato?” sembravo
un'idiota, mentre glielo chiedevo e cercavo di essere stupito come
non mai.
“Sì. Profumava e si chiamava Dafne. Tibby mi ha
raccontato una storia triste triste sull'albero...” ed anche
il suo
viso assunse quella sfumatura.
“Non vuoi raccontarmela?” gli
chiesi, prendendolo e mettendomelo di fronte, sulle gambe.
“Il
Dio del Sole si era innamorato di Dafne, ma lei non lo voleva, e
allora, si trasformò in un albero, ma alla fine Apollo sta'
sempre
attaccato a lei, anche se è morta.” Conosco questa
storia, anzi,
questo mito. Ricordo di aver visto una statua che raffigurava questi
personaggi ad uno dei miei pochi viaggi in Italia. Mi aveva colpito
moltissimo.
“Che
storia triste...” poi mi venne un flash “L'albero
Dafne è quello
della foto?”
Il suo viso s'animò “Sì! Tibby mi ha
fatto una
foto mentre il Sole baciava l'albero e me. Tibby dice che il Sole
bacia i belli. Quindi io sono bello?” mi chiese Flynn, ed io
non
riuscì a trattenere una risata.
“Sei bellissimo.” gli dissi,
accarezzandogli la testa.
Mentre
Flynn stava guardando dei cartoni alla televisione ed io tentavo di
mettere su una cena, squillò il mio cellulare. L'acchiappai
in
fretta e notai che era Miranda.
Cazzo, me ne ero scordato!
Lo
lasciai squillare, finché non si chiuse automaticamente la
chiamata
e mi avvicinai al divano dove era seduto Flynn.
“Flynn, ora
chiamiamo la mamma.” io suoi occhi s'illuminarono, ma cercai
di
bloccarlo, perché stava già scendendo dal divano
per prendere il
mio cellulare “Ascoltami... Non dire alla mamma che sei stato
con
Tibby, digli che sei stato con Bruce al parco.”
Lui
sembrava non capire e mi guardava, stranito “Ma Bruce
è brutto.”
mi disse, con un tono lagnoso “E poi, perché alla
mamma non posso
dire che sono stato con Tibby? Non le sta' simpatica?”
Sorrisi
“Ma no, Flynn, è solo che...” non sapevo
che inventarmi “Alla
mamma...” - e che gli dicevo ora? - “Alla mamma non
piacciono le
baby sitter...”
“Ma Tibby è Tibby, non è una baby
sitter!”
mi risponde, ingenuo, mio figlio.
In
effetti, Tibby non era una baby sitter, era la vicina per essere
precisi, ma era meglio evitare l'argomento a priori “Non
dirglielo
e basta, chiaro Flynn? O si arrabbia sia la mamma che il
papà.”
Ero finito alle minacce, si. Come sono caduto in basso.
Lui
sbuffò, contrariato, ma alla fine si convinse e fece una
telefonata
alla mamma senza nominare Tibby, baby sitter ed affini.
Mi
sono salvato la pellaccia.
Eccomi nuovamente qui,
signori, con un nuovo aggiornamento!
Continuiamo col passato, dove troviamo la nostra protagonista alle
prese col piccolo Flynn... Mi piacciono moltissimo i parchi, ci
passerei tutta la giornata all'interno di uno di essi. Poi, quelli di
New York hanno qualcosa di particolare, di magico che non potevo non
inserire!
Altra cosa che dovevo e volevo a tutti i costi mettere, era il mito di
"Apollo e Dafne". Io amo sia la loro triste storia che la statua del
Bernini! Quando sono andata a Roma a vederla, sono rimasta impalata
come una scema per un quarto d'ora a guardarla, a memorizzare ogni
minimo stupido dettaglio! Manco fosse un quadro di Caravaggio, altro
artista che amo alla follia!
Poi, ho reso omaggio alla mia città con Ovidio, per chiudere
in bellezza! :) A proposito, i versi che ho scritto sono i 555-559, per
chi li volesse andare a ritrovare.
Come avrete notato, se siete stati attenti, parlo dello spettacolo
teatrale di "Romeo and Juliet", che ha avuto la sua prima il diciannove
settembre del duemilatredici, quindi abbiamo anche una linea temporale
a cui fare riferimento...
Aggiungo: Caro Orlando, le bugie hanno le gambe corte! xD
Ripeto: io non
conosco Orlando Bloom, suo figlio Flynn, Miranda Kerr e Condola Rashad,
i caratteri e/o i modi di dire e di agire, sono tutti di mia invenzione
e spero di non offerderli in alcun modo!
Ringrazio, come sempre, chi ha letto lo scorso capitolo, specialmente rainsofcastamere, Alexnicole e Scarl_Bloom 94, che
hanno inserito la storia tra le preferite,
e Aandyy
che invece l'ha inserita nelle seguite!
Ringrazio poi ancora Scarl_Bloom
94 e Lauretta_03
che hanno recensito
lo scorso capitolo! :)
Credo di non aver altro da
aggiungere, se non che ci sentiamo prossimamente! :)
Un bacione dalla vostra Lu
Potete trovarmi su
Facebook, a questo profilo LuMiK
Efp :)
|
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Capitolo 4 *** Le Rose e i capelli biondi col gel, han sempre le spine! ***
Dedico questo capitolo a Marco,
che alla fine non ce l'ha fatta a
superare
il brutto incidente che lo ha coinvolto il 18 gennaio scorso.
Corri a fare meta con Sasà.
Come As You Are
- Le Rose e i capelli
biondi col gel, han sempre le spine! -
E'
quasi una settimana che vado a riprendere Flynn all'asilo e lo porto
un po' in giro però, lui, si è affezionato
all'albero Dafne, come
oramai lo chiama, del Tompkins
Square e lo vuole sempre andare a trovare. Orlando continua
magnificamente le sue prove a Broadway ma non ho proprio il coraggio
di andarlo a trovare, nonostante mi abbia invitato più di
una volta,
per sdebitarsi.
Sono seduta ad una panchina che si trova proprio
di fronte a Dafne e vedo Flynn che gli gira intorno, tenendo una mano
sopra la corteccia, come per accarezzargliela. Mi sono portata con me
la mia macchina fotografica, ed ogni tanto scatto qualche foto al
bambino, che mi lancia qualche sguardo curioso.
Sono chinata sopra
lo schermo della macchinetta, e non mi accorgo che Flynn si
è
avvicinato a me, fissandomi il profilo e sorridendomi.
“Il Sole
ti ha baciata.” mi dice, euforico.
Io
lo guardo stranita, non capendo cosa sta dicendo “Cosa hai
detto?”
“Il Sole ti ha baciata. Guarda.” ed indica alla mia
sinistra. Seguo la direzione da lui indicatami e mi ritrovo la sfera
rovente e rossa del Sole, che sta tramontando su New York.
Sorrido,
ripensando alle parole del bambino “Hai ragione: mi ha dato
proprio
un bel bacio.” e gli scompiglio amorevolmente i capelli.
“Ma
tu sei già bella. Il Sole ora l'ha capito. Tu sei bellissimissima.”
e mi scocca un bacino sulla guancia.
Lascio la macchina
fotografica, posandola affianco a me, e prendo Flynn, poggiandomelo
sopra le gambe, e sorridendogli radiosa “Mi sa che da grande,
farai
stragi di cuori...”
Lui ride e mi abbraccia stretta. Guardo
l'ora e decido che è meglio incamminarsi verso casa, dato
che stava
facendo buio, e forse, tra non molto, sarebbe rientrato anche
Orlando.
Predo per mano Flynn, e percorriamo un po' di strada a
piedi per raggiungere la metropolitana. Le vie sono quasi sgombre e
si notano solo le insegne dei negozi maggiormente, illuminati a
dovere da luci e quant'altro.
Sorrido
mentre Flynn dondola le nostre mani ed mi accorgo che una persona si
sta avvicinando a noi, alla mia sinistra. Guardo meglio, e mi accorgo
che è un uomo, con un cappotto beige ed in mano una macchina
fotografica.
Cazzo!
All'istante,
prendo in braccio il bambino e li copro il viso, schiacciandoglielo
delicatamente sulla mia spalla, ed affretto il passo, guardandolo di
sbiego.
Flynn
non capisce perché io lo faccia, ed infatti si dimena un po'
tra le
mie braccia “Tibby. Tibby. Non vedo nulla!”
“Shh.” gli
sussurro in uno orecchio, mentre l'uomo si avvicina a noi.
“Ma
quello non è Flynn Bloom? Non è il figlio di
Orlando Bloom?”
grida il tizio ed indica il bambino che ho tra le braccia.
Io
nemmeno mi fermo a parlargli, e continuo a camminare spedita come un
treno, ma il paparazzo non demorde, ed inizia a scattare foto a
raffica.
“Ci lasci in pace!” grugnisco, al limite della
sopportazione, quasi correndo.
Lui continua a scattare foto,
seguendomi “Dove lo porta? Chi è lei?”
Mi
giro verso di lui, con uno sguardo che fiammeggia di rabbia.
Che
stia pensando che l'abbia rapito, quest'idiota scocciatore?
“Sono
una collaboratrice del padre, e lo sto portando da lui!” gli
grido,
arrabbiata come non mai.
Alzo lo sguardo e vedo parcheggiato a
fianco del marciapiede, un bellissimo taxi giallo, da cui sta
scendendo proprio in quel momento una persona, liberandolo apposta
per me. Con uno scatto felino, mi fiondo dentro la vettura,
scacciando il malcapitato che aveva solo appena messo fuori un piede,
e mi chiudo dentro, urlando al guidatore “A Broadway! Ed in
fretta!”
Voltandomi verso il finestrino della macchina, vedo
arrivare il paparazzo, sempre armato con quella sua diavoleria. Cerca
di scattare una foto, ma è troppo tardi, il taxi
è partito salvando
me e Flynn in corner.
“Chi
era?” mi chiede Flynn, mentre lo poggio sul sedile e gli
passo la
cintura intorno alla vita.
“Nulla di che, tranquillo.” e cerco
di sorridergli più tranquillamente possibile. Mi poggio
pesantemente
sul sedile e faccio un sospiro liberatorio. Mi armo del mio cellulare
e cerco il numero di telefono di Orlando, ma suo figlio
m'interrompe.
“Dove andiamo?” mi chiede, ingenuamente,
osservando la città scorrere da i finestrini del taxi.
“Da
papà.” e mi becco uno dei suoi bellissimi sorrisi.
Premo il
tasto di chiamata e mi porto il telefono all'orecchio.
“Orlando?
Scusa il disturbo, ma...”
Io
e Flynn siamo davanti all'ingresso artisti di Broadway. Non avevo mai
visto così da vicino il teatro, perché non sono
tipo da uscite e
non ho nessuno con cui uscire che ne valga davvero la pena, anche se
i classici mi piacciono. Sono un po' nervosa, qui ci dovrebbe essere
tutto lo staff e gli assistenti di Orlando, oltre agli attori.
Chissà se sanno del mio arrivo?
Chissà se Orlando avrà
parlato di me a qualcuno?
Beh, alla prima domanda, non so
rispondere, ma la seconda, credo, sia affermativa, dato che ho
sostituito gli assistenti di Orlando nel compito di occuparsi di
Flynn.
Busso alla porta, e dopo un po' mi viene ad aprire una
donna sulla quarantina, con un completo scuro e i capelli biondi
raccolti a crocchia. Mi guarda dall'alto in basso, concentrandosi
maggiormente su Flynn, infatti, saluta lui e non me.
“Ciao
Flynn, come stai?” mentre sorride, fa una faccia
raccapricciante,
non deve essere abituata a farlo. Il bambino, però, non si
scompone
più di tanto e la saluta con un piccolo sorriso ed una
sventolata di
manina.
Finalmente, la tizia si volta volta verso di me, e mi
rivolge un sorriso di circostanza “Tu sei la baby
sitter,
suppongo.” il tono in cui lo dice, non è molto
amichevole, sembra
più una burla.
Baby
sitter?
Ora sono diventata la baby
sitter?
Mi
sta montando la rabbia. Come diavolo si è permesso?
Meglio
lasciar perdere, per ora, e affrontare quest'arpia.
Il
bambino, però, si intromette nel nostro piccolo scambio di
sguardi
poco amichevoli “Lei è Tibby!” esclama
euforico.
“Sì.”
le rispondo, sfoggiando il mio miglior sorriso, e facendo un passo
per entrare, ma lei mi blocca immediatamente.
“E' stato davvero
gentile, da parte tua, accompagnare Flynn. Ora ci pensiamo
noi.” e
la tipa tende una mano verso il bambino, che invece si stringe
maggiormente alla mie gambe e la guarda sottecchi.
“Credo che
Flynn sia contrariato. Sarà meglio che rimanga.”
le dico in tono
affabile, gongolando al mio interno per lo smacco ricevuto da Flynn.
La
faccia della signora si gela, sgranando gli occhi sorpresa, ma si
riprende subito, guardandomi sempre con quel sorriso da sfotto
“Dai
Flynn, andiamo a giocare io e te, così la baby sitter se ne
può
andare.”
Alzo un sopracciglio. Questa mi vuole proprio fuori
dalle palle!
Sto per ribattere ma, fortunatamente per lei, arriva
in gran fretta Orlando, che la richiama, un filino seccato.
“Rose!
Che diavolo stai facendo? Falla entrare!”
Rosa, la tizia
antipatica, diventa bianca come un cencio, mentre io la supero con il
mio più bel sorriso trionfante e mi avvicino ad Orlando. Lui
mi
sorride e prende in braccio Flynn, per poi posare una mano sopra la
mia spalla, invitandomi a seguirlo. Io ricambio il sorriso, cercando
di non far trasparire il mio nervosismo e la mia rabbia verso le sue
mancanze.
Io non dico che doveva presentarmi come “La
Formidabile Tibby”, ma nemmeno come una baby
sitter
qualunque! Credevo di non esserlo... Quanto sono stupida.
Appena
Tibby mi ha chiamato, sono saltato come una molla. In
verità, non
dovrei tenere il cellulare in tasca durante le prove, ma mi aspetto
sempre qualche messaggio da lei. Non so perché, ma mi
rallegrano la
giornata, anche se riguardano sempre e solo Flynn. Dovrebbe arrivare
a momenti, anche se ci sta mettendo un po' troppo per i miei gusti,
dato che dovrebbe venire con un taxi. Poi le vorrei ridare anche i
soldi... Vedo l'ora sul cellulare, mi ha chiamato più di
mezz'ora fa
e non è lontano da qui il Tompkin. Deve essere successo
qualcosa.
Decido di andare alla porta d'ingresso del teatro e
sento delle voci provenire da essa. E' Rose, che sta parlando con
qualcuno che è fuori.
“Credo
che Flynn sia contrariato. Sarà meglio che
rimanga.”
Ma
questa è Tibby! E' arrivata, per fortuna.
“Dai
Flynn, andiamo a giocare io e te, così la baby sitter se ne
può
andare.”
Ma
che diavolo sta dicendo quella? Non la può mandare via!
Meglio
intervenire.
Mi avvicino a loro, e grido “Rose! Che diavolo stai
facendo? Falla entrare!”.
La mia assistente, che forse resterà
tale ancora per poco, sembra aver ingoiato un rospo e sbianca
immediatamente. Mi guarda, scoccandomi un'occhiata di dissenso, ma io
la ignoro e faccio segno a Tibby di entrare.
Prendo
in braccio mio figlio e con una mano le cingo le spalle
“Credevo
che ti eri persa...” le sussurro in un orecchio.
Lei getta
un'occhiata fugace alle sue spalle e faccio lo stesso anche io: Rose
non sembra molto contenta di ciò.
“Lasciala perdere, è di
natura acida.”
“In realtà, penso che abbia ragione. Forse
sono di troppo... Però, mi è sembrata una buona
occasione per
accettare i tuoi inviti alle prove.” Tibby abbozza un sorriso
e
guarda a terra, imbarazzata.
“Grazie.” le dico, lasciandole le
spalle “Spero che tu non ti sia spaventata per via di quel
paparazzo...”
Le scuote la testa, vivacemente “Pensavo a Flynn
più che altro.”
“Tranquilla. Ti devo ringraziare una seconda
volta.”
“Figurati...” ci guardiamo negli occhi, mentre
Flynn, per tutto il tempo della nostra conversazione, non faceva
altro che ripetermi cosa aveva fatto fino a quel punto della
giornata. Io non lo stavo nemmeno ascoltando, a dirla tutta, ero
concentrato a vedere quelle distese olivastre che sembravano
più
scure del solito, più tristi.
Tibby mi prende dalle braccia Flynn
e lo tiene nelle sue “Dove possiamo metterci, senza dare
disturbo?”.
Le feci strada verso delle scale che portavano a
delle cucce e la feci sedere. Ricalai quasi immediatamente,
perché
Rose stava sbraitando il mio nome ai quattro venti. Appena la ebbi di
fronte, immaginai subito che si stava preparando per farmi una
sfuriata.
“Che diavolo ti è passato per il cervello? Inviti
la
baby
sitter
a vedere le prove?”
Quelle parole le aveva dette talmente
velocemente, che non le afferrai subito e le chiesi, più
gentilmente
possibile, di ripeterle.
“Perché non può, scusa? Si occupa
meravigliosamente bene di Flynn.” le avevo risposto, salendo
sul
palco e voltandole deliberatamente le spalle.
“Non può, punto e
basta.” aveva sbottato, con un tono di voce tutt'altro che
amichevole e basso. Temevo che Tibby la potesse sentire, e le volsi
uno sguardo, ma pareva un timore infondato: aveva preso Flynn in
braccio e gli indicava il soffitto.
Rose aveva scoperto la mia
occhiata verso la ragzza, ed infatti “Chi è lei?
Non mi sembra una
semplice baby
sitter...”
“E'
la vicina.” le risposi breve e ripresi le mie prove, cercando
di
essere più concentrato possibile.
Semplice
a parole!
Mi
ritornavano continuamente gli occhi di Tibby in mente, erano
sì
felici di vedermi, ma in fondo, davvero in fondo, avevano un'ombra
triste, a tratti anche delusa. Chissà che le era successo...
Finalmente,
avevamo finito e corsi immediatamente da Tibby e Flynn. La ragazza mi
fece un piccolo applauso, entusiasta, o comunque lo pareva, dato che
c'era sempre quella sensazione sui suoi occhi, che non mi piaceva
affatto.
“E' stato spettacolare, davvero!” si
congratulò con
me, con evidente sincerità. Io le sorrisi, per poi prendere
in
braccio Flynn e mettere una mano sulla sua spalla, per condurla fuori
dal teatro. Erano le otto di sera passate e il mio stomaco si stava
contorcendo dalla fame. Non salutai nessuno della troupe e mi
incamminai velocemente verso la macchina, con Flynn e Tibby al
seguito.
“Ho una fame.” dissi, allacciando mio figlio saldo
al
seggiolino dell'auto.
Tibby mormorò un lieve
“Già...” ma
era rimasta ferma a fissare la portiera nera della mia auto, senza
entrarvi.
“Non entri?”
Lei
mi guardò stranita, ma non mi rispose.
“Pensi che ti faccia
tornare a piedi, dopo tutto quello che fai per Flynn e per
me?” e
poi aggiunsi, dolcemente “Sali.”
Tibby divenne rossa in volto
ed aprì lentamente e cautamente la portiera dell'auto, per
poi
entrarvi e richiuderla con la stessa accortezza di quando l'aveva
aperta.
Entrai
anche io e misi in moto, ma poi mi venne un lampo di genio
“Ho
un'idea!” esclamai, facendo sobbalzare la mia vicina, intenta
a
mettersi la cintura di sicurezza “Andiamo a cena
fuori!”
Lei
mi guardò come se avessi tre teste “Che stai
dicendo?”. Era
davvero scocciata.
“Andiamo a cena fuori: io, te e Flynn. Non
vorrai cucinare a quest'ora?”
Lei prese di mano il suo cellulare
e strabuzzò gli occhi, rendendosi conto che era
effettivamente molto
tardi.
“Dove proponi di andare?” chiese, animandosi un
pochino
e questo mi fece sciogliere in un sorriso.
“Italiano
o cinese?”
“Italiano!” e mi sorrise anche lei, per poi
scurirsi subito “Ma non mi sembra il caso... Non è
che, ci saranno
altri paparazzi?”
“Anche se fosse, non preoccuparti.” e
cercai di convincerla, stava per rispondermi ma sentii la suoneria di
un cellulare. Era il suo.
“Pronto?”
disse lei. Sentii un mormorio dall'altro capo, ma non capii se era un
maschio o una femmina, ma lei mi sciolse immediatamente questo
dubbio.
“Ithan, dimmi tutto.” sembrava seria e
professionale,
molto probabilmente era un collega. Rimasi zitto, per ascoltare
quello che diceva lei e, magari, capire quello che diceva quel
Ithan.
“Allora...
La documentazione del cliente Stevenson è nella cartella col
codice
numero sei, sette, uno, zero. Ha deciso per il verde e il rosso, alla
fine, con la cornice bianca.”. Sembra davvero una in gamba
nel suo
lavoro.
“Ha
detto Hooper che domani ci toccano gli straordinari, ecco
perché ti
ho chiamata.”
disse, quello dall'altro capo. Che
cosa?
“Davvero?”
sembrava stupita “Straordinari, del tipo?”
“Otto
mezza – Otto, circa.”
“Ah...
Ok. Ci vediamo domani.”
“A
domani Tibs!”
e chiuse la chiamata.
Tibs?
Che
razza di soprannome è?
Strinsi
le mani intorno al volante, forse anche troppo.
“Scusami.” mi
disse Tibby “Era un mio collega di lavoro. Domani non posso
andare
a prendere Flynn.” sembrava seriamente dispiaciuta e si
tormentava
le mani in una stretta convulsiva. La guardai con la coda dell'occhio
e le posai una mano sulle sue, per fermarla.
“Tranquilla.” ed
abbozzai un sorriso. Domani sarebbe toccato a Rose prendere Flynn
dall'asilo. Non ero molto felice di ciò, specialmente dopo
oggi: lei
avrebbe sicuramente gongolato!
Flynn, ovviamente, non fu felice
“Non ci voglio andare all'asilo! No! No! E no!”
“Flynn, per
favore.” lo ammonii, guardandolo dallo specchietto
retrovisore
“Sapevi benissimo che Tibby non è ai nostri
comodi.”
“Ma io
voglio Tibby.” piagnucolò mio figlio. Io non gli
risposi, e
nemmeno Tibby aveva qualcosa per farlo calmare, finché...
“Flynn,
ti prometto che poi staremo insieme tutto il giorno qualche volta,
ok?”
Dallo specchietto, vidi che si riprese subito ed abbozzò
un sorriso “Andiamo da Dafne tutto il giorno?”
chiese,
speranzoso.
Tibby si voltò con la testa, per vederlo meglio, e
gli sorrise “Sì.”
La
chiamata di Ithan è stata provvidenziale, per davvero!
Ho trovato
una buona scusa per vendicarmi un po' di Orlando. Non credo che abbia
preso bene la notizia, vedo che il suo sguardo è
più duro e più
freddo del solito, ma ogni tanto qualche colpo di fortuna capita
anche a me.
Finalmente,
oserei dire!
Non sono brava a meditare vendetta, sono più il
genere di persona stupida che si lascia scivolare tutto addosso,
facendo poi la figura della scema, perché io sono scema.
Mi dispiace però per Flynn: ci è rimasto davvero
male. Fortuna che
sono riuscita a tirarlo un po' su di morale. Infatti, alla cena non
ha fatto altro che parlare, parlare e parlare, entusiasta come al
solito.
Siamo in un delizioso ristorante italiano. Ho mangiato
altre volte questa cucina, e la preferisco a molte altre, in parte
perché è davvero buona, in parte
perché mio fratello Reese,
essendo un giornalista, ha fatto diversi viaggi in Italia ed ha
raccolto molte ricette tipiche, e me ne ha passata qualcuna.
“Papà!
Papà!” grida il piccolo, richiamando a gran voce
il padre, che
rimane con il raviolo infilzato nella forchetta a mezz'aria
“Oggi
il Sole ha baciato Tibby!” e sgrana gli occhi, gonfiando
anche le
guance.
“Davvero?” chiede Orlando, facendo un tono stupido,
vagamente scherzoso.
“Sì, papà. Però il Sole
è stupido: solo
ora capisce che Tibby è bellissimissima!”.
Rido di gusto, e cerco di nascondere il mio imbarazzo bevendo un
sorso d'acqua.
Orlando si volta verso di me, e mi sorride,
guardandomi con uno sguardo che non gli avevo mai visto prima: sembra
dolce, sensibile e lievemente devoto.
“Hai ragione.” mormora
dopo una breve pausa, trasformando il suo sorriso radioso in uno
timido ed impacciato.
Per poco non mi va di traverso l'acqua e non
la faccio uscire dal naso.
Ma
che cavolo si è messo a dire?
Lo
guardo sconvolta, con gli occhi fuori dalle orbite e tenendomi ancora
il bicchiere vicino alla bocca, per nascondere il sorriso da idiota,
che sicuramente avrò, sulle labbra.
Non so come, ma mi bastano
poche sue parole per farmi capitolare come una ragazzetta qualunque e
farmi venire le farfalle allo stomaco, che raggiungono anche la mia
gola, impedendomi di parlare e collegare il cervello. Finalmente,
tolgo il bicchiere dalla bocca e gli abbozzo un sorriso imbarazzato,
degno di me, e mordicchiandomi poi le labbra.
“Ti ho
imbarazzato?” mi chiede, sporgendosi un po' sul tavolo per
guardarmi meglio.
“No, tutt'altro...” e continuo a
sorridergli, come una cretina.
Ora, non so se è davvero così,
oppure riesce a mascherarlo bene perché è un
attore, ma è
praticamente senza il minimo sentore d'imbarazzo e molto sicuro dei
se e delle sue capacità, praticamente il mio contrario. Io
vivo
nell'incertezza costante, specialmente sulla mia vita privata. Nel
lavoro, so perfettamente che ruolo ricopro e le
responsabilità che
ho, sia nei lavori che avvio sia coi vari colleghi e assistenti, ma
nella mia vita, sono un completo disastro!
Ho avuto solo una
relazione, durata un paio d'anni, quando avevo iniziato a frequentare
l'università, quindi si tratta di moltissimi anni fa.
Ricordo che
si chiamava Michael ed era il solito ragazzo tranquillo, con una
media universitaria tranquilla, una vita tranquilla ed una famiglia
tranquilla. Frequentava il corso di giornalismo e legammo subito dato
che mio fratello è giornalista. Per stare con lui, stavo
perdendo di
vista i miei obbiettivi esistenziali e non mi applicavo per nulla
nello studio, rischiavo di finire fuori corso. Per fortuna, sono
rinsavita e l'ho lasciato, concentrandomi poi anima e corpo
sull'università. Avevo ventuno anni e quella fu la mia prima
ed
unica relazione che ho avuto, sicuramente intensa dato che stavamo
insieme tutti i giorni, ma dopo di quella, sono sempre rimasta sola,
e non mi è nemmeno dispiaciuto, a dir la verità.
Ora però, di
fronte a me, ho Orlando, che mi sta facendo battere il cuore ancora.
Dovrei aver paura, ma stranamente non ne ho: Orlando mi fa sentire
sicura. Forse, sto correndo un po' troppo con la fantasia e i
castelli, ma con lui sarei capace di costruire qualcosa. Ho una
stabilità economica e lavorativa adesso, sono ormai donna e
dovrei
pensare ad un futuro con marito e figli, non sono vecchia,
però
molte persone a ventisei anni hanno già un marito ed un
figlio, ed
io nemmeno un fidanzato!
Dovrei ricorrere ai ripari.
“Tutto
bene?” chiedo a Tibby, dopo averla fissata per un po'.
Deve
proprio essersi persa nei suoi pensieri, visto che non mi ha risposto
per un po' di tempo e sembrava in trance.
“Sì,
scusami, ero sovrappensiero.”
“Stavi pensando al lavoro di
domani?” le domando curioso, sorseggiando un po' di vino
rosso dal
mio bicchiere. O ad Ithan?
“Ehm,
sì...” è un po' titubante “E'
un cliente molto importante ed
uno dei maggiori finanziatori della società del mio capo. E'
basilare un ottimo lavoro.” e mi sorride con più
forza.
“Buona
fortuna, allora. Ma non credo che ce ne sarà bisogno... Fai
degli
ottimi lavori, da quello che ho visto a casa tua.” sono
sincero: è
bravissima nelle forme e negli abbinamenti di colore.
“Grazie,
davvero.” dice, arrossendo un poco dietro le sue
lentiggini.
Finiamo la cena, in silenzio, anche Flynn non è
particolarmente loquace ora, dev'essere molto stanco, dato che questo
pomeriggio non si è fatto il solito pisolino sul divano di
casa di
Tibby.
Dopo
aver litigato un po' con la mia vicina perché insisteva di
pagarsi
da sola il conto, ci dirigiamo in macchina, e lì Flynn
crolla dal
sonno.
Durante il tragitto, non parliamo, e lei si limita ad
osservare le luci della strada dal finestrino, ogni tanto
carezzandolo con un dito e sporgendosi per guardare meglio. Arrivati
sotto al palazzo, mi aiuta prendendo Flynn in braccio, cercando di
non farlo svegliare, mentre io prendo la mia tracolla col copione ed
altre cose utili a lavoro.
La faccio entrare nel mio appartamento
e si dirige in camera di mio figlio per spogliarlo e metterlo a
letto. Io fisso la scena appoggiato alla soglia della porta, con le
braccia incrociate al petto.
Improvvisamente, Flynn si sveglia, un
po' stordito, e si ritrova il viso di Tibby, che gli sorride
dolcemente “Dormi qui?” chiede, speranzoso.
Lei fa un risolino
“No, ho il mio lettino che ti aspetta.”
“Ma non puoi dormire
da sola. Vero, papà?” si volta verso di me, con
gli occhi
sgranati, in cerca di sostegno. Io mi avvicino a lui, e mi siedo sul
suo letto, carezzandogli dolcemente la testa.
“E' vero. Ma
domani Tibby deve andare a lavoro. Sarà per un'altra
volta.”
Si
butta all'indietro con la schiena, e si volta poi di lato, offeso
“Buonanotte.”
Sia io che Tibby ridiamo, e lo lasciamo dormire,
chiudendogli la luce e un po' la porta.
Lei
va verso la porta di casa e la apre, voltandosi poi verso di me,
sorridendomi “Grazie di tutto, davvero. Dal teatro alla
cena.”
“Mi
spiace averti creato dei disturbi coi paparazzi. Non pensavo che
riconoscessero Flynn.” le dico, mortificato, avvicinandomi un
po' a
lei, e guardandola negli occhi.
“Figurati. Spero di poterlo
portare nuovamente in giro...”
E non so perché, ma
l'abbraccio.
Lei, penso che sia sconvolta, perché rimane un
attimo rigida e con le mani che penzolano sui fianchi, ma poi sento
le sue spalle che si rilassano e le sue mani percorrermi la schiena,
per stringerla in un lieve abbraccio.
“Grazie.” le sussurro ai
capelli profumati di vaniglia.
Lei si stacca da me, tenendo il
viso basso, forse rosso di vergogna, e, balbettando una buonanotte,
s'infila nel suo appartamento in fretta e furia.
Io
rimango fermo, immobile, alla porta di casa mia, osservandomi
distrattamente i palmi delle mani, che per poco avevano tenuto quel
calore così puro e benevolo. Le stringo in un pugno,
chiudendo la
porta abbastanza violentemente.
L'avrò forse spaventata?
Avrò
agito d'impulso?
Maledizione,
sono un'idiota.
Oddio,
mi ha abbracciato.
Pensavo
di morire strozzata del mio stesso cuore pulsante finito in gola per
l'emozione.
Che imbecille che sono stata!
Sono scappata come
una codarda e come una qualunque ragazzina.
Chissà
che penserà di me ora.
Cielo, non ricordavo di poter provar tutte
queste emozioni per un ragazzo, e tutte insieme.
Col
cuore che cerca prepotentemente di uscirmi in gola, mi metto il
pigiama ed mi infilo a letto.
Con tutte le emozioni che ho provato
oggi, mi ero anche scordata che domani mi tocca stare in ufficio fino
a tardi con Ithan. Cavolo, avrei voluto stare un po' con Orlando...
Cioè, con Flynn!
Maledizione, sto diventando una scema! E dire
che volevo fargliela pagare un po' per il tiro della baby sitter, ed
un po' anche per quell'arpia di Rose. Sicuramente, sarà
molto
compiaciuta domani, sapendo che non ci sarò io con Flynn.
Meglio
dormire e non pensare a nulla. Domani si lavoro, e pure tanto.
Mamma
mia, sono quasi le otto di sera ed ancora finiamo. Questa campagna
pubblicitaria è un vero parto. Bisogna calcolare ogni cosa
minuziosamente, analizzare gli spazi più trafficati per
avere
maggior propaganda ed impatto, i colori non devono cozzare tra di
loro e, soprattutto, rispettare le esigenze del cliente.
Ithan
non smette mai di apportare modifiche affinché tutte le cose
elencate sopra si realizzino nel migliore dei modi. Sarà
anche uno
schizzato, ma per quanto riguarda il suo lavoro, è un
mostro, ecco
perché Hooper nutre grande fiducia in lui.
Orlando
mi ha inviato vari messaggi oggi, principalmente foto di Flynn ed un
paio anche sue. In una c'era Flynn che scappava da Rose per
raggiungere il padre sul palco, e buttarsi alle sue gambe. L'aveva
fatta da lontano un altro suo collaboratore, e se l'era fatta inviare
per quanto era esilarante. Ho riso come una pazza, soddisfatta che
quella megera avesse quello che si meritava.
“Tu che dici, Tibs?
Time Square è l'ideale per un cartellone dieci per
quindici.”
“Sì.
Io direi di metterne uno anche al Tompkins.” propongo al mio
collega, cerchiando il luogo sulla cartina con un pennarello rosso
“Ci vado spesso, ultimamente, e c'è un ottimo
spazio pubblicitario
di circa tre metri, ben visibile, sia dal parco che dalla strada. E
poi, lì vicino c'è anche una metropolitana,
è perfetto.”
Ithan
sembra molto soddisfatto ed annuisce, guardandomi con un sorrisino
compiaciuto “Direi che può bastare, per oggi.
Possiamo continuare
a lavorare a casa. Che ne pensi?”
Gli sorrido, stiracchiandomi
un po' e sospirando, soddisfatta. Sciolgo i miei capelli dalla coda
ed inizio a sistemare le mie cosa nella borsa, finché non
sento la
mano di Ithan posarsi sulla mia spalla.
“Sono le otto passate,
che ne dici di andarci a mangiare qualcosa fuori... Insieme?”
quell'ultima parola l'aggiunge titubante, guardandomi con una luce di
speranza negli occhi. Ho sempre rifiutato i suoi inviti, ma oggi
abbiamo fatto davvero un buon lavoro e mi ha dato alcune dritte
interessanti che potrei utilizzare su alcuni miei lavori futuri.
“Beh,
perché no...” gli rispondo, e mi regala un
bellissimo
sorriso.
“Perfetto. Allora, sbrighiamoci. Ho una fame.” e
scoppia in una risatina nervosa.
Non sono molto convinta di questa
scelta, ma cosa potrebbe succedere di male? Un po', lo faccio per una
piccola soddisfazione personale contro Orlando, sempre per il fatto
della storia della baby sitter; un po', per accontentare Ithan, dato
che sono più di due anni che mi chiede di uscire. Speriamo
che così
per un po' la smetta, e che non lo prenda come incentivo per
aumentare il numero delle volte in cui me lo chiede, da una al mese a
tre!
Mi
porta in un ristorante molto carino, con luci soffuse ed i tavoli
rotondi. Davvero di classe! Forse l'ha presa un po' troppo sul serio
la storia di mangiare qualcosa fuori...
Fisso costantemente il
menù, per cercare di evitare una conversazione con lui, o
semplicemente il suo sguardo. Inizio a tamburellare con un piede,
dato che sono leggermente nervosa ed in imbarazzo, sicuramente anche
rossa in viso. Lui, invece, sembra tranquillo, perfettamente a suo
agio.
Mi fa salire un po' la rabbia, ad essere sinceri. Ha sempre
avuto questa sua sfacciata sicurezza di se, sia nelle situazioni di
poco conto che in quelle importanti. Non che sia un pallone gonfiato
o che sventola ai quattro venti le sue sensazionali esperienze o
avventure, ma il suo carattere cozza molto col mio, ed è uno
dei
motivi per cui non ho mai accettato un suo invito, insieme al fatto
di non voler rapporti con dei colleghi di lavoro. Troppe
complicazioni che io non sono in grado, ed non voglio, gestire.
Sento
il mio telefono che suona. Ho un messaggio in entrata.
“Scusami...”
dico ad Ithan, mordendomi il labbro e prendendo il cellulare dalla
tasca. E' un messaggio di Orlando.
Quando lo apro, tutto si fa
improvvisamente più chiaro nella mia mente, e non posso fare
a meno
di sorridere, felice.
E' un autoscatto suo e di Flynn, seduti sul
divano, col pigiama e trapunta, intenti a vedersi la televisione.
“Pigiama
+ Coperta + Harry Potter. :)”
Sono
davvero carini insieme, ed ogni giorno che li vedi, noto la
somiglianza che c'è tra di loro.
Alzo un poco lo sguardo verso
Ithan, intento a leggere ancora il menù che ha sulle mani.
Non
voglio stare qui.
Ora so dove devo stare e con chi.
Voglio
andare da loro.
“Ithan.” lo chiamo, con voce tremante. Lui
volge lo sguardo verso me ed accenna un sorriso, come risposta che mi
sta ascoltando.
“Mi dispiace. Devo andare.”
Il suo sorriso
si spegne improvvisamente, come se colpito da un blackout “Ma
come...?” sembra confuso.
“Mi dispiace, davvero.” gli dico,
alzandomi dalla sedia e prendendo il cappotto che vi era poggiato
sopra.
“E' successo qualcosa di grave? Ti accompagno
io...”
“No!” gli grido, come una pazza
“Tranquillo, vado
da sola. Grazie e scusami.” e scappo via, cercando la
metropolitana
più vicina possibile.
Sto
arrivando.
Salve!
Scusate il ritardo, ma ho avuto dei problemi e NVU non era nemmeno
tanto collaborativo in questi giorni: mi cambiava il carattere e la
dimensione automaticamente ad alcuni pezzi del capitolo... Un nervoso!
Purtroppo vado un po' di fretta oggi, e risponderò in
seguito alle meravigliose recensioni che mi han lasciato Scarl_Bloom
94 e Lauretta_03!
:)
Come vedete, in questo capitolo qualcuno sta muovendo i primi passi...
Nel prossimo capitolo, ci saranno delle belle, fidatevi! ;)
Ripeto: io non
conosco Orlando Bloom e suo figlio Flynn,
i caratteri e/o i modi di dire e di agire, sono tutti di mia invenzione
e spero di non offenderli in alcun modo!
Bene, dopo di questo, vorrei
ringraziare jess
chan che ha inserito la storia nelle preferite! Spero di avere una vostra
opinione su questo capitolo! Ah, siccome non l'ho potuto controllare
molto questo capitolo, segnalatemi eventuali errorri, verranno poi
corretti al più presto!
Credo di aver detto tutto!
Se non mi vedete tra una settimana, vorrà dire che
sarò morta: tra un paio d'ora su Rai Movie, ci
sarà il film con Tom Hiddleston, che tra l'altro compie gli
anni oggi, per cui "AUGURI!", che s'intitola "Il Profondo Mare Azzurro"
(The Deep Blue Sea). Non vedo l'ora di vederlo, dato che l'anteprima
l'avevano fatta un giovedì, se non mi sbaglio, verso
mezzanotte, ed io non sono riuscita a vederlo perché alle
sei suona la sveglia per andare a lavorare... ._____.
A presto, dolci donzelle!
Un bacione dalla Lu :*
Potete trovarmi su Facebook, a questo profilo LuMiK Efp :)
EDIT DEL 12/02/2014, alle ore 4.31 p.m. : HO AGGIUNTO IL BANNER! L'ho fatto io, e spero che vi piaccia! :)
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Capitolo 5 *** Esiste cosa più dolce di un gelato? ***
Come As You Are
- Esiste cosa
più dolce di un gelato? -
Ci
siamo infilati entrambi il pigiama e, con una bella coperta, siamo
pronti per passare questo sabato sera sul divano a vedere
“Harry
Potter e la Pietra Filosofale”. Flynn lo vede per la prima
volta, e
penso che gli piacerà molto, ama i film o le storie che
hanno a che
fare con la magia. Un volta, abbiamo visto a Londra uno spettacolo di
magia, e ne è rimasto incantato tanto che, tornato a casa,
si è
messo una tovaglia intorno al collo ed ha iniziato a blaterare degli
incantesimi contro una delle sue macchinine. Era buffissimo e
bellissimo insieme.
Siamo al momento più magico, secondo me,
ovvero quando Harry conosce il suo status di mago. Flynn, è
rapito
dal film, non fa domande e segue il tutto attentamente, in silenzio
religioso.
All'improvviso, suonano alla porta. Vedo l'ora
sull'orologio appeso alla parete, sono le nove passate. Chi
sarà a
quest'ora?
Metto il film in pausa, lasciando perdere il piccolo
gemito di lamento provenire dalle labbra di mio figlio, e mi dirigo
verso la porta, aprendola lentamente.
Davanti a me, trovo un
barattolone di gelato alla crema e cioccolato, tenuto in mano da una
ragazza con un pigiama a tuta rosso.
“Tibby.”
esclamo, facendola entrare e stringendola velocemente in un abbraccio
“Non ti aspettavamo.” mormoro confuso e leggermente
imbarazzato,
ho addosso il mio pigiama blu. Nell'abbracciarla, non ho riscontrato
la fermezza e l'impaccio che c'era in quello di ieri, e ne sono molto
felice. Anche i suoi occhi, sembrano più caldi e luminosi.
“Scusa.
Volevo avvertire, ma poi ho pensato di fare una sorpresa...”
e
agitò lievemente il barattolo che aveva in mano.
Flynn
le si attaccò subito alle gambe e gridò, felice
“Tibby, sei
arrivata! Sei arrivata! C'è Harry Potter ed uno con la coda
da
maialino!” ed indicò lo schermo del televisore.
Tibby rise
“Allora sono arrivata giusto in tempo.” e
seguì Flynn verso il
divano, lanciandomi uno sguardo complice. Li seguii subito e mi
sedetti sul divano insieme a Flynn. Tibby andò in cucina e
prese tre
cucchiai, per poi raggiungere me e mio figlio e mettersi al suo
fianco, si coprì con la coperta ed aprì il
barattolo di gelato,
mettendolo nelle mani di Flynn e distribuendoci i cucchiai.
E
restammo in silenzio per tutta la durata del film.
Flynn,
come da copione, si è addormentato. Tibby gli toglie
delicatamente
tra le dita il barattolo vuoto ed io lo prendo in braccio, cercando
di non svegliarlo, e lo porto nella sua stanza, mettendolo a letto e
rimboccandogli le coperte dolcemente. Torno in cucina e vedo Tibby
intenta a lavare i cucchiai che abbiamo usato per il gelato nel
lavello. Oramai è di casa e sa più o meno dove si
trovano tutti gli
utensili ed altro, no che ce ne siano molti.
Le arrivo alle spalle
e lei, sentendo i miei passi, si volta verso di me, con le mani
ancora insaponate e mi sorride. Sciacqua velocemente le posate e le
ripone nel cassetto, dopo averle asciugate, e mi sorride, guardandomi
negli occhi, in silenzio.
“E' stata una piacevole sorpresa, la
tua.” le mormoro, guardandola da capo a piedi, seguendo le
linee
del suo bel corpo.
“Figurati.” disse lei, mordendosi il labbro
“Pensavo addirittura di disturbare...”
“Non disturbi mai. A
me fa piacere vederti...” - ma
che cavolo...?
- “Ed anche a Flynn!” aggiungo in fretta ed con un
tono di voce
non mio.
Tibby
fa un risolino.
Ogni volta che sto con lei, il mio cervello va in
tilt, peggio di un jubox degli anni sessanta!
Stiamo un attimo in
silenzio e do un'occhiata all'orologio sulla parete. E' mezzanotte
passata.
“Visto che non è troppo tardi, che ne diresti di
rimanere un altro po' qui? Magari vediamo un altro film, ne ho alcuni
belli.”
Lei
sta per aprire bocca, sicuramente per dire la sua ormai frase
retorica, ma io la interrompo “E non dire che non vorresti
disturbare, non lo fai mai.”
Tibby mi lancia un'occhiataccia in
tralice, ma poi scoppia in una risata e, dopo averle fatto un
elegante gesto con la mano in direzione del divano, si siede ed
aspetta che le elenchi i titoli dei vari DVD che ho.
“Allora...
C'è “Wanted”, “Ocean's
Eleven”, qualcosa sui Beatles, sui
Queen... Ah! C'è la serie di “Rocky” e
“Rambo”... “Il
Padrino”...” sto cacciando dal mobile quanti
più film possibili,
posandoli a terra in modo disordinato.
Tibby mi affianca subito,
e ne prende qualcuno, rigirandoselo tra le mani “Non hai
nessun
film dei tuoi?” disse, trattenendo a stento una risata.
La
guardo interdetta. Cosa si aspettava? Che avessi tutta la trilogia de
“Il Signore degli Anelli” e de “I Pirati
dei Caraibi”?
“No.”
le dico un po' stizzito, prendendole di mano il DVD che aveva
“Preferisco non averci a che fare per un po'.”
“Scusami.”
dice, con tono lieve “Ti piace
“Wanted”?” mi chiede,
agitandomelo sotto gli occhi.
Annuisco col capo e metto il DVD nel
lettore, mentre lei si siede sul divano e mi tiene aperta la coperta,
aspettando che a mia volta mi sieda.
“Pazzo
è vivere come una nullità quando hai il sangue di
un assassino che
ti scorre nelle vene. Pazzo è farsi umiliare e farsi
calpestare,
trascinarsi in una miserabile esistenza quando hai un leone chiuso
nel tuo corpo e la chiave per liberarlo.”
“Adoro
Morgan Freeman in questa scena.” dico, sovrappensiero.
“Davvero?”
mi chiede Tibby, concentrata sul film, senza guardarmi.
“Sì.
Diavolo, ha recitato quella frase in modo impeccabile! Quelle parole
avranno scosso l'animo di Wesley peggio di un uragano e le dice come
se fosse per lui la cosa più naturale del mondo.”
continuo a dire,
e non mi fermo “Ha un modo di attirare il pubblico che io non
potrò
mai eguagliare!”
Tibby si volta
velocemente verso di me, con uno
sguardo sconcertato, ma non parla.
“Quella
frase, ha cambiato
completamente l'esistenza di Wesley, gli ha aperto un nuovo mondo,
una nuova vita!”
“Beh...”
pare rifletterci sopra “Se come nuova vita, intendi quella di
un
assassino...”
“No, dico: può una semplice frase, cambiarti la
vita, renderla migliore, felice?” esclamo, infervorato da
questo
pensiero contorto.
Lei mi guarda dolcemente, e mi sorride
“Sì...”
mormora poi, spostandosi un po' ed avvicinandosi di più a
me, che la
guardo rapito “A me è capitato.”
“Davvero?” le chiedo,
stupito e curioso insieme “E qual'è?”
Tibby diventa
improvvisamente rossa in volto e si mordicchia il labbro inferiore.
Inizia a fare dei cerchi sopra la coperta col dito, impacciata, ma
poi prende un respiro profondo e mi dice “Affiderei
anche la mia vita a te”.
Spalanco
gli occhi, completamente shoccato.
E' la mia frase, la ricordo
perfettamente.
Rimango a fissarla, rapito dalla sua figura, dai
suoi occhi color oliva e dalla sue guance che si stanno imporporando
di rosso da cui spuntano quelle piccole lentiggini che tanto mi
piacciono.
Nessuna, ripeto nessuna,
persona è riuscita a colpimi il cuore come ha fatto questa
ragazza.
Tibby alza lo sguardo verso di me, incerta.
“E... Ed a te?”
cerca di sviare i miei pensieri, ed appena incontra i miei occhi,
abbassa i suoi sulla coperta.
Mi
avvicino di più a lei, prendendole il mento col pollice e
l'indice,
costringendola delicatamente a guardarmi. I suoi occhi sono
lucidi.
Prendo fiato “Me l'hanno appena detta.”.
Ed unisco
le nostre labbra con un gesto deciso ma nello stesso tempo dolce. La
sento irrigidirsi al mio contatto, ed io tolgo la mia mano sul suo
mento per non essere troppo oppressivo o irruento.
Dio solo sa
quanto ho desiderato questo momento, averla anche solo per un attimo
mia, sentire il calore delle sue labbra sulle mie e la sensazione che
tutto quello che voglio nel mondo sia a portata di
“bocca”.
Mi
stacco da lei e la guardo, poggiando la mia fronte sulla sua. Chino
un po' il capo e la osservo, stringendo lievemente lo sguardo.
Lei
pare riprendere fiato, col viso completamente rosso, e guarda
distrattamente le mie labbra.
Poi, all'improvviso, si sporge verso
di me, e mi bacia, ancora.
Al
diavolo i pensieri, le congetture ed i programmi di una vita.
Al
diavolo tutto e tutti.
Questo bacio, per me, è stato il migliore
della mia vita.
D'accordo, non avrò baciato molte persone, ma
cavolo - cavolo
- lui è la migliore di queste.
Sento
il suo calore sulle mie labbra ed il suo sapore nella mia bocca.
Mandando a quel paese le mie insicurezze ed il mio pudore, mi sono
praticamente gettata tra le sue braccia per poterlo baciare ancora, e
non me ne pento per nulla.
Inconsciamente,
forse aspettavo questo momento da tanto, lo desideravo.
Le
nostre bocche si staccano, finalmente, per far si che i nostri
polmoni si riempiono nuovamente d'aria.
Mi metto a ridere quando
lo vedo sorridere, forse sollevato che non l'abbia preso a
sberle.
Appoggia di nuovo la sua fronte contro la mia, guardandomi
negli occhi “Mi sono ripreso la mia rivincita col
Sole.”
Faccio
un risolino divertito “Ah si? Maledizione, ed io che pensavo
che
volessi baciarmi sul serio...”
Orlando scoppia a ridere, e
unisce nuovamente le nostre labbra in un bacio famelico, che io
ricambio totalmente. Non mi sentivo così bene da tantissimo
tempo.
Stiamo ancora un po' così, accoccolati l'uno nelle braccia
dell'altra, scambiandoci dei baci, mentre il tempo passa troppo
velocemente per i miei gusti. Sei proprio un bell'affare, eh,
orologio del cavolo.
Sono le due ed è veramente ora di andare. Mi
muovo leggermente tra le sue braccia e mi alzo dal divano,
aggiustandomi un poco il pigiama con le mani.
Orlando mi guarda
dispiaciuto, glielo leggo negli occhi, ma non dice nulla e, alzandosi
a sua volta, mi accompagna alla porta.
Io
la apro e mi volto verso di lui, sorridendogli appena e mordendomi
poi le labbra “Beh, buonanotte.”
Lui
mi prende il viso con le mani e mi bacia, dolcemente, per poi
staccarsi e sorridermi “Domani vogliamo andare da Dafne, io,
te e
Flynn? Voglio conoscerla.”
Io gli sorrido e annuisco col
capo.
“Alle undici.” sussurra alle mie labbra, per poi
baciarle nuovamente.
Mi stacco da lui, a malincuore, e vado verso
la porta di casa mia, aprendola, ma prima di entrare mi volto verso
Orlando e gli sorrido.
“Buonanotte.” mi sussurra, prima che io
mi chiuda la porta alle spalle.
Cielo, ho il cuore a
mille!
Nonostante ho una mano stretta sul petto ed Orlando è
lontano da me, non riesco a farlo smettere di battere così
prepotentemente, un altro po' mi arriva alla gola.
Ci
siamo baciati! Ci siamo baciati!
Mi sento felicissima! Non so
nemmeno descrivere tutte le emozioni che provo in questo momento,
sono troppe tutte insieme.
Non
avrei mai pensato che sarebbe successo, ma non perché non lo
volevo,
anzi! Ho pensato spesso a lui, ho mollato Ithan in uno dei ristoranti
più chic che abbia mai visto, per andare da lui, che aveva
addosso
un pigiama blu e guardava Harry Potter con Flynn.
Ok, sono cotta e
stra-cotta di Orlando Bloom, ma non l'attore, il mio vicino di
casa.
Sono nel mio letto e non riesco a dormire, mi giro e rigiro
come un petto di pollo nella impanatura, domattina sarò
esausta
ancor prima di alzarmi dal letto ed avrò un aspetto orribile.
Ma
come faccio a dormire?
Non vedo l'ora che arriva domani.
Mi
volto verso il comodino e controllo l'ora. Sono le cinque del mattino
appena passate. Quando arrivano le undici?
E'
inutile dire che ho dormito a mala pena tre ore, ero troppo agitata.
Sto cercando di coprire le occhiaie con del correttore, e credo di
esserci riuscita, o almeno non sono così scure come lo erano
quando
mi sono alzata. Ho avuto tutto il tempo per fare una buona colazione,
di rilassarmi in un bel bagno caldo e di scegliere i vestiti. In
realtà, non l'ho mai fatto per nessuno, la prima cosa che
prendevo
dall'armadio, me la infilavo ed uscivo, senza nemmeno guardarmi allo
specchio. Spero solo che Orlando non si accorga di nulla.
Stranamente,
nulla è andato storto, anche il Sole ha deciso di venirmi
incontro,
spuntando caldo e luminoso dalle nubi grigie, che si stanno
allontanando e si dirigono verso nord.
Misa che se le beccherà
tutte Reese nel Vermont.
Mi
liscio con una mano i jeans che ho addosso e metto il mio chiodo di
pelle sopra la felpa verde scuro che ho, aggiustando alla meglio i
capelli, che ho lavato ed asciugato al naturale, infatti alcune
ciocche terminano con dei piccoli boccoli castani che non sono niente
male oggi. Mi guardo allo specchio che ho all'ingresso e, per la
prima volta in tutta la mia vita, mi piaccio. Mi volto leggermente
per vedere anche il retro di me, e lancio uno sguardo complice allo
specchio, come se questo potesse rispondermi e dirmi “Sei
fantastica, Tibby!”.
Suonano
alla porta e lancio un'occhiata all'orologio che ho appeso alla sala.
E' puntualissimo. Afferro la mia borsa, gettata per oscure ragioni
sul divano, mi metto gli occhiali da sole in testa ed apro la porta.
Davanti
ai miei occhi si staglia la figura bellissima e sorridente di
Orlando, vestito così simile a me, anche se lui
sarà sicuramente
molto più affascinante. Ricambio il sorriso e lui mi bacia
velocemente le labbra, per poi girarsi verso Flynn, che era distratto
dal pallone che aveva in mano.
Sorrido al bambino e mi piego sulle
ginocchia per raggiungere la sua altezza “Buongiorno
Flynn!”
“Tibby!”
mi scocca un bacino sulla guancia e tira per una mano il padre,
gridando “Andiamo! Andiamo! Dafne mi aspetta!”
Orlando ride
“Beh, non è educato far attendere le
signore.” mi rivolge uno
sguardo complice, ed inizia ad incamminarsi verso le scale,
trascinato dal figlio. Chiudo la porta di casa e gli raggiungo
immediatamente.
“Andiamo con la macchina.” mi dice Orlando,
prendendo in braccio Flynn.
Io annuisco e mi calo gli occhiali da
sole sugli occhi, cosa che fa anche lui, per poi cacciarne un paio
dalla tasca del suo chiodo e mettergli sugli occhi di Flynn.
“Man
in Black.” esclamo, ridendo.
Orlando mette nel sediolino Flynn
e, dopo averlo assicurato per bene con le cinte, entra a sua volta
nella vettura, seguito subito da me.
“Mi
indichi la strada, GPS.” scherza lui, accarezzandomi la gamba
dolcemente.
“Spiritoso, ma credo che, se non metti in moto, non
andremo proprio da nessuna parte.”
Arrivati
al Tompkins, Orlando rimane completamente stupito dal meraviglioso
verde che c'è qui. I raggi del Sole che penetrano dai rami
degli
alberi, rendono il suolo costellato di piccoli specchietti di luce,
che Flynn cerca di calpestare, saltellandoci sopra. Orlando lo
guarda, sorridendo, e poi mi mette un braccio intorno alle spalle,
mentre con l'altro si rigira il pallone che il figlio gli ha mollato.
“E'
stupendo qui.” mi sussurra ad un orecchio.
“Io ci vengo quando
ho bisogno di idee per il lavoro.” ammetto, grattandomi un
po' la
testa, imbarazzata “E' stimolante.”
“Hai
ragione.” mi disse invece, stupendomi, e stringendomi ancor
di più
e baciandomi sul naso, mentre il Flynn era distratto.
“Papà!”
grida il bambino, proprio nel momento in cui si stacca da me
“Dafne!”
ed indica l'albero di lauro.
Orlando rimane a bocca aperta. Si
allontana da me, ma non mi dispiace, perché l'espressione di
stupore
che ha sul viso è mille volte meglio del suo calore, anche
se non lo
disprezzo, eh!
Si avvicina all'albero e gli posa delicatamente una
mano sulla corteggia, con affianco Flynn che fa la stessa ed identica
cosa. E' un momento bellissimo, i raggi solari bordano i loro
contorni facendoli sembrare d'oro.
Traffico nella borsa e prendo
velocemente la mia macchina fotografica, scattandogli foto a
ripetizione, non posso perdere questo momento.
Orlando,
sentendo il rumore della macchinetta, si volta verso di me, confuso,
ed abbassa velocemente la mano, cosa che invece Flynn non fa,
abituato ad essere un mio soggetto fotografico.
“Cosa fai?” mi
chiede, curioso, avvicinandosi a me.
“Immortalo il momento.”
gli dico, scattandogli a tradimento una foto al viso. Lui chiude
leggermente gli occhi, anche se non c'è nessun flash, ed
agguanta
velocemente la mia macchina, per poi voltarla verso di me e scattarmi
una foto, probabilmente con gli occhi sbarrati dallo stupore.
“Ma
che fai?”. Un lamento mi era uscito.
“Foto.”
e me ne scatta un'altra “Vai vicino all'albero.”
“Sono
io la fotografa!” dico, autoritaria e con contegno
“Io
fotografo.”
“Cambio di programma.” esclama entusiasta. Anche
Flynn lo è, perché si precipita verso dei me,
lasciando perdere per
un po' Dafne, e mi prende una mano, trascinandomi verso l'albero.
Orlando, ovviamente, immortala il momento.
Gli lancio
un'occhiataccia ma lui la prende sul ridere “Cerca di essere
naturale.” mi suggerisce, portandosi l'obbiettivo
sull'occhio.
“Naturale?” ripeto, stralunata “Quello
abituato
alle foto, qui in mezzo, sei tu.”
“Naturale.”
mi ripete.
Sbuffo, contrariata, mentre Flynn sembra davvero felice
di potersi fare una foto con me. Lo guardo, sorridendo felice, per
poi prenderlo in braccio per potergli far accarezzare le foglie. Lui
ne è entusiasta e si sporge sempre più per
poterle toccare tutte.
Sento l'incessante rumore della macchinetta che scatta, e sorrido.
Quel
deficiente...
“Hai
finito di fare il paparazzo?” gli chiedo, posando a terra
Flynn,
che prende il pallone in mano e lo butta a terra, rincorrendolo
poi.
Lui mi afferra per un braccio e mi avvicina a se, scoccando
poi un bacio sulla guancia e scattando una foto per immortalare il
momento “No.” esclama poi, sorridendomi con il suo
solito modo
che mi fa sciogliere.
La
giornata passa tranquilla. Orlando si è messo addirittura a
giocare
a pallone col figlio, cosa che io ho evitato come la peste, per non
mostrare le mie doti di schifo. Dopo un po', si siede sfinito sulla
panchina di pietra, affianco a me. Io sono rimasta tutto il tempo a
scattare foto ed a vederli giocare a palla, facendomi anche delle
risate nel sentire Flynn che sgridava il padre quando sbagliava
qualcosa.
“Domani Flynn va con la madre.” mi
sussurra.
“D-davvero?”. Mi aveva raccontato che tenevano a
turno Flynn per due settimane, poi se lo scambiavano. Orlando mi
aveva spiegato che odiava tantissimo questo metodo, sembrava che
Flynn fosse un oggetto, ma era l'unico modo per averlo un po'
affianco.
“Già.
Domani mattina lo porto all'asilo e poi Miranda lo andrà a
prendere.”
Abbasso la testa, un po' triste. Mi piace la
compagnia di Flynn, anche se è solo un bambini mi ha fatto
ridere
più lui di tutti i ragazzi che ho frequentato, ovvero due. E
poi, è
grazie a lui che io e Orlando ci siamo avvicinati.
“Mi
dispiacerà non andarlo più a
riprendere...” mormoro, triste.
Lui
mi mette un braccio intorno al collo e mi bacia lievemente il naso
“Fidati, queste due settimane passeranno in un
baleno.” e mi
guarda furbo.
Che
diavolo ha in mente?
Guarda
l'ora sul suo cellulare e, entusiasta, annuncia che ha una fame da
lupi, seguito a ruota da Flynn, che corre verso di noi col pallone in
mano. Orlando lo afferra al volo e lo lancia lievemente in aria, per
poi far atterrare le guance del piccolo proprio sulle sue labbra. E'
una scena dolcissima.
Mi avvicino a loro, sorridendogli felice e
mi becco anche un bacio da Flynn. Lo prendo dalle braccia del padre e
lo stringo tra le mie. Lui ride felice mentre Orlando mi mette un
braccio sulle spalle e mi conduce verso la sua macchina.
E'
sera, e siamo appena tornati a casa.
Tibby sta mettendo a letto
Flynn che, puntualmente, si è addormentato nel viaggio di
ritorno.
E' stata una bellissima domenica, per i miei gusti: io
non lavoravo, Tibby anche era libera e Flynn non ha fatto alcun
capriccio. E' stata una giornata all'insegna del benessere e delle
risate, peccato che dovremmo aspettare un po' per poterla ripete.
Mi
affaccio alla stanza di Flynn e lo vedo steso sul letto, appoggiato
al braccio di Tibby, intenta a leggergli una favola.
“Zorba
rimase a contemplarla finché non seppe se erano gocce di
pioggia
oppure lacrime ad annebbiare i suoi occhi gialli di gatto nero grande
e grosso, di gatto buono, di gatto nobile, di gatto del
porto.”
Conosco
questa storia, il volumetto del romanzo mi è capitato tra le
mani
mentre girovagavo per una libreria. Anche se ero un po' troppo
cresciuto, allora mi piacque molto “Storia
di una gabbianella e del gatto che le insegnò a
volare”
di Sepúlveda,
sono contento che Tibby glie l'abbia letta.
La vedo sciogliersi
delicatamente dal corpo di Flynn, e rimboccargli amorevolmente le
coperte, per poi girarsi verso di me e sorridermi.
“Che c'è?”
mi chiede, mentre si chiude la porta della cameretta alle spalle.
“Sei
fantastica. Dico sul serio.”
Lei
fa un risolino e sta per dirmi qualcosa, ma veniamo interrotti dalla
suoneria del suo cellulare.
“Scusami.” mormora, mordendosi il
labbro ed afferrando l'apparecchio “Pronto?”
“Tibbit?”
Chi è dall'altro capo non lo so, ma urla come un matto.
“Reese!
Che è successo?”
“Come
va, sorellina? Quando ci vieni a trovare?”
E' il fratello!
“Quando avrò delle sacrosante ferie.”
esclama triste Tibby, rivolgendomi uno sguardo fugace “Viv
come
sta?”
“Sta'
benone. Te la passo.”.
La vedo che tamburella con un dito il retro del cellulare, mentre fa
dei passi verso il salotto, seguita da me.
“Zia?”
è un voce piccola e sottile, ma quella parolina lo capita
subito.
“Ehi Viv! Come stai cucciola?” e si butta a sedere
sul
divano, con un sorriso che le va da lato a lato sul viso. Mi siedo
affianco a lei, che ha un sorriso anche per me.
“Sto
bene, ma mi manchi.”
mormora triste la bambina. Poverina, le mancherà molto la
zia.
“Dai
che ci vediamo presto. Come va l'asilo?” le chiede
Tibby, mentre mi
stringe la mano che ho appoggiato sulla sua gamba.
“Bene.
Ho fatto un disegno del papà, ma siccome il pastello giallo
era
finito, ho usato quello verde.”
Scoppia
a ridere ed io la seguo a ruota. Sul sottofondo della chiamata, sento
il fratello che prende il cellulare dalla mano della figlia e sbraita
“Sono
sempre più figo di te, Tibbit!”
Scoppiamo
a ridere come non mai, Tibby addirittura si mette una mano davanti
alla bocca per quanto si sta divertendo.
“Chi
c'è con te?”
chiede improvvisamente il fratello, sentendo le mie risa.
Mi
schiaffo immediatamente una mano in bocca, imbarazzato, ma Tibby
scuote la testa, serena “Un amico.” dice poi.
“Ma
non mi dire!” grida
come un forsennato “E
chi è? Ithan?”
Lancio un'occhiataccia a Tibby. Cos'è questa storia che suo
fratello conosce il nome di quello?
“Idiota!”
taglia corto lei “Ci sentiamo domani!” e gli
riattacca senza
dargli il tempo di ribattere, per poi rivolgermi un sorriso.
Io la
guardo, contrariata “Perché tuo fratello conosce
quell'Ithan?”
Tibby
mi guarda e sbotta in una risata vuota “Stai scherzando,
spero...”
ma, vedendo i miei occhi, parla senza troppi preamboli “Un
paio di
volte, Reese ha passato delle settimane e qui, e mi veniva a prendere
a lavoro. E' lì che ha conosciuto Ithan, ma nulla
più, nulla meno.”
La
cingo in un abbraccio e le prendo un bacio. Lei sorride tra le mie
labbra ed approfondisce il nostro contatto, che io ricambio appieno,
ma è tardi e domani si lavora. Va verso la porta, dopo che
ci siamo
faticosamente staccati l'uno dall'altra e mi scocca un altro bacio,
questa volta della buonanotte.
Prima che possa chiudersi la porta
di casa alle spalle, le chiedo “Ma dove lavori tu?”
“Alla
Hooper Publisher e Co.” mi risponde, senza pensarci troppo ed
io
richiudo la porta, lanciandole un sorrisino.
Lasciare
Flynn all'asilo, per me è stato un trauma, e penso anche per
lui.
Questa notte, cercando di non svegliarlo, dalla sua stanza lo portato
nella mia, così abbiamo dormito insieme. Lo so, è
stupido, però lo
rivedrò tra due settimane ed, abituato ad averlo sempre
vicino, mi
sembrano eterne.
Arrivati all'asilo, entriamo e gli tolgo il
cappotto e gli aggancio agli appendi abiti. Lui mi guarda triste,
perché sa che non ci vedremo per un po', e si slancia per
darmi un
abbraccio.
“Oggi non posso stare con te?” mi chiede, con una
dolcezza ed un'innocenza tali, che mi sta venendo voglia di mollare
asilo e lavoro e portarmelo al Tompkins da Dafne.
“Magari,
cucciolo.” gli dico, accarezzandogli la testolina e
baciandogliela.
In quel momento arriva la maestra, la stessa signora che ci ha
accolto la prima volta che siamo passati da quella porta, la quale ho
scoperto finalmente come si chiama.
“Buongiorno.”
esclama Mr.s. Stern, sorridendoci “Come mai i capricci questa
mattina, Flynn?” aggiunge dolcemente a mio figlio.
“Mi scusi.
Vede, oggi verrà a riprenderlo la madre, la mia ex moglie...
E non
lo rivedrò per due settimane.”
La signora capisce
immediatamente la situazione, visto che avrà visto
più bambini di
me, e sorride gentile, carezzando un poco la testa di Flynn
“La
signora come si chiama?” mi chiede, evitando di staccarmi
dall'abbraccio mio figlio. Lui non piange, abituato oramai a vedere i
genitori a turni, però so che gli fa male, specialmente
quando sono
così piccoli.
“Miranda Kerr.” le dico, velocemente
“Alta,
bionda, occhi azzurri.” snocciolo, facendogli una breve
descrizione, che non gli rende per nulla giustizia, dato che
è molto
più bella.
Sciolgo l'abbraccio da Flynn e lo fisso dritto negli
occhi “Ascolta, noi ci rivedremo tra due settimane. Fa' il
bravo
con la mamma e, mi raccomando, non nominargli Tibby, ok?” -
lui
annuisce freneticamente col capo - “Ci sentiamo per telefono,
sta'
tranquillo.”.
Lo
stringo di nuovo forte forte e lo lascio andare, una volta per tutte.
Mr.s. Stern gli offre una mano, che lui afferra, non togliendomi gli
occhi tristi di dosso. Mi fa malissimo vederlo così,
è come una
pugnalata, ma non posso fare altrimenti: meglio due sole settimane,
che vederlo raramente, o non affatto.
L'unico rammarico che ho
della pratica del divorzio, è il fatto che quello che ci
capita in
mezzo e che ne soffrirà di più, è
Flynn. Cammino all'indietro, per
guardare fino alla fine il mio bambino che attraversa il corridoio e
sparisce dietro la porta.
Meglio
andare, altrimenti mi metto a piangere, e dubito che mi fermerei
facilmente.
Finalmente,
esco da lavoro. Sono le due spaccate e non devo nemmeno fare gli
straordinari perché tutto il lavoro che ho svolto fino alle
due di
notte è bastato per mandare in stampa il progetto. Sto
scendendo in
fretta e furia le scale dell'ingresso, controllando costantemente
l'orologio del cellulare, dato che alle quattro devo andare a
prendere Flynn...
Mi blocco di stacco. Io
non devo andare a prendere Flynn.
Sbuffo
sconsolata e decido di prendermela comoda. Percorro la strada
mancante con calma, talmente tanta che mi ha raggiunto Ithan,
sorridendomi come al solito. Per fortuna non se l'è presa
molto per
la storia di averlo abbandonato come un'idiota al ristorante.
“Non
avevi fretta?” mi chiede.
“Lo credevo, ma mi sono ricordata
che non era necessario.” ammetto, imbarazzata, grattandomi la
testa, mentre usciamo dall'edificio e veniamo investiti dalla luce
solare.
“Davvero? Allo che ne dici di...” inizia a dire, ma
non lo ascolto per nulla, dato che sono completamente imbambolata
dalla vettura nera che è parcheggiata proprio davanti
l'ingresso
della Hooper Publisher e Co., a cui vi è appoggiato un uomo
vestito
di nero e con gli occhiali da sole calati sugli occhi.
Lo guardo,
stupita e mi allontano dal mio collega, mormorandogli “Ci
vediamo
domani.” e mi avvicino all'uomo, che ha iniziato a sorridere
soddisfatto.
“Tu sei pazzo!” dico, con gli occhi sgranati per
lo stupore.
“Sorpresa!” esclama, allargando le braccia,
Orlando Bloom.
Ehm ehm... Salve miei prodi! Lo
so, questa settimana ci ho messo molto di più ad aggiornare,
ma non è colpa mia... Almeno, non in parte. ^-^'
Che ne dite di questo capitolo?? Siiiii! Spero che almeno un po' vi si
sia scaldato un po' e vi abbia fatto scucire un sorriso, sia dolce che
amaro.
Spero di aver reso bene i sentimenti di entrambi, non sapete che fatica
cercare di immedesimarmi in entrambi... Ma questo è il
risultato che fa meno schifo! :D
CHe ne pensate del banner?
Non sono un'esperta di computer, mi sto dilettando un pochino ed ho
deciso di farlo semplice semplice, come me. Lo so cosa state pensando,
ma Scarl_Bloom 94
è arrivata prima di tutti (Muahahahah!): Orlando
è leggermente (tanto) giovane nel banner, rispetto a quello
narrato nella storia ma, come ho detto a lei, a questa foto piace da
impazzire e rispettava molto i miei limiti (e mancanze) che ho verso il
computer. Spero che non me nee vogliate. :)
Ripeto: io non
conosco Orlando Bloom e suo figlio Flynn,
i caratteri e/o i modi di dire e di agire, sono tutti di mia invenzione
e spero di non offenderli in alcun modo!
Come sempre, ringrazio chi ha
letto lo scorso capitolo, in particolare Alexnicole, Scarl_Bloom 94 e Lauretta_03 che lo
hanno anche recensito!
Spero che vi piaccia anche questo come lo scorso! :)
Vorrei inoltre ringraziare Asiietta,
che ha inserito la storia tra le preferite e
SickOfLoveSong
e bellemorte86,
che invece l'hanno inserita nelle seguite!
Attendo i pareri di tutti! :)
Credo di aver detto tutto!
A presto, miei cari! :)
Un bacione, vostra Lu
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